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LXIII anno dalla fondazione
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Poste Italiane spa - spediz. in a.p. DL.353/03 (conv.L.46/04) art. 1 comma 1, DCB Roma. Autoriz. del Trib. di Roma n. 350 del 16./06/1987. Una Copia € 0,51
Mensile per la Federazione Italiana Trasporti
Aspi anche ai lavoratori sospesi In via sperimentale dal 2013 al 2015, l’Aspi (Assicurazione sociale per l’impiego) sarà erogata anche ai lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali, purché essi possiedano determinati requisiti assicurativi e contributivi ed a condizione che ci sia un intervento integrativo da parte dei fondi bilaterali (o dei nuovi fondi di solidarietà), per un importo pari almeno al 20% della prestazione stessa. L’indennità spetta ai lavoratori con contratto a tempo indeterminato e determinato, ai dipendenti da aziende non destinatarie di interventi di Cig ordinaria o straordinaria e di Cig speciale per l’edilizia e per l’agricoltura. Per poter beneficiare di questa prestazione, gli interessati devono far valere gli stessi requisiti utili per l’erogazione dell’Aspi, fatta eccezione per lo stato di disoccupazione. Quindi, è necessario avere 2 anni di assicurazione contro la disoccupazione 1 anno di contribuzione contro la disoccupazione nel biennio precedente l’inizio del periodo di sospensione lavorativa Per il periodo di fruizione della prestazione sono riconosciuti i contributi figurativi e l’eventuale assegno per il nucleo familiare.
Questo ammortizzatore sociale non spetta ai lavoratori dipendenti da aziende destinatarie dei trattamenti di integrazione salariale, ai dipendenti a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate ed ai lavoratori con un contratto di lavoro a tempo parziale verticale. L’indennità è erogata dall’Inps per un massimo di 90 giornate, da computare nel biennio precedente la sospensione del rapporto di lavoro. Per la consulenza e l’assistenza necessarie, ci si può recare presso la più vicina sede dell’Inas Cisl (gli indirizzi si trovano su www.inas.it, oppure chiamando il numero verde 800 24 93 07): ricordiamo che la consulenza offerta dall’Inas è assolutamente gratuita.
Mensile per la Federazione Italiana Trasporti Cisl Fondato nel settembre del 1950 N. 10 -Ottobre 2013 - LXIII anno dalla fondazione Autorizzazione del Tribunale di Roma n.350 del 16.6.1987 Proprietà La Rotaia S.r.l. Direttore: Giovanni Luciano Direttore Responsabile: Giulia Dellepiane Redazione: Gaetano Riccio, Michele Castellano, Massimo Malvisi, Osvaldo Marinig, Salvatore Pellecchia, Impaginazione: Fabio Grassini Segreteria di redazione e ottimizzazione grafica: Patrizia Censi Direzione, Redazione, Amministrazione: Via A. Musa, 4 - 00161 Roma Tel. 06-44286307 Fax 06-44286361 e-mail: federazione_fi
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Sommario Editoriale
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Il vizio tutto italiano di inseguire gli effetti e non mettere mai mano alle cause
Sindacato & Strategie ferroviaria. Quando le decisioni non sono lungi6 Mobilità miranti. 8 Manutenzioni rotabili, Trenitalia frena il confronto 9 Circolazione, Rfi scopra le carte 10 Rfi, Manutenzione Infrastrutture e riorganizzazione spa - Divisione Cargo, una perenne riorganizza11 Trnitalia zione 12 Sì alla liberalizzazione e nì al contratto di settore? 15 Al via il rinnovo dell’assemblea dei delegati Eurofer 16 Ambiente. La Fit in campagna elettorale
18 Mobilità Tpl. “Vi spiego il valore di questo risultato” 26 Anas. Non si scherza con la sicurezza stradale 28 Porti. Ccnl, inaccettabili le pretese delle parti datoriali aereo. Alitalia Cai, dal piano Fenice alla diffi30 Trasporto cile situazione attuale marittimo. Con il Registro internazionale oc32 Trasporto cupazione in aumento Generi & Generazioni donne. Politiche di genere e per la fami36 Coordinamento glia: la parola alla contrattazione
Fit International le mani dalle Ferrovie. Protesta europea contro il IV 38 Giù Pacchetto Ferroviario basta giocare con i cieli europei e col futuro dei 41 Ses2+, lavoratori marittimo e crisi mondiale, due storie esem43 Trasporto plari
Regioni
45 Campania, Emilia, Lazio, Trentino Opinioni & Colloqui
47 Errori umani, se i crtelli di pericolo non bastano 48 Lavoro, studiare paga. Anche in tempi di crisi 49 Intervista al Sen. Francesco Aracri Intorno a noi
52 I dati e i perché del boom grillesco
Giovanni Luciano
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Il vizio tutto italiano di inseguire gli effetti e non mettere mai mano alle cause
La Cisl Reti Siamo giunti alla prima riunione del nuovo Comitato Esecutivo della Fit Cisl dopo il 10 ° Congresso della Fit Cisl accompagnati da un nuovo logo: Cisl Reti. Con una semplice frase abbiamo sintetizzato un anno di lavoro organizzativo intriso di una forza di miglioramento evolutivo destinata a cambiare alcune funzioni fondamentali del nostro Sindacato. Avrete letto e sentito, dai numeri precedenti della Voce e/o dal nostro sito web, di tutto quanto ha riguardato un progetto, quello della Categoria delle Reti nella Cisl, partito da Reggio Calabria il 13 settembre 2012 con la sottoscrizione di un Patto Federativo con Fistel e Flaei, e giunto, per ora, all’assemblea dei quadri e dei delegati sindacali delle tre federazioni il 24 settembre 2013, dove lo stesso Bonanni ha scoperto il drappo del nuovo logo Cisl Reti. Non intendiamo, quindi, fare di nuovo la cronaca delle tante cose fatte finora, diciamo solo che questo periodo, settembre 2012settembre 2013, ha cambiato le cose alle fondamenta mettendo in moto un meccanismo. Questo meccanismo ora è partito ed è stato creato con un obiettivo preciso: mettere a fattor comune tutte le materie trasversali di cui ci occupiamo, e sono tante. Talmente tante che, confessiamo, in una sola Federazione, per quanto ben funzionante quale è la nostra, non sempre sono presidiate come si dovrebbe. Per farlo abbiamo investito in una sede unica, dove è già operante un nucleo di dirigenti sindacali delle tre categorie, ma meglio dire della Cisl Reti, per elaborare e mettere in opera una serie di attività comuni ad iniziare dalla formazione di delegati e dirigenti. Sembra una banalità ma è una rivoluzione e le rivoluzioni, si sa, quando finiscono non lasciano mai le cose com’erano prima. Siamo quindi nel mezzo di un processo di cambiamento organizzativo che dobbiamo interpretare da protagonisti ed al meglio
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Foto di Frank Andiver delle nostre possibilità per poter sfruttare altre capacità ed altre competenze in modo complementare. Il prossimo scenario sarà quello del passaggio da un semplice marchio ad una entità giuridicamente e organizzativamente nuova nella Cisl. Un processo delicato ma ineludibile e irreversibile. Sta a noi tutti farlo bene.
Esperti all’italiana Abbiamo tanto da occuparci, tutti insieme, che nessuno rischia di rimanere senza “occupazione”. Nella Cisl Reti siamo nel mezzo di aspetti molto simili se si pensa alle vicende di Telecom e di Alitalia. Grandi aziende che si sono trovate sull’orlo del fallimento nonostante un buon livello di servizio reso e di ottime capacità industriali. Vicende ancora in corso che bisognerà presidiare con molta attenzione ma che hanno una radice comune perché sono asset strategici del Paese. La rete telefonica fissa di Telecom è strategica per l’Italia come può esserlo un grande vettore aereo nazionale. Ci fermiamo a questa considerazione, consci che questa affermazione può non trovare l’accordo molti degli esterofili che in Italia
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non mancano mai di sentenziare scoprendosi tutti esperti di cose che non conoscono affatto. Lo abbiamo visto con la recente vicenda di Alitalia dove anche il barista sotto casa aveva la sua verità. La verità vera è che abbiamo fatto una grande pressione sul Governo affinché mettesse in campo un investitore istituzionale, per dimostrare l’interesse strategico dello Stato italiano a non essere ridotti a poco più di una low cost a cortissimo raggio, incoraggiando così gli investitori privati e le banche che sono nell’azionariato di Cai a ricapitalizzare per cambiare strutturalmente le scelte industriali di Cai. Per farlo occorreva che lo Stato francese, presente nell’azionariato di Air France capisse che l’Italia non abbandonava a se stessa Alitalia facendola comprare a un euro da Air France e lasciando un disastro occupazionale e sociale a Roma e dintorni. E il Governo ci ha ascoltati e ha fatto bene, altro che aiuti di Stato. Ogni volta con questa storia e ogni volta per l’Italia. Le ricapitalizzazioni di Sua Maestà britannica delle banche inglesi passano sotto silenzio, per non dire dei mille interventi pubblici dello Stato Francese in Francia e poi arriva British Air a reclamare a Bruxelles. Ridicolo. E’ evidente che erano tutti pronti a spartirsi le spoglie appetitose del servizio svolto da un marchio che è ancora sinonimo del made in Italy nel mondo. Purtroppo il Bel Paese ha un problema veramente grande: è pieno di stolti che devono per forza aprire la bocca e dargli fiato. Noi ci iscriviamo a quelli che quando parlano lo fanno non per distruggere ma per costruire e cambiare le cose quando la costruzione va male, senza abbatterla. In tutte queste polemiche non abbiamo sentito nessuno fare una riflessione del come sia stato possibile per Air France, socio di maggioranza di Alitalia Cai e dominus dell’alleanza Sky Team, aver consentito tutte le perdite accumulate. Come mai? Oppure, cari esterofili, perché in Francia sporti dei Tra VOCE
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non può andare Trenitalia, anche in società con un’altra impresa ferroviaria, a fare servizi di Alta Velocità? In Italia già succede con Italo, unico caso Europeo. Non siamo neo protezionisti né nazionalisti, vorremmo solo un po’ di reciprocità e di rispetto. Nessuno si indigna per questo disequilibrio palese sulla reciprocità in tutti i settori, noi invece sì. Nessuno si batte per evitare fallimenti delle imprese, noi invece sì. Che siano state Poste Italiane o Ferrovie dello Stato ad essere interessate ad entrare in campo è emblematico. Entrambe sono aziende solide economicamente e finanziariamente e non con i soldi di Stato. Erano dei carrozzoni e non lo sono più pur essendo ancora pubbliche come proprietà. Vorrà pur dire qualcosa. Telecom, figlia di una delle tante liberalizzazioni italiane è al collasso. Vorrà pur dire qualcosa?
Ministro e Vertenza Trasporti Ma il problema principale resta sempre che non si riesce a invertire il vizio italiano di inseguire gli effetti e non mettere mai mano alle cause. Come sindacati dei trasporti abbiamo sollecitato unitariamente il Ministro dei Trasporti del momento a convocarci. Il problema Alitalia, per esempio, non è solo il problema di un’azienda ma è figlio dei guasti di un settore del trasporto aereo italiano che non ha nessuna regia e dove tutti, vettori, handlers, gestori aeroportuali, catering, sono in crisi profonda. Uniche a guadagnare sono le low cost, perché le pagano per atterrare e non il contrario. Gli altri vettori pagano per un servizio che alle low cost viene pagato, a spese della collettività locale sia chiaro, a proposito di aiuti di Stato. Visto che non aveva risposto alle lettere unitarie abbiamo provato a scrivere, direttamente al Ministro, per sollecitarlo gentilmente a prendere coscienza che non può fare a meno del confronto con le parti
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sociali del settore che gli è stato affidato dal Governo. Se ci sarà l’apertura di una interlocuzione saremo felici di poter evitare uno scenario di mobilitazione. Noi siamo moderati ma finché siamo rispettati. Laddove registriamo la mancanza di rispetto facciamo presente, nei modi d’uso, che noi rappresentiamo centinaia di migliaia di lavoratori iscritti. Comunque sia, abbiamo le nostre idee e le nostre posizioni su tutti i comparti del trasporto italiano e le esprimeremo. Porti, Anas, trasporto marittimo, trasporto locale, logistica, ferroviario, non vi è un comparto del quale ci occupiamo che non sia interessato da problematiche e difficoltà. Praticamente tutte hanno una radice comune nel non governo coordinato dei processi. Staremo a vedere gli sviluppi ad iniziare dal settore più in crisi che è quello del trasporto pubblico locale vittima, come la sanità, del federalismo sprecone e irresponsabile. A quei tempi nessuna manifestazione a difesa della Costituzione…
Fitincontra e sussidiarietà sprecata Viene da ripensare a quando abbiamo sentito per la prima volta parlare di crisi dei mutui subprime (senza conoscere il significato vero del termine) e di quando si cominciò a parlare veramente di crisi economica dell’area dell’euro. Ricordo ancora con chiarezza gli sguardi annoiati di alcune platee quando mettevamo in guardia o chiamavamo alla mobilitazione. Si percepiva lo scetticismo o meglio la sottovalutazione… “ma di che sta parlando questo...”?. Certo, descrivevamo il pericolo proveniente da una causa ancora lontana, poi sono arrivati gli effetti dentro le case e le ricadute vere, ad iniziare dai lavoratori più esposti rispetto alla loro collocazione in aziende sul mercato che hanno chiuso in rapida sequenza. I lavoratori meno esposti hanno sempre
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Foto di Frank Andiver snobbato gli allarmi del Sindacato riformista perché tranquilli nel loro mondo “sicuro”. Poi hanno fatto i conti col mondo che li circonda. Un mio collega ferroviere col quale ho svolto servizio tanto tempo, era di quelli che mi ossessionava con il suo diritto di anzianità sul turno, sul suo diritto ad avere un posto nella sua cittadina senza doversi spostare di 15 chilometri…critiche e attacchi. Un giorno ebbi a dirgli che il problema vero non era il suo turno in biglietteria ma il fatto che ci battevamo per tenerle aperte le biglietterie. Apriti cielo…oggi ha due figli disoccupati e non sa come fare. Certo, tutto è relativo, ma bisogna prendere coscienza delle cose un po’ prima che ci arrivino addosso, se vogliamo avere delle chance per non soccombere.
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Nella prima settimana di dicembre si svolgerà a Salerno la consueta edizione di Fitincontra e partiremo proprio dal monologo di un giovane attore, bravissimo, che in un’ora riesce a spiegare in modo sublime come è nata la crisi e come si sta sviluppando. Lo farà davanti alla platea dei 350 quadri e delegati della Fit Cisl che riuniremo per dare loro una informazione più chiara. Uno degli effetti della crisi è che lo Stato non può più garantire lo stesso welfare che garantiva prima. Previdenza e sanità sono gli aspetti più evidenti di questa flessione di welfare, come è chiaro che proprio qui c’è un po’ di flessione nella consapevolezza e nella convinzione anche dei quadri e delegati sindacali. Spesso mi chiedo se ci sia piena coscienza
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di quanto possa essere utile la previdenza complementare o la sanità integrativa contrattuale. Possibile che non si riesca a spiegare che se in un contratto si introduce qualche euro in meno lordo ma una buona polizza che copre tante spese sanitarie è un bene grande per il lavoratore? Per dare una risposta a questi dubbi abbiamo deciso che dopo l’introduzione sulla crisi faremo un grande approfondimento sulla situazione del welfare contrattuale che è presente nel mondo di Cisl Reti perché siamo convinti che occorra una ripresa di azione di spiegazione e di proselitismo su queste tematiche. Tematiche ove sono evidenti aspetti da correggere ad iniziare dal dovere di ridurre il numero dei Fondi per ottenere evidenti risparmi rinvenienti dalla maggiore massa critica economica e dalla diminuzione sporti dei Tra VOCE
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delle spese di funzionamento. Per sperare di farlo bisogna puntare i riflettori su questi aspetti perché sono importanti per il benessere di chi rappresentiamo. Continueremo i lavori con un convegno sul trasporto ferroviario e la sede di Salerno non è casuale visto che li finisce l’Alta Velocità. Il titolo è emblematico: “…ancora fermi a Eboli?”. Ovviamente sarà fatto il punto della situazione del trasporto ferroviario tra l’eccellenza del servizio ad Alta Velocità e tutto il resto che è in ridimensionamento e non sempre solo al sud. I focus su portualità e trasporto marittimo chiuderanno la parte del lavoro di approfondimento in precedenza alla sessione ufficiale del Consiglio Generale della Fit Cisl. Questa edizione del Fitincontra sarà una sorta di pit stop per l’organizzazione ove avremo anche l’occasione di fare una valutazione politica sul risultato che avremo ottenuto nell’election days 26 e 27 novembre 2013 per le Rsu in tutte le aziende dei servizi ambientali in Italia. Un appuntamento ove tutta la Fit è impegnata a livello aziendale, territoriale, regionale e nazionale come testimoniano le azioni già intraprese e le 5 assemblee dedicate ai candidati che si svolgono a Bologna il 23 ottobre, a Roma il 30, a Pescara il 6 novembre, a Cagliari l’11 e a Messina il 13 novembre, con la partecipazione di tutte le regioni. Un impegno collettivo e sinergico che siamo sicuri darà più forza ai nostri candidati. Come vedete tantissime cose da programmare, organizzare, seguire e far progredire. Chiudiamo questo editoriale con un’ultima nota di soddisfazione nel vedere sporti dei Tra VOCE
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che le azioni del progetto Fit International stanno rapidamente producendo nuova consapevolezza e l’entusiasmo di condividere le esperienze ed i punti di vista tra chi si occupa di internazionale nella propria area contrattuale. E’ l’inizio di una moda-
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lità che darà i suoi frutti molto presto in termini di peso politico nella Etf. Questo è un bene per tutti noi.
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Gaetano Riccio
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Mobilità ferroviaria
Quando le decisioni non sono lungimiranti In Europa si cerca di rendere più selvaggia la liberalizzazione del settore, con i prevedibili effetti sui lavoratori. In Italia Fs ipotizza un nuovo ruolo del capotreno senza pensare alle conseguenze. L’analisi del Coordinatore nazionale Gaetano Riccio Nei mesi di settembre ed ottobre si sono avviati i tavoli di confronto regionali per l’esame dei progetti presentati dall’azienda per l’accesso al fondo di sostegno e le riunioni proseguiranno ancora fino alla definizione degli accordi territoriali. A livello nazionale il confronto con il Gruppo Fs ha avuto un momento di stallo e si è reso necessario un incontro con la Holding Fs alla presenza degli Amministratori delegati di Trenitalia e di Rfi per il fare il punto sullo stato dell’arte sulle problematiche ancora aperte. Nel corso dell’incontro sono state affrontate le questioni macro relative al piano di investimenti di Rfi e al Contratto di Programma con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, oltre a confermare i tavoli sulla riorganizzazione dei settori Circolazione e Manutenzione Infrastrutture. Su questi ultimi due aspetti abbiamo espresso la nostra contrarietà al piano di destrutturazione degli impianti presentatoci al tavolo con l’eliminazione delle figure dei quadri intermedi. Per quanto riguarda Trenitalia, abbiamo definito un percorso su alcune tematiche specifiche e in particolare ci sarà un approfondimento sulle problematiche della Divisione Cargo, su quelle della manutenzione dei rotabili relativa a tutte le Divisioni di Trenitalia, su quelle delle interpretazioni contrattuali e sui turni del personale mobile. Nelle prossime settimane dovremo affrontare anche la seconda manifestazione di interesse relativa al Fondo di Sostegno, vale a dire quella riferita a coloro per i quali non sono stati presentati progetti di riorganizzazione da parte aziendale. Da questa analisi, scaturiranno i numeri per il cosiddetto “ricambio generazionale” e si aprirà una fase che determinerà una vera e propria ricomposizione occupazionale delle Società del Gruppo Fs.
IV Pacchetto ferroviario Altra questione molto importante, che in questo momento sta interessando le ferrovie non solo nel nostro Paese ma in tutta Europa, è quella legata alla discussione in corso al Parlamento eu-
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ropeo sulle disposizioni legislative che vanno sotto il nome di IV Pacchetto ferroviario. Il 9 ottobre abbiamo effettuato manifestazioni e presidi in molte stazioni ferroviarie con la distribuzione di volantini e con l’illustrazione delle norme che l’Europarlamento si appresta a votare il prossimo 26 novembre. Un approfondimento della problematica lo facciamo nelle pagine successive di questo numero della Voce; qui vogliamo solo soffermarci su alcuni punti che non vanno assolutamente sottovalutati in quanto hanno conseguenze inevitabili sul livello di servizio ferroviario offerti nei Paesi d’Europa. Sotto la spinta dello slogan più liberalizzazione più servizi per tutti nello spazio ferroviario unico europeo, il IV Pacchetto prevede, tra l’altro, lo stesso modello organizzativo per tutti gli Stati con la separazione del gestore dell’infrastruttura dall’impresa ferroviaria senza più avere una holding integrata. In questo modo si avrebbe una sfrenata concorrenza tra imprese ferroviarie tese ad accaparrarsi le tratte più redditizie a discapito di tutto il resto del trasporto ferroviario, sia a livello nazionale che regionale, con la “tentazione” molto forte di peggiorare le condizioni dei lavoratori sia sotto il profilo contrattuale che normativo. In Italia la liberalizzazione è molto più spinta che altrove e siamo l’unico Paese ad avere due imprese concorrenti che competono sul trasporto ad alta velocità, mentre nel settore merci, in cui i processi di apertura al mercato sono avvenuti addirittura dal 2000, abbiamo la dimostrazione evidente che con la liberalizzazione la percentuale di trasporto merci su ferrovia non è aumentata, ma le imprese si sono divise il volume di trasporto effettuato da Trenitalia e il trasporto è tutto concentrato sulle linee a più alto traffico, mentre la Divisione Cargo di Trenitalia ha quasi completamente abbandonato il traporto merci nel centro-sud del Paese. Nel documento presentato dall’Etf a sostegno della modifica delle disposizioni contenute nel IV Pacchetto, chiediamo che sia rispettato il diritto di ogni Stato membro di organizzare il servizio di trasporto ferroviario nel modo migliore in ragione dei bisogni dei passeggeri e delle Regioni e, in questo senso, per quanto ri-
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guarda l’Italia, va senz’altro sviluppata la funzione dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti che ha da poco preso il via. Altro aspetto molto delicato contenuto nel IV Pacchetto è quello relativo al ruolo dell’Era (Agenzia europea per la Sicurezza), che nelle richieste della Commissione avrebbe il compito di rilasciare il certificato unico di sicurezza alle imprese ferroviarie circolanti sui binari dell’Europa, togliendo in questo modo ruolo a quelle nazionali: a questo proposito, è evidente il pericolo di un abbassamento dei livelli di sicurezza.
Disposizione n. 12 di Rfi, Deif n.41 e 42 di Trenitalia e ruolo del Capotreno Altra questione che riguarda specificatamente l’Italia è quella relativa all’equipaggio treno, che diventerebbe notevolmente modificato nell’organizzazione del lavoro e nelle attribuzioni a seguito dell’emanazione della disposizione 12 di Rfi e delle conseguenti Deif n. 41 e 42 da parte di Trenitalia. Su questo tema abbiamo svolto agli inizi di ottobre una riunione di approfondimento da parte del Gruppo tecnico nazionale di Lavoro del Personale di Bordo. Diciamo subito che la Disposizione 12 di Rfi è stata emanata a seguito del Decreto n. 4 dell’agosto 2012 dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie e che, dall’analisi fatta all’interno del succitato Gruppo tecnico, sono emerse alcune discrasie tra i contenuti del Decreto e la Disposizione di Rfi nonché delle Deif di Trenitalia. Va detto, innanzitutto, che il decreto 4/2012 dell’ Ansf conferma l’equipaggio treno in quanto, al punto 4.28 dell’allegato B denominato “Regolamento per la circolazione ferroviaria”, è detto che: “sui treni, oltre all’Agente di Condotta e, per i treni che effettuano servizio di trasporto passeggeri, al Capotreno, devono essere presenti gli altri Agenti di accompagnamento”. Va aggiunto, altresì, che il vigente ccnl delle Attività ferroviarie prevede per la declaratoria della figura professionale di Capotreno tra altro: “attività relative alla dirigenza, sorveglianza e responsabilità del convoglio relativamente alla circolazione, anche con interventi sul materiale”. Lo stesso ccnl, nella parte dell’allegato B relativo ai profili formativi per l’apprendistato professionalizzante per la figura professionale del Capotreno / Capo Servizi Treno, prevede un percorso con una formazione sul modulo A e sul modulo D. Va anche sottolineato che la rete ferroviaria presenta sempre più situazioni in cui vi sono stazioni impresenziate a causa di innovazioni tecnologiche e su molte linee si adottano ancora sistemi di esercizio dove diventa necessario il controllo incrociato sulla sicurezza dell’esercizio. Tra l’altro, per effetto delle diverse riorganizzazioni attuate dalle imprese ferroviarie, al Capotreno spesso vengono attribuite anche funzioni di formatore treno, verificatore e, all’occorrenza, anche di deviatore, manovratore eccetera. Dal punto di vista più strettamente tecnico va sottolineato il man-
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cato rispetto, da parte della Disposizione n.12/2013/Rfi, delle misure mitigative contenute nella nota Ansf 9581/12, per quanto riguarda tutte quelle realtà non ancora dotate della prevista tecnologia, e ciò appare evidente nella nuova procedura di partenza dei treni. A questo proposito, infatti, l’Ansf prescrive delle azioni mitigative per quelle stazioni con binari di partenza “lunghi” e ritiene necessaria l’installazione di punti informativi prima del segnale di partenza, attrezzando i rotabili con la funzione Vmc; in mancanza di questa tecnologia l’Agenzia prescrive il mantenimento del sistema attualmente in vigore per la partenza. Dall’analisi della Disposizione emerge, altresì, che alcuni compiti oggi di titolarità del Capotreno saranno attribuiti all'Agente di Condotta che, in base alla procedura interna stabilita da ogni singola Impresa Ferroviaria, potrà delegarli al Capotreno. A questo proposito, sono state evidenziate le difficoltà che si incontrerebbero nell’espletamento di tutte quelle casistiche come la scarsa visibilità, la manovra enti, la segnaletica multipla, il guasto al Scmt o situazioni di anormalità varie, in cui le procedure ipotizzate determinerebbero come minimo una maggiore confusione e non certo la semplificazione delle procedure e vi sarebbe, inoltre, un notevole ampliamento dei tempi. In pratica, le attività oggi di competenza del Capotreno gli potranno essere delegate senza che gli venga riconosciuta la titolarità, andando, nel contempo, ad aggravare le incombenze del Macchinista, che, è bene ricordarlo, su moltissimi treni è da solo in cabina e non può certamente lasciare il mezzo di condotta incustodito. In relazione a ciò, va evidenziata la necessità della consegna al Capotreno delle prescrizioni di movimento, per evitare che nelle situazioni di anormalità si possa determinare la mancanza di una figura importante di riferimento che non potrebbe intervenire a sostegno dell'Agente di Condotta. Per tutti questi motivi non sono comprensibili né l’accelerazione contenuta in detta disposizione di Rfi, né i “buchi” interpretativi presenti nelle Deif di Trenitalia, sia in termini di opportunità che di garanzia degli attuali livelli di sicurezza. È del tutto evidente che per Trenitalia non vi sarebbero “recuperi” né sul piano occupazionale (conferma della composizione dell’equipaggio), né sul piano dell’inquadramento del personale, per cui viene da chiedersi: a cosa serve questo stravolgimento? In definitiva, riteniamo che sia necessario e opportuno che Rfi e Trenitalia rivedano la Disposizione e le Deif sopra citate e che per la figura del Capotreno siano specificati, in maniera chiara ed inequivocabile, i compiti e le responsabilità, soprattutto in quelle situazioni che attengono alla sicurezza dei viaggiatori, che ad oggi non risultano ben definite nelle disposizioni aziendali. Su tutti questi aspetti abbiamo già interessato l’Ansf e abbiamo in programma un incontro per essere messi a conoscenza delle azioni che la stessa Agenzia intende mettere in campo per fare in modo che Rfi si attenga a quanto indicato.
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Michele Castellano
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Manutenzione rotabili, Trenitalia frena il confronto Stenta a decollare l’atteso confronto di approfondimento sulla Manutenzione rotabili, con le diverse articolazioni di Trenitalia in cui l’attività è presente come convenuto nella prima riunione sul settore dopo la pausa estiva. Le riunioni programmate, quando non rinviate, sono state molto deludenti, evidenziando una strategia aziendale improntata a portare alle lunghe la trattativa, evitando sistematicamente di affrontare in maniera compiuta il sistema manutentivo, con l’obiettivo di continuare ad agire secondo scelte autonome senza “interferenze sindacali”. Il primo incontro tenutosi con la Divisione Passeggeri regionale è stato premonitore della condotta dilatoria adottata dall’impresa. La riunione si è conclusa rapidamente, perché la rappresentanza della divisione non ha dato fornito elementi fondamentali per poter procedere ad una disamina dello stato dell’attività negli impianti di competenza rispetto a quelli di carattere generale presentati in precedenza. Il confronto è stato quindi rinviato. Dopo aver contestato simile scorretto comportamento, su nostra sollecitazione abbiamo potuto apprendere che non è stata ancora contrattualizzata alla società costruttrice Alstom il full service della manutenzione dei nuovi settanta treni, la cui consegna è prevista ad iniziare da gennaio 2014. A tal proposito abbiamo sottolineato la necessità che detta attività sia affidata alle nostre officine, utile e per ridurre l’esposizione con l’esterno e per compensare la diminuzione di lavoro conseguente alla dismissione dei vecchi convogli sostituiti dai nuovi materiali.
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Il previsto secondo incontro da tenersi con la Divisione Passeggeri N/I non solo non si è svolto perché disdetto dalla società, ma nemmeno è stato riprogrammato. La struttura di Trenitalia, in cui è predominante l’affidamento ad imprese esterne dell’attività manutentiva tanto da superare il 50% dell’esigenza complessiva, raggiungendo nel segmento Freccia Rossa la ragguardevole punta del 68%, al di la delle dichiarazioni di disponibilità si sottrae in ogni modo al confronto di merito con il sindacato, che chiede da tempo con insistenza una verifica sull’opportunità economica e strategica di dover dipendere da altre imprese. Anche la riunione con la Direzione Tecnica non ha avuto l’esito sperato. La trattativa si è interrotta subito perché ci è stata illustrata la documentazione che, pur presentata nella forma adeguata per poter aprire il confronto, riproponeva il vecchio e contestato progetto di chiusura dell’impianto di Bologna. Tale proposito è ritenuto una provocazione. Su questo punto abbiamo ribadito la nostra contrarietà, perché è contrario a esigenze di carattere industriale, oltre che in contrasto con quanto sottoscritto di recente con l'accordo del 30 luglio, fortemente voluto dalla Fit-Cisl, sul mantenimento dell'attuale reticolo produttivo. Per Bologna bisogna cercare soluzioni condivise, che diano risposte adeguate alle esigenze manutentive e occupazionali, coinvolgendo le strutture territoriali.
Su quest’ultimo aspetto viene confermato il rientro di 241 mila ore di lavorazioni, una quantità che, pur essendo inferiore alle nostre aspettative, rappresenta comunque un elemento interessante che va nella direzione attesa di far rientrare lavorazioni all'interno delle nostre officine e di cui attendiamo di conoscere il necessario piano di immissioni di nuovo personale con cui realizzarla concretamente, visto che quello attualmente impiegato ha raggiunto i massimi livelli di produttività e che le 39 assunzioni da effettuare nel corso del 2013 non compensano affatto le 91 uscite avvenute fino ad oggi dalla fine 2012. Ritornando, quindi, alla situazione di relazioni industriali in essere, si è reso necessario investire direttamente i massimi livelli della Società per avere le adeguate risposte circa la prospettiva di sviluppo del settore, fortemente strategico per il futuro occupazionale della categoria. La riunione con l’Amministratore Delegato di Trenitalia insieme a quello di Rfi - dove si sta vivendo un’analoga situazione - con la presenza del vertice di Fsi è prevista a breve e dei suoi sviluppi riferiremo nel prossimo numero della Voce.
Purtroppo la repentina sospensione ci ha impedito di poter approfondire gli elementi rappresentatici, in particolare quelli riferiti agli investimenti infrastrutturali e alle possibili internalizzazioni di attività.
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Massimo Malvisi
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Circolazione, Rfi scopra le carte Nell’ambito degli impegni presi nell’accordo del 30 luglio scorso, il 26 settembre si è tenuto il primo incontro dedicato a Circolazione a cui ha fatto seguito un successivo momento che si è tenuto il 07 ottobre. Nell’arco dei due incontri vi è stata una sommaria illustrazione del progetto societario di riorganizzazione del settore Circolazione alla luce dei cambiamenti tecnologici, normativi ed organizzativi intervenuti nel frattempo. È da tener presente che anche il passaggio delle Sale Operative (ex Coer) in Dtp ha determinato un sostanziale cambiamento di tipo funzionale. Se sulla opportunità di fare un passaggio in determinati ambiti, quale quello della Circolazione vi è una concordanza, sui contenuti come Fit Cisl ci troviamo in profondo disaccordo. Cercheremo in maniera sintetica di esplicitarne i motivi. Fondamentalmente Rfi vuole fare un recupero di posizioni di livelli Q2, avvalendosi delle considerazioni di cui sopra e arricchite dal fatto che i compiti di coordinamento del personale e di regolazione della circolazione sono stati “drenati” a livello di Sala Operativa. A tal proposito, utilizzando uno specifico algoritmo, viene proposta una classificazione delle stazioni in quattro tipologie: grandi, medio grandi, medie e piccole. In ragione di ciò non sussistono più, a detta di Rfi, stazioni che giustificano l’esigenza di avere un’organizzazione del lavoro fatta da Quadri (Q2), che assume i connotati di una vera e propria declassificazione di tali impianti. Gli attuali livelli Q2 non sarebbero spostati ma risulta evidente che diverrebbero un ruolo ad esaurimento. sporti dei Tra VOCE
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Rfi propone anche di individuare il numero dei Reparti Territoriali Movimento, equiparandoli al numero delle Unità Territoriali. Questo è il quadro delineato dalla Società e come Fit-Cisl abbiamo chiesto ulteriori elementi, quali le attività e l’organizzazione della struttura di Direzione Territoriale Produzione denominata Controllo Produzione Circolazione e Manovra, che riteniamo rivestire notevole importanza, tenendo conto che il settore Movimento ha un’antica e prestigiosa tradizione professionale e che non si può continuare a non avere una struttura di presidio forte in ogni territorio. La richiesta di approfondimento è rivolta anche per gli Rtm, sui quali abbiamo sottolineato l’esigenza di rivedere i criteri che ne individuano il numero in considerazione delle particolari situazioni presenti nel territorio nazionale, per poi analizzare le reali attività previste.
lare Centri di Controllo della Circolazione (Ccc), purtroppo lasciando irrisolte le svariate questioni quali rapporti tra strutture differenti, foresterie, indennità di sala, sicurezza che va a braccetto con una corretta e sana organizzazione del lavoro. A tal proposito abbiamo convocato lo specifico Gruppo tecnico di Lavoro, che da tempo abbiamo costituito quale supporto tecnico in materia. In sostanza come Fit Cisl siamo fermamente contrari ad una mera operazione di recupero dei livelli Q2: non ne comprendiamo la strategicità, il ritorno per Rfi, ma non ci sottraiamo nel contempo a un confronto vero sulle molteplici questioni - in primis quale organizzazione strutturata dare al settore Circolazione accompagnata da un concreto percorso di ricambio generazionale - e ribadiamo la richiesta a Rfi di scoprire tutte la carte ed esplicitare l’intero progetto riorganizzativo.
Sulle stazioni, dato che attualmente il presenziamento riguarda 537 impianti e che sono previste una serie di attivazioni tecnologiche per il triennio 2013/2015 per un totale di 152 con altrettanti impresenziamenti, abbiamo fatto notare che bisogna parlare con i dati di fatto, nel senso che ipotizzare gli interventi che vanno dal secondo semestre del 2014 in poi è alquanto aleatorio; bisogna avere preventivamente certezza dei finanziamenti e poi va prestata maggiore attenzione ad intervenire in determinati contesti geografici la cui orografia ad esempio, consiglia di mantenere un presenziamento del personale Circolazione per una maggiore sicurezza della circolazione ferroviaria. Questione Sale Operative: Rfi ha proposto una diversa denominazione, ed in partico-
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Rfi, Manutenzione Infrastrutture e riorganizzazione Come previsto dall’accordo del 30 luglio, il 1 ottobre si è tenuto il primo incontro sul tema della proposta di riorganizzazione della Manutenzione Infrastrutture. Rispetto alla proposta precedente avanzata da Rfi nell’autunno del 2012, si registrano notevoli variazioni. Sostanzialmente, in ambito Direzione Territoriale Produzione, viene confermata l’eliminazione della Gestione operativa territoriale, con la redistribuzione di alcune strutture in Ingegneria e Tecnologie come ad esempio il Reparto Tlc. Per il Reparto Sse/Lp, ferma restando l’ipotesi di collocarlo in Ingegneria e Tecnologie, permangono dubbi sulla dislocazione delle attività svolte. A livello di Unità Territoriale è prevista la nascita del Nucleo Controllo Processi organizzativi, con compiti di sostegno tecnico. La vera novità sta nel ampliare le funzioni degli attuali Reparti di Esercizio, che rimarrebbero nel numero attuale secondo l’accordo del 15 marzo 2004, denominandoli Impianti e declassificando gli attuali Tronchi Lavoro e Zone Is e Te, che diverrebbero Squadre, eliminando la figura attuale del Capo Impianto e lasciando come referente un Capo tecnico. Gli attuali Capo Impianto sarebbero collocati prioritariamente negli attuali Reparti, con il ruolo di esperti, ipotizzando anche altre possibili destinazioni come i Nuclei Cpo. Dall’attuale proposta riorganizzativa è scomparsa la parte relativa alla riclassificazione ai fini manutentivi delle linee; gli indicatori contenuti nello schema di decreto del Contratto di Programma lato Servizi servirebbero solamente a misurare le
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performance dei Dirigenti. Premesso che questa proposta non ci piace e non ci convince, perché destruttura il settore senza una chiara valutazione degli effetti, abbiamo richiesto ulteriori elementi di dettaglio ma anche la fotografia della forza lavoro, i piani e i volumi delle attività oggetto di reinternalizzazione, gli investimenti compresi quelli relativi ai mezzi, nonché gli orari di fatto. Qualche spunto è bene riportarlo: se una delle problematiche principali è quella delle non conformità che rileva l’Agenzia nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie, non può essere che basta togliere il Capo Impianto e si migliora la soluzione. Serve una verifica profonda, partendo dall’analisi della mole immane di compiti extra alla normale attività di cui sono oberati; mole che comunque aumenta costantemente. Inoltre occorre ben comprendere perché gli interventi necessari non vengono svolti e per i quali i motivi potrebbero essere molteplici, dalla mancanza di materiali, interruzioni, risorse e così via. Sicuramente tanti compiti non riferiti al core business andrebbero tolti ai Capo Impianto e collocati a livello di Reparto e poi andrebbe interrotta quella spirale che sta soffocando il sistema e che sta determinando il fatto che i controllori stanno divenendo più numerosi dei controllati. Va senz’altro migliorata la pianificazione ma anche l’aspetto relativo ai materiali, ivi compresi i carburanti; non è possibile che si debbano adottare “percorsi tortuosi” per sopperire alla mancanza di attrezzi e/o materiali: se Rfi è la più grande impresa di manutenzione, non vi possono essere debacle di questo tipo.
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Vanno fatti passi in avanti senza indugio nella direzione di una progressiva internalizzazione di attività manutentiva pregiata, formando il personale non solamente in maniera teorica ma mettendolo a seguire le ditte che montano e installano le apparecchiature, ma il passo successivo deve essere quello di acquistare su mercato le apparecchiature, fare montare ai ferrovieri i quali poi possono eseguire anche tutta una serie di interventi e/o modifiche. Prendiamo ad esempio il sistema Scmt: possibile che per ogni riconfigurazione si debbano impegnare notevoli somme economiche utilizzando le ditte? Su questo tema ritorneremo prossimamente come pure su quello della concretizzazione della struttura dedicata alla formazione, anche in relazione a quanto previsto dal Decreto 04/2012/Ansf. Come Fit-Cisl, senza dimenticare i delicatissimi temi che fanno capo alla sicurezza, dell’esercizio e del lavoro, siamo disponibili a un confronto, ma che entri nel merito delle questioni, senza pregiudiziale alcuna, ma tale impegno deve essere biunivoco, nel senso che lo deve esprimere anche Rfi. Intanto come Sindacato abbiamo coinvolto anche l’apposito Gruppo tecnico di Lavoro quale sostegno tecnico, per affinare taluni aspetti che saranno utilizzati nell’ambito del confronto. A Rfi ritorniamo a chiedere con vigore un forte impulso sulla qualità delle Relazioni industriali e l’elasticità mentale per superare certi provvedimenti che con il cosiddetto core business hanno poco a che fare. Massimo Malvisi
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Trenitalia spa - Divisione Cargo, una perenne riorganizzazione Il 02 ottobre, nell'ambito del calendario di incontri concordati durante la stipula dell'accordo nazionale del 30 luglio scorso, si è' tenuto l'incontro con Divisione Cargo, che è consistito nella riproposizione di uno schema di riorganizzazione della stessa Divisione. Dopo il consistente esodo di personale verso Rfi, avremmo ipotizzato un progetto riorganizzativo a tutto tondo che interessi l'intera Divisione, ma vi è' stata la mera esposizione di uno schema che riguarda solamente la filiera territoriale della Produzione e Manutenzione. Perplessità a parte, il progetto illustrato prevede quattro strutture dirigenziali denominate Area, da cui dipendono cinque Impianti operativi Cargo e dodici Impianti territoriali. In sostanza viene superata l'attuale organizzazione composta da dodici Impianti Treno e undici Cot. Dall'Impianto territoriale dipendono i Presidi associati e i Referenti operativi d'Impianto (Roi); mentre all'Impianto operativo Cargo fa capo tutto quanto attiene alla gestione operativa del personale, tramite la struttura denominata Programmazione, Gestione, Circolazione Treni e Produzione. Viene prevista una ulteriore riduzione delle Gestioni Merci da trentasette, dato di aprile 2013, a trenta previste per fine 2013. Tale contrazione è a seguito in particolar modo dell'entrata a regime delle implementazioni tecnologiche, che permettono di sfruttare capacità come la remotizzazione. Lato manutentivo: vengono individuate cinque Omr, 3 Oml, 2 Omv, ma nulla viene detto, nonostante le nostre richieste, su come intervenire per potenziare e qualifi-
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care l'attività manutentiva. Assenza di risposte c’è anche su una eventuale ipotesi di una definizione della questione carri, che nel passato erano stati oggetto di uno studio. La struttura della Gor fa storia a se, in quanto è prevista una codifica dell'organigramma che lascia dubbi. Per quanto riguarda la consistenza di personale, le dichiarazioni della dirigenza di Cargo destano più di un timore che può essere senz'altro influenzato dall'andamento del mercato, anche se la stesa Cargo ribadisce l'impegno di mantenere i volumi di produzione ipotizzati. Sostanzialmente anche se, dinanzi alle forti sollecitazioni che come Fit-Cisl abbiamo posto, Cargo assicura di non voler restringere l'attuale reticolo, rimane la nostra contrarietà e inoltre permangono risposte inevase. Innanzitutto mascherandosi dietro un no comment diplomatico, dato che la tematica riveste livelli di Holding e Società Trenitalia, la questione della riorganizzazione dell'intera filiera del trasporto merci del Gruppo Fs rimane inevasa. Come pure inevase rimangono le problematiche relative alla gestione dei Tpt, un utilizzo ibrido da superare e con un focus su altri aspetti. Insomma alla luce dell'abilitazione al Modulo D e con il conseguimento della patente A4, una riflessione a tutto campo per questa figura va fatta.
fronte ad un arretramento di Cargo, le altre Imprese ferroviarie avanzano. Fondamentalmente manca un vero piano industriale; si assiste ad un ragionamento a segmenti che dubitiamo possa produrre gli effetti sperati. Auspichiamo un chiarimento a livello societario quanto prima; una prima risposta dovrebbe venire da una svolta alla qualità delle Relazioni industriali, visto che vengono segnalate situazioni a volte paradossali: invece di ricercare una coesione vengono messi in atto interventi di bassissimo profilo. La forte preoccupazione risiede nell'efficacia delle azioni prospettate - che, lo ripetiamo, sono solamente una parte di un quadro molto più complesso - e delle ripercussioni derivanti da una drammatica crisi economica che sta falcidiando anche il segmento del trasporto merci, non solamente quello ferroviario, ma anche quello su gomma. Come Fit-Cisl ribadiamo la nostre forte volontà di perseguire un percorso chiarificatore con la Società e di proporre delle azioni correttive dell'impostazione data al progetto riorganizzativo illustrato dalla Divisione Cargo. Massimo Malvisi
Sul reticolo e sulla consistenza del personale, ribadiamo la nostra forte valutazione negativa, non possiamo assistere alla contrazione del reticolo che è uno dei punti di forza di Cargo, senza dimenticare che di
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Salvatore Pellecchia
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Sì alla liberalizzazione e nì al contratto di settore? Sono macchinisti, operatori di impianto, addetti di sala operativa, addetti commerciali, operano nell’ambito dello stesso settore, quello delle attività ferroviarie, ma dipendono da imprese ferroviarie diverse. Quando si incontrano negli scali ferroviari, nei convegni specialistici, durante le assemblee sindacali, si confrontano sulle rispettive esperienze di lavoro e prendono atto che, pur facendo lo stesso mestiere, pur operando nello stesso contesto di mercato, sono sottoposti a trattamenti normativi e retributivi differenti. Spesso dipendono da imprese che, pur prevedendo nell’ambito dei loro codici etici, princìpi quali la “promozione dello sviluppo sociale, economico ed occupazionale; il rispetto e la tutela delle condizioni di lavoro, dei diritti sindacali, della salute e sicurezza sul luogo di lavoro”, non inten-
organizzarsi, sull’innovazione di processo e sull’innovazione del prodotto/servizio offerto. Ma quante sono oggi le imprese che utilizzano l’infrastruttura ferroviaria? Sul sito del Mit (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) è sempre disponibile l’elenco aggiornato di quelle legittimate ad effettuare attività di trasporto su ferrovia a seguito di licenza rilasciata dal Ministero stesso, secondo le modalità previste dal decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188 e dal decreto ministeriale 2 febbraio 2011, n.36. Le licenze rilasciate dal 2000 a oggi sono 64. Di queste solo 31 sono operative e con Certificato di Sicurezza e sono così ripartite: 13 sono abilitate al trasporto di merci e passeggeri, 12 al solo trasporto merci e 6 al solo trasporto passeggeri.
monitoraggio in linea con il regolamento CE 91/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alle statistiche dei trasporti ferroviari, ha censito dapprima 33 imprese (2004 e 2005) poi 35 (dal 2006 al 2008) fino ad arrivare alle 39 monitorate nel 2011. L’indagine statistica suddivide i dati fra le imprese grandi e quelle piccole e medie e, raffrontando gli ultimi rilevamenti relativi al trasporto merci, si evince che nel 2004 si sono trasportati complessivamente oltre 22 miliardi di tonnellate chilometri (di cui 21 dalle grandi imprese e 1 dalle piccole e medie imprese) fino ad arrivare, dopo i 25 miliardi di tonnellate chilometri del 2007 (di cui sempre 21 dalle grandi imprese e 4 dalle piccole e medie imprese) ai 19 miliardi e 787 milioni di tonnellate chilometri del 2011 (di cui 17 miliardi e 279 milioni dalle grandi imprese e 2 miliardi e 508 milioni dalle piccole e medie imprese). Stando quindi all’elenco delle imprese ferroviarie messo a disposizione dal Ministero e ai rilevamenti condotti dall’Istat ed evitando di addentrarsi in analisi particolarmente raffinate, due elementi sono certi: • in Italia è caduto da oltre dieci anni il monopolio del ferro e c’è stato un significativo ingresso di nuove imprese ferroviarie;
dono applicare il contratto di lavoro di settore facendo così diventare queste lavoratrici e questi lavoratori strumenti di una competizione che si gioca, prevalentemente, sulla riduzione dei prezzi del servizio di trasporto offerto e non, come dovrebbe essere in un sistema equilibrato, sulla qualità dell’offerta, sulla capacità di
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Evidentemente le previsioni legislative che hanno favorito il processo di liberalizzazione ferroviaria sono state efficaci nel consentire l’accesso all’infrastruttura ferroviaria. I nuovi operatori ferroviari in Italia sono una realtà e, da anni, di loro si occupa anche l’Istat che, dal 2004, attraverso un
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• pur considerando gli effetti della crisi, la quantità di merci trasportate su ferrovia è complessivamente diminuita e l’ex monopolista registra una perdita significativa delle quantità trasportate. A fronte di un incremento dell’offerta
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commerciale rappresentato dall’ingresso dei nuovi vettori, pur considerando gli effetti negativi della crisi che stiamo attraversando, non vi sono stati i risultati che i fautori della liberalizzazione annunciavano e auspicavano: un corrispondente incremento delle merci trasportate su ferrovia. I dati ufficiali relativi all’andamento del 2012 non sono ancora disponibili ma, stando ai primi indicatori e alle affermazioni dei rappresentanti delle varie associazioni datoriali, anche in quell’anno il trasporto merci ferroviario è arretrato e ha perso quote di mercato, per cui difficilmente si registrerà un’inversione di tendenza. Se da un verso i processi di liberalizzazione hanno favorito la nascita di nuove imprese e stimolato l’ex monopolista a far meglio, dall’altro non si sono raggiunti neppure gli obiettivi di sostenibilità ambientale, praticati in tutti i Paesi europei più avanzati. Per tornare al tema iniziale, sul piano del lavoro gli effetti della liberalizzazione ferroviaria non sono stati brillanti. Le “direttive europee”, i “pacchetti” ferroviari e le normative di recepimento hanno fissato le regole per il rilascio delle licenze alle imprese ferroviarie, per la ripartizione della capacità dell’infrastruttura ferroviaria e per la riscossione dei diritti di utilizzo. Ma nessun legislatore si è posto il problema di tutelare i diritti dei lavoratori e di fissare delle “regole di ingaggio” di base, comuni per tutti gli operatori del settore. Le imprese, poi, essendo particolarmente impegnate nel rivendicare “condizioni non discriminatorie per l’accesso all’infrastruttura”, si sono distratte proprio nel momento in cui avrebbero dovuto garantire anche la tutela dei diritti dei propri lavoratori. Nel 2013 la maggioranza delle 31 imprese ferroviarie che operano sul mercato non applicano ancora il Contratto Collettivo Nazionale della Mobilità Area contrattuale Attività ferroviarie del 20 luglio 2012 (Ccnl MAF). Fino a qualche anno fa molti dei soggetti
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che giudicavano il Ccnl delle Attività Ferroviarie inapplicabile alle nuove imprese ferroviarie lo facevano, strumentalmente, associando il contratto di settore al contratto aziendale del Gruppo Fs. Tale alibi però non regge più dal momento che il Ccnl delle Attività ferroviarie è stato adeguato alla nuova realtà e pertanto il nuovo Ccnl Maf, sulla base delle esperienze degli ultimi anni, presenta un’articolazione profondamente diversa dalla normativa di origine. Le novità hanno interessato tutti i capitoli adeguando i nuovi istituti contrattuali all’evoluzione legislativa che ha interessato il mercato del lavoro, modificando il modello di relazioni sindacali, perfezionando le modalità di svolgimento del rapporto di lavoro e, soprattutto, trasformando i tre capitoli che regolamentano la Classificazione, l’Orario di Lavoro e la Retribuzione. Il capitolo Classificazione ha avuto una rivisitazione che ha agito sulla quantità di parametri retributivi ed è stato arricchito con le nuove figure professionali presenti nel settore. Il capitolo sull’Orario di Lavoro è stato integrato con “sezioni specifiche” dedicate ai vari segmenti del trasporto ferroviario (trasporto passeggeri veloce, regionale e locale, passeggeri, trasporto merci e via dicendo) che tengono conto delle esigenze
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delle realtà produttive di riferimento. Di conseguenza si è adeguato anche il capitolo contenente gli aspetti retributivi con previsioni perfettamente applicabili anche alle nuove imprese ferroviarie. Le imprese ferroviarie che applicano il contratto di lavoro di settore come Trenitalia, come Trenord, come Serfer, come Rail Traction Company, come Rail Cargo Italia o come Nuovo Trasporto Viaggiatori che, essendo in fase di start up, ne applica interi capitoli, dimostrano che è possibile competere nel mercato liberalizzato senza far decurtare la retribuzione delle lavoratrici e dei lavoratori e senza richiedere prestazioni che nel lungo e medio termine non potranno essere sopportate. Le lavoratrici e i lavoratori che dipendono da Sbb Cargo Italia, DB Schenker, Captrain Italia, Inrail, non capiscono per quali ragioni a loro non si applica il contratto di settore e stanno sollecitando le Organizzazioni sindacali affinché tutelino, con azioni più incisive, i loro diritti. Cercare di cogliere le importanti opportunità che il settore ferroviario offre è legittimo; conservare i vantaggi prodotti da un contratto di lavoro inadeguato sarebbe come pretendere di “avere la botte piena e la moglie ubriaca”: non è possibile e non esiste in natura.
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Osvaldo Marinig
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Al via il rinnovo dell’assemblea dei delegati di Eurofer In un momento storico in cui la crisi economica rende difficile il mantenimento del posto di lavoro per chi ce l’ha e un miraggio ottenerlo per chi è disoccupato o riaverlo per chi è in cassa integrazione, parlare di previdenza, soprattutto di quella complementare, può essere vissuto come un segno di incomprensione della situazione in cui si trovano moltissime persone. Lo spunto per ricordare il valore e l’importanza della previdenza complementare e la necessità dei lavoratori di essere informati su cosa accade in quel mondo ci è dato dalle prossime elezioni per il rinnovo dell’Assemblea di Eurofer. L’appuntamento è importante perché si vota per l’organismo che nomina i Consiglieri di Amministrazione del Fondo e rappresenta il punto di unione tra gli iscritti e coloro che sono chiamati a gestire le risorse dei lavoratori. Il ruolo dell’Assemblea dei delegati è molto rilevante soprattutto per le sue prerogative in termini di controllo e indirizzo. Dal 2 al 13 dicembre prossimi tutti gli iscritti ad Eurofer potranno esprimere il loro voto. Anche questa volta si voterà su una lista unitaria che comprende l’espressione di tutte le organizzazioni sindacali che sono una delle componenti le parti istitutive del Fondo. Agli iscritti a Eurofer sarà recapitata, al proprio indirizzo, la lista elettorale e una busta preaffrancata. Dopo aver espresso il voto sull’apposita scheda, la stessa dovrà essere riposta nella busta preaffrancata e, senza alcun costo per il lavoratore, rispedita imbucandola in una normale cassetta postale. Per essere considerato valido il voto, è necessario che la busta risulti recapitata
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entro il 3 gennaio 2014. Considerati i tempi di consegna delle Poste italiane, è indispensabile votare il più presto possibile, non appena si sarà in possesso del materiale, al fine di evitare che la restituzione della busta superi il tempo massimo stabilito dal regolamento elettorale, il cui estratto sarà allegato alla lettera che contiene anche la scheda elettorale. Ci auguriamo che le operazioni abbiano un buon riscontro, che sarà valutato sul numero di schede che perverranno in tempo utile: sarebbe un sintomo di attenzione, ancorché la lista risulti bloccata e non è data la possibilità di esprimere preferenze individuali pena l’annullamento del voto. La previdenza complementare è un interesse comune che va al di là delle singole posizioni di sigla, per cui è normale che per tali elezioni non si sia voluto innescare una competizione di tipo politico. Si è puntato sulla disponibilità delle persone che, suddivise per territorio, hanno accettato di fornire il loro contributo per lo sviluppo della previdenza complementare, specialmente tra i giovani che continuano ad essere i più restii verso tale forma di protezione sociale.
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Infatti la percezione del sistema pensionistico pubblico e gli atteggiamenti nei confronti della previdenza complementare non sono molto cambiati negli ultimi anni. Tale approccio è confermato dall’analisi dei dati della quarta indagine sulla previdenza pubblica e privata realizzata da Mefop – la società per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione – realizzata su un campione di lavoratori suddiviso tra aderenti e non aderenti a un fondo integrativo. L'indagine, la cui prima edizione risale al giugno 2006, dimostra che la crisi economica ha modificato solo in parte la percezione dei lavoratori sul nostro sistema previdenziale. Dopo l'ultima riforma, Fornero-Monti, è diventato chiaro a quasi tutti che i requisiti di età per ottenere la pensione pubblica sono stati innalzati. Aumenta il numero di lavoratori che stima di andare in pensione dopo 65 anni e si riduce quello di chi continua a pensare che potrà ritirarsi prima. Ma una maggioranza assoluta (68%) dimostra ancora di non conoscere con precisione il metodo con cui verrà calcolata la pensione e quasi un lavoratore su due ha una stima ottimistica
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sul tasso di sostituzione che lo aspetta e, quindi, del valore effettivo dell'assegno pensionistico rispetto all'ultimo stipendio.
con i loro mezzi limitati, sono stati lasciati soli a provare a coprire le esigenze di conoscenza “previdenziale” dei lavoratori.
Per esempio, solo il 49% dei lavoratori con non più di 17 anni di versamenti sa che la pensione sarà calcolata con il contributivo puro e sono ancora meno (29%) i lavoratori con versamenti compresi tra i 18 e i 33 anni che sanno che i loro assegni saranno calcolati con un sistema misto a prevalenza contributiva. Cresce, invece, una consapevolezza di vulnerabilità del sistema previdenziale: tra il 2006 e il 2012 aumenta del 20% il numero di lavoratori che considera "non sicuro" sia il sistema pensionistico obbligatorio pubblico sia quello complementare e il calo della fiducia (effetto della lunga crisi finanziaria) è più marcato per la previdenza complementare.
Vale la pena ricordare che l'Italia, come molti altri Paesi, adotta il sistema pensionistico "a ripartizione" fondato su un forte patto intergenerazionale: i lavoratori di oggi con i loro contributi pagano le pensioni dei loro padri e nonni. Le nuove generazioni non avranno più la pensione dei loro papà (calcolata sulla base delle ultime retribuzioni - metodo retributivo), ma la loro prestazione finale dipenderà da quanti contributi e per quanti anni li avranno pagati e dalla speranza media di vita al momento del pensionamento. Dal 2012 il sistema contributivo è stato esteso
La ricerca ha confermato un dato abbastanza scontato: la maggioranza degli intervistati (65%) ha espresso dei giudizi critici sull’ultima riforma delle pensioni. La sorpresa, invece, è stata quella di constatare come più del 60% degli intervistati ritenga che le ultime misure adottate penalizzino di più i giovani. Pare che il concetto di “equità attuariale” tra le generazioni non sia stato compreso. Dal 2006 non diminuisce la percentuale di lavoratori che rimane contrario a qualunque forma di adesione a un fondo pensione integrativo. Coloro che, invece, vi hanno aderito si dichiarano soddisfatti della scelta fatta anche se dicono di non conoscere bene il profilo di rischio collegato del comparto del Fondo a cui hanno affidato il loro tfr. Permane, quindi, un livello di disinformazione elevato. Il gap informativo dovrebbe essere ridotto principalmente dalle istituzioni, Inps in testa. Da troppi anni la reticenza regna sovrana: dagli anni ‘90 si fanno proclami sulla necessità di campagne informative mirate, ma ad oggi nulla e cambiato. Il sindacato e i fondi pensione,
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a tutti: per cui anche i papà devono rivedere l’effettivo ammontare della loro pensione. Se non è ancora abbastanza chiaro tutti, e non solo i giovani, dovranno integrare la loro pensione con il "risparmio previdenziale" e garantirsi un futuro migliore con la previdenza complementare e i fondi pensione. All’osservazione che il traguardo della pensione è talmente lontano, ribadiamo che l’iscrizione alla previdenza complementare comporta dei vantaggi fiscali sia immediati che futuri. In fase di contribuzione si possono dedurre dal reddito com-
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plessivo i contributi versati, fino al limite di 5.164,57 euro all’anno. Tale importo comprende l’eventuale contributo del datore di lavoro e i versamenti eventualmente effettuati a favore dei soggetti fiscalmente a carico; è esclusa la quota del tfr. I rendimenti finanziari sono tassati all’11% rispetto al 12,5 o al 20% che si applica invece alle forme di risparmio finanziario. Per le prestazioni dopo il pensionamento, l’’aliquota si riduce al crescere degli anni di partecipazione alla previdenza complementare. In particolare, per i primi 15 anni l’aliquota è pari al 15%; dal sedicesimo anno si riduce di 0,30 punti percentuali per ogni anno di partecipazione, fino al limite massimo di 6 punti percentuali. Con almeno 35 anni di partecipazione l’aliquota scende quindi al 9%. Se ciò non fosse sufficiente serve ricordare che c’è anche il contributo del datore di lavoro che, di fatto, è un aumento dello stipendio accantonato in regime di deducibilità fiscale. I contrari al sistema della previdenza complementare potrebbero, ancora, obiettare sulle differenze di rendimento tra il tfr e le valorizzazioni delle quote dei fondi. Mediamente, dall’inizio delle gestioni finanziarie, i fondi pensione hanno dato risultati superiori alla rivalutazione del tfr. Il 2012 si è chiuso con un ampio vantaggio a favore dei fondi. I comparti, con più aderenti, di Eurofer e di Priamo hanno chiuso il 2012 rispettivamente con un rendimento netto del 7,8% e 9,49%. Chiudiamo con una notizia di servizio che riguarda il rinnovo dei Consiglieri di Amministrazione di Eurofer e Priamo. Nel primo sono stati eletti Nico Piras, che ha assunto l’incarico di Vicepresidente, e Paolo Pioppini. Nel secondo sono stati confermati Nico Piras e chi scrive, che ha anche assunto l’incarico di Presidente.
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La Fit in campagna elettorale Il 26 e 27 novembre si vota in tutta Italia per l’elezione di Rsu e Rssla nelle aziende pubbliche e private dei servizi ambientali. La Segreteria nazionale incontrerà tutti i candidati. L’analisi del Coordinatore nazionale Angelo Curcio “Fatti sentire! Scegli un candidato Fit-Cisl”. Con questo slogan si è aperto l’Attivo di Organizzazione dei Servizi ambientali lo scorso 25 settembre, che ha visto all’Hotel Universal di Roma la partecipazione dei componenti dell’ area contrattuale e i Segretari regionali e territoriali della Fit. Si tratta di uno slogan indirizzato a tutti i lavoratori e le lavoratrici che vogliono dare voce a chi da sempre unisce il lavoro e i lavoratori, rendendoli partecipi delle scelte nel rispetto dei loro diritti. Da Roma è partita la campagna elettorale che il 26 e 27 novembre, per la prima volta nella storia del comparto dei Servizi ambientali, porterà al voto più di 50 mila lavoratori in tutto il territorio nazionale su migliaia di posti di lavoro, per eleggere i propri Rappresentanti sindacali unitari (Rsu), i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, la Salute e l’Ambiente di lavoro (Rlssa) e i 25 Rappresentanti all’Assemblea nazionale del fondo di previdenza complementare Previambiente. “In questa fase non è impegnata solo l’area contrattuale, ma tutta la Fit e tutta la Cisl – ha dichiarato Pasquale Paniccia, Segretario nazionale della Fit-Cisl – È quindi un coinvolgimento importante di tutti ai fini del risultato. Il 28 vorremmo vedere che siamo arrivati primi”. Paniccia ha spiegato anche perché questo appuntamento è così rilevante: “Le Rsu sa-
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ranno votate anche dai non iscritti. Se a questo aggiungiamo che in una competizione non bisogna mai dare per scontati i voti dei propri iscritti, credo che l’impegno per ciascun candidato sia parlare assolutamente con tutti, iscritti e non, per ottenere un buon risultato”. È quindi una sfida sul nuovo modello di rappresentanza che dovrà affrontare e superare anche scetticismo e diffidenza di tanti all’interno dello stesso sindacato. Mettersi in discussione non è facile, ma è indispensabile per dimostrare sui posti di lavoro la nostra reale capacità di coinvolgere e rappresentare i lavoratori del comparto. Bisogna tutelare il lavoro e la dignità dei lavoratori, non solo con le regole del contratto nazionale, ma anche utilizzando la non facile ma necessaria “arte sindacale” del sapersi rapportare con tutti i lavoratori; questo nella convinzione che la contrattazione sul posto di lavoro rappresenta uno strumento irrinunciabile per garantire diritti fondamentali di lavoratori e lavoratrici, attraverso una partecipazione che assicuri trasparenza e condivisione delle scelte. Chi sarà eletto come Rsu nelle liste della Fit-Cisl dovrà rappresentare le esigenze di tutti i lavoratori, tutelandoli collettivamente ma senza mai scordare il suo dna sindacale: dovrà ricordare sempre che dietro la sua azione c’è la Cisl con i suoi valori. In questi ultimi anni siamo cresciuti grazie all’impegno che i lavoratori ci hanno riconosciuto con la loro fiducia, una crescita che ci ha permesso di diventare la prima organizzazione nelle imprese di proprietà pubblica e la seconda in quelle private,
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con un totale di quasi 20 mila iscritti. In ogni azienda o unità produttiva il raggiungimento della maggioranza o di un’alta percentuale di rappresentanza nell’assemblea della Rsu è indispensabile per avere peso nelle scelte dell’azione sindacale e la possibilità di firmare e approvare gli accordi di secondo livello. In queste elezioni dovremo dare il massimo senza trascurare nulla: bisogna considerare l’elezione della Rsu come una vera competizione elettorale e quindi organizzarla e affrontarla in quanto tale. È indispensabile contattare e chiedere il voto ad ogni singolo lavoratore, indipendentemente dalla sua appartenenza o meno ad una associazione sindacale, perché in una competizione come questa nulla è scontato. Nulla cambia per le prerogative delle strutture territoriali che, come previsto dall’attuale sistema di relazioni sindacali del ccnl, saranno presenti ai tavoli aziendali congiuntamente alle Rsu. Per quanto riguarda i delegati Fit-Cisl eletti nel recente congresso, continueranno a svolgere il loro ruolo di rappresentanza dell’organizzazione. Dovrà essere cura delle strutture territoriali coordinare i delegati e gli eletti come Rsu nelle liste della Fit-Cisl per condividere l’azione sindacale nei luoghi di lavoro. Novità importante è la contestuale elezione dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza la Salute e l’Ambiente di lavoro: nonostante questa importante figura sia obbligatoria per legge non è purtroppo presente in tutti i luoghi di lavoro. Troppi lutti e incidenti gravi hanno funestato le famiglie dei nostri lavoratori, per
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cui l’elezione dei Rlssa è una scelta indispensabile per mettere in campo nuove azioni volte a prevenire e a ridurre i rischi su salute e sicurezza. Occorre cambiare anche culturalmente il comparto rafforzando le politiche attive sulla salute e sulla sicurezza del lavoro: per troppo tempo la sicurezza è stata considerata un mero costo assicurativo, mettendo in secondo piano il suo costo sociale che, come emerso dalle più recenti indagini, è quattro volte superiore al primo. Il luogo di lavoro ha una dimensione umana oltre che economica, pertanto le misure per contrastare gli eventi infortunistici non possono essere considerate costi aggiuntivi. Fondamentale sarà la scelta dei candidati che dovrà ricadere su rappresentanti in grado di assolvere il loro ruolo in materia di sicurezza, salute e ambiente attraverso un confronto ispirato a criteri di partecipazione e condivisione degli obiettivi per il raggiungimento degli stessi. Per esplicare al meglio e pienamente il suo mandato il Rls dovrà coordinare la sua azione con quella della Rsu; una sinergia necessaria per un obiettivo comune: la “completa tutela dei lavoratori”. A sostegno della loro azione abbiamo richiesto all’ente bilaterale del comparto (Fondazione Rubes Triva) un programma di formazione per i nuovi e vecchi Rlssa e strumenti informativi sulla prevenzione dei rischi volta anche al coinvolgimento attivo e partecipe dei lavoratori, rendendo maggiormente effettiva la tutela e la prevenzione di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Altro importante appuntamento che chiude questo “election day” sarà l’elezione dell’Assemblea dei Soci del Fondo di Previdenza complementare Previambiente. Le numerose riforme pensionistiche che si sono succedute negli ultimi anni hanno profondamente trasformato il sistema previdenziale del nostro Paese. L’ultima in sporti dei Tra VOCE
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ordine di tempo è stata la Monti-Fornero, scattata il primo gennaio 2012, che ha previsto da un lato un forte allungamento della vita lavorativa e dall’altro un ulteriore calo della copertura che sarà offerta dal sistema pensionistico obbligatorio. • Con l’adozione del sistema contributivo, è destinato bruscamente ad abbassarsi il tasso di sostituzione e quindi la copertura offerta dal sistema pensionistico obbligatorio: Nel caso dei giovani che ricadono interamente nel contributivo, dal 70%-80% del passato a regime si passerà al 50%-60%; ma anche per gli altri lavoratori vi sarà un calo, più o meno brusco a seconda dell’anzianità e della dinamica di carriera. La previdenza complementare rappresenta così una strada obbligata per chi voglia evitare un brusco calo del tenore di vita per quando smetterà di lavorare. In un sistema a capitalizzazione, come quello della previdenza complementare, il fattore tempo esercita un ruolo fondamentale nella determinazione dell’importo della futura pensione: il tempo perduto non può più essere recuperato. Purtroppo, come spesso accade, dove ci sono un bisogno collettivo e risorse destinate a dare risposte allo stesso, ci sono anche interessi privati che vogliono lucrare sul bisogno mettendo a rischio l’obiettivo principale. Sempre più di frequente ci vengono segnalate presenze di promotori assicurativi nei posti di lavoro, spesso presentati dagli stessi datori di lavoro - o peggio da alcuni lavoratori, magari dietro la promessa di vantaggi personali dall’adesione collettiva dei dipendenti/colleghi. L’elezione dei rappresentati dell’assemblea di Previambiente deve essere anche un’occasione di rilancio della previdenza complementare. Abbiamo messo a disposizione del fondo candidati in grado di impegnarsi per questo obiettivo sociale, proporremo al fondo di organizzare a livello regionale nuove iniziative di informa-
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zione che possano raggiungere il maggior numero di lavoratori del comparto, perché riteniamo la previdenza complementare un investimento sul futuro e non un businness finanziario. I seggi elettorali per le elezioni di Previambiente saranno gli stessi costituiti per le elezioni delle Rsu/Rlssa e dovranno esclusivamente garantire l’esercizio di voto e inviare i plichi con le schede votate al seggio centrale di Roma, in cui verrà effettuato lo scrutinio generale. Come previsto dagli accordi sindacali in vigore dalla costituzione di Previambiente, ci sarà un’unica lista unitaria di Fp-Cgil, FitCisl, UilTrasporti e Fiadel e la possibilità per altre organizzazioni sindacali di presentare la propria lista sottoscritta da almeno il 5% dei lavoratori soci distribuiti in non meno di venti imprese di almeno cinque regioni. La nostra campagna elettorale per Rsu/Rlssa e Previambiente vedrà ulteriori cinque assemblee con la partecipazione di candidati e strutture regionali e territoriali. Riportiamo qui le date e ricordiamo che ulteriori informazioni si trovano sul sito Fitcisl.org alla pagina dell’Ambiente. Bologna 23/10/2013 Incontro per le regioni Alto Adige, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino, Valle d’Aosta, Veneto. Roma 30/10/2013 Incontro per le regioni Campania, Lazio, Toscana, Umbria. Pescara 6/11/2013 Incontro per le regioni Abruzzo, Basilicata, Marche, Molise, Puglia. Cagliari 11/11/2013 Incontro per la regione Sardegna Messina 13/11/2013 Incontro per le regioni Calabria, Sicilia.
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Mobilità tpl
“Vi spiego il valore di questo risultato” Antonio Piras, Coordinatore nazionale per la Mobilità tpl, commenta il contenuto dell'accordo nazionale sulla costituzione del Fondo bilaterale di solidarietà I Fondi bilaterali di solidarietà, istituiti dalla riforma del mercato del lavoro, sono i nuovi ammortizzatori sociali per oltre 6 milioni di lavoratori fino a oggi non coperti dalla cassa integrazione guadagni. Le prestazioni della cig ordinaria e straordinaria sono riservate soltanto alle imprese di alcuni settori, che raggiungono determinate dimensioni. Negli ultimi anni, questa carenza di protezioni è stata in parte compensata dalla nascita della cig in deroga che, tuttavia, è ormai quasi al ca-
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polinea. Le risorse disponibili per la cig in deroga, finanziate prevalentemente dal Fondo Sociale Europeo, giungeranno infatti agli sgoccioli entro il 2013. Per questo la legge n. 92/2012 ha introdotto una nuova forma di protezione per le aziende che rappresenta una novità significativa nel sistema del welfare italiano. Si tratta appunto dei Fondi di solidarietà, che dovranno essere obbligatoriamente istituiti da tutte le società con più di quindici addetti non coperte dalla cig.
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La riforma ha scelto la bilateralità per cogliere la specificità dei diversi settori e la contrattazione per l’istituzione dei Fondi. Le Organizzazioni sindacali e imprenditoriali, comparativamente più rappresentative, entro fine ottobre dovranno stipulare accordi collettivi aventi ad oggetto la costituzione dei Fondi con la finalità di prevedere tutele in costanza di rapporto di lavoro, in caso di riduzioni o sospensioni dell’attività lavorativa per cause previste dalla normativa di integrazione salariale ordinaria o straordinaria. Attraverso la
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contrattazione si potrà definire tutele ulteriori ed evitare di confluire, in caso di non accordo, in un Fondo residuale che sarà istituito per legge presso l’Inps. Tale opportunità è stata colta dalle Organizzazioni sindacali e da Asstra e Anav che, al di là della vertenza in essere relativa al mancato e troppo atteso rinnovo del ccnl, hanno convenuto sulla necessità di istituire il Fondo bilaterale di solidarietà degli autoferrotranvieri internavigatori, rinunciando ad un possibile immobilismo. Infatti, oltre a garantire una tutela in costanza di rapporto di lavoro, che si concretizza nella possibilità di erogare un assegno mensile pari all’80% della retribuzione imponibile in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, il Fondo prevede anche una tutela in caso di cessazione del rapporto di lavoro attraverso prestazioni straordinarie. Si tratta dell’integrazione all’Aspi e dell’incentivo all’esodo.
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L’integrazione alla prestazione dell’Assicurazione sociale dell’impiego di fatto prevede l’erogazione di un importo economico maggiorato di oltre il 50% per un periodo pari al doppio della durata rispetto a quanto previsto dalla Legge. La prestazione relativa all’incentivo all’esodo prevede la possibilità di erogare assegni per il sostegno al reddito di lavoratori che hanno maturato i requisiti di pensionamento di vecchiaia. Infine, attraverso il Fondo si potrà stipulare apposite convenzioni con i fondi interprofessionali per realizzare programmi formativi, di riconversione o riqualificazione professionale del personale eventualmente in esubero, anche in concorso con gli appositi fondi regionali o dell’Unione europea. Il contributo al fondo è pari allo 0,50%, da suddividere per un terzo a carico del lavoratore e due terzi a carico dell’azienda. Utilizzando ad esempio una base imponibile
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annua di 30.000 euro, avremo una trattenuta annua di circa 50 euro da suddividere in 14 mensilità. Tenendo conto, inoltre, che la trattenuta abbassa l’imponibile fiscale, si avrà un addebito di meno di 3 euro mensili in busta paga. La sottoscrizione dell’accordo costitutivo del Fondo bilaterale di solidarietà degli autoferrotranvieri internavigatori è un importante risultato vista, in particolare, la situazione delle aziende del tpl nel Paese. Le future aggregazioni, probabilmente, determineranno nuovi esuberi e il nuovo Fondo sarà un ammortizzatore sociale fondamentale per far fronte a criticità che potrebbero manifestarsi. Ad oggi siamo ancora in attesa della necessaria autorizzazione da parte del Ministero del Lavoro, ma, in ogni caso, il versamento - e quindi la trattenuta in busta paga - decorrerà dal mese di gennaio 2013, in modo che il Fondo possa essere già operativo dal mese di luglio del prossimo anno (la legge prevede che l’operatività dei Fondi non possa avvenire prima di sei mesi). Alleghiamo l’atto costitutivo e una tabella dalla quale si evince la convenienza dell’accordo sul Fondo di solidarietà rispetto alla co nfl u e n za nel fondo residuale previsto dalla legge.
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Accordo nazionale sulla costituzione del Fondo bilaterale di solidarietà Accordo nazionale sulla costituzione del Fondo bilaterale di solidarietà per il personale cui si applica il ccnl Autoferrotranvieri – Internavigatori del 23 luglio 1976 e successive modificazioni e integrazioni Il giorno 8 luglio 2013, tra le Aa.Dd Asstra ed Anav e le Oo.Ss. Filt-Cgil, Fit-Cisl, UilTrasporti, UglTrasporti e Faisa Cisal, premesso che: • le Parti intendono potenziare ed estendere gli strumenti di tutela dei lavoratori nel rapporto di lavoro e nel mercato del lavoro in connessione ai processi di riorganizzazione che interessano le aziende; • l’art. 3, commi 4 e 32 della legge 28 giugno 2012, n. 92 ha previsto la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, aventi la finalità di assicurare ai lavoratori tutele in costanza di rapporto di lavoro nonché di integrare il sistema degli ammortizzatori sociali; • il predetto art. 3 della legge 28 giugno 2012, n. 92 riconosce il ruolo della contrattazione collettiva nella costituzione e nella regolazione dei fondi di solidarietà bilaterali,
zionale di lavoro sottoscritto da Asstra e da Anav e dalle Oo.Ss. Filt-Cgil, Fit-Cisl, UilTrasporti, UglTrasporti e Faisa Cisal e che occupano mediamente più di quindici dipendenti. 3. I lavoratori delle Aziende di trasporto, sia pubbliche che private, che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto da Asstra e da Anav e dalle Oo.Ss. Filt-Cgil, Fit-Cisl, UilTrasporti, UglTrasporti e Faisa Cisal e che occupano mediamente sino a quindici dipendenti sono destinatari degli interventi del Fondo solo qualora le aziende medesime aderiscano volontariamente al Fondo stesso. L’adesione può essere comunicata in qualunque momento, fermo restando che il diritto a ricevere le prestazioni matura dopo sei mesi di versamento della contribuzione ordinaria. 4. Ai fini della determinazione della predetta soglia dimensionale, si tiene conto di quanto previsto dall’art. 3, comma 7, della legge 28 giugno 2012, n. 92. 5. Il Fondo ha lo scopo di: -
assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro mediante l’erogazione di una prestazione ordinaria nei casi di riduzione o sospensione temporanea dell’attività lavorativa per le causali previste dall’art. 1, L. 164/75 e successive modifiche;
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assicurare un sostegno economico, tramite erogazione di prestazioni integrative o straordinarie, ai lavoratori cessati dal rapporto di lavoro in presenza di problematiche occupazionali;
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contribuire allo svolgimento di programmi formativi, di riconversione o riqualificazione professionale del personale eventualmente in esubero, tramite i fondi interprofessionali, anche in concorso con gli appositi fondi regionali o dell’Unione europea.
si conviene quanto segue: Articolo 1 – Costituzione del Fondo 1. È costituito il "Fondo bilaterale di solidarietà per il sostegno del reddito del personale delle Aziende di trasporto pubblico” (indicato, d’ora in poi, come il Fondo) cui si applica il ccnl Autoferrotranvieri – Internavigatori del 23 luglio 1976 e successive modificazioni ed integrazioni. Articolo 2 – Finalità e campo di applicazione 1. Con riferimento ad aziende non coperte dalla normativa in materia di integrazione salariale, il Fondo, in conformità a quanto previsto dalla legge 28 giugno 2012, n. 92, ha lo scopo di assicurare tutele in costanza di rapporto di lavoro e altre tutele nei termini di cui ai successivi articoli. 2. Destinatari degli interventi del Fondo sono i lavoratori delle Aziende di trasporto, sia pubbliche che private, che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo na-
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Articolo 3 – Amministrazione del Fondo 1. Il Fondo è gestito da un "Comitato amministratore" composto da 10 esperti di cui 5 designati da Asstra e Anav e 5 dalle Organizzazioni sindacali stipulanti il presente accordo. Del Comitato fanno altresì parte due funzionari, con qualifica di
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dirigente, in rappresentanza, rispettivamente, del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’Economia e delle Finanze. 2. Il Comitato, nominato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dura in carica 4 anni. 3. Il Comitato elegge il Presidente, rispettivamente e a turno, tra i componenti designati dalle Associazioni imprenditoriali e dalle Associazioni sindacali dei lavoratori. 4. Nel caso in cui durante il mandato venga a cessare dall'incarico, per qualunque causale, un componente del Comitato, si provvederà alla sua sostituzione per il periodo residuo con altro componente designato secondo le modalità di cui al presente articolo. 5. Scaduto il periodo di durata, il Comitato continua ad operare fino all'insediamento dei nuovi componenti. 6. Per quanto non disciplinato dal presente comma si fa rinvio all’articolo 3, commi 36, 39, 40 e 41 della legge 28 giugno 2012, n. 92 e successive modificazioni. Articolo 4 – Compiti del Comitato di Amministrazione 1. Il Comitato amministratore ha il compito di: a) predisporre, sulla base dei criteri stabiliti dal consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, i bilanci annuali, preventivo e consuntivo, della gestione, corredati da una propria relazione e deliberare sui bilanci tecnici relativi alla gestione stessa; b) deliberare in ordine alla concessione degli interventi e dei trattamenti e compiere ogni altro atto richiesto per la gestione del Fondo; c) fare proposte in materia di contributi, interventi e trattamenti alle parti firmatarie del presente accordo; d) vigilare sull’affluenza dei contributi, sull’ammissione agli interventi e sull’erogazione degli interventi nonché sull'andamento della gestione, studiando e proponendo alle parti firmatarie del presente accordo i provvedimenti necessari per il miglior funzionamento del Fondo, nel rispetto del criterio di massima economicità; e) decidere, in unica istanza, sui ricorsi in ordine alle materie di competenza; f) elaborare, sentite le Parti firmatarie del presente accordo, proposte di modifica all’importo delle prestazioni o alla misura delle aliquote di contribuzione da recepire in decreto direttoriale dei Ministeri del Lavoro e delle Politiche sociali e delle Economia e delle Finanze; g) assolvere ogni altro compito che sia ad esso demandato da leggi o regolamenti.
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Articolo 5 - Prestazioni 1. In coerenza con le finalità di cui alla premessa del presente accordo, il Fondo provvede: a) all’erogazione di assegni ordinari a favore dei lavoratori interessati da riduzioni dell'orario di lavoro o da sospensione temporanea dell'attività lavorativa anche in concorso con gli appositi strumenti di sostegno previsti dalla legislazione vigente; b) all’erogazione di prestazioni integrative della assicurazione sociale per l’impiego (Aspi); c) all’erogazione di assegni straordinari per il sostegno al reddito a favore di lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi 60 mesi, a seguito di accordi sindacali aziendali che tali assegni prevedano nell’ambito di programmi di incentivo all’esodo. d) alla stipula di apposite convenzioni con i fondi interprofessionali al fine di assicurare l’effettuazione di programmi formativi, di riconversione o riqualificazione professionale del personale eventualmente in esubero, anche in concorso con gli appositi fondi regionali o dell’Unione europea. 2. L’assegno ordinario di cui al precedente punto 1, lett. a), richiede che la riduzione o sospensione dell’attività lavorativa sia dovuta ad eventi temporanei, non imputabili al datore di lavoro e ai lavoratori, ovvero a processi di ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione aziendale. 3. L’assegno ordinario è pari all’ottanta per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, comprese fra le zero ore e il limite dell’orario contrattuale settimanale, comunque nel limite dei massimali previsti dalla predetta normativa. 4. L’assegno è corrisposto per un periodo non superiore a 90 giorni, da computare in un biennio mobile. In casi eccezionali detto periodo può essere prorogato trimestralmente fino ad un massimo complessivo di 12 mesi. La proroga è autorizzata dal Comitato a seguito di verifica della sussistenza dei requisiti di eccezionalità. 5. L’integrazione dell’Aspi di cui al precedente punto 1, lett. b), dovuta in relazione a cessazioni collettive o individuali del rapporto di lavoro per ragioni aziendali ovvero per risoluzione consensuale a seguito della procedura prevista per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, provvede ad assicurare: • per tutta la durata di percezione dell’Aspi, un livello di trattamento, comprensivo dell’Aspi, pari al massimale Aspi (nell’importo riconosciuto per i primi sei mesi) mag-
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giorato di € 173; • per il periodo successivo al godimento dell’Aspi e per una durata massima di ulteriori 18 mesi, un reddito di importo pari al massimale Aspi, nell’importo in vigore all’inizio di quest’ultimo periodo. 6. La predetta integrazione è soggetta alle regole sulla sospensione e la decadenza previste per l’Aspi. 7. Su richiesta del lavoratore interessato o su espressa previsione degli accordi sindacali aziendali conclusi in esito alle procedure di cui all’accordo nazionale dell’8 luglio 2013, la prestazione di cui al precedente punto 5 può essere erogata in soluzione unica laddove analoga modalità di erogazione sia stata autorizzata dall’Inps con riferimento all’indennità Aspi.
gazione della prestazione integrativa dell’Aspi sia avvenuta in un’unica soluzione. 15. La contribuzione previdenziale correlata di cui all’articolo 40 della legge 4 novembre 2010, n. 183, è versata dal Fondo all’Istituto previdenziale per il periodo di erogazione degli assegni straordinari di cui al comma 8 ove ai fini della maturazione della pensione difetti il requisito dell’anzianità contributiva. Articolo 6 – Accesso alle prestazioni 1. L'accesso alle prestazioni di cui al precedente art. 5, è preceduto dall'espletamento delle procedure previste dall’accordo nazionale dell’ 8 luglio 2013 e dalla legge per i processi che comportano modifiche delle condizioni di lavoro o dei livelli occupazionali.
8. La misura degli assegni straordinari per il sostegno del reddito di cui al precedente punto 1, lett. c), è determinata dagli accordi sindacali aziendali ivi menzionati, con riferimento al periodo compreso fra la cessazione del rapporto di lavoro e la maturazione dei requisiti minimi richiesti per il diritto alla pensione di vecchiaia o anticipata.
2. Le domande di accesso alle prestazioni devono essere presentate nei primi due mesi di ogni trimestre. Le domande stesse sono esaminate dal Comitato amministratore nel corso del terzo mese del trimestre di presentazione e ove accolte sono liquidate con cadenza trimestrale nei limiti dei contributi complessivamente versati nel trimestre stesso.
9. La fruizione dell’assegno straordinario non è cumulabile con la percezione di reddito da lavoro subordinato o autonomo, con la conseguente riduzione dell’assegno fino a concorrenza dei predetti redditi.
3. Nel caso in cui non ci siano fondi disponibili sufficienti, le risorse stesse sono assegnate, sino a concorrenza degli importi richiesti, per la metà in parti uguali e per l’altra metà in modo proporzionale all’importo delle singole richieste. Tuttavia, in quest’ultimo caso, la differenza non sostenibile dal Fondo in relazione alle predette prestazioni di cui al punto 1, lettere a) e b) e agli oneri di cui al precedente articolo 5, punti 14 e 15, passa a carico del datore di lavoro, il quale provvede a versare al Fondo, quali anticipazioni, le risorse necessarie nel trimestre considerato.
10. Ove dovessero intervenire modifiche normative in materia tali da determinare il prolungamento del periodo di maturazione dei requisiti pensionistici minimi originariamente previsti relativi a prestazioni straordinarie in corso di erogazione, le parti stipulanti il presente ccnl si incontreranno per valutarne gli effetti e per concordare eventuali azioni congiunte nei confronti degli Organi Istituzionali. 11. Per la realizzazione degli interventi di cui al punto 1, lett. d), il Fondo stipula apposite convenzioni con il Fondo interprofessionale al quale aderiscono i datori di lavoro che al Fondo fanno riferimento. 12. Le risorse derivanti dalle predette convenzioni rimangono vincolate alla finalità formativa. 13. Nel caso degli assegni ordinari di cui al punto 1, lett. a), il Fondo versa, alla gestione previdenziale di iscrizione del lavoratore interessato, la contribuzione previdenziale correlata di cui all’articolo 40 della legge 4 novembre 2010, n. 183, per tutto il periodo di durata degli stessi. 14. La contribuzione previdenziale correlata è dovuta anche nel caso dell’erogazione delle prestazioni integrative dell’Aspi di cui al punto 1, lett. b), ove tale contribuzione, versata per il periodo di erogazione delle stesse, consente di maturare il diritto al trattamento pensionistico. La medesima contribuzione correlata non è comunque dovuta nel caso in cui l’ero-
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4. Il rimborso delle anticipazioni sarà effettuato dal Fondo mediante apposita delibera del Comitato amministratore tramite conguaglio, in relazione alle sopravvenienze attive di bilancio, utilizzando criteri di priorità temporale con riferimento alla data della anticipazione e comunque entro 8 anni. 5. La facoltà di autorizzare le prestazioni è esercitabile da parte del Comitato decorsi sei mesi dalla costituzione del Fondo. Articolo 7 - Finanziamento 1. Per le prestazioni di cui all’articolo 5, punto 1, lettere a) e b) e per la relativa contribuzione correlata sono dovuti mensilmente contributi ordinari dello 0,50%, di cui 2/3 a carico del datore di lavoro e lo 1/3 a carico dei lavoratori, calcolato sulla retribuzione imponibile ai fini previdenziali. 2. I contributi ordinari sono da versare a partire dalla data del decreto di istituzione del Fondo presso l’Inps e comunque non oltre il 1° gennaio 2014.
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3. Un contributo addizionale, nella misura del 1,50%, calcolato in rapporto alle retribuzioni perse, è dovuto dal datore di lavoro per il periodo di fruizione delle prestazioni di cui all’articolo 5, punto 1, lett. a), da parte dei suoi dipendenti. 4. Un contributo straordinario mensile nella misura del 30% dell’ultima retribuzione imponibile ai fini previdenziali è dovuto dal datore di lavoro in caso di ricorso alle prestazioni di integrazione dell’Aspi, per l’intera durata di fruizione di tale prestazione. 5. Per gli assegni straordinari di cui all’articolo 5, punto 1, lett. c), è dovuto, da parte di ciascuna azienda interessata, una contribuzione straordinaria relativa ai propri lavoratori interessati alla corresponsione degli assegni medesimi, in misura corrispondente al fabbisogno di copertura degli assegni erogabili e della contribuzione correlata. 6. Fino alla data del 31.12. 2016 il datore di lavoro che accede alle prestazioni di cui all’articolo 5, punto 1, lettere b) e c) in mancanza di accordo sindacale aziendale versa al Fondo un contributo addizionale, a titolo di penalità, pari a due volte il contributo previsto dall’articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92. 7. Il Fondo sarà regolato ed amministrato in modo da mantenere il bilancio in pareggio. Al predetto fine le prestazioni saranno erogate nei limiti delle risorse disponibili e previa costituzione di specifiche riserve finanziarie. 8. Il lavoratore destinatario delle prestazioni di cui all’articolo 5, punto 1, lettere b) e c), può chiedere al Fondo la prosecuzione del versamento dei contributi sindacali in favore dell’Organizzazione Sindacale stipulante il presente ccnl alla quale aderisce, secondo le modalità che verranno comunicate dalle Organizzazioni Sindacali al Fondo medesimo. Forma pertanto parte della documentazione da inviare al Fondo a cura dell’azienda l’eventuale sottoscrizione da parte del lavoratore, all’atto della risoluzione del rapporto di lavoro che precede l’accesso a dette prestazioni, di tale richiesta. Qualora la risoluzione del rapporto di lavoro non abbia luogo per via consensuale, l’azienda deve comunque comunicare al lavoratore la possibilità di esercizio di detta facoltà direttamente presso il Fondo. Articolo 8 – Norme finali 1. Le Parti si danno atto di aver definito i contenuti dei precedenti articoli avendo presente l’allegato bilancio di previsione a otto anni basato sullo scenario macroeconomico coerente con l’ultimo Documento di economia e finanza e relativa nota di aggiornamento. 2. Il presente accordo sarà presentato al Ministro del lavoro e delle politiche sociali ai fini del recepimento in decreto.
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ASSTRA ANAV FILT CGIL - FIT CISL - UILTRASPORTI -UGL TRASPORTI Accordo nazionale sulle procedure relazionali per l’accesso alle prestazioni del Fondo bilaterale di solidarieta’ per il personale cui si applica il ccnl Autoferrotranvieri – Internavigatori del 23 luglio 1976 e successive modificazioni e integrazioni Il giorno 8 luglio 2013, tra le Aa.Dd. Asstra e da Anav e le Oo.Ss. Filt-Cgil, Fit-Cisl, UilTrasporti, UglTrasporti e Faisa Cisal, premesso che: -
Le parti si danno reciprocamente atto della fondamentale importanza delle relazioni sindacali nei processi di riorganizzazione e di riassetto produttivo delle aziende e delle attività rientranti nel campo di applicazione del presente ccnl, ed evidenziano il carattere bilaterale del Fondo, la cui costituzione è funzionale all’accompagnamento di detti processi;
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con accordo dell’8 luglio 2013 e parti hanno costituito il Fondo Bilaterale di Solidarietà Autoferrotranvieri;
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le parti ritengono i contenuti del presente accordo inscindibili rispetto all’intesa relativa alla costituzione del predetto Fondo Bilaterale di Solidarietà;
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che il sistema relazionale definito con il presente accordo dovrà essere attivato unicamente per l’accesso alle prestazioni erogate dal Fondo,
si conviene quanto segue: 1. La premessa è pattizia e costituisce parte integrante del presente accordo che definisce le procedure sindacali da espletare tra le parti in via preliminare alla richiesta di accesso alle prestazioni erogate dal Fondo medesimo. 2. Ai fini del presente accordo, le prestazioni erogabili dal Fondo si definiscono come segue: a) assegno ordinario: il trattamento di sostegno al reddito di cui all’art. 5, co. 1, lett. a) dell’Accordo di costituzione del Fondo; b) assegno integrativo: i trattamenti di sostegno al reddito di cui al comma all’art. 5, co. 1, lett. b) dell’Accordo di costituzione del Fondo; c) assegno straordinario, il trattamento di sostegno al reddito di cui all’art. 5, co. 1, lett. c) dell’Accordo di costituzione del Fondo; d) programmi formativi, gli interventi di cui all’art. 5, co. 1, lett. d) dell’Accordo di costituzione del Fondo. 3. L'accesso alle prestazioni ordinarie di cui al precedente comma 2, lett. a), è subordinato alla sussistenza delle causali previste dall’articolo 1 della legge 164/75 e successive modifiche ed è regolato dalle procedure che seguono:
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a) Eventi oggettivamente non evitabili che rendono non differibile la contrazione o la sospensione temporanea delle attività produttive. L'azienda fornisce tempestivamente alle Rsu/Rsa e alle Segreterie territorialmente competenti delle Organizzazioni Sindacali stipulanti il presente ccnl, specifica comunicazione scritta contenente le cause e la durata prevedibile della contrazione o sospensione dell'attività produttiva ed il numero dei lavoratori interessati. Le parti sindacali destinatarie di detta comunicazione possono richiedere, entro 5 giorni dal ricevimento della medesima, un esame congiunto in ordine alla ripresa della normale attività produttiva ed ai criteri di distribuzione dell’orario di lavoro. La procedura dell'esame congiunto dovrà esaurirsi entro i 5 giorni successivi a quello in cui è stata avanzata la richiesta. b) Altre situazioni temporanee di contrazione o sospensione dell’attività produttiva L'azienda è tenuta ad inviare alle parti sindacali di cui alla precedente lett. a) specifica comunicazione scritta contenente le cause e la durata prevedibile della situazione di temporanea contrazione o sospensione dell'attività produttiva ed il numero dei lavoratori interessati. Entro 5 giorni dalla comunicazione suddetta le parti sindacali destinatarie possono richiedere un esame congiunto in ordine alla ripresa della normale attività produttiva ed ai criteri di distribuzione dell'orario di lavoro. Detto esame congiunto è inteso dalle parti come equiparato alla contrattazione aziendale di cui all’art. 3, lett. e), del ccnl 12 luglio 1985, che in tal senso viene dalle parti stesse integrato. La procedura dell'esame congiunto dovrà esaurirsi entro i 25 giorni successivi a quello in cui è stata avanzata la richiesta. 4. L'accesso alle prestazioni di cui al precedente comma 2, lettere b) e c), è preceduto, nel caso in cui sia coinvolto un numero di dipendenti almeno pari a quello previsto dall'art. 24, co. 1 della L. 23 luglio 1991, n. 223, dall'espletamento delle procedure di seguito indicate: a) l'azienda, in presenza di problematiche occupazionali conseguenti ad esigenze di ristrutturazione produttiva, organizzativa o innovazione tecnologica, fornisce alle Rsa/Rsu interessate, nonché alle Segreterie territorialmente competenti delle Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente ccnl, specifica comunicazione preventiva scritta; b) la comunicazione dovrà essere contestualmente inviata, anche tramite l'associazione di categoria dei datori di lavoro alla quale l'impresa aderisce, al Comitato Amministratore del Fondo, nonché alla Direzione Territoriale del Lavoro competente.
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Nel caso che il progetto aziendale riguardi più unità produttive presenti in più ambiti provinciali e/o regionali, la comunicazione dovrà essere preceduta da un incontro con le strutture territorialmente competenti, regionali o nazionali, delle Associazioni Datoriali e delle Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente ccnl, nell'ambito del quale verranno esaminate possibili soluzioni. Tale confronto dovrà essere instaurato entro i 7 giorni successivi alla richiesta aziendale ed esaurirsi nei successivi 7 giorni; c) la comunicazione di cui alla precedente lett. a) deve contenere: • l’indicazione dei motivi tecnici, organizzativi e/o produttivi che rendono necessario il programma di ristrutturazione/riorganizzazione aziendale; • l'individuazione dei motivi per i quali si ritiene di dovere adottare misure di riqualificazione o mobilità del personale, non altrimenti evitabili; • il numero, la collocazione aziendale e i profili/figure professionali del personale normalmente impiegato; • Il numero, la collocazione aziendale e i profili/figure professionali del personale normalmente impiegato interessato ai processi di riqualificazione o in esubero; • i tempi della riorganizzazione aziendale, dei processi di riqualificazione e di attuazione della eventuale riduzione del personale con le conseguenti ricadute occupazionali. d) nei successivi 7 giorni dalla ricezione della comunicazione aziendale di cui alla precedente lett. a), le strutture sindacali destinatarie potranno chiedere di essere convocate per l’esame congiunto, che dovrà essere instaurato entro 5 giorni dalla richiesta e dovrà esaurirsi entro i successivi 45 giorni. Detto esame congiunto è inteso dalle parti come equiparato alla contrattazione aziendale di cui all’art. 3, lett. e), del ccnl 12 luglio 1985, che in tal senso viene dalle parti stesse integrato. L’esame congiunto ha la finalità di analizzare le cause che hanno determinato l'eccedenza di personale e la possibilità di ricorrere a misure alternative per tutti o per una parte dei lavoratori interessati. e) al termine della procedura di cui alla precedente lett. d) l'azienda darà comunicazione scritta alla Direzione del Lavoro territorialmente competente sul risultato del confronto e, nel caso non sia stato raggiunto un accordo complessivo, sui motivi dell'esito negativo, chiedendo la
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prosecuzione della procedura presso detta Direzione; f) il Direttore dell’Ufficio del Lavoro convoca le parti per un ulteriore esame delle materie oggetto del confronto ed esperisce un tentativo di conciliazione formulando anche eventuali proposte di accordo. Tale esame dovrà concludersi nei 30 giorni successivi alla data in cui la Direzione del Lavoro territorialmente competente ha ricevuto la comunicazione. Nei casi in cui il progetto aziendale riguardi più unità produttive presenti in più ambiti regionali, la competenza a promuovere l'accordo è del Ministero del Lavoro, a cui vanno inviate tutte le comunicazioni; g) Qualora il numero dei lavoratori interessati dalle procedure di cui al presente comma sia inferiore a 10, i termini di cui alle lettere d) ed f) del presente comma sono ridotti alla metà; h) In tutti i casi in cui la richiesta di prestazioni di cui al precedente comma 2, lettere b) e/o c), non è accompagnata da un accordo sindacale, l'individuazione del personale eccedentario avviene secondo i seguenti criteri, in ordine di priorità: • lavoratori in possesso dei requisiti professionali indicati nella comunicazione aziendale che hanno raggiunto i requisiti per poter fruire dei trattamenti pensionistici obbligatori. Ove il numero dei lavoratori in possesso dei suddetti requisiti risulti superiore al numero degli esuberi, si darà prevalenza, in via preliminare al criterio della volontarietà e, a pari di condizioni, si terrà conto dei minori carichi di famiglia; • lavoratori in possesso dei requisiti professionali indicati nella comunicazione aziendale che, nell'arco di 36 mesi dalla data di accesso al Fondo, comprensivi del periodo per raggiungere la prima finestra utile per ottenere l'erogazione della prestazione pensionistica obbligatoria (età e/o contributi), raggiungano i requisiti previsti. Ove il numero dei lavoratori in possesso dei suddetti requisiti risulti superiore al numero degli esuberi, si darà prevalenza, in via preliminare, al criterio della volontarietà e, a parità di condizioni, si terrà conto dei minori carichi di famiglia; • lavoratori in possesso dei requisiti professionali indicati nella comunicazione Aziendale che vantano minore anzianità di servizio. A parità di anzianità di servizio, si darà prevalenza ai lavoratori con minori carichi di famiglia. i) Nel caso in cui non venga raggiunto un accordo complessivo in esito all’esame congiunto, l’azienda potrà comun-
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que procedere nei confronti del personale eccedentario, accedendo alle prestazioni del Fondo, fermo restando, in tal caso, il versamento al Fondo medesimo del contributo addizionale di cui all’articolo 7, punto 6, dell’accordo costituivo del Fondo. 5. Per l’erogazione di prestazioni a carico del Fondo, l’azienda provvede all’inoltro delle relative richieste al Fondo medesimo, secondo le disposizioni in materia previste dal decreto costitutivo e/o dal Fondo stesso, in relazione alle loro decorrenze di attivazione. Dette richieste vanno supportate dall’azienda con l’invio al Fondo della documentazione utile ad attestare lo svolgimento e l’esito della procedura sindacale prevista dal precedente comma 4. 6. L’erogazione da parte del Fondo delle prestazioni straordinarie di cui al precedente comma 2, lett. c), può essere attivata esclusivamente a seguito dell’accertamento da parte dell’azienda della posizione contributiva individuale del lavoratore interessato, rilevabile dalla certificazione (cosiddetto “estratto conto contributivo”) rilasciata dalla gestione previdenziale di iscrizione e prodotta dal lavoratore medesimo. Tale certificazione deve formare parte integrante della documentazione che l’azienda deve inviare al Fondo nella richiesta di erogazione di dette prestazioni. 7. L’erogazione da parte del Fondo delle prestazioni di cui alle lettere a) e b) del precedente comma 2 comporta il divieto per l’azienda di instaurare nuovi rapporti di lavoro, di qualsiasi tipologia, nel medesimo profilo professionale e nelle stesse mansioni rivestiti dai lavoratori destinatari, per l’intero periodo di erogazione di dette prestazioni. 8. Qualora il decreto di costituzione del Fondo adottato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali dovesse modificare i predetti riferimenti all’Accordo di costituzione del Fondo, ovvero eventuali disposizioni normative intervengano sulle procedure ex lege 223/1991, le parti si incontreranno entro 3 mesi al fine di procedere agli eventuali adeguamenti della presente disciplina. 9. Poiché il ricorso alle procedure di cui al presente accordo e/o l’accesso alle prestazioni del Fondo di Solidarietà rappresentano lo strumento ordinario per far fronte ai processi di riorganizzazione aziendale, le parti si danno atto che l’applicazione di eventuali accordi o prassi di secondo livello in atto in materia di esuberi o prepensionamenti ha carattere residuale e comunque alternativa. ASSTRA - ANAV FILT CGIL - FIT CISL - UILTRASPORTI - UGL TRASPORTI
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Rosario Fuoco
Anas
Non si scherza con la sicurezza stradale Continua la lotta della Fit per sbloccare le assunzioni nel settore chiave della sicurezza stradale. Rosario Fuoco, Coordinatore nazionale, spiega le iniziative prese Continua l’impegno del Sindacato a favore dei lavoratori dell’Anas e, soprattutto, nella direzione di una maggiore sicurezza per gli utenti della strada e degli operatori stessi. Sono questi i temi principali delle prossime iniziative che la Fit-Cisl – e in particolare il dipartimento Viabilità-Area Anas – unitamente alle altre sigle sindacali, sottoporrà al Parlamento nel corso dell’audizione in Commissione, richiesta per fare il punto della situazione dopo l’intensa attività normativa che negli ultimi anni è intervenuta sull’azienda. L'Assemblea degli azionisti di Anas, lo scorso 9 agosto, ha approvato il nuovo statuto della società e ha provveduto alla nomina del Consiglio di Amministrazione e del nuovo Presidente per gli esercizi 2013, 2014 e 2015. E' stato nominato Presidente Pietro Ciucci, al quale sono state attribuite le funzioni di Amministratore delegato, e sono stati nominati membri del Cda Maria Cannata, Direttore del Dipartimento del Tesoro, e Sergio Dondolini, Direttore Generale per la Sicurezza stradale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Subito dopo l'Assemblea si è riunito il primo Consiglio di Amministrazione che ha provveduto a conferire i poteri al Presidente. Pur esprimendo soddisfazione per le recenti risorse messe a disposizione dal governo attraverso il Decreto del Fare, con il quale è stato varato un piano da 300 milioni di euro per la manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della
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rete di interesse nazionale in gestione ad Anas, la Fit-Cisl continuerà a sensibilizzare il Governo perché attivi ulteriori futuri investimenti per la manutenzione della rete, per rilanciare il ridisegno della rete stradale nazionale e per potenziare, nel numero e nelle modalità operative, il personale impegnato nelle attività di sicurezza stradale. L’ipotesi di lavoro messa a punto nel corso del recente incontro di Area contrattuale, che si è svolto nel mese di settembre a Roma, è quella di cercare di intervenire nel corso della fase dei provvedimenti legislativi in itinere, sopratutto nell’ambito delle previsioni della Legge di Stabilità, per riuscire a superare, analogamente a quanto previsto per i Vigili del Fuoco, la Protezione civile e la Polizia stradale, l’attuale blocco del turn over per il personale di Anas.
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Commenta Pasquale Paniccia, Segretario nazionale della Fit-Cisl: “il blocco delle assunzioni, per quanto attiene il personale su strada, si ripercuote sulle quotidiane attività di vigilanza, pronto intervento e sorveglianza che la società svolge sulla rete stradale nazionale, con il rischio di veder compromessa la sicurezza dell’utenza e degli operatori. Per questo motivo, considerando assimilabili le funzioni di Anas a quelle delle altre forze di Polizia, VV.FF. e Protezione Civile, si chiederà al Parlamento di includere, nella deroga prevista dalla Legge 122, il personale impiegato nella gestione diretta della strada”. “Il legislatore è intervenuto recentemente in diverse occasioni, sia per il riassetto societario che sulle nomine – spiega Rosario Fuoco, Coordinatore nazionale Fit-Cisl per l’Anas – ma non sempre con la dovuta razionalità. Spesso, come organizzazioni sin-
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dacali, abbiamo dovuto far sentire la nostra voce per riportare nei giusti binari il percorso di riforma dell’azienda. In particolare sembra che l’attenzione della politica si sia concentrata solo in parte sulle effettive necessità della società, tralasciando in primis una vera riforma del Dpr 1126 del 1981 (regolamento per l’organizzazione del personale di esercizio dell’Anas) che invece, come Sindacato, riteniamo non più rinviabile. Anche perché non è più coerente con i tempi ed è in contraddizione con le recenti modifiche normative che hanno interessato l’azienda, con i principi di spending review e con l'attuale momento storico del Paese. Pertanto, se v'è stata la necessità di intervenire per legge sullo Statuto dell'Anas e sui compiti d'istituto, è tanto più necessario intervenire sull'organizzazione della stessa abrogando il Dpr 1126 del 1981. In aggiunta a tutto questo, senza tenere conto delle peculiari attività svolte dalla società sul fronte della sicurezza stradale, ci si ostina a non voler affrontare il tema del blocco delle assunzioni”. Il secondo fronte di impegno per il dipartimento Viabilità della Fit-Cisl, come ricordato in apertura, è quello di giungere ad una ridefinizione del cosiddetto ‘modello di esercizio’ previsto dal Dpr 1126 del 1981, che tenga conto delle mutate condizioni di lavoro ed operatività e delle nuove complessità che si sono manifestate ad oltre trent’anni di distanza dall’emanazione del provvedimento in questione.
modulazione delle sale operative compartimentali di nuova costituzione rispetto a quanto previsto dall’accordo del 17 luglio 2008. Il verbale di incontro del 31 luglio scorso, conferma gli impegni tra le parti. Tra gli aspetti certamente positivi, citiamo in particolare: - le sale operative compartimentali, che saranno distinte in h 24, per le quali si prevedono tredici unità (un responsabile, sei assistenti e sei operatori) ed in h 12, con sette unità (un responsabile, tre assistenti e tre operatori), evidenziando che questa seconda articolazione in doppio turno lavorativo, precedentemente, non era stata prevista; - la salvaguardia occupazionale, in presenza di una composizione organica maggiore rispetto al modello e presente in alcune sale operative, con intervento diretto del confronto a livello locale; - la trasformazione in full time dei contratti part time presenti presso le sale operative, salvaguardando la volontarietà dell’adesione; - l’avvio immediato delle selezioni interne e successivamente esterne, salvaguardando il preventivo inquadramento al li-
vello superiore delle attuali risorse umane che prestano servizio presso le Soc, secondo le attività effettivamente svolte; - l’applicazione anche alla tipologia di turno h 12, dell’indennità già prevista per l’h 24 dall’accordo del 4 febbraio 2009; - la possibilità di avviare concreti progetti sperimentali di internalizzazione e l’impegno ad un confronto sui modelli organizzativi per le diverse tratte autostradali gestite dall’Anas; - il riavvio del confronto sull’esercizio, dal punto di vista più generale, a partire dal mese di ottobre p.v. in alcuni dei compartimenti pilota (Sardegna e Campania), volto a riattivare i percorsi finalizzati ad assicurare una maggiore presenza del personale su strada anche secondo i processi di mobilità già previsti dall’accordo del 2008 e alla reinternalizzazione delle attività affidate all’esterno e considerate strategiche (operazioni invernali e piccola manutenzione). Per la realizzazione dell’intero progetto, saranno profuse tutte le energie del Sindacato, in ogni sede, a cominciare dagli interventi presso il Parlamento.
Il Sindacato, già nel 2008, ha stipulato un accordo con l’azienda teso a superare il Dpr citato con una nuova organizzazione dell’esercizio, reso inattuabile dalle leggi di contenimento della finanza pubblica che si sono susseguite. Nel novembre 2012, con un nuovo accordo tra le parti e nelle more della realizzazione dell’intero progetto, è stato definita una diversa sporti dei Tra VOCE
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Ugo Milone
Porti
Ccnl, inaccettabili le pretese delle parti datoriali Il Coordinatore nazionale Ugo Milone spiega le ragioni dei lavoratori nella difficile trattativa per il rinnovo del contratto collettivo nazionale Il 2 Ottobre si è svolto l’Attivo unitario di Filt-Cgil, Fit-Cisl e UilTrasporti del settore porti per discutere dell’andamento e degli sviluppi del rinnovo contrattuale di categoria. Tale incontro è figlio di una decisione responsabile assunta durante la riunione poco produttiva che abbiamo avuto in Assoporti il 13 settembre, in cui speravamo che ci potesse essere un deciso passo avanti per il rinnovo del ccnl Porti. Invece, le controparti ancora una volta si sono sedute al tavolo ribadendo le loro posizioni, tentando di rispedire a noi la palla chiedendoci risposte alle loro richieste, perché solo così avrebbero potuto valutare l’entità economica da poter mettere a disposizione. Il loro tentativo di passare a noi il pallino lo abbiamo rispedito al mittente con chiarezza, rendendoci allo stesso tempo disponibili a un successivo incontro per chiarire meglio alcuni aspetti. La nostra ennesima disponibilità al confronto è dovuta al nostro grande senso di responsabilità, che abbiamo dimostrato durante tutti i dieci mesi dalla scadenza del ccnl fino ad oggi. Dati oggettivi per cercare di tenere in piedi il confronto ci sono e vanno tenuti sicuramente in considerazione e la non chiara e pericolosa situazione in cui versano i dipendenti delle Autorità portuali è una di questi. Infatti, a causa del blocco dei contratti imposto anche ai dipendenti delle Autorità portuali, considerate dal Mini-
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stero dell’Economia e delle Finanze alla stregua dei dipendenti pubblici, pena la non approvazione dei bilanci delle stesse, ha fatto si che la componente Assoporti fino ad oggi sia stata completamente assente al tavolo, se non fosse che gli incontri si svolgono in casa sua. La questione resta insolubile, se la politica non decide cosa fare. Ma quale politica? Già a maggio abbiamo fatto uno sciopero nazionale dei dipendenti delle A.P. senza risolvere nulla, tranne che essere convocati dal Ministero dei Trasporti dove, come già espresso in più note a firma di dirigenti qualificati dello stesso, ci hanno ribadito la loro posizione e cioè che, per quanto riguarda loro, i dipendenti delle A.P. hanno un contratto di tipo privatistico e che non dovrebbero rientrare nelle restrizioni del DL 78/10. Intanto, se non si chiarisce una volta e per sempre la questione, le A.P. per vedersi approvati i bilanci dal Mef, saranno costrette ad avviare nei confronti dei loro dipendenti il recupero delle somme erogate dal 2010 ad oggi, con gravi ripercussioni di carattere sociale. Chi ha vissuto i rinnovi contrattuali precedenti sa bene quanto, invece, la presenza carismatica dei presidenti di Assoporti che si sono succeduti ha contribuito a determinare certi assetti il più delle volte non con le O.S. ma tra le associazioni datoriali. Oggi purtroppo questo ruolo non lo svolge nessuno, oggi che più di ieri ce ne sarebbe
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bisogno. Il passaggio della Contship, gruppo che amministra più porti in Italia, da Assologistica ad Assiterminal ha destabilizzato determinati equilibri, inquinando ancora di più la serenità del tavolo. Adesso nei porti Assologistica rappresenta per la maggior parte piccole realtà; questa condizione ha determinato la necessità di lasciare l’impronta al tavolo negoziale di questo rinnovo, proponendo modifiche contrattuali che vadano nel verso dei propri associati, cercando di introdurre elementi di cambiamento non accettabili. Gli ultimi documenti che le controparti ci hanno consegnato sono frutto dell’incontro avuto in ristretta il 25 settembre. Doveva essere un incontro con una valenza decisamente diversa, ci saremmo aspettati di poter meglio definire alcune nostre posizioni in merito alle loro richieste, principalmente su quei punti qualificanti che in maniera radicale ci vedono distanti. E invece loro cosa hanno pensato di fare? Di suonarsela e cantarsela da soli. Ci hanno consegnato quei documenti nei quali riportano fedelmente le loro richieste, con un minimo e sterile sforzo di renderle più potabili. La tentazione di interrompere da subito il negoziato era tanta, ma avevamo un impegno assunto con la delegazione trattante che qualsiasi decisione da prendere uscisse forte dall’attivo unitario. In tutti gli incontri che abbiamo avuto per questo rinnovo, non ci siamo mai spostati di un millimetro dalle posizioni assunte dall’at-
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tivo svoltosi nello scorso mese di luglio, portando avanti il mandato che ci fu dato. Da questo nuovo Attivo è emersa la necessità di dare un forte segnale alle nostre controparti, che danno la sensazione di crederci deboli, non pronti a un eventuale azione di sciopero. Questa loro arroganza nel persistere con le loro posizioni su temi delicati come quelli del demansionamento art.4, flessibilità art.6, banca ore art.8 e malattia art. 21 non trova riscontro nelle nostre disponibilità
loro richieste, compresa la malattia. Ma allo stesso momento in maniera chiara e netta abbiamo fatto capire loro qual era il confine nel quale potevamo muoverci.
Più volte abbiamo spiegato loro che la modifica degli art. 4 e 6 e con l’introduzione della banca ore significherebbe ancora di più rendere torto sia agli art. 17 (ex compagnie portuali) che agli stessi dipendenti delle imprese, introducendo flessibilità aggiuntive. Non siamo disponibili alla destrutturazione del nostro contratto per favorire logiche e debolezze territoriali.
Che potesse essere un rinnovo contrattuale difficile lo si era capito già nel 2010 quando, in un convegno organizzato da Assiterminal a Livorno, alcuni rappresentanti della portualità Italiana, celebrando il decennale del contratto unico dei porti, hanno cominciato ad affermare esigenze di interventi che andavano nella direzione delle proposte che oggi ci troviamo al tavolo delle trattative. Già allora mostrammo il nostro dissenso: il tentativo di aggiungere altre flessibilità in un contratto già tanto flessibile per venire in contro alle specificità ed esigenze del settore non è giustificabile. È un contratto dotato di tutti gli strumenti per portare il giusto equilibrio sulle banchine.
Da quando abbiamo cominciato il confronto da parte nostra non c’è stata mai nessuna pregiudiziale su nessuna delle
Questo stato di difficoltà della trattativa è aggravato dal contesto complessivo in cui versa la portualità, per il quale espri-
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miamo una profonda preoccupazione. Già da tempo il Segretario nazionale Pasquale Paniccia ha dichiarato che: “La portualità Italiana ha bisogno di una riforma organica che consenta di rendere più attrattive le nostre banchine, ma che allo stesso tempo eviti la frammentazione del ciclo produttivo”. Per evitare la definitiva marginalizzazione nel panorama Europeo dei nostri porti, occorrono a nostro avviso politiche infrastrutturali ben precise. È necessario ripensare nuovi strumenti per pianificare le infrastrutture portuali e il relativo sistema logistico e del trasporto, senza il quale un porto non può più considerarsi competitivo. Il sistema porto deve poter rappresentare un elemento determinante per poter indirizzare i processi. In questi ultimi anni, anche per effetto della crisi che ha indotto un notevole calo dei traffici lungo la direttrice est-ovest, la competizione si è invece giocata seguendo i meccanismi perversi della contrazione dei costi del lavoro, a scapito delle tutele sociali e della sicurezza del lavoro portuale.
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Alessandro Cenci
Trasporto aereo
Alitalia Cai, dal piano Fenice alla difficile situazione attuale A poco più di quattro anni dalla sua nascita, Alitalia Cai si è trovata a fronteggiare una crisi economica di tale entità da rendere indispensabile una robusta ricapitalizzazione per evitarne il default. Al tempo stesso, come consuetudine nel nostro Paese caratterizzato da un clima di campagna elettorale permanente, anche la vicenda Alitalia è diventata terreno di scontro tra esponenti politici dei vari schieramenti. Cosa ha determinato il mancato successo del progetto industriale della nuova Alitalia Cai denominato Piano Fenice? Ma soprattutto, a quali condizioni la Compagnia potrà ritrovare la strada della redditività e dello sviluppo? Alla fine del 2006 il Governo di allora, preso atto del fallimento della gestione Cimoli, costata oltre 2 miliardi di euro alla collettività, decise di procedere alla vendita di Alitalia. Nell’autunno del 2007 Af/Klm avanzò, in competizione con Ap Holding, la propria proposta per l’acquisto della vecchia Alitalia, presentando un piano industriale non vincolante decisamente interessante. Successivamente però, una volta ottenuta la “due diligence” in esclusiva dall’azionista di riferimento, l’allora ministro dell’Economia e delle Finanze Tommaso Padoa Schioppa, il Ceo del colosso transalpino Spinetta cambiò completamente le carte in tavola, sottoponendo ai Sindacati un progetto questa volta vincolante e talmente duro in termini di tagli e povero di investimenti che avrebbe trasformato Alitalia in una compagnia locale con conseguenze pesantissime per i lavoratori. Il piano fu quindi dichiarato inaccettabile sia dalle Organizzazioni confederali che da
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tutte le Associazioni autonome. La Cisl si fece allora promotrice di una proposta finalizzata al miglioramento del Piano Industriale Af/Klm, attraverso ulteriori investimenti conseguenti all’ingresso nel capitale di un soggetto pubblico come Fintecna, in modo da negoziare con Air France su basi paritetiche e ottenere le stesse garanzie pretese dal Governo olandese nel 2004, al momento della fusione tra Klm e il vettore francese. Spinetta, che evidentemente voleva carta bianca nella gestione di Alitalia senza assumersi l’onere di garantirne il rilancio, ritirò la propria proposta ad aprile 2008. Per arginare le conseguenze del fallimento della vecchia Alitalia, che metteva a repentaglio il futuro di 22 mila lavoratori della ex Compagnia di Bandiera e di altri 40 mila nell’indotto, il 12 Gennaio 2009 iniziava ad operare Alitalia Cai, un nuovo vettore nato a seguito di una complessa operazione basata sulla fusione tra Alitalia e AirOne, il principale concorrente dell’epoca sul mercato domestico. Il Piano Fenice, il progetto industriale concordato con il Governo e le Parti sociali, prevedeva dopo un iniziale consolidamento una fase di sviluppo che avrebbe dovuto consentire il progressivo riassorbimento di buona parte dei circa 6 mila lavoratori posti in cassa integrazione. Il Piano Fenice puntava inoltre al recupero di quote consistenti di traffico domestico. Alitalia Cai ha rinegoziato i contratti, portando il costo del lavoro della nuova Compagnia ad un livello inferiore di oltre il 40% rispetto a quello dei principali vettori europei, e ha intrapreso da subito un processo di radicale razionalizzazione e di
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efficientamento dei processi di produzione, procedendo al progressivo rinnovo della flotta che ad oggi risulta tra le più moderne d’Europa. L’età media dei velivoli Alitalia è infatti di 6 anni e mezzo, contro i 9 di Air France e i 12 di Lufthansa. I passeggeri sono cresciuti dell’11% tra il 2009 e il 2011, per poi calare dell’1.3% nel corso del 2012. In costante crescita anche la percentuale di puntualità dei voli, che ha visto Alitalia raggiungere lo scorso anno livelli di assoluta eccellenza in ambito continentale, mentre nel 2009 era in fondo alla classifica. Nonostante tutto la nuova Alitalia non ha mai ritrovato la strada della redditività. Nei suoi primi tre anni di vita, il Gruppo Cai ha ridotto progressivamente le sue perdite, passando dai 326 milioni di deficit del 2009 al quasi pareggio del 2011 – ottenuto anche grazie a operazioni non ripetibili – per poi arrivare a 280 milioni di perdite nel 2012. Il totale del deficit è quindi di 843 milioni di euro dal momento dello start up. E i primi sei mesi del 2013 hanno visto un ulteriore drastico peggioramento delle performance economiche della Compagnia. Senza la complessa operazione di aumento di capitale da 500 milioni di euro, conclusasi positivamente in questi giorni grazie all’intervento del Governo e alla decisa e costante azione sindacale della Fit e della Cisl, Alitalia Cai si sarebbe avviata verso il definitivo fallimento, con drammatiche ripercussioni socio-economiche per l’intero settore del Trasporto aereo italiano. Ma senza un radicale cambio di indirizzo anche questa ricapitalizzazione verrebbe bruciata in pochi mesi. Fin dalla nascita di Alitalia Cai è apparso sporti dei Tra VOCE
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chiaro che, a causa della composizione della sua flotta, troppo carente di velivoli wide body, indispensabili per presidiare i ricchi mercati intercontinentali, la nuova Compagnia si sarebbe dovuta scontrare sul terreno dei collegamenti di breve e medio raggio con i treni ad alta velocità e con i vettori low cost, quest’ultimi particolarmente aggressivi nel nostro Paese. In Italia infatti, a differenza di Paesi come Francia e Germania, non esistono regole precise sulla concorrenza nel Trasporto aereo, per cui compagnie come Ryanair possono dribblare la legislazione nazionale per sottrarsi all’imposizione fiscale che grava sui nostri operatori e limitare le tutele sociali dei lavoratori, continuando a percepire ogni anno 100 milioni di euro di sovvenzionamenti, per lo più pubblici, erogati dalle gestioni aeroportuali attraverso la formula del co-marketing. Sfruttando questi vantaggi che alterano la competizione industriale, l’operativo Ryanair è cresciuto in Italia di quasi il 300% negli ultimi quattro anni. Da tempo la Fit-Cisl, assieme alle altre Organizzazioni confederali, chiede al Governo di mettere ordine nel Trasporto aereo italiano. Senza questi improcrastinabili interventi non solo Alitalia, ma l’intera filiera del Trasporto aereo nazionale è destinata a un rapido tracollo, con danni incalcolabili per l’intero Paese sotto il profilo sociale ed economico. A questi elementi vanno aggiunte la recessione economica mondiale e la forte stagionalità della domanda nel Trasporto aereo. In sintesi nel solo 2012 il traffico nazionale è calato del 12%, mentre sulle rotte internazionali e intercontinentali gli effetti della crisi sono stati del tutto marginali. Sul mercato intercontinentale, l’unico ancora immune dalla concorrenza delle low cost, Alitalia non riesce a sfruttare il proprio vantaggio competitivo sul fronte del costo del lavoro, a causa della ridotta dimensione della sua flotta di lungo raggio che conta solo 22 aeromobili rispetto ai
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quasi 200 di Af/Klm e ai 300 di Delta - e svolge quindi un ruolo secondario rispetto ai principali vettori aderenti all’alleanza Sky Team. Appare inoltre evidente il condizionamento imposto da Air France, il principale azionista di Alitalia alle prese con un drastico piano di risanamento, nelle scelte strategiche e del network. Non ci sono infatti altre motivazioni per giustificare la cancellazione durante il periodo invernale dei collegamenti tra Roma e Los Angeles, Boston, Newark e Chicago, e tra Milano Malpensa e Miami, nonostante gli elevati load factor medi di queste tratte. Recentemente è stato chiuso anche il volo da Roma a Pechino e al momento non ci sono collegamenti diretti di Alitalia verso mercati in forte espansione e di interesse strategico per lo sviluppo dell’economia italiana come India e Cina. Analizzando i costi per passeggero di Alitalia, in relazione alla lunghezza della sua tratta media, la Compagnia appare nettamente competitiva rispetto ai principali vettori europei, in virtù di un costo del lavoro inferiore. Nonostante ciò, la Compagnia risulta schiacciata tra il modello di competizione dei full service network carriers e quello delle compagnie low cost. In attesa che l’introduzione di un’ormai improcrastinabile regolamentazione dell’intero settore ripristini corrette regole di concorrenza tra tutti gli operatori del Trasporto aereo nazionale, Alitalia per sopravvivere dovrà rapidamente dotarsi di un migliore assetto industriale, per avere maggiori chance di integrazione su basi
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paritetiche con altri vettori. Occorre quindi sfruttare il recente rafforzamento della struttura economica, per rimodulare adeguatamente il piano industriale, mirando alla progressiva riconquista di quote di mercato internazionale e intercontinentale, che non potrà prescindere da una razionalizzazione della flotta basata sull’incremento delle macchine di lungo raggio, per aumentare e diversificare le fonti di ricavo. Va infatti valorizzata adeguatamente la vocazione turistica del nostro Paese, anche in previsione del previsto forte aumento di traffico legato all’Expo di Milano 2015. Una volta ritrovata una collocazione di mercato sostenibile, sarà possibile negoziare su posizioni non subordinate la partnership con altre Compagnie, come la stessa Af/Klm o altri grandi vettori internazionali. Questo è l’obiettivo su cui si stanno concentrando la Fit e la Cisl e che appare adesso più realizzabile a seguito dell’ingresso di un forte soggetto pubblico come Poste Italiane nell’azionariato di Alitalia. Appare infatti plausibile l’interesse per Alitalia da parte di vettori in forte espansione e dotati di notevole liquidità come Etihad, ma tale prospettiva al momento sembra contraria agli interessi del Gruppo Af/Klm, che non ha intenzione di favorire la crescita della Compagnia sul lungo raggio, per mantenere costante il flusso di passeggeri che dal nostro Paese raggiungono Parigi ed Amsterdam per proseguire sulle rotte intercontinentali.
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Remo Di Fiore
Trasporto marittimo
Con il Registro internazionale occupazione in aumento Pubblichiamo la prima parte dell’analisi di Remo Di Fiore sullo stato occupazione del trasporto marittimo e il ruolo ricoperto dal Registro internazionale nel creare nuovi posti di lavoro
Il tema è stato oggetto di molti dibattiti e seminari al nostro interno anche se ciclicamente, come in questo caso, occorre riprendere alcune riflessioni e approfondire alcuni aspetti a beneficio delle strutture sindacali che sono chiamate a confrontarsi giornalmente con le difficoltà occupazionali del personale italiano sul versante marittimo. Infatti meno di un anno fa avevamo prodotto un documento di 84 pagine: “Il trasporto marittimo e la crisi occupazionale”, che di fatto affrontava lo stesso tema fornendo una serie di dati e informazioni necessari per la ricerca di soluzioni. Le difficoltà occupazionali per coloro che si limitano a una analisi superficiale e non documentata vengono in genere esclusi-
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vamente legate al meccanismo del Registro internazionale, cosa questa non corrispondente a verità in quanto complessivamente, trascendendo dalle qualifiche, il Registro internazionale ha prodotto un aumento di occupazione sia a bordo che a terra attraverso il rientro delle navi. Basta vedere come dal 1998 al 2012 la flotta italiana sia passata da 8.300.000 a 18.778.000 Gt, tra l’altro con un rinnovamento notevole. Infatti, l’età media della flotta italiana che nel 98 era di 17 anni è passata nel 2011 a meno di 13 anni contro la media della flotta mondiale che è di 15 anni. Da notare che il 46% della flotta nazionale ha meno di 4 anni contro il 39% della flotta mondiale. Per comprendere appieno l’importanza per l’Italia di avere una grande flotta, di-
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ciamo che il cluster marittimo italiano è uno dei più dinamici della nostra economia e contribuisce al Pil nazionale per 39,5 miliardi di euro. All’interno del cluster marittimo, il trasporto marittimo rappresenta il 35% del contributo al Pil del comparto contro il 23% delle attività portuali ausiliarie ai trasporti e il 15% della cantieristica navale. Come avremo occasione di sottolineare più avanti è chiaro che, se la nostra flotta dovesse ritornare ai livelli degli anni 90, il Pil nazionale subirebbe una drastica riduzione con tutto ciò che significa per l’economia del Paese. Un altro elemento che andrebbe qui citato a dimostrazione di quanto la flotta per l’Italia sia strategica: ricordiamo che oltre
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l’80 % delle merci in entrata ed uscita nel nostro Paese avviene via mare. E la nostra è un’economia di trasformazione. Oggi la nostra flotta di bandiera è al 14° posto nell’elenco delle flotte mondiali. Avere un cluster marittimo sviluppato - e ciò lo dobbiamo alla creazione del Registro internazionale - significa parlare di incremento di attività, aumento del numero delle aziende e quindi maggiori entrate in termini di tassazione. Ciò significa che quanto lo Stato investe nel R.I. viene abbondantemente recuperato. Oggi, iscritte al R.I., tra navi rientrate e navi di nuova costruzione, abbiamo 737 unità per 18.082.129 Gt. Si tratta di navi sotto controllo e di un numero elevato, se pensiamo alla crisi in atto. Senza lo strumento del R.I. sarebbero in bandiera estera (al limite comunitaria) senza vincoli e, fatto questo da tener presente, con ben pochi italiani a bordo. È bene ricordare che con il R.I. sono rientrate anche grandi realtà aziendali come la Costa Crociere ed Aida.
parte della Federazione. Nel contempo occorre far presente alla Confederazione come ci sia una dimenticanza rispetto agli iscritti extracomunitari non residenti che non possono per evidenti motivi esser certificati dall’ Inps. Alle nostre strutture periferiche, anche se spesso invano, chiediamo di prendere la distanza dalle sigle autonome in particolare andando a “tavoli separati” per evitare l’effetto “trascinamento” ai tavoli nazionali. Sul piano sindacale, la recente decisione di Cin di accreditare i Comitati di Base è molto pericolosa e spiega perché la partita distacchi da parte di quell’azienda è ferma da molto tempo – oltre un anno. Prima di proseguire è d’obbligo una precisazione: quando si parla di personale italiano sarebbe più corretto dire “comunitario” in base alle regole Ue. Persino il comandante di una nave di bandiera italiana può essere un cittadino di altro Paese comunitario.
ben 400.000 ratings in più del fabbisogno. I dati sono fondamentali per programmare la formazione e orientare l’accesso alla professione di marittimo. Ciò spiega come l’elevato numero di società estere che impiegano italiani utilizzino solo quelli di categorie professionalizzate. A titolo di esempio, citiamo la Princess Cruises che ha un numero di ufficiali italiani, tra l’altro, superiori di numero rispetto a quelli di Cin (oltre 600). Per quanto attiene i contratti, la tendenza all’impiego degli italiani solo nelle categorie più elevate si evince anche dall’ analisi dei costi dei ratings. Basti pensare che un marinaio abilitato con la paga minima Ilo costa US$ 790,00 al mese, con il Tcc Itf US$ 1.752/mese, mentre con il contratto italiano raggiunge i US$ 5.356/mese. Di fronte alla crisi del trasporto marittimo gli armatori cercano il massimo di recupero sui costi. Mentre per gli ufficiali la carenza sopra indicata provoca costi livellati indi-
Affermare che il Registro Internazionale è causa di disoccupazione è pura strumentalizzazione portata avanti da alcune sigle autonome il cui vero obiettivo è quello di accreditarsi - tra l’altro affrontando temi di cui hanno ben poca conoscenza. Pari strumentalizzazione negli ultimi tempi si è verificata in sede politica ove, per esempio, il Movimento “5 Stelle” ha sostenuto l’assioma Registro Internazionale uguale disoccupazione, chiedendo l’abolizione dell’unico strumento che ha rilanciato la flotta nazionale a beneficio prima di tutto della nostra economia e dell’occupazione. Tornando agli aspetti sindacali, premesso che sul versante marittimo le sigle autonome hanno una presenza complessiva irrilevante, occorre comunque porre attenzione su come si svilupperà la nuova intesa sulla rappresentanza. Infatti, a tempi brevi, dovrebbe partire l’applicazione delle intese confederali sulla certificazione degli iscritti e quindi è necessario un’accurata verifica degli associati da
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Tornando alle qualifiche, ormai da un decennio la nostra organizzazione va ripetendo che a livello mondiale i dati Bimco confermano in maniera permanente una carenza di ufficiali (e/o categorie qualificate) ed un surplus di ratings. Infatti, a livello mondiale, mancano circa 30.000 ufficiali mentre al mercato vengono offerti
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pendentemente dalla nazionalità, il discorso per i ratings è diverso. Il marinaio abilitato italiano, il cui costo a contratto pieno è di 5356 USD/mese, pur con gli sgravi del R.I. costa 2785 USD/mese, comunque circa il doppio dell’extracomunitario.
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Ricordiamo che i “running costs” di una nave hanno di fatto un’unica variabile comprimibile, ovvero il costo del personale. Quanto appena detto non è certo per condividere le scelte armatoriali, ma per fornire i dati oggettivi per comprendere i motivi dello squilibrio categoriale nelle scelte degli armatori che tra l’altro, non dimentichiamolo, operano in un mondo, da questo punto di vista senza vincoli. Se avessimo negli ultimi dieci anni svolto una politica intelligente, avremmo pun-
tato su una formazione per qualifiche professionalizzate e abbandonato l’incentivazione a qualifiche di basso livello professionale. Logicamente, le situazioni in atto allora per i ratings in qualche modo andavano salvaguardate accompagnando, per esempio, certo personale alla pensione e riqualificandone, laddove possibile, altro. Coloro che esprimono giudizi sul R.I. individuandolo come causa unica della crisi occupazionale dimostrano quindi di conoscerne molto poco i meccanismi; nel senso
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che esso fu istituito affidando tra l’altro un ruolo al sindacato (caso unico in Europa) per fermare la fuga delle navi italiane all’estero con la sparizione totale dei posti di lavoro a bordo e a terra per gli italiani. Qualcuno parla di “deroghe” senza sapere che simili accordi non riducono il numero degli italiani ma servono a distribuire in maniera anche differenziata sulla flotta di un armatore un numero totale di italiani concordato tra le parti in base alle norme. Ogni due mesi l’armatore invia al sindacato i crew list per la verifica che il numero
complessivo concordato in base alle norme della Legge 30/1998 venga mantenuto. Altro elemento importante è la procedura in caso di non reperibilità di personale. L’armatore effettua le chiamate in più capitanerie e, se non trova la qualifica cercata, invia al sindacato nazionale una comunicazione che di norma viene trasferita alle sedi sindacali di periferia. Raramente ci sono stati forniti nominativi per motivi, come vedremo, legati a titoli professionali mancanti o perché le nostre
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strutture avevano disponibilità all’imbarco essenzialmente riferite a qualifiche iniziali di camera. Per capire quanto il mercato sia carente di categorie professionalizzate, citiamo la recente richiesta dell’Agenzia S.M.C. che, attraverso un annuncio, è alla ricerca di ben 60 ufficiali italiani da imbarcare su bulktanker di bandiera nazionale. Contemporaneamente alla istituzione del Registro Internazionale, proprio nell’ottica della difesa delle categorie più basse, ci si era impegnati con Confitarma per proteggere al massimo la nostra occupazione nel cabotaggio. E dobbiamo dire che, inizialmente, tutto ciò è avvenuto senza incontrare eccessivi problemi. Infatti esisteva la grande “mamma” Tirrenia, di fatto sovvenzionata, e non erano applicate norme sul diritto alla mobilità dei lavoratori all’interno dell’Unione europea. È mancata e spesso manca una visione più ampia del mercato marittimo con le sue tendenze e peculiarità. L’abitudine all’intervento pubblico a sostegno ha fatto perdere di vista la realtà che ci circonda, a partire dai vincoli comunitari e alle difficoltà del bilancio nazionale. In altre parole ci si dimentica dell’impossibilità oggettiva di tornare al vecchio meccanismo delle sovvenzioni. Non è stato da meno il caos formativo che ha visto negli anni passati perdere di ruolo gli istituti nautici, con la conseguenza di spingere la crescita di iniziative privatistiche che rapidamente si affrettavano a coprire spazi, di cui la non conoscenza delle nuove regole ed anche l’arretratezza culturale dei nostri Ministeri competenti non avvertivano l’esigenza. In contemporanea, nuove normative internazionali impone-
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vano percorsi formativi diversi ed articolati, in primis fra tutti i famosi quattro corsi di base per chiunque decida di lavorare su una nave, rispetto ai quali si scatenavano le strutture private puntando a una massa di giovani dequalificati senza preoccuparsi del fatto che poi non avrebbero trovato lavoro. Certo, vi sono esempi validissimi come l’Accademia della Marina mercantile di Genova, ma resta in parte irrisolto il problema degli allievi, in particolare quelli che provengono dai corsi delle 500 ore. Questo è un problema che solo Armamento e Sindacati possono risolvere innovando il contratto in maniera più decisa, in modo che con una minima incidenza sui costi ed all’interno di un percorso formativo a bordo quelle qualifiche ritornino sulle navi. A complicare la situazione, ci si metteva la stessa Amministrazione che, togliendo il limite di età al rilascio del libretto di navigazione, faceva sì che molte persone avanti negli anni, perso il lavoro a terra a causa della crisi, pensassero di riciclarsi diventando marittimi. Il fatto poi che risorse formative, anche di provenienza comunitaria, fossero affidate alle regioni creava in quelle legate al mare l’attivazione di corsi orientati verso qualifiche basse creando quindi una futura difficoltà di impiego. Ciò spesso per motivi elettorali o politici. Lo stesso cabotaggio, ritenuto oasi di garanzia occupazionale per gli italiani in quanto il sindacato, in particolare per il collegamento con le isole, aveva spinto il Ministero a produrre i famosi dieci punti, (Regole fissate dal paese ospitante in base alla Direttiva 3577/92) incominciava a conoscere difficoltà. Ciò in quanto vi era concomitante con la crisi per il surplus di stiva l’impiego del personale comunitario al posto di quello italiano. Oggi tutti avvertiamo il dato di crisi occupazionale anche nel cabotaggio e assistiamo persino all’impiego di navi con bandiera comunitaria ed equipaggio comunitario nel collegamento
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con le isole così come del resto prevedono le norme Ue.
sul traffico internazionale e poi sul cabotaggio a ridurre il numero degli italiani.
A tutto quanto sin qua esposto potremmo aggiungere anche l’introduzione del Gdmss con la sparizione della figura del radiotelegrafista nonché - e questo è stato un fatto dirompente per i nostri ratings l’introduzione in presenza di equipaggi misti della lingua comune a bordo, l’inglese, con cui i nostri marittimi specie quelli anziani, sottufficiali e comuni, hanno poca dimestichezza.
L’assurdo di questa situazione non è soltanto il fatto di dover gestire degli esuberi di personale o una carenza di posti di lavoro ma di aver perso, a partire dagli anni passati una grande opportunità ovvero quella di fornire al mercato mondiale un numero elevatissimo di giovani italiani professionalizzati in posti di lavoro tra l’altro oggi mediamente ben retribuiti.
Il fatto non è da poco perché il Port State Control all’estero può fermare una nave e chiedere lo sbarco di un marittimo italiano se questo non parla inglese. Non parliamo poi del trasporto di prodotti chimici e petroliferi, ove sono le stesse compagnie che forniscono i carichi a portare avanti dei vettings severissimi sulla qualità e certificazioni dei marittimi. Come si vede, le motivazioni alla base delle difficoltà occupazionali nelle posizioni più basse dei marittimi italiani sono molteplici e tutti hanno contribuito prima
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Cosa fare? Non è facile rispondere non solo perché, in questo momento, la crisi di mercato vede centinaia di navi in disarmo o abbandonate, ma anche in quanto il liberismo e i vincoli comunitari impediscono forme di protezionismo e rendono difficile la ricerca di soluzioni rapide. Ciò non toglie che ci si muova sia a livello comunitario che a livello nazionale. (La seconda parte sul prossimo numero)
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Coordinamento donne
Politiche di genere e per la famiglia:
la parola alla contrattazione L’Italia è ancora molto indietro sulla parità di genere. La Coordinatrice nazionale Francesca Di Felice approfondisce gli strumenti oggi a disposizione per le lavoratrici dei trasporti
L’occupazione femminile nel nostro Paese per le donne senza figli è pari al 63,9% rispetto a una media europea del 75,8%. La situazione peggiora con la nascita del primo figlio: sono molte le donne che escono dal mercato del lavoro, nonostante l’alto livello di scolarizzazione. La crisi non ha fatto altro che rendere ancora più difficile l’ingresso e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro. In Italia la spesa per le politiche sociali e familiari è pari all’1,3% del Pil, che equivale a meno della metà della media europea. Il Coordinamento nazionale donne della Cisl, riunitosi il primo ottobre scorso, ha individuato la soluzione attraverso tre strade da seguire: favorire l’applicazione, a livello nazionale, della legislazione prevista; procedere a un pieno utilizzo della legislazione a sostegno della contrattazione collettiva decentrata; favorire la contrattazione di prossimità in un’ottica di genere. Ed è proprio la contrattazione decentrata lo strumento principe che può rispondere alle politiche di quel welfare divenuto sempre più evanescente. Un valido supporto è costituito poi dalle “Linee guida per la contrattazione di genere e per la famiglia” (sul sito Fit-Cisl Area donne), documento elaborato dal Coordinamento nazionale donne della Fit, attualmente in corso di aggiornamento, in cui sono raccolte proposte e buone prassi da
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realizzare attraverso la contrattazione sia nazionale che di secondo livello.
Maternità e premio di risultato Nella determinazione del premio di risultato in azienda, la contrattazione si fa garante del rispetto della legge a fronte di imprese non attente ad alcune norme specifiche. I periodi di congedo di maternità e di astensione obbligatoria anticipata, sia per motivi di salute sia per mancanza di mansione alternativa in caso di lavori pericolosi, faticosi o insalubri, sono considerati dalla legge tempo di lavoro a tutti gli effetti, sia in termini di anzianità di servizio che in termini economici. Nello specifico il testo unico, relativo alla tutela della maternità e paternità, D.lgs. 151/2001 all’art. 22 terzo comma, afferma che “i periodi di congedo di maternità devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie” e, in termini di determinazione dell’indennità di maternità, l’art. 23 al secondo comma specifica che: “alla retribuzione media globale giornaliera va aggiunto il rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e gli altri premi e mensilità o trattamenti accessori eventualmente erogati alla lavoratrice”.
Fruizione oraria dei congedi parentali
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La legge di stabilità 2013 (art. 1 comma 339 L. n.228/2012) ha introdotto la fruibilità oraria del congedo parentale riconoscendo alla contrattazione collettiva di settore la competenza a definire condizioni, criteri di calcolo della base oraria e l’individuazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa. Una titolarità sancita poi a tutti gli effetti dal Ministero del Lavoro, con la risposta a interpello promossa unitariamente da Cgil, Cisl e Uil alla contrattazione collettiva di settore, anche di secondo livello, quale forma integrativa o a supplenza dei contratti nazionali. Ecco che la contrattazione si traduce nello strumento indispensabile al fine di rendere esigibile il diritto alla fruibilità oraria del congedo parentale (art. 32 D.lgs. n. 151/2001).
Welfare aziendale La contrattazione è efficace se è vicina ai problemi dei lavoratori. Oggi le difficoltà delle persone si concentrano nei costi degli asili, in quello dei libri scolastici, nell’assistenza sanitaria e nella conciliazione dei tempi vita-lavoro. È proprio nel contesto attuale che sindacati e aziende possono trovare soluzioni e strumenti innovativi sulla flessibilità oraria, in ingresso e in uscita. La legge prevede la totale decontribuzione e detassazione per le spese a carattere previdenziale e quelle per il diritto allo studio incluse le spese per gli asili
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e i nido. Questo vuol dire che, su 100 euro spesi dall’azienda per l’aumento dei salari, il lavoratore ne intasca 50. In senso opposto se invece vengono destinati a previdenza, sanità o scuola, l’azienda spende 100 e al lavoratore ne spettano altrettanti.
Politiche per la conciliazione: legge 53/2000 art. 9 La legge cardine in materia di politiche di conciliazione è rappresentata dalla legge 8 marzo 2000, n. 53 che, oltre a introdurre i congedi parentali, favorendo un maggior coinvolgimento dei padri nella cura dei figli, ha concentrato l'attenzione delle Regioni e degli enti locali sull'importanza di riorganizzare i tempi delle città. Il 90% delle risorse annualmente disponibili è riservato al finanziamento di progetti, costruiti sulla base di accordi sindacali, che prevedano in favore dei lavoratori misure di conciliazione quali: nuovi sistemi di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, come part-
time reversibile, telelavoro, orario concentrato, orario flessibile in entrata o in uscita, flessibilità su turni, banca delle ore, programmi e azioni per il reinserimento di lavoratori che rientrano da periodi di congedo di almeno 60 giorni, servizi innovativi ritagliati sulle esigenze specifiche dei lavoratori. I destinatari degli interventi progettati possono essere i dipendenti con figli minori o con a carico un disabile, un anziano non autosufficiente o una persona affetta da documentata grave infermità. Legge 125/1991. Programma obiettivo: il 30 novembre 2013 scadenza presentazione progetti finanziabili La legge 125 del 1991 segna una tappa fondamentale nel cammino per la realizzazione delle pari opportunità. Il legislatore si è discostato nettamente dalle esperienze normative precedenti. La legge 125 diviene promotrice dell’uguaglianza sostanziale e dei valori incardinati negli articoli 3 e 37 della Costituzione. At-
traverso il finanziamento di alcuni progetti costruisce la parità di opportunità nell’accesso e nello svolgimento dell’attività lavorativa. Tra i soggetti promotori dei progetti finanziabili insieme alle istituzioni pubbliche, ai datori di lavoro pubblici e privati e alle associazioni femminili, ci sono anche le organizzazioni sindacali. Il Comitato nazionale di Parità e di Pari Opportunità nel Lavoro ha il compito di definire ogni anno il programma obiettivo e le linee guida finalizzate alle tipologie di azioni positive finanziabili. Sul sito del ministero del Lavoro, nella sezione pubblicità legale, è stato pubblicato il “Programma obiettivo 2013 per l’incremento e la qualificazione dell’occupazione femminile”. Tra le azioni finanziabili il bando concentra gli sforzi sui progetti diretti a supportare la formazione e l’assunzione di giovani donne under 35 e su quelli finalizzati al reinserimento lavorativo delle donne over 35. La scadenza per la presentazione dei progetti è il 30 novembre 2013.
NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE
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Associazione volontarie del Telefono Rosa Servizi e contatti N. 10 - Ottobre 2013
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Giù le mani dalle Ferrovie Protesta europea contro il IV pacchetto ferroviario
Il 9 ottobre in tutta Europa i ferrovieri hanno manifestato contro le proposte, della Commissione europea di modifica delle direttive che costituiscono il cosiddetto IV Pacchetto ferroviario. Sotto la regia dell’Etf e delle organizzazioni sindacali nazionali che vi aderiscono - che in Italia sono Fit-Cisl, Filt-Cgil, e UilT - sono stati organizzati scioperi, presidi nelle stazioni, volantinaggio agli utenti, per spiegare le ragioni della protesta. Tra gli strumenti utilizzati per supportare le ragioni del dissenso sindacale c’è anche l’invio ai parlamentari europei di una cartolina - in qualche nazione in formato cartaceo, nella maggior parte delle altre in formato elettronico - per far sentire “il fiato sul collo” a coloro che saranno chiamati a votare e ratificare in via definitiva i provvedimenti normativi. Prima di arrivare alla presentazione degli emendamenti, la Segreteria della sezione dell’Etf del Trasporto ferroviario ha svolto il suo lavoro di lobbing concentrandosi, oltre che su parte dei parlamentari europei, sui due più importanti relatori dei provvedimenti, uno del gruppo del partito popolare e l’altro del gruppo socialista, che rivestono anche il ruolo di referenti dei rispettivi gruppi politici all’interno del Parlamento europeo: per cui sono degli onorevoli che hanno un elevato potere di influenza d’opinione su tutti gli altri membri dei loro partiti. Nonostante il pressing per far capire le ragioni dell’opposizione sindacale ai provvedimenti ritenuti più radicali e di natura ideologica, entrambi hanno dichiarato l’indisponibilità dei relativi gruppi politici ad andare contro gli indirizzi generali proposti dalla Commissione Europea. Ciò sostan-
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zialmente significa che c’è una linea di comportamento orientata a trovare un sostanziale accordo sui testi degli emendamenti da accogliere nella riunione del 14 ottobre con la Commissione Trasporti. Il lavoro sarà arduo, in quanto sono stati presentati oltre 2800 emendamenti da parte di tutti i gruppi presenti al Parlamento Europeo. Comunque, al momento la scelta politica prevalente, espressa dai due maggiori gruppi parlamentari presenti a Strasburgo, è quella di mitigare gli effetti delle proposte ma non di invertire l’indirizzo strategico: quello di una maggiore liberalizzazione del settore. Per quanto riguarda la modifica dell’attuale possibilità di affidamento diretto dei servizi di trasporto da parte delle autorità pubbliche – alle quali spetta il compito di definire la quantità dei servizi pubblici all’interno dell’ambito di propria competenza (regolamento n. 1370/2007) – la mitigazione dei provvedimenti a grandi linee dovrebbe condurre a un suo mante-
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nimento solo per piccoli lotti con un limite piuttosto basso dell’importo che dovrebbe essere messo a base d’asta per la gara. Sostanzialmente l’indirizzo è di estendere il sistema delle gare obbligatoriamente anche per il trasporto pubblico locale su ferro, togliendo l’attuale facoltà discrezionale degli affidamenti diretti da parte delle autorità che decidono gli obblighi di servizio pubblico. Sulla questione relativa alla separazione del gestore dell’infrastruttura e le imprese ferroviarie non è emersa alcuna volontà
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mitigatrice, per cui il testo proposto dalla Commissione dovrebbe essere rimasto quello che conduce entro il 2019 all’unbundling più spinto. Sul versante più tecnico del pacchetto, relativo al ruolo dell’Era (Agenzia per la sicurezza), nei due gruppi parlamentari più numerosi non ci sono differenze di vedute rispetto all’accoglimento delle richieste della Commissione per assegnare all’Agenzia europea il compito di rilasciare un certificato unico di sicurezza, togliendo parte del ruolo a quelle nazionali. L’unica nota parzialmente positiva riguarda la volontà politica, espressa con varie sfumature da tutti i gruppi parlamentari, di far inserire delle norme che rendano “più stingenti” le tutele per i lavoratori, per il mantenimento dei livelli occupazionali e retributivi, coinvolti nel passaggio tra l’impresa cedente e subentrante a seguito di cambio appalto. Su questo specifico e delicato tema sindacati e imprese, al livello europeo delle rispettive associazioni di rappresentanza Etf e Cer, si sono fatte promotrici di uno studio per valutare gli impatti sul fattore lavoro che potrebbero scaturire dalle novità che saranno introdotte con la revisione del regolamento n.1370\2007. Pur mantenendo diverse opinioni sull’opportunità di un’ulteriore liberalizzazione del mercato ferroviario, Cer ed Etf sono giunte a sottoscrivere, il 23 settembre 2013, un’opinione comune sugli aspetti sociali e le protezioni da fornire ai lavoratori del settore ferroviario che saranno coinvolti nel passaggio da un operatore ad un altro come conseguenza di una gara d’appalto.
Le preoccupazioni sugli standard sociali da garantire al personale che dovrà cambiare casacca a seguito di cambio appalto non sono solo sindacali ma anche delle aziende, in un settore dove il costo del lavoro incide per il 70% del totale. La maggiore preoccupazione delle aziende scaturisce dall’interpretazione da parte della Corte di Giustizia del principio di libertà di impresa stabilito nei trattati costitutivi dell’Unione. Le vigenti norme consentirebbero a nuove imprese di stabilire la sede legale in Paesi membri, dove il diritto del lavoro è più permissivo e il costo del lavoro molto più basso, con il solo scopo di poterlo poi utilizzare a proprio favore per vincere le gare d’appalto in nazioni più ricche, dove i contratti di lavoro sono più onerosi. Le aziende stesse auspicano che i contratti di lavoro da applicare siano già specificati nel bando di gara e che siano le autorità pubbliche a stabilirlo o comunque si faccia riferimento a delle condizioni minime su orari di lavoro, salari, salute e sicurezza e formazione. Si eviterebbe così un pericoloso dumping sociale a tutto scapito non solo dei lavoratori, ma anche della qualità dei servizi. Il nodo da sciogliere, che è stato ampiamente fatto presente ai vari organismi che
dovranno prendere delle decisioni, è il livello al quale porre certi vincoli. Si tratta di stabilire, politicamente, se i limiti possano essere fissati con un provvedimento valido erga omnes promulgato a livello Europeo, rendendo più vincolanti alcuni commi dell’attuale regolamento, oppure se si debba perseguire il principio di sussidiarietà, secondo il quale spetterà poi ai singoli Stati membri fissare i paletti con apposite norme. La questione non è di poco conto se si fa riferimento all’esperienza svedese in ambito del settore edile. In Svezia, è già accaduto che una legge nazionale promulgata per proteggere gli standard contrattuali dei lavoratori utilizzati sul proprio territorio sia stata oggetto di impugnazione presso la Corte europea da parte di imprese lituane che utilizzavano, in Svezia, lavoratori con le regole contrattuali lituane, in quanto vincitrici di regolare gara d’appalto. La Corte di giustizia ha dato ragione ai lituani anteponendo il diritto di libertà di impresa a quello della tutela sociale dei lavoratori. Altro aspetto che nel documento viene enfatizzato e richiesto è il trasferimento obbligatorio, all’impresa subentrante, di tutto il personale che operava sulle tratte oggetto del bando di gara a cui agganciare
Quanto sottoscritto non è un accordo contrattuale, ma un documento che esprime le preoccupazioni comuni, di sindacati e imprese, sui delicati temi sociali quali le tutele contrattuali acquisite dai lavoratori e la garanzia della conservazione del posto di lavoro, con l’auspicio che possano essere recepite dal legislatore europeo nella stesura finale dei testi del nuovo regolamento.
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la garanzia della conservazione del trattamento economico vigente in tale frangente. In questo caso si potrebbe fare di più rispetto a quanto previsto dalla direttiva europea n.23/2001, che prevede che il trattamento economico in essere possa essere mantenuto per un solo anno, a far data dal momento in cui è avvenuto il cambio di operatore. Da tenere presente che ciascuno Stato membro ha recepito la direttiva in modo diverso. Altra via, auspicata, è la possibilità che la contrattazione collettiva possa fissare i paletti più adeguati per salvaguardare stipendi e occupazione - un po’ sulla falsa riga di quanto avvenuto in Italia con la ricerca di far sottoscrivere al maggior numero di aziende possibili il ccnl della Mobilità, che contiene delle norme a tutela del personale in caso di cambio appalto. In Italia c’è una grossa esperienza, con quotidiane criticità, nel settore dell’indotto ferroviario. La scottante partita è ancora aperta e tutta da giocare in queste settimane in cui si discutono gli emendamenti ai testi del regolamento. I politici, presenti alla riunione di dialogo sociale dello scorso 24 settembre a Bruxelles in cui è stata ufficializzata l’opi-
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nione comune Etf-Cer, si sono detti disponibili approfondire il tema ritenuto molto delicato e importante. Hanno apprezzato lo sforzo delle parti sociali per risolvere un problema comune trattato senza vincoli ideologici ma con un sano pragmatismo. La speranza è di evitare gli errori compiuti con la liberalizzazione del trasporto aereo e di quello su gomma. Dopo aver spinto per lasciare le briglia sciolte al mercato c’è un’inversione di tendenza per richiedere regole che consentano una concorrenza leale. La scomparsa di migliaia di aziende nel trasporto merci su gomma è un campanello di allarme che non può rimanere inascoltato, visto che la liberalizzazione sarebbe dovuta servire per incrementare l’occupazione e non il contrario, come preannunciato dal sindacato e puntualmente verificatosi. Ora è importante continuare a far pressione, a tutti i livelli, su chi dovrà stilare i nuovi testi e accogliere gli emendamenti correttivi delle posizioni proposte dalla Commissione europea. Al momento si delinea la concreta possibilità che non si possa arrivare a organizzare una maggioranza, all’interno del Parlamento europeo, tale da poter modi-
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ficare sostanzialmente le proposte della Commissione. Comunque il complesso sistema legislativo europeo consente degli interventi correttivi anche da parte del Consiglio dei Ministri, molto sensibile agli interessi nazionali. Considerato che Germania e Francia non sono allineate su molte posizioni espresse dalla Commissione, soprattutto su quella che prevede una separazione netta delle imprese ferroviarie dai gestori dell’infrastruttura, non sono da escludere delle parziali retromarce. Altra opportunità è quella di giocare sui tempi per arrivare a posticipare le votazioni in plenaria al Parlamento europeo, dopo le elezioni europee del prossimo giugno 2014. Nelle more di questo percorso è utile ricordare che secondo la Corte di Giustizia europea, in una recentissima sentenza, l'Italia non garantisce l'indipendenza del gestore dell’infrastruttura ferroviaria. Come se non bastasse la Commissione, anche i giudici hanno dato un'altra spinta verso la separazione netta tra gestione della rete ferroviaria e delle imprese di trasporto.
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Riccardo Rubini
Ses2+, basta giocare con i cieli europei e col futuro dei lavoratori tutta la fallacia di questa politica che, anziché accrescere la ricchezza complessiva, ha esaltato le differenze sociali ed economiche a scapito delle classi sociali più deboli. La pubblicazione della proposta di regolamento, che è ora passata al vaglio del Parlamento e del Consiglio europei, continuerà a vedere la ferma opposizione di Etf in tutte le forme possibili.
Etf, la Federazione europea dei sindacati del settore trasporti, ha organizzato per lo scorso 14 ottobre una dimostrazione davanti al Parlamento europeo, in concomitanza con i lavori della Commissione Trasporti (Tran). Durante l'ultima riunione, infatti, è stata discussa la proposta della Commissione europea (Ec) per emendare i regolamenti comunitari sul Cielo unico europeo (proposta denominata SES2+). Già il 12 giugno Etf e i sindacati affiliati del Comitato Atm (Air Traffic Management – Assistenza al volo e controllo del traffico aereo) hanno organizzato un primo Action Day europeo per dimostrare la propria contrarietà a tale proposta legislativa che, trascurando sia la safety che il fattore umano, rischia di creare gravi conseguenze negative per gli Ansp europei (Air Navigation Service Provider, Enav per l’Italia) e per i loro lavoratori. Nell’ultimo anno Etf è stata attiva protagonista di un acceso confronto svolto a più riprese con la Commissione europea, confronto in cui sono stati evidenziati i numerosi elementi negativi della proposta fatta. Le conseguenze che si genererebbero avrebbero l’effetto di minare la stabilità economica degli Ansp in un momento in cui la crisi economica già di suo crea difficoltà, con l'inevitabile conseguenza di mettere in discussione migliaia di posti di lavoro. “Gli Ansp - osserva Francesco Persi, Coordinatore della Fit-Cisl per il Trasporto aereo - rivestono un ruolo fondamentale per una ripresa dell’intera filiera dell’aviasporti dei Tra VOCE
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zione civile italiana e continentale. Enav è un esempio di eccellenza sia in Italia che in Europa. La professionalità e il know-how acquisito negli anni sono una risorsa che deve essere utilizzata quale trampolino per il rilancio di tutto il trasporto aereo italiano”. La Commissione Europea, pur avendo ascoltato le rimostranze di Etf, ha deciso di procedere non curandosi dei risvolti socioeconomici, continuando a perseguire un miope percorso volto alla sfrenata liberalizzazione di qualsiasi servizio (essenziale o meno) e a principi di concorrenza - elementi ritenuti erroneamente la panacea di tutti i mali del mondo e della crisi che ci attanaglia. La storia degli ultimi anni nel nostro Continente ha invece mostrato
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In questo scenario la Safety - elemento fondante dei servizi del traffico aereo - trova difficilmente la propria dimensione. Ogni operatore del settore comprende che la Sicurezza nei trasporti non è un elemento garantito per definizione, ma un valore che viene prodotto e garantito dal lavoro quotidiano di migliaia di professionisti, attraverso investimenti strutturali che non possono riguardare solo nuove tecnologie e sistemi, ma che devono comprendere la valorizzazione del “fattore umano” attraverso il continuo addestramento e l’applicazione dei valori della “Just Culture”. La cultura della sicurezza deve assumere un ruolo preponderante nei confronti della cultura del mero profitto. La recente proposta di obiettivi prestazionali elaborata dalla Commissione europea e dalla propria agenzia Prb (Performance Review Body) dimostra chiaramente quanto gli interessi comunitari siano sbilanciati verso logiche di carattere economico, spinte dalla lobby delle linee aeree, che richiedono solamente il cost-cutting, senza alcuna preoccupazione di quali possano essere le conseguenze. Anche nel
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prossimo periodo di riferimento (20152019), i cui target prestazionali sono attualmente in discussione, non verranno infatti imposti target europei sulla safety, ma continuano invece a essere fissati e imposti chiari obiettivi obbligatori (pena procedura di infrazione dall’Europa) di efficienza e di costo. Questo non può che continuare a preoccupare il sindacato, conscio che, senza un attento monitoraggio della sicurezza, questa esasperato processo di riduzione dei costi avrà sicuramente ripercussioni negative sulla sicurezza del trasporto aereo. “La Commissione europea - aggiunge il dottor Riccardo Rubini, presidente del Comitato Atm di Etf e rappresentate Fit-Cisl - “vorrebbe infatti imporre un modello di business che andrebbe a sgretolare la catena della sicurezza del trasporto aereo, incurante degli investimenti compiuti negli ultimi anni e dell’impatto negativo in termini di posti di lavoro e qualità del lavoro, minando la stessa stabilità economica degli Ansp”. I servizi di assistenza al volo e di controllo del traffico aereo sono servizi di interesse pubblico e nazionale, la cui sfera di interesse va oltre le logiche di mercato e di at-
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tenzione ai costi, dovendo ovviamente tenere in debita considerazione la sicurezza dei voli, l’efficienza e la continuità dei servizi forniti.
Grazie all’Action Day di Giugno alcuni Stati della Comunità europea hanno iniziato a mettere in discussione la proposta Ses2+, manifestando le proprie perplessità attraverso comunicazioni ufficiali dei Ministri dei Trasporti alla Commissione Europea. L’attenzione del sindacato deve rimanere alta; come anticipato in apertura, la proposta di regolamento della Ec è ora passata al Parlamento e al Consiglio europei. La commissione Tran ha già iniziato a discutere la proposta e potrebbe concludere i propri emendamenti entro gennaio 2014.
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Tramite Etf, la Fit-Cisl sta quindi continuando nel lavoro di sensibilizzazione dei diversi gruppi parlamentari europei, cercando di far comprendere alla classe politica italiana ed europea le nostre ragioni, volte a garantire uno sviluppo dei servizi di assistenza al volo, che siano sì improntati all’efficienza e all’economicità (approccio necessario e doveroso in questo difficile momento per il trasporto aereo), ma che riflettano anche principi di realismo e sostenibilità nel breve, medio e lungo periodo. Per queste ragioni il 14 Ottobre , assieme a centinaia di colleghi provenienti da tutta Europa, la Fit-Cisl ha partecipato attivamente (intervenendo nel dibattito sia attraverso il Presidente del Comitato Atm che con i propri rappresentanti presenti) alla Dimostrazione organizzata da Etf che si è tenuta a Bruxelles per sensibilizzare il Parlamento ruropeo e la sua Commissione trasporti contro una proposta legislativa e uno schema prestazionale, che purtroppo non considerano la safety un elemento prioritario e che volontariamente ignorano le ricadute negative sugli Ansp, sulla loro stabilità economica e su migliaia di posti di lavoro.
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Francesco Di Fiore
Trasporto marittimo e crisi mondiale, due storie esemplari
Per avere un'idea dell'impatto della crisi mondiale sul trasporto marittimo è molto interessante conoscere il vero dramma degli equipaggi delle due navi italiane Qb Jill e Qb Elba. Stiamo parlando di piccole navi portarinfuse costruite negli anni 2008 e 2001 in Cina con un Dwt 5800 e il cui proprietario è la società Cube SpA di Genova e l’armatore è Benedetto Costa. Stiamo parlando di navi relativamente nuove e di un proprietario la cui famiglia da molti anni è impegnata nell’attività marittima. La situazione della Società è così difficile che da un anno il Coordinatore Itf Francesco Di Fiore, in collaborazione con gli ispettori Itf in diversi porti del mondo, ha
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seguito le navi spingendo il proprietario a pagare gli stipendi, anche se con un ritardo sulla trattativa di tre mesi. Quest’ultimo aveva aperto una trattativa con un noleggiatore per impiegare le due navi con la possibilità di acquistarle dopo un periodo di tempo. Per un lungo periodo il Coordinatore ha evitato di far sequestrare le navi prima di tutto perché erano all'estero e poi perché in Italia l’iter del tribunale per arrivare alla vendita delle navi (al fine di recuperare gli stipendi dei marittimi ) richiede almeno due anni. Inoltre all'ultimo momento il noleggiatore ha rifiutato di firmare un accordo, probabilmente per avere le due navi a basso costo senza quindi aspettare il periodo di noleggio concordato. Il pro-
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prietario per questo motivo reclama i danni in tribunale e ora il giudice ha proposto un arbitrato. E per quanto riguarda l'equipaggio? La nave Qb Jill è a Napoli e, dopo tante promesse sul pagamento, l'equipaggio ha abbandonato la nave. Ora a bordo c'è solo il comandante, che ha esaurito il carburante, è senza acqua e senza cibo. Come se non bastasse il motore principale è parzialmente smontato, perché la società che doveva ripararlo non ha concluso il lavoro in quanto non è stata pagata. È chiaro che non vi sono più condizioni di sicurezza e per questo è stata attivata la Guardia Costiera, per imporre al proprietario di mettere a bordo un nuovo equi-
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Si vuole sottolineare che si parla di navi battenti bandiera italiana e che come al solito la Fit-Cisl è l’unico sindacato che gestisce questi casi. È chiaro che tutto questo è dovuto alla crisi. In realtà queste due navi possono essere noleggiate per circa 1.700 US $ al giorno, mentre i costi di gestione (running costs) sono come minimo 2.700 US $. Naturalmente la Itf è informata, così come lo è il sindacato turco. L'ispettorato ha molti casi come questo, e sostenere i marittimi di tutte le nazionalità è un duro lavoro quotidiano e non molto riconosciuto.
paggio per disarmare la nave, ma trovare nuovi marinai che già sanno che saranno pagati con difficoltà non è facile. La situazione della seconda nave Qb Elba è ancora peggio. Questa infatti è alla fonda fuori Istanbul, in Turchia, con a bordo cinque filippini e cinque italiani. Da settimane non hanno più carburante e quindi il generatore è fermo. Questo significa che sono senza luce, senza elettricità e quindi anche i frigoriferi non funzionano. Per questo non hanno più cibo.
dato un out out al proprietario, che ha garantito di inviare sulla nave sufficiente carburante e acqua per spostare la Qb Elba a Crotone in Italia, con spese a carico del noleggiatore. Molto spesso durante il giorno Di Fiore è in contatto con i due comandanti e qualche volta con le loro famiglie. Recentemente il Coordinatore Itf è stato a Napoli per discutere con il comandante della Qb Jill alla ricerca di soluzioni.
Tornando al nostro caso, dopo varie discussioni con gli avvocati e il proprietario, la situazione è la seguente: la società Cube spa cederà una parte della società al noleggiatore, che invierà il denaro per il carburante sulla Qb Elba, poi la nave si recherà in Ucraina per un carico per Crotone, dopodiché con il ricavato del noleggio sarà possibile pagare l'equipaggio. Il noleggiatore garantisce viaggi per entrambe le navi, che rimarranno in servizio battente bandiera italiana.
Il comandante ha chiamato il Coordinatore perché convinca il proprietario a spostare la nave dal molo, ma quest’ultimo non ha soldi per pagare i rimorchiatori e, anche se li trovasse, senza energia elettrica non è possibile tirare l'ancora a bordo. Il comandante ha anche informato il console italiano a Istanbul, ma non è successo niente. Anche se è molto difficile sequestrare una nave in Turchia, è stato
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Ecco la nuova casa dei lavoratori dei trasporti in Campania tenuta la cerimonia della benedizione. Il tutto si è svolto in un clima di festa che ha visto la partecipazione di tantissimi lavoratori e operatori sindacali, protagonisti di una stagione complicata per il Paese e difficilissima per la Campania. In questo contesto, avere una casa propria in cui gli uomini e le donne della Fit possono incontrarsi e confrontarsi assume una valenza particolare. È un segnale di cambiamento che dà coraggio, ottimismo e speranza a sostegno della grande determinazione che da sempre anima i lavoratori della Fit, un gruppo, dalla Segreteria agli operatori, che tenacemente lavora per migliorare le logiche di questa terra, delle sue istituzioni e delle aziende che operano in essa. È stata inaugurata il 2 ottobre la nuova sede della Fit Campania di Corso Novara 43.
Sono intervenuti tra gli altri, Patrizia Censi, Padre Sebastien Sasa, Gaetano Riccio, Beniamino Leone e, per la Confederazione, Gianpiero Tipaldi.
Il Segretario generale nazionale Giovanni Luciano, accolto dal Segretario generale regionale Giuseppe Esposito, ha tagliato il nastro della casa dei lavoratori dei trasporti e subito dopo si è
Giuseppe Esposito Segretario generale Fit-Cisl Campania
Nuova sede per la Fit Emilia Romagna Il nostro sindacato non poteva non organizzarsi in modo da essere soggetto attivo all’interno di un processo di tale portata e infatti, dall’unificazione di Fit, Fistel e Flaei, sta nascendo la Federazione delle Reti Cisl. In coerenza, il 26 settembre la Segreteria della Fit Emilia-Romagna ha inaugurato i locali completamente ristrutturati della propria sede bolognese (in via Amendola 4). La cerimonia si è svolta la presenza del segretario generale nazionale Giovanni Luciano e di tutto il gruppo dirigente regionale.
Ten-T, E-Ten, Ten-I sono degli acronimi anglosassoni che diventeranno l’ossatura della tanto agognata ripresa economica. Stiamo parlando di reti ad ampio spettro, di sistemi di circolazione, di energia e di comunicazione; quindi di tutto quello che permette alle cose e agli uomini europei di muoversi. sporti dei Tra VOCE
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Tale operazione risulta anche propedeutica alla creazione, in un futuro prossimo, della sede unica di Cisl Reti affinché’ gli iscritti alle Federazioni fondanti tale soggetto possano più avanti riconoscersi in un’unica “casa”.
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Donato Sementina Segretario generale Fit-Cisl Emilia Romagna
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Dussmann, continua l’agitazione gione, la posizione dell’azienda non è cambiata e i sindacati non ci stanno: “Non ci sono le condizioni per utilizzare gli ammortizzatori sociali: l’azienda Dussmann non ha subito diminuzioni di lavorazioni come confermato anche da Trenitalia, inoltre il ricorso da parte dell’azienda al lavoro interinale degli ultimi mesi non fa altro che avvalorare la nostra posizione. Chiediamo il ritiro della procedura”, con queste parole il Segretario generale della Fit Lazio Maurizio Marozzi ha commentato l'esito dell'incontro, che è stato presidiato anche da un folto gruppo di lavoratori. Ha aggiunto Maurizio Magisti, Coordinatore per la Mobilità ferroviaria della Fit Lazio: “Continueremo a difendere gli interessi dei lavoratori contro questi ingiusti licenziamenti con tutte le armi a nostra disposizione, ricorrendo anche alle vie legali”. È confermato quindi lo sciopero del 29 ottobre 2013. Fit-Cisl Lazio e UglTrasporti Lazio continuano la lotta contro il licenziamento dei 47 lavoratori della Dussmann Service srl di Roma. Dopo l’ultimo incontro del 4 ottobre scorso presso la Re-
Maurizio Marozzi Segretario generale Fit-Cisl Lazio
La Ferrovia Trento–Malé, la sua organizzazione e i suoi problemi vimento giornaliero di circa 7-8 mila viaggiatori su di una linea di 65 km a binario semplice non è indifferente. Il servizio è svolto da Trentino trasporti esercizio spa (Tte), mentre infrastruttura, materiale rotabile e officina appartengono a Trentino trasporti spa (Tt). L'azionista di maggioranza di entrambe le società è la Provincia autonoma di Trento. Nello scorso decennio la ferrovia è stata sottoposta a notevoli lavori di ammodernamento e potenziamento, ma non è stato pensato un piano per l'eliminazione dei numerosi passaggi a livello presenti lungo tutto il percorso, fonte permanente di pericolo per la circolazione ferroviaria e stradale.
Il servizio su ferro, che da oltre cento anni collega Trento alle valli di Non e di Sole, riveste oggi un'importanza strategica nella mobilità locale.
La Fit Trentino chiede alla Provincia autonoma di attivarsi subito per la sicurezza e di investire nella formazione del personale, che non è adeguatamente preparato alla nuova tecnologia introdotta dall'ammodernamento.
Considerando il bacino di utenza (circa 150.000 abitanti), il mo-
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Mario Forni Fit-Cisl Trentino
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Errori umani, se i cartelli di pericolo non bastano Poco tempo fa, un mio caro amico ha portato a gonfiare le gomme di un carrellino da trasporto. All'andata lo ha caricato in macchina nel cofano. Sarebbe dovuto essere pronto per il giorno dopo, ma nel pomeriggio, siccome passava di fronte al gommista, si è fermato per vedere se il lavoro fosse già stato terminato e così era. Il mio amico però non era in macchina, bensì con lo scooter. Preso dalla fretta, non avendo voglia o tempo di tornare a prendere la macchina, ha deciso di provare a portarlo usando lo scooter. Dopo aver pagato il gommista, ha impugnato con la mano sinistra il carrellino e con la destra ha provato a guidare. Alla prima curva a sinistra il carrellino ha bloccato lo sterzo, facendo da perno, e lui è finito a terra rimanendo schiacciato tra il carrellino e lo scooter. Il tutto sotto lo sguardo del gommista, che dentro di sé pensava che la cosa non avrebbe mai funzionato. Chiaramente non c'era nessun cartello appeso dal gommista che vietasse di trasportare un carrellino così ingombrante con uno scooter. Cosa è successo nella testa del mio amico? Quale è stata la sua valutazione del rischio potenziale? Perché il gommista ha pensato che si potesse far male, ma non glielo ha mai detto? Ciascuno di noi penserà a quanto sia stato stupido fare una cosa del genere, eppure è stata fatta e io non credo che il mio amico si volesse far del male appositamente. All'inizio di questa estate, in Spagna, sulla linea dell'alta velocità per Santiago di Compostela, un treno affronta una curva al doppio della velocità consentita – il limite infatti era di circa 80km/h. Si è parlato di un errore umano.
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degli eventi negativi? Se sì, come?
Osservando e analizzando questo tipo di sbagli, si è arrivati nel tempo a creare una vera e propria materia di studio: lo human factor, ovvero lo studio del fattore umano all'interno di un processo. In sintesi lo human factor è una scienza che nasce per studiare quali siano stati i fattori che hanno caratterizzato un incidente e quale potrebbe essere il percorso corretto per un aumento della consapevolezza (situation awareness) all'interno di un processo. lo human factor nasce dall'esigenza di capire perché, nonostante l'abbondanza di normativa, il miglioramento costante della tecnologia, le ore di addestramento e la cura con cui viene effettuato il lavoro da parte del personale, ci sia sempre un anello debole nell'operato dell'uomo. in poche parole si vuole studiare che cosa sia accaduto nella testa del mio amico quando, pur avendo tutti gli strumenti a disposizione, decide di ignorare le regole di buon senso e prova a portare il carrellino con il suo scooter, ma anche cosa accade al gommista che nota l'errore e non interviene e come questi accadimenti interagiscono tra loro. la domanda da farsi è: che livello di consapevolezza (situation awareness) nell'esposizione al rischio aveva maturato in quel momento il mio amico? Si poteva interrompere la catena
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Questi ragionamenti possono sembrare fuori luogo se fatti su di un singolo evento dove viene spontaneo semplificare, liquidando l'operato con un “Che stupido!”, ma quando il numero di eventi cresce ad un livello tale da dover considerare tutti degli stupidi, allora forse è il caso di pensare a come studiare un problema che non è semplificabile con una frase. “Che stupido” non spiega nulla, è solo un modo per semplificare. Accanto all'isola del Giglio stanno rimuovendo il “monumento all'errore”: una nave da crociera affondata per fare un inchino molto pericoloso. C'é chi pensa che sia stato frutto di una semplice azione incosciente ma, se si affronta bene l'argomento, il fatto che sia stato compiuto questo gesto non è semplificabile. L'errore finale, seppur riconducibile ad un responsabile, è frutto di numerosi e complessi errori che sono all'interno del sistema, delle sue procedure e dei suoi condizionamenti. Il mondo aeronautico ha ridotto gli eventi negativi in maniera drastica solo dopo l'introduzione dello human factor nei programmi addestrativi, aumentando attraverso il Crm (Crew Resource Management) l'integrazione delle operazioni all'interno delle cabine di pilotaggio. Si è passati in pochi anni da una cultura legata al machismo a una dove il dubbio, la collaborazione e la situation awarness sono divenuti obblighi e non opzioni comportamentali. Lo human factor ha reso il Sistema aeronautico tra i più sicuri al mondo. Penso che sia arrivato il momento di iniziare un percorso di questo tipo anche in altri settori.
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Lavoro, studiare paga Anche in tempi di crisi Sistematicamente il lavoro è un tema che ritorna in ogni campagna elettorale. Sistematicamente si presenta come la priorità di ciascun governo. Ma, sistematicamente, rimane un nodo irrisolto, preso e spostato in avanti a beneficio dell’esecutivo che verrà. È il metodo ImuIva, se volete richiamarvi alla mente un modello recente. Eppure, con tutto il rispetto che si deve alle imposte, a maggior ragione in un momento di totale sfida al nostro potere d’acquisto, non bisogna dimenticare che il lavoro è alla base della nostra Costituzione (Articolo I). Lavoro è una parola-scrigno che significa tante cose insieme. È occupazione, politica industriale, pace sociale, sviluppo, dignità e molto altro. Di stime sul macrocosmo del lavoro ce ne sono ogni settimana. In questo mare magnum di numeri, tuttavia, vale la pena soffermarsi sull’indagine firmata Unioncamere, l'ente pubblico che rappresenta istituzionalmente il sistema delle camere di commercio italiane. L’ultimo studio ci consegna un messaggio inequivocabile: ci sono meno posti di lavoro rispetto a un anno fa, ma più qualificati. Nel 2013 le quote di assunzioni non stagionali riservate a laureati e diplomati si attestano, rispettivamente, al 15,9% e al 43,5% del totale delle assunzioni programmate, in aumento rispetto al 2012: +1,4
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punti percentuali per i laureati, +2,6 per i diplomati. In termini assoluti, delle oltre 367 mila assunzioni previste, più di 58 mila riguardano candidati in possesso di una laurea e quasi 160 mila hanno per obiet-
tivo persone con un titolo di studi secondario o post secondario. Sommate insieme, le opportunità di lavoro dirette per chi ha il “pezzo di carta” costituiscono il 59,3% di tutte quelle disponibili per quest’anno.
titoli di studio cercati dalle imprese appare evidente osservando l’evoluzione dei fabbisogni di assunzione degli ultimi nove anni. Con l’eccezione del 2011 e del 2012, l’insieme delle assunzioni di laureati e diplomati è costantemente aumentato, passando dal 42,4% del 2005 al 59,4% per il 2013. Il giudizio delle imprese sulla preparazione dei giovani in possesso di qualifiche o diplomi professionali resta considerevolmente più basso rispetto ai laureati e diplomati: tra i primi, poco più di uno su tre è considerato idoneo da subito a entrare in azienda, mentre oltre uno su due in media, tra laureati e diplomati, ha già le carte in regola per il lavoro che lo attende.
Tra i laureati, i più ricercati sono quelli che hanno scelto Economia (17.040 assunzioni, il 29,2% di tutti i laureati cercati dalle imprese), seguiti dai colleghi di Ingegneria elettronica e da quelli con un indirizzo di studi Sanitario e paramedico. Tra i diplomati, l’indirizzo di studi più ricercato è quello delle discipline amministrative e commerciali (37.640 assunzioni, il 23,6% di quelle per cui serve un diploma), seguito dall’indirizzo Meccanico e da quello Turistico-alberghiero.
Dall’analisi dei fabbisogni delle imprese emerge poi una divaricazione tra il livello di preparazione dei candidati e le aspettative dei datori di lavoro. Secondo le aziende, nell’80,6% dei casi i laureati che verranno assunti nel 2013 avranno bisogno di ulteriore formazione (una quota in discesa rispetto all’81,5% rilevato dall’indagine 2012). Per i diplomati, il divario si segnala più contenuto (72,9%) e in calo più marcato rispetto all’anno precedente, quando la quota dei neo assunti con ulteriore necessità di formazione si attestava al 76,9%.
L’innalzamento del livello qualitativo dei
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Intervista all’Sen. Francesco Aracri
“Mettere un tetto allo stipendio dei manager” Il Senatore Francesco Aracri, 61 anni, eletto nel Lazio, è uno dei parlamentari più esperti nel settore dei Trasporti nella VIII Commissione Lavori pubblici. È stato anche Assessore ai Trasporti della Regione Lazio.
MINISTERO. Dopo l'era Passera (nella quale il Ministero delle Infrastrutture era accorpato con quello dello Sviluppo economico) è arrivato Lupi che probabilmente è stato agevolato dal fatto di potersi dedicare alle cure di un solo Ministero. Senza contare il fatto che si tratta comunque degli ex Ll.Pp. e degli ex Trasporti. Come valuta i primi risultati? “In cinque mesi è stato fatto quanto possibile. Il Ministro ha affrontato soprattutto la necessità di dare seguito alla ‘spending review’, che era e in parte ancora, è priva di regolamenti e decreti attuativi. Molto c'è ancora da fare. Nel settore dei trasporti ci sono delle vere emergenze”. PRIVATIZZAZIONE FS. Le Ferrovie appartengono al 100% al Tesoro. Recentemente, al convegno di Cl di Rimini, presente il Ministro Lupi, si è parlato di privatizzazione, anche per ‘fare cassa’. Mauro Moretti si è detto disponibile. Come andrà a finire? “Il tema della privatizzazione non può essere evocato per ‘fare cassa’ perché, per quanto stiano bene le Aziende, non è detto che con le privatizzazioni si faccia sempre cassa o si ottenga quanto preventivato e ipotizzato. La salute di un gruppo posseduto dal Tesoro non fa testo. La vera priorità è il servizio per gli utenti e la separazione della gestione dalla rete. Rfi fuori dalla Holding Fs: questo è il primo passo per migliorare servizio e performance economiche”.
personale la neonata Autority finisca sotto la indiretta influenza delle grandi Aziende. Su questo la Commissione Trasporti del Senato vigilerà. L'Autority deve affrontare e regolare temi molto importanti, dall' accesso alle reti, alle tariffe. Voglio aggiungere che Parlamento e Autority dovrebbero affrontare anche il tema delle retribuzioni dei manager nel settore dei trasporti e nelle grandi Aziende.
AUTORITA' DEI TRASPORTI. Ha compiti importantissimi in tema di liberalizzazioni e di regolazione di un settore che spazia dalle ferrovie alle autostrade. Sta nascendo con fatica dopo polemiche sulle nomine, poi sulla città in cui collocarla e ora sull’edificio più idoneo a collocarla.
Questo non è un tema secondario o moralistico; quando scoppiò il caso Lehman Brothers lo stipendio dei manager era 234,3 volte lo stipendio medio dei dipendenti.
“Il problema dell' Autority non è nell' edificio e neanche nella sede. Il vero problema è la scelta per la struttura di persone competenti con curricula seri. Si deve evitare che con la selezione del
Proporrò che lo stipendio dei manager non sia più di 12 volte lo stipendio medio dei lavoratori dell' Azienda e questo ci metterebbe in linea con le retribuzioni europee”.
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In Italia ci sono situazioni molto simili. La spending review ha affrontato e non risolto il problema.
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Consiglio Letta a intervenire a difesa del’ ‘italianità’. Come valuta? “Le aggregazioni per segmento e missione sono una risposta positiva, anche perché quelle aggregazioni gestionali pensano ad una specializzazione operativa dei singoli scali. Mi pare che la difesa della ‘italianità’ non è la questione principale e che la difesa degli scali può essere realizzata solo con il recupero di efficienza proprio negli scali e nei servizi offerti dagli stessi”.
PIANO NAZIONALE DEGLI AEROPORTI. Il precedente Ministro Passera ha lasciato in eredità un controverso progetto (solo 31 erano stati considerati ‘strategici’ e ben 15 ‘bocciati’ e trasferiti alle Regioni per le valutazioni del caso). Ora, il nuovo Ministro Lupi riconosce il ruolo delle Regioni chiamando le stesse alla corresponsabilità. Per questo ha istituito una ‘cabina di regia’ a guida regionale, che entro ottobre dovrà proporgli un nuovo piano. Come andrà a finire? “Il piano degli aeroporti deve corrispondere alle linee di sviluppo economico delle Regioni. A parer mio la realizzazione di un aeroporto di per sé non produce sviluppo se non c'è già un consolidato tessuto economico, se non c'è una scelta strategica dei territori regionali. Ben venga il lavoro della “cabina di regia”. Sembrerà banale, ma la localizzazione degli aeroporti deve essere istruita e selezionata. Troppi aeroporti come vere cattedrali nel deserto producono diseconomie che il Paese non può più sopportare”. RISIKO AEROPORTUALE. Gli aeroporti padani di Milano, Bergamo, Brescia-Montichiari e Verona sembrano interessare molti investitori, in primis il fondo F2i di Vito Gamberale e Save di Enrico Marchi della Save. Senza contare il fatto che la Save, a sua volta, sarebbe ‘insidiata’ dai tedeschi di Fraport, tanto da indurre lo stesso Presidente del
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AEROPORTO DI FIUMICINO. In pieno agosto i ministri dell Ambiente Orlando e dei Beni Culturali Bray hanno firmato il decreto interministeriale che ha dato il via libero definitivo a un investimento di 2 miliardi da dedicare all'ampliamento di Fiumicino sud. Per Fiumicino nord con investimenti per 12,5 miliardi, invece, ci sono ostacoli per varie opposizioni a livello locale e ambientale. I problemi occupazionali dei lavoratori sembrano interessare di meno. Chi ha ragione? “Bene lo sblocco di Fiumicino sud che porterà l'aeroporto a servizi di livello europeo. Per parlare di Fiumicino nord, motivato dalle proiezioni di arrivi che andrebbero vicino al raddoppio nel 2025, si deve contestualmente, anzi prioritariamente, pensare ai collegamenti tra Roma e l’aeroporto. Qui c'è un ritardo che si pensava di colmare con gli interventi previsti per le Olimpiadi 2020.
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Penso che quegli interventi sono prioritari anche senza Olimpiadi”. RIFORMA DEI PORTI. È sul tappeto una possibile revisione della Legge 84 del 1994. Assoporti sollecita la cosiddetta “autonomia finanziaria”, portandola al 3% del gettito Iva generato dai porti. Ma il Ministro dell’Economia Saccomanni ha concesso solo di alzare da 70 a 90 milioni il tetto massimo per quest'anno. Come andrà a finire? “Qui scattano le cosiddette ‘compatibilità economico finanziarie’. Assoporti ha sollevato problemi seri, ma la situazione del Paese è sotto gli occhi di tutti. Si può solo pensare ad un sistema di ‘pre-
“L'operazione Concordia ci ha fatto recuperare una credibilità internazionale e in essa è stata fortissima la competenza e la decisione dei tecnici. La scelta del porto dovrà essere ispirata a criteri tecnici con una sola certezza: che lo smantellamento della Concordia non vada all' estero, in Paesi dove i lavoratori sono schiavizzati e non esistono norme di sicurezza del lavoro e dell'ambiente”. LOGISTICA. All' inizio di agosto è stato raggiunto un importante accordo di rinnovo del ccnl della logistica, trasporto merci e spedizione. I sindacati, nonostante la difficile situazione economica, sono riusciti a portare a casa un aumento retributivo pari a 108 euro complessivi per il periodo 2013/2015 e la somma di 88 euro a titolo di arretrati. Sono coinvolti oltre 700.000 lavoratori e le loro famiglie. Eppure i giornali, prodighi di informazioni su argomenti frivoli, ne hanno parlato pochissimo. È giusto? “È stato un buon accordo. Soprattutto se pensiamo a quante vertenze e trattative contrattuali sono ancora in piedi o sono state sospese e rinviate di anni. Un buon accordo in un settore che è strategico per la ripresa del Paese”. A cura di Chiara Campanella
mialità’ per quei porti che migliorano in modo sensibile la loro performance. Cioè stimolare la competizione per l' efficienza. Su questo il lavoro è aperto”. TOTO-PORTI. La Costa Concordia finalmente è stata fatta riemergere e messa in asse. Grande soddisfazione dei massimi vertici politici con in testa il Presidente Letta. Ora, però ci dicono che il problema vero è quello della ‘rottamazione’ e già si è scatenata una competizione sulla scelta del Porto (Piombino, Civitavecchia, Napoli, Palermo) che dovrà gestire l' operazione. Si torna a Ennio Flaiano che diceva: la situazione è grave, ma non è seria.
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“Siamo ancora molto indietro sulle pari opportunità”
Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, Presidente del Telefono Rosa, fa il punto su una questione urgente: quella della parità di genere in Italia. Con questa intervista riprende la rubrica “Intorno a noi”, dedicata ai temi sociali di attualità un atto concreto al posto delle abusate mimose.
Più di 602 mila donne aiutate durante 25 anni di attività. 90 volontarie a disposizione, di cui buona parte professioniste, come psicologhe e avvocatesse penaliste e civiliste. 4 linee telefoniche, 10 sedi sparse per l’Italia, 3 case di accoglienza e 4 sportelli aperti in altrettante ambasciate straniere a Roma (Argentina, Colombia, Ecuador e Perù) per aiutare anche le donne straniere nel nostro Paese. Di tutte le associazioni italiane di volontariato in difesa delle donne vittime di violenza, Telefono Rosa è la più nota, al punto da aver festeggiato quest’anno il venticinquesimo anniversario nientemeno che con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sempre quest’anno, l’associazione ha inaugurato una collaborazione con la Fit-Cisl che prevede la realizzazione di numerosi progetti tra i quali incontri, con le lavoratrici che lo desiderano, finalizzati alla conoscenza e alla prevenzione dei fenomeni di violenza nella vita pubblica e privata, così come campagne di sensibilizzazione sui posti di lavoro. La FitCisl ha anche scelto di celebrare l’8 marzo 2013 con una donazione all’associazione,
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Maria Gabriella Carnieri Moscatelli è presidente e cofondatrice di Telefono Rosa. L’abbiamo intervistata l’11 ottobre, proprio il giorno in cui il Senato ha approvato in via definitiva il decreto legge 93/2013 sul femminicidio, che prevede principalmente un inasprimento delle pene nei confronti di chi commette atti di violenza contro le donne, ma nessun nuovo investimento nella prevenzione. Cos’è che non funziona nel rapporto tra uomini e donne? “Dobbiamo risalire al fattore educativo, perché dalla prima infanzia bisogna insegnare il rispetto reciproco e il significato delle differenze di genere”. A questo dobbiamo aggiungere che la figura maschile oggi è in crisi. “Sicuramente. Perché nel tempo non è cresciuta tanto quanto la donna. La donna ha metabolizzato il nuovo modo di vivere e si è inserita diversamente nella nostra attuale società. L’uomo si è arroccato su certe posizioni da cui fatica ad uscire”. A che punto siamo oggi in Italia sulle pari opportunità? “Siamo ancora molto indietro”. Nonostante il decreto legge sul femmini-
N. 10 - Ottobre 2013
cidio appena approvato dal Parlamento? “Sì, siamo ancora molto distanti dall’aver capito che significa la parità: non c’è sul lavoro, non c’è nel privato. L’uomo oggi fatica a capire che la sua compagna è al suo stesso livello. E ancora oggi i ruoli dirigenziali ricoperti dalle donne sono pochissimi”. Qual è la cosa più difficile nel vostro lavoro di volontarie? “Riuscire a far capire alla donna che, nel momento in cui parla con noi, lo fa in perfetto anonimato e può aprirsi tranquillamente, perché da quell’istante non sarà più sola: saremo costantemente al suo fianco”. Come mai avete scelto di collaborare con la Fit-Cisl? “Ci hanno interpellate sul ruolo delle donne nei trasporti, perché hanno una vita non facile. Abbiamo iniziato un discorso che man mano si è allargato ed è diventato una vera collaborazione”. C’è altro che vuole aggiungere? “Sì. Qualsiasi donna avesse necessità, noi siamo a disposizione. Le nostre psicologhe e avvocatesse non costano nulla, sono specializzate sul tema della violenza alle donne e questo è molto importante nel momento in cui la vittima decide di portare avanti oltre che la denuncia anche una causa in tribunale”.
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