The Graphic Design Documentation Centre (CDPG) / Aiap is the only organisation in Italy working to collect, catalogue, archive, enhance and promote any documents related to graphic design and visual communication. These documents (originals as well layouts of projects, books, posters, prints, catalogues, various texts, correspondence, photographs) help reconstruct the history of graphic design in Italy and support research and educational activities, as it is the CDGP’s intention to make these documents widely available. The CDPG stores the Association’s archive documents since 1955 as well as a number of collections deriving from donations, loans and acquisitions aimed at documenting figures or topical moments in the history of graphic design. The activities of the Centre focus on the documentation of graphic design culture (historical archives), research, enhancement (exhibitions and publications) and on popularisation of these issues through the Library. CDPG / Aiap via Amilcare Ponchielli 3 20129 Milano
[email protected] www.aiap.it/cdpg
LA GRAFICA DEL MADE IN ITALY
Il Centro di Documentazione sul Progetto Grafico / Aiap è l’unica struttura italiana che ha l’obiettivo di raccogliere, catalogare, archiviare, valorizzare e promuovere i documenti e le testimonianze relative al progetto grafico e alla comunicazione visiva. Questi documenti (originali e layout di progetti, libri, manifesti, stampati, cataloghi, scritti e corrispondenze, fotografie) sono utili per ricostruire la storia del progetto grafico in Italia e per facilitare ricerche e approfondimenti didattici e formativi. Il CDPG raccoglie in primo luogo i documenti d’archivio dell’Associazione a partire dal 1955, ed è depositario inoltre di una serie di fondi, esito di donazioni, prestiti e acquisizioni tesi a documentare figure o momenti del progetto grafico. Le attività del Centro sono orientate alla documentazione della cultura del progetto (archivio storico), alla ricerca, alla valorizzazione (GalleriaAiap, mostre e pubblicazioni), e alla divulgazione attraverso la Biblioteca.
LA GRAFICA DEL MADE IN ITALY Comunicazione e aziende del design 1950-1980 a cura di Mario Piazza 2ª EDIZIONE RIVISTA E AMPLIATA
EURO 25,00
aiap edizioni
La grande ricchezza del design e delle industrie che in esso hanno creduto fin dagli anni Cinquanta, è rappresentato dalla innovazione imprenditoriale e dalla peculiarità stilistica di grandi progettisti, ma anche dall’originalità con cui è stato comunicato. A fianco delle aziende e dei designer, artisti e grafici sono stati capaci di rappresentare il volto di questo sistema, disegnando marchi, logotipi, cataloghi, inviti, annunci e pagine pubblicitarie. Opere straordinarie che hanno lasciato il segno nella storia della grafica e della comunicazione. L’immagine del Made in Italy è proprio il risultato di questa importante stagione visiva che ha saputo raccontare con immagini e invenzioni grafiche, gli stili e la vita di oggetti e prodotti che sono entrate nella storia. Nel catalogo opere di: Dante Bighi Ezio Bonini Mimmo Castellano Enrico Ciuti Giulio Confalonieri Silvio Coppola Salvatore Gregorietti Franco Grignani Giancarlo Iliprandi Lora Lamm Bruno Munari Ilio Negri Bob Noorda Michele Provinciali Franco Maria Ricci Roberto Sambonet Albe Steiner Studio Boggeri Pino Tovaglia Massimo Vignelli Heinz Waibl
LA GRAFICA DEL MADE IN ITALY
MADE IN ITALY GRAPHIC DESIGN
Mario Piazza
Il compasso di Adalbert Goeringer che serve a individuare il rapporto armonico di una misura è la fonte di ispirazione del marchio per il Compasso d’Oro, progettato da Albe Steiner nel 1953 per La Rinascente. Questa sintesi armonica tra arte e progetto, idea e prodotto, disegno e industria sembrerebbe offrire da subito una forte immagine di unitarietà degli intenti dei protagonisti di quello che avremmo poi conosciuto come il Made in Italy. L’armonia dei rapporti aurei, era nella testa di un grafico geniale come Steiner, un dotto segno di unitarietà degli apporti creativi. Era l’emblema di una idea progressiva di progetto che vedeva uniti, con pari rilevanza, architetti e designer, artigiani e produttori, grafici ed artisti. Era l’affermarsi di una linea italiana. L’armonia moderna del compasso di Steiner, suggello di razionalità e bellezza, doveva diventare infatti il simbolo più forte del design italiano e un punto di riferimento per il disegno industriale internazionale. Questo nella sostanza è avvenuto, ma molto spesso l’apporto fondamentale a questo processo della grafica e della comunicazione in quella stagione pioneristica, che ha avuto come epicentro gli anni del boom, passa in secondo piano e viene dismesso rispetto alla rilevanza fisica dell’oggetto, del prodotto. In realtà, non è così e questo volume tenta una riflessione controcorrente, che non solo possa riprendere e rileggere molti progetti rilevanti della grafica italiana, ma anche consenta di coglierne il ruolo fondamentale per l’affermazione di una cultura imprenditoriale e di una qualità estetica del prodotto. Dopotutto se una debolezza (e per contrappasso una tipicità) del cosidetto Made in Italy c’è stata, è quella di essere il risul-
The compass of Adalbert Goeringer for identifying the harmonic relation of a measure was the source of inspiration for the Compasso d’Oro brand, designed in 1953 by Albe Steiner for La Rinascente. This harmonic synthesis between art and project, idea and product, design and industry would appear to immediately offer a strongly unitary image, in terms of objectives, of the protagonists of what would later be known as the Made in Italy. In the ideas of an exceptional graphic designer such as Steiner, the harmony of golden relations was considered a sign of unity between creative contributions. It was the emblem of a progressive idea of design which united architects and designers, artisans and producers, graphic designers and artists. It was the affirmation of a style. Indeed Steiner’s compass, the seal of rationality and beauty, was to become the strongest symbol of Italian design and a landmark for international industrial design. This is substantially what happened, yet often the fundamental contribution of graphic design and communication to that pioneer season, which climaxed in the years of the economic boom, is neglected in favour of the physical relevance of the objects and products. This is why the present volume aims to attempt a nonconformist reflection, that may not only re-elaborate many relevant Italian graphic projects, but may also allow to recognize their fundamental role for the affirmation of a certain entrepreneurial culture and of a certain aesthetic quality of the product itself. After all, if the so-called Made in Italy did have a weakness (however also interpretable as a typicality), it
9
catalogo.indd 9
13/04/10 12.16
tato di prodotti fondamentalmente di nicchia, che solo in parte rispondevano ai requisiti del prodotto industriale di grande serie. I limiti strutturali della produzione (piccole imprese con mentalità più artigianali che industriali) e della commercializzazione (inadeguatezza e individualismo dei consumatori) “hanno fatto si che molti prodotti esemplari del disegno industriale italiano, anche se pensati per il grande numero, siano stati in realtà prodotti in piccola serie di aziende di dimensioni contenute, che procedevano per tentativi a sondare i bisogni e i gusti del mercato, o addirittura su commessa specifica”. 1 In effetti i primi anni Cinquanta più che una affermazione del disegno industriale vedono il sorgere di una cultura dell’industria, uno stile industriale 2 che ha nella grandi aziende pubbliche (acciaierie, energetiche) e private (auto, gomma, meccanica) un forte sviluppo. È la lezione della civiltà delle macchine del poeta ingegnere Leonardo Sinisgalli e dell’utopia olivettiana. È qui che troviamo i primi bagliori di una estetica del prodotto e della sua valenza comunicativa. Ma produrre acciaio è ben diverso che produrre beni di consumi finiti. “Il disegno industriale vero e proprio va riferito (…) a progetti tradottisi in produzioni di grande serie di elevata complessità strutturale, con le note emergenze nel settore automobilistico o nelle macchine per la scrittura e il calcolo o in quella trinità del tele-moto-frigo che ha segnato il miracolo economico degli anni Cinquanta; anche se è indubbio che la sua notorietà internazionale viene in gran parte dalla nicchia del prodotto d’arredo, declinato in quegli anni secondo gli umori di una civiltà ancora povera e legata al suo retroterra contadino e cattolico (la prima sedia Leggera di Ponti) e capace successivamente di interpretare le icone vitalistiche e pop del consumismo di massa (i blocchi polifunzionali di Joe Colombo)”.3 Non appare ingiustificato che l’individuazione di una specificità estetica e industriale venga affermata per la prima volta negli Stati Uniti nel 1954/55 con l’appellativo di una italian line, in relazione alle peculiarità delle car-
lies in the fact that it was fundamentally the result of products for a niche, only partially responding to the requirements of mainstream industrial products. The structural limits of production (small enterprises with a mentality closer to handicraft than to industry) and commercialization (the inadequacy and individualism of consumers) “meant that many exemplary products of Italian industrial design, although created for many people, were in truth produced in limited series by small enterprises, which tested the needs and tastes of the market through a trial-anderror strategy, or even as the result of specific commissions”. 1 The beginning of the Fifties gave birth, rather than to an affirmation of industrial design, to an industrial culture, an industrial style 2 which was strongly developed by public (steel and energy productions) and private (car industries, rubber industries, mechanical industries) companies. It was the lesson of engineer and poet Leonardo Sinisgalli’s civilization of machines and of Olivetti’s utopia. It was in this moment that the first signs of product aesthetics and of their communicative function arose. Yet the production of steel is extremely different from the creation of finished consumer goods. “True industrial design was to be found (…) in projects which translated into large scale productions with an elevated degree of structural complexity, such as in the cases of the car industry, the typewriter and calculator industry or the tele-moto-frigo trinity, which marked the economic miracle of the Fifties; however there is little doubt that its international notoriety came mostly from the niche of furnishing products, that were declined during those years according to the humours of a poor civilization, strongly attached to its peasant and catholic roots (Ponti’s first Light chair) and later capable of interpreting the vital pop icons of mass consumerism (Joe Colombo’s poly-functional blocks)”. 3 It was not by coincidence that the identification of an aesthetic and industrial
Ezio Bonini
10
catalogo.indd 10
13/04/10 12.16
rozzerie disegnate da Pinin Farina, che molto avrebbero influenzato le linee di modelli americani.4 Ma è chiaro che la concretizzazione di questa idea di bellezza ha avuto nel segmento produttivo legato all’arredo e ai materiali per la casa un dipanamento e una crescita che pareva inesauribile. Il prodotto italiano era il sinonimo di uno stile, di un’originalità ed un’eleganza inventiva. Era una sorpresa. E lo stile è in primo luogo una nozione distintiva, una capacità di relazionarsi, un atteggiamento comunicativo del prodotto e dell’oggetto. I prodotti del design italiano erano i primi interpreti di questa funzione comunicativa. Ma essa per diventare discorso e narrazione andava manifestata e teatralizzata. Consapevolezza ben presente nei protagonisti come Ponti e Rosselli, che oltre ad ideare prodotti, hanno progettato e inventato riviste per raccontarli. E come molte aziende hanno fatto, sull’onda del fenomeno degli house organ, vere e proprie riviste di cultura oltre che promozionali.5 Le potenzialità di un nuovo materiale come la plastica, sarebbero state sufficienti all’affermazione della Kartell senza il racconto visivo di Michele Provinciali, che poeticamente metteva in scena il nuovo prodotto, disegnato e bello, in un contesto quotidiano? Un secchio in plastica fra i mungitori in una stalla, i contenitori per la casa sul parapetto del naviglio a fianco dei lavatoi, la paletta per i rifiuti sulla strada abituale dello spazzino: questi racconti del prodotto sono anche l’immagine dell’azienda e il biglietto da visita dell’architetto-designer. Allora il disegno industriale è stato veicolato attraverso i valori simbolici della propria immagine. Immagine che è stata scritta in primo luogo dai grafici. È la grafica che ha modellato e reso visibile un universo simbolico attraverso il quale i consumatori hanno incontrato il prodotto. E prima di possedere la sedia o la poltrona, il divano o il casalingo dalle linee moderne e dai materiali innovativi, i consumatori hanno conosciuto le loro immagini, i loro nomi e la loro qualità dalle pagine degli annunci pubblicitari, dagli opuscoli promozionali, dai cataloghi e dalle riviste.
specificity was first affirmed in the United States in 1954/55 with the name italian line, which related to the car body peculiarities designed by Pinin Farina, destined to strongly influence future American car models. 4 Yet it is also true that the concretization of this idea of beauty was expanded in a seemingly inexhaustible fashion within the field of furnishings and materials for the home. Italian products were synonymous of a style, of originality, of inventive elegance. It was a surprise. And the style was first of all a distinctive notion, a capacity to relate, a communicative attitude of the product and of the object. Italian design products were the first to interpret this communicative function. Yet for it to become a discourse and a narration, it needed to be expressed. This fact was known by protagonists such as Ponti and Rosselli, who created products, yet also designed and invented magazines to speak about them. And it was also known by many companies which, following the house organ phenomenon, published magazines that were cultural as well as promotional. 5 Would the potential of a new material such as plastic have been sufficient for Kartell’s success without the visual narration by Michele Provinciali, who poetically staged the new products, designed and beautiful, within daily contexts? A plastic bucket between peasants in a cow barn, home containers on the parapet of a fleet alongside washing troughs, the dustpan left on the road-sweeper’s usual route: these narrations of the product also act as company images and as the architect-designer’s business card. It was then that industrial design was conveyed through the symbolic values of its image. An image written first of all by graphic designers. It was graphic designers who modelled and visualized a symbolic universe where consumers met products. And before owning the chair or the armchair, the sofa or the house object with a modern design and innovative material, consumers met their images, their names and qualities, within the pages of advertisements, promotional
Albe Steiner
11
catalogo.indd 11
13/04/10 12.16
“Ma in tutti i repertori sul design, negli atlanti, nelle storie recenti, gli oggetti sono mostrati nella loro nudità oggettuale, nella loro scarna essenzialità di artefatti, piccoli o grandi che siano; sono mostrati senza l’aura mitica che il processo di promozione racconta di loro; sono i personaggi di una storia di piccole mitologie quotidiane tirati fuori dall’universo simbolico”. 6 Questo, in prima istanza è avvenuto per una sorta di opposizione e/o pregiudizio degli stessi architetti-designer. Il dibattito della fine degli anni Cinquanta vede la grafica ancora confinata nell’interregno dell’arte minore, lontana dall’insorgente nozione di progetto e succube dell’incalzante affermazione della pubblicità. Ancora nel 1962, Alberto Rosselli dalle pagine di Stile Industria, scriveva: “Se infatti la grafica in linea di principio si può considerare nella stessa sfera d’azione del disegno industriale (in un processo che va dal disegno, alla produzione, al mercato) le espressioni grafiche indirizzate in massima parte verso un’azione pubblicitaria non permettono confronti ed argomentazioni omogenei con il procedimento dell’industrial design che si rivolge soprattutto oggi ad una approfondita ricerca di carattere operativo all’interno dell’industria”. 7 Eppure negli stessi anni l’attento storico e critico d’arte Carlo Ludovico Ragghianti, come pure in precedenza Gillo Dorfles 8, avevano frantumato definitivamente l’opposizione tra arti maggiori e arti minori e messo da parte la divaricazione tra autonomia estetica e eteronomia funzionale del progetto grafico. Per Ragghianti la grafica (e anche la pubblicità) è “funzionalità pratica, sociale, edonistica, emotiva, intellettuale, simbolica insomma comunicativa”. Allora il contributo dei grafici a questa idea totalizzante di modernità e qualità risulta evidente che non possa essere solo confinato alla bidimensionalità di un annuncio o di un manifesto. La grafica è davvero la compagna di strada del design e dell’impresa ad esso orientata. Nella sua dimensione processuale di immagine coordinata la grafica scrive lo scenario e lo stile come costante figurativa delle aziende e dei prodotti. E lo fa con una primaria attenzione
pamphlets, catalogues and magazines. “Yet in all design repertoires, atlases and recent histories, objects are shown in their objective nudity, in their bare essence of artefacts; they are shown without any of the mythical aura given to them by the promotional process; they are the characters of a story made of small daily mythologies, extracted from their symbolic universe”. 6 Initially this happened because of an opposition and/or prejudice on part of architect-designers themselves. The debate of the end of the Fifties still saw graphic design confined to the limbo of minor arts, far from the rising concept of projects and a succubus to the growing affirmation of advertising. In 1962, Alberto Rosselli wrote in Stile Industria that: “If indeed we may conceptually consider graphic design in the same action field as industrial design (in a process that leads from design to production, and from production to the market) graphic design expressions addressed mainly toward an advertising function do not allow for homogenous comparisons with the procedure of industrial design, which now aims above all toward an indepth operative research within the industry”. 7 However in those same years the careful historian and art critic Carlo Ludovico Ragghianti, as previously Gillo Dorfles suggested 8, had definitely destroyed the opposition between major arts and minor arts, and put aside the distance between the graphic project’s aesthetic autonomy and its functional heteronomy. Ragghianti believed that graphic design (and advertising) is “a functionality that is practical, social, hedonistic, emotional, intellectual, symbolic and therefore communicative”. Thus the contribution of graphic designers to this totalizing idea of modernity and quality cannot be confined to the bi-dimensionality of an advertisement or a poster. Graphics are truly the road companion of design and of enterprises oriented towards design. In its dimension of a coordinated image, graphic design writes the scenario and style as figurative constants of
Dante Bighi
12
catalogo.indd 12
13/04/10 12.16
alla responsabilità del produttore di testi grafici e verbali, anche nella sfera più eminentemente persuasiva. Molti degli attori di quest’epoca non si limitano al contributo specifico di vestire con un’immagine il prodotto, ma operano con un vero e proprio atteggiamento registico. Non è un caso che molti di loro, Iliprandi, Tovaglia, Bonini, Noorda, Gregorietti, Munari e altri saranno i protagonisti della fondazione dell’Art Director Club Milano nel 1966. Una sensibiltà questa che porta il grafico a guidare e direzionare i valori e gli obiettivi delle aziende. Già un autore come Enrico Ciuti, amico e attivo collaboratore di Gio Ponti, sviluppa un forte sodalizio con l’azienda di sanitari per il bagno Ideal Standard dalla fine degli anni Cinquanta che non si ferma alla fornitura di pagine pubblicitarie. Nei suoi lavori troviamo un’attenzione illustrativa tanto al prodotto quanto alla lavorazione, ma soprattutto un fattivo contributo ad avvicinare intellettuali ed artisti al mondo aziendale. Nel cuore degli anni Sessanta Giancarlo Iliprandi non si limita per RB Rossana a costruire elementi grafici di forte personalità, squillanti e cromaticamente luminescenti, ma delinea e traccia un lay out iconico attraverso l’apporto di fotografi come Aldo Ballo e Mauro Masera. L’ambiente cucina viene proiettato verso i territori di una sideralità futura. I punti di vista spesso sono a volo d’uccello, con le cucine come prue di un rompighiaccio. Le scene possono contemplare gamme quasi oppositive di situazioni (da un tutto pieno sovraccarico di oggetti e di merci ad un isola deserta dove una ignuda fanciulla giace sdraiata sul piano domestico come su una spiaggia tropicale). C’è una grande capacità di suggerire e di immettere un clima attorno ai prodotti e all’azienda. Una tensione così forte che porta Iliprandi a disegnare i primi modelli di cucina ad isola, interpretando anche le funzioni più tecniche e progettuali della direzione artistica. Anche questo aspetto è molto rilevante per comprendere l’apporto della grafica al successo del Made in Italy. L’aspetto tecnico della comunicazione diventa un presupposto non secondario. Alcuni strumenti di presentazione
companies and products. And it does so with a primary attention to the responsibilities of the producer of graphic and verbal texts, even within the more persuasive spheres. Many of the figures of this time did not limit themselves to the specific contribution of dressing a product with an image: they operated with a true directorial attitude. It was not by chance that many of them, Iliprandi, Tovaglia, Bonini, Noorda, Gregorietti, Munari and others would later found the Art Director Club in Milan in 1966. This sensitivity led graphic designers to sometimes guide and direct the values and objectives of the companies themselves. An author such as Enrico Ciuti, a friend and collaborator of Gio Ponti, developed a strong attachment to the bathroom services company Ideal Standard at the end of the Fifties, going beyond just the preparation of advertisements. In his works we find an illustrative attention to both the product and the production, and above all an actual contribution to try and lead intellectuals and artists closer to the world of enterprises. During the Sixties Giancarlo Iliprandi did not only create graphic elements with a strong personality for RB Rossana, brazen and chromatically luminescent, he instead created an iconic lay out thanks to the contribution of photographers such as Aldo Ballo and Mauro Masera. The kitchen environment is projected toward celestial future territories. Often the points of view he chose were from above, and his kitchens were viewed as if they were the prow of an icebreaker. The scenes contemplated almost oppositional gammas of situations (from incredibly full scenes overcharged with objects and products to a desert island where a naked girl lies on the kitchen board as if she were on a tropical beach). He had a great capacity to suggest and introduce an atmosphere around a product and a company. This tendency led Iliprandi to design the first island kitchen models, thus interpreting even the more technical functions of artistic direction. This is another very important aspect of graphic design’s contribution to the success
13
catalogo.indd 13
13/04/10 12.16
della produzione, come il catalogo o i listini o le schede di prodotto, sono anche modalità per la trasmissione di un modo di intendere e valorizzare il prodotto. Sono utensili utili a formare e guidare chi si occupa della commercializzazione e della vendita. Sono anche medium di presentazione tecnica e d’immagine tra progettisti d’interni e committenza. Questa editoria specializzata assume una rilevanza e una indubbia peculiarità grazie al contributo dei grafici. In uno scenario comunicativo dove si affacciano i primi slogan pubblicitari fortemente manipolatori, dal “Chiamami Peroni, sarò la tua birra” al “Grazie Candy” al “Chi vespa mangia le mele”, questo rilevante segmento di comunicazione del prodotto di consumo porge invece un lato, esso stesso, da prodotto di design. “Ai grafici italiani, al filone progettuale del visual design, a quel modo di fare grafica che è concettualmente omogeneo al product design, si deve l’elaborazione dell’istituzione del catalogo di design, coi suoi standard e le sue variazioni sul tema”. 9 Alcune storie della grafica del Made in Italy Proviamo ora a raccontare alcuni frammenti di questo esteso panorama di autori e di modalità di produzione dell’immagine del furniture design. L’intento non è quello di tratteggiare un escursus storico, data la natura di questa raccolta, quanto di individuare attraverso alcune figure e alcuni casi le peculiarità del contributo della comunicazione visiva. Modalità che hanno costruito lo statuto di rappresentanza di un notevole, ancor oggi, segmento merceologico. Anzi, forse il potente dispositivo visivo attuato allora da singoli autori, studi grafici (all’europea), agenzie (all’americana) e free lance, ha consolidato nel tempo anche i valori di un modello culturale e imprenditoriale che ancora è il riferimento di un approccio e di una tipicità dell’economia nazionale. Quindi si tratta di una casistica necessariamente incompleta ma utile a delineare anche l’evoluzione di una cultura disciplinare e professionale.
of the Made in Italy. The technical aspect of communication became a fundamental premise. Certain instruments for presenting a production, like catalogues or lists or product files, became modalities for transmitting a way of intending and emphasizing the product itself; tools to form and guide those who were responsible for commercialization and sales; mediums for technical and image-related presentations between interior designers and clients. These specialized publications became relevant thanks to graphic designers’ contributions. In a communicative scenario marked by the appearance of the first strongly manipulative slogans, from “Chiamami Peroni, sarò la tua birra” (lit. Call me Peroni, I’ll be your beer) to “Grazie Candy” to “Chi vespa mangia le mele” (lit. Who drives a Vespa eats apples), this relevant segment of product communication offered a designproduct aspect in itself. “The elaboration of the institution of design catalogues, with their standards and variations on the theme, owes its existence to Italian graphic designers, to the trends of visual design, to that approach to graphic design that is conceptually homogenous to product design”. 9 Some stories of Made in Italy Graphic Design This text aims to revisit some of the most important stories from the vast scenario of authors and productive modalities of images in furniture design. Our goal is not to trace a historical excursus, but to identify in certain figures and cases the peculiarities of visual communication’s contribution to productive modalities which influenced a product segment that is still important today. Indeed the powerful visual device introduced by certain authors, graphic studios (in Europe), agencies (in America) and freelance professionals contributed to the affirmation through time of the values of a cultural and entrepreneurial model that is still today a reference point for a typicality of Italy’s national economy. Thus
Enrico Ciuti
14
catalogo.indd 14
13/04/10 12.16
Enrico Ciuti: pittura e design Del rapporto virtuoso tra architetti-designer e artisti-grafici la figura di Enrico Ciuti può esssere considerata quella di un anticipatore. Di formazione artistica (mai tradita e infatti non ha mai smesso di firmare i propri lavori grafici con l’appellativo di pittore), Ciuti ha collaborato con intensità e continuità con il mondo dell’architettura e del disegno industriale. Ha avuto sodalizi lavorativi con gli architetti Luciano Baldassari, Marcello Nizzoli, Gustavo Pulitzer e soprattutto con Gio Ponti, disegnando copertine, manifesti, pannelli ed elementi decorativi. Dagli anni Cinquanta Ciuti ha svolto una solida attività professionale con Ideal Standard, azienda nata nei primi del Novecento, che con la serie PontiZ del 1954, disegnata da Gio Ponti innova il tema del sanitario, mettendo in produzione il primo esempio di design industriale nel settore. Ciuti non offre solo un servizio creativo per la promozione e l’immagine, ma di fatto ne diviene una sorta di consulente artistico. Il suo approccio pittorico, per certi versi affine alla poetica pontiana, modella e illustra l’evoluzione culturale dell’azienda. Ciuti disegna pagine e annunci pubblicitari con tratti e toni delicati offrendo una fisionomia stilizzata dei prodotti. Un parallelo visivo al disegno dei sanitari. Ma a questa istanza illustrativa, Ciuti affianca altri registri, più maturi e coordinati, montando una partitura visiva articolata in grado di affiancare composizioni astratte e geometriche (come negli stessi anni faceva Eugenio Carmi per le acciaierie Italsider) e uso narrativo dell’immagine fotografica, come testimonianza della vita aziendale. È una visione molteplice che unisce felicemente lo spirito nuovo del prodotto, con l’ambiente produttivo e tecnologico dell’azienda. Il tocco gentile di Ciuti oltrepassa la visione e il sentire del “pittore-pubblicitario” a favore di una comunicazione progettata e orchestrata. Questo atteggiamento professionale lo ritroviamo in altre esperienze di Ciuti con la Tecno di Osvaldo Borsani, “un’organizzazione italiana che realizza attraverso una produzione di serie (mobili) di qualità modelli creati dai
we list an incomplete yet useful series of cases that may help to delineate the evolution of a disciplinary and professional culture. Enrico Ciuti: painting and design Enrico Ciuti can be considered an anticipator of the virtuous relationship between architects-designers and artistsgraphic designers. Having studied art (a formation he never betrayed, as demonstrated by the fact he signed all his graphic works as a painter), Ciuti collaborated intensely and continuously with the world of architecture and industrial design. He worked with architects such as Luciano Baldassari, Marcello Nizzoli, Gustavo Pulitzer and above all Gio Ponti, designing covers, posters, panels and decorative elements. Since the NineteenFifties he developed a solid professional activity for Ideal Standard, a company born in the first years of that century, which innovated the theme of sanitary services with the 1954 PontiZ series designed by Gio Ponti, the first example of industrial design in the sector. Ciuti didn’t just offer a creative service for promotion and images, he became a sort of artistic consulent. His pictorial approach, somewhat similar to Ponti’s style, modelled and illustrated the company’s cultural evolution. Ciuti designed advertising pages with delicate strokes and tones, offering a stylized physiognomy of products. A visual parallel for the design of sanitary services. Yet Ciuti also used more mature and coordinated other tones, creating an articulate visual score capable of uniting abstract and geometrical compositions (as Eugenio Carmi did for the Italsider steel industries, during those same years) with a narrative use of photographic images, as a testimony of the company’s reality. This multiple vision happily married the new spirit of the product with the productive and technological environment of the company. Ciuti’s gentle style went beyond the vision of the “painter-advertiser”, creating a planned and orchestrated communication. We can
15
catalogo.indd 15
13/04/10 12.16
più noti architetti e artisti” e la Riello, fabbrica di apparecchi per il riscaldamento e il condizionamento. Lo stile Provinciali La cultura, la storia, il patrimonio artistico, il genius loci, il senso dell’origine, la bizzarria del mistero: sono gli strumenti di Michele Provinciali 10 una ”anomalia” nell’anomalia dello scenario dell’epoca, un’alternativa inaspettata al funzionalismo. L’approccio umanistico si percepisce fin dalle prime fasi del suo operato, dopo la tesi nel 1947, a Urbino, sulla critica raffaellesca, e gli studi a Chicago, alla New Bauhaus. Rientrato in Italia nel 1953, un anno dopo realizza la grafica e l’ordinamento per la sezione Industrial Design della X Triennale di Milano, una mostra destinata a restare nella storia, una data fondativa per il design in Italia. Questo lavoro trasmette pienamente la sensibilità e la poesia che Provinciali infonde ai suoi processi progettuali. Ci si sarebbe aspettato un canone, un ordine e una catalogazione visiva rigida sull’onda dell’impostazione svizzera: invece ci si trova dinnanzi ad un utilizzo imprevedibile dell’oggetto d’uso quotidiano, nella creazione di una poetica capace di trasmettere, senza equivoci, storie, con cui Provinciali vuole sintetizzare i destini e marcare i confini del nascente disegno industriale. L’approccio tenero, magico ed eloquente è l’elemento pregnante del suo operato; egli guarda il mondo del design dal buco della serratura, “…a testa in giù, tutto capovolto. Oppure visto da lontano”. Raffaello Bandini, nel primo numero di Imago (1960) rivoluzionario house organ progettato da Provinciali, sottilinea la componente di ludicità, di attenzione al gioco: “non lo spirito del risultato, ma l’umore che ispira l’invenzione quotidiana. Il piacere di pensare certi oggetti fuori dal contesto ordinario, di scoprirvi una pura materia espressiva, senza assolutamente far ricorso a lenti deformanti, ma lasciando che essi parlino un loro linguaggio diretto e coerente”. 11 Provinciali comunica questo suo sentire attraverso il racconto del progetto, anche nello spazio di una copertina come fa per Stile Indu-
observe Ciuti’s professional attitude also in his works for Osvaldo Borsani’s Tecno, “an Italian organization which realized furniture designed by well-known architects and artists” and for Riello, a company producing heating and air-conditioning devices. Provinciali’s style Culture, history, artistic patrimony, genius loci, sense of origins, mystery: these are the instruments used by Michele Provinciali 10, an ”anomaly” within the time’s anomalous scenario, an unexpected alternative to functionalism. His humanistic approach was evident ever since his first works, which followed his 1947 degree on Raphaelite criticisms, and his studies in Chicago, in the New Bauhaus. Having returned to Italy in 1953, one year later he designed the graphics and layout for the Industrial Design section of the X Milan Triennial, an exhibition destined to go down in history as a fundamental date for Italian design. This experience already fully evidenced the sensitivity and poetic spirit he instilled within his design. We could have expected a canon, a rigid visual order and cataloguing influenced by the Swiss approach: on the contrary Provinciali opted for an unpredictable use of daily objects, and created a vision capable of narrating stories, through which the author aimed to synthesize the destiny and limits of nascent industrial design. His tender, magical and eloquent approach is the most poignant element of his work; he observed the world of design through the keyhole, “…Upside down. Or as seen from a distance”. Raffaello Bandini, in the first episode of Imago (1960), the revolutionary house organ designed by Provinciali, underlined the importance of lucidity, of attention to the game: “not the spirit of results, but rather the mood that inspires daily inventions. The pleasure to think of certain objects outside of their ordinary context, to discover within them a purely expressive content, without deforming them through lenses, but just allowing them to speak their own direct and coherent language”.
16
catalogo.indd 16
13/04/10 12.16
stria, dove intaglia fogli di carta colorata per montare un collage di una poltroncina, ma deposita gli scarti ritagliati con la stessa dignità dell’opera, o come in un’altra per Domus dove allinea a guisa di un tetto di tegole canadesi una cromatica serie di veline per l’incarto delle arance. Il colore è materia, il segno è oggetto. Oppure il suo progetto marca uno scarto inaspettato, bizzarro appunto. Questo metodo, questo suo istinto per indagare nelle forme e nella materia alla ricerca di un massimo di verità degli oggetti fino alla loro codificazione di simbolo, è il suo sistema per costruire l’immagine di un’azienda come la Kartell. Una distanza abissale dai modelli sistematici. Scorrere le pagine pubblicitarie e i cataloghi, sfogliare la rivista aziendale Qualità o maneggiare gli imballi dei prodotti Kartell è un continuo turbinio visivo che trasfigura il prodotto e lo rende racconto e favola. Il progetto di corporate aziendale diventa un progetto orale, il nuovo materiale è visualizzato come il chiaccherare al mercato, fra la gente. Si porge con apparente lievità, ma nasconde un procedimento meditato e raffinato. Provinciali ha il dono di leggere il moderno con gli occhi e gli strumenti di una tradizione, che conserva un infinito percorso di esperienze estetiche uniche, alte e antropologiche, senza distinzione. Il progetto, la grafica è il “luogo frequentato dai fanciulli”. È davvero una cosa unica e rappresenta per certi versi il perfetto parallelo di quello che è stato il disegno industriale italiano, almeno di quello che riconosciamo in figure come i fratelli Castiglioni o in imprenditori come Gavina. Il design italiano, le riviste, le aziende, la grafica sono marchiate da questo approccio. Confalonieri+Negri: grafica a tutto campo Il sodalizio professionale tra Giulio Confalonieri e Ilio Negri iniziato nel 1956 ha veramente fruttato un infinità di marchi e immagini per le aziende del settore dell’arredo. Sfogliando le riviste di arredamento e architettura di quegli anni la loro sigla, spesso completata da nome Studio Industria, appare con inaudita frequenza. Marchi famosi che hanno fatto la storia
11 Provinciali communicated his approach through a narrative design, even in covers such as the ones for Stile Industria, in which he carved coloured paper to create the montage of an armchair – yet depositing the cut-outs with the same dignity of the work itself – or for Domus where he lined up a series of paper-wrappers for oranges as if they were Canadian tiles of a roof. Colour becomes material, signs become objects. Some of his works also underlined unexpected or bizarre effects. This method, this instinct to seek in shapes and materials the maximum degree objects’ truthfulness, to the point of codifying them into symbols, was his system for creating images such as for Kartell, characterized by an abysmal distance from systemic models. When looking at his advertisements and catalogues, when reading the company magazine Qualità or when facing the Kartell products’ packaging, we are sucked into a visual whirlwind that transfigures products and turns them into narrations and fables. Corporate design becomes an oral project, as new material is visualized as if it were people chattering within a marketplace. This approach appears light-hearted, yet hides a deep and refined procedure. Provinciali had the gift of reading modernity through the eyes and instruments of a tradition which conserved an infinite series of aesthetic experiences unique, deep and anthropological. Design is a “place frequented by young boys”, a truly unique moment that represents in many ways the perfect parallel of what Italian industrial design truly was, at least as we know it from figures such as the Castiglioni brothers or entrepreneurs such as Gavina. Italian design, magazines, companies and graphics were all deeply marked by this approach.
Confalonieri+Negri: wide-ranging graphic design The professional collaboration between Giulio Confalonieri and Ilio Negri began in 1956 and truly provided an infinite series of brands and images for furnishing companies. Their initials, often completed by the name Studio Industria, appear frequently within
Michele Provinciali
17
catalogo.indd 17
13/04/10 12.16
del Made in Italy, o altri che nel tempo sono spariti, restano esemplari attraverso i loro progetti. Questo duo di progettisti era davvero speciale. Univa in maniera impareggiabile aspetti diversi del linguaggio visivo. Confalonieri aveva una enorme consapevolezza della forza arcana del segno. Una determinazione a marcare con un segno indelebile. Lo si vede nelle prime prove e in quelle tarde degli inizi degli anni Settanta, realizzate da solo per le cucine Boffi, dove la forza evocativa del segno, sia esso decoro geometrico o allitterazione visiva del marchio, si appropria del campo della pagina. Confalonieri è paradossalmente un solista, molto dotato. Negri è invece il fine arrangiatore, quello che in apparenza può sembrare un ruolo più appartato, è il motore trainante della capacità narrativa dei progetti. Negri ha una maggiore consapevolezza e padronanza, anche per formazione e storia familiare, nel progettare con segni geometrici, figurati e alfabetici. È suo il fraseggio, il disporre articolato e armonico nella pagina. Questo lavorio costante, attento e misurato consente di lasciar spazio all’esplosione visiva di oggetti-simbolo, delle impronte di Confalonieri. Gli annunci e le pagine pubblicitarie, ma anche la costruzione dell’immagine coordinata per Boffi ad esempio, si muove su questi registri. Il lavoro sul marchio, sulla sua declinazione e sulla sua visualizzazione ipertrofica, corre in parallelo con immagini che dispongono i prodotti, assieme a oggetti frugali e quotidiani, con una sorta di disordine come su una bacheca fra le mura domestiche. A fianco di pagine di esasperato bianco e nero, ne troviamo altre con patinature tonali e giochi di sovrastampa cromatica che virano fotografie e particolari dei mobili. Il segno è sempre folgorante e originale. Questo atteggiamento progettuale di Confalonieri e Negri lo ritroviamo per Cassina, per Tecno, per Poltronova, per Delitala, per Mobilia, per Bernini, per Cantieri Carugati, marchi prestigiosi del settore. Ma anche per aziende produttrici di complementi e materiali innovativi per l’edilizia e l’arredo come Fulget, Pirelli,
the furnishing and architecture magazines of those years. Their exemplary projects include famous brands which marked the history of Made in Italy, as well as many others which disappeared through time. This designer duo was truly special, and united in magisterial fashion many aspects of visual language. Confalonieri had an enormous consciousness of signs’ arcane strength. A determination to find indelible signs. We can observe this in his early works and in the early NineteenSeventies images he created for Boffi kitchens, where the evocative strength of signs, geometric decorations or visual alliterations of the brand, fully conquer the field of the page. Confalonieri was paradoxically an extremely gifted soloist. Negri was instead a refined arranger: apparently more secluded, in truth he represented the motor of the projects’ narrative capacity. Negri had a superior consciousness and mastery, also thanks to his formation and familiar history, when it came to designing geometrical, figurate and alphabetical signs. The articulate and harmonic disposal of signs on the page was his fraseggio. This constant, careful and measured work allowed him to find the space for the visual explosions of symbolobjects, Confalonieri’s trademark. This style can be observed in their advertising pages, yet also in the construction of coordinated images, such as for Boffiad. Their work on the brand, on its declinations and hypertrophic visualization proceeded parallel to images that displayed products, as well as frugal and daily objects, in a somewhat disorderly fashion, as if upon a domestic notice board. Alongside pages in an exasperated black and white are others featuring tonal coatings and chromatic overprintings on photographs and furniture details. The duo’s sign is always brilliant and original. Confalonieri and Negri’s approach can be observed in the works developed for prestigious brands of the sector such as Cassina, Tecno, Poltronova, Delitala, Mobilia, Bernini, Cantieri Carugati. Yet also for companies producing building industry complements
Confalonieri + Negri
18
catalogo.indd 18
13/04/10 12.16
Chimica Lucana. Il campo delle industrie del design è stato davvero battuto in lungo e in largo da questi ineguagliabili progettisti. Iliprandi: design, divani e cucine Iliprandi verso la fine degli anni Sessanta assume il ruolo di un polistrumentista. È grafico, illustratore, fotografo, art director, product designer e attivista disciplinare e professionale. Già questo elenco è illuminante. Mentre illustra padiglioni fieristici col fior fiore degli architetti milanesi e fa reportage fotografici per neonate e fiere riviste, l’Abitare di Piera Peroni, guida i momenti cruciali di due importanti aziende del settore: l’Arflex e RB Rossana. Divani, poltrone e cucine. Arflex nata nei primi anni Cinquanta lega il suo nome fin dagli inizi a qualificati progettisti: Marco Zanuso, per i prodotti, Albe Steiner, per l’immagine. Negli anni Sessanta, sotto la guida del fondatore Alberto Burzio, amplia la sua organizzazione aziendale, la gamma dei prodotti e il numero delle collaborazioni artistiche. Iliprandi interviene nella dimensione comunicativa, su due livelli: quello della pubblicità e della promozione alla vendita e quello che lo stesso Iliprandi definisce come “propaganda di prestigio”, quello che oggi definiremmo il territorio valoriale del brand. Questi due livelli “non si incontrano mai, anche se procedono verso il medesimo obiettivo. (…) Protagonista il prodotto, da una parte, la sua forma ed il suo perché; dall’altra l’industria con il suo aspetto formale ed il suo percome”. 12 Quello che in precedenza era una intuizione ora diventa una strategia comunicativa. Attore di questo processo è il grafico, come regista del sistema visivo aziendale. È lui che è in grado di gestire il procedere parallelo dei livelli, ma anche e soprattutto a farli collimare. Così Iliprandi progetta con spigliatezza una stimolante campagna pubblicitaria, molto ragionata e condotta a tavolino, dove la società di allora interagisce col prodotto. Un teatro di figure reali che giocano con il fuoriluogo della loro persona professionale. Con registro ironico, il claim “sediamoci…ogni tanto” invita ad
and materials, such as Fulget, Pirelli, Chimica Lucana. These two unreachable designers truly explored the entire field of design for industries. Iliprandi: design, sofas and kitchens At the end of the Sixties Iliprandi was the true multi-instrumentalist. He was a graphic designer, an illustrator, a photographer, art director and a disciplinary and professional activist. This list of activities is already enlightening. While illustrating fair pavilions with well-known Milanese architects and taking photographs for proud new-born magazines, such as Piera Peroni’s Abitare, he also led the crucial moments of two important companies of the sector: Arflex and RB Rossana. Sofas, armchairs and kitchens. Arflex was born in the Fifties and had immediately associated its name with important designers: Marco Zanuso for its products, Albe Steiner for its image. During the Sixties, led by its founder Alberto Burzio, it widened its company organization, range of products and artistic collaborations. Iliprandi intervened within its communicative dimension on two levels: on one hand advertising and promotion for sales, on the other what Iliprandi himself defined as “prestige propaganda”, which today would be called value territory of a brand. These two levels “never meet, although they both proceed towards the same objective. (…) On one hand the product is the protagonist, with its shapes and reasons; on the other the protagonist is the industry, with its formal aspects and needs” 12. What was previously considered an intuition now became a communicative strategy. The main character of this process is the graphic designer, director of the company’s visual system: only he can manage the aforementioned parallel levels and make them collide. Thus Iliprandi designed a stimulating advertising campaign, fully thought out and planned, in which the society of the time could interact with the product. A theatre made out of true figures playing with their
Giancarlo Iliprandi
19
catalogo.indd 19
13/04/10 12.16
accomodarsi sui divani e sulle poltrone Arflex postini stanchi, ballerine spossate, bersaglieri a riposo, vigili bianco vestiti. E in parallelo allestisce una comunicazione dove il prodotto non c’è e lascia il posto ad una sorta di super-grafica, di nobilizzazione delle subculture e degli slang che la strada comincia a produrre: e quindi una “X” può rappresentare paradossalmente Arflex! Però questi livelli comunicativi “non vivono accanto unicamente inerti, sono il supporto, la strada ferrata per un convoglio di ipotesi commerciali e culturali che avanza per il loro verso, in virtù di un terzo binario che sta accanto. Il lavoro più grosso e più modesto, la forza motrice, la funzione, il corredo informativo è la terza rotaia”. Questa è la sostanziale differenza con il ruolo emergente delle agenzie pubblicitarie. Informare non è persuadere. Informare richiede un atto di accettazione delle responsabilità e dei limiti del comunicare. Annota Iliprandi:”Per immagine coordinata di una azienda, o meglio per coordinamento dell’immagine aziendale di una organizzazione produttiva si intende un metodo progettuale inteso a risolvere un rapporto tra individuazione e consumo, il quale tenga in debito conto: la chiarezza del messaggio, la convenienza di utilizzazione, la semplicità d’uso, la versatilità di ingegno, la razionalità realizzativa, la facilità di identificazione. E poiché il design grafico è la ricerca di un processo metodologico atto a risolvere problemi connessi con tematiche di carattere industriale, (…) esso è un preciso metodo che stabilisce regole normative non solo per una anonima serialità, bensì per il coordinamento totale della comunicazione visiva”. 13 Con la stessa determinazione programmatica e approccio metodologico Iliprandi sviluppa un lungo progetto visivo per RB Rossana, azienda che dal 1960 si è specializzata nel settore delle cucine. Con questa collaborazione, Iliprandi azzera fino in fondo gli steccati dei comparti professionali riaffermando la centralità di quello che stato definito il ruolo del designer-designer. 14 Non solo è l’artefice della comunicazione “multicanale” di RB Rossana “una cucina che si fa amare a prima vista”, ma ne
own professional roles. The ironic claim “sediamoci…ogni tanto” (lit. Let’s sit down... sometimes) invited tired postmen, ballerinas, bersaglieri, policemen to sit on Arflex sofas and armchairs. At the same time Iliprandi set up a communication where the product wasn’t shown, a sort of super-graphic design, a dignifying of the streets’ first subcultures and slangs - where an “X” could paradoxically mean Arflex! However these communicative levels “do not lie side by side inactive, they are the support, the railway for a train of commercial and cultural possibilities which travels in their direction, thanks to a third rail. The most engaging and humble work, the driving force, the function, informative setting is the third rail”. This is the substantial difference from the emerging advertising agencies of the time. To inform is not to persuade. The act of informing requires the acceptance of communication’s responsibilities and limits. Iliprandi wrote: “By coordinated image for a company, or rather by coordination of the company image of a productive organization, we mean a project method aiming to solve a relationship between identification and consumption, that must evidence: the clarity of the message, the convenience and simplicity of the product’s use, the versatile nature of its creation, the rationality behind its realization, as well as how easy it is to identify it. And as graphic design is the research of a methodical process aiming to solve problems involving industrial themes, (…) this is a precise method to establish rules not only for an anonymous serial production, but for the total coordination of visual communication”. 13 With this same methodical determination and approach Iliprandi developed a vast visual project for RB Rossana, a company specialized in kitchens since 1960. Within this collaboration Iliprandi completely knocked down the barriers between professional compartments, re-affirming the role of what has been called the designer-designer. 14 Not only is he the creator of RB Rossana’s
Franco Maria Ricci
20
catalogo.indd 20
13/04/10 12.16
progetta modelli e sperimenta nuove tipologie di prodotto. Nel 1968 disegna il modello Isola, un monoblocco in acciaio inossidabile che è diventato un classico del design. L’orizzonte sperimentale, il fuoco utopico del designer, Iliprandi lo fa divampare anche nella comunicazione, modulando e alternando i linguaggi. In particolare con giochi di contrasto visivo e verbale, a slogan facili e gratificanti, associa immagini solarizzate e dai colori non naturali, fluorescenti. A campagne fotografiche impeccabili nelle inquadrature di Ballo e Masera, affianca manifesti e cartelle serigrafiche sull’uso pop di forme tipiche e parole chiave del mondo domestico e femminile. Esemplare, è infine un manifesto del 1977 Stiamo in casa, che sembra essere il condensato delle controculture giovanili, stampato iridescente come le riviste underground e con un testo (tormentone) che è un parallelo dell’epica beat e dell’affabulazione reiterata della canzone di protesta. FMR e la Scic Nel 1963 Renzo Fornari , un imprenditore edile di Parma, fonda una azienda per la produzione di cucine componibili, sull’onda del successo del modello di ambiente all’americana che aveva già trovato i primi imitatori in Italia, ma dalle basse qualità. L’idea è quella di ispirarsi a questo modello di successo, ma introducendo mobili di buona fattura, dalle linee moderne, dai colori vivaci. Le cucine dovevano essere funzionali e gradevoli. Il nome riassumeva tali concetti: Scic. È proprio da questi presupposti che Ricci disegna il marchio aziendale. Un esagono geometrico che esprime il tema della razionalità e della componibilità. Un segno semplice, molto in linea con lo spirito del tempo, di facile memorizzazione e riproducibilità. Inoltre aperto a possibili suggestioni interpretative: dall’operosità del lavoro domestico, simile a quelle delle api, alla attenzione gentile e femminile come quella di un fiore. È attorno a questo approccio che viene progettata anche la prima serie di annunci e di materiale promozionale. Siamo nel 1966 e
“multichannel” communication, “una cucina che si fa amare a prima vista” (lit. a kitchen which makes itself loved at first sight), he also designed some of the kitchen models and experimented with new products. In 1968 he designed the Isola model, a stainless steel monoblock that became a design classic. Iliprandi allows the experimental horizon of design to influence communication, modelling and alternating languages. In particular with his visual and verbal contrasts: he associates easy and gratifying slogans with fluorescent images with unnatural colours. Thus impeccable photographic campaigns by Ballo and Masera were associated with posters and serigraphic panels regarding the pop use of typical forms and keywords of the domestic and female world. The 1977 poster Stiamo in casa (lit. Let’s stay in) is truly exemplary: a summary of all juvenile anti-cultures, printed in fluorescent colours like underground magazines and featuring a text which quotes beat epics and the reiterated enchantement of songs of protest. FMR and Scic In 1963 Renzo Fornari, a housing entrepreneur from Parma, founded a company for the production of composable kitchens, influenced by the American environment model which was already being imitated in Italy, but on low quality standards. The idea was to start from this successful model while also introducing high quality modern and colourful furniture. The company’s name was clearly inspired by this goal: Scic. These were the premises upon which Ricci based his company brand. A geometrical exagon expressing rationality and composability. A simple sign, akin to the time’s spirit, that could be memorized and reproduced easily, as well as become a subject for interpretative suggestions: from the laborious nature of domestic work, like that of bees, to gentle and feminine attention, like that of a flower. This approach was the foundation for the design of the first series of advertisements and promotional materials. It was 1966 and Ricci
21
catalogo.indd 21
13/04/10 12.16
Ricci appronta una serie di pagine molto coordinate. Unite da un filo narrativo che sembra far proprio e declinare immagini di gusto pop. Le cucine, i prodotti non si vedevano ma la comunicazione era allegra, felice e suggestiva. Il richiamo all’ambiente cucina era evidente attraverso l’uso di immagini di oggetti e di utensili tipici, ma riproposti come icone colorate. Cucchiai, coltelli, grattugie, mezzelune erano riprodotte al tratto e stampate con colori solari e brillanti. Nella gabbia, che ricordava vagamente l’organizzazione dei cassetti per le posate, venivano però associate a riferimenti eterogenei: automobili, scarpe e vestiti, biglietti di viaggio, simboli da cartomante ed altro. Completavano le pagine un uso disinvolto del marchio e del logotipo, che dal nero istituzionale venivano stampati con colori accesi e reiterati fino a diventare giochi grafici e decorativi. I testi avevano il medesimo registro: erano brevi, divertenti e giocosi. L’insieme degli elementi accostati dava una grande originalità alla campagna pubblicitaria, unendo la dinamicità e il brio della giovane azienda ad un’idea festosa dell’ambiente domestico. Ma soprattutto con la capacità di giocare alla costruzione dell’immagine aziendale su diversi piani visivi e comunicativi. I fregi e gli emblemi del cassetto del grafico e del tipografo si mescolano con gli utensili di casa, quelli del cassetto della massaia e della cuoca. La giovinezza aziendale viene ribaltata come valore positivo e lungimirante in una serie successiva di annunci tutti giocati sull’ironia di una futura antichità della Scic. L’uso di una retorica verbo visiva, di modelli tipografici del passato e di emblemi e medaglie da esposizione universale fanno da corredo a testi spiritosi e al limite del non sense. Ma bastava osservare il moderno stabilimento allineato lungo l’autostrada del Sole, una stecca lineare e prefabbricata con il marchio ben in evidenza, per avere certezze e conferme.
prepared a series of extremely coordinated pages, linked to each other by a narrative line capable of understanding and declining pop images. Kitchens and products were not shown, but the communicative tone was happy, joyous and suggestive. The reference to the kitchen was evidenced by the use of images of typical objects and tools as coloured icons. Spoons, knives, graters and chopping knives were sketched and printed in solar and brilliant colours. Within the layout, vaguely similar to the organization of cutlery in a draw, these icons were however associated to heterogeneous references: cars, shoes and clothes, travel tickets, fortune-telling symbols and many more. The pages were completed by a confident use of the brand and logotype, which instead of institutional black were printed in bright colours and reiterated to the point of becoming graphic and decorative games. The association of these elements made the advertising campaign extremely original, marrying the dynamic nature of the young company to a merry idea of the domestic environment, and above all to the capacity to play with the construction of a company image on many visual and communicative levels. The signs and emblems from the graphic designer’s draw suddenly mixed with domestic tools from the draws of housewives and cooks. The company’s young age was then used as a positive value in a successive campaign featuring advertisements based on an ironic future antiquity of Scic. The use of verbal-visual rhetoric, of typographic models from the past, of emblems and medals worthy of a universal expo set the context for humorous texts somewhat close to non-sense. However any doubts about the seriousness of the enterprise could easily be dismissed by the sight of its plant, next to the autostrada del Sole: a linear prefabricated building featuring a large brand sign.
Noorda, Vignelli, Gregorietti: l’affermazione dell’International Style Con Unimark International siamo all’effermazione del progetto come sistema. L’approc-
Noorda, Vignelli, Gregorietti: the affirmation of the International Style Unimark International represents the affirmation of projects as a system. The idea
22
catalogo.indd 22
13/04/10 12.16
cio è quello dell’introduzione di un canone, che porta un posizionamento e uno status in primo luogo all’azienda. Servono capacità di organizzazione, facilità di gestione dell’image complessiva, efficacia della sintesi espressiva. Cose che Unimark International ha sviluppato nelle commesse per la corporate e il design dei sistemi grafici, lavorando per grandi aziende multinazionali. L’Unimark era nata contemporaneamente nel 1965 negli Stati Uniti e in Italia, e nel 1968 poteva contare su uffici a New York, Chicago, Detroit, Cleveland, Johannensburg e Milano. L’approccio sistemico viene applicato anche alla strutturazione dello studio. Il team progettuale è il riflesso dell’articolazione manageriale dell’azienda. C’è la scelta per la costruzione di una struttura allargata per la progettazione. «All’origine dell’Unimark c’è proprio la presa di coscienza della crisi cui sono giunti il metodo e i criteri di lavoro del grafico-designer (…) C’è l’aspirazione ad uscire da quel clima a metà tra l’artistico e il mondano, in cui il grafico operava. L’aspirazione cioè, ad assumere una dimensione professionale in cui ogni aspetto sia esattamente definito. Il tentativo di arrivare cioè all’organizzazione della grafica, sia sul piano della ricerca, sia sul piano della produzione». 15 I progetti di Noorda, Vignelli e Gregorietti giungono a definere quasi dei corollari visivi, la lingua delle company che si muovono nel mondo. Offrono un vestito visivo, conformato, su misura e di alto lignaggio alle aziende del mobile ormai mature e consolidate. L’immagine per Tecno, o per Cassina, o per Brionvega nascono dalla consapevolezza di un posizionamento. I prodotti sono presentati sempre come assoluti visivi, facilitati dalle foto di Aldo Ballo e Oliviero Toscani. Il tutto nero o il tutto argento dei fondi abbaglia. Sono pagine pubblicitarie per aziende che producono pezzi da museo, che ci mostrano prodotti dove il plusvalore estetico è innanzitutto un marchio di distinzione. Sono gli anni del grande successo, del business del design. Ma nell’operare di Unimark non viene mai meno il carattere pragmatico, sintetico e ricettivo. Non si perde la capacità di affiancamento all’azienda. Come ricordava Noorda:
was to create a canon for the positioning of a company and to provide it with a status. This could only be done through an excellent management of the complete image and through a high degree of efficacy in expressive synthesis. Unimark International developed such premises within its works for multinational corporations in the field of corporate images and design of graphic systems. Unimark wa born in the Unites States and in Italy in 1965 and in 1968 could already boast offices in New York, Chicago, Detroit, Cleveland, Johannesburg and Milan. The studio applied its systemic approach also within its internal organization. The design team was conceived as the reflection of the company’s managerial articulation. Unimark International chose to build a vast structure for design. «Unimark’s foundation lies within the knowledge of the crisis of the method and criteria of the graphic-designer’s profession. (…) The studio aimed to overcome the atmosphere of the graphic designer’s work of the time, caught up halfway between art and mundane life. In other words the studio wanted to reach a professional dimension in which all aspects are fully defined, to find an organization of graphic design on the level of both research and production» 15. Noorda, Vignelli and Gregorietti’s projects defined certain visual corollaries that became an actual language for companies worldwide. They offered a new visual suit, elegant and tailor-made, for mature and consolidated companies. The images for Tecno, Cassina, or for Brionvega were born from a consciousness of positioning. Products were shown as visual absolutes in photographs by Aldo Ballo and Oliviero Toscani. The black and silver of the backgrounds was blinding. Advertisements for companies selling museum pieces, for products whose aesthetic value is above all a sign of distinction. Those were the years of the great success, of business of design. Yet Unimark never abandoned its pragmatic, synthetic and receptive nature. Nor did it lose
Salvatore Gregorietti
23
catalogo.indd 23
13/04/10 12.16
“L’Unimark, nel corso di molti anni di attività rivolta allo studio e al progetto dell’immagine aziendale, ha ben compreso che un piano per l’identità di una grande organizzazione produttiva lo si costruisce insieme con l’azienda. Solo la gestione comune dei problemi, l’analisi e poi la discussione dei progetti per le varie funzioni presenti portano ad una maturazione interna all’azienda”. 16
its capacity to enhance its clients. As Noorda stated: “Unimark, over the course of many years of studying and designing company images, fully understood that a plan for the identity of a large productive organization must be built alongside the company itself. Only a shared management of problems, the analysis and discussion of projects for each present function lead to an internal growth within the company”. 16
Note
Notes
Gianni Ottolini, “Il disegno industriale italiano fra cultura degli architetti e piccole imprese”, in: Design italiano, (a cura di) Roberto Rizzi, Anna Steiner, Franco Origoni, Galleria del Design e dell’Arredamento Cantù, 1998 2 Carlo Vinti, Gli anni dello stile industriale, 1948-1965, Marsilio Editori, 2007 3 Gianni Ottolini, op. cit. 4 Enzo Frateili, Continuità e trasformazione. Una storia del disegno industriale italiano 1928 / 1988, Alberto Greco Editore, Milano,1989. Il concetto di “linea italiana” viene ripreso e sostenuto da Bruno Alfieri, un attento osservatore del fenomeno del disegno industriale italiano (in particolare quello automobilistico), nonché raffinato editore della rivista di grafica Pagina, espressione culturale della grafica del Made in Italy. Si veda il suo contributo appunto intitolato “La linea italiana. La terza strada della grafica italiana” in: Ideal Standard Rivista, gennaio-marzo 1966, Milano. 5 Possiamo citarne alcune: dalla rivista della Ideal Standard editata dal 1959 e disegnata da Enrico Ciuti, a Qualità, la rivista aziendale della Kartell, progettata da Michele Provinciali, alla Botte e il violino, edita dal 1964 dalla Mobili Mim, diretta da Leonardo Sinisgalli e disegnata dallo studio CNPT. 6 Gelsomino D’Ambrosio, Pino Grimaldi, “L’immagine del design” in: Lo studio grafico. Da Gutemberg al Piano di identità visiva, Edizioni 10/17, Salerno, 1995. Queste constatazioni anche se riferite ad un quadro temporale più recente, descrivono con precisione una costante del rapporto tra grafica e disegno industriale. 7 Alberto Rosselli, “Grafici e Industrial Design” in: Stile Industria, n.37, aprile 1962, Editoriale Domus, Milano. 8 Gillo Dorfles, “Pubblicità in Italia” in: Pubblicità in Italia 1958/1959 (a cura di A. Boggeri, A. Castellani, R. Ricas, D. Villani, I. Weiss), Editrice l’Ufficio Moderno, Milano, 1959; Carlo Ludovico Ragghianti, “Arte pubblicitaria per la pubblicità” in: Pubblicità in Italia 1962/1963 (a cura di A. Boggeri, A. Castellani, B. Munari, R. Ricas, D. Villani, I. Weiss, A. Giovannini), Editrice l’Ufficio Moderno, Milano, 1963.
Gianni Ottolini, “Il disegno industriale italiano fra cultura degli architetti e piccole imprese”, in: Design italiano, (curated by) Roberto Rizzi, Anna Steiner, Franco Origoni, Galleria del Design e dell’Arredamento Cantù, 1998 2 Carlo Vinti, Gli anni dello stile industriale, 1948-1965, Marsilio Editori, 2007 3 Gianni Ottolini, op. cit. 4 Enzo Frateili, Continuità e trasformazione. Una storia del disegno industriale italiano 1928 / 1988, Alberto Greco Editore, Milano,1989. The concept of an “Italian line” was elaborated by Bruno Alfieri, a careful observer of the Italian industrial design phenomenon (in particular in regards to the car industry), as well as a refined editor for the graphic design magazine Pagina, the cultural expression of the Made in Italy graphic design. We suggest the reading of his “La linea italiana. La terza strada della grafica italiana” in: Ideal Standard Rivista, January-March 1966, Milan. 5 We can quote a few: from the Ideal Standard magazine published since 1959 and designed by Enrico Ciuti, to Qualità, the Kartell company magazine, designed by Michele Provinciali, to Botte e il violino, published since 1964 by Mobili Mim, directed by Leonardo Sinisgalli and designed by the CNPT studio. 6 Gelsomino D’Ambrosio, Pino Grimaldi, “L’immagine del design” in: Lo studio grafico. Da Gutemberg al Piano di identità visiva, Edizioni 10/17, Salerno, 1995. These statements, even if they refer to a more recent period, describe a constant element of the relation between graphic design and industrial design. 7 Alberto Rosselli, “Grafici e Industrial Design” in: Stile Industria, n.37, April 1962, Editoriale Domus, Milan. 8 Gillo Dorfles, “Pubblicità in Italia” in: Pubblicità in Italia 1958/1959 (curated by A. Boggeri, A. Castellani, R. Ricas, D. Villani, I. Weiss), Editrice l’Ufficio Moderno, Milan, 1959; Carlo Ludovico Ragghianti, “Arte pubblicitaria per la pubblicità” in: Pubblicità in Italia 1962/1963 (curated by A. Boggeri, A. Castellani, B. Munari, R. Ricas, D. Villani, I. Weiss, A. Giovannini), Editrice l’Ufficio Moderno, Milan, 1963. 9 Giovanni Anceschi, “Suggestioni pubblicitarie 64/74” in:
1
1
24
catalogo.indd 24
13/04/10 12.16
Giovanni Anceschi, “Suggestioni pubblicitarie 64/74” in: Pubblicità in Italia 85, Editrice l’Ufficio Moderno, Milano, 1984. 10 Giorgio Celli, Michele Provinciali. Il mondo pensato per oggetti, Edizioni Nobili, Pesaro, 1979; ‘Provinciali’, Fratelli Alinari Editrice, Firenze, 1982; Gillo Dorfles, ‘Provinciali’ sentimento del tempo, Grafis Edizioni, Bologna, 1986; Michele Provinciali, Una didattica per la sperimentazione senza limiti di protocollo, opuscolo tipografico senza editore, Fano, 1998; ‘Provinciali’. Antipasti, a cura di M. Piazza, Aiap Edizioni, Milano, 1999; Mario Piazza, “Le storie visive della Triennale” e “Michele Provinciali: il demone bizzarro” in: Come Comete. Annunci e messaggi nella grafica della Triennale, a cura di S. Annicchiarico e M. Piazza, Charta, Milano, 2004. 11 Raffaello Bandini, “Le saponette di Michele Provinciali” in Imago, n. 1, Clichés Bassoli, Milano, 1960. Imago era un fantastico contenitore di meraviglie ideato e progettato da Provinciali che chiamava a raccolta poeti, grafici e fotografi per un’ideazione inusuale e fuori formato. Era splendidamente stampato dall’officina di arte grafica A. Lucini di Milano. 12 Giancarlo Iliprandi, “Arflex. La comunicazione visiva” in: Ottagono n. 30. 1973, Editrice CO.P.IN.A., Milano 13 Giancarlo Iliprandi, op. cit. 14 Giovanni Anceschi, “Sfumature semantiche di Iliprandi”, in Giancarlo Iliprandi, Ricerca e/o sperimentazione, Edizioni Progresso Grafico, 2009. 15 Mario Boeri, “Unimark International”, in 2dimensioni, n.4, gennaio, 1969, Editore Grafiche A. Nava, Milano. 16 Da: “Una filosofia d’immagine e comunicazione per le Ferrovie. Un incontro con Bob Noorda” Mario Piazza (a cura di) in: Notizie Aiap, n. 3, ottobre 1995, Aiap Edizioni Milano, pg. 5-6. 9
Pubblicità in Italia 85, Editrice l’Ufficio Moderno, Milan, 1984. 10 Giorgio Celli, Michele Provinciali. Il mondo pensato per oggetti, Edizioni Nobili, Pesaro, 1979; ‘Provinciali’, Fratelli Alinari Editrice, Florence, 1982; Gillo Dorfles, ‘Provinciali’ sentimento del tempo, Grafis Edizioni, Bologna, 1986; Michele Provinciali, Una didattica per la sperimentazione senza limiti di protocollo, unpublished typographic pamphlet, Fano, 1998; ‘Provinciali’. Antipasti, curated by M. Piazza, Aiap Edizioni, Milan, 1999; Mario Piazza, “Le storie visive della Triennale” and “Michele Provinciali: il demone bizzarro” in: Come Comete. Annunci e messaggi nella grafica della Triennale, curated by S. Annicchiarico and M. Piazza, Charta, Milano, 2004. 11 Raffaello Bandini, “Le saponette di Michele Provinciali” in Imago, n. 1, Clichés Bassoli, Milan, 1960. Imago was a fantastic magazine, invented and designed by Provinciali, which united poets, graphic designers and photographers within an unusual and off-format creation. It was also printed magnificently by the Milan graphic art workshop A. Lucini. 12 Giancarlo Iliprandi, “Arflex. La comunicazione visiva” in: Ottagono n. 30. 1973, Editrice CO.P.IN.A., Milan 13 Giancarlo Iliprandi, op. cit. 14 Giovanni Anceschi, “Sfumature semantiche di Iliprandi”, in Giancarlo Iliprandi, Ricerca e/o sperimentazione, Edizioni Progresso Grafico, 2009. 15 Mario Boeri, “Unimark International”, in 2dimensioni, n.4, January, 1969, Editore Grafiche A. Nava, Milan. 16 From: “Una filosofia d’immagine e comunicazione per le Ferrovie. Un incontro con Bob Noorda” Mario Piazza (curated by) in: Notizie Aiap, n. 3, October 1995, Aiap Edizioni, Milan, pg. 5-6.
25
catalogo.indd 25
13/04/10 12.16
GIANCARLO
ILIPRANDI
Giancarlo Iliprandi (Milano, 1925) approda tardi, da autodidatta, alla progettazione grafica. Dopo la maturità scientifica e aver frequentato la Facoltà di Medicina, si diploma in pittura e scenografia all’Accademia di Brera. Sono del 1955 le prime collaborazioni grafiche per allestimenti RAI e Montecatini (insieme ai Castiglioni), le prime consulenze per l’Ufficio Pubblicità della Rinascente. I maggiori interventi progettuali si collocano tuttavia negli anni Sessanta e vanno dal product design all’art direction di riviste quali «Sci nautico» e «Popular Photography Italiana», dall’immagine coordinata per le aziende RB Cucine, Ankerfarm, Arflex, alla consulenza per l’Ufficio Propaganda della Standa; dalla grafica per le edizioni Diaframma, Avanti, Treccani, alla collana discografica Dischi del Sole. Ottiene il Gran Premio Internazionale alla XII Triennale di Milano (1964). Come membro del gruppo di ricerca della Società Nebiolo, elabora con altri progettisti, i caratteri Forma e Modulo; quest’ultimo viene premiato all’edizione 1979 del Compasso d’Oro. Sempre nel 1979 ottiene il Compasso d’Oro per il redesign della grafica strumentale della Fiat 131 Supermirafiori. Membro fondatore dell’Art Director’s Club di Milano, di cui è stato due volte presidente, ha ricoperto la medesima carica nell’ADI (1998-2001), nel Beda (1988) e nell’Icograda (1991-1993). Docente presso la Società Umanitaria, l’ISIA di Urbino, l’Istituto Europeo di Design e il Politecnico di Milano, il quale gli ha conferito la Laurea ad Honorem nel 2002. Intensa l’attività editoriale. Socio onorario Aiap. (LG)
Giancarlo Iliprandi (Milan, 1925) began his graphic design activity, as a self-taught professional, quite late in his life. After earning a scientific high school diploma and frequenting the Faculty of Medicine, he obtained a diploma in painting and set design from the Brera Academy. In 1955 he began collaborating with RAI and Montecatini (alongside the Castiglioni brothers), as well as acting as a consultant for the Advertising Office of La Rinascente. His major works date back to the Sixties and vary from product design to art direction for magazines such as «Sci nautico» and «Popular Photography Italiana», from the coordinated design of companies like RB Cucine, Ankerfarm, Arflex, to consultancies for the Propaganda Office of Standa; from graphic design for publishing houses such as Diaframma, Avanti, Treccani, to the record series Dischi del Sole. He won the International Grand Prize at the XII Triennial of Milan (1964). As a member of the research group Società Nebiolo he elaborated, with other designers, the Forma and Modulo fonts; the Modulo font earned him a prize in the 1979 edition of the Compasso d’Oro. In 1979 he also won the Compasso d’Oro for the redesign of instrumental graphics of the Fiat 131 Supermirafiori. He is a founding member and two times president of the Milan Art Director’s Club; he was also president of ADI (1998-2001), Beda (1988) and Icograda (1991-1993). He taught within the Società Umanitaria, ISIA in Urbino, the European Institute of Design and in the Politecnico di Milano, which awarded him with an Honorary Degree in 2002. He is an honorary member of Aiap. (LG)
104
catalogo.indd 104
13/04/10 12.20
Giancarlo Iliprandi RB Rossana 1969
105
catalogo.indd 105
13/04/10 12.20
Giancarlo Iliprandi RB Rossana 1968 - 1969
106
catalogo.indd 106
13/04/10 12.42
Giancarlo Iliprandi RB Rossana 1969 - 1970
107
catalogo.indd 107
13/04/10 12.20
Giancarlo Iliprandi RB Rossana 1971
108
catalogo.indd 108
13/04/10 12.20
Giancarlo Iliprandi RB Rossana 1971
109
catalogo.indd 109
13/04/10 12.20
Giancarlo Iliprandi RB Rossana 1986
110
catalogo.indd 110
13/04/10 12.20
Giancarlo Iliprandi RB Rossana 1977
111
catalogo.indd 111
13/04/10 12.20
112
catalogo.indd 112
13/04/10 12.21
113
catalogo.indd 113
13/04/10 12.21
114
catalogo.indd 114
13/04/10 12.21
Giancarlo Iliprandi Arflex 1970 - 1973
Giancarlo Iliprandi Arflex 1970
115
catalogo.indd 115
13/04/10 12.21
Giancarlo Iliprandi Arflex 1970
116
catalogo.indd 116
13/04/10 12.21
117
catalogo.indd 117
13/04/10 12.21
Giancarlo Iliprandi Arflex 1974
catalogo.indd 118
13/04/10 12.21
Giancarlo Iliprandi Arflex 1972
119
catalogo.indd 119
13/04/10 12.21
Giancarlo Iliprandi Arflex 1967
120
catalogo.indd 120
13/04/10 12.21
Giancarlo Iliprandi Arflex 1972
121
catalogo.indd 121
13/04/10 12.21