VEDERE IN TRENTINO ALTO ADIGE E TIROLO IL GIORNALE DELL’ARTE
TUTTA L’ARTE DA VEDERE DA LUGLIO A SETTEMBRE
SUPPLEMENTO A «IL GIORNALE DELL’ARTE» N. 344 LUGLIO-AGOSTO 2014
MUSE - Museo delle Scienze di Trento - www.muse.it
UMBERTO ALLEMANDI & C. N. 1 LUGLIO/AGOSTO/SETTEMBRE 2014
Reinhold Messner 70 About Life
photo©giuseppeghedina.com
Nel 2014 mostre temporanee in tutte le sedi del Messner Mountain Museum
www.messner-mountain-museum.it
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VEDERE IN TRENTINO ALTO ADIGE E TIROLO
Anche la cultura ha una doppia nazionalità in un territorio di frontiera La direttrice del Museion Letizia Ragaglia spiega l’identità e le ambizioni di una Regione con una doppia anima: italiana e austriaca
IL GIORNALE DELL’ARTE Società editrice Umberto Allemandi & C., via Mancini 8, 10131 Torino, tel. 011.8199111 fax 011.8193090
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Lago di Resia, Val Venosta, Alto Adige
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adicato nel territorio e al tempo stesso internazionale. È questo lo spirito, perfettamente incarnato da Letizia Ragaglia, di una regione di confine che sa guardare oltre. È la direttrice artistica del Museion dalla fine del 2008, il museo di arte moderna e contemporanea di Bolzano, la sua città natale. Letizia Ragaglia, già curatrice free lance di progetti d’arte contemporanea negli spazi pubblici cittadini, è entrata nel Museo nel 2002, in controtendenza con il fenomeno di fuga di cervelli in un Paese che predilige indistintamente tutto quello che arriva da fuori. È da sempre rimasta legata al territorio, ma non è una donna timorosa di allontanarsi, anzi, ha saputo intessere legami stretti con numerose istituzioni pubbliche e private europee: musei come il Wiels di Bruxelles, il Migros Museum di Zurigo, il Kunstmuseum di Bonn, la Kunsthalle di Norimberga, quest’ultima per la mostra in corso di Tatiana Trouvé o le Serpentine Galleries di Londra, per una rassegna attesa nel Museion per il 2015 a cura di Martino Gamper. Ha esposto collezioni importanti, come quella dell’italiano Enea Righi, ora è la volta della collezione Goetz di Monaco di Baviera, di cui è mostrata in pubblico, per la prima volta, una cospicua selezione di opere. Sono state coprodotte mostre di artisti internazionali che hanno esposto per la prima volta in uno spazio pubblico italiano, è il caso, per esempio, di Tatiana Trouvé, che costituisce una risposta ai correnti tagli generalizzati di finanziamenti. Letizia Ragaglia ha anche sperimentato il metodo di invitare ogni anno un curatore straniero come ospite. Adesso è il turno di Pierre Bal-Blanc, direttore del Contemporary Art Center di Bretigny (un sobborgo di Parigi), che ha lavorato in stretto contatto con il Museion per un anno, a una mostra che inaugurerà in settembre: una riflessione sul ruolo del museo, i suoi spazi architettonici e il rapporto con la città. Sono tutti nodi che Letizia Ragaglia tiene molto ad affrontare, prova ne è il fatto che ha trasformato il piano terra in un Passage aperto a progetti esterni, la facciata in un gigantesco schermo video e che è abilissima a dialogare con il pubblico. Sotto la sua direzione lo scorso anno è stato registrato un incremento del 39% di visitatori, in una città che conta 100mila abitanti e una provincia che ne conta 500mila. Attraverso la sua esperienza sul territorio, proviamo a comprendere la specificità della situazione culturale che caratterizza questa regione così particolare. Come definirebbe l’area del Trentino Alto Adige Südtirol e Tirolo? È un’area di incontro tra culture diverse, in cui l’apertura all’altro convive con la persistenza di chiusure e il mantenimento di peculiari singolarità. Alcuni luoghi sono sull’asse di un passaggio continuo da nord a sud e viceversa, ma altri, i luoghi di montagna, si sottraggono a tale flusso. Questa caratteristica geografica si rispecchia nell’identità del territorio, che funziona un po’ come un doppio binario, dove la tutela delle tradizioni corre parallela alla ricerca di innovazione. Quali sono i punti di forza? L’area è l’opposto di un agglomerato metropolitano, la natura prevale sull’aspetto urbano, le dimensioni spaziali e temporali permettono di concentrarsi su progetti specifici e favoriscono lo scambio a livello umano: è un «rifugio» perfetto per artisti e creativi alla ricerca di un momento di calma e tranquillità. Cosa significa operare in un’area «periferica»? La «periferia» permette molta libertà, anche se in un certo senso impone
lo sviluppo di un’identità precisa e riconoscibile. Per fare un esempio dalla storia della letteratura: William Faulkner viveva e lavorava in una regione sperduta, economicamente depressa e politicamente ultraconservatrice del profondo Sud degli Stati Uniti, ma ciò nonostante la sua singolare opera ha influenzato l’avanguardia di tutto il mondo. È dunque un’opportunità per costruire qualcosa di peculiare, ma allo stesso tempo, chi sta in periferia corre il rischio di sentirsi l’ombelico del mondo e ha dunque la necessità di cercare continuativamente il confronto con il centro, o meglio, con gli svariati centri che compongono la costellazione della cultura oggi. Che cosa rappresentano, oggi, il confine geografico, quello culturale e il Passo del Brennero, asse di connessione tra l’Italia e l’Europa del Nord? Il confine è un concetto obsoleto. È innegabile che esistano ed esisteranno sempre una peculiarità mediterranea e una nordica ed è innegabile che nell’area del Trentino-Alto Adige Tirolo si verifichino, in proporzioni diverse, dei contatti tra cultura italiana e germanofona. Non significa però che si debba continuare a ragionare solo in questi termini, anzi, proprio in virtù dell’asse di connessione culturale si può e si deve ragionare nella visione di una connessione molto più ampia. Quali sono i rapporti tra le provincie di Trento e di Bolzano e il Tirolo austriaco, la terza parte dell’Euroregione corrispondente al Tirolo storico? Rapporti di buon vicinato: non ci si fanno troppi dispetti, ma ognuno
cura il proprio orto. Le iniziative culturali sono tendenzialmente individuali e raramente collettive, anche se ci sono lodevoli esempi, come Manifesta in passato, l’orchestra Haydn, il festival Transart. Come ci si rapporta con un mix di pubblico internazionale, di cittadini locali e delle valli? Chi opera in ambito culturale deve portare avanti una «missione» guidato da una visione. La missione è quella di rivolgersi alla comunità del territorio rendendo accessibili al maggior numero possibile di persone i linguaggi della cultura, non solo locale. La visione consiste nel vedere e inserire la cultura locale in un contesto più ampio, in modo da farne scoprire i nessi a chi venga da fuori. Qual è il ruolo dell’arte nella tradizione culturale? Nel passato l’artigianato ha prevalso sull’arte. Senza nulla togliere a straordinarie eccezioni quali il Futurismo in Trentino o i capolavori della cultura medievale in Alto Adige, come gli affreschi a Castel Roncolo e alla Chiesa di San Procolo a Naturno, o il Barocco in Tirolo. Forse per questo, negli ultimi decenni, il contemporaneo ha rappresentato una valida opportunità e sfida. Come reputa il clima artistico dell’area? Molto vivace. Mi riferisco soprattutto a diversi collettivi di giovani artisti che creano piattaforme di scambio e dialogo nell’ambito non solo delle arti visive ma anche, per esempio, della musica e della moda. Mi riferisco anche a singole personalità artistiche, soprattutto della generazione cosiddetta «nomade». Sempre più artisti usufruiscono delle possibilità di residenze all’estero, ma mantengono un contatto con il territorio di origine, creando scambi interessanti. Che cosa vede nel futuro del territorio? Una rete che lega gli operatori culturali che vi operano e uno scambio intenso fra il territorio e altre situazioni culturali specifiche di oltre confine. q Mariella Rossi
Dal Trentino Alto Adige al mondo Molti artisti nati nella regione, tra cui Depero, Melotti, Baldessari, Stingel e Gilbert, hanno fatto fortuna in Italia e all’estero
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rentotto opere della collezione del Mart di Rovereto firmate da Fortunato Depero, Giacomo Balla, Tullio Crali, Gino Severini, Enrico Prampolini e Thayaht sono al Guggenheim di New York, fino al primo settembre, per una mostra dedicata al futurismo. L’unico futurista che lavorò a New York, la metropoli per eccellenza, mettendo in pratica le idee del Manifesto, fu il trentino Fortunato Depero. La vocazione internazionale della regione si manifesta anche attraverso il movimento delle sue opere, dei suoi artisti e curatori. Albiano, in Val di Cembra, è il luogo da cui Antonio Baldessari era partito, poverissimo, per l’America, dove iniziò a svuotare il tabacco dai mozziconi per fare nuove sigarette. Albiano ha reso omaggio a questo benefattore del paese, che negli Stati Uniti riuscì a far fortuna, dedicandogli un parco. Per l’occasione era presente il figlio, John Baldessari: «Da mio padre ho imparato a riutilizzare, io lo faccio con le immagini», ha dichiarato proprio ad Albiano. Legata agli ultimi decenni dell’800 e dell’impero austroungarico fu invece l’esperienza della Scuola Reale Elisabettiana di Rovereto, che formò ed esportò un significativo gruppo di artisti: Tullio Garbari, Giovanni Tonini, Giovanni Tiella, Luciano Baldessari, Gianni Caproni, anche Fausto Melotti, nato a Rovereto e attivo a Milano. Giovanni Segantini, invece, studiò ai corsi
serali dell’Accademia di Brera, allontanatosi dal Trentino, da Arco e dalla sua casa alla morte della madre, quando si trasferì in Svizzera e realizzò il Padiglione dell’Engadina per l’Esposizione Universale di Parigi del 1900. Emigrante per il desiderio di seguire un iter di formazione all’estero, oggi divenuto prassi, è stato Gilbert Proesch di San Martino in Badia, che ha studiato in Val Gardena, a Monaco, a Oxford e a Londra, alla St. Martin’s, dove ha conosciuto George Passmore, con cui forma il duo Gilbert & George. Come per Baldessari, anche per loro la presenza in Italia è rara e lo è anche per Rudolf Stingel, meranese d’origine e protagonista della sua seconda personale in uno spazio pubblico italiano solo lo scorso anno, a Palazzo Grassi, (la prima è avvenuta al Mart nel 2001). Non va infine dimenticato il flusso continuo di giovani artisti altoatesini verso città germanofone come Innsbruck, Monaco di Baviera e Vienna: tra loro ci sono Siggi Hofer, Philipp Messner, Michael Fliri. Parte dal Trentino anche Stefano Cagol, con permanenze tra Belgio, Norvegia e New York; sarà in tour attraverso l’Europa come vincitore del VISIT Prize 2014 della germanica RWE Foundation. La vocazione a uscire dal confine è comune anche tra i curatori. Due fra tutti: Sabine Folie a Vienna, dove dirige la Generali Foundation, e Alfredo Cramerotti, direttore del Mostyn in Galles.
VEDERE IN TRENTINO ALTO ADIGE E TIROLO Mauro De Iorio di Trento, Hans Oberrauch di Bolzano e Lothar Tirala di Innsbruck illustrano le loro collezioni di arte contemporanea
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ollezionare arte contemporanea oggi significa rivestire una funzione collettiva e proattiva. I collezionisti possono esercitare un’influenza estetica e di mercato nei confronti di chi condivide la loro stessa passione, degli artisti e dei musei e possono contribuire all’affermazione dei talenti su cui hanno puntato, avendo, a volte, la meglio sul mercato. Per comprendere come il fenomeno del collezionismo si sia radicato e sviluppato sul territorio, abbiamo rivolto alcune domande a tre importanti collezionisti del Trentino, dell’Alto Adige e del Tirolo, per conoscere la loro storia. Quando e come ha deciso di diventare collezionista? MAURO DE IORIO (Trento): Ho iniziato ad acquistare opere d’arte contemporanea una dozzina di anni fa. Mi sono sempre interessato all’arte moderna, al design, all’arredamento e in genere all’estetica. Mio padre era collezionista di oggetti di antiquariato e di quadri antichi e moderni. L’arte contemporanea mi intimoriva per la sua complessità ma nel contempo mi attirava. Così ho iniziato a frequentare le fiere e le gallerie, prima in Italia e poi all’estero e ad acquistare qualche pezzo. Con il tempo e con il progredire delle mie conoscenze è diventata una vera passione.
condividere con gli amici, ma ho anche dato spesso in prestito alle istituzioni. Ha progetti per il futuro? M.D.I. Continuerò ad acquistare e a circondarmi di opere che mi emozionano e con le quali dialogo Hans Oberrauch collocandole nelle case in cui vivo e negli studi in cui lavoro. Quando gli spazi saranno occupati penserò ad altre soluzioni. H.O. Sono ancora affascinato dall’ultimo atto: pochi giorni fa l’installazione sonora dell’artista francese Céleste BoursierMougenot (nella foto) è stata allestita nelle sale espositive del castello. In una piscina d’acqua galleggiano ciotole di porcellana e ogni collisione produce un suono nuovo nella costellazione. Il prossimo anno l’artista realizzerà il Padiglione nazionale francese alla Biennale di Venezia. L.T. Se troverò la location giusta, mostrerò la collezione. Questo è il mio piano per il futuro.
Tre colline, ovvero tre denti, ovvero Trento
Lothar Tirala
Mauro De Iorio
HANS OBERRAUCH (Collezione Finstral, Bolzano): Colleziono da quarant’anni. Sono interessato all’arte da molti anni e nel frattempo sono diventato un collezionista appassionato. Collezionare, per me, significa intraprendere un’avventura ed essere coinvolto in qualcosa di nuovo ogni volta. Una collezione è anche una raccolta di diverse esperienze vissute. LOTHAR TIRALA (Innsbruck): Colleziono da quarant’anni. La mia prima opera d’arte fu un piccolo «Übermalung» di Arnulf Rainer, che ho scambiato per un trattamento odontoiatrico. Sono da sempre interessato al disegno e alla scultura, fin da quando ero a scuola. Ha ricevuto stimoli dal territorio in cui vive e dall’atmosfera culturale che lo contraddistingue? M.D.I. La presenza della Galleria Civica, del Mart e del Museion mi ha molto stimolato in questo percorso. La conoscenza di persone come Fabio Cavallucci, Andrea Viliani e Letizia Ragaglia è stata di grande aiuto. Lo stesso vale per i grandi collezionisti di Bolzano, che stimo molto, Hans Peter Hager, Antonio e Giuseppe dalle Nogare. H.O. Il collezionare è sempre collegato con le esperienze personali e i luoghi in cui si vive o si viaggia. Inizialmente ho cercato soprattutto il contatto con gli artisti dell’Alto Adige e ho acquistato le opere per la società Finstral. Quando il nostro mercato si è ampliato in tutta Europa, anche il mio orizzonte artistico si è allargato. All’inizio ero concentrato principalmente su forme d’arte classiche, come la pittura e il disegno, poi il mio interesse si è spostato verso nuovi generi, come installazione, video e suono. L.T. Quando ho iniziato, nei primi anni Settanta, c’era molto fermento a Innsbruck, con la Galerie im Taxisplais, diretta da Peter Weiermair, la galleria di Ursula Krinzinger, che aveva aperto, Joseph Beuys, che faceva la sua prima mostra all’estero da Taxispalais. Vive la sua collezione privatamente o la rende fruibile al pubblico? M.D.I. Il mio collezionismo ha una dimensione privata quasi intima, che condivido con parenti e amici, ma quando mi sono state chieste opere per esposizioni pubbliche le ho sempre prestate volentieri. H.O. La collezione d’arte della società Finstral è in gran parte esposta negli ambienti di lavoro e nelle sale riunioni, quella di famiglia, invece, è nelle stanze private ed è accessibile al pubblico in occasioni speciali. L’anno scorso, ad esempio, si è tenuto un evento in collaborazione con il festival d’arte contemporanea Transart. Dell’organizzazione ed esposizione della collezione è responsabile in particolare mia figlia maggiore Kathrin. L.T. Per me è principalmente un’esperienza personale e da
Ambiente naturale, ambiente antropizzato, scenari quotidiani e installazioni d’arte contemporanea. Negli ultimi anni è cresciuto il numero di opere che costellano il territorio nei luoghi più disparati, dal Trentino, all’Alto Adige, al Tirolo del nord. Chi esce dall’autostrada del Brennero, a Trento è accolto da un’opera monumentale di Stefano Cagol. Tre forme piramidali, sedici tonnellate di acciaio che rielaborano l’antico nome della città «Tridentum» (nella foto), i tre denti, le tre colline con cui i romani identificarono il luogo. Si tratta di una superficie a molte facce pensata per reagire al continuo mutamento della luce naturale, collocata in una posizione al centro della vallata, in dialogo con le montagne circostanti. A commissionare l’installazione permanente è stata l’Autostrada A22, attraverso un concorso su invito vinto dall’artista. Nel parco del quartiere popolare Don Bosco, a Bolzano, si trova un’altra forma archetipa, il «Cubo» di Alberto Garutti, voluto dalla Provincia Autonoma di Bolzano. È un museo in miniatura che ospita opere sempre diverse, visibili dall’esterno. A curarne esposizioni e progetti ad hoc è il Museion, che ha identificato nella struttura il Piccolo Museion. Sulla vetta che sovrasta Merano sono invece ospitati gli abitati di Avelengo e Verano. Su uno sperone roccioso di porfido rosso a strapiombo, sono allineati trenta sedili da cinema in acciaio e legno, per raggiungerli dal parcheggio si percorre un’ora di cammino, si prende posto e lo spettacolo ha inizio: è l’installazione «Knottnkino» di Franz Messner. Dalle cime si scende nel parcheggio Thermae di Merano, che nel 2003 aveva ospitato in occasione della sua apertura il progetto d’installazioni «Art drive in». Nel piano più basso è ancora visibile l’intervento di Rudolf Stingel, che invade tutte le pareti con le tipiche stelle alpine, dipinte e reiterate come carta da parati, in rosso su fondo argento. A Chiusa l’ingresso alla storica cittadina è segnato da una scultura astratta in bronzo di grandi dimensioni di Peter Senoner. Anch’essa è stata realizzata grazie alla volontà di A22 di caratterizzare il proprio percorso e il rapporto osmotico con il territorio attraverso l’arte. Più a nord ancora, a Innsbruck, un esteso progetto di riorganizzazione urbana appena concluso ha coinvolto l’ampia Eduard-Wallnöfer-Platz, divenuta ora Landhausplatz. Il progetto architettonico, di LAAC Architekten e Stiefel Kramer Architecture, è pensato come un unico manto che si muove e si rialza per sviluppare estese sedute; Christopher Grüner ha contribuito con un gruppo di sculture e una fontana.
Come si costruisce ad alta quota Luca Gibello è il presidente dell’associazione che si occupa dell’architettura dei rifugi alpini
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condurre un’indagine sul rapporto tra l’uomo e la natura, lassù dove l’aria è rarefatta, è il caporedattore de «Il Giornale dell’Architettura», Luca Gibello, presidente dell’associazione Cantieri d’alta quota. Il suo è un percorso di ricerca, divulgazione e condivisione, di cui fanno parte progetti di mostra come «Rifugi alpini ieri e oggi. Un percorso storico tra architettura, cultura e ambiente» esposta in Trentino lo scorso anno, il libro «Cantieri d’alta quota. Breve storia della costruzione dei rifugi sulle Alpi», e un magazine free press scaricabile dal sito www.cantieridaltaquota.eu. Ora si è aggiunto un corso universitario a Trento, che rappresenta un unicum in Italia. Qual è l’oggetto della vostra piattaforma di ricerca? L’indagine sulla realtà dei rifugi e dei bivacchi alpini, analizzati in tutti i loro aspetti: storici, geografici, edilizi e tecnologici, ma anche politici (si pensi ai rifugi come «baluardi» o «avamposti» dei confini della Patria; tanto più in Trentino e Alto Adige) e sociali (si pensi al ruolo giocato dai gestori, alle fenomenologie legate alla loro frequentazione e alla modificazione delle tendenze nel tempo). La consapevolezza della valenza di patrimonio culturale collettivo rappresentato dai ricoveri d’alta quota, purtroppo, è quasi del tutto assente, spesso anche all’interno degli stessi sodalizi alpinistici. Ci può spiegare il lavoro che avete fatto in Trentino e gli sviluppi futuri? Siamo grati della collaborazione con l’Accademia della montagna del Trentino, che ha accolto l’offerta culturale e scientifica proposta dalla nostra associazione, con un’attenzione che non ha avuto pari neanche sulle Alpi Occidentali, sebbene la nostra Associazione sia basata tra Biella e Torino. Con loro siamo stati curatori scientifici del convegno internazionale «Rifugi in divenire», svoltosi insieme a una mostra a Trento nel 2013. È stata l’occasione per fare il punto sul senso del rifugio oggi e sulle sue possibili metamorfosi: per quanto confortevole, non dovrà mai trasformarsi in uno spersonalizzante albergo. Quest’anno, poi, sempre su impulso dell’Accademia della montagna, il corso di Progettazione architettonica dell’Università di Trento (corso di laurea in Ingegneria edile, Architettura) si è dedicato alla riprogettazione del rifugio Catinaccio nella conca di Gardeccia in Val di Fassa, avvalendosi delle nostre competenze. L’iniziativa dovrebbe ripetersi nel prossimo
© MARCELLO LUBIAN (LA-STUDIO)
Tre città, tre collezionisti
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La ricostruzione del rifugio Baita Tonda a Folgaria. A sinistra, Luca Gibello.
anno accademico, adottando come caso studio un altro rifugio. Sempre con l’Accademia, infine, stiamo mettendo a punto un grande progetto di schedatura di tutti i rifugi e bivacchi (di proprietà della Sat e privati): un censimento sistematico e approfondito da allargare all’intero arco alpino, a servizio di proprietari, gestori, addetti ai lavori, escursionisti e appassionati. Che cosa caratterizza le realtà di quest’area alpina? Il tipo di frequentatori, che sempre di più vedono nel rifugio una meta, non un punto di appoggio per ulteriori ascensioni. Ci sono poi altre tipologie di utenti, che attraverso i trekking (non solo a piedi) puntano al concatenamento orizzontale delle strutture. Ciò implica assolvere specifiche funzioni, diverse, in parte, dalle ragioni per cui i rifugi furono costruiti a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. La partita si gioca sul sottile e aleatorio equilibrio tra tradizione e innovazione. Qual è la contemporaneità dei bivacchi d’alta quota? Sono straordinarie «palestre» per sperimentare soluzioni edilizie, tecnologiche, spaziali, gestionali ed energetiche da «traslare» nelle nostre città. Se un dispositivo funziona lassù, in condizioni ambientali estreme, tanto di più può funzionare a bassa quota. Che cosa rappresenta per lei il rifugio? La quintessenza del riparo, dell’accoglienza e della convivenza. Una benevola sentinella che ci veglia, mentre per contemplarla o per cimentarvisi, noi piccoli esseri umani siamo al cospetto della più sublime natura.
5 Fare trekking nella città del Concilio
VEDERE A TRENTO
Itinerari a piedi collegano i luoghi d’arte del centro e non solo
Il Mausoleo di Cesare Battisti sul Doss, Trento
2013 del MUSE, l’attivo e attrattivo nuovo museo delle scienze in un edificio progettato da Renzo Piano. Il Mart che, dopo aver lasciato la sua prima sede di Palazzo delle Albere torna a Trento con la nuova veste di Galleria Civica. Il Palazzo delle Albere resta in attesa di una nuova funzione, sicuro solo della volontà di sistemazione e restauro dei giardini di cui s’intende restituire il disegno originale del ’500; il progetto è di Fabio Campolongo, e sarà pronto entro fine anno. In attesa di nuova funzione è anche il palazzo delle poste dell’architetto Angiolo Mazzoni, in fase di rinnovamento dopo essere stato utilizzato nel 2008 come una delle sedi di Manifesta 7. Oggetto di un radicale progetto di nuova destinazione d’uso sono state due gallerie stradali che attraversano la collina del Doss Trento. Lunghe 300 metri, situate nel quartiere di Piedicastello, sono state ripensate come luogo espositivo, gestito dalla Fondazione Museo Storico del Trentino. Si chiamano Le Gallerie. La Galleria Bianca approfondisce la storia del Trentino attraverso mostre temporanee; la rassegna di fotografie e testi «I trentini nella guerra europea» durerà l’intero periodo delle commemorazioni del Centenario della Grande Guerra: fino alla fine del 2018. La Galleria Nera è dedicata alle immagini in movimento, al suono e alla multimedialità, la mostra «La Grande Guerra sul grande schermo» presenta, dal 28 luglio, un viaggio nella rappresentazione cinematografica della prima guerra mondiale. È stata realizzata in collaborazione con il Museo nazionale del cinema di Torino, la Cineteca del Friuli e la Cineteca nazionale. Fresca di restauro è anche la chiesa di Santa Maria Maggiore, che ha ospitato le assemblee del Concilio. Carica di storia è anche Piazza Dante, con la statua di Dante di Cesare Zocchi, fatta nel 1896 per confermare l’italianità di questa parte di Tirolo durante la dominazione austroungarica, tornata alla ribalta nel 2009 con l’opera «Momentary Monument» di Lara Favaretto. Nel parco, situato tra la stazione dei treni a firma di Angiolo Mazzoni, il Palazzo della Regione Autonoma Trentino Alto Adige a firma di Adalberto Libera e il Palazzo della Provincia decorato da Fortunato Depero, ci sono anche un monumento
Piazza Duomo 18 - 38122 Trento tel. 0461 234419 - fax 0461 260133
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dello scultore Stefano Zuech (di Brez in Val di Non) dedicato a padre Eusebio Chini e un monumento dedicato all’ingegnere trentino Luigi Negrelli, che progettò il Canale di Suez. Sono i primi monumenti realizzati nel 1930, dopo la Grande Guerra, ma ne seguirono altri. Ora nel parco sono in corso lavori di cambiamento. Sotto terra si trova invece la Trento romana, il cui fulcro è lo Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas, che prende il nome dal quartiere del centro cittadino, totalmente trasformato in epoca fascista. Sono visibili un sistema stradale e uno abitativo, con mosaici; è stata anche conservata la villa romana di via Rosmini, che però non è accessibile al pubblico. La Porta Veronensis, uno degli antichi accessi alla città, è visitabile dall’ingresso del Museo Diocesano Tridentino, stesso punto di partenza, in Piazza Duomo, anche per salire sulla Torre Civica, per la quale sono organizzate visite guidate, a cura del museo, ogni seconda e quarta domenica del mese. Atteso per la fine dell’autunno, dopo più di un secolo, è il ritorno nella sede originaria di Palazzo Thun di un importante nucleo di opere appartenute alla collezione del conte Matteo Thun. Sono ritratti eseguiti nella prima metà dell’Ottocento da Ludovico Lipparini, Luigi Ferrari, Giovanni Pock e Ferdinando Bassi. Recentemente acquistati dalla Provincia autonoma di Trento, è attesa la loro esposizione nella Cappella Vantini di Palazzo Thun dal 21 novembre, organizzata da Comune di Trento, Soprintendenza per i beni storico-artistici, librari e archivistici della Provincia autonoma di Trento e Castello del Buonconsiglio Monumenti e collezioni provinciali. Palazzo Thun è la sede del Comune di Trento e in estate il cortile interno ospita due rassegne. Una è «Cinema in cortile», con nove proiezioni, l’altra è «Contrada Larga. Musica sotto le stelle a Palazzo Thun» che, all’undicesima edizione, propone cinque concerti di musica classica e di
lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato: 9.30-12.30 / 14.00-17.30 domenica: 10.00-13.00 / 14.00-18.00
musicisti nazionali ed europei, come i 5 degli ottoni Italian Wonderbrass dell’orchestra Haydn di Bolzano e Trento. Queste iniziative, a Palazzo Thun dal 3 luglio al 28 agosto, ampliano il pubblico della cultura secondo gli obiettivi del «Piano di politica culturale 2012-2020» del Comune di Trento. Simile a un’agorà è anche un’area adiacente al centro storico, dove ha trovato posto il nuovo edificio della Facoltà di Lettere della Ishimoto Architectural & Engineering Firm di Tokyo. Poco distante, ai confini del centro storico, c’è un antico simbolo di cambiamento: Torre Vanga, da poco restaurata, simboleggia una trasformazione radicale e storica della città. Si trovava infatti lungo il vecchio tragitto del fiume Adige, che procedeva ad anse all’interno della cittadina prima della rettifica dell’impero austroungarico. Fino al 12 ottobre Torre Vanga ospita «Trentino in posa», con le fotografie di Giovanni Pedrotti scattate prima della Grande Guerra. Al centenario dallo scoppio dell’evento bellico sono anche dedicati i percorsi di trekking urbano ideati da APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi: escursioni nei dintorni di Trento alla scoperta di luoghi, personaggi, eventi storici, come © PHOTO: P. FAGGION. COURTESY: FOTO ARCHIVIO APT TRENTO, MONTE BONDONE, VALLE DEI LAGHI
© PHOTO: A. GARCIA DE CONT COURTESY: FOTO ARCHIVIO APT TRENTO, MONTE BONDONE, VALLE DEI LAGHI
trento. Città del Concilio, città irredenta, città della contestazione del ’68. Trento ha rivestito più volte un ruolo simbolico sulla scena nazionale e internazionale, come spartiacque tra epoche. A queste definizioni monolitiche si affianca un’identità stratificata, fatta di molteplici voci e in forte evoluzione. In posizione dominante rispetto alla città, il Castello del Buonconsiglio testimonia le diverse epoche che ha attraversato ed è uno dei simboli di Trento. L’apertura nel
Le Gallerie, Trento
il Castello del Buonconsiglio, il Doss Trento con il Mausoleo di Cesare Battisti, il Museo Nazionale Storico degli Alpini, le Gallerie di Piedicastello e il Forte di Cadine al Bus de Vela. Quest’ultimo, aperto fino al 28 settembre, è vicino al percorso di trekking sul Sorasass, ed è stato oggetto di un recente restauro dell’architetto Cesare Micheletti, con la collaborazione di un team della Soprintendenza per i beni architettonici e della Fondazione Museo storico del Trentino cui è affidata la gestione del forte. Il Mausoleo, su base circolare con sedici colonne, fu invece progettato da Ettore Fagiuoli nel 1935, nella cripta è conservato un busto in marmo di Eraldo Fozzer. Il percorso cittadino di approfondimento legato alla Grande Guerra prosegue nel Museo dell’Aeronautica Gianni Caproni, con una mostra, fino al primo febbraio 2015, dedicata a Francesco Baracca, uno dei maggiori piloti di caccia dell’aviazione italiana.
VEDERE A TRENTO Scienza, premi e orsetti di peluche
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Fra poco sarà un anno dall’apertura: il direttore del pluripremiato MUSE Michele Lanzinger spiega i programmi e l’attività del nuovo museo della scienza progettato da Renzo Piano le sperimentazioni precedenti in una struttura architettonicamente perfettamente costruita sulle nostre esigenze. Abbiamo un percorso e un discorso culturale totalmente nuovi. Mettiamo insieme aspetti naturalistici, scientifici e visione di futuro sostenibile. Abbiamo trasformato il museo, che pur avendo collezioni
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Una veduta esterna del MUSE, a Trento, in alto Michele Lanzinger
forza ispiratrice. Prima si chiamava Museo tridentino di scienze naturali e si trovava in un palazzo storico nel centro della città, ora è all’interno di un’architettura di Renzo Piano, con tagli obliqui che riprendono le montagne circostanti. Lei che tipo di rapporto ha con l’arte? In quanto occidentale, in quanto italiano, non posso considerarmi un soggetto privo di relazioni con l’arte, all’interno della quale siamo tutti vissuti. E il museo? L’arte fa inevitabilmente parte della nostra interpretazione, anche come museo scientifico. Il museo nasce da un nostro progetto culturale e scientifico, sviluppato insieme a un progetto di Renzo Piano in una declinazione in cui la percezione estetica è parte integrante del rapporto con i visitatori. La relazione con il nostro pubblico è mediata da diverse sensibilità artistiche, tra le quali quella preponderante è l’orientamento architettonico e stilistico di Renzo Piano, con cui abbiamo avuto un dialogo molto costruttivo. Com’è nata l’idea di un nuovo museo scientifico a Trento? Da una molteplicità di fattori, due sono rilevanti. Il primo è legato al cammino di crescita di un museo tradizionalmente naturalistico fino all’ultima decade del secolo scorso. Abbiamo iniziato un percorso di ricerca scientifica per esprimere nuove conoscenze al nostro pubblico: un’attività di mediazione culturale nella quale sono state individuate nuove modalità di museologia. Le cito, per esempio, una mostra sul sonno degli esseri viventi che abbiamo fatto utilizzando non orsetti o animali impagliati, ma di peluche, scegliendo la dimensione transizionale degli dei peluche per parlare ai bambini dell’opportunità di andare a dormire presto. Era una mostra che faceva contente le mamme e serviva a noi per spiegare perché certi animali dormono di notte e certi di giorno (evidentemente chi dorme di giorno, di notte va a caccia). In un’altra mostra, invece, abbiamo scelto il diluvio universale come metafora del cambio del millennio, di un futuro non conosciuto, abbiamo usato i flutti per rappresentare il cambiamento climatico e l’arca di Noè per difendere la biodiversità del pianeta Terra. Allora, nel 2000, eravamo un museo naturalistico che sperimentava nuove forme di museologia. In quegli stessi anni nasceva un progetto di riqualificazione urbanistica nella città, per il quale il Comune di Trento individuò il nostro nuovo museo, la vecchia sede era oramai insufficiente. Un percorso di qualificazione dell’offerta culturale e un’opportunità di disegno urbano si sono incrociati in questa struttura. La vecchia sede del museo è ora Rettorato, noi il 27 luglio 2013 ci siamo trasferiti nella nuova sede. Com’è strutturato l’allestimento? Siamo legati al metodo sperimentale e abbiamo tradotto
di preistoria e di dinosauri ha lo sguardo rivolto eminentemente verso il futuro. Il museo è una potente struttura di ricerca, abbiamo 50 ricercatori che pubblicano a livello internazionale. Qual è il bilancio del primo anno? A dieci mesi dall’apertura siamo a 450mila visitatori (130mila ragazzi sono arrivati con le scuole), supereremo i 500mila nel primo anno. Si tratta di numeri molto alti, legati senza dubbio al primo anno, ma di solito la traiettoria della cosiddetta honey moon (luna di miele) dei musei appena aperti è più breve. In 275 giorni di apertura abbiamo realizzato 330 iniziative culturali
per i nostri cittadini, per le corporate che lavorano con noi e per le associazioni culturali. Per quanto riguarda il rapporto con il territorio, abbiamo condotto nella pausa pasquale un’indagine sull’impatto economico. Sono stati interpellati 130 esercizi pubblici della città. Il 99% dei commercianti sa della nostra esistenza; il 97% ha ricevuto richieste d’informazioni sul MUSE, che si ritiene abbia avuto effetti positivi sulla città. Tutti i mercoledì siamo aperti fino alle 23. Ospitiamo inoltre conferenze, musica, presentazioni. Abbiamo circa 40 pilot. Non ci sono i custodi tradizionali, ma dei ragazzi, laureati o laureandi, che fanno attività di presenza nelle sale espositive, si avvicinano, suggeriscono, danno uno spunto e creano una conversazione, riducendo la richiesta di visite guidate. I musei sono tali quando ci sono esperienze di visita per entrare in dialogo con il museo e non semplicemente assorbirlo. Poi ci sono i premi: il premio Federculture 2014, il premio europeo della Fondazione Luigi Micheletti e European Museum Academy. Siamo una rete di musei, di nove musei sul territorio. Di questo siamo molto felici, ognuno fa un ottimo lavoro, che sia aeronautico, archeologico, o una stazione di ricerca o una community base conservation in Tanzania, dove facciamo consulenza aziendale per gli enti governativi che gestiscono i parchi naturali e per i villaggi, al fine di trovare soluzioni di sostenibilità nei confronti delle diversità locali. Quali sono le sfide per il futuro? Dobbiamo ancora chiudere il primo anno, in questo momento potrebbe essere sbagliato non considerare un assestamento, un miglioramento operativo, una strutturazione forte dei nostri compiti di dialogo e conversazione con il pubblico locale, l’attrattività nei confronti della catchment area (bacino d’utenza Ndr.) a 200/300 km di distanza, l’apertura su alcune funzioni turistiche rilevanti nell’ambito del territorio, il rafforzamento della ricerca scientifica, la partecipazione a un’economia della cultura nell’ambito del distretto (l’alleanza con il Castello del Buonconsiglio e Mart è già in corso) e la capacità di rinnovare i nostri messaggi. Ci anticipa un progetto? Adesso sto andando a L’Aia in Olanda, dove abbiamo la riunione dell’Associazione europea dei musei scientifici perché l’anno prossimo in primavera porteremo a Trento mille professionisti per una settimana; l’argomento ovviamente gioca di rimbalzo con l’Expo.
Il Mart è ritornato a Trento nella Galleria Civica trento . Il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto è tornato in città. Qui aveva aperto nel 1987 come ente autonomo della Provincia autonoma di Trento a Palazzo delle Albere, dove ha avuto sede fino al 2002, quando si è spostato nello spazio di Rovereto progettato da Mario Botta. Dalla fine dello scorso anno, nell’orbita del Mart, è entrata la Galleria Civica di Trento, che dopo una vita altrettanto longeva, aveva subito una battuta d’arresto. La nuova Civica si è ripresentata al pubblico nella medesima sede, completamente rinnovata, però, nella veste architettonica. La Responsabile operativa è Margherita de Pilati, già curatrice del Mart. Il progetto di adeguamento, invece, è di Stefano Grigoletto/Studio Atelier Zero, vincitore del concorso under 35 indetto per creare il nuovo volto della Galleria. La nuova sede corrisponde alla volontà di contatto con i fruitori, di valorizzazione dell’ampia collezione e di ricerca di un costante confronto tra la realtà locale e quella nazionale, obiettivi perseguiti dalla mostra «Linguaggi plastici del XX secolo» (nella foto l’opera site specific realizzata per l’occasione ai Davide Rivalta nel 2014), dove alcuni tra i più rilevanti artisti trentini sono messi a confronto con una selezione di opere della collezione del Mart. Fausto Melotti, Alcide Ticò, Othmar Winkler, Eraldo Fozzer e Mauro De Carli sono esposti accanto a Giuseppe Capogrossi, Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Lucio Fontana, Mariano Fracalossi, Tullio Garbari, Alberto Magnelli,
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trento. Mentre lavorava all’allestimento del nuovo museo ha visitato Documenta a Kassel e lo ZKM a Karlsruhe. Il confine tra la scienza e gli altri ambiti del sapere per Michele Lanzinger deve essere valicato. Il nuovo museo delle scienze, da lui diretto, si chiama MUSE e guarda la natura come una
Piero Manzoni, Joan Miró, Enrico Prampolini, Alberto Savinio, Mario Schifano, Emilio Scanavino, Mario Sironi, Graham Sutherland ed Emilio Vedova. Il percorso, curato da Michelangelo Lupo, è visitabile fino al 21 settembre. Gli stessi artisti trentini protagonisti della rassegna sono anche autori di opere d’arte pubblica. È stato infatti creato un percorso da Trento a Rovereto alla scoperta di luoghi suggestivi e, a volte, poco noti. A Rovereto, per esempio, nel parco delle sculture del Mart è installata «Scultura H (La grande clavicola)», realizzata nel 1971 da Fausto Melotti. A Trento, invece, vi sono tre progetti di Mauro De Carli, oltre alla fontana di Eraldo Fozzer in Piazza Venezia e a un’altra sua opera nel Mausoleo di Cesare Battisti sul Doss Trento. A Winkler, invece, è già stato dedicato un percorso alla scoperta di altari, vie crucis, e sculture disseminate nell’area di Trento.
Il Museo diocesano apre le porte agli artisti e ai linguaggi di oggi
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trento. L’arte contemporanea applicata al sacro entra per la prima volta nel Museo diocesano tridentino. «Il museo intende offrire il proprio contributo al dibattito sul dialogo tra arte e spiritualità (oggi molto vivo, come attesta la presenza del padiglione della Santa Sede alla 55ma Biennale di Venezia)», afferma la direttrice Domenica Primerano. Le opere monocrome di Ettore Spalletti comunicano il messaggio dell’Evangelario Ambrosiano, un evangelario contemporaneo voluto dal cardinale Tettamanzi, del quale sono esposti tre bozzetti del 2011. Di Lawrence Carroll è stata scelta un’installazione che utilizza oggetti in disuso, mentre sono tradizionali i materiali adoperati da Hidetoshi Nagasawa per la sua croce di marmo di Carrara e acciaio, caratterizzata da una precaria sospensione. La scultura in cinque elementi di Mats Bergquist, del 2010 come la precedente, prende in prestito dalla tradizione la tecnica a encausto. Dello stesso anno è anche il trittico di Mimmo Paladino esposto nel percorso permanente, in dialogo con le pale d’altare a portelle, i Flügelaltäre. Tutte le opere in mostra interagiscono con esempi storici: i bozzetti di Spalletti sono accompagnati da un evangelario antico, la croce bianca di Bergquist da una croce processionale del XIII secolo in cristallo di rocca. Poi, c’è un’installazione di Mirco Marchelli, che fronteggia una croce a ricamo degli inizi del XV secolo, decorata da figure animali simboliche come il pellicano, il leone e l’aquila. Le acqueforti di Georges Rouault sono accostate a una statua in bronzo del XIII secolo. La mostra innesca così un dialogo tra contemporaneità e sacro, arte attuale e del passato, s’intitola «Infinito Presente. Elogio della relazione» e prosegue sino al 10 novembre. Curata da Andrea Dall’Asta, Domenica Primerano e Riccarda Turrina, è strettamente legata all’altra esposizione in corso, «Arte e persuasione. La strategia delle immagini dopo il concilio di Mimmo Paladino, «Crocifisso», 2010 Trento», aperta fino al 29 settembre. In questo caso figurano opere realizzate tra il XVI e il XVII secolo, con una tematica estremamente attuale: il modo in cui i dettami del Concilio di Trento hanno influenzato l’arte, di lì in poi spinta a
VEDERE A TRENTO E AL TONALE suscitare devozione e commozione. Si sviluppa una riflessione sul concilio come evento spartiacque nella storia d’Europa, sia nell’ambito della fede, che nel tessuto culturale e sociale. Il percorso, a cura di Domizio Cattoi e della direttrice Primerano, include oltre 70 opere, delle quali più di metà sono dipinti su tela e tavola, come il «San Girolamo penitente» del 1615 di Jacopo Negretti detto Palma il Giovane, la «Santa Maria Maddalena ai piedi di Gesù Cristo crocifisso» attribuita a Ermanno Stroiffi, risalente al secondo quarto del XVII secolo e, ancora, i pezzi di Paolo e Orazio Farinati, Felice Brusasorci, Martino Teofilo Polacco, Francesco Frigimelica, e Donato Mascagni, solo per ricordarne alcuni. Vi sono anche una decina di incisioni e un tabernacolo ligneo. Apre la mostra una sezione di carattere storico documentario con incunaboli e cinquecenti-
ne, tra queste una sequenza di Bibbie in lingua latina, italiana e tedesca, che introducono l’idea della traduzione dei testi sacri nelle lingue correnti e, quindi, dell’accessibilità, fondamentale per Martin Lutero. La mostra è realizzata in collaborazione con la Soprintendenza per i beni storici, artistici, librari e archivistici della Provincia autonoma di Trento e con il Dipartimento di lettere e filosofia dell’Università degli studi di Trento. Completa l’esposizione un progetto di valorizzazione del patrimonio artistico locale in linea con le direttive dell’Associazione musei ecclesiastici italiani. L’attenzione è puntata sulla cappella dell’Annunziata a Borgo Sacco di Rovereto, su quella di San Ruperto nella vicina Villa Lagarina, sulla cappella del Rosario in Val di Fiemme a Cavalese e sul santuario dell’Inviolata, uno dei più rilevanti esempi di Barocco in Trentino.
Buonanno e Deanesi: progetti di espansione trento. Paolo Maria Deanesi Gallery apre la nuova sede in centro. «Dopo 9 anni a Rovereto, ho aperto a febbraio a Trento, in uno spazio più piccolo in cui realizzare un programma di mostre più fitto, poiché meno impegnative dal punto di vista organizzativo», afferma il gallerista. La seconda mostra al nuovo indirizzo è la doppia personale «Circle», aperta fino al 13 settembre: Liliana Moro ha prodotto la II edizione di un’opera in ceramica inedita per l’Italia, esposta solo a Londra; Arnold Mario Dall’O una nuova serie di lavori, in cui riprende immagini fotografiche d’epoca. Per i prossimi appuntamenti Deanesi
anticipa: «verso fine anno realizzerò la seconda mostra personale in galleria dell’artista cubano Tonel (Antonio Eligio Fernandez), presente con un importante progetto espositivo alla Biennale di Berlino, presso la sede del Kunst Werke». Festeggia un nuovo spazio anche la galleria Buonanno Arte Contemporanea, che apre a Palazzo Wolkenstein con «Welcome» fino al 30 settembre: una selezione di artisti della galleria tra cui Marco Casentini, Nicola Eccher, Roberto Floreani, Eduard Habicher, Iob+Pallaoro, Gian Marco Montesano, Albino Rossi, Andrea Salvetti e Corrado Zeni. La rassegna ripercorre gli oltre
15 anni di attività in cui Patrizia Buonanno ha organizzato mostre personali in sede e numerosi progetti esterni in collaborazione con istituzioni del territorio. Nell’estate, per esempio, realizzerà a Forte Strino a Vermiglio (TN), in collaborazione con lo Studio d’Arte Raffaelli, una doppia personale di Michelangelo Galliani e Andrew Gilbert, numerose sono anche le iniziative portate a termine con ASPART, l’associazione delle gallerie d’arte di Trento, della quale Patrizia Buonanno è stata presidente. Una tra tutte l’evento collaterale a Manifesta 7 «Arte diffusa», progetto di billboard (grandi cartelloni stradali) in città.
Parla di guerra la mostra nel fortino austroungarico vermiglio (tn). A 1.500 metri d’altitudine, innanzi al ghiacciaio della Presena, vi è un baluardo austroungarico costruito sul confine del Regno d’Italia, teatro di aspri scontri nella prima guerra mondiale: Forte Strino. Qui, ogni estate, è di scena l’arte contemporanea. L’appuntamento è dal 20 luglio al 28 settembre con la mostra «Forte comune», organizzata dalle gallerie di Trento Studio d’Arte Raffaelli e Buonanno Arte Contemporanea. Il percorso si sviluppa nella fortificazione restaurata, lungo la strada tra Vermiglio e il Passo del Tonale, ora gestita dall’associazione Storia e memoria di Vermiglio. La rassegna vanta la collaborazione del Comune di Vermiglio e della Società S.G.S. di Vermiglio e il patrocinio della Provincia autonoma di Trento-Assessorato alla cultura e della Presidenza del Consiglio Regionale. Michelangelo Galliani e Andrew Gilbert si confrontano con il tema del conflitto bellico, cruciale nel centenario dello scoppio della Grande Guerra, in un luogo che ne fu protagonista. Michelangelo Galliani evoca l’attrito tra appartenenza e convinzioni nel trittico «Il mullah, il prete, il rabbino», nelle sculture in marmo di Carrara, come «Carne altrui» (nella foto), invece, guarda ai soldati sospesi tra vita e morte. Rivolta ai giovani soldati al fronte è anche la serie di disegni di Andrew Gilbert: un’armata colonizzatrice per riflettere sull’assurdità di ogni conflitto.
© BUONANNO ARTE CONTEMPORANEA, TRENTO
7 Il sacro vuole essere contemporaneo
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VEDERE A TRENTO E IN TRENTINO Una corona di castelli
Una veduta di Castel Drena
ricavate nelle mura. Una nuova sezione espositiva, all’interno dei torrioni Marino e Malipiero, accoglie la collezione di armi di età moderna, dal XVI al XVIII secolo, armature, armi bianche e da fuoco, da duello e da caccia, dalla comparsa dell’arma da fuoco alla nascita degli eserciti nazionali. Il nucleo principale delle armi esposte proviene dalla collezione Riccardo Caproni, donata al Museo nel 1949. A controllare la valle dell’Adige è Castel Beseno, sulla cima di un promontorio che domina la piana fra Trento e Rovereto, teatro della battaglia di Calliano del 10 agosto 1487, lo scontro fra le truppe tirolesi e quelle veneziane sconfitte e bloccate nel loro tentativo di espansione. L’allestimento presenta qui armi originali e tecniche di combattimento del periodo. Beseno è inserito nel network di Monumenti e collezioni provinciali, di cui fanno parte anche Castel Stenico e Castel Thun a Vigo di Ton, aperto al pubblico nel 2010, al quarto posto tra i musei del Trentino per affluenza, dopo il Muse, il Mart e il Castello del Buonconsiglio. Quest’ultimo è capofila a Trento dei castelli trentini: vasto e articolato, ampliato dal principe vescovo Bernardo Clesio, affrescato da Marcello Fogolino, Girolamo Romanino e Dosso Dossi, costudisce all’interno della Torre dell’aquila il ciclo dei mesi, rilevante esempio a tema profano del tardo medioevo.
L’intenso programma di conservazione dei masti che costellano il territorio ne comprende altri, come i castelli di Arco e di Drena, visitabili e di proprietà comunale e, ancora, Castel Toblino e Castel Pergine, proprietà private godibili dal pubblico. Il parco dentro le mura di Castel Pergine ospita ogni estate una mostra d’installazioni di grande formato, quest’anno è la volta di Paolo Bellini. Poi ci sono castelli da poco restaurati, silenziose tracce nella natura come la torre di Sporo Rovina e Castel Corona a Cunevo nel Parco Naturale Adamello Brenta, incastonato in una grotta nel mezzo di una parete rocciosa, irraggiungibile fino al momento della realizzazione di un percorso di visita, progettato dell’architetto Fabio Bartolini. Castel Belasi, sempre in Val di Non, di proprietà del comune di Campodenno, è ora soggetto a un complesso restauro. La Prepositura Agostiniana di San Michele all’Adige, costruita parallelamente all’istituzione del convento di Novacella a Bressanone, ospita il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina, fondato nel 1968 da Giuseppe Šebesta, con un percorso focalizzato sulla vita e l’espressività popolare della montagna alpina. Nello stesso complesso agostiniano trova posto una fondazione rivolta allo sviluppo e tutela del sistema agro-alimentare, forestale e ambientale: è la Fondazione Edmund Mach, evoluzione dell’Istituto agrario di San Michele, che quest’anno festeggia 140 anni, fondato dalla Dieta del Tirolo nel 1874.
Il pittore di Ariosto nella città del padre
Da trent’anni Raffaelli porta a Trento l’arte del mondo
Nel Castello del Buonconsiglio l’eccentrico Dosso Dossi
Il fondatore e direttore Giordano Raffaelli festeggia tre decenni di attività della sua galleria
trento. Oltre a possedere le collezioni provinciali, ampie per numero di pezzi e arco cronologico, il Castello del Buonconsiglio organizza mostre temporanee. Quest’anno Dosso Dossi è di scena, proprio nelle sale da lui affrescate tra 1531 e il 1532. La mostra, dal 12 luglio al 3 novembre, è curata da Vincenzo Farinella, diretta da Franco Marzatico e ideata dalla Galleria degli Uffizi. Sono esposti i 4 capolavori dosseschi del museo fiorentino, tra questi la «Fuga in Egitto all’Allegoria di Ercole» e l’«Apparizione della Madonna con i santi Giovanni Battista e Giovanni». Vi è anche la «Circe» o «Melissa», della Galleria Borghese di Roma. L’esposizione è suddivisa in 5 sezioni e abbraccia anche gli anni precedenti e successivi al soggiorno trentino, approfondendo a tutto tondo la figura del pittore, che fu invitato in città dal principe vescovo Bernardo Clesio e che insieme al fratello Battista dipinse le sale del Magno Palazzo. Nel poema pubblicato nel 1539 da Pietro Andrea Mattioli «Il Magno Palazzo del Cardinale di Trento» si accenna al fatto che la scelta dei soggetti raffigurati, in particolare delle divinità pagane nelle lunette vicino alla cappella, destarono critiche. La committenza decise di far continuare il lavoro al pittore bresciano Girolamo Romanino, ecco perché il titolo della mostra è «Rinascimenti eccentrici». Il legame di Dosso Dossi con Trento va oltre questo invito; il padre aveva origini trentine. L’atmosfera culturale in cui era immerso l’artista è però quella delle sue esperienze a Venezia, Firenze, Roma e, soprattutto, al castello estense di Ferrara, dove fu pittore di corte. Fu qui che Ariosto lo conobbe, prima di citarlo nel XXXIII canto dell’«Orlando furioso» tra i pittori «di quai la fama sempre starà Dosso Dossi, fin che si legga e scriva». A Ferrara incontrò anche «Apollo musico e Michelangelo, a Roma Raffaello e Tiziano, che Dafne», influenzarono la sua pittura, e Giorgione, del Galleria quale è in mostra un’opera, ora del castello Borghese, Wawel di Cracovia e prima del Kunsthistorisches Roma Museum di Vienna, «Giove pittore di farfalle». La collezione del Buonconsiglio comprende invece una pinacoteca con autori del ’600 e del ’500, una sezione sul ritrattista neoclassico Giovanni Battista Lampi il Vecchio e, ancora, arte medievale e scultura lignea, foto, codici, bronzetti e medaglie, numismatica, un lapidario, reperti archeologici, stufe e maioliche, il tutto volto a ricostruire secoli di creatività del luogo.
trento. Da trent’anni dirige lo Studio d’Arte Raffaelli, galleria privata del capoluogo trentino, ospitata in un edificio storico a due passi dal Castello del Buonconsiglio, palazzo Wolkenstein. Giordano Raffaelli è delegato per il Triveneto nel Consiglio Nazionale dell’ANGAMC, Associazione nazionale delle gallerie d’arte moderna e contemporanea, ma anche presidente di ASPART, associazione delle gallerie trentine, e rappresenta un punto di riferimento in regione. Ha portato a Trento gli artisti dell’East Village di New York, l’arte inglese della YBA, insieme ad artisti sudafricani, per la prima volta in Italia. Qual è stata la sua prima mostra? Tullio Garbari, che reputo il pittore trentino più importante del ’900. una mostra di opere su carta, molto raffinata e difficile da realizzare perché ci sono poche opere reperibili sul mercato. Peccato che un’abbondante nevicata abbia rovinato l’inaugurazione, rendendo impraticabile l’entrata della galleria. Quali sono gli avvenimenti che hanno segnato la sua carriera? L’incontro e la collaborazione con Carlo Cattellani, collezionista e mercante di Baggiovara, il primo a portare in Italia opere di artisti americani come Andy Warhol, Frank Stella, Robert Rauschenberg. Un’altra conoscenza decisiva è stata quella di Luciano Pistoi. La collaborazione con Luciano nell’organizzazione di un evento a Volpaia in Chianti mi ha permesso di conoscere alcuni tra i più importanti artisti italiani, come Carla Accardi, Piero Gilardi, Luigi Ontani e Salvo. Dal punto di vista internazionale è stata la scoperta, con la mostra «Magiciens de la terre» al Centre Pompidou di Parigi nel 1989, dell’arte
contemporanea del continente africano. Mi recai a Parigi su pressione di mia moglie Patrizia, per organizzare la prima personale in Italia di Cheri Samba. Fu una grande mostra, ma con nessuna vendita: umore pessimo… lite in famiglia. Poi sold out con vendite anche a musei giapponesi e canadesi. Ha collaborato con molti artisti internazionali, ma qual è il suo rapporto con il territorio? Sono orgoglioso di aver portato a conoscenza del pubblico trentino la pittura americana degli anni ’80: Donald Baechler, Ross Bleckner, David Bowes, James Brown, Ronnie Cutrone, David Salle, Peter Schuyff, Philip Taaffe e Terry Winters. Inoltre ho sempre promosso a livello nazionale e internazionale l’arte emergente trentina, prima Stefano Cagol, ora Federico Lanaro e Laurina Paperina. Dopo l’importante traguardo dei trent’anni di attività, quali sono i progetti futuri? Sono convinto che i miei figli Davide e Virginia sapranno ampliare ancora di più il campo d’azione della galleria. I miei prossimi progetti specifici sono invece la realizzazione della personale «Rangavalli» di Philip Taaffe, da maggio a fine settembre in galleria e dal 19 luglio al 28 settembre nel Forte Strino di Vermiglio, sul passo del Tonale, una mostra sul tema della guerra in collaborazione con la Galleria Patrizia Buonanno. Presenteremo opere di Michelangelo Galliani e Andrew Gilbert. L’inaugurazione è il 19 luglio (alle 18.30), in un luogo davvero incredibile ai piedi dell’Adamello. Philip Taaffe, «Rangavalli», 1989
Philip Taaffe: un mandala è per sempre trento. Philip Taaffe celebra i 30 anni dello Studio d’Arte Raffaelli. 17 sue opere inedite, realizzate nel 2014, sono esposte fino al 30 settembre accanto a 20 lavori eseguiti nel 1989, patrimonio della galleria. L’artista newyorkese, attraverso i suoi pezzi, porta l’Asia nelle sale espositive, dove già altri continenti sono stati rappresentati dalle opere di artisti provenienti da
Europa, America e Africa. Il lontano oriente è imprigionato nei quadri di Taaffe, che evoca le suggestioni colte durante i numerosi soggiorni in India. Nei suoi dipinti s’ispira alla concezione del mondo e al significato della ripetizione propri dei mandala. Taaffe si muove liberamente, rielaborandone la ricchezza dei colori e la complessità delle forme. La sua arte, però, è
fatta per durare nel tempo, mentre i mandala richiamati nel titolo della mostra, «Rangavalli», sono realizzati dai monaci buddisti con un lungo processo e sono destinati alla distruzione attraverso un atto che simboleggia l’assenza dell’attaccamento ai beni materiali. Per i 30 anni della galleria, Taaffe ha fatto un dono al fondatore e direttore Giordano Raffaelli: una
poesia che Jack Hirschman, scrittore e attivista statunitense autore di oltre cento libri, ha scritto appositamente, «La liberazione dei nodi», pubblicata nel catalogo della mostra, con l’eccezionale traduzione dell’artista Francesco Clemente. Voce della cultura americana non convenzionale è anche l’autore del saggio in catalogo: Peter Lamborn Wilson, scrittore e filosofo.
© STUDIO D’ARTE RAFFAELLI
Affreschi, restauri, mostre e collezioni negli antichi manieri del territorio trento e rovereto. Due poli di un unico distretto dell’arte: questo il senso dello slogan «TrentoRovereto città di culture», nato da un’idea degli Assessorati provinciali al turismo e alla cultura dei Comuni e delle Apt di Trento e Rovereto e di Trentino Sviluppo. È stata anche creata una carta per l’ospite con lo stesso titolo, che consente accesso gratuito a musei e mezzi di trasporto. La distanza tra le due cittadine è di una ventina di minuti, un breve spostamento all’interno di una grande città. Il territorio provinciale colpisce per l’abbondanza di manieri e per la fruibilità che li caratterizza. Entrando in Trentino ad Avio s’incontra il primo castello, è di proprietà del Fai, il Fondo ambiente italiano. Gli affreschi, risalenti alla seconda metà del XII secolo, sono il frutto di una commistione tra abilità locale, influenza veronese e sensibilità d’oltralpe e rispecchiano la posizione del Castello di Avio, abbarbicato su una roccia a sentinella della val Lagarina e del fiume Adige, nella stanza delle guardie i soggetti sono guerreschi, altrove narrano vicende amorose. Il Castello di Rovereto, in centro città, è il Museo storico italiano della Guerra dal 1921. Il 7 giugno, dopo il restauro dei torrioni e del terrapieno, ha inaugurato un nuovo percorso, che svela le strutture costruite dai veneziani, cunicoli e decine di cannoniere
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VEDERE A ROVERETO
In bilico tra futuro e presente I due festival di una città consapevole di trovarsi al centro di situazioni opposte
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rovereto (tn). Un passato significativo e una l’Istituto d’arte dei tempi dell’impero austroungarico, contemporaneità dichiarata, l’influenza veneziana e che sfornò numerose personalità divenute celebri come quella mitteleuropea. Rovereto è sospesa tra opposti, come lo stesso Fortunato Depero e Fausto Melotti. Della Scuola sottolineano due festival: «Futuro Presente» e «Oriente vive solo il ricordo attraverso questi autori, l’Accademia Occidente». degli Agiati, invece, persiste dal 1750 a oggi. Nel tempo L’opportunità di percorrere linee di confine, da nord a ha aggregato intorno a sé il meglio della cultura locale, sud, da est a ovest, è al centro di «Oriente Occidente», che insieme a numerosi esponenti del pensiero italiano ed esprime il contatto tra universi culturali diversi, uniti dal europeo. Possiede un ingente patrimonio documentario, linguaggio comune dell’arte e della danza. Il festival, nato bibliografico e artistico: l’archivio è custodito presso all’inizio degli anni Ottanta, si svolge dal 30 agosto all’8 la sede di Palazzo del Ben, mentre i quasi 50mila settembre, con spettacoli e incontri nell’Auditorium Fausto volumi sono nella Biblioteca civica Tartarotti, che Melotti nella piazza del Mart. prende il nome dall’ispiratore dell’Accademia ed è nata Forte è l’impronta contemporanea data alla città da Luisa da un’iniziativa dei suoi esponenti. La collezione d’arte Filippi, assessore alla Contemporaneità del Comune è invece gestita dal Museo Civico di Rovereto, la cui di Rovereto; già assistente del curatore Adam Budak a pinacoteca conta un totale di oltre 2mila pezzi. A questi, Manifesta 7, ha partecipato al corso per curatori del nel Museo fondato nel 1851, si aggiungono altre sei Goldsmiths College di Londra e sezioni di archeologia, numismatica, Gonzalo Díaz, «Mappamondo», 2014 nel 2011 ha sostenuto l’avvio dello botanica, zoologia, scienze della SMARTlab, uno spazio aperto alle terra e astronomia. Fa parte del contaminazioni per valorizzare la museo anche Palazzo Alberti Poja creatività giovanile, e lo UrbanCendell’architetto Ambrogio Rosmini, ter, che intende «trasformare la culsituato in Corso Angelo Bettini 41, tura in forme di partecipazione attiva», recentemente soggetto a un restauro come ha lei stessa dichiarato. Altro curato dal Comune con il contributo propositivo luogo di condivisione è il della Provincia autonoma di Trento. Progetto Manifattura, ospitato nelSull’asse di Corso Bettini e del Mart la sede di Manifesta 7, uno spazio ex si trova, infine, il teatro comunale industriale, dove ora si trova un cenRiccardo Zandonai, il primo teatro tro d’innovazione operativo nell’amdel Trentino, iniziato nel 1783, a bito della sostenibilità ambientale. testimonianza della frizzante atmosfera Proseguiamo nel nostro movimento culturale di questa cittadina. È stato pendulo, che ci permette di ricordare appena restituito alla città dopo un che nella città del Mart e della Casa lungo progetto di restauro, che ne ha d’Arte Futurista Depero, c’è stata riparato i danni subiti durante la prima la Scuola Reale Elisabettiana, ossia Castello di Rovereto con vista sul torrente Leno guerra mondiale.
L’incontro inedito tra Depero e Tavolara rovereto (tn). Una creatività totalizzante, capace di investire tutti gli ambiti della sfera artistica e della vita, fu l’ideale ispiratrice del Manifesto «Ricostruzione futurista dell’universo», pienamente messo in pratica da Fortunato Depero. Nella Casa d’Arte Futurista da lui aperta, che il Mart è riuscito a restaurare e ripresentare al pubblico, queste istanze prendono forma concreta. Qui trovano esposizione permanente le sue tarsie in pannolenci, i suoi mobili, le scenografie e i progetti pubblicitari. Nello stesso periodo della prima metà del Novecento, vi fu un’altra figura incapace di circoscrivere la propria creatività all’interno di un unico ambito: Eugenio Tavolara, artista sardo che spaziò dal design alle arti applicate, rielaborando elementi di manifattura e folklore tipici del suo territorio per dare vita a giocattoli, figure meccaniche, tappeti e disegni (nella foto una coppia di bambole da lui realizzata negli anni ’50, proprietà della Collezione I.S.O.L.A.). La mostra «Tavolara e Depero», ospitata in Casa Depero fino al 14 settembre e curata da Nicoletta Boschiero e Manolo De Giorgi, porta per la prima volta in Trentino le opere dell’artista sardo e affianca per la prima volta la produzione di queste due eclettiche personalità. Le loro carriere non si incrociarono mai, ma si sfiorarono almeno una volta, in occasione dell’Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne del 1925 a Parigi, dove Depero era presente nella sala futurista e Tavolara vinse la medaglia d’oro per le sue figure meccaniche. Anche Tavolara ha uno spazio espositivo che porta il suo nome. Si tratta del Padiglione per l’artigianato Eugenio Tavolara a Sassari, un edificio progettato dall’architetto Ubaldo Badas, completato da sculture e bassorilievi di Tavolara. Pensato nel 1956 per esporre e valorizzare la creatività locale, è sede dell’I.S.O.L.A., Istituto sardo organizzazione lavoro artigiano. Nell’anno dell’inaugurazione ospitò la prima mostra dedicata all’artigianato sardo, ponendosi come spartiacque per la riconoscibilità in Italia e all’estero di questa tipologia di produzione.
© ISTITUTO SARDO ORGANIZZAZIONE LAVORO ARTIGIANO REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA
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VEDERE A ROVERETO E IN VALSUGANA Ho un futuro felice ma sto nel presente Cristiana Collu presenta il bilancio dei primi due anni da direttrice del Mart e gli obiettivi di un’istituzione di successo in un momento di transizione
© FOTO DI GIANLUCA VASSALLO
rovereto (tn). Il Mart è uno dei musei d’arte moderna e contemporanea più importanti d’Italia. A Cristiana Collu (nella foto), che lo dirige da un paio d’anni, abbiamo chiesto di fare quello che ama di meno: un bilancio. Lei come valuta la sua direzione del Mart nei primi due anni di mandato? Una cosa che non mi piace fare sono i bilanci: mi risulta impossibile, perché non ho uno sguardo retrospettivo, soprattutto su di me. Posso solo esprimere la sensazione che ho, raccontare come sono stati i primi due anni al Mart, ormai quasi due e mezzo. È stata una grande prova, per me ma credo anche per tutto il museo. Una prova superata. Parlo soprattutto del cambiamento di direzione cui il Mart come museo ha risposto benissimo, con grande collaborazione da parte di tutte le persone. Sono felice ed entusiasta della struttura e delle persone che la animano. Il museo, che ha un aspetto così imponente, ha dimostrato di essere flessibile. È il segreto di questa architettura di Botta, che sembra così solida e ferma, ma dimostra grande dinamismo e capacità di ripensarsi. È stata a lungo direttrice del Man di Nuoro, che cosa è cambiato rispetto a quell’esperienza? È un cambiamento davvero importante, che mette in gioco quelle che pensi siano le tue competenze, capacità e intuizioni. Mi ha permesso di misurarmi e di consolidare alcune questioni relative al mio modo di intendere e condurre il museo, in una realtà diversa da quella della Sardegna, una situazione di ben altro calibro e struttura, ma inserita in un contesto per alcuni versi simile: ho potuto utilizzare l’esperienza e le capacità che avevo di fatto sviluppato in precedenza. Quali sono gli obiettivi cui sta lavorando? La situazione contingente così difficile ci obbliga a stare sul presente, cosa che non mi dispiace. Il presente è molto importante e a volte si
perde di vista per la smania di pensare sempre al futuro, che tanto arriva giorno per giorno. Nello stesso tempo, però, è una trappola: stando nel presente diminuiscono la proiezione e la visione del futuro. In qualche modo lo condiziona e lo limita. Fa diventare tutto più piccolo, più accessibile, più governabile. Il punto sta nello spostare questo orizzonte del futuro più in là di qualcosa di imminente, per esempio pensare al 2020, al 2030, immaginare come dovrebbe essere il museo, come si comporterà rispetto ai cambiamenti che saranno sempre più evidenti, sempre più veloci e che, soprattutto, riguarderanno il rapporto del museo con la comunità reale e con quella del web, virtuale. Quali sono i fattori discriminanti nella scelta di una mostra? Non so se dico qualcosa in cui credo o qualcosa che sento come necessario. Se contemporaneo vuol dire vivere il proprio tempo e percepirne le esigenze e urgenze, allora dico che mi misurerei solamente (abbiamo già iniziato a farlo) con tematiche che preoccupano il nostro presente, il nostro stare al mondo, la nostra visione del mondo. Mi farei aiutare dagli artisti contemporanei a capire qual è la realtà che ci circonda, chiedendo aiuto nello stesso tempo agli artisti di tutte le epoche affinché apportino la testimonianza di come hanno percepito il mondo. È senz’altro una sensibilità di tipo sociale, riguarda temi condivisi da una comunità, che preoccupano una comunità, che la comunità sente e che forse non immagina possano essere tradotti da un museo. Il museo, poi, li declina con la sua specificità e la sua modalità di parlare attraverso immagini ed esperienze, questo è quello che deve fare. È il caso, per esempio, della mostra sul paesaggio. Qual è la sua idea di confine? C’è una definizione che mi piace molto e che cito spesso ed è quella di Galeano. Dice che l’orizzonte è qualcosa che si sposta sempre più in là, tu ti avvicini di dieci passi ed esso si sposta di dieci passi, è una meta cui tendere, una meta che raggiungi, ma che non raggiungi mai, perché se ne profila sempre una nuova. Mi piace molto l’idea che il confine non sia qualcosa che divide, ma che unisce, una cerniera, più che una cesura. Mi piace anche molto la traduzione dell’idea di confine fatta da Gonzalo Díaz per la mostra «Perduti nel paesaggio». Ha preso una linea di confine e l’ha messa in verticale e nel caso di Rovereto e della sua situazione geografica, per guardare a perdita d’occhio questo territorio, bisogna guardare verso il cielo.
rovereto (tn). Il panorama, che domina l’intero territorio con vedute mozzafiato, è il tema affrontato con disincanto dal curatore Gerardo Mosquera, invitato al Mart con la collettiva «Perduti nel paesaggio», fino al 31 agosto. Contemplato, deturpato, alienante, il paesaggio diventa protagonista di un’analisi che si sviluppa intorno a molteplici piani di lettura, partendo dal rapporto con l’uomo, in un’epoca in cui il pianeta è percepito come piccolo, ma la coscienza che si ha di esso non è altrettanto immediata. Nel catalogo, Mosquera esordisce raccontando di quando il paesaggio gli si è disvelato «per la prima volta» innanzi agli occhi: «nella campagna norvegese illuminata dal sole di mezzanotte». Seguono, poi, i saggi di un architetto paesaggista, il portoghese Joao Ferreira Nunes, di Sophie Bonin, della Scuola nazionale superiore del paesaggio di Versailles e di Yrjö Haila, docente di politica ambientale. Gli artisti esposti nel percorso sono una sessantina, vanno da Marina Abramovic a Lara Almárcegui, da Massimo Bartolini a Gabriele Basilico, da Fischli & Weiss a Carlos Garaicoa (nella foto un particolare della sua opera «Cuando el deseo se parece a nada»), da Andreas Gursky ad Anselm Kiefer, ad artisti che giungono per la prima volta in Italia, come Carlos Irijalba. La maggior parte delle opere sono fotografie, un totale di 170, mentre sono circa la metà, 84, le opere pittoriche, cui si aggiungono una decina di video, quattro installazioni e quattro progetti site-specific di Gonzalo Díaz, Takahiro Iwasaki, Glexis Novoa e Cristina Lucas.
Il mio compito dopo Bernabè Ilaria Vescovi è la nuova presidente del Museo di Arte Contemporanea di Trento e Rovereto che vuole gestire in continuità con il passato rovereto (tn). Fresca di nomina alla presidenza del Mart, Ilaria Vescovi (nella foto), industriale trentina a capo di un’azienda di 130 dipendenti, già presidente di Confindustria Trento, è stata scelta per l’incarico ad aprile, su decisione della Giunta della Provincia autonoma di Trento, come successore di Franco Bernabè, ora Presidente di Palaexpo a Roma. Lei come ha accolto la sua nomina? Con grande sorpresa ed enorme soddisfazione. Sono roveretana. Io, la mia famiglia e la mia azienda siamo tra i soci fondatori del Mart, che rappresenta una delle esperienze più importanti, non solo della provincia, ma dell’Italia, nel campo dell’arte. Ovviamente sento una grande responsabilità. Quale vorrebbe che fosse il suo contributo? Le strategie messe in atto da me e dal nuovo Cda sono pensate guardando alla collocazione del Mart all’interno di una cittadina, in un territorio di provincia e decentrato. La volontà è di coniugare la realtà locale (rappresentata da me e da altri componenti del Cda) con l’ambito internazionale, del resto siamo persone che anche nelle proprie attività hanno frequenti rapporti con l’estero. Questi sono i punti di partenza. I contributi li vedremo alla fine dei cinque anni. Quali sono i primi obiettivi della sua presidenza? Eredito un museo qualificato e riconosciuto in Italia e all’estero. Un museo gestito bene, che ha radici e fondamenta molto solide su cui si può innestare il mio lavoro. C’è anche un’ottima squadra, che ha fatto e sta facendo molto bene. Mi piacerebbe continuare quanto è stato fatto finora. Non penso a dei cambiamenti, anzi, credo che si debba continuare sulla stessa strada, molto ben disegnata, facendo le stesse cose, se possibile, ancora meglio. Io porto sicuramente la mia esperienza del territorio e vorrei fare in modo che il Mart a livello locale fosse sempre più apprezzato. Il Mart è nato a Rovereto con un progetto lungimirante, ambizioso e coraggioso, la cui validità va costantemente alimentata, in un territorio così piccolo. Voglio ribadire a livello locale questa importanza e consolidare a livello internazionale le relazioni che già ci sono e crearne di nuove. Quale tipo di rapporto ha con l’arte? Non sono un’esperta, ma l’ho sempre apprezzata. Ho la fortuna di avere avuto una famiglia che me l’ha fatta conoscere e amare. Ho lo stesso amore per l’arte che hanno tutte le persone abituate a vivere in Italia. Non si può non amare l’arte quando si vive nel paese più bello del mondo.
Le installazioni nel bosco borgo valsugana (tn). In una vallata dalla natura selvaggia, frequentata e amata da Alcide De Gasperi, la Val di Sella, a pochi chilometri da Borgo Valsugana, si trova un percorso con opere che innescano un rapporto diretto e profondo tra arte e natura. Si tratta di Artesella, una manifestazione nata nel 1986, grazie a Carlotta Strobele, Emanuele Montibeller ed Enrico Ferrari. Da allora, innumerevoli opere realizzate nelle diverse edizioni sono state inserite nel bosco. Lavori lasciati a vivere in simbiosi con la foresta, che nel tempo cambiano, vengono coperti dal muschio, spariscono. La chiave che li lega è utilizzare la natura e penetrarvi all’interno. È nato così un museo a cielo aperto, che annualmente si espande. Quest’estate Luc Schuiten completa il suo progetto triennale (ideato per Artesella) intitolato «Villaggio vegetale», accanto a lui vi sono i lavori di Sally Matthews e quelli di Will
Beckers, che partecipa per la prima volta. Rainer Gross, invece, ha scelto come location una trincea della Grande Guerra. Al percorso di ArteNatura si aggiungono un quartier generale in valle, Malga Costa, con mostre, installazioni e gli uffici nel centro di Borgo Valsugana con un’area espositiva dal nome Spazi LivioRossi. Oltre alle proposte di nuove installazioni progettate per e sul luogo, c’è un programma di spettacoli e concerti, rigorosamente immersi nella natura, con ospiti del calibro di Uri Caine e Mario Brunello. Per finire, il 29 settembre, Artesella ospita Elan European Land Network, un simposio volto a indagare i legami tra natura e creatività. Il network è stato fondato da Artesella insieme all’inglese Yorkshire Sculpture Park, Springhornhof Project in Germania e Centrum Rzezby Polskiej.
© COURTESY: ARTE SELLA. PHOTO: GIACOMO BIANCHI
© FOTO: OAK TAYLOR-SMITH. COURTESY GALLERIA CONTINUA, SAN GIMIGNANO / BEIJING / LES MOULINS
Gli assaggi di paesaggi dipinti e fotografati scelti da Mosquera
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L’installazione di Roberto Conte intitolata «Cerca»
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VEDERE IN ALTO GARDA E A CAVALESE
Pericoli ci guarda dall’alto
Qui gli artisti sono ben accolti
Nel Museo Alto Garda le vedute aeree del celebre artista riva del garda (tn). È un ritratto del lago a più voci, l’indagine che il Mag Museo Alto Garda porta avanti da anni. Finora i punti di vista sono stati quelli della fotografia storica tra fine e inizio secolo dei Lotze, di Alois Beer e Alessandro Oppi e della fotografia contemporanea di artisti invitati a lavorare sul lago come Thomas Wrede. Nella personale in corso fino al 2 novembre, invece, la fotografia è solo un mezzo transitorio all’interno del processo creativo di Tullio Pericoli, che Tullio Pericoli, «Tavola XLVI», 2014 ha scrutato e immortalato il lago dall’alto, sorvolando con l’aereo la costa e l’entroterra. Le sue visioni sono state trasferite su carta, con acquerelli, olii e disegni a matita di dimensioni diverse. Sotto l’unico titolo di «Aeronatura», un suo neologismo, sono riunite opere eterogenee, che hanno in comune il medesimo punto di vista, da lontano, e il medesimo soggetto, il paesaggio. Sono una sessantina di opere realizzate per la mostra a cura di Claudio Cerritelli, di cui una parte resterà nella collezione permanente del museo, come già avvenuto per i progetti precedenti. Il museo offre
Da Trento a Bolzano numerose realtà non profit sostengono artisti locali e progetti internazionali
l’opportunità di avvicinarsi al lago anche attraverso un excursus che parte da reperti archeologici, come le statue stele del V millennio a.C., e arriva all’oggi. C’è il pittore neoclassico trentino Giuseppe Craffonara e ci sono le opere di Francesco Hayez e Vincenzo Vela, collezionate dall’intellettuale Andrea Maffei, protagonista dei salotti letterali dell’Ottocento a Riva del Garda e a Milano. Oltre al museo ospitato nella rocca di Riva del Garda vi è un’altra sede del Mag: la Galleria Civica Giovanni Segantini all’interno di Palazzo Panni, nella vicina cittadina di Arco (TN). Qui, dall’anno scorso, è esposta una mostra permanente dedicata a Segantini, con dipinti di proprietà del comune come «Autoritratto giovanile», «Testa di vacca» e il disegno a matita su carta «La madre che lava il bambino», datati tra gli anni ’70 e ’90 dell’Ottocento. Altri sono prestiti provenienti, in particolare, dal Mart, con cui il Mag ha un protocollo d’intesa su progetti specifici.
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randi istituzioni, un esteso patrimonio, ma anche numerose esperienze creative accomunate da un’energia giovane e irrequieta, sono le realtà non profit dislocate su tutto il territorio regionale. Capofila è l’esperienza di Franzmagazine, un’impresa creativa che ha l’obiettivo di stimolare e promuovere il territorio. L’attenzione va dall’Alto Adige al Trentino, al Tirolo, l’approccio è multilingue e innovativo, come testimonia
Portobeseno, «Alpsound. Comporre con i paesaggi sonori», 2014
dro (tn). Centrale Fies è un festival che genera energie performative da trent’anni. Ha iniziato come Drodesera, prendendo il nome dal paese di Dro, che gli ha dato i natali. Quando si è spostato in una centrale idroelettrica d’inizio secolo, che sembra un castello ed è immersa nella vegetazione lungo il fiume, è diventato Fies. Un paio di anni fa si è compiuta l’ultima evoluzione in questo percorso fatto di sperimentazioni artistiche, in particolare teatrali. Appuntamento fisso che si svolge ogni anno a fine luglio, quest’anno il festival s’intitola «Skillbuilding» e a esso si aggiunge «Live Works. Performance act award», un concorso curato da Barbara Boninsegna, Simone Frangi e Denis Isaia per la selezione e la produzione di progetti inediti nel campo delle arti performative, secondo una declinazione innovativa. Una giuria, composta dai curatori insieme a Giorgio Agamben, Jiri Kovanda, Antonio Marras, Daniel Blanga Gubbay e Cristiano Seganfreddo, ha selezionato nove finalisti fra 300 proposte, si tratta di Julie Bena, Feiko Beckers, Cian Donnelly, Riccardo Giacconi, Corinne Mazzoli, Jacopo Milani, Curt Steckel e Dennis Vanderbroeck. La presentazione delle
© PHOTO: ALESSANDRO SALA / CESURALAB PER CENTRALE FIES
Le performance nella centrale idroelettrica
performance prodotte è in programma nella 34ma edizione del festival a Centrale Fies, nelle sere del 28, 29 e 30 luglio (nella foto un’opera di Anne-Sophie Turion e Jeanne Moynot della scorsa edizione). Predecessore ideale del concorso è il Premio della performance, ideato da Fabio Cavallucci e realizzato da Galleria Civica di Trento e Centrale Fies.
cavalese (tn). «La nostra mission consiste nella ricerca di nuove valenze artistico-percettive all’interno di un territorio alpino fortemente caratterizzato dalla necessità di una sintesi tra l’esigenza di mantenere le proprie tradizioni e quella di procedere nel cammino dell’innovazione», spiega il direttore Elio Vanzo. Il Centro d’Arte Contemporanea di Cavalese è un’istituzione comunale fondata nel 2001 nelle sale del centrale Palazzo Firmian, in occasione della concessione in comodato gratuito della collezione privata di Giancarlo Baccoli. Un posto rilevante all’interno della collezione e del percorso espositivo permanente è stato occupato dalle opere di Bruno Munari, con cui il collezionista aveva instaurato un rapporto di stretta amicizia. Una figura, quella di Munari, che ha ispirato l’organizzazione dei laboratori didattici del Centro, dedicati fin dalla sua fondazione agli allievi delle scuole primarie e secondarie. Dal 2008 la collezione non è più di casa a Cavalese e le sale espositive sono state votate a mostre temporanee ed eventi. Il progetto di quest’anno, curato dallo stesso direttore, è intitolato «Sentieri dello stile», inaugura il 12 luglio e prosegue sino al 31 agosto. Si tratta di una mostra dedicata a Carlo Belli e Riccardo Schweizer, due figure di artisti europei che, parti-
© GALERIE ANDREAS HUBER, WIEN
Un centro espositivo radicato nel territorio e proteso verso l’Europa
ti rispettivamente dai luoghi natii di Rovereto e del Primiero, hanno compiuto un percorso a stretto contatto con le avanguardie storiche e i loro protagonisti italiani e internazionali, sviluppando una personale ricerca capace di mantenere i legami sia con la produzione artistica territoriale che con quella oltre confine. Un altro evento espositivo avrà luogo dal 27 dicembre al 15 aprile 2015, con protagonisti due scultori: Livio Conta e Mariano Vasselai. Viene così messa in evidenza anche la vocazione propria della regione di aprirsi al più ampio scenario culturale europeo (nella foto un’installazione nel Parco della pieve di Cavalese realizzata da Hidetoshi Nagasawa).
il suo portale d’informazione contemporanea (www. franzmagazine.com). È una realtà diretta da Marco Bassetti, editor in chief, e Anna Quinz, managing editor e creative director. A metà settembre organizza Rosengarten Festa nel quartiere Dodiciville di Bolzano, che è diventato habitat ideale per giovani studi di design e architettura. Lungomare, invece, è appartato dalla città, situato lungo il torrente Talvera, come ironizza il nome. Dopo dieci anni di attività espositiva e di riflessione sulle urgenze dell’oggi, ha allargato il proprio direttivo: a Daniele Lupo e Angelika Burtscher, infatti, si affiancano Roberto Gigliotti, Lisa Mazza, Vincenzo Mancuso e Paolo Plotegher, tutti impegnati a organizzare un programma di residenze dal titolo «Ospitalità Radicale» per discutere di «transdisciplinarietà e interazione delle istituzioni culturali con il territorio». Tra Bolzano e Merano, salta all’occhio la programmazione della Kunsthalle Eurocenter di Lana: iniziative che durano solo un giorno e si svolgono in uno spazio industriale. Ideatori del progetto sono Hannes Egger, Arnold Mario Dall’O, Ulrich Egger, Camilla Martinelli e Erwin Seppi. Persistente nel tempo e in forma di rivista cartacea è invece 39Null, con un numero all’anno, a febbraio è uscito il secondo, che s’intitola «L’estraneo» e affronta temi legati alla convivenza tra diverse culture; si può acquistare in Italia, Germania e Austria. Nel Tirolo del nord a Innsbruck è attiva la medien.kunst. tirol, creata nel 1995 da Stefan Bidner e Thomas Feuerstein come piattaforma per produrre progetti di artisti locali e trampolino per presentare in Tirolo artisti internazionali. È incentrata sull’espressività multimediale, non ha sede e porta avanti, in maniera nomadica, iniziative all’interno della città. Il progetto Portobeseno, invece, costituisce «un porto tra le montagne, un approdo per i navigatori della memoria e della creatività», nelle parole del suo ideatore Davide Ondertoller, con un ciclo di eventi che arriva ogni anno fin dentro gli spazi di Castel Beseno. I loro diari sonori «#borgosmaria Narrare Borgo S. Maria», sviluppati coinvolgendo le scuole locali, sono stati presentati alla Brookes University di Oxford e al 6° Simposio Internazionale sul paesaggio sonoro «Hearing (in) the pott». Non manca, poi, Dolomites Movement, neonato gruppo creativo diretto da Gioia Libardoni, per guardare all’immagine in movimento e ai punti di contatto tra l’arte e le sue fonti d’ispirazione, il primo risultato è un film di Ivano Fachin ambientato nel Muse. A Trento c’è il Piccolo festival dell’Arte Contemporanea, ideato e diretto da Alessandra Benacchio e Lucia Barison, che giunge alla quarta edizione nel prossimo autunno, con una formula collaudata: invitare i protagonisti della scena artistica nazionale, produttori, curatori e artisti, per discutere la contemporaneità.
VEDERE A BOLZANO
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Il suo sesto museo, la nuova scalata di Reinhold Messner bolzano. Lo scalatore, alpinista ed esploratore Reinhold Messner si sente più che altro un artista e lo è nell’affrontare la montagna senza mediazioni, seguendo il motto «no artificial oxygene, no bolts, no communication», quasi come se lui stesso compisse performance di arte concettuale. Lo è anche nella sua precisa idea di costruire un progetto museale che abbia la montagna come unico tema. Dopo avere conquistato tutti i 14 Ottomila del mondo, e avere attraversato i deserti e i ghiacci polari, il suo quindicesimo Ottomila è il Messner Mountain Museum. Un mastodontico museo suddiviso in cinque sedi che quest’anno, in coincidenza con il suo settantesimo compleanno, diventano sei. Per vedere tutte gli spazi si devono attraversare le vallate alpine più belle. Il fulcro della megastruttura è il MMM Firmian di Bolzano, che dà una visione d’insieme sulla montagna attraverso opere d’arte, testi e reliquie. Vi è poi il MMM Ortles a Solda, un’architettura interrata a 1.900 metri dedicata al ghiaccio, che fronteggia l’omonimo ghiacciaio. Il MMM Juval in Val Venosta si concentra invece sui simboli e i miti della montagna, il MMM Ripa a Brunico, nell’antico castello del paese, esplora la vita delle popolazioni di montagna, mentre il MMM Dolomites, in un forte bellico sul monte Rite a oltre 2.000 metri, parla della roccia. Da metà settembre si aggiungerà, infine, l’ultimo tassello: il MMM Corones a Plan de Corones, con un percorso sull’alpinismo, in una spettacolare architettura di Zaha Hadid. Lei, che definizione darebbe di se stesso? Sono una persona che basa tutto sull’autodeterminazione. Voglio essere
Große Lauben 5 Portici Maggiori 39042 Brixen/Bressanone (BZ) www.brixen.it – www.bressanone.it Dal 4 luglio al 23 agosto 2014 10.30 – 12.30 / 17.30 – 19.30 Dienstag – Samstag/martedì - sabato
© KRONPLATZ-ZAHA HADID
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Il celebre alpinista apre a settembre un nuovo museo MMM progettato a Plan de Corones da Zaha Hadid
Rendering di Zaha Hadid del progetto del MMM Corones a Plan de Corones in Alto Adige
libero di decidere cosa faccio e non accetto nessuna regola dall’esterno. Rispetto la legge, però normalmente vivo «al di fuori», sono molto più artista che alpinista. E dell’arte? È la capacità di esprimersi: bene e con pochi mezzi. Quali sono gli elementi che uniscono la pratica artistica al suo rapporto con la montagna? C’è un contatto diretto: l’alpinista vede una parete, immagina una via e la percorre, l’artista immagina qualcosa e la dipinge o la costruisce. L’alpinista, però, non lascia traccia. Dopo essere salito su una montagna non lascio una linea visibile, rimane soltanto dentro di me. È una forma di espressione molto strana, che non lascia niente, è la realizzazione del niente. Lo stesso accade in certe performance artistiche. Sì, si avvicinano molto. Io ho una relazione diretta con l’arte. Per fare il museo (anzi un mosaico di sei musei) ho voluto puntare esclusivamente sul tema della montagna, ma usando l’arte, le citazioni tratte dalla filosofia e dalla storia dell’alpinismo, le reliquie, combino la reliquia con l’arte. La fotografia invece rimane secondaria. Cura personalmente i percorsi espositivi? L’idea e la realizzazione dell’allestimento sono interamente opera mia. La sede di Castel Firmiano, per esempio, non è di mia proprietà, è della Provincia autonoma di Bolzano, la ristrutturazione, però, è avvenuta a firma di un architetto scelto da me. Ho deciso come realizzare ogni dettaglio, per dieci anni ho girato il mondo, pensando specificamente allo spazio da riempire con l’arte, ogni misura, ogni nicchia. Per i progetti di allestimento ha svolto lunghe operazioni di ricerca e raccolta, continua tutt’oggi? Sì, certo. Un museo è un processo, non è una cosa stabile. Finché rimane tale può sopravvivere, altrimenti non ha più senso. Il numero delle sedi è destinato a crescere ancora? No, il museo sarà finito con la sesta, perché i grandi temi sono già coperti. Ho ricevuto da poco un’altra proposta per un altro museo, ma non ne accetto più. Il progetto è chiuso, non faccio un museo fuori dall’argomento montagna. Il mio lavoro è fatto. Quasi tutte le settimane, però, cambio qualcosa. Sposto, trovo cose nuove, tolgo un pezzo da un museo e lo sostituisco con un altro. Oggi, per esempio, ho preso alcuni pezzi da Firmian, che domani porterò a Brunico. Svolge da solo tutte queste attività? Per adesso sì. Una mia figlia, però, ha studiato economia e storia dell’arte. Sta collaborando con me al processo di creazione del prossimo museo, poi andrà all’estero, e tra due o tre anni, probabilmente, sarà lei a portare avanti la struttura.
È stato lei a scegliere Zaha Hadid? No, in questo caso hanno deciso gli altri. Ma io ho accettato. Anche se per me non è facile, perché lei fa tutto curvo, non le interessa l’esposizione, vuole creare una struttura che parla per sé. Eppure senza il contenuto non regge. Come procede la preparazione del percorso espositivo di Plan de Corones? Il 90% è già pronto. Tutto il progetto su come allestire il museo e raccontare le cose è già nella mia testa, anche nel dettaglio. Ho acquistato alcuni quadri, due o tre li commissiono ad artisti miei amici. Poi entro due o tre anni cambieremo quasi tutto. Ci saranno solo quadri? Si, perché non c’è modo di muoversi tanto. Avremo due spazi per esposizioni temporanee e per il resto uso le pareti dritte; dove sono curve, non posso fare nulla. Prepara tutto Zaha Hadid, in questo non ho diritto di apportare modifiche. A quale tema sarà dedicata la nuova sede? All’alpinismo tradizionale, che ha necessità di una casa, una disciplina che si sta perdendo, per questo voglio raccontarla. Tutti gli anni il percorso di visita finirà con uno schermo in cui mostro il video delle più importanti scalate tradizionali. La prima sarà una scalata del 2002 di una via sulle tre Cime di Lavaredo nelle Dolomiti, la parete nord-ovest, dove Alxander Huber ha fatto un tetto di 40 metri in scalata libera. Voglio mostrare l’attività degli alpinisti di oggi e di 150 anni fa. Chi finanzia il museo? Abbiamo fatto un museo autosufficiente. Non prendiamo un centesimo di sovvenzione pubblica. E credo che siamo l’unico caso tra Monaco e Verona. È stata istituita una fondazione? Sì, ma per altri motivi. Ho istituito una fondazione per aiutare i popoli montanari a gestire il museo, è una ditta di servizio. Io possiedo una collezione privata e la concedo gratuitamente in uso al museo. Altrimenti non potrebbe funzionare. La sede di Castel Firmiano è in comodato per trent’anni, fra trent’anni si dovrà contrattare e non sarò io a farlo. La proprietà del Monte Rite è del comune, io ho aiutato a ricevere i mezzi europei per realizzare il progetto: era un forte della prima guerra mondiale, una struttura molto rovinata, il posto è un miracolo. La sede di Brunico è della Fondazione Cassa di Risparmio, che ha ceduto il castello al comune in comodato e il comune ha chiesto a me di realizzare il museo in autogestione. La sede di Solda è mia, continua a pag. 13
StadtGalerie Brixen Galleria Civica Bressanone
„OMAGGIO A MORANDI” Nature Morte
13 La nuova scalata di Reinhold Messner
© KRONPLATZ-ZAHA HADID
segue da pag. 12 l’ho costruita su un mio terreno, una struttura interrata che do gratuitamente al museo, anche Castel Juval è mio, mentre la nuova sede di Corones è di una società di funivie. Qual era la sua idea all’origine? La mia idea era di fare a Castel Firmiano un museo, dopo aver tentato a Juval di fare una struttura museale e aver imparato come funziona. Ho chiesto se potevo farlo e la Provincia ha predisposto il contratto, ma una famiglia locale con molto potere ha osteggiato il progetto, tanto che la Provincia ha ritirato il contratto e ha indetto un concorso europeo. In questo lungo periodo in cui non avevo grandi speranze di realizzare la mia idea, ho deciso (visto che la collezione c’era e avevo già comprato molto) di non lasciar perdere e di dislocare il mio museo in più sedi piccole. Così è nata l’idea di fare un mosaico. Avevo già tre musei quando ho vinto la gara per Firmiano. Il bando imponeva l’obbligo di riempire lo spazio con i propri mezzi, con un tema non ancora affrontato in regione, e di gestirlo per trent’anni senza sovvenzioni. Nessuno aveva il coraggio di farlo, così ho vinto il concorso. Allora ho pensato alla possibilità di fare qui il centro del progetto museale e di collocare intorno cinque satelliti con gli altri temi. Ora si aggiunge l’ultima, Plan de Corones. L’idea di prolungare il museo con una piattaforma panoramica che fuoriesce dalla roccia. Un posto unico da cui guardare la montagna. Sì, la gente dirà: «Questo è il posto più bello del mondo!» Con questo il mio progetto è completo. Non si può migliorare. Copre tutto il territorio del Tirolo del sud. Tutta la provincia diventa museo, il visitatore esce e guarda in modo diverso quello che gli sta intorno: le montagne. Era quello che volevo.
Una veduta del cantiere del MMM Corones, Plan de Corones, Alto Adige
VEDERE A BOLZANO Il museo restituito alla città Patrizia Trincanato spiega come ha rinnovato e riaperto l’istituzione civica chiusa da dieci anni bolzano. Patrizia Trincanato è assessore alla cultura, alla convivenza, all’ambiente e alle pari opportunità del Comune di Bolzano. Ogni anno i suoi progetti innescano nuovi sguardi sulla vita cittadina attraverso la creatività contemporanea. Per la quarta edizione consecutiva ha realizzato, in collaborazione con la Provincia autonoma di Bolzano, Ufficio persone con disabilità, «Arte della diversità», una kermesse di spettacoli teatrali che prosegue fino a ottobre e ha come tema il confine tra normalità e diversa abilità, inclusione ed esclusione sociale, l’interazione tra le diverse culture locali e il rapporto con quelle straniere. Il suo progetto più impegnativo rimane, tuttavia, la restituzione alla città del Museo Civico, rimasto chiuso per quasi dieci anni correndo il rischio dell’abbandono. Quali tempi avete previsto per il rinnovamento e la riattivazione del Museo Civico? Il 23 novembre 2011 è stato parzialmente riaperto, dopo un lungo periodo di chiusura. Un primo passo che ha rimesso al centro dell’agenda politica la necessità improrogabile della ristrutturazione dell’edificio che ospita il museo. Un po’ scherzando e un po’ facendo sul serio, per l’inaugurazione abbiamo scelto l’asina come simbolo: una grande asina lignea, intagliata da Hans Klocker alla fine del Quattrocento come cavalcatura di Cristo che entra trionfante in Gerusalemme (capolavoro in esposizione). L’asino e l’asina sono da sempre compagni fidati dell’uomo. Spesso maltrattati, caricati di some pesanti, non corrono veloci verso la meta, ma ci arrivano a forza di determinazione e, se necessario, di cocciutaggine. Nonostante le difficoltà in cui versano i bilanci pubblici, in modo particolare quelli dei Comuni, la ristrutturazione del museo è stata inserita come priorità nella pianificazione degli investimenti. Il progetto esecutivo è stato approvato quest’anno, la ristrutturazione potrà essere realizzata a lotti a partire dal prossimo anno, per essere conclusa entro il 2018. Come si svilupperà il percorso espositivo? Il Museo civico deve diventare a pieno titolo il museo che rappresenta la città di Bolzano, che ne delinea e racconta la storia attraverso le ricche collezioni di opere e oggetti d’arte conservati al suo interno, dal Medioevo, così ricco di suggestioni per la nostra città, fino ai giorni
nostri, sempre in un proficuo dialogo con il percorso espositivo nel Monumento alla Vittoria e con le altre iniziative dedicate alla storia del Novecento cittadino. La torre del museo, da cui si vedono sia il centro storico medievale sia la «nuova» città che si estende verso ovest, rappresenta simbolicamente la doppia anima del museo e della città, dove la conoscenza del passato è il fondamento del futuro. Particolare attenzione sarà anche dedicata alla raccolta di arte popolare, composta di moltissime testimonianze di cultura materiale locale. Che ruolo avrà l’innovazione tecnologica nella percezione delle opere? Negli ultimi anni le iniziative del Museo Civico hanno riservato grande attenzione alla percezione e alla comprensione dell’opera d’arte, seguendo le recenti indicazioni delle neuroscienze. È successo, per esempio, con le creazioni del design olfattivo della mostra «Krampus. Maschere e cartoline» o nell’attuale esposizione «Suoni per vedere» (aperta fino al 31 ottobre). Il percorso museale utilizzerà quanto messo a disposizione dalla tecnologia per favorire la comprensione delle opere, l’accrescimento culturale e la soddisfazione personale del visitatore pur nella convinzione che l’opera d’arte, nel suo essere originale e irripetibile, rimane il veicolo principale di trasmissione culturale tra passato e presente. Avete qualche asso nella manica? Sicuramente la capacità «narrativa» degli oggetti che, se ben interrogati, sono fonte ricchissima d’informazioni, suggestioni, fascino ed emozioni. Inoltre, i percorsi con linguaggi differenziati, mirati ai diversi tipi di utenza, con una particolare attenzione all’infanzia e ai visitatori diversamente abili, troppo spesso trascurati. A quale pubblico intendete rivolgervi? Ai giovani, sicuramente. Siamo convinti che dall’educazione, dalla formazione e dalla cultura nascano cittadini maturi, rispettosi verso gli altri e felici con se stessi. Ai viaggiatori lenti e curiosi, capaci di fermarsi a guardare, di lasciarsi stupire. A tutti gli abitanti di Bolzano, affinché possano amare e conoscere sempre di più la città che li ospita e che contribuiscono a creare. Agli studiosi: storici, storici dell’arte, antropologi, eccetera, il materiale che il Museo conserva ha moltissimo da raccontare.
Quella mostra è tutta da ascoltare bolzano. Chiudete gli occhi e ascoltate, per vedere. Questa è la proposta che il Museo Civico di Bolzano fa ai visitatori. S’intitola «Suoni per vedere» il progetto godibile fino al 31 ottobre, realizzato dall’Assessorato alla cultura e alla convivenza di Bolzano, attraverso l’Ufficio servizi museali e storico-artistici, in collaborazione con la Fondazione Socin. L’obiettivo è di mostrare da un punto di vista nuovo il percorso permanente esposto nella parte del museo aperta al pubblico, in attesa dell’ammodernamento dell’intera sede. Sono visitabili le sale del primo piano, cui si aggiungono un’area lounge, pensata come salotto del libro, e la torre, da cui si ammira un panorama a 360 gradi sui tetti della città, da Castel Rafenstein alla zona storica, da quella a ovest di epoca fascista fino alla nuova zona sud, dove si trova l’aeroporto. Il museo, diretto da Stefan Demetz, è stato fondato all’inizio del secolo scorso, dispone di ricche collezioni suddivise in dipinti, affreschi e grafica (di ambito anche sacro), si concentra in particolare sull’epoca medioevale e gotica, cui si aggiunge una sezione dedicata alla cultura popolare, con numerosi costumi tirolesi della Val Sarentino, Val d’Isarco e Val Pusteria. Vi è, anche, un patrimonio librario di oltre 30mila volumi. Il visitatore si arma del dispositivo sonoro, si posiziona di fronte all’opera nello spazio segnalato, chiude gli occhi e la musica inizia, per interrompersi solo nel momento in cui decide di riapre gli occhi e di scrutare l’esposizione con stimoli nuovi. Le opere scelte per il progetto sono otto, selezionate dalla curatrice Francesca Bacci, l’ideatrice del progetto, che ha elaborato anche il supporto sonoro a commento di ogni opera, con la collaborazione di Stefan Demetz e di Silvia Spada Pintarelli. La selezione attraversa i secoli, sviluppando un racconto su molteplici livelli di lettura. Si parte con una Madonna che allatta del XIV
secolo di fattura locale, copia di un’opera in marmo del Duomo di Bolzano. È la Madonna delle Grazie, alla quale è legata una leggenda che riguarda l’apparizione a un carrettiere di una statua della Madonna in una palude, episodio cui sarebbe dovuta la costruzione del primo nucleo della chiesa. La traccia sonora evoca la leggenda, attraverso lo scalpiccio dell’animale da soma e canti di devozione popolare. Anche la seconda opera è di ambito religioso. È un altare a portelle tipico della zona, prodotto da una complessa interazione tra diverse figure artigianali: l’intagliatore, il pittore e il carpentiere. Le ritualità popolari profane sono invece immortalate nelle opere di Carl Henrici «Festa in maschera con minuetto» e «Festa in maschera con suonatore di liuto», realizzate nel 1784 e riferite ai festeggiamenti organizzati da una famiglia influente di Bolzano, i von Menz (ritratti da Ulrich Glantschnigg e in mostra al Museo Mercantile (cfr. articolo a p. 18). Henrici aveva
Una stufa a formelle di ambito bolzanino del 1773 nel percorso «Suoni per vedere» al Museo Civico, Bolzano
© WWW.SUEDTIROLERLAND.IT
Il Museo Civico offre un percorso audio-sonoro tra le opere della collezione e uno tra i libri illustrati per l’infanzia
Una veduta del Museo Civico
affrescato il loro salone delle feste, dove le due tele erano appese alle pareti. Il dispositivo audio, a questo punto, è pervaso dal chiacchiericcio della vita mondana del Settecento, con un minuetto in sottofondo. Si cambia registro di fronte all’altare barocco in miniatura di Martin Knoller, autore anche delle tele per l’abbazia di Gries a Bolzano. L’ambiente sonoro è quello della religiosità in ambito domestico. Del Settecento è poi la stufa in maiolica con decorazione a formelle, mentre il passato asburgico della città riaffiora nel ritratto dell’arciduca Enrico d’Austria, che, contraddicendo il padre Francesco Giuseppe, sposò la cantante Leopoldine Hofmann. Del Novecento, infine, è l’opera di Tullia Socin «Giovani italiane», di fronte alla quale si può ascoltare la cadenza della dialettica fascista. Fino al 2 novembre il museo presenta anche un’altra mostra, legata alla città di Bolzano, la collezione privata di libri illustrati per l’infanzia di Armando Loner: 55 elementi, soprattutto di area tedesca, datati tra fine Ottocento e l’inizio della seconda guerra mondiale. Gli autori sono illustratori specializzati, come lo svizzero Ernst Kreidolf e la svedese Elsa Beskow, o artisti a tutto tondo come il germanico Karl Hofer, i pittori austriaci Heinrich Lefler e Carl Otto Czeschka e Ferdinand Andri della Secessione Viennese.
VEDERE A BOLZANO
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Tutti i colori della collezione Goetz
Il Museion ci mette la facciata
© COURTESY SAMMLUNG GOETZ. FOTO OTHMAR SEEHAUSER
Il Museion dedica una rassegna alla raccolta di opere contemporanee di Ingvild Goetz istituita vent’anni fa
Ai Weiwei, «Colored», 2005
bolzano. Il Museo d’arte moderna e contemporanea della città, Museion, è nato da un’associazione fondata nel 1985, due anni dopo ha iniziato la propria attività espositiva, sotto la direzione di Pier Luigi Siena, nella sede di un ex ospedale che ora ospita l’università. In questo periodo ha ospitato importanti personali dedicate ad artisti quali Afro, Lucio Fontana, Alberto Burri e Gerhard Richter. Dal 2000 al 2006 è stato direttore Andreas Hapkemeyer, al termine del suo mandato il museo è diventato una Fondazione, promossa dalla Provincia Autonoma di Bolzano e dall’Associazione Museion, trasferita, tra il 2007 e il 2008, nella nuova sede progettata dallo studio d’architettura berlinese KSV, Krüger Schubert Vandreike, sotto la direzione di Corinne Diserens. Dalla fine di quell’anno, la direttrice è Letizia Ragaglia. La maggior parte delle cento opere attualmente allestite nel Museion non sono mai state esposte al pubblico. Fanno parte della collezione privata di Ingvild Goetz, iniziata negli anni Sessanta, quando aprì una casa editrice di grafica a Costanza e una galleria a Zurigo. Ha dato vera forma alla sua passione, che definisce «malattia», solo nel 1993, a Monaco di Baviera, con l’istituzione ufficiale della Sammlung Goetz, ospitata in un edificio progettato da Herzog & de Meuron. La Collezione Goetz ha da poco compiuto vent’anni e li festeggia svelando una parte poco nota del proprio patrimonio, che comprende quasi 5.000 pezzi tra fotografie, opere su carta, sculture, dipinti, installazioni, film, video e diapositive. Nasce così la mostra «When Now is Minimal. Il lato sconosciuto della Sammlung Goetz», nel secondo e terzo piano del Museion fino al 12 ottobre, a cura di Karsten Löckemann, Angelika Nollert, Letizia Ragaglia e realizzata in collaborazione con il Neues Museum di Norimberga. Dominatore indiscusso è il colore, nelle opere e sulle pareti. Si parte con il rosa acceso dei muri, insieme al viola, al lilla
e al verde acido, intervallati qua e là dal grigio e dal bianco. Si tratta di un intervento site-specific di Gerwald Rockenschaub che corre lungo gli spazi della mostra interagendo con le opere esposte: i suoi «Senza titolo» degli anni Ottanta, pure forme colorate su un muro assolutamente verde e, poco distante, la tinta ciclamino della lacca monocroma su tavola MDF del 2011. Altre due pareti, invece, sono ricoperte da opere di Martin Boyce come carta da parati. Il titolo, «When now is minimal», è tratto dall’opera di Boyce «When Now is Night». Il colore protagonista è quello della Minimal Art, la mostra non ricostruisce un percorso storico, crea piuttosto continue interazioni tra artisti del passato e soluzioni contemporanee che rimettono in gioco gli stilemi del genere. Accanto alle opere su carta di artisti storicizzati, come Blinky Palermo, Imi Knoebel e Peter Roehr, troviamo le «Paper drops» di Wolfgang Tillmans, sculture minimaliste ricreate tagliando e piegando su se stesse delle carte fotografiche di diverse tonalità. Nella batteria «Drumkit» (2005) di Michael Sailstorfer ci sono le forme stilizzate del cerchio e del cilindro in bianco e nero, mentre nell’opera di Boyce «We Are Resistant, We Dry out in the Sun» la texture minimalista è riprodotta su sedie a sdraio che giacciono vuote sotto palme stilizzate, fatte di tubi al neon. Di sola luce è «Three Light Boxes for One Wall» di Daniel Buren del 1989, un’opera che traduce l’idea di «colore site-specific» in una luminosità che cambia in base al luogo in cui l’installazione è posizionata. Il colore assume anche valore di critica sociale quando Ai Weiwei ricopre con le tinte primarie gli storici vasi cinesi Ming, cancellandone l’identità e tutto ciò che essi rappresentano. Innescano riflessioni sociali attraverso la serialità del colore anche le opere a maglia di grandi dimensioni di Rosemarie Trockel, cui Museion ha dedicato una personale lo scorso anno.
bolzano. Un punto di contatto tra la città e il fiume, così è stata concepita dagli architetti berlinesi dello studio KSV Krüger Schuberth Vandreike la struttura architettonica che ospita il Museion. L’edificio è stato inaugurato nel 2008, in occasione di Manifesta 7, si affaccia su un paesaggio urbano e montano con due pareti di solo vetro. Di giorno la luce filtra dalle vetrate, instaurando un gioco di scambi tra l’interno e l’esterno. Di notte, questo dialogo simbolico tra museo e città prosegue, poiché la facciata (nella foto) è stata concepita come un supporto comunicativo. L’intera parete concava si trasforma nello schermo di una retroproiezione, originata da 36 proiettori fissi, sincronizzati per comporre un’unica immagine in movimento di circa 800 m. «È il quinto piano espositivo del museo», spiega la curatrice Frida Carazzato. Diretto da Letizia Ragaglia, il museo sfrutta questa grande potenzialità e ogni anno, in estate, Frida Carazzato propone una selezione di opere da proiettare sulla facciata mediale del Museion. Nelle scorse edizioni hanno partecipato, tra gli altri, Christian Niccoli, Luca Vitone, Stefano Cagol, Michael Fliri, Sonia Leimer, Ian Tweedy. Quest’anno il tema è il punto d’incontro tra l’arte e la danza contemporanea, cui allude il titolo della programmazione: «Il corpo sottile», che nel 2001 Silvia Fanti usò per una riflessione sulle nuove forme espressive e performative. Durante tutta la stagione estiva ogni giovedì, al calare della notte, sono proiettate le opere di Luca Trevisani
(nel mese di luglio), di Sissa Micheli (agosto) e di
Invernomuto (settembre); il primo è stato Yuri Ancarani a giugno. Trevisani interagisce con la compagnia mk per realizzare «Venerdì Robinson», un progetto nel quale performance e video dialogano grazie a una collaborazione con il festival
Bolzano Danza, la rassegna giunta alla trentesima edizione che si svolge in città dal 14 al 16 luglio, con due prime assolute e otto prime italiane. Nasce da una collaborazione anche l’intervento «Negus» di Invernomuto (Simone Bertuzzi e Simone Trabucchi), partner organizzativo è l’ar⁄ge kunst Galleria Museo, dove si è appena conclusa una personale del collettivo.
© FOTO LUDWIG THALHEIMER / LUPE
Una veduta del Museion
bolzano. È italiana, è nata a Cosenza nel 1968 e questa è la prima personale nel suo Paese. Tatiana Trouvé vive e lavora a Parigi dagli anni Novanta ed è considerata artista francese. In Italia ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 2007 e nel 2011 e nello stesso anno ha esposto alla Punta della Dogana nella collettiva «Elogio del dubbio». La mostra «I tempi doppi», nell’ultimo piano del Museion fino al 7 settembre, prende il titolo da una delle installazioni presentate nella rassegna veneziana (nella foto allestita nel Museion). Tutta la ricerca dell’artista si basa sulla continua necessità di «trovare modi per ridefinire» le proprie opere, come ha dichiarato nella conversazione con Andrea Bellini in occasione della mostra del 2011. A Bolzano sono esposti dodici lavori. C’è l’opera del titolo, costituita da un tubo di rame che si muove nello spazio: in un’estremità c’è una lampadina accesa, nell’altra una spenta. Questa sfera «è piena di energia, ma non dà luce, è come un buco nero», spiega l’artista. Ci sono poi i «Ripiegamenti»: gli imballaggi delle opere piegati su se stessi in attesa di essere riutilizzati, sono riprodotti in bronzo e allestiti in una «stanza dei fantasmi» come lei la definisce. Attraverso una tecnica tradizionale dà forma al vuoto lasciato dall’opera, che diventa una scultura in assenza. Il ripetuto oscillare tra presenza e assenza torna anche nei disegni scenogra-
fici in cui convivono l’architettura e l’invisibile. Il concetto dell’oscillazione è al centro dell’opera principale esposta nel Museion: «350 punti verso l’infinito», nella quale altrettanti pendoli da muratore, strumenti tradizionali che danno l’appiombo, sono orientati in direzioni molteplici e contraddittorie, che determinano una mancanza di equilibrio e distorcono il senso dello spazio. L’opera è stata realizzata nel 2009 al Migros Museum di Zurigo. Vi è, ancora, «I cento titoli», un lavoro pensato per cambiare titolo ogni anno per cento anni. I pezzi in mostra provengono da collezioni pubbliche e private e sono ripensati dall’artista appositamente per il nuovo spazio. La personale itinerante di Tatiana Trouvé, a cura della direttrice Letizia Ragaglia, è realizzata in collaborazione con il Kunstmuseum di Bonn, che ha già ospitato la mostra, e con la Kunsthalle di Norimberga, dove sarà in autunno.
© PHOTO LUCA MENEGHEL, COURTESY THE ARTIST
La prima volta in Italia
VEDERE A BOLZANO
Il quarto direttore della kunstverein bolzano. Uno spazio nel centro della città è dedicato da quasi trent’anni alle istanze più consapevoli dell’arte contemporanea: è l’ar/ge kunst Galleria Museo. La prima parte del nome in tedesco significa letteralmente lavori in corso nell’arte, la seconda, invece, ne descrive l’identità, quella di «kunstverein». A spiegarne il significato è Emanuele Guidi, che dopo le tre direzioni di Marion Piffer Damiani (dal 1989 al 2000), Sabine Gamper (fino al 2008) e Luigi Fassi (fino al 2013), è direttore da poco meno di un anno. Che cosa caratterizza l’istituzione e la sua storia? Ar/ge kunst Galleria Museo è stata fondata nel 1985 da un gruppo di persone su iniziativa dell’artista Karin Welponer, che oggi ricopre la carica di presidente. Il modello organizzativo, scelto quasi trent’anni fa (nel 2015 l’importante anniversario), è quello del kunstverein: un’associazione fondata sul supporto di un gruppo di membri per promuovere pubblicamente l’arte contemporanea. In quel momento in Alto Adige non esistevano ancora istituzioni ufficiali che si occupassero di arte contemporanea, quindi è stata scelta una formula a metà strada tra il privato e il pubblico, ma chiaramente senza scopo di lucro. È molto interessante operare in Italia con un modello istituzionale mitteleuropeo: è questo che ha sempre caratterizzato e reso unica ar/ge kunst. Come s’inserisce nel panorama nazionale e internazionale? Sin dal principio si è posta come luogo di ricerca e sperimentazione sia per artisti locali che internazionali. Ma quello che è importante sottolineare è l’interesse, da sempre, anche per il linguaggio dell’architettura. Tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 è stato presentato il lavoro di architetti e designer come Carlo Mollino, David Chipperfield e Peter Zumthor, solo per nominarne alcuni. Questo tipo di ricerca ha permesso all’ar/ge kunst, nel corso degli anni, di stringere collaborazioni con altre istituzioni italiane e straniere. Per quel che riguarda il presente e il futuro, è chiara per me l’importanza di continuare a sviluppare uno sguardo che attraversi le discipline e ne indaghi le relazioni. Il dialogo con altri partner sarà centrale per un confronto critico e di supporto a nuove possibili produzioni. Quali sono i suoi obiettivi? Negli ultimi anni ho lavorato principalmente all’estero come curatore indipendente, in progetti che hanno prodotto relazioni tra arti visive e discipline come la danza contemporanea e l’architettura, le pratiche attiviste e politiche. Tutto ciò mi ha permesso di agire in molti luoghi diversi, dai più classici white cubes al cinema, al teatro, allo studio di un
© ÖSTERREICHISCHEN MEDIATHEK, VIENNA
© FOTO DI PAOLO BASTERI
Emanuele Guidi è il nuovo direttore dell’ar/ge kunst Galleria Museo, l’istituzione pubblico-privata che si occupa di arte, architettura e design
Gareth Kennedy, «The Uncomfortable Science», 2013-14
coreografo, a un centro per la danza, allo spazio pubblico. Dopo queste esperienze, la sfida per me è di concepire un programma che faccia dei 150 metri di ar/ge kunst il suo centro per almeno tre anni. L’ambizione è di renderlo il più possibile un centro di produzione che sviluppi progetti ad hoc, per lo spazio della Galleria Museo e per la citta di Bolzano. Non necessariamente lavorando solo con giovani artisti, ma anche mettendo a confronto generazioni differenti. Questa intenzione è già emersa e ha funzionato con Gianni Pettena nella mostra «Prologue Part II. La Mia Scuola di Architettura», nella collaborazione tra Falke Pisano e il collettivo Archive Books e nell’ultima mostra con Invernomuto. Com’è nata e com’è la mostra in corso «Making Room. Spaces of Anticipations» (fino al 2 agosto)? È una «mostra di ricerca» che ho co-curato con l’artista e curatore spagnolo Lorenzo Sandoval. Il progetto ha avuto un primo episodio a Castellón in Spagna, dove c´è stata una giornata di studi a inizio maggio. Si tratta di un progetto che indaga l’idea di spazio, nel senso architettonico del termine e le pratiche artistiche o curatoriali che lo producono, occupano e abitano. È un modo per riflettere sul modello associativo della kunstverein stessa, che ar/ge kunst ha adottato. Quali sono i modi in cui le persone si riuniscono e apprendono l’uno dall’altro? Il titolo in inglese «Making Room» ha il duplice significato di «dare forma» e «fare spazio per qualcuno o qualcosa», sottolinea la relazione che esiste tra il design e l’allestimento di un ambiente e le potenziali forme di condivisione, utilizzo comune e cura. Sono esposte opere e pratiche di artisti, designer e architetti di diverse generazioni e geografie. Tra questi la designer Janette Laverrière (in dialogo con l’artista iraniana Nairy Baghramian), l’artista americana Mierle Laderman Ukeles, Marinella Senatore con il collettivo di architetti inglesi Assamble, l’artista australiana Alex Martinis Roe e i designer sud tirolesi Brave New Alps.
Nella nuova casa della Adn Collection bolzano.
Sulle colline della città ha trovato casa una collezione d’arte contemporanea, la Adn Collection, un’esperienza privata che in più occasioni si apre generosamente al pubblico in una struttura architettonica, progettata da Walter Angonese. L’edificio s’inserisce perfettamente tra i vigneti e la rigogliosa vegetazione che circonda un rivo e da un paio d’anni è la sede ideale della collezione bolzanina. È una raccolta nata da un’irrefrenabile passione, e le sue opere sono ora presentate con attenzione rigorosa. Al momento dell’apertura dello spazio era stata data carta bianca a Stephen G. Rodhes, l’artista di Los Angeles che ha creato un’estesa installazione utilizzando materiale di recupero, moquette e televisori. Per la fine dell’estate, invece, è in programma la prima residenza d’artista presso la collezione. È stato scelto Landon Metz, (nella foto la sua opera «Untitled»), giovane newyorkese. Lavorerà per un mese a Bolzano, a partire dal 25 agosto, alla fine di questo periodo seguirà l’esposizione dei lavori realizzati durante la permanenza. L’artista dipinge facendo penetrare lentamente il colore all’interno di tele grezze, stese orizzontalmente per lunghi periodi. Utilizza spazzole e coloranti per tessuti. La presentazione del corpus di nuove opere avrà luogo a fine settembre. Il 25 maggio ADN collection ha invece ospitato la presentazione del libro «Moldau on Moldau» di Marcello Jori, edito da Loveyourhen Publisher di Torino, a cura di Elena Re. In questa occasione è stata inaugurata anche una project room sul «Ciclo della Moldava» dello stesso artista.
Quale sarà il programma autunnale? Dal 13 settembre ci sarà la mostra «The Uncomfortable Science» dell’artista irlandese Gareth Kennedy, che sarà la fase conclusiva della sua residenza iniziata un anno fa e annunciata con una sua lecture all’inizio della nova programmazione di ar/ge kunst (settembre 2013). La residenza, articolata in cinque periodi differenti, ha permesso a Kennedy di effettuare una ricerca approfondita in tutta la provincia di Bolzano, su ciò che lui definisce folk fiction. Seguirà la prima personale italiana dell’artista austriaco Oliver Laric. I due progetti, interamente prodotto nel primo caso e co-prodotto nel secondo, sono indipendenti tra loro, ma è interessante notare come l’uno sembri sviluppare e approfondire punti dell’altro e viceversa. Queste possibili risonanze tra diversi progetti di mostra sono qualcosa cui tengo molto e spero diventi uno dei fili rossi che legano insieme la programmazione.
via Museo 29, Bolzano www.argekunst.it
[email protected]
MAKING ROOM SPACES OF ANTICIPATION
14 Giugno – 2 Agosto 2014 Vernissage 13 Giugno 2014, ore 19
Con il sostegno di: Fondazione Cassa di Risparmio, Provincia Autonoma di Bolzano — Cultura tedesca, Città di Bolzano Regione Autonoma Trentino-Alto Adige Culture Ireland
Brave New Alps & Paolo Plotegher, Janette Laverrière in collaborazione con Nairy Baghramian, Alex Martinis Roe, Marinella Senatore in collaborazione con Assamble, Mierle Laderman Ukeles. A cura di Emanuele Guidi e Lorenzo Sandoval
THE UNCOMFORTABLE SCIENCE
20 Settembre – 15 Novembre Vernissage 19 Settembre, ore 19
Gareth Kennedy A cura di Emanuele Guidi
Exhibitions
AUTONOME PROVINZ BOZEN SÜDTIROL
PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO ALTO ADIGE
© COURTESY ADN COLLECTION, BOLZANO
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CREDITI FOTO: APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi – foto A. Campanile, A. Russolo; MUSE – Hufton&Crow e Fondazione Museo storico del Trentino
Trento connubio di arte, storia e scienza
N
el cuore delle Alpi Trento
ha una storia millenaria, testimoniata da un incantevole centro storico, che attraverso le varie epoche custodisce siti archeologici, palazzi dipinti e musei d’eccellenza, come il Castello del Buonconsiglio, il Museo Diocesano Tridentino e Piazza Duomo, il MUSE - Museo delle Scienze e Le Gallerie con le mostre che celebrano il Centenario Grande Guerra.
Servizio Cultura, Turismo e Politiche giovanili www.comune.trento.it www.trentocultura.it
Azienda per il Turismo Trento Monte Bondone, Valle dei Laghi Tel. +39 0461 216000
[email protected] www.discovertrento.it
Dalla Tridentum romana alla Città del Concilio, dalla Trento rinascimentale alla città proiettata verso il futuro, il capoluogo trentino offre una proposta culturale di straordinaria ricchezza, festival e grandi eventi sulle tracce del passato o rivolti al futuro, enogastronomia d’eccellenza e molti servizi fra novità e tradizione. www.discovertrento.it
■ App “Trento - Il Comune in tasca”, per scoprire Trento e il Monte Bondone ■ App Urban Trekking e Guida cartacea con mappa “Itinerari di trekking urbano” 15 escursioni alla scoperta di Trento e dintorni, con indicazioni anche per abilità diverse ■ Visite guidate a Trento e attività sul Monte Bondone e nella Valle dei Laghi ■ Eventi e mostre in occasione del Centenario Grande Guerra (www.trentocultura.it ) Scopri idee vacanza e dove dormire, territorio ed enogastronomia, eventi e servizi su
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VEDERE A BOLZANO E BRESSANONE
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Il pittore di famiglia Nel Museo Mercantile e nel Museo Diocesano una grande mostra sui ritratti e i dipinti sacri e profani di Ulrich Glantschnigg bolzano e bressanone. All’inizio del XVIII secolo, le persone più in vista di Bolzano volevano essere ritratte da lui; spopolava anche nei luoghi della comunicazione di massa di allora, le chiese. In epoca barocca Ulrich Glantschnigg era l’artista più famoso dell’area. Il Museo Mercantile di Bolzano e il Museo Diocesano di Bressanone gli dedicano fino al 31 ottobre una mostra in due sedi, che ne documenta i diversi aspetti della copiosa produzione sia sacra che profana.
e rappresentano «Santa Caterina» e i «Santi Floriano ed Eligio». La terza opera custodita dal Duomo, l’«Adorazione dei Magi», non è stata spostata, ma si può ammirare in loco come un’ideale estensione della mostra. Altre opere pittoriche arrivano dall’abbazia agostiniana di Novacella e dall’abbazia Muri-Gries, dal convento dei francescani di Bolzano, da quello dei serviti di Volders in Tirolo e dal convento dell’ordine teutonico a Lana (alle porte di
Nel Museo Mercantile, sotto la curatela di Leo Andergassen e Lucia Nardelli, sono esposti i ritratti di personalità delle famiglie abbienti del tempo, come i von Eberschlager e i von Mayrl, conservati fino a oggi dagli eredi e concessi in prestito per essere eccezionalmente esposti in pubblico. Nel Museo Diocesano di Bressanone Johann Kronbichler ha invece riunito, per la prima volta, le diverse opere sacre dell’artista sparse nelle principali chiese dell’Alto Adige, frutto delle numerose committenze assolte. I dipinti d’altare provengono dalle Chiese parrocchiali di Merano e Tesimo, dall’abbazia di Marienberg, da San Giuseppe al Lago di Caldaro, due in particolare sono del Duomo di Bolzano
L’«Allegoria del commercio» di Ulrich Glantschnigg, del 1701, nella Cancelleria di Palazzo Mercantile a Bolzano; a destra una veduta della Cancelleria
Merano). Opere a tema sacro giungono, ancora, dal museo Ferdinandeum di Innsbruck e dal Museo Civico di Bolzano. Il principe vescovo affidò diversi incarichi all’artista. Nei
dipinti devozionali i temi iconografici più ricorrenti sono la «Madonna con Bambino», l’«Immacolata Concezione», l’«Adorazione dei Magi», l’«Adorazione dei pastori» e poi i santi Pietro, Maria Maddalena e Antonio. In ambito profano, invece, l’opera principale nel Museo Mercantile è costituita dalle sette allegorie del commercio e del diritto di cambio, che decorano il soffitto della Cancelleria del Palazzo. La mostra è impreziosita, dunque, dal fatto che Glantschnigg è parte integrante della storia dell’edificio: fu incaricato dal Magistrato Mercantile tra la fine del ’600 e l’inizio del ’700 di decorare il soffitto della stanza all’interno dell’articolata struttura barocca, allora in costruzione su disegno dell’architetto veronese Francesco Perotti. L’edificazione del palazzo testimonia che già all’epoca Bolzano era una città mercantile internazionale, grazie alla sua posizione geografica a ridosso dei valichi alpini di transito. Gli atti burocratici che diedero l’avvio ufficiale ai lavori di costruzione della sede mercantile furono promulgati nel 1635 dell’arciduchessa Claudia de’ Medici, reggente del Tirolo. Nel 1997 divenne sede espositiva, con l’apertura al pubblico del Museo Mercantile di proprietà della Camera di Commercio di Bolzano. Nel 2008 è stato aggiunto un ulteriore piano espositivo, dov’è di scena la famiglia Menz, che ebbe un ruolo fondamentale nella città di quel tempo e che fu ritratta da Glantschnigg. Che dipingesse scene religiose o profane, Glantschnigg prendeva a modello ciò aveva di fronte agli occhi: il vissuto. Caratteristica della sua pittura è il realismo della rappresentazione, tanto da essere considerato uno dei primi pittori di scene di vita quotidiana in Alto Adige. A ciò va aggiunta la sensibilità per il chiaroscuro, di matrice caravaggesca. La sua opera s’inserisce nel panorama delle esperienze di pittori come il tirolese Kaspar Waldmann di Innsbruck e il germanico attivo a Milano Giacomo Francesco Cipper, detto il Tedeschini. Per l’occasione è stato pubblicato il quinto quaderno della collana del Museo Mercantile, dedicato all’analisi storica e artistica delle opere di Glantschnigg. Il volume è curato da Leo Andergassen, Johann Kronbichler e Lucia Nardelli, i contributi scientifici sono dei tre curatori, di Silvia Spada Pintarelli e di Hanns-Paul Ties. L’acquisto del biglietto presso uno dei due musei consente l’ingresso ridotto nell’altro.
Museo Mercantile di Bolzano, Portici 39
Der Bozner Barockmaler Ulrich Glantschnigg 1661-1722 Il pittore barocco di Bolzano Esposizione delle opere profane 20.11.2013-31.10.2014 Museo Mercantile di Bolzano, Portici 39 Orario: 10.00-12.30 - chiuso domenica e festivi Info: 0471.945702 -
[email protected] Esposizione delle opere sacre 14.06.2014-31.10.2014 Hofburg Bressanone, Piazza Palazzo Vescovile 2 Orario: 10.00-17.00 - lunedì chiuso Info: 0472 830505 - www.hofburg.it
Il Palazzo Mercantile (1708-1729) è stato per oltre due secoli la sede storica del Magistrato Mercantile. Nell’edificio, proprietà della Camera di commercio di Bolzano e oggi museo, sono raccolte le preziose testimonianze dell’attività commerciale che ha contraddistinto la città nella sua storia millenaria. Il percorso si articola in due piani e nelle cantine dell’edificio. Al primo piano, nelle sale impreziosite da arredi, documenti originali e da una preziosa quadreria, viene illustrata la storia del Magistrato Mercantile (16351851). Il secondo piano è dedicato ad una delle famiglie mercantili più influenti nella Bolzano del ‘700, i Menz. Infine, completano la storia dell’edificio e costituiscono un tassello importante per la storia medioevale della città di Bolzano le cantine del XIII e XIV secolo sulle quali sorge il palazzo.
19 bolzano. È un simbolo controverso che fa parte della storia della città e ora un percorso di visita, aperto al pubblico dal 27 giugno, offre un’opportunità di comprensione. Il Monumento alla Vittoria è stato inaugurato il 12 luglio del 1928, immediatamente utilizzato dalla propaganda fascista nel progetto di forzata italianizzazione di quest’area di lingua tedesca, diventata parte dell’Italia alla fine della prima guerra mondiale. Dopo decenni di dibattito, gli ampi spazi della cripta (un’area di 700 mq) ospitano un percorso espositivo permanente, atto a contestualizzare il monumento all’interno delle vicende storiche della città e del territorio, occorse in particolare tra il 1918 e il 1945. Le tredici sale ripercorrono le tappe della politica locale messa in atto dal regime fascista (in ogni aspetto della società), il periodo di occupazione nazista dopo l’8 settembre del 1943 e la fine del fascismo; emergono anche le motivazioni che hanno portato al forte dibattito della città sul monumento, una discussione che prosegue fino ai giorni nostri. Una sezione è dedicata alla costruzione del monumento, eretto tra il 1926 e il 1928 dall’architetto Marcello Piacentini. Questo progetto di approfondimento si avvale di pannelli e supporti audiovisivi, è a cura di una commissione di studio composta da Ugo Soragni (presidente), Andrea Di Michele, Hannes Obermair, Christine Roilo, Silvia Spada Pintarelli, nominata in seguito a un accordo di programma sottoscritto dal Ministero per i beni e le attività culturali, dal Comune e dalla Provincia Autonoma di Bolzano. Grazie al nuovo percorso espositivo è possibile entrare in un monumento al quale finora non era possibile nemmeno avvicinarsi, visto che da molti anni era chiuso da una cancellata. Si può venire finalmente in contatto anche con le opere d’arte che corredano il monumento: un Cristo risorto in bronzo di Libero Andreotti, le sculture di Adolfo Wildt (nella foto un particolare del suo «Monumento a Fabio Filzi»), i bassorilievi di Pietro Canonica e due affreschi di Guido Cadorin nella cripta, la «Custode della Storia» e la «Custode della Vittoria».
Apriremo un museo nelle case semirurali È in allestimento nel quartiere Don Bosco un percorso sulla storia della vita popolare nelle Semirurali. Il Museo della Scuola si sposta nello storico edificio dell’ex Agnello bolzano. Semirurali corrisponde al quartiere costruito dall’Istituto Fascista Autonomo per le Case Popolari nella campagna di S. Quirino, al confine di allora della città, negli anni Trenta, contemporaneamente alla realizzazione della zona industriale. Fu un’operazione di estensione urbana legata al progetto d’italianizzazione forzata del territorio messo in atto dal regime fascista. Faceva parte di questo piano la migrazione indotta di popolazioni italiane da altre regioni verso il Tirolo meridionale, annesso all’Italia al termine della prima guerra mondiale e rinominato Alto Adige. Prima del 1938 questa zona era prevalentemente agricola. Oggi il quartiere delle Semirurali non esiste più; il quartiere, denominato Don Bosco, è stato ricostruito con una edilizia ad alta densità abitativa. Nella casa semirurale superstite, in via Bari 11, verrà realizzato un percorso espositivo permanente. L’inaugurazione è prevista per l’inizio dell’anno prossimo. L’allestimento consiste nella ricostruzione di un alloggio tipo delle Semirurali e in un racconto urbanistico, storico, culturale e sociale di uno spaccato di storia della città. Si affianca a ciò il «Percorso nella storia del quartiere», un progetto di Bambini su strada nel IV lotto delle museo diffuso volto Semirurali (1939)
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Entrare nel controverso monumento di Piacentini
VEDERE A BOLZANO
a far conoscere l’evoluzione di quest’area, non solo nel Novecento, ma dal Medioevo a oggi. Un sito archeologico riconduce, infatti, alla presenza di un monastero agostiniano di epoca medievale, che in seguito fu trasferito in un altro edificio di Bolzano, nel quartiere di Gries. Sul quartiere Don Bosco si era già soffermata l’attenzione del Museion, nel cui parco aveva scelto di costruire, nel 2003, il Piccolo Museion, il «Cubo» di Alberto Garutti, pensato come un luogo di contatto tra la città e il museo, come una vetrina in cui esporre a turno opere della collezione e progetti ad hoc. A raccontare la storia della città da un punto di vista molto particolare è anche un altro progetto museale atteso per l’autunno di quest’anno: il Museo della Scuola di Bolzano che si sposta nell’antico edificio dell’ex Agnello nel quartiere di Rencio e che in precedenza era ospitato all’interno della storica scuola Dante Alighieri. Nella nuova sede un allestimento aggiornato restituirà vent’anni di storia del museo, inaugurato nel 1995 come primo esempio del genere in Italia. Un piano espositivo sarà dedicato alla storia della didattica ripercorsa attraverso le varie materie: lo scrivere, il far di conto, la ginnastica e così via. Ci saranno, poi, la ricostruzione di un’aula d’epoca e un approfondimento sulle realtà scolastiche di Bolzano e provincia, dall’Ottocento a oggi, il tutto supportato da apparati interattivi e audiovisivi e da un ampio archivio fotografico. Il materiale proviene dalle scuole della provincia e, per quanto riguarda le foto, da collezioni private (al museo si accede su appuntamento attraverso visite guidate). Il nuovo Museo della Scuola è anche un luogo di sperimentazione per gli studenti. Gli alunni di quarta e quinta elementare delle scuole del quartiere Rencio, infatti, sono invitati a fare da guide: hanno seguito le fasi del nuovo allestimento e «adottato» un oggetto, che spiegheranno ai ragazzi in visita al museo.
Avevate già sentito un coro di 7mila voci? bolzano. Da Ala a Kufstein, dal sud del Trentino al confine nord del Tirolo austriaco, passando per l’Alto Adige, tutta l’area transfrontaliera è unita da un unico canto. Questo il progetto cui l’artista newyorkese Zefrey Throwell (nella foto durante un sopralluogo) lavora da un po’ di tempo, per la prossima edizione del festival Transart, a settembre. In primavera ha iniziato il reclutamento di 7mila cantanti, invitati a unirsi in una catena sonora umana. Throwell si è rivolto a cori e scuole musicali e ha lanciato l’invito dalle pagine dei giornali locali. La data dell’evento è il 14 settembre, giorno in cui è previsto anche un gran finale nella sede di Fortezza, tra Bressanone e il Brennero. Intitolata «Entropy Symphony: Movement 4», questa musica attraverserà il territorio, portatrice di un messaggio di unione e condivisione, proprio in un luogo di contatto tra culture e lingue differenti, che hanno vissuto,
La Hofburg di Bressanone, già sede dei principi vescovi brissinesi, ospita il Museo Diocesano che conserva preziose testimonianze della plastica e pittura medievale e barocca, il tesoro del duomo e una collezione di presepi.
nella loro storia, imposizioni e condizionamenti. La prima edizione del progetto di Throwell è stata una successione di venticinque performance, messe in scena come inaspettate snap actions, nel 2010 al Whitney Museum di New York. La seconda, a Berlino, prevedeva l’uso di trombe da stadio. La terza, il 15 febbraio 2012, ha innescato il suono di mille clacson nello stesso momento, il 15 di febbraio a Los Angeles, città divisa, secondo Throwell, tra riflettori e frustrazione. In quest’ultimo caso il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’istituzione no-profit Land. Transart, la cui direzione artistica è di Peter Paul Kainrath, è un festival di cultura contemporanea che ogni anno a settembre programma una serie di eventi in sedi varie della città e dintorni. Si va dalla musica al video, dalla performance alla danza, all’arte, con prime nazionali e prime assolute, eseguite in luoghi industriali
Mostre temporanee: Ulrich Glantschnigg 1661–1722 (fino al 31.10.2014) julia bornefeld. the burning supper (fino al 31.08.2014) Hofburg Brixen Bressanone Piazza Palazzo Vescovile 2 I – 39042 Bressanone mar–dom 10.00–17.00 t +39 0472 83 05 05 www.hofburg.it
quali ex Alumix di via Volta (già sede di Manifesta 7), Officine FS di via Macello e anche spazi come impianti idroelettrici e impianti termali o gli stessi boschi alpini. L’edizione 2014 è in programma dal 10 al 27 settembre. Specificamente dedicato alla musica classica è invece il Bolzano Festival, dal 27 luglio al primo settembre. Tale evento riunisce i concerti dell’Accademia Gustav Mahler con il festival, ad agosto, del concorso pianistico Ferruccio Busoni, che quest’anno compie sessant’anni. Le sedi sono teatri e chiese, Palazzo Mercantile e Museion.
VEDERE A BOLZANO, CALDARO, EGNA Gli affreschi del maniero medievale e una mostra temporanea sono dedicati alle leggendarie imprese del re e dei Cavalieri della Tavola Rotonda bolzano. Re Artù di Cornovaglia non è certo arrivato in città per la mostra temporanea che porta il suo nome, «Artus», fino al 2 novembre. Qui è di casa da secoli, protagonista dei cicli affrescati di Castel Roncolo. Il viaggio ideale dalla Cornovaglia a Bolzano avvenne nel Trecento e la mostra in corso approfondisce questo legame, anche attraverso manoscritti presentati per la prima volta al pubblico. Scene di vita cortese, episodi di caccia, tornei cavallereschi e momenti di vita quotidiana sono ritratti all’interno del castello in numerosi dipinti perfettamente conservati, tanto da rappresentare uno degli esempi più integri e ampi di decorazione medievale a soggetto profano, che valgono al castello la denominazione di «maniero affrescato». Le vicende di Artù e dei cavalieri della tavola rotonda facevano parte dell’immaginario collettivo europeo del tempo e questo re immaginario era comunemente preso come esempio del buon sovrano. All’interno di Castel Roncolo fu scelto per rappresentare i prodi e la rettitudine, ma l’ipotesi messa in luce dalla mostra è che i committenti degli affreschi, i Vintler, fossero venuti in contatto diretto con un’opera letteraria su re Artù. La sala affrescata detta «di Garello», all’interno della Casa d’estate del castello, è un esempio unico che ritrae le vicende su cui il Pleier scrisse nel 1230 il poema «Garello della valle fiorita», che inizia con il rapimento di Ginevra, la moglie di re Artù. In mostra vi è un foglio di questo manoscritto, datato 1330 e scovato per caso, perché utilizzato come foglio da macero per un altro libro, nella biblioteca dell’abbazia di Stams: Un dettaglio degli affreschi di Castel Roncolo raffiguranti re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda
originariamente risulta che arrivasse da Merano e i Vintler potrebbero averlo avuto tra le mani. Simile sorte è toccata anche ai fogli dei libri su Tristano e Isotta in mostra, scoperti nel museo Ferdinandeum di Innsbruck, usati come fogli da macero e ampiamente rappresentati negli affreschi del castello. Ben più antiche, del 1136, sono invece le pagine in latino della «Historia Regum Britanniae» di Geoffrey di Monmouth. Una storia dei re britannici con diverse tradizioni orali che fissò il canone di riferimento nella costruzione del mito di Artù e della figura di Merlino. A Castel Roncolo ne è presentato un frammento inedito. Gli affreschi furono voluti dal proprietario del castello, Franz Vintler, mentre la costruzione, su uno spuntone di roccia all’imbocco della Val Sarentino a nord di Bolzano, è riconducibile ai signori Vanga. Già nel Settecento l’imperatore Massimiliano I avviò il restauro degli affreschi nella Casa d’estate, iniziando il processo di manutenzione. Fu invece l’imperatore Francesco Giuseppe, nel 1893, a donare alcuni dipinti del castello al Museo Civico di Bolzano. È del 2009, infine, l’apertura al pubblico di questa struttura, divenuta parte della Fondazione Castelli di Bolzano con Helmut Rizzolli come presidente. Della Fondazione fa parte anche Castel Mareccio, un tempo circondato da un fossato e ora utilizzato come centro congressi. Anche qui compare una scena d’amore, tra Piramo e Tisbe, originaria delle «Metamosfori» di Ovidio ma ripresa in epoca medievale dai «Racconti di Canterbury» di Geoffrey Chaucer e, forse, trascritta anche da Shakespeare nel mito di Romeo e Giulietta. L’Alto Adige è una terra di castelli, ognuno ha la sua storia: molti sono di proprietà privata e numerosi sono quelli aperti al pubblico. A dare una panoramica del patrimonio fortilizio della provincia di Bolzano sono gli 86 plastici esposti a Castel Trostburg presso Ponte Gardena, nel Museo dei castelli dell’Alto Adige, dove ha sede l’Associazione dei castelli dell’Alto Adige, che gestisce anche Castel Taufers a Campo Tures. Seguito da un curatorium è invece il Castello di Castelbello a Castelbello-Ciardes, che ogni anno organizza due mostre, in primavera e in autunno; si è appena conclusa quella di Esther Stocker.
Le mostre personali nel Kunstforum Unterland egna (bz). Un borgo di origine mercan-
tile con una tipica via porticata, un’estesa tradizione agricola e una galleria d’arte contemporanea. È questo il binomio che lega Egna, un comune di 5.000 abitanti nella parte meridionale dell’Alto Adige, a pochi chilometri dal confine con il Trentino, alla Galleria della Bassa Atesina, in lingua tedesca Kunstforum Unterland. Si tratta di un matrimonio voluto dalla Comunità comprensoriale Oltradige Bassa Atesina, che dura dal 1997 senza interruzioni, grazie alla costanza di sei mostre all’anno, alla continuità della direzione affidata a Brigitte Matthias e a un board composto soprattutto da artisti. Il programma espositivo, costituito per lo più da mostre personali, è documentato da un catalogo che raccoglie i primi «quasi 10 anni» di attività. La galleria non si è mai legata a mezzi espressivi o tematiche, ha presentato molta pittura, la scultura di Herbert Meusburger e quella gardenese del legno di Walter Moroder, Gehard Demetz, Peter Demetz, le installazioni di Sylvie Riant e Josef Rainer, i disegni a matita di Verena Kammerer (su carta) e di Paul Thuile (su muro). In particolare si è soffermata sugli artisti della provincia di Bolzano, estendendo lo sguardo oltralpe, verso le nazioni di lingua tedesca, sempre rivolta all’arte di oggi. Unica eccezione è stata una mostra con le opere provenienti dalla collezione del Museion dedicata a Peter Fellin, artista scomparso, perfetta sintesi dello spirito del luogo: nato a Revò in Trentino nel 1920, cresciuto in Austria e sempre sospeso tra Alto Adige e mitteleuropa, le esperienze dell’espressionismo tedesco e gli sbocchi internazionali. La prossima mostra in programma fino al 20 settembre è una doppia personale, con due artisti residenti a Monaco: Peter Sauerer e Trude Freidrich. Le sculture in piccolo formato in legno e corda del primo incontreranno le tavole a bassorilievo della seconda (nella foto il loro lavoro «Graminacee»). L’annata espositiva si chiuderà poi con un’altra doppia personale, quella di Gino Alberti e Irene Hopfgartner, entrambi di Brunico ed entrambi formatisi in accademie italiane, uno a Firenze, l’altra a Venezia (a testimonianza che il flusso altoatesino non si spinge esclusivamente verso città germanofone). L’obiettivo di questo lungo percorso del Kunstforum è la divulgazione e la formazione all’arte contemporanea in un contesto non cittadino, Brigitte Matthias è convinta che «la remora di varcare la soglia di uno spazio espositivo sia equivalente in città come in paese, in entrambe le situazioni vi è certamente ancora da intraprendere qualcosa».
Nelle Carceri in due Il nome della Galleria Le Carceri è tratto dalla storia dell’edificio: realizzato da Claudia de Medici nel XVII secolo e sede, fino al 1970, delle celle carcerarie del tribunale distrettuale di Caldaro. Il restauro, progettato dall’architetto Günther Plaickner, ha mantenuto l’identità originaria del luogo, le sue dimensioni e le sbarre alle finestre, regalando all’area a sud di Bolzano, lungo la cosiddetta «strada del vino», uno spazio espositivo originale. A caratterizzarne la programmazione sono le doppie personali di autori contemporanei. Strategie di dialogo e confronto s’innescano all’interno delle celle tra due artisti, che, di volta in volta, sono invitati a misurarsi con una situazione specifica e a collaborare. Viene sempre invitato un artista altoatesino insieme a un collega di fuori regione o di oltralpe, come nel caso della francese Hélène Picard (nella foto la
caldaro (bz).
sua opera «Masque»), che accanto a Hubert Kostner è in mostra dal 18 luglio al 23 agosto. Kostner esprime visioni e stati d’animo legati alla dimensione alpina, che vive quotidianamente nella sua casa atelier d’alta quota progettata da Matteo Scagnol e Sandy Attia a Castelrotto, ai piedi del massiccio del Catinaccio. Sua l’opera realizzata per Dolomiti Contemporanee con 100 metri cubi di croda dolomitica e 1.600 metri di corda d’arrampicata. Dal 5 settembre sarà la volta di Maria Walcher e Luisa Roa. Una è nata a Bressanone e si è formata all’estero, l’altra è nata in Colombia a Bogotà e attualmente vive in Germania. Dopo essersi conosciute all’università di Weimar, si ritrovano in Alto Adige. Per questa occasione Luisa Roa presenta la sua prima mostra in Italia, per Maria Walcher, invece, è una delle rare apparizioni nei suoi luoghi d’origine.
GEFÄNGNISLECARCERI
GALLERIA
Caldaro Bolzano Alto Adige tel. +39 342 3727854
www.gefaengnislecarcerigalerie.it apertura: mar - dom ore 17.30 - 21
due artisti una mostra 1+1=1
2014
Gotthard Bonell & Ute Rakob Elisabeth Hölzl & Kiril Cholakov Hubert Kostner & Hélène Picard Maria Walcher & Luisa Roa
© PROPRIETÀ PRIVATA
C’è re Artù in Castel Roncolo
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Trenta Morandi e Pietracupa ora anche via web bressanone (bz).
Provengono da una collezione privata di Bolzano le trenta stampe originali di Giorgio Morandi esposte dal 4 luglio al 23 agosto nella Galleria Civica di Bressanone, «per rendere omaggio alla figura dell’artista nel cinquantenario dalla morte», sottolinea il direttore della Galleria e presidente del curtarium, Alex Pergher. Le stampe sono tutte datate 1970 e fanno parte di una serie della TREC-edizioni pregiate Vigorelli Zurlini. Il cofanetto contiene anche una selezione di paesaggi, ma il curatore ha scelto di focalizzarsi esclusivamente sulle nature morte. È il secondo appuntamento di quest’anno dedicato ai protagonisti dell’arte italiana del secolo scorso: a gennaio la rassegna «Collection» ha presentato nella Galleria Civica opere di Giorgio de Chirico, Renato Guttuso, Mario Schifano, Fortunato Depero, Vanni Viviani, Luca Alinari, Peter Fellin, Karl Plattner, Willy Valier, Adolf Vallazza e Giuseppe Zoppi. Non manca però l’attenzione alle eccellenze della produzione artistica dell’area, dal 5 al 27 settembre è di scena Marco Pietracupa (nella foto la sua opera «fir fir»), con «I know what you mean», la prima personale nella sua città, dove torna raramente. Il fotografo ha lavorato a lungo a Milano e ora vive a Parigi. Le sue fotografie di moda sono realizzate da precisi punti di vista, capaci d’innescare inattese combinazioni tra forma e posizione. Suoi sono anche ritratti di icone del mondo dell’arte e dello spettacolo, come Massimiliano Gioni e Juliette Lewis. Le Dictateur a Milano gli ha dedicato una personale un paio di anni fa, a cura di Gianluca Cantaro, e attualemnte è in mostra nella Brownstone Foundation di Parigi, con un corpus di opere realizzate in Africa. A inizio 2014, dopo aver festeggiato i sei anni dall’apertura e i 13.500 visitatori (del 2013), la Galleria ha ampliato la sua strategia di comunicazione con un sito web nuovo di zecca: «Abbiamo voluto aspettare che la Galleria divenisse una realtà consolidata e conosciuta. Il momento è arrivato, e ora non possiamo che essere soddisfatti», afferma Pergher.
VEDERE A BRESSANONE E BRUNICO Pop italiano in compagnia austroungarica Nel Museo Civico di Brunico con il Tardogotico della collezione Tinkhauser espongono gli artisti Pop e i designer italiani brunico (bz). Immagini popolari, icone, simboli della vita di ogni giorno: anche in Italia la Pop art ha pervaso la scena artistica dalla fine degli anni Cinquanta. Ad analizzare tale fenomeno è la mostra «Italian Pop art», nel Museo civico di Brunico dal 5 luglio al 26 ottobre, attraverso la selezione di una quarantina di opere provenienti dalla collezione del CSAC di Parma, il Centro studi e archivio della comunicazione. La scelta è a cura di Doloris Gloria Bianchino. Gli artisti in mostra sono Mario Schifano, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Valerio Adami, Concetto Pozzati. Poi ci sono Fabio Mauri, con un assemblaggio di ready made del 1959-60 intitolato «Cassetta: Objets achetés», un decollage di Mimmo Rotella e un divertente lavoro degli anni Settanta di Fabrizio Plessi «Spugna d’emergenza. In caso di alta marea a Venezia»: una tela emulsionata dove l’oggetto popolare della spugna gialla campeggia in dimensioni monumentali nel centro di Piazza San Marco. Ci sono ancora quattro stampe fotografiche a colori di Luigi Ghirri, datate tra il 1970 e il 1971. Dello stesso anno è anche l’opera tridimensionale, un uovo di pino del Paranà, di Joe Tilson, l’unico straniero italianizzato in mostra: fu consacrato in Italia, con la partecipazione alla 32ma Biennale di Venezia. Il percorso prosegue con gli esiti che unirono, in quegli anni, il mondo dell’arte e del design. Sono esposti un box luminoso di Archizoom Associati intitolato «No-Stop City. No-Stop Theater» e sei disegni a matita di Ettore Sottsass della serie «Il pianeta come festival», riferiti ad altrettante architetture immaginarie. La città senza fine di Archizoom è un’ipotesi urbana totalmente priva di struttura e architettura, un territorio continuo, aperto, raso che, in alcune occasioni, prosegue in opere, vignette, fotomontaggi. Anche le costruzioni disegnate da Sottsass sono pure visioni. Evocano riti di massa, con templi, stadi per concerti e un «Tetto sotto il quale discutere». Immagini emblematiche anche dei riti di massa mediatici. Oltre alla programmazione di mostre temporanee, il Museo
La religiosità di ieri e di oggi Sono molteplici le interpretazioni della cristianità proposte dal Museo Diocesano di Bressanone bressanone (bz). Una ricca collezione storica, un’esposizione d’arte contemporanea e alcuni progetti in collaborazione con altri due musei, segnano l’estate del Museo Diocesano. Per tutto luglio e agosto, ogni mercoledì alle 20.30, le visite guidate partono dal cortile interno rinascimentale, decorato con le terrecotte di Hans Reichle. L’edificio originario venne costruito nel XIII secolo, come sede del Palazzo vescovile (Hofburg in tedesco), fu arricchito nel Seicento del cortile e rinnovato nel Settecento in stile barocco. Il palazzo apre le porte a Julia Bornefeld, artista di Brunico, nata a Kiel (in Germania), di cui è esposto, fino al 31 agosto, il progetto «The Burning Supper». Fulcro dell’intera mostra è una fotografia di grande formato, racchiusa in una cornice di legno combusto. Legato alle fiamme è anche il soggetto dell’immagine: la performance di una personale interpretazione dell’Ultima cena. Non è la prima volta che il museo, diretto da Johann Kronbichler, accoglie i linguaggi della creatività contemporanea; numerose sono state le esperienze di collaborazione con gli attori della cultura del territorio. Un esempio è il progetto «Collezionare unisce. Museion nei musei», nell’ambito del quale, dal 18 maggio, una selezione di opere della collezione del Museion è stata collocata all’interno di dodici musei dell’Alto Adige, tra cui il Diocesano. Questo progetto porta a Bressanone, per un’intera stagione espositiva, le opere fotografiche del sudafricano Santu Mofokeng, scattate in caverne montane in cui si celebrano messe cristiane. Mofokeng racconta, così, una cultura cristiana distante da qui, vissuta in stretto contatto con la natura. Una forma di religiosità intima e spontanea emerge anche nella collezione di presepi dell’Hofburg, avviata dal principe vescovo Karl Franz von Lodron (1791-1828). Fu lui a commissionare ai fratelli August Alois e Josef Benedikt Probst di Vipiteno, oltre 4.000 figurine in legno di cirmolo che narrassero le scene delle Sacre Scritture e fu lui a chiamare dal Tirolo del nord lo scultore Franz Xaver Nissl per realizzare un presepe natalizio e uno quaresimale. In seguito sono confluiti presepi di fattura genovese, napoletana, siciliana, e molti altri. L’esposizione permanente ospita invece la collezione Unterberger, composta da opere di artisti tirolesi dell’Ottocento, come Franz von Defregger, Albin Egger-Lienz, Franz Richard Unterberger e Alexander Koester. Il periodo tardo romanico è documentato da sculture lignee dipinte di crocifissi, statue mariane e altari a portelle; tutti di artisti locali: il maestro Leonhard da Bressanone, Hans Klocker, Jörg Lederer. Al centro del percorso espositivo vi è, infine, l’epoca barocca, rappresentata dalle statue di Adam Baldauf e dalle tele a olio di Stefan Kessler, Franz Sebald Unterberger, Johann Georg Grasmair e Paul Troger. Autore barocco è anche Ulrich Glantschnigg, al quale il museo dedica fino al 31 ottobre una mostra realizzata in collaborazione con il Museo Mercantile di Bolzano (cfr. articolo a p. 18).
© CSAC PARMA
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Mario Schifano, «Senza titolo (Futuristi rivisitati)», 1965
civico di Brunico possiede una collezione permanente con opere storiche dell’area. La costituzione dell’associazione che ha dato il via al Museo porta la data del 1912 e il timbro dell’impero austroungarico; il patrimonio iniziale era costituito dalle collezioni di Johann Nepomuk Tinkhauser (1787-44) che il Comune di Brunico aveva appena acquistato. Ma nel 1940 tutto fu trasferito a Bolzano, per esigenze di accentramento impartite dall’alto. Solo cinquant’anni dopo, nel 1990, si ricostituì un’associazione pro-museo e cinque anni più tardi ci fu l’apertura del nuovo museo. Incastonato tra le case dell’originario centro rurale, festeggerà vent’anni il prossimo anno, arricchito da una storia che affonda le radici lontano nel tempo e dall’aspirazione dell’ampliamento della sede. La collezione Tinkhauser si trova al piano terra, in una sala dedicata al tardo gotico prodotto in quest’area del territorio altoatesino, la Val Pusteria. Spiccano la chiave di volta con busto d’angelo (1459 ca.) di Michael Pacher e la pala d’altare dei fratelli Simon e Veit von Taisten proveniente da Castelbadia, realizzata trent’anni più tardi. Numerosi i lasciti e depositi successivi, non ancora mostrati al pubblico.
© I GIARDINI DI CASTEL TRAUTTMANSDORFF
VEDERE A MERANO Petali nuziali nei giardini di Sissi Eros botanico, architetture sospese e il Touriseum nel Castel Trauttmansdorff dove nel 1870 soggiornò Elisabetta d’Austria e da una visione a sbalzo sulla vallata, sulla conca di Merano, la stessa su cui si affaccia anche la terrazza panoramica sospesa «Binocolo», dell’architetto Matteo Thun. Aperti nel 2001, i giardini ospitano ogni anno oltre 400mila visitatori, sono stati giudicati «Parco più Bello d’Italia» nel 2005, «Parco d’Europa numero 6» l’anno successivo e nel 2013 sono stati premiati come «Giardino Internazionale dell’Anno» alla International Garden Tourism Conference di Toronto. Il Castello ospita un’altra struttura innovativa: il Touriseum, museo provinciale del turismo. Duecento anni di turismo alpino, in particolare di Merano e dell’Alto Adige, sono ripercorsi in 20 sale, cui si è aggiunta quest’anno una sezione che ricostruisce i cambiamenti e le evoluzioni degli ultimi 15 anni. Gli spazi della Rimessa alternano, invece, mostre temporanee su botanica e turismo. Inizialmente fortezza neogotica, il castello è stato modificato, fino a ospitare una sala stile neorococò. Poi, nel corso dei secoli, è stato vittima di lunghi periodi di abbandono. Il conte Joseph
La struttura architettonica «Binocolo» realizzata da Matteo Thun nel 2001
Trauttmansdorff, originario della Stiria, venne a Merano nel 1847, lo acquistò semidiroccato e lo restaurò, ampliandolo sino alle dimensioni attuali. La storia del castello, situato sul confine orientale della città di Merano, con lo sfondo del gruppo montuoso di Tessa, è legata anche a quella dell’ippodromo di Merano. Il proprietario successivo, il barone Friedrich von Deuster, era vicepresidente della direzione dell’ippodromo e nella sala neo-rococò, che aveva fatto costruire, celebrava le vittorie equestri alla fine dell’Ottocento. Il castello ospitò anche Sissi, l’imperatrice Elisabetta d’Austria, nel 1870, per quasi un anno intero, le passeggiate nei giardini portano ancora il suo nome e la sua testimonianza. Il barone Deuster fece realizzare un trono monumentale in marmo bianco, lungo tre metri, dedicato a Sissi.
Architetture utopiche e reali costruite in montagna merano (bz).
Progetti sognati e progetti realizzati sono di scena nella Kunst Merano Arte, con due mostre dedicate all’architettura. La prima è «Alpi
Architettura Turismo.
L’esempio altoatesino», la seconda «Alpi, luoghi da sogno
proiezioni e progetti utopici nelle Alpi», entrambe fino al 7 settembre. Quest’ultima presenta ventidue proiezioni e progetti utopici, scelti da Susanne Stacher, relativi alle montagne alpine e risalenti agli ultimi cento anni. È affrontato il rapporto tra uomo e natura: dalla fascinazione alla brama di sfruttamento, dalle prime ascese sulle cime al turismo di massa. Figurano il progetto di Adolf Loos per un hotel sul Semmering in Austria, il cui modello fu esposto nel Salon d’Automne di Parigi nel 1920; la funivia immaginata da Gio Ponti per una funivia da Bolzano a Cortina attraverso le Dolomiti, dei primi anni Quaranta, o il bivacco progettato da Ross Lovegrove nel 2009. Tutte realizzate sono invece le ventitré architetture presentate nell’altro percorso espositivo, a cura di Susanne Waiz e focalizzato sull’Alto Adige. Anche in questo caso rimane centrale il rapporto tra uomo e ambiente naturale. Hotel, case vacanza, ristoranti, funivie e piattaforme di osservazione del paesaggio sono presentati attraverso immagini, documentazioni fotografiche, progetti e modelli, ma anche apparati testuali e nove stazioni audio con interviste agli albergatori. La mostra è articolata in tre sezioni, incentrate su architetture storiche e attuali e infrastrutture funzionali al turismo. Alcuni di questi progetti, per la loro posizione, sono già molto conosciuti. Ne è un esempio la funivia Merano 2000 (nella foto) progettata da Roland Baldi (con la quale ha vinto il Premio d’Architettura Alto Adige 2013), documentata in mostra da uno scatto del fotografo Oskar Da Riz, l’area di sosta Lanz a Sciaves progettata da Walter Angonese e gli sporti panoramici sul paesaggio lungo la strada di Passo Rombo, realizzati nel 2010 da Werner Tscholl come sculture architettoniche. Parallelamente alla mostra, la Kunst Merano Arte sviluppa anche una piattaforma informale di confronto attivo, invitando albergatori e operatori del settore a confrontarsi con gli architetti attivi sul territorio: gli appuntamenti sono ogni martedì, mercoledì e giovedì fino al 31 luglio e dal 26 agosto al 4 settembre. La convinzione è che il settore turistico sia quello che influenza di più il paesaggio, in particolar modo in un territorio e in un’economia come quelli dell’Alto Adige. La mostra è realizzata in collaborazione con una lunga serie di istituzioni tra cui Fondazione Architettura Alto Adige, Accademia Europea di Bolzano EURAC,
Azienda di soggiorno di Merano e
Touriseum di Merano.
© KURHAUS E TEATRO DI MERANO, SETTIMANE MUSICALI MERANESI
merano (bz). Non dobbiamo pensare al mondo naturale come allo sfondo statico dell’evoluzione. Noi influenziamo la natura, che a sua volta influenza noi e tutti gli aspetti del vivere. L’arte imita della natura l’uso delle forme e dei colori e anche le reazioni culturali e sociali che essi suscitano. I Giardini di Castel Trauttmansdorff, che riassumono l’essenza di Merano come «città giardino», raccontano il fenomeno dell’attrazione e dell’innamoramento attraverso le piante. Tramite colori, profumi e forme i fiori assicurano la sopravvivenza della propria specie, attirano gli insetti e instaurano una stretta complicità con il mondo animale. Nella vita dell’uomo a ogni stato d’animo corrisponde un colore, un fiore, un’essenza. Nella mostra «Amore in fiore. L’Eros nel mondo vegetale», ospitata negli spazi della Rimessa di Castel Trauttmansdorff fino al 15 novembre, un percorso cronologico nel cortile interno scandisce le tappe del processo dell’evoluzione sessuale in botanica. Si snodano quindi due sezioni espositive, su due piani. Una affronta gli aspetti biologici della sessualità dei fiori, non si ferma all’aspetto scientifico e didascalico, ma evoca piuttosto immagini legate alla definizione del naturalista svedese Linneo, secondo cui «I petali dei fiori fungono da letto nuziale». L’altra sezione, invece, è un viaggio tra leggende, riti e tradizioni che hanno come ingredienti comuni elisir d’amore e afrodisiaci. A questo tema sarà dedicato l’incontro del 22 agosto con Christian Rätsch e Claudia Müller-Ebeling, autori del libro «Lexikon der Liebesmittel» (2003). La mostra si completa con l’esperienza degli estesi giardini, aperti da aprile a novembre con un fitto calendario di eventi, tra cui serate di musica, cocktail open air, le «Colazioni da Sissi» e per tutta l’estate, ogni venerdì, ingresso dalle 18.00 alle 23.00 a tariffa ridotta con visita guidata alla mostra. In dodici ettari di estensione, che costituiscono il patrimonio del castello, sono ospitate 5.800 specie. Il percorso si snoda lungo terrazzamenti su 100 metri di dislivello, con 80 diversi paesaggi dedicati ai «Boschi del mondo» (dall’America all’Asia) e alla dualità propria del nostro territorio (da un panorama sulle vegetazioni alpine e altoatesine ai quadri mediterranei). A questi si aggiunge un’estesa serra tropicale. La presenza dell’acqua è costante; i giardini sono caratterizzati dalla continua variazione stagionale, nell’ottica del «giardino in movimento» attuato dai botanici del Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg, che cura questo giardino botanico provinciale. Lungo il percorso, una serie d’installazioni d’arte contemporanea amplifica gli elementi e i fenomeni naturali: undici padiglioni realizzati dall’artista altoatesina Margit Klammer con il design di Wolfram Pardatscher. Porta la loro firma anche «La voliera», caratterizzata dal contatto diretto tra volatili e visitatori
Cura del corpo con sottofondo musicale La Kurhaus, nata come struttura termale, oggi è un centro culturale merano (bz). Sulle sponde del fiume Passirio ci sono due simboli dell’identità termale della città, da una parte la struttura architettonica delle terme di Matteo Thun, dall’altra la Kurhaus, che compie cento anni. Merano si è scoperta «città di cura» all’inizio dell’800, la sua storia è fortemente legata a quella di Vienna, capitale dell’impero austroungarico. Viennese era il dottor Johann Nepomuk Huber, che nel 1837 scrisse l’opuscolo «La città di Merano in Tirolo, i suoi dintorni e il suo clima, con osservazioni sulla cura del latte, del siero del latte e dell’uva e sulle vicine sorgenti minerali», diffondendo in Europa la fama del centro termale. Di lì a poco fu aperto il primo centro di cure e a fine secolo nacquero i primi alberghi esclusivi. Risale invece agli inizi del secolo successivo il simbolo di Merano: la Kurhaus, con le sue decorazioni jugendstil. La prima Kurhaus è datata 1874, progettata in stile neoclassico da Josef Czerny. Presto ci fu l’esigenza di rinnovare e ampliare l’edificio. Le nuove sale furono commissionate all’architetto Friedrich Ohmann, esponente della Secessione viennese. Nacquero così la Kursaal e la Rotonda,
terminate nel 1914, mentre le fasi successive di ampliamento, commissionate all’architetto della capitale, furono interrotte dallo scoppio della guerra. Ci sono grandi finestre, stucchi, affreschi, statue allegoriche all’esterno e la cupola, visibile da lontano. Le opere sul soffitto della sala principale e della cupola sono degli artisti viennesi Rudolf Jettmar, Alexander Rothaug e del trentino Horazio Gaigher. Si tratta di figure femminili che evocano la mitezza del clima, la salubrità delle acque e la luminosità del cielo, incorporando la commistione, tipica del territorio, tra mondo mediterraneo e mitteleuropeo. Un’altra icona viennese legata a Merano è Sissi, che soggiornò a lungo in Castel Trauttmansdorff, nel 1870 e negli anni successivi. L’architetto Ohmann progettò nel Volksgarten di Vienna un monumento dedicato all’imperatrice Sissi. La Kurhaus è stata ristrutturata nel 1974 su progetto di Lilli e Willy Gutweniger, in occasione dei 140 anni di «Merano città di cura» e dei 100 anni della prima Kurhaus, diventando il luogo ideale per gli eventi culturali della città, ogni fine estate, per esempio, ospita, da 29 edizioni, le
La Rotonda della Kurhaus di Merano
Settimane Musicali Meranesi (www.meranofestival.com), che quest’anno si svolgono dal 25 agosto al 23 settembre. I concerti sono suddivisi in cinque sezioni: «classic», «colours of music», «matinée classique», «vox humana» e «soireen». Tra gli ospiti spiccano orchestre internazionali provenienti da Russia, Brasile, Messico, Inghilterra, Francia e Repubblica Ceca. Queste ultime due saranno dirette, rispettivamente, da Daniele Gatti (per l’Orchestre National de France) e da Jiri Belohlavek. A inaugurare e chiudere il programma sarà, invece, la Corea del Sud: con la Seoul Philharmonic Orchestra diretta da Myung-Whun Chung e la Suwon Philharmonic Orchestra, fondata oltre trent’anni fa.
Universo botAniCo trA nAtUrA, CUltUrA e Arte
adagiati su un anfiteatro naturale a est di merano, questi giardini “tridimensionali” si estendono su un dislivello di oltre 100 m: un percorso terrazzato con vista spettacolare sul parco, la città e le montagne. i giardini di sissi a Castel trauttmansdorff presentano 80 ambienti botanici con piante da tutto il mondo: i boschi del mondo in cui vengono ricreati in miniatura i boschi tipici dell’america e dell’asia, i giardini del sole che svelano affascinanti scenari di vegetazione tipica della zona mediterranea, i giardini acquatici e terrazzati caratterizzati da suggestive gradinate, corsi d’acqua e dal laghetto delle ninfee, e una ricostruzione dell’ambientazione locale, i paesaggi dell’alto adige, con frutteti, vigneti, un orto contadino e molti altri scorci tipici della regione altoatesina.
Città di Confine CroCevia di genti e Culture le Cui testimonianze albergano nei Castelli, nei musei e per le strade l’effervescenza culturale di merano è figlia della sua storia. Crocevia commerciale sin dal medioevo e località turistica di risonanza continentale dalla seconda metà dell’ottocento, ha ospitato mercanti, alte borghesie, teste coronate. in dote hanno portato tendenze culturali e avanguardie artistiche, la cui eredità si manifesta oggi nelle vetrine museali, nell’atmosfera mitteleuropea ma con influenze mediterranee, così come nel calendario di iniziative, sostenute da un dinamico tessuto associazionistico. in particolare a cavallo fra XiX e XX secolo, le aristocrazie giungevano qui per lunghi soggiorni terapeutici; era necessario dar loro di che svagarsi, e l’azienda di soggiorno si prodigava nell’organizzazione di eventi: un lavoro che prosegue ancora.
tra arte e natura, i giardini ospitano attrazioni sorprendenti, quali 10 padiglioni artistici, che offrono un approccio privilegiato e insolito alla scoperta dei fenomeni naturali, il binocolo di matteo thun, una piattaforma panoramica coi gradini che conducono verso l’alto in direzione del cielo, la voliera, la grotta, e il regno sotterraneo delle piante e molto altro. architettura antica e moderna si fondono offrendo splendidi contrasti all’interno del parco, diverse sculture valorizzano artisticamente i diversi ambiti del giardino, manifestazioni ed eventi durante tutta la stagione trasmettono la natura, la pianta, attraverso gastronomia e musica locali, nazionali ed internazionali, mostre temporanee trasmettono la botanica in modo didattico e multimediale: quella attuale, “amore in Fiore – l’eros nel mondo vegetale”, svela ai visitatori come i fiori possono sedurre, illudere e lavorare in team con la fauna. la pianta è al centro e si muove in tutte le sue dimensioni in questi giardini in movimento, un connubio unico tra natura, cultura e arte. premiati come “giardino internazionale dell’anno 2013”, i giardini di Castel trauttmansdorff meritano di essere visitati più volte per scoprire il fascino sempre diverso di forme e colori. la stagione inizia con la fioritura di 400.000 tulipani, narcisi e altre bulbose, seguite da circa 500 varietà e specie di rododendri e peonie. a fine maggio fioriscono le rose inglesi e in giugno la lavanda, poi nell’oliveto si impone la macchia gialla festosa dei girasoli. in autunno i giardini si illuminano di spettacolari colori. al centro del giardino, si erge imponente Castel trauttmansdorff, luogo amato dall’imperatrice elisabetta, detta sissi, oggi sede del touriseum, il museo provinciale del turismo, che illustra 200 anni di storia del turismo tirolese.
segni della tradizione albergano fra le mura dei castelli, spesso dimora di collezioni: è il caso di Castel tirolo, costruito nel secolo Xi e occhieggiante sulla valle dell’adige, sede del museo storico provinciale dove si ripercorrono le vicende del territorio. o di Castel trauttmansdorff dove il touriseum offre un viaggio a tappe del turismo altoatesino, mentre attorno al maniero si estendono i magnifici giardini. Castello Principesco, alle spalle del palazzo comunale, è invece un piccolo gioiello: residenza dei principi del tirolo dal 1470, conserva mobili d’epoca, armi e strumenti musicali antichi. non solo i castelli custodiscono testimonianze: in un antico convento, il Museo delle donne rievoca 200 anni di usi e costumi femminili, mentre Merano Arte, in ambienti ricavati sotto i portici medioevali, mantiene costantemente aperta una vetrina sulle tendenze artistiche contemporanee. Quest’estate, in particolare, la mostra “alpi architettura turismo” presenta le architetture del settore turistico, dalla semplice pensione all’hotel di lusso, dalle stazioni della funivia ai rifugi di montagna. tra gli esempi selezionati, strutture di alberghi e ristoranti di nuova costruzione ma anche realtà site in edifici storici. rimanendo in tema, merano è un rincorrersi di architetture a partire dai portici, il cuore della città, corridoio commerciale di 400 metri voluto da mainardo ii nel 13° secolo. i negozi moderni alloggiano in antiche mura, affacciano su nascosti cortili interni e si raggiungono percorrendo scalinate e passaggi. all‘estremo superiore dei portici si innalza il duomo di san nicolò, patrono della città, e alle sue spalle sorge palazzo mamming dove, in un edificio carico di storia e arte riportato agli antichi splendori, prossimamente sorgerà il nuovo Museo civico.
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VEDERE A MERANO
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Il castello ora è di tutti gli europei Il direttore di Castel Tirolo, Leo Andergassen, punta sul significato storico del suggestivo edificio merano (bz). Castel Tirolo racchiude la storia complessa, remota e recente, del territorio. Il direttore Leo Andergassen spiega il ruolo che questa sede culturale vuole avere nella formazione di una coscienza storica e sociale che coinvolga anche il Trentino e il Tirolo, in un’ottica europea. Per lei che cos’è un museo? Un posto dove la cultura è viva: ci sono molti modi per fare cultura, direttamente e indirettamente visibili. Castel Tirolo è il luogo in cui possono essere ricondotte le tappe importanti della nostra storia trascorsa insieme, è la cerniera dove il passato si combina con il presente, così creativo. Quali sono i progetti di Castel Tirolo? Nei prossimi anni verranno a galla ripetutamente questioni che ruotano
attorno alla memoria della prima guerra mondiale, ma non ci sarà una mostra dedicata in maniera specifica alla Grande Guerra. Nelle autocromie di Heinrich Kühn, ora in mostra, nei suoi primi tentativi di fotografia a colori in Tirolo, si vede dal vero l’atmosfera della fine de siècle. Con Robert Musil abbiamo un giornalista autentico che ci porta nel vissuto della stessa guerra. La letteratura diventa veicolo di storia. Per il 2016 il castello rivelerà se stesso, saranno presentati i risultati dell’analisi strutturale, un’eccitante avventura che mostra come l’edificio in sé sia un libro di storia. Come si sviluppa un’offerta culturale? Bisogna avere sempre in mente il destinatario, i molteplici destinatari. Per me è importante il lato emotivo riferito alla coscienza storica. Castel Tirolo è un luogo dove si può rivivere la storia europea. La musica, la
letteratura, l’arte diventano testimoni della storia e delle esperienze. Il visitatore qui è il re, perché il conte non esiste più da molto tempo. Com’è strutturato il rapporto con gli spettatori? Nella Provincia autonoma di Bolzano, Castel Tirolo è il Museo provinciale storico-culturale. Si tratta quindi di una piattaforma, dall’approccio geniale e immediato, con compiti significativi nella formazione di una coscienza storica. Vogliamo mantenere questo ruolo e continuare ad approfondirlo in maniera sempre nuova. Il castello ha un alto valore simbolico che coinvolge anche il Tirolo e il Trentino. Qual è il suo obiettivo più importante? Creare attraverso una produzione culturale ricca di contenuti, un ponte con tutte le realtà interessate, in particolare con le scuole, per costruire una coscienza europea in un territorio, assai piccolo, ma ben posizionato nel sistema di coordinate dello sviluppo dell’Europa. Il passato non serve se non è capito, solo attraverso la sua comprensione si può sviluppare consapevolezza e la via è quella della diversità.
Proprio qui Heinrich Kühn scattò le prime foto a colori merano (bz).
L’autocromia è il procedimento fotografico a colori brevettato dai fratelli Lumière nel 1903 e commercializzato nel 1907. In quello stesso anno, e fino allo scoppio della Grande Guerra, Heinrich Kühn (di Dresda) ne sperimentò l’utilizzo nel Tirolo del Sud. Castel Tirolo Museo provinciale storico-culturale (nella foto), diretto da Leo Andergassen, dedica a questo pioniere la mostra «Il fragile paradiso. Heinrich Kühn e la prima fotografia a colori», fino al 30 novembre. Kühn portò la pratica avanguardistica del colore in regione, fissando la vita e i paesaggi di allora: scene familiari, ritratti e uscite nella campagna altoatesina. I colori sulla lastra erano ottenuti distribuendo uno strato di materiale filtrante (fecola di patate) di tre colori. Il risultato era un mosaico di cromie che permetteva di mettere a fuoco l’immagine similmente al puntinismo in pittura. Kühn definiva la fotografia «una rappresentazione pittorica espressa in toni pieni che confluiscono l’uno nell’altro». Le lastre esposte sono 70, cui si aggiungono riproduzioni
cromaticamente fedeli; arrivano dalla Österreichische Nationalbibliothek di Vienna, che conserva quasi due terzi delle autocromie di Heinrich Kühn. La mostra è resa possibile dalla Durst, l’azienda altoatesina leader nei nuovi sistemi di stampa fotografica. Per l’occasione Markus Heltschl ha realizzato un film in lingua tedesca, sottotitolato in italiano. Con lo scoppio della guerra Kühn smise di guardarsi intorno, si concentrò sulla scrittura e sullo sviluppo e sperimentazione della tecnica fotografica, di cui elaborò numerose varianti. La Grande Guerra, di cui cade quest’anno il centenario dello scoppio, è indiretta protagonista anche dell’altra mostra ospitata nel castello, incentrata sullo scrittore austriaco Robert Musil, che partecipò al conflitto come graduato, sul fronte italiano, di stanza nel Tirolo del Sud a Bolzano e nel Tirolo italiano in Valsugana. La mostra «Il canto della morte», dal 9 agosto al 30 novembre, ricostruisce l’esperienza biografica dell’autore, esponendone diari, lettere e oggetti personali, grazie a una collaborazione
con la fondazione Literaturhaus di Monaco. Le mostre temporanee sono allestite nell’ala che un tempo ospitava i locali di servizio. Il castello racchiude sorprese architettoniche, come le chiese paleocristiane rinvenute nel fortilizio antemurale, i due portali del palazzo meridionale, mirabile esempio di scultura romanica, e le due cappelle, inferiore e superiore, dove è custodita la coppia dell’altare a portelle più antico dell’arco alpino, datato intorno al 1370. Il percorso permanente è un excursus sul passato dell’Alto Adige e del castello, partendo dai ritrovamenti archeologici della zona, passando per il dominio asburgico e arrivando a oggi. Una sezione speciale al secondo piano del palazzo orientale è riservata alla storia locale del diritto e ripercorre attraverso quattro ambiti tematici (economia, diritto, ordine e sistemi di difesa) le tappe dello sviluppo del sistema territoriale autonomo.
Storia e cultura
Orario 19.03.–08.12.: ore 10.00–17.00 01.08.–31.08.: ore 10.00–18.00 Giorno di chiusura settimanale: lunedì www.casteltirolo.it
Südtiroler Landesmuseum für Kultur- und Landesgeschichte Schloss Tirol
Museo storico-culturale della Provincia di Bolzano Castel Tirolo
VEDERE A ORTISEI
Nella biennale dolomitica Beatrice vuole che lavorino il legno
Balocchi ladini e le stanze del cineasta
Alla quarta Biennale della Val Gardena sono stati invitati cinque artisti a una condizione
Il Museo della Val Gardena espone giocattoli di legno, sculture, dipinti, documentari e reperti archeologici
ortisei (bz). Nel cuore dell’Alto Adige, delle Dolomiti, della cultura ladina e della tradizione di scolpire il legno, la Biennale della Val Gardena, in lingua ladina Biennale Gherdëina, rivolge lo sguardo alla vocazione creativa del territorio. Il curatore è Luca Beatrice, critico torinese che succede a Günther Oberhollenzer, curatore della scorsa edizione. Sono cinque gli artisti invitati: Chris Gilmour, Velasco Vitali e tre altoatesini, Sonia Leimer, Willy
Una simulazione del progetto di Bruno Walpoth
Verginer e Bruno Walpoth. A ognuno di loro è stata data un’unica e precisa indicazione: adottare il legno come mezzo espressivo. Alcuni avevano già dimestichezza con tale materiale. Bruno Walpoth e Willy Verginer sono artisti gardenesi attivi all’interno di questa tipica tradizione del loro luogo d’origine. Walpoth rivolge l’attenzione alla figura umana, Willy Verginer, invece, ha scelto di evocare il legame con la
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sua terra, scolpendo simboliche radici. Sonia Leimer, meranese attiva a Vienna, ha realizzato un’opera in cui il legno comunica un contenuto concettuale. Velasco Vitali ha progettato un lavoro che mette in evidenza l’anima leggera del legno, utilizzato per costruire una nuova mongolfiera della serie «Aria II», iniziata lo scorso anno ma finora realizzata solo con sottili fogli di metallo. Per Chris Gilmour, inglese di origine e italiano d’adozione, plasmare forme tridimensionali non è una novità, da sempre le sue sculture in cartone di grandi dimensioni sono precise riproduzioni di ciò che lo circonda. Misurarsi con il legno, però, è stata per lui una nuova sfida. Il processo creativo è durato alcuni mesi durante la primavera di quest’anno, un periodo in cui gli artisti sono entrati in contatto con gli artigiani e le aziende locali. L’interazione con il luogo è centrale anche nella fase espositiva della Biennale, aperta dal 17 luglio agli inizi di ottobre, le installazioni non trovano posto nei luoghi chiusi deputati all’arte, ma lungo le vie pedonali nel centro storico del capoluogo della valle. La Biennale è organizzata dall’Associazione Turistica Ortisei, in collaborazione con il Comune di Ortisei, è a tutti gli effetti un evento condiviso dalla popolazione, che restituisce il senso dell’attitudine artistica della Val Gardena. Accanto alla Biennale la vallata si anima con un programma di mostre collaterali: presso il Circolo artistico Ortisei, la Galleria Doris Ghetta a Ortisei e Pontives e il Tublà da Nives a Selva di Val Gardena. C’è anche un festival di musica che rende fede dell’intensa vivacità culturale: ValgardenaMusika, con sei concerti di musica classica in programma tra il 3 luglio e il 19 agosto a Ortisei, Selva di Val Gardena e Santa Cristina.
ortisei (bz). La dimensione del privato è il filo che unisce il percorso espositivo del Museo della Val Gardena, in ladino Museum Gherdëina, diretto da Paulina Moroder. Lo è per la tipologia degli oggetti collezionati, giocattoli in legno intagliati per tradizione dalle famiglie di questa vallata dolomitica, lo è per la stanza tardo medievale, proveniente da un maso della zona, lo è per l’archivio personale del cineasta Un cavallo a dondolo in legno del 1900 gardenese Luis Trenker, qui custodito. Sulle tavole lignee della camera da letto del maso Bierjun, vicino a Ortisei, sono stati rinvenuti disegni a sanguigna del 1490, che raffigurano scene sacre e profane, un raro esempio di religiosità popolare in ambiente privato. L’intera stanza è stata ricollocata all’interno del museo e i disegni messi in evidenza con l’aiuto di un supporto multimediale. Se questa piccola stanza è il centro del museo, i giocattoli costituiscono la sezione più estesa, quella che racconta la storia del popolo della Val Gardena. Una costante del popolo ladino è la propensione alla manualità e all’artigianalità, come testimoniano la filigrana d’argento nell’ampezzano, le cassapanche in Val Badia o la produzione gardenese di giocattoli di legno. La Val Gardena ha mantenuto e rinnovato questa tradizione, traducendola in una forma artistica: sculture e installazioni che usano il legno come mezzo espressivo. Un tempo, nelle serate d’inverno, le famiglie si dedicavano alla produzione domestica di bambole, burattini continua a pag. 26
„Tales from the valley” collettiva artisti di Cluj, curata da Günther Oberhollänzer
Galleria Doris Ghetta 202 - Pontives - Ortisei
con Teodora Axente, Dan Beudean, Alin Bozbiciu, Oana Farcas e Sergiu Toma
APPUNTAMENTI D’ARTE ESTATE 2014 VAL GARDENA
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Galleria Doris Ghetta 202 - Pontives - Ortisei
Robert Pan e Thaddäus Salcher 11/7 - 10/8/2014
„Dimora” collettiva curata da Lisa Trockner e Marion Oberhofer
Tublà da Nives - Selva Gardena
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„Arcipelago” personale di Diego Perathoner curata da Tobia Moroder
Circolo artistico - Piazza S. Antonio - Ortisei
17/7 - 3/10/2014
„IV. Biennale Gherdëina” collettiva di scultura, curata da Luca Beatrice
Centro - Ortisei
con Chris Gilmour, Sonia Leimer, Willy Verginer, Velasco Vitali e Bruno Walpoth 14/8 - 9/9/2014 21 - 24/8/2014
[email protected] www.valgardena.it Tel +39 04 71 77 77 77
New space preview - collettiva con Aron Demetz, Walter Moroder,
„Alterazioni” personale di Leo Ferdinando Demetz
Tublà da Nives - Selva Gardena
„Unika”: Fiera della scultura
Tennis Center - Ortisei
© COLLEZIONE GIOVANNI SENONER VASTLÉ, MUSEUM GARDËINA
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VEDERE IN VAL GARDENA E AL BRENNERO Le memorie del popolo ladino
Doris Ghetta raddoppia ortisei e pontives (bz). Le due mostre in corso nella Galleria Doris Ghetta, dal 5 luglio al primo ottobre, ne esprimono l’approccio peculiare, diviso tra l’attenzione alla produzione artistica del territorio e la volontà di un dialogo internazionale. «Art in the Dolomites» presenta le opere di tre artisti altoatesini, Aron Demetz (nella foto una sua scultura), Walter Moroder e Robert Pan. L’ambizione della galleria, aperta nel 2010, è di dare al collezionista l’opportunità di entrare in contatto con il territorio in cui gli artisti operano: la Val Gardena, nel cuore delle Dolomiti e dell’Alto Adige. La seconda collettiva è dedicata a cinque giovani autori romeni: Teodora Axente, Oana Farcas, Sergiu Toma, Dan Beudean e Alin Bozbiciu. «Abbiamo visitato a Cluj, in Romania, gli studi di tanti artisti, sia nella Fabrica de Pensule che nella Fabrica Flaccara, insieme al curatore Günther Oberhollenzer, in aprile», racconta Doris Ghetta, alludendo alle due iniziative collettive per le arti contemporanee nati come reazione alla mancanza di spazi di produzione ed esposizione nella città, luoghi di archeologia industriale convertiti in sedi culturali dove sono riunite organizzazioni culturali, gallerie, produttori e artisti indipendenti. Già lo scorso ottobre la galleria Doris Ghetta aveva esposto, per la prima volta in Italia, la giovane artista di Cluj, Teodora Axente, insieme a Robert Bosisio nella mostra «Lighting the dark». Le due mostre sono pensate come eventi collaterali alla Biennale della Val Gardena (cfr. articolo a p. 25) e sono ospitate nella sede della galleria a Pontives (Laion), un paese a pochi chilometri da Ortisei proprio all’imbocco della vallata. Nella sede principale, in centro a Ortisei, è invece allestita una preview delle mostre. La sede di Pontives si chiama Galleria Doris Ghetta 202 ed è uno spazio satellite aperto lo scorso anno. Alla prima sala di 202 mq, adesso se ne aggiunge una seconda, adiacente e di uguali dimensioni, che viene inaugurata proprio con la mostra «Art in the Dolomites».
Il primo museo in autostrada © PHOTO: OSKAR DA RIZ, ARCHIVIO AUTOSTRADA DEL BRENNERO S.P.A.
segue da pag. 25 e giocattoli scolpiti nel legno e poi destinati alla vendita. In mostra vi sono i pezzi collezionati da Giovanni Senoner Vastlé, che partono dal 1700 e arrivano allo scoppio della Grande Guerra, a tutela di una tradizione che si stava esaurendo. Vi è poi una parte dedicata alle sculture, con numerose opere di piccole dimensioni: una produzione variegata e spontanea a tema sacro e profano, spesso legata al presepio. Fanno parte di questa sezione i lavori degli autori barocchi Trebinger e Vinazer, realizzati per l’antica chiesa di San Giacomo. La volontà del museo è di documentare anche la storia del giocattolo di legno con una sezione che ne illustra gli esiti successivi al dopoguerra e la produzione in serie del marchio Sevi, aprendo il prossimo anno una sede esterna, presso la Casa della cultura di Ortisei. L’edificio in cui si trova il museo è stato la prima sede storica dell’associazione ladina di tutte le vallate, dalla metà degli anni Cinquanta. La dimensione del privato è documentata anche dal cinema. Gardenese era infatti l’attore, regista e scalatore Luis Trenker, che dedicò una serie di opere filmiche alle montagne tra gli anni ’20 e ’30, una fra tutte «The challenge», sulla prima ascesa del Cervino, girata nel 1938 in versione tedesca e inglese. Le pellicole sono patrimonio del museo dagli anni Novanta, insieme agli oggetti di scena; nel 2003 si è aggiunto l’archivio personale completo di Trenker. A instaurare un legame privilegiato con la montagna sono anche i dipinti del XIX e XX secolo, eseguiti da artisti locali come Josef Anton Mahlknecht, Luis Piazza, Peter Demetz, Mili Schmalzl, Hans Sontheimer, Leo Crepaz e, soprattutto, le vedute di Josef Moroder Lusenberg. Una sezione, infine, è dedicata alla formazione del paesaggio dolomitico, tanto caro a Trenker e ai pittori locali. Fossili e minerali raccolti sull’esteso altopiano dell’Alpe di Siusi negli anni ’50 e ’60 sono stati studiati dall’Università di Ferrara. I ritrovamenti archeologici risalenti all’era del Mesolitico, invece, emersi ai piedi dell’Alpe di Siusi, sono stati riportati alla luce grazie a una collaborazione con la Soprintendenza dei beni archeologici della provincia e sono, a oggi, tra i più antichi ritrovamenti dell’area.
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brennero (bz). Il Plessi Museum (nella foto una veduta interna), realizzato dalla società A 22 Autostrada del Brennero e intitolato a Fabrizio Plessi, trova corrispondenza nell’opera commissionata all’artista per l’Expo di Hannover del 2000, qui in esposizione permanente, concepita per celebrare l’area transfrontaliera dell’Euroregione attraverso la simbologia degli stati dell’acqua: solido, il ghiacciaio per il Tirolo del Nord (austriaco) e liquido, il torrente per il Tirolo del Sud (l’Alto Adige) e il lago per il Tirolo Italiano (il Trentino). L’attenzione per l’essenza della natura accomuna la committenza e l’autore. Lungo l’intero tratto autostradale, fin dalla sua costruzione, è stato scelto di usare, senza soluzione di continuità, un guardrail in acciaio corten, capace di integrarsi con il paesaggio. Lo stesso materiale è fondamentale anche per Fabrizio Plessi. Le sue installazioni e video installazioni sono incentrate sugli elementi naturali, composte da strutture in corten, monitor e altri materiali quali ad esempio tronchi d’albero, come in «Foresta digitale». Nel museo trovano spazio anche i suoi disegni a tecnica mista su carta intelaiata. Inaugurato a fine 2013, il museo misura 13mila mq, è stato progettato dall’ingegner Carlo Costa e rappresenta il primo esempio italiano di spazio museale in autostrada. È visitabile facendo sosta nella A 22, tra l’Italia e l’Austria, in entrambi i sensi di marcia. Posizionato al valico del Brennero, nelle aree un tempo occupate dalle strutture della dogana, il Plessi Museum si avvale dell’arte come strumento per ripensare luoghi svuotati di significato, modificare l’idea di attraversamento e cambiare le modalità di fruizione di spazi quotidiani, come l’autogrill. A firma di Plessi anche l’allestimento e l’arredamento dell’area ristoro, nell’ottica di un’esperienza a 360 gradi.
Nessuno sa di arte tutto quello che sanno i lettori di
IL GIORNALE DELL’ARTE Ogni mese nelle edicole
Uno dei tesori del museo sono gli antichi giocattoli in legno: bambole snodabili, cavalli a dondolo, burattini etc. ci riportano ai giochi semplici della nostra infanzia.
Ogni giorno online
39046 Ortisei (BZ), Val Gardena Cësa di Ladins, Str. Rezia 83 Tel. 0471 797554
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VEDERE IN VAL BADIA E IN VAL GARDENA
Le stüe del vescovo Una mostra sulle stube nel Museum Ladin che organizza la Trienala Ladina e ha partecipato a un progetto di digitalizzazione promosso dall’Unesco san martino in badia (bz). Un’identità specifica e un punto di vista molto ampio caratterizzano il racconto sulle genti delle valli dolomitiche del Museum Ladin Ćiastel de Tor: il Museo Ladino di San Martino in Val Badia. L’identità è quella ladina, legata a una lingua che deriva dal latino volgare, innestato su elementi preromani, una lingua che accomuna alcune vallate dell’arco alpino centro-orientale, dalla Svizzera alla Slovenia, e che contiene l’ambivalenza tra l’essere circoscritta entro le valli e condivisa oltre i confini nazionali. Le tematiche affrontate dal museo riflettono la complessità del territorio e i suoi vari aspetti: dalla vita quotidiana all’artigianato, dalla storia della lingua alla geologia del paesaggio. Il museo, che fa parte della rete dei Musei Provinciali dell’Alto Adige, è pensato come un approfondimento della realtà del luogo, con lo scopo di rafforzarne e diffonderne la cultura attraverso un’azione di raccolta delle collezioni, ricerca scientifica, pubblicazione di volumi, esposizioni e attività di comunicazione. Il racconto della vita delle popolazioni alpine è effettuato con il supporto di audioguide e si dipana lungo le sale del castello che un tempo ospitavano i giudici del vescovo di Bressanone. Non era una residenza lussuosa, ma vicina a quella quotidianità di montagna Una parete della stube con orologi che il museo a Pransarores, Badia vuole restituire
attraverso documenti, oggetti, testi e immagini. «Stiamo puntando l’attenzione sul patrimonio immateriale», precisa il direttore Stefan Planker: riti, feste, usanze. Nel 2013 il museo ha partecipato al progetto sovranazionale «E.CH.I.», legato alla convenzione dell’Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, adottata a Parigi nel 2003 e ratificata dall’Italia nel 2007. Intitolato «Etnografie italo-svizzere per la valorizzazione del patrimonio immateriale» e affidato all’etnologo e antropologo ladino Emanuel Valentin, consisteva nel digitalizzare e catalogare l’ampia raccolta di interviste audio fatte in Val Gardena da Oswald Rifesser e Georg Dallago a persone anziane del luogo, negli anni Ottanta, anticipando una pratica diffusa di mappatura del territorio tramite la voce dei suoi abitanti. Si tratta di un patrimonio di usanze, consuetudini e saperi. Il museo applica questa metodologia anche alla mostra aperta dal 18 luglio al 31 ottobre nella struttura contemporanea adiacente allo storico castello, dove è allestito il percorso «La stüa nella Val Badia». Stüa è il termine ladino per indicare la stube, ossia quel locale che nei masi alpini era riscaldato e protetto dal rivestimento in legno su tutte le pareti ed era il centro della vita di ogni giorno. Dobbiamo pensare a una media di 1.400 metri d’altitudine, con temperature invernali molto rigide, anche all’interno delle case, dove i locali non venivano riscaldati. Nella stube si lavorava, si faceva il burro, si conversava. La mostra non affronta solo l’aspetto architettonico, ma ne approfondisce anche il ruolo sociale. Nello stesso castello erano presenti due stanze adibite a stube e vi sono vari altri esempi della zona, documentati con immagini, testi descrittivi e testimonianze immateriali raccolte nelle documentazioni video. Il racconto della vita dolomitica parte dal patrimonio del passato e arriva fino a oggi, grazie a mostre temporanee che uniscono ricostruzioni storiche e sviluppi attuali, come lo sport
Qui la passione per il legno è Unika ortisei (bz). Una condivisione di energia creativa e di obiettivi attuata dagli artisti del legno della Val Gardena, un collettivo di artisti, che compie vent’anni ma affonda le proprie radici in una tradizione lunga cinque secoli. Ecco che cos’è Unika, un’iniziativa articolata e continuativa confluita in una galleria, in ladino Galaria Unika, aperta tutto l’anno, e in una mostra mercato, la prossima dal 21 al 24 agosto, cui si aggiungono progetti collettivi. La tradizione di scolpire il legno in questa vallata nacque all’interno delle famiglie intorno al calore della stufa, nella stanza chiamata stube. Qui, durante l’inverno, ciascun componente si cimentava a intagliare forme nel legno proveniente dai boschi circostanti: in particolare utensili e giocattoli poi raccolti e portanti in tutta Europa per essere venduti. Da quest’inizio spontaneo si è arrivati al consolidamento di una tradizione radicata, a una produzione diffusa e a una tecnica e abilità riconosciute al punto da sfociare nell’apertura di una scuola di scultura nel 1872. Questa tradizione prosegue in Val Gardena ancora oggi e la fiera Unika è l’opportunità di innescare un rapporto diretto tra autore, atto creativo e fruitore. «Vi partecipano i 38 membri di Unika ognuno dei quali, quest’anno, per festeggiare i vent’anni dell’iniziativa, ha ideato un’installazione di grandi dimensioni», annuncia il presidente Filip Moroder Doss. Tali artisti si erano già misurati con le dimensioni monumentali nel 2011, creando tutti insieme una scultura dal titolo «Movemënt» di 6 metri d’altezza, composta da 50 pezzi. Lo stesso senso di coralità è stato anche alla base dell’estesa scenografia scultorea con cui erano stati festeggiati i dieci anni di Unika nel 2004: ciascun artista aveva creato un personaggio, un tifoso, dando forma a una schiera esultante a dimensione naturale (nella foto). Se la realizzazione di figure lignee è il tratto distintivo delle opere gardenesi, scolpite interamente a mano, come indica lo specifico marchio di tutela, per Manifesta 7 il gruppo si era messo alla prova con un’estesa installazione d’arte pubblica di tutt’altro materiale: un volo stilizzato in un battere d’ali metalliche che correva lungo l’asse del Brennero.
e il rapporto con la montagna, analizzati, questi ultimi, nella rassegna «Oltre la montagna, verso la libertà» del 2009. Con la Trienala Ladina, poi, la contemporaneità dell’arte ladina, per sua natura internazionale, dirompe a San Martino in Badia. Ogni tre anni sono invitati nel museo artisti, spesso già affermati, provenienti dalle valli ladine localizzate in Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli, Canton Grigioni e Slovenia. A coordinare il comitato selezionatore e la curatela della mostra sono nomi internazionali. Prima fu Adam Budak, che aveva curato Manifesta 7 e ora è negli Stati Uniti all’Hirshhorn Museum and Sculpture Garden dello Smithsonian di Washington; lo scorso anno Alfredo Cramerotti, direttore del Mostyn in Galles e curatore, insieme al collettivo CPS, di «Chamber of Public Secrets» del Padiglione nazionale delle Maldive alla 55ma Biennale di Venezia. Il direttore del Museo Ladino Stefan Planker parla della Trienala con orgoglio: «Ora stiamo realizzando il catalogo dell’ultima edizione (2013), ma stiamo già iniziando a pensare alla prossima, che indubbiamente sarà ancora all’insegna dell’internazionalità».
Un museo nel fienile
selva val gardena (bz). Era un antico fienile, isolato nel paesaggio rurale dolomitico, ora è nel mezzo di Selva Val Gardena e ha cambiato funzione, diventando centro di diffusione culturale, ma non ha cambiato identità, la struttura originale, in pietra e legno è rimasta inalterata. È stata aggiunta una parte in vetro, che asseconda l’andamento del terreno e accompagna il visitatore lungo il percorso espositivo al piano superiore, dove grazie alla trasparenza del cristallo vi è uno scambio continuo tra l’interno e il paesaggio esterno. È un perfetto connubio fra tradizione rurale e architettura contemporanea, un posto ideale in cui produrre cultura in dialogo con il patrimonio del luogo. Lo spazio, inaugurato 2 anni fa, è Tublà da Nives (nella foto), prende il nome dal termine ladino che indica il fienile e dalla località di Nives, in cui si trova. È gestito dall’omonima associazione culturale, di cui Vinzenz Senoner è il presidente e Leo Senoner il direttore artistico. Dall’11 luglio al 10 agosto è di scena una collettiva intitolata «Dimora», evento collaterale alla Biennale della Val Gardena (cfr. articolo a p. 25), organizzata in collaborazione con l’associazione degli artisti dell’Alto Adige, la Südtiroler Künstlerbund, a cura di Lisa Trockner e Marion Oberhofern. La mostra successiva, dal 14 agosto al 9 settembre, è una personale con le sculture di Leo Ferdinando Demetz. Un’esposizione fotografica, poi, amplificherà l’interazione tra presente e passato, interno ed esterno, caratteristica del Tublà da Nives. Sarà inaugurata il 20 settembre e presenterà la documentazione fotografica di Wilhelm Lutz, dedicata ai «Masi in Val Gardena». La mostra è in collaborazione con il Museo della Val Gardena, cui nel 2012 Lutz ha consegnato questo corpus di foto, scattate nel 1956 come parte di un’indagine sull’evoluzione degli insediamenti dolomitici.
VEDERE IN TIROLO Nel Tirolo, la montagna di Monaco
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© WOLFGANG LACKNER
A sinistra il dipinto di Gabriele Münter, «Baumblüte in Lana», del 1908 e, qui sopra, una veduta della mostra «Tirolo-Monaco di Baviera. Incontri dal 1880 a oggi»
nell’estate 2015, nell’area di Hall in Tirol, al confine nord di Innsbruck, e l’entrata in funzione è prevista per il 2018. Il Ferdinandeum ospita fino al 24 agosto la rassegna «Tirolo - Monaco di Baviera. Incontri dal 1880 a oggi», in cui vengono analizzati i rapporti artistici intercorsi lungo l’asse del Brennero. Dalla fine dell’800 Monaco di Baviera è una delle città più importanti per la cultura internazionale e ha attratto molti artisti, mentre il Tirolo ha focalizzato su di sé l’attenzione dopo la cosiddetta «scoperta delle Alpi». Il percorso documenta le colonie di artisti d’inizio ’900 a Dachau, vicino a Monaco, presso il Chiemsee, e a Chiusa, in Alto Adige. Tra il 1874 e il 1914 Chiusa fu luogo d’incontro per gli artisti provenienti da Monaco di Baviera e dalla Germania meridionale. Tra i più famosi frequentatori ci furono Alexander Koester e Alexander Kanoldt. Nel 1908 è registrata la presenza degli artisti del Cavaliere Azzurro, Gabriele Münter e Wassily Kandinsky, in Alto Adige a Lana, mentre Franz Marc viaggiò nel Tirolo del sud nel 1913, alla vigilia della prima guerra mondiale. In mostra figurano circa 80 dipinti, disegni, stampe e sculture provenienti da collezioni pubbliche e private del territorio, di artisti come Franz von Defregger, Mathias Schmid, Leo Putz, Albin Egger-Lienz, Rudolf Nissl, Franz von Stuck, Gabriele Münter, Alexander Kanoldt, Adolf Hölzel, Gerhild Diesner, Heinz Gappmayr e Peter Kogler.
TIROLO MONACO INCONTRI DAL 1880 FINO AD OGGI
FINO AL 24.8.2014 MUSEO REGIONALE TIROLESE FERDINANDEUM, INNSBRUCK www.tiroler-landesmuseen.at
Ditate d’artista innsbruck (austria).
© SIES + HÖKE, DÜSSELDORF, PHOTOGRAPHER ACHIM KUKULIES, DÜSSELDORF
innsbruck (austria). Il Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum, museo regionale del Tirolo, prende il nome dall’imperatore austroungarico Ferdinando I e risale al 1842, anno in cui l’architetto Anton Mutschlechner costruì il primo nucleo espositivo in stile neoclassico. Il patrimonio del museo si estende su due fronti, la storia e l’arte, e rispecchia i legami che hanno unito questa contesa area alpina. I reperti di storia comprendono sia il Tirolo del sud sia il Tirolo italiano e coprono un arco cronologico che va dalla preistoria all’età romana, al medioevo. Del Trentino sono custoditi numerosi ritrovamenti della Val di Non, provenienti in particolare dai siti archeologici di Sanzeno e di Cloz. L’arte, invece, è soprattutto romanica e gotica, spicca l’altare del meranese Castel Tirolo, un’opera boema del 1365, ma l’ultimo piano del museo è dedicato all’arte moderna e contemporanea, con autori tirolesi come Joseph Anton Koch. Non mancano, poi, incursioni in altre epoche e aree geografiche con opere, ad esempio, di Brueghel e Rembrandt. Sono visibili anche una collezione dedicata alla musica e ai violini del liutaio austriaco Jakobus Stainer e una biblioteca di 1,6 milioni di opere, in cui sono confluiti archivi pubblici e raccolte private, come quella Dipauliana di Andreas Alois Baron di Paulis von Treuheim. Dal 2007 il Ferdinandeum è capofila della società dei musei regionali tirolesi (Tiroler Landesmuseen), di cui fanno parte altre istituzioni di Innsbruck, come il Museo di arte popolare, la Hofkirche, il Museo nell’arsenale e il Tirol Panorama. Wolfgang Meighorner è direttore del Ferdinandeum e della società dei musei tirolesi, mentre Günther Dunkl è curatore delle collezioni d’arte del ’900 e di quelle grafiche. La suddetta società si sta dotando di una struttura unitaria per il deposito delle collezioni e le attività di restauro e di ricerca, nella logica di una maggiore valorizzazione del patrimonio e di una razionalizzazione dell’investimento. I lavori di costruzione inizieranno
© STÄDTISCHE GALERIE IM LENBACHHAUS UND KUNSTBAU, MONACO
Il Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum è il capofila di una rete di musei del territorio, rifugio prediletto degli artisti bavaresi
Il tocco dell’artista è il tema della personale «Lechtaler Impressionen» dedicata a Kris Martin. La mostra riflette sul rapporto tra l’autore e il materiale, sulla componente fisica del processo di produzione, sul gesto creativo, sulla firma e sull’autorialità e lo fa attraverso l’impressione di un’impronta digitale. Si tratta del seguito del progetto «Mandi XXX», in cui la carta era segnata dalle tracce lasciate da Martin con le dita. Questa volta, però, l’artista manipola le pagine di un vecchio libro, «sporcandole» con un’impronta. Non un libro qualunque, ma un libro sulla montagna, dove, con una ditata, interrompe il candore di un pendio innevato che un alpinista sta faticosamente risalendo con gli sci. Il rimando alla montagna è ribadito anche nell’installazione realizzata per i 300 mq della Kunstraum: tre rocce con una croce di carta sull’apice. Attraverso tale opera Kris Martin s’interroga sul dominio dell’uomo sulla natura e sulla sua necessità di appropriarsi di quanto lo circonda. La mostra, realizzata in collaborazione con Schloss Ambras, è visitabile fino al 31 agosto ed è a cura di Veronika Sandbichler e Karin Pernegger. La Kunstraum Innsbruck è stata fondata nel 1996, diretta, tra gli altri, da Stefan Bidner e Veit Loers e, attualmente, da Karin Pernegger (nella foto, Kris Martin, «Lechtaler Impressionen», 2014).
29 La carta (e il legno) va stratificata
VEDERE IN TIROLO Da 50 anni nel palazzo Taxis
innsbruck (austria). Far quadrare ciò che ci circonda, conferendo alle cose un ordine inaspettato, è la magia innescata dalle opere dell’austriaco Michael Kos. Nella sua personale «Square off» (Squadrare), in corso fino al 31 luglio da Artdepot, la galleria con sede nel centro di Innsbruck, sono esposti i lavori delle serie «Surrogates» e «Mappings», un work in progress incominciato nel 2006, in cui viene utilizzato come materiale principale la carta, manipolata attraverso un procedimento di ordinata stratificazione. Infiniti fogli sovrapposti danno origine a un’inedita superficie tridimensionale, con una dimensione costante: 100x100x10 cm. Sospese tra scultura e pittura, le opere sono definite dallo stesso artista «layered paintings» (dipinti stratificati). Per i «Surrogates» utilizza fogli di carta pesante e cartone, accumulati e poi dipinti con astratte sfumature di diverse tonalità, per i «Mappings», invece, adopera fogli piegati, Michael Kos, «Surrogat»
in particolare cartine geografiche, che rimandano alla massificazione e all’omologazione della comunicazione e dell’identità contemporanea. Il colore, qui già presente sulla carta, permette di accostare i fogli come se fossero pixel digitali, componendo combinazioni cromatiche e azzardando richiami a forme inusuali. Utilizzando la medesima tecnica, inoltre, Michael Kos accosta anche strati di legno per creare installazioni d’arte pubblica di dimensioni monumentali, ne è un esempio quella ideata nel 2008 per il palazzo degli uffici della clinica regionale di St. Pölten. Il 6 agosto, poi, nella stessa sede, inaugura la personale di Jakob Gasteiger, aperta fino al 18 settembre. Artdepot è una galleria privata, fondata nel 2008, diretta da Birgit Fraisl e dedita, principalmente, al sostegno e alla promozione dell’arte tirolese. Lo spazio espositivo è utilizzato anche come piattaforma di ricerca e di comunicazione. In quest’ottica s’inseriscono numerose collaborazioni esterne, come, ad esempio, quelle con istituzioni del calibro della Kunstraum Innsbruck, con cui ha realizzato la mostra «Alpenrepublik» a cura di Veit Loers, un’arguta panoramica sugli artisti dell’area alpina, compreso il Trentino Alto Adige e il Veneto. Il programma della galleria si estende anche fuori porta, nella località di alta montagna di Kitzbühel, dove ha instaurato una cooperazione con Artbox, sede in cui sono esposte, fino al 26 settembre, le immagini fotografiche e gli acrilici su tela di Nora Schöpfer.
© GALERIE ANDREAS HUBER, WIEN
Nella galleria Artdepot le personali di Michael Kos e Jakob Gasteiger
(austria). La Galerie im Taxispalais celebra il cinquantesimo anniversario con la mostra «Zeitsprung» (salto nel tempo) fino al 31 agosto, una collettiva cui partecipano Carola Dertnig (nella foto, una sua performance del 2012), Heinz Gappmayr, Martin Gostner, Peter Kogler, Peter Sand Bichler, Eva Schlegel, Martin Walde, Hans Weigand e Lois Weinberger. Sono tutti artisti tirolesi con una carriera internazionale, partecipazioni alla Biennale di Venezia e a Documenta e già precedentemente esposti in galleria con mostre personali. Si è scelto di omaggiare la storia della Galerie des Landes Tirol (galleria dello stato federale del Tirolo), attraverso un percorso capace di documentare anche gli sviluppi dell’arte più recente nella regione. Ognuno degli autori è presente con una serie di opere, la maggior parte delle quali realizzate appositamente per l’occasione. L’opera centrale, «war ist wird» del 1978 di Heinz Gappmayr, è allestita sul muro di cemento centrale nel cortile della galleria. Durante l’inaugurazione si è svolta invece la performance «Tanzporträt Harald Kreutzberg» di Carola Dertnig. La mostra è completata da un catalogo bilingue, intitolato «Zeitsprung. Leap in Time» (in tedesco e inglese), con testi di Julia Brennacher, Lotte Dinse, Beate Ermacora, Gaby Gappmayr, Hannelore Paflik-Huber, Jürgen Tabor, Harald Uhr e Vitus Weh. innsbruck
CALENDARIO PROVINCIA DI TRENTO TRENTO SEDI PUBBLICHE Dosso Dossi
Sono esposti 4 capolavori dosseschi conservati negli Uffizzi di Firenze, tra questi la «Fuga in Egitto all’Allegoria di Ercole», nota anche come «Bambocciata», e l’«Apparizione della Madonna con i santi Giovanni Battista e Giovanni». Vi è anche la «Circe», o «Melissa», conservata presso la Galleria Borghese di Roma. Castello del Buonconsiglio dal 12 lug. al 2 nov.; via Bernardo Clesio 5; 0461233770; www.buonconsiglio.it
Linguaggi del XX secolo
In mostra artisti trentini a confronto con una selezione di opere della collezione del Mart. Figurano Fausto Melotti, Alcide Ticò, Othmar Winkler, Eraldo Fozzer, Mauro De Carli, Giuseppe Capogrossi, Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Lucio Fontana, Tullio Garbari, Alberto Magnelli, Piero Manzoni, Joan Miró e molti altri. Galleria civica fino al 21 settembre; via Belenzani 46; 0461 985511; www.galleriacivica.it
Trentini in guerra 1914-20
Per il centenario della Grande Guerra la Fondazione museo storico di Trento una mostra di racconti e immagini. Lo spazio espositivo, vocato all’approfondimento della storia del Trentino, è all’interno di uno dei due tunnel stradali riconvertiti in luogo per la cultura. Le gallerie. Galleria Bianca fino al 2018; piazza di Piedicastello; tel. 04611747000; www.legallerie.tn.it
La guerra sul grande schermo
Allestita in uno spazio interamente dedicato alle immagini in movimento, al suono e alla multimedialità, questa mostra è un viaggio nella rappresentazione cinematografica della prima guerra mondiale: dalle produzioni contemporanee a quelle risalenti alla guerra stessa. Le gallerie. Galleria Nera fino al 31 dic.; piazza di Piedicastello; tel. 0461 1747000; www.legallerie.tn.it
Roberto Pugliese
Piante svuotate e tagliate diventano diffusori naturali di suoni registrati e rielaborati. L’in-
stallazione, firmata nel 2014, è composta da 8 elementi e da un sistema audio a 8 canali, il suo allestimento sospeso è ispirato al percorso espositivo del museo. MUSE - Museo della Scienza fino al 13 luglio; viale del Lavoro e della Scienza 3; 0461270311; www.muse.it
«Arte a palazzo», che è esteso alla collezione di opere d’arte di proprietà della Regione. Palazzo Trentini dal 14 al 27 luglio; via Manci, 27; www. regione.trentino-a-adige.it/ripi
Francesco Baracca
Walker Keith Jernigan
L’asso dell’aviazione italiana è ricordato, nel centenario della Grande Guerra, insieme al cavallino rampante divenuto simbolo automobilistico. La mostra svela e approfondisce il legame tra l’aviatore Baracca e la scuderia automobilistica di Maranello: caccia bombardieri e auto da corsa. Museo dell’Aeronautica Gianni Caproni fino al 31 gennaio 2015; via Lidorno 3; 0461 944888; www.museocaproni.it
Arte e persuasione
Figurano oltre 70 dipinti, come il «San Girolamo penitente» del 1615 di Jacopo Negretti detto Palma il Giovane e la «Santa Maria Maddalena ai piedi di Gesù Cristo crocifisso» attribuita a Ermanno Stroiffi, risalente al secondo quarto del XVII secolo e, ancora, pezzi di Paolo e Orazio Farinati, Felice Brusasorci, Martino Teofilo Polacco, Francesco Frigimelica e altri. fino al 29 settembre
Elogio della relazione
I bozzetti di Spalletti sono accompagnati da un evangelario antico, la croce bianca di Bergquist da una croce processionale del XIII secolo in cristallo di rocca, l’installazione di Mirco Marchelli, fronteggia una croce a ricamo degli inizi del XV secolo e le acqueforti di Georges Rouault sono accostatea una statua in bronzo del XIII secolo. Museo Diocesano Tridentino fino al 10 novembre; piazza Duomo 18, www.museodiocesanotridentino.it
Giovanni Pedrotti
La Biblioteca della montagna conserva 2.600 dei suoi volumi, mentre altri 5.000 sono stati acquisiti dal Comune di Bolzano. Il percorso espositivo ne presenta gli scatti realizzati nel primo quarto del secolo scorso. Palazzo Roccabruna e Torre Vanga fino al 12 ottobre; via Santissima Trinità 24 e via torre Vanga
Magari un altro giorno o un’altra notte
È di scena la personale del trentino Samuel Maranelli Lippitz, noto come Samutojj, suo nome d’arte con cui opera nel mondo della street art. Responsabile dell’organizzazione espositiva è Licia Ravelli. L’iniziativa va sotto il progetto
SEDI PRIVATE In mostra il progetto site-specific elaborato durante una residenza in galleria dell’artista, che ha utilizzato la distanza dai luoghi abituali della sua quotidianità, per riflettere sulle sue origini e sulla sua famiglia. Arte Boccanera fino al 31 luglio; via Milano 128/130; 0461984206; www.arteboccanera.com
Welcome
Con un’attenta selezione di opere degli artisti della galleria (da Marco Casentini a Nicola Eccher, da Roberto Floreani a Eduard Habicher, da Iob+Pallaoro a Gian Marco Montesano, da Albino Rossi ad Andrea Salvetti, a Corrado Zeni), Patrizia Buonanno inaugura la sua nuova sede. Buonanno Arte Contemporanea fino al 30 settembre; via Marchetti 17; 0461 262534; www.buonannoac.com
Osvaldo Cibils
Disegni, performance, elaborazioni sonore e opere video compongono l’eterogenea produzione dell’artista uruguaiano Osvaldo Cibils, nato a Montevideo e residente dal 1999 a Trento. Presenta qui la nuova serie «Cueros»: 34 sculture di dimensioni ridotte, in cuoio. Galleria d’arte Argo fino al 31 agosto; via II Androna di Borgonuovo 3; tel. 0461 984581
L. Moro, A. Mario Dall’O
Per l’occasione Liliana Moro ha prodotto la seconda edizione di un’opera in ceramica inedita per l’Italia, esposta finora solo in Inghilterra, a Londra. Arnold Mario Dall’O presenta invece una nuova serie di oli su carta su tavola, in cui riprende immagini fotografiche d’epoca. Paolo Maria Deanesi Gallery fino al 13 settembre; via SS. Trinità; 3482330764; www.paolomariadeanesi.it
Philip Taaffe. Rangavalli
17 opere del 2014 esposte insieme a 20 del 1989 evocano la concezione del mondo tipica dei mandala e le suggestioni colte durante i numerosi soggiorni dell’artista in India. Studio d’Arte Raffaelli fino al 30 settembre; via Marchetti 17; 0461982595; www.studioraffaelli.com
ARCO Der Blitz 2014. L’Atlante
Fino al 14 luglio sono allestite l’installazione sonora di Francesco Fonassi «Canto Minore» e l’opera «Errare humanum est» di Fabrizio Perghem, mentre fino al 4 agosto Roberta Pagani trasferirà per un mese il suo spazio di lavoro nella galleria. Poi sarà la volta dei genovesi Chan e di Gascognade, fino all’8 settembre. MAG - Galleria Civica G. Segantini fino al 5 ottobre; palazzo dei Panni, via Segantini 9; www.galleriacivica-arco.it
BORGO VALSUGANA Susanna Bauer
Sede dell’Associazione Arte Sella, le sale espositive nel centro di Borgo Valsugana ospitano mostre sul dialogo tra arte e natura. Protagoniste delle opere di Susanna Bauer sono le foglie. L’artista le raccoglie in Cornovaglia, dove vive, e le elabora e modella praticando cuciture e applicando parti in uncinetto. Spazi LivioRossi fino al 30 settembre; corso Ausugum 55; tel. 0461 751251; www.artesella.it
CAVALESE Sentieri dello stile
La mostra curata dal direttore del Centro Elio Vanzo è dedicata a due artisti storici del territorio: Carlo Belli e Riccardo Schweizer. Le loro opere e ricerche condotte in Italia e all’estero sono l’occasione per approfondire i legami tra la scena locale e quella internazionale nello sviluppo delle avanguardie storiche. Centro Arte Contemporanea Cavalese dal 12 luglio al 31 agosto; palazzo Firmian, piazzetta Rizzoli 1; tel. 0462 235416; www.artecavalese.com
Fiemme e la Grande Guerra
Immagini, scritti e oggetti raccontano il dramma della guerra e il modo in cui fu vissuta dalle popolazioni della Valle di Fiemme. Palazzo Magnifica Comunità di Fiemme fino al 30 novembre; piazza Cesare Battisti 2; www.palazzomagnifica.eu
CLES Dal’ 500 a Andy Warhol
Sono oltre cinquecento i pezzi in mostra: burattini e marionette, ma anche pupi, scenografie e teatrini. Tali esemplari costituiscono il frutto della tradizione dei burattinai italiani, come i bolognesi Amilcare Gabrielli, Arturo Veronesi,
Umberto Malaguti e i fratelli Emilio e Filippo Frabboni, attivi all’inizio del ’900. Palazzo Assessorile dal 5 luglio al 28 settembre; corso Dante; tel. 0463 662091
LEVICO TERME Levico tra XIX e XX secolo
La fonte, intesa come risorsa naturale capace di modificare l’identità di un territorio e trasformarlo da borgo rurale a centro termale, è il tema affrontato da un percorso d’immagini, manifesti, documenti, oggetti e testi, curato da Francesco Filippi, Fabrizio Fronza, Elena Libardi, Laura Motter e Rodolfo Taiani. Villa Paradiso fino al 28 settembre; parco delle terme; www.fondazione.museostorico.it
PERGINE VALSUGANA Paolo Bellini
Sono esposte oltre trenta opere, perlopiù imponenti, collocate, sia all’esterno che all’interno, nella Sala d’entrata, nella Cantina Rosa, nella Prigione della Goccia e nella Sala del Trono. Completa la mostra una serie di dipinti di grandi dimensioni che documentano la variegata produzione dell’artista. Castel Pergine fino al 2 novembre; via al Castello 10; 0461 531158; www.castelpergine.it
RIVA DEL GARDA Mauro Berlanda
La natura d’alta quota è il soggetto dei dipinti del trentino Mauro Berlanda (esposti negli spazi in riva al lago) socio del Gruppo amici dell’arte che cura il programma della sede. Si tratta di opere che testimoniano l’attrazione di Berlanda verso le rocce disegnate dalla presenza vegetale o dal bianco della neve. Galleria Civica Giuseppe Craffonara dal 2 al 20 agosto; via Giardini di Porta Orientale; www.amicidellarteriva.it
Tullio Pericoli
Tullio Pericoli ha fotografato il lago dall’alto, sorvolandolo con l’aereo. Le sue visioni sono poi state trasferite su carta, con acquerelli, olii e disegni a matita di dimensioni diverse. fino al 2 novembre
Aldo Schmid
Il pittore trentino, vittima di un incidente ferroviario a 43 anni, ha teorizzato in varie pubblicazioni la sua indagine sul colore. In mostra vi sono ope-
re realizzate in particolare negli anni ’70. fino al 20 luglio
Michele Parisi
L’intervento del giovane artista di Riva del Garda Michele Parisi è un trittico realizzato con la tecnica della trasposizione fotografica mediante gelatine fotosensibili su carta velina, successivamente elaborato con pigmenti naturali MAG - Museo Alto Garda fino al 2 novembre; piazza Battisti 3/A; 0464 573869; www.museoaltogarda.it
ROVERETO Tavolara e Depero
Per la prima volta in Trentino giungono le opere dell’artista sardo. La mostra affianca per la prima volta la produzione di questi due eclettici autori. Casa d’Arte Futurista Depero fino al 31 agosto; via Portici 38; tel. 800 397760; www.mart.trento.it
Lost in landscape
Gli artisti esposti nel percorso sono una sessantina e vanno da Marina Abramovic a Lara Almárcegui, da Massimo Bartolini a Gabriele Basilico, da Fischli & Weiss a Carlos Garaicoa, da Andreas Gursky ad Anselm Kiefer, ad artisti per la prima volta in Italia, come Carlos Irijalba. fino al 31 agosto
Scenario di terra
Un nuovo allestimento delle collezioni affronta il rapporto tra il lavoro dell’uomo e la natura attraverso dipinti, installazioni, riproduzioni fotografiche e materiali provenienti dall’Archivio del ’900, dalle biblioteche e dai fondi del Mart. fino all’8 febbraio
Álvaro Siza
L’architetto contemporaneo portoghese Álvaro Siza presenta disegni, modelli architettonici, fotografie, mobili e oggetti di design. MART dal 5 luglio al 30 novembre; corso Bettini 43; 800397760; www.mart.trento.it
VERMIGLIO M. Galliani e A. Gilbert
Mostra sul tema della guerra realizzata dallo Studio d’Arte Raffelli in collaborazione con la Galleria Patrizia Buonanno. Sono esposte opere di Michelangelo Galliani e Andrew Gilbert. L’inaugurazione è il 19 luglio (alle 18.30). Forte Strino dal 19 luglio al 28 settembre; tel. 0463 758200; www.comunevermiglio.it
CALENDARIO PROVINCIA DI BOLZANO BOLZANO SEDI PUBBLICHE Making Room
In mostra Janette Laverrière in dialogo con Nairy Baghramian; Mierle Laderman Ukeles, Marinella Senatore, il collettivo di architetti Assamble, Alex Martinis Roe e Brave New Alps. fino al 2 agosto
Gareth Kenned
La residenza, articolata in 5 periodi differenti, ha permesso a Kenned di effettuare una ricerca approfondita in tutta la provincia di Bolzano, a partire da ciò che lui definisce folk fiction. ar/ge Kunst dal 13 set. al 2 nov.; via Museo 29; tel. 0471 971601; www.argekunst.it
Artus
Scene di vita cortese, episodi di caccia, tornei cavallereschi e momenti di vita quotidiana sono ritratti nel castello in numerosi dipinti, che ne fanno uno degli esempi più ampi di decorazione medievale a soggetto profano e che gli valgono la denominazione di «maniero affrescato». Castel Roncolo fino al 2 novembre; sentiero Imp. Francesco Giuseppe; tel. 0471329808
Nel cerchio dell’arte
Numerosi pezzi, selezionati grazie a una collaborazione con il Mart di Rovereto, sono riprodotti attraverso una proiezione circolare, in una sala, mentre in un’altra si ha la possibilità di interagire con le immagini appena incontrate. Centro culturale Trevi dal 3 al 30 settembre; via dei Cappuccini 28; tel. 0471 300980
Moduli 2014
In mostra le opere dell’Associazione degli artisti della Provincia autonoma di Bolzano, accanto ad autori della collezione del museo, come Antonio Longo e Giovan Battista Lampi. Galleria Civica fino al 3 agosto; piazza Domenicani 18; tel. 0471 997581; www.comune.bolzano.it/cultura_home.jsp
La collezione Goetz
Accanto alle opere su carta di artisti, come Blinky Palermo, Imi Knoebel e Peter Roehr, sono esposte le «Paper drops» di Wofgang Tillmans, sculture minimaliste con carta fotografica.
Tatiana Trouvé
Sono in mostra un’installazione con pendoli che invadono lo spazio e «Ripiegamenti», gli imballaggi delle opere ripiegati su se stessi in attesa di essere riutilizzati, riprodotti in bronzo. Museion fino al 7 settembre; Bolzano, via Dante 6; tel. 0471 223413 ; www.museion.it
Frozen Stories
La mostra ricostruisce il passato lontano e recente attraverso i ritrovamenti di oggetti di legno, metallo, pelle e stoffa, capaci di raccontare storie e abitudini proprio come gli abiti, le suppellettili e le armi rivenute accanto a Ötzi. Museo Archeologico dell’Alto Adige fino al 1 febbraio 2015; via Museo 43; tel. 0471 320100; www.iceman.it
Suoni per vedere
Tra le iniziative del Museo Civico riservate alla percezione e alla comprensione dell’opera d’arte secondo le recenti indicazioni delle neuroscien-
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ze, si inserisce il percorso audio dedicato ad alcune opere della collezione. fino al 31 ottobre
dell’artista di Brunico Julia Bornefeld che costituisce una personale versione dell’Ultima cena. fino al 31 agosto
Infanzia a colori
Ulrich Glantschnigg
In mostra la collezione privata di Armando Loner di libri illustrati per l’infanzia: 55 elementi, di illustratori specializzati, come lo svizzero Ernst Kreidolf e la svedese Elsa Beskow, o artisti a tutto tondo come il germanico Karl Hofer, i pittori austriaci Heinrich Lefler e Carl Otto Czeschka e Ferdinand Andri della Secessione Viennese. Museo Civico fino al 2 novembre; via Cassa di Risparmio 14; tel. 0471 997960; www.comune.bolzano.it/museo_civico
Ulrich Glantschnigg
La mostra di Ulrich Glantschnigg presenta nel Museo Mercantile, sotto la curatela di Leo Andergassen e Lucia Nardelli, i ritratti delle personalità del tempo, come i von Eberschlager e i von Mayrl, conservati fino a oggi dagli eredi. Museo Mercantile fino al 31 ottobre; via Portici 39
SEDI PRIVATE Emanuela Fiorelli
Utilizzando un filo elastico dorato, sospeso tra due strati di sottile tela tarlatana, l’artista romana conferisce alle sue opere tridimensionalità, movimento e volume. Nasce così il corpus di opere del 2014 «Deep Color», al centro della mostra. Antonella Cattani contemporary art fino al 28 luglio; via Rosengarten str. 1/a; www.accart.it
Franziska Gilli
L’artista presenta due gruppi di opere fotografiche. «L’aquila azzurra» è un reportage dedicato all’atleta di salto con gli sci Elena Runggaldier, il secondo gruppo di scatti, invece, è stato realizzato durante la salita verso la capanna osservatorio Regina Margherita sul Monte Rosa. Galleria foto-forum dal 16 settembre al 19 ottobre; via Weggenstein 3F
I; www.foto-forum.it
Gli artisti della galleria
Negli anni l’impegno della galleria a supportare anche le eccellenze locali si è ampliato e ha dato vita alla sede Goethe 2, che ospita, nella vicina via Cappuccini, progetti inediti, installazioni e personali di giovani artisti. Galleria Goethe fino al 28 settembre; via della Mostra 1; tel. 0471 970260; www.galleriagoethe.it
BRESSANONE Omaggio a Morandi
Provengono da una collezione privata di Bolzano le 30 stampe di Giorgio Morandi, datate 1970. Il cofanetto contiene anche una selezione di paesaggi, ma il curatore ha scelto di focalizzare l’attenzione sulle nature morte. dal 4 luglio al 23 agosto
Marco Pietracupa
Nella personale dal titolo «I know what you mean», Marco Pietracupa presenta tre serie fotografiche, tutte realizzate di notte in vari hotel di diverse capitali. Galleria Civica di Bressanone dal 5 al 27 settembre; grobe Lauben 5 Portici Maggiori; tel. 0472 062140; www.stadtgaleriebrixen.it
Julia Bornefeld
Una fotografia di grande formato, racchiusa in una cornice di legno combusto, è il fulcro dell’intera mostra. Legato alle fiamme è anche l’oggetto dell’immagine: una performance
Johann Kronbichler ha riunito per la prima volta le diverse opere sacre dell’artista sparse nelle principali chiese dell’Alto Adige. fino al 31 ottobre
Museion nei musei
Una selezione della collezione del Museion è stata allestita in 12 musei dell’Alto Adige. Qui ci sono le fotografie di Santu Mofokeng, ritraenti messe cristiane celebrate in caverne montane. Museo Diocesano Hofburg fino al 31 ottobre; p.zza Palazzo Vescovile 2; tel. 0472 830505; www.hofburg.it
BRUNICO Reinhold Messner 70
L’allestimento svela i luoghi dell’infanzia dello scalatore, documentati dalle fotografie di Hans Luthmann scattate ai contadini della Val di Funes negli anni ’40 e ’50. Per l’occasione è stata inaugurata la Torre Messer appena restaurata. Messner Mountain Museum Ripa fino al 16 novembre; vicolo del Castello, 2; tel. 0474 410220; www.messnermountain-museum.it
Italian Pop Art
In mostra Mario Schifano, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Valerio Adami, Concetto Pozzati, Fabio Mauri, Mimmo Rotella, Fabrizio Plessi e altri. Museo Civico dal 5 luglio al 26 ottobre; via Bruder Willram 1; 0474553292; www.stadtmuseum-bruneck.it
CALDARO H. Kostner e H. Picard
Un artista altoatesino è invitato insieme a un collega di fuori regione. Sono la francese Hélène Picard e Hubert Kostner di Castelrotto. dal 18 luglio al 23 agosto
M. Walcher e Luisa Roa
Maria Walcher è nata a Bressanone e si è formata all’estero, Luisa Roa è nata in Colombia, a Bogotà, e lavora in Germania. Dopo essersi conosciute all’università di Weimar, si ritrovano in Alto Adige per presentare Luisa Roa la sua prima mostra in Italia e Maria Walcher una delle sue rare apparizioni nei luoghi d’origine. Galleria Le Carceri dal 5 settembre al 12 ottobre; pater Bühel; tel. 342 3727854; www.gefaengnislecarcerigalerie.it
CASTEL FIRMIANO Reinhold Messner 70
Documentati i 14 ottomila, oltre alle spedizioni in Antartide e nel deserto del Gobi. L’allestimento, tipico del museo, mescola diversi linguaggi ed è completato da una serie di dipinti dell’artista tirolese Richard Rangger. Messner Mountain Museum fino al 16 novembre; tel. 0471 631264; www.messner-mountain-museum.it
EGNA P. Sauerer e T. Freidrich
Le sculture di piccolo formato in legno e corda di Peter Sauerer incontrano le tavole a bassorilievo di Trude Freidrich. Galleria della Comunità comprensoriale Oltradige Bassa Atesina fino al 20 settembre; tel. 0471 826400; www.bzgcc.bz.it
FORTEZZA Animali nell’arte
La mostra presenta un bestiario che arriva fino ai giorni nostri, facendo riferimento alla biodiversità, oggi sempre più minacciata. Espongono Rebecca Horn, Joseph Beuys, Damien Hirst, Eva Hesse, Katharina Fritsch e Mark Dion. Forte di Fortezza dal 12 luglio al 31 ottobre; tel. 0472 458698; www.forte-fortezza.it
LAION Art in the Dolomites
Sono presentate le opere degli altoatesini Aron Demetz, Walter Moroder, Robert Pan, realizzate in legno, e non solo. dal 5 luglio al primo ottobre
Made in Cluj
La collettiva è dedicata a cinque giovani artistirumeni: Teodora Axente, Oana Farcas, Sergiu Toma, Dan Beudean e Alin Bozbiciu. Galleria Doris Ghetta fino al 1 ottobre; pontives 19; tel. 393 9323927; www.galleriaghetta.com
MERANO Robert Musil
il Vecchio, Sofonisba Anguissola, Rembrandt Harmensz van Rijn, e di artisti più vicini a noi come Pablo Picasso, Andy Warhol e Alex Katz. fino al 28 settembre
Diego Perathoner
Angelika Krinzinger
SAN MARTINO IN BADIA
Zeitsprung
Vengono presentate le sculture lignee e installazioni che il giovane gardenese Diego Perathoner, classe 1981, ha realizzato per la sua personale «Arcipelago», a cura di Tobia Moroder. Circolo artistico e culturale fino al 10 agosto; p.zza S. Antonio 102; 0471796046; www.circologardena.org
La stüa nella Val Badia
Nella struttura architettonica contemporanea adiacente allo storico castello, oggetti e testi danno forma a un percorso, curato dal direttore Stefan Planker, su uno spazio che è il fulcro della vita quotidiana delle popolazioni alpine: la stube, stüa in lingua ladina. Museum Ladin dal 18 luglio al 31 ottobre; strada Tor 65; www.museumladin.it
SELVA DI VAL GARDENA Dimora
Il percorso ricostruisce l’esperienza biografica dell’autore, esponendone i diari, le lettere e gli oggetti personali, grazie alla collaborazione con la fondazione Casa della letteratura di Monaco. dal 9 agosto al 30 novembre
L’associazione culturale Tublà da Nives, in concomitanza con la Biennale Gherdëina, ospita una mostra collettiva organizzata dalla Südtiroler Künstlerbund e curata da Lisa Trockner e Marion Oberhofern. dal 11 luglio al 10 agosto
Heinrich Kühn
Leo Ferdinando Demetz
Sono esposte 70 lastre e riproduzioni cromaticamente fedeli; arrivano dalla Biblioteca nazionale austriaca di Vienna, che conserva quasi due terzi delle autocromie di Heinrich Kühn. Castel Tirolo fino al 30 novembre; via del Castello, 24; 0473 220221; www.casteltirolo.it
Progetti utopici nelle Alpi
In mostra ventidue proiezioni e progetti utopici, scelti da Susanne Stacher, relativi alle montagne alpine e risalenti agli ultimi cento anni. Kunst Meran - Merano Arte fino al 7 settembre; via Portici 163; 0473212643;www.kunstmeranoarte.org
Ritratti di grandi donne
La fotografa tedesca Bettina Flitner ha immortalato 22 donne in momenti privati, seguendole per tre anni in un viaggio attraverso l’Europa. Alice Schwazer ha scritto le biografie delle protagoniste, offrendo la possibilità di approfondire l’esperienza di visita. Museo delle donne fino al 27 ottobre; via Mainardo 2; tel. 0473 231216; www.museia.it
L’eros nel mondo vegetale
Si tratta di un percorso espositivo, in due parti, sull’evoluzione sessuale in botanica. Una sezione affronta gli aspetti biologici della sessualità dei fiori. L’altra, invece, è un viaggio tra leggende, riti e tradizioni che hanno come ingredienti comuni elisir d’amore e afrodisiaci. Giardini di Castel Trauttmansdorff fino al 15 novembre; via San Valentino, 51/a; 0473235730; www.trauttmansdorff.it
ORTISEI IV Biennale Gherdëina
Sono cinque gli artisti invitati dal curatore e critico torinese Luca Beatrice. Si tratta di Chris Gilmour, Velasco Vitali e tre artisti altoatesini,
Il Centro d’Arte Contemporanea è un’ Istituzione del Comune di Cavalese che ospita mostre collettive e personali temporanee, nel periodo invernale, da dicembre ad aprile, e in quello estivo da luglio a settembre, dedicate a tematiche che collegano l’arte al territorio alpino in genere. Il Museo organizza e promuove secondo precise metodiche un importante laboratorio didattico dedicato a bambini e ragazzi, per l’educazione alla creatività ed alla visione. Piazzetta Rizzoli, 1 38033 Cavalese (Tn) Tel. 0462 235416 Fax 0462 248043 www.artecavalese.it
[email protected]
Sonia Leimer, Willy Verginer e Bruno Walpoth. Centro storico area pedonale dal 18 luglio al primo ottobre; www.biennalegherdeina.it
Si tratta di una personale che presenta le sculture di Leo Ferdinando Demetz. Seguirà un’esposizione fotografica che amplifica l’idea d’interazione tra presente e passato, interno ed esterno, caratteristica del Tublà da Nives; viene inaugurata il 20 settembre e comprende la documentazione fotografica di Wilhelm Lutz, dedicata ai «Masi in Val Gardena». dal 14 agosto al 9 settembre
Masi in Val Gardena
Un’esposizione fotografica amplificherà l’idea d’interazione tra presente e passato, interno ed esterno, caratteristica del Tublà da Nives. Sarà inaugurata il 20 settembre e presenterà la documentazione fotografica di Wilhelm Lutz, dedicata ai «Masi in Val Gardena». Tublà da Nives dal 20 settembre al 26 ottobre; via Nives 6; 339 8732677; www.tubladanives.it
SOLDA Reinhold Messner 70
La mostra allestita nelle diverse sedi del museo, qui parla del ghiaccio, del grande bianco e del buio della spedizione in Groenlandia. Messner Mountain Museum Solda fino al 16 novembre; c/o Yak & Yeti; tel. 0473 613577
TIROLO
L’artista rielabora fotograficamente i ritratti degli Asburgo, soffermandosi sul dettaglio delle mani. In queste immagini ravvicinate viene a galla anche la superficie della tela dipinta. Castel Ambras fino al 31 ottobre; Schloßstraße 20; www.schlossambras-innsbruck.at
In mostra gli artisti tirolesi Carola Dertnig, Heinz Gappmayr, Martin Gostner, Peter Kogler, Peter Sandbichler, Eva Schlegel, Martin Walde, Hans Weigand e Lois Weinberger Galerie im Taxispalais fino al 31 agosto; Maria Theresien Str. 45; www.galerieimtaxispalais.at
Kris Martin
Come nel progetto «Mandi XXX», in cui la carta era segnata dalle impronte delle dita, in quest’occasione Martin segna con l’impronta del pollice 69 pagine di un libro sulle Alpi. Kunstraum Innsbruck fino al 13 novembre; Maria Theresien Str. 34, Arkadenhof; www.kunstrauminnsbruck.at
Prendere il paesaggio
Il paesaggio è analizzato dal punto di vista di artisti come Martin Beck, Hannes Böck, Amy Croft, Yuki Higashino & Elisabeth Kihlström, Joan Jonas, Michael Part e Joyce Wieland. Neue Galerie fino al 2 agosto; Rennweg 1; 43 0512 578154; www.kuenstlerschaft.at
Tirolo, Monaco di Baviera
In mostra 80 dipinti, disegni, stampe e sculture di artisti come Franz von Defregger, Mathias Schmid, Leo Putz, Albin Egger-Lienz, Rudolf Nissl, Franz von Stuck e Gabriele Münter. Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum fino al 24 agosto; Museumstraße 15; 43 51259489; www.tiroler-landesmuseen.at
SEDI PRIVATE Michael Kos
Nella personale «Square off» l’austrico Michael Kos presenta una serie di opere inedite. Si tratta di tavole dello spessore di 10 centimetri in cartone serigrafato, sul quale è intervenuto con pigmenti metallici e colore acrilico. Artdepot fino al 31 luglio; maximilianstraße 3; tel. 43 650 5531985; www.artdepot.co.at
Max Weiler
Progetti d’arte pubblica, realizzati e non, da Max Weiler nell’area del Tirolo sono documentati da schizzi su carta. Ci sono anche opere della fine degli anni Cinquanta e Sessanta, come il murale del municipio di Innsbruck. Galerie Elisabeth & Klaus Thoman fino al 6 set.; Maria-Theresien Str. 34; 43 512 575785; www.galeriethoman.com
INNSBRUCK
KUFSTEIN
SEDI PUBBLICHE
Musica in Tirolo ieri e oggi
Faccia a faccia
È una mostra temporanea che affronta il tema del ritratto attraverso un’ampia panoramica cronologica che spazia dall’antichità ai giorni nostri: testimonianze del Rinascimento, di epoca barocca e illuminista, opere di Lucas Cranach
La mostra è costruita su materiali multimediali e oggetti della collezione di musica del Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum, accanto a prestiti provenienti da liutai. Sparkasse Kufstein fino al 31 ottobre; Oberer Stadtplatz 1; www.tiroler-landesmuseen.at
Vivi l’energia della musica classica! Il turbine irresistibile della musica sinfonica delle Orchestre Musica e Gioventù I giovani esuberanti talenti della fucina dell’Accademia Gustav Mahler Il fresco approccio alla musica barocca di Antiqua Rinomati Pianisti da tutto il mondo al Festival Pianistico Ferruccio Busoni Grandi aspettative alle Preselezioni del 60° Concorso Pianistico Internazionale Ferruccio Busoni
Infanzia a colori Ein Buch als Freund Libri illustrati per bambini ■ Illustrierte Kinderbücher [1900-1940] Collezione-Sammlung Loner 14.06 - 02.11.2014
Assessorato alla Cultura e alla Convivenza Assessorat für Kultur und aktives Zusammenleben
Museo Civico di Bolzano Stadtmuseum Bozen Via Cassa di Risparmio 14 Sparkassenstraße 14 da martedì a domenica/dienstags bis sonntags: 10.00-18.00 Uhr Per informazioni – Infos: 0471/997960
[email protected] [email protected]