Milano, 16 giugno 2015 CIRCOLARE N. 20/2015
Schema di decreto legislativo recante misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese Di seguito, un excursus su alcuni dei principali temi dello “Schema di decreto legislativo recante misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese” (di seguito “Schema di Decreto”), emesso in attuazione dell’art. 12, legge n. 23/2014, approvato in via preliminare dal Governo il 21 aprile 2015 e trasmesso alle Commissioni Parlamentari competenti il 29 aprile per l’acquisizione dei relativi pareri. L’obiettivo del provvedimento, come riportato nella relazione illustrativa dello Schema di Decreto, è rendere il nostro Paese maggiormente attrattivo e competitivo per le imprese, italiane o straniere, che intendono operare in Italia, come, nonché definire un quadro normativo più trasparente e stabile per gli investitori. Accordi preventivi per le imprese con attività internazionale (Art. 1) L’art. 1 dello Schema di Decreto ridisegna l’istituto del ruling internazionale, prevedendo l’abrogazione dell’art. 8 del decreto legge n. 269/2003 e l’introduzione nel D.P.R. n. 600/1973 dell’art. 31-ter. Nello schema dell’art. 8 del D.L. n. 269/2003, l’ambito soggettivo era limitato ai soggetti residenti ed ai soggetti non residenti con una stabile organizzazione nel territorio dello Stato. Oggi, in base a quanto previsto dal Decreto in parola (ma invero sin dall’intervento correttivo di cui al D.L. n. 145/2013), il nuovo art. 31-ter del D.P.R. n. 600/1973 consente alla totalità delle imprese con vocazione internazionale di presentare il ruling, ovvero anche ai soggetti non residenti senza stabile organizzazione nel nostro Paese. Sotto il profilo oggettivo, il “nuovo” art. 31-bis aggiunge le ulteriori questioni attinenti alla definizione dei valori fiscali di ingresso e di uscita in caso di trasferimento della residenza ai sensi degli artt. 166 e 166-bis T.U.I.R. Una delle principali novità dello Schema di Decreto riguarda la copertura retroattiva dell’accordo alla data della richiesta, nell’ipotesi in cui consegua, ad esempio, ad “altri accordi conclusi con le autorità competenti di Stati esteri, a seguito delle procedure amichevoli previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni”. In tale scenario, gli accordi preventivi bilaterali vincolano le parti, secondo quanto convenuto con le autorità competenti, a decorrere dai periodi di imposta precedenti,
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purché questi ultimi non siano anteriori al periodo di imposta in corso alla data di presentazione della relativa istanza da parte del contribuente. La portata retroattiva dell’accordo è estesa anche ad altre fattispecie. Infatti, qualora le circostanze di fatto o di diritto a base dell’accordo preventivo ricorrano per uno o più dei periodi di imposta precedenti alla stipula ma non anteriori a quello a quello in corso alla data di presentazione dell’istanza, in relazione a tali annualità (intese come quelle ricomprese tra la data di presentazione dell’istanza e la stipula dell’accordo) il contribuente avrà la facoltà di richiedere l’efficacia retroattiva (in relazione a tali periodi) dell’accordo stesso. In tal caso, ove si renda necessario rettificare il comportamento adottato in relazione a tali annualità “scoperte”, il contribuente potrà effettuare un ravvedimento operoso ovvero presentare una dichiarazione integrativa senza applicazione, in entrambi i casi, delle relative sanzioni.
Infine, sempre sotto il profilo strettamente procedurale, una volta concluso l’accordo, viene previsto che l’Amministrazione finanziaria invierà copia dello stesso all’autorità fiscale competente degli Stati di residenza o di stabilimento delle imprese con le quali i contribuenti pongono in essere le relative operazioni. Interpello sui nuovi investimenti (Art. 2)
Lo Schema di Decreto introduce la facoltà per le imprese, italiane ed estere, che investono in Italia, di interpellare preventivamente l’Amministrazione finanziaria per ricevere un parere in merito ai profili fiscali del piano di investimento - pari almeno a 30 milioni di Euro - che intendono adottare e delle eventuali relative operazioni straordinarie connesse, come conferimenti, fusioni e scissioni. Con la domanda presentata al Fisco l’impresa potrà chiedere anche il parere circa l’esistenza di un’azienda (e quindi anche circa l’esistenza di una stabile organizzazione, in ciò sovrapponendosi rispetto al ruling internazionale e confermando la sua – condivisibile - natura sostitutiva e concorrente rispetto agli altri interpelli), così come la valutazione sulla ricorrenza di fattispecie di elusione o abuso del diritto (concetti oggi in via di “unificazione” per effetto del “Decreto certezza del diritto”), anche ai fini dell’imposizione indiretta nonché la possibilità di accedere a eventuali regimi fiscali opzionali, come il consolidato. Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato (Art. 3) Lo schema di Decreto prevede una rivisitazione del regime di imponibilità integrale dei dividendi provenienti da Stati o territori esteri a fiscalità privilegiata. La disciplina di piena imponibilità dei dividendi in parola rimane in linea di principio (rectius, a meno che non sussistano i presupposti per la relativa disapplicazione) applicabile in presenza delle seguenti circostanze: -
detenzione da parte del socio residente di una partecipazione diretta (di controllo o meno) in una società black list;
-
detenzione da parte del socio residente di una partecipazione indiretta in una società black list per il tramite di una o più società controllate intermedie estere non black list (il socio residente, ad esempio, controlla una società estera white list e
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quest’ultima partecipa direttamente - con una quota non necessariamente di controllo - un’entità black list). Un’ulteriore, significativa, modifica in tema di fiscalità dei dividendi di provenienza black list riguarda l’introduzione del c.d. underlying tax credit, vale a dire la possibilità di ottenere il riconoscimento del prelievo fiscale assolto in loco dall’entità black list che ha realizzato gli utili da cui i dividendi promanano. Interessi passivi (Art. 4) L’art. 4 modifica la disciplina di cui all’art. 96 T.U.I.R., prevedendo che, ai fini del calcolo del ROL (Risultato operativo lordo), devono essere considerati anche i dividendi relativi alle partecipazioni detenute in società non residenti che risultano controllate ex art. 2359, comma 1, n. 1, del Codice civile. Questa modifica è volta a riconoscere la deduzione degli interessi passivi in funzione dei flussi finanziari di ritorno effettivamente correlati all’investimento partecipativo estero. E’ prevista l’abrogazione del comma 8 dell’art. 96 T.U.I.R., che consente di includere “virtualmente” nel consolidato nazionale, ai soli fini del calcolo del limite di deducibilità degli interessi passivi (30% del ROL), anche le società estere per le quali, se fossero residenti, ricorrerebbero i requisiti per l'esercizio dell'opzione. Tale disposizione viene eliminata perché crea potenziali effetti distorsivi, pur essendo stata introdotta per non discriminare l'acquisizione di imprese estere rispetto a quelle italiane: finalità adesso perseguita mediante l'inclusione nel calcolo del ROL anche dei dividendi provenienti dalle società estere controllate, di cui sopra. L’art. 4 abroga la disposizione contenuta nell’art. 3, comma 115, della Legge n. 549/1995, che prevede l’indeducibilità degli interessi passivi sulle obbligazioni emesse da società non bancarie, eccedenti il doppio del tasso ufficiale di riferimento (qualora le obbligazioni fossero state quotate), o il tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi (per quelle non quotate). Infine, l’art. 4 ha modificato l’art. 1, comma 36, della legge n. 244/2007 (Legge Finanziaria 2008), che dispone l’esclusione dal vincolo di indeducibilità ex art. 96 T.U.I.R. degli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione, definendone più chiaramente l’ambito applicativo con riguardo alle società che svolgono in via effettiva e prevalente attività immobiliare. Disposizioni in materia di costi black list e di valore normale (Art. 5) Lo Schema di Decreto prevede una radicale modifica del regime di deducibilità delle spese sostenute nei confronti di fornitori residenti o localizzati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato. Si passa, infatti, da un regime in cui la deducibilità è subordinata alla condizione che il contribuente dimostri l’esistenza di almeno una delle due esimenti oggi previste dall’art. 110, comma 11, del T.U.I.R., a un regime nel quale tali spese sono ammesse in deduzione nei limiti del valore normale dei beni e servizi acquistati, senza dover più dimostrare l’esistenza di alcuna esimente. In presenza invece dell’esimente dell’interesse economico, la norma viene disapplicata e può aver luogo la deduzione piena del costo, anche per la parte di questo che risultasse superiore al predetto valore normale. 3
Riflessi sulle imposte dirette degli accertamenti di valore ai fini del registro (Art. 5) Lo Schema di Decreto stabilisce, con norma interpretativa, che il solo scostamento tra il corrispettivo pattuito ed il valore dei beni ceduti/acquistati accertato ai fini del registro o delle imposte ipotecarie e catastali non deve ritenersi sufficiente ai fini delle rettifiche in materia di imposte sui redditi e/o dell’IRAP. Viene dunque affermato il principio, già implicito a livello sistematico sulla base dei presupposti impositivi valevoli ai fini delle imposte sul reddito, che il mero valore individuabile ai fini delle imposte indirette non rileva di per sé anche ai fini delle imposte dirette, né è di per sé sufficiente per accertare ricavi non dichiarati, rendendosi necessario a tal fine che detto elemento sia assistito da ulteriori presunzioni dotate dei prescritti requisiti di gravità, precisione e concordanza. Consolidato fiscale (Art. 6) Lo Schema di Decreto consente l’opzione per il consolidato fiscale nazionale alle società “sorelle” italiane la cui controllante risieda in uno Stato aderente all’UE o all’Accordo SEE con il quale l’Italia abbia concluso un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni. Lo Schema di Decreto, inoltre, semplifica i requisiti di accesso al consolidato, in qualità di consolidanti, da parte delle stabili organizzazioni di soggetti IRES non residenti e consente per la prima volta l’esercizio dell’opzione, in qualità di consolidate, alle stabili organizzazioni in Italia di società residenti in uno Stato UE. L’intervento normativo si è reso necessario per evitare censure di violazione della libertà di stabilimento alla luce della decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, cause riunite da C-39/13 a C-41/13 del 2014. Stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti (Art. 7) Lo Schema di Decreto sancisce, ai fini della determinazione del reddito della stabile organizzazione di soggetti non residenti, l’abbandono del principio della forza attrattiva della stabile, che, peraltro, è contrario agli orientamenti OCSE e al relativo modello di Convenzione contro le doppie imposizioni, come testimonia la sua difficile coesistenza con altre norme e principi, già in passato oggetto di interventi di prassi e dottrinali. Lo Schema di Decreto, infatti, prevede che il reddito della stabile organizzazione venga determinato in base agli utili e alle perdite ad essa riferibili, sulla base di un apposito rendiconto economico e patrimoniale, da redigersi secondo i principi contabili previsti per i soggetti residenti aventi le medesime caratteristiche. Viene così a delinearsi una concezione di reddito attribuibile alla stabile organizzazione più aderente ai principi OCSE, fondata sulla circostanza che alla stabile venga riconosciuta, da un punto di vista impositivo, una propria rilevanza separata ed indipendente rispetto alla entità dalla quale promana (casa-madre). Normativa CFC (Art. 8) Lo Schema di Decreto mira ad incidere pesantemente sulla normativa CFC. L’interpello disapplicativo da obbligatorio diviene facoltativo, lasciando così il contribuente libero di decidere quando dare dimostrazione delle esimenti. Viene abolito il regime di tassazione per trasparenza delle società collegate “black list” e viene 4
altresì chiarito che il reddito prodotto dalla partecipata estera e tassato per trasparenza in Italia va determinato secondo le regole fiscali applicabili alle imprese residenti. Infine, viene consentita la fruizione del credito di imposta estero in caso di disapplicazione della CFC sulla base della prima esimente e di successiva distribuzione di dividendi in Italia. Spese di rappresentanza (Art. 9) Lo Schema di Decreto riscrive il comma 2 dell’art. 108 del T.U.I.R. in tema di spese di rappresentanza. L’intervento è volto a separare l’analisi qualitativa sulla inerenza dei costi da quella quantitativa sulla quota parte deducibile, oltre che ad introdurre scaglioni percentuali più favorevoli per le imprese. Trasferimento di residenza di società e “valori di ingresso” (Art. 12) Lo Schema di Decreto colma una lacuna dell’ordinamento e dispone, come regola, l’ingresso al valore normale di attività e passività delle società che trasferiscono in Italia la propria residenza. Più particolarmente, lo Schema di Decreto prevede l’introduzione nel T.U.I.R. del nuovo art. 166-bis, in cui, al comma 1, è previsto il riconoscimento fiscale del valore normale delle attività e delle passività delle società che trasferisce la propria residenza nel territorio dello Stato, da determinarsi ai sensi dell’art. 9 del T.U.I.R. Il valore normale è riconosciuto a prescindere dall’applicazione di una exit tax da parte dello Stato estero di provenienza, come confermato dalla relazione illustrativa, e alla sola condizione che lo Stato di origine sia incluso nella white list c.d. da scambio di informazioni, di cui all’art. 11, comma 4, lett. c) del D.Lgs. n. 239/1996. Il comma 2 dell’art. 166-bis stabilisce che, nel caso il trasferimento di residenza abbia luogo da uno Stato o territorio diverso da quelli inclusi nella white list “da adeguato scambio di informazioni”, il riconoscimento del valore normale non è automatico, ma è subordinato al raggiungimento di un accordo preventivo con l’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’art. 31-ter del D.P.R. n. 600/1973 (introdotto dall’art. 1 dello Schema di Decreto). In assenza di accordo, il “valore di ingresso” per le attività è pari al “minore tra il costo di acquisto, il valore di bilancio e il valore normale” e, per le passività, “al maggiore tra questi”. Perdite su crediti (Art. 13) L’articolo in esame introduce significative modifiche alla disciplina della deducibilità delle perdite su crediti nell’ambito del reddito di impresa. E’ stato, in particolare, individuato con maggior chiarezza il periodo di competenza delle perdite relative ai crediti vantati nei confronti dei debitori assoggettati a procedure concorsuali, facendo riferimento all’imputazione in bilancio, anche se successiva al loro inizio. A queste ultime sono stati, inoltre, assimilati i piani di risanamento attestati e le procedure estere equivalenti previste in Stati che aderiscono allo scambio di informazioni. Trattamento fiscale dei crediti dei soci verso le società (Art. 13) Lo Schema di Decreto apporta modifiche al trattamento fiscale riservato alle rinunce ai crediti da parte dei soci, nonché alla conversione di crediti in partecipazioni. 5
Le sopravvenienze attive realizzate dalle società per effetto della rinuncia ai crediti vantati dai soci saranno irrilevanti (e quindi non imponibili per la società) soltanto fino al valore del credito che non ecceda il relativo valore fiscale; per l’eccedenza, invece, la sopravvenienza attiva sarà pienamente tassabile. Viene previsto l’onere da parte del socio di comunicare alla società il valore fiscale del credito vantato. In assenza di tale dichiarazione il valore fiscale sarà assunto pari a zero e, quindi, la sopravvenienza attiva derivante dalla rinuncia sarà integralmente imponibile in capo alla società. Per quanto riguarda le eventuali conversioni dei crediti in capitale, il valore (fiscale) della partecipazione verrà assunto in misura pari al valore fiscale del credito convertito, al netto delle perdite su crediti eventualmente deducibili per il creditore per effetto della conversione. Esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti (Art. 14) Lo Schema di Decreto introduce un regime opzionale per l’esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni estere (“branch exemption”). La norma è destinata a rivoluzionare uno dei capisaldi della nostra disciplina interna riguardante la fiscalità internazionale, poiché per le imprese che decideranno di optare per questo nuovo regime non assumeranno più alcun rilievo ai fini dell’imposta sul reddito italiana i risultati fiscali, positivi o negativi che siano, attribuibili alle proprie stabili organizzazioni situate all’estero e aventi certi requisiti. L’opzione per il regime di “branch exemption” è “totalitaria”, nel senso che in presenza di più stabili organizzazioni l’impresa non può optare per l’applicazione del nuovo regime di esenzione per alcune e per il mantenimento del sistema del credito per le altre, facendo in sostanza un “cherry picking” delle situazioni ad essa più convenienti. Con un criterio, dunque, “all in - all out”, se l’impresa decide di optare per il regime della “branch exemption”, esso troverà applicazione per tutte le stabili organizzazioni da questa detenute. L’opzione deve essere “immediata”, nel senso che deve essere esercitata, per le imprese che volessero fruire della “branch exemption”, non appena ne sussistano le condizioni, cioè esse si trovino nella condizione di avere almeno una stabile organizzazione con i requisiti per la “branch exemption”. L’opzione è irrevocabile: non solo, quindi, l’opzione deve essere esercitata immediatamente, sussistendone i presupposti, per tutte le stabili organizzazioni dell’impresa residente, ma una volta esercitata non si può più tornare indietro. Per le stabili organizzazioni che hanno le caratteristiche previste dalla normativa CFC di cui all’art. 167 del T.U.I.R., senza poter invocare le relative esimenti, l’opzione per la “branch exemption” determina l’applicazione “tout court” del regime di tassazione per trasparenza CFC. Sono infine previste apposite disposizioni relative alla fase di prima applicazione della disposizione in esame. Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero (Art. 15) Le disposizioni proposte nell’art. 16 dello Schema di Decreto modificano il regime dei crediti d’imposta per i redditi prodotti all’estero, estendendo a tutti i contribuenti il regime di detraibilità per competenza di cui all’art. 165, comma 5, del TUIR, e di riporto 6
avanti e indietro delle eccedenze di tali crediti di cui al comma 6, di cui attualmente beneficiano solo i soggetti passivi imprenditori.
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