Percorsi ipogei Alla ricerca di nuove grotte utilizzando il termometro
Edizione 1/2007
Franco Salvioli
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INDICE
Introduzione Capitolo
1 L‟importanza dell‟aria
Capitolo
2 Strumenti
Capitolo
3 Le A) B) C)
Capitolo
4 Le misure parte seconda: lo spazio e il tempo
Capitolo
5 Modelli e percorsi
Capitolo
6 Il terzo percorso
Capitolo
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misure parte prima: sviluppo e circolazione Le cavità con un ingresso Le cavità barometriche Le cavità con due e più ingressi
Alla ricerca di nuove grotte A) Le anomalie in funzione spazio B) Le anomalie in funzione tempo
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Introduzione
La speleologia è rimasta una delle poche attività, legate alla geografia, dove si possono ancora effettuare scoperte, frequentare luoghi che prima di noi nessuno aveva visto; fra l‟altro non dobbiamo nemmeno trasferirci in zone sperdute di continenti lontani, ma il più delle volte a pochi chilometri da casa nostra vi sono aree carsiche nelle quali è possibile esplorare nuove cavità. Ne sono state censite fino ad oggi, solo in Italia, poco più di 30.000. Si tratta indubbiamente di un risultato notevole, che non ha però esaurito le potenzialità esistenti, le quali restano tuttora enormi. Non è superfluo ricordare come vi siano intere montagne di calcare nelle quali non è ancora stato scoperto nulla, dagli inghiottitoi in quota alle sorgenti a valle, i sintomi ci sono, ma delle grotte per ora nessuna traccia. Del resto trovarne di nuove, non è poi così facile come può sembrare, quante volte durante una battuta si è rimasti indecisi sul da farsi: come distinguere un abisso dalle altre cavità minori? Nei 150 anni trascorsi dalla nascita della speleologia, sono stati proposti svariati metodi di ricerca: dalla raccolta di informazioni presso gli abitanti della zona ( in particolare pastori, cacciatori e cavatori), alla bacchetta sfurmigadora di moda nel secolo scorso, mentre in epoca più recente troviamo le prospezioni geoelettriche, per non dire delle misure di ionizzazione e delle termocamere a raggi infrarossi collocate sugli elicotteri, ma alla fine l‟aria resta quella che probabilmente ha dato e continuerà a dare i risultati migliori. Come utilizzarla poi, per individuare nuove cavità, si è rivelato un obiettivo tutt‟altro semplice da raggiungere e le indagini non sono certo terminate. Quello che proponiamo, in questa dispensa, è una tecnica di ricerca che utilizza il termometro come aiuto nell‟esplorazione. Se “Buca Libre” (1500 T/LU) è stato il primo abisso che abbiamo scoperto grazie ad essa, dietro quel risultato c‟è un lungo lavoro per formulare una metodologia appropriata, come impostare le misure, che tipo di confronti fare. In breve nel corso degli anni si è affermato un modo nuovo di vedere l‟ambiente sotterraneo: mandata in pensione la vecchia immagine di stabilità, ora sono le variazioni di temperatura dell‟aria in movimento a guidarci verso nuove scoperte. Un lavoro dedicato non tanto allo studio del clima sotterraneo o alla meteorologia ipogea anche se ovviamente parleremo di questi argomenti, ma all‟esplorazione utilizzando la temperatura dell‟aria. Da leggere quindi tenendo presenti quali sono le reali motivazioni: alcuni suggerimenti che non possono essere usati a se stanti, ma inseriti in un contesto che li affianchi ad una indispensabile conoscenza della geologia, l‟idrologia, la tettonica, il ruolo avuto dai ghiacciai nel passato, nonché un‟analisi del carsismo superficiale, tutti elementi che insieme ci possono aiutare nel valutare se esistono anche abissi da esplorare. Volutamente ho tralasciato la parte matematica e le equazioni di fisica che sarebbero risultate ostiche a chi non ha una preparazione scientifica, preferendo una comunicazione tramite grafici di più facile lettura e accessibilità I primi capitoli presentano un‟esposizione delle nozioni di base, introducendo gradualmente alla parte centrale dedicata al percorso ipogeo, per giungere infine alla terza parte dedicata alle applicazioni nella ricerca di nuove grotte.
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CAP. N. 1 L‟IMPORTANZA DELL‟ARIA Le grotte di origine carsica costituiscono circa l‟80% delle cavità esistenti e si formano, come noto, ad opera dell‟erosione e dissoluzione delle rocce carbonatiche. Fenomeni simili sono presenti anche nelle formazioni evaporitiche quali: gesso, salgemma e anidriti. In queste cavità, lo spazio una volta occupato dalla roccia, viene sostituito da acqua e aria, i due fluidi che percorrono l‟ambiente sotterraneo. Vediamo come possono aiutarci nella ricerca di nuove grotte. Lo studio dell‟acqua in uscita da una sorgente ci fornisce una quantità di informazioni sul bacino di alimentazione, la sua estensione, le rocce che lo compongono, analizzando le curve di deflusso si può determinare, almeno a grandi linee, le caratteristiche del complesso carsico che vi è a monte. Si tratta di informazioni certo preziose, ma che purtroppo non ci consentono di localizzare gli ingressi per accedervi. L‟aria invece, studiata con attenzione, può diventare uno strumento insostituibile sia per trovarne di nuove, come nella loro successiva esplorazione. Se però vogliamo andare oltre al solito e banale “soffia, scaviamo”, è necessario dotarsi di alcuni strumenti in grado di trasformare l‟aria in una vera fonte di informazioni. Nel passato il termometro era considerato uno strumento più adatto all‟attività di uno scienziato che non a quella di un esploratore, oggi invece sono proprio questi ultimi che possono trarne, dal suo uso, importanti benefici. Che tipo di relazione esista tra le grotte che si sviluppano sotto terra e quei buchi che soffiano aria in superficie, è uno degli argomenti più delicati che l‟indagine speleologica si trovi ad affrontare come pure la buccia di banana sulla quale sono scivolati non pochi esploratori. La Val Serenaia nelle Alpi Apuane, sotto questo aspetto è esemplare: nella zona di affioramento dei marmi, per anni sono state effettuate battute e per anni, gli speleologi, sono tornati a casa a mani vuote. Se osserviamo la collocazione delle sigle lasciate e i tentativi di scavo intrapresi, appare evidente che si è trascurata l‟aria. Prestando maggior attenzione alle sue caratteristiche, non si sarebbero scambiati abissi per buchetti . Sul versante opposto, sui pendii del Monte Cavallo, c‟è un‟ampia area carsica dove furono organizzati negli anni passati sia battute che campi speleo. Sono a catasto: qualche dolina e alcuni pozzi di poche decine di metri di profondità. Eppure sotto i piedi di chi svolgeva questo lavoro c‟era l‟Abisso Pannè (1325 T/LU): chilometri di gallerie che non aspettavano altro che qualcuno andasse ad esplorarle. Come è stato possibile non accorgersi di una grotta come questa? Sottovalutare l‟aria anche in questo caso si è rivelato fatale. Episodi simili a quelli riportati se ne conoscono tanti, non solo in Toscana, testimoniando da una parte certo l‟importanza dell‟aria, ma dall‟altra la necessità di procedere con cautela: se la presenza di un buco oppure una frattura soffiante, indicano l‟esistenza di una prosecuzione, questo non ci autorizza a disostruire in modo indiscriminato. Per avere un‟idea anche soltanto approssimativa del fenomeno, nelle Alpi Apuane, sono diverse migliaia le cavità soffianti, e gli speleologi cosa dovrebbero fare? Scavarle tutte trasformandosi in minatori ? E‟ evidente che non è questa la strada giusta da seguire. Esiste un approccio più razionale: l‟aria in uscita da queste cavità non è uguale, col termometro siamo in grado di individuare delle differenze, studiarle e capire dove vale la pena lavorare e dove invece è meglio lasciar perdere.
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CAP. N. 2 STRUMENTI Per l‟attività che proponiamo il termometro è l‟unico strumento che verrà utilizzato, in questo capitolo presentiamo una piccola rassegna dei modelli disponibili, ma per chi fosse interessato ad approfondire l‟argomento rimandiamo alla lettura dei manuali specializzati. Il termometro a mercurio
Il termometro a mercurio fu costruito agli inizi del settecento da Fahrenheit, rimanendo fino a pochi decenni fa il più diffuso strumento di misurazione della temperatura. Aveva i suoi pregi, ma anche tanti difetti e la nascita dei digitali ha rappresentato una svolta epocale. Soprattutto la possibilità nei modelli più evoluti di passare da una gestione manuale ad una informatizzata delle misure, tramite programmi in gradi di elaborare migliaia di dati in pochi secondi, ha fatto si che i termometri a mercurio siano ormai relegati tra i cimeli storici. I termometri digitali
Di termometri digitali ce ne sono sul mercato diverse decine di modelli, possiamo suddividerli in due famiglie: quelli fissi ( data logger ) che misurano la temperatura in funzione del tempo e quelli portatili che possono misurarla sia in funzione del tempo che dello spazio. In grotta li si usa solo per misure in funzione dello spazio, vedremo meglio nei capitoli successivi le conseguenze di questa differenza. I digitali portatili Quelli a sonda fissa, li scarterei per principio, non sono comodi e in certe situazioni diventa problematico effettuare la misura. Quelli a sonda mobile invece si possono considerare ottimali. Sono costituiti da un corpo centrale che contiene i circuiti con la batteria e dalla sonda con cavo di collegamento. Per quanto riguarda quest‟ultima, ne esistono diversi modelli, quelle più comuni sono a termocoppia oppure a termoresistenza. Quella a termocoppia hanno un maggiore campo di applicazione ( dai –200 ai +2000 ) ma una minore precisione, ne esistono diversi modelli indicati con una lettera dell‟alfabeto, le più diffuse sono ( K, J, T, E, N, B, R, S) , ogni sigla indica i due materiali di composizione e le caratteristiche tecniche. Quelle a termoresistenza, come indica il nome, sfruttano la proprietà dei materiali di opporre resistenza al passaggio di una corrente elettrica. Le più diffuse sono quelle al platino, hanno un campo di applicazione più ridotto rispetto alle termocoppie, sono un po‟ più lente, ma in compenso una maggior precisione e una maggior stabilità nel lungo periodo, in pratica le PT 100 sono quelle che fanno al nostro caso. La lettura della temperatura, viene fatta su un display eliminando tutti i problemi di interpretazione e interferenza tipici dei termometri a mercurio I vantaggi: La leggerezza. La robustezza: sono più robusti di quello che sembra e questo ci permette di evitare protezioni ingombranti, la normativa recente prevede per i termometri l‟indicazione del grado IP di protezione Gli svantaggi: Richiede una manutenzione periodica da effettuarsi con cura e attenzione se non si vuole correre il rischio di buttare lo strumento: 1) togliere la pila dopo aver usato lo strumento e cambiarla spesso 2)
controllare i contatti di collegamento tra sonda e corpo centrale
3)
asciugare il termometro dopo averlo usato in grotta 5
4) L‟umidità: Le apparecchiature elettroniche in generale soffrono l‟umidità e in grotta siamo al 100%, è il posto meno adatto per loro. Le problematiche sono uguali a quelle dei flash e macchine fotografiche. Ci sono comunque piccoli accorgimenti che permettono di limitare i danni: come proteggere lo strumento con una pellicola trasparente tipo cuki. Mi fiderei poco degli strumenti dati per impermeabili, non sono pensati per essere usati in grotta meglio proteggere anche loro. I digitali fissi o Data loggers È uno strumento più sofisticato degli altri, oltre a misurare la temperatura in funzione del tempo, registra i dati in una memoria salvandoli fino al momento del loro utilizzo. Mentre gli altri strumenti richiedono la presenza dello speleologo con tutto quello che questo comporta, vedi interferenza sulla misura, errori di interpretazione e di lettura. Il data logger lavora in automatico senza la presenza umana, eliminando alla radice questo tipo di disturbi. E‟ formato da quattro componenti: 1) una custodia nella quale è inserito il sensore, le pile, la memoria 2) un supporto con cavo di collegamento per il P.C. 3) un C.D. con il software 4) un P.C. o stampante La custodia è stata progettata e costruita per lavorare anche in ambienti umidi e questo ci risparmia il problema di proteggere lo strumento. Il software contiene le istruzioni per programmare lo strumento scegliendo l‟intervallo di tempo tra una misura e la successiva. Dopo aver acquisito e salvato di dati sul P.C. ( in alcuni modelli si può sostituire il PC con una stampante) sono disponibili dei programmi di elaborazione dati con restituzione grafica in vari formati. Una precauzione ovvia è quella di calcolare la quantità di misure da prendere e la disponibilità della memoria e della batteria, il calcolo viene fatto anche in automatico al momento della programmazione. Purtroppo è già successo che sforando il tempo programmato, si siano persi dati per settimane di misurazione. Discorso comune ai due tipi di strumenti riguarda le pile, la maggior parte usa le 9 volt ma alcuni modelli anche 4 stilo tipo AAA da 1.5 volt monouso. I modelli più moderni di termometro hanno un sistema di auto diagnosi che avvisa quando la carica della pila è scesa sotto il livello di sicurezza e a quel punto conviene cambiarla subito. Dei test fatti con pila carica e una quasi scarica davano fino 1° C di differenza, a pile ormai consumate i termometri digitali forniscono valori che non sono attendibili.
La tecnologia mette a disposizione anche strumenti più precisi di quelli indicati, al centesimo di grado e oltre, si tratta di attrezzature che sono più adatte alla ricerca scientifica che non all‟attività esplorativa. Il loro costo, migliaia di euro, è al di fuori delle possibilità finanziarie della stragrande maggioranza dei gruppi speleo, mentre quelli al decimo di grado sono accessibili a prezzi decisamente inferiori e risultano ottimali per la nostra attività. Il termometro è uno strumento tutto sommato semplice da usare, ci sono comunque una serie di piccoli accorgimenti da seguire, alcuni dei quali veramente banali, che possono fare la differenza tra l‟acquisire misure utilizzabili oppure lavorare inutilmente.
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La prima cosa da tenere presente sono ovviamente le fonti di calore: il corpo umano è in generale più caldo (a parte alcune grotte termali) dell‟ambiente sotterraneo che frequentiamo, aggiungiamo l‟impianto di illuminazione composto da bombola al carburo e fiamma ad acetilene sul casco ed avremo tre fonti di calore che generano un ciclo convettivo in grado di alterare la temperatura della cavità. In ambienti grandi ma soprattutto alti, la perturbazione che introduciamo è trascurabile e si disperde, mentre in strettoie la perturbazione diventa significativa, in pochi minuti possiamo modificare anche di alcuni gradi la temperatura originale vanificando le misure. Negli ultimi anni, alcune aziende hanno messo in commercio impianti di illuminazione a led dalle prestazioni sempre più affidabili tanto che, un numero crescente di speleologi, ha abbandonato il carburo per adottare definitivamente questo tipo di illuminazione. Per quanto ci riguarda l‟arrivo dei led è certamente positivo, eliminare bombola e fiamma ad acetilene vuol dire sopprimere due belle fonti di disturbo, il tutto a vantaggio della precisione e attendibilità delle misure. Resta il calore prodotto dal nostro corpo, la soluzione più semplice è quella di usare un cavalletto: si colloca il termometro nella zona prescelta, ci allontaniamo, aspettando i minuti necessari per rilevare la temperatura e poi torniamo a trascrivere il valore registrato. Ovviamente durante questa operazione ci posizioniamo a valle del flusso d‟aria per evitare che il nostro calore venga portato contro la sonda. Secondo: quanto tempo bisogna aspettare perché la sonda rilevi la temperatura dell‟aria? Le sonde hanno caratteristiche tecniche diverse con risposte e tempi altrettanto diversi, la cosa migliore è fare delle prove per capire come funziona il termometro che abbiamo in mano. In generale dieci minuti sono più che sufficienti per avere una misura attendibile. Rarissimi i casi nei quali si è andati oltre questo intervallo di tempo e si trattava sempre di cavità barometriche dove l‟alternarsi della circolazione d‟aria in entrata e uscita faceva alzare e scendere i valori del termometro. Terzo: quando si rilevano le temperature all‟interno di una grotta è preferibile farlo sempre controcorrente: in estate dall‟ingresso basso verso quello alto, in inverno dall‟ingresso alto verso quello basso. Raramente si entra in grotta da soli, la nostra presenza e quella degli amici che ci accompagnano comporta inevitabilmente un disturbo nonostante le precauzioni che possiamo adottare. Misurare controcorrente è un piccolo espediente che ci permette di rilevare in una zona ancora incontaminata utilizzando il vento della grotta per portare alle nostre spalle l‟interferenza che introduciamo. Quarto: ci sono momenti più favorevoli durante la giornata per effettuare le misure: meglio al mattino, al pomeriggio o alla sera ? Le condizioni migliori si hanno con cielo sereno e pressione stabile sia in estate per gli ingressi bassi come in inverno per gli ingressi alti. In queste condizioni è indifferente la scelta del periodo nel corso della giornata nel quale effettuare le misure, analogo discorso vale per le rilevazioni all‟interno della grotta. Nelle stagioni intermedie i movimenti dell‟aria si fanno più deboli con inversioni del ciclo durante la giornata, siamo nel periodo peggiore per le misure, Più problematiche sono invece le variazioni di pressione dovute all‟arrivo veloce di una perturbazione o in estate alla formazione nel pomeriggio di nubi a evoluzione diurna che possono alterare la circolazione dell‟aria nella grotta invertendone la direzione. Analogo discorso riguarda il vento: folate di vento fra l‟altro neanche forti possono invertire la circolazione dei primi metri della grotta ,alterandone la temperatura, ovviamente in questi casi è meglio non fare misurazioni che risulterebbero non solo poco attendibili ma anche fuorvianti.
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Quinto: come orientare la sonda, parallela o trasversale alla corrente d‟aria? Nel manuale delle istruzioni allegato al termometro dovrebbe essere indicato l‟uso della sonda. In generale deve essere posizionata trasversalmente rispetto al flusso dell‟aria, in parallelo la misura non è corretta. Le prove di controllo che eseguo periodicamente, mi hanno sempre dato una differenza di un decimo di grado in più per le misure in parallelo rispetto a quelle trasversali , rarissimi sono i casi di due decimi che praticamente non fanno testo. Conoscendo il comportamento del termometro, nelle situazioni particolari in cui non si riesce a collocare la sonda trasversale ma si è obbligati a posizionarla in parallelo, si corregge il valore togliendo il differenziale tra le due rilevazioni.
Sesto: Il bulbo per i termometri a mercurio oppure la sonda per gli altri, durante le misure devono essere sempre asciutti. Questo comporta da parte nostra una particolare cura nella scelta del luogo ove effettuare sia le misure manuali come pure quelle con il cavalletto. Teniamo presente soprattutto in questo ultimo caso che il termometro resta appeso come minimo dieci minuti e in questo intervallo di tempo dobbiamo essere certi che eventuali gocce dovute allo stillicidio non si depositino sulla sonda alterando la misura.
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CAP. N. 3 LE MISURE PRIMA PARTE SVILUPPO E CIRCOLAZIONE Il capitolo sulle misure è stato suddiviso in due parti per renderlo di più facile lettura: nella prima vedremo “dove” misurare e nella seconda “come” misurare la temperatura. (figura n.1) L‟importante è capire che non esiste un solo modo di rilevazione, ma diversi, ognuno dei quali ha proprie caratteristiche che devono essere valutate in funzione delle ricerche che si vogliono fare. Dove misurare la temperatura dell’aria Le possibilità sono di fatto molteplici, ma le principali si riducono a due, o seguire lo sviluppo della grotta oppure l‟aria che circola al suo interno. Una distinzione talmente importante che otteniamo immagini dell‟ambiente sotterraneo profondamente diverse fra loro. Misurando la temperatura dell‟aria in funzione dello sviluppo, seguendo la grotta nei suoi diversi ambienti, abbiamo come pregio una visione più completa della cavità, quasi una radiografia, ma come difetto la mancanza di uniformità. Le misure sono rilevate in zone troppo diverse tra loro: alcune interessate da movimenti d‟aria e altre che ne sono prive, una miscela che si è rivelata il più delle volte fuorviante. Misurando invece la temperatura seguendo la circolazione dell‟aria, abbiamo come pregio una maggiore uniformità delle misure, ma come difetto una minore completezza, soprattutto le diramazioni laterali e i rami paralleli o secondari vengono inevitabilmente tralasciati. E‟ il solito prezzo da pagare ampiamente compensato dai vantaggi ottenuti e le parti escluse si sono di fatto rivelate ininfluenti. Personalmente ho seguito ambedue le metodologie: prima lo sviluppo, ottenendo scarsi risultati, poi la circolazione con un esito decisamente positivo. Fu con la scoperta dei nuovi ingressi dell‟Abisso Eunice (756 T/LU), nulla di eccezionale, alcune centinaia di metri di sviluppo che si collegano al ramo principale, che iniziò la svolta. L‟aria entrava da un ingresso e se ne usciva dall‟altro con particolari movimenti che era possibile seguire grazie alla modesta estensione degli ambienti sotterranei e allora, la circolazione si rivelò in tutta la sua importanza . L‟Abisso Eunice era però una grotta troppo piccola per le misure che volevo fare, occorreva una cavità più grande e l‟Abisso Pannè (1325 T/LU), appena scoperto, arrivò a proposito. Avevo a disposizione chilometri di gallerie, ingressi alti e bassi, una varietà di situazioni che rendevano questa grotta un vero laboratorio per le mie ricerche. Furono anni nei quali si esplorava e misurava contemporaneamente, misure prima di tutto pensate e poi eseguite in modo ben diverso da prima e i risultati non mancarono: l‟idea di percorso stava nascendo. Seguire la circolazione si rivelò allora la strada corretta, si comprese come l‟aria in movimento non sia composta soltanto di molecole, ma trasporti soprattutto un flusso di informazioni, grazie alle quali riusciamo a capire sia le caratteristiche delle grotte, ma soprattutto a trovarne di nuove. L‟aria vista come informazione è stata certamente una svolta concettuale importante, anche se non è questa la sede per parlarne, bisogna comunque ricordare come gran parte di quanto si è riusciti a realizzare in seguito è stato possibile grazie ad essa. La circolazione dell‟aria in grotta non è però unica, ma presenta una varietà di situazioni con proprietà assai diverse tra loro, tanto che hanno suggerito la suddivisione in più classi. Tradizionalmente, come criterio di selezione, si è seguito il numero degli ingressi, abbiamo così: Cavità ad un ingresso con circolazione a “sacco d‟aria”. (fig. n.2) Cavità ad un ingresso con circolazione “barometrica” ( fig. n.2) Cavità a due o più ingressi con circolazione a “tubo a vento”. ( fig. n.3) 9
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( note alla figura n.1, in rosso sono indicate le zone dove misurare, nel disegno 1 in tutta la grotta nel n. 2 seguendo solo la circolazione, nel n. 3 la misura in funzione tempo con un solo termometro indicato dal punto rosso, nel disegno n. 4 infine le misure in funzione spazio sulla circolazione , ogni punto rosso indica una stazione di rilevamento.)
LE CAVITA‟ CON UN INGRESSO Le cavità ad un ingresso costituiscono la stragrande maggioranza delle grotte scoperte fino ad oggi, sono in generale di piccole dimensioni e paradossalmente tutt‟altro che semplici per lo studio dell‟aria. In fig. n. 2 troviamo alcuni degli esempi più diffusi che si possono incontrare, ma la casistica non si esaurisce con essi. In A abbiamo una cavità orizzontale: In estate l‟aria all‟ interno della grotta è più fredda e densa di quella presente nell‟atmosfera esterna che è invece più calda e quindi meno densa, siamo in presenza di una condizione di squilibrio tra le due masse d‟aria che innesca un movimento ( circolazione convettiva) all‟interno della cavità. Nel dettaglio seguendo le frecce, l‟aria esterna calda entra, in grotta scorrendo in prossimità del soffitto e progressivamente si raffredda, scende verso il pavimento e ripercorre la galleria in senso opposto, per poi uscire all‟esterno. In inverno la circolazione si inverte, ora è l‟aria esterna ad essere più fredda di quella interna, entra in grotta scorrendo in prossimità del pavimento, progressivamente si riscalda e risale, per poi uscire lambendo il soffitto della galleria. Nelle stagioni intermedie invece la circolazione si attenua sempre più fino ad essere in determinate circostanze anche assente. Siamo in presenza di un motore termico naturale con differenze di temperatura misurate all‟ingresso fra pavimento e soffitto che possono raggiungere anche i 12°C. In B un esempio di cavità in salita: In estate la situazione è simile a quella vista per le cavità orizzontali, l‟aria interna è più fredda di quella esterna, scende allora seguendo il pavimento della galleria e richiamando aria calda dall‟esterno, è il solito ciclo convettivo. Assai diversa è invece la situazione invernale, l‟aria presente nella grotta si trova ad essere più calda e meno densa di quella esterna, non può uscire e resta intrappolata all‟interno della galleria. In C un esempio di cavità a pozzo: In estate l‟aria all‟interno del pozzo è più fredda e densa di quella esterna e quindi resta imprigionata al suo interno, mancano la circolazione e il ricambio d‟aria, siamo in presenza della classica cavità trappola. Una situazione che può essere in determinate circostanze pericolosa, la presenza di materiale vegetale in decomposizione insieme ai rifiuti di vario tipo buttati dentro, portano alla formazione di sacche di gas, per lo più anidride carbonica, che rendono queste cavità ad alto rischio, e una volta superati certi valori di concentrazione, anche mortali. L‟esplorazione in queste condizioni richiede molta prudenza se non il rinvio a momenti più favorevoli. In inverno invece la situazione si capovolge: ora è l‟aria esterna ad essere più fredda di quella interna, entra in grotta, scende riscaldandosi per poi risale all‟esterno, abbiamo una circolazione con ricambio d‟aria, una condizione esplorativa assai migliore e preferibile a quella estiva. Gli esempi sopra riportati descrivono una circolazione che pur importante, è però limitata come dicevamo alle cavità di modeste dimensioni e purtroppo non ci può essere di grande aiuto nella ricerca di cavità con maggiore profondità e sviluppo.
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LE CAVITA‟ BAROMETRICHE Le cavità barometriche sono caratterizzate da ambienti grandi ( pozzi, sale) collegati all‟esterno da strettoie, gallerie o meandri di piccole dimensioni. Il fenomeno si presenta anche in cavità artificiali quali i pozzi scavati per attingere acqua nel sottosuolo, anzi è stato proprio studiando queste opere ipogee che si è riusciti a comprendere il fenomeno. Tra la fine dell‟ottocento e i primi del novecento in tre zone d‟Europa si concentrarono le ricerche su queste cavità: in Italia A. Cozzaglio studiò nella Franciacorta tra il lago di Iseo e Desenzano diversi pozzi soffianti. Analoghe ricerche furono svolte per oltre trent‟anni da P. Gerlier nel cantone di Ginevra. In Francia invece P. Idrac e A. Caulle ebbero notizia che gli abitanti di un villaggio sull‟altopiano del Caux prevedevano il tempo osservando l‟aria in uscita da alcuni pozzi. Incuriositi dal fenomeno si recarono sul posto per vedere di persona in cosa consisteva. Avevano portato il meglio della attrezzatura scientifica allora disponibile, e collocarono all‟ingresso di una delle cavità indicate, sia un barometro che un anemometro registratore della direzione della corrente d‟aria. Con loro grande sorpresa non poterono che constatare come quel pozzo naturale fosse più preciso del loro barometro. L‟aria invertiva la direzione con alcune ore di anticipo sulle rilevazione dello strumento. Gli studiosi di questi tre diverse zone furono comunque concordi nell‟interpretazione del fenomeno: erano le variazioni di pressione dell‟atmosfera a provocare il soffio presente nei pozzi. Il meccanismo è abbastanza semplice: supponiamo che l‟aria nella cavità e quella esterna siano in equilibrio e quindi non vi sia corrente all‟ingresso, se la pressione esterna diminuisce, quella all‟interno della grotta si trova in eccesso e deve per forza uscire generando un flusso d‟aria, il più delle volte ne esce troppa e allora una parte dell‟aria deve rientrare, si ottiene così un‟oscillazione che si prolunga nel tempo, possono essere ore o giorni a seconda delle circostanze. Studiando le oscillazioni della corrente d‟aria insieme ad altri parametri sono state proposte alcune equazioni che ci permettono di calcolare il volume della cavità presente sottoterra. Era la prima volta che la ricerca scientifica metteva a disposizione degli speleologi uno strumento in grado di valutare le caratteristiche dell‟ambiente sotterraneo restando in superficie, ma soprattutto prima di procedere a scavi e disostruzioni. E‟ stata certamente una scoperta importante anche se l‟effettivo utilizzo sul campo si è rivelato più problematico del previsto. Da un punto di vista esplorativo le cavità barometriche avevano suscitato grandi entusiasmi che si sono poi, in buona parte ridimensionati, col trascorrere del tempo. La ragione possiamo capirla ritornando al Cozzaglio e al Gerlier i quali scesero i pozzi che stavano studiando e una volta giunti sul fondo non trovarono ampi saloni o chilometri di gallerie, ma soltanto ghiaia, tonnellate di ghiaia. Quando la falda acquifera si abbassa gli spazi vuoti tra un sasso e l‟altro sommati fra loro sono sufficiente a generare un volume che innesca la circolazione barometrica, se a questo aggiungiamo la porosità della roccia le microfratture, le condotte più grandi ma ancora impercorribili, ci rendiamo conto che con questi calcoli otteniamo volumi enormi che solo in parte possono essere effettivamente esplorati da uno speleologo. Dove sono dunque le grandi scoperte che era ipotizzabile fare con questo sistema? Non ci sono state e forse non ci saranno mai, dalle indagini che ho fatto non risulta che negli ultimi anni siano state scoperte nuove grotte barometriche, fortunatamente lo studio dell‟aria ha trovato altre strade più interessanti da percorrere.
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LE CAVITA‟ CON DUE E PIU‟ INGRESSI (fig. n. 3) Le cavità a due ingressi, ma il discorso vale anche per quelle con più entrate, costituiscono l‟insieme più importante, i grandi abissi e i complessi carsici presentano quasi tutti questo tipo di circolazione. Il caso più semplice è indicato in fig. n. 3 presenta una cavità a due entrate poste a quote diverse fra loro, si innesca allora una circolazione convettiva del tipo “ tubo a vento” che percorre la grotta. Questo indipendentemente dal fatto che l‟ingresso sia umanamente percorribile, il più delle volte siamo in presenza di strettoie oppure frane dove l‟aria comunque passa ma lo speleologo non ancora, il termine ingresso in questo caso deve essere inteso in un senso molto ampio e riferito più al transito dell‟aria che non a quella delle persone. Nel dettaglio: in estate l‟aria all‟interno della cavità è più densa di quella presente all‟esterno, compie allora un movimento in discesa, aspirando aria dall‟ingresso superiore ( ingresso meteoalto) per poi uscire da quello posto a quota inferiore (ingresso meteobasso). Da notare che la parte iniziale dell‟ingresso alto, i primi 10 /15 metri, anche se molto dipende dalla presenza di strettoie e dalla sua conformazione sono sempre asciutti, mentre l‟entrata bassa presenta le pareti umide, si possono formare se le condizioni sono favorevoli, come nelle giornate estive con umidità relativa elevata, fenomeni di condensa. La Buca dei Faggi (1380 T/LU) in Val Serenaia, un‟ ingresso dell‟Abisso Pannè, è chiamata dai pastori “Buca del Fumo” perché in estate la condensa è così forte da far loro pensare che la grotta stia fumando. Durante l‟ inverno la situazione si capovolge, ora è l‟aria interna a essere più calda e meno densa di quella esterna, compie allora un movimento in salita per uscire dall‟ingresso alto richiamando aria fredda da quello inferiore. L‟aria che entra in grotta asciuga le pareti nel tratto iniziale, anche in questo caso molto dipende dalle caratteristiche dell‟ingresso come la presenza di strettoie, ma in generale i primi 50 metri sono asciutti mentre nell‟ingresso alto le pareti sono umide e in determinate circostanze, quando la temperatura esterna scende di parecchi gradi sotto lo zero si possono formare colonne di vapore. Da notare che la temperatura dell‟ingresso meteoalto è sempre superiore ( sia in estate che in inverno) a quella dell‟ingresso meteobasso, il quale a sua volta avrà una temperatura sempre inferiore al meteoalto. Dopo una nevicata, meglio se abbondante, si verifica un fenomeno molto importante: l‟aria in uscita dall‟ingresso alto, calda, riesce a sciogliere il manto nevoso formando “buchi nella neve” visibili anche da grande distanza e utilissimi per individuare nuove cavità o altri ingressi di quelle già note. Certamente il fenomeno descritto, rende la speleologia invernale più facile di quella estiva, nondimeno occorre ricordare come la frequentazione della montagna in questo periodo dell‟anno presenta difficoltà e pericoli che non possono essere sottovalutati, ma anzi affrontati con preparazione e attrezzatura adeguata. Nelle stagioni intermedie al ciclo annuale sopra descritto, si sovrappone un ciclo diurno dovuto alla forte escursione termica fra il giorno e la notte. Durante il giorno è caldo e la grotta si comporta come se fosse estate, aspira aria dall‟ingresso alto per soffiare da quello basso, di notte la temperatura esterna si raffredda, può scendere anche alcuni gradi sotto lo zero e la cavità si comporta come se fosse inverno, aspira dall‟ingresso basso e soffia da quello alto.
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CAP. N. 4 LE MISURE PARTE SECONDA LO SPAZIO E IL TEMPO Descrivendo gli strumenti avevamo accennato al fatto che la temperatura può essere rilevata in diversi modi, il più semplice è quello puntiforme: si tratta di una singola misura effettuata in un determinato punto nello spazio e nel tempo. A seconda di come vengono rilevate le successive, possiamo avere: se sono fatte nello stesso luogo ma dopo un certo intervallo di tempo, misure in funzione tempo, mentre se vengono fatte in un altro punto a una distanza scelta, misure in funzione spazio. Vediamo in dettaglio in cosa consistono queste ultime due tecniche di misura. Per le misure in funzione spazio si usa un termometro portatile effettuando le rilevazioni ogni 10, 20, 30 massimo 50 metri, non andrei oltre evitando di trovarsi con misure così diluite da essere anche poco attendibili. E‟ indispensabile la presenza dello speleologo che deve trasportare lo strumento, effettuare manualmente le misure, leggerle e trascriverle possibilmente senza errori. Si tratta di un lavoro che richiede la sua attenzione e come vedremo in parte ancora insostituibile. Per le misure in funzione tempo oggi la tecnologia mette a disposizione strumenti che hanno non solo semplificato, ma rivoluzionato il lavoro di rilevazione. Si usa uno o più data logger collocati in sede fissa (la scelta del posto dipende ovviamente dal tipo di ricerche che vogliamo fare), si programma l‟intervallo di tempo ( ore o giorni) e poi lo strumento fa tutto da solo, possiamo lasciarlo in grotta anche per mesi senza problemi, le misure vengono salvate in una memoria pronte per essere poi scaricate e studiate. In mancanza del data logger si può procedere anche manualmente, lo si è fatto quasi esclusivamente nel passato in grotte turistiche o laboratorio, grazie ad una frequentazione quotidiana che permetteva una rilevazione periodica delle misure, oggi queste pratiche sono del tutto abbandonate. Un discorso particolare riguarda l‟ingresso delle grotte, si può presentare la necessità, per fare i confronti, di dover misurare la temperatura anche in 10-15 ingressi di seguito, o abbiamo a disposizione altrettanti data logger, ma il costo diventa proibitivo, oppure si procede con il portatile con spese assai inferiori. Negli esempi che seguono ho cercato di spiegare nel modo più semplice possibile come si usano e che tipo di informazioni otteniamo con queste due tecniche di misura, il primo è dedicato ad una cavità orizzontale con una sola entrata e l‟altro ad un abisso con più ingressi, abbiamo così la possibilità di confrontare anche due dei modelli di circolazione precedentemente descritti. Il primo esempio.
La grotta Tanella si trova nel Comune di Torri del Benaco, sulla riva sinistra del Lago di Garda ( fig. n.4) . Nota da sempre agli abitanti del luogo, soprattutto per le piene che periodicamente si verificano dopo abbondanti precipitazioni. Nei primi anni cinquanta viene costruita una tubatura che collega la sorgente all‟acquedotto della sottostante frazione di Pai. L‟impianto resta in funzione per circa trent‟anni, poi l‟incremento dei consumi e l‟immancabile progressivo inquinamento delle acque, portano all‟abbandono della struttura che resta inutilizzata fino ai giorni nostri. A seguito di un accordo con il Comune di Torri del Benaco e i proprietari della grotta, il G.S.M.di Mantova il G.A.S.V. di Verona e l‟ O.S.M. di Modena hanno provveduto insieme al recupero ambientale della cavità asportando oltre cinquecento metri di tubature in metallo. Oggi la Tanella è tornata al suo aspetto originale e viene utilizzata per visite guidate e accompagnamenti didattici. Da parte mia ho curato la rilevazione delle temperature, siamo in presenza di una grotta con uno sviluppo articolato in più ambienti, si veda la fig. n. 5. In questa sede prendiamo in considerazione solo la diramazione “D”, si tratta di una galleria orizzontale lunga settanta metri che si comporta come una cavità ad una entrata. La scelta di questa soluzione rispetto ad altre è dovuta al fatto che qui avevo la certezza che nessuno avrebbe danneggiato o asportato gli strumenti Ho utilizzati sia il termometro portatile che quello fisso, ovviamente l‟intento era quello di valutare quale dei due fosse più adatto all‟attività esplorativa. Le misure con il portatile sono state rilevate ogni dieci metri, sia in alto a 10 centimetri del soffitto che in basso a 10 centimetri dal pavimento, si è usato un cavalletto e per ogni rilevazione il termometro è stato lasciato sul posto i soliti dieci minuti. 16
Il termometro fisso è stato collocato nella galleria a circa 1/3 della lunghezza dall‟ingresso (punto rosso) con rilevazioni ogni quattro ore. ( fig. 6 ) Nella figura n. 5 abbiamo le misure effettuate con il termometro portatile, in alto quelle del mese di agosto e in basso quelle di gennaio, sei mesi dopo. Da una prima osservazione possiamo constatare come questa galleria sia divisa in due parti: quella iniziale dove è presenta una circolazione convettiva che interessa i primi trenta/ quaranta metri di sviluppo e la parte finale che ne è priva. Misurando la temperatura ogni dieci metri, si vede chiaramente come la temperatura vari seguendo il ciclo convettivo, con differenze anche notevoli: In estate l‟aria entra a 17,3 e il minimo si ha a 40 metri con 13,2, sono quattro gradi di differenza, in inverno entra aria a 6,9 e il massimo si ha a 30 metri con 12,9 sono sei gradi di differenza. Nella parte interna invece dove manca il ciclo, la temperatura è più stabile, in estate è presente una piccola stratificazione termica in prossimità del soffitto che in inverno si attenua a 0,2 decimi di grado, il valore di 13,1 è approssimativamente la media annuale sul Garda a quella quota (320 slm ). Nella figura n. 6 sono riportati i dati delle misure in funzione tempo effettuate con il datalog. Il termometro è rimasto in grotta per sei mesi rilevando la temperatura ogni 4 ore, il grafico ne riporta una sintesi dove ogni punto rappresenta le misure corrispondenti a due giorni. Abbiamo una diminuzione di temperatura di 2,5°C distribuita nell‟arco di sei mesi in modo non uniforme. Del ciclo convettivo con le sue importanti variazioni di temperatura non c‟è traccia, tenendo comunque presente che il termometro è stato collocato nella parte iniziale della galleria, se invece fosse stato posizionato nel tratto terminale, saremmo usciti con un grafico piatto sul valore di 13,1°C, traendone l‟infelice conclusione che la temperatura in grotta è stabile, cosa che non corrisponde certo alla realtà. Credo sia importante sottolineare come l‟immagine della grotta non dipende solo dal tipo di strumento che usiamo, ma anche da dove lo collochiamo. Da quanto descritto, possiamo trarre una prima sintesi: A) Nelle zone dove l‟aria è in movimento, la temperatura presenta due tipi di variazioni: quelle in funzione dello spazio e quelle in funzione del tempo. Le variazioni in funzione spazio sono preponderanti mentre quelle in funzione tempo sono marginali. B) Nelle zone dove l‟aria non è soggetta a movimento, la temperatura si può considerare stabile su tempi medi ( un anno solare ) e si approssima come valore a quello della media annuale di quel luogo a quella quota. C) L‟ordine di grandezza delle variazioni di temperatura è tale da rendere del tutto inutile utilizzare termometri sensibili al centesimo o al millesimo di grado che costano una follia, quelli al decimo di grado sono ampiamente sufficienti per le nostre ricerche. Un confronto tra i due sistemi di rilevazione mette inoltre in evidenza come siano le misure in funzione spazio ad avere un ruolo significativo per l‟esplorazione, grazie alle quali abbiamo la possibilità di registrare la parte più importante delle variazioni, mentre con le misure in funzione tempo otteniamo solo valori marginali diluiti su tempi lunghissimi che poco a nulla ci dicono di cosa stia realmente succedendo in grotta
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Dopo una cavità orizzontale con circolazione a “ sacco d‟aria” vediamo come si comporta una cavità a più ingressi con circolazione del tipo “tubo a vento”. Siamo all‟Abisso Pannè (1325T/LU) nelle Alpi Apuane: con oltre cinque chilometri di sviluppo spaziale, 573 metri di profondità e quattro ingressi noti, è il più importante complesso carsico della Val Serenaia. Per meglio spiegare cosa succede in questa, e più in generale, nelle altre cavità con sviluppo verticale, è opportuno fare una premessa sulle variazioni di temperatura dell‟aria in movimento nell‟atmosfera terrestre che ci permetteranno di comprendere i dati raccolti in grotta. L’aria in movimento
Nell‟atmosfera terrestre, quando l‟aria si sposta in verticale, le principali grandezze fisiche subiscono delle variazioni, in particolare: pressione, volume, densità e temperatura. Possiamo descrivere questo fenomeno supponendo di seguire una bolla d‟aria posta al livello del mare dove è soggetta ad una pressione P, che viene portata a mille metri di altezza, progressivamente la pressione sulla bolla diminuisce e il gas si dilata raffreddandosi. Se effettuiamo l‟operazione opposta, portando la nostra bolla d‟aria da mille metri al suolo, l‟aria scendendo viene sottoposta ad un progressivo aumento di pressione che la comprime riscaldandola. Dunque l‟aria quando sale si raffredda mentre quando scende si riscalda, l‟effettivo valore delle variazioni di temperatura dipende dalle caratteristiche dell‟aria stessa: se è secca abbiamo un valore prossimo ai 10°C ogni mille metri, mentre per aria umida il valore è prossimo a 6,5°C per ogni mille metri. Ci sono inoltre alcune condizioni da tenere presente affinché si verifichino i fenomeni sopra descritti: La prima, che non ci siano scambi di calore tra l‟aria della bolla e quella circostante. La seconda, che non ci siano ostacoli ad impedire la dilatazione in caso di salita o la compressione in caso di discesa. ( in un qualsiasi manuale di fisica dell‟atmosfera o di meteorologia potete trovare una descrizione dettagliata del fenomeno con le relative equazioni ). Se vogliamo seguire le variazioni di temperatura della nostra bolla d‟aria durante il moto di salita o discesa che tipo di termometro è meglio usare, quello fisso o quello mobile? Ovviamente dobbiamo usare un termometro portatile che rilevi le misure in funzione spazio, possiamo effettuarle ogni 50 metri compilando una tabella in funzione della quota ottenendo così il gradiente di temperatura. Se usiamo invece uno strumento collocato in sede fissa, supponiamo a 300 metri di altezza, lo strumento rileva certo la temperatura di quel punto, ma nulla dice di cosa accade prima o dopo, mentre è proprio questo che noi dobbiamo sapere. Le misure in funzione tempo si rivelano in questo caso del tutto inadeguate e non ci consentono di seguire sia le variazioni della temperatura né in conseguenza di determinare il gradiente. Vediamo ora come si comporta l‟ambiente sotterraneo: La nostra immaginaria bolla d‟aria che percorre un abisso incontra nella roccia un vincolo che ne condiziona i movimenti. Raramente queste cavità presentano un andamento uniforme, il più delle volte sono caratterizzate da un‟alternanza di grandi pozzi a cui seguono meandri o strettoie che inevitabilmente influiscono sui processi di dilatazione e compressione dell‟aria in movimento. Sappiamo che ci sono scambi di calore tra aria e acqua e aria e roccia ai quali vanno aggiunti le reazioni chimiche che possono giocare un ruolo importante dove sono presenti depositi di guano a altro materiale organico in decomposizione. Esistono inoltre cavità con acque termali che apportano calore all‟interno della grotta influendo sui movimenti convettivi dell‟aria . A questo aggiungiamo che ogni cavità ha la sua storia e le sue peculiarità che intervengono in modo più o meno significativo sulle variazioni dei parametri indicati. Infine il ciclo estivo e quello invernale presentano notevoli differenze, quello estivo è più simile al comportamento dell‟aria esterna, mentre quello invernale si discosta non poco da questa, in seguito ci limitiamo ad analizzare solo il ciclo estivo.
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Tenute presenti tutte queste avvertenze, possiamo affermare che il fenomeno precedentemente descritto per l‟atmosfera esterna, è presente anche sottoterra e con un termometro riusciamo a seguirne lo sviluppo. Possiamo riproporre la domanda posta in precedenza, quale strumento sarà più adatto per le nostre misure: quello fisso o quello mobile? Penso sia evidente che anche in questo caso sarà meglio usare un termometro mobile che ci permette di registrare le variazioni di temperatura seguendo l‟aria nei suoi movimenti, mentre uno fisso è del tutto inadeguato. Quanto detto ci porta inevitabilmente a una riflessione, l‟immagine tradizionale della grotta che descrive un ambiente sotterraneo caratterizzato da un clima stabile e temperatura pressoché costante risulta ormai insostenibile, sono proprio le misure a dircelo, in un abisso dove l‟aria compie movimenti in verticale la temperatura subisce continui cambiamenti che non si rilevano in centesimi o millesimi, ma gradi. Semmai sono proprio le zone stabili a diventare una rarità. L‟ovvia conseguenza è stata quella di sostituire il vecchio modello statico, con uno più moderno e dinamico nel quale le variazioni di temperatura assumono un ruolo fondamentale. L‟esperienza maturata in questi anni dimostra che il modello a temperatura stabile è semplicemente inutilizzabile, mentre con quello a temperatura variabile si riescono a fare importanti scoperte, la sua adozione si è rivelata una scelta insostituibile, aprendo un capitolo nuovo per l‟esplorazione.
Dopo questa premessa possiamo tornare al nostro Abisso Pannè (1325 T/LU). Sulla rivista Speleologia della S.S.I. al n. 36 del 1997 è stato pubblicato l‟articolo con la descrizione della grotta, il rilievo, la storia dell‟esplorazione e la colorazione. Al rilievo vanno aggiunte le nuove scoperte: il quarto ingresso e alcune diramazioni che hanno aumentato lo sviluppo della cavità, ma irrilevanti per quanto riguarda la circolazione meteo. Il paragrafo sull‟aria è ovviamente figlio del suo tempo, lo scrissi presentando i dati raccolti seguendo lo sviluppo della grotta, ma poco dopo iniziai a misurare la temperatura nell‟altro modo, seguendo la circolazione, ottenendo risultati talmente innovativi che mi convinsero ad adottare in seguito questa tecnica. Considerate le dimensioni del complesso, ci limitiamo ad analizzare solo la traversata MC5 – PANNE‟. Nella fig. n. 7 ne è indicato lo schema, con una sintesi delle misure. Nel periodo estivo l‟aria entra dall‟ingresso alto ( MC5 ) a –100 incontriamo il trivio, da qui partono le vie che portano alla congiunzione con il sottostante abisso Pannè. Seguendo la terza, troviamo subito un grosso arrivo d‟aria proveniente da una diramazione laterale purtroppo impercorribile per frana, proseguiamo la nostra discesa per altri 100 metri di dislivello fino alla zona delle gallerie, grazie alle quali dolcemente raggiungiamo quota –400, dove troviamo la successiva biforcazione: da una parte abbiamo la via che porta al fondo mentre dall‟altra si risale 200 metri di dislivello per poi uscire dall‟ ingresso basso del Pannè . Le misure di temperatura sono stare rilevate con il portatile dove possibile ogni dieci / venti metri di dislivello nei due tratti verticali, mente lungo le gallerie si è preferito un intervallo maggiore. Nella tabella sottostante sono riportati i dati.
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TABELLA N. 1 T E. 20,4 -10 14,8 -20 9,5 -30 8,6 -40 7.7 -50 7,3 -60 6,3 -70 5,7 -80 5,7 -90 5,5 -100 5,5 6,8 -200 5,2 -250 5,3 -300 5,4 -330 5,6 -360 5,7 -400 5,9
-380 -370 -350 -330 -320 -300 -290 -280 -270 -260 -250 -240 -230 -220 -200
5,8 5,7 5,5 5,3 5,2 5,1 5,1 4,9 4,8 4,8 4,7 4,7 4,5 4,3 4,1
T.E. indica la temperatura esterna, nei primi cento metri di dislivello che l‟aria compie in discesa la temperatura progressivamente diminuisce fino al bivio dove incontriamo l‟arrivo di aria più calda a 6,8 da una diramazione, segno evidente della presenza di un„altro ingresso vicino. Nei successivi 100 metri in discesa non ho indicato le temperature in quanto le due masse d‟aria percorrono un lungo tratto parallele mantenendo temperature diverse, la miscelazione è piuttosto lenta , ma alla base del pozzo abbiamo un valore uniforme di 5,2. Nei successivi duecento metri di dislivello sempre in discesa la temperatura risale di quasi un grado fino a 5,9, poi nella risalita che la porta all‟esterno, circa 200 metri di dislivello, la temperatura diminuisce di quasi due gradi da 5,9 a 4,1. Abituato a leggere nei libri che la temperatura dell‟aria in grotta è pressoché costante, dopo aver rilevato le misure sopra esposte, dire che ero sorpreso è veramente poco, soprattutto la diminuzione di temperatura nel tratto finale di due gradi è decisamente notevole, ovviamente sono tornato diverse volte a ripetere le misure ottenendo analoghi risultati, confermati da misure effettuate in altre cavità scoperte negli anni successivi. Vediamo quali considerazioni possiamo trarre dalle nostre misure: 1) Come già visto per le cavità con un ingresso, anche in quelle a due e più entrate, dove l‟aria è in movimento abbiamo variazioni di temperatura: alcune provengono dall‟esterno quando la grotta aspira mentre altre hanno origine all‟interno stesso della cavità e sono dovute ai movimenti verticali dell‟aria. Nelle diramazioni laterali invece dove non sono presenti movimenti d‟ aria, la temperatura si orienta sulla media annuale a quella quota . 2) Le variazioni di temperatura non sono distribuite in modo uniforme, ma per zone, in alcune sono in aumento mentre in altre sono in diminuisce. 3) All‟interno della grotta la temperatura varia prevalentemente in funzione spazio, mentre le variazioni in funzione tempo, quando presenti, sono ancor più marginali di quanto viste per le cavità ad un solo ingresso. Lo strumento più adatto risulta essere anche in questo caso il termometri portatile e non quello fisso. Se in questa grotta avessimo collocato solo il datalog che risultati avremmo mai ottenuto? Della diminuzione di temperatura nel tratto finale, dove l‟aria risale per 200 metri, non ce ne saremmo mai accorti, come pure dell‟aumento di temperatura nel tratto centrale. 23
Da quanto detto penso risulti chiaramente che gli strumenti in sede fissa non sono di nessun aiuto, mentre i portatili sono insostituibili Era gia apparso evidente quando abbiamo analizzato le cavità con un ingresso e a maggior ragione lo è ora dopo aver visto il comportamento di quelle a più entrate, che la chiave per comprendere cosa succede in grotta è lo studio dell‟aria in movimento, mentre le zone dove questa è ferma, ove presenti, hanno un ruolo marginale se non irrilevante.
Fino ad ora si è parlato delle rilevazioni di temperature all‟interno di una grotta, resta da chiarire cosa fare all‟ingresso di una cavità, quali misure sono più adatte in questa zona che per noi, come vedremo in seguito, sarà al centro del nostro lavoro? Mentre in grotta abbiamo la possibilità di spostarci rilevando in punti diversi, l‟ingresso (intendendo con questo termine la zona di passaggio fra interno ed esterno di una cavità) è caratterizzato invece da un solo punto, una condizione ben diversa dalla precedente che limita le nostre possibilità di misura. Teniamo presente che solo una minima parte degli ingressi è percorribile, mentre il restante è formato da strettoie o frane che lasciano passare l‟aria mo non gli esploratori. Abbiamo allora due possibilità: La prima, consiste nel fare una sola rilevazione ne qual caso avremo una misura puntiforme Con la seconda invece si fanno più rilevazioni nello stesso punto ma ad intervalli di tempo successivi ottenendo così misure in funzione tempo, mentre le misure in funzione spazio sono palesemente impossibili. Credo sia importante sottolineare come l‟ingresso si comporti in modo completamente diverso dal resto della grotta, se al suo interno è preferibile effettuare le misure in funzione spazio, all‟ingresso invece siamo obbligati a rilevazioni in funzione tempo o puntiformi. A prima vista il fatto di dover misurare la temperatura con tecniche diverse potrebbe sembrare una complicazione, invece si è rivelato un fattore di grande importanza: le misure in funzione spazio ci permettono di capire come funziona una grotta e quelle in funzione tempo o puntiformi, ci permettono di trovarne di nuove, sono divenute uno strumento per accedere al mondo sotterraneo.
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CAP. N. 5 MODELLI E PERCORSI Prima di analizzare i modelli coi relativi percorsi, possiamo fare una sintesi di quanto detto finora: Nel primo capitolo abbiamo parlato dell‟importanza dell‟aria per l‟esplorazione, nel secondo degli strumenti necessari al nostro lavoro. Mentre nei successivi, sulle misure, si è visto come sia meglio seguire la circolazione piuttosto che lo sviluppo, e seguendola abbiamo fatto la conoscenza con un fenomeno molto importante: le variazioni di temperatura dell‟aria in movimento. Infine parlando di un abisso, ora sappiamo come sia opportuno misurare la temperatura al su interno in funzione spazio e all‟ingresso in funzione tempo oppure in modalità puntiforme. Per meglio utilizzare le conoscenze sopra esposte, dobbiamo compiere un‟ulteriore passo avanti e scegliere un modello che ci permetta di trasformare l‟aria in uno strumento esplorativo. Trovare cavità soffianti soprattutto in Apuane non è certo difficile, se ne conoscono migliaia! Possiamo anche misurare la temperatura dell‟aria in uscita da queste “ventaiole”, ma è evidente che se non disponiamo di un modello in grado di dirci quale relazione esiste tra le misure fatte all‟ingresso di una cavità e la parte interna, il nostro lavoro diventa semplicemente inutile. Dunque quale modello utilizzare per le nostre ricerche? In precedenza abbiamo visto come quello tradizionale a temperatura stabile sia ormai superato, si tratta ora di valutare i vari modelli dinamici descritti nel capitolo n. 3: Il modello con circolazione a “sacco d‟aria” come pure quello a circolazione “barometrica” sono importanti, ma non ci permettono di scoprire nuove cavità, mente quello con circolazione “tubo a vento” si rivela essere quello più adatto alle nostre esigenze.. Per utilizzare a fini esplorativi questo tipo di circolazione è necessario comunque adattarlo con piccole modifiche che ci consentono di renderlo pienamente operativo: La prima riguarda la classificazione delle cavità a due ingressi, la seconda i percorsi ipogei. La classificazione
Ovviamente le cavità a due entrate non sono tutte uguali, ma presentano una varietà di situazioni tale da suggerire una classificazione per meglio comprenderne le caratteristiche. Un‟operazione analoga la si era vista in precedenza per le cavità con un solo ingresso suddivise in: orizzontali, ascendenti e discendenti, ora si rende necessario effettuarla anche per quelle a due entrate. Sono stati individuati cinque modelli base con alcune varianti secondarie, (vedi fig. n. 8 ). Al numero uno: abbiamo una semplice cavità orizzontale. Al numero due, una cavità con le entrate a quote diverse e andamento solo discendente: Il primo esempio è un piano inclinato, tipico delle traversate o trafori idrogeologici, mentre il secondo riguarda una variante che caratterizza le sorgenti dove abbiamo un ramo fossile in alto e quello attivo in basso. Al numero tre una cavità con entrate a quote diverse ma con un tratto in discesa e uno in salita è la struttura più diffusa tra gli abissi e sarà quindi il modello al quale presteremo maggior attenzione. Al numero quattro abbiamo una situazione simile al tre ma capovolta, molto raro ne conosco solo pochi esempi e fra l‟altro di modeste dimensioni. Al numero cinque una cavità con le due entrate alla stessa quota.
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I percorsi ipogei
Dopo aver classificato le cavità a due entrate nei cinque modelli base, il passo successivo è quello di inserire l‟aria in ognuno di essi per studiarne il comportamento. La prima cosa da sottolineare, (si veda la fig. N. 9) , riguarda la circolazione “tubo a vento”. Nonostante sia la stessa per i vari modelli, le caratteristiche che essa assume variano, da caso a caso, con differenze anche notevoli. Da notare come nel numero due la temperatura dell‟aria nel tratto finale è in aumento, mentre nel numero tre, essa è in diminuzione. Negli altri modelli le differenze sono meno eclatanti, ma comunque tali da ritenere che siamo in presenza non di una, ma di cinque circolazioni “tubo a vento”diverse. Ad ognuna di esse è stato dato il nome di “percorso ipogeo”, una suddivisione grazie alla quale siamo in grado di seguire il comportamento dell‟aria in grotta tenendo conto delle diversità riscontrate. Il passaggio dalla generica circolazione “tubo a vento” al più dettagliato “percorso ipogeo” ha finalmente permesso di capire il comportamento apparentemente “strano” dell‟aria in alcune cavità, consentendone non solo un‟appropriata spiegazione, ma anche una successiva efficace utilizzazione. Le proprietà dei percorsi
Anche i Percorsi sono caratterizzati da alcune proprietà, vediamone le principali che sono tre: 1. Temperatura 2. Pendenza 3. Nodi La prima proprietà ci dice che la temperatura dell‟aria all‟interno della cavità come al suo ingresso soffiante è in funzione principalmente del percorso ipogeo compiuto, oltre che ai fattori già noti. E‟ raro trovare due ingressi con aria in uscita alla stessa temperatura, anche quelli posti alla stessa quota altimetrica oppure a poche decine di metri di distanza, presentano differenze più o meno marcate che sono difficilmente spiegabili senza ricorrere ai percorsi. Possiamo dire che in generale a percorsi diversi corrispondono temperature diverse, vedremo meglio nei capitoli successivi le importanti conseguenze esplorative che se ne possono trarre. Per quanto riguarda la seconda proprietà, abbiamo già spiegato in precedenza l‟importanza dei movimenti verticali dell‟aria, a noi interessa conoscerne la direzione e il relativo gradiente. La pendenza, è la proprietà che ci fornisce le informazioni relative a questi due parametri, ovvero se l‟aria è in discesa oppure in salita e di conseguenza il segno algebrico del gradiente, se positivo oppure negativo. La terza proprietà, il nodo: raramente una grotta presenta un andamento uniforme , il più delle volte siamo in presenza di situazioni nelle quali a tratti discendenti seguono ambienti in salita, questo cambio di direzione assume un‟importanza particolare per i fenomeni che vi hanno origine. Possiamo definire il nodo come il punto o meglio la zona dove avviene una inversione: Se cambiano sia la direzione dell‟aria che del gradiente, abbiamo i nodi principali, se cambia invece solo il gradiente, parleremo di nodi secondari. Nella figura n. 9, sono indicati i principali modelli di cavità a due entrate con i relativi percorsi, avremo così la possibilità di vedere nel dettaglio l‟applicazione delle proprietà sopra esposte. In blu sono indicate le zone dove la temperatura dell‟aria è in diminuzione mentre in rosso sono indicate quelle dove essa è in aumento
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Al numero 1 abbiamo una cavità orizzontale: le cavità naturali di questo tipo non sono molte e per lo più si tratta di porzioni di condotte freatiche fossili e ora rese accessibili dall‟abbassarsi della falda acquifera. Sono invece assai numerose le condotte artificiali quali gallerie di miniere ecc. L‟aria esterna che entra in grotta dall‟ingresso “A” subisce una progressiva diminuzione di temperatura (gradiente negativo), fino ad arrivare al punto nero che in questo caso indica il nodo secondario, da qui la temperatura dell‟aria inizia ad aumentare per assestarsi sul valore di quello della roccia, anche se molto dipende dalla lunghezza della cavità. In sintesi mancando il dislivello avremo soltanto un nodo secondario e Pendenza con valore 0. Nel secondo esempio, ho disegnato due varianti della stessa situazione, la prima è una banale traversata. Questo tipo di cavità è tipica dei trafori idrogeologici dove fiumi o torrenti passano da parte a parte un affioramento carsico. La si trova facilmente anche sul bordo di altopiani o scarpate dove il cedimento strutturale porta alla formazione di pozzi di origine tettonica che sfociano in parete, più rare sono le traversate nelle zone interne delle aree carsiche, L‟altra variante invece è tipica delle sorgenti, abbiamo in alto una condotta fossile e in basso l‟attuale ringiovanimento, l‟aria circola tra le due entrate. Anche in questi casi l‟aria in entrata inizia a diminuire la propria temperatura fino al nodo dove abbiamo l‟inversione del gradiente con un progressivo aumento della temperatura. Il comportamento dell‟aria è unidirezionale, in estate sempre in discesa e durante l‟inverno sempre in salita abbiamo un solo nodo secondario e una sola pendenza. Pendenza con valore 1 Il terzo esempio è il più interessante e il più diffuso dei cinque esempi, tipico degli abissi e complessi carsici. Lo si trova in quasi tutte le situazioni: come nelle conce glaciali, ma soprattutto sui pendii delle montagne. Il movimento dell‟aria può essere suddiviso in tre zone: la prima dove l‟aria entra in grotta e diminuisce progressivamente la temperatura fino al nodo secondario, qui abbiamo l‟inversione del solo gradiente. La seconda parte dove l‟aria continua a scendere ma con temperatura in aumento fino al nodo principale dove abbiamo sia l‟inversione del gradiente che della direzione dell‟aria, entriamo infine nella terza parte con aria in risalita e temperatura in diminuzione. Questa cavità presenta una situazione completa con un nodo secondario e uno principale, l‟aria compie prima un tratto in discesa e poi uno in salita, Pendenza con valore 2. Il capitolo successivo è dedicato interamente a descrivere in modo dettagliato questo modello e le sue applicazione esplorative. Il quarto esempio è simile al terzo ma presenta una situazione capovolta, rarissimo, in tanti anni ne ho visti solo alcuni esempi fra l‟altro di modeste dimensioni. Anche in questa situazione abbiamo aria con temperatura in diminuzione fino al nodo principale da dove inizia la scendere con temperatura in aumento. La cavità presenta un solo nodo principale e due tratti con pendenza diversa, Pendenza con valore 2 Il quinto esempio, presenta le due entrate alla stessa quota, lo si trova in generale negli altipiani dove pozzi paralleli sono collegati da meandri o gallerie. Se ne conoscono pochi esempi, ma con ricerche più accurate si potrebbe ampliare di molto la casistica. In generale le correnti sono deboli mancando il dislivello tra le entrate e di non facile interpretazione. L‟andamento delle temperature è simile al terzo modello e vede la cavità suddivisa in tre zone: la prima con temperatura in diminuzione, la parte centrale con temperatura in aumento e quella finale di nuovo temperatura in diminuzione. Anche in questo modello abbiamo un nodo principale ed uno secondario, con l‟aria che prima scende e poi sale, due pendenze diverse e quindi, Pendenza con valore 2.
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CAP. N. 6 IL TERZO PERCORSO Il terzo percorso è il più importanti dei cinque visti in precedenza, e giustamente vi dedicheremo la nostra attenzione. Per capirne il motivo è sufficiente osservare una montagna carsica dove possiamo distinguere tre forme principali: le zone pianeggianti,, le pareti verticali ed infine i pendii che sono presenti con una vasta gamma di inclinazioni e si confermano come la forma di gran lunga più diffusa. In un pendio si sviluppano cavità a diverse quote che prima o poi tendono a congiungersi formando una serie di complessi carsici con dimensioni che variano dalle poche decine di metri ai chilometri di sviluppo. Ora, se prescindiamo dalle varianti più o meno piccole che possiamo riscontrare nelle diverse situazioni, questi complessi hanno una struttura che è riconducibile nella stragrande maggioranza dei casi al nostro terzo percorso. Nella figura n. 10 ne è raffigurato un esempio. Come si vede siamo in presenza di uno schema molto semplice: abbiamo una prima parte della cavità che è formata da una serie di gallerie oppure una successione di pozzi e meandri in discesa mentre la seconda vede una analoga successione in salita. Eppure nonostante questa semplicità, le conseguenze sulla circolazione convettiva sono veramente notevoli e tali da determinare una serie di variazioni nella temperatura dell‟aria che non si riscontrano negli altri percorsi. Anche per questo disegno sono state utilizzate frecce di colore diverso: il blu indica una temperatura in diminuzione mentre il rosso quella in aumento. Ne risulta un profilo termico che indica chiaramente un continuo cambiamento dei valori misurati, tra i due ingressi, seguendo la circolazione dell‟aria all‟interno della cavità. Quanto esposto ci porta inevitabilmente a rivedere la tradizionale suddivisione di una grotta in due zone termiche: una prima chiamata “termovariabile” che risente delle influenze provenienti dall‟esterno e una seconda “termostabile” che interessa la zona più interna della cavità dove dette perturbazioni non arrivano. Questa classificazione è certamente più adatta alle cavità ad una sola entrata, (lo si era visto parlando della Tanella) mentre, per quelle a due e più ingressi, risulta palesemente inadeguata. In questo tipo di grotte l‟aria presente nel ciclo convettivo, è soggetta a continue variazione di temperatura, tanto che siamo sempre in una condizione termovariabile , mentre la zona termostabile, viene relegata nelle diramazioni secondarie e marginali, ove presenti, che poco o nulla hanno a che fare con l‟ossatura principale della cavità. Analogo discorso riguarda il ruolo della temperatura media. La tesi che sostiene la temperatura dell‟aria di una grotta essere uguale o almeno prossima alla media annuale registrata nel luogo e alla quota nella quale si trova una cavità, è certamente valida, anche in questo caso, per quelle di piccole dimensioni e con una sola entrata, mente per quelle a due o più ingressi risulta inconsistente. Non è nemmeno difficile capirne il motivo: non tiene conto delle variazioni di temperatura interne alla grotta, dovute ai movimenti verticali dell‟aria. Per meglio chiarire come si comporta nel dettaglio il nostro terzo percorso, è stato suddiviso in tre settori. 1) Dall‟ingresso alto al nodo secondario: questo primo settore si presenta in discesa e l‟aria calda che entra in grotta dall‟ingresso alto, percorrendolo diminuisce progressivamente la propria temperatura fino al nodo secondario, abbiamo una pendenza negativa e gradiente negativo. E‟ una delle zone più delicate e importanti della grotta dove non cambia solo la temperatura ma anche l‟umidità, la densità, la composizione, è in breve la sede di tutti quei processi che portano l‟aria esterna a diventare aria di grotta, che per inciso non sono la stessa cosa. Dal nodo secondario al nodo principale: anche in questo secondo settore abbiamo l‟aria che continua la sua discesa, ma in questo caso con temperatura in progressivo aumento, ricordiamo che nel nodo secondario c‟è l‟inversione del gradiente, il quale da negativo diventa positivo.
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Argomento assai delicato è stabilire il valore di questo aumento, influenzato da una pluralità di fattori tanto che non è possibile indicare un valore unico valido per tutte le grotte, ma in media siamo tra 0,3°C e 0,5°C ogni 100 metri. In sintesi abbiamo pendenza negativa con gradiente positivo. 3)Dal nodo principale all‟ingresso basso: in questo terso settore la cavità si presenta in salita, il nodo principale è caratterizzato da una doppia inversione: cambia sia la direzione dell‟aria che da discendente ora diviene ascendente come pure il gradiente che da positivo torna ad essere negativo. Abbiamo dunque aria in salita con temperatura in progressiva diminuzione, il gradiente presenta un valore più alto del precedente tra 0,9 e 1,0° C ogni 100 metri di dislivello, ma non mancano in alcuni casi scostamenti di qualche decimo. In sintesi pendenza positiva con gradiente negativo. Quali siano le conseguenze esplorative del terzo percorso sono facilmente comprensibili, la diminuzione di temperatura dell‟aria nel tratto finale in risalita , fa si che dall‟ingresso basso di un abisso, esca aria con valori sensibilmente inferiore a quelli registrati nelle cavità vicine, fenomeno che useremo ampiamente in seguito.
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CAP. N. 7
ALLA RICERCA DI NUOVE GROTTE
Nei capitoli precedenti sono stati esposti i principali elementi indispensabili alla ricerca di nuove cavità utilizzando il termometro. In particolare ora sappiamo che ci sono variazioni di temperatura sia nell‟aria in movimento all‟interno di una grotta, come pure in quella in uscita dall‟ ingresso soffiante, in quest‟ultimo caso le differenze sono in generale di modesta entità, ma in alcune circostanze assumono un‟ampiezza tale, che possiamo parlare di vere e proprie anomalie termiche. Ne esistono di due tipi: quelle in funzione spazio e quelle in funzione tempo, che per maggiore chiarezza tratteremo distintamente. Come individuare e successivamente interpretare le anomalie, è l‟obietto che ci proponiamo in questo capitolo. Le anomalie termiche spaziali
Penso sia evidente che una singola misura di temperatura dice poco o nulla, sapere che un buco soffia a 3°, 4°, 5° o 6°C, non è sufficiente per indicare se siamo in presenza di un abisso oppure di una cavità minore. Ogni area carsica si comporta in modo diverso e non è difficile trovare zone anche molto vicine, con temperature che differiscono di gradi. Per fare un esempio, a fine luglio del 2007, in Val Serenaia alcuni abissi soffiavano alle seguenti temperature: Abisso Pannè (1325T/LU) 3,6°C Abisso Bucanuova (1732 T/LU) 4,0°C Buca “D” o Buca Frigo 3,4°C Buca di Cava Torre 3,4°C Nella vicina Valle Arnetola, nello stesso periodo abbiamo: Abisso Tarzanelli (1046T/LU) 5,1°C Buca dei Ghiri (1269T/LU) 5,5°C Abisso Eunice (756T/LU) 5,6°C Abisso Guaglio (645T/LU) 6,3°C Abisso Mandini (646T/LU) 6,8°C Come si vede differenze notevoli: se avessimo utilizzato, come riferimento, le temperature misurate in una valle per fare delle ricerche nell‟altra, non saremmo riusciti a trovare nemmeno una grotta. Una strada invece che sta fornendo buoni risultati, è quella di effettuare un confronto fra le temperature dell‟aria in uscita da buche che si trovano distanti da poche decine ad alcune centinaia di metri fra loro, un confronto solamente spaziale, vedremo poi quello temporale. La procedura è molto semplice: per prima cosa si sceglie l‟area carsica dove si intende operare, si utilizza un termometro portatile e le temperature vengono rilevate in modalità puntiforme. Se la temperatura di una buca è almeno due gradi inferiore a quella delle vicine, abbiamo trovato una anomalia termica. Collocando in un grafico i valori ottenuti si forma quello che possiamo chiamare un “cono termico” con al centro l‟anomalia, e ai lati, le altre buche a temperatura maggiore. Che interpretazione possiamo dare dell‟anomalia con il relativo “cono termico”? Una possibile spiegazione, utilizza il terzo percorso, al quale è stato dedicato il capitolo n. 6. Ritornando alla figura n.10 si vede come l‟aria entrando dall‟ingresso alto, prima scenda in profondità per poi risalire raffreddandosi. L‟anomalia termica in questo caso non è altro che il punto nel quale l‟aria fredda arriva in superficie, mentre nelle buche vicine, la maggior temperatura riscontrata è dovuta al fatto che l‟aria o non risale, oppure se risale, compie dislivelli minori e di conseguenza avremo anche un minor raffreddamento. 33
Un esempio pratico, la scoperta di Bucanuova (1732T/LU), ci permetterà di capire meglio cosa intendiamo. Siamo su Pizzo d‟Uccello, in Val Serenaia, una montagna di marmo nella quale fino al 2003 erano state scoperte solo alcune cavità di modesto sviluppo. Una prima perlustrazione aveva permesso di individuare numerosi ingressi soffianti, e con le successive misure di temperatura, è stato quasi banale trovarne uno più freddo degli altri. Una piccola frattura larga solo pochi centimetri soffiava aria, a fine giugno, alla temperatura di 3,9°C. Nel raggio di cinquanta metri vengono individuate altre buche soffianti: una a 6,6°C , la seconda a 6,4°C e la terza a 6,7°C, siamo in presenza di un cono termico da manuale. L‟interpretazione di una temperatura così bassa, 3,9°C , poteva essere spiegata in un solo modo: aria in risalita per centinaia di metri che si stava raffreddando. La successiva disostruzione ha permesso di esplorare un abisso che oggi raggiunge circa settecento metri di profondità. I primi duecentocinquanta metri, evidenziati nella tabella sottostante con dati rilevati il 30/07/2005, mostrano una diminuzione di temperatura di tre gradi. 27,6°C Temperatura esterna 4,5°C Temperatura in uscita dall‟ingrasso 4,8°C a-20 5,4°C a-40 5,8°C a-50 6,2°C a-70 6,8°C a-110 7,2°C a-140 7,6°C a-165 7,6°C a-185 7,8°C a-245 L‟interpretazione che avevamo fatto dell‟anomalia, viene ora confermata dall‟esplorazione. Un altro esempio molto interessante lo troviamo con Buca Frigo, già il nome lascia intendere che siamo in presenza di una cavità dalla quale esce aria fredda, misurando la temperatura in questa e nelle alte buche vicine otteniamo i seguenti valori rilevati il 27/08/2006 : D 25 (Buca Frigo) 3,1°C D 26 4,1°C a 35 metri D 27 4,4°C a 60 metri D 30 5,3°C a 100 metri Da notare inoltre come la temperatura aumenti progressivamente man mano che ci allontaniamo dall‟anomalia. Questa grotta è tutt‟ora in esplorazione e vista la temperatura così bassa, non è difficile prevedere che in un prossimo futuro diventi un altro abisso di notevole profondità. Trovare un‟anomalia termica comunque non vuole dire automaticamente aver individuato un abisso. Ci sono una serie di fattori che possono da una parte ingannarci, e dall‟altra ostacolare la nostra ricerca. I principali sono tre: Il primo riguarda i depositi di neve o ghiaccio: durante l‟inverno si accumulano nelle buche persistendo fino ad estate inoltrata formando così delle sacche di freddo che influenzano la circolazione dell‟aria. Pensiamo di essere in presenza di un‟anomalia che invece non esiste. Anni addietro mi capitò di trovare un pozzo dal quale usciva aria a temperatura interessante. Fatto l‟armo ad un albero vicino, scendo trovando al fondo un cumulo di neve di alcuni metri. L‟aria arrivava da un mandrino in parete e scorrendo sopra la neve si raffreddava dando l‟illusione di un abisso che invece non c‟era. In questo caso è stato banale risolvere il problema, ma altre situazioni si presentano meno semplici e restare ingannati è più facile di quanto non sembri.
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Il secondo riguarda le disosruzioni: penso sia evidente che in tante zone carsiche l‟epoca delle scoperte facili è ormai finita, per chi vuole esplorare, la strada obbligata passa inevitabilmente per scavi o disostruzione di frane e strettoie. Si tratta di un lavoraccio che non tutti i gruppi speleo sono disposti a fare, ma sinceramente non vedo alternative, se non il rassegnarsi a ripetere le stesse grotte già note, fino alla noia. Il terzo fattore è emerso con maggior evidenza in questi ultimi anni e riguarda i permessi o le autorizzazioni ad accedere nelle zone di ricerca. Molte aree carsiche sono inserite in riserve o parchi naturali con protezioni di vario tipo a seconda delle circostanze. Ovviamente chi vuole operare in queste zone è bene che contatti le autorità preposte, evitando di incorrere in sanzioni o nel caso peggiore in denunce. Sarebbe veramente assurdo che proprio gli speleologi, in tante occasioni protagonisti di battaglie non certo facili per istituire zone protette, siano poi i primi a non rispettarle. Le anomalie termiche temporali Questa tecnica consiste nel misurare la temperatura dell‟aria in uscita da un ingresso soffiante, ad intervalli di tempo regolari, studiandone poi il grafico ottenuto. Lo strumento da utilizzare è ovviamente il datalog, nato apposta per questo scopo, in sostituzione possiamo procedere anche con rilevazioni manuali, meno dettagliate, ma comunque valide per la ricerca esplorativa. Un possibile alternativa che limita i costi, senza compromettere la qualità delle misure, consiste nel collocare almeno un datalog nella cavità che più ci interessa, ed effettuare le rilevazioni manuali nelle altre. Se decidiamo di utilizzare i datalog, il primo problema da risolvere riguarda la programmazione dello strumento, in particolare l‟intervallo di tempo tra una misura e la successiva. Nella scelta occorre tenere presente che con intervalli brevi abbiamo a disposizione montagne di dati con il rischio di essere ingestibili, è come se volessimo studiare un elefante con la lente d‟ingrandimento, mentre con intervalli lunghi, abbiamo una rilevazione troppo diluita col rischio che ci sfuggono proprio quei fenomeni che invece vogliamo indagare. Personalmente dopo diverse prove, alla fine mi sono orientato per un intervallo di un‟ora, si tratta di un buon compromesso che concilia gli estremi sopra indicati. Come secondo problema invece, dobbiamo decidere per quanto tempo lasciare all‟ingresso di una cavità lo strumento per rilevarne i dati. Alcuni preferiscono collocarlo per l‟intero anno solare, misurando la temperatura sia quando soffia come quando aspira. Una scelta che non mi convince molto, mentre ritengo più conveniente mettere il datalog nella stagione estiva (da inizio giugno a fine settembre) nell‟ingresso basso e durante la stagione invernale (da inizio dicembre a metà aprile) in quello alto. Questo ci permette di avere misure uniformi, riferite sempre ad aria in uscita dalla grotta, la sola che può fornirci indicazioni su cosa accade al suo interno. Dopo aver programmato lo strumento e scelto l‟ingresso dove collocarlo, non resta che aspettare qualche mese e finalmente possiamo scaricare i dati per studiarli. Inserendoli in un grafico si ottiene la sospirata “curva delle temperature” strumento base per le nostre indagini esplorative. Le curve possono essere utilizzate in diversi modi: il primo consiste nel confrontare una curva con altre curve rilevate in cavità vicine per valutare dove eventualmente intervenire. E‟ la tecnica che portò alla scoperta di “Buca libre” (1500T/LU) nell‟agosto del 2000. Nella tarda primavera di quell‟anno girando per cava n.8 in Val Serenaia, vengono individuate alcune buche ostruite da sassi, tra i quali però filtrava aria. Forse una di questi era un‟ abisso, come individuarlo? Una prima misura della temperatura mostrava una differenza di alcuni decimi di grado, troppo poco per indicare dove scavare, in questo caso il confronto spaziale si rivelava insufficiente. Le misure in funzione tempo invece indicarono chiaramente in quale di esse si doveva intervenire. Una delle cavità mostrava un incremento di temperatura nell‟arco di qualche mese di 1,5°C, mentre nelle altre, l‟incremento era dai 4°C ai 5°C, troppo alto per essere abissi. 35
Un secondo esempio invece consiste nello studiare le caratteristiche intrinseche della curva: ricordiamo come questa sia composta da diverse centinaia se non migliaia di misure, e contenga una quantità di informazioni veramente enorme, però solo una parte di esse è rilevante dal punto di vista esplorativo. Per trovare e successivamente estrarre queste ultime, sono disponibili diversi procedimenti: alcuni semplici, altri più complessi, che esulano però gli obiettivi di questa dispensa, di seguito ci limitiamo a fornire un facile esempio: le conseguenze di una perturbazione atmosferica con pioggia. Per prima cosa occorre sapere come si comporta una cavità in condizioni normali, poi riusciremo a comprendere in cosa consiste l‟ anomalia. La temperatura dell‟aria in uscita da una cavità segue un andamento ben preciso nel tempo: per quanto riguarda l‟ingresso meteoalto, avremo un valore massimo ad inizio stagione, in dicembre poi la temperatura diminuisce progressivamente per arrivare al minimo a fine stagione, in aprile. Nell‟ingresso meteobasso riscontriamo invece un andamento opposto: in giugno, ad inizio stagione, abbiamo un valore minimo, quindi la temperatura aumenta fino ad un massimo a fine stagione. Nel nostro caso, l‟anomalia causata dalla pioggia, si presenta come un disturbo di questo andamento base regolare. Per chiarire meglio il discorso, possiamo utilizzare come analogia il riscaldamento domestico: l‟acqua calda proveniente dalla caldaia, viene inserita in un circuito dove i termosifoni svolgono il ruolo di scambiatori, il calore è ceduto all‟aria che riscalda così la nostra abitazione. Qualcosa di simile accade in grotta quando piove: in estate la pioggia è relativamente calda, ed entrando nel sottosuolo cede parte del proprio calore all‟aria riscaldandola di alcuni gradi. La circolazione convettiva estiva, fa si che questo calore venga riportato all‟esterno attraverso l‟ingresso meteobasso, a questo punto non resta che piazzare un termometro all‟entrata della grotta per registrare l‟incremento della temperatura. In figura n. 11 sono evidenziate le due situazioni, le temperature sono state rilevate in entrambe le cavità nello stesso periodo durante l‟estate del 2006. Il disegno A) si riferisce all‟Abisso Bucanuova e come si vede mostra un andamento regolare senza anomalie. Il disegno B) si riferisce ad una piccola cavità e mostra ben due anomalie, la prima in agosto e la successiva a settembre Questo tipo di analisi costituisce per certi versi uno strumento veramente potente di ricerca, ma dall‟altra è bene usarlo con prudenza. Sarebbe fin troppo facile ipotizzare che le cavità di piccole dimensioni si riscaldino maggiormente, mentre nelle altre, dove sono presenti grandi volumi d‟aria, il calore si disperde determinando modesti se non nulli incrementi di temperatura. In alcune situazioni accade proprio questo, ma in altre, laddove all‟assorbimento diffuso si sostituisce quello preferenziale, con torrenti in piena che entrano nel sottosuolo, le anomalie possono dare esiti che risultano ovviamente fuorvianti. Concludendo Per chi vuole dedicare parte del proprio tempo all‟esplorazione spero di aver fornito materiale sufficiente, per impostare la ricerca di nuove cavità, in modo diverso dalle tradizionali battute che ormai appartengono all‟antiquariato speleologico. Ovviamente una dispensa come questa ha i suoi limiti: molti argomenti sono stati tralasciati ed altri solo accennati, in particolare abbiamo concentrato la nostra attenzione sul ciclo estivo, trascurando quello invernale che pure presenta aspetti molto interessanti per non dire affascinanti, ma per affrontarlo in modo appropriato occorreva quasi raddoppiare il numero delle pagine, alterando così l‟obiettivo di brevità che ci eravamo proposti. Vorrei sottolineare come limitarsi a leggere quest‟opera sia di scarsa utilità, è stata scritta per suggerire l‟acquisto di un termometro e utilizzarlo nelle indagini speleologiche. Avrete così la possibilità di costruire pian piano la vostra esperienza personale tramite misure, sia all‟interno delle grotte come ai loro ingressi, di allestire un archivio dati composto da preziose informazioni, che potranno aiutarvi nelle future ricerche di nuove cavità. Per chi fosse interessato a dei chiarimenti può contattarmi al seguente indirizzo.
[email protected]
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FIG. N. 11
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BIBLIOGAFIA Sulla Val Serenaia è possibile leggere i seguenti articoli che descrivono sia le scoperte come le successive esplorazioni avvenute in questi ultimi anni. Roncioni A. “ Val Serenaia, un carsismo impossibile” Talp n. 12 (1995) De Grande F. ; Salvioli F. ;E altri “La Buca del Pannè” Speleologia n. 36 De Grande F. ; Zanna A. “ La lunga storia delle grotte di Serenaia” Speleologia n. 50 Salvioli F. “La buca Libre” Talp n. 22 (2000) Per quanto riguarda lo studio della meteorologia ipogea e del clima sotterraneo, si possono consultare i seguenti volumi, alcuni sono divulgativi, altri più specialistici: Badino G. Fisica del clima sotterraneo 1995 Melegari G. Speleologia scientifica e esplorativa 1984 Lismonde B. Aerologie des systemes karstiques CDS Isere 2002 Lismonde B. Vent des Tenebres CDS Isere 2002 Choppy J. Dynamique de l‟air 1986 Choppy J. Composition de l‟air 1988 Choppy J. Température de l‟air 1990 Choppy J. Microclimats 1994 Collignon B. Spéléologie, approches scientifiques 1988 Geze B. La spéléologie scientifique 1965 Trombe F. Traité de spéléologie 1952
STRUMENTI
Termometro datalogger Ilog della Escort Termometro portatile modello Temp 5 della Oakton Instruments
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