TEXT ATLAS SERIES ENZO MANZATO
LA MALATTIA CORONARICA APPROCCIO INTEGRATO AL PAZIENTE CON MALATTIA VASCOLARE
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ENZO MANZATO DIPARTIMENTO DI SCIENZE MEDICHE E CHIRURGICHE UNIVERSITÀ DEGLI STUDI PADOVA
LA MALATTIA CORONARICA APPROCCIO INTEGRATO AL PAZIENTE CON MALATTIA VASCOLARE
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Copyright ©2001 Pharma Project Group s.r.l. Via Volonterio, 21 - 21047 Saronno (VA) www.ppg-edizioniscientifiche.com e-mail:
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1° Edizione: Maggio 2001 Realizzazione editoriale: Pharma Project Group Edizioni Scientifiche - Via Volonterio, 21 - 21047 Saronno (VA) Grafica ed impaginazione: Michela Solbiati Finito di stampare nel mese di Maggio da GECA SpA, Cesano Boscone (MI)
I diritti di traduzione, di riproduzione, di memorizzazione elettronica, di adattamento totale e parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. NOTA: La Medicina è una scienza in continuo divenire. L’Autore e l’Editore di questa opera hanno posto ogni cura nel garantire la precisione dei dosaggi riportati, in accordo con le conoscenze scientifiche al momento della pubblicazione. Tuttavia, il medico dovrà sempre consultare le informazioni contenute nella scheda tecnica che accompagna ciascun prodotto farmaceutico citato, per assicurarsi che non siano sopraggiunte nuove controindicazioni e che i dosaggi raccomandati siano quelli realmente suggeriti dalle Aziende produttrici, in modo particolare per i farmaci di recente introduzione o raramente utilizzati.
E’ obiettivo dell’Editore produrre nel massimo rispetto dell’ambiente. Questo volume è stato stampato su carta proveniente da foreste sostenibili e con tecnologie avanzate (CTP) che non necessitano della produzione di pellicole fotografiche.
INDICE
PREFAZIONE ............................... V SIGLE ED ABBREVIAZIONI ................... VII ACRONIMI DI ASSOCIAZIONI E STUDI CLINICI .. IX
Ipertrofia ventricolare e riserva coronarica ...................................... 50 Insulino-resistenza ............................ 51 Bibliografia ....................................... 52 Letture suggerite ................................ 54
Capitolo 1
Capitolo 3
EPIDEMIOLOGIA DELLA MALATTIA CORONARICA 1
INDICI
Prevalenza delle patologie aterosclerosicorrelate ........................................... 1 Differenze razziali ............................. 7 Ruolo dell’età ................................... 9 Ruolo del sesso ................................. 10 Prevalenza e distribuzione delle placche aterosclerotiche ................................. 11 Prevalenza dei fattori modificabili di rischio coronarico ................................ 16 Prevalenza dell’iperlipidemia ............... 20 Prevalenza dell’ipertensione ................ 22 Prevalenza del diabete ....................... 25 Prevalenza del fumo di sigaretta ........... 27 Prevalenza dell’obesità ....................... 29 Prevalenza della sedentarietà ............... 30 Bibliografia ....................................... 31 Letture suggerite ................................ 36
Capitolo 2
ATEROSCLEROSI E MALATTIA CORONARICA DALLA BIOCHIMICA ALLA CLINICA ............ 37
Definizione ed aspetti generali ............... 37 Meccanismi di formazione della placca ...... 39 Progressione della stria lipidica e formazione della placca ...................................... 41 Cause di instabilità della placca: dall’istologia al quadro clinico ................ 44 Alterazioni dell’endotelio e spasmo coronarico ............................. 48 Cause non lipidiche di formazione della placca ....................................... 48 Infiammazione ed infezioni .................. 48 Infezioni ........................................ 50
DI PREDITTIVITÀ E VALUTAZIONE
DEL RISCHIO CORONARICO .................. 57
Fattori lipoproteici di rischio .................. 58 Colesterolo totale ............................. 59 Colesterolo-HDL ............................... 63 Colesterolo-LDL ................................ 65 Rapporto TC/HDL-C ........................... 67 Trigliceridi ...................................... 69 Colesterolo-VLDL e trigliceridi .............. 71 Apolipoproteine ................................ 71 Altri fattori di rischio ........................... 72 Anamnesi familiare ........................... 72 Età e sesso ...................................... 73 Ipertensione .................................... 74 Fumo ............................................. 76 Diabete mellito ed insulino-resistenza .... 79 Obesità .......................................... 82 Sedentarietà .................................... 82 Fibrinogeno ..................................... 83 Coagulazione e rischio coronarico .......... 83 Omocisteina .................................... 83 Stress ............................................ 84 Conclusioni ....................................... 85 Bibliografia ....................................... 85 Letture suggerite ................................ 89
Capitolo 4
SCREENING E MONITORAGGIO DEL PAZIENTE DISLIPIDEMICO ............................. 91 Screening di popolazione ....................... 92 Utilità dello screening dei soggetti giovani (<35 anni) ............................. 93 Utilità dello screening dei soggetti anziani (>65 anni) ............................. 94
Utilità dello screening delle donne ......... 95 Valutazione preliminare del paziente dislipidemico ..................................... 95 Classificazione delle dislipidemie ............. 99 Fenotipo I: chilomicronemia familiare ...................................... 103 Fenotipo IIa: ipercolesterolemia familiare (FH) ................................ 103 Fenotipo IIb: iperlipidemia familiare combinata (FCH) ............................. 104 Fenotipo III: disbetalipoproteinemia familiare (malattia della larga banda beta) ................................... 104 Fenotipo IV: ipertrigliceridemia familiare poligenica ..................................... 105 Fenotipo V: ipertrigliceridemia grave (sindrome da chilomicronemia) ........... 105 Diagnosi differenziale ......................... 105 Valutazione anamnestica ..................... 107 Dati generali ................................... 108 Esame fisico .................................... 108 Esclusione delle cause secondarie di
IV
dislipidemia .................................... Ipotiroidismo ................................. Obesità ........................................ Diabete mellito .............................. Colestasi ...................................... Gravidanza ed allattamento ............... Nefropatie .................................... Esclusione delle forme iatrogene ........... Associazioni estroprogestiniche ........... β-bloccanti .................................... Retinoidi ...................................... Ciclosporina .................................. Diagnostica non invasiva nel paziente a rischio ......................................... Indice caviglia/braccio (ABI) ............... Ecografia arteriosa e misurazione dello spessore intima-media ...................... Calibro vascolare e compliance arteriosa ...................................... Bibliografia ..................................... Letture suggerite ..............................
110 111 112 112 112 113 114 116 117 118 118 118 119 122 123 126 130 136
APPENDICE ............................. 137
PREFAZIONE
Le malattie cardiovascolari di tipo aterosclerotico costituiscono la più importante causa di morte nei Paesi industrializzati. Il tributo economico e sociale che le “società avanzate” pagano ogni anno a questo eterogeneo gruppo di malattie è elevatissimo. Si impone una riflessione di natura epistemologica. La grande maggioranza dei pazienti con malattia coronarica è affetta da una importante forma di malnutrizione: l’obesità. Questa, associata ad uno stile di vita sedentario e ad una vecchiaia sensibilmente più duratura di quanto l’umanità abbia mai sperimentato fino ad oggi, genera un insieme di alterazioni metaboliche la cui conseguenza ultima è un aumentato tasso di mortalità per eventi cardiovascolari. Lo spettro delle alterazioni metaboliche che si accompagnano all’ipernutrizione e che precedono o promuovono la malattia coronarica è estremamente ampio. L’insulino-resistenza, il diabete mellito, l’ipertensione e la malattia coronarica, sono anche la conseguenza di un introito calorico sproporzionato rispetto al basso prezzo energetico che l’organismo paga grazie ad un approvvigionamento alimentare che non è mai stato così facilitato.
Viceversa, nei Paesi più poveri del mondo la denutrizione è ancora la più importante causa di mortalità perinatale ed infantile. Nelle economie rurali 1/3 dei nati non raggiunge il decimo anno di età per deficit nutrizionali ed infezioni correlate. Infine, esperienze recenti dimostrano che il passaggio da una società di tipo agrario ad una caratterizzata da uno stile di vita “occidentalizzato” è contrassegnato sì dalla riduzione della mortalità per denutrizione, ma anche dal parallelo aumento della mortalità cardiovascolare per ipernutrizione ed obesità. In ultima analisi si può affermare che la specie umana non ha ancora selezionato meccanismi di adattamento cardiovascolare alle migliorate condizioni alimentari delle società evolute. Negli ultimi tre decenni numerose Società scientifiche ed Enti governativi hanno preso atto dell’epidemia cardiovascolare ed importanti misure di prevenzione primaria e secondaria sono state proposte. Sono oggi ben noti i principali fattori di rischio cardiovascolare, le modalità con cui essi agiscono nel promuovere la malattia coronarica e sono noti anche i rapporti matematici esistenti nella generazione del rischio. Gli stu-
V
di di intervento condotti negli ultimi 20 anni hanno inoltre dimostrato che è possibile ridurre il rischio coronarico e conseguentemente la mortalità modificando lo stile di vita, l’alimentazione e correggendo con opportune terapie quelle alterazioni metaboliche non altrimenti modificabili. Dall’inizio degli anni ’90 ad oggi sono state redatte numerose Linee Guida che indicano quale sia l’approccio più idoneo per trattare l’ipertensione, l’obesità, il diabete e la dislipidemia. Nei Paesi in cui questi suggerimenti sono stati calati, almeno parzialmente, nella pratica clinica si è registrata una significativa riduzione delle malattie cardiovascolari. Purtroppo, deve essere riconosciuto che tali misure sono ancora largamente disattese ed il 65-75% dei pazienti a rischio coronarico non è trattato secondo gli standard della medicina basata sulle evidenze. La consultazione di numerosi studi di monitoraggio suggerisce che ancora troppo poco viene fatto per prevenire la malattia coronarica nei soggetti a rischio. Inoltre, alcuni sottogruppi, segnatamente le donne e gli adolescenti, ricevono minor attenzione di quella che sarebbe necessaria. Nella
VI
stesura di questa rassegna è stato privilegiato l’aspetto pratico: molta cura è stata posta nel rendere fruibili e facilmente adattabili alla pratica quotidiana i risultati degli studi osservazionali e di intervento sui quali si basano le principali Linee Guida. Particolare enfasi è stata data al calcolo del rischio coronarico e, nella Appendice del primo volume, sono presentati numerosi algoritmi per calcolare il rischio di un evento acuto. La valutazione diagnostica del paziente dislipidemico è stata integrata con la descrizione delle tecniche non invasive di valutazione dello stato vascolare. L’utilità di misurare lo spessore medio-intimale è descritta in modo semplice partendo dai riscontri degli studi clinici. Nel secondo volume, particolare cura è stata posta alla descrizione di particolari gruppi di soggetti, in particolare diabetici e donne in menopausa. Ciascun capitolo riporta, alla fine della bibliografia di riferimento, una serie di Letture Suggerite, scelte fra le review più aggiornate e qualificate sui singoli argomenti; pensiamo che ciò possa essere utile ai Colleghi che vogliano approfondire le problematiche di loro interesse.
SIGLE ED ABBREVIAZIONI La letteratura medica si arricchisce ogni giorno di nuove sigle ed abbreviazioni. Nella stragrande maggioranza dei casi tali sigle sono coniate originariamente in inglese e, come tali, sono successivamente accolte ed integrate nel linguaggio comune. Per comodità del Lettore, molte sigle sono state tradotte in italiano, anche se nel testo compare la forma originale.
Ankle/Brachial Index - Indice braccio/caviglia
EPA
Eicosa Pentaenoic Acid
ERT
Estrogen Replacement Therapy
ACAT
Acyl:cholesterol acyltransferase
ET-1
Endotelina-1
ACE
Angiotensin-Converting Enzyme Enzima di conversione dell’Angiotensina
FANS
Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei
Ach
Acetilcolina
ADP
Adenosindifosfato
Ag-IIR1
Angiotensin II Receptor1
BMD
ABI
FCH
Familial Combined Hyperlipidemia
FDB
Familial Defective ApoB
FFA
Free Fatty Acids - Acidi grassi liberi (non esterificati)
Bone Mineral Density - Densità minerale ossea
FH
Familial Hypercholesterolemia
BMI
Body Mass Index - Indice di massa corporea
FHTG
Familial Hypertrigliceridemia
FMD
Flow Mediated Dilatation
CABG
Coronary Artery Bypass Grafting
FSH
Follicle Stimulating Hormone
HDL-C
High-Density Lipoprotein Cholesterol
HRT
Hormone Replacement Therapy Terapia ormonale sostitutiva
ICAM
Intercellular Adhesion Molecule Molecola di adesione intercellulare
IDL
Intermediate-Density Lipoprotein
IGF-1
Insulin Growth Factor-1 - Fattore di crescita insulino-indotto
cAMP
ciclico-Adenosinmonofosfato
CEE
Coniugated Equine Estrogen
CETP
Cholesteryl Ester Transfer Protein
cGMP
ciclico-Guanosinmonofosfato
CHD
Coronary Heart Disease
CK
Creatine Kinase
COPD
Chronic Obstructive Pulmonary Disease
CPK
Creatin-fosfochinasi
CVD
Cardiovascular Disease
IL
Interleuchine
DHA
Docosa Hexaenoic Acid
IMA
Infarto Miocardico Acuto
E1
Estrone
IMT
ECE
Endothelin Converting Enzyme Enzima di conversione dell’endotelina
Intima-Media Tickness - Spessore medio-intimale
IVS
Ipertrofia Ventricolare Sinistra
LCAT
Lecitin:Cholesterol AcylTransferase
ECG
Electrocardiogram/electrocardiography
LDL-C
Low-Density Lipoprotein Cholesterol - Colesterolo-LDL
EDHF
Endotelial Derived Hyperpolarizing Factor - Fattore di iperpolarizzazione endotelio-derivato
LDL-R
LDL-Receptor - Recettore per le LDL
VII
LH
Luteinizing Hormone
PVD
Peripheral Vascular Disease
Lp(a)
Lipoprotein(a)
PWV
LRP
LDL-Receptor related Protein
Pulse Wave Velocity - Velocità dell’onda sfigmica
MI
Morte Improvvisa
SERMs
MOC
Mineralometria Ossea Computerizzata
Selective Estrogen Receptor Modulators - Modulatori selettivi del recettore per gli estrogeni
MPA
Medrossi Progesterone Acetato
SFA
Saturated Fatty Acid - Acidi grassi saturi
MUFA
Mono-Unsatured Fatty Acids - Acidi grassi monoinsaturi
NOS
Nitrico-Ossido Sintetasi
PAI-1
Plasminogen Activator Inhibitor-1 Inibitore-1 dell’attivatore tissutale del plasminogeno
PDGF
Platelet-Derived Growth Factor Fattore di crescita piastrino-derivato
TC
Total Cholesterol
TG
Trigliceridi
TGF
Transforming Growth Factor
TIA
Transient Ischemic Attack - Attacco ischemico transitorio
TNF
Tumor Necrosis Factor
t-PA
Tissutal Plasminogen Activator Attivatore tissutale del plasminogeno
PGH2
Prostaglandina H2
PGI2
Prostaglandina I2
TX
Trombossano
PPC
Fosfofruttochinasi
VCAM
PTCA
Percutaneous Transluminal Coronary Angioplasty - Angioplastica coronarica
Vascular Cell Adhesion Molecule Molecola di adesione alle cellule dell’endotelio vascolare
VLDL
Poli-Unsatured Fatty Acids - Acidi grassi polinsaturi
Very Low Density Lipoprotein - Lipoproteine a bassissima densità
VSMC
Vascular Smooth Muscle Cell - Cellule della muscolatura liscia vasale
PUFA
VIII
ACRONIMI
DI ASSOCIAZIONI E STUDI CLINICI
ACC
American College of Cradiology
ACP
American College of Physicians
ADA
DAIS
Diabetes Atherosclerosis Intervention Study
American Diabetes Association
DART
Diet And Re-infarction Trial
ADMIT
Arterial Disease Multipel Intervention Trial
DISC
Dietary Intervention Study in Children
AFCAPS
The Air Force Coronary Atherosclerosis Prevention Study
EDIC
Epidemiology of Diabetes Interventions and Complications
AHA
American Heart Association
ERA
ANMCO
Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri
Estrogen Replacement and Atherosclerosis
ARIC
Atherosclerosis Risk In Communities study
AVERT
Atorvastatin Vs Revascularization Trial
BECAIT
Bezafibrate Coronary Angiography Intervention Trial
BHS
Bogalusa Heart Study
BRFSS
Behavioral Risk Factor Surveillance System
CAIUS
EUROASPIRE European Action on Secondary Prevention through Intervention to Reduce Events FIELD
Fenofibrate Investigation Event Lowering in Diabetes
GISSI
Gruppo Italiano per lo Studio della Sopravvivenza nell’Infarto miocardico
HERS
Heart Estrogen Study
HOPE
Heart Outcomes Prevention Evaluation study
Carotid Atherosclerosis Italian Ultrasound Study
IPPPSH
International Prospective Primary Prevention Study in Hypertension
CARDIA
Coronary Artery Risk Development in Young Adults
JHPS
John Hopkins Precursor Study
CARDS
Collaborative Atorvastatin Diabetes Study
JNC
Joint National Committee
LIPID
CARE
Cholesterol and Recurrent Events Trial
Long-term Intervention with Pravastatin in Ischemic Disease
CCAIT
the Canadian Coronary Atherosclerosis Intervention Trial
LRCS
Lipid Research Clinics Study
MAAS
Multicenter Anti-Atheroma Study
MARS
Monitored Atherosclerosis Regression Study
CDC
Centers for Disease Control and Prevention
MHS
Minnesota Heart Survey
CHS
Cardiovascular Health Study
MITIR
Myocardial Infarction Triage and Intervention Registry
MONICA
Monitoring of Trends and Determi-
CONSENSUS Cooperative North Scandinavian Enalapril Survival Study
IX
nants in Cardiovascular Disease MRC
Medical Research Council
MRFIT
Multiple Risk Factor Intervention Trial
REGRESS
Regression Growth Evaluation Statin Study
SCS
Seven Countries Study
SDIS
Stockolm Diabetes Intervention Study
NCEP
U.S. National Cholesterol Education Program
SID
Società Italiana di Diabetologia
NHANES
National Health And Nutrition Examination Survey
SOLVD
Studies Of Left Ventricular Dysfunction
NHS
Nurses Health Study
UKPDS
PDAY
Pathobiological Determinants of Atherosclerosis in Youth
United Kingdom Prospective Diabetes Study
VHAS
PEPI
Postmenopausal Estrogen/Progestin Intervention trial
Verapamil in Hypertension and Atherosclerosis Study
WHI
Women’s Health Initiative
PROCAM
Prospective Cardiovascular Munster study
WOSCOPS
West of Scotland Prevention Study
UNO
EPIDEMIOLOGIA DELLA MALATTIA CORONARICA
Dalle “strie lipidiche”, riscontrabili nella parete arteriosa già nell’infanzia, alle placche rilevate responsabili delle manifestazioni ischemiche, si può affermare che l’aterosclerosi colpisce la quasi totalità della popolazione. La diffusione della dieta occidentale, della sedentarietà e del fumo fanno delle patologie cardiovascolari di tipo aterosclerotico la più importante epidemia dell’adulto nei Paesi ricchi. Questo tipo di patologia rimane infatti ancora molto diffusa nella popolazione adulta, colpendo il 45-60% degli individui di età 5070 anni (figura 1.1); nessun’altra patologia presenta una tale prevalenza ed un simile tasso di mortalità (figura 1.2)1. Essa provoca attualmente 4 milioni di morti all’anno in Europa e si calcola che entro l’anno 2020 sarà responsabile di 19 milioni di decessi/anno in tutto il mondo2.
Prevalenza delle patologie aterosclerosi-correlate Come categoria diagnostica, quella delle patologie cardiovascolari di tipo aterosclerotico comprende: • cardiopatia ischemica (CHD), con le sue manifestazioni cliniche (infarto miocardico, angina pectoris e morte improvvisa) • patologie cerebrovascolari (ictus e attacchi ischemici transitori) • vasculopatie periferiche. La CHD rende conto di circa il 30-50% della prevalenza complessiva di tutte le malattie cardiovascolari (figura 1.1)3 e rappresenta, quindi, la patologia cardiovascolare su cui
1
La malattia coronarica
Figura 1.1. Distribuzione per sesso ed età delle malattie cardio- e cerebrovascolari (CVD) e della cardiopatia ischemica (CHD) negli USA. (Dati elaborati da American Heart Association 19971 e Murabito JM et al.3). 80
Popolazione (%)
70
CVD
60
CHD
Uomini
Uomini
Donne
Donne
50 40 30 20 10 0
20-29
30-39
40-49
50-59
60-69
70-79
80+
Età (anni)
si sono concentrati i maggiori sforzi della ricerca negli ultimi 50 anni. Già nel 1940 la CHD rappresentava la principale causa di morte negli Stati Uniti: i tentativi di identificare i fattori maggiormente coinvolti nella patogenesi di questa malattia hanno portato, all’inizio degli anni ‘60, al riconoscimento di ipertensione, ipercolesterolemia e fumo di sigaretta come i principali fattori di rischio4,5. Gli studi di intervento condotti successivamente con l’utilizzo di terapie antipertensive ed ipolipemizzanti hanno confermato la possibilità di ridurre l’incidenza di CHD attraverso il controllo di questi fattori di rischio, confermandone quindi il ruolo chiave nella patogenesi della malattia6. La definizione di 520 donne N° di morti (x 1000)
500 480 uomini
460 440 420 1980
2
1985
1990
1995
Figura 1.2. Andamento della mortalità per CVD nella popolazione americana registrata nell’arco di 15 anni. (Dati elaborati da American Heart Association 19971).
1. Epidemiologia della malattia coronarica
opportune Linee Guida ed adeguati programmi di educazione e divulgazione hanno contribuito in misura sostanziale al controllo dei fattori di rischio, cui si sono associati notevoli progressi dei presìdi per il trattamento dell’infarto miocardico acuto (IMA) e per la terapia a lungo termine delle vasculopatie ischemiche7. Come conseguenza di ciò, la mortalità per CHD si è ridotta di oltre il 50% negli ultimi 30 anni (figura 1.3)8,9. Emblematico è l’esempio europeo della Finlandia, dove la mortalità cardiovascolare era estremamente elevata agli inizi degli anni ’60, a causa dell’alto contenuto di colesterolo e grassi saturi nella dieta finlandese e della diffusione del fumo di sigaretta (70% della popolazione adulta maschile). Dal 1960 ad oggi è stata registrata una riduzione della mortalità cardiovascolare del 75%, come risultato di un importante programma di sensibilizzazione, educazione alimentare e correzione delle abitudini di vita2. Questo trend favorevole ha interessato uomini e donne ed è tuttora persistente sia in Europa sia negli Stati Uniti, dove dal 1990 al 1996 è stata osservata una riduzione della mortalità per CHD del 2,6%8,9. Nonostante questa riduzione la CHD rimane a tutt’oggi la principale causa di morte sia negli Stati Uniti (~500.000 decessi/anno) sia in Europa (~400.000 decessi/anno). Gran parte della mortalità associata alla CHD è da ascrivere all’infarto miocardico (60%), seguito dalla coronaropatia cronica (22%) e dalla morte improvvisa (18%). Secondo i dati di una recente metanalisi condotta per valutare le cause di mortalità in rapporto a età, sesso e regione geografica10, la cardiopatia ischemica rappresenta la principale causa di morte in tutto il mondo (tabella 1.1),
40
800
600
30
400
20
200
Eventi fatali (%)
Mortalità (x 100.000)
eventi fatali
Figura 1.3. Tasso di mortalità e percentuale di eventi fatali associati all’infarto del miocardio nel periodo 19701995 in USA. (Dati elaborati da National Center for Health Statistics e National Heart, Lung and Blood institute8,9).
10
mortalità
0
0 1970
1975
1980
1985
1990
1995
3
La malattia coronarica
Tabella 1.1. Principali cause di morte registrate alla fine degli anni ’90 e proiezione al 2020. (Dati elaborati da Murray CJL10,11).
Cause di morte Cardiopatia ischemica Malattie cerebrovascolari Polmoniti Diarrea infettiva Malattie neonatali COPD Tubercolosi Varicella Incidenti stradali Neoplasie respiratorie
N° (x1000) 6.260 4.381 4.299 2.946 2.443 2.211 1.960 1.058 999 945
Ranking 1990 2020 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
seguita da patologie cerebrovascolari, infezioni respiratorie, diarree, patologie neonatali, COPD, tubercolosi, varicella, incidenti stradali e tumori dell’apparato respiratorio. Se nell’insieme, queste prime 10 cause di morte rendono conto del 52% di tutti i decessi, le patologie cardiovascolari sono responsabili da sole del 29%, il doppio di quelli provocati dalle varie forme di cancro! In base ai risultati dello stesso studio, è stato stimato inoltre che nel 2020 le patologie cardiovascolari rappresenteranno ancora la prima causa di morte, provocando il 36% di tutti i decessi mondiali, con la cardiopatia ischemica ancora prima in classifica11. Nonostante il peso che la malattia coronarica continua ad avere sulla mortalità complessiva, negli ultimi 30 anni la mortalità per CHD è diminuita di oltre il 50% e, secondo quanto riportato dall’American National Center for Health Statistics, dal 1970 al 1995 la percentuale di eventi fatali associati all’infarto miocardico si è ridotta dal 37% al 13% nei soggetti di età compresa tra 45 e 64 anni12. Due studi recenti hanno documentato nel dettaglio le attuali tendenze: il Minnesota Heart Survey (MHS)7 e l’Atherosclerosis Risk in Communities study (ARIC)13. Il primo, condotto tra il 1985 ed il 1987 e tra il 1990 ed il 1992, ha rilevato una riduzione del 25% della mortalità per IMA dal 1985 al 1987 in entrambi i sessi (41% intraospedaliera e 17% extraospedaliera) (figura 1.4). Il secondo studio, condotto tra il 1987 ed il 1994 su soggetti di età compresa tra 35 e 74 anni di quattro diverse
4
1 2 4 11 16 3 7 27 6 5
Variazione nel ranking = = ↓1 ↓7 ↓11 ↑3 = ↓19 ↑3 ↑5
1. Epidemiologia della malattia coronarica
Figura 1.4. Andamento della mortalità per CHD in soggetti di età compresa fra 30 e 74 anni di due grandi aree urbane; i tassi di mortalità sono stati suddivisi in ospedaliera ed extraospedaliera. (Dati elaborati da MHS7 ed ARIC13).
Mortalità (x 100.000)
350 uomini extr aos ped alie ra
300 250 200
ospeda liera
150 100 50
extraosped aliera
donne
0 1970
ospedaliera
1975
1980
1985
1990
zone degli Stati Uniti, ha rilevato una riduzione della mortalità intraospedaliera pari al 5,1%/anno e di quella extraospedaliera del 3,5%/anno. Non è stato invece riscontrato alcun declino dell’incidenza di ospedalizzazione per infarto miocardico acuto, mentre la percentuale/anno di infarto ricorrente si è ridotta del 2%. Inoltre, la percentuale di eventi fatali a 28 giorni dall’infarto si è ridotta del 4,1%/anno negli uomini e del 9,8%/anno nelle donne. L’insieme di questi dati dimostra una riduzione nulla o modesta degli eventi coronarici ma un miglioramento della sopravvivenza. Ciò indica che poco è stato fatto in termini di prevenzione primaria rispetto ai positivi risultati delle terapie acute e nel mantenimento del post-infarto. Queste osservazioni sono in accordo con quanto riportato dal United States Center for Health Statistics: riduzione media annuale della mortalità per CHD del 2,6% dal 1990 al 199612. Anche gli studi GISSI-I, II e III, condotti in Italia tra il 1984 ed il 1993, hanno evidenziato una riduzione della mortalità intraospedaliera per IMA: dal 15% nel GISSI-I (1984-1985) all’11% nel GISSI-III (1991-1993)14. Se la mortalità per CHD fosse rimasta ai livelli del 1963, nel 1994 negli Stati Uniti sarebbero decedute 1.076.000 persone invece delle 482.000 effettivamente registrate15. Questo solo dato è sufficiente per giustificare uno sforzo maggiore in prevenzione primaria. Il ruolo ancora troppo modesto della prevenzione primaria è stato dimostrato da Hunink et al.16: in base all’analisi di dati epidemiologici rappresentativi della realtà statunitense, solo il 25% della riduzione della mortalità può essere spiegata dalla prevenzione primaria; il 29% deriva dalla riduzione dei fattori di rischio
Riduzione della mortalità coronarica si osserva in quasi tutti i Paesi ad economia avanzata; questo dato non deve però trarre in inganno, poichè la maggior parte di questo trend è correlato alla migliore prognosi del paziente infartuato.
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La malattia coronarica
ed il 43% dal miglioramento degli strumenti terapeutici16. Bisogna inoltre considerare che, nella maggior parte dei casi, i dati sulla mortalità si riferiscono a soggetti con età <75 anni o sono corretti per l’età: anche se la mortalità cardiovascolare corretta per l’età continua a diminuire, la prevalenza della malattia e la sua mortalità assoluta sono destinate ad aumentare come conseguenza del progressivo aumento dell’età media della popolazione, essendo la prevalenza di CHD maggiore negli anziani. In effetti, negli Stati Uniti il numero assoluto di decessi è rimasto praticamente costante negli ultimi 25 anni (~750.000/anno): questo dato, insieme alla previsone di un incremento dell’aspettativa di vita e della prevalenza di CHD nei Pesi in via di sviluppo, come conseguenza di cambiamenti delle abitudini alimentari e dell’adozione di uno stile di vita occidentale, fa prevedere una diffusione epidemica della malattia in tutto il mondo11. I dati del terzo National Health And Nutrition Examination Survey (NHANES III) indicano una riduzione marcata della prevalenza dei principali fattori di rischio: tuttavia l’ipertensione rimane incontrollata nel 45% dei pazienti ipertesi, il 19% degli adulti è ancora ipercolesterolemico, oltre il 30% della popolazione adulta è obeso, il fumo provoca ancora circa 200.000 decessi all’anno per CVD, 16 milioni di persone sono affette da diabete ed oltre l’80% continua a morire per cause cardiovascolari15. Risultati simili sono stati riportati in Francia, nell’ambito dello studio EUROASPIRE17: il 28% dei pazienti con CHD è risultato fumatore, il 34% obeso, il 48% iperteso e >50% ipercolesterolemico. Anche in Italia, degli 11.324 pazienti infartuati reclutati nello studio GISSI-Prevenzione, il 41% risultava fumatore, il 28% ipercolesterolemico, il 36% iperteso ed il 50% presentava livelli sierici aumentati di fibrinogeno18. Dati della British Heart Foundation hanno evidenziato la sempre maggiore diffusione di diabete e obesità in tutta Europa; uno studio condotto nell’ambito della Comunità Europea ha evidenziato che il 27-35% della popolazione adulta europea è sovrappeso, che il 7% (Italia e Francia) ed il 12% (Regno Unito) è obeso; anche l’abitudine al fumo, seppure in progressivo declino, continua ad essere presente nel 22% dei decessi per cause cardiovascolari in Europa2. La prevalenza dei fattori di rischio coronarico modificabili è quindi ancora molto elevata. Se a ciò si aggiunge il fatto che oltre la metà dei pazienti con CHD non presenta alcun fattore di rischio classico, si deve ipotizzare che oltre a quelli già individuati, altri contribuiscano allo sviluppo della malattia coronarica. Tra i nuovi candidati, numerosi
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1. Epidemiologia della malattia coronarica
sono legati alla disfunzione endoteliale o al danno endoteliale (omocisteina, P-selectina, fattore di von Willenbrand), all’aumento del rischio trombotico (fibrinogeno, fattore tissutale, fattore VII, inibitore dell’attivatore tissutale del plasminogeno) o a uno stato infiammatorio (leucociti attivati, aggregati leucociti-piastrine, P-selectina, interleuchine, proteina C-reattiva)15. Tutti contribuiscono alla rottura delle placche coronariche ed alla possibile formazione di trombi. L’intervento di fattori aggiuntivi oltre a quelli già noti nel determinare il rischio cardiovascolare è suggerito anche dalla notevole variabilità geografica e razziale: in Europa è stato rilevato un marcato gradiente decrescente est→ovest della prevalenza di CHD, con tassi di mortalità marcatamente più elevati nei Paesi dell’Europa orientale11: tra il 1990 ed il 1992 la mortalità corretta per età associata a CHD è risultata compresa tra 142/100.000 in Francia e 907/100.000 in Lettonia. Questa variabilità è risultata ancora più marcata nel sesso femminile, con una differenza di 9 volte tra Francia ed Ucraina. Inoltre, mentre nei Paesi occidentali è stata osservata una riduzione del 2% all’anno della mortalità per CHD tra il 1970 e il 1992, nei Paesi orientali è stato registrato un incremento del 6% all’anno20. In base ai dati di due importanti studi, il MONICA (Monitoring of Trends and Determinants in Cardiovascolar Disease) e l’EUROASPIRE (European Action on Secondary Prevention through Intervention to Reduce Events), queste differenze sembrano dipendere dall’elevata variabilità sia dei fattori di rischio nei diversi Paesi europei sia dei presìdi per il trattamento acuto e per la prevenzione secondaria della CHD. Importanti informazioni a questo riguardo potrebbero derivare dai risultati dei prossimi 10 anni dello studio MONICA.
Differenze razziali Per quanto riguarda le differenze legate alla razza, la mortalità per cause cardiovascolari raggiunge i valori più elevati tra i neri d’America; inoltre, la mortalità per CHD si è ridotta più lentamente tra gli americani di origine africana rispetto agli americani di origine europea: gli afro-americani presentano attualmente i tassi di mortalità per CHD e il numero di decessi extraospedalieri più elevati di qualsiasi altro gruppo etnico degli Stati Uniti21. I motivi di questo eccesso di mortalità tra gli afro-americani non sono del tutto noti, ma possono essere attribuiti all’elevata prevalenza dei fattori di rischio cardiovascolare, al limitato accesso ai ser-
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La malattia coronarica
Figura 1.5. Probabilità di un evento coronarico nell’arco di 10 anni di follow-up in un soggetto maschio di 45 anni con ipertensione sistolica lieve-moderata (<160 mmHg) all’aumentare dei fattori di rischio. (Dati elaborati da Kannel WB22).
Probabilità di un evento a 10 anni
40
PAS 150-160 TC 240-262 HDL-C 33-35 Diabete Fumo IVS
35 30 25 20 15 10
Rischio medio
5 0 + -
+ + -
+ + + -
+ + + + -
+ + + + + -
+ + + + + +
vizi sanitari ed alla scarsa applicazione delle strategie di prevenzione attualmente disponibili ai soggetti ad alto rischio. Oltre ad una maggior frequenza dei principali fattori di rischio coronarico, quali ipertensione, ipertrofia ventricolare sinistra, diabete, fumo di sigaretta, obesità e sedentarietà, gli americana di razza nera presentano anche una maggior frequenza di fattori di rischio multipli il cui effetto è moltiplicativo ai fini del rischio22 (figura 1.5). Inoltre, alcuni fattori di rischio, quali ipertensione e diabete si associano in questo gruppo etnico ad un rischio di mortalità e complicanze superiore rispetto ad altre popolazioni23. Ne consegue che gli attuali algoritmi per la valutazione del rischio cardiovascolare non mantengono per gli afro-americani lo stesso valore predittivo che hanno per i soggetti di razza bianca. In particolare, la presenza di ipertrofia ventricolare sinistra nei soggetti di razza nera comporta un rischio di morbilità e mortalità maggiore rispetto ad altri fattori più tradizionali, quali ipertensione, fumo di sigaretta o ipercolesterolemia23. Anche il diabete, la cui prevalenza tra gli afroamericani è triplicata negli ultimi 30 anni, per risultare attualmente da 2 a 3 volte maggiore rispetto alla popolazione di razza bianca, presenta un decorso più aggressivo e si associa con maggior frequenza a complicanze micro- e macrovascolari24; anche l’obesità presenta una prevalenza due volte maggiore tra gli afro-americani rispetto alla popolazione di razza bianca, con una adiposità più frequentemente addominale25. Se la maggior prevalenza e gravità di dia-
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Gli algoritmi per il calcolo del rischio coronarico attualmente disponibili possono essere applicati con buona approssimazione solo ai soggetti di razza bianca e con età definita: 40-65 anni PROCAM e 3074 anni Framingham.
1. Epidemiologia della malattia coronarica
Tabella 1.2. Valori lipidici medi registrati nella popolazione americana fra il 1988 ed il 1991 dal NHANES II. (Dati elaborati da Burt VL26).
Parametro
Valori medi (mg/dL) Caucasici M F
TC LDL-C HDL-C
206 132 45
208 126 55
Afro-americani M F 199 126 53
203 126 57
Latino-americani M F 202 124 47
200 122 53
bete, obesità ed ipertensione possono contribuire a spiegare la maggior prevalenza di CHD tra gli afro-americani, lo stesso non vale per altri fattori di rischio, quali l’ipercolesterolemia: i livelli sierici di colesterolo totale sono più bassi e quelli di colesterolo-HDL sono più alti nella popolazione di razza nera rispetto ai caucasici (tabella 1.2)21. Questo minor peso dell’ipercolesterolemia sul rischio cardiovascolare potrebbe essere compensato dalla maggior prevalenza di altri fattori di rischio lipidici, quali aumentati livelli di lipoproteina(a): gli afro-americani presentano livelli di Lp(a) tre volte superiori rispetto ai soggetti di razza bianca27. Inoltre, aumentati livelli di fibrinogeno, di vari fattori della coagulazione (Fattore VII e VIII, Attivatore Tissutale del Plasminogeno e relativo inibitore) e di omocisteina, si trovano con maggior frequenza nella popolazione di razza nera rispetto a quella di razza bianca28. Alla maggiore mortalità per CHD nella razza nera contribuiscono comunque in misura sostanziale anche fattori economici e l’accessibilità alle prestazioni sanitarie più costose: un’analisi retrospettiva condotta su soggetti anziani appartenenti a vari gruppi etnici ha evidenziato una minor frequenza di rivascolarizzazione coronarica nei pazienti di razza afroamericana rispetto a quelli di razza bianca. Questo studio, condotto per valutare anche la prevalenza di CHD, ictus e vasculopatie periferiche in diversi gruppi etnici, ha evidenziato una maggiore prevalenza di ictus tra i pazienti di razza afroamericana e ispanica rispetto a quelli di razza bianca29.
Ruolo dell’età La prevalenza di CHD aumenta progressivamente con l’avanzare dell’età: in base alle stime del Framingham Heart Study, l’incidenza media a 10 anni di CHD passa da <1% nelle donne di 30-34 anni di età a 24% negli uomini di 70-
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