Istituto Istruzione Superiore “ Giovanni Malafarina “ – Soverato
anno scolastico 2014 / 2015 Progetto Club Lions Squillace -Cassiodoro
Le Donne della «Grande Guerra» 1915-1918
ALUNNA : NAPOLI MARTINA
CLASSE 5° sez. C
Docente Referente : Doronzo Antonietta
Durante la Grande Guerra, l’allontanamento degli uomini dai loro ruoli quotidiani , costrinse la società civile (non senza una buona dose di ostilità e diffidenza) ad affidare compiti significativi alle donne rimaste a casa, assegnando loro attività tipicamente maschili. La guerra si trasformò così in un ottimo contesto per dimostrare le capacità femminili anche in campo lavorativo e per consentire alle donne di abbandonare, anche se momentaneamente, il focolare domestico.
Un altro ruolo svolto dalle donne durante la prima guerra mondiale, divenuto poi una delle immagini più riconosciute nel dopoguerra, è quello delle infermiere volontarie della Croce Rossa: nel 1915 già 4.000 donne avevano seguito un corso di formazione organizzato dalla CRI per offrire assistenza ai malati e ai feriti negli ospedali locali, nei treni-ospedali o negli ospedali da campo allestiti presso le stazioni ferroviarie. A partire dal 1916 inoltre le infermiere vennero mandate anche al fronte.
Le attività in cui le donne furono coinvolte durante la prima guerra mondiale furono comunque numerose, di forte rilevanza sociale ed economica. In primis, naturalmente, le attività assistenziali (ovvero le attività in linea con le aspettative dell’epoca): molte donne fecero parte e diressero comitati di assistenza alle vedove e alle famiglie dei soldati al fronte e svolsero attività assistenziali di supporto alla guerra come arrotolamento di bende, raccolta della lana, confezionamento di indumenti per i soldati, assistenza alle famiglie dei militari, informazione per facilitare i contatti tra gli uomini al fronte e le famiglie, punti di ristoro per le truppe in transito, mense gratuite per i poveri, assistenza agli orfani e raccolte fondi.
Le donne, tuttavia, non si limitarono a compiere servizi assistenziali: il vuoto di manodopera lasciato dagli uomini spediti al fronte doveva essere colmato, per non interrompere lo sviluppo industriale che fiorì in Italia nel secondo decennio del Novecento. Ecco perché la manodopera femminile impiegata negli stabilimenti aumentò vertiginosamente: dalle poche migliaia censite all’inizio della guerra, le lavoratrici diventano 23.000 alla fine del 1915, 89.000 alla fine del 1916, 175.000 alla fine del 1917 e circa 200.000 al termine del conflitto. Molte di queste lavoratrici diventarono operaie nella lavorazione delle armi e nei laboratori tessili: circa 600.000 lavoranti in gonnella producevano infatti divise e uniformi per le forze armate nei laboratori o anche ( e soprattutto) a domicilio nelle proprie abitazioni, con un salario davvero irrisorio.
Ci fu un altro settore in cui le nuove lavoratrici si dimostrarono assolutamente all’altezza dei loro colleghi uomini, destando altre ostilità: l’agricoltura. Le donne si trovarono infatti per la prima volta ad usare le macchine agricole per svolgere un lavoro duro, pesante, tipicamente maschile così come si videro costrette a occuparsi della contabilità. Impieghi ben lontani dall’emancipazione dei ruoli ma che dimostrarono l’effettiva forza delle donne contadine, infondendo a tutto il mondo femminile dell’epoca una nuova sicurezza ed un rinnovato orgoglio di genere
In conclusione la prima guerra mondiale diede alle donne l’occasione di sperimentare e sperimentarsi, di uscire anche solo momentaneamente dal focolare domestico per rivestire nuovi ruoli, nuove mansioni, nuove professioni, spesso appannaggio della sfera maschile. Le prospettive cambiarono, la rigidità dei costumi si allentò (tanto che le gonne si erano accorciate e in generale l’abbigliamento femminile diventato più pratico). É tuttavia vero che questa sovversione di ruoli e di genere ebbe effetti temporanei e mutò, per la maggior parte, subito dopo il termine delle ostilità: per molte donne infatti la fine della guerra significò un ritorno ai vecchi ruoli.