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Agenquadri CGIL
Verso un nuovo modello contrattuale Proposte per i Quadri, i Professionisti e le Alte Professionalità
Documento di Lavoro 21 giugno 2011
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21 giugno 2011
Indice 1.Premessa.......................................................................................................................................3 2.Modello contrattuale....................................................................................................................5 3.Livelli della contrattazione............................................................................................................6 4.Sistema di classificazione..............................................................................................................7 5.Precarietà e inclusione..................................................................................................................9 6.Formazione e competenze.........................................................................................................11 7.Orario e conciliazione dei tempi.................................................................................................13 8.Politiche retributive....................................................................................................................15 9. Gestione per obiettivi e sistemi di valutazione.........................................................................16 10. Comportamenti etici e responsabilità sociale.........................................................................18 11. Pari opportunità.......................................................................................................................20 12. Europa e CAE............................................................................................................................22 13. Partecipazione e flessibilità.....................................................................................................23
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1. Premessa Ogni momento contrattuale va inquadrato nel contesto politico, economico e sociale, e deve avere l'obiettivo di coniugare le scelte e le necessità dell'oggi con le prospettive di futuro. Il contesto attuale è quello di una crisi lunga che, se ha avuto il suo elemento scatenante nelle dinamiche speculative dei mercati finanziari, mostra oggi con evidenza come le cause principali, così come le vie d'uscita, vadano ricercate invece nelle politiche industriali e della ricerca, nei sistemi di redistribuzione della ricchezza e di welfare, con il supporto di investimenti adeguati. E' una crisi che viene oggi pagata prevalentemente dai lavoratori e che ha colpito e colpisce fortemente i quadri, i professionisti e le alte professionalità, mettendo in chiara luce la drammatica debolezza e solitudine di quanti, per scelta o per imposizione, hanno seguito la via della contrattazione individuale, ritrovandosi esclusi da percorsi collettivi che non sono solo contrattuali, ma anche sociali ed esistenziali. Ma le crisi possono diventare opportunità, se si è capaci di cogliere l'occasione per un ripensamento delle dinamiche che sono state alla base della crisi e per l'elaborazione e l'avvio di percorsi di innovazione, non occasionale ma strategica e strutturale. Su questa strada scontiamo sicuramente un forte ritardo, anche a causa di un contesto nazionale che, al di là delle dichiarazioni retoriche e di propaganda, vede chi dovrebbe governare il Paese barricarsi su posizioni ideologiche o affaccendarsi su questioni di tutt'altro genere. C'è invece la necessità di avviare un confronto serio, che si ponga l'obiettivo di rispondere in maniera adeguata ed efficace ai cambiamenti in atto, creando condizioni favorevoli per lo sviluppo economico e sociale. La contrattazione è uno degli strumenti fondamentali per indicare e percorrere una direzione sostenibile di uscita dalla crisi. Il sindacato deve sostenere la direzione del cambiamento, per evitare di essere travolto e giocare esclusivamente in difesa, con convinzione e determinazione, ricercando il confronto di merito unitariamente, all'interno e all'esterno. Ma cambiamento non è un concetto neutro e perciò occorre che alla guida di questo percorso ci sia un'idea di innovazione definita come un cambiamento intenzionale, di processo o di prodotto, che produce effetti positivi per i lavoratori, per la società e per l'ambiente.
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Il contesto attuale ci presenta l'esigenza e l'opportunità di rapportarci in modo nuovo ai lavoratori che vogliamo rappresentare, cominciando da quelli che abbiamo finora fatto più fatica ad includere nelle politiche contrattuali e di rappresentanza: i professionisti e le alte professionalità ancora escluse dai contratti collettivi, o i quadri che non hanno riconosciuto l’esigenza di una dimensione collettiva. Il rapporto con questi ultimi, in particolare, deve partire dalla consapevolezza che, nella società contemporanea, i quadri non sono più la vecchia figura gerarchica della fabbrica fordista, ma sono attori principali del cambiamento: sono loro, con il loro ruolo e le loro competenze, ad essere portatori delle capacità e della responsabilità di guidare le organizzazioni verso il cambiamento; sono essi stessi oggetto di cambiamento, in un processo continuo di evoluzione professionale, e in cui il confronto e l'apprendimento assumono un ruolo decisivo. Per tutte le alte professionalità che vivono rapporti di lavoro con una controparte aziendale, a prescindere dalla loro condizione contrattuale, è oggi necessario adeguare il modello contrattuale, nella direzione di una maggiore adeguatezza e inclusività.
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2. Modello contrattuale Agenquadri, all'interno di un modello contrattuale che deve essere universale ed unitario, sostiene la conferma di un'articolazione su due livelli e di dare continuità alla scelta di ridurre il numero complessivo dei CCNL (che oggi sono diverse centinaia), procedendo ad accorpamenti e riunificazioni, per aree omogenee e per settori. All'interno dei contratti, nazionali e di secondo livello, è necessaria una maggiore attenzione da parte di tutte le oo.ss. ai capitoli relativi ai quadri e alle alte professionalità, in tutte le fasi. Come dimostra la ricerca recentemente condotta da Agenquadri, e che aggiorna quella realizzata un decennio fa, nell'arco di questi dieci anni le aree quadri dei CCNL, per la gran parte, sono rimaste sostanzialmente invariate. Un'immutabilità che contrasta con i cambiamenti che invece sono avvenuti nel mondo dei quadri e delle alte professionalità e che rende, in particolare, gli inquadramenti presenti nei contratti profondamente inadeguati a rappresentare il lavoro reale. Questa mancata attenzione ed il mancato adeguamento dei contratti sono stati, inevitabilmente, tra le cause che hanno favorito la via della contrattazione individuale. Una pratica, quest'ultima, che si è ampiamente diffusa negli ultimi anni, fuori dai contratti e fuori dal controllo delle parti sociali. Con il risultato che, se ha consentito in molti casi retribuzioni di fatto superiori a quelle contrattuali, ha favorito la discrezionalità e le discriminazioni, ponendo i quadri nella condizione di dover subire l'azienda, nei momenti di debolezza, e di essere difficilmente tutelati nei momenti di difficoltà. E' allora prioritario intervenire su queste aree. La fuga dei quadri dalla contrattazione collettiva, insieme all'attuale esclusione dalla stessa di tutte le alte professionalità che lavorano con contratti diversi da quelli di lavoro dipendente, oltre a determinare la disparità in termini di condizioni di lavoro e di tutela a tutti note, comportano un rischio rilevante per la tenuta stessa di tutta la contrattazione. Il mancato adeguamento del modello contrattuale, infatti, determina una graduale e progressiva riduzione della capacità di rappresentanza e di contrattazione di tutto il sindacato, indebolendone sempre più il ruolo. Bisogna allora porre il problema, da una parte, di come riportare i quadri e le alte professionalità all'interno della contrattazione collettiva e, dall'altra, di come preservare il contratto a tempo 5
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indeterminato come forma preferibile di rapporto, ma accettando, contrattando e regolando le altre forme contrattuali, con la consapevolezza che il tempo indeterminato non può più essere elemento unico di prospettiva per l'unità del lavoro e la tutela dei diritti. I due aspetti vanno trattati insieme, estendendo il campo di applicazione dei contratti, innovando la contrattazione e riconducendo la negoziazione individuale all'interno di un sistema di regole collettivamente condiviso e tutelato.
3. Livelli della contrattazione Il contratto nazionale deve sempre più consolidarsi come strumento generale di fissazione delle regole relative al sistema delle relazioni, di sostegno e valorizzazione del potere d'acquisto per tutti i lavoratori, di contrasto alle discriminazioni, di unificazione del mondo del lavoro e di garanzia rispetto ai diritti fondamentali. All'interno dei CCNL vanno definiti i diritti d'informazione preventiva, i capitoli relativi all'organizzazione del lavoro, le declaratorie (termine che andrebbe comunque superato, ma che continuiamo ad utilizzare per chiarezza), i criteri professionali e la relativa scala parametrale. A livello nazionale, inoltre, vanno definite le regole generali rispetto a: previdenza integrativa, assistenza sanitaria, diritti fondamentali, comportamenti etici e responsabilità sociale. In particolare, all'interno del contratto nazionale vanno definite norme chiare per la contrattazione di secondo livello, anche sui temi dell'organizzazione del lavoro e della produttività. Il periodo di vigenza deve essere ridotto a tre anni, unificando la parte normativa e quella economica. Su quest'ultima parte, è necessario individuare un indice di “inflazione realisticamente prevedibile” che tenga conto del peso dei mutui e dei costi dell'energia, sulla base del quale calcolare l'adeguamento annuale dei salari. Con riferimento particolare ai quadri e alte professionalità, si rende oggi necessario che all'interno del primo livello di contrattazione sia presente un capitolo relativo agli strumenti di valorizzazione e bilancio professionale, formazione, sviluppo di carriera, riconoscimento delle competenze, anche in un'ottica di mobilità internazionale delle alte professionalità.
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Devono, inoltre, essere definite regole esplicite per garantire ai quadri, ai professionisti ed alle alte professionalità un adeguato spazio contrattuale all'interno del secondo livello. In ottica di estensione della contrattazione ed inclusione di quelle alte professionalità oggi per vari motivi escluse dai contratti, i CCNL devono prevedere e stabilire le regole generali per facilitare, all'interno di vincoli certi e definiti, la contrattazione individuale dei quadri e dei professionisti. I CCNL, infine, devono porre un'attenzione particolare rispetto alle piccole aziende, anche ampliando la contrattazione territoriale. La diffusione della contrattazione decentrata va sostenuta e rafforzata, anche qualitativamente, a tutti i livelli: aziendale, di gruppo, di sito, di filiera. La contrattazione deve partire da un confronto preventivo sulle strategie aziendali e di contesto (settore, filiera, territorio, sito) e dai riflessi che queste hanno sull'organizzazione del lavoro, sull'occupazione, sull'ambiente e sulla sicurezza, sulle professionalità, sugli orari e sulla flessibilità. Alla contrattazione di secondo livello, all'interno del sistema di regole stabilito in sede di CCNL, deve essere demandata la definizione dei profili professionali. Al secondo livello spetta anche la definizione delle modalità attuative e di verifica di quando stabilito in sede di contrattazione nazionale. Il salario di risultato o di produttività, contrattato a livello decentrato, deve essere parametrato secondo la scala professionale. La parte variabile del salario, in ogni caso, non potrà superare il limite stabilito dal CCNL. Eccezioni possono essere previste, e regolate, per le fasi di crescita economica. Il secondo livello va inoltre potenziato rispetto alla contrattazione di: condizioni di lavoro, organizzazione del lavoro, orario e conciliazione dei tempi, flessibilità.
4. Sistema di classificazione
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L'evoluzione del contesto economico, organizzativo e di mercato, che negli ultimi anni ha portato a parlare di postfordismo prima e di economia dell'informazione e della conoscenza oggi, mette in particolare evidenza i limiti delle attuali rappresentazioni del mondo del lavoro e la necessità di disporre di un nuovo sistema classificatorio minimo condiviso tra le parti sociali, gli organi legislativi, la comunità scientifica. Appare evidente, infatti, che una qualsiasi politica contrattuale deve avere alla base un suo comune schema interpretativo, basato sulle esigenze misurate del mondo del lavoro. Se il territorio è cambiato, bisogna cambiare anche la mappa, altrimenti c'è il rischio di smarrirsi. L'assenza di un riferimento comune di descrizione del lavoro ha determinato rilevanti difficoltà di utilizzo integrato del sistema, anche sul piano gestionale, ad esempio nel mettere in rapporto le classificazioni contrattuali con l'analisi del fabbisogno di competenze, l'offerta formativa, le politiche e gli strumenti per l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, l'orientamento, l'outplacement. Gli studi condotti da Agenquadri sottolineano alcuni aspetti particolarmente rilevanti: − E' necessario, all'interno del modello contrattuale e della sua articolazione, considerare il peso dei singoli contesti produttivi territoriali, del livello locale/globale del mercato di riferimento, nonché della struttura e delle dimensioni di impresa, anche per la definizione delle caratteristiche specifiche e distintive del lavoro. − E' necessario porre il tema della relazione tra la definizione delle figure professionali e le competenze, tecniche e trasversali, che il lavoratore deve possedere per ricoprire il ruolo. Bisogna abbandonare la pura logica dei “titoli” ed approdare ad un sistema, per competenze, che consenta di mettere in relazione le caratteristiche ed i fabbisogni della figura professionale con le competenze possedute dal lavoratore, in termini non statici ma con la capacità di cogliere i cambiamenti e rispondere in maniera adeguata. − Il sistema che mette in relazione figure professionali e competenze deve essere lo schema di riferimento anche per le politiche e gli strumenti di selezione, formazione, sviluppo di carriera e outplacement.
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− La generale e diffusa tendenza al superamento della storica divisione del lavoro, va accompagnata alla definizione di nuove figure a banda larga e/o professionalità di sistema, più coerenti rispetto alle esigenze di flessibilità e dinamicità e con bassi rischi di obsolescenza. − Allo stesso tempo, bisogna mantenere viva l'attenzione sulle dinamiche di specializzazione, comunque presenti, per essere capaci di rispondere ai mutamenti tecnologici ed organizzativi. Il nuovo sistema di rappresentazione del lavoro deve essere capace di individuare standard minimi, unitari su tutto il territorio nazionale e raccordati con quelli definiti a livello europeo, in modo da garantire la riconoscibilità, e quindi il valore, delle professionalità nei diversi mercati dal lavoro. Un sistema di rappresentazione del lavoro, dinamicamente aggiornabile, costituirebbe inoltre un utile punto di riferimento per il sistema delle qualifiche e quello delle competenze su cui si fonda la certificazione degli apprendimenti. Infine, fornirebbe la disponibilità di una lettura continua delle diverse informazioni sul lavoro, condizione essenziale per cogliere i mutamenti avvenuti e costruire, con il corredo di altre informazioni sui trend economici, scenari previsionali di medio termine. Parlare di sistema implica la compresenza di diverse modalità di lettura e rappresentazione del lavoro e, al contempo, di un loro tratto minimo comune, un riferimento che ne consenta il raccordo, nella pluralità di bisogni ed usi. E' necessario, in assenza di un modello innovativo già condiviso, valutare le possibili relazioni e integrazioni tra classificazioni contrattuali e progetti integrati, in ambito europeo e nazionale, come ad esempio quello della Nomenclatura delle Unità Professionali (NUP), sviluppato dell'ISFOL in collaborazione con l'ISTAT.
5. Precarietà e inclusione Le mutate condizioni del mondo del lavoro e delle professioni, delle loro relazioni e, soprattutto, lo stato di disagio e precarietà in cui vivono oggi molte alte professionalità e professionisti, impongono al sindacato la necessità di affrontare il tema della rappresentanza e delle tutele di queste categorie di lavoratori.
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La loro inclusione nell’alveo della contrattazione collettiva, nel momento in cui entrano in rapporto con un’impresa o con una pubblica amministrazione, rappresenta una condizione imprescindibile per poter garantire loro condizioni di lavoro, di salario e di futuro migliori ed è un passo fondamentale per il superamento di quella precarietà che appare essere diventata un tratto distintivo della società attuale. Va dunque posto e affrontato, con grande forza, il tema dell’estensione della contrattazione collettiva per tutti quei lavoratori ad alta professionalità e professionisti che lavorano in rapporto di committenza, prevalente o no, proseguendo allo stesso tempo, e con la stessa forza, nella lotta contro l’utilizzo improprio di forme di consulenza e/o collaborazione. Agenquadri ritiene che questo percorso di inclusione non possa partire dai titoli, come ad esempio le etichette formali di “professionista”, ma debba prendere avvio da un’attenta analisi dell’organizzazione del lavoro e della ricostruzione dei processi produttivi delle aziende, che oggi non si risolvono del tutto all’interno delle stessa azienda e dei suoi dipendenti. Bisogna costruire una nuova mappa del lavoro, che sia adeguata a rappresentare cosa fanno le persone all’interno dell’azienda, a prescindere dalle forme contrattuali che ne regolano il rapporto. Il primo passo è dunque quello di fornire alle parti sociali gli elementi di conoscenza indispensabili, obbligando le aziende a rendere conto di ogni incarico professionale e/o di collaborazione che viene attivato ed informando, puntualmente e tempestivamente, di tutte le condizioni che lo regolano, del ruolo e della posizione rispetto all’assetto organizzativo. Le stesse informazioni dovranno essere fornite anche per l’attivazione di stage e tirocini, per i quali va preservato il ruolo formativo e di inserimento, anche attraverso la formalizzazione di patti e progetti formativi, espliciti e verificabili, evitando l'uso distorto di questi strumenti come forme mascherate di lavoro. Per ogni incarico attivato, a prescindere dalla forma contrattuale di prestazione professionale o collaborazione, dovrà essere individuato il livello di inquadramento corrispondente. Questo “agganciamento” deve andare anche nella direzione di una maggiore sincronia tra le modificazioni emergenti nell’organizzazione del lavoro e il sistema di classificazione.
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Come per i quadri, anche per le alte professionalità con incarico professionale o di collaborazione il contratto collettivo dovrà rappresentare la cornice, il sistema di vincoli, entro cui potrai svolgersi la contrattazione individuale. In nessun caso, comunque, la retribuzione potrà essere inferiore a quella stabilita, al secondo livello, per l’inquadramento corrispondente. La conoscenza preventiva, e verificabile in itinere, degli incarichi professionali e di collaborazione, con l’obbligo di informazione sul tipo di attività svolta e sulla collocazione rispetto alla struttura organizzativa, faciliterà l’individuazione degli abusi e consentirà un contrasto più puntuale. Inoltre, la costruzione di questa nuova mappa del lavoro, che include consulenti e collaboratori, consentirà una più chiara ed efficace ricostruzione delle catene di responsabilità. La realizzazione di quanto proposto produrrà un indubbio passo in avanti per l’estensione della contrattazione collettiva alle alte professionalità oggi escluse, ma non risolve, evidentemente, tutto il problema della precarietà che oggi contraddistingue molti rapporti di lavoro. L’azione sulla contrattazione, dunque, deve continuare ad essere accompagnata dall’iniziativa generale sui temi dei diritti, del mercato del lavoro, del welfare, del sistema previdenziale, della formazione, della riforma delle professioni e degli ordini professionali.
6. Formazione e competenze La formazione, intesa come strumento finalizzato a supportare i percorsi professionali e di carriera, deve trovare ampio spazio nella contrattazione, sia a livello nazionale che decentrato. Oggi, lo scambio fra lavoratore e impresa, in particolare per le alte professionalità, non è riducibile al solo salario, ma chiama in causa il sapere e il ruolo decisivo della formazione. La velocità di cambiamento, determinata dall'innovazione tecnologica, dall'evoluzione dei mercati e della società globale, ha modificato radicalmente gli assetti organizzativi dell'azienda, a favore di modelli più flessibili e idonei a rispondere allo scenario competitivo, alle incertezze del mercato e ad uno sviluppo compatibile con l'ambiente.
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La tecnologia, per quanto elemento determinante, è di per sé rigida e non in grado di rispondere al mercato ed alle diverse esigenze in maniera indipendente rispetto alle professionalità. E' solo la creatività del lavoratore che la rende flessibile, dandogli valenza competitiva per ottenere una organizzazione più dinamica e coerente con la strategia indicata. Questo porta a riconsiderare nell'azienda la scala di valori e collocare al primo posto la risorsa umana. La diffusione delle conoscenze, delle competenze e del sapere assumono sempre più un ruolo chiave per il lavoratore e lo sviluppo dell'impresa. Le persone rappresentano il capitale strategico su cui investire. L'impresa, per essere competitiva, ha bisogno di una organizzazione capace di programmare lo sviluppo professionale dei lavoratori e la loro mobilità professionale, intesa come capacità dell'individuo di lavorare in ambiti culturali, geografici e tecnologici diversi, in autonomia, con capacità di relazioni, valorizzando il potenziale innovativo accumulato nel corso del tempo. La formazione specifica e continua è un diritto del lavoratore. Essa deve contribuire all'accrescimento delle conoscenze tecniche, scientifiche e professionali, deve consentire l'acquisizione di competenze differenziate, da integrare alle conoscenze già possedute, al fine di qualificare ruoli e responsabilità. Un sindacato che vuole governare i processi di cambiamento deve saper cogliere queste istanze e riuscire ad evitare che i lavoratori diventino obsoleti ed aumenti il rischio di essere espulsi dal mercato del lavoro. La formazione diventa un'azione preventiva a garanzia del posto di lavoro e della occupabilità. La formazione specifica, intesa come aggiornamento professionale, in rapporto alle modifiche organizzative e produttive, deve essere garantita e totalmente a carico dell'azienda. Quella continua, come arricchimento formativo finalizzato allo sviluppo professionale individuale, deve consentire ampia autonomia al lavoratore. I contenuti e le finalità del progetto di formazione continua devono comunque essere concordati con l'azienda, i costi saranno compensati dalla stessa, il lavoratore concorrerà con l'utilizzo del conto ore o giornate di recupero. Deve rimanere salva, in ogni caso, la possibilità per il lavoratore di seguire percorsi formativi attinenti con il proprio progetto di sviluppo professionale anche se non collimanti con le esigenze aziendali. Il centro della formazione e dell'apprendimento deve essere la persona, il lavoratore e il suo progetto di futuro, e non solo le esigenze aziendali. 12
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In questo senso va rafforzata la possibilità per il lavoratore di ricorrere a periodi sabbatici, anche inferiori all'annualità ma comunque con un limite minimo di tre mesi, liberamente ed individualmente scelti, parzialmente retribuiti sulla base della durata e di specifici accordi aziendali. Tutto il capitolo della formazione deve essere regolato al fine di discutere e definire i bisogni, i programmi formativi e le modalità di ricorso, con le rispettive verifiche dei risultati. In questo contesto si inserisce la richiesta del bilancio delle competenze. Il concetto di detto bilancio fa leva sul presupposto che al lavoratore vada riconosciuta una professionalità legata a tutti gli ambiti di apprendimento, formali, informali e non formali, anche in relazione alle diverse esperienze professionali, sociali e personali. Questo approccio rappresenta un percorso specifico finalizzato all'elaborazione di un progetto professionale del lavoratore che concorre a definire il bilancio richiamato. Il percorso di bilancio di competenze può essere rafforzato attraverso la sua certificazione da parte di un soggetto terzo. Tale certificazione deve garantire imparzialità e riconoscibilità ed i soggetti abilitati a rilasciarla dovranno essere enti pubblici o organismi bilaterali. La metodologia alla base del bilancio di competenze dovrà essere condivisa dalle parti sociali ed essere il più possibile coerente con gli standard internazionali, al fine di garantire l'adeguatezza del bilancio sia come strumento di orientamento e sviluppo professionale che di inserimento lavorativo e mobilità, anche internazionale. Su tutti questi temi, le RSU dei quadri e alte Professionalità devono esercitare un ruolo importante, interpretando le istanze dei lavoratori sul tema della formazione, al fine di alimentare e rafforzare il patrimonio di professionalità indispensabile per essere competitivi sul mercato del lavoro. La formazione deve trasformarsi da “concessione” (come è nelle vecchie logiche di molte aziende) in diritto fondamentale del lavoratore, anche attraverso la contrattazione. In questo senso, un ruolo importante deve essere giocato anche negli ambiti della bilateralità e dei fondi interprofessionali, individuando azioni specifiche per i quadri, i professionisti e le alte professionalità.
7. Orario e conciliazione dei tempi E' necessario riprendere con forza l'iniziativa sindacale generale sull'orario di lavoro.
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Per loro funzioni, responsabilità e/o condizioni contrattuali, i quadri, i professionisti e le alte professionalità non sono generalmente soggette ad orario di lavoro. Nonostante questo, molte aziende stanno di fatto procedendo ad un irrigidimento degli orari e degli obblighi di firma, riducendo sempre più la flessibilità, anche su questo tema, a strumento di sfruttamento da parte dell'azienda. Tutto ciò avviene a discapito dell'autonomia professionale del lavoratore, del riconoscimento della sua capacità professionale e mette in serio pericolo la possibilità di conciliare tempi di vita e tempi di lavoro. Su tale condizioni impatta anche l'uso che le aziende fanno delle nuove tecnologie di comunicazione, come dimostra l'indagine condotta da Agenquadri nel 2010. Anche gli strumenti dell'ICT, che dovrebbero garantire al quadro una maggiore capacità di gestire la propria flessibilità e di conciliare meglio tempi di lavoro e tempi vita, rischiano di diventare strumento di sfruttamento, se non adeguatamente regolamentati. Tutto ciò rappresenta un tema di grande rilievo per le condizioni di lavoro dei quadri e delle alte professionalità, ed ha strette relazioni con le condizioni di stress e, dunque, di salute dei lavoratori. Sull'orario di lavoro di professional&managerial staff c'è oggi un ampio dibattito a livello europeo. Anche la contrattazione, di primo e di secondo livello, deve assumere un ruolo da protagonista su questo tema.
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In via prioritaria, la contrattazione deve affrontare tre ambiti di interventi: − la flessibilità, che deve essere governata e regolamentata attraverso strumenti contrattuali, favorendo la gestione integrata di tutti i crediti di orario (banche ore o altre forme da concordare) e che consentano spazi di gestione individuali; − il definitivo passaggio, culturale e contrattuale, dalla gestione tradizionale dell'orario di lavoro alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Ciò per consentire di andare verso una direzione che affronta insieme i temi dell'orario, della flessibilità e delle pari opportunità; − un effettivo controllo dell'orario di fatto, individuando modalità che ne permettano la fruizione. In questo contesto devono essere affrontate le implicazioni del D.lgs. n. 66 del 2003 sull'orario di lavoro e va posto il problema della revisione della direttiva 93/104/EEC, in particolare per quanto riguarda le deroghe previste.
8. Politiche retributive Negli ultimi anni si è determinata una graduale diminuzione del valore delle retribuzioni, che ha coinvolto tutte le fasce dei lavoratori, comprese le alte professionalità e i quadri. Per questi ultimi, il fenomeno più evidente è la netta diminuzione dell'incidenza della quota di salario contrattato a livello collettivo, sia nazionale che aziendale, rispetto all'aumento non contrattato dei superminimi individuali di merito o di altre forme di riconoscimento, legate a politiche premianti aziendali, con condizioni contrattate individualmente e, nella maggior parte dei casi, senza nessuna informazione alle rappresentanze sindacali. Le conseguenze di tale fenomeno sono molteplici, ma le più evidenti e rilevanti sono: rischio di elevata disparità di trattamento tra lavoratori che svolgono ruoli uguali o simili; mancanza di informazione sulle retribuzioni di fatto e sui loro meccanismi alle organizzazioni sindacali e conseguente impossibilità di governo delle stesse (e delle politiche retributive complessivamente); assenza di tutele contrattuali per il lavoratore, per la parte di retribuzione contrattata individualmente; uso indiscriminato e non controllato delle componenti variabili della retribuzione; sostanziale debolezza e ricattabilità del quadro.
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Agenquadri, nella consapevolezza dell'entità di questo fenomeno e delle sue conseguenze, nel pieno riconoscimento del principio di autonomia professionale dei quadri, dei professionisti e delle alte professionalità e delle specificità dei contesti aziendali e di mercato in cui operano, sostiene la necessità di ricondurre la contrattazione individuale all'interno di un chiaro sistema di regole, definito in sede di contrattazione collettiva e pertanto verificabile. Tale sistema di regole deve avere gli obiettivi principali di tutelare il quadro rispetto alla discrezionalità dell'azienda, evitare le discriminazioni e, al tempo stesso, consentire al quadro la propria autonomia. I contratti nazionali dovranno pertanto stabilire quali sono gli ambiti dove la contrattazione individuale è consentita (quota di salario, orario e organizzazione del lavoro, ecc.) e quali sono i margini minimi e massimi entro cui tale contrattazione può muoversi, prevedendo l'obbligo di coinvolgere ed informare le organizzazioni sindacali su tutte le trattative e gli accordi individuali, che dovranno avere forma scritta. A livello della contrattazione nazionale, va inoltre rivista l'impostazione generale che definisce la retribuzione del quadro, non solo rivedendo le scale parametrali ma, soprattutto, potenziando l'istituto dell'indennità di funzione, che deve avere un peso maggiore e deve essere strettamente correlata al ruolo svolto dal quadro, alla sua professionalità e responsabilità. Può essere, invece, demandata a livello di contrattazione decentrata la retribuzione variabile in rapporto alla produttività e redditività, prevedendo che essa non sia legata esclusivamente al risultato ma anche alla qualità del lavoro. In nessun caso, comunque, è ammissibile lo scambio tra produttività e orario di lavoro. Va inoltre superata la lettura limitativa che alcune aziende danno all'accordo del 23 luglio 1993, sulla ricerca del rapporto dinamico tra redditività e ruolo del fattore lavoro, e che tende a ridurre il tema a meccanismi molto simili al “cottimo”. La definizione del valore economico del premio di risultato deve andare nella direzione di valorizzare la professionalità, evitando un eccessivo appiattimento delle retribuzioni e le conseguenze negative che questo generalmente ha, principalmente per i lavoratori. E' percorribile la strada della definizione di una scala parametrale migliorativa, che conduca ad una riparametrazione più alta rispetto alla scala parametrale del CCNL.
9. Gestione per obiettivi e sistemi di valutazione 16
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Va rivisto il rapporto tra mission aziendale, scelte strategiche e gestionali e funzioni del quadro, con l'obiettivo di rendere il quadro più protagonista nella definizione degli obiettivi annuali dell'azienda. In particolare,vanno rafforzati i seguenti aspetti: − Trasparenza: il dirigente dovrà innanzitutto rendere noti i propri orientamenti di gestione per consentire al quadro di individuare gli obiettivi. − Autonomia: il quadro dovrà avere gli strumenti per poter determinare il raggiungimento di tutti gli obiettivi individuali a lui assegnati, con l'individuazione di precise deleghe di autonomia gestionale nell'utilizzo delle risorse. − Coinvolgimento: dovranno essere previsti momenti di verifica intermedi (ogni 4 mesi), dove il quadro potrà rinegoziare i propri obiettivi individuali, nel caso si modifichi il contesto di riferimento o cambi radicalmente senza alcuna sua responsabilità o possibilità di recupero. Agenquadri ritiene che sia inoltre necessaria una presenza più forte ed incisiva del sindacato sul tema dei sistemi di valutazione del personale, soprattutto per quanto riguarda i quadri e le alte professionalità. Le rappresentanze dei lavoratori devono essere coinvolte, con un ruolo attivo e partecipe, nelle fasi di progettazione dei sistemi di valutazione, così come nelle attività di monitoraggio e verifica del corretto, efficace ed adeguato funzionamento. Il metodo per la costruzione del sistema di valutazione deve essere condiviso, a partire dalla definizione delle sue dimensioni fondamentali: cosa viene valutato; chi valuta; chi è valutato; come si valuta; perché si valuta. La valutazione non deve essere concepita come un'attività estemporanea, ma deve essere correttamente inserita all'interno del ciclo di gestione aziendale che, partendo dalla pianificazione ed assegnazione degli obiettivi, e passando per la fase di gestione e monitoraggio dell'attività, giunga fino alla valutazione, per poi ripartire con la pianificazione, in un processo ciclico e virtuoso. In questo quadro, la finalità della valutazione non deve essere esclusivamente quella di definire la retribuzione accessoria ma, anche integrandosi con un sistema di gestione per competenze, i suoi risultati devono essere valorizzabili e valorizzati all'interno del sistema complessivo di gestione del personale, con particolare riferimento ai seguenti aspetti: selezione, formazione, sviluppo, progressione di carriera, affidamento di incarichi.
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I sistemi di valutazione devono essere ispirati a criteri di efficienza ed equità. E' fondamentale che la diversità delle valutazione, quindi la conseguente attribuzione di benefici, risponda a criteri di equità sostanziale, ma è altrettanto importante che essa sia percepita come equa dai lavoratori, sia dal punto di vista dell'equità distributiva (trattare in modo uguale casi uguale, trattare in modo diverso casi diversi), sia dal punto di vista dell'equità procedurale (equità delle regole con cui si arriva alla decisione valutativa). L'efficienza deve essere intesa prima di tutto come efficienza organizzativa: dall'insieme delle valutazioni realizzate e dal patrimonio di conoscenze che nel tempo esse alimentano, l'organizzazione può e deve attingere elementi valutativi preziosi per le scelte gestionali, rafforzando anche la capacità di mettere le persone giuste al posto giusto. A partire da questi principi e dato il progressivo aumento dell'importanza che tale tema riveste per i lavoratori, soprattutto per i quadri e le alte professionalità, Agenquadri ritiene che sia indispensabile avviare un percorso di riflessione, analisi e proposta in merito, che veda il coinvolgimento di tutto il sindacato.
10. Comportamenti etici e responsabilità sociale Agenquadri sostiene la necessità di un cambiamento nella cultura e nel comportamento di quadri, manager e professionisti, indirizzato ad una maggiore responsabilità sociale. Agire in modo responsabile, sia dal punto di vista dell’impresa che dei comportamenti individuali, significa assumere comportamenti improntati alla consapevolezza delle ricadute delle proprie decisioni ed azioni nel contesto nel quale agisce, interno ed esterno all’Azienda. Su questo tema è importante un’azione di diffusione di un’etica della responsabilità, ma è fondamentale, prima di tutto, individuare strumenti che consentano ai lavoratori di attuare scelte e comportamenti etici senza mettere a rischio la propria sicurezza. Nella situazione attuale, le tutele per i lavoratori che agiscono in questo senso, anche decidendo di denunciare comportamenti scorretti da parte dell’azienda, sono troppo scarsamente tutelati.
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21 giugno 2011
Un caso esemplare è quello, verificatosi in diversi istituti bancari italiani ma mai giunto agli onori della cronaca, di quei funzionari di banca che si sono rifiutati di proporre ai propri clienti prodotti finanziari spazzatura, pagando personalmente, in termini economici, questa scelta di responsabilità sociale. Ma sono tante anche le vicende, relative a lavoratori di diversi comparti e livelli, che hanno avuto conseguenze peggiori e che sono finite sui giornali. Uno degli strumenti oggi ampiamente discussi a livello globale, ma poco presenti del dibattito italiano, è quello del whistleblowing. Letteralmente “soffiatore nel fischietto“ il whistleblower è il lavoratore che, nel svolgere la propria attività all’interno di un’azienda o di una amministrazione pubblica, rileva decisioni o comportamenti scorretti, illegali o pericolosi, che possono danneggiare i lavoratori, il pubblico, i clienti, gli azionisti, l’erario o la stessa reputazione dell’azienda, e per questo decide di segnalarli. I temi possono essere i più diversi: pericoli sul luogo di lavoro, frodi all'interno, ai danni o ad opera dell’azienda, danni ambientali, false comunicazioni sociali, negligenze medico-sanitarie, illecite operazioni finanziarie, minacce alla salute, casi di corruzione o concussione, e così via. E’ evidente come i primi in grado di intuire o ravvisare eventuali comportamenti scorretti, all’interno di un'azienda o di un’amministrazione pubblica, sono coloro che vi lavorano avendo una posizione che consente loro un accesso privilegiato alle informazioni. Per questo quadri, professionisti ed alte professionalità sono le tipologie di lavoratori che più si prestano a questo ruolo. Tuttavia, è molto difficile che i lavoratori si assumano la responsabilità di “soffiare nel fischietto” se questo comporta il rischio di ritorsioni da parte dell’azienda. Per questo motivo c’è bisogno di una regolamentazione del whistleblowing, che tuteli il lavoratore ed incentivi comportamenti responsabili. Seppure con modalità diverse, il whistleblowing è oggi uno strumento legalmente riconosciuto in diversi paesi del mondo: Regno Unito (dal 1996), Stati Uniti (con ricompense economiche per chi segnala frodi o evasioni fiscali), Olanda, Ghana, Sudafrica, Giappone, Nuova Zelanda, Belgio (solo nelle Fiandre), Romania, Canada, Corea del Sud, Australia, Francia, Estonia, Irlanda, Norvegia, Svezia. Percorsi di regolamentazione del tema sono in corso in Austria, Germania, Svizzera e India. Anche l’ONU e l’OECD hanno sistemi propri di regolazione del fenomeno. 19
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Un istituto molto interessante, introdotto dal sistema britannico è quello delle Clausole di confidenzialità, le cosiddette gagging clauses, nei contratti di lavoro che rendono nulli gli accordi di liquidazione nel caso in cui comportino, per il lavoratore, la preclusione a fare segnalazioni protette. In Italia non esistono leggi specifiche sul whistleblowing, nonostante alcune dichiarazioni fatte dal Governo in tempi recenti ed i richiami al tema del Garante per la protezione dei dati personali. Alcune norme di settore, però toccano anche queste materie. Tra l’altro, in Italia esiste un problema di compatibilità del whistleblowing con alcune disposizioni di legge, in particolare quelle sulla privacy. Agenquadri ritiene che sia comunque indispensabile e prioritario affrontare il tema, sostenendo la necessità di intervenire sulla normativa, ma prima ancora e viste le condizioni attuali, di individuare soluzioni e strumenti contrattuali che possano essere praticabili ed efficaci anche a normativa vigente. Occorre avviare un percorso di analisi, riflessione e confronto tra le parti sociali, e con le autorità competenti, che conducano all’elaborazione di questi strumenti, la cui introduzione avrebbe effetti positivi non solo sul rispetto delle norme, comprese quelle fiscali, ma complessivamente sui comportanti corretti e responsabili nei riguardi della società, dell’ambiente e, prima di tutto, dei lavoratori anche su temi delicati come quello della sicurezza sul lavoro. Su quest'ultimo tema occorre sottolineare la necessità di rappresentare e tutelare meglio quelle figure (Rspp, Aspp, preposti) che svolgono un ruolo importante all’interno del sistema di prevenzione, così come prefigurato dal Testo Unico d.lgs. 81 del 2008. Le recenti e numerose condanne della Corte di Cassazione a carico di Responsabili del servizio prevenzione e protezione
sgombrano il campo
dall’equivoco, spesso condiviso dagli stessi Rspp, che questa debba essere una figura meramente aziendale. Il ruolo che il Rspp riveste, molto spesso come quadro, ha responsabilità professionali e giuridiche che non gli permettono di essere stoltamente di parte. La condotta del Rspp deve avere al centro, come per tutti i soggetti della prevenzione, la tutela della salute dei lavoratori, obiettivo fondamentale della normativa sulla sicurezza del lavoro.
11. Pari opportunità La condizione delle donne del mercato del lavoro italiano, nelle sue storiche difficoltà che la pongono a tutt'oggi agli ultimi posti in Europa per tasso di occupazione femminile, è comunque progressivamente 20
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migliorata nell'ultimo decennio, con un incremento occupazionale superiore a quello degli uomini. E' un dato positivo, ma sicuramente insufficiente a colmare il gap storico. Ancora più grave il dato della presenza delle donne tra i livelli medio-alti del mercato del lavoro. Per quanto riguarda i quadri, in particolare, la presenza femminile non raggiunge il 25%. Il tema delle pari opportunità, come possibilità di carriera, di crescita, di valorizzazione professionale e superamento del differenziale salariale, deve essere centrale nell'azione contrattuale per i quadri, i professionisti e le alte professionalità. Ancora più viva deve essere l'attenzione verso la condizione delle donne che lavorano con forme contrattuali diverse dal tempo indeterminato, perché in questi casi l'attuale mancanza di tutele e la conseguente ricattabilità hanno sulle donne conseguenze particolarmente gravi e pregiudicanti. La contrattazione e le politiche di genere devono rappresentare un binomio importante e devono reciprocamente rafforzarsi. La contrattazione può arricchirsi affrontando un tema così rilevante per il benessere quotidiano delle donne e degli uomini e, dall’altro lato, le politiche di genere possono riuscire davvero solo se implementate in un processo di inclusione delle parti. La conciliazione dei tempi di lavoro e di vita (Work – Life Balance) è una delle questioni più rilevanti, anche per favorire le pari opportunità. La conciliazione deve avvenire su tutti i piani del sistema lavoro-famiglia: in termini di orari flessibili sul luogo di lavoro, funzionalità e adeguatezza dei servizi di urbani, di flessibilità negli orari delle istituzioni legate alla cura ed educazione dei figli e all’assistenza agli anziani. Allo stesso tempo, è oggi urgente affrontare il tema delle pari opportunità in un'ottica più ampia, non limitandola alle sole questioni di genere, come purtroppo spesso accade. E' pertanto necessario includere principi e strumenti di riconoscimento, rispetto e valorizzazione delle diversità, intese come tutto ciò che caratterizza in maniera tipica gruppi di persone, omogenei per sesso, religione, preferenze sessuali, provenienza geografica, ecc. Un passo importante in questo senso, ad esempio, è il riconoscimento dei diritti contrattuali alle famiglie di fatto.
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Per una piena attuazione di condizioni di parità è necessaria una maggiore integrazione di questi principi e strumenti con l'azione relativa all'organizzazione del lavoro, all'orario di lavoro intesto come conciliazione dei tempi, alla formazione, al sistema delle tutele. E' necessaria, inoltre, un'azione più incisiva di integrazione con la contrattazione sociale e gli strumenti di welfare aziendale. A livello contrattuale, bisogna garantire l'applicazione delle normative e ricercare accordi che vedano nella direzione di maggiore parità, anche superando in senso migliorativo le previsioni normative. Questo significa anche porre maggiore attenzione alla norma relativa alle azioni positive, rendendo più efficace e vincolante il sistema di verifica periodica.
12. Europa e CAE Agenquadri sostiene l'urgenza di una più incisiva discussione sul Contratto Europeo di Lavoro, a partire dai diritti fondamentali e dagli strumenti di partecipazione per la crescita e l'occupazione. A livello europeo, il sindacato italiano ha contribuito, attraverso la CES, Eurocadres e l'UNI, ad elaborare una politica europea di sviluppo economico e occupazionale, per una coesione sociale. La stessa Costituzione europea stabilisce una economia sociale di mercato. C'è oggi la necessità di sollecitare le organizzazioni comunitarie, a partire dal Governo Europeo, affinché assumano un ruolo più incisivo di intervento economico e sociale, superando le logiche nazionali. In questo ambito è essenziale il rafforzamento del sindacato europeo e che la sua azione sia indirizzata ad armonizzare le normative sociali, le politiche attive del lavoro, la politica fiscale e gli strumenti di partecipazione dei lavoratori alle scelte dell'impresa, per uno sviluppo innovativo e sostenibile, attraverso la ricerca, la diversificazione produttiva, per una crescita occupazionale di qualità. Forme di partecipazione dei lavoratori esistono in vari stati europei, con forme e modalità specifiche. E' necessario estendere e migliorare questi strumenti a tutti gli stati aderenti alla UE, anche a partire da una riflessione sul ruolo dei Comitati Aziendali Europei e sulla loro evoluzione. I CAE, infatti, sono oggi uno strumento importante ma non certo sufficiente. Agenquadri intende concorrere alla modifica della normativa di riferimento, sostenendo la necessità di un confronto preventivo sulle conoscenze delle strategie e delle politiche d'impresa, finalizzato alla ricerca di soluzioni condivise. 22
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Anche a livello europeo, per le aziende multinazionali e non solo, il sindacato deve assumere un ruolo da protagonista, coniugando le azioni di mobilitazione con quelle di negoziazione e partecipazione. Con riferimento ai CAE, va in ogni caso ampliata e rafforzata la presenza dei quadri e delle alte professionalità al loro interno. Queste figure professionali, per il ruolo che svolgono all'interno delle aziende e per la qualità e quantità di conoscenze e competenze di cui sono portatori, possono svolgere un ruolo determinante nel confronto con l'impresa. A tale scopo, Agenquadri sollecita le categorie sindacali a tenere presente l'importanza della figura del quadro, nella nomina degli esperti per il CAE.
13. Partecipazione e flessibilità Va avviata una riflessione sul tema della partecipazione dei quadri e delle alte professionalità. La priorità non deve essere la partecipazione agli utili, ma la partecipazione ai processi decisionali, in particolare quelli che riguardano l'organizzazione del lavoro. La partecipazione deve servire, in un'ottica più ampia, a valorizzare professionalità e competenze di uomini e donne e la loro dignità. La flessibilità, come opportunità per l'impresa e per il lavoratore, deve essere governata in modo partecipato. Vanno costruiti luoghi di confronto di merito, ma anche di co-decisione e verifica, con un ampio raggio di azione: andamento dell'occupazione, ricorso alle forme contrattuali diverse dal tempo indeterminato, crescita professionale e programmi formativi, orario di lavoro e conciliazione dei tempi, politiche retributive e sistemi di valutazione, ambiente e sicurezza, utilizzo delle tecnologie. La presenza dei quadri, dei professionisti e delle alte professionalità va comunque rafforzata, sia per il livello di informazione e competenza che essi sono capaci di esprimere, sia per garantire loro la giusta rappresentanza e tutela. Il sindacato deve essere sempre più protagonista, non subordinato all'azienda, ma capace di partecipare e negoziare, ricorrendo al conflitto quando necessario. La contrattazione deve essere strumento per realizzare una vera democrazia economica e sociale.
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