Lande, macchie, garighe e praterie
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Lande, macchie, garighe e praterie 4030 4060 4090 5110 5130 5210 5320 5330 6110 6130 6170 6210 6220 6230 6310 6410 6420 6430 6510 6520
Lande secche europee Lande alpine e boreali Lande oro-mediterranee endemiche a ginestre spinose Formazioni stabili xerotermofile a Buxus sempervirens sui pendii rocciosi (Berberidion p.p.) Formazioni a Juniperus communis su lande o prati calcicoli Matorral arborescenti di Juniperus spp. Formazioni basse di euforbie vicino alle scogliere Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici Formazioni erbose calcicole rupicole o basofile dell’Alysso-Sedion albi Formazioni erbose calaminari dei Violetalia calaminariae Formazioni erbose calcicole alpine e subalpine Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco - Brometalia) (* notevole fioritura di orchidee) Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea Formazioni erbose a Nardus, ricche di specie, su substrato siliceo delle zone montane (e delle zone submontane dell’Europa continentale) Dehesas con Quercus spp. sempreverde Praterie con Molinia su terreni calcarei, torbosi o argilloso-limosi (Molinion caeruleae) Praterie umide mediterranee con piante erbacee alte del Molinio-Holoschoenion Bordure planiziali, montane e alpine di megaforbie idrofile Praterie magre da fieno a bassa altitudine (Alopecurus pratensis, Sanguisorba officinalis) Praterie montane da fieno
Introduzione In questa ampia categoria sono stati riuniti habitat “aperti”, caratterizzati da vegetazione con struttura dominata dagli strati erbacei o arbustivi, talora misti fra loro. Sovente questi habitat rappresentano stadi intermedi nell’ambito di processi evolutivi che conducono alle tipologie forestali illustrate in seguito. Non mancano però habitat che, localmente, dove le condizioni topografiche (in primis l’acclività e l’altitudine) ed edafiche (del suolo) sono fortemente condizionanti, rappresentano il massimo dell’evoluzione possibile. Questi ultimi tipi di habitat sono dotati di una certa stabilità naturale, mentre la persistenza degli stadi intermedi dipende dal ripetersi o meno di fenomeni di perturbazione (incendio, pascolo, sfalcio, ecc). Queste ultime situazioni sono molto diffuse; pertanto diversi di questi habitat - ma non tutti - possono essere considerati tra quelli maggiormente legati alle attività agropastorali che costituiscono un insieme di perturbazioni cicliche indispensabili per il loro mantenimento. Le caratteristiche degli habitat erbacei e arbustivi si possono distinguere anche in base alla zona biogeografica e climatica entro cui essi ricadono; si osservano pertanto habitat con gravitazione tipicamente mediterranea, continentale o alpina. Si possono differenziare, soprattutto quelli erbacei, anche in base alla disponibilità idrica e di nutrienti: praterie xerofile, mesoxerofile, mesofile e mesoigrofile, igrofile, prati magri o grassi, ecc. Infine si possono distinguere formazioni con copertura vegetale continua o discontinua. Molti di questi habitat sono collegati fra loro da rapporti dinamici nell’ambito della stessa serie o appartengono a serie diverse, ma mostrano contatti catenali. La regressione e l’evoluzione sono per lo più connesse alla presenza delle attività rurali citate (e alla loro intensità) o all’abbandono di queste.
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Atlante degli Habitat In linea di massima questo gruppo di habitat comprende: ß garighe: con vegetazione erbaceo-suffruticosa discontinua, di carattere mediterraneo, e ampie zone nude; ß macchie: con vegetazione arbustiva di altezza variabile (da bassa, 0,5-1,5 m, ad alta, 1,5-2 m), generalmente densa, di carattere mediterraneo; ß pseudogarighe e pseudomacchie: corrispondenti alle garighe e alle macchie, ma con carattere non tipicamente mediterraneo; ß lande: con vegetazione dominata da camefite e nanofanerofite, simili alle pseudomacchie; ß steppe e pseudosteppe: formazioni erbacee xeriche mantenute per lo più dal pascolo non gestito e/o dal fuoco; ß prati: formazioni erbacee mantenute per lo più con lo sfalcio; ß pascoli: formazioni erbacee mantenute per lo più con il pascolo di animali di diverso tipo (bovini, ovini ed equini in primo luogo); ß prati-pascoli: formazioni erbacee mantenute da cicli di alternanza delle attività di sfalcio e di pascolo; ß orli: formazioni erbacee o erbaceo-arbustive (con erbe graminoidi sia a foglia larga) tipiche delle zone ecotonali, di contatto fra habitat diversi, al margine di boschi e arbusteti; ß megaforbieti: formazioni dominate da grandi erbe a foglie larghe, non graminoidi.
Il termine prateria è utilizzato in modo indistinto per indicare sia i prati sia i pascoli o i prati-pascoli. Molti di questi habitat sono oggetto di notevoli interessi socio-economici. Il loro mantenimento dipende, come detto, dal mantenimento di regolari attività rurali ed è perciò chiaro che lo spopolamento delle aree montane e l’inurbamento li pone in serio pericolo. Essi svolgono un ruolo importantissimo per la fauna (sia invertebrati, sia vertebrati di diversa taglia e in particolare l’avifauna) e per il paesaggio. Nella maggior parte dei casi, diversi di questi habitat concorrono a formare mosaici eterogenei ed è proprio al mantenimento di questa eterogeneità che dovrebbero essere rivolti i programmi e i progetti di intervento.
Lande, macchie, garighe e praterie della Liguria In Liguria si possono riconoscere venti tipi di habitat riferibili alle caratteristiche sopra riportate. Fra questi troviamo lande, pseudomacchie e pseudogarighe delle zone altitudinali maggiori, proprie del piano montano o alpino: lande secche europee, lande alpine e boreali, lande oro-mediterranee endemiche a ginestre spinose, formazioni stabili xerotermofile a Buxus sempervirens sui pendii rocciosi (Berberidion p.p.), formazioni a Juniperus communis su lande o prati calcicoli; raramente gli ultimi due tipi si possono osservare anche a bassa quota. Si distinguono tipi di habitat arbustivi eterogenei in dipendenza della specie dominante, con aspetti tendenzialmente mediterranei e altri montani o subalpini come i matorral arborescenti di Juniperus spp. Rinveniamo aspetti di gariga definiti dalla direttiva 92/43 come le “formazioni basse di euforbie vicino alle scogliere”, tipicamente litoranee e per lo più naturali o seminaturali, così come le steppe e gli arbusteti definiti “arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici”; troviamo aspetti assai simili a quelli rupestri, come le formazioni erbose calcicole rupicole o basofile dell’Alysso-Sedion albi. Controversa è la presenza delle formazioni erbose calaminari dei Violetalia calaminariae, legate ai substrati ofiolitici, e quelle delle “dehesas con Quercus spp. sempreverde” che hanno una dimensione su più ampia scala di paesaggio con mosaico di tessere diverse erbaceo-arbustive o erbaceo-arborescenti. Assai limitata è la superficie delle formazioni erbose calcicole alpine e subalpine circoscritte ad alcune zone del settore alpico. Al contrario risultano tra gli habitat più diffusi ed estesi le formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo che evidenziano un ruolo prioritario nel mantenimento di significativi popolamenti di orchidee selvatiche, oltre che di una ricchissima diversità ornitica. Questi habitat dipendono spesso da attività umane quali il pascolo o gli incendi, più raramente dallo sfalcio,
Lande, macchie, garighe e praterie
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al quale sono legati invece le praterie magre da fieno a bassa altitudine e le praterie montane da fieno. Limitati alle zone più calde e aride della fascia costiera sono invece i percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea. Molto rare sono le formazioni erbose a Nardus, ricche di specie, in parte legate a terreni umidi. Da elevate disponibilità idriche e talora di nutrienti dipendono alcuni habitat che hanno anche chiare connessioni con gli habitat di acqua dolce e con le torbiere; si tratta di praterie con Molinia su terreni calcarei, torbosi o argilloso-limosi (Molinion caeruleae), praterie umide mediterranee con piante erbacee alte del Molinio-Holoschoenion, bordure planiziali, montane e alpine di megaforbie idrofile. In generale lo stato di conservazione di questi habitat è mediamente soddisfacente. Ciò dipende soprattutto dal fatto che in Liguria non mancano i fattori di perturbazione da cui essi dipendono. Occorre evidenziare come lo stato di conservazione della categoria beneficia di un fenomeno che potremmo definire di interconversione, cioè del fatto che l’attivazione e la cessazione dei fattori di disturbo determina spesso la trasformazione di un tipo di habitat in un altro, più o meno dinamicamente evoluto, ma comunque sempre elencato nell’Allegato 1 della direttiva 92/43.
La gestione di lande, macchie, garighe e praterie Poiché si tratta, salvo alcune eccezioni, di habitat instabili, eterogenei, che occupano superfici da estese a estremamente limitate, rappresentative di tessere di unità del paesaggio, occorre una visione non limitata alle singole tessere, ma allargata ad ampie aree di scala comprensoriale (es.: bacino o provincia). Per la conservazione di questi habitat occorre una pianificazione preliminare che individui: a) le zone con
Mosaico caratteristico di formazioni erbacee e calluneto sulle pendici del Monte Zatta (foto S. Marsili).
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Atlante degli Habitat
vocazione più produttive sotto il profilo agro-silvo-pastorale; b) le zone nelle quali le attività rurali non potrebbero autoalimentarsi sotto il profilo economico e perdurare nel tempo; c) le zone intermedie, dove le attività rurali potrebbero essere mantenute con un impegno economico pubblico, seppure minimo, giustificato dalla garanzia e dai risvolti ambientali positivi di un presidio territoriale. Nel primo caso (a) si ravvisa la necessità di regolamentare le attività in modo da coniugare produttività e mantenimento degli habitat, nel secondo caso (b) è forse conveniente permettere che i processi naturali facciano il loro corso, monitorandoli ed eventualmente intervenendo per limitare possibili situazioni di rischio; nel terzo caso può essere opportuno sostenere economicamente le attività agro-silvo-pastorali in funzione del loro ruolo positivo per gli habitat. In ogni caso appare indispensabile orientare tali attività verso forme ecosostenibili e incentivare il più possibile l’elaborazione di piani/programmi di pascolamento e di sfalcio secondo quanto riportato nella Deliberazione della Giunta regionale n. 126 del 9 febbraio 2007 “Indirizzi per le attività agro-silvo-pastorali nei siti della Rete Natura 2000 in Liguria”. In molti casi è preferibile procedere con interventi a mosaico onde mantenere la diversità complessiva degli habitat e in genere è da evitare la ripresa delle attività agricole dove queste sono state abbandonate da oltre quindici anni ed è necessario eliminare una spontanea e significativa componente arborea. Particolare attenzione dovrebbe essere riservata al controllo delle specie invasive o altamente competitive e banalizzanti (es.: Pteridium aquilinum, Nardus stricta, Brachypodium spp.) e a fenomeni negativi di regressione o evoluzione della vegetazione, dipendenti dal carico del bestiame e dalle sue caratteristiche o da un cattivo uso del fuoco.
Buono
Medio
Cattivo
n.v.
4030 4060 4090 5110 5130 5210 5320 5330 6110 6130 6170 6210 6220 6230 6310 6410 6420 6430 6510 6520 Totali %
2 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0,7
20 7 13 6 13 6 15 20 34 7 6 71 40 5 13 4 5 46 42 4 377 86,7
3 0 0 0 0 1 4 5 0 0 0 2 1 2 2 6 9 13 7 0 55 12,6
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Stato di conservazione di lande, macchie, garighe e praterie dell’Allegato I dir 92/43 (numero di siti)
Lande, macchie, garighe e praterie
Lande secche europee
Codici 31.2 (Lande secche europee) < > > > > >
F4.2 Lande secche F4.2/P-31.21 Lande F4.2/P-31.22 Lande F4.2/P-31.23 Lande F4.2/P-31.24 Lande F4.2/P-31.25 Lande
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4030
Classificazione paleartica Classificazione EUNIS 2002
sub-montane a Vaccinium - Calluna sub-atlantiche a Calluna - Genista atlantiche a Erica - Ulex ibero-atlantiche a Erica - Ulex - Cistus boreo-atlantiche a Erica cinerea
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Lande mesofile o xerofile su suoli silicei, podzolici in climi umidi atlantici e sub-atlantici delle pianure e delle basse montagne dell’Europa occidentale, centrale e settentrionale. Sono compresi i seguenti sottotipi: Pal., 31.21 Lande sub-montane a Vaccinium-Calluna. Calluno-Genistion pilosae p. (Vaccinion vitis-idaeae p.): Vaccinio myrtilli-Callunetum s.l. Lande ricche di Vaccinium spp., usualmente con Calluna vulgaris, del Nord e dell’Ovest delle Isole Britanniche, le aree Erciniche e le quote inferiori delle Alpi, dei Carpazi, i Pirenei e la Cordillera Cantabrica. Pal., 31.22 Lande sub-atlantiche a Calluna-Genista. Calluno-Genistion pilosae p. Basse lande a Calluna spesso ricche di Genista, per lo più delle pianure germanico-baltiche. Simili formazioni che si rinvengono nelle aree degli altopiani britannici, in zone montane di alte montagne del bacino mediterraneo ed aree adriatiche influenzate da elevate precipitazioni sono più convenientemente qui elencate. Pal., 31.23 Lande atlantiche a Erica-Ulex. Ulicenion minoris; Daboecenion cantabricae p.; Ulicion maritimae p. Lande ricche di ginestroni (Ulex) dei margini della regione Atlantica.
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Atlante degli Habitat
Pal., 31.24 Lande ibero-atlantiche a Erica-Ulex-Cistus. Daboecenion cantabricae p.; Ericenion umbellatae p., Ericenion aragonensis; Ulicion maritimae p.; Genistion micrantho-anglicae p. Lande dell’Aquitania con cisti. Lande iberiche con numerose specie di eriche (in particolare Erica umbellata, Erica aragonensis), ginestra, cisti e spesso Daboecia. Quando i cisti e altre specie arbustive mediterranee diventano dominanti, esse dovrebbero essere classificate come macchie di sclerofille (Pal. 32). Pal., 31.25 Lande boreo-atlantiche a Erica cinerea. Piante: Pal., 31.21 - Vaccinium spp., Calluna vulgaris; Pal., 31.22 - Calluna vulgaris, Genista anglica, Genista germanica, Genista pilosa, accompagnate da Empetrum nigrum or Vaccinium spp.; Pal., 31.23 - Ulex maritimus, Ulex gallii, Erica cinerea, Erica mackaiana, Erica vagans; Pal., 31.24 - Erica umbellata, Erica aragonensis, Erica cinerea, Erica andevalensis, Cistus salvifolius, Calluna vulgaris; Pal., 31.25 - Erica cinerea.
Distribuzione geografica L’habitat è ampiamente diffuso sia sul settore alpico, sia su quello appenninico dal piano submontano a quello subalpino, prevalentemente nelle zone con condizioni climatiche ad elevata umidità atmosferica.
Caratteri generali 4030 comprende numerosi aspetti dominati da specie arbustive diverse legate a condizioni edafiche e climatiche differenti. Tali aspetti rivestono ruoli differenti, per lo più di mantello o di orlo. Alcuni di essi sono pienamente rappresentativi rispetto alle indicazioni del manuale mentre altri ricadono nelle lande secche europee solo in base a una visione più ampia, condivisa comunque anche da altre istituzioni che utilizzano un criterio d’interpretazione flessibile. Hanno fisionomia variabile, comprendendo arbusteti bassi e fitti come alcuni calluneti, arbusteti medio-alti (sino a circa 2 m) come alcuni ginestreti, boschetti e nuclei con alte erbe e individui arborescenti sparsi, orli ecc.. Le specie dominanti più caratterizzanti nei diversi aspetti sono soprattutto Calluna vulgaris, Erica cinerea, Genista pilosa, Spartium junceum, Coriaria myrtifolia, Cytisus sessilifolius, Cytisus scoparius, Salix caprea, Sorbus aria, Ulex europaeus, Corylus avellana, Populus tremula, Betula pendula. In senso lato sono comprese qui anche alcune neoformazioni d’invasione su versanti terrazzati abbandonati molto dense e pressoché pure a Corylus. Il suolo è generalmente acido o decalcificato. Il clima con forti influenze atlantiche. La fauna ha una base comune e una componente diversificata in relazione alla specie vegetale dominante. Abbastanza frequenti sono i coleotteri carabidi, coccinellidi (Coccinella hieroglyphica), curculionidi (Strophosoma capitatum, Micrelus ericae), gli ortotteri acrididi (Chorthippus dorsatus, C. parallelus), gli imenotteri e i lepidotteri (molti dei quali nottuidi come Anarta myrtilli, Autophila cataphanes, Lycophotia porphyrea o geometridi come Chlorissa viridata, Operophtera brumata).
Specie guida Piante Avenella flexuosa, Betula pendula., Calluna vulgaris, Chamaecytisus hirsutus, Coriaria myrtifolia, Corylus avellana, Cotinus coggygria, Cytisus scoparius, C. sessilifolius, Danthonia decumbens, Frangula alnus, Erica carnea, Erica cinerea, Genista germanica, G. pilosa, G. tinctoria, Hieracium pilosella, Juniperus commun, Luzula campestris, Molinia arundinacea, Populus tremula, Potentilla erecta, Pteridium aquilinum, Rubus ulmifolius, Rumex acetosella, Salix caprea, Sorbus aria, Spartium junceum, Ulex europaeus., Vaccinium myrtillus, Vaccinium vitis-idaea, Viola canina. Animali Coccinella hieroglyphica, Strophosoma capitatum, Micrelus ericae, Chorthippus dorsatus, C. parallelus, Anarta myrtilli, Autophila cataphanes, Lycophotia porphyrea, Chlorissa viridata, Operophtera brumata.
Lande, macchie, garighe e praterie
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Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Gli habitat sono inquadrabili principalmente nelle classi Calluno-Ulicetea e Rhamno-Prunetea; in subordine si osservano aspetti riferibili ai Betulo-Populetalia tremulae: ÿ Lande secche riferibili ai Calluno-Ulicetea l Lande secche submontane e montane riferibili a Genistion pilosae ° Lande basse (brughiere secondarie) a Genista pilosa, Calluna vulgaris, Erica carnea (Erico-Genistetum pilosae) l Lande basse submontane secondarie a calluna e ginestra germanica (Calluno-Genistetum germanicae) ° Lande basse montane secondarie a mirtillo e calluna (Vaccinio-Callunetum) l Lande basse secondarie di micro e meso-climi subatlantici con Erica cinerea dell’Ulicion minoris ° Lande basse secondarie di micro e meso-climi subatlantici per lo più su substrati ofiolitici a Calluna vulgaris ed Erica cinerea (Calluno-Ericetum cinereae) ÿ Arbusteti alti e mantelli riferibili ai Rhamno-Prunetea l Mantelli e arbusteti con vegetazione riferibile al Pruno-Rubion ulmifolii (escluse formazioni di orlo) ° Mantelli e arbusteti con vegetazione submesofila (serie della roverella o del carpino) riferibile all’associazione Rubo ulmifolii-Coriarietum myrtifoliae ß Mantelli e arbusteti a coriaria e carpino nero prevalentemente su suoli calcarei riferibili alla sottoassociazione Rubo ulmifolii-Coriarietum myrtifoliae ostryetosum carpinifoliae ° Mantelli e arbusteti riferibili all’associazione Pruno-Cotinetum coggygriae ° Altri habitat di mantelli e arbusteti riferibili Pruno-Rubion ulmifolii (escluse formazioni di orlo) l Habitat con vegetazione riferibile al Cytision sessilifolii ° Mantelli e arbusteti con vegetazione riferibile all’associazione Cytisio sessilifolii-Coriarietum myrtifoliae ß Mantelli e arbusteti a coriaria ed erica arborea prevalentemente su suoli silicei riferibili alla sottoassociazione Cytisio sessilifolii-Coriarietum myrtifoliae ericetosum arboreae ° Ginestreti meso-termofili riferibili all’associazione Spartio juncei-Ericetum arboreae ° Aggruppamenti a Cytisus sessilifolius l Habitat con vegetazione riferibile al Sarothamnion scoparii ° Mantello meso-termofilo a ginestra dei carbonai riferibile all’associazione Calluno-Sarothamnetum scopariae ß Habitat con vegetazione caratterizzata dalla sottoassociazione Calluno-Sarothamnetum scoparii ericetosum arboreae ° Altri habitat caratterizzati da ginestra dei carbonai (Sarothamnus scoparius) l Mantelli e arbusteti con vegetazione riferibile al Sambuco-Salicion capreae ° Mantelli e arbusteti con dominanza di salicone (Salix caprea) ° Mantelli e arbusteti con dominanza di sorbo montano (Sorbus aria) l Aspetti secondari a Ulex europaeus ÿ Arbusteti e mantelli riferibili ai Betulo pendulae-Populetalia tremulae (Quercetea pubescenti-petraeae) l Arbusteti e mantelli a nocciolo (Corylus avellana) riferibili al Corylo-Populion tremulae l Arbusteti e mantelli a pioppo tremolo (Populus tremula) riferibili al Corylo-Populion tremulae l Arbusteti e mantelli a betulla (Betula pendula)
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Atlante degli Habitat
Aspetti dinamici e potenzialità Ogni aspetto è l’espressione della combinazione dei fattori edafici e climatici, ma anche di una storia dinamica propria, nonché delle attività antropiche che in taluni casi risalgono a tempi lontani. La particolare affermazione della componente legnosa è pressoché sempre connessa con l’evoluzione della vegetazione, ma ciò può avvenire a seguito di scarso disturbo o come risposta di ripresa vegetativa al passaggio del fuoco. Localmente, laddove viene esercitata una intensa pressione a pascolo, i processi possono essere regressivi e indirizzati verso formazioni a copertura discontinua (gariga o prateria). A seconda delle condizioni stazionali (pendenza dei versanti, presenza di venti intensi e regolari, ricorrenza di incendi o pascolo, ecc) possono prevalere specie che permangono a lungo oppure specie preforestali fugaci. In alcuni casi come, per esempio in certi corileti, l’evoluzione può risultare quasi bloccata dalla densa copertura del nocciolo che offre scarse possibilità di infiltrazione e affermazione ad altre latifoglie. In aree percorse dal fuoco l’evoluzione può essere interrotta dall’affermarsi della felce aquilina. Nella maggior parte dei casi, le lande riferibili a 4030 corrispondono ad aspetti secondari (mantelli e preboschi) che rientrano nelle serie dei boschi del Physospermo-Quercetum petraeae, del Lathyro-Quercetum cerridis, del Plagio-Ostryetum carpinifoliae, del Fagion sylvaticae.
Rapporti con l’utilizzo del territorio In Liguria le formazioni riferibili a 4030 si collocano per lo più in zone montane dove in passato erano maggiormente diffuse le attività rurali (pascolo in primo luogo) e il presidio del territorio. La cessazione o la contrazione di tali attività ha permesso la colonizzazione delle formazioni erbacee da parte della componente legnosa, camefitica e nanofanerofitica e l’espansione di calluneti, ginestreti, mantelli e altri tipi di lande del 4030. Nel settore zootecnico questi aspetti vengono considerati negativamente come pascoli “degradati”, irrecuperabili o recuperabili solo con significativi e costosi interventi.
Lande montane riferibili a 4030 sul Monte Zatta (foto S. Marsili).
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Importanza Si tratta di habitat importanti soprattutto sotto il profilo ecologico, paesaggistico, culturale e didattico. Essenziale è il ruolo che essi svolgono nella ricostituzione del bosco e nella protezione dei versanti. Essi permettono inoltre lo svolgimento delle attività trofiche e riproduttive a diversi uccelli, piccoli mammiferi e invertebrati. Sotto il profilo economico, la diffusione dei diversi aspetti è invece considerata come un fattore di riduzione del ritorno economico nell’ambito zootecnico. A livello locale un prodotto di importanza economica, seppur minima, può essere rappresentato dalle fronde di Pteridium e da altro materiale utilizzabile come strame. Alcuni aspetti (come a esempio quelli a Calluna) svolgono un ruolo favorevole per la produzione di mieli. Alcuni tipi di habitat del 4030 ospitano specie di particolare rilevanza fitogeografica a livello regionale, quali Coriaria myrtifolia, Cotinus coggygria, Ulex europaeus.
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è mediamente soddisfacente. Le superfici si sono lievemente ampliate, tuttavia alcuni degli esempi di calluneto meglio caratterizzati hanno subito localmente fenomeni di degrado per processi erosivi successivi a ripetuti incendi o sovrapascolo. Nel complesso, anche se in altri casi l’evoluzione naturale indirizza le formazioni arbustive verso comunità boschive, si assiste a un sostanziale equilibrio fra processi evolutivi e regressivi. Le minacce maggiori sono comunque rappresentate dalla invasione di specie arboree o dalla distruzione da parte del fuoco. La vulnerabilità degli habitat 4030 è relativamente bassa. Le norme e gli strumenti di pianificazione vigenti, a eccezione di quelli derivanti direttamente dalla Direttiva 92/43, prestano scarsa attenzione alla conservazione delle formazioni arbustive privilegiando le comunità prative o boschive meglio utilizzabili per il pascolo e la selvicoltura. Stato di conservazione
J
K
L
n.v.
N° di siti
2
20
3
0
Importanza dei siti N° di siti
JJJ
JJ
J
K
L
n.v.
0
0
6
16
3
0
Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione avviene mediante l’osservazione della struttura della vegetazione e delle specie vegetali dominanti. Qualche difficoltà s’incontra alle quote superiori nella distinzione fra 4030 e 4060. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la presenza e la consistenza delle specie caratteristiche più importanti; ß la presenza e la consistenza delle popolazioni di specie animali tipiche delle comunità arbustive; ß la consistenza di specie invasive quali Pteridium aquilinum.
Indicazioni gestionali La conservazione degli habitat riferibili a 4030 avviene con una gestione equilibrata comprendente in primo luogo un moderato pascolo estensivo con carichi programmati e subordinatamente con interventi di sfalcio, taglio selettivo delle specie legnose forestali e/o uso controllato del fuoco. Tale gestione deve
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Atlante degli Habitat
riguardare comprensori sufficientemente ampi dove sia possibile mantenere a rotazione stadi arbustivi duraturi, stadi di transizione diversi, praterie e praterie arbustate. Obiettivi A livello regionale gli obiettivi sono ovunque di mantenimento, ma intesi nell’ottica sopra esposta, cioè con un riferimento a una percentuale minima da calcolare su basi comprensoriali piuttosto che con un esatto riferimento topografico. Ciò evidenzia la necessità di maggiori impegni nella fase di pianificazione da concertare con portatori d’interessi diversi, quali allevatori, cacciatori, selvicoltori. Una corretta pianificazione e un saggio utilizzo del pascolamento permetterebbero di evitare ricorrenti e costosi interventi di decespugliamento. Interventi Risulta essenziale: ß redigere piani di gestione adeguati al mantenimento dei diversi tipi di habitat riferibili a 4030 su comprensori sufficientemente ampi; ß sostenere economicamente e logisticamente attività rurali - in primo luogo il pascolo estensivo bovino o ovino - purché esercitate in forme compatibili con il mantenimento dell’habitat; ß effettuare in via eccezionale eventuali interventi di sfalcio e decespugliamento selettivo per garantire la conservazione di aspetti di particolare rarità o importanza; ß effettuare eventuali diradamenti nelle formazioni di minore importanza conservativa quali i noccioleti densi favorendo l’ingresso di altre latifoglie; ß monitorare lo stato conservativo e procedere a correzioni delle modalità gestionali in base ai dati acquisiti; ß vigilare sui comportamenti a garanzia del perdurare nel tempo degli esiti degli interventi. Trasferimento delle informazioni Occorrono diffuse azioni d’informazione circa l’importanza ecologica delle brughiere e degli stadi di transizione da rivolgere in primo luogo ai soggetti coinvolti nelle pratiche rurali della zootecnia e della selvicoltura.
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra e da piattaforme aeree o satellitari e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento delle specie guid; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico.
Ô Erica cinerea presso Giare dell’Olio sul M. Beigua (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
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Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dalle diverse tipologie riferibili all’habitat 4030 (mq); ß Variazioni nella struttura verticale (% della copertura dei diversi strati legnosi); ß Dimensione e continuità delle tessere riferibili a 4030 (indice di frammentazione); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida principali; ß Caratteristiche del suolo (pH e nutrienti in primo luogo). Il monitoraggio richiede controlli ogni cinque anni (periodo ridotto a due anni nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stati di conservazione insoddisfacenti).
Ricerca Nell’ambito della ricerca di base è importante privilegiare: ß cartografia delle tessere occupate dalle diverse tessere riferibili a 4030; ß conoscenza delle caratteristiche pedologiche; ß conoscenza dei popolamenti faunistici; ß conoscenza dei rapporti fra attività zootecnica e mantenimento dell’habitat; ß maggiore conoscenza sui processi dinamici della vegetazione e sulle possibilità di controllo degli stessi.
Calluna vulgaris (foto M.G. Mariotti).
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Atlante degli Habitat
4060
Lande alpine e boreali
Codici 31.4 (Lande alpine e boreali) = > > > > > > > > > > >
Classificazione paleartica
Classificazione EUNIS 2002 F2.2 Landa e arbusteto sempreverde alpino e subalpino F2.2/P-31.41 Lande ventose a ericoidi nane delle Alpidi F2.2/P-31.42 Lande acidocline a Rhododendron delle Alpidi F2.2/P-31.43 Arbusteti a Juniperus nani della regione montane paleartica meridionale F2.2/P-31.44 Lande a Empetrum – Vaccinium delle alte montagne Alpigeniche F2.2/P-31.45 Lande boreo-alpine e artiche F2.2/P-31.46 Lande dei Bruckenthalia F2.2/P-31.47 Lande ad Arctostaphylos uva-ursi e Arctostaphylos alpinus delle Alpidi F2.2/P-31.48 Lande a Rhododendron hirsutum - Erica delle Alpidi F2.2/P-31.49 Piccoli tappeti a Dryas octopetala F2.2/P-31.4A Lande a Vaccinium nani delle alte montagne delle Alpidi F2.2/P-31.4B Lande a Genista e Chamaecytisus delle alte montagne delle Alpidi
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Formazioni a piccoli arbusti nani, prostrati delle zone alpine e sub-alpine delle montagne dell’Eurasia dominate da specie di ericacee, Dryas octopetala, ginepri nani, ginestre; lande a Dryas delle Isole Britanniche e della Scandinavia. Sono compresi i seguenti sottotipi: Pal., 31.41 Lande ventose a ericoidi nane delle Alpidi. Loiseleurio-Vaccinion. Tappeto monostratificato con singolo strato di Loiseleuria procumbens, piante prostrate di Vaccinium spp. o altri piccoli
Lande, macchie, garighe e praterie
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cespugli ericoidi prostrati, accompagnati da licheni, di località ad elevata ventosità, per lo più libere da neve, nella regione alpina delle alte montagne del sistema delle Alpi. Pal., 31.42 Lande acidocline a rododendro. Rhododendro-Vaccinion Lande dominate da Rhododendron spp.- su podzols acidi delle Alpi, Pirenei, Dinaridi, Carpazi, area Balcanica, area Pontica, Caucaso e sistema Himalayano, spesso con Vaccinium spp., talora con pini nani. Pal., 31.43 Arbusteto montano a ginepro nano. Juniperion nanae, Pino-Juniperion sabinae p., Pino-Cytision purgantis p. Formazioni usualmente dense di ginepri prostrati delle più alte quote delle montagne dell’area paleartica meridionale. Pal., 31.44 Lande a Empetrum-Vaccinium di alta montagna. Empetro-Vaccinietum uliginosi. Lande nane dominate da Empetrum hermaphroditum, Vaccinium uliginosum, con Arctostaphylos alpina, Vaccinium myrtillus, Vaccinium vitis-idaea e licopodi (Huperzia selago, Diphasiastrum alpinum), muschi (Barbilophozia lycopodioides, Hylocomium splendens, Pleurozium schreberi, Rhythidiadelphus triquetrus) e licheni (Cetraria islandica, Cladonia arbuscula, Cladonia rangiferina, Cladonia stellaris, Cladonia gracilis, Peltigera aphthosa) della regione sub-alpina delle Alpi, Carpazi, Pirenei, Massiccio Centrale, Jura, Appennini settentrionali, caratteristiche di aree relativamente battute dal vento, stazioni libere dalla neve, in situazioni soggette al gelo che sono, comunque, in condizioni meno estreme di quelle prevalenti dove dominano le comunità dell’habitat Pal. 31.41. diversamente dalle comunità dell’habitat Pal. 31.41, quelle del Pal. 31.44 sono chiaramente bistratificate. Pal., 31.45 Lande boreo-alpine Lande alpine degli altopiani e delle isole della Scozia, lande alpine e delle pianure boreali dell’Islanda, lande alpine delle montagne boreali, in particolare delle montagne della Scandinavia, degli Urali, delle montagne della Siberia, lande alpine delle montane dell’estremo Oriente al limite della zona boreale o appena a Sud di questo, con Juniperus nana, Loiseleuria procumbens, Empetrum hermaphroditum, Arctostaphylos uva-ursi, Arctostaphylos alpina ed elementi della flora alpina. (Pal., 31.46 Lande dei Bruckenthalia: solo fuori dell’Unione Europea.) Pal., 31.47 Lande a uva orsina delle Alpidi. Mugo-Rhodoretum hirsuti p., Juniperion nanae p., Piccoli tappeti di Arctostaphylos uva-ursi o Arctostaphylos alpina delle regioni alpine, sub-alpine e, localmente, montane, delle Alpi, Pirenei, Appennini centro-settentrionali, Dinaridi, Carpazi, area Balcanica, Rhodopidi (a Sud sino a Slavianka-Orvilos, il Menikion, il Pangeon, il Falakron e i Rhodopi), le montagne Moeso-Macedoniche (incluso Athos), le Pelagonidi (a Sud sino al confine delle aree greco-macedoni di Tzena, Pinovon e Kajmakchalan) e Olimpo, sulle montagne della Thessalia, per lo più su substrati calcarei. Pal., 31.48 Lande a rododendro irsuto e erica. Mugo-Rhodoretum hirsuti p. Lande di sostituzione forestale, formazioni sul margine della zona di limite dell’albero e lande alpine o tappeti su suoli calcarei nelle Alpi e nelle Dinaridi, con Rhododendron hirsutum, Rhododendron intermedium, Rhodothamnus chamaecistus ed Erica carnea, spesso insieme con Clematis alpina, Daphne striata, Daphne mezereum, Globularia cordifolia, Arctostaphylos uva-ursi. Rhododendron hirsutum e, per lo più nelle Alpi Austriache, Erica carnea sono le specie più frequenti come dominanti; altri arbusti possono localmente ricoprire lo stesso ruolo. Facies dominate da Arctostaphylos spp. sono state comunque comprese in Pal. 31.47. Pal., 31.49 Tappeti di Dryas octopetala Lande nane costituite da tappeti di Dryas octopetala legnosa delle montagne paleartiche, delle regioni boreali e in avamposti isolati costieri dell’Atlantico. Pal., 31.4A Lande a mirtilli nani delle alte montagne Lande nane dominate da Vaccinium della regione sub-alpina delle montagne meridionali, in particolare, dell’Appennino centro-settentrionale, la regione Balcanica, le Ellenidi, l’area Pontica e il Caucaso, con Vaccinium myrtillus, Vaccinium uliginosum s.l., Vaccinium vitis-idaea e, localmente, Empetrum nigrum. Essi sono più ricche in specie prative che nelle comunità di Pal. 31.44 e spesso acquisiscono l’aspetto di prateria alpina con arbusti nani. Vaccinium myrtillus gioca anche un ruolo di specie maggiormente dominante, in luogo di Vaccinium uliginosum e Empetrum hermaphroditum. Pal., 31.4B Lande a ginestre delle alte montagne Lande di specie di bassa taglia di Genista spp. o Chamaecytisus spp. delle regioni sub-alpina, alpina inferiore o montana delle alte montagne nemorali meridionali, in particolare delle Alpi meridionali, gli Appennini, le Dinaridi, i Carpazi meridionali, la regione Balcanica, le montagne Moeso-Macedoniche, le Pelagonidi, il Pindus settentrionale, le Rhodopidi, le montagne della Thessalia. Piante: Pal., 31.41 - Loiseleuria procumbens, Vaccinium spp.; Pal., 31.42 - Rhododendron ferrugineum; Pal., 31.44 - Empetrum hermaphroditum, Vaccinium uliginosum; Pal., 31.45 - Juniperus nana, Loiseleuria procumbens, Empetrum hermaphroditum, Arctostaphylos uva-ursi, Arctostaphylos alpina; in Fennoscandia anche Betula nana, Cassiope tetragona, Cornus suecica, Juniperus communis, Phyllodoce caerulea, Vaccinium myrtillus e Cladonia alpestris; Pal., 31.47 - Arctostaphylos uva-ursi, Arctostaphylos alpina; Pal., 31.48 - Rhododendron hirsutum, Rhododendron intermedium, Rhodothamnus chamaecistus and Erica carnea; Pal., 31.49 - Dryas octopetala; Pal., 31.4A - Vaccinium myrtillus, Vaccinium uliginosum s.l., Vaccinium vitis-idaea; Pal., 31.4B Genista radiata, Genista holopetala, Genista hassertiana, Chamaecytisus eriocarpus, Chamaecytisus absinthioides.
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Atlante degli Habitat
Distribuzione geografica L’habitat è presente principalmente nel settore alpico e localmente in quello appenninico (Val d’Aveto) alle quote più elevate.
Caratteri generali Con il codice 4060 si distinguono tre categorie differenti di habitat con vegetazione sempreverde a struttura basso arbustiva e scarsa componente erbacea: i rodoreti e vaccinieti, i ginepreti e i ginestreti nani e alcune pseudogarighe altomontane e subalpine. Essi si rinvengono su substrati silicei, calcarei o ofiolitici generalmente a quote superiori a 1500 m. I suoli sono per lo più poco evoluti, talora costituiti da pietraie e altri accumuli detritici. I rodoreti e vaccinieti sono legati a suoli acidi o acidificati su versanti in prevalenza freschi e soggetti a innevamento più o meno prolungato. Si presentano con una copertura basso arbustiva (40- 80 cm) densa e pressoché continua. In alcuni casi partecipano a mosaici o aspetti misti con boschi di larice o praterie subalpine. Le specie caratterizzanti sono Rhododendron ferrugineum, Vaccinium myrtillus, V. gaultherioides. I rodoreti sono presenti solo in alcune aree del settore alpico (Orsino, 1972), mentre i vaccinieti si rinvengono anche alle quote maggiori dell’Appennino (Monte Antola e Alta Val d’Aveto) e sono riferibili ad aspetti impoveriti dell’Hyperico richeri-Vaccinietum gaulterioidis (Pirola e Corbetta, 1975). In entrambi i settori, sui substrati calcarei, si osservano esempi dominati da Erica carnea anch’essi riferibili a 4060. Aspetti a bassa quota sulle ofioliti del gruppo di Voltri con Daphne cneorum non sembrano essere riferibili all’habitat 4060 anche se questa specie in altri settori della catena alpina è presente proprio nei rodoreti e in altre simili formazioni basso arbustive. I ginepreti nani, presenti sia sulle Alpi, sia sull’Appennino, hanno una copertura molto densa, un’altezza fra 30 e 60 cm e una composizione paucispecifica, dominata da Juniperus nana. Fitosociologicamente connessi a questi ginepreti, ma con una copertura meno continua e ben distinti fisionomicamente, troviamo i ginestreti a Genista radiata e i vaccinieti altoappenninici del Monte Antola e della Val d’Aveto, con Vaccinium spp. e Hypericum richeri, simili, ma più poveri di quelli descritti per altre zone altoappenniniche, Limitati al settore delle Alpi liguri si osservano pseudogarighe discontinue caratterizzate da Genista cinerea e Lavandula angustifolia che possono scendere a quote notevolmente inferiori rispetto alle altre formazioni del 4060, in contesti submediterranei. Le due specie si presentano ora singolarmente e ora insieme, non di rado accompagnate da Euphorbia spinosa e da una componente erbacea significativa. Meno frequenti sono comunità dominate da Thalictrum foetidum, anch’esse con carattere relativamente più termofilo, osservabili sia nel settore alpico, sia, più di rado, in quello appenninico. Relativamente alla fauna le foglie di mirtillo sono brucate dalle larve di un imenottero (Pristiphora mollis); tra i lepidotteri che frequentano i vaccinieti troviamo soprattutto licenidi (Callophrys rubi) e geometridi (Chloroclysta citrata, Entephria caesiata, Eulithis populata, E. testata, Hydriomena furcata). Specie guida Piante Achnatherum calamagrostis, Daphne cneorum (?), Erica carnea, Hypericum richeri, Genista cinerea, G. radiata, Huperzia selago, Juniperus nana, Lavandula angustifolia, Lilium pomponium, Rhododendron ferrugineum, Rosa pendulina, Senecio doronicum, Sesleria coerulea, Thalictrum foetidum, Vaccinium gaultherioides, V. myrtillus, V. vitis-idaea, Valeriana tripteris Animali Pristiphora mollis, Callophrys rubi, Chloroclysta citrata, Entephria caesiata, Eulithis populata, E. testata, Hydriomena furcata.
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Gli habitat sono inquadrabili principalmente nelle alleanze del Rhododendro-Vaccinion e del Juniperion nanae; altri aspetti rientrano invece nell’ordine degli Ononidetalia striatae:
Lande, macchie, garighe e praterie
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ÿ Habitat con vegetazione riferibile al Rhododendro-Vaccinion l Habitat alpini acidofili ascrivibili al Rhododendro ferruginei-Vaccinion myrtilli ° Rodoreti alpini riferibili all’associazione Vaccinio-Rhododendretum ferruginei l Habitat alpini calcicoli acidoclini ascrivibili all’Ericion carneae ° Habitat con vegetazione riferibile all’associazione Ericetum herbaceae l Vaccinieti altoappenninici ° Habitat con vegetazione riferibile all’associazione Hyperico richeri-Vaccinietum gaultheriodis ° Altri vaccinieti altoappenninici ÿ Habitat con vegetazione riferibile al Juniperion nanae l Ginepreti nani alpini l Ginepreti nani altoappenninici l Habitat con ginestreti bassi alpini e altoappenninici ° Lande basse alpiche, montane e sopramontane a Genista radiata ° Lande basse appenniniche montane e sopramontane a Genista radiata ÿ Lande basse e pseudogarighe supra- e oro-mediterranee riferibili agli Ononidetalia striatae l Lande aperte e pseudogarighe di ginestre non spinose riferibili al Lavandulo angustifoliae-Genistion cinereae ° Lande aperte basse, alpine e subalpine (non mediterranee) riferibili all’associazione Euphorbio spinosae-Genistetum cinereae ° Comunità oromediterranee, non spinose, riferibili all’associazione Thalictro foetidi-Senecietum doronici
Stadio di colonizzazione di sfasciume di roccia con Genista radiata, riferibili a 4060 in Val d’Aveto (foto S. Marsili).
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Atlante degli Habitat
Aspetti dinamici e potenzialità In Liguria il carattere degli habitat riferibili a 4060 è essenzialmente secondario e legato alla eliminazione dei boschi di conifere a larice, abete bianco, abete rosso, pino silvestre, pino uncinato, localmente anche faggio, per l’attività pastorale. I processi dinamici si collocano pertanto principalmente nelle serie del Vaccinio-Piceion e secondariamente del Fagion. Nelle situazioni maggiormente soggette al vento e dove le condizioni edafiche sono più difficili, con litosuoli, le lande alpine e subalpine possono rappresentare stadi permanenti. Altrove svolgono un ruolo di prebosco che precede la diffusione del larice o di altre conifere nel settore alpico o del faggio alle quote minori di entrambi i settori. I processi evolutivi sono comunque sempre molto lenti. Si osservano contatti seriali e catenali con le praterie a Festuca paniculata, Bellardiochloa variegata (=Poa violacea), Nardus stricta dei Caricetalia curvulae e Nardetalia o con aspetti discontinui ad Astragalus sempervirens, Helictotrichon sempervirens, H. sedense, Festuca costei degli Astragaletalia sempervirentis.
Rapporti con l’utilizzo del territorio In Liguria le formazioni riferibili a 4060 sono proprie di zone altomontane e subalpine soggette o potenzialmente soggette al pascolo, ma di un certo interesse anche per il turismo estivo e invernale.
Importanza In Liguria, diversi degli aspetti di 4060 rivestono notevole importanza fitogeografica per la rarità e la collocazione ai limiti meridionali della loro distribuzione, a diretto contatto con la regione mediterranea. Notevole è l’importanza paesaggistica per l’impronta “alpina” che essi conferiscono e per il contributo cromatico nel periodo di fioritura di alcune delle specie dominanti (rododendro, ginestre, erica). Il ruolo ecologico per la fauna è essenziale: numerose specie tutelate dalle direttive comunitarie o rare a livello regionale dipendono in misura diversa dalla presenza delle lande subalpine e altomontane; fra queste si evidenzia il gallo forcello (Tetrao tetrix). La protezione dei versanti nei confronti dei processi erosivi esercitata dalle lande subalpine è significativa. L’importanza economica per il pascolo dipende dal grado di continuità della copertura arbustiva, ma è in genere mediocre. Solo le formazioni rade a Genista cinerea potrebbero rivestire un interesse maggiore per il pascolo ovicaprino. Una certa importanza può essere attribuita ai vaccinieti per la raccolta di mirtilli selvatici.
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è mediamente soddisfacente. La vulnerabilità dell’habitat 4060 è di livello medio e la resilienza medio-elevata. Si ritiene che le superfici occupate siano lievemente in espansione. Stato di conservazione
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0
Importanza dei siti N° di siti
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JJ
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Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Localmente si osservano tuttavia aspetti di degrado e condizioni di rischio derivanti da infrastrutture connesse con il turismo invernale (attività sciistiche). Salvo situazioni puntuali, l’impatto del pascolo è minimo e, anzi, talora positivo. L’evoluzione naturale verso formazioni boschive è talmente lenta che raramente costituisce un problema per la conservazione delle lande subalpine e altomontane.
Lande, macchie, garighe e praterie
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Una certa apprensione potrebbero destare interventi di decespugliamento intesi a favorire l’avifauna, che tuttavia, potrebbero anch’essi incidere minimamente se eseguiti su superfici ridotte e tutelando le fitocenosi più rare e più ricche di specie.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione avviene mediante l’osservazione della struttura della vegetazione e delle specie vegetali dominanti. Qualche difficoltà s’incontra alle quote inferiori e soprattutto nel settore appenninico nella distinzione tra 4030 e alcuni aspetti più xerotermofili a Genista cinerea riferibili al codice 5330. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la presenza e la consistenza delle specie caratteristiche più importanti; ß la ricchezza di specie; ß la presenza e la consistenza delle popolazioni di specie animali più tipiche.
Indicazioni gestionali La conservazione delle lande riferibili a 4060 avviene con una gestione equilibrata che può comprendere un moderato pascolo estensivo con carichi programmati e subordinatamente, alle quote inferiori, con interventi di sfalcio e taglio selettivo delle specie legnose forestali. Tale gestione deve riguardare comprensori sufficientemente ampi dove sia possibile mantenere a rotazione stadi arbustivi duraturi, stadi di transizione diversi, praterie e praterie arbustate. Obiettivi A livello regionale gli obiettivi sono ovunque di mantenimento. Per certi aspetti più diffusi, questi possono essere intesi con un riferimento a una percentuale ottimale da calcolare su basi comprensoriali piuttosto che con un esatto riferimento topografico. Per altri aspetti di maggiore rilevanza scientifica occorre definire obiettivi più rigorosi di conservazione a una scala di dettaglio puntuale. Quanto sopra evidenzia la necessità di maggiori impegni nella fase di pianificazione da concertare con portatori d’interessi diversi, quali allevatori e cacciatori. Interventi Una corretta pianificazione e un moderato pascolamento permetterebbero il raggiungimento degli obiettivi. Risulta pertanto essenziale: ß redigere piani di gestione adeguati al mantenimento dei diversi tipi di habitat riferibili a 4060 su comprensori ampi, ma con una visione multiscala; Vaccinieto sul Monte Antola (foto S. Marsili).
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Atlante degli Habitat ß sostenere economicamente e logisticamente il pascolo estensivo bovino (localmente ovicaprino per le formazioni a lavanda e ginestra cinerina), purché esercitato in forme compatibili col mantenimento dell’habitat, in primo luogo mediante limitazioni del carico; ß effettuare in via eccezionale eventuali interventi di sfalcio e decespugliamento selettivo per garantire la conservazione di aspetti di particolare rarità o importanza; ß stabilire norme rigide di conservazione che evitino una destinazione d’uso inappropriata per la conservazione degli habitat; ß monitorare lo stato conservativo e procedere a correzioni delle modalità gestionali in base ai dati acquisiti; ß vigilare sui comportamenti a garanzia del perdurare nel tempo degli esiti degli interventi.
Trasferimento delle informazioni Occorrono diffuse azioni d’informazione circa l’importanza ecologica e l’utilità nella conservazione dei versanti delle lande subalpine e altomontane da rivolgere in primo luogo ai soggetti coinvolti nelle pratiche rurali della zootecnia, della gestione della fauna selvatica e della pianificazione e gestione del territorio.
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra e da piattaforme aeree o satellitari e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento delle specie guida; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico. Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dalle diverse tipologie riferibili all’habitat 4060 (mq); ß Dimensione e continuità delle tessere riferibili a 4060 (indice di frammentazione); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida principali; ß Presenza di contatti seriali e catenali; ß Caratteristiche del suolo (pH, nutrienti e attività biologica in primo luogo). Il monitoraggio richiede controlli ogni tre anni (periodo ridotto a due anni nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stati di conservazione insoddisfacenti).
Ricerca Nell’ambito della ricerca di base è importante privilegiare: ß cartografia delle aree occupate dalle tessere riferibili ai diversi tipi di 4060; ß conoscenza delle caratteristiche pedologiche; ß conoscenza delle caratteristiche microclimatiche; ß conoscenza dei popolamenti faunistici; ß conoscenza dei rapporti fra attività zootecnica e mantenimento dell’habitat; ß maggiore conoscenza fitosociologica con attenzione ai processi dinamici della vegetazione e sulle possibilità di controllo degli stessi.
Lande, macchie, garighe e praterie
Lande oro-mediterranee endemiche a ginestre spinose
Codici 31.7 (Lande spinose) < > > > > > > > > > > > > > > >
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4090
Classificazione paleartica
Classificazione EUNIS 2002 F7.4 Lande spinose F7.4/P-31.71 Lande spinose dei Pirenei F7.4/P-31.72 Lande spinose della Cordillera F7.4/P-31.73 Lande spinose della Sierra Nevada F7.4/P-31.74 Lande spinose franco-iberiche F7.4/P-31.75 Lande spinose cirno-sarde F7.4/P-31.76 Lande spinose dell’Etna F7.4/P-31.77 Lande spinose delle Madonie e degli Appennini F7.4/P-31.78 Lande spinose ad Astragalus selvatico elleno-balcaniche F7.4/P-31.79 Lande spinose oro-mediterranee elleniche F7.4/P-31.7A Lande spinose alti-mediterranee elleniche F7.4/P-31.7B Lande spinose cretesi F7.4/P-31.7C Lande spinose sommitali dell’Egeo F7.4/P-31.7D Lande spinose a Genista acanthoclada elleniche meridionali F7.4/P-31.7E Lande spinose ad Astragalus sempervirens F7.4/P-31.7F Lande a pulvini delle Canarie
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Lande a cuscini primarie delle alte montagne aride delle regioni mediterranea e irano-turanica, con arbusti bassi spesso spinosi con forma pulvinata, come Acantholimon, Astragalus, Erinacea, Vella, Bupleurum, Ptilotrichum, Genista,
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Atlante degli Habitat
Echinospartum, Anthyllis e varie composite e labiate; lande a cuscini secondarie, zoogeniche delle stesse regioni, tutte le formazioni, sia estese alla base di versanti sia di alte quote, dominate dalla stessa specie o specificatamente montane o steppiche, spesso dominate da specie del genere Genista nella regione mediterranea. Sono escluse lande a cuscini delle pianure termo-mediterranee (33) e quelle dei deserti e semideserti (7). Sono compresi i seguenti sottotipi: Pal., 31.71 Lande spinose pirenaiche. Junipero-Genistetum horridae. Formazioni ad Echinospartum horridum di versanti aridi della zona supra-mediterranea dei Pirenei; compagne dei densi, pulvini spinosi sono: Juniperus hemisphaerica, Buxus sempervirens, Ononis fruticosa, Arctostaphylos uva-ursi ssp. crassifolia e Pinus sylvestris. Pal., 31.72 Lande spinose della Cordillera. Cytiso oromediterranei-Echinospartetum barnadesii, Echinosparto pulviniformis-Cytisetum oromediterranei, Teucrii salviastri-Echinospartetum pulviniformis, Genisto hystricis-Echinospartetum lusitanici Formazioni della Cordillera Centrale e aree adiacenti dominate da diverse forme di Echinospartum Pal., 31.73 Lande spinose della Sierra Nevada. Erinacetalia p., Lavandulo-Genistion boissieri p. Formazioni spinose molto sviluppate della Sierra Nevada con Erinacea anthyllis, Vella spinosa, Astragalus sempervirens ssp. nevadensis, Astragalus granatensis ssp. granatensis (Astragalus boissieri), Ptilotrichum spinosum, Bupleurum spinosum, Genista baetica. Formazioni suffruticose nane associate delle zone alte di versante e delle creste. Pal., 31.74 Lande spinose franco-iberiche Lande spinose oro-mediterranee e montane di altre aree iberiche e della Francia meridionale. Pal., 31.75 Lande spinose cirno-sarde. Carici-Genistetalia (Carlinetalia macrocephalae) Cespuglieti compatti di taglia larga o ridotta, con Astragalus sirinicus ssp. genargenteus, Rosa seraphini, Anthyllis hermanniae, Thymus herba-barona, Cerastium boissieri, Genista salzmannii, Genista corsica, Berberis aetnensis, Prunus prostrata e Daphne oleoides, delle montagne sarde e corse. Pal., 31.76 Lande spinose dell’Etna. Astragaletum siculi Formazioni di colonizzazione della lava con pulvini di Astragalus granatensis ssp. siculus, Berberis aetnensis, Juniperus hemisphaerica, Genista aetnensis, Adenocarpus bivonae, Viola aethnensis. Pal., 31.77 Lande spinose delle Madonie e degli Appennini Lande spinose costituite da Astragalus spp. o Genista spp., delle montagne del Sud della penisola italiana e della Sicilia, ad eccezione dell’Etna. Pal., 31.78 Lande spinose ad Astragalus silvatiche elleno-balcaniche Lande spinose che occupano situazioni periferiche all’areale principale delle comunità delle lande spinose alti- e oro-mediterranee delle alte montagne elleniche (Pal. 31.79 e 31.7A), per lo più dominate da Astragalus angustifolius, caratteristiche, in particolare, di radure zoogene in foreste delle montagne della Grecia meridionale e delle regioni di irradiazione delle comunità mediterranee in colline e montagne della zona mesiaca. Pal., 31.79 Lande spinose oro-mediterranee elleniche. Daphno-Festucetea: Eryngio-Bromion p. Lande spinose sviluppate su suoli rendziniformi relativamente ricchi di humus al limite dell’albero o al di sopra di esso, nella fascia altitudinale di 1700-2200 m delle alte montagne della Grecia; facies di landa spinosa delle praterie associate; formazioni simili impoverite che discendono negli ambiti forestali delle stesse montagne, ad eccezione di quelle del Peloponneso, dove sono sostituite da formazioni distinte, elencate come Pal. 31.78. Pal., 31.7A Lande spinose alti-mediterranee elleniche. Daphno-Festucetea: Astragalo-Seslerion Formazioni arbustive delle alte montagne del Peloponneso, delle principali montagne delle Grecia meridionale e del sistema tessalico dell’Olimpo, che colonizzano la fascia altitudinale immediatamente sopra a quella occupata dalle comunità del Pal. 31.79, così come i versanti rocciosi con suoli superficiali, pietraie mobili e suoli privi di humus nella fascia altitudinale principale di 1700-2200 m di queste comunità. Sono comprese vere lande spinose, formazioni a pulvini di suffrutici nani e facies dominate da cespugli di praterie denudate. Specie caratteristiche sono: Astragalus angustifolius, Acantholimon androsaceum, Astragalus lacteus, Convolvulus cochlearis, Rindera graeca, Aster alpinus, Globularia stygia, Minuartia stellata, Erysimum pusillum, Thymus teucrioides, Alyssum kionae, Paronychia kapela, Thymus hirsutus, Anthyllis aurea, Achillea ageratifolia, Sideritis scardica, Linum flavum, Thymus boissieri, Sesleria caerulans. Pal., 31.7B Lande spinose cretesi. Saturejetea spinosae Lande spinose delle alte montagne di Creta, nella fascia altitudinale di 1500-2500 m, con Astragalus creticus ssp. creticus, Astragalus angustifolius, Acantholimon androsaceum, Atraphaxis billardieri, Berberis cretica, Chamaecytisus creticus, Daphne oleoides, Prunus prostrata, Euphorbia acanthothamnos, Verbascum spinosum, Sideritis syriaca, Satureja spinosa, Asperula idaea, Rhamnus prunifolius, Pimpinella tragium, Acinos alpinus. Pal., 31.7C Lande spinose sommitali dell’Egeo Lande spinose per lo più sommitali, isolate, ricche di endemismi, delle montagne calcaree delle isole dell’Egeo e del Monte Athos. Pal., 31.7D Lande spinose elleniche meridionali a Genista acanthoclada Formazioni dominate da arbusti emisferici di Genista acanthoclada di quote medie (circa 800 - 1200 m) delle montagne e dell’altopiano del Peloponneso.
Lande, macchie, garighe e praterie
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Pal., 31.7E Lande spinose ad Astragalus sempervirens Formazioni ad Astragalus sempervirens ssp. sempervirens, Astragalus sempervirens ssp. muticus, Astragalus sempervirens ssp. cephalonicus delle Alpi meridionali, i Pirenei orientali, la penisola iberica, gli Appennini e la Grecia, lande di transizione fra quelle alpine e sub-alpine del Pal. 31.4 e vere lande spinose mediterranee del Pal. 31.7. Pal., 31.7F Lande a pulvini delle Canarie. Spartocytision nubigeni Formazioni aperte dominate da piante simili a ginestre della zona montana (sopra a 1900 m) delle Isole Canarie, con numerose specie endemiche. Piante: Acantholimon, Astragalus, Erinacea, Vella, Bupleurum, Ptilotrichum, Genista, Echinospartum, Anthyllis e diverse composite e labiate. Pal., 31.71 - Echinospartum horridum, Juniperus hemisphaerica, Buxus sempervirens, Ononis fruticosa, Arctostaphylos uva-ursi ssp. crassifolia and Pinus sylvestris; Pal., 31.72 - Echinospartum lusitanicum ssp. barnadesii, Echinospartum ibericum ssp. pulviniformis; Pal., 31.73 - Erinacea anthyllis, Vella spinosa, Astragalus sempervirens ssp. nevadensis, Astragalus granatensis ssp. granatensis (Astragalus boissieri), Ptilotrichum spinosum, Bupleurum spinosum, Genista baetica; Pal., 31.74 - Erinacea anthyllis, Vella spinosa, Andryala agardhii, Convolvulus boissieri, Hippocrepis squamata ssp. eriocarpa, Pterocephalus spathulatus, Thymus granatensis; Pal., 31.75 - Astragalus sirinicus ssp. genargenteus, Rosa seraphini, Anthyllis hermanniae, Thymus herbabarona, Cerastium boissieri, Genista salzmannii, Genista corsica, Berberis aetnensis, Prunus prostrata, Daphne oleoides; Pal., 31.76 - Astragalus granatensis ssp. siculus, Berberis aetnensis, Juniperus hemisphaerica, Genista aetnensis, Adenocarpus bivonae, Viola aethnensis; Pal., 31.77 - Astragalus granatensis ssp. nebrodensis, Astragalus parnassi ssp. calabrus, Astragalus sirinicus ssp. sirinicus, Genista cupanii, Genista sylvestris ssp.dalmatica; Pal., 31.78 - Astragalus angustifolius; Pal., 31.79 - Astragalus creticus ssp. rumelicus, Astragalus parnassi, Astragalus angustifolius; Pal., 31.7A - Astragalus angustifolius, Acantholimon androsaceum, Astragalus lacteus, Convolvulus cochlearis, Rindera graeca, Aster alpinus, Globularia stygia, Minuartia stellata, Erysimum pusillum, Thymus teucrioides, Alyssum kionae, Paronychia kapela, Thymus hirsutus, Anthyllis aurea, Achillea ageratifolia, Sideritis scardica, Linum flavum, Thymus boissieri, Sesleria caerulans; Pal., 31.7B - Astragalus creticus ssp.creticus, Astragalus angustifolius, Acantholimon androsaceum, Atraphaxis billardieri, Berberis cretica, Chamaecytisus creticus, Daphne oleoides, Prunus prostrata, Euphorbia acanthothamnos, Verbascum spinosum, Sideritis syriaca, Satureja spinosa, Asperula idaea, Rhamnus prunifolius, Pimpinella tragium, Acinos alpinus; Pal., 31.7C - Astragalus creticus var. samius, Astragalus pilodes, Astragalus trojanus var. chius, Astragalus parnassi, Astragalus parnassi var. samothracius, Astragalus monachorum; Pal., 31.7D - Genista acanthoclada; Pal., 31.7E - Astragalus sempervirens ssp. sempervirens, Astragalus sempervirens ssp. muticus, Astragalus sempervirens ssp. cephalonicus; Pal., 31.7F - Spartocytisus supranubius, Adenocarpus viscosus var. spartioides.
Distribuzione geografica In Liguria l’habitat si rinviene solo nel settore appenninico principalmente a Est del bacino dell’Entella (oltre a una stazione isolata in Val Polcevera), soprattutto, ma in modo non esclusivo, su substrati ultramafici.
Caratteri generali Con il codice 4090 vengono indicati nella regione aspetti caratterizzati da Genista salzmannii (= G. desoleana) che sono stati studiati da Furrer e Hofmann (1969) e da Mariotti (1989) e descritti come associazione Euphorbio spinosae-Genistetum desoleanae di incerto inquadramento rispetto ai ranghi fitosociologici superiori (Nowak, 1987; Vagge, 1997, Vagge e Mariotti, in stampa). Si tratta di aspetti arbustivi o erbaceo-arbustivi, che insistono su affioramenti ofiolitici (serpentiniti, lherzoliti, brecce serpentinitiche, basalti) e in minor percentuale su arenarie. La struttura è basso arbustiva con altezza variabile da 30 a 80 cm; la tessitura è per lo più discontinua (copertura 40-90%) con evidenti pulvini spinescenti di dimensioni variabili; raramente su alcuni pendii meno disturbati, ma talora pettinati dal vento, si osservano tappeti arbustivi densi e continui. Fisionomicamente ed ecologicamente questi tipi di habitat possono essere indicati di volta in volta come gariga, macchia, pseudogariga o pseudomacchia. Nonostante l’aggettivo “oromediterraneo”, in Liguria, per la localizzazione al limite settentrionale della regione biogeografica mediterranea, l’habitat evidenzia un’ampia distribuzione altitudinale (da pochi metri sopra il livello del mare sino a circa 1500 m). Per questo motivo e per le differenze nelle condizioni edafiche e microclimatiche l’associazione presenta numerose varianti alcune delle quali caratterizzate da specie endemiche o piuttosto rare almeno su scala regionale, quali Santolina ligustica, Alyssum bertolonii, Buxus sempervirens.
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Atlante degli Habitat
Tutte le specie che partecipano a costituire queste fitocenosi dimostrano una discreta resistenza all’aridità. La disponibilità idrica nel suolo è sempre estremamente scarsa, tuttavia in gran parte delle aree interessate si osservano nebbie orografiche e valori elevati di umidità atmosferica. La ginestra di Salzmann, grazie alla sua struttura pulvinata, riesce a sfruttare con notevole efficienza la condensazione dell’umidità atmosferica. Questi ginestreti si possono perciò, a seconda delle situazioni considerare formazioni xerofile o mesoxerofile. In alcune aree l’habitat si presenta sotto una rada copertura di pino marittimo in aspetti misti riferibili a 9540; in altre aree partecipa ad aspetti misti con formazioni a bosso riferibili a 5110 o a mosaici con formazioni erbacee riferibili a 6210. Poco si conosce della fauna di questi habitat, ma è probabile che la natura del substrato non favorisca un numero elevato di specie. Diversi sono gli imenotteri che visitano le ginestre, fra i quali troviamo Rhogogaster genistae; delle ginestre si nutrono anche le larve di alcuni lepidotteri come il sesiide Bembecia ichneumoniformis. Specie guida Piante Alyssum bertolonii, Armeria spp., Buxus sempervirens, Genista salzmannii (=G. desoleana), Helichrysum italicum, Iberis umbellata, Minuartia laricifolia ssp. ophiolitica, Santolina ligustica, Satureja montana, Stachys recta. Animali Non noti.
Lande a ginestre spinose Genista salzmanni (=G.desoleana) sui versanti meridionali del Monte Zatta (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
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Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Gli habitat sono inquadrabili principalmente nell’associazione Euphorbio spinosae-Genistetum desoleanae: secondo lo schema seguente: ÿ Comunità delle creste e dei versanti, sovente ventosi, su substrati prevalentemente calcarei o ofiolitici, particolarmente ricchi di camefite e nanofanerofite, riferibili al Genistion lobelii e/o all’Alyssion bertolonii l Lande basse e pseudogarighe a Genista desoleana ° Lande basse e pseudogarighe con vegetazione riferibile all’associazione Euphorbio-Genistetum desoleanae ß Variante ofioliticola a Santolina ligustica dell’associazione Euphorbio-Genistetum desoleanae ß Variante ofioliticola ad Alyssum bertolonii dell’associazione Euphorbio-Genistetum desoleanae ß Variante ofioliticola a Buxus sempervirens dell’associazione Euphorbio-Genistetum desoleanae ß Variante di substrati non ofiolitici dell’associazione Euphorbio-Genistetum desoleanae
Aspetti dinamici e potenzialità L’origine dell’habitat è probabilmente collegata alla pastorizia in quanto la maggior parte del bestiame rifiuta la ginestra di Salzmann, ma esistono anche fattori naturali quali la presenza di substrati particolarmente difficili, fenomeni erosivi e venti costanti che favoriscono le formazioni dominate da questa specie. La ricorrenza di incendi è un altro fattore che incide significativamente soprattutto sugli aspetti a carattere più costiero, misti con pino marittimo. Nonostante il carattere per lo più secondario, si tratta quindi di stadi pressoché permanenti che di rado ospitano pochi piccoli individui di specie boschive proprie della serie del leccio, della roverella o del faggio.
Rapporti con l’utilizzo del territorio In Liguria i ginestreti riferibili a 4090 sono propri di zone montane con scarse potenzialità produttive. Localmente le aree interessate dall’habitat possono essere utilizzate a pascolo; sulla fascia costiera esse possono ricadere in zone con ipotesi di destinazione d’uso di tipo insediativo o turistico. In passato alcune di tali aree sono state oggetto di attività estrattiva e, dopo l’abbandono, di interventi di “rinverdimento” o di utilizzi come discariche.
Importanza In Liguria gli aspetti di 4090 rivestono eccezionale importanza scientifica per le loro peculiari caratteristiche vegetazionali, la collocazione ai limiti settentrionali della loro distribuzione, la ricchezza di piante endemiche o rare e la presenza di forme dotate di adattamenti a suoli metalliferi, suscettibili di indagini applicative. Sotto il profilo fitogeografico gli aspetti con Alyssum bertolonii, localizzati presso Sarzana, nel locus classicus di questa specie, gli aspetti con Santolina ligustica e quelli con Buxus sempervirens sono di maggiore interesse. Particolare è l’impronta conferita al paesaggio dalle lande a ginestra di Salzmann; la protezione dei versanti da esse esercitata nei confronti dei processi erosivi, pur ridotta, è comunque importante. L’interesse economico per il pascolo è minimo.
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è mediamente soddisfacente. La vulnerabilità e la resilienza sono di livello medio-elevato. Si ritiene che le superfici occupate siano più o meno stabili.
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Atlante degli Habitat
Stato di conservazione
J
K
L
n.v.
N° di siti
0
13
0
0
Importanza dei siti N° di siti
JJJ
JJ
J
K
L
n.v.
0
1
9
3
0
0
Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Localmente si osservano aspetti di degrado e condizioni di rischio derivanti da apertura di strade, interventi di ingegneria naturalistica, discariche. Entro certi limiti, il pascolo e il calpestio di animali non costituisce un problema, ma può, anzi, contribuire alla conservazione dell’habitat. L’evoluzione naturale verso formazioni boschive è talmente lenta che solo raramente costituisce un problema per la conservazione dell’habitat 4090.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione avviene mediante l’osservazione della struttura della vegetazione e delle specie vegetali dominanti. Qualche difficoltà s’incontra nella attribuzione di aspetti misti per le interazioni con gli habitat 5110, 6210 e 9540. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat;
Ginestra di Salzmann (foto M.G. Mariotti).
Lande, macchie, garighe e praterie
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ß la presenza e la consistenza delle specie caratteristiche più importanti; ß la ricchezza di specie; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie banali.
Indicazioni gestionali La conservazione dei ginestreti riferibili a 4090 avviene con l’assenza di interventi o, nei rari casi in cui si assiste a una accelerazione dei processi evolutivi della vegetazione, con un moderato pascolo estensivo. Localmente può essere necessaria l’adozione di norme di particolare tutela. Obiettivi A livello regionale gli obiettivi sono ovunque di mantenimento. Per alcuni aspetti di eccezionale rilevanza scientifica (presenza di Alyssum bertolonii, Santolina ligustica o Buxus sempervirens) occorre definire obiettivi più rigorosi di conservazione a una scala di dettaglio puntuale. Interventi Tra gli interventi prevedibili si possono citare: ß adozione di specifiche norme di tutela: protezione di specie vegetali endemiche o rare che caratterizzano l’habitat 4090, divieto di discarica (non devono essere ammesse neppure quelle istituzionali), divieto di sistemazioni di versanti o scarpate con impianti di specie boschive o comunque non coerenti con l’habitat; ß regolamentazione del pascolo che dovrebbe essere ammesso solo in estate-autunno e non nella primavera, con carichi non superiori a 0,8 UBA/ha; ß monitorare lo stato conservativo e procedere a correzioni delle modalità gestionali in base ai dati acquisiti; ß vigilare sui comportamenti e sul rispetto delle norme emanate. Trasferimento delle informazioni Occorrono diffuse azioni d’informazione circa l’importanza scientifica delle lande a Genista salzmannii. Sono possibili inoltre attività didattiche, divulgative e di valorizzazione culturale dedicate a studenti ed ecoturisti.
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra e da piattaforme aeree o satellitari e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento delle specie guida; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico. Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dai diversi aspetti dell’habitat 4090 (mq); ß Indici di copertura dei singoli strati (struttura verticale); ß Indice di frammentazione e indice di forma (tessitura); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida principali; ß Presenza di contatti seriali e catenali; ß Caratteristiche del suolo (pH, nutrienti e attività biologica in primo luogo).
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Atlante degli Habitat
Il monitoraggio richiede controlli ogni tre anni (periodo ridotto a due anni nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stati di conservazione insoddisfacenti).
Ricerca Nell’ambito della ricerca di base è importante privilegiare: ß cartografia delle aree occupate dalle tessere riferibili ai diversi tipi di 4090; ß conoscenza delle caratteristiche pedologiche; ß conoscenza delle caratteristiche microclimatiche; ß conoscenza dei popolamenti faunistici; ß conoscenza dei rapporti fra attività zootecnica e mantenimento dell’habitat; ß maggiore conoscenza fitosociologica con attenzione ai processi dinamici della vegetazione e sulle possibilità di controllo degli stessi; ß conoscenza dei meccanismi di adattamento delle piante alle concentrazioni elevate di metalli.
Alyssum bertolonii (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
Formazioni stabili xerotermofile a Buxus sempervirens sui pendii rocciosi (Berberidion p.p.)
Codici
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5110
Classificazione paleartica
31.82 (Arbusteti a bosso) < F3.1 Boschetti e cespuglieti temperati < F3.12 Arbusteti a Buxus sempervirens
Classificazione EUNIS 2002
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Formazioni arbustive stabili xerotermofili e calcicole dominate da Buxus sempervierens delle quote collinari o montane. Esse corrispondono ai boschetti di Buxus con le loro associazioni di orlo dell’alleanza Geranion sanguinei su substrato calcareo o siliceo. Esse costituiscono i margini naturali delle aree boscate di foreste xeriche su calcare ricche di Buxus. Nella regione eurosiberiana, le formazioni più aperte sono ricche di piante appartenenti a specie submediterranee. Syntaxa: Berberidion p.p., Amelanchiero-Buxion. Piante: Buxus sempervirens, Prunus spinosa, Prunus mahaleb, Cornus mas, Crataegus spp., Berberis vulgaris, Ligustrum vulgare, Viburnum lantana, Amelanchier ovalis, Geraniumsanguineum, Dictamnus albus. Note: Stadi successionali erbacei calcicoli orientati verso le foreste miste decidue, per esempio Quercus pubescens o foreste continentali di pini con Pinus sylvestris (la parola “stabili” si riferisce a quelle formazioni che sono praticamente allo stadio climax, ma su suoli molto superficiali dove la successione naturale verso la foresta non può aver luogo). Queste comunità sono associate a formazioni erbacee, querceti misti o a Quercus pubescens, faggete ricche di specie di orchidee o con Pinus nigra e Pinus leucodermis (per esempio in Grecia).
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Atlante degli Habitat
Distribuzione geografica In Liguria l’habitat si rinviene solo nel settore appenninico principalmente nei bacini dell’Entella, del Gromolo e del Petronio e a levante di questi, soprattutto, ma non esclusivamente, su substrati ultramafici.
Caratteri generali Con il codice 5110 sono indicati per la Liguria aspetti di pseudomacchia submediterranea o mediterraneo-montana caratterizzati da Buxus sempervirens che sono stati studiati da Mariotti (1989), osservabili su affioramenti ultramafici (serpentiniti, lherzoliti, brecce serpentinitiche) o basalti, da pochi metri sino a circa 1000 m sopra il livello del mare. Si tratta di aspetti arbustivi per lo più molto densi e di altezza variabile fra 60 e 180 cm; non mancano tuttavia formazioni discontinue con copertura variabile da 50 a 75%. Più rare e isolate sono tessere con individui arborei o arborescenti di bosso. Quasi sempre gli aspetti a bosso della Liguria sono legati a condizioni xero-termofile o meso-xerofile e abbastanza stabili per ragioni geomorfologiche ed edafiche (crinali ventosi, suoli superficiali, ecc). Localmente la presenza di nebbie orografiche o di impluvi attenuano le condizioni di aridità. Lo stesso bosso può presentare microfillia e chiome parzialmente caduche nelle zone più aride e calde oppure foglie a lamina più ampia e chioma più rigogliosa in corrispondenza di una maggiore disponibilità di acqua e nutrienti. In diverse situazioni le formazioni a bosso si presentano in mosaico o aspetti misti con praterie mesoxerofile, ginestreti a Genista salzmannii o pinete a pino marittimo riferibili rispettivamente agli habitat 6210, 4090 e 9540. In un caso si osservano contatti con comunità a Quercus suber riferibili all’habitat 9330. Laddove la copertura del bosso è densa le altre specie, in particolare quelle erbacee non possono svilupparsi significativamente; in questi casi, si può osservare localmente una discreta frequenza di Juniperus communis o J. oxycedrus.
Pseudomacchia a bosso presso il Monte Bocco (foto M.G. Mariotti).
Lande, macchie, garighe e praterie
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Nelle situazioni a copertura discontinua, le diverse specie che accompagnano il bosso sono quelle proprie delle praterie meso-xerofile. La fauna delle formazioni a bosso è poco nota. Tra gli invertebrati, diversi sono i lepidotteri geometridi, nottuidi, lycenidi che frequentano questi habitat. Caratteristiche sul bosso sono diverse galle come quelle dell’acaro eriofide Aceria unguiculata e dell’omottero Psylla buxi: il primo attacca le infiorescenze, mentre la larva del secondo accartoccia a cucchiaio le foglie e si rinviene sulla pagina inferiore di queste, coperta da batuffoli cotonosi bianchi. Tra le piante di bosso trovano un ottimo rifugio cinghiali e volpi. Nella zona di Bargone dove si rinvengono estesi aspetti dell’Habitat, è segnalato anche il lupo. Specie guida Piante Buxus sempervirens Animali Aceria unguiculata, Psylla buxi
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Le formazioni liguri a bosso non hanno ancora ricevuto un inquadramento fitosociologico soddisfacente. In effetti esse possono essere considerate varianti di associazioni diverse (es.: Euphorbio-Genistetum desoleanae, Quercetum suberis) oppure descritte come unica associazione con sottoassociazioni diverse o come differenti associazioni dipendenti dai contatti con serie diverse e dall’ampia collocazione altitudinale. Nell’ambito della serie del leccio, è plausibile attribuire alcuni degli aspetti a bosso all’associazione Erico arboreae-Buxetum sempervirentis (Quercetea ilicis). Il riferimento al Berberidion, riportato nella direttiva, merita approfondimenti e anche in altri contesti nazionali (Portogallo, Francia, Grecia) non è sempre rispettato.
Aspetti dinamici e potenzialità Difficile stabilire se l’origine dell’habitat sia primaria, subprimaria o secondaria. È possibile che i nuclei di bosso rappresentino relitti piuttosto antichi di una vegetazione più estesa in un periodo risalente a circa 5000 anni fa. È tuttavia probabile che l’attuale distribuzione dipenda anche da attività umane legate alla pastorizia, all’estrazione mineraria, all’uso delle fronde e del legno di bosso come strame, per piccoli utensili o riti religiosi (all’età del rame). L’occasionalità di incendi è un altro fattore che può aver contribuito, insieme con l’aridità dei suoli, a impedire l’evoluzione della pseudomacchia a bosso. Qualora questa potesse avvenire, sarebbe indirizzata verso i boschi di leccio, roverella o, eccezionalmente in situazioni puntuali, faggio.
Rapporti con l’utilizzo del territorio In Liguria la pseudomacchia a bosso è propria di zone con scarse potenzialità produttive. Localmente, ma di rado, l’habitat può essere utilizzato a pascolo o ricadere in zone con ipotesi di destinazione d’uso di tipo insediativo o turistico. In passato alcune di tali aree sono state oggetto di attività estrattiva, per lo più cessate.
Importanza In Liguria gli aspetti di 5110 rivestono eccezionale importanza scientifica soprattutto per la loro localizzazione su substrati prevalentemente ofiolitici (più generalmente ultramafici), carattere che li accomuna a formazioni presenti nel settore greco-albanese-macedone, ben differenti rispetto alle formazioni a bosso di altre regioni italiane e di altri paesi europei legate a substrati calcarei. Le formazioni a bosso su ofioliti
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Atlante degli Habitat
possono ospitare piante proprie di questi affioramenti particolari (serpentinofite esclusive o preferenziali). Il bosso stesso, con la sua distribuzione frammentata e le sue popolazioni isolate, riveste un ruolo relittuale importante sotto il profilo fitogeografico e della storia delle attività umane. L’impronta conferita al paesaggio dalle pseudomacchie a bosso è alquanto originale; la protezione dei versanti da esse esercitata nei confronti dei processi erosivi è in molti casi essenziale. L’habitat svolge un importante ruolo come serbatoio per il germoplasma e la variabilità genetica del bosso. L’interesse economico per il pascolo è minimo. L’utilizzo del legno e delle fronde di bosso potrebbe rivestire un carattere di attrazione culturale locale.
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è mediamente soddisfacente. La vulnerabilità dell’habitat 5110 è medioelevata e la resilienza bassa. Si ritiene che le superfici occupate siano più o meno stabili. Stato di conservazione
J
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N° di siti
0
6
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0
Importanza dei siti N° di siti
JJJ
JJ
J
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n.v.
0
0
6
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0
0
Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Bosso: fiori e frutti (foto I. Franceschini).
Lande, macchie, garighe e praterie
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Localmente si osservano condizioni di rischio derivanti da apertura di strade, interventi di ingegneria naturalistica, discariche. Entro certi limiti, il pascolo estensivo e il calpestio di animali non costituisce un problema, ma può, anzi, contribuire alla conservazione dell’habitat. In altri casi puntuali tuttavia, un eccessivo calpestio e apporto di deiezioni da parte degli animali può alterare sensibilmente le formazioni a bosso. L’evoluzione naturale verso formazioni boschive è generalmente lenta e di rado costituisce un problema per la conservazione dell’habitat 5110.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione avviene mediante l’osservazione della fisionomia che deve essere dominata dal bosso. Qualche difficoltà s’incontra nella attribuzione di aspetti misti per le interazioni con gli habitat 4090, 6210 e 9540. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la presenza e la consistenza di specie endemiche o rare; ß la ricchezza di specie; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie banali; ß la comparsa di specie boschive proprie delle tappe mature delle serie di vegetazione.
Indicazioni gestionali La conservazione della pseudomacchia a bosso riferibile a 5110 avviene con l’assenza di interventi o, nei rari casi in cui si assiste a una accelerazione dei processi evolutivi della vegetazione, con un moderato pascolo estensivo. Localmente possono essere necessari l’adozione di norme di particolare tutela o, eccezionalmente, interventi selettivi di decespugliamento. Obiettivi A livello regionale gli obiettivi sono ovunque di mantenimento. Per alcuni aspetti di maggiore rilevanza scientifica o paesaggistica può essere necessario definire obiettivi più rigorosi di conservazione a una scala di dettaglio puntuale. Interventi Tra gli interventi prevedibili si possono citare: ß adozione di specifiche norme di tutela: divieto di distruzione delle formazioni a bosso per la realizzazione di insediamenti, infrastrutture, strade, ecc salvo finalità di conservazione di specie e tutela degli habitat (impianti antincendio, ripopolamenti, ecc), divieto di sistemazioni di versanti o scarpate con impianti di specie boschive o comunque non coerenti con l’habitat; ß regolamentazione del pascolo che può essere bovino, equino oppure ovino, ma che dovrebbe essere limitato ai periodi estivo-autunnali (da giugno a ottobre), con carichi non superiori a 0,2 UBA/ha; ß eventuali interventi di decespugliamento selettivo per l’estirpazione di individui di specie boschive; ß monitoraggio dello stato conservativo e correzioni eventuali delle modalità gestionali in base ai dati acquisiti; ß vigilanza sui comportamenti e sul rispetto delle norme emanate; ß eventuale utilizzo e azioni per la valorizzazione di manufatti realizzati con legno o fronde di bosso.
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Atlante degli Habitat
Trasferimento delle informazioni Sono utili diffuse azioni d’informazione circa l’importanza scientifica e più generalmente culturale delle formazioni a Buxus sempervirens. Sono possibili inoltre attività didattiche, divulgative e di valorizzazione dedicate a studenti ed ecoturisti, ma anche alle popolazioni locali.
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra e da piattaforme aeree o satellitari e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento della specie guida; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico. Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dai diversi aspetti dell’habitat 5110 (mq); ß Indici di copertura dei singoli strati (struttura verticale); ß Indice di frammentazione e indice di forma (tessitura); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza della specie guida; ß Presenza di contatti seriali e catenali; ß Caratteristiche del suolo (pH, nutrienti e attività biologica in primo luogo).
Pseudomacchia a bosso presso il M. Roccagrande (foto M.G. Mariotti).
Lande, macchie, garighe e praterie
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Il monitoraggio richiede controlli ogni tre anni (periodo ridotto a due anni nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stati di conservazione insoddisfacenti).
Ricerca Nell’ambito della ricerca di base è importante privilegiare: ß cartografia delle aree occupate dalle tessere riferibili ai diversi tipi di 5110; ß conoscenza delle caratteristiche pedologiche; ß conoscenza delle caratteristiche microclimatiche; ß conoscenza dei popolamenti faunistici; ß conoscenza dei rapporti fra attività zootecnica e mantenimento dell’habitat; ß maggiore conoscenza fitosociologica con attenzione all’inquadramento sintassonomico e ai processi dinamici della vegetazione; ß maggiore conoscenza sulle possibilità di controllo dei processi dinamici; ß conoscenza delle relazioni fra il percorso storico delle attività umane e presenza del bosso.
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Atlante degli Habitat
Formazioni a Juniperus communis su lande o prati calcicoli
Formazione a ginepro comune in Val d’Aveto (foto M.G. Mariotti).
Lande, macchie, garighe e praterie
Codici 31.88 (Arbusteti a ginepro comune)
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Classificazione paleartica
Classificazione EUNIS 2002 < F3.1 Boschetti e cespuglieti temperati < F3.1/P-31.88 Arbusteti a Juniperus communis
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Formazioni con Juniperus communis delle quote di pianura o montane. essi corrispondono soprattutto alla successione dinamica dei seguenti tipi di vegetazione: a) praterie generalmente, mesofile o xerofile, su substrati calcarei o poveri di nutrienti, pascolate o lasciate incolte, dei Festuco-Brometea e Elyno-Seslerietea. b) molto più raramente, lande dei Calluno vulgaris-Ulicetea minoris (Pal. 31.2). Piante: Juniperus communis, Crataegus spp., Rosa spp., Prunus spinosa. Per a): specie tipiche dei Festuco-Brometea e Elyno-Sesleretiea Per b): Calluna vulgaris, Vaccinium myrtillus, Empetrum nigrum, Erica tetralix, Deschampsia flexuosa, Nardus stricta
Distribuzione geografica In Liguria l’habitat è abbastanza diffuso, ma non molto frequente, sia nel settore appenninico sia in quello alpico dall’orizzonte submontano a quello montano, raramente subalpino, nelle zone bioclimatiche a maggiore freschezza e piovosità (non nettamente mediterranee). La possibile confusione con alcuni aspetti dell’habitat 5210 determina comunque una discreta incertezza sulla reale distribuzione.
Caratteri generali Si tratta di stadi secondari che si insediano con scarsa estensione su pascoli abbandonati; essi sono dominati da arbusti di ginepro comune alti 1-3 m che di rado formano coperture dense, ma più spesso restano isolati da ampi spazi erbosi. In questi ultimi casi la distinzione rispetto agli aspetti arbustati dell’habitat 6210 (praterie xerofile e mesoxerofile) non è agevole. Le specie che più spesso s’osservano assieme a Juniperus communis sono Crataegus monogyna, Prunus spinosa, Rubus ulmifolius, Corylus avellana, Cornus sanguinea, C. mas, Calluna vulgaris, Cytisus scoparius, Erica arborea, Fraxinus ornus, Ostrya carpinifolia, Avenella flexuosa, Brachypodium rupestre o appartengono ai generi Rosa, Festuca, Sesleria. L’habitat si rinviene indifferentemente su substrati calcarei, silicei o ofiolitici, in genere su terreni poco profondi o comunque ben drenati. Le condizioni climatiche sono caratterizzate da precipitazioni relativamente abbondanti e temperature non eccessivamente elevate, regimi pluviotermici non propriamente mediterranei, tendenzialmente subatlantici o continentali. L’habitat è frequentato da numerose specie di uccelli tipici degli ambienti collinari e montani aperti come il succiacapre (Caprimulgus europaeus), il cuculo (Cuculus canorus), lo zigolo muciatto (Emberiza cia), il fanello (Carduelis cannabina), la tottavilla (Lullula arborea); frequenti sono anche i rettili come il saettone (Zamenis longissimus) e il biacco (Hierophis viridiflavus). Tra gli invertebrati, numerose sono le specie di ortottetri, in particolare di locuste (Tettigoniidae) proprie delle formazioni ad alte erbe e dei cespuglieti. Caratteristica è la presenza dell’imenottero diprionide Monoctenus juniperi, la cui larva si nutre delle foglie di ginepro; questa pianta è pure nutrice del geometride Eupithecia intricata.
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Atlante degli Habitat
Specie guida Piante Juniperus communis, Rosa spp., Calluna vulgaris, Avenella flexuosa, Crataegus monogyna Animali Monoctenus juniperi, Eupithecia intricata, Caprimulgus europaeus
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici I ginepreti a Juniperus communis della Liguria rappresentano stadi secondari non ancora chiaramente definiti sotto il profilo fitosociologico. Essi possono essere interpretati come mosaici di associazioni prative dei Festuco-Brometea e tessere arbustive dei Prunetalia (Berberidion ?), ma diversi sono i contatti con l’alleanza del Geranion sanguinei.
Aspetti dinamici e potenzialità L’habitat è chiaramente secondario e svolge il ruolo di mantello: ricolonizza le radure e le praterie abbandonate costituendo tappe preboschive di durata variabile. In genere la maggior parte degli arbusti di ginepro è fertile e ha un’età di almeno dieci anni; le dimensioni di diversi ginepri fanno ritenere che alcuni aspetti dell’habitat 5130 si siano formati oltre 40 anni fa. In alcuni casi la durata degli stadi a ginepro può essere stata accentuata dal ringiovanimento determinato da incendi occasionali. In altri sono chiare l’instabilità e l’accentuata tendenza evolutiva verso boschi di querce (soprattutto roverella, rovere o cerro).
Praterie arbustate a ginepro nell’alta Val di Vara (foto M.G. Mariotti).
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Lande, macchie, garighe e praterie
Rapporti con l’utilizzo del territorio In Liguria gli arbusteti a ginepro comune riferibili a 5130 sono propri di zone montane dove sono venute meno le attività silvopastorali, anche se localmente le aree possono essere utilizzate ancora saltuariamente a pascolo. Sotto il profilo zootecnico i ginepreti sono considerati aspetti di degradazione che deprezzano il valore economico dei pascoli.
Importanza In Liguria gli aspetti di 5130 rivestono notevole importanza ecologica per la fauna e il consolidamento dei versanti nei confronti di processi erosivi. Numerose sono le specie ornitiche favorite dal ginepro e da altri arbusti che offrono rifugio e nutrimento. L’habitat svolge un importante ruolo come serbatoio per il germoplasma e la variabilità genetica del ginepro comune. Discreto è anche il ruolo nella caratterizzazione di scorci del paesaggio. L’interesse economico per il pascolo è minimo. La raccolta delle bacche rappresenta un valore economico di ridotte dimensioni.
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è mediamente soddisfacente. La vulnerabilità dell’habitat 5130 è medio-elevata e la resilienza di livello medio. Si ritiene che le superfici occupate siano lievemente in espansione. Stato di conservazione
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Importanza dei siti N° di siti
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Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Entro certi limiti, il pascolo e il calpestio di animali non costituisce un problema, ma può, anzi, contribuire alla conservazione dell’habitat, rallentandone l’evoluzione verso il bosco. L’evoluzione naturale rappresenta a tutti gli effetti il pericolo maggiore per l’habitat. Secondariamente l’habitat può essere minacciato dalla ricorrenza ravvicinata di incendi violenti che possono eliminare quasi completamente i popolamenti di ginepro. Un’altra minaccia è rappresentata dal taglio o dall’estirpazione di ginepri di discrete dimensioni che vengono poi impiegati, secondo un’antica tradizione, come “alberi di natale”. Dove questo fenomeno è più accentuato, è possibile una alterazione della sex ratio del popolamento, che in genere presenta una minore percentuale di individui femminili.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione avviene mediante l’osservazione della presenza e della copertura di Juniperus communis, nonché della struttura verticale e della localizzazione bioclimatica. Difficoltà s’incontrano nell’attribuzione degli arbusteti più radi che possono essere confusi con aspetti dell’habitat 6210. Altre possibilità di confusione s’incontrano con gli aspetti più tipicamente mediterranei a ginepro comune riferibili a 5210: la distinzione fra 5130 e 5210 non è agevole e dovrebbe basarsi sulle condizioni bioclimatiche, sul livello di termofilia e xerofilia del corteggio floristico, nonché sulle caratteristiche corologiche di questo.
260
Atlante degli Habitat I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la consistenza dei popolamenti di Juniperus communis e la loro sex ratio; ß la ricchezza di specie; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie banali; ß la comparsa di specie boschive proprie delle tappe mature delle serie di vegetazione.
Indicazioni gestionali La conservazione dei ginepreti riferibili a 5130 avviene principalmente mediante un pascolo estensivo opportunamente pianificato. Localmente può essere necessaria l’adozione di norme di particolare tutela. La conservazione dell’habitat 5130 deve essere vista in un’ottica comprensoriale vasta e presa in attenta considerazione dai piani di sviluppo rurale; questi dovrebbero riservare una quota delle aree meno produttive allo sviluppo e al mantenimento dei ginepreti. Obiettivi A livello regionale gli obiettivi sono ovunque di mantenimento. Interventi Tra gli interventi prevedibili si possono citare: ß incentivazione e regolamentazione del pascolo estensivo secondo modalità itineranti con carichi non superiori a 0,8 UBA/ha, ß monitorare lo stato conservativo e la struttura delle popolazioni di ginepro procedendo a correzioni delle modalità gestionali in base ai dati acquisiti, ß misure di sorveglianza rigorosa finalizzata a verificare il rispetto delle norme di tutela e soprattutto a evitare il taglio o l’estirpazione di ginepri. Trasferimento delle informazioni Occorrono diffuse azioni d’informazione circa l’importanza del ruolo ecologico dei ginepreti rivolte ai soggetti competenti della programmazione delle attività rurali e altri soggetti delle popolazioni rurali. Sono possibili inoltre attività didattiche e divulgative dedicate a studenti di diverso grado.
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra e da piattaforme aeree o satellitari e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento delle specie guida; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico. Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dai diversi aspetti dell’habitat 5130 (mq); ß Indici di copertura dei singoli strati (struttura verticale); ß Indice di frammentazione e indice di forma (tessitura); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida principali; ß Sex ratio e struttura della popolazione di Juniperus communis;
Lande, macchie, garighe e praterie
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ß Numero di individui vetusti di Juniperus communis; ß Presenza di contatti seriali e catenali; ß Caratteristiche del suolo (pH, nutrienti e attività biologica in primo luogo). Il monitoraggio richiede controlli ogni cinque anni (periodo ridotto a due anni nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stati di conservazione insoddisfacenti).
Ricerca Nell’ambito della ricerca di base è importante privilegiare: ß cartografia delle aree occupate dalle tessere riferibili ai diversi tipi di 4090; ß conoscenza delle caratteristiche pedologiche; ß conoscenza delle caratteristiche microclimatiche; ß conoscenza dei popolamenti faunistici; ß conoscenza dei rapporti fra attività zootecnica e mantenimento dell’habitat; ß maggiore conoscenza fitosociologica con attenzione ai processi dinamici della vegetazione e sulle possibilità di controllo degli stessi; ß conoscenza della struttura delle popolazioni e della fertilità di Juniperus communis.
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5210
Atlante degli Habitat
Matorral arborescenti di Juniperus spp.
Individuo di Juniperus oxycedrus arborescente. Riviera di Levante (foto M.G. Mariotti).
Lande, macchie, garighe e praterie
Codici 32.131 32.132 32.133 32.134 32.135 32.136 < = > > > > > >
Macchia Macchia Macchia Macchia Macchia Macchia
[matorral] [matorral] [matorral] [matorral] [matorral] [matorral]
arborescente arborescente arborescente arborescente arborescente arborescente
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Classificazione paleartica di ginepro rosso di ginepro fenicio o licio di ginepro fetidissimo e ginepro greco a Juniperus communis a Juniperus drupacea a Juniperus thurifera
Classificazione EUNIS 2002 F5.1 Macchia [matorral] arborescente F5.1/P-32.13 Macchia [matorral] arborescente a Juniperus F5.1/P-32.131 Macchia [matorral] arborescente a Juniperus oxycedrus F5.1/P-32.132 Macchia [matorral] arborescente a Juniperus phoenicea F5.1/P-32.133 Macchia [matorral] a Juniperus excelsa e Juniperus foetidissima F5.1/P-32.134 Macchia [matorral] arborescente a Juniperus communis F5.1/P-32.135 Macchia [matorral] arborescente a Juniperus drupacea F5.1/P-32.136 Macchia [matorral] arborescente a Juniperus thurifera
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Boschetto e arbusteto mediterraneo e sub-mediterraneo sempreverde sclerofillico organizzato attorno a ginepri arborescenti. I casi di dominanza mista possono essere indicati dalla combinazione di “codici Paleartici”. Sono compresi tutti i sottotipi Paleartici (32.131 -32.136). 32.131 Macchia [matorral] arborescente a Juniperus oxycedrus Macchia [matorral] arborescente dominata da Juniperus oxycedrus s.l. 32.132 Macchia [matorral] arborescente a Juniperus phoenicea Macchia [matorral] arborescente dominata da Juniperus phoenicea s.l. 32.133 Macchia a Juniperus excelsa e Juniperus foetidissima Macchia [matorral] arborescente della Grecia, Anatolia e vicino Oriente, dominata da Juniperus excelsa o Juniperus foetidissima 32.134 Macchia [matorral] arborescente a Juniperus communis Formazioni mediterranee dominate da Juniperus communis 32.135 Macchia [matorral] arborescente a Juniperus drupacea Formazioni derivate da 42.A5 [Boschi di ginepro siriano], limitati al Peloponneso e all’Asia Minore. 32.136 Macchia [matorral] arborescente a Juniperus thurifera Formazioni derivate da 42.A2 [Boschi di ginepro di Spagna, Juniperion thuriferae] Piante: Juniperus oxycedrus, Juniperus phoenicea, Juniperus foetidissima, Juniperus excelsa, Juniperus communis, Juniperus drupacea, Juniperus thurifera.
Distribuzione geografica In Liguria l’habitat è segnalato soprattutto lungo la fascia costiera, e nelle zone con più chiari influssi mediterranei, in particolare della riviera spezzina e dell’imperiese da pochi metri sopra il livello del mare a circa 800, eccezionalmente più. La possibile confusione di alcuni aspetti con l’habitat 5130 determina comunque una discreta incertezza sulla reale distribuzione di 5210.
Caratteri generali Si tratta di formazioni arbustive o erbaceo-arbustive dominate da Juniperus oxycedrus ssp. oxycedrus, più raramente J. communis o eccezionalmente J. phoenicea e J. thurifera, in aree con condizioni climatiche mediterranee o submediterranee. Verosimilmente assenti sono gli aspetti a Juniperus oxycedrus ssp. macrocarpa osservabili in altre regioni,
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Atlante degli Habitat
anche se individui isolati di questa sottospecie sono presenti qua e là in Liguria. Pure assenti sono gli aspetti costieri a Juniperus phoenicea subsp. turbinata, entità assente in Liguria. Non rientrano nell’habitat 5210 aspetti a ginepro su dune marittime, peraltro oggigiorno non presenti in Liguria. L’habitat 5210 colonizza aree a suolo nudo o versanti rocciosi indifferentemente su substrati calcarei, silicei o ofiolitici. Gli arbusti di ginepro sono alti 1-2 m e non determinano mai coperture dense; nella maggior parte dei casi si osservano due strati: uno medio o alto arbustivo dominato dai ginepri e uno a camefite proprie della gariga, sottomesso. I ginepreti a ginepro rosso (J. oxycedrus) ospitano specie della macchia e della gariga mediterranea, come Erica arborea, Pistacia lentiscus, Myrtus communis, Daphne gnidium, Cistus salvifolius, Cistus incanus, Spartium junceum, Phillyrea angustifolia, Pinus pinaster, Quercus ilex, Smilax aspera, Rubia peregrina, Arbutus unedo, Rhamnus alaternus, Clematis flammula, Lonicera implexa, L. etrusca, Asparagus acutifolius, Thymus vulgaris, Euphorbia spinosa ssp. ligustica, Oryzopsis coerulescens, O. miliacea, Hyparrhenia hirta. Più raramente s’incontrano Staehelina dubia e, nel ponente, Aphyllanthes monspeliensis o Genista hispanica (unica stazione sul M. Comune). Aspetti di macchia a J. oxycedrus con pino d’Aleppo a carattere nettamente più xerotermofilo possono essere riferiti a 5210 o a 5330. I ginepreti a ginepro comune riferibili a 5210 rappresentano irradiazioni di questa specie nel contesto mediterraneo e oltre ad alcune delle specie citate (Erica arborea, Spartium junceum, Lonicera etrusca, Pinus pinaster, Euphorbia spinosa ssp. ligustica) possono ospitarne altre relativamente più mesofile, come Quercus pubescens, Genista cinerea, Cotinus coggygria, Cytisus sessilifolius, Teucrium chamaedrys, Prunus mahaleb. Questi ginepreti si rinvengono anche su terreni più profondi, precedentemente coltivati. Degli aspetti a ginepro fenicio (J. phoenicea) e di quelli a J. thurifera si osservano solo rarissimi esempi di ridotta superficie sulle Alpi Liguri, presso il confine con la Francia. Essi si differenziano, rispetto ai precedenti, per il carattere più rupicolo. Sono infatti legati a versanti o scarpate rocciosi e accumuli detritici di natura calcarea e accompagnati da un corteggio floristico ricco di casmofite. Essi hanno un carattere chiaramente più xero-termofilo degli aspetti precedenti. I popolamenti faunistici dei ginepreti variano notevolmente a seconda della densità di questi, della loro altezza e della specie dominante. Particolarmente elevato è il numero di specie ornitiche e di rettili; peculiare è la componente degli invertebrati, fra i quali si evidenziano specie fitofaghe appartenenti a lepidotteri, imenotteri, emitteri, ditteri e acari, alcuni dei quali inducono la formazione di galle. Fra i lepidotteri si segnalano il macaone, Papilio machaon e l’apollo, Parnassius apollo dalle evidenti livree. Specie guida Piante Juniperus oxycedrus, J. communis, J. phoenicea Animali Diverse specie di uccelli
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Gli aspetti a ginepro della Liguria non sono mai stati completamente definiti sotto il profilo fitosociologico, tranne che per alcune formazioni descritte come Junipero oxycedri-Pinetum halepensis (Vagge, 2000). Le specie che li contraddistinguono sono proprie dei Quercetea ilicis. Negli aspetti mediterranei a Juniperus communis si osserva una mescolanza di specie dei Quercetea ilicis e dei Rhamno-Prunetea. Provvisoriamente gli habitat riferibili a 5210 sono stati distinti su basi fisionomiche molto semplici: ÿ Macchie arborescenti a ginepro rosso (Juniperus oxycedrus) ÿ Macchie arborescenti a ginepro fenicio (Juniperus phoenicea) ÿ Macchie arborescenti a ginepro comune (Juniperus communis) ÿ Macchie arborescenti con ginepro turifero (Juniperus thurifera) L’aspetto a ginepro turifero sembra possedere una minore autonomia vegetazionale.
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Lande, macchie, garighe e praterie
Aspetti dinamici e potenzialità I ginepreti a Juniperus oxycedrus in Liguria sono per lo più subprimari e rientrano nella serie dei boschi di leccio con tendenza verso il climax della lecceta o, localmente, del paraclimax della pineta a Pinus halepensis. L’acclività accentuata, la conseguente erosione e la superficialità dei suoli rendono per lo più stabili questi ginepreti; più rare sono le situazioni in rapida evoluzione verso la lecceta. Molto raramente si tratta di ginepreti secondari insediati su terrazzamenti agricoli abbandonati, in quanto sui terreni più profondi il ginepro soccombe alla concorrenza di altre specie della macchia mediterranea (erica e corbezzolo in primo luogo) tali aspetti hanno carattere preboschivo e durata variabile, ma generalmente di pochi anni. Anche i ginepreti mediterranei a J. communis costituiscono prevalentemente tessere secondarie di mantelli su radure, il cui dinamismo è indirizzato verso boschi termofili di roverella o boschi misti di leccio e roverella. Gli aspetti rupicoli a J. phoenicea e quelli con J. thurifera sono invece chiaramente primari e duraturi.
Rapporti con l’utilizzo del territorio In Liguria i ginepreti mediterranei sono prevalentemente costieri di zone particolarmente acclivi, non o scarsamente utilizzabili per le attività agrosilvopastorali. Per la loro localizzazione lungo la fascia costiera essi possono ricadere in zone con ipotesi di destinazione d’uso di tipo insediativo o turistico.
Importanza In Liguria gli aspetti di 5210 rivestono notevole importanza ecologica per la fauna e il consolidamento dei versanti nei confronti di processi erosivi. Numerose sono le specie ornitiche favorite dal ginepro e da altri arbusti che offrono rifugio e nutrimento. Di eccezionale importanza fitogeografica, per la rarità e la marginalità delle popolazioni di Juniperus phoenicea e J. thurifera, sono gli aspetti caratterizzati da queste specie. L’habitat svolge un importante ruolo come serbatoio per il germoplasma e la variabilità genetica delle diverse specie di ginepro. Il ruolo nella caratterizzazione di scorci del paesaggio è discreto, talora elevato, come nel caso dei ginepreti rupicoli a ginepro fenicio. L’interesse economico per il pascolo è quasi nullo. Per la fauna legata ai ginepri, è da segnalare il raro coleottero curculionide Polydrusus (Metadrosus) manteroi (Roberto Poggi, in litteris)
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è mediamente soddisfacente. La vulnerabilità dell’habitat 5210 è elevata e la resilienza di livello medio. Si ritiene che le superfici occupate siano abbastanza stabili. Stato di conservazione
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Importanza dei siti N° di siti
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Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Le maggiori minacce derivano dagli incendi ricorrenti che favoriscono specie molto più resistenti o resilienti rispetto ai ginepri e da eventuali apporti azotati che incrementano l’affermazione di specie banali ad elevata invasività. Altre situazioni di rischio derivano da interventi di consolidamento di
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Atlante degli Habitat
scarpate o versanti o da destinazioni d’uso delle aree per insediamenti o infrastrutture. Minima è la minaccia rappresentata dal taglio o dall’estirpazione di ginepri di discrete dimensioni per l’impiego come “alberi di natale”.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione avviene mediante l’osservazione della presenza e della copertura delle diverse specie di ginepro. Le maggiori possibilità di confusione (con 5130) riguardano gli aspetti a Juniperus communis, la cui identificazione deve tenere conto soprattutto delle caratteristiche bioclimatiche e delle tendenze dinamiche. Altre possibilità di confusione possono sussistere con aspetti particolari riferibili a 5330. Difficoltà s’incontrano nell’attribuzione degli arbusteti più radi che possono essere confusi con aspetti degli habitat 6210 o 6220. La distinzione fra le quattro specie di Juniperus è abbastanza facile, ma richiede comunque l’osservazione diretta. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la consistenza dei popolamenti delle diverse specie di Juniperus e la loro sex ratio; ß la ricchezza di specie; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie nitrofile invasive; ß la comparsa di specie boschive proprie delle tappe mature delle serie di vegetazione.
Indicazioni gestionali Per la conservazione dei ginepreti riferibili a 5210 non sono necessari significativi interventi, se non, in via eccezionale, per situazioni puntuali. Ovviamente occorre che la loro tutela sia considerata nei diversi strumenti di pianificazione. Norme di rigorosa protezione devono riguardare i popolamenti di J. phoenicea e J. thurifera. Obiettivi Gli obiettivi sono di mantenimento oppure, per gli aspetti a ginepro fenicio, di conservazione. Interventi Tra gli interventi prevedibili si possono citare: ß adozione di norme rigorose per la protezione di Juniperus phoenicea e J. thurifera; ß raccolta e conservazione del germoplasma delle tre specie di ginepro; ß verifica ed eventuale correzione delle destinazione d’uso delle aree su cui insiste l’habitat;
Ô Juniperus phoenicea (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
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ß misure di sorveglianza rigorosa finalizzata a verificare il rispetto delle norme di tutela e soprattutto a evitare il taglio o l’estirpazione di ginepri e un uso inappropriato delle aree su cui insiste l’habitat; ß potenziamento delle misure di prevenzione e lotta agli incendi. Trasferimento delle informazioni Occorrono diffuse azioni d’informazione circa l’importanza del ruolo ecologico dei ginepreti rivolte ai soggetti competenti della gestione del territorio. Sono possibili inoltre attività didattiche, divulgative e di valorizzazione dedicate a studenti di diverso grado e a ecoturisti.
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra e da piattaforme aeree o satellitari e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento delle specie guida; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico. Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dai diversi aspetti dell’habitat 5210 (mq); ß Indici di copertura dei singoli strati (struttura verticale); ß Indice di frammentazione e indice di forma (tessitura); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida principali; ß Presenza e consistenza di specie nitrofile o ad alta invasività; ß Sex ratio e struttura delle popolazione di Juniperus oxycedrus, J. communis, J. phoenicea, J. thurifera; ß Numero di ginepri vetusti; ß Presenza di contatti seriali e catenali. Il monitoraggio richiede controlli ogni tre anni (periodo ridotto a due anni nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stati di conservazione insoddisfacenti).
Ricerca Nell’ambito della ricerca di base è importante privilegiare: ß cartografia delle aree occupate dalle tessere riferibili ai diversi tipi di 5210; ß conoscenza delle caratteristiche microclimatiche; ß conoscenza dei popolamenti faunistici; ß maggiore conoscenza fitosociologica con attenzione ai processi dinamici della vegetazione e sulle possibilità di controllo degli stessi; ß conoscenza della struttura delle popolazioni e della fertilità delle diverse specie di ginepro.
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5320
Atlante degli Habitat
Formazioni basse di euforbie vicino alle scogliere
Codici 32.217 (Garighe costiere ad Helichrysum)
Classificazione paleartica
Classificazione EUNIS 2002 < F5.5 Habitat arbustivi termo-mediterranei = F5.5/P-32.217 Garighe costiere ad Helichrysum
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Basse formazioni di Helichrysum (Helichrysum italicum ssp. microphyllum, Helichrysum italicum ssp. italicum) con euforbie (come Euphorbia pithyusa), Pistacia lentiscus, Camphorosma monspeliaca, Artemisia densiflora o Thymelaea passerina, Thymelaea hirsuta, Thymelaea tartonraira nelle immediate vicinanze alle falesie costiere, che formano un aspetto di transizione fra la vegetazione delle falesie o la gariga [phrygana] dell’orlo superiore delle falesie e i cespuglieti termo-mediterranei Piante: Helichrysum italicum ssp. microphyllum, Helichrysum italicum ssp. italicum, Euphorbia pithyusa, Pistacia lentiscus, Camphorosma monspeliaca, Artemisia densiflora, Thymelaea passerina, Thymelaea hirsuta, Thymelaea tartonraira.
Distribuzione geografica In Liguria l’habitat è diffuso qua e là lungo la fascia litoranea da pochi metri sino a circa 200 sul livello del mare.
Lande, macchie, garighe e praterie
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Caratteri generali Si tratta di formazioni suffruticose a copertura discontinua, con ampie zone nude o colonizzate anche da cespi di graminacee o altre basse erbe xerotermofile su scarpate o versanti per lo più ad elevata acclività su substrati di diversa natura (calcarea, silicea o ofiolitica). La fisionomia è caratterizzata soprattutto da Helichrysum italicum ssp. italicum. Rientrano in questo tipo di habitat anche alcuni aspetti rupicoli a Thymelaea hirsuta estremamente localizzati presso le falesie calcaree di Bergeggi-Capo Vado. Aspetti a Euphorbia pithyusa erano in antico segnalati (anche lungo la costa orientale di Genova), ma non sono stati più rinvenuti. Altre specie che partecipano a conferire l’impronta floristica di questi habitat sono: Euphorbia spinosa ssp. ligustica, Euphorbia pinea, Staehelina dubia, Phagnalon sordidum, Ruta chalepensis, Thymus vulgaris, Antirrhinum majus, Senecio cineraria, Centaurea paniculata ssp. levantina (a Est di Portofino), Moricandia arvensis e Limonium avei (entrambe a Punta della Rocca e alla Mortola presso Ventimiglia), Santolina ligustica (presso Framura e Bonassola). Negli aspetti di maggiore contatto con la macchia s’incontrano anche bassi cespugli di Pistacia lentiscus, e Rhamnus alaternus, in quelli a diretto contatto con la cintura dei critmo-limonieti possono comparire Crithmum maritimum e Limonium cordatum, in quelli più frequentati dall’uomo o dai gabbiani aumentano specie nitrofile, quali Hyosciamus albus, Dittrichia viscosa, Sonchus spp. La fauna dell’habitat ha un carattere prevalentemente termofilo, rilevabile fra le specie di gasteropodi, chilopodi, isopodi e altri invertebrati. Le piante di elicriso nutrono le larve dei lepidotteri Gypsochares baptodactylus, Bucculatrix helichrysella e Coleophora helichrysiella. Studi sugli impollinatori dei popolamenti liguri di Thymelaea hirsuta (Minuto et al., 2004, Cornara et al., 2005) hanno evidenziato la presenza di
Gariga a Helichrysum a Punta Baffe (foto I. Franceschini).
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Atlante degli Habitat
62 taxa di insetti, concentrati particolarmente in primavera e autunno e appartenenti a emitteri, coleotteri imenotteri, ditteri e lepidotteri. Di questi ultimi è stata rilevata anche la notevole abbondanza di piccole larve di geometridi. Tra i fasmoidei si segnala il curioso insetto stecco (Bacillus rossius) e, tra gli ortotteri, diverse mantidi. L’habitat è territorio di caccia di lucertole (Podarcis muralis e P. sicula), del biacco (Hierophis viridiflavus) e di rapaci quali il pellegrino. Tra le specie di uccelli più frequenti troviamo il passero solitario (Monticola solitarius) e il gabbiano (Larus cachinnans). Specie guida Piante Helichrysum italicum, Thymelaea hirsuta, Euphorbia spinosa ssp.ligustica, Phagnalon sordidum, Euphorbia pinea. Animali Bucculatrix helichrysella, Coleophora helichrysiella, Gypsochares baptodactylus, Bacillus rossius.
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Gli aspetti riferibili all’habitat 5320 della Liguria non sono mai stati esaurientemente definiti sotto il profilo fitosociologico; essi sono stati pertanto provvisoriamente distinti su basi fisionomiche molto semplici: ÿ Garighe costiere termofile a Helichrysum spp. ÿ Garighe costiere termofile a Thymelaea hirsuta ÿ Garighe costiere termofile a Euphorbia pithyusa
Aspetti dinamici e potenzialità Si tratta di aspetti primari o subprimari che si rinvengono nelle zone corrispondenti alla serie dei boschi di leccio; essi sono piuttosto stabili a causa dei forti condizionamenti esercitati dall’acclività accentuata, dalla conseguente erosione e dalla superficialità dei suoli; solo su alcune scarpate a lato di strade, possono avere un carattere più transitorio. Evidenti sono i contatti catenali con i critmo-limonieti rivolti al mare e con le diverse comunità della macchia localizzate in genere più a monte.
Rapporti con l’utilizzo del territorio In Liguria i tipi dell’habitat 5320 ricadono in zone litoranee sulle quali viene esercitata una forte pressione antropica di tipo insediativo e turistico, interessate spesso da interventi o progetti di espansione degli stessi insediamenti o di strutture quali assi stradali, porticcioli, depuratori, ecc.
Importanza In Liguria gli aspetti di 5320 rivestono un’importanza scientifica eccezionale laddove siano presenti specie endemiche (Santolina ligustica, Centaurea p. ssp. levantina, ecc.), rare o di particolare interesse fitogeografico (Thymelaea hirsuta, Limonium avei, Moricandia arvensis, ecc). Hanno una discreta importanza ecologica per la fauna (soprattutto rettili e invertebrati) e, seppure in misura ridotta contribuiscono al consolidamento dei versanti nei confronti di processi erosivi. Tra le specie di invertebrati emergenti si evidenzia il carabide Metadromius nanus segnalato a Capo Mele e al Capo di Caprazoppa. Questi aspetti di gariga contribuiscono talora in modo significativo alla diversità e alla caratterizzazione del paesaggio vegetale costiero. L’interesse economico per le attività agrosilvopastorali è quasi nullo. Esistono possibilità di utilizzo per alcune specie officinali (Helichrysum, Thymus, ecc).
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Lande, macchie, garighe e praterie
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è medio-basso a causa di alterazioni indotte dalla pressione antropica generale. Vulnerabilità e resilienza dell’habitat 5320 sono medio-elevate. Si ritiene che le superfici occupate siano relativamente stabili. Stato di conservazione
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Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Le maggiori minacce derivano appunto da interventi edilizi relativi a insediamenti abitativi o di servizio e da effetti indiretti che da essi derivano. Anche situazioni di difficile accesso possono subire fenomeni di degrado a causa della frequentazione dei gabbiani (Larus cachinnans) favoriti dalle discariche di rifiuti a cielo aperto. Il guano depositato da questi uccelli e l’opera di disseminazione innescano o incrementano la diffusione di specie invasive non di rado esotiche; a ciò si può aggiungere un danno diretto sulle piante attuato dai gabbiani. Incendi ricorrenti possono alterare la composizione floristica e far regredire la struttura, ma non figurano tra le principali minacce. Altre situazioni di rischio possono derivare da interventi di consolidamento di scarpate o versanti con materiali o modalità non compatibili con la conservazione dell’habitat.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione avviene mediante l’osservazione della presenza e della copertura delle diverse specie guida. Significative possibilità di confusione possono ingenerarsi con l’habitat 1240 e, in misura minore, con aspetti di 6220 e 6210 laddove le diverse comunità si compenetrano o sono a contatto. In questi casi occorre considerare attentamente l’esistenza o meno di un apporto aeroalino diretto (che contraddistingue 1240) e la percentuale di suffrutici (ovviamente maggiore in 5320) I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la consistenza dei popolamenti delle diverse specie guida; ß la ricchezza di specie; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie invasive; ß le attività umane e l’intensità della loro influenza. Helichrysum italicum (foto M.G. Mariotti).
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Atlante degli Habitat
Indicazioni gestionali Per la conservazione degli habitat riferibili a 5320 occorre una maggiore attenzione in fase di pianificazione dell’uso del territorio affinché la loro tutela sia considerata nei diversi strumenti di pianificazione. Norme di rigorosa protezione devono riguardare i popolamenti di Thymelaea hirsuta. Obiettivi Gli obiettivi sono per lo più di conservazione rigorosa o di miglioramento nelle situazioni che hanno subito o sono tuttora soggette a fenomeni di degrado. Interventi Tra gli interventi prevedibili si possono citare: ß adozione di norme rigorose per la protezione di alcune specie di particolare interesse quali Thymelaea hirsuta, Limonium avei, Moricandia arvensis, Santolina ligustica; ß raccolta e conservazione del germoplasma delle suddette specie; ß verifica ed eventuale correzione delle destinazione d’uso delle aree su cui insiste l’habitat; ß misure di sorveglianza rigorosa finalizzata a verificare il rispetto delle norme di tutela e soprattutto a evitare un uso inappropriato delle aree su cui insiste l’habitat; ß misure di prevenzione e interventi di lotta finalizzati a contrastare il degrado causato dai gabbiani (installazione di dissuasori, modalità differenti nella gestione delle discariche di rifiuti; ß potenziamento delle misure di prevenzione e lotta agli incendi. Trasferimento delle informazioni Occorrono diffuse azioni d’informazione circa l’importanza scientifica e il ruolo ecologico delle garighe costiere rivolte soprattutto ai soggetti competenti della gestione del territorio. Sono possibili inoltre attività didattiche, divulgative e di valorizzazione dedicate a studenti di diverso grado e a ecoturisti.
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento delle specie guida; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico; ß valutazione della qualità del suolo (granulometria e nutrienti). Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dai diversi aspetti dell’habitat 5320 (mq); ß Indici di copertura dei singoli strati (struttura verticale); ß Indice di frammentazione e indice di forma (tessitura); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida principali; ß Presenza e consistenza di specie nitrofile o ad alta invasività; ß Sex ratio, struttura della popolazione e fertilità di Thymelaea hirsuta; ß Presenza di contatti seriali e catenali; ß Percentuale di nitrati, nitriti, ammonio e fosfati.
Lande, macchie, garighe e praterie
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Il monitoraggio richiede controlli ogni cinque anni (periodo ridotto a due anni nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stati di conservazione insoddisfacenti). Fanno eccezione alcuni aspetti che ospitano specie particolarmente rare (Thymelaea hirsuta, Limonium avei, ecc.) per i quali occorre prevedere un controllo biennale.
Ricerca Con riferimento agli studi disponibili, occorre innanzitutto segnalare le recenti ricerche sulla biologia riproduttiva e sugli aspetti conservativi di Thymelaea hirsuta e di Santolina ligustica. Allo stesso tempo appare necessario estendere lo stesso tipo d’indagini ad altre specie importanti che si rinvengono nell’habitat 5320. Nell’ambito della ricerca di base e applicata è importante privilegiare: ß cartografia delle aree occupate dalle tessere riferibili ai diversi tipi di 5320; ß conoscenza delle caratteristiche microclimatiche; ß conoscenza dei popolamenti faunistici; ß maggiore conoscenza fitosociologica con attenzione ai processi dinamici della vegetazione, ai rapporti seriali e ai contatti catenali; ß elaborazione di tecniche per il miglioramento e/o la ricostruzione dell’habitat.
Thymelaea hirsuta presso Bergeggi (foto S. Marsili).
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5330
Atlante degli Habitat
Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici
Lembo a Euphorbia dendroides riferibile a 5330 sull’Isola Gallinara (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
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Codici
Classificazione paleartica 32.21G1(Arbusteto a Genista fasselata) 32.22 (Formazioni ad euforbia arborea) 32.23 (Gariga dominata da ampelodesma) 32.24 (Cespuglieto a palma nana) 32.25 (Arbusteto predesertico mediterraneo) 32.26 [Campi termo-mediterranei a ginestra (ginestreti)] 32.441p Garighe di euforbia spinosa [Garighe di Euphorbia melitensis di Malta] < > > > > >
Classificazione EUNIS 2002 F5.5 Habitat arbustivi termo-mediterranei F5.5/P-32.22 Formazioni a Euphorbia dendroides F5.5/P-32.23 Garighe dominate da Ampelodesmos mauritanica F5.5/P-32.24 Cespuglieto a Chamaerops humilis F5.5/P-32.25 Arbusteto predesertico mediterraneo F5.5/P-32.26 Campi termo-mediterranei a ginestra (ginestreti)
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Formazioni arbustive caratteristici della zona termo-mediterranea. Sono qui comprese quelle formazioni, per la maggior parte indifferenti alla natura silicea o calcarea del substrato, che raggiungono la loro maggiore estensione o il loro sviluppo ottimale nella zona termo-mediterranea. Sono inoltre comprese numerose formazioni, fortemente caratterizzate, termofile endemiche del Sud della penisola iberica, per lo più termo-mediterranee ma talora meso-mediterranee; nella loro grande diversità locale esse sono l’omologo occidentale della maggior parte delle “frigane” del Mediterraneo orientale e talora si avvicinano come aspetto a queste che comunque, in considerazione della loro forte singolarità strutturale, sono elencate a parte sotto Pal. 33. Sottotipi : 32.21G – Arbusteto a Genista fasselata Arbusteti dominati da piante alte e spinose di Genista fasselata con distribuzione molto ristretta nel bacino orientale del Mediterraneo 31.8B5p – Cespuglieto xerofilo di Crataegus azarolus var. aronia Cespuglieto da basso a medio di zone semi-aride di Cipro caratterizzato da Crataegus azarolus var. aronia con una abbondanza di erbe e riferibile al Genisto-Ceratonietum. Esso si sviluppa da bassa a media altitudine (300-500 m) su substrati calcarei. 32.22 – Formazioni a euforbia arborea Aspetti di Euphorbia dendroides, importante relitto terziario di origine Macaronesico; essi si rinvengono come facies degli arbusteti termomediterranei delle Baleari, Corsica, Sardegna, Sicilia, Isole Eolie, Egadi, Pelagie, Pantelleria, Creta, e, molto localmente, di quelli delle coste della Catalogna settentrionale, Francia sud-orientale, Italia peninsulare e sue isole, Grecia centrale, in modo notevole sui versanti che si affacciano sul Golfo di Corinto, il Peloponneso, l’Arcipelago Egeo, e “enclaves” della periferia mediterranea dell’Anatolia e del Levante. Aspetti particolarmente estensivi e vigorosi si ritrovano in Sicilia, Sardegna e Creta, dove si possono estendere a quote relativamente alte. Formazioni molto locali del Mediterraneo nordafricano occupano i versanti rocciosi più acclivi di alcuni promontori costieri e siti isolati dell’entroterra (Ichkeul). 32.23 - Garighe dominate da lisca (ampelodesma) Garighe invase e dominate dagli alti cespi di Ampelodesmos mauritanica; tipicamente termomediterranee, esse si rinvengono anche in modo estensivo nella zona mesomediterranea. Prevalgono soprattutto sulla costa tirrenica dell’Italia centrale e meridionale, in Sicilia, nella zona mediterranea e nelle parti meno aride della zona di transizione saharo-mediterranea del Nord Africa. 32.24 – Macchia a palma nana Formazioni dominate da Chamaerops humilis; sia arbusteti termo-mediterranea sia garighe ricche di palma nana, specie fisionomicamente importante, possono essere identificate da una combinazione di questo codice e di quello di altre appropriate suddivisioni del 32.2. Gli aspetti di macchia a palma nana sono meglio rappresentati sulle aree costiere della penisola iberica sud-occidentale, meridionale e orientale, le Baleari, la Sicilia e le sue isole satellite e il Mediterraneo nordafricano, con altre sporadiche presenze nel bacino del Guadalquivir, Sardegna, e coste tirreniche e isole della penisola italiana. 32.25 – Arbusteto mediterraneo pre-desertico. Periplocion angustifoliae, Anthyllidetalia terniflorae Formazioni arbustive che costituiscono con gli arbusti alo-nitrofili (15.724) e gli arbusteti localizzati su gesso (15.93), gran parte della vegetazione naturale e seminaturale della zona arida della Spagna sud-orientale (Almeria, Murcia, Alicante), una
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Atlante degli Habitat
regione altamente distinta, dai caratteri climatologici, biologici e paesaggistici unici in Europa, estremamente ricca di specie africane e endemiche. Molte delle formazioni più importanti rimangono solo in poche località indisturbate e sono gravemente a rischio. Formazioni simili si rinvengono nella zona arida superiore (Mediterraneo arido) del Nord Africa. Stazioni esterne di queste comunità esistono anche in Sicilia, isole Egadi, isole Pelagie, Malta e Pantelleria. 32.26 – Ginestreti termo-mediterranei (retamares) Formazioni mediterraneo occidentali dominate da retama (Lygos spp.) o da ginestre grandi, non-spinose termo-mediterranee dei generi Cytisus e Genista, limitate alla Penisola Iberica, le Baleari, il Mediterraneo nordafricano, Sicilia e le isole ad essa associate, la costa del Cilento in Campania. 32.441p – Garighe di euforbia spinosa Garighe di Euphorbia melitensis di Malta Piante: 31.21G – Genista fasselata; 31.8B5p - Crataegus azarolus var. aronia; Pal., 32.22 - Euphorbia dendroides; Pal., 32.23 - Ampelodesmos mauritanica; Pal., 32.24 - Chamaerops humilis; Pal., 32.25 - Ziziphus lotus, Maytenus senegalensis var. europaeus, Periploca laevigata ssp. angustifolia, Salsola webbii, Sideretis foetens, Ulex argentatus ssp. erinaceus, Genista umbellata; Pal., 32.26 - Lygos sphaerocarpa, Lygos monosperma, Lygos raetam ssp. gussonei, Genista cinerea ssp. speciosa, Genista valentina, Genista spartioides ssp. retamoides, Genista spartioides ssp. pseudoretamoides, Genista haenseleri, Genista ramosissima, Genista ephedroides, Genista dorycnifolia, Cytisus aeolicus; 32.441 – Euphorbia melitensis.
Distribuzione geografica In Liguria l’habitat è diffuso qua e là lungo la fascia costiera da pochi metri sino a circa 800 m sul livello del mare.
Caratteri generali Si tratta di formazioni arbustive o dominate da alte erbe graminoidi a copertura generalmente densa, proprie di zone aride e calde. L’aridità può essere di natura climatica o edafica. Struttura e fisionomia sono
Macchia e aspetto a Euphorbia dendroides a Punta Manara (foto M.G. Mariotti).
Lande, macchie, garighe e praterie
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eterogenei in quanto il tipo di habitat comprende fitocenosi caratterizzate da specie piuttosto differenti fra loro: Ampelodesmos mauritanica, Euphorbia dendroides, Genista cinerea. Gli ampelodesmeti studiati da Vagge (2000) e le formazioni a euforbia arborea studiate da Mariotti e Barberis (1985) sono habitat ben caratterizzati. I primi si rinvengono su substrati con forte componente calcarea, ricchi di scheletro, talora terrazzati, quasi sempre in zone percorse da incendi, talora violenti. Gli esempi meglio sviluppati s’incontrano sui promontori di Porto Venere e di Portofino e sull’Isola Palmaria. Pure gli aspetti a Euphorbia dendroides si possono ritrovare su terrazzamenti abbandonati, ma anche in zone rupestri su substrati arenacei, calcarei o ultramafici. Questi aspetti sono presenti frammentariamente in prossimità della linea costiera. Sia gli ampelodesmeti sia gli euforbieti mostrano un’elevata variabilità comprendente diversi stadi evolutivi. In quelli iniziali si osservano terofite o specie tendenzialmente rupicole; negli stadi più avanzati l’euforbia arborea e ancor più l’ampelodesma vengono quasi sopraffatti dalle specie arbustive e lianose della macchia mediterranea (Myrtus communis, Calicotome spinosa, Cistus creticus, Cistus salvifolius, Pistacia lentiscus, P. terebinthus, Rhamnus alaternus, Erica arborea, Arbutus unedo, Phillyrea latifolia, Clematis flammula, Asparagus acutifolius, Rubia peregrina, Smilax aspera), che preludono al bosco di leccio. Altre specie che accompagnano Euphorbia dendroides sono: Teucrium flavum, Lavatera maritima, Senecio cineraria, Anthyllis barba-jovis, Oryzopsis coerulescens, ecc. Si rileva inoltre come l’habitat 5330 e in particolare gli ampelodesmeti possono partecipare a mosaici comprendenti formazioni rupestri, garighe o comunità erbacee riferibili a 5230, 6210, 6220, 8210, 8220. Nell’estremo ponente, su substrati calcarei, si osservano formazioni a Genista cinerea che si differenziano da quelle a carattere tendenzialmente alpino già segnalate con il codice 4060, per una localizzazione ad altitudine minore e un maggior grado di xerotermofilia. In questo caso anche la ginestra cinerina è accompagnata dalle specie proprie della macchia mediterranea e delle garighe come Satureja montana, Euphorbia spinosa ssp. ligustica, Lavandula angustifolia. Sulla base di quanto adottato anche da altri paesi comunitari e in particolare la Francia, potrebbero essere attribuiti al codice 5330 anche alcuni aspetti xerotermofili di macchia mediterranea caratterizzati da Calicotome spinosa, Pistacia lentiscus, Myrtus communis, Juniperus oxycedrus, ma differenziati per la presenza di individui o nuclei di Chamaerops humilis. La fauna dell’habitat ha un carattere termofilo e a gravitazione mediterraneo occidentale, corrispondente a quello delle piante dominanti. Nelle formazioni a Euphorbia dendroides della Gallinara si è osservato il colubro lacertino (Malpolon monspessulanus), che tuttavia non è esclusivo di questo tipo di ambienti. All’impollinazione dell’euforbia arborea contribuiscono anche le lucertole (Podarcis muralis e P. sicula). Tra gli uccelli si segnala la frequentazione, tra gli altri, del corvo imperiale (Corvus corax), del pellegrino (Falco peregrinus), del passero solitario (Monticola solitarius). Sull’Isola Palmaria gli ampelodesmeti e la macchia ospitano una interessante popolazione di conigli selvatici (Oryctolagus cuniculus). Meno noti sono i popolamenti animali delle formazioni più xerotermofile a Genista cinerea. Specie guida Piante Ampelodesmos mauritanica, Euphorbia dendroides, Chamaerops humilis, Genista cinerea. Animali Podarcis muralis, P. sicula, Gonepteryx cleopatra
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Gli aspetti a euforbia arborea e gli ampelodesmeti della Liguria sotto il profilo fitosociologico possono essere identificati rispettivamente come Rhamno alaterni-Euphorbietum dendroidis e Coronilllo valentinaeAmpelodesmetum myrtetosum entrambi inquadrati nell’Oleo-Ceratonion. Gli aspetti più xerotermofili delle
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Atlante degli Habitat
formazioni a ginestra cinerina possono essere interpretati come varianti dell’Euphorbio spinosae-Genistetum cinereae (Lavandulo-Genistion c.). I nuclei con Chamaerops humilis rappresentano varianti locali attribuibili a diverse associazioni di macchia dei Pistacio-Rhamnetalia: Pistacio lentisci-Rhamnetum alterni, Calicotomo spinosae-Myrtetum communis, Junipero oxycedri-Pinetum halepensis. ÿ Habitat arbustivi o erbaceo-arbustivi con vegetazione riferibile all’Oleo-Ceratonion siliquae l Habitat arbustivi con vegetazione caratterizzata dall’associazione Rhamno alaterni-Euphorbietum dendroidis l Ampelodesmeti caratterizzati dall’associazione Coronillo valentinae-Ampelodesmetum mauritanicae ° Varianti di ampelodesmeti caratterizzati dalla sottoassociazione Coronillo valentinae-Ampelodesmetum mauritanicae myrtetosum communis ÿ Aggruppamenti spontanei a Chamaerops humilis ÿ Habitat arbustivi o erbaceo-arbustivi termomediterranei xerofili con vegetazione riferibile al Lavandulo angustifoliae-Genistion cinereae l Formazioni mediterranee riferibili all’associazione Euphorbio spinosae-Genistetum cinereae
Aspetti dinamici e potenzialità Con eccezione di alcuni euforbieti e ampelodesmeti localizzati su versanti rocciosi, si tratta di aspetti altamente instabili che evolvono verso macchie, e forteti propri della serie del leccio; se indisturbati possono condurre a una tappa matura rappresentata da un bosco termofilo riferibile al Viburno-Quercetum ilicis. Nel caso degli ampelodesmeti si può assistere a processi ciclici mantenuti dal passaggio del fuoco. Sulla base di osservazioni effettuate sull’Isola Palmaria si è rilevato che una formazione fisionomicamente
In primo piano, cespi di Ampelodesmos mauritanicus sopra Porto Venere (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
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dominata da ampelodesma, se indisturbata, viene progressivamente invasa da specie legnose (dapprima cisti, poi lentisco e altre specie) e diventa una macchia di circa 1,5 m nell’arco di 10-15 anni. Anche sul promontorio di Portofino gli ampelodesmeti a est di Sestri Levante in aree in cui la vegetazione legnosa è stata quasi azzerata da ripetuti e violenti incendi, l’ampelodesma si è insediato e ha cominciato la sua espansione dopo solo 1-2 anni dal passaggio del fuoco. Oltre al fuoco, un altro fattore che incide localmente sui processi dinamici degli ampelodesmeti è il pascolo caprino. L’evoluzione delle formazioni a euforbia arborea è, al contrario, piuttosto lenta. Come già accennato, ampelodesma ed euforbia arborea possono giocare un ruolo importante anche nella colonizzazione di terrazzamenti in cui l’agricoltura è stata abbandonata, insediandosi successivamente ad aspetti caratterizzati da graminee a ciclo annuo. Anche per gli aspetti xerotermofili a ginestra cinerina possono esser considerati stadi intermedi soggetti a evoluzione verso il bosco di leccio. Diverso è il discorso per gli aspetti con palma nana che sono stati segnalati solo negli ultimi decenni in luoghi di difficile accesso, ma in tratti costieri vicini a zone insediate; per questo motivo si ritiene che possano essere di origine relativamente recente. Semi di Chamaerops humilis di provenienza ignota (da parchi o giardini oppure da popolazioni più remote) potrebbero essere stati diffusi dagli uccelli, mentre il miglioramento del clima (soprattutto la riduzione degli episodi di gelo invernale) potrebbero aver favorito l’affermazione della palma.
Rapporti con l’utilizzo del territorio In Liguria la maggior parte dei tipi dell’habitat 5330 ricadono in zone litoranee sulle quali viene esercitata una forte pressione antropica di tipo insediativo e turistico, interessate spesso da interventi o progetti di espansione degli stessi insediamenti o di strutture di servizio.
Importanza In Liguria gli aspetti di 5330 rivestono un’importanza scientifica ed ecologica notevole: le specie che li caratterizzano hanno un particolare interesse fitogeografico in quanto al limite settentrionale della loro distribuzione e presenti nella regione con piccole popolazioni isolate. Essi hanno una discreta importanza ecologica per la fauna (soprattutto uccelli, rettili e invertebrati). Notevole è pure il ruolo nel consolidamento dei versanti rispetto ai processi erosivi e alla ricostituzione del manto vegetale dopo il passaggio del fuoco. Il contributo di questi aspetti e in particolare degli ampelodesmeti e degli euforbieti al paesaggio è fortemente caratterizzante; ciò è particolarmente evidente all’isola Palmaria e al promontorio di Porto Venere. Nel caso degli euforbieti, Euphorbia dendroides, specie estivante, conferisce tonalità cromatiche di eccezionale valore alla macchia nel periodo invernale-primaverile. Ampelodesmos mauritanica richiama inoltre alla mente il suo utilizzo tradizionale per legare le viti e fabbricare cordami; attualmente tale uso potrebbe essere rivalutato per la realizzazione di prodotti artigianali artistici o di uso comune. La specie dovrebbe inoltre essere impiegata più diffusamente negli interventi di consolidamento dei versanti su aree incendiate o soggette a erosione. L’interesse economico per le attività agrosilvopastorali è quasi nullo, salvo, in misura ridotta per alcune zone terrazzate.
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è mediamente soddisfacente, ma con diffuse situazioni di degrado o di rischio. Le superfici occupate dagli aspetti più tipici sono ridotte e appaiono in significativo regresso o mostrano tale tendenza.
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Atlante degli Habitat
Stato di conservazione
J
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n.v.
N° di siti
0
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5
0
Importanza dei siti N° di siti
JJJ
JJ
J
K
L
n.v.
0
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0
0
Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Le maggiori minacce per gli ampelodesmeti derivano dall’evoluzione naturale della vegetazione. Per gli euforbieti si segnalano puntuali fenomeni di apporti azotati per abbandono di rifiuti o per l’eccessiva frequentazione di gabbiani (Larus cachinnans) favoriti dalle discariche di rifiuti a cielo aperto. Gli incendi rappresentano invece per gli ampelodesmeti uno dei fattori più favorevoli per il loro mantenimento. Altre situazioni di rischio possono derivare da interventi di consolidamento di scarpate o versanti con materiali o modalità non compatibili con la conservazione dell’habitat o da interventi edilizi distruttivi. Nel complesso vulnerabilità e resilienza dell’habitat 5330 sono di livello medio-elevato.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione degli aspetti a euforbia arborea e ad ampelodesma non pongono difficoltà particolari, tuttavia è importante approfondire la distinzione fra i diversi stadi evolutivi caratterizzati da queste specie. Maggiori difficoltà si possono incontrare nell’attribuzione dei codici 5330 o 4060 alle formazioni a Genista cinerea, delle quali solo una minima parte, quella più xerotermofila ricadente nella serie dei Quercetea ilicis,
Genista cinerea (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
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è riferibile a 5330. La distinzione in questo caso può avvenire solo dopo attenta valutazione del corteggio floristico e delle condizioni bioclimatiche ed edafiche. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione e la continuità dell’habitat; ß la consistenza dei popolamenti delle diverse specie guida; ß la ricchezza di specie; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie invasive; ß le attività umane e l’intensità della loro influenza.
Indicazioni gestionali Per la conservazione degli habitat riferibili a 5330 occorre particolare attenzione in fase di pianificazione dell’uso del territorio e delle attività rurali o turistiche rispetto alle quali esiste una elevata sensibilità. L’assenza di interventi, salvo quelli eventuali destinati alla riduzione dei rischi per la conservazione o al miglioramento dell’habitat stesso dovrebbe essere la linea d’indirizzo prevalente. Norme di rigorosa protezione dovrebbero riguardare i popolamenti spontanei di alcune specie guida. Obiettivi Gli obiettivi sono diversificati per singole situazioni; nell’ambito dei siti della rete Natura 2000 si evidenzia la necessità di rigorosa conservazione in sette casi, di mantenimento in sei casi e di miglioramento in otto casi. Interventi Tra gli interventi prevedibili si possono citare: ß adozione di norme rigorose per la protezione di alcune specie di particolare interesse quali Euphorbia dendroides e Chamaerops humilis; ß raccolta e conservazione del germoplasma delle specie guida; ß verifica ed eventuale correzione delle destinazione d’uso delle aree su cui insiste l’habitat; ß misure di sorveglianza rigorosa finalizzata a verificare il rispetto delle norme di tutela e soprattutto a evitare un uso inappropriato delle aree su cui insiste l’habitat; ß misure di prevenzione e interventi di lotta finalizzati a contrastare il degrado causato dai gabbiani (installazione di dissuasori, modalità differenti nella gestione delle discariche di rifiuti); ß contenimento dei danni in eventuali casi d’incendio; ß locale decespugliamento selettivo meccanico o mediante uso controllato del fuoco; ß eventuale attività di pascolo controllato e saltuario nelle formazioni ad ampelodesma; ß eventuale eradicazione di specie invasive. Per il mantenimento degli ampelodesmeti in aree soggette a veloci processi evolutivi, al fine di ridurre i costi, è preferibile una pianificazione su un contesto paesaggistico ampio che preveda una turnazione e diversificazione degli interventi su parcelle limitate per il mantenimento di una percentuale significativa dei diversi stadi. Trasferimento delle informazioni Occorrono diffuse azioni d’informazione circa l’importanza scientifica e il ruolo ecologico dei diversi aspetti dell’habitat 5330, nonché delle opportunità di valorizzazione che alcune sue specie offrono sotto il profilo culturale, artigianale e per l’impiego negli interventi di consolidamento. A tale proposito numerose sono le possibili attività didattiche e divulgative dedicate a studenti di diverso grado, ecoturisti e popolazione locale.
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Atlante degli Habitat
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (purché ad alta risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini. ß censimento delle specie guida; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico; ß valutazione della qualità del suolo (granulometria e nutrienti). Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dai diversi aspetti dell’habitat 5330 (mq); ß Indici di copertura dei singoli strati (struttura verticale); ß Indice di frammentazione e indice di forma (tessitura); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida principali; ß Numero e dimensioni degli individui maggiori di Euphorbia dendroides; ß Presenza e consistenza di specie nitrofile o ad alta invasività; ß Presenza di contatti seriali e catenali; ß Tessitura del suolo e percentuale di nitrati, nitriti, ammonio e fosfati. Il monitoraggio richiede controlli ogni cinque anni (periodo ridotto a due anni nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stato di conservazione insoddisfacente).
Ricerca Occorre innanzitutto approfondire le conoscenze sulla distribuzione in natura e l’ecologia di Chamaerops humilis, nonché dei processi dinamici che interessano ciascun aspetto di 5330. Nell’ambito della ricerca di base e applicata è importante quindi privilegiare: ß cartografia di dettaglio delle aree occupate dalle tessere riferibili ai diversi tipi di 5330; ß conoscenza delle caratteristiche microclimatiche ed edafiche; ß conoscenza dei popolamenti faunistici; ß maggiore conoscenza fitosociologica con attenzione ai processi dinamici della vegetazione, ai rapporti seriali e ai contatti catenali e riferimento a fattori come il fuoco e il pascolo; ß elaborazione di tecniche per il mantenimento, il miglioramento e/o la ricostruzione dell’habitat; ß sperimentazione di tecniche d’impiego dell’ampelodesma negli interventi di consolidamento dei versanti; ß studi di fattibilità per l’impiego di ampelodesma nella realizzazione di prodotti artigianali.
Lande, macchie, garighe e praterie
Formazioni erbose calcicole rupicole o basofile dell’Alysso-Sedion albi *
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6110
Codici
Classificazione paleartica 34.11 Formazioni a cespi erbacei delle pietraie medioeuropee Classificazione EUNIS 2002 < E1.1 Vegetazione pioniera aperta termofila di substrati sabbiosi o detritici = E1.1/P-34.11 Formazioni a cespi erbacei delle pietraie eurosiberiane
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Comunità pioniere aperte xerotermofile su suoli superficiali calcarei o ricchi in basi (substrati vulcanici basici), dominate da piante annuali e succulente dell’Alysso alyssoidis-Sedion albi Oberdorfer & Müller in Müller 61. Comunità simili possono svilupparsi su substrati artificiali; queste non dovrebbero essere considerate. Piante: Alyssum alyssoides, Arabis recta, Cerastium spp., Hornungia petraea, Jovibarba spp., Poa badensis, Saxifraga tridactylites, Sedum spp., Sempervivum spp., Teucrium botrys Note: In alcune regioni del Belgio e della Germania questo habitat è collegato molto strettamente con associazioni dello Xerobromion e del Mesobromion.
Distribuzione geografica In Liguria l’habitat risulta abbastanza diffuso qua e là nel settore alpico e in quello appenninico.
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Atlante degli Habitat
Caratteri generali Si tratta di formazioni prevalentemente erbacee o erbaceo-suffruticose, basifile, discontinue (copertura 15-60% circa) su substrati per lo più calcarei o ultramafici (diaspri, basalti), per gran parte nudi e soggetti a erosione, della fascia submontana e montana di zone a clima submediterraneo-subcontinentale. Generalmente si osserva come microhabitat in lacune dei pascoli con substrato costituito da accumuli detritici di scarsa potenza, a elementi di dimensioni centimetriche; in alcuni casi il detrito rappresenta una copertura di terreno con forte componente minerale o di rocce più compatte. Tra le piante che meglio caratterizzano l’habitat troviamo diverse specie succulente dei generi Sedum (Sedum acre, S. album, S. rupestre aggr., S. sexangulare S. dasyphyllum, S. monregalense) e Sempervivum, (S. tectorum aggr., S. arachnoideum, S. calcareum, S. montanum), accompagnate da erbe per lo più a ciclo annuo o perenne (Cerastium semidecandrum, C. pumilum, Crepis neglecta., Saxifraga spp., Petrorhagia prolifera, Silene spp., Asperula cynanchica, Trifolium scabrum, T. campestre, Allium sphaerocephalon, Desmazeria rigida, Oryzopsis miliacea, Melica ciliata, Vulpia spp., Poa spp.) o camefite suffruticose (Alyssum montanum, Minuartia spp., Cerastium arvense, Teucrium chamaedrys, Thymus spp., ecc). Di particolare significato è la presenza puntiforme di Jovibarba allioni. Notevole può essere la componente lichenica (soprattutto specie del genere Cladonia) e briofitica (soprattutto specie del genere Tortella). L’habitat si presenta su aree di limitata estensione in quanto necessita di condizioni ambientali particolari (xerotermofile con elevata escursione termica e accentuata aridità) e con una discreta variabilità determinata dai processi dinamici, dalla natura del substrato e dai contatti con gli habitat più vicini (generalmente prative o rupestri). Circa il substrato la presenza e consistenza di una eventuale componente argillitica influisce sul corteggio floristico. Pure diffusi sono aspetti simili localizzati sui muri a secco, che tuttavia on devono essere considerati ai sensi della Direttiva 92/43.
Formazioni erbacee discontinue riferibili a mosaici di 6110 e 8210 sul Monte Acuto (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
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Ben poco si conosce della fauna di questi habitat, la presenza di diverse specie di Sedum favorisce i popolamenti di Parnassius apollo, essendo le crassulacee piante nutrici delle larve di questa bella farfalla. Il notevole soleggiamento attrae animali a sangue freddo, principalmente sauri e ofidi. Specie guida Piante Alyssum montanum, Sedum spp., Sempervivum spp., Jovibarba allionii, Cerastium spp. Animali Parnassius apollo
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Gli aspetti riferibili a 6110 sono inquadrabili nell’Alysso alyssoidis-Sedion albi. In mancanza di sufficienti dati fitosociologici, le differenti fitocenosi possono essere distinte su basi fisionomiche a seconda che prevalga una componente erbacea o lichenica. ÿ Formazioni discontinue a significativa componente lichenica dell’Alysso-Sedion albi ÿ Formazioni discontinue prevalentemente erbacee dell’Alysso-Sedion albi Ulteriori distinzioni possono essere praticate sulla base della predominanza di un carattere montano o collinare.
Aspetti dinamici e potenzialità Si tratta di un microhabitat pioniero generalmente stabile o in evoluzione lentissima (difficilmente percepibile a scala umana), salvo situazioni puntuali soggette a erosione determinata da scavi o simili interventi (scarpate o sedi stradali, tratturi ecc.) che tuttavia per la loro natura chiaramente antropica solo eccezionalmente possono essere considerati ai sensi della direttiva 92/43. L’origine può essere primaria, ma anche secondaria, determinata dal passaggio degli animali al pascolo, già cessato o ancora presente. Eccezionalmente microhabitat riferibili a 6110 possono realizzarsi con lo scavo di tane da parte di animali selvatici (conigli soprattutto). Frequenti sono i contatti con habitat che possono precedere o potenzialmente seguire nella successione, quali lembi di vegetazione rupicola (8210), pavimenti calcarei (8240), praterie meso-xeriche (6210), pratelli terofitici (6220) ecc, che concorrono alla caratterizzazione del paesaggio. La collocazione dei processi dinamici di 6110 è nell’ambito di diverse serie: dai boschi di leccio del piano basale a quelli submontani di roverella sino a quelli montani di faggio.
Rapporti con l’utilizzo del territorio In Liguria i microhabitat riferibili a 6110 ricadono soprattutto in zone montane dove erano maggiormente sviluppate forme tradizionali di pastorizia e agricoltura ora quasi cessate. Non mancano tuttavia esempi primari localizzati in aree carsiche o acclivi.
Importanza L’habitat 6110 è considerato d’importanza prioritaria a livello europeo. In Liguria riveste un’importanza scientifica ed ecologica differente a seconda delle specie che ospita, ma comunque notevole per la ridotta estensione che localmente può raggiungere e il ruolo di rifugio per molte piante annuali. Di maggiore interesse sono gli aspetti con popolamenti di specie rare o endemiche come Jovibarba allionii, Sedum monregalense ecc.
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Atlante degli Habitat
L’habitat rappresenta un importante serbatoio per il germoplasma di specie annue e succulente. La fioritura primaverile di diverse specie caratterizzanti favorisce una ricca fauna a invertebrati ed è positiva per l’apicoltura. L’interesse economico per le attività agrosilvopastorali è quasi nullo. Anche il contributo al paesaggio è discreto; pressoché nullo è invece il ruolo nella protezione dall’erosione. Alcune crassulacee (Sempervivum spp., Jovibarba allonii ecc) rivestono particolare importanza florovivaistica e possono essere oggetto di azioni di valorizzazione.
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è mediamente soddisfacente, ma con diffuse situazioni di rischio. Le superfici occupate dagli aspetti più tipici sono ridotte e ciò contribuisce a innalzare la vulnerabilità. Questa è medio-elevata, mentre la resilienza è di livello medio; la tendenza dello stato di conservazione appare relativamente stabile. Stato di conservazione
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Importanza dei siti N° di siti
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JJ
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Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Le maggiori minacce per questi tipi di habitat si riscontrano nelle zone dove il pascolo è stato abbandonato e derivano dall’evoluzione del suolo e della vegetazione che tende a chiudere le lacune con una cotica erbosa continua. Localmente l’apporto di nutrienti o la concimazione possono influire negativamente. Altre situazioni di rischio possono derivare da interventi di consolidamento di scarpate o versanti con materiali o modalità non compatibili con la conservazione dell’habitat o da interventi edilizi distruttivi.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione dei diversi aspetti riferibili a 6110 è relativamente agevole e si basa sull’osservazione dei caratteri fisionomico-strutturali (specie guida e loro corteggio floristico) e sulle caratteristiche pedologiche. Qualche difficoltà si può incontrare per la possibile confusione con gli habitat 6130, sui substrati ultramafici, 8230 sui substrati silicei e 6220, lungo i percorsi terofitici mediterranei. La distinzione in questo caso può avvenire solo dopo attenta valutazione della composizione floristica e delle condizioni edafiche. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la consistenza dei popolamenti delle diverse specie guida; ß la ricchezza di specie; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie nitrofile e/o invasive; ß le attività umane e l’intensità della loro influenza.
Lande, macchie, garighe e praterie
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Indicazioni gestionali La conservazione degli habitat riferibili a 6110 deve essere parte di piani e misure predisposti su ambiti vasti con particolare attenzione alle attività rurali. L’assenza d’interventi, salvo quelli eventuali destinati alla riduzione dei rischi per la conservazione o al miglioramento dell’habitat stesso, dovrebbe essere la linea d’indirizzo prevalente. Norme di rigorosa protezione dovrebbero riguardare i popolamenti spontanei di alcune specie più rare. Obiettivi Gli obiettivi sono pressoché ovunque di mantenimento. Interventi Tra gli interventi prevedibili si possono citare: ß applicazione rigorosa delle norme esistenti (legge regionale per la protezione della flora spontanea) relativamente alla protezione di alcune specie di particolare interesse quali Jovibarba allionii e Sempervivum spp.; ß raccolta e conservazione del germoplasma delle specie caratterizzanti l’habitat; ß verifica e eventuale correzione delle destinazione d’uso delle aree su cui insiste l’habitat; ß misure di sorveglianza rigorosa finalizzata a verificare il rispetto delle norme di tutela e soprattutto a evitare un uso inappropriato delle aree su cui insiste l’habitat; ß eventuale attività di pascolo controllato e saltuario; ß eventuale eradicazione di specie invasive. Trasferimento delle informazioni Occorrono diffuse azioni d’informazione circa l’importanza scientifica e il ruolo ecologico dell’habitat 6110, nonché delle opportunità di valorizzazione che alcune sue specie offrono sotto il profilo culturale. A tale proposito diverse possono essere le attività didattiche e divulgative dedicate a studenti di diverso grado ed ecoturisti.
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (purché ad alta risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento delle specie guida; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico; ß valutazione della qualità del suolo (granulometria, nutrienti, pH, basi disponibili). Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida principali; ß Presenza e consistenza di specie nitrofile o ad alta invasività e di specie dei prati chiusi; ß Presenza di contatti seriali e catenali; ß Tessitura del suolo e percentuale di nutrienti. Il monitoraggio richiede controlli triennali (biennali nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stato di conservazione insoddisfacente).
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Atlante degli Habitat
Ricerca Occorre innanzitutto approfondire le conoscenze sulla vegetazione e sull’ecologia delle specie guida ancora molto lacunose. Nell’ambito della ricerca di base e applicata è importante quindi privilegiare: ß cartografia di dettaglio delle aree occupate dalle tessere riferibili ai diversi tipi di 6110; ß conoscenza delle caratteristiche microclimatiche ed edafiche; ß conoscenza dei popolamenti faunistici; ß maggiore conoscenza fitosociologica con attenzione ai processi dinamici della vegetazione, ai rapporti seriali e ai contatti catenali e alle connessioni col pascolo (anche di animali selvatici); ß studi biotassonomici e di biologia riproduttiva sulle principali specie guida; ß studi di fattibilità per la valorizzazione e la produzione vivaistica di alcune crassulacee proprie dell’habitat.
Lande, macchie, garighe e praterie
Formazioni erbose calaminari dei Violetalia calaminariae
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6130
Codici
Classificazione paleartica 34.2 Terreni erbosi delle pianure ricchi di metalli pesanti 36.44 Comunità alpine dei metalli pesanti = > > > > >
Classificazione EUNIS 2002 E1.B Terreno erboso ricco di metalli pesanti E1.B/P-34.21 Terreno erboso atlantico ricco di metalli pesanti E1.B/P-34.22 Terreno erboso calaminare E1.B/P-34.23 Terreno erboso centro-europeo ricco di metalli pesanti E1.B/P-34.24 Formazione erbacea calaminare a Silene vulgaris E1.B/P-34.25 Terreno erboso alpino ricco di metalli pesanti
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Formazioni erbacee generalmente aperte, naturali o semi-naturali 1) su affioramenti rocciosi naturali, ricchi in metalli pesanti (p.es. zinco, piombo), 2) su ghiareti e ciottolame fluviali, 3) su cumuli e mucchi di detriti intorno a miniere. Queste formazioni erbacee aperte sono caratterizzate da una flora altamente specializzata, con sottospecie ed ecotipi adattati a metalli pesanti. I taxa endemici minacciati sono generalmente assenti nella vegetazione pioniera dei cumuli più recenti. Questa vegetazione pioniera non deve essere considerata con priorità. Piante: Viola calaminaria e razze metallofite di Thlaspi caerulescens, Armeria maritima, Minuartia verna, Silene vulgaris, Festuca ophioliticola, Cochlearia alpina sensu lato. Note: Siti seminaturali devono essere considerati soprattutto se siti naturali sono molto rari o assenti da una regione o, se questi siti ospitano specie vegetali caratteristiche o emergenti.
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Atlante degli Habitat
Distribuzione geografica In Liguria l’habitat è segnalato solo alle quote altitudinali maggiori del settore alpico.
Caratteri generali In assenza di un codice idoneo a descrivere in modo esauriente gli aspetti liguri, sono stati riferiti a 6130 praterie e formazioni erbaceo-suffruticose continue o discontinue (copertura 30-90%) insediate su terreni superficiali particolarmente ricchi di metalli pesanti (Ni, Cr, Cu, Zn ecc) per lo più in condizioni naturali su substrati ofiolitici (lherzoliti, serpentiniti, peridotiti) o, eccezionalmente, su cumuli detritici di miniera (es. miniere di rame di Libiola). La flora è caratterizzata dalla presenza di specie metallicole. Queste comprendono metallofite esclusive o preferenziali. Alcune sono iperaccumulatrici, cioè accumulano concentrazioni elevate di metalli pesanti nella parte epigea, altre sono metallotolleranti ed escludono i metalli a livello radicale nella fase di assorbimento o di traslocazione. In alcuni casi il comportamento rispetto ai metalli è proprio di ecotipi locali (Silene vulgaris); in altri si tratta di specie endemiche sotto il profilo ecologico (Thlaspi coerulescens) e spesso anche geografico (Alyssum bertolonii). Queste entità particolari sono accompagnate da altre più o meno ubiquitarie e dotate di ampia valenza rispetto alle caratteristiche del terreno. Spesso gli habitat riferibili a 6130 partecipano a costituire mosaici complessi insieme con aspetti delle praterie meso-xeriche (6210), delle lande secche europee (4030), dei ginestreti spinosi oromediterranei (4090), delle formazioni a bosso (5110) o a ginepro (5130), dei pratelli terofitici (6220) o delle rupi (8210). Tra le specie più frequenti o caratteristiche troviamo: Agrostis tenuis, Alyssoides utriculata, Alyssum bertolonii, Armeria seticeps, A. arenaria, Arrhenatherum elatius, Brachypodium genuense, Cardamine plumieri, Cerastium utriense, C. arvense, Festuca spp., Minuartia laricifolia ssp. opholitica, Robertia taraxacoides, Santolina ligustica, Sesamoides pygmaea, Sesleria sp., Silene vulgaris, Thlaspi coerulescens, Thymus serpyllum aggr., Viola bertolonii. In alcuni casi si osserva anche una componente lichenica (soprattutto specie del genere Cladonia), briofitica e pteridofitica significativa. L’habitat si presenta su superfici di estensione e pendenza variabili in condizioni di aridità per lo più elevata, talora mitigata dagli apporti di nebbie orografiche. Le caratteristiche a mosaico di questo habitat favoriscono una discreta eterogeneità faunistica, ma il tipo di substrato, particolarmente ricco di metalli, influisce in senso negativo. In laboratorio diversi autori hanno confermato gli effetti “insetticidi” di piante serpentinicole iperaccumulatrici, come Alyssum bertolonii. Per questo e altri motivi, dipendenti anche da fioriture non particolarmente diversificate e abbondanti, la ricchezza specifica di questi habitat risulta generalmente inferiore a quella dei corrispondenti su substrati calcarei. Tra i lepidotteri ropaloceri si notano diversi licenidi; sulla ginestra di Salzmann è stato segnalato l’eterottero Platycranus concii. L’habitat con alternanza di zone erbose e arbustive è molto frequentato da diverse specie di uccelli propri di zone aperte, dal capriolo, dal cinghiale e dalla volpe. Specie guida Piante Agrostis tenuis, Alyssoides utriculata, Alyssum bertolonii, Armeria seticeps, Arrhenatherum elatius, Brachypodium genuense, Cardamine plumieri, Cerastium utriense, C. arvense, Festuca spp., Minuartia laricifolia ssp. opholitica, Robertia taraxacoides, Santolina ligustica, Sesamoides pygmaea, Sesleria sp., Silene vulgaris, Thlaspi coerulescens, Thymus serpyllum aggr., Viola bertolonii. Animali Platycranus concii.
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici L’inquadramento nei Violetea calaminariae, classe istituita specificatamente per i terreni ricchi di zinco centroeuropei, fu proposto anche per alcune formazioni serpentinicole dell’Appennino ligure da Ernst (1974, 1976). Tale inquadramento non appare assolutamente soddisfacente per l’assenza di diverse
Lande, macchie, garighe e praterie
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specie caratteristiche della classe. L’habitat è oggetto attualmente di indagini floristiche e fitosociologiche (Marsili et al., in stampa a; in stampa b) e per questo motivo, pur evidenziando la presenza di diversi stadi dinamici legati allo sviluppo del suolo, al tenore in metalli, alla disponibilità idrica o alla gestione del territorio, non si propone ancora un quadro organico.
Aspetti dinamici e potenzialità I processi evolutivi sono generalmente molto lenti a causa del forte condizionamento edafico e per il fatto che solo un numero ristretto di specie può essere ospitato dai terreni metalliferi. Tra gli aspetti più naturali si osservano stadi pionieri di substrati instabili, stadi post-pionieri in via di stabilizzazione, formazioni a cotica discontinua con significativa percentuale di graminacee, formazioni erbacee a cotica continua con prevalenza di graminacee su suoli maturi e a minore percentuale di metalli disponibili (seppure di scarso spessore), varianti locali con maggiore igrofilia e nitrofilia in corrispondenza di ristagni d’acqua o apporti azotati. Nella maggior parte dei casi si tratta di vegetazione primaria o subprimaria, talora secondaria, ma di antica origine, generata da tagli del bosco seguiti da pascolo. Localmente si distinguono habitat direttamente legati a interventi (apertura di strade, sterri) o ad attività mineraria. Come detto, sono frequenti i contatti con habitat erbacei o arbustivi in cui il condizionamento dei metalli nel suolo è meno forte. La collocazione dei processi dinamici di 6130 è nell’ambito di diverse serie: dai boschi di leccio del piano basale a quelli submontani di roverella sino a quelli montani di faggio.
Rapporti con l’utilizzo del territorio In Liguria gli habitat riferibili a 6130 ricadono soprattutto in zone montane su terreni dove le potenzialità per un utilizzo agrosilvopastorale sono molto ridotte. In alcuni casi, tuttavia forme tradizionali di pastorizia e agricoltura erano un tempo assai vive e risultano ora quasi cessate.
Importanza L’habitat 6130 è di eccezionale importanza per la biodiversità vegetale. Esso ospita un complesso di entità endemiche e di popolazioni con particolari adattamenti fissati geneticamente, alcuni dei quali suscettibili di applicazioni nei campi della fitoestrazione o della fitostabilizzazione dei metalli dal terreno. Alyssum bertolonii rappresenta uno delle prime piante-modello per gli studi sull’accumulo del nichel; recentemente si è accertato che anche alcune popolazioni di Thlaspi liguri sono efficienti iperaccumulatori di metalli. Tra le specie di maggior interesse fitogeografico si possono citare: Alyssum bertolonii, propria dei serpentini dell’Appennino tosco ligure-emiliano, presente in Liguria solo presso Sarzana, nel luogo dove venne descritta per la prima volta; Santolina ligustica endemica dei substrati ofiolitici fra Deiva Marina e Monterosso al Mare, Cerastium utriense, microendemica delle lherzoliti e delle serpentiniti del Gruppo di Voltri; Viola bertolonii, microendemica che predilige i substrati ofiolitici dell’area a nord di Genova, fra l’Alpe della Scaggia e i Piani di Praglia. L’habitat rappresenta quindi un importante serbatoio per il germoplasma di specie rare e di ecotipi locali. Il contributo al paesaggio è elevato soprattutto nell’epoca delle fioriture primaverili. L’interesse economico per le attività agrosilvopastorali è scarso. Variabile è il ruolo nella protezione dall’erosione in ragione del livello di evoluzione del manto vegetale.
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è mediamente soddisfacente, con puntuali situazioni di rischio per la ridotta estensione di alcuni aspetti vegetazionali e di alcune popolazioni endemiche. Vulnerabilità e resilienza dell’habitat 6130 sono di livello medio. La tendenza dello stato di conservazione appare relativamente stabile.
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Atlante degli Habitat
Stato di conservazione
J
K
L
n.v.
N° di siti
0
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0
Importanza dei siti N° di siti
JJJ
JJ
J
K
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n.v.
0
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3
2
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Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Le maggiori minacce per questi tipi di habitat derivano da: ß evoluzione della vegetazione, che è tuttavia lentissima, ß interventi edilizi (anche in siti minerari abbandonati) ß raccolta eccessiva di piante o parti di piante di Alyssum bertolonii prevalentemente a scopo di studio, ß locale apporto di nutrienti o concimazione, ß interventi di consolidamento di scarpate o versanti (incluso il ripristino di siti minerari dismessi) con materiali o modalità non compatibili con la conservazione dell’habitat.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione dei diversi aspetti riferibili a 6130 si basa sull’osservazione dei caratteri fisionomicostrutturali (specie guida e loro corteggio floristico) e sulle caratteristiche pedologiche, principalmente la quantità di metalli pesanti totali e disponibili nel suolo. Sono possibili confusioni con gli habitat 4090,
Il paesaggio delle rocce verdi sul Monte Argentea (massiccio del Beigua) con aspetti riferibili all’habitat 6130, lande a calluna e praterie secondarie in zona di contatto fra la serie della roverella e quella del faggio (foto R. Bernardello).
Lande, macchie, garighe e praterie
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che ha tuttavia una struttura chiaramente arbustiva dominata da Genista salzmannii, e alcuni aspetti di 6210. La distinzione in questo secondo caso può avvenire solo dopo attenta valutazione della composizione floristica e della percentuale di metalli pesanti disponibili. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la consistenza dei popolamenti delle diverse specie endemiche e delle specie guida; ß la ricchezza di specie; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie arbustive, nitrofile e/o invasive; ß la continuità/frammentazione dei diversi aspetti dell’habitat; ß la presenza di contatti catenali e seriali; ß le attività umane e l’intensità della loro influenza.
Indicazioni gestionali La conservazione degli habitat riferibili a 6130 deve essere parte di piani e misure predisposti su ambiti vasti con particolare attenzione alle attività rurali ed ecoturistiche. L’assenza d’interventi, salvo quelli eventuali destinati alla riduzione dei rischi per la conservazione o al miglioramento dell’habitat stesso dovrebbe essere la linea d’indirizzo prevalente. Norme di rigorosa protezione dovrebbero riguardare i popolamenti spontanei delle specie più rare. Obiettivi Gli obiettivi sono pressoché ovunque di mantenimento. Interventi Tra gli interventi prevedibili si possono citare: ß integrazione della normativa per la protezione della flora spontanea con inserimento delle specie più a rischio, proprie dell’habitat, e applicazione rigorosa delle norme, ß raccolta e conservazione del germoplasma delle specie e degli ecotipi che caratterizzano l’habitat, ß verifica e eventuale correzione delle destinazione d’uso delle aree su cui insiste l’habitat, ß misure di sorveglianza rigorosa finalizzata a verificare il rispetto delle norme di tutela e soprattutto a evitare un uso inappropriato delle aree su cui insiste l’habitat, ß eventuale attività di pascolo controllato e saltuario nelle zone dove si osserva una accelerazione dei processi evolutivi della vegetazione, ß norme che evitino interventi di sistemazione dei versanti inidonei per la conservazione dell’habitat, ß eventuale eradicazione di specie invasive. Trasferimento delle informazioni Sono auspicabili diffuse azioni d’informazione circa l’importanza scientifica e il ruolo ecologico dell’habitat 6130, nonché delle opportunità di valorizzazione che alcune sue specie offrono sotto il profilo culturale e applicativo. A tale proposito diverse possono essere le attività didattiche e divulgative dedicate a studenti di diverso grado ed ecoturisti da svolgersi, per esempio anche in strutture già esistenti e con potenzialità come l’Orto Botanico di Villa Beuca a Cogoleto e in collegamento con il C.A.P.O. Coordinamento delle Aree Protette Ofiolitiche.
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Atlante degli Habitat
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (purché ad alta risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento delle specie guida; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico; ß valutazione della qualità del suolo (metalli pesanti totali e disponibili, disponibilità idrica e di nutrienti granulometria, pH). Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida principali; ß Presenza e consistenza di specie nitrofile o ad alta invasività e di specie dei prati chiusi; ß Presenza di contatti seriali e catenali; ß Percentuale di metalli pesanti disponibili; ß Percentuale di nutrienti (azoto e fosforo soprattutto). Il monitoraggio richiede controlli con cadenza quinquennale (biennale nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stato di conservazione insoddisfacente).
Cerastium utriense (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
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Ricerca Presso il Polo Botanico Hanbury (ex Istituto di Botanica) dell’Università di Genova da diversi anni vengono condotti studi di base e applicativi sul rapporto suolo-piante di aree caratterizzate da substrati ultramafici e sui meccanismi di accumulo dei metalli pesanti con risvolti applicativi per il monitoraggio dell’inquinamento e il restauro ambientale. Tali studi sono suscettibili di notevole impulso e indirizzati anche a finalità di conservazione dell’habitat 6130. Occorre innanzitutto approfondire le conoscenze sulla vegetazione e sull’ecologia e sinecologia delle specie guida ancora molto lacunose. Nell’ambito della ricerca di base e applicata è importante quindi privilegiare: ß cartografia di dettaglio delle aree occupate dalle tessere riferibili ai diversi tipi di 6130; ß conoscenza dettagliata delle caratteristiche pedologiche dei diversi substrati ultramafici con particolare riguardo ai parametri di monitoraggio; ß conoscenza dei popolamenti faunistici; ß maggiore conoscenza fitosociologica con attenzione ai processi dinamici della vegetazione, ai rapporti seriali e ai contatti catenali e alle connessioni con attività di pascolo (anche di animali selvatici); ß studi biotassonomici e di biologia riproduttiva sulle principali specie guida; ß identificazione degli ecotipi metallicoli locali da sottoporre a eventuali prove diverse di applicazione.
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Atlante degli Habitat
6170
Formazioni erbose calcicole alpine e subalpine
Scorcio della Val Pennavaira e del Monte Galero: con olivi nel fondovalle e praterie subalpine (6170) innevate nelle zone sommitali (foto R. Bernardello).
Lande, macchie, garighe e praterie
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Codici 36.12 36.37 36.38 36.41 36.42 36.43
Classificazione paleartica Comunità delle vallette nivali boreo-alpiche calcifile Formazioni erbacee oro-corse Formazioni erbacee chiuse oro-appenniniche Formazioni erbacee calcifile chiuse alpine Formazione a zolle erbose di Elyna myosuroides dei cigli ventosi Formazioni erbacee calcifile gradinate o a festoni
Classificazione EUNIS 2002 ? E4.3 Terreni erbosi acidi alpini e subalpini ? E4.3/P-36.37 Prateria oro-corsa ? E4.3/P-36.38 Prateria chiusa oro-appenninica # E4.4 Prateria calcifila alpina e subalpina > E4.4/P-36.41 Prateria chiusa calcifila alpina > E4.4/P-36.42 Formazioni a cespi erbosi di Kobresia myosuroides dei cigli ventosi > E4.4/P-36.43 Prateria calcifila gradinata e a festoni
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Praterie alpine e subalpine di suoli ricchi di basi con Dryas octopetala, Gentiana nivalis, Gentiana campestris, Alchemilla hoppeana, Alchemilla conjuncta, Alchemilla flabellata, Anthyllis vulneraria, Astragalus alpinus, Aster alpinus, Draba aizoides, Globularia nudicaulis, Helianthemum nummularium ssp. grandiflorum, Helianthemum oelandicum ssp. alpestre, Pulsatilla alpina ssp. alpina, Phyteuma orbiculare, Astrantia major, Polygala alpestris (da Pal. 37.41 a 37.43) delle aree montuose come le Alpi, i Pirenei, i Carpazi e la Scandinavia. Comprende anche le praterie delle fasce subalpine (oro-mediterranee) e alpine delle alte montagne della Corsica (Pal. 36.37), e i bassi tappeti erbosi mesofili chiusi delle quote subalpine e alpine degli Appennini centro-meridionali, localmente sviluppati sopra la linea dell’albero su substrati calcarei (Pal. 36.38). Può comprendere anche comunità nivali associate (per esempio Arabidion coeruleae). Sottotipi : 36.41 – Praterie chiuse calcifile alpine Praterie mesofile, per la maggior parte chiuse, perenni, spesso pascolate o falciate, su suoli profondi delle quote subalpine e alpine delle Alpi, dei Pirenei, le montagne della penisola Balcanica, e, localmente, degli Appennini e del Jura. 36.42 – Formazione a zolle erbose di Elyna myosuroides dei cigli ventosi Formazione meso-xerofila, a zolle erbose di Kobresia myosuroides (Elyna myosuroides), relativamente chiusa e non solcata che si sviluppa su suoli fini e profondi di creste e cigli sporgenti esposti ai forti venti, alle quote alpine e nivali delle Alpi, Carpazi, Pirenei, Montagne Cantabriche, monti della Scandinavia e, molto localmente, gli Abruzzi e i monti della penisola Balcanica, con Oxytropis jacquinii (= O. montana), O. pyrenaica, O. carinthiaca, O. foucaudii, O. halleri, Antennaria carpathica, Dryas octopetala, Draba carinthiaca, D. siliquosa, D. fladnizensis, D. aizoides, Gentiana tenella, Erigeron uniflorus, Dianthus glacialis, D. monspessulanus ssp. sternbergii, Potentilla nivea, Saussurea alpina, Geranium argenteum, Sesleria sphaerocephala, Carex atrata, C. brevicollis, C. foetida, C. capillaris, C. nigra, C. curvula ssp. rosae, C. rupestris. Sono comprese le praterie a Kobresia della Scandinavia con Carex rupestris. 36.43 - Formazioni erbacee calcifile gradinate o a festoni Praterie xero-termofile, aperte, solcate, gradinate o a festoni delle Alpi, Carpazi, Pirenei, montagne della penisola Balcanica e del Mediterraneo, con avamposti molto localizzati nel Jura. 36.44 – Comunità alpine dei metalli pesanti: comprese nell’habitat 6130 ’Formazioni erbacee calaminari” 36.37 – Praterie oro-corse Praterie degli orizzonti subalpini (oro-mediterranei) e alpini delle più alte montagne della Corsica. 36.38 – Praterie chiuse oro-appenniniche Tappeti erbosi bassi, chiusi, mesofili degli orizzonti subalpino e alpino degli Appennini centro-meridionali, sviluppati localmente sopra la linea dell’albero, su substrati calcarei. Piante: da Pal.. 36.41 a 36.43 - Dryas octopetala, Gentiana nivalis, Gentiana campestris, Alchemilla hoppeana, Alchemilla conjuncta, Alchemilla flabellata, Anthyllis vulneraria, Astragalus alpinus, Aster alpinus, Draba aizoides, Globularia nudicaulis, Helianthemum nummularium ssp. grandiflorum, Helianthemum oelandicum ssp. alpestre, Pulsatilla alpina ssp. alpina, Phyteuma orbiculare, Astrantia major, Polygala alpestris; Pal., 36.37 - Plantago subulata ssp. insularis, Sagina pilifera, Armeria multiceps, Paronychia polygonifolia, Bellardiochloa violacea, Phleum brachysrachyum, Geum montanum, Sibbaldia procumbens, Veronica alpina; Pal. 36.38 - Festuca violacea ssp. macrathera, Trifolium thalii.
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Atlante degli Habitat
Distribuzione geografica In Liguria l’habitat è segnalato esclusivamente nel settore alpico sopra i 1800 m.
Caratteri generali Comprende praterie discontinue o più raramente continue a copertura variabile (da 40 a 100%) su terreni ricchi di basi, meso-igrofile, meso-xerofile o xerofile della fascia altomontana e subalpina. Si rinviene in aree soggette al pascolo o su versanti particolarmente acclivi, battuti dal vento. Particolare importanza sulla fisionomia hanno la disponibilità idrica, l’innevamento e il grado evolutivo del suolo. Il manto vegetale può essere costituito solo da uno strato di erbe, per gran parte graminoidi, oppure da uno strato misto di erbe, camefite e nanofanerofite di bassa taglia. In alcuni casi si osserva la coesistenza di uno strato con graminoidi di maggiore taglia (Helictotrichon sempervirens, H. parlatorei, Festuca dimorpha) e di uno strato con cespi di graminoidi minori e camefite prostrate. Gli aspetti mesoigrofili legati a condizioni di discreta disponibilità idrica, limitati a depressioni o versanti poco acclivi, hanno una cotica più compatta, quelli più xerofili sono per lo più localizzati su creste ventose o versanti con forti pendenze, talora gradinati, e hanno una copertura ridotta, discontinua o a cordoni, in molti casi a diretto contatto con aspetti rupestri o tipici dei detriti in ripetute e ravvicinate alternanze. La flora è caratterizzata soprattutto da graminacee, ciperacee e leguminose, fra cui Bellardiochloa variegata (=Poa violacea), Calamagrostis varia, F. arvernensis ssp. costei, Festuca dimorpha, F. paniculata,, Helictotrichon sedenense, H. parlatorei, H. sempervirens, Poa alpina, Sesleria coerulea, Carex ferruginea, C. firma, Kobresia myosuroides, Astragalus alpinus, A. sempervirens, Lotus corniculatus, Trifolium thalii e da altre specie quali Alchemilla spp, Antennaria carpathica, Aster alpinus, Carlina acaulis, Centaurea triumfetti,
Lembo di prateria subalpina al margine di un bosco misto con larici, abeti e latifoglie montane. Foresta demaniale di Testa d’Alpe (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
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Euphrasia sp., Gentiana ligustica, G. lutea, Gymnadenia conopsea, Helianthemum oelandicum ssp. alpestre, H. nummularium ssp. grandiflorum, Hieracium villosum, Leontopodium alpinum, Myosotis spp., Nigritella nigra aggr., Pedicularis spp., Phyteuma orbiculare, Polygala alpestris, Potentilla crantzii, Pulsatilla alpina, Ranunculus montanus aggr., Saxifraga aizoides, Scabiosa lucida, Soldanella alpina, Traunsteinera globosa, Trollius europaeus. Per la marginalità degli areali e le quote non elevate, mancano in Liguria aspetti pienamente sviluppati e chiaramente riferibili agli elineti caratterizzati da Kobresia myosuroides e ai firmeti a Carex firma. Talvolta gli habitat riferibili a 6170 si accostano o si mescolano ad aspetti di prateria con una maggiore componente termofila, riconducibile a 6210 o a lande alpine riferibili a 4060. In alcuni casi l’habitat coesiste con boschi radi di conifere (larice o pino uncinato). Dove vengono esercitate attività di pascolo, il quadro fisionomico-strutturale può diventare più complesso. Questo habitat, talora insieme con altri (pareti rocciosi, cespuglieti, vaccinieti), è essenziale per il mantenimento di specie ornitiche di notevole interesse, quali, ad esempio, la coturnice (Alectoris graeca saxatilis), il gallo forcello (Tetrao tetrix tetrix), il gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax), il gracchio alpino (Pyrrhocorax graculus), l’aquila reale (Aquila chrysaetos). Tra i predatori agli apici delle catene alimentari si evidenzia anche il lupo, la cui presenza (Gavagnin et al., 2005) è un ritorno che ricorda antichi antagonismi (Farina, 2005, Farina et al., 2005). Fra i mammiferi di taglia inferiore troviamo la lepre alpina (Lepus timidus), l’ermellino (Mustela erminea) e l’arvicola delle nevi (Microtus nivalis). Fra gli ungulati di taglia maggiore, si osservano il camoscio (Rupicapra rupicapra) e il cinghiale. Tra gli invertebrati si segnalano diverse specie di carabidi. Il bestiame al pascolo, le posizioni dominanti e gli ampi spazi aperti favoriscono anche la presenza occasionale di specie erratiche come il gipeto e il grifone, osservati nel 20042005 (Calvini, 2007) o migratrici come il biancone (Circaetus gallicus), il gheppio (Falco tinnunculus) e il pecchiaiolo (Pernis apivorus). Specie guida Piante Alchemilla spp., Aster alpinus, Astragalus sempervirens, Bellardiochloa variegata, Carex ferruginea, Carex firma, Dryas octopetala, Festuca dimorpha, Helianthemum nummularium ssp. grandiflorum, H. oelandicum ssp. alpestre, Helictotrichon sedenense, H. parlatorei, H. sempervirens, Leontopodium alpinum, Poa alpina, Sesleria coerulea, Soldanella alpina, Trifolium thalii, Trollius europaeus. Animali Alectoris graeca saxatilis, Aquila chrysaetos, Falco tinnunculus, Pyrrhocorax graculus, P. pyrrhocorax, Tetrao tetrix tetrix, Canis lupus, Microtus nivalis, Mustela erminea, Rupicapra rupicapra.
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Le praterie d’altitudine delle classi Seslerietea caeruleae, Caricetea curvulae e Nardetea strictae delle Alpi Liguri sono state studiate attorno agli anni ’70 (Barbero, 1968 e 1970; Barbero e Bonin, 1969) e non esistono studi specifici più recenti. L’inquadramento fitosociologico degli habitat liguri riferibili a 6170 è principalmente nei Seslerietalia o negli Astragaletalia sempervirentis. L’inquadramento proposto di seguito appare ancora incompleto e preliminare. ÿ Formazioni erbose calcicole alpine e subalpine. ÿ Habitat subalpini e alpini con formazioni erbacee discontinue, orofile riferibili ai Seslerietalia caerulaeae l Habitat con vegetazione meso-igrofila riferibile al Caricion ferrugineae ° Formazione erbacea discontinua riferibile all’associazione Festuco violaceae-Trifolietum thalii l Habitat con vegetazione erbacea orofila relativamente meso-xerofila di suoli poco evoluti o litosuoli, riferibile al Seslerion caerulaeae
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Atlante degli Habitat l Habitat con vegetazione erbacea orofila relativamente xero-termofila riferibile all’Avenion (Helictotrichion) sempervirentis ° Formazioni erbacee riferibili all’associazione Festucetum dimorphae ° Formazioni erbacee riferibili all’associazione Hieracio-Helictotrichetum sedenensis
ÿ Formazioni erbose acidofile alpine e subalpine, talora montane riferibili ai Caricetea curvulae l Habitat subalpini, alpini e talora montani riferibile al Caricion curvulae ° Habitat con vegetazione erbacea riferibile al Caricion curvulae ß Formazioni erbacee riferibili all’associazione Caricetum curvulae (anche in aspetti frammentari e impoveriti) ß Formazioni erbacee riferibili all’associazione Festucetum halleri ° Habitat con vegetazione erbacea riferibile al Festucion variae ß Formazioni erbacee riferibili all’associazione Festuco-Potentilletum valderiae ß Formazioni erbacee con Festuca paniculata riferibili all’associazione Centaureo unifloraeFestucetum paniculatae
Aspetti dinamici e potenzialità Si tratta nella maggior parte dei casi di habitat primari o subprimari o, in parte, secondari, in cui i processi evolutivi o regressivi dei popolamenti sono fortemente condizionati da variazioni di fattori edafici, microtopografici, bioclimatici, oltre che dalla presenza del pascolo e dalle modalità con cui questo è esercitato. Si succedono pertanto aspetti più primitivi e aspetti più evoluti che concorrono a formare sovente dei mosaici. Alle quote più elevate, al di sopra del limite del bosco e nelle zone fortemente battute dal vento si assiste a una stabilità dei popolamenti, mentre a quote meno elevate e nelle zone più riparate, se il pascolo non viene esercitato, si può osservare una tendenza verso formazioni a rododendro, ginepro nano e mirtilli (habitat 4060) e boschi radi di larice, abete bianco, pino silvestre, pino uncinato del Vaccinio-Piceion. Tendenze regressive possono essere innescate da fenomeni molto limitati di sovrapascolo, smottamenti e incendi seguiti da processi erosivi.
Rapporti con l’utilizzo del territorio In Liguria gli habitat riferibili a 6170 ricadono esclusivamente in zone montane su terreni con qualche potenzialità per l’utilizzo pastorale o silvopastorale che in tempi più antichi era piuttosto consolidato mentre ora è quasi cessato. Particolare interesse per l’uso del territorio hanno avuto le vicende relative alla istituzione del Parco Naturale Regionale delle Alpi Liguri. L’istituzione e il pieno funzionamento di questa area protetta potrebbe avere ricadute positive sugli ambienti di carattere più alpino, fra i quali rientra anche l’habitat 6170.
Importanza L’habitat 6170 è di notevole importanza per la diversità animale e vegetale. Esso ospita un complesso di entità endemiche, rare o al limite di areale, soprattutto per la sua localizzazione limitata alle Alpi Liguri cioè a un’area che è parte essenziale di uno dei maggiori hotspot di biodiversità a livello mondiale (Casazza et al., 2005; 2007). Tra le specie più interessanti, rare o protette da normative internazionali o regionali si possono citare Gentiana ligustica (All. II dir. 92/43), Viola calcarata ssp. cavillieri, Micromeria marginata, Rhaponticum scariosum ssp. bicknellii, Plantago fuscescens, Festuca dimorpha, Helictotrichon spp., Tulipa australis, Pedicularis gyroflexa, Fritillaria involucrata, Fritillaria tubiformis ssp. moggridgei. L’habitat rappresenta quindi un importante serbatoio per il germoplasma di specie rare, ma anche di ecotipi locali di specie alpine differenziatisi al margine della regione biogeografica alpina. L’habitat ha notevole importanza anche per diverse specie dell’avifauna protetta, alcune delle quali già citate (aquila, coturnice, gallo forcello, ecc) o comunque altre specie di vertebrati rari e al limite del
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Lande, macchie, garighe e praterie
loro areale come il camoscio, l’ermellino e l’arvicola delle nevi. L’habitat, se in buona efficienza, favorisce corrette relazioni fra prede e predatori e il mantenimento di reti alimentari ben strutturate con una significativa componente ai livelli superiori delle reti stesse. Il contributo al paesaggio è elevato soprattutto nell’epoca delle fioriture. L’interesse economico per le attività agrosilvopastorali è discreto e suscettibile di essere incrementato. Alcune specie (es.: Gentiana spp.) sono di interesse medicinale o erboristico. Variabile è il ruolo nella protezione dall’erosione in ragione del livello di evoluzione del manto vegetale, ma in genere deve essere considerato essenziale soprattutto alle altitudini maggiori e nelle condizioni dove la vegetazione forestale non potrebbe svilupparsi.
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è mediamente soddisfacente, con situazioni di rischio per problemi legati alle attività di pascolo: dalla cessazione dell’attività su aree anche estese a limitati fenomeno di sovrapascolo esercitato su piccole aree. La maggior parte delle specie vegetali che partecipano a questo habitat ha una fioritura relativamente tardiva così che la riproduzione delle stesse può essere ridotta da un utilizzo troppo precoce dei pascoli. La vulnerabilità dell’habitat 6170 è medio-elevata e la resilienza di livello medio; la tendenza dello stato di conservazione appare in lieve peggioramento. Stato di conservazione
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Importanza dei siti N° di siti
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Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Le maggiori minacce per questi tipi di habitat derivano da: ß evoluzione della vegetazione, in particolare come conseguenza della cessazione delle attività pastorali, ß alterazioni per eccessivi apporti azotati e/o fenomeni erosivi indotti da locali e limitate situazioni di sovrapascolo (gestione non corretta dell’attività pastorale), ß diffusione di specie invasive rifiutate dal bestiame, ß ipotesi di interventi ai fini di potenziamento delle attività turistiche con particolare riferimento all’uso invernale (impianti di risalita, sciistici e alberghieri) del territorio in un contesto interregionale, ß locali fenomeni di degrado indotto da ungulati selvatici (soprattutto cinghiale) con effetti anche sull’avifauna, ß incendi occasionali, ß locali e occasionali danni derivanti da moto- e autoveicoli fuoristrada, ß locali e occasionali fenomeni di disturbo all’avifauna dovuti ad attività di volo libero o ultraleggero (parapendio, deltaplano, paramotore ecc).
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione dei diversi aspetti riferibili a 6170 si basa sull’osservazione dei caratteri fisionomicostrutturali (specie guida e loro corteggio floristico) e sulle caratteristiche del substrato prevalentemente
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Atlante degli Habitat
calcareo. Alle quote inferiori sono possibili confusioni con l’habitat 6210, mentre per alcuni aspetti con maggiore componente legnosa difficoltà possono insorgere nella distinzione da 4060. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la consistenza dei popolamenti delle diverse specie endemiche o rare e delle specie guida; ß la ricchezza di specie; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie invasive; ß la continuità/frammentazione dei diversi aspetti dell’habitat; ß la presenza di contatti catenali e seriali; ß le attività umane e l’intensità della loro influenza.
Indicazioni gestionali La conservazione degli habitat riferibili a 6170 deve essere parte di piani e misure predisposti su ambiti vasti con particolare attenzione alle attività silvopastorali ed ecoturistiche. Norme di rigorosa protezione dovrebbero riguardare i popolamenti spontanei delle specie più rare. Obiettivi Gli obiettivi sono pressoché ovunque di mantenimento e in alcuni casi di conservazione rigorosa.
Gentiana ligustica (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
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Interventi Particolarmente importanti per la gestione conservativa dell’habitat sono: Tra gli interventi prevedibili si possono citare: ß predisposizione e attuazione di piani e progetti di pascolamento secondo modalità con un carico limitato, periodi tardivi, durata di permanenza ridotta; premessa e parte integrante dei piani di pascolamento dovrebbero essere l’individuazione e la eventuale delimitazione dei lotti di pascolamento; ß incentivi per la promozione commerciale dei prodotti caseari e indennizzi per le limitazioni d’uso delle aree di maggior valore naturalistico; ß integrazione della normativa per la protezione della flora spontanea con inserimento delle specie più a rischio e applicazione rigorosa delle norme; ß raccolta e conservazione del germoplasma delle specie e degli ecotipi che caratterizzano l’habitat; ß verifica e eventuale correzione delle destinazione d’uso delle aree su cui insiste l’habitat; ß misure di sorveglianza rigorosa finalizzata a verificare il rispetto delle norme di tutela e soprattutto a evitare un uso inappropriato delle aree su cui insiste l’habitat; ß norme che evitino interventi di sistemazione dei versanti inidonei per la conservazione dell’habitat; ß eventuale eradicazione di specie invasive; ß interventi per la limitazione delle popolazioni di ungulati selvatici.
Trasferimento delle informazioni Sono auspicabili diffuse azioni d’informazione circa l’importanza scientifica e storico-culturale e il ruolo ecologico e paesaggistico dell’habitat 6170, nonché delle opportunità di valorizzazione che alcune sue specie offrono sotto il profilo ecoturistico o produttivo. A tale proposito diverse possono essere le attività didattiche e divulgative dedicate a studenti di diverso grado ed ecoturisti da svolgersi. A titolo di esempio sono meritevoli di segnalazione alcune iniziative già intraprese dalla Provincia di Imperia rivolte a diffondere informazioni sui calendari aggiornati delle fioriture con siti web e opuscoli per promuovere la conoscenza del territorio e dell’ambiente attraverso l’escursionismo fotografico (Casazza e Minuto, 2008).
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (purché ad alta risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento delle specie guida; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico; ß valutazione della qualità del suolo. Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida principali; ß Presenza e consistenza di specie nitrofile o ad alta invasività e di specie dei prati chiusi; ß Presenza di contatti seriali e catenali; ß Disponibilità idrica; ß Percentuale di nutrienti (azoto e fosforo soprattutto).
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Atlante degli Habitat
Il monitoraggio richiede controlli con cadenza quinquennale (biennale nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stato di conservazione insoddisfacente).
Ricerca Gli studi di tipo floristico, fitosociologico e faunistico sulle formazioni erbacee alpine del settore ligure necessitano di essere potenziati attraverso programmi congiunti con ricercatori francesi in un’ottica integrata che consideri unitariamente il territorio delle Alpi occidentali evidenziando le ricadute applicative (soprattutto gestionali) dei risultati. Secondo questo indirizzo sono stati avviate negli ultimi anni collaborazioni tra le università di Genova, Torino, Marseille III e i Conservatoires Botanique di Porquerolle e di Gap. Ulteriori impulsi potrebbero derivare dalla effettiva messa in rete delle informazioni disponibili presso le aree Protette e dalla attività delle banche del Germoplasma. Occorre quindi innanzitutto approfondire le conoscenze sulla vegetazione ancora molto lacunose e sulla variabilità genetica e sull’ecologia e sinecologia di alcune specie. Nell’ambito della ricerca di base e applicata è importante quindi privilegiare: ß cartografia di dettaglio delle aree occupate dalle tessere riferibili ai diversi tipi di 6170; ß conoscenza dettagliata delle caratteristiche pedologiche; ß conoscenza dei popolamenti faunistici; ß maggiore conoscenza fitosociologica con attenzione ai processi dinamici della vegetazione, ai rapporti seriali e ai contatti catenali e alle connessioni con attività di pascolo (anche di animali selvatici); ß studi biotassonomici e di biologia riproduttiva sulle principali specie guida e sulle specie endemiche o rare.
Lande, macchie, garighe e praterie
Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco - Brometalia) (* notevole fioritura di orchidee)
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6210
Codici 34.31 34.32 34.33 34.34 < > > > > > >
Classificazione paleartica Praterie steppiche sub-continentali Terreni erbosi calcarei semiaridi sub-atlantici Terreni erbosi calcarei molto aridi sub-atlantici Terreni erbosi calcareo-silicei centro-europei
Classificazione EUNIS 2002 E1.2 Terreni calcarei con formazioni erbacee perenni e steppe E1.22 Terreni erbosi steppici aridi subcontinentali (Festucion valesiacae) E1.23 Prati-pascoli meso-xerofili subcontinentali (Cirsio-Brachypodion) E1.24 Terreni erbosi aridi centro-alpini (Stipo-Poion) E1.2/P-34.32 Terreni erbosi calcarei semiaridi sub-atlantici E1.2/P-34.33 Terreni erbosi calcarei molto aridi sub-atlantici E1.2/P-34.34 Terreni erbosi calcareo-silicei centro-europei
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Terreni erbosi calcarei da aridi a semiaridi dei Festuco-Brometea. Questo habitat è costituito da un lato da praterie steppiche o subcontinentali (Festucetalia valesiacae) e, dall’altro, da praterie di regioni più oceaniche e sub-mediterranee (Brometalia erecti); nel secondo caso, si pratica una distinzione tra praterie primarie dello Xerobromion e praterie secondarie (semi-naturali) del Mesobromion con Bromus erectus; queste ultime sono caratterizzate dalla loro ricca flora orchidologica. L’abbandono determina arbusteti termofili con stadi intermedi di vegetazione degli orli termofili (Trifolio-Geranietea). Come siti importanti per le orchidee si dovrebbero intendere i siti che sono importanti sulla base di uno o più dei seguenti criteri: a) il sito ospita un ricco corteggio di specie di orchidee
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Atlante degli Habitat
b) il sito ospita una popolazione importante di almeno una specie di orchidea considerata non molto comune nel territorio nazionale c) il sito ospita una o più specie di orchidee rare, molto rare o di eccezionale interesse per il territorio nazionale. Piante: Mesobromion - Anthyllis vulneraria, Arabis hirsuta, Brachypodium pinnatum, Bromus inermis, Campanula glomerata, Carex caryophyllea, Carlina vulgaris, Centaurea scabiosa, Dianthus carthusianorum, Eryngium campestre, Koeleria pyramidata, Leontodon hispidus, Medicago sativa ssp. falcata, Ophrys apifera, Ophrys insectifera, Orchis mascula, Orchis militaris, Orchis morio, Orchis purpurea, Orchis ustulata, Polygala comosa, Primula veris, Sanguisorba minor, Scabiosa columbaria, Veronica prostrata, Veronica teucrium. Xerobromion - Bromus erectus, Fumana procumbens, Globularia elongata, Hippocrepis comosa. Festucetalia valesiacae: Adonis vernalis, Euphorbia seguierana, Festuca valesiaca, Silene otites, Stipa capillata, Stipa joannis. Animali: Papilio machaon, Iphiclides podalirius (Lepidoptera); Libelloides spp., Mantis religiosa (Neuroptera). Note: Spesso in associazione con cespuglieti e foreste termofile e con prati pionieri aridi a Sedum dei Sedo-Scleranthetea.
Distribuzione geografica È tra gli habitat più diffusi ed estesi della Liguria, presente da pochi metri sopra il livello del mare sin quasi a 2000 m, nel settore appenninico e in quello alpico.
Caratteri generali Comprende formazioni erbacee, talora parzialmente arbustate, da xerofile a mesofile, per la maggior parte secondarie, su versanti, crinali e fondovalli dal piano basale a quello altomontano, più raramente subalpino. Il manto vegetale può essere costituito solo da uno strato di erbe, per gran parte graminoidi, oppure da uno strato misto di erbe, camefite e nanofanerofite. La cotica erbosa può avere una copertura densa o discontinua variabile all’incirca da 50 a 100%, quella arbustiva, alta in genere non oltre 1,5-2 m, non supera il
Prateria xerica sui substrati calcarei del Monte Fasce (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
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30-40%. I terreni sono prevalentemente derivati da substrati calcarei e più o meno ricchi di scheletro, privi di ristagno idrico. L’habitat è presente, però, anche su terreni di natura arenacea, marnosa o serpentinitica. Si rinviene in aree a diversa esposizione e acclività in condizioni bioclimatiche differenti, tendenzialmente subatlantiche, continentali o submediterranee. Particolare importanza sulla fisionomia hanno la disponibilità idrica e di nutrienti, il grado evolutivo del suolo, le attività di pascolo e/o sfalcio, la ricorrenza di incendi, i contatti con boschi o altre fitocenosi legnose. Gli aspetti più xerofili si rinvengono nelle posizioni più acclivi e sui crinali maggiormente battuti dai venti. I tipi fisionomico-strutturali riferibili a 6210 sono numerosi e l’habitat è forse il più eterogeneo e ricco in assoluto di specie. Oltre alla dominanza di graminacee, (in particolare specie di Sesleria, Brachypodium, Bromus e Festuca), ciperacee (Carex) e leguminose, numerosi sono i rappresentanti di altre famiglie. Tra le specie più significative possiamo citare: Achillea millefolium, Agrostis capillaris, Ajuga genevensis, Allium sphaerocephalon, Anthoxanthum odoratum, Anthyllis vulneraria, Asperula cynanchica, Astragalus monspessulanus, Blackstonia perfoliata, Botriochloa ischaemum, Brachypodium genuense, B. pinnatum, B. rupestre, Briza media, Bromus erectus, Bunium bulbocastanum, Bupleurum ranunculoides, Campanula glomerata, Carex caryophyllea, C. flacca, C. hallerana, C. humilis, C. sempervirens, Carlina vulgaris, Centaurea nigrescens, C. paniculata, C. scabiosa, C. triumfetti, Centaurium erythraea, Cerastium arvense, Cirsium acaule, Convolvulus cantabrica, Crocus ligusticus, C. vernus, Dactylis glomerata, Dianthus seguieri, Echinops sphaerocephalus, Eryngium campestre, Euphorbia cyparissias, E. flavicoma ssp. verrucosa, Euphrasia spp., Festuca spp., Fumana procumbens, Galium mollugo, G. verum, Genista januensis, G. pilosa, Helianthemum apenninum, H. italicum, H. nummularium, Helichrysum italicum, H. stoechas, Hippocrepis comosa, Hypericum montanum, H. perforatum, Inula hirta, Inula montana, Knautia spp., Koeleria pyramidata, K. vallesiana, Leontodon hispidus, Leucanthemum vulgare, Leuzea conifera, Linum tenuifolium, Linum trigynum, Lotus corniculatus, Melica arrecta, M. ciliata, Onobrychis viciifolia, Ononis spinosa, Peucedanum cervaria, P. oreoselinum, Plantago media, Poa pratensis, Polygala nicaeensis, Prunella grandiflora, P. laciniata, Ranunculus bulbosus, Salvia pratensis, Sanguisorba minor, Scabiosa columbaria, Scilla autumnalis, Scorzonera austriaca, Sedum sediforme (s.l.), Sesleria coerulea, Silene italica, Stachys recta, Stipa eriocaulis, Stipa juncea, Teucrium chamaedrys, T. montanum, Thymus pulegioides, Trifolium montanum, T. ochroleucon, T. pratense, Trinia glauca, Tulipa australis, Viola bertolonii. Laddove la cotica erbosa è discontinua si possono osservare specie dei substrati erosi e rupestri come Dianthus sylvestris, mentre dove i nutrienti e la disponibilità idrica sono maggiori si possono incontrare Gladiolus palustris, Narcissus poeticus, Rhinanthus alectorolophus, specie che si rivengono più frequentemente in altri tipi di habitat erbacei. I popolamenti orchidologici sono quasi ovunque importanti; tra le numerose specie di orchidee, si evidenziano per maggiore frequenza: Anacamptis pyramidalis, Dactylorhiza sambucina, D. maculata, Gymnadenia conopsea, Ophrys apifera, O. benacensis, O. fuciflora, O. sphegodes ssp. sphegodes, Orchis mascula, O. militaris, O. morio, O. papilionacea, O. purpurea, O. simia, O. tridentata, O. ustulata, Serapias spp. L’aspetto di 6210 notevolmente più diffuso è forse quello dominato da specie di Brachypodium. In alcuni casi si osserva la coesistenza con habitat boschivi fortemente diradati e alterati soprattutto di conifere (pinete a pino marittimo in particolare); in altri casi l’habitat 6210 si presenta in mosaici o aspetti misti con habitat rupicoli, tipici di zone più acclivi ed erose o, al contrario, legati a maggiori disponibilità idriche e di nutrienti. Le praterie e le praterie arbustate dell’habitat 6210 offrono opportunità di vita a un numero eccezionalmente elevato di specie animali, sia vertebrati, sia invertebrati. I popolamenti seguono i cicli stagionali delle piante, in quanto gli animali dipendono per l’alimentazione dalla produzione delle foglie, dei fiori e dei frutti. Questi cicli possono seguire ritmi naturali o essere soggetti a variazioni indotte dall’uomo con il pascolo, lo sfalcio occasionale, l’incendio. Fra gli invertebrati numerosissime sono le specie di ragni, coleotteri (coccinelle, edemeridi floricoli, carabidi, scarabeidi coprofagi, stafilinidi, tenebrionidi, crisomelidi, curculionidi), ditteri (sirfidi e altri), imenotteri (api e vespe), lepidotteri (fra i quali si distinguono il macaone, il podalirio e le zigene, accanto a più comuni e frequenti licenidi, vanesse e cavolaie), ortotteri (mantidi, cavallette), afidi, cimici, cicadellidi, ecc.
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Atlante degli Habitat
Tra le molte specie di uccelli proprie degli spazi aperti, alcune delle quali protette da normative internazionali, si evidenziano: il succiacapre (Caprimulgus europaeus), lo stiaccino (Saxicola rubetra), l’ortolano (Emberiza hortulana), l’allodola (Alauda arvensis), l’averla (Lanius collurio), il saltimpalo (Saxicola torquata), la tottavilla (Lullula arborea), il culbianco (Oenanthe oenanthe), il codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochrurus), la pernice rossa (Alectoris rufa), il biancone (Circaetus gallicus) e l’albanella reale (Circus cyaneus). Tra i rettili si possono osservare la vipera (Vipera aspis), il biacco (Hierophis viridiflavus), il colubro lacertino (Malpolon monspessulanus); infine, fra i mammiferi, la lepre (Lepus europaeus) e diversi chirotteri. Specie guida Piante Brachypodium pinnatum, B. rupestre, B. genuense, Bromus erectus, Koeleria pyramidata, K. vallesiana, Sesleria coerulea, Stipa spp., Carex caryophyllea, C. humilis, Anthyllis vulneraria, Carlina vulgaris, Centaurea scabiosa, Helianthemum nummularium, Hippocrepis comosa, Leontodon hispidus, Prunella grandiflora, Scabiosa columbaria, Orchis spp., Ophrys spp., Dactylorhiza, Scabiosa columbaria. Animali Papilio machaon, Iphiclides podalirius, Neuroptera, Saga pedo, Mantis religiosa, Coccinella septempunctata, Alauda arvensis, Alectoris rufa, Caprimulgus europaeus, Emberiza hortulana Lanius collurio, Lullula arborea, Saxicola rubetra, S. torquata.
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Le praterie meso-xerofile riferibili all’habitat 6210 sono inquadrabili nella classe Festuco-Brometea, all’interno della quale, secondo gli schemi più classici possiamo trovare riferimenti al Bromion erecti, con prati mesoxerofili, e allo Xerobromion più xerofilo e a carattere tendenzialmente submediterraneo.
Stadio arbustato di prateria riferibile a mosaico con 6210 e 4030 sul Monte Beigua (foto S. Marsili).
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Tale inquadramento è alquanto semplificato e soggetto a periodiche revisioni; in una di queste, Mucina e Kolbek (1993) evidenziano oltre al Bromion, l’alleanza Cirsio-Brachypodion pinnati alla quale è forse possibile riferire diversi aspetti liguri. Lo schema sintassonomico delle praterie liguri è comunque ancora lungi dall’essere completato e quello proposto di seguito è largamente incompleto e provvisorio. ÿ Habitat erbacei xerofili a carattere submediterraneo riferibili allo Xerobromion ÿ Habitat erbacei mesofili riferibili al Bromion erecti
Aspetti dinamici e potenzialità Si tratta quasi sempre di habitat secondari ereditati da attività di pascolo successive a opere di disboscamento avvenute in tempi storici o preistorici. Poiché in molte zone tali attività sono ormai cessate, le praterie, dopo un periodo variabile, ma generalmente breve, di stabilità, vanno incontro a una progressiva invasione di specie legnose proprie del mantello riferibili ai Rhamno-Prunetea e a individui arborescenti di specie prenemorali e nemorali: Amelanchier ovalis, Buxus sempervirens, Corylus avellana, Cytisus scoparius, Erica arborea, Fraxinus ornus, Genista cinerea, Juniperus communis, J. oxycedrus, Ligustrum vulgare, Populus tremula, Prunus spinosa, Rosa spp., Rubus spp., Salix caprea, Sorbus aria, Quercus pubescens, Q. petraea, Pinus pinaster, Pinus sylvestris, ecc. Peraltro è bene evidenziare che i brachipodieti, particolarmente diffusi in Liguria, anche laddove la componente legnosa non sia particolarmente significativa, rappresentano già uno stadio prenemorale dovuto all’abbandono del pascolo o dello sfalcio. Il processo evolutivo verso le formazioni arbustive si compie nell’arco di 10-20 anni mentre le formazioni forestali più complesse (querceti a roverella, rovere e/o cerro, orno-ostrieti, castagneti, lecceti) si conclude in un periodo di 50-120 anni; l’affermazione della pineta (in particolare a pino marittimo) può essere più rapida e compiersi in 20-40 anni. Il processo evolutivo è spesso azzerato dal passaggio del fuoco. Se questo si ripete più volte a breve distanza di tempo si possono affermare aspetti relativamente stabili, in genere con poche specie piroresistenti, come felceti a felce aquilina (Pteridium aquilinum), roveti ecc. Mentre incendi distanziati nel tempo concorrono, con attività di pascolo o sfalcio, alla stabilità dell’habitat. In certe condizioni, con processi di acidificazione e sovrapascolo, si riduce il livello di biodiversità e si affermano aspetti paucispecifici dominati da specie spinose, velenose o comunque rifiutate dalla maggior parte del bestiame: nardeti, aspetti a veratro, a cardo ecc. I processi dinamici a cui sono soggette le formazioni erbacee ed erbaceo-arbustive riferibili a 6210 e la loro ampia escursione altitudinale, determinano una serie di contatti e di aspetti mosaicati con altri habitat aperti, fra i quali i più interessati sono: 4090 (lande oro-mediterranee a ginestre spinose), 5110 (formazioni a bosso), 5130 e 5210 (formazioni a ginepro), 5330 (arbusteti termofili a Genista cinerea), 6110 (formazioni erbose calcicole rupicole o basofile) 6130 (formazioni erbose di terreni metalliferi), 6170 (formazioni erbose calcicole alpine e subalpine), 6220 (percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea, 6230 (nardeti), 6310 (aspetti erbaceo-arborescenti a leccio). Nelle zone prossime a invasi, acquitrini e torbiere si possono osservare contatti e aspetti misti con gli habitat 6410 (molinieti), 6420 (prati umidi mediterranei), mentre in aree dove è maggiormente praticata la fienagione (accompagnata o meno da concimazione e/o pascolo) 6210 può venire a contatto o mescolarsi con gli habitat 6510 (praterie magre da fieno) e 6520 (praterie montane da fieno) Molto rari sono gli aspetti primari di 6210, localizzati su versanti particolarmente acclivi e scarsamente accessibili; si tratta in genere di aspetti a mosaico con habitat più propriamente rupestri (6110, 8210 ecc).
Rapporti con l’utilizzo del territorio In Liguria gli habitat riferibili a 6210 ricadono in zone diverse, utilizzate attualmente o in passato per attività agro-silvo-pastorali, per lo più montane, ma sono presenti anche in aree prossime alla costa sulle quali gravano interessi per un uso insediativo o turistico. Superfici di discreta estensione occupate in
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prevalenza dall’habitat 6210 sono comprese in alcune aree protette, come i parchi regionali dell’Antola, dell’Aveto, del Beigua e delle Alpi Liguri; ciò potrebbe consentire una programmazione adeguata che coniughi le esigenze produttive, di mantenimento del presidio territoriale e della conservazione della natura.
Importanza L’habitat 6210 è di eccezionale importanza per la diversità animale e vegetale. Esso è considerato prioritario per l’Unione Europea allorché sia soddisfatta una delle seguenti condizioni relative alle orchidee: a) presenza di un ricco corteggio di specie di orchidee, b) presenza di una popolazione importante di almeno una specie di orchidea considerata non molto comune nel territorio nazionale, c) presenza di una o più specie di orchidee rare, molto rare o di eccezionale interesse per il territorio nazionale. Le formazioni riferibili a 6210 ospitano diverse specie rare o protette ai sensi di direttive internazionali (CEE 92/43, CITES, Berna) o norme regionali (L.R. 9/84), diverse delle quali soggette a raccolte indiscriminate. Fra queste si possono citare Campanula sabatia, Echinops ritro, Gentiana ligustica, Leuzea conifera, Narcissus poeticus, N. pseudonarcissus, N. tazetta, Tulipa australis, Viola bertolonii e tutte le specie di orchidacee. L’habitat rappresenta quindi un importante serbatoio per il germoplasma di specie rare e, data la particolare localizzazione ligure (interposta fra le regioni biogeografiche continentale, alpina e mediterranea), anche di ecotipi locali di specie differenziatisi ai margini dei loro areali. L’habitat ha una eccezionale importanza anche per la fauna in particolare per l’avifauna, l’erpetofauna e l’entomofauna. Relativamente a quest’ultima di rilevante interesse sono i popolamenti di lepidotteri ropaloceri, di ortotteri e coleotteri.
Invasione di felce aquilina su praterie riferibili a 6210 in Val Petronio (foto M.G. Mariotti).
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L’habitat se in buona efficienza e dotato di contatti diffusi con habitat arbustivi concorre a caratterizzare territori diversificati favorevoli al mantenimento di reti alimentari ben strutturate con una significativa componente di predatori ai livelli superiori delle reti stesse. Il contributo al paesaggio è elevato soprattutto nell’epoca delle fioriture. L’interesse economico per le attività agrosilvopastorali è notevole e suscettibile di essere incrementato. Diverse sono le specie d’interesse medicinale o erboristico e non mancano specie meritevoli di essere considerate per colture ornamentali. Discreto e talora essenziale è il ruolo nella protezione dall’erosione soprattutto sui versanti più acclivi e in corrispondenza di una pedogenesi rallentata dove la vegetazione forestale non riesce a svilupparsi.
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è mediamente soddisfacente, con situazioni di rischio per problemi legati alle attività di pascolo: dalla cessazione dell’attività su aree anche estese a limitati fenomeno di sovrapascolo esercitato su piccole aree. In generale la vulnerabilità dell’habitat 6210 è medio-elevata e la resilienza di livello medio; la tendenza dello stato di conservazione è in lieve peggioramento. In alcuni casi, soprattutto alle quote maggiori e sui versanti più freschi, le specie vegetali che partecipano a questo habitat hanno una fioritura estiva o tardiva così che la riproduzione delle stesse può essere ridotta da un utilizzo troppo precoce dei pascoli. Stato di conservazione
J
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L
n.v.
N° di siti
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71
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Importanza dei siti N° di siti
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JJ
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Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Le maggiori minacce per questi tipi di habitat derivano da: ß evoluzione della vegetazione, in particolare come conseguenza della cessazione delle attività pastorali, ß alterazioni per eccessivi apporti azotati e/o fenomeni erosivi indotti da locali e limitate situazioni di sovrapascolo (gestione non corretta dell’attività pastorale), ß diffusione di specie invasive rifiutate dal bestiame (con particolare evidenza per la felce aquilina), ß ipotesi di interventi ai fini di potenziamento delle attività turistiche con particolare riferimento all’uso invernale (impianti di risalita, sciistici e alberghieri) del territorio in un contesto interregionale, ß locali fenomeni di degrado indotto da ungulati selvatici (soprattutto cinghiale) con effetti anche sull’avifauna, ß incendi occasionali, ß locali e occasionali danni derivanti da moto- e autoveicoli fuoristrada, ß locali e occasionali fenomeni di disturbo all’avifauna dovuti ad attività di volo libero o ultraleggero (parapendio, deltaplano, paramotore ecc).
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione dei diversi aspetti riferibili a 6210 si basa sull’osservazione dei caratteri fisionomicostrutturali (specie guida e loro corteggio floristico) e sulle caratteristiche del substrato, prevalentemente calcareo. Alle quote superiori sono possibili confusioni con l’habitat 6170, mentre per alcuni aspetti con
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maggiore componente legnosa difficoltà possono insorgere nella distinzione da 4030, 5110, 5130 e altri precedentemente citati. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la consistenza dei popolamenti delle diverse specie endemiche o rare e delle specie guida; ß la consistenza dei popolamenti di orchidee; ß la struttura dell’entomofauna con particolare attenzione per le specie prative (ropaloceri in primo luogo); ß la ricchezza generale della biodiversità come numero di specie; ß le caratteristiche del suolo con particolare riguardo al tenore idrico, ai nutrienti, al pH, alla tessitura e struttura, nonché alla attività biologica; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie invasive, con particolare riguardo alle specie esotiche e/o nitrofile; ß la comparsa e la tendenza delle specie legnose, con particolare riguardo a quelle forestali e preforestali; ß la continuità/frammentazione dei diversi aspetti dell’habitat; ß la presenza di contatti catenali e seriali; ß le attività umane e l’intensità della loro influenza.
Indicazioni gestionali La conservazione degli habitat riferibili a 6210 deve essere parte di piani e misure predisposti su ambiti vasti con particolare attenzione alle attività silvopastorali ed ecoturistiche. Norme di rigorosa protezione
Crocus ligusticus, tipico delle radure e delle praterie riferibili a 6210 (foto M.G. Mariotti).
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dovrebbero riguardare i popolamenti spontanei delle specie più rare, con particolare attenzione per le specie degli allegati II, IV e V della direttiva 92/43, le specie minacciate citate nel Libro rosso nazionale nonché le specie di orchidee. Particolarmente importante per la gestione dell’habitat è la programmazione di attività zootecniche compatibili con la biodiversità naturale. Circa la destinazione d’uso delle aree occupate dall’habitat 6210, nelle aree di maggiore caratterizzazione e valore (per esempio negli aspetti più ricchi di specie o più ricchi di orchidee o di specie dell’allegato II come Campanula sabatia), dovrebbe essere consentita solo la sistemazione di eventuali situazioni di instabilità e dei versanti esclusivamente con interventi che prevedono il mantenimento o il ripristino dell’habitat. Le tessere che presentano interessanti popolazioni di orchidee non dovrebbero avere utilizzi che compromettano il mantenimento di tali popolazioni. Occorre evitare un’eccessiva frammentazione dell’habitat con strutture lineari (sentieri, strade, linee tecnologiche o altro). Interventi su eventuali sentieri che intercettano direttamente o indirettamente l’habitat devono essere realizzati solo se indispensabili e solo secondo modalità di minimo impatto alle quali va aggiunto l’obbligo di restauro delle porzioni di habitat eventualmente danneggiate. Salvo superiori esigenze di sicurezza e incolumità o esigenze di conservazione di altri habitat maggiormente a rischio, occorre evitare in modo assoluto interventi di forestazione nelle aree occupate dall’habitat 6210 e più in generale nei pascoli. Obiettivi Gli obiettivi sono pressoché ovunque di mantenimento. In molti casi una conservazione rigorosa che preveda il divieto assoluto di attività (comprese quelle indispensabili a limitare i processi evolutivi della vegetazione) è negativa per l’habitat. Interventi Tra gli interventi raccomandati si possono citare: ß promozione, mediante accordi e incentivazioni, di sfalcio e pascolo in forme sostenibili subordinati a una programmazione dettagliata (con piani e progetti di pascolamento) che preveda comunque un carico non superiore a 0,8 UBA/ha, periodi tardivi per lo sfalcio laddove possibile, durata di permanenza ridotta; ß individuazione ed eventuale delimitazione (con recinzioni) dei lotti di pascolamento, come parte integrante dei piani di pascolamento; ß realizzazione eventuale di piccole vasche di ritenuta per l’acqua piovana, abbeveratoi e abbeverate con tipologie rurali tradizionali per favorire i popolamenti animali (anfibi, entomofauna acquatica ecc.); ß incentivi per la promozione commerciale dei prodotti caseari e indennizzi per le limitazioni d’uso delle aree di maggior valore naturalistico; ß integrazione della normativa per la protezione della flora spontanea con inserimento delle specie più a rischio e applicazione rigorosa delle norme; ß raccolta e conservazione del germoplasma delle specie e degli ecotipi che caratterizzano l’habitat; ß verifica ed eventuale correzione della destinazione d’uso delle aree su cui insiste l’habitat; ß norme che evitino interventi di sistemazione dei versanti inidonei per la conservazione dell’habitat; ß potenziamento delle misure di sorveglianza finalizzata a verificare il rispetto delle norme di tutela e soprattutto a evitare un uso inappropriato delle aree su cui insiste l’habitat (discariche di rifiuti, non rispetto delle norme di tutela ambientale, ecc.); ß eventuale eradicazione di specie invasive; in alcuni casi è opportuno il recupero dell’habitat con interventi di contenimento e/o eradicazione della felce aquilina anche mediante metodi sperimentali (previa valutazione di incidenza); ß interventi per il controllo e la drastica limitazione delle popolazioni cinghiali e in alcuni casi anche di altri ungulati selvatici.
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In alcuni casi, laddove si assista a eccessiva progressione dinamica della vegetazione, a seguito dei risultati di monitoraggio, sono da realizzare interventi circoscritti (su aree limitate) urgenti di diradamento delle formazioni arbustive, o di contenimento di alcune specie legnose. Tali interventi potranno essere meglio definiti nei piani di gestione, scegliendo ad esempio fra pascolo controllato, tagli selettivi, uso del fuoco controllato. In alcune situazioni, può essere opportuno che la promozione del pascolo e dello sfalcio avvenga anche nell’intorno dei siti della Rete Natura 2000. I piani di gestione sono indispensabili laddove gli interventi sopra descritti devono essere evitati per mantenere o favorire l’espansione di altri habitat o di aspetti arbustati mosaicati, per esempio con 4030 e/o 5130. In questi casi è indispensabile mettere in atto procedure di valutazione d’incidenza. Piani e interventi per il contenimento dell’evoluzione spontanea della vegetazione possono essere indispensabili e talora anche urgenti per la conservazione di Campanula sabatia e il mantenimento di zone idonee a questa specie. La gestione programmata del pascolo dovrebbe contemperare le esigenze produttive con quelle di conservazione della biodiversità e pertanto essere indirizzata anche a favorire i contatti catenali e seriali e i mosaici con altri habitat. Tranne che per situazioni locali ben delimitate si dovrebbe evitare il pascolo caprino e suino, preferendo quello di bovini, pecore e subordinatamente asini e altri equini. Trasferimento delle informazioni Sono auspicabili diffuse azioni d’informazione circa l’importanza scientifica e storico-culturale e il ruolo ecologico e paesaggistico dell’habitat 6210, nonché delle opportunità di valorizzazione che alcune sue specie offrono sotto il profilo ecoturistico o produttivo. A tale proposito diverse possono essere le attività didattiche e divulgative dedicate a studenti di diverso grado ed ecoturisti da svolgersi. A titolo di esempio sono meritevoli di segnalazione alcune iniziative già intraprese dal Parco Regionale del Beigua
Prateria arbustata presso il Passo del Bocco (foto M.G. Mariotti).
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nell’ambito del progetto LIFE dedicato proprio al recupero e al mantenimento delle praterie anche in funzione dell’ornitofauna (Baghino et al., 2001)
Monitoraggio La fase più importante del monitoraggio di questi habitat dovrebbe consistere nella individuazione delle situazioni in cui esso può essere considerato “prioritario”; ciò potrà avvenire attraverso uno studio dettagliato dei popolamenti di orchidee selvatiche, verificando il numero di specie di orchidee (densità di specie) e la densità degli individui per singola specie (dimensione demografica) ed evidenziando le specie rare, molto rare o di eccezionale interesse per il territorio nazionale. Le altre tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (purché ad alta risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento di specie guida vegetali o animali, con particolare riguardo alle orchidee e ai lepidotteri ropaloceri eventualmente mediante transetti o aree permanenti; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico su eventuali aree permanenti; ß valutazione della qualità del suolo. Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida principali;
Orchis morio (foto S. Marsili).
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ß Presenza e consistenza di specie nitrofile e/o di specie legnose ad alta invasività; ß Presenza di contatti seriali e catenali; ß Disponibilità idrica; ß Percentuale di nutrienti (azoto e fosforo soprattutto). Il monitoraggio richiede controlli con cadenza quinquennale (biennale nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stato di conservazione insoddisfacente).
Ricerca Gli studi di tipo floristico, fitosociologico e faunistico sulle formazioni erbacee riferibili all’habitat 6210 necessitano di essere potenziati e indirizzati a verificare i rapporti tra le esigenze di conservazione della biodiversità e quelle di miglioramento delle performance produttive in ambito zootecnico. Occorre innanzitutto approfondire le conoscenze sulla vegetazione ancora molto lacunose e sulla variabilità genetica e sull’ecologia e sinecologia di alcune specie. Nell’ambito della ricerca di base e applicata è importante quindi privilegiare: ß cartografia di dettaglio delle aree occupate dalle tessere riferibili ai diversi tipi di 6210; ß conoscenza dettagliata delle caratteristiche pedologiche; ß conoscenza dei popolamenti orchidologici; ß conoscenza dei popolamenti faunistici; ß maggiore conoscenza fitosociologica con attenzione ai processi dinamici della vegetazione, ai rapporti seriali e ai contatti catenali e alle connessioni con attività di pascolo (anche di animali selvatici); ß studi biotassonomici e di biologia riproduttiva sulle principali specie guida e sulle specie endemiche o rare.
Ophrys benacensis (Foto S. Marsili).
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Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea *
Codici 34.5 Praterie xeriche mediterranee = > > >
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Classificazione paleartica
Classificazione EUNIS 2002 E1.3 Prateria xerica mediterranea E1.3/P-34.51 Praterie xeriche del Mediterraneo occidentale E1.3/P-34.52 Pascoli stabili del Mediterraneo sud-occidentale E1.3/P-34.53 Praterie xeriche del Mediterraneo orientale
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Praterie meso- e termo-mediterranee xerofile, per lo più aperte, di erbe graminoidi di bassa taglia, ricche di terofite; comunità terofitiche di terreni oligotrofici spesso su substrati calcarei, ricchi di basi. Comunità perenni - TheroBrachypodietea, Thero-Brachypodietalia: Thero-Brachypodion. Poetea bulbosae: Astragalo-Poion bulbosae (basifile), Trifolio-Periballion (silicicole). Comunità annue - Tuberarietea guttatae Br.-Bl. 1952 em. Rivas-Martínez 1978, Trachynietalia distachyae Rivas-Martínez 1978: Trachynion distachyae (calcifile), Sedo-Ctenopsion (gipsofile), Omphalodion commutatae (dolomitiche e silico-basifile). In Francia una distinzione può essere praticata fra: (a) vegetazione erbacea annuale di terreni aridi, iniziali, a basso tenore di azoto da neutro-basici a calcarei: Stipo capensis-Brachypodietea distachyae (Br-Bl. 47) Brullo 85; (b) vegetazione di praterie più o meno chiuse su terreno profondo, nitroclino e xeroclino: Brachypodietalia phoenicoidis (Br-Bl. 31) Molinier 34. In Italia questo habitat si trova soprattutto al Sud e nelle isole (Thero-Brachypodietea, Poetea bulbosae, Lygeo-Stipetea). Piante: Brachypodium distachyum, Brachypodium retusum.
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Atlante degli Habitat
Distribuzione geografica L’habitat si ritrova lungo la fascia costiera, con particolare riguardo alla Riviera di ponente e alle zone più aride e calde di quella di levante; a ponente esso si addentra talora nell’immediato entroterra sino a circa 800 m di quota.
Caratteri generali Comprende formazioni erbacee alte 15-30 cm (raramente maggiori), dominate per lo più da specie annuali, più di rado perenni, generalmente con copertura discontinua (inferiore di solito a 60%), che si possono differenziare soprattutto in rapporto alla natura del substrato (siliceo o calcareo) e sovente si mescolano a mosaico con altri habitat della direttiva (6210, 5320, 5330, 8210) o con aspetti diversi della gariga, della quale rappresentano tessere essenziali. L’habitat è localizzato in posizioni ben soleggiate, esposte per lo più a mezzogiorno, su versanti a differente acclività o su greti e orli di corsi d’acqua soggetti a lunghi periodi di magra. In diverse situazioni, aspetti riferibili all’habitat 6220 hanno una copertura ridotta e limitata a condizioni microtopografiche dove l’aridità è determinata da fenomeni erosivi o dal calpestamento e dal pascolo. Il carattere delle specie che distinguono l’habitat è tipicamente termo- o meso-mediterraneo. Gli aspetti più frequenti sono di carattere secondario e talora dominati da terofite e camefite; le specie meglio caratterizzanti sono Brachypodium dystachium, B. retusum, Briza maxima, Hyparrhenia hirta, Melica ciliata, Aphyllanthes monspeliensis, Thymus vulgaris, Staehelina dubia, Tuberaria guttata. Un ruolo significativo viene svolto localmente dalla componente briofitica e talora lichenica. In molti casi le origini e il mantenimento dell’habitat sono legate al passaggio del fuoco. Particolari sono gli aspetti che si rinvengono nei greti di alcuni corsi d’acqua del ponente, che per gran parte dell’anno rimangono asciutti e vengono saltuariamente pascolati. In altre situazioni possiamo trovare aspetti mesomediterranei di 6220 in ambiti di pineta rada di pino d’Aleppo o di pino marittimo (habitat 9540). In diversi casi l’habitat 6220 si dispone sugli orli di tessere della macchia mediterranea. Si può inoltre rilevare la presenza di aspetti riferibili a 6220 in contesti agricoli, in particolare negli oliveti, laddove il terreno è molto ben drenato La fauna è nettamente differenziata a seconda che l’habitat sia completamente aperto oppure in stretta connessione con pinete, aspetti di macchia o sistemi fluviali. Ha molte somiglianze con la componente più termofila dei prati aridi riferiti a 6210. Assai consistente è il numero di ortotteri (cavallette, mantidi, insetti stecco); sui substrati calcarei è rilevante anche la quantità di gasteropodi. Possiamo inoltre segnalare la lucertola muraiola (Podarcis muralis), la vipera (Vipera aspis) e il biacco (Hierophis viridiflavus); nel ponente troviamo il colubro lacertino (Malpolon monspessulanus) e la lucertola ocellata (Timon lepidus). Tra gli uccelli, si possono evidenziare il passero solitario (Monticola solitarius), il saltimpalo (Saxicola torquata) e diverse specie che utilizzano anche la macchia.
Specie guida Piante Agrostis castellana, Aira caryophyllea, A. provincialis, Aphyllanthes monspeliensis, Asphodelus fistulosus, Brachypodium distachyon, Brachypodium retusum, Briza maxima, Bromus rubens, Bupleurum baldense, Campanula erinus, Catapodium rigidum, Centaurea aplolepa, Centaurea paniculata, Cerastium pumilum, Crepis foetida, Euphorbia exigua, Euphorbia spinosa, Hypochoeris achyrophorus, Iris lutescens, Jasione montana, Leucojum nicaeense, Leuzea conifera, Linum austriacum, L. gallicum, L. strictum, L.trigynum, Medicago polymorpha, Melica ciliata, Minuartia hybrida, Onobrychis caput-galli, Ophrys spp., Oryzopsis coerulescens, Plantago holosteum, Sedum acre, Silene otites, Santolina ligustica, Staehelina dubia, Stipa capensis, S.juncea, S. eriocaulis, Tuberaria guttata, Thymus vulgaris, Trifolium scabrum, T. stellatum, Trigonella monspeliaca, Vulpia ciliata, V. unilateralis. Animali Malpolon monspessulanus, Timon lepidus, ortotteri diversi.
Lande, macchie, garighe e praterie
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Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Le formazioni erbacee xerofile riferibili agli habitat 6220 sono inquadrabili nella classe Stipo-Brachypodietea (Thero-Brachypodietea). Lo schema seppure provvisorio dei principali habitat elementari ricalca la distinzione fra aspetti calcicoli e silicicoli. ÿ Praterie e pratelli meso- e termo-mediterranei xerofili, con significativa componente di specie annue, in parte riferibili alla classe Stipo-Brachypodietea distachyae l Habitat con vegetazione erbacea prevalentemente annuale neutrofila, xerofila riferibile ai Brachypodietalia distachyae ° Comunità xerotermofile di suoli superficiali o litosuoli oligotrofi preferenzialmente calcarei riferibili al Brachypodion distachyae ß Formazioni erbacee riferibili all’associazione Asphodeletum fistulosi ß Formazioni erbacee riferibili all’associazione Trifolio-Hypochoeretum achyrophori ß Aggruppamenti a Brachypodium distachyum l Habitat con vegetazione erbacea xeroclina e nitroclina di suoli più profondi riferibile ai Brachypodietalia phoenicoidis ° Habitat con vegetazione riferibile al Brachypodion phoenicoidis ° Habitat con vegetazione riferibile al Bromo-Oryzopsion miliaceae ß Formazioni erbacee riferibili all’associazione Inulo-Oryzopsietum miliaceae ° Habitat con vegetazione riferibile al Saturejo-Hyparrhenion hirtae ß Formazioni erbacee riferibili all’associazione Hyparrhenietum hirto-pubescentis l Habitat con pratelli o percorsi erbacei discontinui xerofili, silicicoli riferibile ai Tuberarietalia guttati ° Habitat con vegetazione riferibile al Tuberarion guttati
Aspetti dinamici e potenzialità Le formazioni erbacee xerotermofile riferibili a 6220 si possono interpretare come stadi propri di una serie di vegetazione la cui tappa matura è rappresentata dagli aspetti più termofili della lecceta. Questi stadi hanno un carattere secondario e sono mantenuti da fenomeni di disturbo (incendio, pascolo, diboscamento, calpestamento, erosione). In alcuni casi permangono a lungo arricchendosi di suffrutici, mentre in altri casi lo strato erbaceo si chiude e si arricchisce di specie perenni, poi viene invaso quasi completamente dalle specie arbustive prenemorali della macchia e si avvia verso la comunità forestale attraverso un processo evolutivo che in Liguria, se non disturbato, ha una durata di circa 200-250 anni. L’habitat 6220 rappresenta perciò uno stadio secondario pioniero, di ricostituzione, o uno stadio secondario permanente se il disturbo - in particolare l’incendio - si ripete frequentemente. In Liguria i contatti catenali e seriali di 6220 con ampelodesmeti, macchia a mirto e lentisco o a calicotome o, ancora, a erica e corbezzolo sono numerosi e diffusi; altrettanto diffusi sono i contatti con aspetti rupestri o con aspetti erbacei sinantropici soprattutto con quelli che caratterizzano gli uliveti e i vigneti più prossimi al mare.
Rapporti con l’utilizzo del territorio In Liguria gli habitat riferibili a 6220 ricadono in zone prevalentemente costiere in parte utilizzate nel passato per attività agro-silvo-pastorali, ma attualmente soggette a un uso insediativo o turistico che favorisce fenomeni di frammentazione e alterazione.
Importanza L’habitat 6220 è di importanza prioritaria per l’Europa. Esso svolge un significativo ruolo nella caratterizzazione del paesaggio mediterraneo ed è talora legato ad un uso pastorale del territorio, che, tuttavia,
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Atlante degli Habitat
in Liguria è quasi assente. Il valore paesaggistico è limitato al contributo che questo habitat fornisce alla eterogeneità nell’ambito dei mosaici a carattere rupestre o delle aree più aperte. L’importanza scientifica può essere definita elevata soprattutto per la scarsa diffusione dell’habitat nella parte settentrionale del Mediterraneo. Particolarmente importante è il valore ai fini del mantenimento di un elevato livello di biodiversità sotto i profili sia quantitativo sia qualitativo, vegetale e animale: l’habitat ospita numerose specie di terofite e geofite e diverse specie di orchidee, ma anche una ricca entomofauna, in particolare lepidotteri, ortotteri e coleotteri ed è frequentato da un discreto numero di uccelli e rettili, fra cui la lucertola ocellata (Timon lepidus). L’importanza nel ruolo della protezione del suolo è di livello basso, tuttavia in alcune situazioni difficili è il massimo ottenibile. L’importanza per fini produttivi non convenzionali è di livello medio, soprattutto per la presenza di diverse specie utilizzate nella alimentazione e nella medicina popolare.
Problematiche di conservazione Tenuto conto che gli habitat riferibili a 6220 si trovano ai propri limiti di areale, lo stato di conservazione è da considerarsi per lo più medio-basso, con locali e diffuse situazioni insoddisfacenti. La superficie occupata dall’habitat è significativamente minore rispetto a quella potenziale, soprattutto per la notevole espansione delle aree insediate o, nella Liguria di ponente, destinate a colture protette, ma anche per la mancanza o scarsa diffusione di attività di pascolo con carichi idonei e la conseguente evoluzione naturale della vegetazione. La vulnerabilità dell’habitat 6220 è medio-elevata e la resilienza di livello medio; la tendenza dello stato di conservazione pare indirizzata verso un peggioramento.
Aspetto ad Aphyllanthes monspeliensis di prateria termofila presso Arnasco, riferibile all’habitat 6220 (foto S. Marsili).
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Stato di conservazione
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N° di siti
0
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Importanza dei siti N° di siti
JJJ
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n.v.
0
0
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9
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Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Le maggiori minacce per questi tipi di habitat derivano da: ß evoluzione della vegetazione con espansione delle camefite e di altre specie legnose, in particolare come conseguenza della cessazione delle attività pastorali o la prolungata mancanza del passaggio del fuoco; ß alterazioni per eccessivi apporti azotati e/o fenomeni erosivi indotti da locali e limitate situazioni di sovrapascolo (gestione non corretta dell’attività pastorale); ß diffusione di specie esotiche invasive, soprattutto lungo i tracciati stradali e gli insediamenti; ß antropizzazione generale con insediamenti e interventi per il potenziamento delle attività turistiche; ß incendi ripetuti a intervalli troppo ravvicinati; ß locali e occasionali danni derivanti da moto- e autoveicoli fuoristrada; ß effetti di erbicidi, nanizzanti, ritardanti o cloruri impiegati nelle attività di ripulitura dei percorsi, nelle attività agricole e nello spegnimento degli incendi. La resilienza dell’habitat è comunque elevata e le minacce più serie e irreversibili sono rappresentate dalla distruzione dell’habitat stesso e dagli insediamenti.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione dei diversi aspetti riferibili a 6220 si basa principalmente sull’osservazione dei caratteri fisionomici (specie guida e loro corteggio floristico). La particolare riduzione delle superfici porta a frequenti situazioni mosaicate con possibili confusioni e notevoli difficoltà. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la consistenza dei popolamenti delle diverse specie endemiche o rare e delle specie guida; ß la struttura dell’entomofauna con particolare attenzione per le specie prative (ropaloceri in primo luogo); ß la ricchezza generale della biodiversità come numero di specie; ß le caratteristiche del suolo con particolare riguardo ai nutrienti; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie invasive, con particolare riguardo alle specie esotiche e/o nitrofile; ß la presenza di contatti catenali e seriali; ß le attività umane e l’intensità della loro influenza.
Indicazioni gestionali Anche se le potenzialità in ambito zootecnico sono assai diverse, molte delle indicazioni suggerite per l’habitat 6210 valgono anche per l’habitat 6220. Salvo situazioni puntuali, la conservazione di questi habitat dovrebbe essere oggetto di piani e misure predisposti su ambiti vasti con particolare attenzione alle attività silvopastorali ed ecoturistiche. Norme di rigorosa protezione dovrebbero riguardare i popolamenti spontanei delle specie più rare, con particolare attenzione per le specie degli allegati II, IV e V della direttiva 92/43, per quelle minacciate citate nel Libro rosso nazionale nonché per le specie di orchidee.
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Atlante degli Habitat
Nelle aree occupate dall’habitat 6220, in particolare in quelle di maggiore caratterizzazione e valore (per esempio negli aspetti più ricchi di specie in senso assoluto o più ricchi di specie dell’allegato II come Campanula sabatia), dovrebbe essere consentita solo la sistemazione di eventuali situazioni d’instabilità e dei versanti esclusivamente con interventi che prevedono il mantenimento o il ripristino dell’habitat. Interventi su eventuali sentieri che intercettano direttamente o indirettamente l’habitat dovrebbero essere realizzati solo secondo modalità di minimo impatto alle quali andrebbe aggiunto l’obbligo di restauro delle porzioni di habitat eventualmente danneggiate. Salvo superiori esigenze di sicurezza e incolumità o esigenze di conservazione di altri habitat maggiormente a rischio, occorre evitare in modo assoluto interventi di forestazione nelle aree occupate dall’habitat 6220 e più in generale nei pascoli. Obiettivi Gli obiettivi sono quasi ovunque di mantenimento, con locali situazioni di miglioramento ed eventuale espansione o recupero di aree attualmente in trasformazione evolutiva. Interventi Tra gli interventi utili per il raggiungimento dei suddetti obiettivi si possono citare: ß promozione, accordi e incentivazioni per lo sfalcio e/o il pascolo in forme sostenibili (vedi interventi per l’habitat 6210); ß a seguito di risultati di monitoraggio, laddove si assista a eccessiva progressione dinamica della vegetazione, diradamenti della macchia o contenimenti di alcune specie legnose mediante taglio e/o decespugliamento selettivo o, in condizioni di massima sicurezza e su superfici limitate, (previa valutazione d’incidenza) mediante uso del fuoco controllato;
Pratello terofitico riferibile a 6220 presso il SIC dei Valloni in Valle Arroscia (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
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ß contenimento o eradicazione di specie esotiche invasive; ß controllo e drastica limitazione del cinghiale; ß potenziamento della sorveglianza per limitare i rischi di incendio, evitare l’abbandono di rifiuti e per il rispetto delle norme vigenti relative alla raccolta di flora spontanea e più in generale alla tutela dell’ambiente. Per la conservazione dell’habitat 6220 nelle isole e lungo alcuni tratti costieri occorre: ß mettere in atto misure di riduzione delle disponibilità trofiche per i gabbiani nelle discariche di rifiuti utilizzate da questi; ß realizzare interventi di dissuasione rivolti ad allontanare i gabbiani (Larus cachinnans) e a limitare il proliferare delle popolazioni di questi. Nei casi di aspetti legati ai greti fluviali è indispensabile: ß porre il divieto di uso improprio dei greti stessi per la mobilità e il parcheggio veicoli; ß evitare cementificazioni e asportazioni meccaniche dei sedimenti; ß evitare alterazioni del greto e delle sponde salvo interventi finalizzati alla conservazione degli habitat. La gestione programmata del pascolo dovrebbe contemperare le esigenze produttive con quelle di conservazione della biodiversità e pertanto essere indirizzata anche a favorire i contatti catenali e seriali e i mosaici con altri habitat. A differenza dell’habitat 6210, tranne che per situazioni particolari, dovrebbe essere preferito il pascolo ovino; è da evitare in modo assoluto quello suino, mentre quello caprino è ammissibile purché strettamente controllato e con drastiche limitazioni nel numero di capi. Il pascolo libero è comunque da evitare nelle piccole isole e nelle zone maggiormente sensibili. Trasferimento delle informazioni Sono auspicabili diffuse azioni d’informazione circa l’importanza scientifica e storico-culturale, del ruolo ecologico e paesaggistico dell’habitat 6220, nonché delle opportunità di valorizzazione che alcune sue specie offrono sotto il profilo ecoturistico o produttivo (zootecnico). A tale proposito diverse possono essere le attività didattiche e divulgative dedicate a studenti di diverso grado ed ecoturisti, nonché a operatori del settore agrario e a tecnici impegnati nella gestione del territorio.
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (purché ad alta risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento di specie guida vegetali o animali, eventualmente mediante transetti o aree permanenti; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico su eventuali aree permanenti; ß valutazione della qualità del suolo. Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida principali; ß Presenza e consistenza di specie nitrofile e/o ad alta invasività; ß Presenza di contatti seriali e catenali; ß Percentuale di nutrienti (azoto e fosforo soprattutto).
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Atlante degli Habitat
Il monitoraggio, stante la priorità dell’habitat e la tendenza del suo stato di conservazione, richiederebbe controlli con cadenza biennale (annuale nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stato di conservazione insoddisfacente). Nelle situazioni a minor rischio il periodo può allungarsi a quinquennale.
Ricerca Gli studi di tipo floristico, fitosociologico e faunistico sulle formazioni erbacee riferibili all’habitat 6220 necessitano di essere potenziati e indirizzati a verificare i rapporti tra le esigenze di conservazione della biodiversità e quelle della fruizione turistica e/o agropastorale del territorio. Occorre innanzitutto approfondire le conoscenze sulla vegetazione ancora molto lacunose e sulla variabilità genetica e sull’ecologia e sinecologia di alcune specie che si trovano al limite settentrionale del proprio areale. Nell’ambito della ricerca di base e applicata è importante quindi privilegiare: ß cartografia di dettaglio delle aree occupate dalle tessere riferibili ai diversi tipi di 6220; ß conoscenza dettagliata delle caratteristiche pedologiche; ß conoscenza dei popolamenti delle specie di maggiore interesse (con particolare riguardo alle orchidacee); ß conoscenza dei popolamenti faunistici; ß maggiore conoscenza fitosociologica con attenzione ai processi dinamici della vegetazione, ai rapporti seriali e ai contatti catenali e alle connessioni con le attività di pascolo e l’incendio; ß studi biotassonomici e di biologia riproduttiva sulle principali specie guida e sulle specie endemiche o rare; ß studi applicativi sulla individuazione delle migliori pratiche per la ripulitura dei margini di strade e altri percorsi.
Lande, macchie, garighe e praterie
Formazioni erbose a Nardus, ricche di specie, su substrato siliceo delle zone montane (e delle zone submontane dell’Europa continentale)*
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6230
Codici
Classificazione paleartica 35.1 Formazioni erbose a nardo dell’Atlantico e comunità correlate 36.31 Formazioni erbacee a nardo alpiche e comunità correlate > > > > > > # > <
Classificazione EUNIS 2002 E1.7 Terreni erbosi chiusi, aridi, acidi o neutrali, non mediterranei E1.7/P-35.11 Formazioni erbacee a Nardus stricta E1.7/P-35.12 Prateria ad Agrostis - Festuca E1.7/P-35.13 Prateria a Deschampsia flexuosa E1.7/P-35.14 Stadi a Calamagrostis epigejos E1.7/P-35.15 Prateria a Carex arenaria E4.3 Terreno erboso acido alpino e subalpino E4.3/P-36.31 Formazioni erbacee alpiche a Nardus stricta e comunità correlate E1.2 Terreni calcarei con formazioni erbacee perenni e steppe
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Formazioni erbacee chiuse a Nardus, xeriche o mesofile, perenni, che occupano suoli silicei in pianura atlantica, sub-atlantica o regioni boreali di pianura, collinari o montane. Vegetazione altamente diversificata, ma con variazione caratterizzata da continuità. Nardetalia: Pal. 35.1-Violo-Nardion (Nardo-Galion saxatilis, Violion caninae); Pal. 36.31- Nardion. Per siti ricchi di specie si dovrebbero intendere i siti con un alto numero di specie. In generale, gli habitat che sono divenuti irreversibilmente degradati a causa del pascolo eccessivo dovrebbero essere esclusi. Piante: Antennaria dioica, Arnica montana, Campanula barbata, Carex ericetorum, Carex pallescens, Carex panicea, Festuca ovina, Galium saxatile, Gentiana pneumonanthe, Hypericum maculatum, Hypochoeris maculata, Lathyrus montanus, Leontodon
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Atlante degli Habitat
helveticus, Leucorchis albida, Meum athamanticum, Nardus stricta, Pedicularis sylvatica, Platanthera bifolia, Polygala vulgaris, Potentilla aurea, Potentilla erecta, Veronica officinalis, Viola canina. Animali: Miramella alpina. Note: i sottotipi di habitat riferibili all’Alleanza Nardion mostrano una differenziazione regionale: Alpi e Pirenei – Geo montani-Nardetum; Foresta Nera – Leontodo-Nardetum; Harz – Pulsatillo micranthae – Nardetum; Foresta Bavarese – Lycopodio – Nardetum. Nel Regno Unito l’habitat copre la maggior parte dei siti ricchi di specie di diversi tipi.
Distribuzione geografica L’habitat si ritrova in piccole aree del settore alpico (M. Fronté) e altoappenninico; qui è segnalato sul crinale M.Dente-M.Beigua, sull’Antola, nell’alta Val d’Aveto ed è verosimilmente presente anche ai Piani di Praglia e sul M. Ramaceto a quote superiori a 800 m s.l.m.
Caratteri generali Si tratta di praterie di sostituzione dominate da Nardus stricta, graminacea resistente al calpestamento e con forte capacità di accestimento, favorita rispetto ad altre specie su suoli poveri, compatti e regolarmente pascolati da tempi lontani. L’habitat 6230 non comprende però tutti gli aspetti a Nardus stricta, ma solo quelli più ricchi di specie; sono escluse pertanto le formazioni più povere, in cui il nardo è nettamente dominante e costituisce una cotica omogenea e densa a seguito dell’eccessivo pascolamento. L’habitat è chiaramente legato a terreni acidi o tendenzialmente acidi, anche se talora derivanti da substrati calcarei a seguito di processi di acidificazione. Anche il tenore idrico del suolo può variare da relativamente arido (soprattutto in zone soggette a venti intensi e costanti) a molto umido; per quest’ultimo caso il nardeto si colloca tra le cinture più esterne dei sistemi di torbiera. Fisionomicamente si tratta di comunità erbacee in cui oltre a N. stricta, si rinvengono Potentilla erecta, Arnica montana, Alchemilla spp, Agrostis tenuis, Festuca rubra, Juncus acutiflorus, Homogyne alpina, Succisa pratensis, Carex panicea, Rumex acetosella, Antennaria dioica, Anthoxanthum odoratum, Avenella flexuosa, Briza media, Gentiana acaulis, Danthonia decumbens, Molinia coerulea, Galium verum, Lotus corniculatus, Luzula campestris, Holcus lanatus, Narcissus poeticus, Nigritella rhellicani, Polygala vulgaris, Carlina vulgaris, Coeloglossum viride, Viola canina, Viola calcarata ssp. cavillieri, Hieracium pilosella, Achillea millefolium, Gnaphalium sylvaticum, Veronica officinalis, Dactylorhiza sambucina. Talvolta si osserva una componente basso arbustiva di minima altezza a Calluna vulgaris, Genista pilosa, G. tinctoria, G. januensis, Juniperus nana, Thymus pulegioides, Vaccinium myrtillus provenienti da habitat connessi (4030 e altri). Le ridotte dimensioni delle tessere di questo habitat e i processi dinamici determinano la comparsa sempre maggiore della componente legnosa e di altre graminacee proprie dei prati a molinia, bromo e festuca. L’habitat, come altre comunità erbacee montane, è tra i preferiti del succiacapre. La ricca entomofauna, che esso ospita non può considerarsi esclusiva, per la ridotta estensione delle superfici che l’habitat 6230 occupa e per i numerosi contatti con altre fitocenosi erbacee o arbustive. Nardus stricta è pianta nutrice del nottuide Apamea lateritia. Specie guida Piante Nardus stricta, Potentilla erecta, Antennaria dioica, Arnica montana, Agrostis tenuis, Festuca rubra, Rumex acetosella, Gentiana acaulis, Homogyne alpina, Danthonia decumbens, Avenella flexuosa, Hieracium pilosella, Gnaphalium sylvaticum, Nigritella rhellicani, Viola calcarata ssp. cavillieri. Animali Caprimulgus europaeus, Apamea lateritia
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Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici
Gli habitat riferibili a 6230 non sono di agevole inquadramento fitosociologico, poiché le formazioni a Nardus s. possono rientrare a seconda delle diverse interpretazioni nell’ambito sia dei Nardetea strictae sia dei Caricetea curvulae. Di seguito si propone uno schema preliminare degli habitat elementari, che potrà essere successivamente completato dopo ulteriori approfondimenti. ÿ Formazioni erbose a Nardus stricta di suoli silicei o decalcificati riferibili ai Nardetea strictae o ai Caricetea curvulae l Formazioni erbose a Nardus, ricche di specie, delle zone montane ° Habitat con vegetazione acidofila o acidoclina di zone con micro- o meso-clima a maggiore atlanticità, riferibile al Violion caninae (Nardetea strictae, Nardetalia s.) talora a contatto coi calluneti ß Habitat con vegetazione riferibile ad aspetti frammentari dell’associazione Nardo-Gentianetum pneumonanthi ° Habitat con vegetazione acidofila o acidoclina montana o subalpina riferibile al Nardion strictae ß Habitat con vegetazione discontinua acidofila delle depressioni subalpine e montane con Avenella flexuosa, Nardus s., Festuca gr. rubra, riferibile all’associazione Nigritello-Nardetum strictae ß Habitat con vegetazione discontinua riferibile all’associazione Daphno cneori-Nardetum strictae.
Aspetti dinamici e potenzialità Sono quasi ovunque di natura secondaria, derivanti da diboscamento e successivo pascolo, attualmente in forte regressione per fenomeni di incespugliamento. La cessazione del pascolo, se prolungata determina il ritorno più o meno lento verso la comunità forestale rappresentata, nella maggior parte dei casi, dal bosco di faggio attraverso stadi prenemorali con Vaccinium myrtillus, Corylus avellana, Pteridium aquilinum, Juniperus communis, Sorbus aucuparia, Sorbus aria, Acer pseudoplatanus. Nei sistemi di torbiera rientrano fra gli stadi meno igrofili che si formano per processi di interramento e sono soggetti a una espansione di specie basso arbustive come Calluna vulgaris o Genista pilosa che lasciano poi campo agli stadi prenemorali citati. Il processo evolutivo è comunque abbastanza lento e può essere fermato dalla ripresa del pascolo, In questi casi, però, non sempre si riformano formazioni a Nardus stricta riferibili a 6230.
Rapporti con l’utilizzo del territorio L’habitat, ricoprendo superfici estremamente ridotte, non evidenzia importanti relazioni con l’uso del territorio a scale significative. Esso ricade in aree per lo più utilizzate saltuariamente o costantemente per il pascolo. Risultano pertanto necessarie verifiche puntuali sulla compatibilità delle modalità gestionali di questa attività rispetto alle esigenze di conservazione. In Liguria, proprio per la ridotta superficie occupata da 6230, non esistono conflitti insuperabili con le attività produttive; tutte le criticità esistenti dipendono dalla scarsa conoscenza delle esigenze di conservazione dell’habitat da parte degli operatori e sono facilmente risolvibili.
Importanza Si tratta di un habitat d’importanza prioritaria per l’Europa. A scala regionale il notevole interesse per l’habitat 6230 deriva soprattutto dalla sua rarità e dal fatto che ospita diverse specie vegetali rare, poco frequenti o comprese nelle liste rosse delle specie minacciate (es.: Gentiana pneumonanthe). L’interesse
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Atlante degli Habitat
economico è basso, anche se vi si possono trovare alcune piante ampiamente utilizzate per la medicina o la medicina popolare (es. Arnica montana). Il contributo al paesaggio è generalmente basso per la scarsa estensione che l’habitat raggiunge, in qualche caso, durante l’epoca delle fioriture può essere discreto come spot cromatico localizzato.
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è di livello medio-basso e negli ultimi decenni in alcune aree pare essere peggiorato soprattutto per puntuali fenomeni legati a un carico del pascolo inadeguato (sia eccessivo, sia scarso). La vulnerabilità dell’habitat è medio-elevata mentre la resilienza è di livello medio; la tendenza dello stato di conservazione è indirizzata verso un lieve peggioramento. Stato di conservazione
J
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Importanza dei siti N° di siti
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Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Le maggiori minacce per l’habitat 6230 derivano da: ß evoluzione della vegetazione con espansione delle specie legnose, in particolare come conseguenza della cessazione delle attività pastorali o della riduzione del carico del bestiame;
Nardeto con fioritura di Arnica montana e Gentiana acaulis sul Monte Antola (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
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ß alterazioni per eccessivi apporti azotati e/o fenomeni erosivi indotti da locali e limitate situazioni di sovrapascolo (gestione non corretta dell’attività pastorale); ß inaridimento eccessivo del suolo; ß locali e occasionali danni derivanti da moto- e autoveicoli fuoristrada; ß rimboschimenti. La resilienza dell’habitat è bassa e la sua ricostituzione difficile.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione dell’habitat 6230 si basa principalmente sull’osservazione dei caratteri fisionomici (specie guida e suo corteggio floristico). Non si rilevano difficoltà significative; è comunque importante distinguere l’habitat sulla base del numero di specie evitando di considerare gli aspetti dominati esclusivamente da Nardus stricta. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la consistenza dei popolamenti delle specie guida; ß la ricchezza generale della biodiversità come numero di specie vegetali; ß le caratteristiche del suolo con particolare riguardo ai nutrienti; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie preforestali; ß la disponibilità idrica e dei nutrienti; ß la qualità e l’attività biologica del suolo; ß la presenza di contatti catenali e seriali; ß le attività umane e l’intensità della loro influenza.
Indicazioni gestionali Anche se le superfici dell’habitat 6230 in Liguria sono estremamente ridotte, la loro gestione non può essere disgiunta da quella degli ambiti circostanti e in particolare dalla programmazione delle attività zootecniche e dal controllo dell’evoluzione della vegetazione legnosa. Il pascolo, quando esercitato in forme particolarmente intense, può essere utile per l’affermazione del solo Nardus stricta, ma altera e impoverisce significativamente l’habitat. È quindi opportuno e utile che il carico del bestiame sia intorno a 0,2-0,4 UBA/Ha e comunque non superiore a 0,5. Da evitare in modo assoluto la forestazione e la trasformazione delle aree per interventi urbanistici. Obiettivi Gli obiettivi sono quasi sempre di conservazione o di miglioramento delle situazioni esistenti; solo in poche situazioni è sufficiente il mantenimento dello stato attuale. Interventi Gli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi per l’habitat 6230 riguardano: ß controllo e drastica limitazione del cinghiale; ß eventuali interventi di contenimento di alcune specie legnose secondo modalità da precisarsi in specifici progetti o piani di gestione; sono comunque da evitare l’utilizzo del fuoco e lo sfalcio generalizzato; ß programmazione ed eventuale limitazione del pascolo secondo le modalità che dovranno essere esplicitate in specifici piani gestione o piani di pascolamento in base ai risultati dei monitoraggi; ß recinzioni dei pascoli in parcelle utili alla programmazione della attività zootecnica nel contesto territoriale; ß norme o interventi finalizzate a garantire gli apporti idrici e l’umidità del suolo.
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Atlante degli Habitat
Sono da evitare o contenere al massimo lo sfalcio e la concimazione generalizzata e ripetuta a brevi intervalli; possono essere invece utili interventi episodici programmati di entrambe le attività per aumentare la diversità floristica. Trasferimento delle informazioni Appare opportuno divulgare soprattutto fra gli operatori delle attività agropastorali l’importanza di mantenere le poche tessere rimaste di questo habitat anche con un loro contributo opportunamente orientato. L’habitat si presta inoltre come esempio didattico dell’influenza delle attività zootecniche sul corteggio floristico e delle successioni azonali nei complessi idro-igrofili.
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (questa solo se mediante sensori ad alta risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento di Nardus stricta, eventualmente mediante transetti o aree permanenti; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico su eventuali aree permanenti; ß valutazione della qualità del suolo. Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza di Nardus stricta e delle specie guida principali appartenenti al Nardion; ß Presenza e consistenza di specie nitrofile e/o legnose; ß Presenza di contatti seriali e catenali; ß Percentuale di nutrienti (azoto e fosforo soprattutto); ß Tenore idrico del suolo. Il monitoraggio, stante la priorità dell’habitat e la tendenza del suo stato di conservazione, richiederebbe controlli con cadenza biennale (annuale nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stato di conservazione insoddisfacente).
Ricerca Nell’ambito della ricerca di base è importante privilegiare gli studi fitosociologici di dettaglio per definire meglio i rapporti fra caratteri dell’habitat e attività pastorali, con riferimento alla individuazione delle specie pabulari e di quelle rifiutate e alle dinamiche spazio-temporali determinate da tali attività. Un’altra linea di ricerca dovrebbe essere indirizzata a evidenziare i rapporti seriali e catenali con le altre unità vegetazionali laddove l’habitat 6230 fa parte di complessi idro-igrofili e a definire le relazioni tra l’habitat stesso, il livello idrico e la disponibilità di sostanze nutrienti (apporti azotati del bestiame e/o fertilizzanti).
Lande, macchie, garighe e praterie
Dehesas con Quercus spp. sempreverde
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6310
Codici
Classificazione paleartica 32.11 Macchia [matorral] di leccio x 91.2 Dehesa Classificazione EUNIS 2002 # E7.3 Dehesa # F5.1 Macchia [matorral] arborescente # F5.1/P-32.11 Macchia [matorral] di Quercus sempreverdi
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Paesaggio caratteristico della Penisola Iberica in cui colture, terre soggette a pascolo o macchia arborescente meso-mediterranea, in contiguità o rotazione, sono ombreggiate da una copertura arborea [canopy] da appena chiusa a molto aperta di querce sempreverdi autoctone (Quercus suber, Quercus ilex, Quercus rotundifolia, Quercus coccifera). È un habitat importante dei rapaci, compresa l’aquila endemica iberica minacciata Aquila adalberti, della gru (Grus grus), di grandi insetti e dei loro predatori e del felide minacciato *Lynx pardinus. Piante: Quercus suber, Quercus ilex, Quercus rotundifolia, Quercus coccifera.
Distribuzione geografica La distribuzione dell’habitat, inteso secondo quanto di seguito illustrato, interessa soprattutto il ponente ligure e in particolare il settore alpico, ma non mancano esempi meno estesi e sviluppati nel gruppo di Voltri-M. Beigua, e in altri siti costieri dell’Appennino.
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Atlante degli Habitat
Caratteri generali Ciò che in Liguria può essere riferito all’habitat 6310 meriterebbe uno studio appropriato e approfondito ed è possibile che in senso stretto questo riferimento sia da escludere. Tuttavia, anche se, ovviamente, nella nostra regione l’habitat non acquisisce pienamente le caratteristiche paesaggistiche che sono proprie della penisola iberica (della dehesa spagnola e del montado portoghese), ne richiama le funzioni ecologiche e il ruolo nel paesaggio. Si tratta di comunità a mosaico, aperte, di origine antropica, soggette a pascolo e talora con piccoli appezzamenti coltivati (per esempio nel Finalese), che presentano boschetti e nuclei alto-arbustivi o arborescenti di leccio e/o di sughera emergenti su uno strato erbaceo continuo o discontinuo, talora intervallato da rocce affioranti e terreni nudi. Le si può osservare prevalentemente su substrati calcarei o ofiolitici su versanti a esposizione e inclinazione variabili. Rispetto alle vere dehesas spagnole l’aspetto è più selvaggio e meno “a parco regolarmente arborato”; inoltre il processo dinamico che ha originato gli aspetti liguri appare differente da quello proprio della Spagna e del Portogallo. Mentre in questi due paesi l’habitat 6310 è rappresentato soprattutto da aree pascolate con residui di sugherete coltivate e leccete, in Liguria i nuclei arborescenti e arbustivi sono soprattutto elementi di avanzata ricolonizzazione e solo in minima parte residui di boschi preesistenti all’attività rurale. Differenze e somiglianze rispetto agli aspetti iberici di riferimento dipendono anche dalle modalità con cui le aree sono sottoposte a pascolo (più regolare nella penisola iberica) e dalla ricorrenza degli incendi. In ogni modo la densità degli alberi può variare da molto elevata a quasi inesistente. Altre specie arborescenti o arbustive che accompagnano il leccio e/o la sughera sono la roverella (Quercus pubescens), il corbezzolo (Arbutus unedo), l’erica arborea (Erica arborea), il viburno (Viburnum tinus), il mirto (Myrtus communis), il lentisco (Pistacia lentiscus), la ginestra (Spartium junceum), lo sparzio spinoso (Calicotome spinosa), il teucrio giallo (Teucrium flavum). Nello strato erbaceo si osservano Brachypodium rupestre, B. genuense, B. retusum, Bromus erectus, Oryzopsis
Prateria arbustata con nuclei arborescenti riferibile all’habitat 6310 (foto M.G. Mariotti)
Lande, macchie, garighe e praterie
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coerulescens, Poa bulbosa, Trifolium spp., Leontodon tuberosus, Bellis annua, Psoralea bituminosa, Vicia spp., Lathyrus latifolius, Asparagus acutifolius. Oltre a ovini, caprini o equini che pascolano, talora in modo incontrollato, la fauna è caratterizzata da altri ungulati come il capriolo e il cinghiale, da parassiti entomofagi (ixodoidei [zecche], tabanidi), da specie coprofaghe (scarabeoidei) e cheratinofile, da entomofauna, erpetofauna e avifauna generalmente ricche, in quanto favorite dall’accostamento, proprio dell’habitat, di spazi aperti e chiusi. Ovviamente tra le specie animali più abbondanti troviamo quelle degli ambienti ecotonali, che ben si adattano sia a formazioni erbacee sia a macchie più o meno dense, e quelle di origine steppica. Sui substrati calcarei significativamente ricca può essere la fauna a gasteropodi polmonati; sotto pietre e tronchi marcescenti troviamo isopodi, aracnidi e insetti tipici di questi microhabitat, ma piuttosto diffusi anche in altri contesti. Tra le specie più frequenti troviamo insetti legati alle specie quercine come Cerambyx cerdo e, più raramente, Lucanus cervus e altri insetti propri delle macchie mediterranee e delle praterie aride: mantidi, insetti stecco (Bacillus rossius), emitteri, ortotteri (Decticus albifrons, Platycleis intermedia, Gryllus bimaculatus, Gryllomorpha dalmatina, Paratettix meridionalis, Dociostaurus maroccanus, Calliptamus barbarus, Oedipoda coerulescens, Anacridium aegyptium, Saga pedo), lepidotteri (fra cui la bella farfalla del corbezzolo Charaxes jasius e diverse specie legate alle querce quali Satyrium ilicis e Drepana uncinula), altri insetti fitofagi o floricoli (imenotteri, sirfidi, coleotteri edemeridi, crisomelidi, nitidulidi, curculionidi, buprestidi) e molti altri. Tra i rettili troviamo spesso serpenti come il saettone (Elaphe lineata), nella cui dieta giocano un ruolo importante piccoli uccelli e uova, il biacco (Hierophis viridiflavus), il colubro lacertino (Malpolon monspessulanus) e sauri, fra i quali emerge la lucertola ocellata (Timon lepidus). L’avifauna comprende numerosissime specie; fra le più significative troviamo l’occhiocotto (Sylvia melanocephala), la magnanina (Sylvia undata), le averle (Lanius senator, L. collurio), il succiacapre (Caprimulgus europaeus); un importante ruolo ai livelli superiori delle catene alimentari è svolto da rapaci come Aquila chrysaetos e Circaetus gallicus. Tra i mammiferi, di particolare interesse, in alcune aree circoscritte (Isola Palmaria), è il coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus). Qua e là s’incontra la lepre, la cui identità sistematica richiederebbe approfondimenti a causa di frequenti immissioni e ibridazioni: non si esclude a priori la possibilità che siano presenti anche individui riferibili alla lepre italica, Lepus corsicanus, oltre alla più comune lepre europea, Lepus europaeus meridiei. Nelle aree carsiche risulta importante la presenza di chirotteri, soprattutto rinolofidi (Rhinolophus euryale, R. hipposideros, R. ferrumequinum). Tra i mammiferi carnivori la specie più frequente è la volpe (Vulpes vulpes); manca, per un maggiore equilibrio, il lupo che una volta popolava anche la fascia costiera, ormai troppo antropizzata. Specie guida Piante Quercus ilex, Quercus suber Animali Mammiferi: Oryctolagus cuniculus Uccelli:Aquila chrysaetos, Circaetus gallicus, Sylvia melanocephala, S. undata, Lanius senator, L. collurio, Caprimulgus europaeus. Rettili: Timon lepidus, Malpolon monspessulanus, Elaphe lineata, Hierophis viridiflavus. Insetti: Bacillus rossius, Saga pedo, Cerambyx cerdo, Charaxes jasius, Satyrium ilicis, Drepana uncinula.
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici L’habitat 6310 non può essere inquadrato in un preciso syntaxon, in quanto rappresenta un mosaico di pascoli arborati e macchie arborescenti meso-mediterranee in cui sono significativamente presenti Quercus ilex e/o Quercus suber. I riferimenti sono quindi ai Quercetea ilicis (Quercetalia ilicis e Pistacio -Rhamnetalia), ma anche ai Festuco-Brometea e agli Stipo-Brachypodietea.
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Atlante degli Habitat
Aspetti dinamici e potenzialità L’habitat ha un carattere chiaramente secondario legato al pascolo, all’incendio e al diboscamento. Più intensa è l’attività del pascolo, minore è la componente legnosa. Quando tale attività cessa si osserva un’espansione di quest’ultima componente e lo sviluppo di macchie alte e forteti più o meno densi che precedono il bosco di sughera o di leccio riferibili ai codici 9330 o 9340. In Liguria dove l’habitat 6310 non ha caratteri tipici per l’assenza di una gestione estensiva e omogenea delle attività agropastorali idonee al suo mantenimento, si osservano continui contatti seriali fra piccole tessere erbacee, arbustive o arborescenti. In qualche caso l’habitat può avere il ruolo di mantello con specie prenemorali insediate su formazioni erbacee appartenenti a 6210 o 6220 oppure può rappresentare un antico orlo di formazioni boschive di leccio o di sughera o di altre formazioni arboree dense mediterranee.
Rapporti con l’utilizzo del territorio L’habitat ricade in aree che in parte sono soggette all’espansione degli insediamenti e al potenziamento delle attività turistiche e in parte potrebbero essere riutilizzate per attività zootecniche, ormai quasi ovunque abbandonate.
Importanza L’habitat contribuisce in modo significativo al mantenimento di livelli elevati di biodiversità, dei rapporti dinamici e funzionali fra stadi diversi della vegetazione, della eterogeneità paesaggistica; partecipa al ruolo complesso di rifugio e di risorsa trofica per diverse specie animali; svolge inoltre una discreta protezione del suolo, soprattutto su versanti percorsi periodicamente dal fuoco e nelle zone più acclivi dove la vegetazione non può evolvere ulteriormente. Discreto è il contributo alla caratterizzazione del paesaggio rivierasco, come in altri luoghi del mediterraneo occidentale connesso agli usi pastorali. A livello regionale l’habitat si trova in prossimità del limite settentrionale della sua distribuzione, che è superato solo in situazioni extrazonali localizzate. Esso acquista una particolare importanza nel segnalare condizioni climatiche chiaramente mediterranee. L’importanza per fini produttivi non convenzionali è di livello medio, soprattutto per le potenzialità nella produzione del carbone di legna (attività che hanno risvolti etnografico-culturali) e la presenza di specie come il corbezzolo (Arbutus unedo) utilizzate nella alimentazione o come l’erica (Erica arborea) per la produzione di radica.
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione dell’habitat 6310 è di livello mediamente soddisfacente, tuttavia la tendenza è quello di una progressiva riduzione delle superfici occupate per distruzione diretta o per trasformazione naturale verso habitat forestali quali 9340. Vulnerabilità e resilienza dell’habitat 6310 sono di livello medio. Stato di conservazione
J
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n.v.
N° di siti
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2
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Importanza dei siti N° di siti
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JJ
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0
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5
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0
Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Lande, macchie, garighe e praterie
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Le principali minacce derivano da: ß abbandono della pastorizia, ß riduzione delle superfici percorse dal fuoco a intervalli adeguatamente lunghi, ß incendi ripetuti a intervalli brevi, ß espansione degli insediamenti, ß apertura di strade e conseguente frammentazione, ß abbandono degli usi tradizionali relativi ai prelievi e alle utilizzazioni delle biomasse legnose, ß conversione in coltivi, ß effetti dei rimboschimenti a Pinus pinaster effettuati nel passato.
Tecniche di identificazione e valutazione Le difficoltà interpretative sono elevate: questi aspetti possono infatti essere considerati come mosaici nel loro complesso o come insieme di tessere accostate di habitat 6210, 6220, 9340, 5330. La discriminante dovrebbe essere rappresentata dall’impronta dell’attività umana, che tuttavia in Liguria ha un carattere incostante e irregolare. L’identificazione avviene principalmente attraverso l’osservazione della fisionomia e della struttura, intendendo questa sia nel senso delle stratificazioni verticali sia della tessitura orizzontale. Occorre infatti una alternanza di tessere erbacee, arbustive e arboree o arborescenti; per queste ultime la migliore rappresentatività dell’habitat si rileva quando sono costituite dal leccio o dalla sughera, tuttavia possono valere anche specie legnose dei Pistacio-Rhamnetalia. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la consistenza dei popolamenti delle specie guida vegetali e animali (in particolare la frequentazione dei rapaci; ß la ricchezza generale della biodiversità come numero di specie vegetali (in particolare di quelle xerotermofile); ß le caratteristiche del suolo con particolare riguardo ai nutrienti; ß la qualità e l’attività biologica del suolo; ß la presenza e la complessità dei contatti catenali e seriali; ß le attività umane e l’intensità della loro influenza con particolare riguardo al pascolo e all’eventuale trattamento dei nuclei arborei.
Indicazioni gestionali La gestione dell’habitat 6310 comprende azioni combinate che interessano sia la componente erbacea sia quella arbustiva-arborescente ad una scala territoriale sufficientemente ampia; si tratta comunque di una gestione che non può limitarsi a considerare solo le superfici occupate dall’habitat suddetto, ma deve interessare i comprensori in cui esso ricade. Essa deve fondarsi principalmente sul pascolo estensivo e sulla utilizzazione forestale. In linea generale, considerando anche aree esterne ai siti della rete Natura 2000 sarebbe positivo incrementare significativamente la superficie di questo tipo di habitat (anche in un’ottica di raddoppio delle superfici attuali) attraverso la conversione dei boschi degradati di pino marittimo. La pessima situazione attuale delle pinete a pino marittimo rappresenta un’ottima occasione per potenziare su aree sufficientemente estese attività combinate di pascolo e taglio della biomassa legnosa (con periodicità e localizzazione programmati) al fine di ottenere sia un mosaico paesaggistico riferibile a 6310 sia una positiva ricaduta economica rappresentata da prodotti zootecnici e da biomassa impiegabile a scopo energetico. In linea generale dovrebbe essere consentita solo la sistemazione di eventuali situazioni d’instabilità e dei versanti mediante interventi che prevedono il mantenimento o il ripristino dell’habitat.
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Atlante degli Habitat
Interventi su eventuali sentieri che intercettano direttamente o indirettamente l’habitat dovrebbero essere realizzati solo se indispensabili e solo secondo modalità di minimo impatto alle quali andrebbe aggiunto l’obbligo di restauro delle porzioni di habitat eventualmente danneggiate. Obiettivi Gli obiettivi sono quasi ovunque di mantenimento dello stato conservativo attuale, anche se è auspicabile una espansione delle superfici e una migliore caratterizzazione dei complessi di tessere. Interventi Tra gli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi per l’habitat 6310 si possono citare: ß evoluzione orientata delle pinete degradate di pino marittimo in formazioni a macchia con eventuali riceppature, semine e/o, subordinatamente, impianti; ß eventuali interventi circoscritti di diradamento della macchia, laddove si assista a eccessiva progressione dinamica della vegetazione registrata mediante monitoraggio; ß eventuali interventi di contenimento di specie legnose nemorali mediante taglio, decespugliamento selettivo, pascolo controllato o, in condizioni di massima sicurezza e su superfici limitate (previa valutazione d’incidenza) uso del fuoco controllato; ß potenziamento del pascolo o, subordinatamente, dello sfalcio in forme sostenibili (carico inferiore a 0,8 UBA/Ha) mediante accordi e incentivazioni; ß potenziamento delle attività di sorveglianza finalizzata a ridurre rischi di incendio e abbandono rifiuti.
L’alternanza di radure erbose, macchie e boschetti è tipica dell’habitat 6310 (foto M.G. Mariotti).
Lande, macchie, garighe e praterie
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Trasferimento delle informazioni L’importanza dell’habitat 6310 è scarsamente nota alla popolazione e ai soggetti coinvolti nella gestione del territorio, nonostante il ruolo essenziale degli operatori del settore silvopastorale per il mantenimento dell’habitat stesso; risulta pertanto essenziale diffondere informazioni corrette tra questi operatori.
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (preferibilmente con sensori ad alta risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento di Quercus ilex e Q. suber, eventualmente mediante transetti o aree permanenti; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane con particolare riguardo al pascolo e alle sue modalità gestionali; ß rilevamento fitosociologico su aree permanenti o transetti; ß rilevamento sinfitosociologico su unità di paesaggio; ß valutazione della qualità del suolo. Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ß Ricchezza specifica; ß Rapporto fra la superficie occupata dai nuclei arboreo-arborescenti a Quercus ilex o Q. suber e quella delle tessere erbacee; ß Frequenza e lunghezza dei contatti seriali e catenali; ß Efficienza fotosintetica; ß Attività biologica del suolo. Il monitoraggio richiede controlli con cadenza quinquennale (biennale nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stato di conservazione insoddisfacente).
Ricerca È importante privilegiare gli approfondimenti sulle caratteristiche fitosociologiche, paesaggistiche e gestionali, con particolare riferimento alle relazioni fra l’habitat e le attività silvopastorali. Occorre inoltre: ß verificare differenze e peculiarità degli aspetti liguri rispetto a quelli iberici tipici; ß studiare i rapporti dinamici fra tessere arboree/arborescenti e tessere erbacee; ß analizzare le comunità e i popolamenti faunistici; ß studiare il ruolo di questo habitat nella conservazione di specie vegetali e animali di particolare interesse; ß definire in modo corretto le buone pratiche per il mantenimento degli aspetti di maggiore interesse ecologico e paesaggistico.
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6410
Atlante degli Habitat
Praterie con Molinia su terreni calcarei, torbosi o argilloso-limosi (Molinion caeruleae)
Molinieto sulle pendici del Monte Beigua (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
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Codici
Classificazione paleartica 37.31 Prati a molinia cerulea e comunità correlate Classificazione EUNIS 2002 < E3.5 Praterie umide o bagnate oligotrofiche < E3.5/P-37.31 Prati a Molinia coerulea e comunità correlate
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Prati a Molinia degli orizzonti da planiziali a montani, su terreni più o meno bagnati, poveri di nutrienti (azoto, fosforo). Essi derivano da gestione estensiva, talvolta con un taglio tardivo nell’annata, o corrispondono a stadi deteriorati di paludi torbose in fase di drenaggio. Sono considerati due sottotipi: - Pal., 37.311: su suoli da neutro-alcalini a calcarei con una falda idrica fluttuante, relativamente ricchi di specie (Eu-Molinion). Il suolo è talvolta torboso con periodi di disseccamento in estate. - Pal., 37.312: su terreni più acidi dell’alleanza Junco-Molinion (Juncion acutiflori) eccetto prati poveri di specie o su suoli torbosi degradati. Piante: Pal., 37.311 - Molinia coerulea, Dianthus superbus, Selinum carvifolia, Cirsium tuberosum, Colchicum autumnale, Inula salicina, Silaum silaus, Sanguisorba officinalis, Serratula tinctoria, Tetragonolobus maritimus; Pal., 37.312 - Viola persiciflora, Viola palustris, Galium uliginosum, Cirsium dissectum, Crepis paludosa, Luzula multiflora, Juncus conglomeratus, Ophioglossum vulgatum, Inula britannica, Lotus uliginosus, Dianthus deltoides, Potentilla erecta, Potentilla anglica, Carex pallescens. Note: In alcune regioni, queste formazioni erbacee sono in stretto contatto con comunità dei Nardetalia. Per i prati a Molinia delle valli fluviali, si osserva una transizione verso l’alleanza Cnidion dubii.
Distribuzione geografica Le zone di maggiore diffusione dell’habitat 6410 sono distribuite presso le zone umide appenniniche della provincia di Genova (Beigua-Turchino-Pavaglione, Piani di Praglia-M. Penello e al Poggio Ceresa, Antola, Roccagrande, Aveto, ecc); altre stazioni sono state segnalate in Val Bormida, al Poggio Ceresa, lungo il Rio Ferranietta. Le quote altimetriche variano da circa 300 a oltre 1000 m.
Caratteri generali Comprende diversi aspetti di prateria magra, da igrofila a mesoigrofila, che si sviluppano su terreni piani o a lievissima pendenza, in alcuni casi alla periferia di sistemi di torbiera e in altri separati da questi. Sovente il substrato è di natura ofiolitica; la disponibilità di nutrienti nel suolo è generalmente scarsa, può variare significativamente da condizioni oligotrofiche a mesotrofiche. Il clima è quello proprio della fascia submontana e montana, eccezionalmente submediterranea; nelle aree più calde, mediterranee-submediterranee, 6410 è generalmente sostituito dagli aspetti simili ma riferibili al Molinio-Holoschoenion (6420). L’altezza dello strato erbaceo è in media di 30-50 cm; la specie dominante è Molinia coerulaea, graminacea dotata di grande sociabilità, alla quale si accompagnano: Juncus acutiflorus, J. articulatus, J. effusus, J. conglomeratus, Agrostis canina, Anagallis tenella, Deschampsia caespitosa, Carex panicea, Dactylorhiza maculata, D. incarnata, Equisetum arvense, Gentiana pneumonanthe, Gladiolus palustris, Lychnis flos-cuculi, Myosotis scorpiodies, Parnassia palustris, Ranunculus repens, R. acris, Sanguisorba officinalis, Schoenus nigricans, Serratula tinctoria, Stachys officinalis, Succisa pratensis. Diversità nel corteggio floristico possono derivare dalla natura del substrato; con una prevalenza di specie del Molinion su terreni basici e di specie dello Juncion acutiflori su quelli acidi. Altre differenze dipendono dalla gestione, in particolare da eventuali attività quali lo sfalcio e il pascolo. In definitiva si distinguono molinieti e junco-molinieti più igrofili; nelle situazioni dove il livello idrico è più superficiale maggiore è la percentuale delle specie di Juncus; dove si osserva un’influenza equilibrata dello
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sfalcio o del pascolo, la diversità floristica e faunistica è maggiore. In altri casi, con suoli più asciutti, abbandonati dalle pratiche rurali, si osserva l’incespugliamento con Calluna vulgaris, Frangula alnus, Alnus glutinosa, Salix eleagnos, Genista pilosa e altre specie legnose. Al contrario dove il livello dell’acqua è più superficiale si osservano aspetti di transizione verso habitat di torbiera con Caltha palustris, Carex nigra, C. flava, C. echinata, Eriophorum latifolium, Viola palustris, Epipactis palustris, Equisetum palustre. L’habitat è frequentato da specie di vertebrati propri delle aree aperte con discrete disponibilità idriche; tra rettili e anfibi troviamo Coronella austriaca, Natrix natrix, Rana temporaria; tra gli uccelli Sylvia atricapilla, Motacilla flava; tra gli invertebrati numerose sono le specie di ortotteri. Molinia coerulea è pianta nutrice dei lepidotteri Elachista subalbidella e Heteropterus morpheus. Specie guida Piante Molinia coerulaea, Agrostis canina, Anagallis tenella, Deschampsia caespitosa, Carex panicea, Dactylorhiza maculata, D. incarnata, Epipactis palustris, Equisetum arvense, E. palustre, Gentiana pneumonanthe, Gladiolus palustris, Juncus acutiflorus, J, articulatus, J. effusus, J. conglomeratus, Lychnis flos-cuculi, Myosotis scorpiodies, Parnassia palustris, Ranunculus repens, R. acris, Sanguisorba officinalis, Serratula tinctoria, Stachys officinalis, Succisa pratensis. Animali Elachista subalbidella, Heteropterus morpheus, Rana temporaria.
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Gli habitat riferibili a 6410 rientrano nell’ambito della classe Molinio-Juncetea di cui costituiscono la parte più significativa, dei Molinietalia. Lo schema preliminare delle unità elementari di questo tipo di habitat, riportato di seguito, si fonda sulle differenti esigenze climatiche (soprattutto termiche). ÿ Molinieti, junceti e junco-molinieti su suoli oligotrofi o oligomesotrofi (Molinio-Juncetea) l Comunità non mediterranee di suoli subtorbosi o torbosi riferibili ai Molinietalia ° Praterie a Molinia su terreni calcarei, torbosi o argilloso - limosi ß Habitat con vegetazione di suoli mesotrofi riferibile allo Juncion acutiflori ß Habitat con vegetazione di suoli oligotrofi riferibile al Molinion coerulaeae ß Habitat con vegetazione a Molinia relativamente più termofili (tendenzialmente submediterranea) riferibile al Deschampsio mediae-Molinion arundinaceae
Aspetti dinamici e potenzialità L’origine dell’habitat può essere primaria, determinata da condizioni naturali, oppure secondaria, successiva al taglio di boschi (querceti o faggete) su suoli a forte impermeabilità e ritenzione idrica. L’habitat 6410 è in genere preceduto da aspetti più strettamente acquatici e precede formazioni erbacee mesotrofiche caratterizzate da minore igrofilia, come, ad esempio le praterie del Cynosurion. In alcuni casi il molinieto è soggetto alla colonizzazione più o meno spinta da parte di Calluna vulgaris, Fraxinus ornus, Alnus glutinosa, Frangula alnus e/o specie dei Prunetalia. In altre situazioni al molinieto possono seguire formazioni di megaforbie come Angelica sylvestris, Heracleum sphondylium, Sanguisorba officinalis, Filipendula ulmaria. Nella maggior parte dei casi i molinieti riferibili a 6410 ricadono nella serie montana del bosco di faggio e, secondariamente, in quella submontana dei querceti di rovere. I processi dinamici possono essere diversamente orientati nel caso che l’habitat venga sottoposto a sfalcio o a pascolo.
Rapporti con l’utilizzo del territorio Le aree principali occupate dall’habitat 6410 risultano interessate o potenzialmente interessate da attività pastorali. Diverse di esse sono comprese in aree protette, come i parchi regionali dell’Aveto, del
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Beigua e delle Alpi Liguri; ciò potrebbe favorire una programmazione adeguata che coniughi esigenze produttive e di conservazione dell’habitat.
Importanza L’habitat ha una notevole importanza nella conservazione di specie rare o minacciate, per il numero elevato di specie vegetali che si ritrovano negli aspetti migliori, nonché per il ruolo essenziale alla riproduzione e alla vita di animali (vertebrati e invertebrati) acquatici o comunque legati a elevata disponibilità idrica nel suolo. Il contributo dei molinieti al paesaggio non è particolarmente elevato se non nelle rare situazioni in cui raggiungono maggiori estensioni o in epoca di fioritura di alcune piante (Gladiolus, Gentiana, orchidee, ecc). Nonostante un uso saltuario per il pascolo o lo sfalcio, l’importanza ai fini della produzione pastorale è molto ridotta a causa del minimo valore foraggero delle specie dominanti. Discreto è il ruolo nella regimazione delle acque svolto attraverso la capacità di trattenere temporaneamente significative quantità d’acqua a livello del suolo e della biomassa.
Problematiche di conservazione La persistenza e lo stato di conservazione dei molinieti igrofili sono influenzati da attività quali captazioni, drenaggi, bonifiche ecc che per lo più non vengono esercitate direttamente nelle aree su cui l’habitat insiste. Lo stato di conservazione è di livello medio o non buono, soprattutto per la frammentazione e il progressivo inaridimento degli ultimi anni, esacerbato da attività di pascolo e incendi ripetuti. La vulnerabilità dell’habitat 6410 è elevata, mentre la resilienza è di livello medio, purché si ripristinino le condizioni idriche idonee. La tendenza dello stato di conservazione appare indirizzata verso un peggioramento. Stato di conservazione
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Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Le maggiori minacce per questo habitat derivano da: ß evoluzione della vegetazione, in particolare come conseguenza della cessazione delle attività tradizionali di pascolo e/o sfalcio, occasionalmente esercitate in passato; ß locali fenomeni erosivi e regressivi innescati da puntuale sovrapascolamento; ß inaridimento e alterazione del regime idrico; ß diffusione di specie invasive, in particolare di felce aquilina; ß locali fenomeni di degrado indotto da ungulati selvatici; ß incendi; ß conseguenze di rimboschimenti a conifere (per lo più a pino nero) effettuati in passato; ß locali e occasionali danni derivanti da moto- e autoveicoli fuoristrada.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione dell’habitat 6410 si basa principalmente sull’osservazione dei caratteri fisionomici (specie guida e suo corteggio floristico). Le difficoltà che possono sorgere nella distinzione rispetto a 6420, sono superabili mediante l’analisi dell’appartenenza a differenti syntaxa della maggior parte delle specie vegetali.
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Atlante degli Habitat I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la consistenza dei popolamenti delle specie guida (Molinia c. e specie del Molinion); ß la ricchezza generale della biodiversità come numero di specie vegetali; ß le caratteristiche del suolo con particolare riguardo alla tessitura; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie legnose forestali e preforestali o comunque invasive; ß la disponibilità idrica (con particolare riferimento al variare del livello dell’acqua) e dei nutrienti; ß la qualità dell’acqua (pH, conducibilità, ossigeno, eventuale presenza di inquinanti); ß la presenza di contatti catenali e seriali; ß le attività umane e l’intensità della loro influenza.
Indicazioni gestionali La notevole sensibilità di questo habitat alle variazioni della falda richiede un’oculata gestione e un attento controllo dei livelli idrici in funzione delle variazioni topografiche locali e del contesto territoriale. Sono da evitare in modo assoluto interventi di forestazione. Obiettivi Gli obiettivi nella maggior parte dei casi sono di mantenimento; nelle situazione migliori, che fanno parte di sistemi complessi di torbiera l’obiettivo può essere di conservazione; in alcuni casi è invece opportuno il miglioramento mediante il ripristino delle condizioni relative alla disponibilità idrica favorevoli all’habitat. Interventi Tra gli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi per l’habitat 6410 si possono citare: ß norme per evitare captazioni, drenaggi e movimentazioni di terreno che determinano inaridimento delle aree; ß eventuali interventi, anche costanti, che regolino gli apporti e i deflussi per garantire condizioni relative alla disponibilità idrica favorevoli all’habitat; ß realizzazione di piccoli solchi (20-30 cm di profondità) favorevoli sia alla diversità floristica sia agli anfibi, ma solo nelle situazioni con falda idrica più superficiale e superfici sufficientemente estese dell’habitat; ß limitazione drastica del pascolo secondo modalità che dovranno essere esplicitate in specifici piani di gestione o di pascolamento;
Ô Gladiolus palustris (foto S. Marsili).
Lande, macchie, garighe e praterie
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ß promozione dell’attività di sfalcio regolare, ma esclusivamente tardivo (fine settembre) e con asportazione del materiale tagliato; ß eventuali interventi di contenimento delle specie legnose con metodi manuali; ß recinzioni dei pascoli in parcelle utili alla programmazione della attività zootecnica o per rendere possibili la regolamentazione del pascolo; ß controllo e drastica limitazione del cinghiale con ogni mezzo; ß norme che evitino l’accesso e il transito ai mezzi motorizzati; ß potenziamento della sorveglianza per il rispetto delle norme di tutela. In relazione al pascolo, se esercitato secondo certi criteri potrebbe essere favorevole al mantenimento o al ripristino dell’habitat. Premesso che sono indispensabili approfondimenti per le singole situazioni, in linea generale deve essere privilegiato il pascolo bovino estivo dopo il mese di giugno con un numero di capi limitato (inferiore a 0,5 UBA/Ha) e dovrebbe essere evitato il pascolo di altro tipo (ovicaprino, equino e suino). Trasferimento delle informazioni L’importanza ecologica di questo habitat è scarsamente nota e merita attività di diffusione tra gli operatori del settore silvopastorale. Esso può inoltre essere oggetto di divulgazione didattica con riferimento al ruolo negli ecosistemi idro-igrofili.
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (questa preferibilmente dotata di sensori ad alta risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento di Molinia coerulea, eventualmente mediante transetti o aree permanenti; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico su eventuali aree permanenti; ß valutazione del livello idrico. Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza di Molinia coerulea e delle specie guida principali appartenenti al Molinion; ß Presenza e consistenza di specie nitrofile e/o legnose; ß Presenza di contatti seriali e catenali; ß Percentuale di nutrienti (azoto e fosforo soprattutto; ß Tenore idrico del suolo. Il monitoraggio richiede controlli con cadenza triennale (annuale nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stato di conservazione insoddisfacente).
Ricerca Nell’ambito della ricerca di base è importante approfondire gli studi fitosociologici, floristici e faunistici. Appare inoltre necessario stabilire meglio i rapporti dinamici tra l’habitat 6410 e altri habitat che concorrono alla composizione degli ecomosaici idro-igrofili e tra l’habitat 6410, il livello della falda idrica e il tenore di nutrienti nel suolo. Sotto il profilo applicativo occorre definire meglio le relazioni tra l’habitat e le attività zootecniche, con particolare riferimento al pascolo e allo sfalcio.
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6420
Atlante degli Habitat
Praterie umide mediterranee con piante erbacee alte del Molinio-Holoschoenion
Codici
Classificazione paleartica 37.4 Terreni erbosi mediterranei umidi, ad alte erbe Classificazione EUNIS 2002 = E3.1 Terreni erbosi mediterranei umidi, ad alte erbe
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Terreni erbosi mediterranei umidi, ad alte graminacee e giunchi largamente diffusi nell’intero bacino mediterraneo, estendentisi lungo le coste del Mar Nero, in particolare in sistemi dunali. Piante: Scirpus holoschoenus (Holoschoenus vulgaris), Agrostis stolonifera, Agrostis reuteri, Galium debile, Molinia caerulea, Briza minor, Melica cupanii, Cyperus longus, Linum tenue, Trifolium resupinatum, Schoenus nigricans, Peucedanum hispanicum, Carex mairii, Juncus maritimus, Juncus acutus, Asteriscus aquaticus, Hypericum tomentosum, Hypericum tetrapterum, Inula viscosa, Oenanthe pimpinelloides, Oenanthe lachenalii, Eupatorium cannabinum, Prunella vulgaris, Pulicaria dysenterica, Tetragonolobus maritimus, Orchis laxiflora, Dactylorhiza elata, Succisa pratensis, Sonchus maritimus ssp. aquatilis, Silaum silaus, Sanguisorba officinalis, Serratula tinctoria, Genista tinctoria, Cirsium monspessulanum, Cirsium pyrenaicum, Senecio doria, Dorycnium rectum, Erica terminalis, Euphorbia pubescens, Lysimachia ephemerum.
Distribuzione geografica In Liguria, l’habitat è presente solo in piccolissime aree distribuite qua e là lungo tutta la fascia costiera e collinare dal confine con la Francia sino a quello con la Toscana.
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Caratteri generali Le tessere riferibili all’habitat 6420 si presentano generalmente in piccole depressioni o punti di affioramento della falda dove possono partecipare a microgeosigmeti torbosi o limosi soggetti a periodi di disseccamento, nella fascia basale o submontana, con condizioni climatiche di tipo mediterraneo-submediterraneo. La disponibilità di nutrienti può variare da oligotrofia a mesotrofia. La cotica erbosa è generalmente discontinua, nettamente dominata da Scirpoides holoschoenus, Molinia coerulea e/o Schoenus nigricans. Tra le altre specie, Agrostis stolonifera, Molinia arundinacea, Eupatorium cannabinum, Samolus valerandi, Dorycnium rectum, Mentha aquatica, Gratiola officinalis, Dittrichia viscosa, Paspalum spp. Glyceria fluitans sono le più fedeli o significative. Non mancano aspetti di transizione con gli habitat come 1410 o 7210, dove si nota la presenza di Juncus maritimus, Phragmites australis o Cladium mariscus. Le conoscenze sulla fauna di questi habitat molto frammentari è pressoché nulla. Schoenus nigricans è pianta nutrice del lepidottero Glyphipterix schoenicolella, la cui presenza in Liguria è, tuttavia, da accertare; Mentha aquatica lo è invece di Nola cristatula. Numerosi sono gli ortotteri (grilli e locuste) e i ditteri (culicidi). Sempre più raramente si osservano popolamenti di raganella (Hyla intermedia o H. meridionalis) e di rospo smeraldino (Bufo viridis); nelle situazioni meno disturbate e dove l’habitat ha maggiore estensione si possono incontrare uccelli limicoli migratori. Specie guida Piante Scirpoides holoschoenus, Molinia coerulea, M. arundinacea, Schoenus nigricans, Agrostis stolonifera, Dorycnium rectum, Mentha aquatica, Gratiola officinalis. Animali Hyla meridionalis, Bufo viridis, Glyphipterix schoenicolella (?)
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici I diversi aspetti dell’habitat 6420 rientrano nell’ambito della classe Molinio-Juncetea di cui costituiscono la parte più mediterranea. Gli aspetti liguri più significativi possono essere inquadrati nello schema preliminare di seguito riportato. ÿ Molinieti, junceti e junco-molinieti su suoli oligotrofi o oligomesotrofi (Molinio-Juncetea) l Formazioni erbacee umide mediterranee riferibili agli Holoschoenetalia vulgaris ° Formazioni erbacee umide mediterranee riferibili ai Molinio arundinaceae-Holoschoenion vulgaris ß Habitat con associazione a dominanza di Schoenus nigricans ß Habitat con associazioni a dominanza di Scirpus holoschoenus
Aspetti dinamici e potenzialità L’origine dell’habitat può essere primaria, determinata da condizioni naturali, oppure secondaria, successiva al taglio di boschi di leccio o, in minor misura, di roverella su suoli a forte impermeabilità e ritenzione idrica. L’habitat 6420 può essere preceduto da aspetti più strettamente acquatici ed evolvere verso formazioni oligo-mesotrofe erbacee caratterizzate da minore igrofilia, come le praterie a Brachypodium, Dactylis glomerata, Festuca spp., Bromus erectus, riferibili almeno in parte a 6210. In Liguria, tuttavia, le formazioni ad Scirpoides holoschoenus, nella maggior parte dei casi ricoprono piccole superfici e sono piuttosto stabili. Qualora venisse meno l’affioramento idrico o la superficialità della falda, l’habitat 6420 evolverebbe attraverso un processo abbastanza lungo sino al bosco di leccio o al bosco misto di leccio e roverella.
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Atlante degli Habitat
Rapporti con l’utilizzo del territorio L’habitat ricade nella maggior parte dei casi in aree costiere soggette a forte pressione antropica, risentendone in modo significativo. Nonostante ciò si ritiene che esistano possibilità per mantenere o espandere l’habitat in modo compatibile con gli usi attuali del territorio.
Importanza L’importanza dell’habitat 6420 in Liguria appare elevata in ragione della rarità e della ridotta estensione che, a differenza del passato, lo caratterizzano attualmente; diverse sono le specie rare a scala regionale che esso ospita. Pressoché nulla l’importanza a fini produttivi e debole il contributo al paesaggio.
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è generalmente insoddisfacente, soprattutto per l’estrema riduzione delle superfici occupate e l’alterazione derivante da attività diverse e fenomeni di disturbo che possono determinare facilmente la scomparsa dell’habitat. La tendenza pare indirizzata verso un peggioramento. La vulnerabilità dell’habitat 6420 è molto elevata; poiché tuttavia la resilienza dell’habitat 6420 è comunque elevata, sarebbe necessario e sufficiente ricreare condizioni microtopografiche e regimi idrici adeguati per un miglioramento spontaneo dello stato di conservazione. Stato di conservazione
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Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Le minacce maggiori sono rappresentate da: ß distruzione diretta per la realizzazione di progetti urbanistici (insediamenti e impianti sportivi); ß distruzione diretta per movimentazione nel corso di interventi motivati con esigenze di difesa idraulica; ß riduzione della disponibilità idrica; ß eccessivi apporti azotati; ß espansione di specie invasive; ß evoluzione naturale della vegetazione.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione dell’habitat 6420 si basa principalmente sull’osservazione dei caratteri fisionomici (specie guida e loro corteggio floristico). Le difficoltà che possono sorgere nella distinzione rispetto a 6410, sono superabili mediante l’analisi dell’appartenenza a differenti syntaxa della maggior parte delle specie vegetali. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la consistenza dei popolamenti delle specie guida (Scirpoides holoschoenus, Schoenus nigricans e specie degli Holoschoenetalia); ß la ricchezza generale della biodiversità come numero di specie vegetali;
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ß le caratteristiche del suolo con particolare attenzione per la tessitura; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie legnose forestali e preforestali o comunque invasive; ß la disponibilità idrica (con particolare riferimento al variare del livello dell’acqua) e dei nutrienti; ß la qualità dell’acqua (pH, conducibilità, ossigeno, eventuale presenza di inquinanti); ß la presenza di contatti catenali e seriali; ß le attività umane e l’intensità della loro influenza.
Indicazioni gestionali L’estrema frammentazione e le limitate estensioni delle tessere riferibili all’habitat 6420 in Liguria non permettono di considerare la gestione di queste in modo disgiunto dal contesto in cui sono inserite. La gestione riguarda principalmente il controllo dei livelli della falda idrica e conseguentemente tutte le attività che influiscono su di essa, considerando il più ampio contesto territoriale in cui ricade l’habitat. Sono da evitare nel modo più assoluto attività di forestazione. Obiettivi Gli obiettivi per gli aspetti dell’habitat 6420 rilevati nei siti della Rete Natura 2000 sono nella maggior parte dei casi di mantenimento; non mancano situazioni puntuali (per esempio nel sito dei Valloni) in cui ci si dovrebbe indirizzare verso una conservazione più rigorosa.
Scirpoides holoschoenus (foto S. Marsili).
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Atlante degli Habitat Interventi Gli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi per l’habitat 6420 riguardano: ß interventi eventualmente costanti, di regolazione della falda mediante il controllo degli afflussi e deflussi; ß norme per evitare o limitare significativamente captazioni che non garantiscano il ristagno dell’acqua con riferimento anche al contesto più ampio del bacino a monte e altresì per evitare movimentazioni di terreno che determinano inaridimento delle aree; ß controllo su inquinamento dovuto alla frequentazione a scopo ricreativo dell’area; ß accordi e incentivazioni per il pascolo e subordinatamente lo sfalcio tardivo (fine settembre) in forme sostenibili; ß eventuale promozione della attività di pascolo programmata con unità di carico sostenibili (inferiori a 0,5 UBA/Ha) e nelle modalità esplicitate in specifici piani di gestione; ß potenziamento della sorveglianza per il rispetto delle norme di tutela relative all’acqua; ß interventi di contenimento di alcune specie legnose con decespugliamento manuale secondo le modalità precisate nei piani di gestione; ß realizzazione - nell’intorno e nelle aree potenzialmente occupabili dall’habitat - di abbeveratoi e abbeverate con tipologie rurali tradizionali; ß eventuale lotta alle specie esotiche invasive; ß recinzioni dei pascoli in parcelle utili alla programmazione della attività zootecnica; ß controllo e drastica limitazione del cinghiale.
Nel caso del pascolo è preferibile quello bovino o subordinatamene ovino. Nelle situazioni legate a fiumi e torrenti è importante favorire una libera e ampia divagazione dei corsi d’acqua. Trasferimento delle informazioni L’importanza dell’habitat 6420 è scarsamente nota tra i non esperti; si rende necessaria un’opera di divulgazione e di persuasione finalizzata a far comprendere come situazioni caratterizzate da sponde fangose, fossi, piccole pozze e più in generale piccole aree umide cessino di essere considerate solo come ambienti degradati “da ripulire” e vengano invece tutelate come rifugi per specie in via di rarefazione.
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (purché ad alta risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento di Scirpoides holoschoenus e Schoenus nigricans, eventualmente mediante transetti o aree permanenti; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico su eventuali aree permanenti; ß valutazione del livello idrico. Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza di Scirpoides holoschoenus e Schoenus nigricans e delle specie guida principali appartenenti agli Holoschoenetalia; ß Presenza e consistenza di specie nitrofile e/o legnose; ß Presenza di contatti seriali e catenali;
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ß Percentuale di nutrienti (azoto e fosforo soprattutto); ß Tenore idrico del suolo. Il monitoraggio dovrebbe essere concentrato sulle tessere più rappresentative e richiede controlli con cadenza triennale (annuale nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stato di conservazione insoddisfacente).
Ricerca Nell’ambito della ricerca di base è importante privilegiare gli studi fitosociologici, floristici e faunistici, finalizzati anche alla verifica della presenza di specie rare che prediligono questi habitat. Sotto il profilo applicativo occorre definire meglio le tecniche che permettano al tempo stesso di conservare o ripristinare l’habitat e ridurre eventuali problemi di sicurezza idraulica, soprattutto in corrispondenza di corsi d’acqua, piane alluvionali e solchi di impluvio.
350
Atlante degli Habitat
6430
Bordure planiziali, montane e alpine di megaforbie igrofile
Codici 37.7 Orli umidi di alte erbe 37.8 Comunità subalpine e alpine di alte erbe # > > > > > > # > > > > > > > > >
Classificazione paleartica
Classificazione EUNIS 2002 E5.4 Orli e prati umidi o bagnati di alte erbe e felci E5.41 Cortine o velature di alte erbe perenni che bordano i corsi d’acqua E5.4/P-37.71(p) Velature di corsi d’acqua (diversi da quelli a Filipendula) E5.4/P-37.11(p) Comunità occidentali nemorali riparie ad alte erbe, dominate da Filipendula E5.4/P-37.12(p) Comunità boreali riparie ad alte erbe dominate da Filipendula E5.4/P-37.13(p) Comunità continentali riparie ad alte erbe dominate da Filipendula E5.4/P-37.72 Bordure dei margini boscosi ombrosi E5.5 Habitat subalpini umidi o bagnati ad alte erbe e felci E5.5/P-37.81 Comunità alpiche ad alte erbe E5.5/P-37.82 Comunità alpigene ad alte erbe graminoidi E5.5/P-37.83 Comunità pirenaico-iberiche ad alte erbe E5.5/P-37.84 Comunità ibero-mauritaniche ad alte erbe E5.5/P-37.85 Comunità corse ad alte erbe E5.5/P-37.86 Comunità corse ad alte erbe, con Doronicum E5.5/P-37.87 Comunità oro-mediterranee orientali e balcaniche ad alte erbe E5.5/P-37.88 Comunità alpine a Rumex E5.5/P-37.89 Comunità oro-boreali ad alte erbe
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Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Si rinvengono due sottotipi, 6431 e 6432. 37.7 – Comunità di margine ad alte erbe igro-nitrofile, lungo i corsi d’acqua e orli boschivi appartenenti agli ordini Glechometalia hederaceae e Convolvuletalia sepium (Senecion fluviatilis, Aegopodion podagrariae, Convolvulion sepii, Filipendulion). 37.8 – Comunità ad alte erbe igrofile perenni degli orizzonti montano e alpino della classe Betulo-Adenostyletea. Piante: 37.7 - Glechoma heederacea, Epilobium hirsutum, Senecio fluviatilis, Filipendula ulmaria, Angelica archangelica, Petasites hybridus, Cirsium oleraceum, Chaerophyllum hirsutum, Aegopodium podagraria, Alliaria petiolata, Geranium robertianum, Silene dioica, Lamium album, Lysimachia punctata, Lythrum salicaria, Crepis paludosa; 37.8 – Aconitum lycoctonum (A. vulparia), A. napellus, Geranium sylvaticum, Trollius europaeus, Adenostyles alliariae, Peucedanum ostruthium, Cicerbita alpina, Digitalis grandiflora, Calamagrostis arundinacea, Cirsium helenioides. Note: Comunità simili a 37.8, con un debole sviluppo, si trovano a minore altitudine lungo i fiumi e i margini forestali. Comunità degli orli nitrofili comprendenti solo specie comuni nella regione non rivestono priorità di conservazione. Queste comunità ad alte erbe potrebbero anche svilupparsi in prati bagnati, lasciati incolti, senza alcuno sfalcio. Ampie aree di prati umidi lasciate incolte e comunità di neofite con Helianthus tuberosus, Impatiens glandulifera, non dovrebbero essere prese in considerazione.
Distribuzione geografica In Liguria, come in altre regioni, gli habitat riferibili a 6430 sono tra i più diffusi, senza sostanziali differenze tra il settore alpico e quello appenninico. La distribuzione evidenzia anche un’ampia escursione altitudinale connessa con la notevole eterogeneità nella fisionomia e nel ruolo ecologico.
Lembo a megaforbie igrofile dominato da Filipendula ulmaria in Val d’Aveto (foto S. Marsili).
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Atlante degli Habitat
Caratteri generali Comprende orli e mantelli a carattere igronitrofilo caratterizzati da alte erbe o megaforbie che si rinvengono ai margini di boschi e boscaglie o sulle rive dei corsi d’acqua dal livello del mare sino al piano subalpino su terreni ricchi di nutrienti azotati. Gli aspetti sono numerosi e talora ben distinti. In ambito collinare-submontano sono relativamente frequenti fitocenosi di orlo caratterizzate da Glechoma hederacea, Aegopodium podagraria, Alliaria petiolata, Geranium robertianum, Filipendula ulmaria, Galium aparine, Ranunculus ficaria, R. repens, Lamium maculatum, Humulus lupulus, Solanum dulcamara oppure Calystegia sepium, Sambucus ebulus, Urtica dioica, Rubus caesius, R. ulmifolius, Cirsium spp. In ambito montano sono relativamente frequenti aspetti con Aruncus dioicus, Epilobium hirsutum, E. angustifolium, Angelica sylvestris, Lysimachia vulgaris. In alcuni casi si rileva una componente legnosa rappresentata da Sambucus nigra, Viburnum opulus, Cornus sanguinea. Lungo i solchi d’impluvio o nei fossi, su depositi prevalentemente ciottolosi o ghiaiosi, talora limosi, le specie caratterizzanti sono invece Petasites hybridus, Petasites officinalis, Mentha longifolia, Lythrum salicaria, Typhoides arundinacea, Eupatorium cannabinum, Arctium minus, A. lappa. In altri contesti montani, più nemorali troviamo comunità caratterizzate da Adenostyles alliariae, Cicerbita alpina, Aconitum lycoctonum, Doronicum austriacum, Digitalis grandiflora, Rubus idaeus, Saxifraga rotundifolia, Campanula trachelium, Athyrium filix-foemina, Ranunculus aconitifolius, Chaerophyllum hirsutum, Gentiana asclepiadea, Streptopus amplexifolius. Un aspetto particolare e ben definito di 6430 è quello degli orli a Caltha palustris, che tuttavia potrebbero essere anche diversamente interpretati. Rientrano probabilmente nell’habitat 6430 anche alcuni frammenti dominati da Calamagrostis arundinacea che si osservano sui substrati mobili delle langhe di Piana Crixia. Anche se le condizioni ambientali sono simili, vengono invece esclusi dall’habitat 6430, gli aspetti dominati da esotiche invasive, ormai naturalizzate, quali Helianthus tuberosus, Impatiens spp. La fauna di questi ambienti di orlo è pressoché sconosciuta. Tuttavia per alcuni aspetti, dominati nettamente da una o poche specie è possibile individuare delle specie guida. È il caso di Eupatorium cannabinum, legato in modo abbastanza costante alla falena d’interesse europeo prioritario, Euplagia quadripunctaria; della stessa famiglia è Tyria jacobaeae, legata al genere Petasites; numerose sono le specie di lepidotteri - per lo più notturni - che trovano nutrimento in Lythrum salicaria; Caltha palustris rappresenta invece fonte di cibo per la nottua Xylena exsoleta. Tra i vertebrati si possono osservare la natrice (Natrix natrix) e diverse specie di uccelli provenienti dagli habitat vicini; fra questi ultimi il barbagianni (Tyto alba) trova negli orli umidi dell’habitat 6430, un ottimo territorio di caccia, ricco di topi altre piccole prede. Specie guida Piante Aconitum lycoctonum, A. variegatum, Adenostyles alliariae, Aegopodium podagraria, Alliaria petiolata, Angelica sylvestris, Arctium lappa, Arctium minus, Aruncus dioicus, Caltha palustris, Calystegia sepium, Crepis paludosa, Epilobium spp., Eupatorium cannabinum, Filipendula ulmaria, Galium aparine, Gentiana asclepiadea, Geranium robertianum, Glechoma hederacea, Humulus lupulus, Lysimachia vulgaris, Petasites hybridus, P. officinalis, Sambucus ebulus, Streptopus amplexifolius. Animali Euplagia quadripunctaria, Tyria jacobaeae, Xylena exsoleta, Natrix natrix.
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici I diversi aspetti dell’habitat 6430 rientrano nelle classi Filipendulo ulmariae-Convoluletea sepii, Galio aparine-Urticetea dioicae e Mulgedio alpini-Aconitetea variegati. Di seguito si riporta uno schema preliminare degli aspetti più significativi. ÿ Megaforbieti e altri aspetti alpini, montani o di pianura igronitrofili di orlo l Megaforbieti di pianura o montani riferibili alla classe Filipendulo ulmariae-Convolvuletea sepii
Lande, macchie, garighe e praterie
353
° Comunità ° Comunità
legate ai corsi d’acqua con vegetazione riferibile al Convolvulion sepii igrofile dei greti e delle alluvioni di ruscelli con vegetazione riferibile al Petasition
° Comunità ° Comunità
mesotrofe collinari con vegetazione riferibile al Filipendulion ulmariae mesotrofe montane con vegetazione riferibile al Filipendulo ulmariae-Cirsion rivu-
officinalis
laris l Habitat igroclini di orli nitrofili riferibili alla classe Galio aparine-Urticetea dioicae ° Comunità eliofile o semi-eliofile di suoli ben idratati con vegetazione riferibile all’Aegopodion podagrariae ° Comunità sciafile o semi-sciafile di suoli ben idratati con vegetazione riferibili al Galio aparineAlliarion petiolatae l Megaforbieti montani Mulgedio alpini-Aconitetea variegati ° Comunità subalpine-montane, eliofile, meso-termofile con vegetazione riferibile al Calamagrostion arundinaceae ° Comunità subalpine-montane, sciafile, meso-igrofile con vegetazione riferibile al Adenostylion alliariae
Aspetti dinamici e potenzialità L’eterogeneità degli aspetti riferibili a 6430 evidenzia differenti processi genetici: in alcuni casi si tratta di megaforbieti secondari derivanti dalla eliminazione in epoche antiche di lembi boschivi ripari, oppure di megaforbieti successivi all’azione distruttiva di inondazioni torrentizie. Allorché il substrato si stabilizza, gli aspetti più igrofili possono andare incontro a evoluzione verso formazioni arbustive a salici o formazioni arborescenti a salici, pioppi e ontano nero riferibili agli habitat 91E0 o 92A0. In diversi altri
Callimorfa (Euplagia quadripunctaria) su canapa acquatica (foto A. Arillo).
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Atlante degli Habitat
casi si tratta, come detto, di aspetti ecotonali, orli che, salvo rare eccezioni, raramente possono evolvere, in quanto fortemente condizionati in modo permanente da fattori quali l’elevata disponibilità d’acqua e nutrienti, la presenza di contatti fra habitat diversi, suoli incoerenti o sciolti. Ciò non toglie che nelle situazioni più estese si possano osservare microzonazioni con classica successione con orlo erbaceo riferibile più o meno chiaramente a 6430, cespuglieto, stadio forestale pioniero, stadio forestale maturo più o meno chiuso. Le potenzialità degli habitat ecotonali sono rivolte verso le formazioni forestali con cui esse sono a contatto, che appartengono a tutte le serie di vegetazione presenti in Liguria.
Rapporti con l’utilizzo del territorio L’estrema differenziazione degli aspetti riferibili a 6430 e la notevole diffusione di tessere di piccole dimensioni riferibili a questo tipo di habitat non permettono generalizzazioni. L’habitat si rinviene sia in contesti fortemente antropizzati o comunque ai margini di aree soggette a fenomeni di disturbo sia in contesti più naturali, ai margini di solchi di impluvio o piccole zone umide. Per questi ultimi risulta pertanto primario un uso sostenibile delle risorse idriche.
Importanza In Liguria, salvo alcuni degli aspetti più igrofili e caratterizzati da specie più rare, si tratta di un habitat di non elevata importanza soprattutto per la notevole diffusione e il legame con fenomeni di disturbo e condizioni di frammentazione. Tuttavia proprio l’eterogeneità degli aspetti e le caratteristiche ecotonali conferiscono a questa categoria di habitat un ruolo notevole nel mantenimento di un elevato livello quantitativo di specie vegetali e animali. Alcune specie caratterizzanti come Eupatorium cannabinum svolgono un ruolo importante per la nutrizione di specie animali protette. In alcune situazioni l’habitat svolge un ruolo discreto anche nella regimazione e nella depurazione delle acque. Alcuni aspetti (per esempio a Epilobium spp. o Aruncus dioicus) contribuiscono con apprezzabili pennellate di colore a ravvivare i bordi di percorsi stradali o escursionistici.
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è stimato di livello medio-basso, con rare eccezioni, rappresentate dagli aspetti più igrofili che ricadono in aree protette. La vulnerabilità varia significativamente, da bassa a medioelevata, per i diversi aspetti dell’habitat 6430, mentre la resilienza è in genere elevata, purché le condizioni micromorfologiche e le disponibilità idriche tornino favorevoli all’habitat stesso dopo le perturbazioni; la tendenza dello stato conservativo pare riferibile alla stabilità. Stato di conservazione
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Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Le minacce più serie sono rappresentate dai ripetuti interventi motivati da esigenze di sicurezza idraulica che tendono alla alterazione o alla distruzione completa dell’habitat; tali interventi sono il risultato di progetti che determinano cambiamenti definitivi, ma in molti casi sono spesso classificati come ordinaria manutenzione. Particolarmente negative risultano inoltre le eccessive captazioni idriche.
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Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione dell’habitat 6430 si basa principalmente sull’osservazione dei caratteri fisionomici (specie guida e loro corteggio floristico), sull’esistenza di contatti catenali o comunque fra comunità differenti (orli), nonché su altri parametri stazionali. Le possibili confusioni con aspetti riferibili a 6510 o 6520 sono evitabili con una attenta osservazione delle caratteristiche stazionali e della composizione floristica. Nella valutazione occorre separare in modo netto gli aspetti più chiaramente sinantropici da quelli con maggiore naturalità. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la presenza e la consistenza dei popolamenti delle specie guida (in particolare quelle dei Glechometalia e Convolvuletalia); ß la ricchezza generale della biodiversità come numero di specie vegetali; ß le caratteristiche del suolo con particolare riguardo alla tessitura; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie esotiche invasive; ß la disponibilità idrica (con particolare riferimento al variare del livello dell’acqua) e dei nutrienti; ß la qualità dell’acqua laddove affiorante (pH, eventuale presenza di inquinanti); ß la presenza indispensabile di contatti catenali e di ecotoni; ß le attività umane e l’intensità della loro influenza.
Aspetto igrofilo a Petasites dell’habitat 6430 in Val di Vara (foto M.G. Mariotti).
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Indicazioni gestionali Salvo che per le norme di tutela generale dell’ambiente, attività specifiche di gestione sono necessarie solo per pochi aspetti particolari. In linea di massima si deve prestare attenzione sia alle situazioni ecotonali nel corso degli interventi legati alla produzione agro-selvi-pastorale e alla manutenzione di infrastrutture sia alla disponibilità idrica. In linea di massima è preferibile evitare una trasformazione d’uso delle aree e interventi diversi da quelli previsti dalla norme urbanistiche vigenti. Nelle zone in cui l’habitat è meglio caratterizzato e si presenta con aspetti più rari (con Caltha palustris, Epilobium spp., ecc), dovrebbe essere consentita solo la sistemazione di eventuali situazioni di instabilità e dei versanti mediante interventi che prevedono il mantenimento o il ripristino dell’habitat stesso. In questi casi interventi su eventuali sentieri che intercettano direttamente o indirettamente l’habitat dovrebbero essere realizzati solo se indispensabili e solo secondo modalità di minimo impatto alle quali andrebbe aggiunto l’obbligo di restauro delle porzioni di habitat eventualmente danneggiate. Nelle aree abbandonate dall’agricoltura da oltre 15 anni, operazioni per il ripristino colturale in aree occupate da questo habitat, non dovrebbero essere ammesse nei casi con caratteri di piena rappresentatività e/o rinaturalizzazione.
Obiettivi Nei siti della Rete Natura 2000 gli obiettivi per l’habitat 6430 sono quasi ovunque di mantenimento, con limitati casi in cui sono necessarie norme di conservazione più rigorosa o interventi per il miglioramento. Interventi Tra gli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi per l’habitat 6430 si possono citare: ß norme e interventi per evitare l’inquinamento e mitigare l’eutrofizzazione delle acque e la discarica di rifiuti lungo impluvi, canali, ripe e sponde di corsi d’acqua;
Aspetto di orlo ad Epilobium lungo una pista sul Monte Bue (foto M.G. Mariotti).
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ß controllo del livello di eutrofizzazione nelle situazioni a elevata componente floristica nitrofila; ß eventuali interventi di contenimento di specie legnose nemorali mediante taglio o decespugliamento selettivo e/o, subordinatamene il pascolo sporadico; ß interventi per limitare la diffusione di specie esotiche invasive; ß potenziamento delle attività di sorveglianza finalizzata a ridurre rischi di incendio. Nel caso in cui l’habitat 6430 ha carattere di orlo ripario ed è parte di un geosigmeto fluviale occorrerebbero inoltre: ß misure per evitare alterazioni del greto e delle sponde e della continuità funzionale fra sistema fluviale ed ecosistemi extrafluviali; ß misure o interventi equilibrati che soddisfino sia il contenimento di specie legnose invasive (bambusee, canna comune, salici, ecc.) sia il mantenimento della funzione svolta da alcune di queste specie nelle tessere più importanti per la fauna. Trasferimento delle informazioni Il ruolo e, limitatamente ad alcuni aspetti, l’importanza di 6430 è scarsamente noto fra i non esperti; risulta pertanto necessaria un’opera di divulgazione e persuasione finalizzata a far comprendere come situazioni caratterizzate da sponde fangose, fossi, piccole pozze e più in generale piccole aree umide (anche in contesti antropizzati), cessino di essere considerate solo come ambienti degradati “da ripulire” e diventino invece oggetto di interventi che sappiano coniugare esigenze diverse, fra cui la loro conservazione.
Canapa d’acqua (Eupatorium cannabinum) (foto M.G. Mariotti).
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Monitoraggio Solo alcuni aspetti (principalmente quelli più igrofili) meritano di essere privilegiati nel monitoraggio; in particolare è importante monitorare l’evoluzione naturale della vegetazione nelle situazioni più tipiche e complete quali le bordure di facies igrofile di faggeta e gli aspetti a Caltha palustris. Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (questa esclusivamente se dotata di sensori ad alta risoluzione e per gli aspetti più estesi e significativi) e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento delle specie guida di maggiore interesse (Aconitum spp., Adenostyles alliariae, Angelica sylvestris, Caltha palustris, Crepis paludosa, Filipendula ulmaria, Gentiana asclepiadea, Lysimachia vulgaris, Petasites spp, Streptopus amplexifolius Calamagrostis arundinacea) eventualmente anche mediante transetti o aree permanenti; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane; ß rilevamento fitosociologico su eventuali aree permanenti; ß valutazione del livello idrico. Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida di maggiore interesse; ß Presenza e consistenza di specie esotiche invasive; ß Presenza di contatti ed ecotoni e loro sviluppo lineare; ß Percentuale di nutrienti (azoto e fosforo soprattutto); ß Tenore idrico del suolo. Il monitoraggio richiede controlli con cadenza quinquennale (biennale nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stato di conservazione insoddisfacente), salvo che per gli aspetti a Caltha palustris per i quali è preferibile un intervallo più breve.
Ricerca Gli studi fitosociologici necessitano di essere estesi e approfonditi a tutta la varietà di aspetti anche al fine di individuare e localizzare cartograficamente le situazione di maggiore interesse scientifico e conservazionistico. Inoltre è importante definire al meglio, anche con tecniche sperimentali, le modalità di gestione degli orli di contatto fra bosco e tracciati stradali e delle rive di fossi e canali. Nella ricerca sarebbero da privilegiare: ß il censimento e la localizzazione di dettagli delle specie guida di maggiore interesse; ß gli studi sul dinamismo della vegetazione e sul rapporto fra questa e le disponibilità di acqua e nutrienti; ß la definizione delle migliori pratiche per la gestione delle risorse idriche in relazione alle esigenze dell’habitat; ß la ricerca di soluzioni progettuali che in occasione della realizzazione di infrastrutture permettano la costruzione o l’insediamento spontaneo di neomicroecosistemi riferibili all’habitat 6430.
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Praterie magre da fieno a bassa altitudine (Alopecurus pratensis, Sanguisorba officinalis)
Aspetto di prateria degli Arrhenatheretalia riferibile all’habitat 6510 (foto S. Marsili).
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Codici 38.2 Prati falciati di pianura e collinari < > > > >
Classificazione paleartica
Classificazione EUNIS 2002 E2.2 Prati falciati di bassa e media altitudine E2.2/P-38.21 Prati falciati atlantici E2.2/P-38.22 Prati falciati delle pianure sub-atlantiche E2.2/P-38.23 Prati falciati submontani medio-europei E2.2/P-38.24 Prati boreali e sub-boreali
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Prati falciati ricchi di specie su suoli poco o moderatamente concimati dalla fascia planiziale a quella montana, appartenenti alle alleanze Arrhenatherion e Brachypodio-Centaureion nemoralis. Queste praterie estensive sono ricche di fiori non sono tagliate prima della fioritura delle erbe graminoidi e solo una o due volte per anno. Piante: Arrhenatherum elatius, Trisetum flavescens ssp. flavescens, Pimpinella major, Centaurea jacea, Crepis biennis, Knautia arvensis, Tragopogon pratensis, Daucus carota, Leucanthemum vulgare, Alopecurus pratensis, Sanguisorba officinalis, Campanula patula, Leontodon hispidus, Leontodon nudicaulis, Linum bienne, Oenanthe pimpinelloides, Rhinanthus lanceolatus, Malva moschata, Serapias cordigera Note: Si rinvengono sottotipi da bagnati ad aridi. Se le pratiche gestionali diventano intensive con elevate applicazioni di fertilizzanti, la diversità specifica declina rapidamente.
Distribuzione geografica In Liguria, l’habitat si rinviene in numerose zone montane sia del settore alpico sia di quello appenninico, ma sempre in ambiti con clima non o scarsamente condizionato dalla mediterraneità.
Caratteri generali Si tratta di prati falciati poco o moderatamente concimati, ricchi di specie, con uno strato erbaceo pressoché continuo, alto in media 30-50 cm. La localizzazione è in ambito collinare-montano su aree piane (talora terrazzate) o pendii poco acclivi. Le specie più frequenti sono graminacee come Arrhenatherum elatius, Alopecurus pratensis, Dactylis glomerata, Bromus hordeaceus, Trisetum flavescens, Festuca arundinacea, F. pratensis, Anthoxanthum odoratum, Brachypodium rupestre, Bromus erectus, Cynosurus cristatus, Holcus lanatus, Lolium perenne e altre specie come Centaurea nemoralis, Centaurea jacea, Centaurea nigra, Colchicum autumnale, Crocus ligusticus, C. albiflorus, Sanguisorba officinalis, Daucus carota, Achillea millefolium, Leucanthemum vulgare, Luzula campestris, Knautia drymeia, Knautia arvensis, Galium mollugo, G. verum, Leontodon hispidus, Narcissus poeticus, Ranunculus bulbosus, Rhinanthus alectorolophus, R. minor, Rumex crispus, Taraxacum officinale, Trifolium pratense, T. ochroleucon. Laddove alla falce si alterna il pascolo o cessano del tutto queste tradizionali attività rurali la composizione varia e l’habitat si presenta con caratteri di transizione verso 6210 e dopo pochi anni viene invaso da specie legnose. Alle quote più elevate si assiste invece a una transizione verso l’habitat 6520. Spesso l’habitat è in mosaico o misto con 6210 a seconda delle coperture di Bromus e Brachypodium, probabilmente condizionate da fattori geomorfologici che permettono ritenzione idrica e di nutrienti differente anche a pochi metri di distanza. I popolamenti animali sono eccezionalmente ricchi di specie, soprattutto di invertebrati. Troviamo diverse specie di ortotteri (grilli e cavallette), coleotteri (carabidi, edemeridi) e lepidotteri notturni o
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diurni, il biacco (Hierophis viridiflavus) e la lucertola (Podarcis muralis). Anche qui, come in altri habitat aperti, possiamo rinvenire, immobile, il succiacapre (Caprimulgus europaeus). Occasionalmente si possono osservare, in questi prati, caradriformi come la pavoncella (Vanellus vanellus) o il piviere dorato (Pluvialis apricaria). Tra i lepidotteri si evidenziano il macaone e Glyphipterix fuscoviridella. Specie guida Piante Achillea millefolium, Alopecurus pratensis, Anthoxanthum odoratum, Arrhenatherum elatius, Bromus hordeaceus, Centaurea jacea, Centaurea gr. nigra, Dactylis glomerata, Daucus carota, Festuca arundinacea, Festuca pratensis, Knautia arvensis, Leucanthemum vulgare, Sanguisorba officinalis, Taraxacum officinale, Trifolium spp., Trisetum flavescens. Animali Caprimulgus europaeus, Vanellus vanellus, mantidi, cavallette.
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici I diversi aspetti dell’habitat 6510 sono riferibili all’alleanza dell’Arrhenatherion e si distinguono soprattutto in base alla disponibilità di nutrienti. La disponibilità di dati fitosociologici sui prati falciati della Liguria non permette di presentare un quadro definitivo e completo. ÿ Praterie e prati magri da fieno a bassa altitudine l Prati falciati planiziali, collinari e submontani con vegetazione riferibile all’Arrhenatherion ° Praterie e prati falciati collinari o submontani mesotrofi ° Praterie e prati falciati collinari o submontani eutrofi ß Prati falciati planiziali, collinari e submontani supramediterranee con vegetazione riferibile al Brachypodio rupestris-Centaureion nemoralis.
Aspetti dinamici e potenzialità L’origine di queste praterie secondarie è chiaramente dipendente dal taglio di boschi collinari o montani e il loro mantenimento dipende dallo sfalcio o dall’alternarsi di sfalcio e pascolo. Esse si collocano nelle zone di pertinenza delle serie submontane e montane dei boschi di rovere o cerro, e, in minor misura degli orno-ostrieti o dei boschi di roverella o di faggio.
Rapporti con l’utilizzo del territorio Si tratta di un habitat che caratterizza le aree agricole collinari e montane e ha un interesse notevole a fini produttivi. Le azioni per il suo mantenimento non possono essere disgiunte da quelle finalizzate al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni rurali, al proseguimento delle tradizioni agropastorali in un’ottica di maggiore consapevolezza del ruolo degli abitanti per il presidio di aree difficili o marginali.
Importanza L’habitat ha un’eccezionale importanza paesaggistica e nel mantenimento di un elevato e qualificato livello di biodiversità. Numerose sono le specie animali che trovano risorse trofiche in questi prati da fieno, così come numerose sono le specie floristiche la cui conservazione dipende proprio dal mantenimento dell’habitat 6510. Quantunque la Liguria non sia equiparabile ad altre regioni, l’importanza economica è discreta e dipendente dal contesto e dall’intensità dello sfalcio e dell’eventuale pascolo.
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Problematiche di conservazione Laddove presente, lo stato di conservazione dell’habitat è stimato di livello medio, con qualche situazione di insoddisfazione dovuta a fenomeni di abbandono delle attività rurali tradizionali. La vulnerabilità dell’habitat 6510 è medio-elevata e la resilienza è di livello medio; la tendenza dello stato conservativo sembra di peggioramento. Stato di conservazione
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Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Le minacce di maggiore importanza sono rappresentate da: ß abbandono delle attività di gestione quali sfalcio, eventuale concimazione e/o pascolo saltuario; ß evoluzione naturale della vegetazione; ß alterazioni e distruzioni della cotica ad opera di ungulati selvatici (cinghiale in primo luogo); ß locali fenomeni di pascolo troppo intensivo; ß locali fenomeni di eccessiva concimazione; ß trasformazione agricola.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione dei diversi aspetti riferibili a 6510 si basa sull’osservazione dei caratteri fisionomicostrutturali (specie guida e loro corteggio floristico). Sono possibili confusioni con gli habitat 6210, 6410, 6520; le difficoltà possono essere superate attraverso l’osservazione delle modalità gestionali e l’analisi fitosociologica. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la consistenza dei popolamenti delle diverse specie guida; ß la struttura dell’entomofauna con particolare attenzione per le specie prative; ß la ricchezza generale della biodiversità come numero di specie; ß le caratteristiche del suolo con particolare riguardo al tenore idrico, ai nutrienti, al pH, struttura e attività biologica; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie invasive, con particolare riguardo alle specie esotiche, a quelle rifiutate dal bestiame; ß la comparsa e la tendenza delle specie e legnose, con particolare riguardo a quelle forestali e preforestali; ß la continuità/frammentazione dei diversi aspetti dell’habitat; ß la presenza di contatti catenali e seriali; ß le attività umane e l’intensità della loro influenza.
Indicazioni gestionali I prati magri necessitano di essere conservati attraverso una assidua cura da parte dell’uomo secondo metodi che armonizzano le tecniche tradizionali e le conoscenze più recenti. In linea generale dovrebbe
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essere evitata qualsiasi trasformazione non prevista dalle norme urbanistiche vigenti, ma dovrebbero essere evitate anche la forestazione e la messa a coltura. Obiettivi Nei siti liguri della Rete Natura 2000 gli obiettivi per l’habitat 6510 sono equamente suddivisi tra il mantenimento e un più impegnativo miglioramento delle condizioni attuali. Interventi Tra gli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi per l’habitat 1130 si possono citare: ß accordi e incentivazioni - anche eventualmente nell’intorno del sito - per lo sfalcio e, subordinatamente, il pascolo in forme sostenibili programmate (con unità di carico limitate e secondo modalità da esplicitare in piani di gestione; comunque non con animali diversi da bovini o ovini); ß interventi per l’incremento della composizione floristica tesi all’espansione dei prati polifiti; ß eventuali interventi di contenimento di alcune specie legnose mediante decespugliamento selettivo con modalità precisate in piani di gestione; ß recinzioni dei pascoli in parcelle utili alla programmazione della attività zootecnica; ß eventuale realizzazione di abbeveratoi e abbeverate con tipologie rurali tradizionali; ß controllo e drastica limitazione del cinghiale anche nell’intorno del sito. L’eventuale concimazione deve essere limitata ad aree circoscritte distanti dai corsi d’acqua e con quantità ridotte di P e K o ammendanti che non incidano negativamente su altri habitat vicini. Sarebbe da evitare o comunque limitare il più possibile la concimazione azotata. Gli sfalci dovrebbero iniziare in epoca tardiva (fine giugno-metà luglio) e avvenire in modo da creare un mosaico di tessere falciate e non falciate. L’epoca di sfalcio dovrebbe comunque essere fissata in modo specifico per le singole zone tenendo conto anche dell’andamento stagionale delle piogge. Dovrebbero essere ammessi anche 3 tagli, salvo la possibilità di un quarto taglio nelle zone più produttive. La pratica dell’irrigazione (eventualmente per sommersione), qualora necessaria per l’aumento della produzione non appare controindicata alla conservazione della biodiversità. Assolutamente da evitare è l’impiego di erbicidi, salvo situazioni sperimentali per il recupero dell’habitat. Si dovrebbe evitare in modo assoluto anche il pascolo caprino e suino e limitare a casi circoscritti quello di asini e cavalli. Trasferimento delle informazioni Sono auspicabili diffuse azioni d’informazione circa l’importanza scientifica e storico-culturale e il ruolo ecologico e paesaggistico dell’habitat 6510, nonché delle opportunità della sua valorizzazione sotto il profilo ecoturistico o produttivo. A tale proposito diverse possono essere le attività didattiche e divulgative dedicate agli operatori del settore e a studenti di diverso grado ed ecoturisti. Lembo di prateria magra riferibile all’habitat 6510 (foto M.G. Mariotti).
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Atlante degli Habitat
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (purché ad alta risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento di specie guida vegetali o animali, con particolare riguardo alle specie dell’Arrhenatherion e ai lepidotteri ropaloceri eventualmente mediante transetti o aree permanenti; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane con particolare riguardo alle modalità gestionali (sfalcio, pascolo, concimazione); ß rilevamento fitosociologico su eventuali aree permanenti; ß valutazione della qualità del suolo. Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida; ß Presenza e consistenza di specie esotiche, rifiutate dal bestiame o di specie preforestali e forestali; ß Presenza di contatti seriali e catenali; ß Percentuale di nutrienti (azoto soprattutto); ß Indice sintetico di utilizzazione. Il monitoraggio dovrebbe essere condotto prioritariamente nelle situazioni meglio rappresentative e richiede controlli con cadenza triennale (biennale nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stato di conservazione insoddisfacente).
Ricerca Gli studi di tipo floristico, fitosociologico e faunistico sulle formazioni erbacee riferibili all’habitat 6510 necessitano di essere potenziati e indirizzati per verificare i rapporti tra le esigenze di conservazione della biodiversità e quelle di miglioramento delle performance produttive in ambito zootecnico. Occorre innanzitutto approfondire le conoscenze sulla vegetazione ancora molto lacunose e sull’ecologia e sinecologia di alcune specie. Nell’ambito della ricerca di base e applicata è importante quindi privilegiare: ß cartografia di dettaglio delle aree occupate dalle tessere riferibili ai diversi tipi di 6510; ß conoscenza dettagliata delle caratteristiche pedologiche; ß conoscenza dei popolamenti faunistici; ß maggiore conoscenza fitosociologica con attenzione ai processi dinamici della vegetazione, ai rapporti seriali e ai contatti catenali e alle connessioni con attività di pascolo (anche di animali selvatici), ß studi biotassonomici e di biologia riproduttiva sulle principali specie guida e sulle specie endemiche o rare; ß studi applicativi per l’individuazione delle migliori pratiche.
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Praterie montane da fieno
Codici
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Classificazione paleartica
38.31 Prati falciati montani delle Alpi = E2.31 Prati falciati montani delle Alpi > E2.3 Prati falciati montani
Classificazione EUNIS 2002
Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Prati falciati mesofili, ricchi di specie delle fasce montane e subalpine (per lo più sopra 600 m) usualmente dominate da Trisetum flavescens e con Heracleum sphondylium, Viola cornuta, Astrantia major, Carum carvi, Crepis mollis, C. pyrenaica, Bistorta major (Polygonum bistorta), Silene dioica, S. vulgaris, Campanula glomerata, Salvia pratensis, Centaurea nemoralis, Anthoxanthum odoratum, Crocus albiflorus, Geranium phaeum, G. sylvaticum, Narcissus poeticus, Malva moschata, Valeriana repens, Trollius europaeus, Pimpinella major, Muscari botryoides, Lilium bulbiferum, Thlaspi caerulescens, Viola tricolor ssp. subalpina, Phyteuma halleri, P. orbiculare, Primula elatior, Chaerophyllum hirsutum e molte altre. Piante: Trisetum flavescens e con Heracleum sphondylium, Viola cornuta, Astrantia major, Carum carvi, Crepis mollis, C. pyrenaica, Bistorta major (Polygonum bistorta), Silene dioica, S. vulgaris, Campanula glomerata, Salvia pratensis, Centaurea nemoralis, Anthoxanthum odoratum, Crocus albiflorus, Geranium phaeum, G. sylvaticum, Narcissus poeticus, Malva moschata, Valeriana repens, Trollius europaeus, Pimpinella major, Muscari botryoides, Lilium bulbiferum, Thlaspi caeruslescens, Viola tricolor ssp. subalpina, Phyteuma halleri, P. orbiculare, Primula elatior, Chaerophyllum hirsutum, Alchemilla spp., Cirsium heterophyllum.
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Atlante degli Habitat
Distribuzione geografica L’habitat è stato individuato solo in quattro siti (Campasso-Grotta Sgarbu du Ventu, Monte Carpasina, Parco dell’Antola e Parco dell’Aveto), tuttavia le conoscenze e le incertezze nella identificazione dello stesso habitat sono tali per cui è probabile che esso sia assai più diffuso di quanto emerga dai risultati della campagna di rilevamento cartografico.
Caratteri generali Comprende prati mesofili montani e subalpini su suoli profondi o superficiali, di natura prevalentemente calcarea, da ricchi a moderatamente poveri di nutrienti, sottoposti a sfalcio una o due volte l’anno, talora prati-pascoli soggetti all’azione del bestiame con un turno tardo-estivo. Il corteggio floristico è dominato da Trisetum flavescens, Agrostis tenuis, Alchemilla spp., Polygonum bistorta, Silene dioica, S. vulgaris, Campanula glomerata, Salvia pratensis, Centaurea nigra ssp. nemoralis, Anthoxanthum odoratum, Crocus vernus, C. ligusticus, Festuca rubra, Gentiana lutea, Heracleum sphondylium, Narcissus poeticus, Pimpinella major, Poa alpina, Rhinanthus alectorolophus, Lilium bulbiferum, Lotus corniculatus, Alchemilla spp. Localmente si segnalano Astrantia major, Narcissus pseudonarcissus e Trollius europaeus. La composizione differisce a secondo che vi sia solo lo sfalcio o si alternino sfalcio e pascolo. Si possono distinguere varianti in base alla disponibilità idrica e alla eventuale concimazione. Le modalità di gestione condizionano fortemente i popolamenti animali, che sono soggetti a cicli determinati dallo sfalcio, dalla concimazione e dall’eventuale pascolamento. Numerosi sono gli ortotteri, i lepidotteri (soprattutto licenidi e ninfalidi) e alcuni coleotteri (scarabeidi, carabidi ed edemeridi).
Prati montani sul Monte Antola (foto S. Marsili).
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Specie guida Piante Trisetum flavescens, Polygonum bistorta, Campanula glomerata, Salvia pratensis, Centaurea gr. nigra, Anthoxanthum odoratum, Narcissus poeticus, Pimpinella major, Alchemilla spp. Animali Specie diverse di licenidi e ninfalidi.
Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Gli aspetti meglio caratterizzati dell’habitat 6520 sono riferibili alle alleanze del Triseto-Polygonion bistortae e del Cynosurion; di controversa attribuzione all’habitat sono alcuni aspetti con elevata disponibilità di nutrienti riferibili all’ordine dei Trifolio-Hordeetalia. La scarsa disponibilità di dati fitosociologici sui prati da fieno della Liguria non permette di presentare un quadro definitivo e completo. ÿ Prati falciati montani e subalpini l Praterie e prati montani con vegetazione riferibile al Triseto flavescentis-Polygonion bistortae l Praterie e prati montani con vegetazione riferibile al Cynosurion cristati l Praterie e prati falciati collinari o submontani eutrofi ÿ Comunità erbacee riferibili ai Trifolio-Hordeetalia secalini (pro parte)
Aspetti dinamici e potenzialità Anche per queste praterie secondarie l’origine dipende chiaramente dal taglio di boschi montani e dal mantenimento dello sfalcio o dell’alternarsi di sfalcio e pascolo. Esse si collocano soprattutto nelle zone di pertinenza delle serie montane dei boschi di rovere, di faggio o, più raramente, delle conifere alpine. L’abbandono delle pratiche rurali innesca pertanto processi dinamici che tendono al ripristino delle successioni naturali che si concludono con tali formazioni forestali in un periodo di tempo relativamente lungo.
Rapporti con l’utilizzo del territorio L’habitat caratterizza le aree montane e ha un interesse notevole a fini produttivi, ma è purtroppo sempre più ridotto nella regione. Le azioni per il suo mantenimento non possono essere disgiunte da quelle finalizzate al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni rurali, al proseguimento delle tradizioni agropastorali in un’ottica di maggiore consapevolezza del ruolo degli abitanti per il presidio di aree difficili o marginali.
Importanza L’habitat ha un’eccezionale importanza paesaggistica e nel mantenimento di un elevato e qualificato livello di biodiversità. Numerose sono le specie animali che trovano risorse trofiche in questi prati da fieno, così come numerose sono le specie floristiche la cui conservazione dipende proprio dal mantenimento dell’habitat 6520. Fra queste alcune sono assai apprezzate per la fioritura e sono oggetto di ampia raccolta. Anche se l’alpicoltura in Liguria non è particolarmente diffusa, l’interesse economico dell’habitat può essere significativo, seppure a una scala territoriale circoscritta, per l’elevato valore foraggero delle specie dominanti e valorizzabile per i forti legami culturali con le attività esercitate dall’uomo sin da tempi remoti.
Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione delle poche tessere rilevate nel corso del progetto di cartografia è stato stimato di livello medio. In linea generale la vulnerabilità dell’habitat 6520 è medio-elevata e la resilienza
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è di livello medio; la tendenza dello stato conservativo sembra essere di peggioramento a causa del progressivo abbandono delle attività rurali. Stato di conservazione
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Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat.
Le minacce maggiori derivano, anche in questo caso come per l’habitat 6510, da: ß abbandono delle attività di gestione quali sfalcio, eventuale concimazione e/o pascolo saltuario; ß evoluzione naturale della vegetazione; ß alterazioni e distruzioni della cotica ad opera di ungulati selvatici (cinghiale in primo luogo); ß locali fenomeni di pascolo troppo intensivo; ß locali fenomeni di eccessiva concimazione.
Tecniche di identificazione e valutazione L’identificazione degli aspetti riferibili a 6520 si basa sull’osservazione dei caratteri fisionomico-strutturali (specie guida e loro corteggio floristico). Lievi difficoltà possono insorgere per possibili confusioni con gli habitat 6210, 6410, 6510; queste possono essere superate attraverso la valutazione delle disponibilità
Particolare della ricchezza di specie dei prati montani sul Monte Antola (foto S. Marsili).
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di nutrienti, l’osservazione delle modalità gestionali, l’analisi fitosociologica (in particolare la presenza di specie caratteristiche e la serie potenziale di riferimento della stazione) e di altri parametri (in primo luogo l’altitudine). I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ß il numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ß l’estensione dell’habitat; ß la consistenza dei popolamenti delle specie guida; ß la struttura dell’entomofauna con particolare attenzione per le specie prative; ß la ricchezza generale della biodiversità come numero di specie; ß le caratteristiche del suolo con particolare riguardo ai nutrienti e alla disponibilità idrica; ß la comparsa e la tendenza di eventuali specie invasive, con particolare riguardo alle specie rifiutate dal bestiame; ß la comparsa e la tendenza delle specie e legnose, con particolare riguardo a quelle forestali e preforestali; ß la continuità/frammentazione dei diversi aspetti dell’habitat; ß la presenza di contatti catenali e seriali; ß le attività umane e l’intensità della loro influenza.
Indicazioni gestionali I prati montani da fieno necessitano di essere conservati attraverso un’assidua cura da parte dell’uomo secondo metodi che armonizzano le tecniche tradizionali e le conoscenze più recenti. L’efficacia delle azioni si ottiene però solo in un quadro di miglioramento del quadro delle infrastrutture e dei servizi che favoriscono il permanere del presidio territoriale e delle attività rurali nelle aree marginali, comprese il miglioramento delle possibilità commerciali dei prodotti caseari o più in generale zootecnici. Obiettivi In tutta la Liguria l’obiettivo per l’habitat 6520 è di mantenimento, intendendo questo termine sia per flora e fauna, sia per attività produttive dell’uomo. Interventi Per il mantenimento dei prati montani è necessario adottare una gestione che rispetti le pratiche tradizionali locali. Gli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi per l’habitat 6420, salvo alcuni aspetti, non sono diversi da quelli citati per l’habitat 6410. Tra di essi si possono citare: ß accordi e incentivazioni - anche eventualmente nell’intorno del sito - per lo sfalcio e il pascolo in forme sostenibili programmate (con unità di carico limitate e secondo modalità da esplicitare in piani di gestione; comunque non con animali diversi da bovini o ovini); ß interventi per l’incremento della composizione floristica tesi all’espansione dei prati polifiti; ß eventuali interventi di contenimento di alcune specie legnose mediante decespugliamento selettivo con modalità precisate in piani di gestione; ß recinzioni dei pascoli in parcelle utili alla programmazione della attività zootecnica; ß eventuale realizzazione di abbeveratoi e abbeverate con tipologie rurali tradizionali; ß controllo e drastica limitazione del cinghiale anche nell’intorno del sito. L’eventuale concimazione deve essere limitata ad aree circoscritte distanti dai corsi d’acqua e con quantità ridotte di N, P e K o ammendanti che non incidano negativamente su altri habitat vicini; l’azoto non dovrebbe essere superiore a 15 unità (30 unità in casi particolari). Gli sfalci dovrebbero iniziare a inizio luglio o metà luglio a seconda dell’altitudine e dell’umidità del suolo e proseguire secondo modalità che favoriscano flora e fauna e permettano il controllo di infestanti. Salvo casi sperimentali per
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il recupero dell’habitat (da sottoporre comunque a valutazione d’incidenza), è assolutamente da evitare l’impiego di erbicidi. L’alternarsi di pascolo bovino e ovino dovrebbe essere favorito, ma solo con carichi limitati; si dovrebbe evitare invece in modo assoluto il pascolo caprino e suino e limitare a casi circoscritti quello di asini e cavalli. Trasferimento delle informazioni Sono auspicabili diffuse azioni d’informazione circa l’importanza scientifica e storico-culturale e il ruolo ecologico e paesaggistico dell’habitat 6520, nonché delle opportunità della sua valorizzazione sotto il profilo ecoturistico o produttivo. A tale proposito diverse possono essere le attività didattiche e divulgative dedicate agli operatori del settore, a studenti di diverso grado e ad ecoturisti.
Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ß rilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (purché ad alta risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ß censimento di specie guida vegetali, con particolare riguardo alle specie del Triseto-Polygonion bistortae e del Cynosurion eventualmente mediante transetti o aree permanenti; ß censimento dei lepidotteri; ß valutazione della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ß valutazione delle attività umane con particolare riguardo alle modalità gestionali (sfalcio, pascolo, concimazione);
Prato montano soggetto a sfalcio presso il Monte Zatta (foto S. Marsili).
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ß rilevamento fitosociologico su eventuali aree permanenti; ß valutazione della qualità del suolo. Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida; ß Presenza e consistenza di specie rifiutate dal bestiame o di specie preforestali e forestali; ß Presenza di contatti seriali e catenali; ß Percentuale di nutrienti (azoto soprattutto); ß Indice sintetico di utilizzazione.
Il pascolo bovino o ovino si alternano allo sfalcio nei prati-pascoli montani del M. Cornoviglio (foto M.G. Mariotti).
I controlli dovrebbero essere condotti con cadenza triennale (biennale nei casi in cui si registrino situazioni di particolare rischio o stato di conservazione insoddisfacente).
Ricerca Gli studi di tipo floristico, fitosociologico e faunistico sulle formazioni erbacee riferibili all’habitat 6520 necessitano di essere potenziati e indirizzati per verificare i rapporti tra le esigenze di conservazione della biodiversità e quelle di miglioramento delle performance produttive in ambito zootecnico. Occorre innanzitutto approfondire le conoscenze sulla vegetazione ancora molto lacunose e sull’ecologia e sinecologia di alcune specie. Nell’ambito della ricerca di base e applicata è importante quindi privilegiare: ß cartografia di dettaglio delle aree occupate dalle tessere riferibili ai diversi tipi di 6520; ß conoscenza dettagliata delle caratteristiche pedologich; ß conoscenza dei popolamenti faunistici; ß maggiore conoscenza fitosociologica con attenzione ai processi dinamici della vegetazione, ai rapporti seriali e ai contatti catenali e alle connessioni con attività di pascolo (anche di animali selvatici); ß studi biotassonomici e di biologia riproduttiva sulle principali specie guida e sulle specie endemiche o rare; ß studi applicativi per l’individuazione delle migliori pratiche.