La vertigine dell’anziano
Giovanni Ralli
Dipartimento “Organi di Senso” Università di Roma “La Sapienza”
Torino 22 maggio 2008
Lo sviluppo della geriatria si ha nei primi anni del Novecento, grazie al medico americano Ignatz Leo Nasher. che conia il lemma Geriatria :
“Geriatrics: the diseases of Old Age and their treatment including physiologic old age”
SOCIETA’ SCIENTIFICHE In Italia, nel secolo scorso, si riuniscono attorno a Enrico Greppi i Geriatri in una specifica associazione: la Società Italiana di Geriatria. Da allora sono sorte numerose associazioni di medici specialisti a vocazione geriatrica fra le quali:
•
La Federazione Italiana di Medici Geriatri
•
L’Associazione Geriatri Extraospedalieri
SOCIETA’ SCIENTIFICHE •
The American Geriatric Society
•
British Geriatrics Society
•
National Institute on Aging
•
Canadian Association on Gerontology
•
European Union Geriatric Medicine Society
•
Ontario Gerontology Association
•
American Federation for Aging Research
GRUPPI DI STUDIO Parallelamente alle società maggiori , sono nate numerose Società, Associazioni e Gruppi satellitari Società di: - Cardiogeriatria - Endocrinogeriatria - Psicogeriatria - Ortopedia Geriatrica
American Society of Geriatric Otolaryngology
Torino 22 maggio 2008
MISSION Promuovere la ricerca e l’aggiornamento culturale e scientifico sulla peculiarità delle patologie otorinolaringoiatriche nel paziente anziano . Promuovere la comunicazione e la collaborazione con i colleghi Geriatri .
www.aiog.it
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Si definisce “anziano” un individuo di età maggiore o uguale ai 65 anni. È un parametro arbitrario. Questo criterio è accettato a livello Internazionale. Generalmente quest’ età nel mondo occidentale corrisponde al periodo di quiescenza dal lavoro .
Nel 1875 la Friendly Societies Act in Inghilterra proponeva per la definizione di anziano l’ età superiore ai 50 anni. L’adozione dei 65 anni è Roosevelt per il Welfare.
opera del Presidente Franklin D.
Il cancelliere tedesco Otto Von Bismarck utilizzò lo stesso criterio nel 1889 come criterio per l’età pensionabile in quanto i suoi collaboratori gli suggerirono che in Germania a quel tempo in pochi vivevano più di 65 anni e quindi in pochi avrebbero beneficiato della pensione.
Nel 2000, nel mondo le persone con più di 65 anni erano circa 600 milioni , nel 2025 saranno 1,2 miliardi e 2 miliardi nel 2050.
Le donne vivono più a lungo degli uomini virtualmente in tutte le società.
In Europa una persona su 5 ha più di 65 anni.
Questo rapporto scende a 1 su 20 in Africa ma, come in
Percentuale di anziani
altre aree in via di sviluppo, il processo di invecchiamento della popolazione è più rapido
che nei paesi sviluppati . 0-9 % 10-19 % 20-24 %
Population Ageing 2002
Aspettativa di vita nei paesi occidentali ETA’
ASPETTATIVA DI VITA ANNI
65 anni
18.8
75 anni
11.9
85 anni
6
L'invecchiamento della popolazione è la caratteristica principale della dinamica demografica italiana recente,
dovuta all'effetto congiunto del calo delle nascite e dell'allungamento della vita media.
La speranza di vita alla nascita, nel 2008, era di 79,1 anni per i maschi, e di 85,2 per le femmine . Nel 1990 lo stesso indicatore era rispettivamente 73,2 e 80,7 anni.
La struttura demografica si caratterizza quindi per una forte componente di anziani, sostenuta da una quota ristretta di adulti in età lavorativa e con pochi giovani a
rappresentare il ricambio generazionale.
Le modalità e i tempi con cui la transizione demografica si è realizzata, hanno portato l’Italia a diventare uno dei paesi a più elevato invecchiamento.
La percentuale di popolazione di oltre 65 anni è passata dal 15,3% (8.700.185 persone) del 1991 al 18,7% del 2001 (10.646.874 persone).
L’aumento
è
stato
sensibile
anche per le età più avanzate. La popolazione di 75 anni e più è
passata
dal
6,7%
del
1991
(3.792.567 persone) all’8,4% del 2001 (4.762.414 persone).
Tra gli ultra 75enni registrati nel 2001, inoltre, il 63,7% (3.032.941 persone) è costituito da donne.
La geografia dell’invecchiamento si precisa ulteriormente
analizzando le percentuali riferite ai “grandi vecchi”.
La popolazione di 85 anni e più è passata dall'1,3% del 1991
(728.817 persone) all’attuale 2,2% (1.240.321 persone).
Anche tra gli ultra 85enni censiti nel 2001 prevalgono le donne,
che risultano pari al 70,1% (869.522 persone).
L’analisi territoriale mostra una geografia dell’invecchiamento
notevolmente variabile. I comuni col maggior numero di anziani sono quelli più piccoli, seguiti dai comuni montani .
La più bassa percentuale di anziani, invece, si registra nelle zone intorno ai grandi comuni.
Le regioni più anziane sono la Liguria (12,2% di persone di 75 anni e più), l’Umbria (10,9%), l’Emilia-Romagna e la Toscana (10,8%).
Gli ultracentenari sono quasi raddoppiati La popolazione di 100 anni e più ha registrato un aumento nell'ultimo decennio, passando da 3.345 unità nel 1991 (797
uomini e 2.548 donne) a 6.313 unità nel 2001 (1.080 uomini e 5.233 donne). Mediamente essa rappresenta l’11,1 per 100.000 abitanti con
dei massimi del 20,4 in Liguria e del 19,1 in Friuli-Venezia Giulia. L'84% degli ultracentenari censiti nel 2001 risiede in famiglia,
mentre il 16% dimora in convivenza.
Circa il 4% degli anziani (l’1% di quelli di età compresa tra 65 e 74 anni; il 10% degli uomini e il 17% delle donne di 85 anni) in
qualsiasi momento può aver bisogno di ricovero in case per anziani.
Tra le persone che raggiungono i 65 anni di età, il 52% delle donne e il 33% degli uomini trascorre del tempo in una casa per anziani.
Di tutte le persone che vivono in una casa per anziani, il 45% vi risiede da meno di 1 anno circa, il 55% da più di 1 anno e il 21%
da più di 5 anni.
In Italia: il 33% dei ricoveri ospedalieri e il 44% dei giorni di degenza erano relativi agli anziani.
La loro permanenza nelle strutture ospedaliere è più prolungata rispetto a quella del resto della popolazione, con una media di circa 9 giorni contro 6.
Le convivenze sono dislocate soprattutto al Nord (46% del totale
delle convivenze). Nella determinazione delle tipologie di convivenza si è tenuto conto, per il censimento del 2001, della costituzione di nuovi
istituti assistenziali, per lo più di piccole dimensioni (case famiglia, comunità alloggio, case albergo, ecc.).
Il numero delle convivenze anagrafiche nelle quali è residente almeno una persona è pari a 30.098 unità. La distribuzione delle convivenze per tipologia rivela la netta
prevalenza degli istituti religiosi (quasi 11.500) e degli ospizi e case di riposo per anziani (oltre 5.000).
Più della metà delle persone residenti in convivenza (oltre 202.600) vive stabilmente negli istituti assistenziali (presidi per minori, istituti per disabili, case di riposo per anziani, centri di
accoglienza
per
immigrati,
ecc.),
dove
si
registra
un
incremento assoluto di oltre 17.000 residenti dal censimento del 1991 a quello del 2001.
Molto più consistente è la riduzione delle persone residenti
negli istituti di cura, che passano da circa 45.000 a meno di 8.000. Occorre ricordare che, in seguito agli effetti della riforma del
sistema sanitario nazionale molti presidi ospedalieri hanno cambiato la loro ragione sociale, trasformandosi soprattutto in istituti assistenziali per disabili fisici e psichici, in presidi di
lungodegenza e in istituti per anziani.
Le donne anziane rappresentano il 76% del totale dei
residenti negli ospizi e nelle case di riposo.
Quelle di oltre i 65 anni assistite in istituti per anziani
ammontano a oltre 106 mila (+12% rispetto al 1991), mentre i maschi ammontano a poco più di 30 mila e sono rimasti invariati rispetto al 1991.
All’allungamento della vita non sempre corrisponde un effettivo miglioramento della sua qualità: con l’aumento dell’età cresce il problema della mancata autosufficienza,
aggravata dalla presenza di multipatologie e dall’isolamento sociale dell’anziano.
Come conseguenza, la pressione sul sistema sanitario
aumenta. Le malattie croniche impongono alla popolazione anziana un peso elevato in termini di salute e economico a causa della lunga durata delle malattie, della diminuzione della qualità della vita e dei costi per le cure. Il 3% delle donne ed il 2% degli uomini da 65 a 69 anni ha bisogno di assistenza quotidiana: questa percentuale sale al 25% nelle donne sopra gli 80 anni ed al 18% negli uomini.
La qualità di vita percepita è molto diversa nel Paese: 1% degli anziani di Bolzano si giudica in cattivo stato di salute
contro il 24% dei napoletani della stessa età (Studio Argento ISS).
Gli anziani sono a rischio cadute: ogni anno circa un terzo degli ultrasessantacinquenni è vittima di un incidente di questo tipo. Va sottolineato che la caduta rappresenta un evento temibile per l’anziano non solo per le conseguenze in termini di disabilità, ma anche per le ripercussioni psicologiche: la perdita di sicurezza e la paura di cadere possono accelerare infatti il declino funzionale e indurre depressione o isolamento sociale.
Le cadute degli anziani rappresentano una priorità per la sanità pubblica a causa della loro frequenza e gravità. Tra il 1998 e il 2000 in Europa quasi 20 milioni di persone (il 7% dei residenti) sono state vittime di incidenti domestici, con oltre 5 milioni di ricoverati e 56 mila morti.
Secondo i dati ISTAT relativi al 1998, si stima che in Italia gli incidenti domestici abbiano interessato 3.480.000 persone. Le cadute rappresentano la prima causa di incidente domestico nonché la prima causa di ricovero e decesso per incidente domestico.
Le cause di caduta nell’anziano possono essere molteplici, ma un ruolo importante è rivestito dalle patologie del sistema dell’equilibrio.
I deficit dell’equilibrio rappresentano fattori di rischio di caduta ed hanno un Rischio Relativo di 2,9 Di Carlo, Marigliano e coll, 2007
Circa 1/5 degli anziani riferisce vertigini
Sloane , 1989
Il sistema vestibolare , come il sistema uditivo, va incontro a
modificazioni degenerative con l’età .
Le cellule sensoriali e nervose del sistema vestibolare sono di tipo non mitotico e grazie a questa alta differenziazione non hanno la capacità di riprodursi durante la vita . La loro longevità è determinata dalla abilità di mantenere la loro organizzazione strutturale all’interno del tessuto in cui risiedono .
Sono stati dimostrati cambiamenti degenerativi in tutto il sistema vestibolare sia nella sua componente periferica che centrale.
La degenerazione non è uniforme ma sembra avvenire in alcuni distretti più che in altri .
Le macule utricolari sono meno interessate rispetto alle creste ampollari e alle macule sacculari .
Nella cresta , la popolazione cellulare delle cellule cigliate , rimane stabile fino ai 40 anni . Successivamente si ha una perdita di cellule che
raggiunge il 40-60% negli individui di 70 anni .
E’ stato trovato che anche le cellule delle macule subiscono una riduzione significativa ( 21% macula
dell’utricolo , 24% macula del sacculo ) Rosenhall 1973
Gli
effetti
dell’età
sugli
otoconi
includono
diminuzione di numero in particolare nel sacculo .
la
E’ presente una significativa riduzione pari al 37%
del numero delle fibre del nervo vestibolare
nei
soggetti di 75 anni rispetto a giovani di 35 anni ( Berghestrom 1973)
E’ stata osservata una riduzione del numero delle
cellule del ganglio di Scarpa dopo i 60 anni . Secondo Richter (1980) la degenerazione delle cellule cigliate precede la degenerazione delle cellule del ganglio di Scarpa .
E’ stata dimostrata una perdita neuronale del 3 % per
decade dai 40 ai 93 anni di cellule nucleari vestibolari . La perdita è più rilevante a livello del nucleo vestibolare superiore e meno nel nucleo mediale .
E’ stata dimostrata
che la vascolarizzazione del
labirinto posteriore appare meno suscettibile ai
cambiamenti degenerativi
legati all’età rispetto al
labirinto anteriore .
I maggiori cambiamenti avvengono a livello dei canali semicircolari con atrofia dei capillari che attraversano gli spazi perilinfatici .
L’equilibrio è la condizione di rapporto ottimale del corpo rispetto all’ambiente ed è il risultato di continui aggiustamenti del tono muscolare operati da un sistema di controllo sulla base delle afferenze sensoriali propriocettive, visive e vestibolari.
Tale attività dipende largamente dal controllo cognitivo che, secondo la propria esperienza e memoria, elabora le rappresentazioni mentali sulle quali saranno orientate le azioni motorie necessarie al mantenimento della postura statica e dinamica.
Nell’anziano si assiste ad una graduale modifica della strategia del mantenimento dell’equilibrio che richiede un maggiore impegno cognitivo per compensare la diminuita efficienza del sistema nervoso centrale, del sistema nervoso periferico e di quello muscolare.
Si osserva che, nella stazione eretta da fermo, l’anziano presenta una maggiore ampiezza delle oscillazioni corporee e tende ad allargare la sua base di appoggio.
L'uomo fermo, nella sua posizione eretta, mantiene il suo equilibrio grazie a piccole ma continue oscillazioni . Infatti due risultati di forze uguali ed opposte dovute alla gravità e alla reazione vincolare del suolo, si applicano rispettivamente al suo centro di gravità (CDG) ed al suo centro di pressione (CDP). L'equilibrio viene ottenuto solo quando questi due vettori si trovano allineati sull'asse della verticale del soggetto. Sono disponibili due modelli meccanici per descrivere la dinamica posturale: Strategia di anca con la mobilizzazione del CdGStrategia di caviglia con la mobilizzazione del CdP La finalità di queste strategie è quella di ottenere una verticale ottimale in modo che il soggetto mantenga il suo baricentro entro il suo poligono di appoggio.
Strategia di anca La sola strategia posturale attiva è quella del centro di gravità mentre il centro di pressione è fisso. Il solo modo per allineare il CdG con il CdP è per il corpo quello di modificare la sua geometria. Il risultato viene ottenuto muovendo in consequenzialità tutti i segmenti come le braccia, le anche, le ginocchia in modo che la nuova posizione del centro di gravità risulti quanto più allineata al centro di pressione.
Ciò comporta un dispendio energetico molto elevato .
Strategia di caviglia E’ attiva unicamente la strategia del centro di pressione (CdP) ed inattiva quella del CdG il che implica che in corpo sia considerato come rigido ed indeformabile.
Quando il centro di gravità oltrepassa la verticale del centro di pressione per recuperare uno stato di equilibrio è necessario che il centro di pressione vada al di là della verticale del CdG in modo da formare una coppia di richiamo. L'effetto di questa coppia è annullato dall'azione dei muscoli della regione posteriore della gamba.
Caratteristiche della stazione eretta nell’anziano • Maggiore ampiezza delle oscillazioni corporee • Prevalente utilizzo della strategia di anca •Maggiore impiego delle risorse cognitive (posture first)
La velocità dell’oscillazione in senso anteroposteriore del centro di gravità è maggiore nell’ anziano e aumenta passando da condizione a occhi aperti a condizione a occhi chiusi e passando da appoggio su base rigida ad appoggio su base morbida.(Pyykko et al, 1990)
Differenze nella stazione eretta tra giovane e anziano in condizioni di riferimento e di dual-task con compiti di aritmetica mentale o di memoria spaziale. Tutti i parametri considerati, espressi come altezza delle colonne e indicativi del grado di instabilità, sono peggiori nell’anziano che nel giovane, ma le differenze divengono significative nel corso dell’esecuzione di compiti cognitivi e tanto più quanto questi compiti impegnano un maggior grado di attenzione. (Lacour et al, 2008)
Caratteristiche del cammino nell’anziano •Andatura più lenta, rigida e controllata •Passi più corti e di ampiezza ridotta •Maggiore variabilità nella lunghezza e nell’ampiezza del passo •Oscillazioni laterali del corpo più ampie
• Maggiore impiego delle risorse cognitive (posture first)
Sequenza delle oscillazioni laterali del centro di gravità durante il cammino.
Tale condizione caratterizza l’equilibrio dell’anziano e viene definita globalmente come “presbi-stasia” . La presbi-stasia aumenta il rischio di caduta in proporzione alla difficoltà dei compiti posturali da eseguire e del contesto in cui questi si realizzano. L’invecchiamento dei sistemi sensitivo-motori coinvolti nel controllo posturale è considerato la principale causa della presbi-stasia .
A livello entrata : l’invecchiamento del sistema visivo determina una progressiva diminuzione dell’acuità visiva e della sensibilità ai contrasti
l’invecchiamento del sistema vestibolare determina una diminuita capacità di detenzione della posizione e dei movimenti della testa il deterioramento della sensibilità propriocettiva provoca una ridotta sensibilità tattile della pianta dei piedi e riduce i segnali afferenti dal centro di pressione. L’invecchiamento dei recettori dei muscoli e delle articolazioni comporta una riduzione dei segnali di posizione e di movimento di una parte del corpo rispetto alle altre in particolare dei rapporti arti-tronco e tronco-testa.
A livello centrale: il deterioramento posturale è ulteriormente favorito dalla diminuzione delle capacità dei centri spinali e sopraspinali che controllano la postura e il cammino di integrare le informazioni multisensoriali.
Inoltre, il declino delle funzioni cognitive modificano l’ interazione tra compiti posturali e i compiti cognitivi. La diminuzione delle risorse cognitive corrisponde ad una diminuzione della capacità di svolgere due compiti contemporaneamente.
A livello uscita: entra in gioco la diminuzione della forza e del coordinamento dei muscoli degli arti inferiori, in particolare dei muscoli estensori antigravitazionali (quadricipiti ed estensori dell’anca) .
Nell’anziano il rischio di caduta aumenta durante il cammino in condizioni non ottimali come la marcia su un terreno sconnesso o scivoloso o in condizioni di scarsa visibilità o in caso di disattenzione. Questa condizione interagisce negativamente con le attività quotidiane. La presbi-stasia è variamente rappresentata popolazione e si aggrava con il progredire dell’età.
nella
E’ caratterizzata da un equilibrio precario per un aumento delle oscillazioni da fermo e per una difficoltà nel cammino compensata con un aumento della superficie di appoggio che, se insufficiente, porta all’uso di un bastone
Su questa base , possono insorgere una o più malattie dell’orecchio interno tra le quali sicuramente le più frequenti ed agevoli da diagnosticare sono la Vertigine Parossistica Posizionale Benigna, la malattia di Menière e la neurite vestibolare. In una percentuale ancora rilevante di casi, malgrado i miglioramenti delle conoscenze avvenuto negli ultimi anni , non è possibile effettuare una diagnosi di certezza e pertanto si definiscono come malattie vertiginose idiopatiche . Nell’ambito della popolazione geriatrica per definire questa condizione è stato introdotto il termine di “presbiastasia” .
Il primo riferimento è datato 1986 ad opera di A Belal e A Glorig che pubblicarono sul Journal Laryngology and Otology una ricerca dal titolo “ Dysequilibrium of ageing (presbyastasis) “ Gli Autori controllarono le cartelle di 740 pazienti over 65 anni e trovarono che solo nel 21 % dei casi si era giunti ad una precisa diagnosi . Nei rimanenti 79% dei casi si trattava di presbiastasia . Gli Autori descrissero due tipi di presbiastasia : uno costante ed uno episodico . Il trattamento medico proposto fu a base di vasodilatatori, vestibolo soppressori ed esercizi di riabilitazione vestibolare ( Cawthorne’s vestibular exercises ) .
A testimonianza del progresso importante delle conoscenze in campo vestibolare avvenuto negli ultimi 20 anni , è la progressiva riduzione delle percentuali di presbiastasie intese come malattia vertiginosa idiopatica .
Nel 2008, Uneri A e Polat S hanno pubblicato la loro esperienza su 601 pazienti di età superiore a 65 anni sul J Laryngol Otol. . L’articolo “ Vertigo, dizziness and imbalance in the elderly “ riduce al 20.2% la percentuale di vestibulopatie idiopatiche.
-
42.43 % benign paroxysmal positional vertigo 20.29 % idiopathic vestibulopathy 13.15 % migraine vestibulopathy 12.47 % Ménière's disease 6.49 % acute vestibular attack
VERTIGINE POSIZIONALE PAROSSISTICA
Le manovre liberatorie sono considerate il trattamento d’elezione per la cura della vertigine parossistica posizionale (VPP) del canale semicircolare posteriore e sono di comune impiego nella pratica clinica per la loro facilità d’esecuzione e per la loro efficacia. Usando questo tipo di trattamento si ottiene in una percentuale altissima la scomparsa della sintomatologia vertiginosa e del nistagmo posizionale.
Durante la fase finale delle manovre liberatorie si osserva, in un numero significativo di pazienti, un nistagmo rotatorio definito da Parnes e Price-Jones “nistagmo secondario”. La sua direzione può essere simile a quella del nistagmo evocato con la manovra di Dix ed Hallpike ( nistagmo secondario consensuale ) od opposta ( nistagmo secondario non consensuale ) ; talvolta il nistagmo è talmente difficile da interpretare che non è possibile determinare con sicurezza la sua direzione.
VERTIGINE PAROSSISTICA POSIZIONALE BENIGNA
Non esiste concordanza sulla percentuale dei casi in cui il nistagmo secondario (consensuale, non consensuale ed indeterminato) viene evocato. Parnes e Price-Jones (1993) durante l’esecuzione di una personale manovra liberatoria hanno osservato il nistagmo secondario nel 62% dei casi, Anche per Lempert e coll. (1997) compare nel 62% dei casi (manovra di Epley) mentre secondo Campanini e Vicini (1999) si evoca solo nel 33% ( manovra di Parnes e Price-Jones ).
Secondo Parnes e Brandt, il nistagmo secondario diretto verso il labirinto malato (nistagmo secondario consensuale) sarebbe da attribuirsi allo spostamento nel vestibolo dei detriti otoconiali che impegnano il canale semicircolare.
Malattia di Menière
Distribuzione per età
La Malattia di Menière è una patologia frequente in età adulta. Raramente interessa l’età pediatrica (<14 anni) con un’incidenza dell’1% dei pazienti menièrici. In età geriatrica (>65 anni), la Malattia di Menière è presente in una percentuale del 17 % * . * Ballester 2002 (Svizzera)
Nei pazienti di età superiore ai 65 anni la malattia di Menière può essere distinta in due gruppi:
Pazienti con malattia di Menière di vecchia data rappresentano il 40% dei pazienti oltre i 65 anni ) Pazienti con malattia di Menière di nuova insorgenza rappresentano il 60% dei pazienti oltre i 65 anni )
( (
Nei pazienti con malattia di Menière di nuova insorgenza la malattia si manifesta più frequentemente in forma unilaterale . Questo gruppo di pazienti sembra riportino un danno maggiore dall’impatto con l’idrope endolinfatico già nelle prime fasi della malattia . Il deficit uditivo nel primo anno di malattia raggiunge un livello di 50 PTA . L’ipoacusia si stabilizza velocemente .
Nei pazienti anziani con malattia di Menière nel primo anno di malattia le crisi vertiginose sono meno importanti e il loro numero è circa la metà rispetto ai giovani . 4,7 attacchi nel primo anno , 1,8 nel secondo e fino a 0,7 nel quinto anno versus 10 episodi nel primo anno , e circa 4 nel secondo, terzo e quarto . 1,2 nel 5° anno .
“Catastrofe otolitica” Si tratta di una forma che si manifesta soprattutto nelle fasi finali della malattia di Menière, precedendo la fase di scomparsa della crisi di vertigine. Nella crisi di Tumarkin il paziente avverte improvvisamente una variazione della posizione dell’orizzonte per cui tende a cadere senza perdita di coscienza. La forma è improvvisa, ha brevissima durata ma causa al paziente notevole preoccupazione per il rischio di caduta; si ritiene che sia espressione dell’attivazione del riflesso maculare.
A testimonianza del progresso importante delle conoscenze in campo vestibolare avvenuto negli ultimi 20 anni , è la progressiva riduzione delle percentuali di presbiastasie intese come malattia vertiginosa idiopatica .
Nel 2008, Uneri A e Polat S hanno pubblicato la loro esperienza su 601 pazienti di età superiore a 65 anni sul J Laryngol Otol. . L’articolo “ Vertigo, dizziness and imbalance in the elderly “ riduce al 20.2% la percentuale di vestibulopatie idiopatiche.
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42.43 % benign paroxysmal positional vertigo 20.29 % idiopathic vestibulopathy 13.15 % migraine vestibulopathy 12.47 % Ménière's disease 6.49 % acute vestibular attack
L’introduzione di una corretta terminologia è alla base del lavoro scientifico e sicuramente la distinzione tra il termine presbi-stasia e presbiastasia può servire a collezionare gruppi di pazienti cooerenti . La stessa indicazione terapeutica trova la sua logica applicazione .
Malgrado la riduzione dei casi in cui si diagnostica la presbiastasia, occorre considerare che il numero è ancora elevato e che , nello specifico, richiede un particolare impegno nell’impostare un trattamento medico adeguato che , in mancanza di certezze sulla etiopatogenesi , deve puntare ad attenuare la sintomatologia e nello stesso tempo migliorare eventuali deficit del microcircolo che si ritiene peculiari della età geriatrica . Occorre inoltre considerare che i pazienti anziani sono solitamente in trattamento farmacologico per patologie multiple e pertanto la prescrizione deve tener conto della possibile interazione tra i farmaci. Inoltre, sono utili i farmaci che in una sola composizione, sommano più principi attivi.
L’attività fisica e le tecniche riabilitative devono essere incoraggiate nel soggetto anziano poiché rappresentano un modello fisiologico per un recupero funzionale in grado di evitare l’immobilizzazione e la limitazione dell’attività motoria che invece indebolisce ulteriormente la capacità di movimento e di adattamento all’ambiente. Il protocollo riabilitativo deve essere personalizzato. La terapia nei soggetti con presbiastasia , oltre al benessere del paziente, mira a limitare il più possibile le cause di caduta e a correggerne i fattori di rischio. Affinché ci siano significative riduzioni dell’incidenza di cadute e delle loro conseguenze, sono necessari interventi multifattoriali e interdisciplinari.
Le modifiche del comportamento come l’abolizione del fumo, il moderato consumo di alcool, il mantenimento del normopeso e lo svolgimento di un adeguato esercizio fisico, proteggono l’anziano dal rischio di caduta . Le modifiche ambientali mirano ad eliminare gli ostacoli (pavimenti scivolosi, tappeti, strutture poco illuminate e ambienti spigolosi) che possono contribuire alla caduta e aggravarne le conseguenze .
La vertigine dell’anziano
Giovanni Ralli
Dipartimento “Organi di Senso” Università di Roma “La Sapienza”