Piano Operativo Regionale 2000-2006 MISURA 4.17. SottoMisura a) – Promozione 1999.IT.16.1.PO.011/4.17a/8.3.7/0049
PROMOZIONE DEL PRODOTTO DELLA PESCA DELL’AREA DELLA PROVINCIA DI PALERMO ED AZIONI DI SUPPORTO ALLE AZIENDE DI TRASFORMAZIONE DEI PRODOTTI ITTICI PER LA CERTIFICAZIONE DI QUALITÀ
LINEE GUIDA DA SEGUIRE PER LA DEFINIZIONE DI UN DISCIPLINARE DEL PRODOTTO ITTICO FRESCO DI QUALITÀ DELLA PROVINCIA DI PALERMO
Palermo, luglio 2007
PST Sicilia Provincia Regionale di Palermo
LINEE GUIDA DA SEGUIRE PER LA DEFINIZIONE DI UN DISCIPLINARE DEL PRODOTTO ITTICO FRESCO DI QUALITÀ DELLA PROVINCIA DI PALERMO Sotto-Attività A230 “Redazione di Linee Guida l’acquisizione della certificazione di qualità del prodotto ittico fresco proveniente dalla pesca locale artigianale” RELAZIONE FINALE
La stesura del presente documento è stata curata dal personale del Laboratorio Ambientale Syndial di Priolo (ENI Group), su incarico del Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia SCpA.
Revisione 02 01 00
Data
Tipo Documento
Luglio 2007 Giugno 2007
Relazione Finale Bozza Relazione Finale
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INDICE 1. OBIETTIVI 2. INQUADRAMENTO NORMATIVO 3 FATTORI IN GRADO DI INFLUENZARE LA QUALITÀ DEI PRODOTTI DELLA PESCA 3.1 Sito di pesca e contaminazione chimica e microbiologica dei prodotti della pesca 3.2 Manipolazione del prodotto 3.2.1 Igiene delle attrezzature e del personale e contaminazione chimica e microbiologica dei prodotti della pesca 3.3 Contaminazioni fisiche 4. I PRODOTTI DELLA PESCA DELLA MARINERIA DELLA PROVINCIA DI PALERMO E SCELTA DELLE SPECIE TARGET OGGETTO DELL’ATTIVITÀ DI VALORIZZAZIONE: ACCIUGA PESCATA CON I SISTEMI A CIRCUIZIONE 4.1 L’ambiente marino costiero della provincia di Palermo 4.1.1 Inquadramento oceanografico e geo-morfologico 4.1.2 L’ambiente Costiero Sommerso 4.2 La pesca nella provincia di Palermo 4.3 Dati relativi al pescato 5 CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO POTENZIALMENTE OGGETTO DI CERTIFICAZIONE E OGGETTO DI COMUNICAZIONE (ESPLICITE) 6 CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO: ACCIUGA DA CIRCUIZIONE 6.1 Descrizione del prodotto (Scheda di prodotto): 6.2 Requisiti dell’acciuga e della sardina pescata con la circuizione proposti come oggetto di certificazione e oggetto di comunicazione (esplicite) 6.2.1 Requisiti biochimico-nutrizionali 6.2.2 Aspetti microbiologici 6.2.3 Limiti produttivi osservati dagli operatori a tutela della tracciabilità dell’attività di pesca e della qualità dell’ambiente 6.2.4 Caratteristiche si servizio offerte col prodotto 6.3 Caratteristiche commerciali 6.3.1 Formato 6.3.2 Contenitori 6.3.3 Etichettature 6.4 Presentazione del prodotto sul mercato 6.4.1 Comunicazione al consumatore 6.5 Descrizione del Processo di pesca e commercializzazione dei prodotti della pesca mediante circuizione dell’area della Provincia di Palermo Fase Pesca con cianciolo: Raggiungimento delle aree di pesca Fase Pesca con cianciolo: Prelievo del pesce Fase Pesca con il cianciolo: ghiacciatura (uccisione eutanasica con ghiaccio) Fase pesca con cianciolo: ghiacciatura (refrigerazione e mantenimento in acqua e ghiaccio) Fase confezionamento: incassettamento Fase confezionamento: stoccaggio in barca Fase confezionamento: sbarco e vendita Fase approvvigionamento di ghiaccio 7 INDIVIDUAZIONE DEI PUNTI CRITICI DI PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE 7.1 Diagramma di flusso
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8 IDENTIFICAZIONE E RINTRACCIABILITA’ 9 PIANO DEI CONTROLLI 10 PROCEDURE DI GESTIONE NECESSARIE A SUPPORTO DELLA CERTIFICAZIONE ALLEGATO 1 ALLEGATO 2 SCOPO CAMPO DI APPLICAZIONE DEFINIZIONI MODALITA’ OPERATIVE 11 BIBLIOGRAFIA
54 56 60 61 63 65 65 65 65
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Nota sulle foto e immagini riportate nel documento: Molte delle immagini sono originali degli Autori. Le figure riportate nel testo, tratte o riferite o rielaborate da altri testi, citano la fonte di riferimento. Le immagini da satellite sono estratte dal sito Google earth.
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PREMESSA
Nell’ambito delle attività di promozione dei prodotti della pesca con la presente attività, la Provincia di Palermo intende fornire agli operatori della pesca artigianale un’insieme di indicazioni pratiche che li mettano nelle condizioni di applicare quanto previsto dalla normativa vigente in fatto di igiene e qualità dei prodotti ittici freschi e rendere evidenti al consumatore le particolarità del prodotto ittico locale. La differenziazione dei prodotti è la strategia che le piccole e medie imprese locali stanno sviluppando con lo scopo di ricavare una nicchia all’interno di un mercato ormai sempre più globalizzato. Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione e delle tecnologie legate alla refrigerazione, ha infatti reso sempre più difficile la competizione anche per i prodotti ad alta deperibilità, come appunto le referenze fresche, che prima riuscivano a spuntare sul mercato locale prezzi molto interessanti, proprio grazie alla deperibilità del prodotto stesso. Per gli ittici il problema è molto sentito da parte di chi esercita la piccola pesca locale che si trova a fare competere le proprie referenze, magari di minor pregio, ma freschissime con prodotti ittici di maggior valore commerciale ma che magari non sono da classificare come “freschissime”. Non meno rilevante e recente è il fenomeno che vede l’invasione di prodotti decongelati, spacciati all’incauto acquirente come freschi, o di specie esotiche non appartenenti alle nostre abitudini alimentari preferite all’atto dell’acquisto per semplice ignoranza o curiosità. Nei confronti di un mercato così variegato e complesso, in cui le quantità esigue di prodotto locale e la forte stagionalità sono alcuni degli aspetti che influenzano le possibilità di inserirsi nella grossa distribuzione, l’arma vincente sembra essere la differenziazione del prodotto ittico, accompagnata da una pressante azione di comunicazione volta a sensibilizzare i piccoli consumatori circa la promozione di abitudini ad un consumo di qualità, consapevole e rispettoso dell’ambiente. Perché i prodotti ittici provenienti dall’attività di pesca locale siano valorizzati occorre in prima istanza che questi siano riconoscibili come tali e che il consumatore possa associare ad essi gli aspetti qualitativi che egli ritiene rilevanti, come: qualità igienico sanitaria, qualità organolettica, elevato contenuto salutistico, rispetto della qualità dell’ambiente di provenienza del prodotto, e non ultimi, come nel caso in oggetto, i legami con la tradizione regionale o provinciale. L’operatore deve quindi concentrare l’attenzione tanto su quegli aspetti applicativi che sono previsti dalle norme vigenti e che nascono con lo scopo di migliorare la tutela del consumatore (vedi norme igienico-sanitarie e rintracciabilità), ma anche su tutti gli aspetti tecnici in grado di migliorare la qualità organolettica del prodotto e la sua maggiore durabilità.
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OBIETTIVI
Il presente documento costituisce il risultato finale della Attività A230 “Redazione di Linee Guida l’acquisizione della certificazione di qualità del prodotto ittico fresco proveniente dalla pesca locale artigianale”. La stesura è stata curata dal personale del Laboratorio Ambientale Syndial di Priolo (ENI Group), su incarico del Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia SCpA. Il documento è impostato in modo da individuare tutti gli aspetti che devono essere presi in considerazione dall'azienda per la definizione dei requisiti del prodotto, del processo produttivo e dei comportamenti adottati volontariamente dall’impresa che intende intraprendere il percorso certificativo del proprio prodotto ittico. Nell'ambito delle attività di valorizzazione dei prodotti pescati nell'area del Provincia di Palermo è stata svolta l'identificazione delle specie ittiche ritenute particolarmente significative per quanto concerne gli aspetti economici e quantitativi, consentendo la predisposizione di schede relative alle singole specie identificate, con dati concernenti: il luogo nelle quali vengono catturate, il periodo di pesca, la tipologia imbarcazioni/metodo cattura, la distribuzione del prodotto, la quantità stimata di pescato e la taglia di vendita, etc. (Rif. Relaz. Finale Sotto-Attività A120 “Identificazione specie target”, a cura di Mare & Ambiente, srl) Sulla base delle informazioni raccolte il principio che ha ispirato la scelta delle specie target è stato non tanto la individuazione delle specie che dal punto di vista qualitativo e quantitativo hanno un mercato riconosciuto e stabile nel corso dell’anno, ma piuttosto obiettivo dello studio è stata la selezione di quelle specie a ridotto valore commerciale, pescate in modo massivo per buona parte dell’anno e soggette a possibile utilizzo e valorizzazione sia come prodotto fresco che lavorato. Nella scelta delle Specie sono stati anche considerati gli aspetti storici legati alle tecniche di pesca tradizionali e/o i metodi di conservazione e lavorazione locali. Su questa base il presente documento riporta in particolare le indicazioni da seguire per ottenere un prodotto di elevata qualità con il processo di pesca mediante circuizione, con particolare riferimento all’acciuga (Engraulis encrasicholus) e alla sardina (Sardina pilchardus) pescate nelle acque del Provincia di Palermo e aree limitrofe. Nel documento sono anche riportati i potenziali i punti critici dell’attività di pesca, le modalità di gestione dei punti critici e delle non conformità nonché le attività che consentono di verificare il funzionamento del processo di pesca. Sono state, inoltre, ipotizzate le misure che possono essere adottate per garantire al consumatore trasparenza e rintracciabilità del prodotto, fino alla fase di commercializzazione. Obiettivo delle Linee Guida è quindi quello di indicare, con opportune motivazioni, quali parametri possono essere sottoposti a certificazione di prodotto. In sostanza, forniscono un elenco di parametri potenzialmente oggetto di certificazione fra i quali l'Azienda di pesca dovrà soltanto scegliere quali adottare e dovrà attribuire, a quei parametri che lo richiedono, i valori numerici che si addicono alla sua specifica realtà. Il documento è stato redatto sulla base di indagini bibliografiche (Attività A210 “Raccolta normativa di riferimento”), dell’Indagine di mercato svolta nell’ambito dell’Attività A110, di osservazioni condotte sulle pratiche di pesca condotte dalle marinerie che afferiscono alla Provincia di Palermo (A220 “Raccolta dati di base”, A120 “Identificazione specie target con riferimento a quelle eccedentarie o insufficientemente sfruttate” e A510 “Raccolta dati relativi alla flotta di pesca”,) e prendendo in considerazione i parametri biochimici di qualità del prodotto proveniente dalla Attività A140 “Analisi biochimiche specie target finalizzate alla definizione delle Schede di Qualità del Prodotto”. Il documento così come è proposto si compone di tre parti: la prima contenente un Emissione documento Rev. 1
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inquadramento normativo di riferimento a garanzia di un prodotto alimentare salubre e sicuro, che include anche le norme specifiche riferite ai prodotti ittici ed un breve inquadramento delle condizioni ambientali e delle attività di pesca della Provincia di Palermo. La seconda parte del documento si riferisce alla descrizione delle fasi del processo che sono sotto il diretto controllo dell’azienda di pesca, con indicazione di alcune possibili attività di controllo ed azioni correttive. La terza parte individua i potenziali parametri che l'Azienda può identificare per certificare il proprio prodotto, con indicazione dei requisiti e delle procedure da adottare per assicurare lo standard di qualità al prodotto.
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INQUADRAMENTO NORMATIVO
La maggiore industrializzazione ed il miglioramento dei trasporti, insieme alla costituzione di un Mercato Unico Europeo hanno modificato significativamente la movimentazione e l’importazione dei prodotti agricoli negli ultimi anni. Ciò ha comportato come conseguenza l’istituzione di regole il più possibile uniformi per i diversi Paesi in grado di garantire il consumatore riguardo gli aspetti igienici e sanitari di quanto acquistato. L’apertura a nuovi mercati ha stimolato l’utilizzo di prodotti non appartenenti alle tradizioni gastronomiche tipicamente locali (vedi consumo di pesce crudo) o sviluppando rami di mercato nuovi come quello dei prodotti “pronti all’uso” destinati ai “single” o a coloro che con la cucina hanno poca dimestichezza. L’incremento registrato dalle grosse catene di distribuzione (GDO) ha, negli ultimi anni, accelerato il processo: venendo a mancare il conforto operato fino a quel momento dall’immagine del negoziante di fiducia, si è imposta in modo sempre più pressante l’esigenza di creare un contatto diretto con l’acquirente con modalità diverse, tenendo in maggiore considerazione il grado di soddisfazione del cliente. Allo scopo di fornire la credibilità e l’affidabilità richiesti in prima istanza per gli aspetti igienico sanitari, si è cercato di uniformare a livello normativo e legislativo quanto previsto dai diversi paesi che compongono UE, individuando una linea comune anche per quanto concerneva i prodotti di provenienza extracomunitaria. Tali interventi sono stati indirizzati, tanto a livello orizzontale, utilizzando come riferimento criteri validi ed applicabili a qualunque tipo di alimento, che specificatamente per i diversi tipi di prodotto. Per quanto attiene i prodotti ittici le norme di riferimento per gli operatori sono il Reg. 853/2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, che deve essere applicato per la parte concernente i prodotti della pesca, il Reg. 852/2004 (entrato in vigore il 1/01/2006 in sostituzione del precedente D. Lvo 155/97), il Reg. 882/2004 relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti alle norme sulla salute e sul benessere degli animali ed il Reg. 2076/2005 che fissa le disposizioni transitorie per l’attuazione dei Reg.(CE) 853-854-882/2004 e che modifica i Regolamenti n. 853-854/2004. In base al Reg. 852/2004 il processo primario (e tra queste anche l’attività di pesca secondo la definizione fornita dal Reg. 178/2002) rientra a pieno titolo tra le parti della filiera produttiva che deve essere preso in considerazione nell’analisi del rischio e nell’applicazione di azioni preventive atte a ridurre il pericolo. L’art. 1 del Reg., prevede, infatti, la sua applicazione ”(…) a tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione degli alimenti nonché alle esportazioni e fermi restando i requisiti più specifici all’igiene degli alimenti”. Sempre nello stesso articolo viene ribadita la responsabilità principale dell’operatore riguardo la sicurezza degli alimenti trattati. In base al nuovo Reg. 852/04, inoltre (art. 4 comma 3), gli operatori del settore alimentare, se necessario, devono adottare le seguenti misure igieniche specifiche: a) rispetto dei criteri microbiologici relativi ai prodotti alimentari; b) le procedure necessarie a raggiungere gli obiettivi fissati per il conseguimento degli scopi del presente regolamento; c) rispetto dei requisiti in materia di controllo delle temperature degli alimenti; d) mantenimento della catena del freddo; e) campionature e analisi. Sempre secondo quanto riportato all’ art. 4 (comma 6), gli operatori del settore alimentare possono utilizzare i manuali di cui agli articoli 7, 8 e 9 come ausilio ai fini dell’osservanza dei loro obblighi ai sensi del presente regolamento. In questo caso si fa riferimento ai Manuali Nazionali e Comunitari di corretta prassi operativa che diventano, per i processi primari, il mezzo fondamentale per garantire l’igiene e la sicurezza del prodotto. Tali documenti, tenuto conto Emissione documento Rev. 1
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dell’estensione prevista, devono contenere informazioni adeguate alla gestione dei pericoli (All. I parte B del Reg. 852/04), che possono insorgere fin dalla produzione primaria fornendo gli strumenti minimi che consentono all’azienda di operare con misure preventive una riduzione del rischio associata alle diverse fasi del ciclo produttivo. All’allegato I è previsto che gli operatori che effettuano la produzione primaria: 1) rispettino i requisiti di igiene dei prodotti di origine animale; 2) osservino la corretta tenuta delle registrazioni dei prodotti indicati. Pertanto gli operatori dovranno adottare tutte le misure igienico-sanitarie per tenere puliti gli impianti, le attrezzature, utilizzare acqua potabile o pulita, assicurare la buona salute del personale addetto alla manipolazione e l’adeguata formazione. Dovrà altresì produrre sufficiente documentazione a supporto delle misure prese (registrazioni) che dovrà custodire per un periodo congruo (almeno 12 mesi). Tra le registrazioni richieste rientrano a pieno titolo quelle necessarie alla rintracciabilità del prodotto (ai sensi del Reg. 178/2002) che devono essere custodite per almeno 90 giorni (Accordo 28/7/2005 della conferenza Stato Regioni riportante…”Linee guida ai fini della rintracciabilità degli alimenti e mangimi per fini di sanità pubblica”). L’attività di registrazione risulta ancora più importante alla luce di quanto previsto dal Reg. 882/2004 per gli aspetti legati al controllo ufficiale. Per quanto concerne l’attività primaria e le operazioni ad essa associate, nel nostro caso la pesca ed il trasporto del prodotto ittico fresco la nuova norma non fa obbligo di attuare e mantenere una o più procedure permanenti, basate sui principi del sistema HACCP, previste all’art. 5 comma 1, rimandando all’allegato I del testo di legge (art. 5 comma 3). In particolare l’allegato I Parte A (Requisiti generali in materia di igiene per la produzione primaria e le operazioni associate) cap. II (Requisiti in materia di igiene) riporta le seguenti indicazioni che riguardano in buona parte gli operatori della pesca: - Nella misura del possibile, gli operatori del settore alimentare devono assicurare, che i prodotti primari siano protetti da contaminazioni, tenendo conto di tutte le trasformazioni successive cui saranno soggetti i prodotti primari. - Fatto salvo l’obbligo generale di cui al punto 2 gli operatori del settore alimentare devono rispettare le pertinenti disposizioni legislative comunitarie e nazionali relative al controllo dei rischi nella produzione primaria e nelle operazioni associate, comprese: a) le misure di controllo della contaminazione derivante dall’aria, dal suolo, dall’acqua, dai mangimi, dai fertilizzanti, dai medicinali veterinari, dai prodotti fitosanitari e dai biocidi, nonché il magazzinaggio, la gestione e l’eliminazione dei rifiuti; b)
le misure relative alla salute e al benessere degli animali nonché alla salute delle piante che abbiano rilevanza per la salute umana, compresi i programmi per il monitoraggio e il controllo delle zoonosi e degli agenti zoonotici.
- Gli operatori del settore alimentare che allevano, raccolgono o cacciano animali o producono prodotti primari di origine animale devono, se del caso, adottare misure adeguate per: a) tenere puliti tutti gli impianti utilizzati per la produzione primaria e le operazioni associate, inclusi quelli utilizzati per immagazzinare e manipolare i mangimi e, ove necessario dopo la pulizia, disinfettarli in modo adeguato; b) tenere puliti e, ove necessario dopo la pulizia, disinfettare in modo adeguato le attrezzature, i contenitori, le gabbie, i veicoli e le imbarcazioni; c) per quanto possibile, assicurare la pulizia degli animali inviati al macello e, ove necessario, degli Emissione documento Rev. 1
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animali da produzione; d) utilizzare acqua potabile o acqua pulita (vedi allegato 1), ove necessario in modo da prevenire la contaminazione; e) assicurare che il personale addetto alla manipolazione dei prodotti alimentari sia in buona salute e segua una formazione sui rischi sanitari; f) per quanto possibile, evitare la contaminazione da parte di animali e altri insetti nocivi; L 226/12 IT Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 25.6.2004 g) immagazzinare e gestire i rifiuti e le sostanze pericolose in modo da evitare la contaminazione; h) prevenire l’introduzione e la propagazione di malattie contagiose trasmissibili all’uomo attraverso gli alimenti, anche adottando misure precauzionali al momento dell’introduzione di nuovi animali e comunicando i focolai sospetti di tali malattie alle autorità competenti; i) tenere conto dei risultati delle analisi pertinenti effettuate su campioni prelevati da animali o altri campioni che abbiano rilevanza per la salute umana; j) usare correttamente gli additivi per i mangimi e i medicinali veterinari, come previsto dalla normativa pertinente. Sebbene quindi non venga fatto obbligo di attivare un Piano HACCP con le relative procedure che ne costituiscono la base applicativa, di fatto il raggiungimento degli obiettivi previsti, nei punti sopra riportati, risulta più semplicemente gestibile e completo con la predisposizione di quelle che gli addetti ai lavori chiamano "procedure delocalizzate". A queste procedure il sistema HACCP delega la verifica dei "punti di controllo (CP)" (cioè di quei punti che, pur non rivestendo carattere di criticità, sono importanti per il controllo di processo). Si tratta in genere di fasi che intervengono nel processo in modo trasversale (vedi ad esempio la pulizia e la disinfezione delle attrezzature) e che consentono quindi di ridurre il pericolo in più punti del ciclo produttivo, pur non avendo però la capacità di impedire, totalmente che il rischio di una contaminazione si possa verificare. Per consentire una gestione della sicurezza completa delle attività di pesca e commercializzazione dovrebbero essere predisposte almeno le seguenti procedure con le relative registrazioni di controllo delocalizzate: - Procedura per la selezione delle materie prime, in questo caso il ghiaccio per la refrigerazione del prodotto (vedi allegato 1), dei fornitori (cassette e fogli di polietilene per l’incassettamento del prodotto) e dei servizi (ad esempio il trasporto se quest’ultimo non viene effettuato con mezzi propri); - Procedura di pulizia e disinfezione; - Procedura di disinfestazione e derattizzazione; - Procedura di formazione del personale aziendale (necessaria al raggiungimento della piena consapevolezza da parte di tutti gli operatori coinvolti nel processo produttivo riguardo i rischi potenziali cui è esposto il prodotto durante le singole fasi); A livello trasversale interviene, come già accennato, il Reg 178/2002/CE recante norme sulla rintracciabilità dei prodotti alimentari coinvolgendo processi primari. In base all’art. 18 del Regolamento, gli operatori devono predisporre delle procedure che garantiscano la possibilità di conoscere in qualunque momento chi ha fornito il prodotto e a chi è stato fornito il prodotto (con la sola esclusione del consumatore finale). Nel caso dei pescatori ciò significa che essi devono essere in grado di individuare da dove viene il loro prodotto (in quale area di Emissione documento Rev. 1
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pesca è stato pescato) e a chi è stato venduto. Tale legge ribadisce la responsabilità dell’operatore del settore alimentare riguardo gli eventuali rischi alimentari connessi al mancato ritiro o alle procedure di allerta ricollegandosi a quanto già in parte previsto dalla normativa in atto riguardo l’etichettatura del prodotto ittico (vedi Regg. 2406/96, 104/2000 e 2065/2001 e successive nota 21229 del MIPAF 21/12/2001 e Dec. MIPAF 27/5/2002). L’applicazione delle norme sull’etichettatura ha in buona parte costretto gli operatori della filiera ittica ad apportare diversi cambiamenti nelle proprie modalità operative costringendo gli operatori a fornire il prodotto in fase di vendita di un’etichetta contenente: -
nome comune o commerciale della specie ed eventuale nome scientifico
-
metodo di produzione (indicando se allevato, pescato o pescato in acque dolci)
-
origine (nome dell’allevamento o zona di pesca FAO per i prodotti pescati in mare, per i prodotti pescati in acque dolci la menzione del paese d’origine, per i prodotti allevati deve essere indicato il paese in cui è avvenuta la fase finale dell’allevamento).
In base a quanto detto finora, occorre, pertanto, che gli operatori della pesca predispongano un sistema di raccolta della documentazione (un registro aggiornabile cartaceo o informatico) nel quale siano inseriti gli acquisti, le caratteristiche e la qualità dei prodotti e le materie prime acquistate (gestione acquisti e rintracciabilità dei fornitori), nonché un sistema di registrazione dei propri prodotti. Indicazioni specifiche per il settore della pesca sono contenute nel Reg. 853/2004 che riprende quanto già previsto dalla Dir 91/493/CE (abolendo il D. Lvo 531/92) semplificando alcuni passaggi del testo di legge ed allargando l’applicazione di alcuni principi prima previsti solo per le navi officina, a tutte le tipologie di imbarcazione. Nella sezione VIII dell’Allegato III vengono definiti: i requisiti strutturali che devono essere applicati dai vari tipi di imbarcazione ed i requisiti applicabili in materia di igiene (CAP I), -
i requisiti applicabili durante e dopo le operazioni di sbarco (CAP. II),
i requisiti applicabili agli stabilimenti, incluse le navi, per la lavorazione dei prodotti della pesca (CAP III), -
i requisiti per i prodotti della pesca trasformati ( CAP IV),
-
le norme sanitarie per i prodotti della pesca (CAP V),
-
il confezionamento e l’imballaggio dei prodotti della pesca (CAP VI)
-
le modalità di conservazione (CAP VII)
-
le modalità di trasporto (CAP VIII).
In particolare per quanto concerne le norme sanitarie, viene ribadita la responsabilità degli operatori delle pesca i quali oltre a garantire la conformità ai requisiti microbiologici adottati ai sensi del regolamento (CE) n. 853/2004, devono garantire il soddisfacimento dei successivi requisiti: Caratteristiche Organolettiche dei Prodotti della Pesca Gli operatori del settore alimentare devono effettuare un esame organolettico dei prodotti della pesca. In particolare, tale esame deve garantire che i prodotti della pesca soddisfano tutti i criteri di freschezza. Istamina Gli operatori del settore alimentare devono garantire che i limiti relativi all’istamina non siano superati. Emissione documento Rev. 1
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Azoto Volatile Totale I prodotti della pesca non trasformati non devono essere immessi sul mercato se le analisi chimiche rivelano che i limiti relativi all’ABTV o al TMA-N sono stati superati. Parassiti Gli operatori del settore alimentare devono assicurare che i prodotti della pesca siano sottoposti ad un controllo visivo, alla ricerca di endoparassiti visibili prima dell’immissione sul mercato. Gli operatori non devono immettere sul mercato per il consumo umano i prodotti della pesca manifestamente infestati da parassiti. Tossine Nocive per la Salute Umana Non devono essere immessi sul mercato i prodotti della pesca ottenuti da pesci velenosi delle seguenti famiglie: Tetraodontidae, Molidae, Diodontidae e Canthigasteridae. Non devono essere immessi sul mercato i prodotti della pesca contenenti biotossine (ad esempio la ciguatossina o le tossine che paralizzano i muscoli). Tuttavia, i prodotti della pesca ottenuti da molluschi bivalvi, echinodermi, tunicati e gasteropodi marini possono essere immessi sul mercato se sono stati prodotti a norma della sezione VII e soddisfino i requisiti di cui al capitolo V, punto 2, di detta sezione. Per quanto concerne i problemi annessi alla presenza di parassiti nelle carni dei pesci la norma fornisce indicazioni anche sui metodi da utilizzare per minimizzare il rischio di contaminazione da parte dell’operatore. Vengono, infatti, individuati i prodotti che necessitano di particolari trattamenti prima dell’immissione sul mercato, in dipendenza della destinazione d’uso del prodotto stesso. “(…) I prodotti ittici di seguito precisati devono essere congelati a una temperatura non superiore a – 20 °C in ogni parte della massa per almeno 24 ore; il trattamento dev’essere eseguito sul prodotto crudo o sul prodotto finito: a) i prodotti della pesca che vanno consumati crudi o praticamente crudi; b) i prodotti della pesca a base delle specie seguenti, se devono essere sottoposti ad un trattamento di affumicatura a freddo durante il quale la temperatura all’interno del prodotto non supera i 60 °C (aringhe; sgombri spratti; salmone (selvatico) dell’Atlantico e del Pacifico; prodotti della pesca marinati e/o salati, se il trattamento praticato non garantisce la distruzione delle larve di nematodi. Questi prodotti della pesca devono essere accompagnati, alla loro immissione sul mercato, da un’attestazione del produttore che indichi il trattamento al quale sono stati sottoposti, salvo qualora siano forniti al consumatore finale. Tuttavia gli operatori del settore alimentare non sono obbligati a praticare i trattamenti riportati sopra qualora: a) i dati epidemiologici disponibili indichino che le zone di pesca d’origine non presentano rischi sanitari con riguardo alla presenza di parassiti; b) le autorità competenti lo autorizzino. L’attribuzione delle categorie di freschezza viene eseguita facendo riferimento a quanto previsto dal Reg. 2046/96/CE, modificato dai successivi Reg. 323/97/CE e dal Reg. 2578/2000/CE. Ai fini di un elevato livello di protezione della salute sono stati fissati con l’emissione del Reg. 2073/2005 i criteri microbiologici per alcuni organismi e le relative norme attuative, abrogando la Decisione 93/51/CEE. Il regolamento si applica ai Crostacei e molluschi cotti, ai Molluschi bivalvi Emissione documento Rev. 1
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vivi ed echinodermi, tunicati, ai gasteropodi vivi e ai prodotti della pesca. All’ellegato I definisce per gli alimenti pronti, favorevoli allo sviluppo di della Listeria monocytogenes prevede nel piano di campionamento un prelievo di 5 unità campionarie (u. c.) per i quali i limiti indicati sono di 100 ufc/g, nel caso in cui il produttore è in grado di dimostrare che il prodotto non supererà il limite indicato, durante il periodo di conservabilità. In questo caso l’operatore può fissare limiti intermedi sufficientemente bassi, da garantire che tale limite non venga superato al termine di periodo di conservabilità. Tale limite diviene “assenza in 25 g” quando i prodotti non sono più sotto controllo diretto dell’operatore che li produce, qualora non è in grado di dimostrare all’autorità competente in modo soddisfacente che non viene superato il limite di 100 ufc/g durante il periodo di conservabilità. In questo caso il prodotto viene campionato poco prima che esca dal suo diretto controllo. Per quanto attiene la salmonella il campione fissato è di 5 u.c. in cui la salmonella deve risultare “assente in 25 g”. Il contenuto di Istamina il prelievo viene eseguito su 9 u.c. (prelevabili singolarmente presso i dettaglianti) fissando il numero di u.c. che devono trovarsi tra un minimo ed un massimo (su 9 u.c.; 2 c.; m: 100mg/kg; M: 200 mg/kg). Riguardo la potenziale contaminazionedi inquinanti come i PCB, il Reg. 199/2006/CE (che sostituisce il Reg. 466/2001) fissa (sostanze diossino simili espresse come sommatoria di PCDD+PCDF) un limite pari a 4 pg/g di peso fresco il quantitativo massimo che può essere assunto giornalmente, mentre il Reg. 1883/2006 definisce i metodi e i criteri di campionamento e analisi per tali sostanze. Il Reg. 2074/2005 recande “misure specifiche di attuazione dei Reg. 853/2004 e 854/2004 riporta inoltre: i requisiti relativi alle informazioni sulla catena alimentare, i requisiti relativi ai controlli sui prodotti della pesca e l’individuazione dei metodi ufficiali per la ricerca delle biotossine algali. Il Reg. 854/2004 stabilisce infine le norme specifiche per l’organizzazione dei controlli ufficiali sui prodotti di origine animale e fissa i criteri e le responsabilità per la conduzione dei controlli ufficiali sui prodotti alimentari di origine animale al fine di verificare il rispetto da parte dell’operatore dei Regg. 852/04 e 853/04.
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FATTORI IN GRADO DI INFLUENZARE LA QUALITÀ DEI PRODOTTI DELLA PESCA
3.1
SITO DI PESCA E CONTAMINAZIONE CHIMICA E MICROBIOLOGICA DEI PRODOTTI DELLA PESCA
Perché un prodotto sia commerciabile e consumabile occorre innanzitutto che questo possieda i requisiti minimi di igiene e sicurezza alimentare, non deve cioè nuocere alla salute del consumatore e pertanto devono essere impedite o ridotte al massimo tutte le potenziali cause di contaminazione del prodotto siano esse di natura chimica, biologica o fisica. Dal momento che i prodotti ittici provengono dal mare ne deriva automaticamente che il mezzo di trasmissione di qualunque tipo di contaminazione nelle fasi in cui l’animale è ancora in vita ed in quelle immediatamente successive è strettamente legata alla qualità dell’acqua. Dal momento che i pesci si muovono in territori a volte molto ampi, in dipendenza della specie e delle fasi di vita, è ovvio che la scelta del sito in considerazione delle caratterisitche qualitative dello stesso può a volte esercitare un’influenza molto limitata. Ad esempio contaminazioni di tipo chimico come quelle legate ai metalli pesanti (Mercurio, Cadmio, Piombo), che richiedono in genere l’esposizione agli agenti inquinanti da parte degli animali vivi per un lungo periodo di tempo, possono avvenire in aree molto distanti dall’area in cui la pesca viene effettuata. Una limitazione delle aree di pesca sotto questo profilo può risultare uno sforzo inutile. Tuttavia per quelle specie che vivono in relazione col fondo in modo più stretto (specie bentoniche strette o comunque dalle abitudini alimentari bentoniche) diventa certamente una scelta indispensabile il teneresi il più lontano possibile da potenziali fonti di inquinamento: siti industriali (contaminanti dovuti al processo produttivo insito nell’attività industriale) o foci di fiume (diserbanti, pesticidi o concimi chimici utilizzati nell’attività agricola). Tale strategia sembra l’unica applicabile nel caso si prendano in considerazione alcune classi di inquinanti come i PCB e le Diossine, per le quali il Regolamento 199/2006/CE fissa un limite pari a 4 pg/g di peso fresco il quantitativo massimo che può essere assunto giornalmente. Parlando di conservazione ed alterazione del pesce, non si può tacere sull'eventuale presenza di metaboliti - quali le amine biogene ed in particolare l'istamina - che rivestono un significato tecnologico e sanitario, soprattutto in alcune specie ittiche, quali il pesce azzurro. Le amine biogene si formano negli organismi viventi durante il normale ciclo metabolico, mentre negli alimenti, allorquando superano i normali livelli fisiologici, derivano generalmente, durante le manifestazioni alterative, dalla decarbossilazione batterica degli aminoacidi. L'origine dell'istamina è tuttavia solo in minima parte riconducibile direttamente a fenomeni autolitici di origine tessutale; essa è infatti di natura prevalentemente batterica, essendo dovuta all'azione di specifici enzimi elaborati da numerosi microrganismi, sugli aminoacidi liberati durante i primi processi degradativi. L'attività di tali enzimi, in primo luogo dell'istidinodecarbossilasi, è funzione di diversi fattori, primo fra tutti il contenuto in istidina libera nella sostanza alimentare. Le quote più elevate di istidina sono state riscontrate nel tessuto muscolare di alcune specie ittiche a carne rossa, appartenenti alle famiglie Scomberesocidae, Scombridae (tonni, albacore, bonito, sgombri), Clupeidae e Engraulidae (sardine, acciughe, aringhe), a livello intra e inter-cellulare e nel sangue. I maggiori livelli in particolare sono stati osservati in ordine decrescente nel tonno, nello sgombro e nelle sardine. Anche nelle specie a carne bianca si può avere formazione di istamina ma, in questo caso, le cause sembrano ascriversi prevalentemente a fattori ambientali, quali un'imperfetta conservazione protratta per lunghi periodi. La presenza del substrato, comunque, pur costituendo il requisito primario per l'azione della decarbossilasi batterica, non rappresenta l'unico fattore per la formazione dell'istamina. Di fondamentale importanza è la temperatura che influenza notevolmente la quantità di amina prodotta: tra 6 e 20 °C, la sua formazione è addirittura maggiore di quella dell'ammoniaca, Emissione documento Rev. 1
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ritenuta comunemente il miglior indicatore del grado di freschezza del pesce. Le basse temperature sono invece in grado di ritardare la sintesi batterica dell'istamina anche in maniera considerevole; a 0 °C, occorrono 16 giorni per raggiungere una concentrazione di 6 mg/kg. Le temperature ottimali si aggirano invece tra 20 e 35 °C. Essendo volatile ed altamente termostabile, le elevate temperature come quelle di sterilizzazione raggiunte nei processi di inscatolamento non sono in grado di inattivare quella già formata (Haouet, 2001). Per quanto concerne aspetti connessi all’inquinamento biologoco ed in particolare a quello microbiologico la scelta di un’area distante da fonti di contaminazione appare più che una scelta un obbligo, se è vero che la normativa prevede (Vedi Rif: Reg. 853) che i prodotti della pesca possano essere refrigerati mediante ghiacciatura, eseguita utilizzando come mezzo “acqua di mare pulita” intendendo in modo generico con questa definizione acqua di mare priva di contaminazione microbiologica e chimica. Se da una parte non vengono fissati limiti precisi per la qualità delle acque di pesca per quanto concerne le caratteristiche microbiologiche, è pur vero che con il Reg. 2076/2005 vengono fissati limiti precisi riguardo la contaminazione microbiologica di alcuni prodotti della pesca in riferimento a parti del processo produttivo o del prodotto alla vendita. Posto che il pescatore non può certo portarsi dietro un laboratorio per “qualificare” e così identificare le acque e, di conseguenza, le aree più idonee per eseguire la pesca ed il primo trattamento del prodotto, dovrebbe essere compito degli Enti preposti procedere ad una caratterizzazione della qualità delle acque costiere e favorire la corretta diffusione delle informazioni agli operatori della pesca nell’ambito, ad esempio, delle azioni previste dai famosi piani integrati di gestione della fascia costiera. Tra gli agenti di inquinamento biologico sono da tenere in considerazione i parassiti, la cui presenza è strettamente legata alle abitudini predatorie delle specie. Dal momento che queste possono subire variazioni in relazione all’età degli animali e/o della stagione è opportuno verificare la presenza di eventuale parassitosi (ad esempio a carico di Anisakis) in determinate aree e periodi di pesca stabilendo ove possibile dei calendari. 3.2
MANIPOLAZIONE DEL PRODOTTO
Mentre per quanto concerne le contaminazioni dovute all’ambiente di pesca, l’unico modalità di intervento ipotizzato per ridurre il rischio potenziale di una contaminazione di natura biologica e chimica è può consistere nell’escludere aree in cui è più probabile l’esposizione a questi agenti, dalla fase di pesca in poi sono diverse le operazioni svolte dagli operatori in cui è possibile agire in modo da ridurre o azzerare le possibilità di contaminazione. L'istamina è l'unica ad essere responsabile dei fenomeni di intossicazione nel pesce azzurro (scombroid poisoning), sebbene altre amine biogene (cadaverina, putrescina, spermidina, spermina) svolgano un ruolo sinergico o potenziante. I batteri generalmente responsabili nella produzione di alti livelli di istamina sono Morganella morganii, Klebsiella pneumoniae e Hafnia alvei, e tra questi solo i primi due possiedono comunemente l'enzima istidinodecarbossilasi. Gli studi condotti dimostrano che le cause prevalenti nei casi di intossicazine sono infatti la contaminazione con Morganella morganii, insieme alla temperatura di conservazione del pesce e all'intervallo di tempo intercorso tra la cattura e la refrigerazione delle carni. A questo proposito, si osserva che è buona norma non superare mai, dopo la cattura, le tre ore prima di refrigerare, dato che gli sgombridi sono animali a sangue caldo. Infatti, fino al momento in cui il pesce si trova nel proprio ambiente naturale ed è integro nelle sue strutture è da considerarsi, infatti, nella sua parte edibile, quasi sterile. La contaminazione ha inizio dal momento in cui entra in contatto con le reti da pesca e con la barca. Se le operazioni di pesca non vengono eseguite in modo appropriato, il prodotto rischia di essere maltrattato, allora sulla Emissione documento Rev. 1
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superficie esterna dell’epidermide si possono produrre escoriazioni, che rappresentano il canale di ingresso di tutti gli eventuali agenti patogeni presenti nell’ambiente esterno. L’applicazione di buone prassi comportamentali nel corso della pesca e nella successiva manipolazione del prodotto costituiscono senza dubbio il mezzo principale per raggiungere i requisiti previsti dalla legge in fatto di carica microbica e garantire il rispetto di qualità organolettiche di buon livello delle carni e una maggiore durata della referenza conservata a regime di ghiaccio. E’ chiaro che le buone prassi operative devono andare a braccetto anche le tecnologie utilizzate a bordo nell’attività di pesca (scelta dei contenitori utilizzati per la refrigerazione, presenza sulla barca di parti costituite da materiali difficili da pulire ed igienizzare). 3.2.1
Igiene delle attrezzature e del personale e contaminazione chimica e microbiologica dei prodotti della pesca
Le imbarcazioni che conducono la pesca locale entro 20 miglia pur di piccole dimensioni sono comunque dotate di uno spazio, dedicato ai contenitori utilizzati esclusivamente per la ghiacciatura del prodotto pescato che devono essere rigorosamente puliti dopo ogni uso, sanificati e chiusi in modo da evitare che possano essere sporcati nuovamente in modo anche accidentale. Nella scelta dei materiali che entrano a contatto con il prodotto (contenitori per la raccolta e ghiacciatura e le superfici utilizzate per la cernita dei prodotti prima dell’incassettamento, o qualunque attrezzo venga utilizzato a diretto contatto con i pesci) è necessario che queste siano adatte agli alimenti, resistenti alla corrosione e favoriscano l’attività di pulizia grazie all’assenza di scanalature o di punti in cui lo sporco potrebbe annidarsi. È ovvio che, dal momento che la barca risiede in un ambiente aperto, gli effetti di un’azione di disinfezione sono limitati nel tempo. Pertanto è sicuramente più utile procedere giornalmente ad un’accurata opera di pulizia del mezzo volta ad eliminare la presenza dei substrato che favorisca lo sviluppo di microrganismi. Tutte superfici dell’imbarcazione dovrebbero essere, infatti, perfettamente lisce e lavabili, e dovrebbe vietato l’uso di quei materiali che favoriscono l’accumulo dello sporco (tappeti, moquette…). La sanificazione di tutte le parti dell’imbarcazione in cui transita il prodotto deve essere eseguita almeno con cadenza settimanale, la derattizzazione deve essere programmata con cadenza bimestrale, mentre un’azione di disinfestazione deve essere programmata in modo oculato dal capobarca (almeno semestralmente). Tutte queste attività devono essere adeguatamente programmate (stabilendo responsabilità, mezzi e tempi di realizzazione) e di queste deve essere mantenuta adeguata registrazione. A bordo deve essere prevista la possibilità di prelevare acqua di mare facendola scorrere lungo una linea di prelievo diversa da quelle utilizzata per il raffreddamento del motore in modo da impedire la contaminazione della stessa con idrocarburi. Questo tipo di accorgimento è ancora più rilevante per i prodotti della pesca a strasco che vengono abbondantemente lavati con acqua di mare allo scopo di eliminare il fango e lo sporco che viene a raccolto insieme ai pesci a seguito della cala. Il personale impegnato nelle operazioni di pesca, cernita ed incassettamento dovrà evitare comportamenti che comprometto la propria igiene e dovrà mantenere il più possibile pulite le parti esposte del proprio corpo: le mani, le braccia così come gli indumenti e le cerate, che possono entrare in contatto col prodotto durante le operazioni. Nel caso in cui venissero utilizzati guanti durante le operazioni di cernita e pesca, occorre fare esplicitamente divieto di utilizzo per l’esecuzione di altre mansioni. Come tutti gli altri indumenti, i grembiuli e le cerate , a fine attività devono essere accuratamente pulite e riposte in contenitori all’asciutto. Come per l’imbarcazione anche per le azioni di pulizia e sanificazione dell’attrezzatura e dell’abbigliamento indossato deve essere redatto un programma che preveda l’esecuzione di questi interventi con una frequenza adeguata (giornaliera, la pulizia; settimanale la sanificazione degli indumenti; giornaliera la sanificazione dei guanti utilizzati nella fase di manipolazione del prodotto). È inoltre necessaria la verifica periodica dello stato di salute degli operatori, che entrano a Emissione documento Rev. 1
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contatto diretto con i prodotti della pesca in modo da evitare possibili contaminazioni del prodotto alimentare durante le fasi di manipolazione. L’adeguata preparazione del personale impegnato nelle operazioni di cernita ed incassettamento è indispensabile per ridurre i tempi di esposizione dei prodotti a temperature superiori ai 4 °C. Quanto più rapidamente il prodotto viene incassettato e ghiacciato tanto migliori saranno le qualità organolettiche delle carni e la durabilità dei prodotti stessi. 3.3
CONTAMINAZIONI FISICHE
I contaminanti di origine fisica sono costituiti da frammenti di vetro, legno, materiale plastico che può essere prelevato dal mare in fase di pesca insieme ai prodotti. Nel caso della pesca esercitata con il cianciolo in dipendenza delle diverse batimetrie, delle correnti di fondo e della presenza di un forte traffico da parte di mezzi nautici, il materiale di scarto che andrebbe considerato come un vero e proprio rifiuto. Già nel corso della navigazione viene espletata l’attività di cernita che, eseguita (di solito) per ben due volte in successione, consente di eliminare eventuali frammenti dai prodotti che vengono di seguito sottoposti a ghiacciatura e/o incassettati. L’utilizzo di personale qualificato adeguatamente, costituisce senz’altro il miglior sistema per ridurre prodotto da declassare per la presenza di oggetti taglienti o comunque acuminati.
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4.
I PRODOTTI DELLA PESCA DELLA MARINERIA DELLA PROVINCIA DI PALERMO E SCELTA DELLE SPECIE TARGET OGGETTO DELL’ATTIVITÀ DI VALORIZZAZIONE: ACCIUGA PESCATA CON I SISTEMI A CIRCUIZIONE
Le attività di raccolta dei dati partono dai risultati di un’indagine, condotta in fase iniziale del progetto, su quanto disponibile per opera dell’attività di pesca operata localmente . Le caratteristiche geomorfologiche dei fondali delle aree di pesca in cui opera la marineria della Provincia di Palermo e le sue peculiarità oceanografiche rendono queste aree vocate alla pesca del pesce azzurro, la cui attività commerciale è stata storicamente associata a questa marineria e che ha sviluppato negli anni una forte tradizione gastronomica.
Fig. 1: Cassette di pesce azzurro in uno dei mercati storici di Palermo (foto degli Autori)
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4.1
L’AMBIENTE MARINO COSTIERO DELLA PROVINCIA DI PALERMO
La Provincia di Palermo si sviluppa su di una superficie di quasi 5.000 chilometri quadrati e si affaccia interamente sul Mar Tirreno. Lo sviluppo costiero è di circa 165 km e ricade nel territorio di 21 comuni, cui si deve aggiungere l’isola di Ustica, che è comune a sua volta. La foce del torrente Calatubo a Ovest e la foce del fiume Pollina a Est costituiscono i confini costieri rispettivamente con le Provincie di Trapani e Messina. Si riporta di seguito una breve descrizione delle principali caratteristiche dell’ambiente marino tratte dalla letteratura (Dpt. Biol. Anim. Uni Me, 1986; Pinardi and Masetti, 2000; Sogesid, 2005; Intravaia et al., 2005; Mare & Ambiente, 2007; Ass. Amb., Comune Pa, 2005), con alcune considerazioni sulle relazioni esistenti con le attività di pesca.
Fig. 2: Mappa dei comuni costieri della provincia di Palermo
La fascia costiera è suddivisa in diversi golfi e baie, i più importanti dei quali sono il Golfo di Castellammare, il Golfo di Palermo e il Golfo di Termini Imerese, separati fra loro da grandi promontori: Capo Rama, Capo Gallo e Capo Zafferano. Il territorio è solcato da numerosi corsi d’acqua a prevalente regime torrentizio e di breve lunghezza, a causa della vicinanza della linea spartiacque dalla costa: i più importanti sono, da est verso ovest, lo Jato, l’Eleuterio, il Milicia, il S. Leonardo, il Torto, l’Imera settentrionale e il Pollina. Gli insediamenti produttivi della zona, nonostante sia disponibile un'area di sviluppo industriale nei pressi di Palermo (Brancaccio) e attorno a Termini Imerese, sono tuttora modesti e limitati sia nel settore delle attività che in quello degli addetti, sebbene recentemente la zona di Termini Imerese ha visto incrementare le aree disponibili a nuove aziende, grazie all’utilizzo dell’area ex Chimica del Mediterraneo, per anni lasciata in uno stato di abbandono. Le attività che insistono nel Golfo di Palermo sono vanno dagli impianti di stoccaggio di prodotti petroliferi, alle aziende metalmeccaniche, cantieristiche, di trasformazione dei prodotti agricoli, alle aziende manufatturiere e di lavorazione dei prodotti ittici. I terreni adibiti ad uso agricolo sono ancora rilevanti, occupando circa il 40% della superficie totale. Le produzioni più importanti dell’area industriale di Termini Imerese sono invece indirizzate alla meccanica, alla produzione di olio, di mangimi, alla distillazione del vino e al settore manifatturiero. Il tipo di reflui prodotti, anche se di modesta entità, deve Emissione documento Rev. 1
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considerarsi altamente inquinante. Di particolare rilievo sono gli impianti della centrale termoelettrica dell'ENEL di Termini Imerese con una produzione di oltre 1.000 MW. Nel Golfo di Palermo viene riversato tuttora un ampio spettro di reflui, che spaziano dalle sostanze tossiche a quelle di tipo fognario civile. L’analisi dei parametri fisico-chimici e di trofia evidenziano una netta diversificazione delle masse d’acqua tra i settori occidentale e orientale del golfo, con situazioni di maggiore degrado in quello orientale, che risente in maniera più consistente della pressione antropica (Sogesid, 2005; Intravaia et al., 2005). Rilevante è anche l’inquinamento microbiologico di estesi tratti di litorale. Oltre ai già numerosi insediamenti abitativi costieri di una cera consistenza presenti lungo la costa (Palermo, Carini, Termini Imerese, Cefalù, etc.), durante il periodo estivo il flusso turistico verso i numerosi complessi residenziali, villaggi turistici e villette private per vacanze è notevole per cui si verificano importanti oscillazioni nelle stime degli abitanti residenti e fluttuanti. A ponente del Golfo di Palermo il confine della Provincia si estende fino a parte del Golfo di Castellammare, caratterizzato da una costa per lo più bassa, sabbiosa, sovrastata da rilievi sedimentari e da antiche dune litoranee consolidate, quasi interamente sostituite da caotici agglomerati edilizi intervallati a limitatissimi appezzamenti agricoli. Numerosi sono i corsi d'acqua che sfociano lungo la falcata centrale del Golfo di Castellammare, e che negli ultimi anni sono anche divenuti vettori di ingenti quantità di pesticidi usati in agricoltura e di scorie e detriti di origine domestica e industriale. Fra i fattori ambientali di maggior rilievo vanno infatti inclusi gli stabilimenti industriali, soprattutto le distillerie di alcool e di derivati dell'industria vinicola, che hanno influenzato profondamente l'idrologia e le condizioni dell' habitat costiero. 4.1.1
Inquadramento oceanografico e geo-morfologico
Date le caratteristiche geomorfologiche della fascia costiera della Provincia di Palermo, si riporta di seguito una breve descrizione della fascia marino-costiera del Golfo di Palermo e delle aree di pertinenza della provincia disposte a Est e a Ovest del Golfo. Il Golfo di Palermo è delimitato a Ovest da Capo Gallo e a Est da Capo Zafferano. Lungo la linea di costa che si sviluppa per circa 40 km, insistono i territori dei comuni di Palermo, Ficarazzi e Bagheria, con una incidenza di popolazione che supera il milione di abitanti. Il flusso turistico verso i numerosi complessi residenziali per vacanze nonché le ville e casette private (specialmente nell'area di Mondello e Aspra), è notevole durante il periodo estivo. A parte il porto di Palermo, nella zona esistono alcuni porticcioli adibiti al ricovero di natanti da pesca e da diporto. L'andamento batimetrico segue la costa in modo abbastanza uniforme, tuttavia, l'estensione della platea continentale è fortemente ridotta: inferiore ad un 2 km in prossimità dei capi e non supera i 4 km nella parte centrale della zona. Il flusso delle correnti dominanti all'esterno del Golfo è diretta principalmente ad Est, tuttavia, l'influenza dei capi che lo delimitano è tale che si verificano frequenti inversioni di direzione anche in rapporto al prevalere delle condizioni anemologiche. Ad esclusione della Baia di Mondello e del Golfo di Palermo, la piattaforma continentale risulta molto stretta. L'isobata dei 50 m a Mondello si trova a circa 2 km di distanza dalla costa mentre al largo di Palermo si mantiene a circa 1500 m. Capo Gallo, Vergine Maria, Aspra e C. Zafferano mostrano un fondale prevalentemente roccioso, di natura calcarea, ricoperto a tratti da sedimenti calcarei di prevalente origine organogena. Nella Baia di Mondello e nel Golfo di Palermo si osserva invece una fascia più costiera di sabbie medio-grosolane che passano verso il largo a sabbie fini o molto fini ghiaiose in cui la frazione più grossolana ghiaiosa è di origine organica. Nella zona di Vergine Maria e nell'area di Palermo tra la foce del Fiume Oreto e del Ficarazzi, sono ancora evidenti le modifiche morfologiche della costa e del fondo marino nell’area ove insistevano le grandi discariche di materiali di risulta negli scorsi decenni.
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Fig. 3: Tratto costiero del Golfo di Palermo con indicazione dei principali insediamenti abitativi (da google earth)
L’area da Capo Zafferano e da Cefalù mostra un andamento batimetrico che segue la costa in modo molto regolare e la platea continentale raggiunge un'ampiezza di circa 7.5 km nell'area centrale di Termini Imerese per poi si affievolirsi leggermente ai due lati. L'idrografia della zona presenta caratteri di maggior stabilità rispetto a quella del Golfo di Palermo dal momento che l'insenatura è molto ampia e i capi che la delimitano poco pronunziati. Il flusso delle correnti dominanti è diretto a levante ed è costituito da acque originariamente di tipo atlantico che procedendo verso Est - perdono gradualmente le loro caratteristiche iniziali. Durante il periodo autunnale, tuttavia, il percorso del circuito del Basso Tirreno, che normalmente si riscontra a Nord delle Eolie con direzione Ovest, può spingersi molto più a Sud interferendo con gli andamenti costieri e generando frequenti e importanti inversioni di direzione verso ponente. Le acque provenienti dal Golfo di Palermo, superato Capo Zafferano, lambiscono la costa trasportate dal flusso principale diretto ad E,st, trascinandosi una parte del carica inquinante. Nella fascia costiera a Est del Golfo di Palermo le spiagge sono quella di Altavilla e quella lunghissima tra Termini Imerese e Capo Plaia. In questa zona – ed esattamente tra Altavilla Milicia e Cefalù ove ancora permangono grandi aree a Posidonieto - avviene il passaggio tra l'area a prevalente sedimentazione organogena e quella a prevalente o esclusiva sedimentazione terrigena. A Est di Termini Imerese prevalgono i sedimenti terrigeni partati dal Fiume Imera costituiti da sabbie fini e molto fini. Caratteristici sono i “plume” di materiale in sospensione che si formano alle foci di fiumi e torrenti lungo la costa fino a Finale di Pollina, le cui particene più fini vengono trasportate in gran parte verso Ovest dove, al largo del fondale roccioso, si susseguono sedimenti pelitici quali silts sabbiosi, silts argillosi e argille siltose.
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Fig. 4: Tratto costiero della fascia compresa tra Bagheria e Cefalù (da google earth)
Il tratto a Ovest del Golfo di Palermo – tra Capo Gallo e Terrasini - inizia con la costa orientale ("Fossa del Gallo") di Monte Gallo (massiccio dolomitico di epoca triassica con andamento scosceso e pareti a falesia lungo tutto il tratto a ponente del Capo Gallo propriamente detto) e prosegue per la penisola di Isola delle Femmine. La Baia di Carini, il promontorio di Punta Raisi e Capo Rama fino al Golfo di Castellammare. Nel tratto fino a Isola delle Femmine l’estensione dei fondali mobili è molto limitata ed anche nel tratto antistante l' isolotto la costa precipita in una serie di ripide scarpate interrotte da orlate e incise da canaloni che superano l' isobata dei 50 m e sono percorsi da forti correnti. Nel tratto successivo fino a P. Raisi la piattaforma continentale appare piuttosto ampia, con distanze dalla costa fino a 4 km nei pressi della Baia di Carini, che possiede una lunga spiaggia costituita da sabbie fini discretamente classate che verso il largo passano dapprima a sabbie ghiaiose e poi a sabbie grossolane e molto grossolane con una consistente frazione ghiaiosa. Questi sedimenti sono molto puliti, mancando totalmente la frazione pelitica, dilavata in continuazione dalle correnti che insistono in quest'area. All'altezza dell'abitato di Terrasini, il fondale è costituito da una serie di spianate sabbiose e sabbio - fangose movimentate da affioramenti rocciosi, mentre la costa fra Terrasini e Capo Rama è una falesia con andamento pressoché verticale e con imponenti fenomeni di carsismo. Il Golfo di Castellammare, al di là della breve sezione rocciosa a continuazione del massiccio di Capo Rama è caratterizzato dalla presenza di numerosi torrenti a carattere stagionale le cui immissioni in mare determinano talune situazioni di arricchimento in nutrienti, particolarmente evidenti nei pressi del Nocella e del S. Bartolomeo nel periodo autunnale. II fondale sui fianchi del golfo è esclusivamente o prevalentemente roccioso con articolazioni secondarie di sacche sedimentarie di sabbie grossolane. All'interno di tali zone rocciose è presente una fascia, al largo di Terrasini, di sabbie e sabbie ghiaiose. Si tratta di sabbie e sabbie grossolane o molto grossolane con percentuali variabili di ghiaia, composte esclusivamente di elementi carbonatici organogeni. Le sabbie che sono in fondo al golfo, invece, sono delle sabbie fini che, verso il largo, diventano sempre più fili sino a diventare sabbie fini siltose, silt sabbiosi, silt argillosi e argille siltose. Emissione documento Rev. 1
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Fig. 5: Litorale marino-costiero ad Ovest del Golfo di Palermo con indicazione dei principali insediamenti abitativi (da google earth)
La costa della Provincia è esposta ai venti provenienti dal I° e dal IV° quadrante; il regime idrodinamico è inoltre influenzato dalla presenza di una corrente dominante diretta verso est e parallela alla linea di costa. All’interno dei golfi si assiste spesso all’inversione delle correnti, che sotto costa si dirigono quindi da ovest verso est. 4.1.2
L’ambiente Costiero Sommerso
L’area strettamente costiera del Golfo di Palermo è caratterizzata da Capo Gallo a Vergine Maria e da Aspra a C. Zafferano dall'insieme delle biocenosi fotofile di substrato duro a cui, nella prima zona si alternano o seguono verso il largo consistenti praterie di Posidonia. Anche nella Baia di Mondello, al di sotto della fascia a sabbie fini intorno ai 5-7 m, si ha una vasta prateria a Posidonia su roccia frequentemente intaccata da arature di ancoraggio. Le formazioni rocciose delle punte presentano gravi fenomeni di eutrofizzazione; la stessa situazione di forte degrado ambientale continua nell'area antistante P. Priola, Aspra e Capo Mongerbino. Le biocenosi delle sabbie fini superficiali e delle sabbie-fini ben classate hanno un aspetto degradato ma ancora riconoscibile nella Baia di Mondello, mentre nei tratti tra Vergine Maria e il Porto di Palermo e da Romagnolo all'Aspra sono state quasi seppellite dai materiali di risulta scaricati per lunghi decenni, per cui sono in uno stato gravissimo di alterazione o sono letteralmente scomparse. Più al largo sono presenti popolamenti riferibili alla Biocenosi dei fanghi terrigeni costieri, sebbene presentino nel substrato una grande abbondanza di detrito conchigliare e di resti di Posidonia (foglie e rizomi) con un aspetto nerastro che testimoniano un infangamento particolarmente evidente nella zona antistante Romagnolo dalla costa sino all'isobata dei 50 m e oltre. Al largo della Baia di Mondello è presente un esteso affioramento di sabbie grossolane e ghiaie fini sotto l'influenza delle correnti di fondo ancora in discreto stato, ricco in alghe calcaree vive. Emissione documento Rev. 1
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Il tratto da Capo Zafferano a Cefalù mostra sulle formazioni rocciose associazioni ad alghe molli senza bioconcrezionamenti, mentre più in profondità è presente la Biocenosi del Coralligeno. La fascia fino ai 30 m di profondità è colonizzata da fanerogame marine. i posidonieti sono su fondo misto, sia mobile sia roccioso, sono spesso frammisti a Cymodocea e Caulerpa e occupano generalmente l'Infralitorale superiore. Particolarmente rilevante è il posidonieto a Est di S. Nicola l'Arena, anche se in questi ultimi anni il popolamento mostra notevoli fenomeni di degrado, dovuti alla notevole pressione antropica cui è sottoposta la zona, soprattutto nel periodo estivo. La fascia costiera mostra ampie zone di substrati mobili, colonizzate da due biocenosi: quella delle sabbie fini superficiali e quella delle sabbie fini ben classate, che risultano poco visibili a Ovest di Termini Imerese mentre assumono tutta la loro importanza man mano che si procede sino a Cefalù. Nel tratto mi mare più profondo sono presenti estese zone di sedimenti fangosi che caratterizzano la Biocenosi dei fanghi terrigeni costieri, presente con la facies a rapida sedimentazione ricca di molluschi bivalvi e gasteropodi e di vari policheti. Nella zona più profonda, dopo una una fascia di transizione, si passa alla Biocenosi dei fanghi terrigeni costieri presente con la facies a rapida sedimentazione ricca di Molluschi gasteropodi e vari Policheti. Nella fascia orientale sono presenti lenti argillose ricche di materiale organico vegetale in putrefazione e, in questi casi, sono più comuni bivalvi. Più al largo sono presenti i fanghi batiali, o il detritico infangato. Infine il tratto tra Capo Gallo e Terrasini mostra essenzialmente due principali tipologie di popolamenti, una tipica delle area a substrato roccioso (Capo Gallo – Isola delle Femmine - Capo Rama) ed un’altra più spiccatamente a substrato modile (Baia di Carini, Golfo di Castellammare). Nella fascia più emersa tra Isola delle Femmine e la Torre di Mondello si sviluppa la cornice a mammelloni di Lythophyllum tortuosum e un ampio marciapiede a Vermetus. Nel tratto roccioso, i primi 6-7 m sono occupati in prevalenza dai popolamenti ad alghe brune (Cystoseiretalia) che, verso il largo, vengono sostituiti da una fascia a copertura quasi continua di Posidonia oceanica la cui densità e vitalità è testimoniata dallo spessore ed estensione delle "banquettes" depositate nel litorale emerso. Nella zona più profonda, fino ai 50 m, nei biotopi scarsamente illuminati, si passa a formazioni algali senza bioconcrezionamenti (Precoralligeno) o con bioconcrezionamenti (Coralligeno), dove risultano comuni le alghe calcaree, Briozoi, Spugne, coralli e gorgoniacei. Nelle fascie a substrato mobile, la zona meno profonda è rappresentata ampiamente dalla Biocenosi delle sabbie fini ben classate con un aspetto impoverito e con la presenza di una cintura, fino ad una profondità massima di 16 m, costituita dalla Fanerogama Cymodocea nodosa che si insedia preferibilmente su sedimenti sabbiosi particolarmente fini; la Posidonia è a ciuffi sparsi e, nella zona meno profonda si trovano popolamenti ad alghe molli sciafile senza bioconcrezionamenti. Le zone più profonde sono caratterizzate dalla presenza di fondi detritici costieri e fondi detritici fangosi (particolarmente diffuse al largo della Baia di Carini e a Est di Isola delle Femmine). Nel tratto costiero costituito dalla Baia di Carini si osservano fenomeni di eutrofizzazione con accentuazione del settore ovest, ad idrodinamismo inferiore. Al largo delle punte (P.ta Raisi, P.ta Ficuzza, P.ta Barcarello-Capo Gallo) a causa della presenza di forti correnti, sono presenti facies della Biocenosi delle sabbie grossolane soggette alle correnti di fondo. L’area compresa tra Capo Gallo e Isola delle Femmine, per le sue caratteristiche ambientali di grande pregio, che si concretano nella orlatura con un esteso "trottoir a vermeti", nella presenza di un sistema diffuso di grotte e cunicoli sottomarini, e nella successione di pareti verticali sommerse ricoperte da splendide biocenosi sciafile concrezionanti ascrivibili ad un classico "coralligeno di falesia" (Ass. Ambiente Comune Palermo, 2005) è stata recentemente istituita quale Area Marina Protetta. I fondali al largo sono costituiti da "detritico costiero" e da brevi spianate sabbio fangose. A circa 4 miglia a N/Est di Capo Gallo va segnalata l' emergenza, a 90m di profondità, Emissione documento Rev. 1
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delle punte rocciose delimitanti la Secca della Barra, che costituisce uno dei punti più battuti dai natanti di pesca al palangrese e al cianciolo. Sulla base delle caratteristiche ambientali esposte, le aree di pesca maggiormente sfruttate sono raggruppabili in 2 zone: Il tratto fra Punta Raisi e Scopello, sfruttato principalmente dai motopesca a strascico che operano tra le isobate dei 100 e dei 200 m. Nella fascia più prossima al litorale si concentrano gli altri mestieri, che operano principalmente dalla profondità di 15-20 metri in poi. Il tratto compreso tra Capo Gallo e Cefalù, che risulta essere il più sfruttato a causa della presenza della grossa flotta di motopescherecci che fanno base a Porticello. In particolare alcune zone, come ad esempio il Golfo di Palermo e l'area compresa tra Capo Zafferano e Termini Imerese, possono essere sicuramente considerate al limite del "collasso biologico" (in molte cale a strascico si raggiungono rese di pochi chili di pescato commerciale).
Fig. 6 e 7: Alcune immagini del fondo marino in un posidonieto su sabbia e lungo un tratto roccioso a Isola delle Femmine (foto degli Autori)
4.2
LA PESCA NELLA PROVINCIA DI PALERMO
L’attività di pesca è generalmente condizionata dall’adattamento degli attrezzi utilizzati alle peculiarità morfologiche dei fondali, ed alle condizioni climatiche della zona. Tali caratteristiche sono mutevoli all’interno dell’area d’azione dei battelli da pesca della provincia di Palermo. Ciò, insieme alla notevole multispecificità delle risorse alieutiche disponibili nelle zone di pesca battute, favorisce un’elevata variabilità nelle caratteristiche strutturali e tecniche delle imbarcazioni, armate con numerosi sistemi di pesca, il cui impiego viene generalmente alternato durante l’anno. Difatti, la netta maggioranza delle imbarcazioni, soprattutto quelle attrezzate per la pesca artigianale, sono dedite a più tipologie di pesca stagionale, con lo scopo di adeguarsi di volta in volta alla disponibilità delle risorse, inseguendo anche ai prezzi di mercato variabili nel tempo per ogni specie target. Il possesso di licenze multiple e la capacità di cambiare attività sono caratteristiche presenti con frequenza maggiore fra le imbarcazioni di stazza inferiore a 20 TSL. Gli attrezzi da posta (tremaglio, monofilo, nasse, reti circuitanti, reti da posta fissa, reti da posta a circuizione) sono gli strumenti da pesca notevolmente più rappresentati fra le imbarcazioni da pesca del Compartimento Marittimo di Palermo, insieme ai palangari ed alle lenze. Ciò si conforma alle caratteristiche dimensionali della maggior parte di tali natanti, come suddetto, di stazza generalmente modesta, conseguentemente dediti in maniera predominante alla piccola pesca (o “pesca artigianale”), condotta con attrezzi di dimensioni moderate. Le attività di pesca artigianale, contraddistinta da scarsi investimenti di capitali e da un impiego limitato di personale, fisso o a tempo parziale, sono esercitate prevalentemente da pescatori anziani o da giovani che Emissione documento Rev. 1
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svolgono tale attività come secondo lavoro. Una componente particolarmente importante, in termini numerici ed occupazionali, della pesca artigianale della provincia di Palermo è rappresentata dalla piccola pesca costiera, che viene generalmente esercitata a poca distanza dalla costa da imbarcazioni al di sotto delle 10 TSL. Proprio tale componente sembra comunque essere ancora sufficientemente redditizia, se si fa riferimento ai dati relativi alle catture della categoria “altri pesci”, che racchiude una gran parte delle specie ittiche costiere di elevato valore commerciale (pesce bianco), prevalentemente catturate tramite gli attrezzi artigianali, soprattutto il tremaglio. Un altro sistema di pesca ben rappresentato fra le imbarcazioni iscritte nei RR. NN. MM. e GG. del Compartimento Marittimo di Palermo è quello esercitato tramite le reti a circuizione, per la pesca del pesce azzurro, con particolare riferimento alle acciughe ed alle sarde, le specie ittiche di gran lunga più pescate.
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Sulla base dei dati raccolti nel corso dell’Attività A510, nella provincia di Palermo operano attualmente 811 imbarcazioni, per un tonnellaggio complessivo pari a 5.645,66 tonnellate di stazza lorda e una potenza motore di 46.282,98 kW. (Fig. 8). La flotta della provincia di Palermo rappresenta circa il 24% di tutti i battelli operanti a livello regionale ed il 10% del tonnellaggio impiegato nell’attività di pesca delle imbarcazioni siciliane. 3500
Consistenza flotta da pesca siciliana 3000 2500 2000 1500 1000 500 0
(n.)
(ton*100)
(kw*100)
Imbarcazioni
TSL
Potenza motore
3412
557,7
2912,8
Balestrate-Trappeto
30
0,7
5,3
Cefalù
60
2,3
20,1
Isola delle femmine
139
7,0
48,1
Mondello
55
1,3
7,9
Palermo
117
6,2
111,1
Porticello
267
26,3
189,5
Termini Imerese
73
4,2
36,6
Terrasini
24
8,1
42,6
Trabia
24
0,3
1,6
Provincia di Palermo
811
56,5
462,8
Sicilia (Mipaf - IREPA, 2005)
Fig. 8: Caratteristiche della flotta peschereccia della Provincia di Palermo
Il tonnellaggio (TSL) medio delle imbarcazioni della provincia di Palermo è pari a 7,2 ± 14,1 t, con una prevalenza di imbarcazioni che possiede valori di TSL compresi tra 1 e 2 t (27,6% del totale) e tra 6 e 20 t (22,0%). Fra quelle censite, solamente 15 sono le imbarcazioni con TSL superiore a 50 t. Una premessa importante è costituita dall'impossibilità nel versante tirrenico siciliano di censire e quindi seguire i punti di sbarco, questo in quanto i pescatori non fanno bordate giornaliere in aree circoscritte o vicino ai porti ed inoltre sbarcano, quando hanno riempito le celle, dove il mercato risulta esser più conveniente. 4.3
DATI RELATIVI AL PESCATO
Sulla base dell’indagine condotta sulle caratteristiche della flotta di pesca delle marinerie della Provincia di Palermo (Mare & Ambiente, A510), emerge che, dal punto di vista quantitativo, oltre l’89% del pescato è mediamente costituito dalla macro categoria “pesci”. Le principali specie catturate in tutta la Provincia di Palermo sono quelle pelagiche, soprattutto acciughe e sarde (55,3%). La pesca del tonno rosso e dello sgombro assume invece valori quantitativamente rilevanti solo per la marineria di Isola delle Femmine, rappresentando per questa circa il 21% e il 13%, rispettivamente, del pescato. Da non sottovalutare, comunque, anche la voce “altri pesci”, presente Emissione documento Rev. 1
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nelle schede di rilevamento esaminate, che include tutte le altre specie ittiche non elencate, le quali rappresentano in media il 13% dell’intero pescato della Provincia. Ricadono generalmente all’interno di tale categoria molte specie necton-bentoniche catturate con attrezzi da posta (tremaglio, imbrocco, ect..) e le specie pelagiche la cui cattura è frequente solo in alcune località italiane. È il caso della lampuga, specie pelagica rara in Adriatico ma molto comune nelle acque siciliane. L’analisi dei dati raccolti mediante interviste ad operatori del settore (pescatori e commercianti all’ingrosso) evidenzia infatti che la lampuga è pescata dalle marinerie locali in grandi quantità, soprattutto nei mesi autunnali e invernali. Questa specie però, nonostante abbia carni gustose e molto nutrienti, ad oggi non è adeguatamente commercializzata. In Sicilia la pesca della lampuga ha, per di più, carattere artigianale. Il singolare sistema adoperato sfrutta l’abitudine della lampuga di aggregarsi sotto i corpi flottanti: vengono così posizionati in mare i FADS (Fish Aggregating Devices - Dispositivi di Aggregazione Pesci), ovvero corpi d’ombra come boe, foglie ed altre strutture flottanti che attraggono la specie, radunandola attorno ad essi. Successivamente intorno ai FADS vengono calate in acqua reti a circuizione che catturano così tutte le specie presenti. In Sicilia tali strutture galleggianti prendono il nome di “cannizzi” (Fig. 9). Fig. 9: foto di una installazione di cannizzi
Le imbarcazioni appartenenti alle marinerie locali dedite alla pesca con i cannizzi sono circa 140 (aggiornamento anno 2005). Nella Provincia di Palermo operano invece 290 imbarcazioni in possesso della licenza per l’uso delle reti a circuizione per la pesca del pesce azzurro (acciughe, sarde, sgombri, suri). La pesca delle acciughe e delle sarde è esercitata soprattutto con particolari reti da circuizione a chiusura, dette “ciancioli”. Queste sono enormi reti rettangolari che raggiungono anche gli 800 m di lunghezza e i 120 m di altezza (Fig. 15). Nella pesca con il cianciolo possono essere impiegate delle fonti luminose che servono ad attirare il pesce sotto l’imbarcazione (Fig. 10 e 11). I pescatori chiamano questo tipo di pesca “lampara”, nome steso anche alle imbarcazioni usate per praticarla. Per la lampara si usano piccole barche d’appoggio al natante principale che, proiettando la luce sulla superficie del mare, attirano e concentrano sotto di sé i banchi di pesce. Quando il banco raggiunge dimensioni sufficientemente abbondanti, la barca principale cala la rete, circondandolo.
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Fig. 10: lampara di un cianciolo in funzione (foto degli Autori)
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Fig. 11: Grossa imbarcazione per la pesca mediante circuizione (cianciolo) nel porto della Cala di Palermo (foto degli Autori)
La pesca dell’acciuga e della sarda avviene tutto l’anno. Il periodo migliore di pesca, nel quale è possibile catturare più individui, è però, per l’acciuga, la primavera mentre le sarde continuano ad essere abbondanti anche durante l’estate. Ogni barca che effettua questa tipologia di pesca cattura in media ad ogni pescata circa 4.700 kg di acciughe (con un minimo di cattura pari in media a 138 kg ed un massimo pari in media 9.300 kg) e circa 6.000 kg di sarde (con un minimo di cattura medio pari a 110 kg ed un massimo pari mediamente a circa 12.000 kg). Delle 290 imbarcazioni che adoperano le reti a circuizione, 115 utilizzano anche le reti derivanti appartenenti al “sistema ferrettara” (D.M. del M.R.A.A.F. del 26.07.95 art.11, comma 10 e 11), ovvero reti da posta non ancorate con maglia inferiore ai 18 cm, adatte anch’esse alla cattura delle acciughe, degli sgombri e dei tombarelli. In particolare, la menaide, la più diffusa, è una rete ad imbrocco, come tutte le derivanti, con maglia di circa 1 cm ed altezza totale variabile dai 12 ai 20 m, la cui lunghezza può raggiungere i 300 m. La pesca delle acciughe è generalmente esercitata su fondali di circa 30 – 40 m, ma la menaide può essere utilizzata fino a 100 m di profondità (Figg. 12 e 13).
Figg. 12 e 13: Pesca esercitata con la rete derivante detta “menaide” (foto degli Autori)
In generale, la maggior parte dei natanti utilizzano più attrezzi, esercitando così nel corso dell’anno più mestieri.
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CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO POTENZIALMENTE CERTIFICAZIONE E OGGETTO DI COMUNICAZIONE (ESPLICITE)
OGGETTO
DI
Certificare un prodotto significa letteralmente “rendere certe”, ossia evidenti le caratteristiche del prodotto in questione. L’azione di esplicitazione deve riguardare aspetti per i quali le leggi comunitarie e nazionali non prevedono già dei limiti. Si deve trattare inoltre di caratteristiche che devono “sempre” essere presenti nel prodotto, ottenute grazie ad azioni mirate nel corso del processo. Esiste, tuttavia, la possibilità di includere anche delle caratteristiche previste dalla normativa vigente purché siano ridotti in modo significativo i limiti previsti dalla legge ad ulteriore garanzia di una maggiore attenzione verso aspetti di tipo igienico-sanitario. In prima battuta, quindi, occorre individuare le caratteristiche che rendono in qualche modo “particolare” (e come conseguenza distinguibile dagli altri del suo stesso genere) il prodotto, tenendo sempre presente che su di esse deve essere possibile intervenire in modo consistente allo scopo di garantirne la presenza costante. Le modalità con cui gli operatori intervengono allo scopo di garantire un prodotto con “quelle precise caratteristiche” costituirà il nucleo di procedure di dettaglio del manuale da associare al marchio di qualità o alla certificazione di prodotto secondo gli schemi agroalimentari. Un ente esterno, quale potrebbe essere la Provincia nel caso del marchio di qualità o un consorzio di operatori della pesca, un ente di certificazione riconosciuto dal sistema del Sincert italiano, per la certificazione agroalimentare, forniscono la garanzia di una corretta applicazione al manuale ed alle procedure da parte degli operatori che volontariamente hanno deciso di aderire. Una valorizzazione dei sistemi di pesca come quella effettuato con la circuizione entro 20 miglia dalla costa, ormai facente parte della tradizione di pesca locale, potrebbe venire, ad esempio, molto semplicemente da una migliore gestione della catena del freddo, garanzia di una maggiore attenzione agli aspetti igienico-sanitari, ma anche di una maggiore durabilità del prodotto e un migliore profilo organolettico. Quest’ultimo è senz’altro uno degli aspetti più rilevanti per prodotti come le acciughe e le sardine che, essendo ricche di grassi facilmente ossidabili, hanno una durabilità limitata. Potrebbero inoltre essere presi in considerazione aspetti commerciali, come il formato di vendita del prodotto espressione implicita di aspetti “etici” connessi ad una gestione sostenibile della risorsa. In questo caso, la scelta razionale delle aree e dei periodi di pesca può rappresentare il modo per l’impresa di assicurare una taglia coerente con una corretta gestione della risorsa e la presenza di minore “scarto”, prodotto inutilizzabile o comunque di classe inferiore. Un’altra caratteristica che potrebbe essere inserita tra i requisiti oggetto di certificazione potrebbe riguardare i servizi aggiunti al prodotto finito, come, ad esempio il raggiungimento del mercato entro 24 h dal momento della cattura. In questo caso occorre una riorganizzazione generale di tutti i processi che stanno a valle della pesca. In base alla conoscenza che si possiede della specie e del variare delle sue caratteristiche in relazione alla stagione di cattura o alla taglia, potrebbero essere prese in considerazione come requisiti oggetto di certificazione, anche le proprietà nutrizionali del prodotto (il contenuto lipidico e la sua composizione percentuale). Vengono di seguito ipotizzati i requisiti potenzialmente oggetto di certificazione facendo le dovute differenze per i due tipi di prodotto.
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CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO: ACCIUGA DA CIRCUIZIONE
Vengono riportate tutte le caratteristiche che definiscono il prodotto nei suoi aspetti generali ed in tutte le caratteristiche qualitative e quantitative che lo contraddistinguono dagli altri prodotti della stessa natura, così come ipotizzate nel corso delle attività del progetto con la collaborazione della Mare & Ambiente srl di Palermo e dell’Istituto di Biologia Marina del Consorzio Universitario di Trapani. 6.1
DESCRIZIONE DEL PRODOTTO (SCHEDA DI PRODOTTO):
Sono di seguito riportate schematicamente le caratteristiche commerciali dell’acciuga ottenuta con l’uso di reti a circuizione (Tab. 1), riassunte sulla base delle informazioni condotte nell’ambito della Attività A120 (Identificazione specie target) e della A140 (Analisi specie target e predisposizione schede qualità del prodotto). Nome Scientifico Nome italiano Nome volgare Luogo di Pesca Periodo pesca Tipologia imbarcazioni Quantità / prezzo pescato (stima) Taglia cattura Distribuzione Prodotto
Engraulis encrasicolus - Linneo, 1758 Ordine Clupeiformi. Famiglia Engraulidae Acciuga, Acciuga Anciova, Aliccia, Ancidda, Corinedda, Ancioja, Anciojarina, Bianchetti, Acciughe (Sicilia) Sicilia settentrionale, occidentale, Mar Ionio, Stretto di Sicilia Tutto l'anno escluso l’inverno Cianciolo (raramente Menaide) 10-300 cassette/giorno per barca 20 - 100 kg/giorno con menaide Prezzo medio al pubblico 4-8 euro/kg 8-12 cm Locale e Regionale
(foto degli Autori
Caratteri morfologici distintivi
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Corpo affusolato, sensibilmente più slanciato di quello della sardina, poco compresso, con la superficie ventrale non carenata. La testa ha un occhio abbastanza grande coperto da una sottile pellicola dermica. E' notevole la grandezza della bocca che si apre per un bel tratto al didietro dell'occhio in posizione inferiore, essendo la mascella superiore nettamente data:
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Colorazione Biologia e distribuzione
Riproduzione
Nutrizione
prominente sulla mascella inferiore. Ambedue le mascelle possiedono denti finissimi e acuti anche sui palatini, sul vomere e sui pterigoidi. La lingua nella sua parte mediana è rugosa. Le narici sono situate molto vicine tra loro e le posteriori sono più grandi. Esiste una sola pinna dorsale (16-18 raggi), la cui origine è circa equi distante tra l'estremità del muso e l'inizio della codale. Questa è forcuta e più corta della testa e possiede 4 squame oblunghe sul lobo superiore e 3 su quello inferiore. Le squame sono di grandezza media e grande e, come quelle della sardina, sono molto caduche Dorso appare azzurro-verdastro, mentre è ancora viva e vira; appena morta, al blu indaco scuro; il è ventre argentato. Come la sardina, è un pesce migratore, gregario, che si riunisce in grandi branchi e si avvicina alla costa allo inizio della primavera nel periodo della riproduzione, poi in autunno ed in inverno (da settembre fino a gennaio), si allontana e si affonda tra i 100 e i 150 m. Gli stadi giovanili e anche gli adulti penetrano negli stagni salmastri mostrando così una grande resistenza alle variazioni di temperatura (tra 6° e 29°C) e salinità (4-41 ‰). Si raduna sotto la luce, ma non sempre e in modo discontinuo. La maturità sessuale è raggiunta al termine del primo anno di vita a una taglia minima di circa 9 cm. Vi è una sola stagione per la riproduzione, che va da aprile a novembre, ma siccome le uova non maturano tutte contemporaneamente, le deposizioni si verificano in periodi diversi. Le uova pelagiche, flottano entro i primi 50 m di profondità, e si schiudono dopo 24-65 ore. La durata della vita media è di circa 3 anni nel Mediterraneo. La maturità sessuale viene raggiunta entro il 1° anno di vita. È prevalentemente planctofaga (il 90 % della dieta è costituito da macro e meso-zooplancton), ma effettua una scelta degli organismi più adatti alla sua nutrizione, principalmente copepodi, misidacei e stadi larvali di decapodi. In inverno, quando discende oltre i 100 metri di fondo, si nutre anche di organismi bentonici e, grazie alla sua ampia bocca, afferra anche pesci di una certa taglia
Tab. 1: Caratteristiche della specie acciuga oggetto di valorizzazione
Caratteristiche commerciali della sardina ottenuta con l’uso di reti a circuizione (Tab. 2) Nome Scientifico Nome italiano Nome volgare Luogo di Pesca Periodo pesca Tipologia imbarcazioni Quantità / prezzo pescato Emissione documento Rev. 1
Sardina pilchardus (Walbaum 1792) Ordine Clupeiformi, Famiglia Clupeidae Sardina Sarda fimminedda, Sarda, mpiriali, Sadda, Maiatica, Nannata Tirreno meridionale, Ionio, Stretto di Sicilia Tutto l'anno (meno frequente in inverno) Cianciolo (raramente Menaide) 30-80 cassette/giorno per barca con cianciolo data:
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(stima) Taglia cattura Distribuzione Prodotto
Prezzo medio al pubblico 3-5 euro/kg 10-13 cm Locale e Regionale
Foto degli Autori
Caratteri morfologici distintivi
Colorazione Biologia e distribuzione
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Il genere Sardina comprende una sola specie. Morfologicamente ha molto somiglianza con gli altri generi della stessa famiglia, soprattutto con Sardinella ed è riconoscibile in base ad alcuni caratteri anatomici poco evidenti, (presenza di strie radiali sull'opercolo e origine della pinna dorsale più vicina all'apice del muso che alla base della codale). Corpo fusiforme, non molto compresso lateralmente e coperto di grosse squame sottili e facilissime a distaccarsi, che sono circa 30 lungo una linea longitudinale; tra due serie di tali squame ve n'è una di circa 60 più piccole che però non sono visibili, essendo ricoperte da quelle più grandi. La testa di grandezza normale, ha una bocca terminale e obliqua, con denti piccolissimi e inesistenti nel vomere. Le mascelle sono di lunghezza uguale e terminano all'altezza del bordo anteriore dell'occhio, che ha la palpebra adiposa posteriore ben sviluppata. Nell'opercolo vi sono alcune strie ben visibili dirette in basso. Le branchiospine del primo arco branchiale sono in genere meno di 60, eccetto che negli esemplari molto grandi e i loro denticoli sono meno sviluppati di quelli della forma atlantica. Vi è una sola pinna dorsale la cui origine è più vicina al muso che all'origine della codale e in posizione anteriore all'inserzione delle ventrali. L'anale ha i due ultimi raggi più allungati, ma non nello stesso modo e la codale, che è forcuta è provvista di due squame appuntite su ogni lato Dorso azzurro verdastro e fianchi argentei. Spesso vi è una macchia in vicinanza dell'opercolo Specie dalle abitudini gregarie, vive comunemente lungo le coste compiendo brevi migrazioni nictemerali: 20-55 m di
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Nutrizione
giorno, 15-35 di notte. In Mediterraneo raramente supera i 20 cm. Si trova in tutto il Mediterraneo, escluso il golfo di Gabes, le coste libiche e la parte settentrionale del mar Nero. In Mediterraneo avviene in generale dall'autunno alla primavera (settembre-maggio), in ore abbastanza ben definite ma variabili secondo il mese e la zona. Le uova sono pelagiche si schiudono tra 2 e 4 giorni, in tempo variabile e a una temperatura compresa tra 10 e 18 °C. In Mediterraneo si ritiene che la sardina raggiunga maturità sessuale già all'età di un anno. È specie planctofaga, le prede che compongono la dieta sono principalmente piccoli crostacei (Calanus, Pseudocalanus, Temora).
Tab. 2: Caratteristiche della specie sardina oggetto di valorizzazione
6.2
REQUISITI DELL’ACCIUGA E DELLA SARDINA PESCATA CON LA CIRCUIZIONE PROPOSTI COME OGGETTO DI CERTIFICAZIONE E OGGETTO DI COMUNICAZIONE (ESPLICITE)
Il prodotto viene catturato mediante l’uso di reti acircuizione (cianciolo) da imbarcazioni operanti nelle Marinerie della Provincia di Palermo o in Sicilia. 6.2.1 Requisiti biochimico-nutrizionali Viene di seguito fatta un’ipotesi circa gli aspetti biochimico-nutrizionali che potrebbero divenire oggetto di certificazione. CARATTERISTICHE BIOCHIMICO-NUTRIZIONALI Limiti ammessi (g/100g parte Caratteristiche del prodotto oggetto di edibile) certificazione E. encrasicholus S. pilchardus Acqua 70 - 80 70 - 77 Ceneri 1,5 – 2,5 1,3 – 1,8 Lipidi totali 6 - 10 3-8 Omega-3 30 - 50 40 - 60 Omega-6 1 - 15 2-4 Colesterolo (mg/100 g) 20 - 30 20 - 40
Limiti previsti da legge
Nessuno Nessuno Nessuno Nessuno Nessuno Nessuno
Tab. 3: Caratteristiche del prodotto oggetto di certificazione
Viene in tal modo fornita un’informazione importante del valore dietetico dell’alimento il valore è riferito a 100 g di parte edibile del prodotto ittico fresco. Gli omega-3 ed omega-6 appartengono al gruppo di acidi grassi polinsaturi la cui presenza è auspicata per le proprietà cardioprotettive (Sargent et al., 1994). Il valore è riferito al contenuto totale di lipidi riscontrati nell’alimento. Fornisce un’informazione più accurata del valore dietetico dell’alimento 6.2.2 Aspetti microbiologici I microrganismi che possono proliferare nei prodotti della pesca possono essere patogeni per l’uomo e ciò comporta la perdita dei requisiti igienico-sanitari, che rendono i prodotti Emissione documento Rev. 1
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commercializzabili e commestibili in base alla normativa vigente (Reg 853/2004). D’altra parte la contaminazione che più comunemente è riscontrabile sulla superficie esterna dei prodotti della pesca e nei muscoli, è attribuibile a microrganismi saprofitici, non patogeni di per se’ ma in grado di avviare il processo di degradazione del prodotto con conseguente perdita di freschezza. Il muscolo dei prodotti ittici è, in condizioni normali, quasi totalmente assente di microflora batterica (Liston, 1980), sono le eventuali lesioni presenti sulla superficie cutanea o le operazioni di manipolazione che facilitano il proliferare di batteri nel muscolo dopo la morte dell’esemplare. Al momento della pesca la composizione della flora batterica interna o esterna, riflette quella dell’ambiente circostante (Cahill, 1990). In generale la concentrazione batterica nelle acque in mare aperto è bassa, poche UFC/cm3, mentre sottocosta nelle acque e nei sedimenti la concentrazione può raggiungere i 10 6 UFC/cm3 (Hobbs, 1987). Per le acque calde le specie dominanti appartengono alla flora mesofila, mentre nei mari freddi la flora è dominata da specie psicrofile. Inoltre bisogna ricordare che l’acqua di mare, con una salinità media pari al 35‰ costituisce un mezzo limitante solo per la proliferazione di alcuni microrganismi, altri sono in grado di riprodursi in condizioni di salinità elevate (alofili) o pur vivendo a regimi alini normali, possono tollerare concentrazioni inusuali per la riproduzione (alotolleranti).
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Approfondimento: Effetti dell’attività microbica sui prodotti ittici Tali effetti possono essere di diverso tipo: - Scissione dei componenti del substrato con conseguente alterazione di odore e sapore; - Produzione di polisaccaridi extracellulari con formazione di patine vischiose superficiali; - Proliferazione di batteri, muffe o lieviti la cui presenza è evidente ad un semplice esame visivo (presenza di colonie microbiche pigmentate o incolori) - Produzione di anidride carbonica a partire dalla demolizione di carboidrati e amminoacidi (evidente per la presenza di gas di rigonfiamento nelle confezioni a chiusura ermetica); - Produzione di pigmenti, che inducono alterazioni nel colore naturale del prodotto In generale il processo di alterazione sensoriale del prodotto passa attraverso tre principali momenti: - perdita del tipico odore di fresco del prodotto - assenza di odori - presenza di odore stantio sempre più marcato nel tempo. Il processo di degradazione è attribuibile ad una serie di processi enzimatici di natura principalmente autolitica, che non dipendono dalla presenza di contaminazione microbica. L'autossidazione è una reazione complessa e organizzata in più fasi consequenziali (fase d'attivazione o start, di propagazione, di ramificazione e terminale). La presenza di ossigeno è necessaria ed il processo è catalizzato dalle alte temperature, dalla radiazione luminosa e dalla presenza di ioni metallici; il processo può essere inoltre favorito dalla presenza di sostanze proossidanti e dall'assenza di quelle anti-ossidanti. La sequenza inizia con l'ossidazione della molecola lipidica ad idroperossido che, con l'evolversi del fenomeno ossidativo, viene scisso in una serie di composti organici a corta catena, quali aldeidi e chetoni, derivati furanici ed idrocarburi volatili. Tali composti, in quanto volatili, sono i maggiori responsabili dei forti odori e sapori che si sviluppano, conferendo al prodotto che ne risulta colpito, caratteristiche organolettiche talmente scadenti da rendere lo stesso non più idoneo all'alimentazione umana e portano alla comparsa della rancidità. Uno dei più importanti di tali composti è la dialdeide malonica (DAM), sostanza idrosolubile capace di indurre nella carne di pesce, anche in quantità modestissime, uno sgradevole sapore amarognolo pungente, e può fornire, con il suo dosaggio, un utile parametro, da solo od insieme alla valutazione del numero dei perossidi e del test di Kreis, ai fini dell'apprezzamento dello stato di conservazione e dell'idoneità al consumo di un prodotto alimentare della pesca (Haouet, 2001) L’alterazione avviata dagli enzimi litici peculiari dei prodotti ittici può, comunque, favorire la proliferazione dei microrganismi saprofiti. La lisi dei nucleotidi (ATP) e dell’inosinmonofosfato (IMP), determina la perdita del caratteristico odore di pesce fresco. I prodotti del catabolismo di queste molecole fungono da substrato per i batteri presenti sulla superficie esterna o all’interno del pesci. In condizioni normali, infatti, a livello di alcuni organi in particolare, le branchie e il tratto gastrointestinale si concentra la microflora batterica definita “indigena o autoctona”. Tra questi microrganismi ve ne sono numerosi in grado di produrre trimetilamina (TMA) tra gli 8 ed i 20 °C. La produzione di TMA viene inibita per temperature superiori ai 25 °C. Tali batteri sono in grado di determinare un abbassamento della qualità intriseca del prodotto. Le forme microbiche più frequenti nei prodotti della pesca, per la loro diffusione nelle acque e per la capacità di resistere e riprodursi a basse temperature, sono quelle psicrofile. Le temperature ottimali di sviluppo per questi batteri si aggirano intorno ai 15 °C e hanno un massimo di crescita intorno i 18-20 °C ed un minimo tra 0.5 e 0 °C. Altri microrganimsmi psicrofili presentano una crescita ottimale a temperature comprese tra i 25 ed i 35 °C, con un picco di crescita intorno ai 40°C e minimi a temperature di refrigerazione, quali Pseudomonas, Alteromonas e Shewanella. Questi batteri hanno la capacità di produrre TMA anche a temperature superiori i 25 °C e quindi di indurre , come i precedenti, un’alterazione delle qualità organolettiche del prodotto (Dalgaard et al., 1993). Alcuni di questi tuttavia possono anche essere patogeni per l’uomo, tra questi: Clostridium botulinum, B,E F, Listeria monocytogenes, Yersinia enterolitica, Bacillus cereus.
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Il parametro che misura la capacità di proliferare dei microrganismi è la cosìdetta Water Activity (aw), misura della percentuale di acqua libera del mezzo. Per valori di aw < 0.93, molti dei batteri putrefattivi e quasi tutti i batteri patogeni, non sono in grado di riprodursi. I microrganismi alotolleranti crescono anche con valori di aw inferiori, per valori di aw < 0.91 fino a 0.83, si assiste, infatti, alla proliferazione di queste categorie di batteri, tra questi alcuni potenzialmente patogeni per l’uomo come Staphylococcus aureus, Listeria monocytogenes e Salmonella spp. Dal punto di vista igienico-sanitario, il prodotto alla vendita deve garantire condizioni di salubrità: non deve presentare microrganismi patogeni assoluti (nemmeno in concentrazioni minime - Reg. 583/2004 e Reg. 2073/2005). Il tipo di condizionamento utilizzato non deve, inoltre, consentire il moltiplicarsi di microrganismi di per sé stessi non patogeni, che lo diventano nel caso in cui la loro concentrazione negli alimenti superi dei valori soglia (microrganismi patogeni condizionati) (UNIPROM, 2001). CARATTERISTICHE MICROBIOLOGICHE Caratteristiche del prodotto oggetto di certificazione Carica batterica totale aerobi 20 °C Carica di Escherichia coli Vibrio parahaemolyticus Staphilococcus aureus
Limiti ammessi
Limiti previsti da legge
< 0^5 UFC/g
Nessuno
Assente Assente in 25 g <10 UFC/g
Nessuno Nessuno Nessuno
Tab. 4: caratteristiche del prodotto oggetto di certificazione
I valori di carica batterica riportati in Tab. 4 possono essere di per se’ oggetto di certificazione come garanzia di un’attenzione particolare rivolta ad aspetti igienico-sanitari. Dall’altra parte bassi livelli di carica batterica possono essere un mezzo per ottenere una maggiore durabilità del prodotto e, pertanto, rientrano tra i parametri da tenere sotto controllo in base ad una specifica procedura per ottenere il requisito oggetto di certificazione che è la freschezza per un numero di giorni definito. Si fa divieto agli aderenti al presente disciplinare di utilizzare come additivo qualunque sostanza, seppure autorizzata ai sensi di legge, che serva a prolungare la durabilità del prodotto, con la sola eccezione del ghiaccio utilizzato per mantenere la temperatura di refrigerazione in tutte le fasi del processo produttivo. 6.2.3
Limiti produttivi osservati dagli operatori a tutela della tracciabilità dell’attività di pesca e della qualità dell’ambiente Caratteristiche del prodotto oggetto di certificazione Attrezzo di pesca
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Limiti ammessi dal marchio/certificato
Indicazioni previste da legge La lunghezza della pezza è limitata a 800 m e l'altezza massima a 120 m (Reg. 1967/06 All. 3)
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Taglia del prodotto
Il prodotto non deve essere inferiore alla taglia di 10 cm (acciuga) e 12 cm (sardina)
Periodo di pesca
Primavera-estate- inizio autunno Acque marino costiere della Sicilia e Isole minori
Area di pesca
Il prodotto non deve essere inferiore alla taglia di 9 cm (acciuga) e 11 cm (sardina) oppure 110 esemplari/kg (acciuga) e 55 esemplari/kg (sardina) (Reg. 1967/06 All. 3) Limite di pesca entro 20 miglia dalla costa
Tab. 5 : Caratteristiche del prodotto oggetto di certificazione
La pesca di al di sopra dei 10 cm di lunghezza totale per le acciughe e di 12 cm per le sardine, serve ad assicurare uno sfruttamento sostenibile della risorsa e consente, quindi, con l’osservazione di un semplice requisito di prodotto di attribuire al prodotto stesso anche una caratteristica etico ed ecologica. L’individuazione di aree di pesca e/o di un periodo di pesca determinato pur non rientrando tra le caratteristiche potenzialmente oggetto di certificazione può essere considerato come un requisito che le aziende aderenti al disciplinare si pongono come autolimitazione. Resta in ogni caso da verificare l’opportunità di porsi tali limiti. Se d’altra parte questo è un sistema per ottenere la taglia identificata, allora non è un requisito ma una modalità operativa con cui l’azienda tiene sotto controllo il requisito da certificare. 6.2.4 Caratteristiche si servizio offerte col prodotto Caratteristiche del prodotto oggetto di Limiti ammessi dal certificazione marchio/certificato Trasporto a carico dell’azienda 24 h produttrice con obbligo di consegna entro un determinato intervallo di tempo
Indicazioni previste da legge Nessuna
Tab. 6: Caratteristiche del prodotto oggetto di certificazione associate come servizio offerto al cliente (in questo caso il rivenditore del prodotto)
6.3
CARATTERISTICHE COMMERCIALI
Il prodotto messo in commercio è costituito da acciughe fresche non eviscerate ed incassettate. Il prodotto può essere diviso per pezzature (medie e grandi), in funzione di diverse esigenze commerciali ed è destinato alla vendita presso mercati ittici, pescherie e/o catene di distribuzione alimentare, ristorazione. Tipo di condizionamento: il prodotto avvenuta la selezione secondo quanto previsto dalle Iop predisposte per il selezionamento, viene sottoposto alle seguenti fasi di condizionamento: 1) incassettamento in cassette monouso in polietilene o in polistirolo; 2) copertura del prodotto con fogli di polietilene per alimenti; 3) copertura con idoneo strato di ghiaccio; 4) stoccaggio provvisorio per un massimo di 12 h all’interno di celle frigo alla temperatura di 24°C. 6.3.1
Formato
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Il prodotto posto i vendita è costituito da animali di taglia media non inferiore a 10 g ± 2 g. In fase di incassettamento le singole confezioni possono essere ottenute da esemplari di formato omogeneo (con un margine di errore del 5 % accettabilità dell’errore umano) o da peso di formato diverso in dipendenza delle esigenze espresse dal cliente. 6.3.2
Contenitori
I contenitori utilizzati possono essere del tipo in legno monouso, tuttavia è preferibile l’uso di cassette in polistirolo/polietilene monouso. Le prime hanno in genere una capacità di circa 9 kg, le cassette in polistirolo hanno una capacità di 5-7 kg. In fase di confezionamento, nel caso in cui si volesse dichiarare la provenienza del prodotto e renderla visibile anche al consumatore finale, allora ogni cassetta dovrà essere pesata, etichettata, registrata e avviata alla fase di stoccaggio a bordo del natante. Nella tabella seguente (Tab. 7) sono sinteticamente riportate le caratteristiche dell’imballaggio: Tipo di contenitore Colore: Dimensioni esterne Peso netto Copertura a protezione del prodotto
Cassetta in polistirolo espanso/ polietilene monouso o legno monouso Bianco (per il polistirolo)/qualunque per il polietilene Variabili in base alle esigenze aziendali 5-7 kg polistirolo/polietilene (9 kg per le cassette in legno) Foglio in polietilene per alimenti
Tab. 7: ipotesi di caratteristiche dell’imballaggio per il prodotto soggetto a certificazione.
6.3.3
Etichettature
Date le ridotte dimensioni del prodotto finito è impensabile procedere all’etichettatura del singolo esemplare che viene normalmente utilizzata per i pesci allevati. È comunque prevista l’apposizione di un’etichetta su ciascuna cassetta (Fig. 14) allo scopo rendere identificabile il prodotto per il consumatore. In Tab. 8 sono riportate le informazioni contenute in ciascuna etichetta e le caratteristiche delle stesse. Etichetta contenitore
Dimensioni etichetta contenitore
Denominazione prodotto, numero di lotto, numero di bollo CE (quando l’etichetta viene apposta dopo il passaggio in uno stabilimento autorizzato); categoria di freschezza (A); data pesca, peso lordo (kg); peso netto (kg) ; tara (g) ; la dicitura: prodotto soggetto a calo di peso; metodo di produzione; zona di produzione Zona Fao 37.2 – acciuga pescata nell’area da XXX a YYYY; nome dell’azienda; nome dell’imbarcazione 200 X 100 mm
Tab. 8: Esempio di quanto potrebbe essere riportato in etichetta per i prodotti da sottoporre a certificazione. Informazioni inerenti le etichette del prodotto messo in commercio
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LOGO AZIENDALE/CONSORZIO
N. bollo CE:……
Nome specie: Engraulis encrasichulus; acciuga Provenienza: ITA – SICILY _ FAO 37.2 Prodotto pescato nell’area ………….….. (Codice Area) Nome imbarcazione:…………n. id…………
(Codice Azienda)
Data e ora di pesca :…………………… Prodotto soggetto a calo di peso
peso netto:……kg
Conservare tra 0 °C e 4 °C
Fig. 14: esempio di etichetta da apporre su ogni cassetta di pesce
6.4
PRESENTAZIONE DEL PRODOTTO SUL MERCATO
Il prodotto certificato deve essere sempre identificato da un marchio definito o da una sigla/codice applicati esclusivamente sul prodotto conforme ai requisiti definiti dal disciplinare tecnico di riferimento (quelli ad es. ipotizzati al par. 6.2). All’interno di ogni cassetta confezionata in impianto potrà essere inserito un pieghevole con finalità promozionale, contenente note informative e destinato al rivenditore finale. Il pieghevole conterrà informazioni riguardanti le peculiarità tecniche del prodotto commercializzato e le indicazioni inerenti le modalità con cui deve essere effettuato lo stoccaggio del prodotto e la sua manipolazione affinché siano mantenute le caratteristiche qualitative. In particolare è indispensabile che il prodotto alla vendita venga mantenuto in modo da non interrompere in nessun momento la catena del freddo. La scheda tecnica può essere concepita in modo da contenere al suo interno anche una scheda informativa promozionale destinata al consumatore. 6.4.1
Comunicazione al consumatore
A fine informativo/promozionale si può prevedere di allegare al prodotto una seconda scheda in cui vengono fatte oggetto di comunicazione al consumatore le informazioni giudicate essenziali anche riguardo le successive fasi di manipolazione e consumo dell’alimento. La scheda potrebbe essere progettata in modo da comprendere anche un esempio di ricetta tradizionale di pietanza da realizzare con il prodotto ittico. Potrà inoltre essere previsto di esporre tale materiale pubblicitario insieme all’imballaggio nel bancone frigorifero, in modo da risultare ben visibile.
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6.5
DESCRIZIONE DEL PROCESSO DI PESCA E COMMERCIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI DELLA PESCA MEDIANTE CIRCUIZIONE DELL’AREA DELLA PROVINCIA DI PALERMO
Le reti a circuizione, più comunemente chiamate "cianciolo", vengono utilizzate per la pesca delle acciughe e delle sardine. Le reti possono raggiungere fino a 800 m di lunghezza e 300 m d'altezza e le imbarcazioni, che operano tale tipo di pesca in Italia possono avere dimensioni fino a 100 tonnellate di stazza, con una potenza motore che supera a volte i 400 cavalli. Sulla base dei dati raccolti nel corso delle Attività A210 e A510, le imbarcazioni che operano nella Provincia di Palermo hanno dimensioni ridotte e compiono uscite giornaliere che impegnano l’imbarcazione per poche ore. Le imbarcazioni che utilizzano le reti da circuizione per la pesca del pesce azzurro (acciughe, sarde, sgombri, sauri) operano durante tutto il corso dell’anno. Gli operatori della pesca della Provincia, così come quelli siciliani in generale, mostrano una età media piuttosto elevata (42 anni) e un grado di cultura mediamente basso (la maggior parte del personale di bordo possiede la licenza di scuola media inferiore). Il 50% degli operatori ha comunque seguito corsi di formazione specialistica.
Fig. 15: Rete a circuizione
Sulla base dell’indagine condotta nell’ambito della Attività A130, La pesca con reti da circuizione viene condotta prevalentemente da pescatori operanti la piccola pesca, con imbarcazioni la cui lunghezza fuori tutto (LFT) media è pari a circa12 m. La totalità dei pescatori esercita la pesca costiera ravvicinata (entro le 20 miglia dalla costa), con un 40% che opera esclusivamente nell’area di mare situata entro le 6 miglia dalla costa. Le reti da circuizione – costituite dai “ciancioli” e da una rete da posta derivante appartenente al sistema ferrettara, denominata “menaide” - risultano tra gli attrezzi maggiormente utilizzati (84,3%) nella Provincia. Anche la pesca della lampuga può essere effettuata coi ciancioli. Su ciascuna imbarcazione lavorano in media 3,5 pescatori. Tutte le barche possono essere considerate “aziende” a gestione familiare. Per la cattura di sarde e acciughe, i pescatori escono generalmente il pomeriggio o la sera, per rientrare generalmente il mattino successivo. Per l’esercizio di tale attività di pesca, le imbarcazioni trascorrono in mare mediamente circa 50 giorni all’anno, esercitando, in media, 1,3 cale al giorno, Emissione documento Rev. 1
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la cui durata è di circa 81 minuti nel caso del cianciolo e di 240 minuti per la menaide. Le aree di pesca risultano piuttosto sfruttate, con una presenza media di circa 20 imbarcazioni per area. Al rientro in porto il pescato può andare incontro a diversi destini. La maggior parte dei pescatori utilizza più canali di vendita per la commercializzazione del proprio prodotto. L’80% circa degli operatori vendono spesso direttamente al grossista, il quale si occuperà in seguito di rivenderlo ai mercati. Altre volte il prodotto viene venduto direttamente al mercato, senza ricorrere ad un intermediario. Se presenti dei consumatori al momento dello sbarco, il 50% degli operatori è inoltre propenso ad effettuare la vendita anche subito in banchina. Una volta su tre i pescatori vendono anche ai dettaglianti mentre ai ristoranti il prodotto arriva più raramente. Tutto il pescato è di solito venduto al momento dello sbarco. Il trasporto al punto vendita avviene di solito attraverso camion dotati d’opportuna cella frigorifera (65,6% dei pescatori), mentre solo il 12% degli operatori adopera per il trasporto una normale utilitaria. Il prodotto raggiunge di solito il punto di vendita in circa 2 ore e risulta correttamente incassettato con ghiaccio nel 70% dei casi. Nessun pescatore pone, sulle cassette di pescato, un’etichetta con indicazione della specie e del luogo di pesca. Le uniche analisi sul prodotto sono quelle effettuate dall’ufficiale sanitario responsabile del mercato ittico. Il prezzo allo sbarco dell’acciuga oscilla mediamente tra 1,3 e 2,8 euro al kg. Un chilo di sardina è invece venduto in media a 1,3 euro. Entrambe le specie sono però vendute normalmente a cassetta. Al mercato ittico di Porticello e di Palermo, vengono venduti, oltre ai prodotti locali, anche prodotti provenienti da altre marinerie italiane e dall’estero. La concorrenza sul mercato dei prodotti esteri è elevata, essendo questi venduti ad un prezzo decisamente più basso rispetto al prezzo di vendita del prodotto locale. Tuttavia, i prodotti esteri posseggono un minor grado di freschezza rispetto ai prodotti locali, ma questo non è sempre facilmente riconoscibile da parte dei consumatori. La maggior parte degli operatori della pesca ritiene che l’attribuzione di un marchio di qualità del pescato locale potrebbe solo giovare alla propria attività, influenzando positivamente il prezzo e la vendita del prodotto. Vengono di seguito descritte in dettaglio le diverse fasi del ciclo produttivo insieme ad uno schema dello stesso (diagramma di flusso, Fig. 16).
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Processo Pesca e commercializzazione di acciughe /sardine fresche Fase: Pesca con cianciolo Raggiungimento area di pesca Durata: 1 -2 ore circa
Prelievo del pesce Durata: 1-2 ore
Produzione di ghiaccio Fase Acquisto
Fase Accettazione Fase stoccaggio
Uccisione eutanasica con ghiaccio Durata: nel più breve tempo possibile (max 1015 minuti)
Prelievo di acqua dal mare
Ghiacciatura (refrigerazione per mantenimento in acqua e ghiaccio) Durata: 1 2 ore circa
Approvvigionamento cassette Fase Acquisto
Fase Accettazione Fase stoccaggio
Approvvigionamento Etichette
Fase Acquisto
Fase Accettazione Fase stoccaggio
Approvvigionamento fogli di polietilene
Fase Acquisto
Fase Accettazione Fase stoccaggio
Fase: Confezionamento Incassettamento Durata: da 1-2 ore in relazione alle quantità pescate
Stoccaggio in barca Durata: per tutta la durata del tragitto circa 2-3 ore
Sbarco e vendita Durata: 2 ore circa
Fig. 16 : Descrizione schematica del processo produttivo di pesca con il cianciolo. In rosso la durata delle operazioni.
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Fase Pesca con cianciolo: Raggiungimento delle aree di pesca La pesca viene esercitata generalmente il pomeriggio o la sera, il rientro delle imbarcazioni avviene il mattino successivo, la durata può essere più o meno lunga in dipendenza delle bordate eseguite a seguito delle catture rilevate. La pesca viene esercitata entro 6 miglia dalla costa (pesca costiera locale) oppure entro le 20 miglia. Nei giorni di pesca vengono effettuate mediamente da 1 ad un massimo di 2 cale al giorno, della durata di circa 80 minuti ciascuna. Come è ovvio, il tempo impiegato per il raggiungimento dell’area di pesca varia in dipendenza del porto di riferimento, in media si aggira tra 1 e 2 ore per le imbarcazioni .che praticano la pesca ravvicinata, un po’ di più per le altre. Fase Pesca con cianciolo: Prelievo del pesce L’attrezzo di pesca utilizzato per la cattura delle acciughe è costituito da una rete a circuizione, più comunemente chiamata "cianciolo" (Fig. 17). Le imbarcazioni che compongono la marineria della Provincia sono tutte di dimensioni medio-piccole (LFT media di circa12 m e TSL compresa tra 1 e 10 ton). La pesca viene eseguita utilizzando fonti luminose, in questo caso una piccola barca si sposta nell’area in cui era stato individuato il banco con l’ecoscandaglio in modo da richiamare in superficie i pesci. Dalla barca principale è calata rete che i pescatori dispongono in modo da circondare rapidamente il pesce e impedirgli la fuga. il cavo di chiusura della rete viene quindi tirato con tempestività, in modo da rendere sempre più piccolo lo spazio a disposizione del pesce (Fig. 17).
Fig. 17: immagine del sacco del cianciolo (foto degli Autori)
Le reti sono formate da varie "pezze" di forma rettangolare e la maglia varia a seconda della dimensione dei banchi che s'intendono sfruttare. Il galleggiamento della rete nella parte superiore è garantito dalla lima dei galleggianti; nella parte più sommersa un cavo di chiusura presso la lima dei piombi, che costituisce la zavorra, permette l'affondamento e fa assumere alla rete la forma di un sacco in cui il pesce resta racchiuso. Le reti vengono salpate grazie all’uso verricelli e bozzelli azionati dal motore di bordo. La quantità di prodotto è quasi sempre tale da impedirne il recupero totale in una sola volta e viene issato a bordo con l'ausilio di coppi e volighe meccanizzate, in modo da rendere il lavoro più rapido e sicuro. Il prodotto viene introdotto all’interno di appositi vasconi in acciaio o in vetroresina (materiale comunque adeguato ad entrare a contatto con gli alimenti). Quindi si provvede ad issare e ripiegare la rete utilizzata ed al recupero delle imbarcazioni di supporto utilizzate come fonte luminosa e come supporto alla stesura della rete stessa.
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Fase Pesca con il cianciolo: ghiacciatura (uccisione eutanasica con ghiaccio) I pesci introdotti all’interno di apposite vasche (baie) vengono sottoposti a ghiacciatura, vengono cioè portati ad una temperatura interna che oscilla tra 0 e 4°C in seguito al contatto con l’acqua di mare ed il ghiaccio inserite precedentemente nelle vasche. Al di là degli aspetti etici della questione, tale procedura risulta determinante per la qualità del prodotto, dal momento che un pesce che si dibatte più facilmente va incontro ad escoriazioni e a rischio di contaminazione, liberando al contempo sostanze che innescano più rapidamente i processi di degradazione che riducono la durabilità (shelf-life) del prodotto stesso. L’errata ghiacciatura è, inoltre, alla base dei problemi di colorazione evidenziabili nel filetto dell’acciuga: un’acciuga che ha subito un trattamento poco attento nelle prime fasi successive al momento di pesca, presenterà sempre una colorazione rossastra più intensa ai margini del filetto. Tale colorazione appare meno marcata e tendente al roseo nei pesci che hanno subito un buon trattamento al momento della pesca. Occorre operare un corretto calcolo delle quantità di ghiaccio necessarie in relazione alle quantità di pesce da sottoporre a ghiacciatura. La stima delle quantità necessarie può essere eseguita facendo riferimento alla formula: Quantità di ghiaccio (kg)=quantità di pescato (kg) x Cs x Dt/Clf Dove: Cs è il calore specifico del prodotto ittico (per specie come le acciughe è pari a 0.85 kcal/kg); Dt è la differenza di temperatura Ti-Tf dove ti è la temperatura dell’acqua di pesca e Tf quella a cui deve essere portato il prodotto (0-4 °C); Clf è il calore latente di fusione dell’acqua che è pari a 0.80 Kcal Più semplicemente con la quantità di ghiaccio da immettere nelle vasche può essere stabilita in base alla quantità del pescato mantenendo sempre il rapporto ghiaccio/pesce di 1/4. Poco prima dell’inizio delle operazioni di travaso dei pesci, viene aggiunta acqua di mare portando il volume di acqua e ghiaccio fino ad 1/2 del volume totale di pesce. Le vasche in cui è contenuto il prodotto sottoposto a ghiacciatura vengono riempite completamente e coperte in modo da ridurre gli scambi di calore con l’esterno. Occorre precisare che per portare correttamente il prodotto ad una temperatura compresa tra 0° e 4°C è necessario tenere in considerazione anche la qualità del ghiaccio. Un suggerimento potrebbe venire dall’utilizzo di ghiaccio sminuzzato, che comunque non garantisce l’omogenea ripartizione dello stesso sul prodotto, o ancora meglio il ghiaccio a scaglie. Questo viene ottenuto a partire da acqua dolce che viene salata aggiungendo sale in proporzione variabile dal 5% al 4 % in funzione della macchina utilizzata. Il ghiaccio viene formato al passaggio di una cella dotata di rullo la cui rotazione determina la formazione delle scaglie il cui spessore è di circa 1-2 mm. La temperatura a cui viene prodotto il ghiaccio, che in genere è compresa tra – 4 °C e – 8 °C, insieme alla forma a scaglie, permettono al ghiaccio di essere abbastanza duraturo. Le scaglie si distribuiscono in modo più omogeneo nell’acqua durante la ghiacciatura rendendo il mezzo termicamente omogenea, contrariamente a quanto avviene utilizzando il ghiaccio a blocchi.
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Fig. 18: Esempio corretto di ghiacciatura eseguita utilizzando ghiaccio a scaglie, l’immagine si riferisce alla tecnica in uso presso gli impianti di allevamento di spigole in off-shore (foto degli Autori)
Ancora più efficace per questo scopo è il “ghiaccio fluido”, ottenuto con speciali apparecchi che, insufflando aria durante il processo di cristallizzazione, determinano la formazione di una sorta di granita in grado di distribuirsi in modo omogeneo nel mezzo, favorendo il raggiungimento delle basse temperature in modo più rapidamente. Un punto a sfavore di questa tecnologia è l’elevato ingombro dei mezzi di produzione che possono essere supportati solo dalle imbarcazioni di maggiore dimensione e come conseguenza, per tutti gli altri mezzi nautici la minore durata del ghiaccio così prodotto. L’immissione del prodotto nelle vasche deve essere fatta il più velocemente possibile avendo cura di non ammassare gli esemplari all’interno. Fase pesca con cianciolo: ghiacciatura (refrigerazione e mantenimento in acqua e ghiaccio) In relazione alle condizioni ambientali presenti (maggiore temperatura stagionale) può essere necessario aumentare leggermente le quantità di ghiaccio al fine di mantenere sempre costante l’intervallo di temperatura previsto. Le quantità di ghiaccio vengono corrette in base a quanto rilevato fisicamente sui pesci contenuti all’interno delle baie nel periodo di tempo che intercorre tra la pesca ed il trasporto. Una stima della necessità di ghiaccio viene normalmente eseguita facendo riferimento alla presenza di ghiaccio in superficie. Per una misura più precisa, che tenga conto anche delle diverse temperature registrabili negli strati più profondi dei contenitori, sarebbe opportuno che tutte le imbarcazioni fossero provviste di un termometro per la misurazione delle temperature del prodotto all’interno delle vasche, da sottoporre a registrazione (ad intervalli di 30-40 minuti). Fase confezionamento: incassettamento Una volta raggiunta la temperatura ottimale all’interno delle vasche, il pesce catturato, in base all’ordine di cattura (avviando ossia all’incassettamento per primo il pesce pescato per primo), viene avviato alla selezione per tipologia (specie), per taglia ed incassettato. Alle cassette viene aggiunto ghiaccio in rapporto 1/2 - 1/3 (in ogni caso il rapporto tra ghiaccio e pesci non deve Emissione documento Rev. 1
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essere mai al di sotto di 1/5). Tra i pesci ed il ghiaccio deve essere interposto sempre un foglio in polietilene per alimenti. Le cassette utilizzate devono essere monouso in polistirolo per alimenti o il legno (sempre monouso – Fig. 19).
Fig. 19: Incassettamento a bordo (foto degli Autori)
Fase confezionamento: stoccaggio in barca Le confezioni vengono quindi poste nelle celle di stoccaggio (per le imbarcazioni provviste) o in appositi contenitori in attesa della commercializzazione, mantenendole all’interno dell’intervallo di temperature stabilito (0-4°C). Fase confezionamento: sbarco e vendita Il prodotto pescato viene normalmente sbarcato alle prime ore del mattino e venduto di solito direttamente a grossisti che lo avviano ai diversi mercati presenti a livello regionale o locale (Figg. 20 e 21). Il trasporto al punto vendita avviene attraverso diversi mezzi di trasporto, con camion a norma (nella maggior parte dei casi), utilitarie o semplici carrette, spinte a mano (quest’ultime vengono adoperate solo per il trasporto di piccole quantità di pescato al vicino mercato ittico).
Figg. 20 e 21: il prodotto così come si presenta alla vendita presso i mercati locali (Vucciria) (foto degli Autori)
Lo sbarco deve avvenire nel più breve tempo possibile in modo da impedire l’interruzione della catena del freddo anche per brevi periodi di tempo. Il prodotto viene caricato all’interno di mezzi idonei al trasporto degli ittici, cui è fatto obbligo di essere dotati di cella refrigerata, in relazione Emissione documento Rev. 1
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alla distanza da coprire per giungere al punto di vendita. L’intervallo di tempo che intercorre tra lo sbarco e la vendita del pescato è, in media, pari a circa 2 ore. Fase approvvigionamento di ghiaccio I richiedenti (Azienda/Consorzio) la certificazione devono individuare le aziende fornitrici qualificate per la fornitura di ghiaccio a scaglie da utilizzare per la ghiacciatura del prodotto. Le ditte vengono individuate in base a dati storici dell’Azienda/Consorzio e in base alle garanzie fornite dalla stessa, in relazione ai requisiti previsti da specifico Capitolato d’Accordo stipulato conformemente a quanto previsto dalla legge in vigore. Sarà responsabilità del produttore eseguire periodici controlli atti garantire la sicurezza e l’igiene del ghiaccio venduto. Nel caso in cui il ghiaccio fosse prodotto direttamente dall’azienda dotata di adeguate strutture, allora sarà essa stessa responsabile dei requisiti di legge. Una volta acquistato, il ghiaccio in scaglie è, quindi, trasportato presso l’imbarcazione facendo ricorso ad un automezzo in appositi contenitori. In questo caso il ghiaccio non dovrebbe stare mai a diretto contatto con le pareti del mezzo di trasporto e quest’ultimo dovrebbe essere adibito al solo trasporto del ghiaccio e del prodotto ittico incassettato. Una volta in porto, il contenitore con il ghiaccio, viene caricato a bordo dell’imbarcazione in modo da essere al riparo da fonti di contaminazione esterne (Figg. 21 e 22).
Fig.g. 21 e 22: esempi di modalità di trasporto del ghiaccio utilizzato per la ghiacciatura e la refrigerazione del prodotto a bordo. A dx la modalità utilizzata è scorretta poiché facilita la possibilità di insudiciamento del ghiaccio e di contaminazione batterica. A sx il ghiaccio viene trasportato in contenitori che rimangono chiusi fino al momento in cui il ghiaccio diviene necessario, riducendo così la possibilità di contaminazione (foto degli Autori)
In un ottica di potenziamento delle strutture esistenti (a dire il vero oggi molto limitate), potrebbe essere ipotizzato l’acquisto di macchine in grado di produrre ghiaccio fluido (vedi quanto esposto a proposito della fase ghiacciatura). Tale accorgimento impedisce la stratificazione delle temperature che solitamente si osserva, in cui i pesci che si trovano sul fondo delle vasche si trovano a temperature al di sopra del range stabilito. E’ possibile ipotizzare la possibilità di fornire un’imbarcazione più grande dell’apparecchio che produce ghiaccio a partire direttamente da acqua di mare pulita. Sia cioè priva di agenti patogeni o tossici per l’uomo e venga prelevata a bordo in modo da limitare qualunque possibilità di contaminazione lungo il percorso della via di assunzione. La produzione di ghiaccio andrà, quindi, effettuata utilizzando l’acqua prelevata solo quando l’imbarcazione si trova a distanza dalla costa. Emissione documento Rev. 1
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Fase prelievo di acqua dal mare Vale quanto detto al paragrafo precedente per l’acqua di mare utilizzata nella produzione del ghiaccio. Fase approvvigionamento cassette: Acquisto cassette I richiedenti (Azienda/Consorzio) la certificazione devono individuare le aziende fornitrici qualificate per la fornitura delle cassette conformi a quanto riportato al par. 4.6. Le ditte vengono individuate in base a dati storici dell’Azienda/Consorzio e in base alle garanzie fornite dalla stessa, in relazione ai requisiti previsti da specifico capitolato d’accordo stipulato con le ditte. Le ditte individuate devono essere inserite all’interno di una lista di fornitori qualificati. Accettazione cassette I fornitori all’atto della consegna renderanno disponibile la documentazione richiesta che verrà esaminata dal personale preposto dell’impianto. Lo stesso personale avrà il compito di verificare le condizioni delle confezioni che devono essere pulite e integre. Fase approvvigionamento etichette: Acquisto etichette Gli allevatori devono individuare le aziende fornitrici qualificate per la fornitura delle etichette. Le ditte vengono individuate in base a dati storici dell’azienda e in base alle garanzie fornite dalla stessa, in relazione ai requisiti previsti dal Capitolato d’Accordo stipulati. Le ditte individuate devono essere inserite all’interno di una lista di fornitori qualificati. Accettazione etichette Al momento della consegna il personale addetto dell’impianto verificherà la documentazione di accompagnamento della merce indicata. Fase approvvigionamento pellicole: Acquisto pellicole per il confezionamento Gli allevatori devono individuare le aziende fornitrici qualificate per la fornitura foglio in polietilene per alimenti. Le ditte vengono individuate in base a dati storici dell’azienda e in base alle garanzie fornite dalla stessa, in relazione ai requisiti previsti dal Capitolato d’Accordo. Le ditte individuate devono essere inserite all’interno di una una lista di fornitori qualificati. Accettazione pellicole per il confezionamento Al momento della consegna il personale addetto dell’impianto verificherà la documentazione di accompagnamento della merce indicata e le condizioni della stessa: le confezioni delle etichette devono essere pulite ed integre.
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INDIVIDUAZIONE DEI PUNTI CRITICI DI PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE
7.1
DIAGRAMMA DI FLUSSO
Viene di seguito riportato il flusso del processo di pesca con le indicazioni dei punti di controllo (CP), ed i punti critici di controllo (CCP) in riferimento ai requisiti di certificazione individuati in precedenza (Fig. 23). Tanto i CP quanto i CCP individuano fasi del processo nelle quali è necessario prestare attenzione alle modalità di realizzazione, nel primo caso però la possibilità di tenere sotto controllo il processo risulta per motivi tecnici limitata e pertanto l’unica possibilità di ridurre il più possibile il rischio è costituita dall’adozione di procedure delocalizzate. I punti critici di controllo individuano, al contrario, quelle fasi del processo in coincidenza delle quali è possibile tenere sotto controllo la possibilità di registrare degli scostamenti dai limiti imposti per i requisiti, eseguendo il monitoraggio di alcuni parametri ad immediata risposta. Qualora il monitoraggio evidenziasse uno scostamento dai limiti stabiliti per il parametro indicatore del processo, si procederà immediatamente ad un’azione che ne consente l’immediata rettifica (Gestione della non conformità). E’ in questa logica che nella tabella che segue sono state limitate al massimo le analisi microbiologiche che, come è noto, necessitano di un tempo maggiore per fornire una risposta. L’attività di controllo è stata basata quasi essenzialmente su parametri fisici (vedi controllo delle temperature). Il monitoraggio eseguito su parametri biologici (carica batterica totale o ricerca di specifici agenti patogeni) devono comunque essere previste come mezzo di verifica del corretto funzionamento del sistema e pertanto saranno condotte con una frequenza inferiore e su campioni scelti in modo da fornire un dato significativo di quanto avviene nel corso del processo. La scelta di seguire questa modalità di approccio è finalizzata a rendere snello il più possibile il controllo dell’attività (ad ogni azione di controllo è necessario associare una registrazione una responsabilità un’azione di gestione e l’eventuale azione correttiva) e di conseguenza rendere contenuti i costi di gestione dell’intero sistema.
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Processo Pesca e commercializzazione di acciughe fresche Fase: Pesca con cianciolo Raggiungimento area di pesca Durata: 2 circa
Prelievo del pesce Durata: 1-2 ore
CCP
Produzione di ghiaccio Fase Acquisto
Fase Accettazione Fase stoccaggio
Prelievo di acqua dal mare
CCP
Uccisione eutanasica con ghiaccio Durata: nel più breve tempo possibile (max 1015 minuti)
CCP
CP Ghiacciatura (refrigerazione per mantenimento in acqua e ghiaccio)
CCP
Durata: 1 ora circa
Approvvigionamento cassette Fase Acquisto
Fase: Confezionamento CCP
Fase Acquisto
Incassettamento Durata: da 1-2 ore in relazione alle quantità pescate
Stoccaggio in barca Durata: per tutta la durata del tragitto circa 2-3 ore
CCP
Fase Accettazione Fase stoccaggio CP Approvvigionamento Etichette
Fase Accettazione Fase stoccaggio
CP Approvvigionamento fogli di polietilene
Fase Acquisto
Fase Accettazione Fase stoccaggio CP
Sbarco e vendita Durata: mezz'ora circa
Fig. 23: diagramma di flusso del processo di pesca con cianciolo del pesce azzurro, in coincidenza delle diverse fasi sono individuati i punti Critici (CP) ed i Punti critici di controllo (CCP).
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La tabella che segue (Tab. 9) individua per ogni punto critico (CCP), l’attività di controllo predisposta, il responsabile e il requisito che è possibile tenere sotto controllo in quel punto. PUNTO CRITICO
ATTIVITA’ DI CONTROLLO Fase produttiva: Produzione di ghiaccio Produzione di ghiaccio Verifica delle caratteristiche CCP microbiologiche del ghiaccio utilizzato per l’uccisione (Allegato 2, Tab. 1) Fase produttiva: Pesca Prelievo pesce CCP
Uccisione eutanasica con ghiaccio (ghiacciatura) CCP
Refrigerazione CCP
RESPONSABILE
REQUISITO
RGD/R. Pro
Caratteristiche microbiologiche del prodotto (Tab. 4)
Rispetto del periodo di pesca previsto
RGD/R. Pro
Rispetto della tecnica di pesca utilizzata Rispetto aree di pesca utilizzate
RGD/R. Pro
Rispetto dell’area di pesca identificata e del periodo di pesca previsto anche a garanzia delle caratteristiche biochimiche del prodotto (Tabb. 3 e 5) Rispetto del requisito di prodotto riportato in Tab. 5 Rispetto del requisito di prodotto riportato in Tab. 5
RGD/R. Pro Ispettore Consorzio/Ente di Certificazione Tecnico aziendale
Verifica visiva della presenza di acqua e ghiaccio nelle quantità previste dall’IOP 01 Verifica delle operazioni RGD/R. Pro di sanificazione delle superfici di contatto delle vasche utilizzate per la ghiacciatura Verifica visiva della RGD/R. Pro presenza di acqua e ghiaccio nelle quantità previste dall’IOP 01
Caratteristiche microbiologiche del prodotto (Tab. 4)
Caratteristiche microbiologiche del prodotto (Tab. 4)
Caratteristiche microbiologiche del prodotto (Tab. 4)
Verifica fisica del mantenimento catena del freddo (0-4 °C)
Tab. 9: Valutazione dei punti critici del processo produttivo in relazione ai requisiti oggetto di certificazione ipotizzati.
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PUNTO CRITICO
ATTIVITA’ DI CONTROLLO
RESPONSABILE
REQUISITO
Confezionamento Incassettamento CCP
- Verifica visiva del rispetto delle quantità di ghiaccio previste dalla IOP 02 - Verifica fisica e del mantenimento catena del freddo (0-4 °C) Verifica fisica e visiva del mantenimento catena del freddo (0-4 °C)
Fase stoccaggio in barca CCP Fase produttiva: Sbarco Trasporto e Vendita Sbarco e Vendita
Trasporto e Vendita CCP
RGD/R. Pro
Caratteristiche microbiologiche del prodotto (Tab. 4)
RGD/R. Pro
Caratteristiche microbiologiche del prodotto e durabilità del prodotto (Tab. 4)
Verifica fisica e visiva del mantenimento catena del freddo (0-4 °C) Tecnico aziendale ed Verifica mantenimento RGD catena del freddo (0-4 °C): - Rilevamenti fisici (controllo tabulati di registrazioni se si usa un mezzo refrigerato)
Caratteristiche microbiologiche del prodotto e durabilità del prodotto (Tab. 4) Caratteristiche microbiologiche del prodotto (Tab. 4)
Caratteristiche connesse al servizio (Tabb. 3, 6, 7 e 8)
- Verifica visiva della presenza di ghiaccio secondo IOP 02 Verifica rispetto tempi di consegna
Tab. 9: valutazione dei punti critici del processo produttivo in relazione ai requisiti oggetto di certificazione ipotizzati.
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IDENTIFICAZIONE E RINTRACCIABILITA’
Vengono di seguito riportate in modo schematico le codifiche che l’azienda può adottare per garantire il processo di rintracciabilità del prodotto allevato dal momento in cui il prodotto fa ingresso in azienda. Il mantenimento del sistema di tracciabilità è responsabilità del RGD (insieme al R. Pro.). Lo schema riporta le singole fasi del processo insieme alle informazioni che l’azienda rileva e registra con lo scopo di mantenere una memoria dei passaggi subiti dal prodotto stesso nel caso in cui il prodotto venga pescato ed immediatamente incassettato a bordo senza passare attraverso un impianto intermedio per l’incassettamento. Le partite di materia sbarcate dall’azienda di pesca, devono essere identificate attribuendo un codice per ogni lotto (identificato ad es. come giorno di pesca), che deve essere riportato nel Documento di Trasporto (ddT) che deve, per legge, accompagnare sempre la merce. È ipotizzabile l'uso di una codifica che identifichi l’Azienda di Pesca (riportata nelle liste dei fornitori accreditati) seguito da un codice (la data di cattura) che corrisponda al lotto di pesca. In particolare la codifiche dovrebbe prevedere: a) Identificazione dell’imbarcazione / Azienda di pesca, mediante l’istituzione di un Registro con l’assegnazione di un Codice per ciascun fornitore. Il Fornitore dovrà inoltre dichiarare la zona di cattura, sulla base della suddivisione delle aree di pesca, utilizzando l’esempio di seguito riportato (Fig. 24). b) Identificazione del lotto in uscita mediante una codifica che riporti: Codice Fornitore/DDT/gg-mm-aa pesca Nel caso in cui il Richiedente (Provincia/Consorzio di pesca etc…) volesse inserire tra le peculiarità del marchio anche l’uso di particolari aree di pesca (vedi Tab. 5), allora potrebbe essere inserito il codice dell’area utilizzata (nel caso in cui fosse giudicato più efficace, può essere inserito il nome per esteso). Così ad es. si potrebbe avere : Logo Ente di Certificazione, Logo Richiedente (ad es. la Provincia di Palermo), Nome motobarca, codice area pesca, Data e ora di pesca. Il prodotto giunto alla distribuzione finale all’interno delle cassette può a questo punto essere venduto al consumatore finale anche a singoli pezzi.
Fig. 24: esempio di suddivisione e codifica delle aree di pesca per la verifica dei requisiti del disciplinare (provenienza dei prodotti soggetti a lavorazione) e per la tracciabilità dei prodotti
Nel caso il prodotto venga venduto ad un Grossista o ad una Azienda di Lavorazione, tutte le suddette informazioni devono accompagnare il lotto o sue sottoporzioni (generate dai diversi passaggi a Dettaglianti o dalle diverse Emissione documento Rev. 1
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lavorazioni cui può essere avviato il prodotto). In particolare nel caso della Lavorazione, la scheda identificativa del lotto deve seguire il prodotto lungo tutte le varie fasi del processo ed essere puntualmente riportata su appositi registri fino al momento in cui avviene la vendita, col conseguente “scarico” del prodotto. Su ciascuna scheda verranno inoltre riportate le quantità di partenza del lotto e le quantità generate dallo stesso lungo il processo (vedi Allegato 2 Relazione Finale A320). Nel caso il prodotto venga solitamente venduto ad una Azienda di Lavorazione, quest’ultima, al fine di identificare i requisiti che il prodotto in ingresso deve possedere per essere idoneo alla lavorazione, predisporrà un apposito Capitolato di Accordo. In tale Capitolato il fornitore di prodotto fresco dovrà dichiarare: il nome del conferente il carico o partita, l'identificazione della zona di pesca, la data di pesca e le modalità di conservazione e trasporto del pescato dal momento della pesca fino all'arrivo allo stabilimento. Potranno essere previste anche visite periodiche da parte del Resp. Qualità dello stabilimento presso i fornitori per verificare le condizioni di operatività degli stessi. Una volta aderito al Capitolato, i fornitori verranno considerati "fornitori accreditati" e iscritti in un apposito registro, sulla base dell’applicazione di una apposita procedura di qualifica. La verifica dei requisiti dei fornitori accreditati potrà essere condotta in qualsiasi momento nel corso dell'anno, mediante una apposita verifica ispettiva (vedi Relazione Finale A320).
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PIANO DEI CONTROLLI
Con lo scopo di individuare in modo preventivo gli eventuali scostamenti dallo standard fissato come requisito da sottoporre a certificazione per ciascuno dei punti critici individuati (vedi par. 7.1 e Tab. 9) devono essere individuati dei valori soglia, al superamento dei quali è necessario intervenire mediante l’applicazione di un’azione correttiva. Di seguito nella tabella per ciascun punto critico è stata ipotizzata l’attività di controllo che potrebbe essere attuata a garanzia del mantenimento dei requisiti previsti. Per ciascuna di queste sono riportate le responsabilità individuate all’interno dell’azienda, la frequenza con i controlli devono essere attuati ed i rispettivi documenti di registrazione (Tab. 10). Per quanto attiene la verifica analitica questa viene commissionata a laboratori di analisi accreditati SINAL per le prove richieste. PUNTO CRITICO
ATTIVITÀ DI RESPONSABILE CONTROLLO
FREQUENZA MINIMA
DOC. REGISTRAZ.
mensile
Verbale verifica ispettiva interna e/o esterna
giornaliero
Registrazione rotta e verifica dei dati restituiti da sistemi di rilevamento GPS di cui le imbarcazioni devono essere dotate
Fase produttiva: Scelta dell’attrezzatura di pesca - Verifica del RGD/R. Pro diametro della maglia utilizzata nelle battute di pesca Fase produttiva: Scelta e raggiungimento dell’area di pesca CCP
CCP
- Verifica del rispetto dei limiti relativi all’area di pesca
RGD/R. Pro
Tab. 10: Piano dei controlli con riportate le responsabilità individuate all’interno dell’azienda, la frequenza delle verifiche che devono essere attuate ed i rispettivi documenti di registrazione
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PUNTO CRITICO
ATTIVITÀ DI RESPONSABILE CONTROLLO
FREQUENZA MINIMA
DOC. REGISTRAZ.
A campione (ogni tre mesi)
Referti analitici condotti da laboratorio accreditato per le prove previste
- ogni 6 mesi circa e ogni volta che si riscontrassero valori non conformi sulla qualità delle acque in uscita al macchinario
Referti analitici condotti da laboratorio accreditato per le prove previste
- ogni 6 mesi circa e ogni volta che si riscontrassero valori non conformi sulla qualità delle acque in uscita al macchinario
Referti analitici condotti da laboratorio accreditato per le prove previste
Fase produttiva: Produzione di ghiaccio CCP
- Verifica flora microbiologica del ghiaccio utilizzato per la ghiacciatura (allegato 1)
RGD/R.
Nel caso in cui il ghiaccio fosse prodotto dal richiedente ai precedenti controlli andrà aggiunta: Verifica flora microbiologica dell’acqua in ingresso alla macchina del ghiaccio - verifica flora microbiologica presente sulle superfici dell’attrezzatura utilizzata per la produzione e manipolazione del ghiaccio Fase produttiva: Cernita CCP
Rispetto delle caratteristiche legate all’aspetto del prodotto (Allegato 2)
RGD/R.
Trimestrale: Verifica Rapporto di verifica a campione sul interna e/o esterna prodotto pronto allo sbarco
Tab. 10: Piano dei controlli con riportate le responsabilità individuate all’interno dell’azienda, la frequenza delle verifiche che devono essere attuate ed i rispettivi documenti di registrazione
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PUNTO CRITICO
ATTIVITÀ DI RESPONSABILE CONTROLLO
FREQUENZA MINIMA
DOC. REGISTRAZ.
Controllo fisico RGD/R. della temperatura del prodotto RGD/R. Verifica delle condizioni igieniche delle superfici di contatto del prodotto - esame visivo - analisi microbiologica delle superfici di contatto (Allegato 2) Fase produttiva: Stoccaggio
A campione giornalmente
Rapporto di verifica interna e/o esterna
Trimestrale ed ogniqualvolta si dovessero riscontrare valori non conformi sul prodotto
Referti analitici condotti da laboratorio accreditato per le prove previste
RGD/R. Controllo fisico della temperatura del prodotto (04°C) RGD/R. Verifica delle condizioni igieniche delle superfici di contatto del prodotto - esame visivo - analisi microbiologica delle superfici di contatto (Allegato 2)
A campione giornalmente
Rapporto di verifica interna e/o esterna
Ogni 6 mesi ed ogniqualvolta si dovessero riscontrare valori non conformi sul prodotto
Referti analitici condotti da laboratorio accreditato per le prove previste
Fase produttiva: Ghiacciatura CCP
CCP
Tab. 10: Piano dei controlli con riportate le responsabilità individuate all’interno dell’azienda, la frequenza delle verifiche che devono essere attuate ed i rispettivi documenti di registrazione
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PUNTO CRITICO
ATTIVITÀ DI RESPONSABILE CONTROLLO
FREQUENZA MINIMA
DOC. REGISTRAZ.
Controllo fisico della temperatura del prodotto (04°C)
Rapporto di verifica Tutte le volte che viene eseguita tale interna e/o esterna operazione ad intervalli variabili in dipendenza della durata delle operazioni. Durante il trasporto ad intervalli di tempo regolari su un campione tenendo anche in considerazione dell’ordine di incassettamento (minimo ogni due ore)
Sbarco CCP
RGD/R. Pro
Fase produttiva: Trasporto e Vendita Verifica fisica e visiva del mantenimento catena del freddo (0-4 °C)
RGD/R. Pro
Verifica rispetto tempi di consegna al cliente finale
RGD/R. Pro
Ad intervalli variabili in dipendenza della durata delle operazioni, su un campione tenendo anche in considerazione dell’ordine di incassettamento (minimo ogni ora) Mensile
Modulo di registrazione del lotto pescato
Verbale verifica interna e/o esterna Modulo dei reclami
Tab. 10: Piano dei controlli con riportate le responsabilità individuate all’interno dell’azienda, la frequenza delle verifiche che devono essere attuate ed i rispettivi documenti di registrazione
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PROCEDURE DI GESTIONE NECESSARIE A SUPPORTO DELLA CERTIFICAZIONE
Perché il documento tecnico di riferimento possa essere applicato è necessario che le aziende interessate, nel loro piccolo mettano a punto una serie di procedure che risultano indispensabili alla gestione del disciplinare. Per quanto concerne la formazione ad esempio si potrebbe pensare ad un ruolo centrale della Provincia, che quale responsabile dell’applicazione del disciplinare (Richiedente) potrebbe predispone annualmente un programma di formazione rivolto ai singoli aderenti in base alle esigenze emerse nel corso dell’anno (reclami, non conformità ecc.)ed sulla base di una proposta del Responsabile Gestione Disciplinare. Il programma deve contenere l’argomento, il periodo e i docenti previsti. L’attività formativa può essere organizzata dall’Azienda (in questo caso il Provincia) o da Enti esterni e i docenti possono essere RGD o personale esperto interno o esterno all’Azienda. Devono essere fissate le modalità di registrazione delle singole sedute che comunque devono contenere informazioni inerenti i partecipanti, l’argomento, le ore ed il nome del docente che lo firma per attestazione. Nel caso di interventi formativi organizzati da Enti esterni viene richiesto dall’Azienda un attestato di partecipazione relativo a ogni singolo partecipante. La documentazione relativa alla formazione viene conservata in Azienda e archiviata da RGD. È inoltre, necessario predisporre una procedura per la gestione dei reclami relativi a requisiti di prodotto e/o gestione del disciplinare, stabilire modalità di gestione dei documenti e delle registrazioni, dettagliare le modalità con cui devono essere effettuate le verifiche ispettive interne. Nel caso in cui si verificassero delle non conformità nel prodotto rispetto ai requisiti oggetto di certificazione l’azienda deve predisporre delle azioni in grado di correggere la non conformità stessa. Tali azioni verranno di volta in volta valutate in relazione al tipo di non conformità che si verifica e serviranno come riferimento per un eventuale aggiornamento del piano di controlli da operare in sede di riesame della direzione. Almeno una volta all’anno o quando le condizione lo rendono necessario, infatti, la Direzione ed il Responsabile del disciplinare svolge un riesame formalizzato del disciplinare e della sua applicazione, verificando ad esempio: l’adeguatezza del disciplinare e sua applicazione, l’adeguatezza alla normativa in vigore, i risultati delle verifiche ispettive, le non conformità e reclami, lo stato delle azioni correttive e preventive, le eventuali proposte e progetti di miglioramento.
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ALLEGATO 1 Per quanto concerne le caratteristiche del ghiaccio utilizzato per la ghiacciatura e per la refrigerazione del prodotto incassettato, quando venga prodotto con acqua dolce il riferimento normativo è il Dlgs 152/06, parte terza, Sezione II, titolo II (tab. 1/A Allegato 2) che definisce la potabilità dell’acqua in base a specifici requisiti chimici e microbiologici: Parametro
Valore di parametro
Unità di misura
Note
Acrilammide Antimonio Arsenico Benzene Benzo(a)pirene Boro Bromato Cadmio Cromo Rame Cianuro 1,2 dicloroetano Epicloridrina Fluoruro Piombo Mercurio Nichel Nitrato (come NO3) Nitrito (come NO2) Antiparassitari Antiparassitari – Totale Idrocarburi policiclici aromatici
0,10 5,0 10 1,0 0,010 1,0 10 5,0 50 1,0 50 3,0 0,10 1,50 10 1,0 20 50 0,50 0,10 0,50 0,10
µg/l µg/l µg/l µg/l µg/l mg/l µg/l µg/l µg/l mg/l µg/l µg/l µg/l mg/l µg/l µg/l µg/l mg/l mg/l µg/l µg/l µg/l
Nota 1
Selenio TetracloroetileneTricloroetilene
10 10
µg/l µg/l
Trialometani - Totale
30
µg/l
Cloruro di vinile Clorito Vanadio
0,5 200 50
µg/l µg/l µg/l
Nota 2 Nota 3 Nota 1 Note 3 e 4 Nota 3 Nota 5 Nota 5 Note 6 e 7 Note 6 e 8 Somma delle concentrazioni di composti specifici; Nota 9 Somma delle concentrazioni di parametri specifici Somma delle concentrazioni di composti specifici; Nota 10 Nota 1 Nota 11
Indipendentemente dalla sensibilità del metodo analitico utilizzato, il risultato deve essere espresso indicando lo stesso numero di decimali riportato in tabella per il valore di parametro. Nota 1: Nota 2: Nota 3:
Il valore di parametro si riferisce alla concentrazione monomerica residua nell'acqua calcolata secondo le specifiche di rilascio massimo del polimero corrispondente a contatto con l'acqua. Ove possibile, ci si deve adoperare per applicare valori inferiori senza compromettere la disinfezione. Il valore si riferisce ad un campione di acqua destinata al consumo umano ottenuto dal rubinetto tramite un metodo di campionamento adeguato e prelevato in modo da essere rappresentativo del valore medio dell'acqua ingerita settimanalmente dai consumatori. Le procedure di prelievo dei campioni e di controllo vanno applicate se del caso, secondo metodi standardizzati da
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stabilire ai sensi dell'art. 11 comma 1 lett. b). L'Autorità sanitaria locale deve tener conto della presenza di livelli di picco che possono nuocere alla salute umana. Nota 4: Per le acque di cui all'art. 5, comma 1, lett. a), b) e d), questo valore deve essere soddisfatto al più tardi entro il 25 dicembre 2013. Il valore di parametro del piombo nel periodo compreso tra il 25 dicembre 2003 ed il 25 dicembre 2013 è pari a 25 µg/l. Le regioni, le Aziende sanitarie locali ed i gestori d'acquedotto, ciascuno per quanto di competenza, devono provvedere affinché venga ridotta al massimo la concentrazione di piombo nelle acque destinate al consumo umano durante il periodo previsto per conformarsi al valore di parametro; nell'attuazione delle misure intese a garantire il raggiungimento del valore in questione deve darsi gradualmente priorità ai punti in cui la concentrazione di piombo nelle acque destinate al consumo umano è più elevata. Nota 5: Deve essere soddisfatta la condizione: nitrato]/50 + (nitrito)/0.5 (0.1) 1, ove le parentesi quadre esprimono la concentrazione in mg/l per il nitrato (NO3) e per il nitrito (NO2), e il valore di 0,10 mg/I per i nitriti sia rispettato nelle acque provenienti da impianti di trattamento. Nota 6: Per antiparassitari s'intende; - insetticidi organici - erbicidi organici - fungicidi organici - nematocidi organici - acaricidi organici - alghicidi organici - rodenticidi organici - sostanze antimuffa organiche - prodotti connessi (tra l'altro regolatori della crescita) e i pertinenti metaboliti, prodotti di degradazione e di reazione. Il controllo è necessario solo per gli antiparassitari che hanno maggiore probabilità di trovarsi in un determinato approvvigionamento d'acqua. Nota 7: Il valore di parametro si riferisce ad ogni singolo antiparassitario. Nel caso di aldrina, dieldrina, eptacloro ed eptacloro epossido, il valore parametrico è pari a 0,030 µg/l. Nota 8: "Antiparassitari – Totale" indica la somma dei singoli antiparassitari rilevati e quantificati nella procedura di controllo. Nota 9: I composti specifici sono i seguenti: - benzo(b)fluorantene - benzo(k)fluorantene - benzo(ghi)perilene - indeno(1,2,3-cd)pirene Nota 10: I responsabili della disinfezione devono adoperarsi affinché il valore parametrico sia più basso possibile senza compromettere la disinfezione stessa. I composti specifici sono: cloroformio, bromoformio, dibromoclorometano, bromodiclorometano. Nota 11 Per le acque di cui all'art. 5, comma 1, lett. a), b) e d), questo valore deve essere soddisfatto al più tardi entro il 25 dicembre 2006. Il valore di parametro clorito, nel periodo compreso tra il 25 dicembre 2003 e il 25 dicembre 2006, è pari a 800 µg/l.
Parametri microbiologici Parametro Escherichia coli (E. coli) Enterococchi
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Valore di parametro (numero/100 ml) 0 0
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ALLEGATO 2 Limiti da rispettare individuati a garanzia dei requisiti microbiologici del prodotto ittico pescato: Superfici ed attrezzature di lavorazione Variabili biologiche e microbiologiche Recipienti <5*102 UFC/10 cm 2
Carica microbica mesofila Escherichia coli
assente
Vibrio parhaemolyticus
assente Superfici a contatto con l’alimento <5*10 2 UFC/10 cm 2
Carica microbica mesofila Escherichia coli
assente
Vibrio parhaemolyticus
assente
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ISTRUZIONE OPERATIVA 02 TRASPORTO ED INCASSETTAMENTO
Data di emissione
Rev.
Emissione documento Rev. 1
Distribuzione
data:
DG
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RAQ
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SCOPO Nel rispetto del “Disciplinare di Conformità di spigola ed orata allevate in mare aperto”, ad integrazione delle buone prassi operative in uso presso l’impianto ai sensi del Reg. 852/04 e del Reg. 853/04/CE, l’azienda ha predisposto per le fasi operative importanti per la gestione del disciplinare stesso alcune istruzioni operative di riferimento agli operatori interessati alla loro realizzazione. CAMPO DI APPLICAZIONE L’istruzione viene applicata dal RGD durante la fase di pesca a bordo del natante utilizzato dall’impianto per la realizzazione di tale operazione. La presente istruzione si riferisce all’attività di trasporto all’impianto ed incassettamento del prodotto ittico pescato DEFINIZIONI Incassettamento: consiste nel disporre gli un certo numero di animali all’interno di contenitori adatti agli alimenti, con una prima selezione e cernita del pescato con l’applicazione di uno strato di ghiaccio finale. Dal momento che la cassetta non viene chiusa in modo definitivo questa non deve essere identificata ai fini normativi dell’etichettatura come una confezione. MODALITA’ OPERATIVE Viene di seguito descritto in sintesi quanto deve essere osservato dagli operatori al fine di garantire il rispetto della catena del freddo e la corretta manipolazione del prodotto durante tutte le operazioni condotte sull’imbarcazione dal momento in cui il prodotto viene incassettato fino a quando viene commercializzato. Dopo le operazioni di lavaggio il prodotto viene rapidamente incassettato. Quando le quantità impediscono che le operazioni vengano svolte in tempi adeguati, il pescato viene tenuto nelle baie con acqua e ghiaccio in modo da mantenere la catena del freddo (0-4°C) durante la fase precedente l’incassettamento. Alle cassette viene aggiunto il ghiaccio in rapporto 1/2-1/3 (il rapporto tra ghiaccio ed il non deve mai essere al di sotto di 1/5). Tra il pesce azzurro ed il ghiaccio viene interposto un foglio di polietilene per alimenti. A fine incassettamento viene eseguito a campione un controllo fisico delle temperature Le confezioni vengono poste nelle celle di stoccaggio (coibentate o refrigerate), in attesa dello sbarco e della commercializzazione, avendo cura di verificare con cadenza regolare la temperatura del prodotto. Tale operazione deve essere condotta tenendo in considerazione anche dell’ordine temporale di incassettamento e di stoccaggio.
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