PERCORSI DI ETICA COLLOQUI
Direttore Luigi A Università degli Studi di Macerata
Comitato scientifico Francesco B Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Carla C Università degli Studi di Macerata
Antonio D R Università degli Studi di Padova
Carla D Università degli Studi di Macerata
Adriano F Università degli Studi di Pisa
Emmanuel F Institut Catholique de Paris
Francesco M Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Donatella P Università degli Studi di Macerata
Enrico P Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti–Pescara
Warren R Georgetown University of Washington
John R University of Toronto
Maria Teresa R Università degli Studi Roma Tre
Marie–Anne V Université de Lorraine, Institut Universitaire de France
Segretaria di redazione Silvia P Università degli Studi di Macerata
PERCORSI DI ETICA COLLOQUI
La collana presenta percorsi di riflessione che attraversano le frontiere — antiche e nuove — dell’etica, analizzando questioni emergenti all’incrocio tra filosofia e vita, e cercando di coniugare, in prospettiva interdisciplinare, il lessico della responsabilità, le forme della reciprocità e le ragioni del bene. La collana si articola in due sezioni: la prima (“Saggi”) ospita studi monografici come risultato di ricerche personali; la seconda (“Colloqui”) raccoglie dialoghi a più voci, costruiti a partire da un progetto organico, verificato e condiviso nell’ambito di seminari e gruppi di discussione. La ricerca di una coerenza di fondo fra i nuclei tematici presi in esame e il metodo dialogico della loro elaborazione fa della collana un prezioso strumento critico, in grado di alimentare il dibattito etico contemporaneo alla luce di istanze fondamentali di cura e promozione dell’umano. La collana è peer reviewed.
Differenze e relazioni Volume . Il prossimo e l’estraneo a cura di Sergio Labate Contributi di Sergio Labate Luigi Alici Roberto Mancini Cecilia Maria Di Bona Giovanni Giordano Alessandro Paris Martina Properzi Claudio Tarditi Giorgio Tintino Alessandro Colella Fabiola Falappa Ezio Gamba Umberto Lodovici Stefano Marchionni Silvia Pierosara Daniele Referza Paola Coppi Silvia Maron Maria Rita Scarcella Marco Strona Giovanna Varani Matteo Zoppi
Per iniziativa della Fondazione Centro Studi Filosofici di Gallarate e in collaborazione con il Servizio Nazionale della CEI per il progetto culturale.
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Indice
La filosofia tra prossimità ed estraneità. Un’introduzione Sergio Labate
Parte I Saggi introduttivi
Il terzo incluso: la prossimità tra immediatezza e mediazione Luigi Alici
Estraneità e discernimento. Il senso del legame interumano nella filosofia europea contemporanea Roberto Mancini
Parte II Percorsi fenomenologici
Una riflessione sul percorso dal prossimo all’estraneo in Paul Ricœur Cecilia Maria Di Bona
Elementi di analisi fenomenologica dell’alterità Giovanni Giordano
Dall’esperienza al trauma. Ipotesi sull’estraneità in Emmanuel Lévinas Alessandro Paris
La figura de “il prossimo”. Un contributo ispirato alla filosofia personalista di Max Scheler Martina Properzi
Differenze e relazioni
Estraneità o prossimità? La feconda aporia della Quinta meditazione cartesiana di Husserl Claudio Tarditi
Tempo ed essere: la relazione senza mediazione dell’ultimo Heidegger Giorgio Tintino
Parte III Filosofia, società, mondo
Solidarietà tra estranei. Essere umano e democrazia in Jürgen Habermas Alessandro Colella
Estraneità, intimità e differenza nel pensiero di Luce Irigaray Fabiola Falappa
Alterità e relazione tra uomo e donna Ezio Gamba
Il problema politico dell’amore per il nemico: Bonhoeffer e Schmitt in dialogo Umberto Lodovici
“Bontà” e “buone opere” nell’ambito delle attività umane secondo Hannah Arendt: un’estraneità radicale? Stefano Marchionni
La configurazione narrativa dell’estraneità Silvia Pierosara
“Sento l’Altro, dunque sono”. La prossimità originaria nell’opera di Léopold Sédar Senghor Daniele Referza
Indice
Parte IV Variazioni tra filosofia e teologia
« Un’estranea e altra prossimità ». Riflessioni a partire dalla filosofia di María Zambrano Paola Coppi
Straniero e dono, accoglienza e rifiuto. Analisi di due figure emblematiche: la sacerdotessa di Mantinea e Sara, moglie di Abramo Silvia Maron
Differenza nell’identità ed identità nella differenza: il segreto del Noi in Jules Lequier Maria Rita Scarcella
Il Paradosso come la passione del pensiero: Cornelio Fabro interprete di Kierkegaard Marco Strona
Dall’alterità atomica alla coralità dialogica. Note antropologico–filosofiche su differenze e relazioni Giovanna Varani
Communicatio e vita humana in Tommaso d’Aquino Matteo Zoppi
Differenze e relazioni ISBN 978-88-548-6494-8 DOI 10.4399/97888548649481 pag. 11–18 (dicembre 2013)
La filosofia tra prossimità ed estraneità Un’introduzione S L
. Prossimità ed estraneità Uno dei più celebri incipit della filosofia contemporanea — mi riferisco all’inizio della Sezione prima di Totalità e infinito — recita: « La vera vita è assente. Ma noi siamo al mondo. La metafisica sorge e si mantiene in questo alibi. Essa è rivolta all’“altrove”, e all’“altrimenti”, e all’“altro” » . Cito questo passo, ad introdurre il volume, perché mi sembra che contenga in forma sintetica le tante energie che si sprigionano nei saggi che seguono e che, in forma aporetica e (anche per questo) feconda, appartengono al compito culturale che sta a capo del Seminario dove sono stati per la prima volta discussi . La traccia o lo sfondo sul quale si è scelto di collocarsi è quello del nesso tra prossimità ed estraneità. Nesso generalissimo, come del resto tutti gli sfondi che fungano da collettori d’interessi differenti piuttosto che da rasoi metodologici. Ma nesso che contiene in sé l’intuizione di una discontinuità radicale rispetto alle tendenze dei decenni precedenti. Questa intuizione è racchiusa nel tentativo di sostare sulla soglia dell’estraneità, per invocare attraverso una sua fenomenologia (o meglio, tante sue variazioni fenomenologiche) una problematizzazione della categoria etico–teologica di prossimità. . E. L, Totalità e Infinito, trad. it. di A. D’A, Jaca Book, Milano , p. (è l’incipit della Sezione prima del volume). . I contributi qui raccolti sono stati presentati al LVII Seminario per Ricercatori e dottori di ricerca in Filosofia, organizzato dal Centro Studi Filosofici di Gallarate in collaborazione con il “Progetto culturale” della Chiesa cattolica italiana. Il Seminario aveva come titolo Differenze e relazioni: I. Il prossimo e l’estraneo, e si è tenuto presso il Dipartimento di Filosofia e Scienze umane dell’Università di Macerata il – settembre .
La filosofia tra prossimità ed estraneità. Un’introduzione
A cosa è servita, dal punto di vista culturale, l’insistenza sulla categoria di prossimità, insistenza che è stata prevalente negli ultimi tre decenni del secolo trascorso? Io credo abbia esercitato una funzione doppia. La prima funzione è stata quella di aver permesso una sorta di « esistenzializzazione del trascendentale » (riprendo liberamente categorie di Armando Carlini) e, attraverso quest’operazione, aver fissato una mutua correlazione tra uno spazio metafisico e un insieme di contenuti ontici . Una correlazione tra il trascendentale e lo storico. Tutti gli autori di riferimento di questo processo — perlopiù di area francese (ma non solo) — giocano su questo avvicinamento per disincastrare la rigidità ontologica della metafisica, per come viene condannata all’inizio del secolo scorso. Si potrebbe così sostenere che la prossimità ha esercitato una mediazione capace di rinvigorire la tradizione aggirandone i principali caratteri d’inattualità. Così alla vanità dell’essere non si è contrapposto semplicemente il Dio senza essere, ma soprattutto una teologia dinamica che si recita precisamente sulla soglia del mondo e che passa perlopiù attraverso le dizioni della fenomenologia, dell’ermeneutica, dell’esistenzialismo (come l’insieme dei saggi qui presentati conferma). La seconda funzione è, però, quella di aver forse universalizzato troppo l’evento della differenza. Per evocare ancora suggestioni levinassiane, la prossimità è diventata troppo spesso il passepartout per trasformare l’evento in esperienza, finendo così per decostruire quell’aporetica che le poche righe citate all’inizio segnalavano come essenziale (e che sono poi alla base della decostruzione, che infatti rappresenta — a mio avviso — un’altra via per pensare la differenza mantenendola nella sua aporetica originaria. Ma questo è un altro discorso). Ecco spiegato il motivo della scelta di segnare i confini di questi saggi tra la prossimità e l’estraneità. L’estraneità funge qui sia da esperienza limite sia da concetto regolativo. Il suo pregio è quello di non perdere affatto la svolta antropologica del novecento ma anzi, per certi versi, di accentuarla: se noi siamo al mondo e la vera vita è assente, non c’è altro modo di agganciare filosoficamente la vera vita se non . Sul tema cfr. C S F G, Identità cristiana e filosofia, a cura di G. F, Rosenberg & Sellier, Torino .
La filosofia tra prossimità ed estraneità. Un’introduzione
attraverso un ispessimento fenomenologico capace di cogliere nel cuore della prossimità una brillante estraneità, i cui caratteri sono appunto designati in vario modo — sotto il segno dell’irriducibilità, della radicalità, ecc. — e che, ciò nonostante, convergono tutti verso questa funzionalità essenziale. Il cuore dell’evento mondano è l’estraneità del suo fondamento (la vera vita è sempre assente), il cuore dell’irriducibile fondamento è il suo interessare (–si) al mondo (ma noi siamo al mondo).
. Uno sguardo panoramico All’interno di questi confini non risulta affatto arduo trovare il filo di continuità che lega e connette i numerosi contributi raccolti in questo volume. I primi due studi sono di Luigi Alici e Roberto Mancini e hanno un compito simmetrico: di problematizzare i due poli categoriali intorno a cui si raccolgono i saggi. Nel saggio di Alici è la prossimità a passare sotto una lente che ne discute i limiti e, grazie al terzo, estende i confini del “circolo del noi”. Nel saggio di Mancini è piuttosto l’estraneità ad essere messa sotto una lente d’ingrandimento. Come si vedrà, alla fine di quest’anamnesi la proposta sarà in controtendenza rispetto a molte proposte contemporanee: sia l’estraneità sia la prossimità non reggono ad una critica interculturale — l’urgenza della nostra temperie filosofica — e devono essere implementate da una “autocoscienza di genere”. È a partire da questi due studi introduttivi che le studiose e gli studiosi hanno proposto pubblicamente le loro tesi. Essi sono — a vario titolo e secondo prospettive molteplici — sensibili alle direzioni che propone il centro studi filosofico di Gallarate . Sono all’inizio dei loro percorsi di ricerca e, come si avrà modo di giudicare, la loro competenza e la loro preparazione è un’ennesima dimostrazione di quanto — contro ogni evidenza (e contro ogni convenienza) — le Università italiane hanno ancora il merito di preparare (ma non . Per una recente interpretazione del ruolo del movimento di Gallarate all’interno della cultura italiana del Novecento si veda T. V, Filosofia e cristianesimo nell’Italia del Novecento, Drengo, Roma , in particolare pp. – (“Il Movimento di Gallarate e le due anime della metafisica italiana: il paradigma neoclassico e lo spiritualismo”).
La filosofia tra prossimità ed estraneità. Un’introduzione
valorizzare) generazioni intellettualmente attive e piene di risorse culturali. Per una più semplice strutturazione dell’opera complessiva mi sono permesso di selezionare tre sezioni secondo criteri tematici. Non sono sicuro che questa fosse la soluzione migliore ma a me è parsa certamente la più opportuna. La prima sezione è dedicata ai Passaggi fenomenologici. Gli autori di riferimento indicano la feconda continuità delle scuole filosofiche qui rappresentate. Si tratta infatti di ritornare ad alcuni classici contemporanei (Husserl, Heidegger, Scheler, Lévinas, Ricoeur) che hanno rappresentato i cardini di quella svolta di fine Novecento menzionata prima. Con uno sguardo più lucido ciò che appare indiscutibile di questi autori è, molto più che una trasversalità dottrinale, una postura metodologica. Questa postura è più precisamente la ricchezza dello sguardo fenomenologico il quale, forse anche per quella voluta riduzione del dimostrare al mostrare, permette di attraversare in lungo e in largo l’aporetica di vita assente e l’inaggirabilità del mondo senza alcuna soluzione. Ora, all’interno di questa comunanza spero di non sbagliarmi sostenendo che il ritorno ai classici ha però un sapore davvero nuovo, per tanti motivi. Soprattutto perché, come ho cercato di sostenere prima, questo ritorno avviene non più nell’epoca filosofica della prossimità, ma nell’epoca filosofica dell’estraneità. E questo spostamento richiede un andare e tornare del tutto innovativo, dentro autori pure così noti. La seconda sezione ha come titolo: Filosofia, società, mondo. Già dal titolo è ben chiaro come qui si tratta soprattutto di approfondire la scena del mondo e dunque di osservare sia la prossimità sia l’estraneità secondo l’ottica di una filosofia incarnata. Voglio sottolineare solo alcune caratteristiche che risultano trasversali e che mi appaiono decisive. Innanzitutto che questo ritorno alla filosofia sociale avviene attraverso tanti sfondamenti e secondo direzioni convergenti ma istituite ciascuna con le proprie distanze. Si tratta cioè di raccogliere insieme istanze che provengono da sponde diversissime: si va dalla filosofia della differenza di Irigaray fino alla apertura interculturale di Senghor, da alcuni temi classici di Habermas fino alla straordinaria fenomenologia ermeneutica di Waldenfels. Insomma, tutte sponde differenti che hanno però in comune l’idea che vi sia un ordine sociale la cui soggettivazione sta al centro della riflessione filosofica. È inte-
La filosofia tra prossimità ed estraneità. Un’introduzione
ressante, oltretutto, sottolineare come quest’apertura si occupa con eguale sensibilità di società (a cominciare dalla società a due tra uomo e donna, oggetto dell’attenzione di più contributi) e di mondo (in particolare mi piace qui ricordare il tema della narrazione, vero elemento di mediazione tra l’ordine della società e l’ordine del mondo). La terza sezione ha come titolo: Variazioni tra filosofia e teologia. In effetti ciò che colpisce di queste pagine è la multiformità della feconda correlazione di filosofia e teologia . Questa multiformità si espande sia per spazi sia per tempi: procede dalla Spagna alla Francia (Zambrano, Lequier), si estende dalla tradizione fino all’età contemporanea (Tommaso d’Aquino, Kierkegaard), varia registri metodologici (l’antropologia filosofica, l’ermeneutica biblica resa celebre da Ricoeur). Il tratto comune è però un costante lavoro d’interpretazione produttiva: il ritorno alla tradizione appare per esempio non tanto frutto di una strategia complessiva di ordine identitario, ma piuttosto come uno spiazzamento rispetto al contemporaneo, capace dunque di dis–identificarlo. Non una lotta tra identità, dunque, ma piuttosto una dialettica differenziale . Con ciò, si potrebbe dire, l’obiettivo di questo volume è pienamente raggiunto. Nessuna violenza filosofica ha sciolto l’aporia di Lévinas che ci ha guidato: nessuna presa di parola ha interdetto la mondanità dell’esperienza filosofica. Nessuna esperienza ha pregiudizialmente colonizzato lo spazio aperto dell’evento. Dal punto di vista culturale, mi pare questo un guadagno più che prezioso: opporre ad una deriva che ha fatto della passione per la prossimità una sentinella dell’identità una direzione che fa della prossimità un movente dis–identificativo, che pone in correlazione le differenze senza alcun timore. Ciò detto, credo vi siano però alcune vie di fuga che in queste pagine emergono forse troppo poco e che, invece, possono essere determinanti per l’agorà filosofica contemporanea. Le indicherò brevemente in conclusione di queste pagine.
. Sul tema cfr. G. F, Filosofia e teologia cristiana. Saggi di epistemologia ermeneutica, voll., Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli . . Per una critica alla tentazione identitaria del cristianesimo cfr. R. M, Il senso della fede. Una lettura del cristianesimo, Queriniana, Brescia .
La filosofia tra prossimità ed estraneità. Un’introduzione
. Tre margini da illuminare Se dovessi indicare — seguendo un’impressione del tutto personale — la grande contraddizione del rapporto tra fede e cultura , per come si è manifestato negli ultimi decenni tra la discussione generalmente culturale e l’approfondimento filosofico — non esiterei a far riferimento al tema della secolarizzazione. La contraddizione sta in questo: che mentre nel dibattito più generale la secolarizzazione è stata individuata come un vero termine antagonista dell’esperienza della fede (e il giudizio sulla secolarizzazione è chiaramente un giudizio sommario sull’età moderna), nel dibattito più specialistico la secolarizzazione ha continuato ad essere il centro focale di ogni interpretazione e non in forma antagonista, ma come un’opportunità di autocomprensione più radicale ed autentica della fede. Perché mi appare così centrale il tema della secolarizzazione? Perché, semplicemente, esso permette di approfondire (e in parte correggere) l’incipit levinassiano. Non semplicemente « noi siamo al mondo » ma “noi siamo al mondo secolare”. La secolarizzazione non è una qualità aggiuntiva al movimento di “esistenzializzazione del trascendentale”, ma è una qualità trasformativa (l’esistenzializzazione è ormai necessariamente una secolarizzazione). Lo spostamento di accento determina, a mio avviso, anche uno sforzo ulteriore di tecnica fenomenologica. Si tratta cioè di concentrarsi sugli stessi fenomeni mondani (che sono oggetto di questi studi) rileggendoli sotto una luce trasformativa irreversibile (gli esempi qui più ricorrenti sono la differenza sessuale, la teologia politica, l’identità narrativa). La secolarizzazione non è una caratterizzazione epocale che cade sotto il restringimento della messa tra parentesi. La sua funzione ha necessariamente trasformato la struttura eidetica del mondo. In queste pagine l’età secolare sembra essere perlopiù uno sfondo delle strategie di riappropriazione del mondo. Credo che vi sia un compito filosofico di estrema urgenza che consiste nel risolvere la contraddizione precedente e, infine, mettere al centro delle nostre analisi il « moderno mondo secolare », né più né meno. . Sul tema cfr. L. A, I cattolici e il paese, La Scuola, Brescia . . Cfr. G. F, Essere cristiani oggi. Il “nostro cristianesimo nel moderno mondo secolare, ElleDiCi, Torino ; I., Il grande compito. Tradurre la fede nello spazio pubblico secolare, Cittadella editrice, Assisi .
La filosofia tra prossimità ed estraneità. Un’introduzione
La seconda via di fuga è una specificazione della prima. Credo che nel moderno mondo secolare sia sempre più evidente la pervasività della dimensione economica. Questa pervasività è ormai in modo consensuale definita in termini metafisici, seguendo la straordinaria profezia di Benjamin, secondo cui si tratta di fare i conti con il « capitalismo come religione » . Il che vuol dire: la teologia politica si è svelata come economia politica; il liberalismo si è svelato non come modello di organizzazione sociale, ma come forma di vita. Se dovessi dunque indicare una zona impensata ed assente in queste pagine è precisamente la sfera economica. Ma è davvero possibile oggi un discorso filosofico sul mondo eludendo la pervasività dell’economia? E, ancor di più, proprio il carattere teologico dell’economia politica — ciò che giustifica che chi la pensa diversamente venga trattato letteralmente come un eretico — non sollecita una riflessione più sistematica proprio all’interno dei movimenti e dei circoli culturali che si occupano del rapporto tra filosofia e teologia ? Ecco, io credo che su questo vi sia un’urgenza da riconoscere e a cui rendere ragione attraverso un percorso di ricerca più ampio, più sistematico, più responsabile. Infine, la terza via di fuga è rappresentata dall’epistemologia interculturale. Essa è parzialmente presente in queste pagine e, per essa, vale forse il contrario di quel che ho sostenuto circa il mondo secolare. Credo infatti che la svolta interculturale non debba essere soltanto oggetto di studi particolari, quanto lo sfondo dentro cui collocare l’insieme degli studi. La fecondità epistemologica di questo sfondo mi appare ormai evidente, anche in relazione ad una storicizzazione meno mitizzata della tradizione. La quale, mentre contribuiva a fissare una falsa storia uniculturale, si nutriva di scambi interculturali, di differenze e di esperienze piene di feconda estraneità. Mondo secolare, economia politica, epistemologia interculturale. Credo che queste tre piste di approfondimento rappresentino un’eredità da consegnare all’intelligenza così densa di questi studiosi, ma anche alla loro responsabilità di provare a opporre alla stupidità del mondo un nuovo pensiero capace di ridarci futuro. . Cfr. W. B, Capitalismo come religione, trad. it. di C. S, Il Nuovo Melangolo, Pisa . . Cfr. R. M, Dal capitalismo alla giustizia. Idee per costruire un’economia mite e democratica, Altreconomia, Milano .
La filosofia tra prossimità ed estraneità. Un’introduzione
Voglio ringraziare innanzitutto le partecipanti e i partecipanti al Seminario tenutosi a Macerata (i cui contributi vivificano questo volume). Voglio anche ringraziare, per la fiducia e la condivisione, Giovanni Ferretti, Gian Luigi Brena, Roberto Mancini, Luigi Alici, Carla Canullo, Donatella Pagliacci.
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SAGGI INTRODUTTIVI