Migrazioni e processi di urbanizzazione in Italia Spunti interpretativi in un’ottica biografica F. Benassi1, M. Bottai1, G. Giuliani1
SOMMARIO. Anche se si restringe l’ottica all’ultimo mezzo secolo, si osserva chiaramente in Italia più di un radicale mutamento – se non vera e propria transizione – nel volume, nella direzione e nella qualità dei flussi migratori. L’offerta abitativa, all’interno dei vincoli imposti dai piani di regolamentazione urbanistica, di solito funziona da variabile dipendente dagli orientamenti della domanda. Il ruolo dell’abitazione si è evoluto da bisogno fondamentale, essenzialmente legato alla vicinanza ad un luogo di lavoro, a elemento di realizzazione personale e promozione sociale. Si è arricchito in spazio, comfort ed estetica, diversificando la risposta al bisogno di accessibilità rispetto ai crescenti punti di riferimento individuali e familiari: lavoro, scuola, network parentale, shopping, hobbies. E’ facile pronosticare che molto si evolverà ancora a seguito delle grandi criticità economiche ed ecologiche che si stanno manifestando: inquinamento, traffico, costo della mobilità. Migrazioni e cambiamenti di residenza hanno determinato una mutevole dinamica degli insediamenti, dall’urbanizzazione polarizzata, alla suburbanizzazione e periurbanizzazione, alla rivitalizzazione di molti ambienti non urbani. L’ultima nostra indagine, che si inserisce nel filone di ricerca sulla mobilità, è l’indagine denominata HHH (Household, Housing, Habitat), i cui primi risultati sono presentati fra l’altro nel volume di Bottai, Cortesi, Lazzeroni (2006). L’ambizione che l’ha promossa era quella di legare insieme e mettere a sistema i tre fondamentali aspetti del complesso rapporto fra l’uomo e il territorio, fra humanus e humus: le migrazioni e i cambiamenti di abitazione, la mobilità giornaliera (oltre al solo pendolarismo), l’inerzia alla mobilità (radicamento nel luogo di residenza e nell’abitazione), nonché le prospettive migratorie. Su un campione di 1820 persone, distribuite in tre regioni (Toscana, Puglia e Sicilia) e appartenenti a due gruppi di coorti (30-40enni e 55-65enni), si è ricostruita l’intera biografia familiare, quella residenziale e abitativa e, per sommi capi, quella professionale. Nel presente lavoro si ricostruiscono percorsi migratori su un piano geografico, con particolare riferimento ai diversi tipi di località (urbano, suburbano, semi-urbano, rurale). Il tutto è collegato alle vicende del ciclo di vita, all’età e alle congiunture temporali, e corredato di elementi, poco studiati ma decisivi, quali l’evoluzione degli standards abitativi, l’aspirazione alla proprietà e all’indipendenza della propria abitazione. La nostra ricerca consente inoltre di indagare su classiche antinomie e trade-offs: fra aspirazioni di localizzazione residenziale e progresso di housing e radicamento; fra la funzionalità di una localizzazione centrale e il fascino di una localizzazione periferica o rurale. Infine, si tenta di stabilire una relazione fra il modello di mobilità spaziale giornaliera e le caratteristiche della storia migratoria del soggetto.
Introduzione Studiando le migrazioni nell’ultimo mezzo secolo in Italia ci siamo pian piano convinti di due o tre necessità sistematiche: • la profonda evoluzione dei modelli migratori suggerisce la scansione di due sottoperiodi assumendo come crinale l’inizio degli anni ’70. Il primo caratterizzato dalle migrazioni di lungo raggio promosse dal mercato del lavoro, il secondo orientato piuttosto a migrazioni di breve raggio legate a dinamiche di housing (vedasi sull’argomento: BARSOTTI, BOTTAI, 1992); • andare oltre lo studio delle migrazioni a partire dalle statistiche ufficiali perché rischia di perdere di pregnanza l’analisi in quanto prescinde dai cambiamenti di abitazione di raggio infracomunale, che, fra l’altro, sono la maggior parte delle migrazioni e che 1 Dipartimento
danno indicazioni qualitative importanti sui criteri di localizzazione della residenza; • il rapporto dell’individuo con il territorio, la scelta dell’abitazione in relazione ai punti di riferimento del suo spazio di vita, suggerisce, o forse impone, di integrare lo studio della mobilità definitiva (migrazioni e cambiamenti di residenza) con quello della mobilità giornaliera. In definitiva ci siamo convinti che per procedere nell’intelligenza della mobilità territoriale, o - come si è detto con un po’ di ambizione - del complessivo rapporto dell’uomo con il territorio, fosse preferibile ricorrere ad indagini dirette (anche se a circoscritta copertura territoriale) miranti a ricostruire insieme la migratorietà, la mobilità giornaliera ed anche la resistenza alla mobilità stessa o radicamento nel territorio e nell’abitazione. Per grandi linee, l’idea che ha ispirato le nostre ultime indagini e ricerche è la seguente: l’individuo – o piuttosto
di Statistica e Matematica Applicata all’Economia, Università di Pisa.
GEOGRAFIE DEL POPOLAMENTO: CASI DI STUDIO, METODI E TEORIE
Le migrazioni, i cambiamenti di abitazione, impongola famiglia di cui fa parte – ha una localizzazione territoriale fondamentale che è la sua abitazione. A partire da que- no di ridisegnare o modificare profondamente gli spazi di sta disegna con varia cadenza e ripetitività una ragnatela vita. di percorsi che gli consentono di soddisfare i suoi bisogni Si può anche supporre che, specie a seguito di migraprimari, secondari o voluttuari2 . zioni di medio e lungo raggio, la localizzazione dell’abitazione risulti inizialmente subottimale rispetto allo spazio di vita e solleciti ulteriori migrazioni di breve raggio, oltre che modifiche del sistema dei punti di riferimento spaziali e della mobilità giornaliera.
I dati
Figura 1. Movimento migratorio 1986-1991 e Movimenti pendolari nell’Area pisana 1991.
Gli spostamenti giornalieri sono ovviamente un costo, familiare e sociale. È lecito supporre che la localizzazione dell’abitazione aspiri ad ottimizzare ed anche a limitare l’uso quotidiano dello spazio e del tempo. Questo su un piano statico, ad un certo momento del tempo, della vita dei soggetti, del ciclo di vita delle famiglie. Poi qualche cosa cambia: il posto di lavoro del soggetto o di alcun membro del suo nucleo familiare, la scuola dei figli, il rapporto con i parenti, l’emancipazione del soggetto dalla famiglia parentale, il sistema degli interessi e dei rapporti sociali, la dimensione della famiglia. Anche un cambiamento della situazione economica e una evoluzione delle aspirazioni abitative possono favorire il desiderio di riallocare la propria abitazione. E questo è un punto specifico su cui abbiamo soffermato l’attenzione nella convinzione che specifiche scelte di housing e di habitat abbiano promosso ingenti flussi migratori di breve raggio negli ultimi anni, configurandosi come implicita determinante della diversa dinamica degli insediamenti (suburbanizzazione, deurbanizzazione). Fenomeni questi che possono contraddire la teoria migratoria classica, in quanto non solo non orientati all’avvicinamento al posto di lavoro e alla riduzione del pendolarismo, ma capaci addirittura di crearne (vedi fig.01). Dal censimento 1991 si erano estratti i dati sulle migrazioni fra i comuni dell’Area Pisana nel quinquennio precedente la rilevazione e quelli sul pendolarismo per lavoro e scuola alla data del censimento stesso. E’ un esempio di scolastica evidenza di quanto si sta dicendo: un processo di periurbanizzazione dal capoluogo ai comuni dell’hinterland produce, o almeno si accompagna a, un forte pendolarismo centripeto (probabilmente esteso ad altre motivazioni di spostamento).
I risultati che vengono presentati derivano da una recente indagine campionaria svolta in tre aree sub-regionali di Toscana, Puglia e Sicilia su un campione casuale3 di 1820 residenti appartenenti a due specifiche classi di età: 55-65enni (nati tra il 1939 e il 1948) e 30-40enni (nati tra il 1964 e il 1973). Due generazioni con un intervello di 25 anni: “i padri” e “i figli”, gli uni alla fine, gli altri all’inizio della loro vita adulta. L’inchiesta, e il questionario che la sostanzia, era molto complessa e articolata in tre parti: la prima dedicata al radicamento e al rapporto con il luogo di residenza e l’abitazione, corredata dalle prospettive migratorie; la seconda consistente in una tripla biografia familiare, migratoria e professionale; e la terza dedicata alla mobilità giornaliera attraverso la ricostruzione di tutti gli spostamenti effettuati nel giorno precedente l’intervista. In questa comunicazione utilizzeremo alcune delle innumerevoli informazioni contenute nelle prime due parti del questionario, rinviando per approfondimenti al volume già citato (BOTTAI, CORTESI, LAZZERONI, 2006).
Dove andare ad abitare Nel dopoguerra il fenomeno dell’urbanizzazione che si accompagnava alla grande migrazione Sud-Nord e, sul piano economico, all’industrializzazione, ebbe una esplosione. Alla fine del secolo il quadro migratorio era sovvertito. Dopo gli anni ‘70 si è instaurato un nuovo modello che ha visto diminuire la popolazione delle grandi e medie città, e aumentare quella della piccole città e dei centri suburbani e semi-urbani. Secondo i dati forniti dalle biografie migratorie della nostra inchiesta, circa il 65% delle migrazioni vengono effettuate all’interno dello stesso luogo geourbanistico (stesso luogo o luogo dello stesso tipo). Per le altre migrazioni, si può fare una distinzione con l’anno 1970 come discrimine. Si vede bene allora il cambiamento d’orientamento nelle scelte residenziali (fig.02). Per controllare se la tendenza verso la deurbanizzazione e la micro-urbanizzazione (crescita delle località semi-urbane), osservate negli ultimi tre decenni, è ancora valida e per prevedere una sua continuità, dobbiamo guardare la risposta sul luogo ideale in cui vivere (fig.03). Ad un livello ideale la preferenza per l’ambiente non urbano non è così forte come ci si potrebbe immaginare. Quelli che desidererebbero vivere in campagna o in un
2 La teoria migratoria classica considerava giustamente il percorso residenza – lavoro come quello largamente prevalente nell’uso quotidiano dello spazio, riferendosi a famiglie con un solo occupato, con limitati mezzi privati di trasporto ed essenzialmente prive di interessi alternativi rilevanti. 3 Dopo aver classificato i comuni delle aree di studio in 3 classi e 12 categorie è stata effettuata un’estrazione casuale degli intervistandi all’interno dei comuni selezionati nelle singole categorie (v. PRATESI, SALVATI, NICCOLAI, 2006, p. 53)
MIGRAZIONI E PROCESSI DI URBANIZZAZIONE IN ITALIA
villaggio sono quasi il 30% degli intervistati. Appena di più preferirebbero gli ambienti semi-urbani4 , ma ancor di più vivrebbero volentieri in un centro urbano o nella sua periferia. Ma se si considera che soltanto circa il 10% degli intervistati vivono in un ambito rurale, si comprende che l’attrattiva della residenza in campagna riguarda anche delle popolazioni urbane.
sultati di una delle prime domande del questionario che recitava direttamente: “Cambiare casa?”. Le risposte positive erano modulate secondo la concretezza dell’ipotetica migrazione. Classe di età NO SI, di cui: Sogna Considera possibile Prevede Cerca n.r. Totale
55-64 anni
30-39 anni
72,94 26,26 13,53 5,83 5,04 1,86 0,8 100
42,53 56,78 19,08 12,72 20,92 4,06 0,69 100
Tabella 1. Risposta alla domanda: “Cambiare casa?” per classi di età. Valori percentuali.
Figura 2. Saldi migratori dei differenti luoghi.
L’ambiente e la struttura urbana delle zone di rilevazione hanno una incidenza sulla scelta del luogo ideale dove vivere. In Toscana l’ambito rurale, preferito dal 39% degli intervistati, è un luogo non marginale né sul piano economico, né sul piano umano e sociale. Nelle aree meridionali d’inchiesta, al contrario, la supremazia urbana è ancora forte e l’ambito rurale è scelto solo dal 22% degli intervistati. Le due generazioni intervistate (30-39 anni e 55-64 anni) hanno delle preferenze non troppo differenti rispetto alla periferia e all’area semi-urbana. Ciò che è significativo è l’attrattiva esercitata dall’ambiente rurale sulla generazione più anziana e l’interesse dei più giovani per il centro urbano. Siamo di fronte ad un effetto generazione, nel senso che una generazione di persone nate in un ambiente rurale sogna o programma una migrazione di ritorno. Tra i più giovani pochi hanno delle radici rurali e, in più, a causa della fase del loro ciclo di vita (effetto età), trovano nel centro urbano più opportunità di lavoro, divertimento, mobilità. Si può comunque supporre che ci sia un cambiamento di modello culturale: c’è stato un periodo di tre o quattro decenni, a partire dagli anni ‘70, durante il quale la voglia di verde e la disaffezione alla città erano generalizzate. Negli ultimi anni si registra una rivalorizzazione dell’ambiente urbano che attira particolari nicchie della popolazione determinando un’attenuazione dei flussi di de-urbanizzazione.
Prospettive abitative e radicamento Il modello migratorio che ha caratterizzato l’Italia grossomodo negli ultimi 30 anni del secolo scorso registrava bassi tassi di mobilità territoriale, almeno alla luce dei dati ufficiali. Questo è pienamente verificato dai ri-
È evidente che c’è un comportamento differenziato per generazione rispetto all’abitazione: infatti la generazione 1939-1948 conferma l’abitazione in cui vive (la percentuale di coloro che hanno risposto di non cercare, né sognare una nuova residenza è superiore al 70%), mentre la generazione dei 30-39enni è orientata verso la ricerca di una nuova casa nella misura del 57%. Tutto ciò non sorprende se si pensa alle diverse fasi del ciclo di vita che i due aggregati stanno attraversando. Non c’è una differenza di comportamento apprezzabile tra i due sessi. Di fatto la ricerca concreta di un’abitazione può essere attribuita ad una percentuale molto bassa delle persone intervistate (meno del 2% per la generazione dei 55-64enni e del 5% per i più giovani). Dobbiamo chiederci quali sono i motivi dell’inerzia alla migrazione: perché si registrano percentuali così basse di intervistati che dichiarano un impegno concreto di cambiare residenza? Richiesti di specificare il motivo, coloro che avevano dichiarato di non avere alcuna intenzione di spostarsi hanno addotto in primo luogo motivi di famiglia, in secondo luogo la soddisfazione dell’abitazione attuale e successivamente il gradimento per il contesto ambientale e sociale. Solo in ultimo viene indicata l’accessibilità al luogo di lavoro, che quindi non si pone come una qualità prioritaria per la localizzazione della residenza. Ciò confermerebbe che la teoria migratoria classica non è più in vigore. Si potrebbe disquisire a lungo sulla priorità assegnata all’accessibilità al network parentale e richiamare la peculiarità della tradizione italiana, nonché la carenza strutturale dei servizi di assistenza all’infanzia e agli anziani; così come sarebbe interessante analizzare a fondo le risposte ad altre domande relative alle caratteristiche del luogo ideale in cui vivere. Abbiamo domandato a tutti gli intervistati alcune opinioni a prescindere dal desiderio di cambiare abitazione. Tra queste una riguardava l’habitat ideale e un’altra le sue caratteristiche più qualificanti. L’intervistato doveva scegliere i tre più importanti in una lista di una ventina di aggettivi o attributi.
4 Tutt’altro che utilizzata in geografia, questa tipologia di località ci è sembrata essenziale nel nostro schema interpretativo della realtà insediativa italiana. In altri termini ci sembrava manichea la dicotomia urbano/non-urbano e incapace di far emergere una amplissima gamma di tipi di insediamenti che non hanno dimensione demografica di città, ma non sono campagna per funzioni e stili di vita. Comuni e località, anche di modeste dimensioni, ma inserite negli assi di sviluppo industriale o turistico, si sono assimilate alle aree periurbane e incluse in questa categoria del semi-urbano.
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Figura 3. Luogo ideale in cui vivere per regione e per generazioni.
Qui non c’è spazio che per riportare una sintesi di zione indipendente o semi-indipendente è evidente. Fino alcuni risultati: ai primi anni ’70 i residenti in condominio sono aumentati a ritmo intenso, specularmente all’abbandono delle case • più del 70% degli intervistati preferisce la dimensio- coloniche e delle case allineate lungo le strade dei piccoli ne non-urbana; paesi. Dopo, tendono continuamente, seppur dolcemente, • tale scelta è confermata dalle caratteristiche del luo- a diminuire. La sub-urbanizzazione e la de-urbanizzazione go ideale: poco rumoroso (19,9%); poco trafficato possono dunque essere attribuite a questa pulsione verso (13,4%); sicuro (12,4%); in campagna (9,7%); la villetta, poiché questo tipo di alloggio trova poco spazio • tra i giovani la prossimità del luogo di lavoro è più nell’ambito urbano o, eventualmente, a prezzi proibitivi importante, ma in ogni caso non troppo (8,8%); per la maggior parte delle famiglie. • il centro città viene scelto dalle donne (14,7%) più spesso che dagli uomini (8,8%) e comunque è Affitto e proprietà preferito dalle persone più giovani.
Quale abitazione
L’altro criterio decisivo delle scelte residenziali è il titolo di godimento. Prima di tutto perché quelli che vivono in locazione sono meno radicati e più disponibili al cambiamento e, simmetricamente, quelli che non si sentono stabilizzati preferiscono affittare un alloggio anziché acquistarlo. Inoltre perché il desiderio di possedere l’abitazione risulta spesso essere l’unico motivo nella decisione di cambiare residenza ed il criterio predominante della scelta dell’abitazione.
La scelta del luogo dove insediarsi è evidentemente intrecciata con quella dell’habitat. In particolare diversi tipi di offerta abitativa (tipo di immobile) hanno localizzazioni specifiche prevalenti nei diversi habitat (tipi di località). Basta ricordare come sia difficile e costoso trovare ad esempio un’abitazione indipendente all’interno dei centri urbani dove la rendita fondiaria impone lo sviluppo verticale degli edifici. Nelle proiezioni markoviane del titolo di godimento, Tre quarti degli intervistati della generazione più vec- realizzate sulla base dei dati osservati sugli intervistati sechia e quasi la metà dei più giovani non hanno alcuna paratamente per le due generazioni osservate (fig. 05), si voglia di traslocare (tab. 02). Vedremo anche come ciò può notare che: dipenda dal titolo di godimento dell’immobile ove si vive. Prima di tutto notiamo che il grado di radicamento aumenta passando da coloro che alloggiano in un appartamento a quelli che vivono in una casa indipendente. L’al• la generazione più giovane comincia il suo percorloggio ideale e le prospettive migratorie sono chiaramente so residenziale da una situazione migliore (con una differenti rispetto all’abitazione attuale, ma in generale il percentuale maggiore di abitazioni in proprietà); desiderio della casa indipendente prevale nettamente. • la fase del ciclo di vita in cui la proporzione dei proQuesto per quanto riguarda aspirazioni e preferenze a prietari diminuisce a causa dell’uscita dal ménage dei partire dalla sistemazione logistica attuale. Vediamo però figli per la costituzione di una loro famiglia, nelle la storia abitativa degli intervistati. due coorti generazionali, è differita di qualche anno; La figura 04 mostra una simulazione markoviana del• l’accesso alla proprietà della generazione 64-73 risulla carriera migratoria degli intervistati a partire dall’anno ta essere anche più diluita soprattutto a causa del1945 fino ad oggi e l’altra dalla loro nascita fino all’età masla precarietà dei posti di lavoro e di una crescente sima raggiunta, ossia 64 anni5 . L’interesse verso una abitainstabilità dei legami di coppia. 5 Poiché si utilizzavano dati biografici troncati, per evitare distorsioni, è stato utile calcolare matrici di transizione da uno stato abitativo all’altro per ogni anno di calendario o di età, a seconda dei casi, e poi moltiplicare iterativamente il vettore della distribuzione iniziale per tipo di abitazione per le matrici di transizione stesse.
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Classe d’età 55-64
55-64 totale 30-39
30-39 totale Totale
Desidera cambiare abitazione? Tipo di alloggio attuale No Si Appartamento Casa semi-ind. Casa indipend. Appartamento Casa semi-ind. Casa indipend.
0,66 0,79 0,84 0,74 0,35 0,51 0,61 0,45 0,57
0,34 0,21 0,16 0,26 0,65 0,49 0,39 0,55 0,43
Tipo di alloggio cercato/desiderato Appartamento Casa semi-indp. Casa indip. 34,15 26,53 21,43 30,50 34,63 18,75 29,73 29,84 30,01
12,20 14,29 3,57 11,50 14,33 15,28 9,46 13,92 13,28
53,66 59,18 75,00 58,00 51,04 65,97 60,81 56,24 56,71
Tabella 2. Tipo di abitazione di residenza e tipo di abitazione desiderata per classi di età.
Figura 4. Tipo d’immobile di residenza per anno di calendario e per età degli intervistati.
Figura 5. Proiezione markoviana del titolo di godimento per età e per generazione.
Tot. si 100 100 100 100 100 100 100 100 100
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Standards abitativi e percorsi di housing Gli standards abitativi delle famiglie italiane hanno conosciuto un progresso straordinario nella seconda metà del XX secolo, sia in termini di valore e di dotazione dell’abitazione, che in termini di superficie e, più ancora, di superficie pro capite. A dire il vero nei primi venti anni di questo periodo l’esplosione del parco immobiliare è stata soprattutto quantitativa, con conseguenze catastrofiche sull’estetica e le condizioni di vita dei luoghi interessati (aree urbane e sub-urbane). Solo negli ultimi 30 anni il mercato immobiliare ha focalizzato sempre più la sua attenzione verso la qualità degli immobili e solo di recente sull’impatto che questi hanno sull’ambiente.
Figura 6. Percentuale delle famiglie alloggiate in spazi insufficienti.
Su questo aspetto i nostri dati sono veramente ricchi d’informazioni in quanto per ogni abitazione occupata dagli intervistati nel corso della loro vita abbiamo raccolto anche i dati su numero di stanze, superficie, dotazione di servizi interni ed esterni. Ne emerge un quadro evolutivo dell’housing di proporzioni straordinarie. Qui non c’è spazio che per presentare i risultati di una proiezione semimarkoviana (per età) della superficie degli alloggi occupati dagli intervistati durante tutta la loro carriera abitativa. Da questa abbiamo estrapolato le percentuali delle famiglie in stato di disagio, ossia alloggiate in degli spazi insufficienti6 (fig.06). È evidente che le due generazioni hanno avuto carriere abitative molto differenti. Possiamo percepire un effetto età nei percorsi di miglioramento delle condizioni d’alloggio e intravedere anche il breve arretramento che si produce all’età dell’uscita dei soggetti dal ménage dei genitori. Ma tutto ciò si confonde con il processo di nuclearizzazione delle famiglie, che ha interessato la generazione più anziana. È questa, piuttosto che l’accrescimento della dimensione degli alloggi, che ha prodotto l’aumento della superficie disponibile pro capite, infatti la proporzione delle famiglie intrappolate in spazi insufficienti era sotto la soglia del 10% all’inizio degli anni ‘70 e sotto quella del 5% all’inizio degli anni ‘90. Si può notare che alla contrazione dimensionale della famiglia che si realizza con l’emancipazione dei figli e la scomparsa degli ascendenti non corri-
sponde un adeguamento dello spazio abitativo, che poi è una metafora del radicamento.
I criteri di scelta residenziale C’è una gerarchia nei criteri delle scelte residenziali? Bisogna premettere che c’è un’inerzia alla migrazione, inerzia rispetto ai costi economici e psicologici e ai legami familiari e sociali. È chiaro anche che ci sono delle motivazioni che incoraggiano, come l’avvicinamento al luogo e/o ai luoghi di lavoro, alla rete familiare e agli altri riferimenti dello spazio di vita del ménage. Tuttavia, la mobilità giornaliera crescente amplia il ventaglio delle possibilità nella localizzazione dell’abitazione. In particolare, la scelta del luogo si interseca con quella del tipo e della qualità dell’immobile. Le risposte al questionario e le carriere migratorie degli intervistati hanno mostrato un forte desiderio di uscire dal centro urbano e andare a vivere in un ambiente più verde e tranquillo; si è visto che c’è stato e c’è tuttora il mito di una casa indipendente. Per un certo genere di famiglie, ossia i ménages con un modello di vita tradizionale, questi due obiettivi non si contraddicono. Sono loro, le famiglie “tradizionali”, a formare ancora la maggioranza, sono loro che hanno prodotto la de-urbanizzazione e la sub-urbanizzazione. Una precedente inchiesta (BOTTAI, GERACE, 2005) condotta nel Comune di Pisa ha mostrato che una buona metà di coloro che avevano migrato dall’ambito urbano verso località peri-urbane l’avevano fatto senza entusiasmo, spinti più dalla scelta dell’habitat (casa, accesso alla proprietà) che dalla scelta del luogo. Tale scelta è dunque talvolta contraddittoria a quella dell’habitat e gerarchicamente subordinata, cosicché sovente l’obiettivo di acquistare e abitare una casa (indipendente) ha prevalso sulla voglia di vivere in città. Considerando poi che, il più delle volte, la decentralizzazione della residenza non corrisponde ad un cambiamento del luogo di lavoro, che resta nel centro urbano (VICKERMAN, 1984), la migrazione crea pendolarismo ed aumenta gli spostamenti giornalieri.
Determinanti delle migrazioni L’oggetto del rapporto tra individuo e territorio che riguarda la mobilità definitiva, o cambiamenti d’abitazione, è affrontato attraverso i dati del quadro biografico e quindi le relative elaborazioni devono impiegare i metodi delle Analisi Biografiche. La variabile di studio è sempre la propensione a cambiare abitazione. Le variabili esplicative sono ovviamente numerose, ragione per cui non possiamo introdurle tutte in un unico modello di regressione senza creare ridondanze e approdare a delle stime inefficienti. Di conseguenza inizialmente abbiamo raggruppato le variabili per piccoli gruppi omogenei ed effettuato l’analisi con modelli semi-parametrici di Cox. Ne presentiamo una panoramica molto sintetica: • il rischio di cambiare abitazione è più elevato per chi alloggia in un appartamento. Ossia, chi vive in un
6 Secondo una legge nazionale del 1975, un’abitazione è considerata insufficiente per una famiglia di “x” membri se la sua superficie in metri quadrati è: inferiore a “14 + 14 ∗ x” quando “x ≤ 4”;o a “70 + 10 ∗ (x − 4)” quando “x > 4”. Si fa riferimento a questa legge consapevoli che la percezione dello spazio sufficiente è variabile nel tempo.
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immobile collettivo è sottomesso ad un rischio aumentato del 37% rispetto a chi risiede in una villetta o casa indipendente;
Sottoinsieme di riferimento: alloggiato in ambiente rurale Covariate Rischio relativo Periferia Città
Sottoinsieme di riferimento: residenti in immobile collettivo Covariate Rischio relativo Casa indipendente Casa semi-indipendente
0,7309 0,684
Tabella 3. Tipo di alloggio.
• il rischio di cambiare abitazione è molto più grande se il soggetto è locatario. Una volta pervenuto alla proprietà, questo rischio si riduce del 65%;
Sottoinsieme di riferimento: locatari Covariate Rischio relativo Proprietà Altro titolo (usufrutto, . . . )
0,3512 0,8911
Tabella 4. Titolo di godimento;
• evidentemente, la probabilità di cambiare abitazione decresce in maniera quasi proporzionale all’aumento della superficie abitativa. Ciò corrisponde alla realizzazione di uno degli scopi del percorso di housing: il confort dimensionale. Naturalmente, almeno nella fase di espansione, l’esigenza di spazio abitativo varia al variare della dimensione della famiglia.
Sottoinsieme di riferimento: superficie al di sotto di 60 mq Covariate Rischio relativo Superf. tra 60 e 90 mq Superf. tra 90 e 120 mq Superf. Superiore a 120 mq
0,5387 0,4825 0,4177
Tabella 5. Superficie dell’alloggio.
• come possiamo verificare, il rischio di cambiare abitazione è più basso nelle zone non urbane: questo corrisponde al più forte radicamento registrato nelle campagne. Bisogna considerare che questo risultato mette insieme migrazioni che si sono prodotte in epoche e congiunture migratorie molto diverse tra loro. Se ci si limitasse alle migrazioni avvenute negli ultimi trenta o quaranta anni, la mobilità differenziale fra residenti in ambienti urbani e residenti in aree non urbane sarebbe molto più accentuata;
1,1203 1,4603
Tabella 6. Tipo di località.
• l’evoluzione storica degli standard abitativi è anche arricchimento dei servizi interni ed esterni all’abitazione. L’interpretazione è molto semplice: in assenza di questi servizi, il rischio di cambiare abitazione è più elevato. Un soggetto che non disponesse di nessuno di questi servizi avrebbe una probabilità di cambiare abitazione 6,4 volte più grande rispetto al toscano che li possiede tutti; Sottoinsieme di riferimento: alloggio senza i servizi in questione Covariate Rischio relativo Due bagni Telefono Posto auto Garage Giardino privato Riscaldamento autonomo
0,7441 0,6761 0,794 0,8095 0,8013 0,6027
Tabella 7. Dotazioni dell’alloggio.
Sottoinsieme di riferimento: genere maschile, celibe, senza prole, non cambia lavoro Covariate Rischio relativo Genere Costituzione di famiglia Prima nascita Seconda nascita Cambiamento di lavoro
1,1127 1,2490 1,4370 1,2335 1,3084
Tabella 8. Eventi familiari e professionali.
• naturalmente, oltre agli eventi legati all’abitazione, numerose caratteristiche personali, familiari e professionali, legate alle fasi del ciclo di vita del soggetto, sono determinanti rispetto alla probabilità di cambiare abitazione: a) per le donne la probabilità di cambiare è più grande (questo perché, specie in passato, sposandosi si trasferivano spesso nell’abitazione del marito); b) la costituzione di una nuova famiglia (nella nostra inchiesta non si faceva distinzione fra famiglie de jure e famiglie de facto) incrementa il rischio di migrazione del 25% circa; c) la probabilità di cambiare abitazione aumenta del 43% se c’è stata la nascita del primo figlio, in un intervallo di tre anni a cavallo dell’anno di migrazione; d) la nascita di un altro figlio (nello stesso intervallo di contemporaneità) produce un aumento del rischio del 23%; e) come è da attendersi, anche in
Geografie del Popolamento: casi di studio, metodi e teorie
Migrare? Generazione Giardino privato Proprietà Abiraz. Secondar. Superficie Costante
Sottoinsieme di rif. (z=0)
Coefficiente
esp(coefficiente)
Pr>I z I
Età 55-64 anni Si Si Si > 80 mq
1,321698 -0,8639561 0,6758764 0,3756635 1,217842 -1,555683
3,75 0,42 1,97
0,000 0,000 0,002 0,063 0,043 0,008
3,38
Tabella 9. Regressione logistica per la variabile “Voglia di cambiare abitazione” rispetto ad alcune covariate più significative.
coincidenza di un cambiamento del luogo di lavoro la propensione a migrare aumenta decisamente (+31%), anche se, come abbiamo visto, la prossimità al luogo di lavoro ha un’importanza del tutto secondaria nella percezione di eventuali motivazioni di trasferimento.
A titolo di sintesi Per misurare l’incidenza delle diverse variabili sul desiderio/disponibilità a cambiare abitazione abbiamo effettuato una regressione logistica. Come si può dedurre dall’analisi multivariata, la probabilità che l’evento si produca, ossia che la persona interrogata risponda in maniera positiva alla domanda “cambiare abitazione?”, è piuttosto importante per la generazione 1964-1973 e quando la persona interrogata non è proprietaria dell’abitazione e quando quest’ultima non è dotata di servizi come un giardino privato. Quest’ultimo si configura come un importante fattore di qualità che determina la scelta residenziale, ciò che distingue la casa dall’appartamento in un immobile collettivo (Fig. 09). Il dato che risalta è comunque la più grande propensione dei più giovani al cambiamento di residenza. Tuttavia l’analisi non permette di discernere l’effetto “età” dall’effetto “generazione”. Se persone anziane manifestano una propensione meno importante a cambiare residenza, al netto delle caratteristiche delle loro abitazioni, non si può sapere se ciò è dovuto al fatto che la loro generazione ha dei valori e dei comportamenti relativi all’abitazione di-
versificati rispetto alla generazione più giovane, o se ciò è dovuto alla diversa fase del ciclo di vita che le due coorti stanno attraversando. In altri termini: la generazione delle persone anziane aveva, 25 anni fa, dei comportamenti differenti da quelli dei giovani adulti attuali? Per quest’ultimo dubbio, non resta che rinviare al lavoro BOTTAI, DEL FAVA, MARCHETTI, 2006.
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