Scrivere un racconto ”fantasy” I racconti che seguono sono stati realizzati dagli alunni della classe I D della scuola secondaria di primo grado di San Pietro in Cariano al termine dell’unità didattica dedicata al fantasy svolta nel secondo quadrimestre di quest’anno scolastico. «Fantasy è un termine, mutuato dalla lingua inglese, con il quale si indica un genere letterario, nato nell'ottocento, i cui elementi dominanti sono il mito e la fiaba. Al contrario della narrativa fantastica tout court, che affronta l'intrusione vera o supposta dell'elemento fantastico nella nostra realtà, il fantasy descrive mondi o dimensioni immaginarie completamente avulse dal nostro mondo. Quale genere, il fantasy viene di volta in volta associato o contrapposto sia alla fantascienza che all'horror. Tutti e tre i generi contengono elementi fantastici, con ampi scostamenti dalla realtà (o considerazioni estreme sulla natura della realtà, presente o passata). Vari scrittori e critici anglosassoni preferiscono usare il termine cumulativo di speculative fiction (narrativa speculativa) a causa della sempre più frequente contaminazione tra i generi.» ( tratto da Wikipedia, l’enciclopedia libera )
Anna Chiara Fasoli Arturo C'era una volta un ragazzo di nome Arturo, viveva con i nonni ed era una persona un po' solitaria non avendo amici. Arturo era di corporatura massiccia e alto di statura, tanto buono di cuore, ma molto maldestro nei movimenti e per questo veniva preso in giro da tutti. Un giorno Arturo accompagnò il nonno a prendere la legna. Proprio quel giorno era stato preso in giro dalla ragazza che gli piaceva, era triste, e camminava con la testa bassa. Pum!!! Una testata contro un albero gli fece capire che aveva preso una strada diversa da quella del nonno. Allora, disperato, camminò fino ad stancarsi e a sedersi vicino ad un albero. Arturo, ripensando a tutte le sue figuracce, si stava rattristando sempre più. Le fatine del bosco, che lo stavano osservando da molto tempo, decisero di intervenire. Gli dissero che per essere bello e coraggioso come voleva, doveva seguirle nel loro rifugio. Una volta arrivati, Arturo, sentendo la proposta delle fate, accettò senza esitare. Una delle due fate entrò nel laboratorio e uscì con una pozione. Il ragazzo la prese e bevve avidamente il contenuto della boccetta. Dopo alcuni secondi Arturo si sentì già più coraggioso e sicuro di sé. Felice del risultato, chiese come poteva sdebitarsi con loro. Le fatine gli spiegarono allora che la loro regina era stata imprigionata nel castello dello stregone Sauron. Arturo, felice di poter ricambiare il favore, partì immediatamente alla volta del castello. Durante il suo cammino riuscì a superare vari ostacoli. All'inizio trovò una pozza infestata da terribili coccodrilli che sguazzavano nell'acqua insieme a resti di scheletri; subito dopo si ritrovò in uno stretto e insidioso corridoio di roccia con coltelli che spuntavano all'improvviso dalle pareti. Ad un certo punto si trovò davanti a Sauron e tra i due iniziò un feroce combattimento. Sauron impugnò la sua bacchetta magica per annientare Arturo, ma lui con uno scatto felino gli strappò l'arma e puntandogliela contro gli restituì l'incantesimo. Arturo e la regina tornarono verso il bosco insieme alle fatine che li seguivano festeggiando. Da quel momento Arturo non si sentì più maldestro e inutile e si trovò dei veri amici con cui stare.
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Riccardo Zorzoni Estebandia Judy aprì un libro che parlava del mondo di Estebandia e dette una sbirciatina. Rimase sorpresa dall'introduzione del libro: “Estebandia di giorno è dritta e di notte è rovescia, ci sono sempre le nuvole e sono calpestabili”. Judy non capì cosa significassero quelle parole e quindi andò da due suoi amici per delle spiegazioni. Il primo commento di Stanley e River fu uguale: “Continuiamo a leggere il libro!” Judy, allora, si avviò con loro verso casa e andò a prendere il libro in soffitta. Intanto Stanley e River si erano messi, in bagno, davanti allo specchio a descriversi l'un l'altro. Stanley diceva: “Sì, River è un tipo strano, sempre col cappello in testa, infatti, nessuno sa se River ha i capelli o no. Occhi grandi che sembra ti stiano guardando in ogni momento. Una piccola bocca da cui escono solo parole sagge. Dodici anni. Robusto con le spalle larghe”. River si complimentò con Stanley per l'ottima descrizione e aggiunse: “Tocca a me adesso”. E iniziò la descrizione: “Anche Stanley è un tipo strano; continua a dire poesie! Stanley ha dei piccoli occhi a mandorla, che sembrano due puntini, capelli lunghi alle spalle, bocca larga, magro, alto al massimo un metro e trenta, undici anni e, tendo a sottolineare, bravo nelle descrizioni. Judy, che al di fuori del bagno con il libro in mano li ascoltava, non riuscì a trattenere queste parole: “Sentite questa descrizione!” e iniziò a parlare: “Vi sto parlando di me, Judy Nelson, una tipa sveglia e intelligente sempre pronta a tutto, occhi marroni con ciglia sporgenti, labbra rosse e grosse, naso perfetto, capelli rossi mossi, bellissima, robusta al punto giusto, alta al punto giusto e dodici anni di saggezza”. Per tutta la descrizione, River e Stanley risero e alla fine, Stanley si mise a recitare una poesia su Judy: “La tua descrizione è sbagliata, pensi di essere la migliore arrivata; è vero, sei bella e grintosa, ma sei anche un po' troppo vanitosa.” River e Stanley si dettero il cinque. Judy, dopo una smorfia di compatimento, li invitò a riprendere a leggere il libro. Rimasero però stupefatti perché tutte le pagine del libro erano bianche tranne l'ultima. Su questa era scritto uno strano e inquietante messaggio: “La terra è minacciata da un meteorite, controllato da uno spaventapasseri in Estebandia; l'unico modo di far cambiare la traiettoria del meteorite è che lo spaventapasseri dia tre morsi ad una mela, ma la sua bocca si muove solo con la forza di gravità. Il meteorite arriverà sulla Terra il 5 luglio 1939 a mezzogiorno. Estebandia è dieci metri sottoterra, nella cittadina di Arlington (sobborgo di Washington)”. Stanley esclamò subito: “Ora capisco il motivo di quegli eventi accaduti sulla Terra. Oh, no! Oggi è il primo luglio 1939, dobbiamo muoverci!” e Judy aggiunse: “Ottima osservazione, Stanley, allora adesso ognuno andrà a casa propria e si preparerà per il viaggio, io prenderò la mela”. Dopo qualche minuto i tre ragazzi partirono per Arlington che distava da lì meno di un miglio. Arrivati nei pressi, iniziarono a scavare con i badili di Stanley. Dopo parecchie ore, trovarono una botola che si apriva su una enorme cavità sotterranea. Si ritrovarono su una spiaggia con alle spalle una foresta. Si avviarono per il bosco, ma non trovarono niente. Alla sera, dopo mezzanotte, Estebandia si girò e loro si trovarono morbidamente distesi sulle nuvole e quella notte dormirono lì. A svegliarli fu l'impatto a terra di mezzogiorno perché la terra si era rigirata. I tre ragazzi ripresero il viaggio. Alle undici di sera erano davanti allo spaventapasseri, stanchi, perché durante il giorno avevano combattuto contro un Troll, un ragno gigante che voleva mangiarli e contro un pipistrello che voleva il loro sangue. Judy fece per prendere la mela dallo zaino, ma non la trovò, perché il pipistrello, di soppiatto, l'aveva presa. Riuscirono a riprendersela solo dopo cinquanta minuti. Con la mela andarono dallo spaventapasseri, ma aveva la bocca chiusa. Quando mancava un minuto a mezzanotte, Judy ricordò le cose lette e, a mezzanotte precisa, il mondo si girò, lo spaventapasseri
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aprì la bocca e Judy, prima di precipitare sulle nuvole, gli mise la mela in bocca. Alla mattina, quando i tre ragazzi si svegliarono, lo spaventapasseri aveva dato un morso alla mela chiudendo la bocca per la gravità. Stanley intanto ricordò ai compagni che era il tre luglio. Fecero la stessa cosa anche il giorno dopo e Stanley, di nuovo ricordò ai compagni che era il quattro luglio. E Judy gridò: “Lo spaventapasseri ha dato due morsi alla mela!”. River ragionò e verso le due disse: “Secondo un calcolo veloce, la Terra verrà distrutta perché quando, a mezzogiorno, lo spaventapasseri darà il terzo morso, sarà troppo tardi, il meteorite avrà già raggiunto la Terra”. Allora, dopo una discussione, i tre amici si misero d'accordo per un'altra missione: uno dei tre doveva tornare indietro e convincere i terrestri a costruire una molla immensa che potesse respingere il meteorite. Il prescelto fu River, il quale ripercorse la strada al contrario e tornò sulla Terra. Verso le sette era riuscito a spiegare a tante persone, con il passaparola, cosa stava succedendo e alle sette e mezzo iniziarono i lavori. La molla non era ancora completa alle undici e mezzo, allora furono chiamati i più veloci costruttori della Terra. Fu completata alle undici e cinquantanove e i terrestri riuscirono a posizionarla in un minuto. Il meteorite fu deviato verso altre galassie. “La terra è salva!” urlarono tutti. Ma i festeggiamenti iniziarono solo quando sulla Terra arrivarono Judy, Stanley e lo spaventapasseri. I festeggiamenti andarono avanti per giorni e giorni e Judy, Stanley, River e lo spaventapasseri furono incoronati regnanti del mondo di Estebandia. Da quel giorno in poi nessuno è più andato a Estebandia perché dal 1943 l'ingresso è stato spostato proprio sotto il cortile del Pentagono dove ha sede il dipartimento Statunitense della Difesa.
Francesca Grassi Il pianeta di Arnica Rossa C'era una volta, anzi, esiste ancora oggi, in una galassia lontana, un pianeta di nome Arnica rossa. E' un pianeta in cui trionfa il bene grazie ai suoi abitanti, gli Arnichini, ed alla loro regina RUBINIA CALITOR. Una volta però non era affatto così. Adesso vi spiego la sua storia... Tanto tempo fa su Arnica Rossa regnava il male, sovrano era infatti RUBON CALITOR, un malefico Arnichino che, a causa del suo enorme potere, sottometteva gli abitanti di tutto il pianeta. Un giorno, però, RUBON venne scacciato. Il popolo, stanco di un governante cattivo, egoista e per nulla interessato alle sorti dei suoi sudditi e del pianeta su cui regnava, pose sul trono la sorella RUBINIA che, al contrario del fratello, aveva a cuore il suo pianeta e le sorti del suo popolo. Governava con saggezza e benevolenza e mai anteponeva il suo interesse a quello del regno o dei suoi sudditi. Gli anni passavano e ad Arnica Rossa non succedeva niente... fino a quando un Arnichino curioso, di nome FLIMBO, leggendo un libro scoprì da cosa derivava il nome del suo pianeta. Infatti Arnica Rossa era un rarissimo fiore rosso che viveva da più di mille anni sul pianeta. Aveva delle qualità inimmaginabili: permetteva a chiunque lo possedesse l'eterna giovinezza. Nessuno però l'aveva mai trovato o visto, si diceva infatti che fiorisse in una grotta sulla cima di una montagna di cui non si vedeva la fine. Naturalmente la grotta era nascosta dalla folta vegetazione che ricopriva tutto il pianeta e quindi non era facile trovare quel magico fiore. FLIMBO, nonostante ciò, partì alla sua ricerca. Seguendo la mappa del libro, si avventurò fino a dove nessun Arnichino si era mai inoltrato: nella Foresta del Suono, nella Pianura Montuosa e perfino attraverso il Mare Impossibile, fino a che, spossato, si fermò in un paesino. Qui incontrò uno strano personaggio. Bastava uno sguardo per capire che non era un Arnichino come gli altri. Infatti era un mago, di nome ARBORIUS e gli disse: “La cosa che tu vuoi trovare qualcun' altro di molto cattivo la sta per scovare, quindi se il regno di RUBINIA vuoi salvare e la pace far regnare, lo scopo del tuo viaggio devi cambiare”. Udite queste parole, FLIMBO ebbe un attimo di esitazione, poi però senza indugiare disse: “Non so cosa tu stia blaterando mago, ma sento che ti devo ascoltare”. Si mise in marcia senza sapere cosa doveva fare precisamente. Sentiva comunque che doveva trovare la montagna ed il luogo dove nasceva il fiore e lì battersi con il “cattivo”. Tornò di corsa alla reggia e raccontò tutto alla regina RUBINIA che, capita la gravità della situazione, gli affidò un esercito di
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Arnichini nominandolo Cavaliere Capitano. FLIMBO si rimise in viaggio con l'esercito affidatogli e, superata la Foresta del suono, la Pianura montuosa ed il Mare Impossibile giunse ai piedi del monte. Si inerpicarono per i ripidi sentieri che ne ricoprivano i fianchi e, giunti sulla spianata della grotta, vi trovarono RUBON CALITOR che con il suo esercito stava cercando l'entrata del luogo dove cresceva l'Arnica Rossa. FLIMBO capì in quel momento il senso delle parole del mago e, conosciute anche le intenzioni di RUBON, ingaggiò battaglia. Il duro scontro durò più di cinque giorni, ma alla fine FLIMBO ed il suo esercito ebbero ragione dell'esercito di RUBON che, fatto prigioniero, venne condotto in catene alla reggia di RUBINIA. Prima di lasciare il campo di battaglia, FLIMBO ordinò ai suoi soldati di far crollare la parte superiore della grotta, per chiuderne per sempre l'ingresso affinché nessuno potesse più impossessarsi della magica Arnica Rossa. Volle però dare un primo ed ultimo sguardo al fiore: era bellissimo, aveva un flebile stelo che reggeva una magnifica corolla fatta di petali rossi che se guardata da vicino rivelava delle striature più scure. Queste emanavano un profumo particolare: annusato per più di dieci secondi rendeva immortali. FLIMBO non si lasciò tentare e, ammirato il fiore per l'ultima volta, fece cenno ai suoi soldati di procedere. La pace tornò a regnare sul pianeta dove, ancora oggi, RUBINIA governa con giustizia e FLIMBO, a capo dell'esercito, vigila sulla sua sicurezza.
Emanuele Paoletti I fantastici otto C'erano una volta otto moschettieri che si erano costruiti una nave munita di cannoni e carica di viveri. Tutti gli otto moschettieri avevano un potere magico. Il primo moschettiere si chiamava Roberto e aveva il potere di potersi allungare quanto voleva. Il secondo, Leonardo, poteva col suo sguardo pietrificare gli avversari. Il terzo, Samir, poteva trasformarsi in quello che voleva. Il quarto, Giuseppe, poteva diventare invisibile. Il quinto, Giulio, poteva infuocarsi e non morire. Il sesto, Fabian, poteva distruggere quello che voleva con la sua incredibile forza. Il settimo, Enrico, poteva con la forza del pensiero far apparire, tutto quello che voleva. L'ottavo, Dartagnan, poteva volare. Gli otto moschettieri volevano trovare la pozione per diventare immortali e così andarono dallo stregone che l'aveva creata, ma era così vecchio da non ricordare dove l'aveva messa. I moschettieri dapprima provarono nella grotta delle meraviglie e non trovarono nulla. Nel labirinto della strega Patrizia si persero, ma grazie ai loro poteri uscirono. Un giorno lo stregone ricordò di aver nascosto la pozione sull'isola di Tasmania. I moschettieri andarono per mare, ma la nave fece naufragio; il settimo moschettiere, Enrico, ne fece apparire una nuova e così poterono ripartire. Quando sbarcarono sull'isola, incontrarono dei pericolosi cannibali. Leonardo li pietrificò tutti. Poi incontrarono dei leoni a caccia di prede. In quel luogo era difficile sopravvivere, però ce la fecero tutti. Altri pericoli erano i serpenti e le sabbie mobili. I moschettieri, stremati, arrivarono sulla cima del monte più alto dell'isola. Vi trovarono la pozione. Tutti ne bevvero un po' e diventarono immortali. Mentre tornavano alla nave, si accorsero che l' isola era in realtà il guscio di una tartaruga gigantesca. I moschettieri corsero più in fretta che potevano, arrivarono alla nave e ritornarono in Inghilterra. In Inghilterra si dedicarono ad aiutare i poveri e i bisognosi. Infine tutti insieme fondarono una casa di riposo per moschettieri.
Indra Holtge Il paese Lagoblublu Lagoblublu era un paese che, come dice il nome, aveva un lago blu. Sulle rive sorgevano le piccole
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case e i suoi abitanti, gente molto dolce e buona. A Lagoblublu tutto era blu, persino gli abitanti!! Alcuni erano di un bel blu marino, altri di un azzurro chiaro. C'erano due bambini che avevano degli occhi blu meravigliosi. E non solo quelli: i denti le mani, le gambe... era tutto blu. A Lagoblublu erano tutti uguali, tranne che nell'età. Alla gente blu, ogni volta che doveva andare ai mercati della città, capitava sempre di sentirsi ridere alle spalle. Ai nostri poveretti di Lagoblublu non restava che comprare in fretta... Un mattino Viola, la figlia del gelataio uscì di corsa per andare incontro a GialGial, lo studente più bello e bravo. Viola aveva aiutato tutto il giorno la sua mamma e il suo papà per fare il gelato. Sua madre si chiamava Rosa, era una donna molto robusta e ancora giovane. Suo padre era il miglior gelataio di Lagoblublu e di tutto il territorio e si chiamava Bucc. Inoltre faceva un gelato ai biscotti che era davvero un capolavoro. Nessuno in paese sapeva resistere alla sua bontà. A Lagoblublu quasi tutti avevano nomi di colori: Verdone, Rossana, Bianca, Nerone... La vita andava avanti così. Poi arrivò la guerra. Le persone si trasferivano negli altri paesi per vivere e chi restava si prendeva tutto quello che era rimasto. La famiglia di Viola volle restare a Lagoblublu e così altre famiglie. Ma la famiglia di GialGial andò nel paese di Perona. Dopo dodici anni Viola, che ne aveva ormai diciannove, andò a trovare il suo amico. Lui fu molto felice di rivederla. Non si chiamava più GialGial, ma Angurio perché in quel paese si dovevano chiamare con nomi di frutta o verdura. Sua madre era diventata Zucchina e suo padre Pomodoro. Due anni dopo si sposarono e andarono ad abitare in un altro paese di nome Braggino...
Martina Zulian L'avventura di Jasmine Un giorno normalissimo Jasmine, una ragazza di dodici anni, si alzò e andò a scuola. Incontrò le sue amiche, Chaty e Laura. Chiacchierarono, poi Jasmine fu attratta da una piccola stanza. Questa stanza si trovava vicino all'aula di scienze, adiacente all'entrata della scuola e nessuno l'aveva mai vista. Disse alle sue amiche se avevano mai visto quell'aula e la indicò. Loro guardarono il punto che Jasmine indicava, ma non videro nulla. Si guardarono e dissero a Jasmine che aveva sbattuto la testa. Lei rispose che l'aula invece esisteva, ma loro dissero che non era uno scherzo divertente. Dato che lei insisteva, le amiche la abbandonarono. Decise di entrare da sola e si ritrovò nel “Villaggio dei dolci”. Questo villaggio era spettacolare: aveva le case di cioccolato, i tetti di zucchero filato, le finestre di marzapane, la porta di biscotto con le gocce di cioccolato e il giardino tutt'intorno di erba alla menta piperita e fragola; le strade di marzapane e i fiumi di latte. Le barche erano fatte di biscotti e gli alberi di bastoncini di liquirizia e zucchero filato alla menta. Volle chiedere informazioni ad un'anziana signora, Michelle, che si trovava nei pressi della casa e così scoprì due particolari importanti: il villaggio era governato da un re cattivissimo di nome Zeno, antipatico e cattivo a tal punto che tutti volevano vederlo morto; solo lei aveva il potere di eliminarlo ed esaudire così il desiderio degli abitanti. Jasmine disse a Michelle che poteva e voleva sconfiggerlo e chiese se qualcuno era disposto ad aiutarla. Michelle dunque la condusse dalla sua amica Chloe, una fata che prediceva il futuro, leggeva nella mente e poteva trasmettere i suoi poteri ad un'altra persona a suo piacere. Chloe decise di aiutarla. Michelle accompagnò poi Jasmine al castello chiedendo al re di poterle ricevere. Il re accettò di malavoglia e quando Jasmine fu introdotta da un servitore nel salone del trono, immediatamente usò i suoi poteri. Il re fu annientato e Jasmine diventò la nuova regina. Per dieci lunghi anni il villaggio dei dolci visse felicemente, poi, il 20 maggio dell'anno 1000, Jasmine comunico' ai suoi sudditi che non poteva rimanere lì per sempre, e se ne sarebbe andata. Ogni tanto, però, sarebbe andata a trovarli. Affidò, fino al suo ritorno, il potere a Michelle, l'anziana signora che nel frattempo era diventata la sua più fedele aiutante. Dopo aver salutato tutti, tornò nel suo mondo. Vide le amiche e raccontò loro cosa era successo.
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“Non avete sentito la mia mancanza?” “La tua mancanza? ma se sei stata via solo cinque minuti!!!”.
Enrico Benetti John e il rubino Era mattina quando John venne assordato dall'allarme delle spie e sentì tuonare nelle orecchie la voce del suo superiore che diceva: “John alzati, hai una missione da compiere. Devi partire sul primo volo per la Jamaica, lì ci sarà un agente che ti spiegherà tutto per filo e per segno”. John, ancora assordato dall'urlo, ci mise un po' per rielaborare ciò che aveva detto il suo superiore, ma poi capì e si vestì in fretta e furia. Il suo volo sull'aereo fu piacevole e quando finalmente arrivò in Jamaica incontrò l'agente. “John la tua missione di oggi consiste nel recuperare un rubino”. “Tutto qui?” - rispose John - “No, perché non si tratta di un rubino qualsiasi, ma bensì del rubino più grande del mondo che la CIA vuole ottenere per scopi nucleari. Per questo lo dobbiamo avere altrimenti si scatenerà una guerra nucleare di dimensioni pianetarie”. “Sì, ma dove si trova?” disse in risposta John. “Si trova nel bagno di quel bar qui a fianco. E un'altra cosa John, tieni questa spada, ti sarà utile”. John prese la spada e un po' sorpreso si incamminò verso il bar, vi entrò, si guardò un po' intorno e poi entrò nel bagno. Appena entrato, John venne catapultato in un'altra dimensione. Pronti ad aspettarlo in quel posto trovò un vecchio e un'agente della CIA. Il vecchio disse: “Ben arrivato John, ti stavamo aspettando”. John ancora un po' sbigottito si guardò intorno. Quel posto sembrava un'immensa prateria. Il vecchio riprese: “Bene, per avere il rubino voi due dovrete affrontarvi in tre prove”. “E in che cosa consisterebbero le prove?” chiese l'agente della CIA. Il vecchio riprese: “La prima prova consiste nell'affrontare un coccoleone, cioè l'incrocio tra un coccodrillo e un leone e salirgli in groppa”. Si avvicinò alla gabbia dove era rinchiuso il terribile coccoleone e lo liberò dicendo. “Ha inizio la prima prova”. A John faceva molta paura il coccoleone, non all'agente della CIA. Il coccoleone aveva la testa e il corpo da leone e la coda e le zampe da coccodrillo. L'agente si avviò sicuro di sé verso il coccoleone, ma questi lo colpì con un'unghiata così forte che rimase svenuto a terra. Anche John si lanciò all'attacco, ma il coccoleone con un'altra unghiata lo ferì al braccio. Allora John estrasse la spada e a sorpresa la lanciò via. Il leone si distrasse un attimo, quanto bastò a John per agguantarlo e salirgli in groppa. Il vecchio decretò conclusa la prova e proclamò John vincitore. Diede ai due un po' di tempo per riposarsi poi disse. “La seconda prova consiste nell'entrare e nuotare in un lago infestato da piranha. Il primo che taglierà il traguardo dall'altra parte del lago vincerà la prova”. I due contendenti al rubino si tuffarono nelle gelide acque del lago. Fino alla metà percorso per i due non ci furono problemi, ma dopo un po' un esercito di piranha assalì John, non l'agente della CIA. L'agente arrivò in un battibaleno, mentre John arrivò al traguardo mezz'ora dopo. Il vecchio disse: “La prova si è conclusa e il vincitore è l'agente della CIA” . Anche in questo caso il vecchio diede ai due un po' di tempo per riposarsi, In quel lasso di tempo John scoprì che l'agente per tenere lontani i piranha aveva usato una pozione. John decise di non lamentarsi e di stare zitto . Il vecchio disse: “Ora siete in parità, per cui chi vincerà l'ultima prova diventerà il possessore del rubino. Diamo inizio alla terza prova”. Il vecchio li condusse davanti ad una caverna dicendo loro: “Aspettate qui il vostro avversario che si trova lì dentro”. I due corsero dentro la caverna per scovarlo, ma fu lui a trovare loro: un gigantesco drago che sputava fiamme dalla bocca. L' agente della CIA gli si avventò contro, ma il drago, con un colpo di coda, lo scaraventò a due metri di distanza. Subentrò John che osservò la bestia cercando il suo punto debole e trovandolo nella coda. Con la spada lo trafisse proprio lì, e l'animale cadde al suolo morto, (o almeno così credeva John). John uscì trionfante dalla caverna, ma ad un tratto il drago si rialzò e con una fiammata lo scaraventò via. John si ritrovò bruciature in tutto il corpo, ma decise che non poteva arrendersi e impugnò di nuovo la spada, pronto ad ingaggiare una lotta all'ultimo sangue. I due si studiarono e John si concentrò per trovare il vero punto debole del drago. Anche l'agente si rialzò, ancora tramortito dopo il volo. Sarebbe
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stata una lotta a tre. John si lanciò alla carica e dopo di lui anche l'agente John conficcò la spada nel cuore al drago e l'agente gli sparò dei colpi in bocca che gli trafissero la gola. Ma il drago aveva ancora energia per un'ultima fiammata e la lanciò contro l'agente. John, con un gesto repentino, spinse via l'agente e lo salvò. Poi, finalmente, il drago morì. Il vecchio dichiarò la prova conclusa in parità, ma l'agente decise di dare il rubino a John perché gli aveva salvato la vita. Il vecchio consegnò il rubino a John che ringraziò e ritornò nel bagno del bar. John lo consegnò al suo superiore che si congratulò con lui, poi tornò a casa. Il rubino venne messo al sicuro dal suo superiore e quindi non si scatenò alcuna guerra.
Anna Corradi La battaglia tra gli orsi corazzati e i sudditi della strega bianca Narnia fin dal principio era divisa in due parti: il Nord, abitato dagli orsi corazzati, e il Sud abitato dalla Strega Bianca e i suoi sudditi. Esisteva anche una terra chiamata “Terra di Mezzo” abitata dal Nulla. I sudditi agli ordini della Strega Bianca cercavano di conquistare la parte Nord di Narnia, ma un misterioso ostacolo, rappresentato dal Nulla, causava al popolo del Sud alcuni problemi. Gli studi di Lord Asriel, grande avventuriero, confermarono che il Nulla non era pericoloso. Atreiu era il più valoroso dei capi guerrieri e a costo della sua vita decise di attraversarlo. Oltrepassando il confine che separava il Sud dalla Terra di Mezzo, Atreiu, vide che anch'essa era abitata dagli orsi corazzati. Così una dura lotta cominciò tra gli orsi e i sudditi, per il controllo di Narnia. Il vincitore avrebbe ottenuto l'Auryn, un importante amuleto che donava l'immortalità, consentiva di tornare nel passato od andare nel futuro, poteva renderti invisibile, farti volare fin sopra le nuvole o andare sotto terra e poteva ridare la vita ai morti Nel bel mezzo della lotta una polvere magica dai colori dell'arcobaleno impedì ai sudditi di vedere i loro avversari, così, non riuscendo a distinguere i loro compagni si uccisero a vicenda. Questa polvere era stata trasportata dal vento che proveniva dala Terra di Mezzo), “soffiata” dal Nulla. Si scoprì che il Nulla, che abitava nella Terra di Mezzo, era un mago invisibile, ma molto potente, tanto da poter distruggere tutta Narnia se avesse voluto. Per questo motivonessuno gli era mai andato vicino, perché aveva paura di causare la fine di Narnia. Gli orsi corazzati, essendo buoni e non avendo nessun interesse a conquistare il Sud di Narnia, perché loro non ne avevano bisogno, fecero un patto con la Strega Bianca: gli orsi corazzati avrebbero tenuto il Nord e la Terra di Mezzo, mentre la Strega Bianca sarebbe stata, come in precedenza, la padrona del Sud. La Strega Bianca priva dei suoi sudditi e dei suoi poteri, accettò il patto. Così ogni terra e popolo visse per sempre in tranquilla pace. Tutti tranne la Strega Bianca che adesso doveva prepararsi da sola da mangiare e andarsi a prendere da bere, doveva fare le pulizie di casa, in tutto il suo palazzo, non poteva stare sdraiata sul suo divano come lo era stata tempo fa. Insomma, doveva pulire e fare tutto lei.
Samuele Vincenzi La pace eterna Un giorno Simon, un bambino di nove anni che abitava in un castello enorme, con molti passaggi segreti che lui conosceva benissimo, e stanze nelle quali si nascondeva spesso per giocare a fare l'esploratore, trovò una stanza segretissima. Sul muro di questa stanza c'era una porta enorme, di legno ma ornata d'oro. Suo padre gli aveva parlato di questa stanza e gli aveva detto che lui non era mai entrato perché aveva paura. Gli aveva detto anche che questa stanza appariva solo nelle notti di luna piena. Simon la sera seguente decise di andare per vedere cosa c'era oltre quella porta; si vestì
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e partì. Entrando capì che conduceva in un mondo parallelo. In questo mondo vivevano delle creature magiche in pace fra loro, perché anni prima avevano sconfitto il male mandando in esilio nel mondo degli umani la strega oscura. Simon però, una volta entrato, dimenticò la porta aperta. La strega se ne accorse e sfruttò l'occasione per tornare nel mondo parallelo, decisa a distruggere la pace. Intanto Simon aveva fatto un giro in quel mondo, che assomigliava un po' alla Terra. Tutto però era enorme, i fili d'erba sembravano palazzi da venti piani e dentro ogni albero c'era un villaggio. Simon entrò in uno di questi villaggi e vide che le persone avevano tre occhi e quattro braccia. Giravano anche voci che la strega era tornata perché un umano era entrato nel mondo parallelo e aveva lasciato la porta aperta. Simon si sentì in colpa e decise di rimediare e salvare il mondo parallelo. Aveva incontrato uno stano animale, l'ultimo della sua specie. Era un ''SAURO'', una specie di scimmia con un occhio solo, con all'estremità della coda una mano con quattro dita molto agile. Il ''SAURO'' custodiva il libro degli incantesimi che erano serviti per mandare la strega in esilio nel mondo degli umani. Dentro al libro c'era tutta la storia del mondo parallelo. Simon andò a chiamare i popoli di quel mondo e quando tutti ebbero saputo che la strega era tornata, si allearono con Simon contro la ''strega oscura''. Fu presto battaglia. La strega apparve e appoggiò le mani sul terreno; questo si spaccò in due e la maggior parte dei guerrieri vi cadde dentro. Passarono delle ore, ma la strega era ancora in piedi. Il ''SAURO'' corse verso di lei e con la mano sulla coda scagliò un fulmine che la prese in pieno. La strega però, prima di morire, lanciò una palla di fuoco che lo incenerì. Simon si mise a piangere e qualche lacrima cadde sulle ceneri del ''SAURO'' che magicamente rinacque. La strega oscura era stata sconfitta e la pace ritornò. I popoli donarono il libro a Simon e gli dissero che quando fosse tornato nel suo mondo avrebbe potuto usare il libro per far sparire la guerra per sempre. Così fece, lo portò nel suo mondo e di colpo le guerre si conclusero... per sempre.
Alessandro Leoni La strana storia che più strana non ce n'è Ciao, sono Bernardo Smeg e ho novantasei NILUX, cioè trentadue anni umani. Sono qui per raccontarvi una delle mie strane avventure. Eravamo in viaggio verso la galassia SINVARCOR settantaquattro, destinazione EAN, un pianeta con ricchissima vegetazione. Vi erano alberi con foglie larghe fino a sedici metri che arrivavano a vivere fino a trentamila NILUX. La fauna era praticamente assente, c'era solo una specie: i draghi. La missione che io e la mia squadra dovevamo affrontare era quella di liberare tutti i draghi rinchiusi nella città di GRIP perché erano venduti per loro carne molto nutriente. Il secondo obiettivo era quello di distruggere il popolo HIZZARD conosciuto come “gli inquinatori del mondo”. La mia squadra era composta da tre persone. Io che ero il capitano, sapevo parlare tutta le lingue della galassia SINVANCOR settantaquattro e pesavo centocinquanta KORG cioè settantacinque chili (avevo a quel tempo ottanta NILUX). C'era poi il mio vice, Ginis Compge, aveva la mia età e pesava centonovanta KORG. La sua bravura stava nel saper guidare tutte le navicelle spaziali MULTIGE. Il terzo componente era un certo Sind Eltean, abile con le armi. Le informazioni su di lui mi sono sconosciute e non mi è permesso descriverlo. Eravamo partiti su una nave MULTIGE appunto. Per arrivare al pianeta EAN impiegammo in tutto circa sei NILUX. Atterrammo su un deserto vicino alla città di GRIP. Appena scesi, entrammo come turisti in città per raccogliere informazioni. Scoprimmo che i draghi erano rinchiusi in una prigione sotterranea e scendemmo per liberarli. Praticamente sterminammo tutte le guardie. Portammo in salvo i draghi vicino alla nostra astronave. Appena arrivati al nostro mezzo di trasporto, riuscii a parlare con le bestiole che ci ringraziarono. In quel preciso istante tutte le forze armate del pianeta capitarono lì. I draghi allora attivarono un orologio che poteva fermare il tempo per circa trentacinque LISTED, cioè centoquaranta minuti. Grazie a quello strumento riuscimmo a sterminare gli HIZZARD. Abbandonammo i draghi in un posto sicuro e tornammo sul nostro
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pianeta ELTCERGE.
Bulgar Maria Bianca Le Montagne Nere e i tre ragazzi In Inghilterra, presso la valle dei Boschi, si trovava il grande e maestoso palazzo del re Henrik. Il re era un uomo molto potente, abbastanza ricco e si comportava bene con il suo popolo. Era molto saggio. Manteneva le sue terre e le sue grandi Montagne Nere. Non aveva una moglie, perché quando era nato suo figlio Heln, la bella regina era morta. Così il re aveva chiesto alla serva di sua moglie, che aveva un bambino di tre mesi, Mariam, di occuparsi di lui e farlo crescere. La serva accettò di tenere insieme i due bambini. Ma dopo due anni la serva mise al mondo una bellissima bambina di nome Elen. Così i bambini vissero insieme per quasi otto anni. All'ottavo compleanno di Heln fu presente anche la sorella del re. Aveva quasi quarantacinque anni e non poteva avere bambini. Vedendolo per la prima volta chiese al re di poter restare nel palazzo e di occuparsi dell'educazione di Heln, suo nipote. Così passarono gli anni e Heln diventò sempre più bello, bravo e sapiente. Sua zia mandò via i figli della serva, dando loro una vecchia casa. Gli anni passarono e Heln non dimenticò i suoi amici e andò sempre più spesso a trovarli. Nel giorno del quindicesimo anno di Heln furono invitati anche Elen e Mariam. Sua zia che si occupava di stregoneria, non volle che Elen e Mariam venissero al palazzo, così andò a casa loro e, visto che la loro mamma era una serva, diede loro da fare un lavoro che li occupò tutto il tempo. Ma la bellissima Elen ebbe l'idea di andare di nascosto al palazzo. Partirono da casa mentre nevicava. Il vento penetrava fra le cime aguzze delle Montagne Nere, spingendo la neve verso il grande e maestoso palazzo del re Henrik, s'introduceva fra le crepe dei muri provocando un debole sibilo. Mariam vide nel cortile del palazzo dei servi vestiti di stracci che accendevano dei piccoli fuochi simili a lacrime fiammeggianti, vicino a delle grandi porte di legno. Si ricordò che il suo amico Heln, il figlio del re, le aveva detto che nel retro del palazzo c'era una porta, e attraversando un tunnel si arrivava nella sua stanza. Heln stava per uscire dalla stanza quando sentì un rumore e vide i suoi amici (quasi suoi fratelli perché erano cresciuti insieme). Rimase sorpreso dal loro arrivo attraverso la porta segreta e chiese perché erano arrivati da lì: lui li aspettava alla sua festa dall'entrata principale. Mariam spiegò tutto quello che era successo. Heln rimase molto sorpreso da quello che disse Mariam di sua zia. Così propose ai ragazzi di andare a vedere le stanze e i corridoi del palazzo. Prima di tutto Heln volle andare nel posto che sua zia gli aveva proibito. Erano due grandi porte che nessuno aveva mai aperto. Vi arrivarono davanti e cercarono di aprile ma non ci riuscirono. Guardarono dappertutto per vedere se c'era la chiave, ma non la trovarono. Stavano per andare via, quando la bellissima Elen trovò la chiave sotto una pietra. Aprirono le porte, attraversarono un corridoio e arrivarono sotto le Montagne Nere. Apparve un mondo tutto nuovo. In lontananza si sentivano dei rumori e delle voci. Heln e Mariam andarono avanti con coraggio, Elen con molta paura. Avvicinandosi vide dei piccoli omini spaccare grossi pezzi di roccia. Erano simili agli uomini, anche loro vestiti con giacca, scarpe e altre cose per lavorare. Quando uno di essi, il più vicino, li vide, si spaventò per il loro aspetto e per la loro presenza. Anche gli altri sembravano spaventati, ma Heln cominciò a parlare con loro. Elen era la più spaventata, forse perché aveva paura degli omini, o forse perché nel ''nuovo mondo'' c'era un po' troppo buio. Dopo aver parlato con il loro capo e dopo che essi ebbero raccontato tutta la storia di come erano stati messi in schiavitù e di come dovranno essere liberati, Mariam capì che i salvatori del Regno Nero dovevano essere proprio loro. Gli omini li condussero in un luogo meraviglioso, pieno di fiori, alberi, montagne verdi e fiumi. Quel luogo lo avevano tenuto loro come segreto. Una volta anche le Montagne Nere erano piene di prati boschi, fiumi, e laghi, ma da quando era arrivata la Strega
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Bianca non più. Heln allora capì che la Strega Bianca era sua zia. Comprese subito perché gli aveva proibito di andare a quelle porte, e perché non voleva che Elen e Mariam venissero al suo compleanno. D'improvviso apparve l'incantevole Protettrice delle Montagne Nere e parlò con i tre ragazzi. Essa fornì a Heln un'armatura e una spada molto potenti, a Mariam una corona e un mantello e ad Elen un piccolo fiore d'argento. La guerra era iniziata. Elen con il fiore d'argento liberò tutte le creature dagli incantesimi, Mariam e Heln, invece combatterono a fianco degli omini per più di tre giorni contro la Strega Bianca. Alla fine la Strega fu sconfitta dai tre ragazzi che salvarono l'intero regno. Persino la vita fuori dalle montagne era più bella. Tutto ritornò normale, gli omini diventarono persone normali, Elen diventò la regina della natura, Heln ritornò al palazzo di suo padre per prenderne possesso, Mariam diventò il re delle Montagne Nere. Così anche oggi si narra la storia delle Montagne Nere e dei tre ragazzi.
Kelvin Codjoe Le Terre D'oro In una città dell'America viveva un ragazzo di nome Bill. Un giorno, dopo la scuola, prima di tornare a casa, decise di fare una passeggiata. Sul suo cammino vide un sasso; lo raccolse, lo lanciò e ruppe un vetro. Quel vetro apparteneva alla finestrella di una piccola casetta di legno costruita da alcuni ragazzi . I ragazzi si arrabbiarono molto e decisero di inseguire Bill per fargliela pagare. I ragazzi erano dieci ed erano divisi in due squadre: una aveva come capo Phil, l’altra Zig . Bill si nascose dietro un albero ed evitò così la prima squadra. Pensando che fosse tutto finito, uscì allo scoperto, ma la squadra di Zig lo vide ed iniziò a corrergli dietro. Correndo vide una casa abbandonata: entrò e passò subito al secondo piano. Vide un armadio e sopra di esso un libro con la copertina dorata. Per prenderlo usò la sua cartella come appoggio. Sull’anta dell’armadio c'era una apertura rettangolare delle stesse dimensioni del libro. Bill pensò di usare il libro come chiave e tra una nuvola di polvere, l'armadio si aprì. Bill era un tipo molto curioso ed entrò. Dentro era buio ed ad un certo punto Bill si sentì mancare il pavimento sotto i piedi… Si ritrovò in un altro mondo e stava precipitando dal cielo. Finì su Rodfox che era un Robin. I Robin sono un popolo che vivono nelle Terre D'oro. Ci sono anche i Goblin che sono abili con le armi e bravi nell'agricoltura. I Goblin hanno gli occhi a mandorla e le orecchie a punta, come quelle degli elfi; invece i Robin assomigliano agli esseri umani, ma hanno delle caratteristiche speciali e alcune sconosciute. Acerrimi nemici dei Robin e dei Goblin sono i Necromonger, un popolo mostruoso e misterioso. Il loro capo, Alscazan, nel passato era stato mandato nell'al di là, ma ne era ritornato, acquistando poteri magici e sovrumani. I Necromonger controllano orchi malvagi, elfi cattivi e ribelli e (…)
Andrea Piazzola Ohrzov: l'Impero dei Cinque Regni Erano le cinque del pomeriggio quando un grido ruppe la tranquillità. Era il grido di Eric, uno sciamano apprendista che aveva appena superato l'esame. Eric viveva ad Azorius, una città del mondo di Ohrzov. Ohrzov era un impero diviso in cinque Regni: quello del Fuoco, quello delle Foreste, dell'Acqua, delle Pianure e delle Paludi. Questi cinque regni andavano sempre d'accordo. Il regno del Fuoco era abitato da creature molto potenti come i giganti, i Goblin e i draghi. Il regno delle Foreste era il più vasto ed era abitato dalle creature più strane, come alberi parlanti, funghi, giganti, elfi, sciamani, gnomi, orsi e centauri. Poi c'era il regno delle Pianure che era posto al centro di Ohrzov, dove si amministrava la giustizia e risedeva la fonte di potere di Ohrzov. Questo regno
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era abitato da spiriti, grifoni, uccelli, soldati, cavalieri e maghi. Nel regno dell'Acqua, vivevano draghetti, Kraken, tritoni, serpi e bestie. Infine, c'era il regno delle Paludi quello più mostruoso, inquietante, che cercava sempre di scatenare la guerra, ed era popolato da zombie, scheletri e insetti giganti. Ad Ohrzov non esisteva la tecnologia, ma si usava la magia. All'inizio Ohrzov era un regno pacifico però, un giorno, il sovrano delle Paludi, Haakon, inventò una polvere che scatenava la guerra tra i regni; così sorvolò Ohrzov sul suo coleottero gigante e sparse la polvere. Dopo due giorni i regni iniziarono a combattere tra di loro. Azorius era l' unica città a non essere sotto l'incantesimo perché il saggio aveva fatto in tempo a proteggerla. Sfortunatamente i quattro guerrieri più forti di ogni regno vennero catturati dai soldati di Haakon perché avrebbero potuto ostacolargli i piani. Fra questi quattro c'era anche il padre di Eric. Per questo motivo Eric decise di partire per liberare suo padre. Prima doveva superare il regno del Fuoco. Affrontò molti giganti e i Goblin gli tesero dei trabocchetti, però Eric riusciva a volare. Nel regno delle Pianure dovette sconfiggere lo spirito delle illusioni. Questo spirito riusciva a sdoppiarsi e ad attaccare alle spalle. Allora Eric si concentrò e sprigionò una tale forza che sbriciolò il nemico in mille pezzi. Poi continuò il suo viaggio nel regno delle Isole. Lì incontrò una vecchia signora in difficoltà, le diede la mano per aiutarla, ma la donna si tramutò in una sirena ed entrò in acqua portandosi dietro Eric. Riuscì a liberarsi, ma venne punto dal pungiglione del tritone e svenne. Per sua fortuna il folletto marino Trubbus lo curò e lo tirò fuori dall'acqua. Quando Eric si svegliò, ringraziò Trubbus e ripartì. Finalmente arrivò nel regno delle Paludi. Era un luogo inospitale e maleodorante. Non si perse d' animo, vide in lontananza il Castello oscuro, lo raggiunse ed entrò. Era un luogo pieno di trabocchetti, ma bastava camminare sui muri per evitarli. Non era molto semplice, perché bisognava essere concentrati al massimo, bastava un minimo rumore per cadere. I muri però erano molto scivolosi ed Eric cadde. Non successe niente, ma appena si rialzò si aprì una botola sotto di lui. Fortunatamente arrivò Trubbus e lo tirò fuori dalla fossa. I due amici erano di nuovo insieme, e continuarono a correre sui muri fino all'ultima stanza. In questa stanza dietro una barriera di energia erano rinchiusi i quattro guerrieri più forti di Ohrzov. Improvvisamente arrivò Haakon. Colpì e stese Eric in un attimo. Poi iniziò a parlare con suo padre. Eric però si riprese quasi subito e con un colpo incenerì il sovrano. Liberò i quattro guerrieri e finalmente poté riabbracciare suo padre. Però c'era un altro problema: la guerra! Eric vagò per tutto il castello per cercare l'antidoto. Il castello era un vero e proprio labirinto pieno di guardie,ma padre e figlio insieme formavano una coppia imbattibile: massacrarono le guardie trovarono l'antidoto e bloccarono la guerra.
Francesca Camparsi Peter e il mago Merlino In un piccolo bosco abitava un ricca famiglia con un bambino di nome Peter. Era un tipo molto simpatico. Aveva nove anni ed era basso e magro. Andava quasi tutti i giorni a giocare nel suo giardino dove c’era un laghetto con delle anatre e dei cigni. Una mattina Peter volle andare al laghetto con del pane per dare da mangiare alle anatre, ma vi scivolò dentro e sprofondò nell'acqua. Si salvò grazie a un soldino portafortuna che teneva sempre legato al collo che aveva il potere di portare le persone in un regno fantastico. Quando giunse nel Regno Fantastico, Peter si trovò in un piccolo bosco. Vide che i funghi parlavano, i sassi cantavano e nel lago non c'era più acqua. Così arrivò fino alla riva camminando tranquillamente, senza alcun pericolo. Seduto vicino ad un albero Peter trovò un mago di nome Merlino. Era un tipo simpatico, alto e piuttosto cicciottello che viveva tutto solo in una casa in mezzo al bosco. Il mago Merlino aveva il potere di trasformare qualsiasi oggetto in quello che voleva. Peter e il mago fecero un accordo: se lui lo avesse trasformato in un principe, Peter lo avrebbe portato con sé ad abitare in un grande castello dove viveva una giovane regina molto ricca e bella. Merlino accettò: trasformò il ragazzo in un bel principe e gli donò una spada molto preziosa che possedeva dei poteri magici. Grazie ad essi Peter sposò la regina e
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divenne re d'Inghilterra; si trasferì con Merlino nel grandissimo castello dove regnò per molti anni felice e contento.
Ilaria Merci Sopra le Nuvole Alexandra, Erika, Davide e Luca erano quattro ragazzi che ogni domenica andavano a fare una gita in compagnia dei loro genitori. Alexandra era una ragazza abbastanza alta, con gli occhi azzurri e i capelli chiari. Erika aveva i capelli molto lunghi e neri, gli occhi scuri. Davide e Luca erano alti, avevano i capelli castani, gli occhi marroni e si assomigliavano molto perché erano fratelli. Erika e Davide avevano tredici anni, mentre Luca e Alexandra dodici. Una bella domenica d'estate i ragazzi fecero una gita sulle colline di Verona e trovarono un vecchio casale abbandonato. Incuriositi, entrarono e diedero un’occhiata. Era una vecchia stalla. Dei fasci di luce sbucavano dalla paglia. La scostarono e scoprirono una pesante porta di quercia con su scritto: “Varco per il mondo Sopra le Nuvole”. Insieme decisero di aprire la porta e di varcarla. Magicamente si ritrovarono in un mondo parallelo, sopra le nuvole. Si fecero coraggio e cominciarono ad esplorare quel luogo magico. I ragazzi videro creature stranissime, orchi, fate, elfi, streghe. Ad un tratto una fata di nome Tilly sbucò dal nulla. La fatina era piccola e snella, aveva delle ali luccicanti, i capelli biondi e un vestitino azzurro. La fata spiegò a Luca, Davide, Erika e Alexandra che erano nel Mondo Sopra le Nuvole, un mondo dove i personaggi, i luoghi e le vicende che gli uomini della Terra immaginano quando hanno la testa, per così dire, fra le nuvole, diventano realtà. Tilly spiegò anche che ultimamente gli uomini non avevano più la testa fra le nuvole e quindi le creature del magico regno si stavano indebolendo. I ragazzi salutarono la fatina Tilly, ma le promisero che sarebbero ritornati ad aiutare gli abitanti del Mondo Sopra le Nuvole. I quattro ragazzi riaprirono la grande porta e si ritrovarono nel casale. Era passato un bel po' di tempo da quando se ne erano andati e i loro genitori erano un po' preoccupati. I ragazzi decisero di non raccontare niente. Con varie scuse convinsero i genitori a ritornare sulle colline anche la domenica successiva. I quattro amici arrivarono al casale e subito aprirono la pesante porta. La situazione del magico regno peggiorava, gli abitanti erano sempre più deboli. Tilly doveva affidare ai ragazzi una grande missione: sconfiggere Carloman e riaprire tutti i varchi per il mondo Sopra le Nuvole. Erika chiese a Tilly chi fosse questo Carloman. Tilly rispose che era un vecchio che aveva scoperto il Mondo Sopra le Nuvole e che invece di apprezzarne la bellezza lo voleva distruggere. Infatti, aveva chiuso tutti i varchi con una potente pietra chiamata “Pietra Multicolore”, che lui stesso custodiva in questo casale. In questo modo nessuno poteva fantasticare e il regno stava per scomparire. Alexandra chiese perché il varco del casale era ancora aperto. Tilly disse che quel varco era il principale e non poteva essere chiuso. Il casale era isolato e per questo nessuno aveva mai varcato la porta fino ad allora. Alexandra, Luca, Erika e Davide accettarono la missione, pronti ad affrontare Carloman. Tilly fece in modo che Carloman arrivasse nel Mondo Sopra le Nuvole. Le magiche creature stavano usando i pochi poteri che rimanevano loro per contrastare il terribile Carloman. Intanto i ragazzi avevano trovato la Pietra Multicolore nella fessura di un muro e infilandola nella serratura della pesante porta tutti i portali si riaprirono. Poi ritornarono a Sopra le Nuvole e si accorsero che gli abitanti avevano riacquistato i loro poteri e avevano sconfitto Carloman. Tutti gli abitanti di Sopra le Nuvole furono grati a Luca, Davide, Alexandra ed Erika per averli aiutati e salvati. I quattro ragazzi felici ritornarono sulla Terra. Erano più uniti di quanto lo fossero mai stati e magicamente i genitori non si accorsero della loro assenza. Non dimenticarono mai la loro splendida avventura e promisero di lasciare che la loro testa e i loro pensieri andassero più spesso Sopra le Nuvole.
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Daniele Buffatti Sorill, Terre della Fantasia Le Terre di Sorill erano un regno molto vasto, popolato e fertile, dove gli abitanti vivevano serenamente. Certo il divertimento non mancava: vi erano feste, balli ed... esplosioni. “Merlino!” gridava LupoScuro “Hai affumicato per la quarta volta tutto il laboratorio!” “Non è colpa mia!” replicò questi “Se la polvere pirica fa KABOOM non posso farci niente!” “E vogliamo parlare del tuo drago sputa fuoco? Novantaquattro volte ha distrutto il tetto della MIA stanza! Ottantadue volte quella di Sebastien... e quella di Morren neanche una! Sono secoli che, non capisco perché, non becca mai quella stanza!” si agitava l'elfo gesticolando davanti all'uomo di nome Merlino. “Beh” rispose il mago “E' vicino al Lago!”. A parte questi piccoli disguidi, LupoScuro, Morren e Sebastien erano da secoli i nobili di quel Regno e nessuno li aveva mai sfidati. LupoScuro era il più vivace dei tre fratelli, quasi sempre scherzava e nelle situazioni di tensione sapeva come sdrammatizzare. Sebastien, un bellissimo elfo dai capelli biondi e gli occhi chiari che mutavano a seconda del suo umore, era il più giovane dei tre e caratterialmente seguiva le orme di LupoScuro. Morren, invece, era il più vecchio e saggio, razionale, ma anche severo, tant'è che dai suoi sudditi era soprannominato “il Tenebroso”. Tuttavia aveva rinunciato a mettere in riga l'elfo dai capelli viola-blu, ovvero LupoScuro e il più piccolo Sebastien, che considerava ormai irrecuperabili. Tanto per darsi un'idea, un giorno i tre elfi stavano passeggiando insieme nel loro giardino e LupoScuro diceva ai due: “Conoscete la storia dell'uomo sputacchioso?” “Sputacchioso?” replicò Sebastien “Sì, sì, proprio quell'uomo che fa “ ptù, ptù, ptù”“ rispondeva il primo. “Dai, vai avanti” diceva Morren sospirando. “Una volta questo umano” cominciò a raccontare LupoScuro “era il sarto di corte e aveva molta passione per la lana”. “Ma cosa c'entra la lana con l'uomo sputacchioso?” domandò Morren. “Un attimo di pazienza che ci sto arrivando. Era stato incaricato di fare un bellissimo vestito di lana. Purtroppo, scivolò e la faccia andò proprio sull'abito appena finito. Lo hanno chiamato uomo sputacchioso perché aveva ingoiato così tanta lana da sputacchiare in continuazione per via dei pelucchietti sulla lingua!” “E io ti sto anche a sentire” commentò Morren. Purtroppo un giorno giunse la notizia che nelle Terre due strane creature alate, cornute e veramente enormi, stavano spargendo panico, distruzione e morte. Dichiaravano di essere i veri padroni di quei luoghi ed erano tornati per riprenderseli. Nelle Terre di Sorill esistevano diverse creature oltre agli elfi e agli umani: c'erano i vampiri, creature che, come i drow, elfi dalla pelle scura e dagli occhi e capelli chiarissimi, odiavano la luce e non si muovevano se non di notte; c'erano i mannari, umani che con la luna piena diventavano simpatici cucciolotti un po' cresciutelli. E poi c'erano gli Hobbit, creature alte come bambini con piedoni enormi, e ancora i Kendot, i nani, le fate, i folletti e gli uomini sputacchiosi... ah, no, quelli sono di LupoScuro. Ad ogni modo, i tre fratelli si ritrovarono scelti all'unanimità da tutte queste creature per cacciare via i distruttori. Quando dunque si ritrovarono innanzi a queste creature alate chiamate diavoli, LupoScuro disse: “Ragazzi, qui abbiamo solo due possibilità” “Giusto” disse Sebastien “Scappiamo o fuggiamo?” “Io intendevo o combattiamo o moriamo come valorosi” replicò LupoScuro dandogli un'occhiataccia. “Io avrei un'altra idea” disse Sebastien “Fuggiamo o scappiamo?”. Morren, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, intervenne: “La tua idea lascia moooolto a desiderare”.
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“Oh, insomma, sguainiamo le spade!” concluse LupoScuro. Calò un silenzio di sfida e tensione. “Ehi, guardate l'uomo sputacchioso!” esclamò Sebastien indicando un punto vuoto. I due diavoli si girarono in quella direzione mentre i tre scapparono via e si rifugiarono nel laboratorio di Merlino. “Merlino, hai ancora la polvere che fa KABOOM?” domandò LupoScuro “Certo! Vuoi che affumichi ancora il laboratorio?” “No, la vogliamo usare contro i diavoli” “Diavoli? Quali diavoli?”. La prima delle creature distruttive li aveva ormai raggiunti e aveva spaccato a metà il tetto del laboratorio. “Quei diavoli!” esclamò Sebastien “Oh, diavolo!” disse Merlino “Ecco, proprio quello!” disse LupoScuro “Sento che mi fonderò il cervello...” commentò Morren. Merlino prese la polvere e uscirono dal laboratorio. Ne seguì una battaglia alla quale anche il drago, cavalcato da Sebastien, volle unirsi sputando fuoco. I diavoli alla fine si ritirarono e i tre fratelli, insieme al mago distratto e al drago, tornarono in città e vennero festeggiati per un giorno intero. La festa proseguì a lungo ma i tre elfi erano troppo stanchi. Morren sollevò di peso Sebastien, ubriaco fradicio di vino elfico e LupoScuro, quando rincasò, si buttò sul suo morbido letto. “Aah, finalmente disteso a riposare... tutto, ora, è così tranquillo, si vede un bel cielo limpido...” si interruppe bruscamente “CIELO LIMPIDO!!?? AARGH!! IL MIO TETTO!! MERLINO!!”.
Giada Franchi Un viaggio a Ersiglia Tanto tempo fa c'era una bambina di nome Penny. Penny aveva molti fratelli e sorelle, i cui nomi erano: Richard, Violet, Margherita, Fiore, Edoardo e Giannino. Penny e i suoi fratelli erano orfani e abitavano in una casa gigantesca. Un giorno Penny portò i suoi fratelli in una buca che aveva trovato il giorno precedente. I fratelli incuriositi chiesero alla sorella di entrare e Penny acconsentì. Dentro questo buco c'era uno scivolo infinito. ''Chissà dove porta '' diceva tra sé e sé. Scivolando e scivolando arrivarono in fondo dove sentirono delle voci. I fratelli molto spaventati lessero un cartello con la scritta ''Senza ritorno!''. Penny e i fratellini aprirono una porta. Le voci erano quelle di due fiori che litigavano e dicevano: “Io sono più bello” ''No, io sono più bello!''. Richard interrompendo la litigata disse:'' Sapete dirmi dove siamo?''. Un albero rispose: ''Siamo a Ersiglia dove tutto prende vita ''. I fratelli e Penny fecero un giro per vedere cosa ci fosse. Videro molte cose stane come cavalli parlanti, mucche che stavano su due zampe, alberi e fiori che parlavano ecc.... Mangiarono a casa di un orso che offrì loro solo del miele, poi andarono a giocare dalla mucca Cocò. Quando cercarono di ritornare a casa si accorsero che non potevano perché dovevano superare tre prove. La prima era bere tutto lo stagno, la seconda mangiare tutto il pane di una panetteria gigante e la terza cercare sei pesci d'oro nel mare di vetri rotti. I sette fratelli andarono allo stagno e tirarono fuori dallo zaino l'aspirapolvere (Maisazio) che aspirò tutta l'acqua dello stagno. Anche nella seconda prova usarono l'aspirapolvere (Maisazio)che aspirò tutto il pane. La terza prova era difficile, ma per fortuna avevano il papà che faceva il fachiro ed Edoardo ogni tanto lo guardava e aveva imparato. Quindi si tolse le scarpe e camminò sul lago di vetri rotti come un vero fachiro. Edoardo trovò tutti e sei i pesci d'oro. Riuscirono ad uscire da Ersiglia, un po' tristi di lasciare i loro amici. Allora le fate di Ersiglia fecero un grande regalo ai bambini e fecero tornare i loro genitori. Tornando a casa, Penny vide la mamma che preparava una torta e il papà che leggeva il giornale in poltrona. Si abbracciarono felici e festeggiarono tutto il giorno.
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Giorgia Pietroni Uniti più che mai! Toni, Davide, Giacomo, Gabriele ed Emanuele sciavano tranquilli quando Gabriele, il precisino del gruppo, urlò agli amici: “Andiamo! Sono le quindici e trenta, l'ora della chiusura degli impianti”. Improvvisamente si sentì un grido: ad Emanuele si era staccato uno sci, che scivolava sempre più verso il bosco, pieno di neve fresca. I ragazzi si tolsero gli sci e cercarono di raggiungerlo, ma era più veloce di loro. Quando si fermò era ormai troppo tardi perché erano entrati nel bosco e non sapevano più da che parte andare. Gabriele urlò: “È tardi! gli impianti sono chiusi, dovremo stare qui tutta la notte...”. Allora i ragazzi, impauriti, con le giacche, gli sci e i pile, si costruirono una specie di capanna. Nel corso della notte sentirono strani rumori: i loro zaini si muovevano! In un primo tempo pensarono di avere le visioni, poi Giacomo scorse nella neve uno strano personaggio. Uno gnomo. Alto poco più di un pollice, cercava di rubare gli zaini e il suo contenuto. Emanuele lo afferrò, ma subito lo gnomo lo fece diventare una statua di ghiaccio. Gli altri ragazzi scapparono spaventati e si rifugiarono dietro il tronco di una quercia centenaria. Lì discussero su come liberare Emanuele. Come per magia, in lontananza videro una bellissima aquila reale. Questa si avvicinò ai quattro amici e si fermò davanti a loro. I ragazzi, infreddoliti e spaventati, cercarono di scappare, ma l'aquila per far capire loro che era amica, sbattendo le ali, li scaldò. Allora Toni, il più coraggioso del gruppo, si fece avanti e andò ad accarezzare l' animale. Disse agli altri che Amelia (era il nome dell'aquila) avrebbe potuto aiutarli nella loro missione. Infatti aprì le ali e i ragazzi poterono salirle sopra. A Giacomo venne l' idea di sfruttare il calore dell'aquila Amelia per aiutare Emanuele. Ma finché volavano, Gabriele cadde e venne congelato da uno gnomo. Il gruppo, spaventato, in groppa all'aquila ritornò alla quercia. L'aquila li lasciò soli ed andò a cercare rinforzi. Quando tornò, aveva con sé altre aquile; i ragazzi le cavalcarono ed andarono a liberare Gabriele ed Emanuele. Quando furono riuniti, Amelia diede a Toni un anello d'oro e gli fece capire che gli sarebbe stato utile. Giacomo, Davide, Emanuele e Gabriele avevano formato un cerchio nel cui centro c'era Toni. Involontariamente Toni sfregò l'anello e si sollevò verso il cielo. In quel momento dall'anello uscì una luce fortissima che fece scomparire gli gnomi. Le aquile riportarono gli amici sulle piste, e questi le ringraziarono di cuore. Le altre quattro aquile diedero anelli simili a quello di Toni, solo più piccoli, anche agli altri amici, poi li salutarono e andarono via. I ragazzi tenendosi per mano tornarono a casa dai loro genitori che li accolsero abbracciandoli.
Maddalena Alferii Viaggio all’interno della Terra Io e i miei due amici, Babo e Babi eravamo appassionati di speleologia e facevamo lunghi viaggi in tutto il mondo per scoprire grotte inesplorate. Anche questa volta eravamo partiti per la Russia e stavamo facendo una discesa in una grotta dentro una montagna. Appena entrati, abbiamo subito capito che quel luogo poteva essere per noi molto pericoloso. La grotta era buia e umida, ma non c'erano i soliti pipistrelli, che spesso incontravamo nelle altre spedizioni; c'erano invece serpenti lunghi e sottili, attorcigliati alle rocce:avevano occhi gialli e code molto sottili. Senza rendersene conto, i serpenti spruzzarono nell'aria un veleno che ci fece perdere i sensi. Ci svegliammo dopo molti giorni e non ricordavamo niente di quello che era successo: i serpenti si erano impadroniti di noi e noi ubbidivamo a tutti i loro ordini. Ci condussero in una grotta ancora più profonda. Sopra una grossa pietra stava attorcigliato un serpente gigantesco con la pelle dorata
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e due occhi verdi e luminosi. Ci disse che noi eravamo suoi schiavi e non potevamo mai più ritornare sulla Terra. Io ero l'unica che ancora riuscivo un po' a ragionare, anche se il veleno aveva fatto diventare lenti i miei movimenti. Mi trascinavo con molta fatica lungo i percorsi rocciosi, cercando una via d'uscita. Ad un tratto mi accorsi che nella parete c'era una fessura strana. Con un sforzo infilai la mano e all'improvviso, con un rumore tremendo, si spalancò una porta di pietra: era la salvezza. Allora tornai indietro a prendere i miei compagni e li trascinai fuori, così finalmente fummo al sicuro.
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