UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE E AZIENDALI "M. FANNO"
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN ECONOMIA E DIREZIONE AZIENDALE Curriculum: Amministrazione, Finanza e Controllo TESI DI LAUREA STRATEGIE DI IMPRESSION MANAGEMENT NELLE IMPRESE FRAUDOLENTE: UN'ANALISI EMPIRICA Impression management strategies in fraud firms: an empirical analysis RELATORE: CH.MA PROF.SSA MICHELON GIOVANNA
LAUREANDA: CASOT ROBERTA MATRICOLA N. 1013658
ANNO ACCADEMICO 2011 – 2012
Indice generale INTRODUZIONE ............................................................................................................................................ 5 CAPITOLO 1: FINANCIAL STATEMENT FRAUD...................................................................................... 7
1.1: Considerazioni generali e definizione di Financial Statement Fraud.........................7 1.2: Chi commette le frodi: Cooks, Attitudini/Razionalità e TPB...................................10 1.3: Le voci contabili coinvolte: Receipes.......................................................................12 1.4: Perchè si commettono le frodi: incentivi e motivazioni...........................................15 1.5: Chi ha la responsabilità di vigilare: Monitoring e Red Flags...................................18 1.5.1: La Corporate Governance delle imprese fraudolente..............................................20 1.5.2: I segnali delle frodi.................................................................................................21
1.6: Le conseguenze della frode: AAERs e End Results.................................................23 1.6.1: Il SEC Accounting and Auditing Enforcement Release..........................................23 1.6.2: Le conseguenze per le imprese, managers e per gli organi responsabili del controllo25 1.6.3: Il restatement..........................................................................................................26 1.6.4: Gli effetti sul prezzo delle azioni............................................................................39 1.6.5: Le conseguenze sulla Corporate Governance.........................................................31 1.6.6: Le conseguenze per i manager coinvolti nella frode................................................33 CAPITOLO 2: L'IMPRESSION MANAGEMENT...................................................................................... 35
2.1: Cosa è l'impression management..............................................................................35 2.2: Le strategie usate dai manager..................................................................................38 2.2.1: La manipolazione della leggibilità e comprensibilità del testo...............................39 2.2.2: La manipolazione retorica dei reports....................................................................41 2.2.3: La manipolazione tematica e visiva del testo..........................................................42 2.2.4: La scelta dei benchmarks e dei valori contabili nei reports.....................................45 2.2.5: La strategia di attribuzione della performance........................................................46
2.3: L'uso del software Diction come misura di impression management......................48 CAPITOLO 3: ANALISI EMPIRICA DELL'USO DELL'IMPRESSION MANAGEMENT NELLE IMPRESE FRAUDOLENTE......................................................................................................................... 51
3.1: Considerazioni generali ed ipotesi di ricerca............................................................51 3.2: Il campione di imprese.............................................................................................55 3.3: Il metodo di analisi...................................................................................................57 3.4: I risultati dell'analisi.................................................................................................59 3.4.1: I risultati dell'analisi descrittiva..............................................................................59 3.4.2: I risultati dell'analisi delle medie con utilizzo del t test..........................................62 CONCLUSIONI.............................................................................................................................................. 67 BIBLIOGRAFIA............................................................................................................................................ 71
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Introduzione Questo elaborato tratta il tema dell'individuazione delle frodi contabili e delle tecniche che i managers usano per nasconderle agli occhi degli stakeholders. La scoperta delle frodi sta diventando sempre più difficile visto che stanno aumentando i tipi di frode e non esiste un particolare elemento o caratteristica che ne indichi la presenza in modo certo. Inoltre il numero delle frodi aumenta perchè aumentano sempre di più gli incentivi che portano i manager a commettere una frode anche se la loro scoperta porta delle gravi conseguenze sia all'impresa, prima tra tutte la caduta del prezzo delle azioni, sia ai manager convolti che, nella maggior parte dei casi, vengono licenziati e possono anche venire incarcerati. L'individuazione della frode da parte degli stakeholders può essere resa più difficile dall'uso da parte dei managers di strategie di impression management, ovvero strategie di manipolazione del linguaggio mirate ad ingannare i lettori dei reports aziendali. Tali strategie di manipolazione possono riguardare per esempio l'uso di figure retoriche o il ricorso ad un tono ottimista. L'elaborato contiene anche un'analisi empirica che si pone l'obiettivo di testare l'uso delle tecniche di impression management all'interno di un campione di 88 imprese accusate dalla SEC negli anni tra il 2004 e il 2009 di aver commesso una frode contabile. Il fatto che le imprese tentino in primo luogo di offuscare la loro performance negli anni della frode e in secondo luogo il loro tentativo di distogliere l'attenzione degli stakeholders dalla scoperta della frode viene analizzato con l'uso di Diction, un software che testa la presenza di impression management attraverso l'analisi di cinque variabili. In particolare sono state esaminate due di queste variabili, Ottimismo e Certezza, perchè esse testano la presenza della strategia di attribuzione, della strategia di manipolazione tematica e di quella di manipolazione retorica. La prima strategia prevede l'attribuzione della buona performance a fattori interni all'azienda e l'attribuzione della non buona performance a fattori esterni attraverso l'uso dei verbi passivi che distanziano chi scrive dall'azione compiuta. La seconda e la terza strategia vengono usate per enfatizzare le buone notizie e nascondere la performance non soddisfacente. La tesi è strutturata come segue. Il primo capitolo analizza la letteratura sulle frodi
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contabili. In base agli studi precedenti sull'argomento viene data una definizione di Financial Statement Fraud e vengono analizzate le caratteristiche che accumunano le imprese fraudolente. Il secondo capitolo presenta le varie tecniche di impression management e si esaminano alcuni paper empirici riguardanti questo argomento. Il terzo capitolo contiene l'analisi empirica.
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Capitolo 1 FINANCIAL STATEMENT FRAUD 1.1: CONSIDERAZIONI GENERALI E DEFINIZIONE DI FINANCIAL STATEMENT FRAUD Molti sono stati gli scandali che hanno attratto l’attenzione dei media negli ultimi anni, da WordlCom a Enron a Xerox e molte sono state le imprese accusate di aver abilmente contraffatto i loro reports (“Cooking the books”) commettendo così una Financial Statement Fraud. Ma cosa si intende per Financial Statement Fraud? La letteratura internazionale e varie autorità ne hanno dato nel corso degli anni varie definizioni. L'American Institute of Certified Public Accountants (AICPA) nel SAS n°99 paragrafo 5 (2002) definisce la frode come un atto intenzionale che porta ad un materiale misstatement in una voce di un bilancio soggetto a un audit. Inoltre nel paragrafo 6 viene aggiunto che sono due i tipi di misstatement considerati durante un procedimento di individuazione delle frodi: l'errore derivante da un reporting finanziario fraudolento e quello derivante da una misappropriaton degli assets. Il primo tipo di misstatement è un intenzionale materiale misstatement o omissione di valori nel bilancio che ha lo scopo di ingannare i financial users mentre il secondo tipo invece deriva da una non corretta contabilizzazione di un asset aziendale. Tutti e due i tipi di misstatement comportano una non conformità del bilancio agli standard GAAP. Anche Rezaee (2005), rimanendo in linea con quanto detto dall'AICPA, definisce le Financial Statement Fraud come un deliberato tentativo delle aziende di ingannare/mislead i soggetti interessati, in particolare investitori e creditori, con errori materiali dei financial statements. Le Financial Statement Fraud si distinguono quindi dall'earnings management: anche se tutte e due le tecniche prevedono una deliberata manipolazione dei dati contabili in modo da raggiungere i risultati desiderati, la frode è una violazione dei Generally Accepted Accounting Principles (GAAP) e comporta un materiale e intenzionale misstatement dei financial 7
statements dove per materiale si intende il fatto che il livello di omissione o di misstatement potrebbe comportare un cambiamento nel giudizio di una persona (SAS n° 47, AICPA 1983). L'earnings management invece è una manipolazione delle voci contabili che viene considerata legale perché non viola i GAAP e non comporta un materiale misstatement (Rosner 2003). La trasparenza e l’attendibilità del reporting aziendale sono elementi fondamentali per le decisioni degli investitori e possono avere implicazioni molto costose per un'impresa. Infatti, la scoperta di una frode implica in primo luogo una drastica riduzione del valore delle azioni dell'impresa coinvolta e una riduzione dei suoi ricavi di vendita e in secondo luogo una perdita di fiducia degli investitori nel mercato che comporta un aumento del costo delle risorse finanziarie e una maggiore difficoltà di accesso alle stesse (Dechow et al. 1996). Per esempio la bancarotta di WorldCom dopo l'accusa di frode è stata la più grande bancarotta della storia degli Stati Uniti e si stima che siano 460 miliardi i dollari di capitalizzazione persi a causa delle frodi di Qwest, Tyco e Global Crossing (Rezaee 2005). Hogan et al. (2008) riporta che la perdita di capitalizzazione dei trenta più grandi scandali causati da frode tra il 1997 e il 2004 è stata addirittura maggiore di 900 miliardi di dollari. Il legislatore americano ha quindi deciso di intervenire per aumentare la fiducia degli investitori nel mercato e contrastare il fenomeno delle frodi e nel 2002 è stato introdotto il Sarbanes Oxley Act. Gli obiettivi di questa legge sono: 1) la creazione di un nuovo modello di regolamentazione della contabilità, 2) stabilire nuovi standard di Corporate Governance, 3) migliorare la qualità e la trasparenza dei report aziendali, 4) dare più importanza alle funzioni di audit, 5) imporre requisiti più concreti ed effettivi sulle società pubbliche e sui loro executives e 6) aumentare le sanzioni per la violazione di securities laws e di altri regolamenti (Rezaee 2005). L'introduzione di queste nuove leggi non sembra però aver fatto diminuire il numero delle frodi che è invece aumentato negli anni successivi. Infatti un sondaggio biennale realizzato dalla PricewaerhouseCoopers Pwc riporta che il numero delle frodi scoperte nel 2005 è aumentato del 140% rispetto al 2003 (Hogan et al. 2008). L'aumento può essere stato dovuto però sia ad un aumento reale del numero delle frodi sia all'aumento e al miglioramento dei controlli. Per cercare di dare quindi una definizione, una spiegazione e aiutare nell'identificazione del fenomeno delle frodi Rezaee nel 2005, Cohen, Ding, Lesage e Stolowy nel 2010 e l'AICPA
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nel SAS n°99 hanno analizzato gli elementi che accomunano le imprese fraudolente. Il modello chiamato “Fraud Triangle” ripreso anche nel SAS n°99 al paragrafo 7 identifica tre condizioni generalmente presenti in una frode: 1.
Incentivi/Pressioni;
2.
Opportunità;
3.
Attitudini/Razionalità
Il modello “Theory of Planned Behavior” (TPB) definisce in modo più esplicito il concetto di attitudine del Fraud Triangle identificando quattro elementi: 1.
Attitudine al comportamento fraudolento;
2.
Norme soggettive;
3.
Percezione riguardante il controllo a cui si è sottoposti;
4.
Obblighi morali.
(Cohen, Ding, Lesage, Stolowy 2010. Pag 275)
L'evidenza empirica della presenza degli elementi elencati nella TPB e nel Fraud Triangle viene dimostrata da uno studio di Cohen et al. del 2010 analizzando una serie di aziende accusate di aver commesso frode. Anche Hogan et al. (2008) cita uno studio di Bell e Carcello
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del 2000 che dimostra l'evidenza empirica della presenza di una serie di indicatori ricompresi nel Fraud Triangle nei casi di frode. Il modello CRIME proposto da Rezaee nel 2005 individua cinque caratteristiche tipiche delle frodi: Cooks, Receipes, Incentives, Monitoring e End Results. Secondo questo modello le imprese accusate di frode si caratterizzano per il fatto che la frode coinvolge gli stessi soggetti (Cooks) e le stesse voci contabili (Receipes), è causata dagli stessi incentivi (Incentives), deriva da un non adeguato controllo (Monitoring) e porta alle stesse conseguenze (End Results). Gli elementi presi in considerazione in queste tre teorie verranno di seguito descritti dettagliatamente.
1.2: CHI COMMETTE LE FRODI: COOKS, ATTITUDINI/RAZIONALITÀ E TPB La lettera “C” dell'acronimo CRIME definisce chi sono gli autori delle frodi, i cosiddetti “Cooks”. Il COSO Report del 1999 afferma che in più dell'80% dei casi considerati, i CFO e i CEO sono coinvolti nelle frodi, le approvano o le incoraggiano. A loro si aggiungono i controllers, i Chief Operation Officers, i membri del consiglio di amministrazione, altri senior vicepresident e gli auditors (Rezaee 2005). Inoltre uno studio di Erickson et al. del 2005, analizzando gli AAER - cioè le pubblicazioni della SEC che descrivono i casi soggetti ad investigazione formale da parte dell'agenzia - dal 1996 al 2003, afferma che ad essere accusati nelle frodi sono i manager di più di alto grado: nel 50% dei casi il CFO o il CEO vengono accusati di aver causato la frode che ha portato all'AAER (Erickson et al. 2005). Nel caso della Enron, per esempio, furono accusati un Chairman, il CEO e il CFO mentre nel caso della WorldCom le persone coinvolte furono il Chief Financial Officer, il controller, e altri executives (Rezaee 2005). Questi dati sono però limitati dal fatto che le frodi perpetrate da non top manager non vengono molte volte prese in considerazione dalla SEC.
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Vista la stretta relazione con i dati contabili e la presentazione degli stessi è quindi il management l'organo aziendale che viene più spesso coinvolto nelle frodi. Esso è infatti nella posizione ideale per manomettere le voci del bilancio e presentare report fraudolenti (American Institute of Certified Public Accountants, SAS n°99 paragrafo 8). Sia il Fraud Triangle che la TPB infatti includono elementi riconducibili al management, in primo luogo, l'elemento Attitudini/Razionalità ovvero l'attitudine, un carattere, un insieme di valori etici che permettono a determinati individui di commettere intenzionalmente un atto disonesto (Cohen et al. 2010). Lo studio del 2010 di Cohen et al. riguardante le frodi aziendali e il comportamento del management identifica i seguenti elementi: 1) l'eccessivo interesse da parte del management nel mantenere o aumentare il prezzo delle azioni della società o il trend dei risultati, 2) l'impegno del management verso analisti, creditori e atri soggetti riguardante il raggiungimento di aggressivi o irrealistici risultati futuri, 3) il fatto che i proprietari o i manager non fanno distinzioni tra le transazioni personali e quelle legate all'attività di business (Cohen et al. 2010). Scendendo nel dettaglio la TPB scompone le Attitudini/Razionalità in quattro elementi. Il primo elemento, l'attitudine al comportamento fraudolento, viene definito da Ajzen (1991) come il grado di apprezzamento del comportamento in questione (ovvero il grado per cui una persona ha una favorevole o non favorevole valutazione del comportamento fraudolento). Inoltre Bayley (2006) sostiene che la valutazione favorevole o meno del comportamento dipende dalla valutazione (positiva o negativa) dei risultati a cui il comportamento porterà (Cohen et al. 2010). Alcuni possibili segnali di questo tipo di attitudine sono identificati da Cohen et al. (2010), tra questi per esempio troviamo: il fatto di mantenere un alto livello di vita (in certi casi legato alla passione per gli sport), il fatto di tenere molto in considerazione la propria reputazione e il fatto di considerare il successo dell'impresa come il proprio successo personale. Il secondo elemento, le norme soggettive, indica il modo in cui la persona che attua il comportamento fraudolento subisce l'influenza di altri soggetti per esempio altri manager o il CEO (che possono a loro volta approvare o non approvare il comportamento fraudolento) (Cohen et al. 2010). Il terzo elemento, la percezione riguardante il controllo a cui si è sottoposti, dipende da fattori come la presenza di premi o la personalità dei soggetti in questione. Infatti, essa riguarda la
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percezione che la persona ha della propria abilità a commettere l'atto disonesto e che dipende delle esperienze passate, dalla propria competenza e dagli ostacoli che potrebbe incontrare (Cohen et al. 2010). L'ultimo elemento, gli obblighi morali, comprende fattori che riguardano per esempio l'azione per il bene dell'impresa o l'impegno sociale. Emblematico a questo riguardo è il caso della Enron in cui vengono riscontrati un arricchimento personale (dovuto a off-balance sheet partnership), un'influenza da parte del CFO, un'immagine del CFO come una persona geniale, arrogante, molto sicura di sé e la presenza di donazioni al museo d'arte e al museo dell'olocausto (Cohen et al. 2010).
1.3: LE VOCI CONTABILI COINVOLTE: RECEIPES Analizzando i modi con cui le frodi possono essere commesse, si nota che molte sono le voci contabili coinvolte e una sola frode può implicare l'uso di più tecniche di misstatement. Seguendo uno studio di Beasley, Carcello, Hermanson e Lapides (2000) possiamo identificare vari tipi di frodi: •
Impropria contabilizzazione dei ricavi di vendita: contabilizzazione di transazioni inesistenti o non valide (come per esempio vendite dove è previsto un riacquisto futuro del bene da parte del venditore), contabilizzazione prematura dei ricavi (per esempio contabilizzazione della vendita nel momento della fatturazione e non nel momento in cui vengono trasferiti il diritto di proprietà e i rischi connessi alla proprietà dell'oggetto). Le frodi riguardanti i ricavi di vendita sono le più comuni: un report del GAO del 2002 rivela che circa il 38% dei casi di restatement analizzati è legato alla contabilizzazione dei ricavi di vendita (Rezaee 2005). Anche gli studi di Erickson et al. del 2005 e di Dechow et al. del 2011 identificano il fatto di
contabilizzare più vendite di quelle effettivamente
realizzate come il metodo più utilizzato per commettere frodi (56% dei casi analizzati per Erickson et al. e 59,5% dei casi analizzati per Dechow et al.). Secondo uno studio di Beasley e Carcello del 2000 questo tipo di frode è molto 12
più frequente nelle imprese legate all'informatica. •
Sovrastima e misappropriation di assets: capitalizzazione di spese di competenza, uso del valore di mercato per aumentare il valore degli investimenti, registrazione di investimenti fittizi e non di proprietà. Queste tecniche molte volte comportano un errore nella contabilizzazione dei crediti, del magazzino, degli impianti ed attrezzature, delle disponibilità liquide. Queste frodi sono più frequenti nelle imprese di servizi finanziari (Beasley, Carcello 2000).
•
Sottostima di costi/passività per esempio attraverso la sottostima di fondi TFR, insufficiente fondo per svalutazione crediti o l'impropria contabilizzazione dei costi.
•
Inappropriata disclosure: impropria o mancante contabilizzazione di elementi o dei soggetti con cui avviene la transazione.
•
Altre tecniche miste.
(Beasley, Carcello, Hermanson, Lapides 2000 Tabella 2, pag. 449) Quindi le frodi considerate passano dalla contabilizzazione in ritardo/in anticipo di un evento alla falsificazione/omissione dello stesso. Quest'ultima tecnica è molto più frequente rispetto alla prima ed è più considerata dai revisori durante le operazioni di controllo e revisione (Rezaee 2005). I soggetti incaricati del processo di controllo e revisione dei report aziendali devono porre quindi molta attenzione alle voci sopraindicate. Un aiuto nell'individuazione delle frodi viene anche dato dalla ricerca del 2011 di Dechow, Ge, Larson e Sloan che cerca di individuare delle caratteristiche che accomunano le imprese fraudolente. Gli autori analizzano 676 imprese accusate di aver sovrastimato i risultati di business tra il 1982 e il 2005 e prendono in considerazione tre categorie di voci che derivano dai dati contabili: le misure di qualità degli accrual, le misure di performance e le “off balance-sheet information”. L'analisi di queste varie misure viene fatta a quattro livelli: una prima analisi si focalizza sugli anni in cui un'impresa commette frode mentre la seconda analisi esamina tali misure per gli anni precedenti la frode. Viene poi fatta una comparazione tra questi due periodi e una comparazione tra le imprese fraudolente e le non fraudolente. Molti studi focalizzano la loro attenzione sui “discretionary accruals” come elementi suscettibili di misstating da parte dei manager. La contabilizzazione con il metodo degli 13
accrual prevede la registrazione della transazione nel momento in cui avviene e non nel momento in cui si ha la transazione monetaria e se il misstatement di queste voci è materiale si è in presenza di frode mentre nel caso in cui non lo sia esso è legale e rientra nell'earnings management. Questo studio introduce il concetto di “accrual quality” come indicatore di un uso legale del metodo di contabilizzazione legato agli accrual. Esso è costituito da misure legate ai crediti, ai debiti, al magazzino (Working Capital accruals), da misure riguardanti l'attivo immobilizzato operativo e il passivo consolidato operativo e da misure riguardanti i soft assets che vengono definiti come la percentuale di asset che non sono né disponibilità liquide né impianti e attrezzature1. Tutte queste misure sono più alte per le imprese fraudolente negli anni delle frodi rispetto alle imprese non fraudolente. Le imprese fraudolente presentano pertanto un basso livello di accrual quality. Se tali misure sono però confrontate con quelle ricavate dagli anni precedenti la frode si nota che non esiste una differenza significativa tra i due periodi. Gli autori danno due possibili spiegazioni a questo fenomeno: in primo luogo la crescita degli accruals negli anni precedenti la frode può essere fatta senza incorrere in frode (earnings management) oppure ci può essere un problema di sovrainvestimento dovuto ad aspettative di crescita che nel momento in cui non si realizzano portano alla frode. Per quanto riguarda le altre categorie di voci gli autori notano che negli anni della frode si ha un return of asset (ROA) in declino rispetto agli anni precedenti la frode e un aumento delle transazioni che comportano un passaggio di proprietà immediato nel momento della conclusione del contratto. Gli anni della frode si caratterizzano anche per il fatto che aumentano le operazioni di leasing che possono essere usate per diminuire il valore del debito e per un alto expected return on pension asset che comporta una riduzione delle spese relative.
1 Per una spiegazione dettagliata di ogni misura compresa nella categoria degli “Accrual quality” vedere la tabella 3 di pagina 39 di “Predicting Material Accounting Misstatements.” Dechow, P.M. e Ge, W. e Larson, C.R. e Sloan, R.G. 2011.
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1.4: PERCHÈ SI COMMETTONO LE FRODI: INCENTIVI E MOTIVAZIONI L'evidenza empirica sembra supportare l'ipotesi che le imprese fraudolente abbiano gli stessi incentivi/motivazioni a commettere una frode. L'eliminazione di importanti informazioni, la manipolazione di dati contabili e la falsificazione di documenti sono comportamenti intenzionali dei manager. Ma quali sono gli incentivi che portano un manager a commettere frode? Quali le motivazioni? Molte possono essere le motivazioni/incentivi che portano un manager e un'azienda a commettere frode. Per esempio la frode può apportare un vantaggio all'impresa, come il mantenimento di una valutazione positiva da parte del mercato, oppure allo stesso manager che può per esempio avere un migliore compenso per il suo operato. Seguendo un articolo di Cohen et al. del 2010 gli incentivi/pressioni/motivazioni possono essere raggruppati in cinque categorie: • Alto grado di competizione o saturazione del mercato. • Aspettative di redditività o di mantenimento di un certo trend da parte di analisti, investitori istituzionali, importanti creditori o altri soggetti esterni all'azienda. Uno dei principali motivi per commettere frode è per esempio il fatto di dover riuscire a conseguire i valori contenuti nelle Wall Street forecasts (Rezaee 2005). Una ricerca di Dechow et al. del 2011 afferma che le imprese fraudolente hanno un elevato stock return (dato da elevati dividendi e dall'aumento del prezzo delle azioni) negli anni precedenti la frode; quindi i manager commettono frode per evitare di deludere gli azionisti. • Debt hypothesis: bisogno di incrementare il capitale sociale o ottenere debito per rimanere competitivi. Questa è una delle due motivazioni (insieme alla bonus hypothesis) più analizzate nella letteratura. Una ricerca empirica di Dechow, Sloan e Sweeney del 1996 individua nel desiderio di attrarre finanziamenti esterni ad un basso costo uno dei motivi principali per commettere frode. In questo studio il 39% delle aziende fraudolente analizzate ha richiesto un apporto di fondi contro il 16% delle aziende di controllo e il 36% delle imprese fraudolente ha effettivamente avuto un aumento di capitale contro il 20% delle imprese di controllo. Gli stessi autori inoltre affermano che il 19,6% delle aziende fraudolente fa registrare
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una violazione dei debt covenants contro il 9,8% delle imprese di controllo e quindi portano evidenza che anche il voler evitare i debt covenants è tra le motivazioni per incorrere in un comportamento fraudolento. I mutui o i finanziamenti o i contratti cliente-fornitore possono prevedere restrizioni sulle condizioni di prestito (debt covenants) come un minimo valore dell'“interest coverage ratio” o un massimo valore del “debt/equity ratio”. Le violazioni di tali restrizioni possono portare ad una revisione del contratto oppure ad una sua risoluzione che può portare anche alla bancarotta (Lev 2003). Rosner nel 2003 inoltre esamina il fatto che un'impresa è in cattive condizioni finanziarie (failing firm) quale incentivo per commettere frode. Questo studio afferma che le aziende che non apparivano in financial distress e poi finite in bancarotta hanno una più alta probabilità di aver commesso frode negli anni precedenti la bancarotta rispetto alle imprese di controllo. Quindi, man mano che le condizioni finanziarie e la performance di un'azienda peggiora, più aumenta la probabilità che ci sia una frode. • Significativo interesse finanziario riguardante la performance dell'impresa da parte dei soggetti coinvolti nella frode. •Bonus hypothesis: compensazione dei manager collegata ai risultati dell'impresa. Le ricerche empiriche riguardanti questo punto sono molteplici e danno risultati differenti. Dechow, Sloan e Sweeney (1996) affermano che l'esistenza di un piano di ricompensa dei manager basato sui ricavi non differisce tra le imprese fraudolente e quelle di controllo e che quindi questa motivazione non è dimostrabile empiricamente. Estendendo lo studio di Dechow et al. Erickson, Hanlon e Maydew (2006), contrariamente a quello che affermano i policy makers, non trovano una relazione tra l'uso di executive equity incentives e le frodi anche se tutti e due i fenomeni hanno fatto registrare un boom negli anni '90 e 2000. Le misure usate in questo studio tengono conto delle variazioni del valore delle stock, restricted stock, stock option portfolio, exercitable stock option portfolio, unrestricted stock possedute dai 5 top manager di 150 imprese (50 imprese fraudolente e 100 imprese di controllo). Burns e Kedia nel 2006 affermano invece che c'è una relazione tra le frodi e i modi in cui il management viene compensato per il suo operato. In particolare esiste una relazione tra le stock 16
options e il fatto di commettere frode mentre gli autori non trovano nessuna evidenza empirica dell'esistenza di una relazione tra le frodi e compensi legati a equity, restricted stocks, long-term incentive payouts e salary plus bonus. Gli autori evidenziano che l'incentivo nel commettere la frode è più forte nei casi di compenso basato su stock options rispetto agli altri casi perché la stock option non comporta effetti negativi (la stock option ha una perdita di valore al perdere di valore del prezzo delle azioni molto limitata) in caso di scoperta della frode e permette ai CEO di nascondere l'esercizio dell'opzione con motivazioni legate alla liquidità o legate alla diversificazione del portafoglio. Lev nel 2003 riassume molti di questi punti affermando che secondo lui la più comune motivazione per commettere frode è il fatto che i manager vogliono superare i momenti difficili continuando le normali operazioni con adeguati fondi e un adeguato supporto da parte dei clienti e dei fornitori. Una motivazione non inclusa in questo elenco ma richiamata più volte nella letteratura è la possibilità di insider trading. I manager che commettono le frodi potrebbero infatti usare le loro informazioni private per arricchirsi: essi possono infatti vendere e comprare azioni in base al fatto che essi conoscono quale sarà l'impatto del loro comportamento sui prezzi. Essi sperano che né l'insider trading né la frode saranno mai scoperti (Summers e Sweeney 1998). Summers e Sweeney (1998) sostengono questo punto di vista e affermano che c'è un collegamento tra l'insider trading e le frodi. Infatti gli autori dimostrano che, in presenza di frode e contrariamente a quanto avviene nelle imprese di controllo non fraudolente, gli executives riducono il valore del loro portafoglio di azioni attraverso la vendita di azioni (vendita misurata attraverso il numero delle transazioni, il numero di azioni vendute, il valore delle azioni vendute). Contrariamente Dechow, Sloan e Sweeney (1996) non dimostrano empiricamente la significatività di questa motivazione: i manager e i direttori delle imprese fraudolente analizzate non hanno venduto più azioni di quelli delle imprese di controllo. Gli autori affermano che questo risultato può però essere sia dovuto al fatto che il management non ha manipolato le voci contabili per tale motivo, sia al fatto che l'insider trading non è stato scoperto. Anche Erickson et al. (2006), comparando l'esercizio di opzioni e la vendita di azioni nelle imprese accusate di aver commesso frode con quelle delle imprese di controllo non fraudolente, non trova una relazione tra la vendita di azioni e le frodi e tra l'esercizio di stock options e le frodi.
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1.5: CHI HA LA RESPONSABILITÀ DI VIGILARE: MONITORING
E
RED FLAGS Analizzando il contesto in cui vengono commesse le frodi, Cohen et al. (2010) identificano sette elementi (opportunità) che facilitano il comportamento fraudolento e che accomunano i casi di frode: •
rilevanti related party transactions che non appartengono all'ordinario
svolgersi del business; •
forte presenza finanziaria o abilità nel dominare un settore;
•
rilevanti stime nelle voci contabili;
•
transazioni significative o inusuali o molto complesse;
•
dominio di una singola persona o piccolo gruppo sul management;
•
non efficace controllo da parte del consiglio di amministrazione o del comitato per il controllo interno sul processo di reporting e scarso controllo interno;
•
non efficace sistema informativo e di tenuta della contabilità.
Per quanto riguarda gli ultimi due punti si può notare che nelle società quotate il processo di reporting finanziario include un meccanismo di controllo che consiste in due tipi diversi di supervisione. In primo luogo esiste una diretta funzione di controllo da parte del consiglio di amministrazione, del comitato per il controllo interno, dei revisori esterni e interni e delle agenzie regolatorie. In secondo luogo c'è un'indiretta funzione di supervisione da parte degli investitori, azionisti, analisti e banche (Rezaee 2005). Inoltre la Corporate Governance ha il ruolo di definire il modo in cui un'azienda viene governata, proteggere gli interessi degli investitori, assicurare l'integrità, qualità, trasparenza e veridicità dei report finanziari, monitorare l'adeguatezza e l'efficacia del sistema di controllo interno e assicurare la qualità delle funzioni di revisione. Essa è costituita dal consiglio di amministrazione, dal comitato per il controllo interno, dal top management team, dai revisori interni e esterni e dagli organi di gestione (Rezaee 2005).
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(Rezaee, 2005. Pag 290)
Il consiglio di amministrazione, anche se delega la maggior parte delle decisioni ai managers, è responsabile del governo dell'impresa e ha la funzione di controllare l'operato del management. Questa funzione di controllo include il diritto di ratifica e di monitoraggio da parte del Board delle decisioni dei manager e la loro scelta e ricompensa. Questo organo ha inoltre la responsabilità di istituire un appropriato sistema di controllo e di monitorare l'adeguatezza (compliance) del management a tale sistema (Beasley 1996). Il ruolo del comitato per il controllo interno può essere descritto come un ruolo di supervisione sulla Corporate Governance, sul financial reporting, sulla struttura del sistema di controllo interno e sulle funzioni di revisione (Rezaee 2005). I revisori interni vengono visti come la prima linea di difesa contro le frodi vista la loro conoscenza del business e della struttura del SCI (Rezaee 2005). Essi sono infatti responsabili dell'individuazione, investigazione e reporting delle FSF, dell'identificazione delle opportunità che possono portare a una frode, dell'identificazione dei sintomi della frode, dell'attuazione di azioni che possano diminuire la probabilità di frode e di avvisare il CDA e il comitato per il controllo interno in modo che essi possano procedere ad altre investigazioni (Rezaee 2005). I revisori esterni sono da sempre considerati responsabili del controllo dei financial statements. Essi devono verificarne l'autenticità e segnalare eventuali errori o misstatement (Rezaee 2005). Il fallimento nell'individuare le financial statement fraud durante una revisione può portare un grave danno alla reputazione dell'Auditor. L'opportunità di commettere una frode contabile è quindi collegata alla mancanza di efficacia nel controllo e alla mancanza di responsabilità della Corporate Governance. Questo crea un 19
ambiente che aumenta le opportunità di manipolazione. Con lo scopo di aiutare le imprese a migliorare la Corporate Governance l'Organized Stock Exchange ha stabilito una serie di principi per cercare di migliorare la qualità dei financial reports, l'efficacia del sistema di controllo interno e la credibilità delle funzioni di audit (Rezaee 2005). Inoltre la Business Roundtable (BRT), l'associazione dei CEO delle 50 più grandi imprese degli Stati Uniti, ha definito una serie di principi: 1) la maggioranza dei direttori del CDA deve essere indipendente, 2) solo i direttori indipendenti possono far parte del comitato per il controllo interno, 3) la audit committee deve dare molta importanza alla selezione degli auditor e alla loro permanenza negli anni 4) il piano di compensazione del management deve essere strutturato in modo da collegare gli obiettivi dei manager a quelli degli stockholders e 5) gli azionisti devono approvare le stock options (Rezaee 2005).
1.5.1: La Corporate Governance delle imprese fraudolente Quale è quindi il collegamento tra una bassa qualità della Corporate Governance e la probabilità di frode? Quali sono le caratteristiche legate a questo elemento che accomunano le imprese fraudolente? Uno studio di Dechow et al. del 1996 evidenzia il fatto che le imprese fraudolente analizzate, rispetto alle imprese di controllo, hanno meno probabilità di avere un comitato per il controllo interno, più probabilità di avere un fondatore che è anche un CEO, più probabilità di avere un CEO che è anche presidente del CDA, più probabilità di avere un consiglio di amministrazione dominato da insider e meno probabilità di avere un external blockhoder monitoring management. Anche uno studio di Beasley del 1996 dimostra empiricamente che le imprese accusate di aver commesso frode hanno una più bassa percentuale di outside members nel CDA, cioè di soggetti che non occupano altre posizioni all'interno dell'impresa, rispetto alle imprese di controllo. L'autore inoltre aggiunge che all'aumentare del numero di azioni possedute da outsiders, all'aumentare del numero di anni in cui uno stesso outside director è nel CDA (tenure of the director), al diminuire del numero di componenti del CDA, all'aumentare del numero di outside directors all'interno del comitato per il controllo interno e al diminuire del numero di outside directors che sono anche amministratori di altre aziende si ha una diminuzione della probabilità di frode. Egli invece non trova evidenza empirica che la presenza di un comitato per il controllo interno faccia diminuire la probabilità di frode. 20
Hogan et al. nel 2008 cita uno studio di Abbott et al. (2004) che studia l'impatto sulla probabilità di restatement delle caratteristiche di indipendenza del comitato per il controllo interno, del suo livello di attività e sul suo grado di esperienza finanziaria . L'indipendenza e il livello di attività dell'audit committee sono negativamente correlate al numero di restatement. Inoltre la probabilità che ci sia un restatement diminuisce all'aumentare del numero di persone con esperienza finanziaria all'interno dell'organo. Per quanto riguarda i revisori esterni molti studi hanno trovato una relazione tra il fatto che un'impresa commette frode e il fatto che tale impresa non è sottoposta al controllo di una delle quattro più grandi società di revisione (Rezaee 2005). Questo perchè le Big Four hanno più probabilità delle altre di individuare le frodi vista la loro maggiore: 1) abilità nell’ignorare la pressione del cliente, 2) attenzione alla propria reputazione, 3) disponibilità di risorse sia legate alle competenze del personale che alla tecnologia e alla loro migliore strategia e modalità di procedere (Rezaee 2005). Inoltre Hogan et al. (2008) afferma che molti sono i fattori che impattano sulla qualità dell'audit e di conseguenza sulla probabilità che un'impresa commetta frode: oltre all'“audit firm size” anche il livello di specializzazione dell'auditor nel settore, la durata del rapporto con l'azienda e l'esperienza del revisore.
1.5.2: I segnali delle frodi Le Financial Statement Fraud non sono facili da individuare visto il modo in cui sono implementate: non c'è una evidente o tipica operazione o caratteristica che possa indicare la presenza di frode. Con lo scopo di trovare dei modi per prevenire le frodi, i ricercatori hanno cominciato così ad analizzare i fattori che sono collegati alle frodi in modo da riuscire a prevenirle, ridurle e aumentarne la probabilità di scoperta. I risultati di tali ricerche hanno portato alla creazione di un elenco di segnali, le cosiddette Red Flags, che aiutano gli auditor nell'individuare la presenza di frode e vari autori hanno incluso queste Red Flags in modelli (per esempio modelli di regressione), checklists, questionari, expert system e procedure analitiche come la ratio analysis (Hogan et al. 2008). Gli studi empirici sull'utilità delle checklists di Red Flags come strumento di identificazione delle frodi hanno portato a risultati differenti: alcune ricerche dicono che tale strumento è efficace mentre la maggior parte degli studi afferma che le checklists limitano la concentrazione degli auditors solo a certi elementi (Hogan et al. 2008). Anche l'uso di 21
questionari e di ratio analysis è, secondo molti studi, inefficace nell'aiutare nel processo di audit. Invece molte ricerche dimostrano l'utilità dei modelli di regressione e degli expert systems (Hogan et al .2008). Sono molte le Red Flags considerate nella letteratura. Il SAS n° 82 (1997) e n° 99 (2002) invita i revisori a considerare una serie di segnali nel processo di audit. Queste Red Flags sono quelle indicate nei tre elementi del Fraud Triangle. Hogan et al. (2008) invece, cita uno studio di Albrecht e Albrecht (2003) che individua sei categorie di sintomi delle frodi: 1) anomalie contabili, 2) debolezza del controllo interno, 3) anomalie analitiche, 4) stili di vita stravaganti, 5) comportamenti inusuali 6) presenza di lamentele (Hogan et al. 2008 pag 237). Il PCAOB, organo creato con l'introduzione del Sarbanes-Oxley Act, individua una serie di elementi più facilmente suscettibili di frode che devono essere controllati con particolare attenzione dagli auditors: ricavi di vendita, significativi o inusuali accruals, related party transactions, stime di fair value, informazioni trimestrali, significative o inusuali entrate (Hogan, Rezaee, Riley, Velury, 2008. Pag 242). Summers e Sweeney nel 1998 identificano invece come Red Flags la performance non soddisfacente, la crescita rapida e sostenuta, alcuni indicatori legati ai crediti o al magazzino e il cambiamento del soggetto incaricato della revisione. Gli autori affermano che anche l'insider trading sarebbe da aggiungere a questa lista di segnali. Loughran (2010) esamina l'impatto di tredici differenti frasi usate dai manager sul company’s 10-K filing period returns, sulla conseguente stock return volatility, sulla analyst forecast dispersion e sulla probabilità di essere accusati di frode. Le Red Flags Words sono divise in quattro categorie: relative alla Corporate Governance, relative ai risultati di business, relative al cash flow, altre. Lo studio conclude affermando che certe frasi, come sale and leaseback, substantial doubt, e materially e adversely affected, aiutano nella spiegazione di certi eccessivi filing period returns, della conseguente return volatility, dell'analyst forecast dispersion e aiutano nell'individuazione delle frodi. Dechow et al. nel 2011 crea un modello chiamato F-Score che può essere usato come strumento per individuare le frodi. Il modello si basa sull'analisi di cinque tipi di variabili: misure dell'accrual quality, misure di performance, una misura non finanziaria, misure dell'off-balance sheet information, variabili riguardanti gli stock e debt market incentives. La maggior parte delle ricerche e delle Red Flags si basa quindi su elementi di tipo finanziario. Infatti anche se gli standard per la revisione e altre guide riconoscono che le
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misure non finanziarie sono importanti nel processo di audit, ai revisori non è richiesto di considerarle. Anche alcuni degli elementi rilevati dalla TPB non sono ricompresi nelle Red Flags anche se Cohen et al. (2010) ne dimostra la presenza i molti dei casi esaminati. Gli autori affermano che l'aspetto psicologico è anch'esso importante come segnale di frode e che gli auditing standards dovrebbero includere tali elementi. Questo punto di vista è sostenuto da molti autori: in primo luogo il PCAOB ha affermato nel 2004 che è probabile che concludere una procedura analitica di revisione usando solo dati finanziari sia inefficace nell'individuare le frodi (Brazel et al.), in secondo luogo uno studio di Brazel et al. afferma che se i revisori utilizzassero l'inconsistenza delle relazioni tra le misure non finanziarie e quelle finanziarie essi potrebbero identificare le imprese a più rischio di frode. Gli autori infatti dimostrano che la differenza tra la performance finanziaria e non finanziaria è significativamente più grande per le imprese che hanno commesso frode rispetto alle imprese non fraudolente e che tale differenza è un segnale di frode significativo nel momento in cui viene incluso in modelli contenenti variabili che sono state precedentemente collegate alla probabilità di frode. Pertanto questi studi dimostrano l'evidenza empirica dell'utilità delle misure non finanziarie nel processo di revisione contabile.
1.6: LE CONSEGUENZE DELLA FRODE: AAERs E END RESULTS
1.6.1: Il SEC Accounting and Auditing Enforcement Release Gli AAERs sono la conseguenza di un processo investigativo della SEC, l'organo di controllo della Borsa negli U.S., che mira ad accertare se un'impresa, un revisore o un officer abbiano commesso frode e quindi abbiano violato delle regole della SEC o delle leggi federali (Dechow et al. 2011). Il SEC enforcement program, che consiste in una serie di azioni di tipo investigativo seguite da azioni di tipo ingiuntivo o procedimenti amministrativi, è disegnato in modo da concentrarsi su particolari aree problematiche e come prevenzione ad una serie di problemi che potrebbero emergere per esempio riguardanti i “disclosure systems” (Feroz et al. 1991).
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La seguenza di fasi che compone l'enforcement program è la seguente:
(Karpoff, Lee, Martin, 2008. Pag 7)
Il “trigger event” è l'input che dà il via al controllo da parte della SEC. I più comuni “trigger events” secondo uno studio di Karpoff et al. del 2008 sono: auto dichiarazione di misstatement dell'impresa, un suo restatement, un suo inusuale trading, il licenziamento di un auditor o di un manager, l'investigazione da parte di altre agenzie federali come il “Department of Defense” e la “Environmental Protection Agency”, voci interne all'azienda e i controlli di routine della SEC. A seguito del “trigger event”, la SEC avvia un investigazione informale in cui invita le persone con rilevanti informazioni a cooperare fornendo documentazione e testimonianze e raccoglie informazioni che possono portare ad iniziare una pubblica investigazione formale con invio di una notificazione formale all'azienda oppure alla fine dell'investigazione. Durante il periodo dell'investigazione informale l'azienda ha un incentivo per cominciare una propria inchiesta interna visto che l'immagine dell'azienda potrebbe subire meno danni nel caso in cui l'impresa dichiarasse di aver scoperto il misstatement prima dell'avvio della formale investigazione da parte della SEC. Dopo la formale investigazione il caso può venire abbandonato oppure si procede con le “Administrative or civil litigation proceedings” che possono portare anche all'incarcerazione dei colpevoli. Prima di procedere in tribunale l'agenzia invia all'azienda una “Wells noticed” che informa la stessa del fatto che essa sta per subire un processo e dando così all'azienda un'ultima chance per spiegare i fatti (Karpoff et al. 2008 e Feroz et al. 1991).
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L'indipent auditor può venire incluso nella stessa AAER dell'impresa oppure la SEC può iniziare una enforcement action separata (Feroz 1991). La SEC afferma che controlla circa un terzo delle società pubbliche ogni anno (Dechow et al. 2011), vari autori evidenziano che però la SEC, visto il limitato budget, per l'investigazione seleziona le aziende dove c'è un'evidente manipolazione, aziende che si autoaccusano (insider whistleblowers o ammissione con restatement) o che vengono accusate dai media.
1.6.2: Le conseguenze per le imprese, managers e per gli organi responsabili del controllo Le conseguenze per un'azienda accusata di aver commesso frode e per i soggetti coinvolti sono di vario tipo e possono essere molto pesanti sia dal punto di vista monetario che da quello della reputazione. Per esempio l'impresa Ride Aid, la terza più grande catena di drugstore negli U.S., fu accusata di frode e le conseguenze per l'azienda furono: un restatement che portò ad avere una perdita per quell'anno di 165.2 milioni di dollari, il valore delle azioni scese da 40/50$ per azione a 3.06$, l'impresa subì un downgraded del credit rating, l'indipendent auditor fu licenziato, si aprì una class action contro l'impresa e molti suoi senior officers furono accusati (civil e criminal charges) (Arthaud-Day, Certo, Dalton, e Dalton 2006). Le motivazioni che portano alla frode devono quindi essere molto forti visto che a volte la scoperta della frode può portare anche alla bancarotta. Tra le conseguenze più comuni e più analizzate dalla letteratura che accomunano le imprese fraudolente abbiamo: •
il restatement;
•
l'effetto sul valore delle azioni;
•
le conseguenze sulla Corporate Governance;
•
le conseguenze per i manager coinvolti nella frode.
Oltre a queste conseguenze si ricorda che un'impresa accusata di frode può in primo luogo essere chiamata a pagare delle sanzioni pecuniarie o a sostenere il costo di un processo (civil settlement) o di una class action e in secondo luogo ci possono essere delle sanzioni di tipo non pecuniario come per esempio l'ordine di smettere di attuare il comportamento fraudolento e non ripeterlo in futuro (Cease and Desist order). Uno studio di Karpoff et al. del 2008 analizzando 585 imprese fraudolente fa notare che le sanzioni di tipo pecuniario sono meno comuni: solo l'8% delle imprese analizzate ha subito 25
questo tipo di sanzione. Il valore medio da pagare è di quasi 60 milioni di dollari per impresa.2
1.6.3: Il restatement Il restatement è la correzione pubblica dei valori contenuti in un bilancio precedentemente approvato (Gertsen 2006). Arthaud, Certo, Dalton e Dalton (2006) affermano che un material financial restatement è la conseguenza di significativi problemi di accounting all'interno dell'impresa. Gli autori precisano che questo tipo di restatement è diverso da quello di routine dovuto a cambiamenti nelle procedure di accounting o a errori di tenuta della contabilità; infatti il material financial restatement viene definito dal GAO (U.S. General Accounting Office) come il risultato di un'aggressiva pratica di tenuta della contabilità, di una non adeguata interpretazione delle regole di tenuta della contabilità o di una frode aziendale (Arthud-Day, Certo, Dalton, Dalton, 2006. Pag 1121). Gli stessi autori inoltre affermano che il tipo di manipolazione differenzia questo restatement da altri tipi di crisi aziendali come la bancarotta o la poor performance. La poor performance infatti può essere dovuta a errori del management (honest mistakes) o a fattori ambientali mentre il restatement è la conseguenza di una manipolazione intenzionale da parte dei managers. Quindi il restatement fa diventare di dominio pubblico i problemi di controllo e di governance dell'azienda minando cosi la fiducia degli investitori. Uno studio di Gertsen, Van Riel e Berens (2006) individua quali sono i fattori che determinano il valore del restatement e suggerisce una serie di azioni che aiutano a diminuire gli effetti negativi del restatement sul prezzo delle azioni dell'impresa. Gli autori affermano che la gravità degli effetti del restatement dipendono da due fattori: 1. il grado di distorsione (che si riferisce al declino del valore percepito dell'impresa come conseguenza del restatement, alla sua gravità e persistenza); 2.
il grado di “malicious intent” (che si riferisce al grado con cui il management ha
intenzionalmente distorto la realtà e la probabilità che lo faccia di nuovo) (Gertsen, Van Riel, Berens 2006. Pag 432). Quello che impatta è sia il grado effettivo che il grado percepito dal pubblico e dagli 2 La media è di $106,98 milioni ma scende a $59,8 milioni se si escludono i $2,28 miliardi di sanzione pecuniaria imposti alla WorldCom Inc nel luglio 2003. (Karpoff, J.M. e Lee, D.S. e Martin, G.S. 2008. Pag 594)
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stakeholders. Questi diversi gradi determinano quattro diversi tipi di restatement:
(Gertsen, Van Riel, Berens 2006. Pag 432)
Gli elementi che aumentano il “perceived intent” o il “perceived level of distorsion” sono: •
Discreditamento del management: quando il management viene pubblicamente discreditato si può avere sia un forte impatto sulla percezione del mercato relativa al “malicious intent” sia sul livello di distorsione. Tutto questo impatta poi sul valore di mercato dell'impresa.
•
Gap nella comprensione del comportamento fraudolento: la differenza tra quello che è veramente successo e il messaggio che arriva al pubblico. Il modo e la tempistica con cui il management comunica il tipo di restatement influenza le due determinanti.
•
Effetto “punta dell'iceberg”: più irregolarità vengono alla luce, più sarà
negativo l'effetto sul prezzo delle azioni. •
Paralisi della comunicazione dell'azienda e della sua reazione: lunghi periodi di
silenzio da parte dell'impresa possono portare a peggiorare l'impatto del restatement. •
Non allineamento tra management, revisori e altri soggetti coinvolti: i diversi
punti di vista e i diversi modi di affrontare il restatement possono aggravare l'impatto dello stesso. Inoltre un non-allineamento precedente al restatement porta il mercato a pensare che ci siano problemi di controllo interno e di supervisione dell'operato del management; questo fa aumentare il grado di “perceived malicious intent”. Dopo il restatement i problemi di non-allineamento possono peggiorare e questo può aggravare ancora di più l'effetto sul prezzo delle azioni. 27
Gli autori suggeriscono quindi cinque azioni che attenuano gli effetti negativi del restatement: 1.
confermare la natura del problema con una volontaria spiegazione agli analisti o ai media;
2.
incolpare se stessi: le ricerche relative alla comunicazione aziendale affermano che quando il management tenta di incolpare qualcun altro del problema il mercato crede che i meccanismi di controllo abbiano fallito;
3.
comunicare apertamente: maggiore il livello di dettaglio comunicato maggiore la diminuzione del “perceived level of distorsion”;
4.
attuare misure legate alla Corporate Governance;
5.
operare in conformità con leggi e regole.
Le prime tre azioni riguardano quindi la comunicazione dei problemi e servono per ridurre la distorsione percepita dal mercato mentre le altre due azioni riguardano il modo in cui i problemi possono essere risolti e quindi impattano sul “perceived intent”. Anche la terza azione può avere un impatto su quest'ultimo punto.
(Gertsen, F.H.M. e Van Riel, C.B.M. e Berens, G. 2006. Pag 431)
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1.6.4: Gli effetti sul prezzo delle azioni L'impatto della scoperta della frode sul prezzo delle azioni è una delle conseguenze più gravi. Karpoff et al. nel 2008 stimano che per ogni aumento di un dollaro del valore delle azioni dovuto a misstatement, in media quando la frode sarà scoperta, si avrà, oltre alla perdita del dollaro guadagnato fraudolentemente, anche un'ulteriore perdita di 3,08$ (cioè in media una perdita del 38% del valore di mercato) di cui 0,36$ dovuti alle attese di sanzioni legali e 2,71$ dovuti alla perdita legata alla reputazione. Per un'azienda che sopravvive al procedimento di enforcement la perdita legata alla reputazione è anche maggiore di 3,83$ (Karpoff, Lee, Martin 2008. Pag 581). Gli autori definiscono il total valuation effect sul prezzo delle azioni (Δvt):
Quindi esso è la somma delle sanzioni, delle perdite dovute a class action (8,8%), del Readjustment effect (24,5%) e della perdita legata alla reputazione (66,6%). 0,25
Readjustment effect penalties reputation loss
0,09 0,67
(Karpoff, Lee, Martin 2008. Pag 599)
Il readjustment effect è la differenza tra il valore che si osserva dell'azienda e quello ipotetico che si avrebbe avuto nel caso non ci fosse stata la frode. La perdita legata alla reputazione comprende invece quattro items diversi: la perdita dovuta al fatto che i clienti cambino il modo di relazionarsi all'impresa, la perdita dovuta all'aumento del costo del capitale e al peggiorare delle condizioni di credito, la perdita dovuta al cambiamento dei termini dei contratti con i fornitori, la perdita dovuta al fatto che i manager devono investigare e il costo di implementare nuovi sistemi di controllo e di monitoring. Quindi le conseguenze legate alla reputazione dell'impresa sono molto significative. Una ricerca di Feroz et al. del 1991 riporta che la disclosure delle violazioni è associata ad una 29
diminuzione media del -13% (two day abnormal returns) del valore delle azioni mentre l'annuncio pubblico dell'investigazione comporta una perdita media del -6%. Non si osservano invece cambiamenti nel valore delle azioni al momento del giudizio finale. Dechow, Sloan e Sweeney nel 1996 affermano invece che il prezzo delle azioni scende del 9% nel momento dell'annuncio della scoperta della frode.
(Dechow, Sloan, Sweeney, 1996. Pag 27)
Gli autori aggiungono che la scoperta della frode è associata ad un aumento del bid-ask spread, ad una caduta delle analyst following, ad un aumento del short interest e ad un aumento dell'incertezza/dispersione nelle previsioni degli analisti sui redditi futuri. Tutto questo è collegato al fatto che gli investitori sono incerti sulle prospettive reddituali future dell'impresa, sul suo valore e sulla credibilità dei suoi financial disclosure. Tutto questo porterà ad un aumento del costo del capitale.
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(Dechow, Sloan, Sweeney 1996. Pag 26-29)
1.6.5: Le conseguenze sulla Corporate Governance Uno studio di Arthaud et al. del 2006 afferma che un'impresa che affronta un restatement deve intraprendere delle adeguate azioni per migliorare la propria Corporate Governance, in primo luogo ci devono essere dei cambiamenti che diano il segnale che l'azienda si dissocia da ciò che ha provocato il restatement, in secondo luogo si devono attuare dei cambiamenti per migliorare la supervisione e il monitoraggio (“Creating or revamping monitors and watchdogs”) dimostrando così che in futuro non ci saranno più problemi del genere. L'analisi empirica dimostra quindi che le aziende che fanno registrare un restatement hanno una più alta probabilità di avere un CEO/CFO turnover, visto che questi soggetti molte volte sono i responsabili del restatement (i CEO/CFO delle restatement firms hanno più del 50% di probabilità in più di essere soggetti ad un turnover rispetto ai CEO/CFO delle imprese di controllo), una più alta probabilità di avere directors turnover, visto che gli amministratori hanno la responsabilità di monitorare l'operato dei managers (i direttori delle restatement firms hanno il 65% di probabilità in più di essere soggetti ad un turnover rispetto ai direttori delle imprese di controllo) e una più alta probabilità di avere un turnover all'interno del comitato per il controllo interno (70% di probabilità in più rispetto alle imprese di controllo). Gli autori non trovano però evidenza empirica del fatto che un restatement voluto da un soggetto esterno all'impresa faccia aumentare la probabilità di turnover rispetto a un restatement interno. Anche uno studio di Farber et al. (2005) trova evidenza empirica del fatto che dopo la scoperta della frode un'impresa cerca di migliorare la sua Corporate Governance. Gli autori 31
riportano infatti che tre anni dopo la scoperta della FSF le imprese fraudolente hanno caratteristiche simili alle imprese di controllo. Rispetto agli anni della frode le imprese fanno registrare un aumento del numero degli outside directors nel CDA (#OutsideDir), del numero delle riunioni del comitato per il controllo interno (#AudComMeet), del numero dei membri del comitato per il controllo interno (#AudComMbrs), del numero degli outside directors nel comitato per il controllo interno. Il numero di esperti finanziari resta invece invariato (#FinlExperts).
(Farber 2005. Pag 548)
Questi cambiamenti hanno conseguenze sulla percezione degli investitori e del mercato riguardo la società: non ci sono aumenti dell'analyst following o dell'institutional holding però le imprese che cercano di migliorare la propria Corporate Governance fanno registrare una migliore performance del prezzo delle azioni. Per quanto riguarda le conseguenze per i revisori esterni per esempio Andersen, l'external auditor della WorldCom e di Enron, fu accusato di fallimento nelle procedure di revisione e di aver nascosto l'evidenza e quindi condannato a pagare una multa di 500.000$ e gli fu proibito di operare per 5 anni (Rezaee 2005. Pag 286). Con l'introduzione del SOX la scelta dell'auditor è responsabilità del comitato per il controllo interno. Anche se nessuna legge lo stabilisce è indice di buona governance sottoporre l'auditor all'approvazione da parte degli azionisti (Liu et al. 2009). Uno studio di Liu et al. (2009) afferma però che dopo un restatement è più probabile che gli shareholders votino contro la ratificazione degli auditor sia se messi a confronto con gli azionisti di imprese nonrestatement sia confrontando con gli anni precedenti il restatement. Quindi il restatement porta gli investitori ad avere una percezione negativa degli auditor che 32
lo hanno permesso e di conseguenza essi voteranno contro la loro ratificazione.
1.6.6: Le conseguenze per i manager coinvolti nella frode L'articolo di Karpoff et al. (2008) elenca le conseguenze per i manager accusati di frode: •
perdono il loro lavoro;
•
viene proibito loro di fare lo stesso lavoro presso altre aziende;
•
perdono ricchezza attraverso la perdita delle loro stockholdings;
•
vengono sanzionati pecuniariamente da parte della SEC;
•
possono essere accusati dal DOJ.
L'analisi empirica svolta in questa ricerca mostra che il 93,4% dei manager accusati perde il proprio lavoro durante il periodo della violazione o dell'enforcement. La maggior parte di questi vengono licenziati e il licenziamento avviene per cause legate al misconduct. Gli autori inoltre dimostrano che l'impatto della frode sugli azionisti (size of the harm) e la qualità della governance sono positivamente correlati alla probabilità di licenziamento. Oltre alla possibilità di perdere il proprio lavoro i manager accusati molte volte si trovano a dover affrontare sanzioni di tipo monetario o non monetario e la possibile reclusione in galera. Per esempio una delle più significative sanzioni di tipo civile è la restrizione delle opportunità di assunzione future. Nel 34% dei casi esaminati ai 3 top executives viene proibito di esercitare in futuro la professione dell'officer o dell'amministratore di società pubbliche o registrate alla SEC (Karpoff, Lee, Martin 2008. Pag 18).
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Capitolo 2 L'IMPRESSION MANAGEMENT 2.1: COSA È L'IMPRESSION MANAGEMENT In psicologia l'Impression management è un concetto che viene usato per definire l'insieme delle tecniche relative al modo di apparire che una persona usa per ottenere un giudizio positivo dalle altre persone (Brennan e Davies 2011). Quando invece questo concetto viene utilizzato all'interno di un contesto aziendale e più precisamente riferendosi ai report dei manager, esso si riferisce all'insieme delle tecniche che i manager usano per influenzare la percezione del pubblico riguardo la performance dell'impresa sia finanziaria che per esempio legata all'ambiente (Brennan 2010). Queste strategie possono tentare di influenzare solo la percezione di investitori e intermediari finanziari oppure coinvolgere l'intera società (Brennan 2010). Le informazioni contenute nei report possono essere quindi del tutto non coerenti con i dati contabili oppure i manager possono usare particolari tecniche che permettono loro di evidenziare gli aspetti favorevoli e nascondere quelli negativi. Secondo uno studio di Merkel-Davies e Brennan del 2007 l'opportunità di distorcere la percezione degli investitori e di altri stakeholders è aumentata negli ultimi anni visto che sono sempre di più le parti descrittive all'interno dei report; infatti lo studio cita un sondaggio di Andersen (2000) che dimostra che nel 2000 la parte narrativa costituisce il 57% dell'annual report, mentre nel 1996 ne comprendeva solo il 45%. Inoltre queste strategie sono facilitate dal fatto che non ci sono norme al riguardo. L'impression management presuppone quindi che ci sia un comportamento intenzionale e opportunistico da parte dei manager e per questo si distingue dalla teoria dell'incremental information che invece afferma che i manager nei loro report cercano di diminuire l'asimmetria informativa tra azienda e mercato cercando di dare più informazioni possibile e fornendole in modo che siano il più comprensibili possibile (Brennan, Davies 2011). Se il comportamento dei manager rientra nell'impression management e non nell'incremental information la qualità dei report si riduce e se gli investitori e il mercato in generale sono suscettibili, l'impression management può portare ad una non corretta allocazione dei capitali 35
e ad un aumento del prezzo delle azioni (Merkel-Davies e Brennan 2007). Uno studio di Barton e Mercer del 2005 inoltre aggiunge che se il fatto di dare la colpa di una performance non soddisfacente a fattori esterni appare plausibile agli occhi degli analisti, si avrà un aumento del valore delle earnings forecasts con conseguente miglioramento della valutazione delle azioni dell'impresa da parte degli analisti, se invece la spiegazione del manager non è plausibile, oltre alla diminuzione del valore delle previsioni sulla redditività futura dell'impresa, si avrà anche un peggioramento della reputazione dei manager aziendali con conseguenze ancora più negative sul prezzo delle azioni. L'impression management si basa quindi sull'ipotesi di una non completa efficienza del mercato e di una razionalità limitata degli investitori mentre l'incremental information presuppone completa efficienza del mercato e razionalità illimitata dei soggetti; in questo caso infatti gli investitori sono capaci di riconoscere le intenzioni dei manager e quindi ci sarà un aumento del costo del capitale e una riduzione del prezzo delle azioni (Merkel-Davies e Brennan 2007). Secondo i sostenitori di quest’ultima teoria non ci sono quindi incentivi per i manager nell'usufruire dell'impression management. Il fenomeno dell'impression management è molto complesso e può essere studiato da quattro prospettive differenti: la prospettiva economica, quella psicologica, quella sociologica e quella critica. Queste quattro prospettive si differenziano tra loro per la teoria su cui si basano, per le assunzioni sulle motivazioni che causano l'impression management, per il concetto sottostante di impression management, per il tipo di comunicazione e per le conseguenze del comportamento dei manager (Brennan, Davies 2011). La prima prospettiva, quella economica, si basa sulla teoria dell'agente: i manager alterano i report aziendali sfruttando l'asimmetria informativa tra essi e gli stakeholders per influenzare in modo opportunistico la percezione di questi ultimi. Si parla in questo caso di repoting bias in quanto i manager riescono così a nascondere le poor performance aziendali. Questo tipo di impression management cerca di distorcere soprattutto la percezione degli azionisti e degli stakeholders finanziari (Brennan, Davies 2011). Dal punto di vista psicologico i manager si preoccupano delle valutazioni che gli stakeholders daranno del loro operato. L'impression management è quindi una forma di self-serving bias che aiuta i manager a ottenere premi e ad evitare sanzioni (Brennan, Davies 2011). Questa prospettiva si basa sull'attribution theory cioè su quella teoria che afferma che i manager tendono a dare la responsabilità di una buona performance a fattori interni all'azienda (che
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dipendono dal loro operato) e a dire che la non soddisfacente performance è stata causata da fattori esterni che loro non possono controllare (Brennan, Davies 2011). La prospettiva sociologica invece vede l'impression management come la risposta dell'impresa a costrizioni e pressioni da parte della società. Le teorie sottostanti in questo caso sono due: la stakeholder theory e la legitimacy theory. La prima teoria afferma che l'impression management è la risposta dell'impresa a preoccupazioni/pressioni di alcuni gruppi di stakeholders oppure dei media mentre la seconda teoria afferma che esso deriva da incongruenze tra le norme e i valori della società e quelli dell'azienda. Una cattiva performance aziendale o per esempio l'inquinamento dell'ambiente possono avere un impatto negativo sull'immagine della società e sulla sua reputazione. Uno scandalo aziendale dovuto alla violazione di leggi o norme sociali invece comporta una perdita di legittimità dell'impresa. L'impression management in questo caso viene visto quindi come un aiuto per stabilire o modificare la reputazione e l'immagine di un'impresa o per riportarle al loro livello originale dopo scandali o crisi aziendali o per ristabilire la congruenza di norme e valori tra società e impresa. A seconda che la legittimità sia vista come un mezzo per raggiungere gli obiettivi aziendali oppure come il collettivo riconoscimento del fatto che le azioni aziendali sono congruenti con le norme sociali si hanno rispettivamente il symbolic management e la strategia del decoupling. Il symbolic management è un tipo di impression management che fa in modo che l'azienda appaia come gli stakeholders la vogliono oppure appaia congruente con le aspettative e le norme della società. Le tecniche usate in questo caso sono quelle di non attribuire i fatti negativi alla responsabilità dell'azienda, di scusarsi e di dare giustificazioni (tecniche difensive) (Davies, Brennan 2011 e Brennan 2010). La strategia del decoupling invece prevede l'esposizione di obiettivi socialmente accettabili, la definizione di fini e mezzi per raggiungerli e il conformarsi a determinate prassi (Brennan, Davies 2011). La prospettiva critica vede l'impression management come un mezzo per presentare l'impresa come un'entità razionale. In questo caso gli eventi e le decisioni aziendali devono apparire come la conseguenza di un comportamento intenzionale, razionale e come un mezzo per raggiungere gli obiettivi (Brennan 2010). Secondo Brennan e Davies (2011) invece l'impression mangement incluso in questa prospettiva serve all'impresa per stabilire e mantenere un rapporto particolare e unico con la società esterna. Se l'uso di queste tecniche va
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a buon fine si avrà una situazione di egemonia dell'impresa cioè essa sarà pienamente supportata nelle sue decisioni dalla società.
2.2: LE STRATEGIE USATE DAI MANAGER Le strategie di impression management che i manager usano per distorcere la percezione degli stakeholders possono essere classificate secondo uno studio di MerkelDavies e Brennan del 2007 in due diverse categorie: •
strategie di occultamento;
•
strategie di attribuzione.
Il primo gruppo comprende le strategie usate per nascondere i risultati negativi e le strategie che aiutano a enfatizzare i risultati positivi mentre la seconda categoria comprende un'unica strategia (“attribution of organization outcomes strategy”) usata dai managers per attribuire i risultati positivi a fattori interni all'azienda e i risultati negativi a fattori esterni non dipendenti dal loro controllo (Merkel-Davies e Brennan 2007). Le sette strategie analizzate nella letteratura e riassunte in questo paper sono quindi rispettivamente: •
la manipolazione del testo in modo da influire sulla facilità di lettura e di comprensione da parte degli stakeholders;
•
la manipolazione retorica;
•
la manipolazione tematica che evidenzia particolari parole o temi o che enfatizza i risultati positivi;
•
la manipolazione visiva o della struttura delle frasi;
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la scelta di benchmarks che facciano apparire la performance aziendale sotto la miglior luce possibile;
•
la scelta dei valori contabili da presentare;
•
la strategia di attribuzione dei risultati aziendali.
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(Merkel-Davies e Brennan 2007)
2.2.1: La manipolazione della leggibilità e comprensibilità del testo La prima strategia che i manager possono adottare per influenzare le percezioni degli stakeholders è quella di manipolare il testo in modo da renderlo più difficile da leggere e riuscendo così ad offuscare le cattive notizie. Uno studio di Subramanian et al. del 1993 afferma infatti che gli annual reports delle imprese profittevoli sono più facili da leggere di quelli delle imprese che non hanno una performance soddisfacente. Lo studio viene condotto prendendo in considerazione quattro indici diversi riguardanti: 1) il livello di educazione che serve a un lettore per capire il testo , 2) il livello di semplicità e brevità del testo, 3) l'uso di aggettivi e avverbi il cui uso eccessivo può rendere meno comprensibile il testo e 4) l'uso di un gergo comprensibile solo a certe categorie di persone che svolgono una determinata professione. Gli autori trovano anche una correlazione negativa tra la leggibilità di un testo e il suo livello di semplicità e brevità e affermano che gli annual reports delle imprese profittevoli a differenza di quelli delle imprese non profittevoli sono più semplici e più concisi. Courtis nel 1998 inoltre aggiunge che la manipolazione della leggibilità dei documenti (in questo caso vengono analizzate le lettere dei presidenti) è maggiore nei casi in cui ci sia anche
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una frode contabile da nascondere. Con questa strategia infatti i manager riescono a nascondere il loro comportamento fraudolento riducendo il desiderio dei lettori di procedere cercando informazioni più approfondite. Anche Li (2008) dimostra empiricamente che gli annual reports delle imprese meno profittevoli sono più difficili da leggere rispetto a quelli delle imprese più profittevoli: i manager hanno un incentivo a nascondere la poor performance perchè non vogliono che le cattive notizie si riflettano sul valore delle azioni. L'autore inoltre aggiunge che i manager si preoccupano anche della performance futura dell'impresa e dimostra che le imprese con annual reports facili da leggere hanno una maggior persistenza della profittabilità negli anni seguenti rispetto alle imprese che pubblicano annual reports difficili da leggere. Clatworthy et al. (2006) invece non trovano una significativa differenza tra la lunghezza del Chairman's statement delle imprese profittevoli e quello delle non profittevoli e quindi affermano che questo tipo di report delle imprese non profittevoli non è più difficile da leggere rispetto a quello delle imprese profittevoli. Anche uno studio precedente di Clatworthy et al. (2003) non riscontrava una significativa differenza tra la lunghezza delle lettere dei presidenti dei due gruppi di imprese ma faceva notare che invece gli annual report delle imprese profittevoli erano più lunghi e suggeriva che ciò poteva essere dovuto al fatto che esse volevano comunicare in modo dettagliato il successo dell'impresa oppure alla necessità di contenere i costi da parte delle imprese non profittevoli. Ma come viene misurata la leggibilità e comprensibilità di un testo? Subramanian (1993) cita uno studio di Klare del 1974 che dice che una misura della leggibilità di un documento prende in considerazione una serie di variabili riferite al linguaggio del testo e fornisce un indice che mostra la difficoltà per un lettore di leggere quel documento. Uno studio di Smith et al. del 1992 descrive alcune di queste formule usate nella letteratura per misurare la facilità di lettura dei reports aziendali. La prima misura chiamata Flesh Reading Ease score (usato da Courtis nello studio del 1998) si basa sulla lunghezza delle parole e delle frasi e fornisce un valore che va da 0 a 100: maggiore è il valore maggiore è la facilità di lettura. Un valore di 60/70 punti indica un testo ad elevata facilità di lettura (Brennan, Davies 2011). Un'altra misura, il LIG score, si basa sulla lunghezza delle frasi e sulla percentuale di parole con più di sette lettere. Il Fog score (usato nello studio di Li del 2008) invece tiene conto della lunghezza della frase e della presenza di parole difficili come
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per esempio abbreviazioni, parole con almeno tre sillabe o la presenza di simboli. Courtis (1998) aggiunge una misura: la variazione del valore ottenuto con le formule di leggibilità all'interno dello stesso report oppure tra report di natura diversa. Le limitazioni di queste formule dipendono dal fatto che quasi tutte si basano sulla lunghezza delle parole e delle frasi e non tengono in considerazione l'ordine sintattico della frase (Subramaniam 1993). Courtis (1998), andando più nel dettaglio, afferma che le misure della facilità di lettura di un testo sono limitate perchè tengono conto di quegli aspetti che sono facilmente misurabili come il numero di sillabe per passaggio, il numero di parole con più di una sillaba, il numero di parole con più di sette lettere e la lunghezza della frase e non prendono in considerazione elementi come per esempio la sintassi, lo stile, il formato, la grafica, la frequenza di concetti logici e il modo in cui vengono introdotti e le variabili legate alle caratteristiche dell'azienda e alle caratteristiche di chi legge il testo. Anche Smith e Taffler (1992) affermano che le misure di leggibilità del testo non tengono conto della sua comprensibilità che invece viene espressa in una misura chiamata CLOZE che implica il calcolo di quante parole, precedentemente cancellate dal testo, i lettori riescano a individuare dal contesto e tiene conto quindi anche del livello di educazione e di esperienza dei lettori.
2.2.2: La manipolazione retorica dei reports Un'altra strategia che i manager possono usare per offuscare o nascondere la realtà è quella legata all'uso di parole retoriche. Uno studio di Hyland del 1998 dimostra empiricamente che la lettera del CEO contiene molte più parole retoriche che i report dei direttori e afferma quindi che i CEO sono più inclini a usare questi termini per persuadere il lettore. Lo studio infatti si basa sull'analisi dei metadiscorsi che vengono usati dai manager per dare al lettore un'immagine positiva della società. Questo tipo di parole o insiemi di parole si riferiscono esplicitamente a come è organizzato il discorso, oppure alla persona che lo sta scrivendo oppure al lettore e servono al CEO per comunicare la propria personalità, per suscitare l'interesse del lettore e per fornire a quest'ultimo un determinato modo per valutare le informazioni contenute nei reports. Quindi lo scopo dell'uso delle parole retoriche è, secondo l'autore, quello di guidare il lettore dei reports in modo che egli comprenda e valuti in determinati modi le informazioni contenute nel messaggio del CEO. L'autore evidenzia che, anche se queste parole sono essenziali nei 41
discorsi perchè servono da collegamento tra le parole, il loro uso opportunistico può influenzare la percezione del lettore. Per esempio l'uso di parole come: “io affermo” o “il mio scopo è” concentra l'attenzione del lettore sugli obiettivi di chi scrive oppure l'uso di parole che danno informazioni aggiuntive come per esempio quelle contenute tra parentesi servono per assicurarsi che ciò che lo scrittore sta comunicando sia capito a fondo dal lettore. Per quanto riguarda questo ultimo punto uno studio di Clatworthy et al. (2006) trova evidenza empirica del fatto che le imprese profittevoli per evidenziare la loro buona performance usano più indicatori finanziari e più riferimenti di tipo quantitativo rispetto alle imprese non profittevoli che tenderebbero così ad offuscare la loro performance non soddisfacente. L'uso di termini come “forse” e “possibilità” invece indicano che lo scrittore è incerto sulla validità delle informazioni comunicate mentre l'uso di “ovviamente” o “definitivamente” o “precisamente” sottolineano che il CEO è certo dell'informazione che sta comunicando e della sua validità. Le parole che vengono usate per coinvolgere il lettore suscitando la sua attenzione o enfatizzando la relazione tra esso e l'azienda sono i verbi imperativi, l'uso di pronomi personali e le frasi interrogative. Quindi la strategia che prevede la manipolazione retorica del testo fornisce al manager l'opportunità di influenzare e a volte distorcere la percezione dei lettori riguardante le informazioni contenute nei reports.
2.2.3: La manipolazione tematica e visiva del testo La manipolazione tematica è una delle tecniche utilizzate dai manager per nascondere le cattive notizie ed enfatizzare quelle buone. Essi infatti o non riportano le cattive notizie oppure non le comunicano allo stesso modo di quelle buone. Nei report si ha quindi la predominanza di parole e temi positivi (Merkel-Davies, Brennan 2007). Abrahamson et al. (1994) affermano che i manager delle aziende non profittevoli nasconderebbero le cattive notizie per evitare di essere licenziati o perchè non siano cambiati i termini dei loro contratti o perchè il valore delle azioni non scenda aumentando così le possibilità di scalate ostili. Lo studio dimostra che i manager attuano questo comportamento in modo opportunistico visto che essi dopo aver manipolato i report vendono alcune delle azioni sopravvalutate in loro possesso evitando così di perdere ricchezza nel momento in cui la manipolazione venisse scoperta. Gli autori analizzano quali sono le variabili che influiscono sul fatto che i managers delle aziende non profittevoli comunichino in modo 42
appropriato le cattive notizie e non cerchino opportunisticamente di nasconderle con le tecniche di impression management e riscontrano che, anche se i manager cercano intenzionalmente di nascondere le cattive notizie, la negatività dei report aumenta: 1) all'aumentare del livello di negatività della performance, 2) all'aumentare del numero di outside directors nel board, 3) all'aumentare dell'importanza degli investitori istituzionali e 4) se il report è sottoposto ad un processo di revisione ma, contrariamente a quanto ipotizzato, gli autori riscontrano una diminuzione della negatività del testo all'aumentare del numero di azioni possedute dagli outside directors. Questo risultato indica quindi che questi shareholders tollerano il comportamento opportunistico dei manager perchè nascondendo la cattiva performance non si hanno effetti negativi sul valore delle azioni ed essi possono venderle prima che la manipolazione venga scoperta. Uno studio di Smith e Taffler del 2000 analizza sia la forma del testo cioè la ricorrenza delle parole sia i temi discussi e li divide in due categorie: positivi cioè riguardanti buone notizie e negativi cioè riferiti a cattive notizie. Gli autori vogliono scoprire se l'uso da parte del management di determinate parole o l'inclusione di determinati temi nelle lettere dei presidenti siano un indice di futura bancarotta dell'impresa o di un suo successo. I risultati di questo studio suggeriscono che il contenuto della parte narrativa dei report aziendali, se analizzata nel migliore dei modi, è ricca di informazioni sul futuro dell'impresa e quindi i manager potrebbero essere incentivati ad includere determinate parole e temi, influenzando così la percezione del lettore riguardante il futuro dell'impresa. Il paper di Clatworthy et al. del 2006 cita due studi che si riferiscono a questa strategia: uno studio di Clark (1997) che afferma che le imprese non profittevoli invece di fornire informazioni sulla loro performance parlano dell'ambiente oppure usano parole che hanno un impatto emotivo sul lettore per distogliere la sua attenzione dalle cattive notizie e uno studio precedente di Clatworthy et al. (2003) che afferma che le imprese profittevoli usano molte parole riguardanti le buone notizie e poche riguardanti quelle cattive (rispettivamente in media 412 parole contro 66 parole e rispettivamente il 51,8% del totale delle parole contro il 7,6%) ed un maggior numero di parole positive e ottimistiche e invece le imprese non profittevoli hanno circa lo stesso numero di parole riguardanti le buone o cattive notizie. Gli autori riscontrano però un maggior numero di parole positive e ottimistiche rispetto a quelle negative e pessimistiche anche nelle aziende non profittevoli (25 parole contro 19). Esse quindi non si dilungano a spiegare il perchè della loro cattiva performance. Gli autori
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suggeriscono quindi che c'è una strategia di impression management sicuramente da parte delle imprese non profittevoli mentre tale strategia potrebbe anche non esserci nelle imprese profittevoli. Clathworthy (2006) afferma che un'altra tecnica usata dai manager per distogliere l'attenzione del lettore dalle notizie non buone è quella di orientare la discussione sulle performance future dell'impresa e trovano evidenza empirica del fatto che le imprese profittevoli si concentrano di più sulla performance corrente mentre quelle non profittevoli si focalizzano sulle prospettive future. Uno studio di Davis et al. del 2007, anche se basato sulla teoria dell'incremental information e non dell'impression management, fornisce l'evidenza empirica della presenza di più parole ottimistiche rispetto a quelle pessimistiche negli earnings press realeases. Secondo gli autori i manager riuscirebbero così a fornire credibili informazioni ottimistiche sul futuro dell'impresa e a diminuire l'asimmetria informativa tra impresa e stakeholders. Per quanto riguarda la manipolazione visiva di un testo, essa distorce la percezione del lettore e può avvenire attraverso l'uso di quattro tecniche diverse (Merkel-Davies e Brennan 2007). La prima tecnica consiste nell'usare le ripetizioni che rendono il testo più noioso e meno comprensibile mentre la seconda tecnica consiste nell'uso di parole che servono ad enfatizzare i concetti e le informazioni che il manager vuole comunicare. Un'altra tecnica usata è quella di evidenziare alcune parole agendo sul modo in cui sono scritte come per esempio usando un colore diverso o scrivendole per esempio in grassetto o in corsivo o in maiuscolo. L'ordine con cui le parole vengono scritte e la parte del testo in cui vengono scritte invece serve per distogliere o concentrare l'attenzione del lettore su particolari parole. Questo ultimo punto viene evidenziato anche dalla Incomplete Revelation Hypothesis (IRH, Bloomfield 2002) citata da Bowen et al. (2005) che afferma che le informazioni che sono più costose da estrapolare dai dati divulgati dai manager sono meno incluse nella formazione dei prezzi delle azioni e suggerisce quindi che il management può influenzare come le informazioni vengono riflesse nel prezzo delle azioni scegliendo di includerle all'inizio del testo dando loro una maggiore importanza oppure in fondo. L'evidenza empirica di questa tecnica non è però supportata dall'analisi di Bowen et al. (2005) che non riscontra una maggior evidenziazione dei pro forma earnings tramite la loro inclusione nella prima parte del testo.
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2.2.4: La scelta dei benchmarks e dei valori contabili nei reports Uno dei modi usato dai manager per enfatizzare la performance dell'impresa e presentarla sotto la miglior luce possibile è quello di scegliere appropriati benchmarks. La performance e la redditività di un'impresa possono essere comparati con passate performance oppure con i risultati ottenuti da altre imprese del settore e in modo opportunistico i manager possono scegliere i benchmarks più bassi in modo da rendere più positiva la performance della propria impresa. Uno studio di Shrand e Walther (2000), citato da Merkel-Davies e Brennan (2007), dimostra che i manager scelgono come benchmark del valore del reddito quello più basso tra quelli degli anni precedenti in modo da poter riportare una variazione maggiore. Anche Lewellen nel 1996 trova evidenza empirica del fatto che i benchmarks riferiti alla redditività delle azioni o gli indici di mercato scelti dai manager per la comparazione sono opportunisticamente sottostimati. L'autore nota che c'è una correlazione negativa tra il fatto di manipolare i benchmark e la redditività delle imprese, infatti le imprese non profittevoli sono più propense ad adottare questa strategia rispetto a quelle con una buona performance. Secondo questo studio la scelta opportunistica dei benchmarks è inoltre meno probabile nelle grandi imprese e nelle imprese dove molte azioni sono possedute dai manager o da outside blockholders. Uno studio di Cassar et al. del 2001 si focalizza invece sui grafici contenuti nei report e dimostra che le imprese profittevoli sono più inclini a includere i grafici relativi alla performance nei loro report. Inoltre le imprese includono nei grafici benchmarks selezionati in modo da far apparire la performance aziendale nel miglior modo possibile. La scelta del valore degli earnings è un'altra delle strategie che i manager possono usare per influenzare i lettori e fare in modo che l'impresa sembri più profittevole. I manager infatti possono partendo dagli earnings definiti GAAP includere nel calcolo del reddito alcune voci ed ometterne altre arrivando ad avere così i pro forma earnings. L'uso dei pro forma earnings può così influenzare le percezioni degli investitori e far apparire l'azienda più profittevole. Nel 2001 il NIRI (National Investor Relations Institute), rispondendo alle preoccupazioni del mercato riguardanti l'uso da parte dei manager dei pro forma earnings, ha pubblicato una serie di linee guida che incoraggiano le imprese a includere nei report una riconciliazione tra i GAAP e i pro forma earnings mentre nel 2002 questo istituto ha incoraggiato i manager a porre più enfasi sui GAAP rispetto ai pro forma earnings. Anche la SEC per contrastare questa
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strategia di impression management ha pubblicato nel 2002 una serie di regole sull'uso delle metriche non GAAP che impongono ai manager: 1) di riconciliare le due metriche, 2) che la metrica GAAP sia presentata con la stessa enfasi dell'altra e 3) di fornire una spiegazione del perchè la metrica che usa i pro forma earnings sia così rilevante (Bowen et al. 2005). Nonostante queste indicazioni questa strategia di impression management viene comunque utilizzata dai manager. Infatti essa è dimostrata empiricamente secondo il paper di MerkelDavies e Brennan (2007) sia da uno studio di Johnson and Schwartz (2005) sia da quello di Guillamon e Saorin (2006). Anche uno studio di Bowen et al. (2005) si focalizza su questa strategia e sulla strategia di manipolazione visiva dei contenuti del reports. Gli autori dimostrano che le imprese con una minor rilevanza del valore degli Earnings mettono opportunisticamente più enfasi nel presentare i pro forma earnings rispetto ai GAAP earnings e aggiungono che queste imprese preferiscono includere nei report il valore dei ricavi di vendita piuttosto che quello dei profitti. Inoltre i manager evidenziano di più quella metrica delle due che fa apparire più positiva la performance dell'impresa negli anni. Secondo gli autori una maggior enfasi nei pro forma earnings rispetto ai GAAP ha anche un maggiore effetto sul prezzo delle azioni e sulla reazione del mercato alle notizie contenute nei reports e quindi questo motivo ne incentiverebbe l'uso opportunistico da parte dei manager.
2.2.5: La strategia di attribuzione della performance Questa strategia di impression management consiste nell'attribuzione opportunistica della performance aziendale: se l'impresa ottiene risultati positivi ed ha una buona performance questo dipenderà dalle azioni del manager e da fattori interni (“entitlements”) come la strategia aziendale o il know-how aziendale o il potenziale delle risorse umane mentre fattori esterni (“escuses”) come il tempo o l'inflazione o le politiche governative non dipendenti dal controllo del management sono la causa di una non soddisfacente performance aziendale. Uno studio di Hooghiemstra (2001) citato da Merkel-Davies e Brennan (2007) dimostra empiricamente l'esistenza di questa strategia: le aziende americane attribuiscono risultati positivi a fattori interni e risultati negativi a fattori esterni. Uno studio di Clatworthy et al. (2003) arriva alla stessa conclusione analizzando un campione di aziende inglesi. Uno studio di Aerts del 2005 inoltre precisa che l'attribuzione della performance non buona a 46
fattori esterni può essere fatta sia scusandosi, sia negando la responsabilità del management, sia dicendo che il management ha fatto tutto il possibile per fare in modo che la cosa non accadesse, sia ammettendo la responsabilità ma offrendo una giustificazione per quel che è accaduto. Uno studio di Ogden et al. (2005) si focalizza sulla relazione tra impression management e la teoria della legittimità e afferma che le imprese usano tecniche assertive per costruire la legittimità e tecniche difensive per fare in modo che essa non subisca modifiche. Le tecniche assertive sono, oltre al dichiarare la propria responsabilità per eventi o notizie positivi, l'autopromozione della comunicazione come mezzo per ottenere l'approvazione del pubblico, l'auto-promozione delle proprie competenze e l'agire come modelli di virtuosismo e di comportamento esemplare. Le tecniche difensive invece sono le stesse elencate nello studio di Aerts (2005), a cui si aggiunge la comunicazione di azioni compensatorie. Le tecniche usate per attribuire la performance comprendono anche l'uso dei verbi passivi e dei pronomi personali. Uno studio di Clatworthy et al. del 2006 dimostra che le imprese non profittevoli rispetto a quelle profittevoli usano più verbi passivi nei loro report e meno pronomi personali riferiti alla prima persona singolare o plurale. Emblematico da questo punto di vista è uno studio di Thomas del 1997 che si basa sull'assunzione che la voce attiva e i verbi attivi indicano un'organizzazione che sta producendo risultati positivi e un'azienda di successo mentre l'uso del passivo viene scelto invece nei casi in cui lo scrittore voglia distaccarsi dal messaggio che sta comunicando. L'autore dimostra empiricamente che l'uso del passivo cresce con il peggiorare della performance aziendale. Infatti egli, analizzando un'impresa costruttrice di macchine utensili, riscontra un aumento dell'uso dei verbi passivi, dal 50% al 100% in più, negli anni in cui l'impresa è in perdita rispetto agli anni profittevoli. Per quanto riguarda l'uso dei pronomi personali lo studio dimostra che negli anni non profittevoli il management usa più parole cosiddette inanimate (per esempio “L'anno ...”) come soggetti delle frasi rispetto a pronomi personali come “noi”. Una misura del numero di elementi passivi di un report è il “Transitivity Index” incluso nello studio di Syderff e Weetman (2002). Gli autori fanno notare che l'uso del passivo può essere fatto usando i verbi passivi sia includendo il complemento d'agente che omettendolo. In quest'ultimo caso si avrà un maggiore distanziamento del soggetto che compie l'azione dall'azione stessa. Il transitivity index tiene conto sia dei verbi passivi sia di altri elementi che
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hanno le stesse caratteristiche dei verbi passivi e cioè i verbi infiniti, i gerundi passivi e i participi passati. Questo studio però si sofferma anche sul fatto che molte volte l'uso del passivo può non essere dovuto ad impression management ma dipendere dal fatto che i report sono testi scientifici e quindi si caratterizzano per l'uso delle frasi passive oppure l'uso del passivo può dipendere dal modo di scrivere del manager. Inoltre essi affermano che è normale che un testo contenga sia frasi attive che passive.
2.3: L'USO DEL SOFTWARE DICTION COME MISURA DI IMPRESSION MANAGEMENT Per misurare il livello di impression management in un testo, oltre alle misure della facilità di lettura di un testo e al transitivity index, visto lo sviluppo della tecnologia informatica negli ultimi anni è stato sviluppato un software chiamato Diction. Esso, come le misure della facilità di lettura, è facile da utilizzare, affidabile e fornisce dei valori oggettivi, inoltre come il transitivity index rientra nell'approccio sistematico dell'analisi di un linguaggio (Syderff e Weetman 2002) cioè in quella parte di studi che si focalizza su come un insieme di parole possono essere usate in modo strategico all'interno di una narrazione. Questo programma, usato anche nel paper di Davis et al. del 2007 per contare le parole ottimistiche e pessimistiche, si basa su un vasto vocabolario (più di 10.000 parole) che può essere anche modificato a seconda delle preferenze e necessità dell'utente e analizza il tono verbale di un testo attraverso cinque variabili: certezza, ottimismo, attività, realismo e comunanza. La prima variabile indica quanto un testo ha un linguaggio risoluto, inflessibile completo e tendenzialmente “ex cathedra” cioè autorevole e che non ammette obiezioni. La seconda variabile misura quanto un testo evidenzia una determinata persona o un gruppo o i loro comportamenti o un concetto o un evento. La variabile “attività” definisce un linguaggio che indica movimento, cambiamento, innovazione e il contrasto dell'inerzia mentre la variabile “realismo” indica un linguaggio che descrive fatti tangibili e riconoscibili della vita quotidiana delle persone. L'ultima variabile misura quanto un linguaggio si conforma ai valori predominanti di un gruppo (Syderff e Weetman 2002). Molti studi empirici si sono basati sull'uso di Diction per investigare la presenza di impression 48
management all'interno dei report dei manger. Uno studio di Syderff e Weetman del 2002 analizza le lettere dei presidenti e il report del management di una serie di aziende del Regno Unito divise in aziende profittevoli e non profittevoli e tiene conto delle performance sia di breve periodo che di lungo periodo. Esso confronta i valori ottenuti dall'analisi usando Diction e quelli ottenuti con l'uso del Flesch index e del transitivity index. Lo studio dimostra che il valore della misura di facilità di lettura del testo è più alto per le aziende con una buona performance di lungo periodo confermando così l'ipotesi dell'uso dell'impression management per offuscare le cattive notizie, ma non si registrano differenze tra la buona e cattiva performance di breve periodo. Anche nell'analisi fatta utilizzando il transitivity index viene riscontrata la presenza di impression management: chi scrive tenta di auto-distanziarsi dal messaggio che sta comunicando usando un linguaggio più oggettivo. Per quanto riguarda invece le variabili incluse nell'analisi del testo usando Diction lo studio dimostra che non ci sono significative differenze tra il valore della variabile “certezza” e quello della variabile “realismo” delle aziende profittevoli e quelle non profittevoli. Una spiegazione per questo risultato della prima variabile potrebbe essere che il management parla dei fatti senza tener conto della buona o cattiva performance oppure che il management, conscio del fatto che una minore certezza nel linguaggio usato nei report potrebbe indurre gli stakeholders a pensare che ci sia impression management, si adopera affinché il testo non sia incerto. Anche per quanto riguarda la variabile “ottimismo”, secondo gli autori, il management potrebbe aver agito in modo da far sì che gli stakeholders non pensino che ci sia impression management e infatti non si riscontrano significative differenze del valore di questa variabile tra le due categorie di imprese nei report del management e nelle lettere dei presidenti (in questo ultimo caso solo tenendo conto della performance di lungo periodo) mentre esiste una differenza significativa tra la variabile misurata per le lettere dei presidenti delle due categorie tenendo conto della performance di breve periodo. Le aziende con una buona performance di breve periodo fanno infatti registrare un valore più alto della variabile “ottimismo” nelle lettere dei presidenti. La variabile “attività” fa registrare un valore più alto per le lettere dei presidenti delle imprese non profittevoli e questo potrebbe indicare, come nei casi precedenti, che i manager di queste aziende tentano di ingannare gli stakeholders cercando di assomigliare alle imprese
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profittevoli. Anche per quanto riguarda la variabile “comunanza” non si riscontrano significative differenze tra le due categorie di imprese (apparte per i valori riscontrati nelle lettere dei presidenti tenendo in considerazione la performance di breve periodo) quindi secondo gli autori, come per le altre tre variabili ci sarebbe una strategia di impression management da parte delle aziende non profittevoli che tentano così di assomigliare a quelle profittevoli. Infatti, per questa variabile gli autori si aspettavano di rilevare un valore più basso nelle imprese profittevoli perchè esse sarebbero più inclini a usare un linguaggio che le differenzi dal resto del gruppo. Gli autori affermano quindi che una differenza significativa tra i valori rilevati tra le due categorie è indice di impression management mentre, nel caso in cui non si riscontri questa differenza, ci potrebbe essere una strategia di impression management da parte delle aziende non profittevoli che cercano così di assomigliare a quelle profittevoli. Lo studio di Cho et al. del 2010 si focalizza invece sulle strategie di impression management legate alla performance ambientale. Gli autori dimostrano che i manager manipolano i report che contengono le informazioni sulla performance legata all'ambiente agendo sulla quantità di informazioni divulgate, sulla tipologia di temi trattati e sul linguaggio ed il tono verbale usato nel testo. Infatti la variabile “ottimismo ” fa registrare un valore più alto nelle imprese con una cattiva performance ambientale indicando una strategia di impression management: l'uso di parole ottimistiche e l'attribuzione delle buone performance a fattori interni. La strategia di attribuire la non soddisfacente performance a fattori esterni e l'uso di parole retoriche per offuscare le cattive notizie (offuscamento che avviene con l'uso di un linguaggio persuasivo, debole o usando parole e concetti complessi che riducono l'abilità del lettore di comprendere il testo) vengono invece dimostrati dal fatto che la variabile “certezza” fa registrare un valore più basso nelle imprese con una cattiva performance ambientale. In questo caso infatti il linguaggio usato è flessibile, non risoluto, debole e legato all'incertezza. I risultati rimangono gli stessi anche se vengono introdotte le seguenti variabili di controllo: la grandezza dell'impresa, il fatto che l'impresa appartenga ad un settore con alta sensibilità per l'ambiente, ROA, l'essere capital intesity o labour intensity e il numero di anni di attività dell'impresa.
50
Capitolo 3 ANALISI EMPIRICA DELL'USO DELL'IMPRESSION MANAGEMENT NELLE IMPRESE FRAUDOLENTE 3.1: CONSIDERAZIONI GENERALI ED IPOTESI DI RICERCA Le strategie di impression management vengono usate dai manager per influenzare la percezione degli investitori ed ingannarli e molti studi (Subramaniam et al. 1993, Abrahamson et al. 1994, Thomas 1997, Clatworthy et al. 2003, Bowen et al. 2005, Ogden et al. 2005, Clatworthy 2006, Merkel et al. 2007, Li et al. 2008, Cho et al. 2010) affermano che esse vengono soprattutto usate dalle imprese non profittevoli per nascondere la performance non soddisfacente: più la performance dell'impresa differisce da un desiderato benchmark, più il management è incentivato a manipolare i report. Secondo uno studio di Courtis del 1998 inoltre le tecniche di impression management vengono usate anche per nascondere una delle possibili strategie dei manager delle aziende non profittevoli: la frode contabile. I manager infatti riescono a nascondere il loro comportamento fraudolento distogliendo l'attenzione del lettore da particolari argomenti e facendo in modo che egli non senta il bisogno di procedere con una ricerca di informazioni più approfondita. L'incentivo per i manager nell'usare l'impression management è in questi casi molto forte, essi devono tentare in primo luogo di nascondere il loro comportamento per non incorrere nelle gravi conseguenze che la scoperta della frode implica e in secondo luogo, nel momento della scoperta della frode, queste tecniche possono aiutare a diminuire l'impatto negativo sulla legittimità e sulla reputazione aziendale. Il mio studio si focalizza proprio su questo particolare argomento e testa la presenza di impression management in un gruppo di imprese fraudolente comparandole con un gruppo di imprese di controllo. Lo studio si focalizza sull'analisi degli annual reports perchè questi documenti costituiscono uno dei principali mezzi con cui l'azienda comunica con gli stakeholders. Questi reports contengono i risultati della performance passata dell'impresa, gli obiettivi che essa ha raggiunto e quelli futuri e quindi da un lato sono indispensabili per la formazione, la modifica o la conferma delle aspettative degli investitori e di altri soggetti interessati e dall'altro vista la 51
loro importanza possono essere soggetti a impression management. L'uso delle strategie di impression management da parte del management viene analizzato usando Diction in due periodi differenti: il primo periodo comprende l'“anno x” in cui la frode viene commessa, l'“anno x-1” e l'“anno x+1” mentre il secondo periodo comprende l'“anno t” in cui la frode viene scoperta dalla SEC, l'“anno t-1” e l'“anno t+1”.
1° periodo
2° periodo
Anno x Frode Anno x+1
Anno x-1
Anno t Scoperta della frode Anno t+1 Anno t-1
Le ipotesi dello studio sono le seguenti: H1: le imprese fraudolente per nascondere il loro comportamento agli stakeholders nel periodo di commissione della frode e successivamente nel secondo periodo per distogliere l'attenzione da ciò che è stato fatto e per ristabilire la reputazione e la legittimità includono nei loro reports molte parole ottimistiche, enfatizzano le buone notizie e le attribuiscono a fattori interni dipendenti dal controllo del management. Quindi il valore medio per ognuno dei sei anni considerati della variabile “Optimism” delle imprese fraudolente è significativamente più alto di quello delle imprese di controllo. In particolare:
Ha: il valore medio della variabile “Optimism” delle imprese
fraudolente per l'anno x è significativamente più alto di quello delle imprese di controllo.
Hb: il valore medio della variabile “Optimism” delle imprese
fraudolente per l'anno x-1 è significativamente più alto di quello delle imprese di controllo.
Hc: il valore medio della variabile “Optimism” delle imprese
fraudolente per l'anno x+1 è significativamente più alto di quello delle imprese di controllo.
52
Hd: il valore medio della variabile “Optimism” delle imprese
fraudolente per l'anno t è significativamente più alto di quello delle imprese di controllo.
He: il valore medio della variabile “Optimism” delle imprese
fraudolente per l'anno t-1 è significativamente più alto di quello delle imprese di controllo.
Hf: il valore medio della variabile “Optimism” delle imprese
fraudolente per l'anno t+1 è significativamente più alto di quello delle imprese di controllo H2: le imprese fraudolente usano le strategie di impression management per offuscare il comportamento fraudolento sia negli anni di commissione della frode sia quando essa viene scoperta. I manager delle imprese fraudolente infatti usano un linguaggio persuasivo, retorico e meno comprensibile per nascondere il comportamento fraudolento e le cattive notizie e un linguaggio che distanzia chi scrive dall'azione compiuta per non attribuire la performance a fattori interni. Quindi ci si attende che il valore medio per ogni anno considerato della variabile “Certainty” sia più basso nelle imprese fraudolente rispetto a quelle di controllo. In particolare:
Hg: il valore medio della variabile “Certainty” delle imprese
fraudolente per l'anno x è significativamente più basso di quello delle imprese di controllo.
Hi: il valore medio della variabile “Certainty” delle imprese fraudolente
per l'anno x-1 è significativamente più basso di quello delle imprese di controllo.
Hj: il valore medio della variabile “Certainty” delle imprese fraudolente
per l'anno x+1 è significativamente più basso di quello delle imprese di controllo.
Hk: il valore medio della variabile “Certainty” delle imprese
fraudolente per l'anno t è significativamente più basso di quello delle imprese di controllo.
Hl: il valore medio della variabile “Certainty” delle imprese fraudolente
53
per l'anno t-1 è significativamente più basso di quello delle imprese di controllo.
Hm: il valore medio della variabile “Certainty” delle imprese
fraudolente per l'anno t+1 è significativamente più basso di quello delle imprese di controllo. H3: l'incentivo ad usare le tecniche di impression management tende ad aumentare in situazioni di crisi di legittimità, pertanto si ipotizza che il valore medio della variabile “Optimism” e della variabile “Certainty” per le imprese fraudolente differisca significativamente all'interno dei due periodi considerati. Ci si attende che il valore medio della variabile “Optimism” per le imprese fraudolente sia più alto nell'anno x rispetto all'anno x-1 e all'anno x+1 e nell'anno t rispetto all'anno t-1 e all'anno t+1 e il valore medio della variabile “Certainty” per le imprese fraudolente diminuisca con l'attuazione del comportamento fraudolento e con la sua scoperta (quindi il valore medio dell'anno x sia più basso di quello dell'anno x-1 e dell'anno x+1 e il valore medio dell'anno t sia più basso di quello in t-1 e t+1). Inoltre per quanto riguarda il primo periodo, il valore medio della variabile “Optimism” per le imprese fraudolente dell'anno x-1 sia più basso di quello dell'anno x+1 e il valore medio della variabile “Certainty” sia più alto nell'anno x-1 rispetto all'anno x+1 in quanto i manager in x+1 sono incentivati a nascondere ancora la frode e la performance dell'anno prima mentre, per quanto riguarda il secondo periodo, il valore medio della variabile “Optimism” per le imprese fraudolente nell'anno t-1 sia più basso rispetto all'anno t+1 e il valore medio della variabile “Certainty” sia più alto nell'anno t-1 rispetto all'anno t+1 visto che dopo la scoperta della frode i manager hanno la necessità di ristabilire la legittimità e la reputazione perduta. In particolare quindi per quanto riguarda le imprese fraudolente:
Hn: il valore medio dell'anno x-1 della variabile “Optimism” è
significativamente più basso di quello dell'anno x.
Ho: il valore medio dell'anno x della variabile “Optimism” è
significativamente più alto di quello dell'anno x+1.
Hp: il valore medio dell'anno x-1 della variabile “Optimism” è
significativamente più basso di quello dell'anno x+1.
54
Hq: il valore medio dell'anno t-1 della variabile “Optimism” è
significativamente più basso di quello dell'anno t.
Hr: il valore medio dell'anno t della variabile “Optimism” è
significativamente più alto di quello dell'anno t+1.
Hs: il valore medio dell'anno t-1 della variabile “Optimism” è
significativamente più basso di quello dell'anno t+1.
Ht: il valore medio dell'anno x-1 della variabile “Certainty” è
significativamente più alto di quello dell'anno x.
Hu: il valore medio dell'anno x della variabile “Certainty” è
significativamente pù basso di quello dell'anno x+1.
Hv: il valore medio dell'anno x-1 della variabile “Certainty” è
significativamente più alto di quello dell'anno x+1.
Hw: il valore medio dell'anno t-1 della variabile “Certainty” è
significativamente più alto di quello dell'anno t.
Hy: il valore medio dell'anno t della variabile “Certainty” è
significativamente più basso di quello dell'anno t+1.
Hz: il valore medio dell'anno t-1 della variabile “Certainty” è
significativamente più alto di quello dell'anno t+1.
3.2: IL CAMPIONE DI IMPRESE Il campione di imprese selezionato per questo studio comprende 88 imprese fraudolente e 156 imprese di controllo. Le imprese considerate sono imprese quotate in quanto lo studio prevede l'analisi del 10-k o del 20-f che è un report obbligatorio per le imprese pubbliche. Il procedimento di selezione del campione è stato fatto partendo dall'insieme delle imprese fraudolente accusate dalla SEC di aver commesso una frode contabile e quindi è stato analizzato separatamente ogni AAER pubblicato dalla SEC negli anni dal 2004 al 2009. Da questo primo insieme di imprese sono state tolte le banche, le imprese di assicurazione e le società di revisione. Inoltre sono state escluse anche le imprese per cui non era disponibile il 10-k o 20-f o le imprese i cui AAERs si riferivano ad AAERs di anni precedenti al 2004 o 55
imprese che venivano accusate in più di un AAERs.
Descrizione
Numero
Numero di AAERs (2004-2008)
1156
Imprese per cui non è disponibile il 10-k
685
Banche, assicurazioni e società di revisione
215
AAERs riferiti ad AAERs pubblicati prima del 2004 o riferiti alla stessa impresa
168
Numero totale di imprese fraudolente incluse nel campione
88
Le frodi considerate per l'inclusione dell'impresa nel campione sono le seguenti: Frodi
Descrizione
Insider trading
L'insider trading illegale si riferisce al fatto di comprare o vendere azioni nel momento più opportuno approfittando del fatto di essere in possesso di informazioni non ancora di dominio pubblico.
Obstruction
Le imprese vengono accusate di interferire e ostacolare il lavoro della polizia, degli investigatori delle agenzie di regolazione e di altri funzionari degli Stati Uniti.
Corruzione
Le imprese vengono accusate di aver pagato o offerto beni per ottenere determinati favori.
Cospirazioni
Accordo tra due o più soggetti per compiere un atto illegale.
Stock option backdating
Modificare la data di emissione delle stock option in modo da ottenere un prezzo di esercizio più basso.
Self-Dealing
Le imprese o i manager vengono accusati di agire nel proprio interesse e non nell'interesse di chi ha conferito loro un determinato incarico.
Aiutare o essere complici di uno schema fraudolento Transazione internazionale fraudolenta
Situazione in cui un manager o un dipendente commettono una frode che coinvolge un'altra impresa. L'impresa dove l'accusato è impiegato non viene in questo caso accusata di frode. Accusa di frode che implica una transazione internazionale.
Falsa testimonianza
Accusa di non dire la verità anche se si ha prestato giuramento.
Vendor allowance
Si riferisce ad un pagamento che i distributori di alimenti ricevono dai venditori per promuovere un determinato prodotto a scapito di altri.
Embezzlement Errori
L'embezzlement si verifica quando un soggetto disonestamente prende possesso o converte a proprio uso un bene altrui senza il permesso del proprietario abusando della fiducia concessagli da quest'ultimo. Apparenti misstatement non fraudolenti dipendenti da svariate cause, come la non comprensione di complicati GAAP o errori nel sistema di tenuta della contabilità, che possono però comportare un misleading degli investitori.
56
Per ogni impresa fraudolenta sono stati quindi estratti da EDGAR, un database on line della SEC, i 10-ks o i 20-fs dell'anno della frode (x), di quello precedente (x-1), di quello successivo (x+1) e dell'anno di scoperta della frode (t), di quello precedente (t-1) e di quello successivo (t+1). Gli anni considerati sono stati quelli fiscali e non quelli solari. Per ogni AAERs è stata poi considerata solo la parte contenente la discussione ed analisi del management sulla condizione finanziaria e sui risultati operativi dell'impresa (M.D.&A.). In seguito per ognuna delle 88 imprese del campione sono state selezionate due imprese di controllo non fraudolente comparate alle imprese fraudolente in base ai seguenti tre elementi: •
Grandezza: i ricavi delle imprese di controllo per l'anno della frode sono compresi in un intervallo compreso tra -30% e +30% dei ricavi delle imprese fraudolente.
•
Settore di appartenza: le imprese di controllo hanno lo stesso codice SIC a quattro cifre delle imprese fraudolente. Nei casi in cui non è stato possibile usare il SIC a quattro cifre si sono scelte le imprese di controllo in base al SIC di tre cifre o di due cifre.
•
Anno: i 10-ks e i 20-fs delle imprese di controllo sono disponibili per gli stessi anni considerati per le imprese fraudolente.
Per ogni impresa di controllo sono state estratte quindi le discussioni e analisi del management degli stessi anni considerati per le imprese fraudolente. Alcune imprese fraudolente sono state comparate con una sola impresa di controllo a causa dell'impossibilità di trovarne una seconda. Il numero totale delle imprese di controllo è quindi 156 e il numero totale delle imprese del campione è di 244.
3.3: IL METODO DI ANALISI Per testare la presenza di strategie di impression management nei MD&A degli annual report delle imprese appartenenti al campione di riferimento nei due periodi considerati è stato usato il software Diction. Questo programma, creato dal Dr Roderick P. Hart e sviluppato poi da M. V. Stanton e T. A. Cox, viene scelto in molti studi empirici per le seguenti caratteristiche (Cho et al 2010): •
si basa sulla teoria linguistica per analizzare le parole;
57
•
usa elementi di intelligenza artificiale che sono stati sottoutilizzati dalla letteratura riguardante l'impresa;
•
si basa sull'analisi sistemica del linguaggio, cioè su come esso possa essere usato in modo strategico;
•
è oggettivo;
•
permette all'utente di scegliere tra varie opzioni a seconda delle necessità;
•
la sua efficacia è stata provata da molti studi tra cui quello di Syderff e Weetman (2002).
Il software analizza il tono verbale di un documento e quindi i temi contenuti in esso attraverso l'analisi di cinque variabili: “Optimism”, “Certainty”, “Activity”, “Realism” e “Commonality” e basandosi su un insieme di più di 10.000 parole (senza duplicazioni all'interno) divise in 33 dizionari costruiti analizzando più di 20.000 testi. A seconda della lunghezza dei testi da analizzare l'utente può scegliere tra varie opzioni. L'opzione scelta in questo studio, seguendo il paper di Cho et al. (2010), consente di comparare testi di diversa lunghezza ed è quella che dà come output il valore ottenuto come media dei valori ottenuti dopo la divisione del testo in unità di 500 parole e la loro analisi. Nel caso in cui una parte del testo non arrivi a 500 parole il software fornisce un particolare valore equivalente che può così venire incluso nella media. Le altre opzioni disponibili per i testi lunghi consentono di selezionare e processare solo le prime 500 parole oppure di avere come output il valore ottenuto per ogni insieme di 500 parole. Seguendo il paper di Cho et al. le variabili prese in considerazione in questo studio sono “Optimism” e “Certainty”. Quindi le strategie di impression management testate sono quelle di evidenziare gli aspetti positivi e attribuirli a fattori interni (prima variabile) e quelle di offuscare la cattiva performance e attribuirla a fattori esterni (seconda variabile). Visto che lo studio prevede l'analisi degli annual report relativi a sei anni diversi le variabili considerate sono state le seguenti: l'ottimismo e la certezza riferiti all'anno di commissione della frode (“Optimism x” e “Certainty x”), all' anno precedente (“Optimism x-1” e “Certainty x-1”) e all'anno successivo (“Optimism x+1” e “Certainty x+1”) e riferiti all'anno di scoperta della frode (“Optimism t” e “Certainty t”), all'anno precedente (“Optimism t-1” e “Certainty t1”) e a quello successivo (“Optimism t+1” e “Certainty t+1”). Le parti degli annual report delle imprese del campione contenenti gli Md&A per i due 58
periodi considerati sono state analizzate con Diction e i valori di output delle dodici variabili considerate sono stati inclusi in un file excel. Per i valori di ogni variabile sono poi state calcolati la media, la deviazione standard, i quartili, il massimo e il minimo sia prendendo in considerazione l'intero campione sia solo la parte delle aziende fraudolente sia solo la parte delle aziende si controllo. Per testare le varie ipotesi è stata usato il t test.
3.4: I RISULTATI DELL'ANALISI 3.4.1: I risultati dell'analisi descrittiva Per quanto riguarda l'analisi della deviazione standard, dei quartili, del massimo e del minimo i risultati sono stati i seguenti: Optimism (x-1)
Total sample
Imprese fraudolente
Imprese di controllo
Numero di osservazioni
214
82
132
Media
48,9
49
48,83
Deviazione standard
1,51
1,55
1,5
25° quartile
48
48,13
47,93
Mediana
49,09
49,17
49,02
75° quartile
49,94
50,03
49,84
Minimo
43,38
43,49
43,38
Massimo
52,21
52,21
51,64
Optimism (x)
Total sample
Imprese fraudolente
Imprese di controllo
Numero di osservazioni
218
79
139
Media
48,93
48,93
48,93
Deviazione standard
1,46
1,42
1,49
25° quartile
48,02
48,08
48,02
Mediana
49,06
48,93
49,14
75° quartile
49,8
49,75
49,81
Minimo
44,29
44,38
44,29
Massimo
52,87
52,87
52,36
Optimism (x+1)
Total sample
Imprese fraudolente
Imprese di controllo
Numero di osservazioni
223
81
142
Media
48,96
48,92
48,98
Deviazione standard
1,44
1,61
1,34
25° quartile
48,06
47,99
48,11
Mediana
48,97
48,81
49,06
75° quartile
49,87
49,95
49,81
Minimo
42,85
42,85
44,68
Massimo
53,57
53,57
53,15
59
Optimism (t-1)
Total sample
Imprese fraudolente
Imprese di controllo
Numero di osservazioni
226
81
145
Media
49,04
48,99
49,07
Deviazione standard
1,63
1,6
1,65
25° quartile
48,18
48,2
48,07
Mediana
49,04
48,98
49,04
75° quartile
49,8
49,7
49,97
Minimo
44,74
44,8
44,74
Massimo
55,45
53,48
55,45
Optimism (t)
Total sample
Imprese fraudolente
Imprese di controllo
Numero di osservazioni
227
82
145
Media
49,11
49,19
49,06
Deviazione standard
1,33
1,37
1,3
25° quartile
48,22
48,34
48,19
Mediana
49,19
49,24
49,17
75° quartile
49,98
50,13
49,89
Minimo
45,15
45,15
45,31
Massimo
53,96
52,6
53,96
Optimism (t+1)
Total sample
Imprese fraudolente
Imprese di controllo
Numero di osservazioni
224
80
144
Media
49,1
48,85
49,23
Deviazione standard
1,46
1,47
1,44
25° quartile
48,3
48,15
48,47
Mediana
49,12
49,05
49,25
75° quartile
50,06
49,99
50,14
Minimo
43,92
44,33
43,92
Massimo
58,09
58,09
55,78
Certainty (x-1)
Total sample
Imprese fraudolente
Imprese di controllo
Numero di osservazioni
215
82
133
Media
47,82
47,42
48,07
Deviazione standard
3,92
4,39
3,59
25° quartile
45,59
45,39
45,87
Mediana
48,12
47,62
48,18
75° quartile
50,26
49,9
50,28
Minimo
34,59
34,59
38,13
Massimo
58,05
58,05
55,78
Certainty (x)
Total sample
Imprese fraudolente
Imprese di controllo
Numero di osservazioni
219
79
140
Media
47,96
48,02
47,93
Deviazione standard
3,85
4,62
3,35
25° quartile
45,97
46,08
45,92
Mediana
48,21
48,53
48,06
75° quartile
50,57
50,85
50,05
Minimo
22,2
22,2
38,77
Massimo
56,36
56,05
56,36
60
Certainty (x+1)
Total sample
Imprese fraudolente
Imprese di controllo
Numero di osservazioni
224
81
143
Media
48,55
48,46
48,6
Deviazione standard
3,36
3,57
3,25
25° quartile
46,58
46,47
46,64
Mediana
48,63
48,63
48,62
75° quartile
50,72
50,08
50,66
Minimo
33,74
33,74
37,34
Massimo
58,71
56,43
58,71
Certainty (t-1)
Total sample
Imprese fraudolente
Imprese di controllo
Numero di osservazioni
227
81
146
Media
48,44
47,94
48,71
Deviazione standard
3,25
3,39
3,14
25° quartile
46,36
45,97
46,52
Mediana
48,4
48,05
48,87
75° quartile
50,82
50,38
51,12
Minimo
37,87
37,87
40,01
Massimo
55,52
55,22
55,52
Certainty (t)
Total sample
Imprese fraudolente
Imprese di controllo
Numero di osservazioni
228
82
146
Media
47,98
48
47,97
Deviazione standard
4,14
3,54
4,45
25° quartile
46,13
45,86
46,33
Mediana
48,4
48,35
48,45
75° quartile
50,42
50
50,68
Minimo
13,03
39,2
13,03
Massimo
57,76
56,22
57,76
Certainty (t+1)
Total sample
Imprese fraudolente
Imprese di controllo
Numero di osservazioni
225
80
145
Media
48,28
48,16
48,35
Deviazione standard
3,52
3,59
3,49
25° quartile
46,31
46,22
46,31
Mediana
48,59
48,49
48,71
75° quartile
50,83
50,7
49,81
Minimo
35,65
36,87
35,65
Massimo
56,46
56,03
56,46
Da questi risultati si può notare che, per quanto riguarda la variabile “Optimism”, la deviazione standard assume valori compresi nell'intervallo tra 1,3 e 1,55, il più alto valor massimo si ottiene per le imprese fraudolente in x+1 (53,57) e per le imprese di controllo in t1 (55,41) mentre il più basso valor minimo si registra rispettivamente in x+1 (42,85) e in x-1 (43,38). Dall'analisi dei quartili si può notare che per quanto riguarda le imprese fraudolente i valori sono circa equamente distribuiti salvo che in x-1 e in t+1 dove si registra una minor distanza tra il valore massimo e il valore del 75° quartile rispetto a quella tra il valore minimo e il 25° e quindi si registra un maggior numero di valori che si avvicinano al massimo rispetto 61
a quelli che si avvicinano al minimo. Per quanto riguarda l'analisi dei quartili delle imprese non fraudolente invece si nota che i valori sono equamente distribuiti in x+1 e in t+1, sono più vicini al massimo in x-1 e in x e più vicini al minimo in t-1 e in t. Per quanto riguarda la variabile “Certainty” invece si può notare che l'intervallo che comprende i valori è molto più ampio, infatti per le imprese di controllo il valore minimo più basso è pari a 13,03 e si registra nell'anno t e il valore massimo più alto si registra in x+1 ed è pari a 58,71 mentre per le imprese fraudolente l'intervallo va dal 22,2 registrato in x al 58,05 registrato in x-1. La deviazione standard è più alta rispetto a quella riscontrata per la variabile “Optimism” e assume valori compresi tra 3,14 e 4,62. Dall'analisi dei quartili si può notare che per quanto riguarda le imprese fraudolente la variabile in t assume valori circa equamente distribuiti mentre negli altri anni assume valori che si avvicinano di più ai massimi; per quanto riguarda invece le imprese di controllo la variabile assume valori circa equamente distribuiti tra il massimo e il minimo in x-1 e in x+1 e valori più vicini ai massimi in x, t-1, t. 3.4.2: I risultati dell'analisi delle medie con utilizzo del t test Per testare le ipotesi si sono confrontati i valori delle medie delle variabili con il t test. I risultati per la variabile “Optimism” sono stati i seguenti:
Media anno x-1
Media anno x
Differenza tra medie
T test
Significatività
Media imprese fraudolente 48,998
48,931
0,067
0,775
Non significativo
Media imprese di controllo 48,832
48,935
-0,103
0,571
Non significativo
Differenza tra medie
0,166
-0,004
T test
0,438
0,983
Significatività
Non significativo
Non significativo
Media anno x
Media anno x+1
Differenza tra medie
T test
Significatività
Media imprese fraudolente 48,931
48,920
0,010
0,966
Non significativo
Media imprese di controllo 48,935
48,980
-0,045
0,791
Non significativo
Differenza tra medie
-0,004
-0,059
T test
0,983
0,768
Significatività
Non significativo Non significativo
Media anno x+1
Differenza tra medie
T test
Significatività
Media imprese fraudolente 48,998
Media anno x-1
48,920
0,077
0,756
Non significativo
Media imprese di controllo 48,832
48,980
-0,148
0,389
Non significativo
Differenza tra medie
0,166
-0,059
T test
0,438
0,768
Significatività
Non significativo Non significativo
62
Media anno t-1
Media anno t
Differenza tra medie
T test
Significatività
Media imprese fraudolente 48,985
49,192
-0,207
0,376
Non significativo
Media imprese di controllo 49,067
49,063
0,004
0,981
Non significativo
Differenza tra medie
-0,082
0,129
T test
0,718
0,481
Significatività
Non significativo Non significativo Media anno t
Media anno t+1
Differenza tra medie
T test
Significatività
Media imprese fraudolente
49,192
48,853
0,132
0,376
Non significativo
Media imprese di controllo
49,063
49,231
-0,164
0,368
Non significativo
Differenza tra medie
0,129
-0,378
T test
0,481
0,062
Significatività
Non significativo
T test (1 coda:controlli>fraud.) 0,240
0,031
Significatività
**
Non significativo Media anno t-1
Media anno t+1
Differenza tra medie
T test
Significatività
Media imprese fraudolente 48,985
48,853
0,132
0,376
Non significativo
Media imprese di controllo
49,067
49,231
-0,164
0,368
Non significativo
Differenza tra medie
-0,082
-0,378
T test
0,718
0,062
Significatività
Non significativo Non significativo
Quindi esiste una significativa differenza (p<0,05) tra il valore della variabile “Optimism” in t+1 delle imprese fraudolente e quello delle imprese di controllo (ipotesi Hf) anche se la significatività si registra solo tenendo conto di una sola coda del t test (valore delle imprese di controllo>valore delle imprese fraudolente). Questo risultato indica che in t+1 le imprese di controllo hanno usato più parole positive e ottimistiche rispetto alle imprese fraudolente e attribuito la buona performance a fattori interni. La differenza può essere dovuta all'uso delle strategie di impression management da parte delle imprese di controllo allo scopo di evidenziare la buona performance (anche per cercare di attirare possibili investitori persi dalle imprese fraudolente dopo la scoperta della frode) oppure può essere dovuta al fatto che le imprese fraudolente dopo la scoperta della frode non tentano di ingannare gli stakeholders con questa strategia e includono così all'interno dei loro report poche buone notizie. La mancanza di altri risultati statisticamente significativi può essere dovuta al fatto che o non esiste impression management oppure che le imprese fraudolente negli altri anni considerati cercano di far assomigliare il loro linguaggio a quello delle imprese di controllo in modo che gli stakeholder non pensino che ci esse attuino una strategia di impression management per nascondere le cattive notizie (Syderff e Weetman 2002). 63
Invece per quanto riguarda la variabile “Certainty” ci sono stati più risultati statisticamente significativi.
Media anno x-1
Media anno x
Differenza tra medie
T test
Significatività
Media imprese fraudolente
47,422
48,0,16
-0,595
0,403
Non significativo
Media imprese di controllo
48,072
47,927
0,145
0,730
Non significativo
Differenza tra medie
-0,650
0,089
T test
0,238
0,869
Significatività
Non significativo
Non significativo
Media anno x
Media anno Differenza x+1 tra medie
T test
Significatività
T test (1 coda: controllo>fraud.)
Significatività
Media imprese fraudolente
48,0,16
48,464
-0,447
0,494
Non significativo
0,247
Non significativo
Media imprese di controllo
47,927
48,596
-0,669
0,089
0,045
**
Differenza tra medie
0,089
-0,132
T test
0,869
0,778
Significatività
Non significativo
Non significativo
Media anno x-1
Media anno Differenza x+1 tra medie
T test
T test (1 coda: controllo>fraud.)
Significatività
Media imprese fraudolente
47,422
48,464
-1,042
0,099
0,049
**
Media imprese di controllo
48,072
48,596
-0,524
0,204
0,102
Non significativo
Differenza tra medie
-0,650
-0,132
T test
0,238
0,778
Significatività
Non significativo
Non significativo
Significatività
Non significativo
Media anno t-1
Media anno t
Differenza tra medie
T test
Significatività
Media imprese fraudolente
47,938
48,004
-0,066
0,903
Non significativo
Media imprese di controllo
48,712
47,972
0,740
0,102
Non significativo
Differenza tra medie
-0,774
0,032
T test
0,085
0,956
Significatività
Non significativo
T test (1 coda:controlli>fraud.) 0,043
0,478
Significatività
Non significativo
**
64
Media anno t
Media anno t+1
Differenza tra medie
T test
Significatività
Media imprese fraudolente
48,004
48,156
-0,152
0,787
Non significativo
Media imprese di controllo
47,972
48,353
-0,381
0,418
Non significativo
Differenza tra medie
0,032
-0,197
T test
0,956
0,689
Significatività
Non significativo
Non significativo
Media anno t-1
Media anno t+1
Differenza tra medie
T test
Significatività
Media imprese fraudolente
47,938
48,156
-0,218
0,692
Non significativo
Media imprese di controllo
48,712
48,353
0,359
0,357
Non significativo
Differenza tra medie
-0,774
-0,197
T test
0,085
0,689
Significatività
Non significativo
Non significativo
Sempre tenendo conto di una sola coda del test infatti vediamo che: •
Il valore della variabile “Certainty” nell'anno t-1 come ci si attendeva è più alto nelle imprese di controllo rispetto alle imprese fraudolente (p=0,043) indicando che quest'ultime dopo la scoperta della frode usano un linguaggio che cerca di offuscare il comportamento dei manager e li distanziano dalle azioni compiute.
•
Contrariamente a quanto ci si attendeva, il valore della variabile per le imprese fraudolente aumenta in x+1 rispetto a x-1 (p=0,049) indicando che prima della frode i manager tentano di offuscare la loro performance che probabilmente sta peggiorando.
•
Dall'analisi empirica risulta inoltre che le imprese di controllo aumentano la certezza del loro linguaggio nell'anno x + 1 rispetto all'anno x (p=0,045). Si potrebbe quindi supporre che esse usino una strategia di impression management per evidenziare il loro comportamento.
Le altri ipotesi non risultano invece supportate dai test e questo, come nel caso delle variabili “Optimism”, sta ad indicare che o le imprese fraudolente non utilizzano le strategie di impression management oppure i manager di questi imprese consci del fatto che un linguaggio meno certo potrebbe portare gli stakeholders a credere che ci sia impression management si adoperano affinché il loro linguaggio appaia uguale a quello delle imprese non fraudolente.
65
66
Conclusioni Il numero delle frodi contabili cresce sempre di più con il passare degli anni. Un sondaggio del 2012 riportato dalla CNN afferma che il 5% dei senior manager intervistati sarebbe disposto a commettere una frode contro il 3% del sondaggio precedente. Inoltre l'impresa di consulenza Deloitte riporta, da un sondaggio del 2012, che più della metà degli intervistati crede che ci siano state più frodi non scoperte nel 2012 e nel 2011 rispetto ai tre anni precedenti messi assieme. Sempre secondo questo sondaggio la probabilità di scoperta è diminuita perchè gli schemi fraudolenti sono sempre più complessi e sempre più riguardanti le aziende di servizi finanziari. Secondo Rezaee (2005), cinque sono le caratteristiche che accomunano le frodi: chi le commette, le voci contabili coinvolte, gli incentivi che portano alla frode, le caratteristiche del sistema di monitoraggio dei manager e le conseguenze del comportamento fraudolento. Da questo sondaggio si può notare che tra tutti i tipi di frodi possibili il 38% degli intervistati afferma che quelle legate ai ricavi di vendita stanno aumentando sempre di più. Vista la recente crisi poi sono aumentati gli incentivi e le pressioni per i manager e questo aumenta la probabilità che essi attuino una frode contabile. Sono sempre di più infatti le imprese in cattive condizioni finanziarie (Debt Hypothesis). Inoltre non essendoci un unico tipo di frode o un particolare segnale che le identifichi, anche se ci sono molte Red Flags e molti modelli, checklists e questionari che le incorporano, è difficile per gli investitori e per i revisori individuarle. La SEC inoltre ha un budget limitato quindi segue solo i casi più eclatanti. Quindi i manager sono sempre più incentivati a commettere le frodi e cercano sempre nuovi modi per nasconderle agli occhi degli stakeholders visto che la loro scoperta comporta delle gravi conseguenze sia per l'impresa, prima tra tutte la caduta del valore delle azioni, sia per i manager stessi che possono perdere il lavoro o venire per esempio incarcerati. L'impression management è l'insieme delle tecniche che i manager usano per nascondere le cattive notizie ed enfatizzare quelle buone. Sette sono le strategie usate: 1) la manipolazione del testo in modo da influire sulla facilità di lettura e di comprensione del lettore, 2) la manipolazione retorica, 3) la manipolazione tematica, 4) la manipolazione visiva e della struttura delle frasi, 5) la scelta di determinati benchmarks, 6) la scelta dei valori contabili da
67
presentare, 7) la strategia di attribuzione dei risultati aziendali. Queste strategie possono anche essere usate nei casi di frode per tentare di nasconderla e nel momento della scoperta per tentare di distanziare chi scrive dal fatto compiuto e per ristabilire la reputazione e la legittimità perdute con lo scandalo. Le misure di impression management aiutano a capire se un report è stato manipolato. Misure come il Reading Easy score o il LIG score o il Fog score aiutano per esempio a capire se un testo è difficile da leggere o da comprendere. Misure come il Transitivity Index aiutano invece a capire se i manager usano i verbi passivi per distanziare chi scrive dall'azione compiuta e attribuire la performance a fattori esterni. Un software informatico che analizza i report per testare la presenza di impression management è invece Diction. Il programma si basa sull'analisi di cinque variabili diverse, due in particolari risultano importanti perchè richiamano tre delle sette strategie di impression management descritte e vengono usate anche nello studio di Cho et al. 2010: 1) Ottimismo, cioè quanto un testo contiene parole ottimistiche e buone notizie e attribuzioni della buona performance a fattori interni all'azienda e 2) Certezza, cioè quanto il linguaggio usato è certo, risoluto, inflessibile e non opinabile e quanto la performance viene attribuita a fattori esterni all'impresa. Le strategie richiamate sono quindi quella della manipolazione tematica, della manipolazione retorica e la strategia di attribuzione. L'analisi empirica, svolta su 244 imprese (88 imprese fraudolente e 156 imprese di controllo) per testare la presenza di impression management nei report delle imprese durante gli anni di commissione della frode e durante gli anni della sua scoperta, sembra confermare l'utilizzo di queste strategie da parte delle imprese fraudolente. Infatti i risultati ottenuti per la variabile “Certanity” dimostrano che esiste una significativa differenza del valore di questa variabile tra le imprese fraudolente e quelle di controllo nell'anno t-1. Questo indica che nell'anno successivo alla scoperta della frode le imprese fraudolente usano un linguaggio meno certo, più persuasivo e più retorico per distogliere l'attenzione del lettore dal comportamento fraudolento e distanziare chi scrive dalle azioni compiute. Inoltre i risultati ottenuti indicano che nell'anno precedente alla frode le imprese fraudolente rispetto all'anno x+1 usano un linguaggio meno certo cercando di offuscare la performance che probabilmente sta peggiorando. La mancanza di altri risultati significativi potrebbe stare ad indicare che i manager delle imprese fraudolente, consci del fatto che usando un linguaggio meno certo oppure
68
enfatizzando la performance indurrebbero gli stakeholder a pensare che ci sia impression management si adoperano perchè il linguaggio dei loro report sia uguale a quello delle imprese non fraudolente. Dall'analisi empirica risulta inoltre che anche le imprese di controllo usufruiscono delle strategie di impression management, infatti il valore medio nell'anno t+1 della variabile Ottimismo è significativamente più alto nelle imprese di controllo rispetto a quello delle imprese fraudolente. Questo suggerisce che le imprese di controllo potrebbero usare una strategia di impression management per enfatizzare le buone notizie oppure che le imprese fraudolente non cercano di ingannare gli investitori e quindi includono poche parole ottimistiche e pochi temi positivi. L'uso delle strategie di impression management nelle imprese di controllo è supportato anche dal fatto che il valore della variabile Certainty è significativamente più alto in x+1 rispetto all'anno x e questo indica che esse in x+1 enfatizzano la loro performance con queste tecniche. Comunque l'individuazione delle imprese fraudolente è stata limitata ai casi esaminati dalla SEC quindi l'analisi fatta tiene in considerazione solo queste imprese e questo può essere uno dei limiti dello studio.
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Ringraziamenti Vorrei ringraziare: La ch.ma Professoressa Michelon Giovanna che mi ha seguito durante la preparazione e stesura di questa tesi. I miei genitori, mia sorella, la mia zia preferita e il mio zio quasi preferito che mi hanno sostenuto e incoraggiato durante questi cinque anni. Tutti i miei amici, le mie coinquiline, i miei compagni di squadra e i miei compagni di corso che ho stressato in questi anni e con cui mi sono divertita un sacco. Grazie a tutti!
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