UNITÀ DIDATTICA 6 GALILEO GALILEI 6.1 - La vita Galileo Galilei nacque a Pisa nel 1564, da una famiglia della media borghesia. Studiò a Firenze, poi si iscrisse nella Facoltà di Medicina di Pisa, ma senza coltivare interesse per questi studi, che presto abbandonò, per
Cultura matematica
tornare a Firenze e dedicarsi alla matematica. Elaborò teoremi di fisica, geometria e meccanica. Per la sua cultura matematica gli fu affidata la cattedra di Matematica all’Università di Pisa. Con la costruzione del cannocchiale, compì importanti scoperte astronomiche, iniziando però a inimicarsi gli aristotelici e i teologi, soste-
Contrarietà di teologi e aristotelici
nendo l’autonomia della scienza dalla teologia e dalla metafisica. Pubblicò Il saggiatore, dove attaccava le tesi gesuitiche sulla natura delle comete, che egli riteneva, erroneamente, essere degli effetti ottici invece che corpi celesti. Nel 1616 ricevette un’ammonizione dal cardinal Bellarmino, per le sue idee copernicane, ma continuò a sostenerle, pubblicando il Dialo-
L’ammonizione del 1616
go sopra i massimi sistemi. Il papa Urbano VIII sentì di essere stato preso in giro nella figura di Simplicio, uno degli interlocutori del Dialogo, rappresentante di una cultura pedante e dogmatica. Quindi lo fece convocare a Roma nel 1633, per difendersi dall’accusa di eresia. Galileo inizialmente si difese, ma venne condannato, infine
Il processo del 1633
abiurò, rinnegando le sue tesi. Il carcere a vita venne così tramutato in confino presso la residenza
Ultimi anni
dell’arcivescovo di Siena, suo amico. Qui scrisse un trattato importante dal punto di vista scientifico: Discorsi e dimostrazioni matematiche, intorno a due nuove scienze attinenti alla matematica ed i movimenti locali, pubblicato in Olanda nel 1638. Poi si trasferì presso
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la villa di Arcetri, ormai vecchio e cieco, assistito dalla figlia Maria Celeste. Morì nel 1642.
6.2 - Il pensiero Innanzitutto, Galileo difese l’autonomia della scienza dai teologi e
Contro i teologi
dagli aristotelici. I teologi sostenevano che la Bibbia fosse vera e sacra in tutto quel che diceva, anche riguardo le leggi di natura: era dunque un testo etico, ma anche scientifico, con teorie cosmologiche veritiere. Doveva quindi essere compreso “alla lettera”, non soltanto come metafora. Galileo invece, pur accettando la Bibbia come depositaria di verità di fede, non la considerava anche come testo scientifico: le leggi di natura sono infatti studiate dalle scienze, con metodo sperimentale, mentre i libri sacri e le religioni non possiedono gli strumenti per indagarli, ma sono più appropriate per un altro genere di indagini, quelle inerenti la morale e la fede. Galileo ribadisce dunque la distinzione tra i due ambiti, religioso e scientifico: nessuno dei due è superiore all’altro, sono due settori di pari dignità, tuttavia ciascuno di essi ha un suo specifico compito e non deve interferire con l’altro. Galileo rivendica dunque alla scienza la sua autonomia, il suo non essere ancilla theologiae, ma disciplina indipendente, che deve procedere liberamente, impiegando il metodo che le è proprio, cioè quello sperimentale. Gli altri oppositori sono gli aristotelici, cioè gli studiosi e i seguaci del filosofo greco, assurto quasi a divinità, in quanto tutto ciò che aveva scritto, veniva considerato come un diktat, cioè una prescrizione che non ammetteva repliche, una sorta di verità assoluta. Galileo apprezza Aristotele, perché era un filosofo amante della ricerca e della verità, tuttavia riconosce i limiti delle sue opere e del suo pensiero, soprattutto in materia scientifica e cosmologica, poiché al suo tempo il filosofo non disponeva di strumenti tecnici moderni e
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Contro gli aristotelici
adeguati. Dopo di lui, la scienza è progredita, disconfermando alcune sue intuizioni: ciò non vuol dire invalidare lo sforzo di Aristotele, che rimane ammirevole, ma aggiornarne i risultati. Invece gli aristotelici si ostinavano a difendere le teorie del filosofo, per il solo fatto che le aveva dette lui, che era un maestro insuperabile: ragionavano dunque secondo il principium auctoritatis, cioè attribuen-
Il principium auctoritatis
do verità ad un’affermazione non perché ci siano dati oggettivi a suffragarla, ma perché l’aveva pronunciata una figura autorevole. Il principium auctoritatis è un ostacolo al libero pensiero, perché vincola al parere di un’altra persona, per il solo fatto che viene considerata illustre, inibendo il senso critico e la riflessione, che invece sono motori della scienza e del progresso. Ad esempio Aristotele aveva localizzato il cervello nel cuore, mentre una più accurata ispezione anatomica, condotta grazie agli strumenti più moderni, aveva dimostrato che il cervello era contenuto nella scatola cranica. Il fanatismo degli aristotelici impediva di accettare questo fatto, nonostante si trattasse, appunto, di un dato scientifico comprovato, non di una mera supposizione. Galileo delinea il “metodo sperimentale”, quello tutt’oggi applicato
Il metodo sperimentale
nella ricerca scientifica. Sostiene che la conoscenza può considerarsi scientifica, dunque certa, oggettiva, affidabile, soltanto se ottenuta con un procedimento scientifico, che si articola in osservazione-ipotesiverifica. Non si può dunque dar credito ad un’affermazione, se non si forniscono dati scientifici a supporto. È necessario che a qualunque ipotesi segua un esperimento che possa confermarla o disconfermarla. Finché non risulta confermata, dimostrata, validata, non la si può assumere come vera soltanto “per fede”, perché l’ha pronunciata una figura autorevole o perché si tratta di un’ipotesi suggestiva e attraente. Il procedimento scientifico integra le «sensate esperienze» e le «certe dimostrazioni»: le sensate esperienze sono le esperienze compiute con
Sensate esperienze e certe dimostrazioni
i sensi, in particolare la vista. L’osservazione di un fenomeno è infatti
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la prima fase dell’esperimento scientifico: consiste nell’annotare quando, dove e come si presenta un fenomeno, accumulando dati sulle sue caratteristiche.
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Ad esempio, uno scienziato può osservare che tutti gli oggetti cadono. Dopo aver notato che il fenomeno si presenta con frequenza, inizia ad ipotizzare una spiegazione, cioè ad elaborare un’ipotesi scientifica, una teoria che si adatti al fenomeno osservato e sia in grado di chiarirne i principi, di individuare le leggi che lo regolano. Occorre quindi tradurre il fenomeno osservato, constatato, esperito, in linguaggio “matematico”, cioè formalizzarlo. La formulazione dell’ipotesi è la seconda fase del metodo. L’ipotesi non è considerata accettabile finché non viene dimostrata. La dimostrazione avviene mediante un esperimento, compiuto generalmente in laboratorio. L’esperimento può essere realizzato in vari modi. Ad esempio, si può riprodurre in fenomeno, variando alcune caratteristiche, per confrontare in quali condizioni si presenta: ad esempio, aspirando l’aria da un contenitore, creandovi il vuoto, si può provare a far cadere un corpo e vedere se cade anche in assenza di attrito. In questo modo l’ipotesi, ad esempio l’attribuzione della caduta ad una forza di gravità per cui tutti i corpi sono attratti verso il centro della terra, viene sottoposta a verifica, per essere confermata o disconfermata. Occorre dunque un lungo procedimento prima di accettare e respingere un’affermazione. Non si tratta di un’opinione soggettiva, ma di trovare dati oggettivi a supporto. Inoltre, il linguaggio in cui devono essere espresse le leggi scientifiche è quello matematico: i fenomeni studiati devono essere misurabili, formalizzabili, quantificabili mediante numeri e formule matematiche. Anche per questo non si può accettare la Bibbia come libro scientifico: il suo linguaggio è vago, contiene termini non misurabili rigorosamente, come ad esempio “bene”, “giusto”, “beatitudine”, che non possono essere quantificati. Appartengono all’ambito etico, che infatti non è oggettivabile e matematizzabile.
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L’universo è scritto in linguaggio matematico
Anche Aristotele utilizza termini impropri, ad esempio parla di “virtù” del calore, ma “virtù” è un termine morale, non scientifico. La natura non è più concepita come antropomorfa e non vengono più studiate la “causa finale”, cioè la finalità dell’universo, né il concetto di essenza. La scienza viene ripulita da tutte le scorie metafisiche. Il momento osservativo del metodo sperimentale viene anche definito “induttivo”, in quanto parte dal fenomeno constatato per giungere a
Induzione e deduzione
una legge generale; il momento opposto, che parte da una legge generale e la applica ad un fenomeno particolare, viene definito “deduttivo”. La scienza si serve di entrambe i momenti. Un ambito in cui si verifica un contrasto tra Galileo e la Chiesa è la cosmologia: predominava infatti il paradigma aristotelico-tolemaico, cioè la concezione geocentrica dell’universo, che poneva la terra al
Da un sistema geocentrico a un sistema geocentrico
centro, mentre i pianeti, insieme al sole, ruotavano intorno ad essa. Ciò rifletteva anche una visione dell’uomo come creatura perfetta di Dio, che quindi era stata collocata al centro dell’universo. Invece, attraverso il cannocchiale e altri strumenti e osservazioni scientifiche, si giunge a delineare il paradigma opposto, quello copernicano, eliocentrico, in quanto pone il sole, immobile, al centro dell’universo e attorno ad esso ruotano tutti i pianeti. La Terra viene a perdere la sua centralità e a molti teologi ciò appare come un affronto all’opera divina. Galileo non ha inventato il cannocchiale, che già esisteva e veniva
Il cannocchiale
usato in ambito militare, per ingrandire particolari lontani e spiare le mosse dei nemici. Egli tuttavia lo utilizza in ambito scientifico, lo punta al cielo per raccogliere dati che confermino l’ipotesi eliocentrica. Riesce anche a compiere alcune scoperte: la superficie della luna, non liscia ma scabra; alcuni satelliti di giove, poi chiamati “stelle medicee” in omaggio alla famiglia dei Medici di Firenze; scopre che il sole non può essere eterno, in quanto frutto della combustione di gas destinati ad esaurirsi.
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Il cannocchiale veniva invece osteggiato dalla Chiesa, considerato strumento diabolico in quanto si sostituiva agli occhi donati all’uomo da Dio, quasi a considerarli imperfetti e insufficienti.
6.3 - Le opere Le opere più celebri e mature di Galileo sono Il Saggiatore e il
Il Saggiatore
Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo. Il Saggiatore prede il titolo da una bilancia di precisione con cui si pesavano i metalli preziosi. Galileo intitola così quest’opera perché vuole “soppesare” le tesi esposte dal gesuita Orazio Grassi nella Libra astronomica e philosophica (“Bilancia astronomica e filosofica”) sulla natura delle comete: infatti, nel 1618, compaiono tre comete nella costellazione dello Scorpione. Qualche anno dopo, nel 1623, padre Grassi conferma, nella sua opera, la teoria dell’astronomo danese Tycho Brahe (1546-1654), secondo cui le comete sono corpi celesti. Galileo risponde, nello stesso anno, sostenendo che si tratta invece di illusioni ottiche, al pari dell’arcobaleno. Benché egli sostenga una tesi scorretta, appare più convincente, ma soprattutto, la sua opera è un connubio tra intento polemico e trattazione scientifica e riporta la sua concezione laica dell’universo, come un «libro scritto in linguaggio matematico», dominato da leggi rigorose. È importante come opera filosofica più che scientifica, poiché ribadisce l’opposizione al pensiero dogmatico, libresco, sottolineando con vigore la necessità di studiare scientificamente i fenomeni. Il Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo è un’opera dialogica, che riporta le discussioni di tre interlocutori: Filippo Salviati, portavoce dell’autore; Giovan Francesco Sagredo, che ospita gli altri due dialoganti nel suo palazzo a Venezia; Simplicio, dal nome di un commentatore di Aristotele. Salviati e Sagredo sono stati discepoli di Galileo, mentre Simplicio impersona il classico studioso pedante, di tradizione aristotelica.
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Il Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo Gli interlocutori
Il dialogo si svolge in quattro giornate e consiste in un confronto tra il sistema eliocentrico e geocentrico, oltre a riportare altre teorie scien-
La scelta del dialogo
tifiche come quella, errata, sulle maree. Anche in questo caso, l’opera ha uno spessore filosofico e linguistico, più che scientifico. Infatti, il dialogo è simbolo di un sapere che scaturisce dal confronto, non da dogmi assimiliati acriticamente. Esalta la ricerca del sapere, lo sforzo congiunto di approdare a verità condivisibili e documentate scientificamente, perché ottenute con metodo sperimentale, dunque senza accontentarsi di supposizioni e intuizioni, ma sottoponendo rigorosamente tutte le ipotesi a verifica. Inoltre, il Dialogo è scritto in volgare italiano: anche questa è una scelta innovativa e provocatoria, che sottintende una volontà peda-
La scelta del volgare
gogica e divulgativa. Galileo in quest’opera respinge il latino, la lingua ufficiale della scienza fino a quel momento, perché vuole rendere il sapere trasmissibile e comprensibile a tutti. Il periodare è chiaro e semplice, lontano dalla complessità latina e privo di artifici e retorica, poiché lo scopo non è stupire, persuadere, imporre, ma informare in modo diretto e concreto. Il dialogo, infatti, ricalca la vivacità del parlato, differenziandosi dalla trattazione scientifica, più astratta e rigorosa. Sottolinea la volontà di calare la scienza nella vita, di metterla a disposizione di tutti, spogliandola da ogni tratto metafisico o teologico. Galileo scrive anche numerose lettere, sia di carattere scientifico che privato, che consentono di avere informazioni sia sulle teorie scientifiche sostenute, sia sulla vicenda biografica. Tra le lettere, sono im-
Le lettere copernicane
portanti le quattro “copernicane”, che affrontano il tema del rapporto tra scienza e Sacre Scritture, auspicando una conciliazione tra esse.
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6.4 - Il processo Le prime reazioni al copernicanesimo di Galileo provengono dal clero: mentre i gesuiti sono più prudenti, i domenicani lo attaccano apertamente. Tra questi, Niccolò Lorini, prima accusa di eresia i copernicani, poi cita Galileo al Sant’Uffizio, che nel 1616 dichiara «assurda e
Accuse del domenicano Lorini
falsa in filosofia e formalmente eretica la tesi eliocentrica; assurda e falsa in filosofia e perlomeno erronea nella fede la mobilità della Terra». Nello stesso anno, pone all’Indice le opere di Copernico e dei copernicani, ma non ancora di Galileo, poiché le sue lettere copenicane sono ritenute un affare privato. Sempre nel 1616, tuttavia, Galileo riceve l’ammonizione, cioè un richiamo tra il privato e l’ufficiale, formulato dal cardinal Bellarmino,
Ammonizione del 1616 e “giallo storico”
su ordine del papa Paolo VI. Il verbale della seduta costituisce un “giallo storico”, perché non reca la firma né del cardinale, né del notaio, né di Galileo e alcuni studiosi suppongono si sia trattato di un falso, fabbricato successivamente, nel 1633, per avere prove e processare Galileo. Quando infatti verrà interrogato dai giudici e accusato di non aver rispettato il precetto del 1616, egli dichiara di non ricordare di aver ricevuto alcun precetto. Tuttavia, in quell’anno sicuramente vi è stato un incontro con il
Certificato di Bellarmino
cardinale, a cui Galileo ha chiesto un “certificato”, per combattere le calunnie che si stavano diffondendo sul suo conto, secondo cui egli avrebbe abiurato alle sue tesi e subìto penitenze. Galileo intende anzi ribadire non aver ricusato alcunché, di non essere stato mai condannato, benché sia stato avvertito di non continuare nella difesa del copernicanesimo. Dunque, Galileo è stato messo in guardia nel 1616, affinché non si ostinasse ulteriormente a difendere le sue idee. Nel 1632, pubblica il Dialogo: il nuovo papa, Urbano VIII, si rico- Processo del 1633 nosce nella figura di Simplicio e ordina al Sant’Uffizio di sospendere la pubblicazione dell’opera e di convocare Galileo a Roma, con l’accusa di aver «trasgredito il precetto del 1616». Galileo si difende dicendo di non ricordare alcun precetto ricevuto in
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presenza di testimoni, si appella al certificato di Bellarmino dove viene invitato a non difendere pubblicamente il copernicanesimo, ma non gli viene impedito di insegnarlo. Con un’ingenua bugia, dice che anzi che nell’opera incriminata, Il Dialogo, egli non difende, ma anzi riporta alcune idee copernicane per dimostrarne l’infondatezza. I giudici indicano invece i passi del testo in cui è evidente la difesa della dottrina, condannano dunque Galileo
Condanna per eresia
per eresia. Tuttavia, nello stesso giorno, in ginocchio davanti ai cardinali, Galileo
L’abiura
decide di “abiurare”, cioè rinnegare le tesi sostenute, impegnandosi a non asserirle più. Ci sono stati dibattiti sulla scelta finale di Galileo di abiurare: secondo la maggioranza degli studiosi, non si tratta di un pentimento sincero, ma di facciata, per avere salva la vita, non avendo più le forze per gesti di eroismo, essendo ormai vecchio e malato.
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Test 1. Quali sono i principali avvenimenti della vita di Galilei? 2. In quali campi si è contraddistinto? 3. Chi sono iprincipali oppositori di Galileo? 4. Cos’è il principium auctoritatis? 5. Glielo rifiuta la Bibbia? 6. In cosa consiste il metodo sperimentale? 7. Cosa sono le “sensate esperienze e certe dimostrazioni”? 8. Che linguaggio deve avere a scienza? 9. Perché fu importante il cannocchiale? 10. Cos’è il Saggiatore e perché si intitola così? 11. Chi sono gli interlocutori del Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo? 12. Quali sono i due elementi innovativi del Dialogo? 13. Cos’è l’ammonizione del 1616 e perché costituisce un “giallo storico”? 14. Perché Galileo chiese un certificato a Bellarmino? 15. Quando venne celebrato il processo e come si concluse? 16. Scrivi un saggio breve o un articolo di giornale su uno degli argomenti elencati di seguito, basandoti sulle teorie e sulle idee di Galileo e integrando con teorie di autori che conosci: a) scienza e fede; b) scienza ed etica; c) pensiero critico e pensiero dogmatico; d) il processo a Galileo
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