Università Politecnica delle Marche Facoltà di Medicina e Chirurgia
___________________________________________ Master di 1° livello per Infermiere di Area Critica
Mild therapeutic hypothermia (MTH) in out-of hospital cardiac arrest (OHCA): a literature review
Relatore:
Masterizzando:
Dott. Andrea Toccaceli
Dott.ssa Di Lella Primiana
Anno Accademico 2011/2012
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“Il riposo a voi sia, non letargo, ma preparazione di nuove forze e pensieri.” Niccolò Tommaseo 1845
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INDICE Introduzione.............................................................................................pag 4 Metodi......................................................................................................pag 8 Risultati...................................................................................................pag 13 Refereces.................................................................................................pag 41 Ringraziamenti.......................................................................................pag 50
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INTRODUZIONE
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Ipotermia terapeutica: un po' di storia L’incidenza dell’arresto cardiaco extra-ospedaliero (out-of-hospital cardiac arrest, OHCA) è stimata in un report della World Health Organization (WHO) tra i 36 ed i 128 casi per 100000 individui per anno. In questa popolazione i tentativi di rianimazione cardiopolmonare compiuti si aggirano attorno all’86% ed una ripresa di circolo spontaneo (return of spontaneus circulation, ROSC) può essere raggiunta in un range compreso tra il 17% ed il 49%. Tra i pazienti inizialmente rianimati con successo, il danno anossico cerebrale è la principale causa di morbidità e mortalità. Almeno l’80% dei pazienti che inizialmente sopravvive ad una arresto cardiaco rimane in coma post-anossico per periodi più o meno prolungati , circa il 40% entra in uno stato vegetativo persistente e la mortalità ad una anno è pari all’80%(2). Nonostante il costante aggiornamento
delle
linee
guida
internazionali
sulla
rianimazione
cardiopolmonare e sull’advanced cardiac life support (ACLS) il tasso di sopravvivenza per gli arresti cardiaci extra-ospedalieri non è comunque migliorato nell’ultima decade. Le linee guida infatti si focalizzano principalmente sul trattamento fino al ROSC, vista la scarsità di studi relativi all’immediato periodo post-rianimatorio. Il completo recupero delle funzioni cerebrali è purtroppo ancora un evento raro. Anche in pazienti selezionati con evento testimoniato ed un intervallo tra arresto cardiaco e inizio delle manovre di ACLS inferiore a 15 minuti, la mortalità a 6 mesi è compresa tra 5
il 40 ed il 55% (6). Una volta ottenuto un ritorno di circolo spontaneo a seguito di una efficace rianimazione cardiopolmonare si verificano a livello cerebrale complessi meccanismi che portano ad un danno secondario da riperfusione con ulteriore perdita neuronale ed un conseguente peggioramento dell’outcome cerebrale (6). L'utilità dell'ipotermia in medicina è stata riconosciuta fin dall'antichità. Ippocrate, primo medico moderno, avvolgeva nella neve e nel ghiaccio i soldati feriti. Evidenze storiche degli ultimi secoli, sostengono che il noto chirurgo di Napoleone, Barron Larrey osservò che i feriti lasciati al caldo avevano meno possibilità di sopravvivenza rispetto a chi veniva lasciato al freddo (22). Il primo articolo pubblicato sull'ipotermia risale al 1945 e trattava degli effetti dell'ipotermia sui pazienti colpiti da grave trauma cranico. Con gli anni, l'impiego dell'ipotermia terapeutica divenne sempre maggiore negli interventi di neurochirurgia, focalizzandosi su un abbassamento della temperatura corporea (TC) a 20°-25°. Queste temperature provocano gravi effetti collaterali tali da rendere inapplicabile l'ipotermia terapeutica. Nel 1950 Rosonoff ha dimostrato come una lieve ipotermia terapeutica dia benefici in caso di ischemia cerebrale sugli animali. Solo dopo il 2000, l'ipotermia terapeutica è stata utilizzata come terapia negli arresti cardiaci extraospedalieri con un buon esito nurologico. Uno studio osservazionale del 2012 della Resuscitation ha dimostrato che i pazienti con OHCA che ricevono ipotermia terapeutica hanno una Cerebral performance score (CPC) più 6
elevata rispetto a chi non riceve ipotermia terapeutica. Lo studio osserva 172 pazienti di età media di 63,6 anni di cui il 74,4% maschi con inizio di TH in media dopo 94,4 minuti e raggiungimento della temperatura dopo 309 minuti con probabilità di ritardo neurologico ogni 5 minuti di ritardo dall'inizio di TH e trasferimento in ICU(6).
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METODI
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Cos'è l'ipotermia terapeutica L'ipotermia terapeutica è quella condizione che si verifica quando la temperatura interna del corpo (TCI) scende al di sotto di quella necessaria per il normale metabolismo e funzionamento del corpo. L'ipotermia terapeutica viene utilizzata nell' ACC dove tutto il corpo umano subisce una ischemiariperfusione completa, durante l'abbassamento della TCI il metabolismo rallenta del 5-7% e questo permette al corpo di ridurre il ritmo metabolico e di consumare meno energia oltre ad avere una neuroprotezione. L'applicazione dell' Ipotermia a fini protettivi e di miglioramento prognostico, ha dato le migliori evidenze soprattutto nei trial clinici relativi ad una categoria di pazienti con danno neurologico: quelli affetti da encefalopatia post-anossica secondaria a recupero di un circolo spontaneo (ROSC) stabile dopo ACR dovuto a ritmi defibrillabili e non defibrillabili. E’ stata effettuata una revisione della letteraria che si è interrogata sugli effetti dell'utilizzo dell'ipotermia terapeutica nell'arresto-cardiocircolatorio extraospedaliero. Gli articoli sono stati selezionati dai motori di ricerca PUBMED, Cochrane, Embase, American Heart Association, Science Direct. Le parole chiave utilizzate sono state: therapeutic hypothermia (TH), out-of-hospital cardiac arrest (OHCA), cerebral performance category scale (CPC). Sono stati individuati 134 articoli completi, sono stati esclusi dalla ricerca 3 articoli riguardanti TH nei neonati e bambini e 92 articoli che non hanno 9
oggetto in comune con l'argomento trattato per la literure review. Sono stati recuperati 39 studi full text ritenuti validi. Gli articoli selezionati vanno dal 2005 (30) al 2012. Gli studi sono stati quindi suddivisi in (tabella 1): 1. studi osservazionali: 18 articoli full text; 2. case report: 7 articoli full text; 3. review: 12 atricoli full text; 4. randomized control trial (RCT): 2 articoli full text Studi Osservazionali
Case report
Review
Sultan (1)
Zushi (24)
Arulkumaran (14) Janata (36)
Dragancea (2)
Schwartz (25) Huyunh (15)
Mo Cho (3)
Kurisu (26)
Torgesen (16)
Reinikainen (4) Tinley (27)
Bernard (17)
Kori (5)
Sunde (28)
Chen-lu (18)
Sendelbach (6)
Kämäräinen (29)
Boyce (19)
Tewelde (7)
Nielsen (30)
Imanasu (20)
Mooney (8)
Stub (21)
Cronier (9)
Nicolaou (22)
Gaieski (10)
Algaza (23)
Belliard (11)
Lopez-de-Sa (34)
Majersik (12)
Kim (35)
Maze (13) Cariou (31) Stub (32) Joo Kim (33) Testori (38) Dumas (39) Tabella 1: testi selezionati per lo studio. 10
RCT Wang (37)
Tutti gli articoli sono stati suddivisi per autore, titolo, parole chiave, PICOM. Sono stati estrapolati i risultati principali e le prospettive future. Su questa base sono stati suddivisi gli articoli in 8 gruppi principali (tabella 2): Esami Mortalità Neurologic Metodi di Protocolli ematici e durante TH score induzione TH utilizzo dei TH farmaci durante TH
(1); (3); (2); (4) (31); (16); (15); (24)
TH associata PCI
a TH associata a ritmi non defibrillabili
(6); (28); (5), (12), (7); (8); (9); (13); (39); (38); (26); (35) (20) (14); (29); (10); (11); (22); (25); (30); (33) (12); (17); (32) (19); (21); (34); (37); (18)
Tabella 2: suddivisione studi.
Quando viene utilizzata l'ipotermia terapeutica Questa review valuta l'utilizzo dell'ipotermia terapeutica in OHCA con ROSC da ritmi defibrillabili e non defibrillabili (38),(26)(35). Undici articoli descrivono un protocollo riguardo l'MTH che vanno dai tempi di inizio ottimali della MTH alla valutazione neurologica dopo il risveglio.
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OHCA
RITMI DEFIBRILLABILI E NON
INIZIO MTH
R C P
RO SC
PCI PRIMA RIA
TRASFERIMEN TO IN ICU
SE ECG POSITIVO PER IMA
UTILIZZO DI INFUSIONI E PRESIDI RAFFREDDANTI
RAGGIUNGI MENTO TCI 32°-34°
MANTENI_ MENTO MTH PER 12-24 H
VALUTAZIONE NEUROLOGIC A Figura 1: flow chart MTH
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INIZIO RISCALDA MENTO: MAX 0,5°/h
SOSPEN SIONE SEDATIVI
RISULTATI
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Protocollo MTH l'applicazione della MTH a fini protettivi e di miglioramento prognostico, ha dato le migliori evidenze soprattutto in trial clinici relativi ad una catagoria di pazienti con danno neurologico: quelli affetti da encefalopatia (coma) postanossico secondaria a recupero di un circolo spontaneo (ROSC) stabile dopo ACR dovuto a ritmi defibrillabili e non. Uno degli interventi effettuati e raccomandati nel paziente acuto che si presenta in dipartimento di emergenza, è la prevenzione dell'ipotermia e il riscaldamento attivo del paziente, soprattutto
se
politraumatizzato
(raccomandazioni
ATLS).
L'utilizzo
dell'ipotermia è controversa nei pazienti traumatizzati per gli effetti di quest'ultima sulla coagulazione, l'interrogativo è quindi se salvare il cervello (con il “freddo”) o salvare il corpo (dal rischio emorragico). Nessuno dei trial clinici sull'ipotermia nei pazienti con trauma cranico, Esa, ictus, ha evidenziato un aumento del sanguinamento intracranico associato con il raffreddamento.
Gli
studi
che
analizzano
l'ipotermia
come
fattore
indipendente, evidenzierebbero come quest'ultima sia più un marker della gravità clinica che la causa. Ma allora qual è il giusto intervento, riscaldare o raffreddare i pazienti acuti? La risposta non è univoca ma è data dal tipo di patologia, dalla presenza o meno di un danno neurologico, dal grado di ipotermia e dalla conoscenza degli effetti collaterali dell'ipotermia stessa. L'ipotermia accidentale non controllata è deleteria, è da evitare nei pazienti acuti con emorragia in atto (es. stato di shock); l'ipotermia moderata (33-35°) 14
può essere utile nei pazienti acuti con danno neurologico se non presentano diatesi emorragica in corso. La migliore evidenza disponibile ha dimostrato che se si ha un arresto cardiaco extraospedaliero da tachicardia ventricolare senza polso e fibrillazione ventricolare, se non ci sono controindicazioni assolute, l'ipotermia terapeutica dovrebbe essere indotta in pazienti con ROSC in stato comatoso anche se
risulta efficace sia su asistolia che
PEA. L' AHA
definisce stato di coma un pz con GCS inferiore a 8 o che non risponda ai comandi. L'ipotermia terapeutica si può dividere in tre fasi: Induzione, Mantenimento e Riscaldamento. Il sopravvissuto da OHCA deve iniziaze MTH nel più breve tempo possibile, gli studi indicano che si possa iniziare durante il soccorso sul territorio. Prima dell'arrivo del paziente in ICU, l'itero team si prepara all' inizio della MTH attraverso la preparazione del materiale utile per abbassare la TCI: vengono raffreddati NaCl 0,9% a 4°, viene preparata acqua fredda per infusione tramite sondino naso gastrico (SNG), vengono preparati i presidi di raffreddamento come materassi termici e si preparano sonde per la misurazione della TCI attraverso sonde rettali ed esofagee (5). Il paziente che arriva in ICU viene sedato farmacologicamente con midazolam e fentanyl (5), e inizia il raffreddamento attraverso tutti i presidi precedentemente preparati. Una sistematic review ha dimostrato che si possono utilizzare cristalloidi
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freddi e che questi ultimi risultino essere rapidi nell'induzione della MTH e anche semplici nel suo utilizzo (22). Tra gli studi selezionati, si evidenzia come MTH potrebbe essere indotta sul territorio (29) attraverso l'infusione di liquidi freddi e l'utilizzo di una sonda per temperatura. L'induzione comporta un raffreddamento rapido del paziente entro le prime 8 ore dopo ROSC ad una temperatura target compresa tra 32-34°. Un accurato monitoraggio della temperatura interna MTH è fondamentale, i metodi convenzionali di controllo della temperatura in questi casi risultano inutili. Abbassata la temperatura corporea si possono verificare brividi che contrastano con l'obiettivo di ridurre la TCI, in questi casi si utilizzano sedativi e analgesici come propofol e fentanyl. Se il brivido dovesse persistere, si potrebbe ricorrere ad un bloccante neuromuscolare come i curari.
Termoregolazione Il corpo umano può essere sommariamente diviso in due compartimenti termici: un compartimento centrale o “core” comprendente il tronco e la testa esclusa la cute ed un compartimento periferico, comprendente le estremità e la cute. Normalmente la temperatura corporea del core è strettamente regolata attorno ad un setpoint ipotalamico di 36.60±0.38°C (19). Questo valore “preimpostato” subisce lievi variazioni nel corso della giornata con il picco massimo di temperatura intorno alle ore 18:00. La temperatura del compartimento periferico è di solito meno strettamente regolata ed è 16
abitualmente di 2-4°C inferiore a quella del core. Questa differenza aumenta in maniera consistente in ambienti freddi mentre diminuisce in ambienti caldi. La temperatura del core è regolata variando il trasferimento di calore verso la periferia attraverso vasodilatazione e vasocostrizione. In altre parole la perdita di calore dal compartimento periferico è regolata attraverso variazioni della perfusione del tessuto cutaneo, tramite vasodilatazione e vasocostrizione, e con l’aumento o la diminuzione della produzione di sudore. Il sangue circolante dal core alla periferia cede calore ai tessuti circostanti ed ai tessuti più freddi a livello cutaneo. Il grado di conduzione dai vasi sanguigni periferici all’esterno dipende dal coefficiente di diffusione, determinato dalle caratteristiche del tessuto. Ad esempio il tessuto grasso isola in misura tre volte maggiore rispetto al tessuto muscolare per cui i soggetti obesi tendono a disperdere calore molto più lentamente dei soggetti magri. Riguardo al tessuto muscolare esistono ulteriori differenze tra vari gruppi muscolari ad esempio nell’intensità e nel tempo d’insorgenza del brivido: i muscoli del tronco infatti presentano un’insorgenza precoce ed un’intensità maggiore del brivido rispetto ai muscoli degli arti. Oltre che attraverso la produzione di sudore (evaporazione), la perdita di calore avviene tramite la convezione, la conduzione e l’irraggiamento. La quantità di perdita di calore dipende dal gradiente di temperatura, dalla superficie esposta e dalla conduttività termica. A riposo ed in circostanze normali il 50-70% della perdita di calore nei pazienti svegli avviene tramite irraggiamento. In pazienti sedati in ICU, la 17
maggior parte della perdita di calore avviene tramite irraggiamento e convezione. Quando si vuole raffreddare attivamente un paziente di solito si tende a facilitare la convezione e/o la conduzione così come si tende a facilitare il passaggio di calore dal core al compartimento periferico (21) (34) (37).
Effetti fisiologici dell'ipotermia terapeutica. Neurologici Le lesioni neurologiche sono causate da diverse cascate biochimiche ritenute molto sensibili alle variazioni di temperatura. Si ritiene che l'abbassamento della temperatura possa ridurre l'edema cerebrale che si forma durante l'arresto cardiaco, dato che l'ipotermia diminuisca la pressione intracranica.
Apparato respiratorio Tutti i pazienti rianimati dopo ACC che rimangono in uno stato comatoso, necessitano di intubazione orotracheale per la protezione delle vie aeree e ventilazione controllata con 100% di O2 e un volume tidiale di 10 mL/kg con 8-10 atti respiratori per garantire una normocapnea. Quando la TCI scende a 33° si possono abbassare gli atti respiratori a 6-8 al minuto e regolare i gas ematici attraverso l'EGA. Uno studio pubblicato su Circulation del 2012 (21) afferma che la somministrazione di O2 al 100% potrebbe essere tossica e consiglia di evitare un' iperossia e un'ipossia nel post-arresto. Le complicanze 18
polmonari dopo RCP includono aspirazione, lesione della parete toracica per il prolungato massaggio cardiaco esterno, e polmoniti causate da infezioni nosocomiali. Potrebbe essere necessaria in questi casi una radiografia del torace per escludere complicazioni come polmoniti o edema polmonare (17).
Sistema cardiovascolare ed emodinamico Le cause di OHCA possono essere evidenti sulla base della storia clinica del paziente e sull'ECG. L'angiografia coronarica può rivelare inaspettate lesioni che sono suscettibili di terapia. La disfunzione del miocardio dopo RCP è molto comune e una terapia inotropa può essere utile per migliorare la perfusione cerebrale (8) . L'ecografia precoce può fornire informazioni immediate sul grado di disfunzione del miocardio e indicare il trattamento da seguire. Gli obiettivi emodinamici ottimali da raggiungere durante ipotermia non sono molto chiari, ma gli studi affermano che un avvio precoce di MTH e un mantenimento relativamente alto della pressione arteriosa media tra 80 e 100 mmHg, l'utilizzo di un catetere in arteria polmonare per la prevenzione dello shock cardiogeno e una determinazione della frazione di eiezione, ha diminuito del 28% la mortalità e migliorato gli outcome neurologici (21). Se la stabilità circolatoria adeguata non è realizzabile con la somministrazione di farmaci inotropi, si potrebbe prendere in considerazione l'utilizzo di un contropulsatore aortico. L’ipotermia è inizialmente associata ad una tachicardia sinusale ma inseguito si sviluppa una bradicardia in parte a causa
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del diminuito metabolismo in parte per un effetto diretto sul miocardio. Variazioni dell’ECG sono comuni, ma il rischio di aritmie è davvero basso almeno fin quando la temperatura non scende al di sotto dei 30°C. Abitualmente la prima forma di aritmia che compare è una fibrillazione atriale che può essere seguita da flutter o fibrillazione ventricolare (< 28°C). Le aritmie inoltre sono difficilmente trattabili nel paziente ipotermico dato che il miocardio diviene meno responsivo alla defibrillazione e ai farmaci antiaritmici. E’ pertanto necessario evitare durante il trattamento che la temperatura scenda al di sotto dei 30°C visto che sotto questa soglia il rischio di aritmie aumenta in maniera esponenziale. Inizialmente l’induzione dell’ipotermia causa un aumento del consumo di ossigeno al livello miocardico probabilmente a causa dell’incremento ipotermia-indotto
delle
concentrazioni
plasmatiche
di
adrenalina
e
noradrenalina la cui conseguenza è quella di aumentare la gittata cardiaca e la domanda di ossigeno. Continuando il raffreddamento la diminuzione della frequenza cardiaca associata alla marcata riduzione del metabolismo comporta una diminuzione del postcarico e della richiesta di ossigeno. Il risultato finale è una diminuzione del 25% della gittata cardiaca, un aumento delle resistenze vascolari sistemiche e polmonari ed un aumento della pressione venosa centrale. In soggetti sani è riportato un aumento della perfusione coronarica indotto da una leggera ipotermia (35.5°C) tuttavia un altro studio svolto su pazienti con coronaropatia preesistente ha riportato 20
episodi di vasocostrizione coronarica durante ipotermia probabilmente in rapporto alla disfunzione endoteliale causata dall’aterosclerosi. Tutto ciò implica che potrebbero esserci teoricamente dei rischi di danno miocardico durante il trattamento con ipotermia terapeutica in pazienti con patologie cardiovascolari, specialmente nella fase iniziale di induzione quando è dimostrato un aumento della frequenza cardiaca e di conseguenza un aumento del consumo d’ossigeno. Sistema renale/Elettroliti Durante le prime 24 h post ACC si ha un aumento della creatinina, ma raramente vi è la necessità di una terapia renale sostituiva. Accede però che il livelli di potassio diminuiscano radicalmente e che sia necessari o un controllo ogni 1-2 ore, così come diminuisce il livello ematico di magnesio e potrebbe essere necessario una integrazione (17). Uno studio ha analizzato la diminuzione di K durante MTH (1). Secondo questo studio, durante ipotermia i livelli di K si abbassano notevolmente sviluppando tachicardia ventricolare polimorfa. C'è, quindi, concomitanza tra ipopotassiemia e tachicardia ventricolare polimorfa mantenendo i valori ematici di potassio a 3 mm/ol -¹ . Un altro studio di The American journal of emergency medicine del 2012 (3) afferma che il livello di ammonio nel sangue potrebbe essere un biomarker predittivo dello stato neurologico al risveglio del pz dopo ipotermia terapeutica. Lo studio ha messo a confronto due gruppi di pazienti con esito neurologico CPC 1-2 e CPC 3-5. Di questi 2 gruppi sono stati confrontati gli 21
esami ematici prendendo in considerazione i livelli di emoglobina, pH, PaO2, PCO2, eccesso di basi, albumina, glucosio, potassio, cloro, bilirubina, fosforo e ammonio. I risultati indicano una differenza sostanziale di livelli di ammonio nei pazienti che hanno un CPC 3-5. Sistema ematico (1); (3); (31); (16); (15); (24) La diminuzione della temperatura ha un effetto limitato sui tempi della coagulazione e sul conteggio delle piastrine quando i tempi di ipotermia si prolungano. In ogni caso, molti pazienti riceveranno una terapia antiaggregante e anticoagulante per sospetta sindrome coronarica acuta. Gli studi clinici su MTH hanno dimostrato che non vi è alcune rischio aggiunto di sanguinamento tra pazienti ipotermici e normotermici (21). Durante MTH il sistema metabolico subisce variazioni, si ha una riduzione del metabolismo cellulare, del consumo di O2 e della produzione di CO2. Maggiore stabilità delle membrane (riduzione della permeabilità della BEE e dei vasi, quindi riduzione dell'edema). Sistema gastrointestinale Durante ipotermia terapeutica si ha un aumento della glicemia a seguito della diminuzione di insulina prodotta dal pancreas. E' anche noto che l'iperglicemia è associata ad un danno anossico. Uno stretto controllo glicemico potrebbe risultare utile durante ipotermia. Infezioni 22
Sono molte le evidenze cliniche e di laboratorio che dimostrano come l’ipotermia sia in grado di alterare la risposta immunitaria. Tuttavia l’inibizione della risposta infiammatoria potrebbe essere uno dei vari meccanismi coinvolti nell’effetto neuro protettivo: l’ipotermia inibisce il rilascio di citochine ad azione proinfammatoria, la migrazione chemiotattica dei leucociti e la fagocitosi. Oltre a questo la diminuita sintesi di insulina e la relativa insulinoresistenza che si viene a creare potrebbero ulteriormente incrementare il rischio di infezione. Vari studi hanno dimostrato un aumento del numero di infezioni in soggetti sottoposti ad ipotermia per periodi '48-72h (1),(3),(31) dato non riportato da studi analoghi condotti su pazienti con TBI probabilmente in ragione dell’antibioticoprofilassi oppure dell’utilizzo della decontaminazione selettiva del tratto digerente (Selective Decontamination of the Digestive tract, SDD) utilizzata in alcuni di questi studi (19),(21), (34). Altri studi hanno riportato il maggior rischio di infezioni della ferita in parte interpretabile come
risultato
dell’immunosoppressione,
della
vasocostrizione
e
dell’ipoperfusione tissutale che si viene a creare col raffreddamento (39),(22). (25). Questa nota potrebbe essere un importante riferimento in quei pazienti sottoposti ad ipotermia che necessitino un intervento chirurgico. Inoltre anche altre lesioni quali le ulcere da pressione ed i punti di inserzione dei cateteri probabilmente dimostrano un certo grado di progressione o un diminuito tasso 23
di guarigione durante il raffreddamento. Complessivamente il rischio di infezioni non sembrerebbe aumentare per trattamenti della durata ≤ 24h mentre il rischio di contrarre infezioni delle vie aeree appare aumentato quando i pazienti sono raffreddati per periodi prolungati (48h). Farmaci Un aspetto parzialmente trascurato ma di importanza fondamentale è l’effetto dell’ipotermia sul metabolismo e la farmacocinetica dei farmaci. Gli enzimi che metabolizzano molti farmaci infatti sono altamente temperatura-sensibili e questo vuol dire in poche parole che il metabolismo dei farmaci è particolarmente influenzato dall’ipotermia. La clearance di molti farmaci è ridotta in corso di ipotermia e perciò le loro dosi dovrebbero essere proporzionalmente ridotte. Sono pochi gli studi in merito ma dai pochi condotti si evince un aumento in generale dei livelli plasmatici e un aumento della durata di azione. Ad esempio i livelli plasmatici di propofol risultano aumentati del 30% e quelli del fentanyl del 15% consoli 3°C di ipotermia. Recentemente Tortorici et al. in un lavoro pubblicato su Critical Care Medicine hanno documentato una riduzione importante dell’attività dei sistemi enzimatici basti sul citocromo P450 ed hanno analizzato gli effetti su vari farmaci estesamente utilizzati in ICU. L’ipotermia terapeutica lievemoderata diminuisce del 7-22% la clearance sistemica dei farmaci metabolizzati dal citocromo P450 per ogni grado Celsius al di sotto dei 37°C. 24
La potenza e l’efficacia di alcuni farmaci risulta inoltre diminuita. Farmaco
Effetti
Midazolam
Concentrazioni sieriche 5 volte maggiori (≤ 35°C) Diminuzione nella clearance di 100 volte (≤ 35°C)
Fentanyl
Concentrazioni sieriche 2 volte maggiori (≤ 32-34°C) Diminuzione della clearance di 3,7 volte (≤35°C) Alte concentrazioni possono produrre attività epilettogena all'EEG e danno neurologico in pazienti predisposti
Remifentanil
Dimunuzione della clearance del 6,375 per ogni grado ≤37°C Ridurre la dose del 30% ogni 5°C ≤37°C
Pentobarbital Fenobarbital
Dimunuito metabolismo del 50% a 30° C
Propofol
Concentrazioni sieriche 30% maggiori (≤35°C)
Veruconio
Durata d'azione 3 volte maggiore in soggetti ipotermici Diminuzione della clearance di 11% per ogni grado ≤37°C Non ci sono variazioni significative nella potenza e nell'efficacia
Rocuronio
Diminuzione della clearance di 2 volte (≤35°C)
Atracurio
Aumento della durata di 1,5 volte (34°C)
Fenitoina
Diminuzione della clearance del 50% (≤35°C) Diminuzione della produzione dei metaboliti Controllo stretto dei dosaggi plasmatici
Tabella 4: farmacocinetica dei vari farmaci usati comunemente in ICU
Aspetti pratici Monitoraggio della temperatura Il sito dove la temperatura viene misurata assume notevole importanza per la gestione del paziente da trattare con ipotermia in quanto ogni singolo sito di misura possiede le proprie caratteristiche, i vantaggi e gli svantaggi dei quali vanno conosciuti ed i risultati vanno a loro volta interpretati per non indurre il clinico in errate valutazioni che possano condurlo a sovra-sottostimare situazioni dannose per il paziente. Tutto ciò poichè è necessario mantenere la 25
temperatura del paziente nel range “terapeutico” e contemporaneamente porre attenzione a non sconfinare al di sotto di un certo grado di ipotermia per non incorrere in gravi effetti collaterali (6). Attualmente la temperatura viene monitorizzata a livello del sangue in arteria polmonare con opportuno catetere, in esofago, nella vescica, nel retto e a livello timpanico sfruttando sistemi ad infrarossi.
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Sito
Accuratezza
Vantaggi
Svantaggi
Catetere in arteria polmonare
Alta
Riflette accuratamente e velocemente le variazioni della temperatura cerebrale. Basso rischio di errori di misura e di dislocamento
Rischi e complicanze connessi alla procedura di posizionamento. Da rimuovere dopo 7296 h
Esofago
Alta
Facile posizionamento della sonda. Riflette abbastanza velocemente le variazioni di temperatura
Rischio di dislocamento (stomaco) e conseguenti erronee misurazioni della temperatura. Interferenza con i sondini da nutrizione enterale, disconfort del paziante.
Vescica
Intermedia
Facile posizionamento della Lag di 20-30 minuti ssonda. con rischio di errori (overshoot). La misura può essere inficiata se la produzione di urina è scarsa.
Retto
Intermedia
Facile posizionamento della sonda, non interferisce con altri sondini. Lag inferiore rispetto alla vescica
Membrana timpanica Bassa
Temperatura ascellare
Facile da accessibile
usare,
Lag di 10-15 min con rischio di errori (overshoot). Alto rischio di dislocazione, inaffidabile in caso di diarrea.
sito Misure spesso non affidabili durante ipotermia. Misura non in continuo.
Completament Facile da usare, non Misure inaffidabili e inaffidabile necessita di inserimento di per gradiente di sonde. temperatura tra core e periferia (vasocostrizione cutanea). Da non utilizzare in corso di ipotermia.
Tabella 3 : sistemi per il monitoraggio della temperatura corporea.
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Tecniche di raffreddamento Esistono numerose strategie di raffreddamento, basate sui 4 meccanismi di perdita di calore: convezione, conduzione, evaporazione, irraggiamento. La produzione endogena di calore può essere inoltre arginata mediante l’utilizzo di agenti antipiretici. Questi farmaci sono tuttavia inefficaci nei pazienti con rialzo termico causato da alterazioni della termoregolazione quali le febbri centrali oppure nel colpo di calore. Varie tecniche di raffreddamento sono state utilizzate sia in vitro che in studi clinici per l’induzione dell’ipotermia quali termocoperte con acqua fredda circolante, borse del ghiaccio, materassi ad aria, cateteri specifici, infusione endovenosa di liquidi freddi a 4°C, reinfusione di sangue raffreddato tramite circuiti extracorporei attraverso l’arteria carotide, caschi refrigerati con liquidi freddi o con sostanze con capacità di raffreddamento, lavaggio nasale con acqua ghiacciata, lavaggio peritoneale freddo, bypass cardiopolmonare. Complessivamente le metodiche di raffreddamento possono essere divise in due grandi gruppi: metodi invasivi e non invasivi. I metodi maggiormente utilizzati nei grandi trials clinici pubblicati sono stati il raffreddamento ad acqua e le termocoperte ad aria, quest’ultime spesso usate anche nei reparti di medicina generale per riscaldare anche pazienti svegli. Il tempo di induzione dell’ipotermia sembrerebbe essere determinante in alcuni studi ed il tempo impiegato per raggiungere il target prestabilito variava nei vari studi da 2h ad 8h. Il tempo di induzione è
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correlato a fattori paziente-dipendenti (natura della patologia sottostante, età, sesso, BMI), alle misure di prevenzione del brivido e della produzione di calore endogena, agli aspetti tecnici (superficie raffreddata, temperatura delle coperte o dell’aria, capacità di raffreddamento, etc). Lo scambio di calore tra il core e la periferia e in definitiva l’entità del raffreddamento può essere facilitato dall’utilizzo di agenti vasodilatatori. Recentemente Bernard et al. hanno descritto un metodo rapido per indurre l’ipotermia mediante la somministrazione per via endovenosa di 30 ml/kg di soluzione di Ringer Lattato a 4°C. In questo studio la temperatura è stata portata da 35.5°C a 33.8°C entro 30 minuti senza effetti collaterali risultando perciò un metodo rapido, sicuro ed efficace per induzione dell’ipotermia. Kliegel et al. in un recente studio hanno ottenuto risultati analoghi somministrando liquidi freddi endovena confermando quanto detto in precedenza ma precisando che sebbene questo trattamento sia ottimale per l’induzione dell’ipotermia non risulti tuttavia sufficiente nella fase di mantenimento (5), (12), (14), (23). Oltre ai metodi sopracitati le tecnologie biomediche hanno messo a disposizione dei clinici speciali cateteri endovascolari dotati di due o tre palloncini riempiti di soluzione fisiologica a temperatura regolabile da posizionare in vena succlavia, in cava superiore o nella vena femorale. I vari studi condotti con tali devices hanno dimostrato una buona efficacia ed una relativa velocità di induzione dell’ipotermia. Si sono inoltre rivelati metodi meno
laboriosi
rispetto
ai
metodi 29
convenzionali
di
management
dell’ipotermia terapeutica. Le complicanze riportate sono state non particolarmente significative sebbene manchino dati sulla sicurezza nell’uso a lungo termine (>24h) (14), (5), (12), (29). Nuovi approcci prevedono l’uso del raffreddamento cerebrale selettivo, del raffreddamento peritoneale e il raffreddamento endonasale con acqua ghiacciata. L’esperienza con questi nuovi sistemi è ancora limitata a studi su animali e studi clinici su piccoli campioni di pazienti. Il trattamento con paracetamolo può servire da metodo complementare per indurre l’ipotermia specialmente nei pazienti con ipertermia sebbene l’effetto nei pazienti con danno neurologico sia limitato. Le ultime tendenze prevedono l’induzione dell’ipotermia nei soggetti in cui il trattamento sia appropriato direttamente nell’extraospedaliero. Vari studi sono stati già pubblicati ed i metodi più frequentemente usati sono stati il raffreddamento di superficie con mezzi fisici (sacchetti di ghiaccio su testa, collo, tronco e radice degli arti) e il raffreddamento tramite l’infusione di liquidi freddi.
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Metodo raffreddamento Di superficie (aria) esposizione ventilatori coperte termiche
di Efficacia Bassa-intermedia
Letti appositamente Buona progettati
Vantaggi
Svantaggi
Facilmente Relativamenti utilizzabili, tecniche inefficaci, rischio di poco costose infezioni
Prototipo non Prototipo non commercializzato commercializzato
Di superficie Intermedia-eccellente Metodiche semplici, (liquidi): economiche, molto efficaci nel caso spugnature dell'immersione ghiaccio totale immersione
Rischio di lesioni cutanee ed ustioni da freddo, l'immersione è poco preticabile in ICU
Coperte termiche con Intermedia circuito liquido
Riutilizzabili, a basso A volte si devono costo rispetto ad altri porre due coperte o sistemi usare altri sistemi, reffreddamento lento
Piastre di idrogel con Buona circuito liquido
Efficaci (1,5-2°C/h)
Indumenti avvolgenti Buona con circuito liquido
Avvolgono Pochi dati clinici, completamente il non riutilizzabile paziente, materiale non adesivo, buon contatto
Speray, alcool
Metodiche semplici, Time-consumming aconomiche
Bassa,intermedia
Lieve lesioni ustioni
rischio di cutanee e
Infusione di liquidi Eccellente freddi (4°C)
Molto rapido, può Richiedono volumi essere usato insieme di infusione notevoli, ad altri medoti non riescono da soli a mantenere la temperatura in range
Circolazione extracorporea
Eccellente
Veloce
Invasiva
Antipiretici
Bassa, intermedia
Basso costo
Poco efficaci nella febbre centrale
Tabella 4:tecniche di raffreddamento
In realtà l’applicazione dell’ipotermia è piuttosto semplice e non dovrebbe prescindere dall’utilizzo di sofisticate apparecchiature. Chiaro è che in molti casi tali strumentazioni “dedicate” rendono il controllo dell’ipotermia più 31
semplice. Ad esempio molti dei sistemi più largamente utilizzati, ovvero quelli non invasivi, non riescono a portare il paziente in range terapeutico se non in alcune ore. Tuttavia una volta in range, utilizzando questi devices, si riesce a mantenere uno stretto controllo della temperatura corporea e cosa ancor più importante si riesce a modulare alla perfezione la fase di riscaldamento a volte non completamente controllabile col riscaldamento passivo. I risultati migliori, analizzando i dati che la letteratura ad oggi mette a disposizione, sarebbero garantiti dunque dall’utilizzo combinato di più metodi di raffreddamento specialmente nella fase di induzione, da gestire nel minor tempo possibile. Il metodo migliore al momento parrebbe essere l’infusione di liquidi freddi (Ringer Lattato a 4°C 30 ml/kg, in circa 30 minuti) seguita da un altro metodo di raffreddamento sia esso invasivo o non invasivo. Riguardo il metodo di mantenimento sarebbero da preferire le metodiche non invasive visti i rischi che il posizionamento di cateteri vascolari centrali dedicati può, come tutti i CVC, comunque comportare.
Valutazione dello stato neurologico del paziente L’esame neurologico del paziente prevede la determinazione di vari parametri clinici, i principali dei quali sono: Valutazione Clinica • GCS: Glasgow Coma Scale. Le valutazioni vanno effettuate ad intervalli regolari durante il periodo di induzione, mantenimento e riscaldamento per
32
verificare la sufficiente sedo-analgesia del paziente. Alla fine del trattamento quando la componente farmacologica del coma viene meno il valore di GCS è da valutare ogni 6h. Il GCS valutato dopo la ripresa di circolo non rappresenta un fattore prognostico negativo assoluto ma i pazienti con GCS<4 a 72h dall’evento hanno un outcome sfavorevole nella quasi totalità dei casi. • Riflesso fotomotore • Riflesso corneale • Riflesso oculo-cefalico • Riflesso oculo-vestibolare • Riflesso faringeo-carenale L’assenza dei riflessi del tronco rappresenta un fattore prognostico negativo fin dalle prime fasi subito dopo il ROSC. La loro assenza a 72h dall’evento è indice di outcome neurologico sfavorevole.
Valutazione laboratoristica Attualmente gli unici parametri di laboratorio utilizzati per la valutazione dei pazienti in coma sono la enolasi neurono-specifica sierica (NSE) e la proteina S-100B. NSE: l’enolasi neurono-specifica è l’isoforma neuronale dell’enzima glicolitico citoplasmatico enolasi. La sua presenza è stata rilevata nei neuroni e nelle cellule del neuroectoderma. E’ un dimero composto da due subunità
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con un peso molecolare di 78 kDa ed un’emivita di 24h. Il danno neurologico e le alterazioni della barriera emato-encefalica ne causano il rilascio nel liquido cefalorachidiano ed eventualmente nel torrente ematico. Valori aumentati di NSE sono stati riportati in seguito a vari tipi di danno neurologico. Dalle evidenze presenti in letteratura si evince come la presenza di livelli sierici di NSE superiori a 33 µg/l tra il primo ed il terzo giorno dopo l’ACR indichino un outcome neurologico negativo e scarse possibilità di recupero. S-100B: è una proteina legante il Ca2+ con un peso molecolare di circa 21 kDa ed un’emivita biologica di circa 30 minuti. Ne esistono due sottotipi. La forma αβ è stata trovata nelle cellule astrogliali come pure la forma ββ presente nelle cellule di Schwann ma ritrovata anche in alcune cellule neoplastiche e in melanociti, adipociti e condrociti. Aumentati livelli sierici della proteina S-100B sono stati trovati dopo TBI, stroke, arresto cardiaco e chirurgia cardiotoracica. Così come per la NSE anche per la S-100B elevati valori sierici sono correlati ad outcome sfavorevole (6),(28),(20). sono stati condotti studi sui predittori biochimici di danno neurologico in pazienti vittima di arresto cardiaco trattati con ipotermia lieve-moderata. I pazienti trattati con ipotermia terapeutica lieve-moderata con buon outcome neurologico presentavano una riduzione dei livelli di NSE durante il trattamento, dato probabilmente indice della attenuazione del danno secondario nei pazienti ipotermici rispetto ai normotermici. I dati analoghi 34
riguardanti la proteina S-100B sono invece risultati non significativi.
Valutazione strumentale EEG: viene eseguito su pazienti con sofferenza cerebrale di varia natura. Al termine del trattamento ipotermico viene routinariamente eseguito per verificare l’attività elettrica cerebrale del paziente. Le alterazioni riscontrabili sono fattori predittivi molto importanti dell’outcome neurologico a seguito dell’evento acuto specie nel caso di riscontro di tracciati isoelettrici o con scarsa ampiezza (“silenzio elettrico”,assenza di attività cerebrale di ampiezza maggiore di 2μV), a cui corrisponde un valore predittivo negativo nel 100% dei casi. PESS: I Potenziali Evocati Somato-Sensoriali sono manifestazioni elettriche del Sistema nervoso Centrale in risposta a stimoli esterni. Si ottengono stimolando un nervo sensitivo periferico e registrando il potenziale elettrico risultante in vari punti lungo la via sensitiva fino alla corteccia cerebrale. Solitamente in questi casi si utilizzano i PESS del nervo mediano. I parametri utilizzati come valori di riferimento sono il tempo di conduzione centrale ed il rapporto N20/P25 (attività della corteccia sensoriale). La risposta ai PESS del nervo mediano è classificata in tre gradi: • Grado I: risposta bilaterale normale • Grado II : risposta alterata mono o bilaterale (riduzione dell’ampiezza > 50%, tempo di conduzione > 7,2 ms o entrambe)
35
• Grado III: assenza di risposta bilaterale. Il grado III ovvero l’assenza di risposta dei PESS in N20/P25 è correlata ad una prognosi infausta a breve termine e precede l’insorgenza del silenzio elettrico cerebrale. L’utilizzo dei PESS a lunga latenza N70 (interazione cortico-corticale) è stato studiato di recente da Zandbergen EG et al. come predittore di outcome assieme all’N20 nei pazienti in coma postanossico. Gli autori concludono che la determinazione della presenza o dell’assenza dell’N70 porta ulteriori dati sulla probabilità di avere un outcome avverso ma non ci si può basare sulla sua assenza per le decisioni terapeutiche in quanto non sufficientemente preciso. TC: la Tomografia Computerizzata è anch’essa un esame ormai routinario nei pazienti in coma (6). Diversi studi descrivono come fattori prognostici negativi la presenza di edema cerebrale (appiattimento dei ventricoli e scomparsa dei solchi) e di un rapporto tra sostanza grigia e sostanza bianca < 1.18 (28). MRI: la presenza di iperintensità a livello dei gangli della base, della corteccia e del cervelletto rappresentano dei reperti correlati a prognosi infausta nei soggetti sottoposti a Magnetic Resonance Imaging104. SPECT: una ipoperfusione corticale globale alla Single Photon Emission Computed Tomography rappresenta un fattore prognostico negativo
Outcome neurologico
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L’obiettivo delle linee guida pubblicate recentemente dall’ERC sul trattamento dell’ACR è migliorare la sopravvivenza a breve e lungo termine dei pazienti e limitare al minimo possibile le sequele neurologiche nei soggetti sopravvissuti. Queste infatti comportano un scadimento notevole della qualità della vita dei pazienti e dei loro familiari oltre ad avere un grosso impatto sulla società. La valutazione dell’outcome neurologico nei pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco extraospedaliero viene solitamente effettuata utilizzando la scala di valutazione Pittsburgh Cerebral Performance Category. Pittsburg Cerebral Performance Categories Nota: se il paziente è in anestesia generale, intubato e curarizzato deve essre considerato così com’è come condizione clinica su cui calcolare i punteggi CPC 1 Good cerebral performance: sveglio, cosciente ed in grado di lavorare CPC 2
normalmente. Possono esserci lievi deficit neurologici o psicologici. Moderate cerebral disability: cosciente, abile nelle normali attività
CPC 3
quotidiane, possibilità di lavoro in ambienti protetti. Severe cerebral disabtlity: cosciente, dipendente da altri nelle normali
CPC 4
attività quotidiane. Necessita di assistenza sociale. Come or vegetative state: ogni grado di coma senza i criteri di morte cerebrale. Stato vegetativo persistente, non interagisce con l’ambiente
CPC 5
circostante. Brain death: morte cerebrale (assenza di drive respiratorio spontaneo,
areflessia, silenzio elettrico). Tabella 5: Pittsburg Cerebral performance Categories
Convenzionalmente i pazienti vengono suddivisi da questa scala in due classi: Pazienti con good outcome: CPC 1 e CPC 2 Pazienti con poor outcome : CPC 3, CPC 4 e CPC 5 In uno studio condotto sull’affidabilità della scala CPC nella valutazione 37
dell’outcome dei pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco extraospedaliero ritengono questa scala valida ma non sufficiente a discriminare con precisione il vero livello della qualità della vita dei sopravvissuti (28), proponendo di utilizzarla assieme all’ Health Utilities Index Mark 3.
38
CONCLUSIONI
39
L’ipotermia terapeutica si è dimostrata un trattamento efficace nel diminuire la mortalità e nel migliorare l’outcome neurologico dei pazienti vittima di arresto cardiaco extraospedaliero con danno anossico cerebrale. Durante il tirocinio frequentato durante il master è stata riscontrata da parte degli infermieri la fattibilità della procedura. Alcuni studi di sorveglianza europei hanno denunciato lo scarso utilizzo di questa procedura nonostante la consapevolezza della sua efficacia. I motivi sono in parte legati allo scetticismo da parte delle terapie intensive e di tutto il personale per l'aumento del carico di lavoro e la mancanza dei presidi appositi. Si è comunque dimostrato che i metodi di induzione di ipotermia terapeutica sono soprattutto mezzi fisici e con tecniche base come ghiaccio o teli bagnati che non pesano particolarmente sul carico di lavoro. L’ipotermia terapeutica è solo uno dei tasselli che comporta un outcome migliore nei pazienti vittime di ACR e rappresenta il nuovo anello della catena della sopravvivenza ma è probabilmente il miglioramento globale delle cure rivolte ai pazienti vittime di ACR in terapia intensiva il vero marker del successo di tale trattamento. La fase di rewarming infatti è oggetto di numerosi studi e dai risultati preliminari emersi sembrerebbe importante tanto quanto la rapidità della fase di induzione. Un ulteriore oggetto di preoccupazione è l’insorgenza di complicanze. Tuttavia, negli studi presi in esame, l'incidenza delle complicanze è minima ed è rappresentata da aritmie temporanee e spesso 40
trattate in maniera conservativa, e da complicanze infettive. L'utilizzo dell'ipotermia terapeutica porta indubbiamente dei vantaggi nei danni anossici a seguito di arresto cardiaco, purtroppo in Italia non esiste uniformità del trattamento e non in tutte le terapie intensive viene utilizzata questa tecnica. Esiste, tuttavia, una larga diffusione dell'argomento che pone buone speranze nell'utilizzo della stessa. Rimane il fatto che un buon BLSD è alla base di una prognosi favorevole.
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Ringraziamenti Innanzitutto grazie ad Andrea Toccaceli per essere stato ancora una volta un ottimo insegnante, rivivere l’aria dell’UTIC dopo 4 anni è stato davvero emozionante: per me stare lì dentro è come non separarmi mai da chi ho perso, grazie per avermi supportato in questo progetto: se solo 18 anni fa ci fossero stati i protocolli di oggi e l’ipotermia terapeutica sarebbe andato tutto in modo diverso. Grazie ai colleghi del master, più volte ci siamo arrabbiati durante questo anno passato insieme, ma ci siamo fatti altrettante risate e “magnate”: è stato bello ritrovare le persone con cui hai frequentato l’università e conoscerne di nuove. Grazie a Pamela: è stato bello “riscoprirti”, e a Lucia: sono davvero contenta di averti conosciuta. Grazie ai colleghi del Bigna: vi ho chiesto troppi cambi per frequentare questo master e mai me lo avete fatto pesare. Ancora una volta vi dico che occupate un pezzo del mio cuore. Lasciarvi non è stato semplice. Ai “nuovi” colleghi della rianimazione clinica: non pensate che con questo master sappia fare di più, ogni giorno devo imparare almeno venti cose nuove per sperare di arrivare alla vostra altezza. Grazie a Mamma, mia Sorella e mio Fratello che spesso mi chiedono: e poi cosa puoi fare con questo master? Veramente.... niente. Però tornassi indietro
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lo rifarei tutto. Grazie ad Antonio che mi ha sostenuta come fa sempre e mi ha portata fino a Padova per l'ipotermia. Un pensiero speciale va alla parte della mia famiglia che non vive più qui, perderti poco più di un mese fa è stata più dura di quanto mi aspettassi: abbraccia forte gli altri da parte mia. Primiana Di Lella
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