LAURA CERROCCHI E GIUSI CASASANTA
Migrazioni culturali: curricolo e integrazione. Un’analisi sul campo di processi e pratiche di alfabetizzazione e socializzazione nella scuola primaria di Modena e Reggio Emilia
L’irruzione della società multiculturale: tra criticità e prospettive pedagogiche • La formazione di soggetti, singoli e collettivi, corrisponde a una transazione bio‐psicologica e socio‐culturale; consiste, dunque, in un processo di ri‐ strutturazione e riorganizzazione delle esperienze che si dipana per tutta la vita ed è concorso da differenti contesti fisici, sociali e culturali (Frabboni e Pinto Minerva, 2002). • L’irruzione inarrestabile e irreversibile di una società multiculturale amplifica e articola la reciprocità tra processi e pratiche di inculturazione (ossia di trasferimento del sistema simbolico‐culturale e valoriale proprio della cultura di origine) e di acculturazione (ossia di contaminazione/meticciato tra differenti culture quale effetto di un contatto, diretto e/o mediato, nonché di una vera e propria ibridazione) (Cerrocchi, 2011). • Per le sue ricadute nel macrosistema (politiche internazionali e nazionali, legislazione e welfare state, disposizioni normative e provvedimenti locali) e nel microsistema (relazioni nei e/o con servizi/agenzie/attori parentali e professionali), tale irruzione pone necessario rilevare e trattare opportunamente il profilo quantitativo e qualitativo della migrazione (Cerrocchi, 2011).
Dalla multiculturalità all’interculturalità e alla transculturalità: le forme dell’integrazione • La multiculturalità, come dato di fatto, può/deve essere analizzata, progettata e trattata ‐ anche e soprattutto a livello pedagogico (cioè di formazione multidimensionale e onnilaterale) e didattico (cioè di trasferimento e generazione del/i sapere/i e/o del patrimonio etico‐valoriale e simbolico‐culturale) ‐ in direzione di una società democratica e pacifica, capace di sventare gli estremi opposti del separatismo/ghettizzazione e dell’assimilazionismo, particolarmente supportati da stereotipi e pregiudizi (funzionali a discriminare l’in‐group” dall’“out‐group”), nonché di garantire un’integrazione ispirata all’interculturalità e alla transculturalità (Pinto Minerva, 2007; Cerrocchi, 2011). • Il separatismo/ghettizzazione si realizza per effetto di un’esclusività dei processi e delle pratiche di inculturazione; consiste nella compresenza di fatto, ma nell’assenza di un reale scambio tra culture, per spinte difensive e di controllo da parte sia della cultura maggioritaria (che vede peraltro nel migrante una minaccia) sia della cultura di approdo (che vede peraltro nell’autoctono un rischio di svalorizzazione delle proprie origini), limitando di conseguenza gli scambi all’assoluzione di obblighi amministrativi, lavorativi, ecc. e tutelando l’integrità della propria cultura nei soli scambi privati (Cerrocchi, 2011). • L’assimilazionismo si realizza per effetto di un’esclusività dei processi e delle pratiche di acculturazione; consiste nella contaminazione fra culture portata agli estremi di una dominanza dell’una, solitamente quella autoctona, rispetto all’altra con effetti di appiattimento e omologazione; la cultura autoctona può tendere a confermare e garantire, in termini di difesa e controllo, il proprio potere/valore mentre la cultura che immigra può, obbligata o persuasa, rinunciare, rifiutare, ma anche rinnegare e volgere verso l’assunzione di modelli di riferimento propri del Paese di approdo (Cerrocchi, 2011). • Un’integrazione equilibrata si realizza quando ‐ tra identità e appartenenze ‐ i soggetti (singoli o collettivi), direttamente o indirettamente, vengono a mantenere e conservare la propria identità culturale (solitamente nella e rispetto alla sfera privata) pur insediandosi e acquisendo usi e consuetudini del Paese di approdo (solitamente nella e rispetto alla sfera pubblica). L’integrazione, dunque, è possibile quando la multiculturalità (come dato di fatto inteso a indicare la compresenza di individui che provengono da diverse culture sullo stesso territorio) volge in interculturalità (come reciprocità fra culture) e, più ampiamente e profondamente, in transculturalità (come idea regolativa che si fonda sul riconoscimento dell'appartenenza a una comune specie umana e a una comune madre‐terra e che si realizza, invece, attraverso la condivisione di un progetto di cittadinanza planetaria sorretto dai principi e dai valori di un'etica cosmica) (Pinto Minerva, 2007).
La migrazione contemporanea: un fenomeno familiare che tende alla stabilizzazione • La migrazione (frattura/lacerazione e ricomposizione/ristrutturazione di tempi, spazi e relazioni) (Grinberg e Grinberg, 1990; Cerrocchi 2011) – costante della filogenesi e dell´ontogenesi ‐ è oggi, soprattutto, un fenomeno familiare (in entrata, durante e in uscita; come propulsore, risorsa e/o costo materiale e umano) che tende alla stabilizzazione (tramite differenti percorsi di strutturazione del nucleo, con specifico riferimento a tradizionale al maschile, ricongiungimento al femminile, neocostitutivo, simultaneo, monoparentale, biculturale, diasporico, di minori non accompagnati …), inducendo significative trasformazioni nei ruoli e nei rapporti sia di genere sia intergenerazionali (Balsamo, 2003; Cerrocchi, 2011). • La famiglia si pone come uno fra i principali osservatori di quel fenomeno migratorio in essere che propone e/o si traduce in multi‐ appartenenze e pluri‐identità.
Il valore multiculturale del curricolo: l’integrazione tra istruzione ed educazione • “Il ruolo potenziale che educazione e cultura (come prodotti delle culture) rivestono nel garantire uguaglianza delle opportunità (scampando l’omologazione) e riconoscimento delle differenze (scampando la miseria materiale e umana) — alle età della vita e/o dell’educazione — muove dalla consapevolezza del loro essere traduzione del principio economico‐collettivistico della condivisione sociale dei beni” (Cerrocchi, 2011). • Il riconoscimento dei principi di uguaglianza e differenza, giustizia sociale e libertà individuale è centrale nella scuola: unica agenzia del sistema formale, pubblica e obbligatoria, responsabile dell’acquisizione consapevole (come decodificazione‐codificazione‐ricodificazione) di schemi di pensiero e di abiti comportamentali di soggetti singoli e/o collettivi. • Questo trova il suo contesto di applicazione nell’acquisizione curricolare, tramite processi e pratiche di alfabetizzazione/istruzione e di socializzazione/educazione, in linea con i principi di condivisione democratica della cultura (Cerrocchi 2011), di accesso e successo o, meglio, ottimizzazione di processi formativi, sventando quella separazione tra due culture/saperi riferibile e perpetuabile nella sperequazione tra fattori biologici e profili psicologici, tra classi sociali e gruppi culturali (Frabboni, 2007). Una realtà plurale, sistemica e dinamica necessita di una logica investigativa complessa, da perseguire attraverso processi e pratiche di educazione e di istruzione interdisciplinare che riconoscano ciascuna disciplina indispensabile ma anche insufficiente. Si tratta di formare ai saperi fra canone e ricerca (Baldacci, 2006). • Tra canone e ricerca: a) I saperi – nel rapporto dialettico fra teoria e prassi, pensiero e linguaggio, personalizzazione e individualizzazione … – andranno interpretati come sistemi organizzati della conoscenza con propria intenzionalità formativa; b) Una trasposizione didattica articolata sui «problemi» (funzionali a individuare concetti metodologie appropriate e riferibili a concrete situazioni di vita) pare utile a meglio consentire l’aderenza alla forma scientifica, nonché a dare accessibilità didattica al sapere tramite esperienze storiche (come trasmissione dalla filogenesi all’ontogenesi dei sistemi simbolico‐culturali), sociali (come trasmissione e costruzione sociale della conoscenza tra pari) e duplicate (come cristallizzazione dell’immaginario sotto forma di rappresentazione mentale che diventa realtà), capaci di trasporre contenuto e compito esecutivo (ossia padronanza del mezzo che diventa skill in a medium) (Cerrocchi, 2011).
Le finalità dell`indagine esplorativa • La correlazione delle due indagini che s’intende presentare si pone il fine, sul piano della ricerca di base e/o descrittiva, di rilevare e comparare le caratteristiche, i cambiamenti e le ricadute dell’/nell’integrazione dei minori stranieri (di prima e di seconda generazione) in età di scuola primaria all’interno di una società multiculturale, con un interesse specifico al ruolo e alle effettive funzioni svolte dal sistema formativo (formale, non formale e informale). • L’analisi si è avvalsa di una ricostruzione: del profilo socio‐anagrafico del campione; del campo a forte impatto migratorio, inclusivo di un Istituto Comprensivo della provincia di Reggio Emilia e due scuole primarie di un Circolo Didattico del territorio di Modena; degli strumenti utilizzati, ossia scheda di sintesi dei dati d’archivio (per la ricostruzione dei dati quantitativi relativi alla presenza degli alunni stranieri e per la rilevazione delle proporzioni con gli alunni italiani), questionario rivolto ad alunni e insegnanti ★ (per conoscere dati socio‐anagrafici, condizioni, autopercezioni e rappresentazioni relative ai processi e alle pratiche di alfabetizzazione e socializzazione curricolarmente afferite e proposte ai minori nelle/dalle differenti agenzie e attori parentali e professionali del sistema formativo), intervista al dirigente scolastico (per rilevare gli interventi disposti a sostegno dell’integrazione da parte della scuola e in rapporto con l’extra‐ scuola). • Il fine di conoscere le condizioni che presenta la società multiculturale e i cambiamenti che ha apportato alle realtà scolastiche si pone in ricorsività con un contributo nella riprogettazione degli interventi pedagogico‐didattici di inserimento, di accoglienza, di orientamento e di integrazione. ★ Il questionario somministrato ai bambini stranieri e agli insegnanti è stato diviso in quattro sezioni. Le prime tre (a, b, c) prevedevano risposte da parte degli alunni intervistati, la quarta (d) prevedeva risposte da parte sia degli insegnanti con presa a riferimento delle schede di valutazione, sia dei bambini tramite la compilazione trascritta dal ricercatore, in ragione della difficoltà nella lettura e nella comprensione dei quesiti.
Il campo dell’indagine • Il campo dell’indagine, in entrambi i casi, è stato scelto anche sulla base della forte connotazione multiculturale e circoscritto dapprima (a.s. 2008‐2009) in un Istituto Comprensivo della provincia di Reggio Emilia (da ora indicato come I.C.) e poi (a.s. 2010‐2011) in due scuole primarie della città di Modena (da ora rispettivamente indicate come S.1 e S.2). • L’I.C. è nato nel 1999 e si situa in provincia di Reggio Emilia, nel cuore del distretto ceramico di Sassuolo. La collocazione territoriale e la produttività industriale del luogo, dagli anni ’50 e ’60, hanno indotto profonde modifiche nel tessuto socio‐economico e culturale, quindi in tempi, spazi e modi di vita della famiglia come della più estesa rete sociale, con una forte immigrazione prima dal Sud Italia e, successivamente, dall’estero. La composizione scolastica rispecchia questi cambiamenti strutturali. • Le scuole primarie S.1 e S.2 entrambe appartenenti a un medesimo Circolo Didattico di Modena, nella zona Est della città, sono state inaugurate tra gli anni ’70 e’80 collocandosi in un contesto simile a quello appena riferito che consente di inferire riflessioni analoghe. • L’I.C. e le scuole S.1 e S.2 propongono tutte, sia pure con specificità riferibili alle risorse e all’autonomia, un POF che pone particolare rilievo all’accoglienza, all’inserimento, all’orientamento e all’integrazione tramite strumenti di rilevazione e/o monitoraggio, curricoli (segnati anche da pratiche laboratoriali) e continuità sinergica e strategica di alfabetizzazione e di socializzazione con agenzie formative dell’extra‐scuola, in linea con un modello di democrazia cognitiva e sociale.
Il campione dell’indagine • Il campione dell’indagine ha coinciso con tutti i bambini stranieri di prima e seconda generazione frequentanti l`I.C. e le scuole S.1 e S.2, ed è stato trattato con la scheda di sintesi dei dati d’archivio. • La sezione dell’indagine riguardante la somministrazione del questionario è stata rivolta soltanto ai bambini del campione che frequentavano i plessi di Scuola Primaria. Sebbene il questionario sia stato proposto a tutti, soltanto 50 sul totale di 112 per l’I.C., 35 soggetti su 70 per la scuola S.2 e 22 soggetti su 50 per la scuola S.1 sono stati autorizzati dai genitori a partecipare all’indagine. • Dei bambini autorizzati a rispondere al questionario: per l’I.C. 34 sono risultati immigrati di seconda generazione, quindi nati in Italia, mentre 16 sono risultati provenire direttamente dai loro Paesi d’origine; per le scuole di S.1 e di S.2 complessivamente 35 sono risultati immigrati di seconda generazione, quindi nati in Italia, mentre 22 sono risultati provenire direttamente dai loro Paesi d’origine. La prevalenza di bambini stranieri di seconda generazione appare in linea con le tendenze nazionali (Caritas Migrantes, 2010). • Il dato interessante è risultato la maggiore concentrazione di bambini stranieri in età di Scuola Primaria, perché potrebbe mettere in evidenza come la migrazione familiare degli anni scorsi sia stata più forte; oggi, probabilmente, la crisi economica ha ridotto i flussi nel territorio e ha disincentivato l’ampliamento della famiglia. • Mentre in tutte e tre le realtà scolastiche (I.C., S.1 e S.2) la prevalenza del campione complessivo è risultata di seconda generazione, confermando come le famiglie migrate nel territorio nei decenni scorsi si caratterizzino per un insediamento stabile. Se consideriamo che questi bambini procederanno nella scolarizzazione, è possibile attendersi un rispettivo aumento futuro della popolazione straniera nei gradi scolastici superiori.
Il profilo dei bambini stranieri • Il campione dell’indagine è risultato composto prevalentemente da bambini nati in Italia, soprattutto nelle province di Reggio Emilia e Modena e mostra una migrazione precedente (con una proiezione permanente) dell´intero nucleo familiare all’interno del territorio emiliano (particolarmente avvenuta tra il 2005 e il 2008). • La maggior parte del campione complessivo è risultato nato nel 2003 e provenire da un Paese del continente africano (soprattutto a Nord) e, a seguire, dall`Est Europa (prevalentemente Romania) e dal continente Asiatico (con ovvio riferimento all’India e alla Cina). • La ricezione del campione da parte del campo dell’indagine ha mostrato di rispecchiare l’andamento politico e socio‐economico dei flussi migratori inter‐nazionali. Il concetto/fenomeno delle culture migranti è sintesi di pauperismo sociale e differenza antropologica. • I bambini risultano in prevalenza, ma non esclusivamente, di prima e unica scolarizzazione italiana, anche perché giunti in età prescolare. • Mentre le famiglie si dividono pressoché equamente tra quelle trasferite da altre città italiane durante gli anni di scolarizzazione o prima che i bambini iniziassero a frequentare le istituzioni scolastiche.
L´alfabetizzazione riferita dai bambini • La maggior parte dei bambini del campione ha dichiarato una percezione positiva e/o abbastanza positiva delle proprie capacità di comprensione ed esposizione orale della lingua italiana, prevalentemente sostenuta dalla nascita in Italia e quindi dal contatto diretto e scolarizzato con la lingua del Paese. • Tuttavia la maggior parte del campione ha dichiarato, ancor più, di saper leggere abbastanza e molto bene un testo in lingua italiana, meno, ovviamente, di saperlo studiare e scrivere. Solitamente, invece, le competenze nella lingua orale appaiono superiori a quelle nella lettura. Sempre la maggior parte del campione ha dichiarato di conoscere un’altra lingua oltre l’italiano, con una moda riferibile all´arabo (di cui era stato offerto un corso particolarmente gradito dai frequentanti dell`I.C. e previsto ma revocato nella scuola modenese per mancanza di fondi e scarsa adesione); mentre la conoscenza bilingue ha riguardato figli con genitori di differenti nazionalità. • Nell´insieme la conoscenza della lingua del paese di origine propria o dei genitori lascia ipotizzare che le famiglie si siano adoperate per mantenere viva l´identità della propria cultura. • Tuttavia dei bambini che conoscevano un’altra lingua, la maggior parte preferivano parlare soprattutto l’italiano, seguiti da quelli che preferivano parlare soprattutto un’altra lingua (dato prevalentemente riferibile ai bambini nati in altri paesi) e in modo uguale entrambe, invitando alla riflessione sulle ricadute nella costruzione dell´identità dovute alla multi‐appartenenza ovvero alla ricorsività fra processi e pratiche di inculturazione e di acculturazione. • I bambini sono apparsi divisi fra coloro che hanno fornito un riscontro più o meno positivo circa le proprie competenze nell’esecuzione delle operazioni di matematica, ad eccezione che per la risoluzione dei problemi; più positivo, invece, è stato il riscontro per quelle aree del sapere di carattere artistico‐espressivo, nelle quali l´uso di linguaggi plurimi può compensare eventuali incompetenze nella lingua orale e scritta.
L´istruzione riferita dalle insegnanti: tra insegnamento e apprendimento (1) • Il docente è stato importante testimone del tema indagato su due fronti: a) il rapporto emerso fra le competenze del bambino nelle varie discipline riscontrate in entrata e il modo in cui queste sono state valutate dalle insegnanti in funzione dei tempi e dei modi per l’inserimento; b) il confronto fra restituzione fornita dal bambino e dall´insegnante. • Le insegnanti hanno rilevato le competenze in entrata dei bambini stranieri come per gli autoctoni (questionario di rilevazione delle capacità di letto‐scrittura, colloqui svolti insieme alle insegnanti del ciclo precedente per garantire migliore continuità educativa, schede di valutazione degli anni precedenti e prove d’ingresso, soprattutto di lingua italiana e matematica, preparate per tutta la classe) monitorando, più in particolare, i primi mesi al fine di verificare se i soggetti riuscivano a seguire la programmazione. • Nella lingua italiana la maggior parte del campione ha ottenuto in fase iniziale delle valutazioni positive, buone, sufficienti ma anche insufficienti; pochi bambini hanno raggiunto risultati eccellenti. ‐ La mancata conoscenza e pratica della lingua italiana da parte della famiglia costituisce un elemento determinate d’insuccesso. ‐ Le migliori valutazioni in termini di competenze iniziali in lingua italiana, cioè di soggetti che non necessitavano di alfabetizzazione primaria, sono state conseguite da stranieri di seconda generazione, ossia soggetti che nelle agenzie educative prescolari avevano avuto occasione di pre‐alfabetizzarsi e nella socializzazione diffusa di esercitarsi per immersione culturale. ‐ Risultano significative migliori valutazioni ottenute in casi specifici e ovvi in lingua inglese, ma anche in matematica (nonostante permanessero diverse insufficienze), in scienze, in storia, in geografia e, soprattutto, in musica, in educazione motoria, in arte e immagine ossia discipline in cui, per certi versi, l´incompetenza nella lingua veicolare ha minori ricadute per compensazione di altri linguaggi. Per alcuni soggetti, tuttavia, non risultano valutazioni in alcuni di questi ambiti disciplinari, perché il monte‐orario previsto per tali aree del sapere è stato dedicato all’alfabetizzazione linguistica. • Gli interventi attuati nell’ambito della lingua italiana, come in matematica e nelle altre discipline hanno mostrato miglioramenti complessivi; laddove sono rimaste criticità queste hanno sempre riguardato le discipline che nello studio come nella verifica risentono della padronanza linguistica, con particolare riferimento alla storia forse perché più fortemente ed esclusivamente proposta e valutata attraverso la produzione linguistica.
L´istruzione riferita dalle insegnanti: tra insegnamento e apprendimento (2) • Sono emerse talune correlazioni fra paesi di provenienza e miglioramenti; quando non è stato possibile rintracciare spiegazioni nell´affinità della struttura linguistica è parsa rilevante la conoscenza pregressa di una terza lingua più affine (è il caso del francese parlato dai bambini tunisini) ma anche nel valore attribuito all’istruzione scolastica da parte delle famiglie, dal grado di motivazione dei bambini e di apertura ai processi d’acculturazione. • Il confronto tra la restituzione fornita dagli allievi e dall´insegnante delle competenze ‐ appare opportuno riferire ‐ ha presentato una significativa congruenza, con una differenza soltanto – come ovvio – nella formula con cui è esplicitata, lasciando emergere i rischi ma anche la potenzialità (all´interno di una comunicazione ecologica che dovrebbe segnare i setting pedagogico‐didattici) del rapporto di ricorsività che viene a instaurarsi fra processi di rappresentazione sociale e di autopercezione. • Il ricorso a figure quali insegnanti di sostegno alla classe in presenza di disabilità, educatori o insegnante volontaria, durante primo inserimento e approccio alla lingua, e mediatore culturale è parso molto circoscritto per sistema d´ipotesi ma anche per carenze economiche nel finanziamento alla scuola. • La presenza della famiglia – seppur con percentuali diverse per tipologia ‐ è parsa significativa nelle riunioni e nei colloqui individuali previsti dalla scuola, mostrando interesse all’alfabetizzazione e all´educazione dei figli e al modo in cui la scuola gestisce il proprio mandato. Il fatto lascia sperare in potenziali positivi risvolti sull’impegno nell’attività scolastica così come in termini di autostima e costruzione delle identità e delle appartenenze da parte dei figli stessi. Le famiglie sono risultate – nel riscontro fornito dalle insegnanti ‐ equamente divise fra quelle che aiutano e quelle che non aiutano nello svolgimento dei compiti i bambini, soprattutto per i limiti dovuti alla mancata o scarsa padronanza della lingua italiana. Questo punto è apparso in contraddizione con le dichiarazioni dei bambini di un sostegno quasi al novanta per cento, probabilmente per un senso di pudore e di difesa da eventuali giudizi di valore che i figli hanno inteso adoperare nei confronti dei genitori. Le difficoltà linguistiche rilevate a scuola sono fortemente legate alla padronanza della lingua italiana da parte delle famiglie, con un’evidente influenza sull’isolamento cognitivo e sociale, sull’apprendimento dei bambini e il rischio di danneggiare il loro inserimento nella realtà sociale.
La socializzazione riferita dai bambini (1) • Il campione dichiara di avere amici nella propria classe, frequentati anche fuori dall’ambito scolastico, ad eccezione per una piccola componente di S.1, che avrebbe palesato certa condizione di emarginazione e/o di scarsa integrazione. Si tratterebbe prevalentemente di amici sia italiani sia stranieri o solo italiani. • Il campione riferisce di parlare l´italiano con i propri amici e la lingua del proprio paese di origine con connazionali e famiglia, dunque nella sfera privata: confermando un dato particolarmente sensibile a interpretazioni. La maggior parte dei genitori, soprattutto arabi e a seguire albanesi, infatti, si rivolgerebbero ai figli nella lingua del proprio Paese d´origine. • I bambini incontrano quasi nella totalità dei casi i propri amici e compagni di classe nel tempo libero, lasciando ipotizzare una disponibilità delle famiglie ad aprirsi (o almeno a consentire ai figli l´apertura) alle famiglie e alla cultura autoctona. Tuttavia, la maggior parte di questi bambini dichiara di non praticare attività pomeridiane con i coetanei al di fuori della scuola. I motivi potrebbero essere riconducibili ad aspetti sui quali occorre riflettere e intervenire sia a livello di macro che di microsistema; fra questi: problemi economici (ossia eventuali condizioni di indigenza familiare che non permettono di usufruire di servizi a pagamento diversamente fruibili dagli altri), mancanza di tempo da parte dei genitori (ossia, sempre per motivi economici, padre e/o madre sono impegnati in lavori pesanti e tempi pieni e non possono accompagnare i figli) e motivi culturali (ossia diffidenza nei confronti delle proposte culturali, sportive e soprattutto di natura religiosa, provenienti dal Paese d’immigrazione, nonché, particolarmente in alcune culture, alle madri impegnate nella cura dei figli non è consentito di uscire da casa). Fra coloro che dichiarano di praticare attività sportive le femmine sono in netta minoranza e, questo, probabilmente sempre per motivi culturali. • La maggior parte delle famiglie dei bambini del campione sembra aver sviluppato relazioni con famiglie connazionali presenti nel territorio e che incontra in feste, riunioni e incontri informali soprattutto per condivisione religiosa e/o culturale. L´incontro con quanti appartengono alla propria cultura aiuta a rinsaldare le proprie radici e a condividere i propri bisogni nel Paese d’accoglienza, quindi a vivere meno la solitudine. Le differenze culturali piuttosto che incentivare l´incontro inducono chiusura nella condivisione di tempi, spazi e relazioni tra famiglie immigrate e italiane soprattutto per mancanza di fiducia. Diversamente i figli nati in Italia o arrivati in età infantile si prestano più automaticamente a forti processi d’acculturazione, tramite la scuola, le altre agenzie educative del territorio, il gruppo dei pari, i mass e personal media.
La socializzazione riferita dai bambini (2) • Il telefono – per motivi economici ma anche di analfabetismo tecnologico ‐ resta il mezzo principale, perché diretto e immediato, di contatto (mensile e/o settimanale) con la famiglia d´origine e gli amici rimasti in patria; le famiglie rimangono molto legate ai propri gruppi etnici, auspicando ricongiungimenti che con la nascita dei figli diventeranno quasi necessariamente in Italia. • Per i bambini, la famiglia appare significativamente presente nel supporto allo svolgimento dei compiti scolastici a casa, soprattutto tramite le figure della madre, dei fratelli e delle sorelle, ma meno del padre sia per i suoi possibili impegni lavorativi sia per modelli culturali che attribuiscono alla donna o al tutorato fraterno la loro cura. In alcuni casi, appare interessante, si segnalano anche situazioni di sostegno extra‐familiare nei compiti, spontaneo o socialmente organizzato. • I bambini dichiarano di avere forti possibilità di poter consultare a casa per lo studio soprattutto libri e riviste italiane oltre che, in molti casi, quelli della propria cultura di origine (anche se l’affermazione andrebbe meglio verificata). Tutti dichiarano il possesso casalingo di almeno • un televisore, con cui appaiono in percentuali circa pari famiglie che preferiscono guardare programmi del proprio Paese d’origine e di entrambi i Paesi e meno, ma comunque significative, che dichiarano di guardare solo programmi italiani, segnale – per certi versi ‐ di volgimento verso l´integrazione; diversamente la quasi totalità dei bambini riferisce di preferire programmi italiani. Mentre le famiglie tendono a rimanere legate alle proprie origini anche attraverso la fruizione della televisione, strumento che – non inficiato dalla padronanza linguistica (come, ad esempio, la lettura e la scrittura richiesta da altri mezzi) e da un pagamento ulteriore ‐ consente di mantenere vivi i contatti con il proprio Paese d’origine attraverso l´informazione e conferma la propria identità tramite esperienze duplicate. La maggior parte dei bambini sono nati in Italia e vivono una forte ricorsività tra processi di inculturazione e acculturazione, per cui questi secondi influenzano in modo significativo il loro stile di vita rendendolo più vicino a quello dei coetanei italiani. • Sebbene una percentuale del campione non ha saputo rispondere alla domanda e non è detto che quanti lo hanno fatto abbiano piuttosto riferito le loro speranze, le famiglie sembrerebbero dividersi equamente tra quelle che vorrebbero rimanere permanentemente in Italia e quelle che vorrebbero tornare nel Paese d’origine. Tuttavia, in caso di bisogno, sempre secondo quanto riferiscono i bambini, la maggior parte delle famiglie chiede aiuto a parenti (che hanno raggiunto o da cui sono state raggiunte), accordando fiducia, e a seguire ad amici italiani piuttosto che a connazionali, lasciando pensare a una prima integrazione con gli italiani stessi (anche se per necessità: perché più esperti o con maggior risorse) e nel territorio.
La dirigenza scolastica: dalle disposizioni alle procedure • L´accoglienza e l`inserimento riguardano, ovviamente, l´integrazione dei bambini immigrati di prima generazione, che necessitano di corsi di alfabetizzazione e supporti specifici; ma anche le seconde generazioni richiedono particolare cura nei processi e nelle pratiche di acculturazione, che possono confliggere con quelle di inculturazione familiare. • La dirigenza scolastica, pur tenuta a rapportarsi con le disposizioni relative le classi ponte e il tetto di presenza degli alunni stranieri, ‐ supportata dagli insegnanti, con particolare riferimento ai referenti di plesso e agli insegnanti di scuola secondaria di primo grado con funzioni strumentali sull’inserimento: ‐ progetta l’inserimento tenendo conto dell’età anagrafica (evitando, per quanto possibile, di collocare il bambino in una classe inferiore a quella che dovrebbe frequentare), della biografia linguistica acquisita dalla famiglia, delle schede di valutazione degli anni scolastici precedenti e, se somministrate, delle prove oggettive (che solitamente riguardano la matematica e non altre discipline); ‐ realizza l´inserimento fornendo informazioni e garantendo progressività e compresenza fra colleghi, ma garantisce anche alfabetizzazione primaria promuovendo la realizzazione operativa di progetti e fornendo laboratori per l’integrazione strutturati sulla base dei plessi e delle classi; ‐ promuove osservazione e/o monitoraggio in progress delle competenze, particolarmente in lingua italiana, matematica e lingua straniera, predisponendo eventuali programmazioni diversificate/individualizzate per il primo anno di transizione, e valutazione che tenga conto degli obiettivi preposti dalla programmazione differenziata; ‐cura e monitora la rete di relazioni dei bambini sicché da garantire opportuna socializzazione fra pari; ‐si avvale di insegnanti in ruolo con ore aggiuntive come di insegnanti volontarie (in pensione) che supportano i processi di alfabetizzazione e del mediatore culturale del Comune in funzione della casistica. •I tagli economici non consentono di attivare corsi di alfabetizzazione in orario extra‐scolastico per bambini e adulti, ma per le famiglie che lo richiedono la scuola informa e invia ai corsi attuati dai Centri Territoriali Permanenti. Se, da un lato, gli insegnanti intervengono in modo significativo affinché le famiglie dei bambini stranieri conoscano e facciano frequentare ai figli i servizi extra‐scolastici del territorio (culturali, sportivi, confessionali, ricreativi ecc.), dall´altro lato, la scuola collabora con i servizi del territorio (anche tramite una rete di collegamento con i centri rivolti agli stranieri) per migliorare la conoscenza, l’accesso e la sinergia fra agenzie e attori del sistema formativo e, in generale, l’integrazione delle famiglie immigrate, che cerca di mettere in contatto con gli uffici per ottenere informazioni e documenti funzionali all’inserimento in Italia, ma anche per ottenere supporto economico in casi di significativa indigenza.
In conclusione: migrazioni culturali (1) • Il Novecento corrisponde ad un secolo, insieme, frattura e cerniera con la tradizione (Cambi, 2005), contrassegnato in tal senso: da un lato dal progresso scientifico‐tecnologico ovvero da una laicizzazione e razionalizzazione della realtà sfociate poi anche in una crisi della scienza; dall`altro lato dai movimenti sociali con le loro richieste di uguglianza, libertà e fraternità sfociate poi anche in una crisi delle ideologie. • Sotto un profilo pedagogico e didattico, la migrazione contemporanea – come spostamento reale e virtuale, particolarmente contrassegnato, peraltro, dal forte incremento del fenomeno dell’immigrazione irregolare e clandestina, favorito dalle politiche internazionali e locali, dal crescente divario economico fra nord e sud, ovest ed est del mondo, dalla globalizzazione dei mercati, della cultura e delle menti ‐ richiede pensiero e azione di continuità come di discontinuità (cioè di riconoscimento dello specifico formativo) di processi e pratiche di istruzione e di educazione in differenti età e contesti di vita. • Il contributo teorico e di metodo delle scienze (con particolare riferimento a quelle dell’educazione) appare fondamentale per comprendere il concetto/fenomeno delle culture migranti. Una pedagogia interculturale non può che muovere da una conoscenza della cultura dell`altro, quanto meno e per quanto possibile, nei termini delle teorie e delle prassi che ‐ in maniera esplicita e/o latente ‐ contrassegnano i processi e le pratiche di inculturazione ciò per meglio progettare e/o orientare l’acculturazione, scegliendo in approcci e traducendo in strategie d’integrazione sostenute da sintesi fra pensiero paradigmatico e pensiero narrativo. Tale sintesi è irrinunciabile per riflettere e gestire schemi di pensiero e abiti comportamentali.
In conclusione: migrazioni culturali (2) • La migrazione come fenomeno famigliare che tende alla stabilizzazione (producendo profondi cambiamenti anche e soprattutto nelle relazioni di genere e intergenerazionali) richiede, nello specifico, riflessione e azione – di macrosistema e di microsistema – su: ‐ processi di trasmissione e di riproduzione culturale come pure di organizzazione economica e lavoro. La lingua e il lavoro sono e restano i principali strumenti di integrazione psicosociale; ‐ organizzazione politica e sistemi religiosi (tra riti‐routines e costruzione di nuovi schemi di pensiero e abiti comportamentali). • La scuola come agenzia formativa – sul piano strutturale e curricolare ‐, da un lato, deve contribuire ad affrancarsi e/o a rimuovere stereotipi e pregiudizi, che segnano il sistema d`ipotesi e la cornice organizzativa degli interventi producendo viziosi determinismi fra sistemi di rappresentazioni sociali, autopercezioni e conoscenze, competenze e abilità e, dall’altro lato, deve prevedere percorsi di riflessione per ri‐orientare e progettare, tramite la loro revisione, gli interventi formativi. Ciò in termini sia di programmi, programmazione e curricoli, di didattiche disciplinari ma anche di organizzazione dei tempi, degli spazi e delle professionalità degli insegnanti sia di alleanza e ricorsività pedagogica e didattica fra agenzie e attori della formazione. Il curricolo dovrebbe essere progettato in senso inter/disciplinare e/o interculturale, congruente e funzionale al contesto storico‐sociale in cui operano le istituzioni scolastiche, valorizzato nella sua dimensione multiculturale come contributo al progetto di una società interculturale e transculturale; questo impone consapevolezza circa: ‐ il ruolo dell`alfabetizzazione/istruzione, ovvero del sapere come cultura e cura di sé, dell`altro e del mondo e della socializzazione/educazione; ‐ il gruppo come soggetto, luogo fisico e mentale e metodo di costruzione delle identità attraverso le appartenenze tramite la messa a punto di setting gruppali contrassegnati da decentramento, coordinazione e metacognizione, negoziazione, mediazione e cooperazione. • Il gruppo come setting (sistema d’ipotesi e cornice organizzativa a conduzione pedagogico‐didattica) deve prevedere: definizione chiara e coerente del contratto pedagogico‐didattico (che regola la relazione fra soggetti in condizioni asimmetriche e simmetriche, artefatti e fattori organizzativi); congruenza fra occupazione‐organizzazione‐dinamica; ciascuno e tutti i soggetti attivi e consapevoli (facendo particolarmente perno su interazione promozionale faccia a faccia inclusiva di feed‐back reciproci, insegnamento diretto delle competenze sociali, interdipendenza/e positiva/e, responsabilità individuale e di gruppo, restituzione, revisione finale, valutazione individuale e di gruppo).
In conclusione: migrazioni culturali (3) • Il riferimento è a una proposta formativa di sistema contrassegnata da democrazia cognitiva e sociale funzionale a orientarsi in modo critico “lungo, largo e in profondità nella vita” (Dozza 2007) e supportata da una revisione dei programmi d’insegnamento tramite l’adozione di una prospettiva curricolare che sappia valorizzare gli effetti formativi delle singole discipline, ma anche del valore che assumono nella loro globalità. Il riferimento – cioè – è ad un curricolo esplicito — legato alla dimensione cognitiva della formazione scolastica e quindi all’apprendimento delle discipline — e da un curricolo implicito — legato alla dimensione etico‐sociale e affettiva —, che producono due diversi livelli logici, relativi all’istruzione e all’educazione, non separati né separabili: l’apprendimento di conoscenze e abilità e l’acquisizione di abitudini astratte. Insieme, entrambi questi livelli logici concorrono a perseguire e conseguire una forma d’intuizione transcontestuale (Baldacci 2006; Cerrocchi 2011).
• La relazione scuola‐famiglia ‐ promossa da un clima di rispetto e di fiducia ‐ consente al gruppo di origine di sentirsi e di rendersi partecipe del percorso d’istruzione e socializzazione attuato a scuola (nello scambio sui bisogni e sulle potenzialità dei figli e delle famiglie stesse) ovvero parte integrante del progetto formativo.
• Un ruolo imprescindibile è svolto dalla collegialità insegnante e dalle altre figure (parentali e professionali) nei termini di una sinergica continuità, pur sempre e necessariamente circoscrivendo lo specifico professionale di contesti, agenzie e attori altri.