Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia _______________________________________________________________________ IX LEGISLATURA - ATTI CONSILIARI - PROGETTI DI LEGGE E RELAZIONI _______________________________________________________________________
CONSIGLIO REGIONALE GM/MN
N. 83 e N. 130-A.BIS RELAZIONE DELLA III COMMISSIONE PERMANENTE
(Istruzione, attività sociali e ricreative: istruzione, igiene e sanità, assistenza sociale, formazione professionale, emigrazione, attività e beni culturali, sport e attività ricreative)
(Relatore di minoranza GUERRA) sulle
PROPOSTE DI LEGGE n. 83
<> presentata dai consiglieri Bassa Poropat, Zorzini, Blazina, Metz, Menosso, Lupieri il 1° luglio 2004
n. 130 <> presentata dai consiglieri Gottardo, Blasoni, Camber, Marini il 12 maggio 2005
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Presentata alla Presidenza il 22 luglio 2005 -----
Spettabile Presidente e Colleghi Consiglieri, l’approvazione di una disciplina organica sui servizi alla prima infanzia risponde indubbiamente alla necessità di svecchiare gli strumenti legislativi regionali in questo settore: infatti, la normativa attualmente in vigore, che si limita ad adattare ai soggetti privati alcuni criteri di qualità propri dei servizi pubblici di asilo nido, non è più in grado di contemplare in sé tutte le tipologie di servizi che, nella legislazione statale, in quella di altre Regioni ovvero nella prassi quotidiana, formano ormai un ampio ventaglio di possibili offerte alle famiglie per l’accudimento dei figli nell’età 0 – 2,5 anni. Se pertanto la finalità della proposta di legge è più che apprezzabile, devo tuttavia far notare come il testo licenziato dalla III Commissione ed ora all’esame dell’aula, è di fatto rimasto inalterato rispetto alla struttura ed all’impianto originari: questo significa che, forse, non si è riusciti ad addivenire ad un grado sufficientemente approfondito dell’analisi delle due proposte di legge abbinate ed ad una maggiore valorizzazione degli elementi di rilievo che anche il testo dei colleghi di minoranza indubbiamente presentava. Intendo dire che, forse, non si sono sufficientemente approfonditi alcuni aspetti legati alla gestione dei nidi da parte dei soggetti privati che pur offrono oltre la metà dei posti bambino in Friuli Venezia Giulia: il testo risente pertanto di un’impostazione che ancora non riconosce a pieno l’offerta educativo dei privati e la loro autonomia in ambito organizzativo, didattico e pedagogico. Riconoscimento dell’autonomia dei privati non significa ovviamente autogestione, ossia l’assenza di standards strutturali e organizzativi che garantiscano la qualità del servizio a tutti gli utenti, in tutto il territorio; significa costruire il sistema integrato dei servizi della prima infanzia partendo dalla considerazione che i modelli organizzativi possono essere diversi perché chiamati a rispondere ad esigenze diverse o perché attuativi di modelli pedagogici diversi; significa, in sostanza, promuovere la qualità dei servizi, garantendo la libertà di scelta delle famiglie.
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Già in passato la Lega Nord aveva promosso le strutture private con una normativa che consentiva loro di ricevere contributi in proporzione al numero di bambini accolti e sulla base di un progetto di incremento degli standards qualitativi (commi 11 e seguenti dell’articolo 13 della Legge Regionale 13/2002). Ci auguriamo che la maggioranza - che ha da poco rifinanziato questa normativa - ponga presto rimedio ai gravi ritardi nell’erogazione dei contributi delle annualità precedenti e sappia cogliere da questo strumento contributivo il fine ultimo per cui era stato impostato, ossia la creazione di un canale di confronto e comunicazione diretto fra Regione e strutture private. Attualmente, infatti, la Regione finanzia le strutture private solo attraverso i Comuni che stipulano convenzioni con le stesse. Manca pertanto un monitoraggio reale e completo della realtà dei servizi privati in Regione. Senza queste informazioni non sarà possibile per la Giunta Regionale emanare regolamenti di attuazione adeguati alla realtà esistenti, in grado di valorizzare e potenziare i servizi esistenti nella loro molteplicità e complessità. In sede di Commissione la Lega Nord ha già proposto una serie di emendamenti mirati a potenziare l’offerta educativa e a valorizzare le strutture private: le nostre proposte sono state in parte accolte. Sotto il primo profilo, è stata inserito il concetto di “servizi educativi familiari” che mutua le sue origini dalle Tagger Mutter alto atesine: si tratta infatti del servizio svolto da operatori preparati che prestano la propria attività educativa e di assistenza in modo stabile e continuativo presso uno spazio domestico adeguato ovvero presso una o più famiglie che mettono a disposizione il proprio domicilio. In aula verranno proposti altri emendamenti per rafforzare ulteriormente questa figura professionale, anche attraverso l’istituzione di un Registro regionale che consenta alle famiglie interessate di contattare gli educatore professionali più vicini alla propria zona di residenza. Sotto il secondo profilo, sono stati inseriti alcuni correttivi a tutela della pari dignità dei servizi privati ed altrettanti saranno proposti al fine di
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concretizzare tale parità, a partire dall’equa partecipazione di operatori pubblici e privati in seno al Comitato di coordinamento pedagogico ed organizzativo. Ci auguriamo pertanto che tutte le forze politiche che compongono il Consiglio vogliano accogliere le nostre osservazioni e proposte in modo costruttivo, salvaguardando così l’interesse di tutti i gestori e gli operatori che verranno presto coinvolti da questa normativa. GUERRA
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CONSIGLIO REGIONALE GM/MN
N. 83 e N. 130-A.TER RELAZIONE DELLA III COMMISSIONE PERMANENTE
(Istruzione, attività sociali e ricreative: istruzione, igiene e sanità, assistenza sociale, formazione professionale, emigrazione, attività e beni culturali, sport e attività ricreative)
(Relatore di minoranza CIANI) sulle
PROPOSTE DI LEGGE n. 83
<> presentata dai consiglieri Bassa Poropat, Zorzini, Blazina, Metz, Menosso, Lupieri il 1° luglio 2004
n. 130 <> presentata dai consiglieri Gottardo, Blasoni, Camber, Marini il 12 maggio 2005
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Presentata alla Presidenza il 25 luglio 2005 -----
Signor Presidente, Colleghi la proposta di legge concernente il sistema educativo integrato dei servizi alla prima infanzia è un importante richiamo alla funzione della Regione quale soggetto che deve garantire percorsi volti al conseguimento di obiettivi di uniformità nell’erogazione delle prestazioni sul territorio regionale. E’ stato maggiormente rafforzato il ruolo di programmazione della Regione aiutando un indirizzo della stessa verso obiettivi che determinino condizioni di cittadinanza comune fra tutti i bambini della nostra realtà regionale. Tra le finalità la definizione di metodi precisi di rilevazione del fabbisogno, che si producano in linee di indirizzo capaci di inserire la specificità delle politiche per l’infanzia all’interno delle politiche sociali, con una cogenza che permetta di vincolare anche una quota delle risorse regionali. Gli asili nido, definiti dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1044 – che li ha istituiti sul territorio nazionale – servizi di interesse pubblico, sono oggi definiti servizi a domanda individuale e vedono attualmente compromessa la loro esistenza per la mancanza di indirizzi, di sostegno economico, addirittura di conoscenza di un’esperienza che ha segnato positivamente negli ultimi venti anni la vita sociale ed educativa di tanti bambini e genitori. Mentre l’urgenza è quella di qualificare ed estendere tali esperienze, il rischio è di vederle progressivamente ridursi se non addirittura spegnersi. Le proposte di legge hanno sollecitato il governo regionale ad affrontare il problema degli asili nido come servizio nel quale si realizza una parte importante dei diritti dell’infanzia. E’ la stessa esperienza di questi anni a spingere verso tale definitivo riconoscimento. Gli asili nido sono uno degli ambiti nei quali trovano risposte i diritti al gioco, alla formazione e allo sviluppo dei bambini più piccoli; hanno consentito lo svilupparsi di tanta parte della ricerca pedagogica sui primi anni di vita e di nuove professionalità prima inesistenti; hanno prodotto una cultura dell’infanzia che nella realtà più avanzate si è fortemente radicata nella popolazione. Garantire ai bambini luoghi di crescita di qualità elevata, di cui il sistema pubblico si assuma la responsabilità, aperti a tutti e i cui costi siano accettabili per le famiglie e i bambini interessati, è un dovere per un Paese ed una Regione che si dicono sensibili ai diritti delle bambine e dei bambini. Infatti, mentre c’è stata forte attenzione, anche dei media,
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violenza, di abuso, fisico e psicologico, e di toni sempre più allarmanti, gli interventi sono stati parziali, spesso trascurando la “normativa” e le politiche per migliorare la qualità della vita infantile, connotata sempre più da fenomeni di solitudine, e non sono stati in grado di risolvere una situazione dalla quale è assolutamente necessario risalire attraverso l’adozione di politiche complessive e concrete a favore della prima infanzia tra cui, prioritariamente, lo sviluppo dei servizi per l’infanzia, adeguati sul piano quantitativo e qualitativo e a costi accessibili. Va comunque sottolineato che l’impostazione data dalla maggioranza di Intesa Democratica, pur con aggiustamenti frutto del lavoro della commissione, ha ancora intrinseca in se una volontà assolutamente centralista e statalista della formazione sulla prima infanzia. Vi è stato cioè un riconoscimento delle realtà private della nostra regione (peraltro la maggioranza) quasi a fatica da parte di Intesa Democratica. Alleanza Nazionale ritiene il testo presentato sia sufficiente ma indubbiamente da perfezionare in aula, con l’ausilio di emendamenti che presenteremo, cui auguro i colleghi vorranno porre la massima attenzione. CIANI
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CONSIGLIO REGIONALE GM/MN
N. 83 e N. 130-A.QUATER RELAZIONE DELLA III COMMISSIONE PERMANENTE
(Istruzione, attività sociali e ricreative: istruzione, igiene e sanità, assistenza sociale, formazione professionale, emigrazione, attività e beni culturali, sport e attività ricreative)
(Relatore di minoranza MOLINARO) sulle
PROPOSTE DI LEGGE n. 83
<> presentata dai consiglieri Bassa Poropat, Zorzini, Blazina, Metz, Menosso, Lupieri il 1° luglio 2004
n. 130 <> presentata dai consiglieri Gottardo, Blasoni, Camber, Marini il 12 maggio 2005
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Presentata alla Presidenza il 25 luglio 2005 -----
Signor Presidente, egregi colleghi,
il testo unificato proposto dalla Commissione, relativo al sistema educativo integrato dei servizi alla prima infanzia, costituisce una disciplina di settore esaustiva, quasi un testo unico. Tuttavia, la caratterizzazione di completezza è vanificata da taluni contenuti fortemente limitanti lo sviluppo dei servizi della prima infanzia in Friuli Venezia Giulia. Infatti, la nuova disciplina deve porsi l’obiettivo di una significativa crescita delle opportunità di servizi da assicurare alle famiglie in termini qualitativi e quantitativi, con il coinvolgimento fattivo di tutti i soggetti interessati, dal momento che, nei nidi d’infanzia in particolare, la disponibilità di posti è solo di 10,8 ogni 100 bambini e bambine da 0 a 2 anni, per complessivi 3.512 posti, a fronte di una media europea attestata sul 30. Peraltro, le 126 strutture in attività non sono omogeneamente distribuite nel territorio, con ampie aree sprovviste di servizi e con condizioni di accessibilità economica assai onerose per le famiglie. Le rette sono tra le più alte d’Italia (fonte Ricerca UIL-2005 su 50 città capoluogo di provincia-campione): la media nazionale è di 261,30 euro/mese; a Udine, invece, si pagano mediamente 454,40 euro/mese. Le politiche regionali in materia di famiglia sono poche e scarsamente incisive: da ciò la necessità di una legge regionale organica ad hoc a sostegno della famiglia, di cui questo provvedimento settoriale non può che essere un’anticipazione significativa. Anche l’attuale spesa corrente regionale per il settore (5,2 milioni di euro di quota parte del Fondo Sociale Regionale per l’anno 2004) è insufficiente quantitativamente e qualitativamente, dal momento che attraverso i Comuni sostiene la sola gestione delle strutture pubbliche e del privato sociale convenzionate. Da tutto ciò emerge l’esigenza di questa nuova disciplina regionale, promotiva per i suoi contenuti e per le risorse che movimenta e non solo definitoria di un “sistema” dal quale emergono, diversamente, soltanto i nuovi vincoli. Questa prospettiva non è presente nel provvedimento in esame per almeno tre grandi questioni. 1. PLURALISMO EDUCATIVO, SUSSIDIARIETA’ SOCIALE E RUOLO DEI COMUNI, DELLE PROVINCE E DELLA REGIONE Il diritto di scelta e l’autonomia educativa delle famiglie sono espressamente riconosciuti (articolo 1, c. 2) quale fondamento dell’azione che la Regione intende realizzare anche con l’attuazione del principio di sussidiarietà sociale (articolo 1, c. 4). Tali principi, tuttavia, non trovano, nell’ambito del provvedimento, una statuizione coerente, in particolare con un ruolo “invasivo” dell’Amministrazione regionale e dei Comuni. Infatti si prevede (articolo 24, c. 1) che i Comuni assicurino il coordinamento pedagogico ed organizzativo del “sistema”, che comprende gestori pubblici, del privato sociale e privati “per il raggiungimento di livelli organizzativi omogenei e l’uniformità di indirizzo pedagogico”. Si tratta di una spesa aggiuntiva per i Comuni che esula dalle loro funzioni istituzionali, ma soprattutto di un inaccettabile intervento “dall’alto” per attività che devono diventare “sistema” a partire dalle singole realtà d’offerta, frutto delle scelte delle comunità locali e delle famiglie.
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Al Comitato di coordinamento pedagogico ed organizzativo (articolo 16) è attribuita, poi, la funzione di proporre “indirizzi pedagogici omogenei” per le diverse tipologie di servizi, evidenziando una volontà “dirigistica” di tale organismo tecnicoconsultivo della Regione decisamente fuori luogo, dal momento che la sussidiarietà sociale è piena considerazione e riconoscimento del “progetto” delle singole realtà del privato sociale. In un “sistema” plurale indirizzato verso la crescita qualitativa, poi, il ruolo dell’ente pubblico diviene quello di regolatore e garante nei confronti dei beneficiari dei servizi, con la fissazione di standards e requisiti ma, soprattutto, con una costante ed uniforme attività di verifica. In un sistema di servizi educativi integrati, articolato su livelli successivi di qualificazione, quali l’autorizzazione e l’accreditamento, questo è indispensabile, ma il provvedimento, invece, per questa prospettiva, è fortemente carente. Si è voluto, ideologicamente, attribuire al Comune anche ciò che non è opportuno che il Comune faccia (articolo 10), come il controllore-controllato dei propri servizi (comma 1, lettere a) e b), evitando di attribuire alle Province (articolo 11) quelle funzioni di controllo tipiche dell’area vasta, in quanto da assicurare in termini unitari in un determinato territorio. E’ decisamente un errore nell’organizzazione del sistema, che Regioni come la Toscana e l’Emilia-Romagna si sono ben guardate dal fare, ma soprattutto l’ennesima dimostrazione che la devolution, per Illy e Intesa Democratica, ancora una volta si ferma alle parole.
2.
LIBERTA’ DI SCELTA DELLE FAMIGLIE E UTILIZZO DELLE RISORSE FINANZIARIE
E’ intuibile che in un sistema organizzato, le risorse economiche, insieme a quelle umane, costituiscono il motore della sua evoluzione e quindi il loro utilizzo deve essere coerente rispetto agli obiettivi che si vogliono perseguire. Fermo restando che la quantificazione delle risorse finanziarie disponibili non è stata ancora definita, le linee di spesa ipotizzate sono contraddittorie, fortemente discriminanti per le famiglie nella loro scelta educativa, e controproducenti rispetto allo sviluppo quantitativo e qualitativo dei servizi da perseguire. Infatti, da una parte si prevede (articolo 13, c. 1, lettera b) che le risorse regionali per il sostegno alla gestione e agli investimenti siano riservate ai soggetti gestori pubblici e privati accreditati in convenzione, mentre poi, nella definizione di un nuovo canale di spesa, si prevedono i contributi a sostegno della gestione per i soli nidi d’infanzia comunali (articolo 15), facendo un vistoso ed inspiegabile passo indietro rispetto alla normativa attualmente in vigore che prevede, da oltre dieci anni, contributi per la gestione anche per le strutture convenzionate. Siamo forse alla ideologica affermazione della supremazia del “pubblico” sul privato? Si prevede, poi, che il nuovo intervento finanziario regionale, l’abbattimento delle rette a carico delle famiglie per l’accesso ai servizi, riguardi solo le strutture pubbliche e quelle private accreditate e convenzionate e non indistintamente tutte quelle accreditate. E’, questa, una previsione inaccettabile perché limita fortemente la libertà di scelta delle famiglie ma anche perché contraddittoria rispetto alle finalità della
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legge. Infatti, va chiarito che la legge reca un nuovo quadro di riferimento e “la convenzione” con il Comune (articolo 13, c. 4) è altro rispetto alle convenzioni oggi in vigore disciplinate dall’articolo 12, comma 2, lettera a), della legge regionale 49/1993 e successive modificazioni ed integrazioni, dal momento che l’accreditamento (articolo 19) è esaustivo del possesso dei requisiti qualitativi e quantitativi omogenei, superiori rispetto a quelli necessari per l’autorizzazione al funzionamento necessari per l’accesso ai finanziamenti pubblici (comma 2). Nella presente proposta di legge la convenzione assume, pertanto, valore meramente negoziale e andrà a disciplinare solo quel rapporto di mandato da parte del Comune ad un soggetto gestore accreditato del privato sociale o privato. Le strutture accreditate convenzionate, infatti, non devono possedere requisiti diversi da quelle accreditate. L’esclusione di queste ultime, pertanto, dalla possibilità di fruire, tramite le famiglie, della contribuzione per l’abbattimento delle rette diviene anche un disincentivo per le strutture stesse ad accreditarsi e, conseguentemente, è penalizzata la crescita qualitativa del sistema.
3.
VERSO IL SISTEMA EDUCATIVO INTEGRATO
Realizzare un sistema educativo integrato per la prima infanzia muovendo dall’attuale e diversificata realtà dei servizi richiede l’attuazione di azioni concomitanti per le quali sono decisive “le regole” che la nuova disciplina legislativa e quella regolamentare prevista (articolo 13, c. 2) recheranno. L’eterogeneità degli interlocutori – famiglie, istituzioni pubbliche, operatori del privato sociale e imprenditori del settore dei servizi – impone chiarezza di riferimenti e una oggettiva giustificazione, correlate solo alle finalità di interesse generale del sistema, per i gravami di standards e procedure che si impongono. Anche perché eccessi e imprecisioni hanno l’effetto di comprimere e demotivare un sistema che deve invece essere vivace e propositivo. Dal testo del progetto emergono alcune criticità. La prima è quella relativa all’eccesso di requisiti relativi a servizi integrativi (articolo 4, c. 3): la presenza obbligatoria della figura dell’educatore costituisce un aggravio di costi che si ripercuoterà negativamente sullo sviluppo di tale tipologia di servizi. E’ mai possibile che in centri per bambini e genitori (comma 2, lettera a), dove già questi ultimi sono pienamente titolati a svolgere la funzione educativa, o negli spazi gioco (comma 2, lettera b), vi debba essere anche la presenza obbligatoria dell’educatore? In secondo luogo la disciplina transitoria (articolo 28) non può ipotizzare soltanto un periodo di transizione (commi 3 e 4), ancorché gravato da un procedimento amministrativo attuabile a domanda, ma deve, più opportunamente, collocare ope legis i servizi già in attività, in relazione al loro livello di cooperazione con le istituzioni locali, già entro il nuovo sistema autorizzazione/accreditamento, con le necessarie tempistiche per gli adeguamenti ai nuovi standards. Diversamente, alle strutture attualmente convenzionate verrebbe meno la continuità del rapporto con i Comuni e con ciò, anche, la continuità di erogazione dei servizi. Affinché la transizione sia contenuta nel tempo e volta al miglioramento qualitativo delle singole strutture, con conseguimento degli standards
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dell’accreditamento, in prima applicazione della legge, per un periodo di due/tre anni, le risorse finanziarie per gli investimenti andrebbero vincolate a tale finalità. Si confida che durante l’esame da parte dell’Aula, al provvedimento verranno apportate e modificazioni conseguenti alle considerazioni sopra esposte.
MOLINARO
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CONSIGLIO REGIONALE GM/MN
N. 83 e N. 130-A.QUINQUIES RELAZIONE DELLA III COMMISSIONE PERMANENTE
(Istruzione, attività sociali e ricreative: istruzione, igiene e sanità, assistenza sociale, formazione professionale, emigrazione, attività e beni culturali, sport e attività ricreative)
(Relatore di minoranza CAMBER) sulle
PROPOSTE DI LEGGE n. 83
<> presentata dai consiglieri Bassa Poropat, Zorzini, Blazina, Metz, Menosso, Lupieri il 1° luglio 2004
n. 130 <> presentata dai consiglieri Gottardo, Blasoni, Camber, Marini il 12 maggio 2005
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Presentata alla Presidenza il 25 luglio 2005 -----
Spettabile Presidente e Colleghi Consiglieri, la “filosofia” di una nuova norma - soprattutto quando si tratta di una legge organica di settore - è resa evidente da quanto esprimono i primi articoli (principi, oggetto, finalità, definizioni, etc). Accade spesso però che i principi solennemente affermati non trovano riscontro nei successivi articoli di legge, anzi dalla loro lettura si rende evidente che le finalità sono diverse da quelle affermate o comunque vi sono finalità che vanno ben al di là di quelle che espressamente vengono poste fra i principi ispiratori. Nel caso della legge sugli asili nido questo fenomeno è evidente! Non si può negare infatti che il testo approvato dalla Terza Commissione, che contiene aspetti positivi frutto del lavoro del Comitato ristretto appositamente costituito, afferma dei principi e finalità condivisibili, quali l’ispirazione al principio di sussidiarietà e solidarietà, il riconoscimento del diritto alla scelta educativa delle famiglie, il riconoscimento e la valorizzazione del ruolo delle formazioni sociali senza scopo di lucro. Tali principi però trovano una sistematica negazione negli articoli successivi! Il Sistema educativo integrato che la presente proposta di legge vuole costituire, nei fatti si tradurrà in una sistematica omologazione della realtà degli asili nido che oggi egregiamente costituiscono una efficace risposta alle esigenze delle famiglie. La abbiamo più volte affermato: presentando la proposta di legge n. 130, nel corso delle ampie consultazioni con gli operatori del settore, infine nell’ambito dei lavori del comitato ristretto e della Commissione. Abbiamo ribadito che la preoccupazione della nuova normativa deve rivolgersi soprattutto a sostenere chi già opera e che in questi anni ha saputo operare. Abbiamo aggiunto che dagli anni Novanta, le famiglie, organizzandosi liberamente in associazione o tramite le scuole materne libere già esistenti hanno costituito una valida rete di strutture di accoglienza per bambini, spesso annesse alle scuole materne. Tale realtà diffusa in tutta la Regione costituisce un fenomeno assai interessante poiché: a) è costituita da realtà del privato sociale di diretta emanazione delle famiglie e delle loro formazioni sociali, e quindi una espressione viva della sussidiarietà sociale; b) copre una vasta fascia del fabbisogno regionale (le stime desunte dai dati emersi nel corso delle consultazioni parlano di 1200 posti disponibili); c) essendo espressione delle realtà familiari e locali i servizi sono impostati e ritagliati sulle esigenze delle famiglie, sia per quanto attiene il progetto educativo, sia per quanto attiene il modello organizzativo che, seppur proposto dal soggetto gestore, trova riscontro nell’adesione delle famiglie; d) queste strutture ha svolto un ruolo sussidiario rispetto alle strutture pubbliche, fornendo un servizio a tutte le famiglie dove il servizio pubblico non riusciva ad arrivare. . Abbiamo ritenuto quindi, nel presentare la proposta di legge n. 130, di valorizzare e sostenere questa importante realtà sociale che nel corso degli anni si era andata costituendo, ritenendo che la preoccupazione del legislatore debba essere di aiutare coloro che, pur non essendo diretta emanazione dell’Ente pubblico, nei fatti svolge un servizio per l’intera popolazione.
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La bozza di proposta di legge uscita dal Comitato ristretto e poi approvata, con limitate modifiche dalla Terza Commissione, pur affermando fra i propri principi ispiratori la valorizzazione del ruolo degli enti no profit (articolo 1 comma 4), nei fatti risente di una concezione “statalista” della società, ove si concepisce il “pubblico” quale unico vero soggetto, e al quale i soggetti “non pubblici” sono costretti ad adeguarsi. L’intera struttura della proposta di legge, nonostante le numerose proposte emendative presentate dalle forze politiche di opposizione ed accolte solo in minima parte, risente di questa impostazione di fondo. E’ ben vero che per le strutture del privato sociale e private, viene previsto l’istituto dell’accreditamento in convenzione, con la possibilità di usufruire dell’abbattimento delle rette. Ma il rilascio dell’accreditamento e della relativa convenzione è subordinato ad una serie di adempimenti sui quali si esprimono le nostre forti perplessità. Qualcuno ha parlato di rischio di “omologazione”. Ed in effetti preoccupano non poco alcune disposizioni previste dalla pdl: “..tende a garantire riposte unitarie” (art. 2 comma 1); “propone … indirizzi pedagogici omogenei” (art. 16 comma 2). Si tratta di norme la cui attuazione peraltro viene demandata al Regolamento di cui all’articolo 13 e all’attività del Comitato di Coordinamento di cui all’articolo 16. Chiediamo al consiglio regionale di proseguire nello sforzo di rendere la nuova legge regionale sul servizio integrato all’infanzia – dei quali tutti ne condividiamo l’importanza e l’urgenza - più aderente al principio della sussidiarietà sociale. A tal fine si concentrerà il nostro sforzo quale gruppo di opposizione: presenteremo infatti emendamenti volti a correggere un’impostazione che, ribadiamo, ci sembra eccessivamente statalista. Un eccesso di statalismo che prevede di demandare ai Comuni al potestà del controllo e verifica anche sulle proprie strutture: il Comune cioè controlla se stesso, formula che ci lascia forti perplessità. Forse la proposta contenuta nel pdl n. 130 con la quale si prevedeva di affidare, in via sperimentale, il rilascio dell’autorizzazione sulla base di una perizia giurata rilasciata da tre tecnici poteva sembrare fantascientifica (anche se con successo utilizzata in Lombardia ed in altre regioni), ma che un ente controlli se stesso ci pare quantomeno inopportuno. Restano ulteriori perplessità anche su alcuni aspetti tecnici di dettaglio quali ad esempio la necessità di specifiche deroghe urbanistiche per gli asili nido aziendali: pensiamo utile consentire la possibilità che tali strutture possano essere realizzate nell’ambito delle zone produttive e commerciali. E’ assai probabile infatti che un asilo nido aziendale possa nascere nell’ambito di tali zone urbanistiche, ed è altrettanto probabile che gli strumenti urbanistici comunali non prevedano la realizzazione di asili nido nell’ambito di tali zone. Si corre il serio rischio che iniziative imprenditoriali volte a realizzare nidi aziendali (magari con un contributo pubblico per la realizzazione) si scontrino con l’impossibilità di ottenere l’autorizzazione o concessione edilizia. Perplessità suscita anche la norma transitoria, ove si prevede per le strutture esistenti un lasso di tempo di due anni – dalla data di entrata in vigore del Regolamento attuativo - per l’adeguamento alle nuove prescrizioni. Si potrà così verificare che strutture private o del privato sociale realizzate anche con finanziamenti pubblici debbano realizzare onerosi lavori di adeguamento. Si ribadisce a questo proposito quanto già suggerito in commissione in merito al fatto che per le strutture esistenti, oltre al necessario rispetto delle norme sanitarie ed antinfortunistiche, non venga imposto l’adeguamento a nuovi parametri.
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In conclusione riaffermiamo, sulla base delle motivazioni sopra esposte, il nostro voto contrario al testo di legge approvato dalla Terza Commissione. CAMBER
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