Libro verde sul quadro al 2030 per le politiche energetiche e climatiche Consultazione pubblica del Ministero dello Sviluppo Economico Risposte Confindustria Confindustria considera il tema affrontato dal Libro Verde della Commissione europea una assoluta priorità per il sistema industriale italiano, in quanto la politica climatica ed energetica europea e nazionale hanno un ruolo determinante per la ripresa e la crescita economica e lo sviluppo di nuove tecnologie. Per questo si accoglie molto favorevolmente l'iniziativa del Ministero dello Sviluppo Economico di richiedere le opinioni e le osservazioni delle parti interessate sui temi trattati; in tale contesto Confindustria coglie con piacere l'opportunità di fornire il proprio contributo alla definizione della posizione nazionale sul Libro Verde della Commissione sul quadro al 2030 per le politiche energetiche e climatiche. In questo documento si riportano innanzitutto le risposte confederali alle domande predisposte dal Ministero dello Sviluppo Economico (consultazione sintetica) pubblicate sul proprio sito web nella pagina dedicata alla “Consultazione pubblica: Libro Verde sul quadro al 2030 per le politiche energetiche e climatiche”. Nelle prossime settimane Confindustria procederà anche a predisporre alcune risposte alle domande presenti nella consultazione della Commissione europea considerate di maggiore interesse per i settori industriali italiani.
Obiettivi e Strumenti 1. Avendo assunto, attraverso la consultazione sulla SEN, la strategia di puntare a un obiettivo complessivo di risparmio CO2, la quale minimizza, nella situazione di crisi economica, i costi che il sistema energetico italiano dovrebbe sostenere per conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione, si ritiene utile che gli Stati membri individuino anche obiettivi settoriali?
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Al fine di evitare incongruenze e distorsioni al mercato interno della UE, gli obiettivi di decarbonizzazione dovrebbero essere fissati a livello europeo e strutturati nell’ambito di una politica climatica ed energetica complessiva. In particolare si ritiene che per il post 2020 la promozione delle politiche di decarbonizzazione dovrebbe basarsi sull’obiettivo vincolante, a livello europeo, di riduzione delle emissioni di CO2 impostato in un contesto armonizzato che eviti incoerenze e sovrapposizioni con le politiche e gli strumenti in materia di rinnovabili ed efficienza energetica. L’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 dovrebbe essere chiaramente definito nel lungo termine (al 2030) in modo da tener conto degli investimenti necessari e permettere di raggiungere i risultati perseguiti minimizzando i costi, stimolando gli investimenti più appropriati, la ricerca e l’evoluzione tecnologica che richiedono tempi lunghi e un quadro stabile. Potrebbe essere utile fissare macro obiettivi di riduzione della CO2 suddivisi per tre settori principali, secondo il principio di responsabilità comuni ma differenziate, sulla base delle capacità di contribuzione di ciascun settore: industria (settori ETS e settori non ETS) trasporti totali civile e terziario I tre obiettivi dovranno essere perseguiti con meccanismi centralizzati a livello europeo e devono poter essere rimodulabili periodicamente, per tenere conto della rispettiva esposizione alla concorrenza internazionale, delle differenti risposte del mercato e del graduale sviluppo delle nuove tecnologie. In linea di principio non dovrebbero essere fissati obiettivi settoriali a livello di stato membro anche se, al contempo, occorrerà garantire una certa flessibilità in modo da tener conto delle specificità nazionali ed assicurare che i risultati ambientali possano essere conseguiti secondo i migliori criteri di costo/efficacia. In tale contesto roadmap settoriali possono rappresentare strumenti utili per identificare i target di riduzione in funzione dello sviluppo tecnologico e del contesto territoriale specifico, e forniscono dati affidabili sulle potenzialità tecnologiche esistenti e in fase di sviluppo, con l’indicazione dei costi di investimento e delle risorse necessarie. Si ritiene assolutamente prioritario che le politiche e le strategie finalizzate alla riduzione delle emissioni dei vari comparti siano predisposte in stretta collaborazione con i settori interessati, attraverso le rispettive associazioni di riferimento. Per quanto riguarda gli strumenti specifici, si ritiene che ai fini della riduzione delle emissioni di CO2, anche in un quadro post 2020 il sistema Emissions Trading dovrà, nel rispetto di determinate condizioni (v. punto seguente), continuare ad essere lo strumento di riferimento per i settori industriali attualmente interessati. Per i settori che invece non ricadono in tale sistema sarà probabilmente necessario considerare altri tipi di misure e strumenti, in considerazione delle possibili difficoltà tecnico/operative legate all'applicazione di un sistema di trading ad altri comparti quali i trasporti o il residenziale. 2
In tutti i casi è indispensabile che gli strumenti adottati, anche a livello nazionale, non creino distorsioni nel mercato dell'energia e che via sia un coordinamento tra le misure adottate dai diversi Stati Membri per evitare che queste siano contrastanti tra loro portando a nuove distorsioni.
2. In questo ambito si ritiene opportuno ed efficiente dal punto di vista dei costi puntare al superamento del meccanismo Emission trading scheme (ETS) con l’introduzione di una fiscalità ambientale (carbon tax) che incorpori direttamente in tutti i prodotti – inclusi quelli di importazione – le esternalità dovute ai diversi livelli di emissione? Il sistema Emissions Trading deve continuare a svolgere un ruolo centrale nella politica climatica europea in quanto rappresenta un valido strumento per conseguire la riduzione dei gas serra in modo economicamente efficiente. Tuttavia perché il sistema ETS continui ad essere efficace è importante che siano rispettate alcune importanti condizioni che dovranno essere elementi centrali della futura politica climatica europea:
deve essere garantito un approccio integrato ai temi dei cambiamenti climatici, dell'energia, della politica industriale e dell'efficienza delle risorse il quadro regolamentare deve essere definito e prevedibile in modo tale che non siano disincentivati gli investimenti deve essere assicurato un reale level playing field per gli operatori sia a livello settoriale che geografico. Pertanto l’assegnazione di quote nell’ambito del sistema ETS deve essere definita tenendo conto dei reali potenziali di abbattimento nei diversi settori e del livello di sforzo messo in atto dai Paesi concorrenti. bisogna evitare che i diversi prezzi dell’energia elettrica creino distorsioni fra i settori industriali dei diversi Stati Membri e tra l’Unione Europea e i Paesi extra UE. l'ETS deve continuare a fornire un quadro normativo comune per il settore energetico e per i settori ad alta intensità energetica. Per far fronte al rischio di carbon leakage e di perdita di competitività dell'industria europea, è indispensabile che siano mantenute regole diverse di assegnazione delle quote di CO2 per il settore dell’energia e per l'industria, con il mantenimento dell’allocazione gratuita delle quote e della possibilità di compensazione dei costi indiretti ai settori industriali fortemente esposti al rischio di delocalizzazione delle emissioni. dovrebbe essere valutata una revisione dell'ambito di applicazione del sistema, prevedendo sistemi alternativi all’ETS per le imprese a minori emissioni per le quali i costi di partecipazione al sistema ETS è maggiore rispetto ai benefici conseguibili.
Competitività e Innovazione 3. In che modo il quadro strategico al 2030 può inglobare anche politiche a sostegno della competitività dell’industria europea? In particolare, in relazione al fenomeno del “carbon leakage indiretto”, si ritiene che un sistema centralizzato europeo di compensazione dei costi dell’energia derivanti dall’ETS -nell’ipotesi che lo stesso sia mantenuto- a favore delle industrie a maggiore intensità energetica possa rappresentare una soluzione efficace ed efficiente in termini di costo per il sistema?
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Innanzitutto si ritiene utile ricordare che L’Europa è responsabile solo del 14% delle emissioni globali e, pertanto, una politica energetico-climatica che prescinda da accordi internazionali, non solo non garantirebbe il raggiungimento dell’obiettivo fissato in termini di riscaldamento globale, ma si tradurrebbe in una forte perdita di competitività per i settori industriali europei (soprattutto il settore manifatturiero) già fortemente colpiti dalla perdita di competitività rispetto ai Paesi emergenti in cui non sono adottate politiche analoghe a quelle europee. E’ quindi imprescindibile che la futura politica climatica ed energetica della UE tengano maggiormente conto delle evoluzioni in sede internazionale, al fine di evitare che tali politiche si traducano in un aggravio di costi amministrativi per le aziende europee senza un diretto e misurabile impatto positivo sull’ambiente a livello globale. Pertanto misure e strumenti intesi a tutelare la competitività delle imprese europee (es. allocazione gratuita delle quote in ambito ETS, misure di compensazione dei costi indiretti ecc). saranno necessari fino a quando le imprese degli stessi settori presenti in altre aree del mondo non avranno vincoli analoghi a quelli europei. A tal fine, quindi, si ritiene necessario mantenere misure per compensare i costi indiretti per i settori maggiormente esposti al rischio carbon leakage. Tuttavia, allo stato attuale, le misure di compensazione dei costi energetici previste nel sistema ETS sono implementate all’interno di uno schema di aiuti di stato e, quindi, lasciate alla discrezionalità dei singoli stati membri. Pertanto non essendo implementate in modo omogeneo all'interno della UE, creano differenziazioni tra imprese che sono in diretta competizione. Si ritiene, quindi, opportuno definire uno strumento armonizzato di diretta competenza dell’Unione europea per superare l’ampia discrezionalità lasciata alle singole iniziative degli stati membri. Più in generale interventi di sostengo alla competitività dell’industria europea (e italiana) richiedono misure e obiettivi che tengano conto del contesto energetico in cui si opera, in termini di disponibilità delle risorse e di investimenti in infrastrutture già realizzati, con l’obiettivo di promuovere un efficiente impiego delle risorse e dei mezzi disponibili e di non gravare il sistema di nuovi oneri e costi.
4. In termini di politiche in materia di ricerca e sviluppo e di sostengo alla diffusione di nuove tecnologie quali priorità si individuano per il settore energetico europeo ed in particolare italiano? Le future scelte in materia di ricerca e sviluppo dovranno essere indirizzate alla promozione e alla diffusione delle applicazioni tecnologiche più innovative, senza che si proceda a valutazioni aprioristiche sulle diverse tecnologie. Solo a queste condizioni può essere ottimizzata la competizione tra le diverse tecnologie ed il contenimento dei costi. Dovrebbero inoltre essere privilegiati gli investimenti in tecnologie che massimizzano l’uso delle infrastrutture e delle risorse già esistenti. Inoltre, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e delle tecnologie per l'efficienza energetica rende prioritario l'investimento in attività di ricerca e sviluppo finalizzate a gestire sistemi di produzione e consumo distribuita. In questa prospettiva assumono rilevanza lo sviluppo delle smart grids e i sistemi di accumulo di nuova generazione.
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Distribuzione degli sforzi tra Stati membri 5. Le nuove politiche dell’Unione al 2030 dovranno assicurare una distribuzione equa degli sforzi tra i vari Stati membri ed incoraggiare la cooperazione tra di essi. Infatti, poiché ciascuno Stato presenta un diverso punto di partenza, nonché diverse potenzialità e criticità, i loro sforzi, anche economici, per la realizzazione dei medesimi progressi in termini assoluti possono differire notevolmente. A questo riguardo, come si potrebbe garantire un’adeguata flessibilità al sistema degli obiettivi europei per promuoverne la realizzazione nei modi più efficienti in termini di costi? Come detto, al fine di evitare incongruenze e distorsioni al mercato interno della UE, gli obiettivi di decarbonizzazione dovrebbero essere fissati a livello europeo e strutturati nell’ambito di una politica climatica ed energetica complessiva. Tuttavia al contempo, occorrerà garantire una certa flessibilità in modo da tener conto delle specificità nazionali ed assicurare che i risultati ambientali possano essere conseguiti secondo i migliori criteri di costo/efficacia e possano conciliarsi con le esigenze sociali e di protezione della competitività di ciascun Paese. Si ritiene che, ad esempio, molto potrebbe essere ottenuto attraverso l’implementazione della Direttiva sull’Efficienza Energetica, sfruttando in modo “accorto” le discrezionalità da essa previste, e valorizzando le azioni già intraprese e documentate dagli Stati Membri (es. titoli di efficienza energetica in Italia). Inoltre, occorrerebbe rafforzare le politiche di sostegno per gli investimenti infrastrutturali che conducano al completamento delle interconnessioni delle reti e, in questo modo, al raggiungimento di un vero mercato interno dell’energia. E’ anche necessario prevedere un mix di combustibili coerente con gli obiettivi di riduzione del gas climalteranti cercando di massimizzare il potenziale di disponibilità delle materie prime energetiche presenti nel continente. Infine è necessario un raccordo tra le diverse normative afferenti all’industria come quelle relative all’efficienza delle risorse, ai rifiuti e al recupero energetico degli scarti.
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