Anno 1 • •
Copia omaggio
Le Corbusier
Numero 7
solo la natura è ispiratrice
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Novembre 2009
“la continuità nel tempo”
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SOMMARIO
NOVEMBRE 2009
direttore editoriale Mariela A. Gizzi
[email protected] direttore responsabile Francesca d’Aloja
[email protected] AMMINISTRAZIONE Raimondo Cappa
[email protected] redazione
[email protected] Laura Pagnini (coordinamento)
[email protected] progetto grafico e impaginazione Insider Srl
[email protected] Federica Favale (collab. grafica)
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SCI: SI APRE LA STAGIONE FORMELLO FIDIA VOLLEY SPORT
INTERVISTA
TOY SOLDIER
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MERCATINI DI NATALE
SERGIO LEONE
STEVE LA CHANCE
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PERCORSI DEL BUON GUSTO
FIABE DALL’OCEANIA
VIAGGIO NELLO STILE
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COLLEZIONISMO
pubblicità 335 8023548 pubblicità@insidermagazine.it hanno collaborato Alberto M. Castagna Angelo Troiani Antonella Pirolli Camillo Tondi Carlotta Miceli Picardi Carlo Santi Delfina Giannattasio Elvira Carosi Francesco Mantica Gianni Boninsegna Jacopa Stinchelli Laura D’Ambrosio Laura Mocci Luca Bernabei Maria Laura Perilli Raffaele Pannella Tatiana De Monte Tullio Di Donato Valentina Falcinelli Valeria Gruppo Immobiliare stampa Fotolito Moggio Via Strada Galli, 5 Villa Adriana - Roma
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ITINERARI
KENYA VIAGGI
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PETRA
GUESS
ITINERARI
MODA
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GOLF: COSTANTINO ROCCA SPORT
ENOGASTRONOMIA
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ANNO 1 - NUMERO 7 Copia omaggio novembre 2009 Registrazione presso il Tribunale di Roma al n. 58/2009 del 25/2/2009 è vietata la riproduzione anche parziale di testi, grafica, immagini e spazi pubblicitari realizzati da: INSIDER MAGAZINE Srl
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Formello Zona Industriale
CINEMA
FUMETTI
INTERVISTA
ARCHITETTURA
ERRATE CORRIGE Per un errore redazionale, l’articolo “L’Italia vola a ritmo d’oro”, pubblicato sul numero di ottobre, è stato attribuito a Daniele Poto invece che al reale autore Carlo Santi. Autrice dell’articolo “Orto botanico nel cuore di Trastevere” è la Prof. Loretta Gratani. Ce ne scusiamo con gli interessati.
Insider
PETRA, LA CITTÀ SCOLPITA NELLA ROCCIA
“Petra è il più bel luogo della terra... non per le rovine, ma per i colori delle sue rocce tutte rosse e nere con strisce verdi e azzurre e per le forme delle sue pietre e guglie… Non saprai mai che cosa sia Petra in realtà, a meno che tu non ci venga di persona”.
di Laura Pagnini
Thomas E. Lawrence (Lawrence d’Arabia)
D in viaggio con l’unesco
D
ichiarata nel 1985 Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO e proclamata nel 2007 una delle Sette Meraviglie del Mondo Moderno, Petra, regina dei tesori nazionali della Giordania, rappresenta un capolavoro di architettura e ingegneria idraulica unico nel suo genere. Il nome attribuitole in realtà non è quello originario, ma la traduzione greca (πε´τρα) di Sela (in ebraico “roccia”), termine con cui la Bibbia designa la capitale del regno di Edom. Posta a circa 250 km a Sud di Amman, in un bacino tra le montagne ad Est della grande valle di Wadi Araba, estesa dal Mar Morto fino al Golfo di Aqaba, fu una città edomita fino a quando, intorno al 500 a.C., i Nabatei - una popolazione araba che gestiva i traffici dei carovanieri nella tratta settentrionale della Penisola Araba tra Al-Hijr (Mada¯’in Sa¯lih) e la costa mediterranea - ne fecero la capitale del proprio regno, abbandonando così il nomadismo. Poiché nascosta tra montagne invalicabili, essa costituiva una fortezza imprendibile e una postazione strategica dalla quale era possibile dominare le rotte commerciali dell’antica Arabia, imponendo pedaggi e proteggendo le carovane cariche di pelli di animali, avorio africano, spezie e sete indiane. Il Regno Nabateo durò diversi secoli e Petra divenne una città ammirata ovunque per la sua cultura, architettura e il suo ingegnoso complesso di dighe e canali. Scomparsi i Nabatei, nel 106 venne annessa all’Impero Romano, entrando a far parte della Provincia d’Arabia che, proprio da questa, prese il nome di Arabia Petrea. Dal IV secolo la città appartenne all’Impero d’Oriente e fu sede di un Episcopato. Seguì un breve periodo di occupazione, durante la presenza crociata in Palestina e poi fu la volta della conquista musulmana. Da quel momento non se ne ebbero più notizie fino al 1812, quando venne “riscoperta” dall’esploratore svizzero Johann Ludwig Burckhardt. Petra, la “città rosa”, è unica al mondo sia per la sua spettacolare collocazione - nelle profondità di una stretta gola nel deserto, a 1100 metri sul livello del mare - sia per il fatto di possedere molti edifici scavati nella roccia. Quest’ultima, l’arenaria policroma di età paleozoica, è il risultato della sedimentazione e dell’accumulo di piccoli granelli di sabbia in strati o bancate e ha come peculiarità le variazioni di colore - dal verde all’azzurro, dal rosso fuoco al giallo ocra, fino al bianco - dovute alla diversa concentrazione degli ossidi generatasi durante il lungo processo di consolidamento.
Khasneh al Faroun
Interno Khasneh al Faroun
11 Chi vorrà godere del fascino delle straordinarie striature multicolore, allora dovrà attendere le prime ore del mattino o del tardo pomeriggio. L’ingresso più caratteristico della città, raggiungibile solo a piedi o a cavallo, è quello a Est, attraverso il quale si accede a un canyon, o Siq - lungo circa 1,5 km e profondo fino a 200 metri - generatosi durante un terremoto preistorico. Qui, procedendo lungo il corridoio - che nel punto più stretto è ampio appena 2 metri - si possono osservare iscrizioni in linguaggi antichi, stanze ricavate nell’arenaria e, in ultimo, il monumento più bello di Petra: il Khasneh al Faroun o Tesoro del Faraone, scavato interamente nella roccia e reso famoso dalla sequenza finale del film “Indiana Jones e l’ultima Crociata” (1982). Proseguendo ancora per sentieri e salite, ci si imbatte in centinaia di tombe, facciate di templi, sale funebri e bassorilievi; ma, soprattutto, nello spettacolare palazzo tombale in stile romano, nel gigantesco Deir (monastero) e nel teatro da 3.000 posti del I secolo d.C., nonché nel Museo Archeologico che ospita un’ampia collezione di ritrovamenti. Per effettuare un tour completo del grandioso complesso di rovine, una settimana non è sufficiente. Oltre a costituire un sorprendente modello di architettura, Petra rappresenta anche un eccezionale esempio di ingegneria idraulica, grazie al sistema di distribuzione idrico - paragonabile a quello di Roma nella stessa epoca che fece della città una vera e propria “oasi artificiale” nel mezzo di una regione semidesertica. Esso era progettato per raccogliere e distribuire l’acqua, superando i forti dislivelli del terreno attraverso sbarramenti e cisterne a cielo aperto. Nel Siq l’acqua scorreva all’interno di gallerie scavate nella roccia e intonacate con gesso impermeabile e in una rete idrica in leggera pendenza, realizzata con tubi in terracotta o ceramica, che alimentava l’acquedotto, 200 cisterne, i bacini di raccolta e un ninfeo adibito a fontana pubblica. Una seconda rete di maggiore portata raccoglieva a sua volta l’acqua da sorgenti più lontane, in modo da rifornire i quartieri situati in alto. L’intero sistema, completato da un gran numero di cisterne sotterranee, era in grado di far giungere a Petra circa 40 milioni di litri di acqua al giorno ◆
Deir
Tombe
Teatro
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P P
LiBeri di sognare
ensate ai luoghi più belli del mondo, lasciatevi trasportare dall’immaginazione attraverso riserve naturali sconfinate, ripide montagne, spiagge perfette e verso tutto ciò che più vi affascina. Sognate le destinazioni migliori per l’avventura, il relax, la cultura e lo sport. Poi, immaginate tutti questi luoghi raccolti in un solo paese: il Kenya. Situato sulla parte orientale dell’Africa, il Kenya è la terra delle savane sconfinate, dei parchi marini e naturali, dove trovare animali che in nessun’altra parte del mondo è possibile vedere. Il Kenya si vive come un viaggio “Safari” attraverso la natura selvaggia e le profonde tradizioni culturali del suo popolo: in qualunque luogo si decida di andare, la gente, gli animali e gli spazi infiniti lasceranno un ricordo indelebile e un senso di appartenenza a questo mondo. I primi esploratori europei approdarono sulla costa kenyana con il proposito di grandiosi viaggi nell’ignoto. I loro portatori chiamarono questi viaggi “Safari”. Un Safari in Kenya è in realtà un viaggio bellissimo nel cuore dell’Africa nera, dove è possibile ammirare il tripudio della natura, con il rispetto per l’incredibile magia che il paesaggio africano sa offrire; dove è possibile vivere la savana a 360°, ascoltarne i rumori, scoprire le abitudini degli animali che la popolano e dormire in campi tendati o in lussuosi lodge.
SIAMO IN AFRICA di Tatiana De Monte
I Safari naturalistici del Sud offrono un maestoso spettacolo, attraverso i parchi del Lago Nakuru, Amboseli, Masai Mara e Tsavo. Il Masai Mara, aperto nel 1961, è uno dei Parchi più famosi dell’Africa. Estensione naturale del Serengeti in Tanzania, copre un’area di circa 300 km. Quando le piogge ne riportano in vita le praterie, nelle ampie pianure rimbomba il tuono degli zoccoli di un milione e mezzo di gnu, in migrazione dal Serengeti verso il Nord. Lo spettacolo che ne risulta è una visione che supera ogni immaginazione ed è considerato uno dei più suggestivi al mondo. Il Tsavo è invece il Parco più esteso del Kenya, con i suoi 20.000 kmq, diviso dalla strada Nairobi-Mombasa in Parco Est, non del tutto visitabile e Parco Ovest, caratterizzato da foreste fluviali, montagne, laghi e vaste pianure. Qui si incontrano leopardi, antilopi, elefanti, ippopotami, coccodrilli e uccelli acquatici. Il Nakuru National Park a sua volta comprende il lago Nakuru, teatro di uno degli spettacoli ornitologici più belli del mondo: centinaia di migliaia di fenicotteri rosa ricoprono il bacino per nutrirsi di alghe e colorano di rosa il cielo quando si alzano in volo. Infine, all’Amboseli National Park - soprannominato anche Terra dei Giganti, per la più alta concentrazione di elefanti -
l’attrazione maggiore è il Kilimangiaro, con la vetta a c.a. 5900 mt., sempre innevata. La sistemazione logistica per pernottare durante un Safari dipende dallo spirito con cui si desidera vivere questo tipo di esperienza. Per chi vuole essere più a contatto con la natura, i campi tendati sono la soluzione migliore, pur mantenendo tutti i comfort, con bagni privati e spazi ben definiti. Quasi sempre la tenda è montata su un basamento di cemento e ricoperta dal caratteristico tetto di makuti, per proteggerla dal sole caldo del giorno e dalla pioggia. Davanti vi è un’ampia veranda con sedie e tavolini, mentre nella parte posteriore è posta la zona servizi, semplice ma funzionale: wc da una parte e doccia con acqua calda o fredda dall’altra. Ristorante, bar, sala di lettura sono anch’essi ubicati sotto grandi tende. Alcuni campi tendati sono di gran lusso. Ne è un esempio il Cottar’s Camp, situato in una concessione esclusiva all’interno del Masai Mara, al confine con il Serengeti, con ampie tende e verande dotate di spettacolari viste sul parco. L’arredamento è costituito da mobili in legno antico e il pavimento è ricoperto da splendidi kilims stile anni ’20. Unico dettaglio moderno è il bagno con acqua corrente calda e fredda e doccia, ma con lavandini e candelabri d’epoca. La cucina è ottima e i pasti sono serviti con posate d’argento e bicchieri di cristallo. Premiato da più riviste specializzate quale migliore campo tendato del 2003, dispone di una bella piscina che permette di riposarsi dopo gli emozionanti fotosafari, ammirando il meraviglioso panorama offerto dal Masai Mara, coccolati da rilassanti massaggi. Soggiornare una o più notti in un campo tendato rende più intima e autentica l’esperienza africana e in alcuni casi è anche l’unica sistemazione possibile. In alternativa si possono scegliere i lodge. Nel Kenya settentrionale si trova il Loisaba Wilderness, costruito in pietra e legno, con vista sul Mount Kenya. Ogni camera ha ampie vetrate che si affacciano su di una veranda privata. Tutto l’arredamento è stato fatto artigianalmente dalla mano d’opera locale; ma la sua peculiarità eccezionale sono gli “skybeds”, letti situati su piattaforme di legno semicoperte da tettoie in paglia, che possono anche essere spostati nella
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15 zona scoperta per provare l’emozione di una meravigliosa notte sotto le stelle africane. Il lodge dispone anche di un’attrezzatissima Spa, in grado di offrire rilassanti massaggi e trattamenti di bellezza per rendere ancora più speciale il soggiorno. Un lodge nascosto e segreto nel mezzo del Meru National Park è l’Elsa’s Kopje, sulle colline Mughwango, il luogo originario del campo di George Adamson, reso famoso dal film autobiografico “Nata libera”. I cottage, in sasso e legno, sono il prototipo della “stanza con vista” dal raffinato design e decorati con pezzi unici di artigianato locale, naturalmente incorporati nell’altura di roccia che li ospita e dotati di piscina centrale e condivisa che guarda le pianure del Meru. La struttura dispone di una “honeymoon suite”, gioiello romantico disposto su 3 piani, che garantisce privacy e isolamento in uno dei luoghi più belli e selvaggi.
GOLF IN KENYA, DOVE LA NATURA DIVENTA GREEN
Il Safari Costiero
Sulla Costa Sud ci sono le più ampie spiagge bianche e una vasta gamma di servizi di ricezione. Dalle stazioni balneari a conduzione familiare, ai campeggi vicini alle spiagge; dalla pesca e le immersioni con i delfini, alla visita alle grotte lungo la costa; dalle escursioni nelle foreste, alla fantastica cucina e alla selvaggia vita notturna. Ma uno dei tratti di costa più belli del Kenya si trova a nord di Mombasa, a circa 25 km a sud-ovest di Malino, nella località di Watamu. Qui le spiagge sono bianchissime e il mare turchese è popolato da coralli e pesci di tutti i colori. Watamu è famosa per i suoi resort, ma sopratutto per la magnifica posizione in un tratto di costa mosso da tre baie susseguenti: Watamu bay, Blu Lagoon e Turtle bay. Quella più particolare è Watamu Bay, con una serie di isolotti di fronte, alcuni ricoperti da vegetazione; ma tutte e tre diventano particolarissime con la bassa marea, con i cordoni di sabbia che si uniscono tra di loro in una serie di spiagge grandissime. Il periodo migliore per gustarle appieno è quello che va da dicembre fino ad aprile inoltrato; poi le piogge tendono a convogliare sedimenti nei fiumi e questi intorbidiscono le acque del mare e fanno la loro comparsa distese di alghe che rendono meno piacevoli agli occhi le coste esposte.
Sono pochi al mondo i luoghi in grado di offrire tutti gli ingredienti per una perfetta “vacanza golf” e il Kenya, con i suoi 40 campi, è tra questi. La sua natura prorompente e lussureggiante ospita magnifici green dove anche il golfista più esigente potrà misurarsi sugli impegnativi percorsi disegnati con standard internazionali di grande qualità e al tempo stesso estasiarsi al cospetto di incantevoli panorami. Inoltre, le favorevoli condizioni climatiche, sugli altopiani così come sulla costa, ne fanno una meta ideale per giocare tutti i mesi dell’anno. Il golf si abbina a una raffinata ospitalità in lodge di charme, da cui partire per i Safari in una delle 53 riserve naturali e parchi nazionali nelle vicinanze dei campi. Fin dai primi anni del ‘900, gli inglesi hanno saputo realizzare spettacolari campi nelle più belle zone del paese - la Rift Valley, i monti Aberdare, le pendici di un vulcano, le nevi perenni del Mount Kenya, tra le dolci casuarine e i palmeti affacciati sull’Oceano Indiano - trasformando il gioco del golf in Kenya in un’esperienza unica e inimitabile. Nairobi ospita ben 7 campi. Fondato nel 1906, il primo a 18 buche è il blasonato Royal Nairobi Golf Club, mentre il più recente è il Golf Park, 9 buche “pay & play” progettate da David Jones nell’ippodromo di Nairobi. Al Muthaiga Golf Club si gioca il Kenya Open, avvenimento PGA tra i più attesi della stagione golfistica. Molti dei campi si trovano a oltre 1.500 mt d’altitudine, garantendo ai tiri 10% di yardage in più. Il Kenya non offre le golf cart, ma il lusso dei portamazze, che solitamente sono anche dei bravissimi giocatori, in grado di dare utili consigli e assistenza durante il colpo. Negli altipiani le temperature massime toccano i 20°, mentre sulla costa i 30°. Anche durante le due stagioni delle piogge aprile e novembre - è possibile praticare il golf, poiché la pioggia normalmente cade di sera e quasi mai quindi durante una partita ◆
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L’ARTE DEL MOSAICO
L’ETÀ CRISTIANA di Laura Mocci
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Aquileia
a voglia e il desiderio di dedicarsi a temi legati alla cultura cristiana portano lentamente alla scomparsa di temi figurati dalle pavimentazioni. Ancora presenti in ambiti periferici, dove compaiono soggetti legati alla mitologia (Faenza) o alla cristianità (Aquileia), nei mosaici pavimentali sembrano farsi avanti motivi ornamentali dalle proporzioni più ampie, quasi si avvertisse una certa resistenza a collocare sul pavimento motivi religiosi. In questo contesto è il mosaico parietale a trovare una maggiore forza e diffusione. Nato sulla scia di quello pavimentale, ne riprende la tecnica, adattandola alle proprie esigenze. Gli strati di malta sotto la superficie di tessere passano da due a tre e il terzo, arricchito con polvere di marmo, acquista maggior potenza coesiva. Su quest’ultimo strato, quando è ancora umido, viene tracciata la composizione. La superficie scabra dell’impasto, che nei mosaici pavimentali viene levigata accuratamente, diventa funzionale alla rifrazione della luce sulle singole tessere. Determinante per l’effetto estetico è ora il rapporto fra immagine e osservatore. Un’apparente mancanza di finitezza costringe a contemplare l’insieme da lontano, sottolineando lo scopo che le raffigurazioni hanno nel mondo cristiano, ovvero istruire oltre che ornare. Realizzati principalmente in pasta vitrea, i mosaici mostrano una vivacità funzionale al significato delle immagini rappresentate. Nel IV secolo l’abside è ancora riservata al Cristo e agli apostoli, ma quando, con Papa Damaso (366384), si diffonde il culto delle reliquie, i Santi, dapprima timidamente, poi sempre con maggior vigore, arrivano a occupare le absidi. Il più antico mosaico cristiano conservato in una chiesa è quello di Santa Pudenziana a Roma (390 d.C.), raffigurante il Cristo circondato dagli apostoli, di fronte a una veduta di città reale. Nella composizione, il realismo è accentuato dalla scelta dei particolari della città raffigurata. Che si tratti di Roma o Gerusalemme, sono le capacità disegnative del mosaicista, che utilizza elementi tratti dalla tradizione classica, a rendere credibile l’immagine.
Cappella di Sant’Aquilino
Santa Pudenziana a Roma (390 d.C.)
Lo stesso accade nella cappella di Sant’Aquilino, nella chiesa di San Lorenzo Maggiore a Milano, databile alla fine del IV secolo. La raffigurazione del Cristo circondato dagli apostoli è pensata in termini spaziali: basti osservare i loro piedi per notare come essi siamo sentiti come reali. Anche il Cristo, pur collocato in posizione sopraelevata, mostra la mano sinistra perfettamente scorciata. Unica novità è l’uso delle tessere dorate. Il legame di queste maestranze con la più raffinata tradizione tardo imperiale è evidente. Lo stesso può dirsi dello straordinario ciclo con storie dell’Antico Testamento, conservato a Santa Maria Maggiore a Roma. Voluto da Papa Sisto III e datato 430 circa, è un esempio di “colorismo funzionale” dei mosaici paleocristiani. Per rendere comprensibili le scene collocate a notevole distanza, viene accentuato il tonalismo delle immagini, ricorrendo all’uso di file di tessere d’oro. L’evoluzione di questa tendenza è apprezzabile nella decorazione dell’arco trionfale della stessa basilica, con le storie dell’Infanzia di Cristo. Qui, l’uso del fondo dorato, si accompagna a una nuova trattazione delle immagini dovuta alle novità espresse dal concilio di Efeso. Il riconoscimento di Maria quale madre di Dio fa sì che la Vergine appaia abbigliata come una dama di corte e il Cristo bambino venga raffigurato come un sovrano circondato dai suoi armigeri (vd. Adorazione dei Magi). Allo stesso periodo è da riportare il sacello di Galla Placidia a Ravenna. La decorazione, realizzata tra il 425 e il 450, mostra però, vicino a spazi pensati ancora in termini ellenistico romani - come la lunetta del Buon Pastore - un’amplificazione dello spazio che, seppur definita da modanature architettoniche musive, è assolutamente nuova. È una sorta di annullamento della realtà contingente, per immergersi nel trascendente. Questo elemento, codificato successivamente dalla tradizione bizantina, si trova in nuce nel Battistero degli Ortodossi, sempre a Ravenna. Nell’edificio, lo spazio architettonico è diviso in zone distinte, in cui le figure sono collocate secondo una gerarchia ben precisa. Ancora nella stessa città, l’evoluzione della decorazione basilicale è documentata a Sant’Apollinare Nuovo, voluta da Teodorico nel 496. Suddivisa in tre fasce, la decorazione a mosaico occupa l’intera navata. Nella inferiore, due cortei
- uno guidato dal Re e l’altro dalla Regina - vanno verso il Cristo e la Vergine in trono. Questi cortei sono stati sostituiti con le teorie dei Santi e delle Sante Martiri in epoca bizantina. Nella fascia superiore, tra le finestre, compaiono i profeti e, sopra ancora, episodi del Nuovo Testamento. L’introduzione di grandi immagini, così come l’uso di tessere d’argento nel nimbo di Cristo, è di derivazione orientale. Ancora all’Oriente si ispira la decorazione di Sant’Apollinare in Classe - consacrata dal Vescovo Massimiano nel 547 - in cui l’abside è forse il risultato di due diversi progetti (la posizione del Santo ricorda quello del Cristo nella Trasfigurazione). Ma è a San Vitale che viene celebrato il cambio di orientamento. L’edificio a pianta centrale è caratterizzato da una cupola ottagonale di chiara ascendenza costantinopolitana (Istanbul, chiesa dei Santi Sergio e Bacco). Nella cappella del coro sono concentrati la maggior parte degli elementi figurativi, mentre, nella parte restante, l’opus sectile e la decorazione confermano l’unità coloristica dell’insieme. Quello che nella fase matura dell’età bizantina diverrà un canone è qui accennato: il Cristo fiancheggiato dai quattro Angeli occupa il catino absidale mentre, sulle pareti laterali, gli episodi tratti dall’Antico Testamento sovrastano i pannelli con le raffigurazioni della corte imperiale: Giustiniano a destra, Teodora a sinistra. In alto, nella cupola, in un trionfo di girali di acanto, quattro Angeli sostengono il clipeo con l’agnus dei.
Galla Placidia
Storie dell’Antico Testamento, Santa Maria Maggiore
Battistero degli Ortodossi
Giustiniano
Teodora
Santa Sofia
IL MOSAICO BIZANTINO Nella tradizione bizantina, fortemente imbevuta di cultura platonica, gli edifici e la loro decorazione sono concepiti come lo specchio dell’Universo nel suo duplice aspetto: quello spirituale e quello materiale. Il primo trova posto nella cupola e nella volta dell’abside, il secondo nel naos. Così, a San Vitale la raffigurazione del corteo imperiale guidato dall’Imperatore, base e sostegno della Chiesa terrena, è reale, ma al contempo “non credibile” - si osservino i piedi dei cortigiani sovrapposti gli uni agli altri - mentre il Cristo in trono, nell’abside, capo della Chiesa celeste, appare reale e “credibile”, saldo e sicuro nel suo ruolo di guida. Lo schema compositivo si regolarizza nel corso del tempo: le immagini rendono visibile il simbolismo intrinseco nella struttura architettonica e valgono per quello che sono e non per quello che insegnano. La stretta correlazione ideologica tra architettura e raffigurazione ha come risultato la perfetta armonia estetica di entrambe. Le zone a mosaico e quelle a incrostazioni marmoree sono equilibrate: le une rivestono le cupole e le absidi, le altre le pareti. Questo schema, presente già negli edifici del IV secolo - come il Mausoleo di Santa Costanza a Roma o il Battistero degli Ortodossi a Ravenna si definisce nel periodo che va da Giustiniano (527-565) allo scoppio dell’iconoclastia in Oriente (726) ed è in parte documentato in alcuni esempi romani (San Lorenzo fuori le mura, 578-590; Santo Stefano Rotondo 642-649; Oratorio di papa Giovanni nell’antica San Pietro, di cui si conserva un frammento in Santa Maria in Cosmedin, 705-707), nelle decorazioni absidali a Cipro e in quelle sostituite nel periodo post iconoclasta, nella Chiesa dei Santi Apostoli e in quella di Santa Sofia a Costantinopoli e ancora in quelle di Daphni in Attica. Interrompendo il processo evolutivo, l’iconoclastia - suddivisa in due periodi consecutivi, 726-787 e 815-843 si manifesta con la semplificazione delle raffigurazioni: in luogo del Cristo appare una semplice croce su fondo d’oro (vd. Dormizione a Nicea). Roma si oppone a questa tendenza. Papa Pasquale I (817824), in pieno periodo iconoclasta, promuove e sostiene la rinascita del mosaico paleocristiano. Nella chiesa di Santa Prassede, costruita ispirandosi all’antica San Pietro, la decorazione si rifà ai mosaici dei Santi Cosma e Damiano, sia per lo schema compositivo, che viene riletto alla luce dell’esperienza bizantina, sia per la tecnica, utilizzando tessere di formato maggiore. Con la fine dell’iconoclastia, i temi tratti dal ciclo evangelico entrano a far parte del canone della figurazione bizantina mostrando, dalla fine del sec. XII, una certa tendenza alla narrazione particolareggiata, come nei mosaici di Monreale e in quelli di Kahryie Djami a Istanbul ◆
Insider
Arte Roberta Coni di Maria Laura Perilli
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Omaggio a Vermeer
Roberta Coni fonda da sempre il suo lavoro sulla fisiognomica, alla ricerca costante, instancabile dei “moti dell’animo”, a partire dai tratti del volto. È un modo di operare di cui Leonardo è il grande precursore: “farai la figura in atto tale, il quale sia sufficiente a dimostrare quello che essa ha nell’anima; altrimenti la tua arte non sarà laudabile”. L’arte di Roberta Coni è, senza dubbio, laudabile! Il suo percorso artistico è tutto tessuto con il filo del rapporto artepsicologia, a partire dai lavori della “Bella Addormentata” sino a “Idea Malsana”, “Senso” e “Epidermide” dove, specie nell’ormai noto ritratto di Eleonora - segnalato sulle Pagine Bianche d’autore Telecom 2008/2009 - quanto di più inconscio affiora in superficie, raggrumandosi in segni sulla pelle, utili testimoni di un progressivo vissuto. “Epidermide” affronta, infatti, per mezzo di un virtuosismo iperrealistico elevatissimo, l’evoluzione genetica in ambito familiare del segno sulla pelle, quale risultante nel tempo dello stratificarsi dei moti dell’animo. Con i volti recenti - che nel mese di dicembre verranno presentati in una grande mostra personale alle Scuderie Aldo Brandini (Frascati) - ancor di più Roberta Coni, oltre a sottolineare che “poiché la creazione artistica - come afferma Max J.Friedlander - qualunque essa sia, in ogni caso è un fatto spirituale, intellettuale, la scienza dell’arte dovrà allora essere psicologia”, dimostra quanto la pittura, la “bella pittura”, a dispetto di tanta pompieristica produzione artistica recente, sopravvalutata e poi sgonfiatasi sotto il peso della crisi, può avere la forza di trasmettere messaggi attuali con tecnica sottilmente innovativa ◆
oberta Coni è nata nel 1976 a Roma, dove attualmente vive e lavora. Laureata in pittura all’Accademia di belle arti, è vincitrice del progetto Erasmus nella “Facultad de Bellas Artes Alonso Cano” di Granata, in Spagna e della borsa di studio per artisti della fondazione Rotary presso l’Accademy of Art University di San Francisco, in California. Ha al suo attivo numerose mostre collettive e personali presso sedi istituzionali: Palazzo Brancaccio a Roma, Palazzo Chigi (Museo Dell’Agro Veientano) Formello-Roma, Chiostro Del Bramante etc. Collabora con la galleria Russo, con la quale ha partecipato alla fiera di arte contemporanea di Bologna e di Verona 2009 e con la galleria Triphè di Cortona (Arezzo), ove ha tenuto alcune personali e per la quale ha partecipato alla Biennale del Mediterraneo di Taviano (Lecce) 2008. Riguardo alla sua produzione artistica si è parlato recentemente di “Nuovo Rinascimento”. Effettivamente l’attenzione dell’artista nei suoi ultimi lavori è concentrata particolarmente sull’uso di un “prototipo iconografico classico” maturato nel Cinquecento, ovvero la posizione del soggetto rappresentato di profilo e di tre quarti. Il risultato determina tra l’osservatore e l’immagine una profonda osmosi emotiva.
Particolare
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Insider
arte jeans artein in jeans
21 JOHN RATNER John Ratner è nato nel 1934 a Barkeley, in California. Ha realizzato importanti mostre personali in gallerie nazionali ed estere. Tra i suoi collezionisti figurano la BNL, la famiglia Getty, Bulgari, Ruspali e Panza di Biumo. Ratner cataloga nei suoi dipinti, come nel jeans in presentazione, un mondo di specie vegetali e animali che quotidianamente rischia l’estinzione per mano umana e restituisce giusta dimensione e importanza alle particelle infinitesimali della catena ecologica. Il suo messaggio artistico sottolinea l’odierno disagio di una società che relega all’irrilevanza il piccolo e marginale dell’esistere, solo perchè incapace di apparire. Egli osserva la natura con trepidazione ecologica, con viva preoccupazione e amorevole attenzione per quel mondo costituito da miriadi di insetti, il più delle volte non visibili a occhio nudo e per questo, forse, meno significativo e degno di attenzione da parte degli uomini.
una sinergia tra moda per giovani 3. e giovani per l’arte 2.
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TONINO CAPUTO Tonino Caputo è nato a Lecce nel 1933. Terminati gli studi scientifici si iscrive alla facoltà di architettura di Roma e nel 1958 partecipa alla sua prima collettiva con Twombly, Rotella, Cagli e Novelli. Esegue, per l’attore Carmelo Bene, pitture di scena e nel 1972 partecipa alla Biennale di Venezia. Le sue esperienze professionali lo portano in Australia, Svezia e Stati Uniti. Negli anni ’80 inizia la collaborazione con i fratelli Russo e apre uno studio a New York dove, ancora oggi, opera. La rivista inglese Art-Design lo considera tra i 50 artisti più significativi del XX sec. in Italia. Ha realizzato per la Nokia e le Ferrovie Laziali un importante mosaico nella stazione di Bracciano. Il suo dripping sui jeans, solo all’apparenza disordinato e incontrollato, rivela i suoi studi di architettura che imprimono alla gestualità nascoste geometrie.
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originale iniziativa di Insider magazine, che ogni mese vi presenta alcuni capi in jeans decorati con opere di artisti nazionali e internazionali, vi propone in questo numero due modelli dell’ultima collezione Guess, messi a disposizione dalla casa produttrice e personalizzati da John Ratner e Tonino Caputo.
8. 1. Mimmo Nobile Jeans Levi’s 2. Andrea Sostero Jeans Miss Sixty 3. Debora Fede Jeans Roy Roger’s 4. DAN.REC Jeans Energie 5. Roberta Coni Jeans Miss Sixty 6. Francesco Bancheri Jeans Energie 7. Teresa Merolla Jeans Roy Roger’s 8. Hyun Sook Jeans Miss Sixty 9. Michael Pellaton Jeans Miss Sixty 10. Carla Mura Jeans Miss Sixty 11. Mauro Molle Jeans Miss Sixty 12. Simone di Micco Jeans Energie 13. Tonino Caputo Guess Jeans 14. John Ratner Guess Jeans
13.
Maria Laura Perilli è nata a Roma nel 1982. Conseguita la laurea magistrale in Conservazione dei beni culturaliindirizzo storico artistico nel 2004, ha avviato l‘attività di gallerista nel 2007 in Cortona. La Galleria Triphè, di cui è titolare, non circoscrive la sua attività al solo aspetto espositivo, ma promuove anche eventi tesi a fare dell'arte un'espressione sempre più in armonia con la realtà. Da qui il suo coinvolgimento in questa originale iniziativa di Insider magazine. www.triphe.it
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IL VERO MARCHIO DELLO STILE DI VITA AMERICANO: SEXY, ISPIRATO E SENZA TEMPO
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autunno - inverno 2009/2010
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Country Residence
L’ispirazione allo stile di vita country scozzese crea un look ideale sia per la donna avventurosa ed energica, sia per la donna che vuol essere elegante. I colori sono quelli della terra e comprendono le tonalità accese del verde, marrone e giallo dorato, abbinate alle sfumature delicate e romantiche del rosa e del viola e a un tocco di azzurro polvere. Microstampe floreali dai colori tenui contrastano con lo stile militare e con la geometrica fantasia scozzese che predomina sulla lana pesante di giacche e cappotti e sui tessuti più leggeri, come la flanella, il cotone e lo chiffon di vestitini, gonne e magliettine dalle linee morbide. Pizzo, uncinetto e ricami adornano e impreziosiscono i capi, con una moltitudine di tecniche diverse. Il logo GUESS è rinnovato, ornato di brillantini e trattato in modo da apparire vintage. Pantaloni da cavallerizza, trench a doppio petto con dettagli in pelle e giacche in lana melton in versione cortissima, o lunga fin sotto la vita, completano il look. Decisi e naturali, i colori della terra predominano sui capi in pelle.
ondato nel 1981 come produttore di abbigliamento jeans, il marchio GUESS disegna, realizza e distribuisce le collezioni uomo, donna, bambino e accessori. Negli anni si è distinto per le sue campagne pubblicitarie di grande impatto, originalità e carattere innovativo, che lo hanno reso altamente riconoscibile in tutto il mondo. Oggi è distribuito negli Stati Uniti e in Canada e dispone di licenziatari e distributori in Sud America, Europa, Asia, Africa, Australia e Medio Oriente.
Rock Cabaret
Una donna divertente, stuzzicante ed eccitante come solo una vera donna GUESS sa essere. Le luci sono tutte su di lei quando arriva, elegantissima e pronta per una serata glamour al Cabaret. Ha un look forte e deciso, con una tavolozza che comprende una varietà di colori primari come il blu, il rosso e il giallo, su una base prevalentemente bianca e nera. Le tonalità neutre del grigio e del rosa pastello, qua e là, donano un tocco di femminilità e le varietà accese del viola illuminano e completano il tutto. Il caratteristico raso stretch conferisce linee pulite, vestendo in modo sofisticato e voluttuoso. Ricompare il doppio jersey con nuovi modelli, riproponendo i pantaloni dritti dello scorso inverno. Sete leggere in tonalità brillanti per top e vestitini, perfette ed eleganti per una serata, aggiungono piacevoli pennellate di colore.
L’uomo GUESS ha il cuore di una rock-star vagabonda, che viaggia attraverso i 5 continenti a ritmo di musica, animato da grande vitalità e armonia. “Il denim è il suo mondo” e così, con orgoglio, indossa jeans che rappresentano un must nel guardaroba di ogni uomo: strappati, in diversi spessori, nelle tonalità del grigio fino al nero. Il denim blu ritorna a uno stile vintage e si sposa perfettamente con il tema rock grazie a numerosi dettagli come borchie, ricami, lacerazioni, strappi e toppe che contrastano con il sofisticato denim giapponese. Per essere ancora più fashion, indossa una giacca sportiva color indaco quadrettata, con aggiunta di dettagli in pelle e adornata da spille rock. La già vasta gamma di modelli si amplia ulteriormente grazie a tre nuovi stili di jeans. Il “Liverpool” a vita bassa, con effetto sbiadito e a carota engineered; il “Freesound” largo e cascante, in denim grezzo giapponese e il “Cavendish”, con effetto slim all’ultima moda. Inoltre, gli stili prediletti sono disponibili in nuovi lavaggi, tra cui gabardine effetto sabbiato, canvas militare con pigmentazione spray, cotone vintage effetto usato, tessuto a ratiera con tintura in capo, oppure lo spigato militare; così come una varietà di pantaloni dalle linee comode con disegni discreti e accattivanti, o il meglio del velluto a coste. Non viene dimenticata nemmeno la stoffa cachi di cotone, rivisitata completamente in denim o in tessuti intrecciati, per uno stile davvero British.
Come indumenti da portare sopra vi sono altri classici, rinnovati secondo questo nuovo “World Tour”, con parti in cotone, caratterizzati da tinte forti e abbelliti con stampe e toppe ricamate ispirate al mondo della musica. I piumini sono sempre presenti nei materiali più recenti e alla moda. La classica lana melton assume forme militari e marinaie, mentre le giacche di pelle mostrano carattere sia nei modelli tradizionali sia in quelle di ultimissima tendenza. I colori sono naturali e variano dal verdone, al blu, al color sabbia chiaro, beige, giallo ocra e color pietra. Le t-shirt sono proposte in un’enorme varietà di quadretti, strisce, micro-disegni con colori molto intensi, oppure tinte in capo con stampa, ricami e dettagli di contrasto. Il look è completato da una vasta gamma di maglie in tessuti piacevolmente morbidi, che rivelano sorprendenti contrasti con le tinte acido, indaco e pietra, così come le stampe allover e gli effetti tintura a immersione, mentre è apprezzato il ritorno del jacquard e la focalizzazione sul distintivo stile GUESS. Il sofisticato cotone pima è proposto anche in chiave più jeans, mentre i disegni donano il tocco finale di un mondo rock gotico, con una vasta scelta di stampe miste, ricami e toppe. Il tutto nelle varietà cromatiche del cioccolato, del borgogna e delle tonalità della terra, in contrasto con gli sprazzi di rosso vibrante, giallo ocra e verde bottiglia, perfetti per accompagnare l’eclettico uomo GUESS lungo tutto il suo “World Tour” ◆
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www.castaldigioielli.it “il tuo gioiello su misura”
Castaldi Gioielli l’incanto dello stile italiano a Roma
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n laboratorio orafo raffinato ed elegante in zona Parioli che fà moda oggi a Roma, dove ci si può innamorare perdutamente di un gioiello o cercare la realizzazione del sogno. Il connubio tra il classico e il contemporaneo è l’essenza del gioiello Castaldi. La nostalgia per la purezza classica e la vitalità di un design in continua evoluzione, Castaldi è oltre il cliché del gioiello per sempre: preziosità da indossare e vivere. Un laboratorio in cui la raffinatezza dell’arte orafa incontra lo charme della moda e la cura appassionata del dettaglio. Un punto vendita che racconta la classe e l’eleganza del gioiello. Il divertimento nel dare nuove forme ai capricci della contemporaneità. Il prodotto inconfondibile della più alta artigianalità made in Italy, ammirata nel mondo. Sulla base forte delle idee e della tecnica, Castaldi si concede di scegliere della moda ciò che più gli piace. La risposta di Castaldi alle esigenze della moda è sdrammatizzare il concetto del gioiello che è esclusivamente prezioso. Il cliente deve far sì che il gioiello sia suo e per far ciò bisogna creare il gioiello in un percorso a due. Scegliere Castaldi per il piacere di essere coinvolti in questo percorso creativo, essere protagonisti, guidati e stimolati dall’esperienza, nella composizione del sogno, o del più ricercato accessorio per il proprio total look.
L’artigiano prima di essere artigiano deve essere designer, capace di raccogliere le emozioni che il cliente vuole che vengano trasmesse all’interno dell’oggetto. La capacità del designer di catturare impulsi, sensazioni, fantasie e di tradurli in stile, creando il gioiello su misura. Chi sceglie Castaldi vive la moda seguendo le proprie sensazioni, vuole un gioiello che rappresenti e illumini la propria personalità. Castaldi è l’incontro tra la moda, il buon gusto e lo stile, l’immagine fashion della pura eleganza. Castaldi è anche una ricca collezione di nuance e proposte. Un’accuratezza immediatamente riconoscibile che nasce da tre generazioni di ricerca e passione. Sono firmate Castaldi anche produzioni prestigiose di altissimo livello, dai gemelli donati dal Comune di Roma a Papa Benedetto XVI, al fermacarte in argento offerto dal Presidente Ciampi a Bush, al premio “Arco alla Carriera” consegnato a Carlo Verdone per l’inaugurazione della 3° edizione dell’Est Film Festival. Castaldi incarna l’eleganza e l’originalità italiana oggi nel mondo. Attento agli stimoli e alle richieste provenienti dai mercati internazionali, rappresenta il design e la prestigiosa qualità del made in Italy, amati e sognati, da Parigi a New York, da Dubai a Singapore. L’appeal di materiali splendidi, la concretezza unica e preziosa dell’artigianalità, l’ideazione personalizzata di un gioiello intenso e unico ◆ www.castaldigioielli.it
design by Gianluca Castaldi
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Franco Chimenti
IL GOLF TORNA ALLE OLIMPIADI di Francesco Mantica Matteo Manassero
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DAL 2016 anche il golf entra a far parte degli sport olimpici, dopo cento anni di attesa. I green di Rio de Janeiro ospiteranno così campioni come Tiger Woods e soprattutto la nuova generazione di fenomeni italiani
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l golf va a Rio de Janeiro, destinazione Olimpiadi 2016. I membri del Comitato Olimpico Internazionale, il CIO, hanno infatti ammesso questo sport tra le discipline olimpiche con 63 voti favorevoli su 90. Per il golf è un ritorno dopo oltre cento anni. È forse il successo più grande ottenuto da uno sport in continua crescita, che ha visto quest’anno le ennesime prestazioni straordinarie di Francesco Molinari, l’affermazione definitiva sul green di una golfista come Diana Luna e un giovane talento di 16 anni, Matteo Manassero, competere a tu per tu con il fenomeno Tiger Woods al British Open. Proprio Manassero è stato il testimonial della spedizione azzurra a Copenaghen. Entusiasta il presidente della Federazione Italiana Golf, Franco Chimenti, presente a Copenhagen: “È stato un grande successo del golf mondiale che per la prima volta in assoluto ha saputo presentarsi compatto a un appuntamento importante. Con questo risultato il nostro sport ora cambierà passo”. Chimenti non ha mancato poi di sottolineare la grande annata del golf italiano, uscito alla ribalta su tutti i più importanti media, grazie agli straordinari risultati conseguiti dai suoi professionisti di punta.
“Mi piace pensare - ha sottolineato Chimenti - che il traguardo sia arrivato in un momento in cui stiamo esprimendo valori tecnici molto alti attraverso atleti come i fratelli Francesco ed Edoardo Molinari, Matteo Manassero e le ragazze Diana Luna e Veronica Zorzi, impegnate nel circuito europeo, così come Giulia Sergas e Silvia Cavalleri, che partecipano al Tour americano. Da oggi la Federazione potrà contare non solo su se stessa, ma anche sul sostegno di altre forze e dimostrare di essere un esempio per gli altri, proseguendo la sua crescita anche in un periodo difficile del Paese”. Euforici anche i vertici della Federazione Internazionale: “Questo è un giorno memorabile - ha commentato Ty Votaw, direttore esecutivo dell’International Golf Federation - siamo tutti entusiasti e non vediamo l’ora di vedere i migliori golfisti del mondo contendersi la medaglia d’oro alle Olimpiadi del 2016 in Brasile”. La chiusa non può che andare a Matteo Manassero, l’astro nascente del golf italiano, secondo cui “l’ammissione alle Olimpiadi permetterà ai giocatori della mia generazione di coltivare quel sogno finora riservato soltanto ai coetanei delle altre discipline” ◆
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GOLF CLINIC
CON COSTANTINO ROCCA
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Costantino Rocca
er il quarto anno consecutivo, Fabrizio Prato, General Manager dello splendido Hotel Castello della Castelluccia, è riuscito nell’intento di portare ancora a Roma Costantino Rocca, la leggenda del golf italiano. Il motivo: la quarta edizione della Golf Clinic più attesa dell’anno, tenutasi a fine ottobre. Questa volta, cornice d’eccezione è stato l’Olgiata Golf Club che, grazie all’interessamento del direttore Mauro Guerrini e alla disponibilità del presidente Andrea Pischiutta, ha ospitato Costantino e i suoi allievi. La Golf Clinic ha raccolto 16 appassionati, che hanno seguito con attenzione le indicazioni e i consigli di Rocca, il quale ha dedicato a ognuno di loro grande riguardo e, come di solito accade, dopo le prime ore di pratica, il clima che si respirava era veramente quello di un’“allegra brigata”! Martedì 27 ottobre si è poi svolta la Cena di Gala nell’incantevole cornice del Castello della Castelluccia, in onore di Costantino Rocca; cena a cui hanno partecipato, oltre agli iscritti alla Clinic, molti presidenti e direttori di golf club romani, gli sponsor, numerosi amici giornalisti e il Presidente del Comitato Regionale della Federazione Italiana Golf Carlo Scatena.
Fabrizio Prato, Costantino Rocca, Giorgio Lucchetti
Lo stesso Castello della Castelluccia, nella settimana precedente all’evento, aveva ospitato i migliori giocatori del Challenge i quali, sempre sul percorso dell’Olgiata, si erano disputati il trofeo della Federation Cup. Fatto singolare che, dei primi 4 giocatori classificati, ben tre alloggiassero appunto lì: Edoardo Molinari, il vincitore, Nicholas Colsaert, secondo classificato e Andersenn Edrik, quarto classificato. La splendida residenza evidentemente “porta bene”, se si considera inoltre che il primo ospite golfista fu quel Paul Lawrie che, nel 2001, proprio all’Olgiata vinse l’Open d’Italia. La Golf Clinic ha segnato anche la “prima volta” della GOLF FIRST Wine Selection, importante azienda vinicola che ha sponsorizzato l’evento, permettendo inoltre di degustare un fantastico prosecco e ottime produzioni di diverse regioni. La GOLF FIRST ha creato questa scelta di vini mirando soprattutto al mercato golfistico e con il chiaro obbiettivo di diventare il vino di tutti i golfisti! A sostegno dell’evento anche COLMAR, che ha realizzato la nuova linea di abbigliamento con due testimonial di eccezione, quali Costantino Rocca e Edoardo Molinari. Quest’ultimo vestirà COLMAR a partire dal 2010 ◆
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l sorriso di Lula, le lacrime di gioia di Pelé e quelle, però di rabbia, di Michelle Obama, uscita sconfitta insieme al marito con Chicago. L’Olimpiade sbarca per la prima volta in Sudamerica: i Giochi del 2016 li ospiterà Rio de Janeiro che il 2 ottobre scorso, a Copenaghen, dove si è riunito il Comitato internazionale olimpico, ha vinto il ballottaggio finale con Madrid. Il Cio a Copenaghen ha consegnato i Giochi al Brasile dopo una votazione che al primo scrutinio ha lasciato fuori Chicago. Una sorpresa e, al tempo stesso, uno schiaffo a Barack Obama che ha sostenuto la candidatura, si è presentato a Copenaghen sbarcando di mattina per essere il testimonial di Chicago prima di volare di nuovo a Washington. Il suo sforzo, però, è risultato inutile. La bocciatura del presidente degli Stati Uniti ha reso felici negli States i comitati contrari all’organizzazione delle Olimpiadi a Chicago. Mezza America ha pianto e mezza America ha sorriso. Il lavoro della città dell’Illinois dove Obama non vedeva «l’ora di ospitare atleti e persone di tutto il mondo sulle sponde del lago Michigan» è svanito in un attimo. Alla prima votazione Chicago ha raccolto appena 18 voti (22 Tokyo, 28 Madrid e 26 Rio) uscendo subito di scena. Un verdetto che ha sorpreso tutti perché la città americana era tra le favorite. Al secondo giro si è accomodata in tribuna Tokyo, che ha raccolto 20 preferenze (votavano in 96) contro le 29 di Madrid e le 46 di Rio. L’ultimo atto, quello decisivo, è stato uno scontro tra il Brasile e Madrid che, sostenuta non solo da Zapatero, ma anche dal re Juan Carlos, è tornata in lizza dopo la bocciatura per il 2012, quando a prevalere era stata Londra. Era un’altra gara quel voto conclusivo e decisivo tra Rio e Madrid, c’erano altre alleanze politiche tra i membri del Cio, accordi per il futuro. Altro voto, altri intrecci. Alle 18.50, il presidente del Cio del 2 ottobre, Jacque Rogge, è salito sul palco per la cerimonia ufficiale. Le solite parole di circostanza da parte del capo dello sport mondiale, i ringraziamenti per tutti ricordando che nello sport «vince uno solo». Ma questa non è una novità. E ha svelato il nome della città scelta: Rio de Janeiro, che ha prevalso con 66 preferenze contro le 32 di Madrid. Il successo di Rio ha aperto la porta all’Italia che scenderà in campo per le Olimpiadi del 2020. Avesse prevalso Madrid,
A Rio le Olimpiadi del 2016 di Carlo Santi
nessuno avrebbe preso in considerazione questa possibilità perché, dopo Atene 2004 e Londra 2012, difficilmente i Giochi potranno essere assegnati ancora all’Europa. Ha vinto Rio e adesso al più grande evento sportivo mondiale manca solo l’Africa per l’universalità, ma non ci sembra che, adesso e nell’immediato futuro, il continente nero possa ospitare un avvenimento di tale portata. Rio solo due anni prima dei suoi Giochi, nel 2014, ospiterà i Mondiali di calcio. A prima vista questo doppio sforzo organizzativo può apparire enorme; invece, il Mondiale di calcio, impegnativo certo ma ben codificato, può essere un ottimo banco di prova per i Giochi. Può esserlo per collaudare non solo le strutture legate alla sicurezza, ma anche quelle dei trasporti e della ricettività, che rimangono un punto da chiarire in vista del 2016. La disponibilità dei posti letti non è grande, adesso conteggiata in appena 15 mila e per gli altri 30 mila che occorrono per un’Olimpiade si pensa alle navi. Una soluzione non certo ottimale, ma comunque percorribile. Semmai, quello che potrebbe creare problemi sono i quattro poli sportivi previsti dal dossier della candidatura. Lula, il presidente vincitore, a Copenaghen ha avuto parole di sostegno per Obama, affermando che «Rio ha vinto perché ha cuore e anima. Ha vinto perché la sua gente è generosa». Festa carioca per celebrare il successo, un carnevale che adesso durerà molto tempo, mentre Madrid ha accusato il colpo. Sapevano, gli spagnoli, che a Copenaghen prevalere non sarebbe stato facile, ma dopo essere arrivati alla finale ci avevano creduto. «È dura perdere così», ha detto a caldo un deluso Zapatero. La Spagna aveva sperato fino alla fine di avere un sostegno importante dai membri del Cio, sollecitati dal marchese Juan Antonio Samaranch, il vecchio presidente del Cio, oggi onorario ma assai meno influente di quando era sul ponte di comando e poteva manovrare con altre leve i comandi. Allora, quando era in sella, poteva indirizzare le preferenze. Ha vinto Rio perché il governo dello sport mondiale, ossia i membri del Cio, non hanno avuto il coraggio di riportare i Giochi negli Stati Uniti. Paura non solo del passato poco glorioso di Atlanta ‘96, Olimpiade usa e getta, ma anche della situazione politica internazionale. Il Brasile, invece, essendo una novità per i Giochi, da questo punto di vista appare molto più neutrale e presenta meno rischi ◆
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ROMA
VUOLE I GIOCHI di Carlo Santi
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da quelli puramente sportivi. In dieci punti, oma scende in le regole da tenere in considerazione, che campo per ospitare le poi altro non sono che norme fissate dalla Olimpiadi del 2020. Carta olimpica: fissati così i paletti per chi La città Eterna crede nel suo progetto, nella ha voglia di scendere in gara. capacità organizzativa e può contare non Il presidente del Coni, Gianni Petrucci, solo sugli impianti, quelli che già ha e quelli ha chiesto il rispetto di tutte le norme che costruirà, in particolare a Tor Vergata, Il Presidente del Coni Gianni Petrucci del Cio. In particolare, ha ricordato che è dove sorgerà anche il Villaggio olimpico. vietato utilizzare i marchi olimpici senza Roma si era candidata già per i Giochi del autorizzazione - Palermo lo ha fatto - che le richieste dovranno 2004, poi assegnati ad Atene e per quell’occasione aveva essere legate alla città e che sarà la Giunta a far precedere realizzato un importante dossier contenente un progetto la fase di scelta definitiva del Consiglio nazionale a una preinteressante. Adesso si riparte da quel piano, anche se alcuni selezione. Questa parte sarà gestita da un Comitato ristretto particolari, come la sicurezza, dovranno essere non solo - il settimo punto del decalogo - composto dal presidente del adeguati ma ridefiniti. Coni, dai vice presidenti, dal segretario generale, dai membri In Italia si assiste a un’autentica corsa ai Giochi. Venezia è italiani del Cio e da un rappresentante degli atleti. stata la prima a candidarsi ufficialmente; l’ha seguita Roma I tempi per arrivare alla scelta della città da candidare, mentre Palermo e Bari hanno annunciato la candidatura. nonostante il Cio invierà le lettere di invio non prima del Per frenare questa corsa, la Giunta del Coni ha stabilito un gennaio 2011, per arrivare nel 2012 a una scrematura a decalogo per le città che intendono chiedere la candidatura quattro città, saranno rapidi. La scelta definitiva della sede delle Olimpiadi del 2020. Occorre ordine in mezzo a del 2020 ci sarà nel 2013. La parola d’ordine al Coni è quella troppa confusione, a candidature azzardate, annunciate e di fare in fretta, forse prima di giugno ◆ pubblicizzate. Candidature forse utilizzate con scopi diversi
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Alle porte la stagione dello sci di Gianni Boninsegna
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Denise Karbon e Manfred Moellg
l Circo Bianco ha ripreso la sua marcia. Dopo un’estate trascorsa sui ghiacciai europei e sulle nevi sudamericane in cerca della miglior condizione, il gotha dello sci ha ricominciato il 24 ottobre la sua avventura che, nel corso della stagione, toccherà le più note stazioni sciistiche del mondo, fra le quali anche le italiane Cortina d’Ampezzo, Val Gardena, Alta Badia e Bormio. L’Italia non intende però essere protagonista solo per gli splendidi palcoscenici che offrirà al Circo Bianco. L’Italia è partita dalle prime gare di Sölden con la consapevolezza di poter puntare, da subito, a un ruolo da star anche in termini di risultati. Le speranze da podio azzurre, all’avvio di una lunga stagione che avrà poi il suo momento clou con i
Denise Karbon (Photo Elvis GP. Piazzi)
Giochi Olimpici di Vancouver (12-28 febbraio 2010), sono riposte soprattutto nei campioni delle Fiamme Gialle Denise Karbon, Max Blardone, nei fratelli Manfred e Manuela Moelgg, nelle sorelle Nadia ed Elena Fanchini, in Werner Heel e nel giovane Christof Innerhofer. Non sarà facile ripetere gli exploit delle ultime due stagioni, in particolare sarà una vera impresa bissare le due Coppe del Mondo di specialità (gigante e slalom) conquistate nella stagione 2007/2008 dalla Karbon e da Manfred Moelgg anche se, a detta dei tecnici, ci sono tutte le premesse affinché questo traguardo possa essere raggiunto di nuovo. Una sfera di cristallo e 5 cerchi olimpici, riparte il sogno dello sci, buona stagione e buon inverno a tutti! ◆
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SPORT INVERNALI: GIOVANI CAMPIONI CRESCONO
Allievi Fisi
Giuliano Razzoli
Con l’arrivo della neve riparte la stagione sciistica: bambini e giovani si affacciano NEL panorama degli sport invernali, pronti a diventare gli Alberto Tomba e le DEBORAH COMPAGNONI di domani
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a stagione invernale è alle porte e, con essa, tornano in auge gli sport invernali. Atleti di tutte le età mettono ai piedi due magici “attrezzi” che consentono di scivolare sulla neve e si lanciano tra le montagne, con un panorama mozzafiato e i soli rumori del vento e della neve ad accompagnare la discesa. È questa una delle emozioni più belle e forti che si possano provare e non è riservata soltanto agli adulti: sempre più spesso, infatti, sulla neve vediamo districarsi senza problemi
Massimiliano Blardone
italiana sport invernali (Fisi) renderlo tale per chiunque voglia praticare una disciplina sportiva sulla neve. Vediamo allora quali sono i passi che deve compiere il “campioncino” in erba. A 5 anni inizia la trafila negli sci club, dove si imparano le discese e le frenate. Si entra a far parte della categoria Baby verso i 7-8 anni ed è in questo periodo che cominciano le prime gare. Quelle vere arrivano tra i 10 e i 12 anni, età in cui si entra a far parte del settore giovanile. La Fisi divide tale settore in tre livelli: di base, regionale e nazionale. Solo a partire dai 18-20 anni si possono intraprendere le strade delle competizioni internazionali. Fondamentale, in questo percorso, è il rapporto con il maestro di sci. In Italia i maestri iscritti all’albo nazionale sono circa 15mila. Il loro compito non è solo quello di insegnare a sciare, ma anche di educare i ragazzi e gli allievi a un comportamento corretto e sicuro, per evitare di farsi male o fare del male agli altri frequentatori delle piste. Il nostro Paese vanta una notevole tradizione nello sci alpino, da Zeno Colò a Daniela Ceccarelli - ultima medaglia olimpica italiana nel 2002 - passando per Gustav Thoeni e Piero Gros, senza dimenticare ovviamente il fenomeno Alberto Tomba e la valanga rosa: Isolde Kostner, Deborah Compagnoni e, per ultima, Denise Karbon, l’atleta italiana più forte del momento. La speranza è che i piccoli sciatori di oggi possano ripercorrere le loro gesta, divenendo i campioni di domani ◆
di Francesco Mantica ragazzi giovanissimi o addirittura bambini. Lo sci, oramai, è una disciplina aperta a tutte le età, tanto che a tre-quattro anni ci si può già affacciare su una pista. I mini sciatori imparano a scivolare sulla neve e a mantenere l’equilibrio, grazie alle indicazioni degli istruttori e all’impiego di materiali molto flessibili. Quello che è importante, però, è che fin da piccoli si possano divertire in totale sicurezza. Elemento chiave, in questo senso, é il casco, che per una legge dello Stato è obbligatorio fino ai 14 anni. È poi compito della Federazione
Informazioni utili La spesa: un casco “baby” costa intorno ai 20 euro (per un professionista può arrivare a 150); una tuta da 250 a 1.000 euro; gli scarponi da 50 a 600 euro. Il prezzo degli sci varia dai 50 euro agli oltre 1.000 euro per i più tecnologici. II noleggio dell’attrezzatura costa mediamente 10 euro. Per la tessera federale ci vogliono 27 euro l’anno (compresa l’assicurazione) e per l’iscrizione a uno sci club 10 euro. Infine, la spesa media per una lezione è di 30-40 euro, a seconda della zona e degli sci club.
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QUANDO VINCERE È UN GIOCO DA RAGAZZE di Carlotta Miceli Picardi
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abato 24 ottobre, Palazzetto Comunale: assisto all’incontro tra la Formello Fidia Volley e l’Azzurra di Casette (Ascoli Piceno) e… mi
emoziono! Perdo ogni compostezza di cronista, per ritrovarmi a fare un tifo sfegatato, molto al di là delle mie reali competenze: “Alza quelle braccia! Salta, accidenti! Spostati! Schiaccia!” Nell’euforia del perentorio “tre a zero” inflitto alla squadra marchigiana, abbandono persino gli spalti per correre a battere il cinque con le splendide ragazze che mi hanno regalato un pomeriggio di spettacolo appassionante e con il loro allenatore, Emiliano Giandomenico… Alla base dei successi della pallavolo femminile italiana a livello internazionale, esiste una grande attenzione verso il settore giovanile, che continua a esprimere elementi di valore.
Tra le società del nostro territorio, che hanno il coraggio di “rischiare”, mettendo in campo un gruppo considerevole di giocatrici under 20 accanto alle veterane, c’è proprio la Formello Fidia Volley, sponsorizzata dal marchio di abbigliamento Celyn b. La squadra nasce nel 2008 dall’accordo siglato tra l’A.S.D. Fidia di Cesano - promossa in serie B1 nella stagione precedente - e la Roberto Rossellini di Formello. Chiedo a Roberto Randazzo, General Manager della A.S.D. Fidia e responsabile della B1 all’interno del consorzio di raccontarmi il percorso, gli obiettivi e le strategie del team. Quando è entrato a far parte del mondo della pallavolo? “Intorno al 1989. Il mio caro amico Mario Giovanelli, Presidente del centro sportivo Fidia e appassionato di volley, pensò di coinvolgermi nel suo progetto… ed eccomi qui!”
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volley Un cammino difficile, quello verso la promozione in B1? “Dieci duri anni di serie C, sei campionati di B2 e, dopo tre anni di play-off, con enorme soddisfazione, il salto…” Dopo la promozione si è trovato ad affrontare qualche ostacolo inatteso? “Un eccessivo e ingiustificato condizionamento da parte dei procuratori”. Quattro gironi nazionali di 14 squadre, da ottobre a maggio: un impegno davvero oneroso, in tutti i sensi… “…È determinate il supporto del nostro sponsor, la Celyn b. di Elisabetta Franchi… collaborazione nata dopo un incontro tra amici, che mi hanno presentato Sabatino Cennamo, allora titolare dell’azienda, prematuramente scomparso. Cosa si aspetta dalla stagione 2009/2010? “Un periodo di crescita, con l’inserimento di sei ragazze del 90-91 ad affiancare le cinque provenienti dalla serie A e cioè Silvia Fanella, capitano; Mara Palmeri, centrale; Cristina Prosperi, libero; Daniela Scarpellino, opposto ed Eliza K. Krasteva, il nostro jolly. Assisteremo comunque a competizioni di alto livello”.
La vostra sede attuale è il Palazzetto dello Sport di Formello, struttura idonea ad accogliere un pubblico numeroso… “La presenza dei sostenitori fornisce quella carica agonistica ed emotiva che nell’accezione comune rende il ‘giocare in casa’ una quasi certezza del risultato positivo… Una spinta forte, che può influire sull’esito di una partita. Vorremmo sempre maggiore partecipazione: la qualità non manca”. Al di là della predisposizione e dei requisiti fisici e tecnici, cosa fa di una “giocatrice” una “ottima giocatrice”? “Io do molta importanza alla capacità di ‘vivere’ il gruppo, di lavorare con la squadra e per la squadra, anche fuori dal campo”. Parla di armonia nello spogliatoio? “Deve esistere una coesione che nasce dalla capacità di muoversi con intelligenza e generosità all’interno dei rapporti umani”. Atlete con temperamenti diversi e diverse reazioni: dunque, equilibri delicati, meccanismi complessi da governare… “Bisogna lavorarci su… Abbiamo affidato la panchina a
Emiliano Giandomenico, allenatore con una grinta e con un’esperienza tali da imprimere personalità e serenità al tempo stesso, nonostante la sua giovane età. A settembre, tra l’altro, ho organizzato l’incontro con alcuni psicologi collegati all’Università di Firenze, venuti a illustrare i metodi per una corretta gestione del gruppo, attraverso il controllo degli atteggiamenti negativi”. Lo sport inteso come palestra di vita? “Una scuola di convivenza e di rispetto, dalla quale uscire con valori applicabili a ogni contesto: ci credo profondamente”. So che dodici mesi fa la Celyn b. ha adottato a distanza un bimbo del Bangladesh, attraverso l’Associazione “Comunità Papa Giovanni XXIII”… “Si chiama Said e ora ha tre anni e mezzo… Le lettere che ci informano periodicamente dei suoi progressi sono indirizzate alle “Gentili Signore del Formello Fidia Volley”…” E allora, in bocca al lupo, Gentili Signore del Formello Fidia Volley! ◆
A.S. FIDIA VENTISETTE ANNI DI SPORT Da ventisette anni presente sul territorio di Cesano, l’A.S. Fidia non conosce battute d’arresto. Sempre all’avanguardia con le migliori attrezzature - Technogym, Bcube, Panata - nel corso degli anni è riuscita a offrire competenza e qualità, grazie anche al continuo know how dello staff insegnante. Una bellissima struttura in legno e vetro ospita sin dal 1986 due vasche di 25 e 12 metri. Corsi di Nuoto per adulti e bambini, Acquagym e una vastissima quantità di fasce orarie dedicate al nuoto libero, coadiuvati dal direttore Stefano Mutone e dal suo braccio destro Barbara D’Amore. Le palestre sono la sede della scuola madre della “Scuola non Scuola”. Corsi di Kung Fu per adulti e piccini e di Ginnastica Cinese per apprendere tecniche di meditazione e tecniche marziali, in collegamento con il Gran Maestro Chen Yu di Pechino. Una scuola di Danza offre un percorso didattico completo, coadiuvato dalla maestra Lilla Vancheri: dalla propedeutica ai corsi avanzati, dalla preparazione agli esami per entrare in Accademia alle divertenti lezioni di Danza moderna e Jazz, che danno vita al Saggio tenuto ogni due anni nei teatri di Roma. Non mancano ovviamente corsi di fitness. Le istruttrici Barbara, Patrizia e Valeria vi seguiranno nelle discipline di tonificazione e coordinazione, stretching, tone up, power pad e, new entry di quest’anno, in un corso di hip hop per giovanissimi. L’istruttore di Kick boxing è invece Marco. Cresciuto proprio in questo ambito, guida ora un gruppo di senior e uno di junior nello studio della tecnica e dell’autodifesa, con incontri periodici e passaggi di cintura. Least but not last, la nostra scuola di Calcio a 5. Guidate da Salvatore, cinque squadre, dai piccoli amici fino agli allievi, un percorso didattico fantasioso e motivante per gli amanti del gioco del calcio. Una sala Body Building e cardio Fitness è infine a disposizione di tutti gli iscritti, sotto lo sguardo attento e dedicato del trainer Andrea. Valeria Giovanelli
A.S. FIDIA Srl Via Aldo di Loreto, 50 - Cesano di Roma Tel. 063038045 - www.fidiaroma.it
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EDWARD HOPPER Palazzo Reale di Milano
Il 15 ottobre, al Palazzo Reale di Milano ha aperto i battenti la prima grande retrospettiva italiana dedicata al pittore newyorkese Edward Hopper (1882/ 1967). Prima tappa di un viaggio che la porterà a Roma, al Museo della Fondazione e poi a Losanna (Fondation Hermitage). La rassegna segue il percorso creativo dell’artista, dai primi anni alla New York School of Art, ai viaggi in Europa, tra il 1906 e il 1910, fino a quello negli anni ‘20. Vicino ai dipinti, per la maggior parte provenienti dal Whitney Museum di New York, sono esposti gli schizzi e i relativi disegni preparatori che mostrano il processo creativo del maestro il quale, dell’estraneamento metropolitano, delle periferie dell’East Cost e della solitudine della middle class fece la sua poetica. La mostra rimarrà aperta fino al 24 gennaio 2010. Info: www.edwardhopper.it
RE T MOS CALDER
Palazzo delle Esposizioni di Roma
Alexander Calder (1898/1976), amico di Léger, Duchamp, Mirò e Mondrian, è lo scultore americano che rivoluzionò la scultura. Con le sue opere in fil di ferro e superfici piane, egli trasformò la scultura da statica a mobile. Alle strutture cinetiche, chiamate da Duchamp “mobiles”, seguirono gli “stabiles”, strutture immobili e praticabili, in un percorso di ricerca artistica che porterà lo scultore dal Surrealismo all’Astrattismo. In questa ottica è organizzata la mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma dove, fino al 14 febbraio 2010, si potranno ammirare opere provenienti dalla Fondazione Calder di New York e non solo, come Romolus and Remus del Guggenheim, alcuni standing mobiles, bronzetti, olii, gouaches e disegni. Il tutto è accompagnato da fotografie dell’artista, scattate dall’amico Ugo Mulas. Info: www.palazzoesposizioni.it
SOVRANA ELEGANZA Castello di Bracciano
Al Castello Odescalchi di Bracciano, fino al 13 dicembre, moda e architettura si fondono negli abiti di Roberto Capucci. Nelle sale dell’antica residenza, le opere si confrontano con arredi e armature, quasi a rievocare antiche gesta di dame e cavalieri; così come la collocazione dei preziosi abiti in quelle che erano le sale del Guardaroba mira a sottolineare il legame di forme e colori tra passato e presente. Oltre alle 60 “sculture in tessuto” e ai 25 bozzetti di costumi teatrali, sarà possibile ammirare abiti di culto come quello indossato da Rita Levi Montalcini per la cerimonia del premio Nobel, o quello di Esther Williams. Info: www.odescalchi.it
CERAMICA ITALIANA DEL NOVECENTO a Londra
La ceramica italiana dal 1920 al 1980 è il tema della mostra “Terra Incognita: Italy’s Ceramic Revival” organizzata alla Estorick Collection of Modern Italian Art di Londra. Le 50 opere, provenienti dalla collezione privata di Bernd ed Eva Hockmeyer, sono frutto della ricerca artistica di alcuni tra i più importanti artisti italiani del Novecento: Lucio Fontana, Marino Marini, Pietro Meandri, Fausto Melotti, Marcello Fantoni, Giuseppe Civitelli, Leoncillo Leopardi, Zauli e altri. La mostra mette in evidenza come la ceramica, a cui va riconosciuto il ruolo di forma artistica a pieno titolo, abbia rappresentato e rappresenti ancor oggi, per la sua forte connotazione espressiva, la situazione artistica italiana. L’esposizione sarà visitabile fino al 20 dicembre 2009. Info: www.estorickcollection.com
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Termopili - Greci contro Persiani
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La regina d’Egitto
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SOLDATINI DI PIOMBO IN PARATA
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Termopili - Greci contro Persiani
di Camillo Tondi
olti di noi sono rimasti fermi alla struggente fiaba, di Hans Christian Andersen, del Soldatino di stagno innamorato della ballerina di carta e destinato a morire fondendosi con lei nell’ultimo abbraccio. Ciò non è molto ma è, tuttavia, sufficiente a creare nel nostro immaginario uno spazio privilegiato per figure e personaggi in miniatura, spesso di pregevolissima fattura, che incarnano, tra l’altro, valori universali come il coraggio, il senso del dovere, la disciplina e, nel caso del nostro soldatino di stagno, la forza di nobili sentimenti, la fedeltà e l’amore. Walt Disney ha trasposto quella splendida favola nel lungometraggio “Fantasia 2000” con magnifiche sequenze animate, accompagnate da musiche di Šostakovicˇ. Con questo “pregiudizio” ci avviciniamo ai soldatini di piombo che occupano l’interesse di molti collezionisti e appassionati e che in questi giorni hanno “invaso” le vetrine del Circolo Ufficiali delle FF.AA.. Una splendida mostra in un luogo appropriato, organizzata dal Gen. Dante Lino Di Vaia e Francesco Rotilio, Ufficiale Superiore della GDF; una finestra aperta su un fenomeno veramente avvincente che attraversa tutte le epoche e coglie, con riproduzioni e diorami di splendida fattura, momenti topici e indimenticabili della Storia. Soldatini che, da semplice gioco di bambini, si sono trasformati in preziosi oggetti da collezione, nei quali si trasfonde cultura storica, competenza tecnica in materia di armi e uniformi e notevole talento artistico. Nell’ambito di questi personaggi in miniatura, si distinguono soldatini giocattolo e modelli militari, toy e model.
Scultori e decoratori in Egitto
Ingresso dei Tedeschi a Parigi
L’Arma dei Carabinieri, la Marina Militare e la Guardia di Finanza presentano vetrinette di particolare suggestione con i loro più caratteristici personaggi e le più significative uniformi. L’interesse per i soldatini in formato ridotto nelle svariate configurazioni e la produzione a carattere abbastanza intensivo risalgono al 1700, anche se è noto come già gli antichi Egizi ponessero soldatini votivi nelle tombe, per scortare il proprio Signore nell’aldilà e come una delle scoperte archeologiche più recenti e importanti riguardi proprio il dissepolto esercito di Xian in Cina: 8000 statue di guerrieri in creta che hanno avuto un incredibile impatto culturale e mediatico. In Francia e Germania, nel ‘700 e ‘800, nacquero molte ditte produttrici che si dedicarono alla crezione di numerosi modelli dei soldati delle Armate Napoleoniche e di Federico il Grande, in forme tridimensionali o piatte. Più di recente si è affermata la produzione inglese che ha diffuso le sue creazioni in tutto il mondo, mentre si sviluppavano produzioni alternative, in carta, pasta, celluloide e plastica in Germania e in Italia. Particolare importanza hanno assunto i modelli militari da collezione e da ornamento, prodotti con tecniche di stampaggio diverse. Tra questi primeggiano magnifici soldati a cavallo e militari nelle uniformi degli Stati italiani preunitari. Nel nostro Paese non mancano aziende e nomi che hanno contribuito al successo dei soldatini. Vengono in mente Stefano Allorini, Cavaliere errante che insegue i nostri personaggi in divisa dall’Argentina a Londra; “La Bottega del soldatino”, magico laboratorio di Lorenzo Antonini, erede di un’azienda secolare romana dove, in un’atmosfera
“old London”, il soldatino nasce, prende forma, colori, galloni e alamari per partire alla conquista di nuovi spazi; il Plantageneto di Torgiano (Perugia), con i suoi Wargame dipinti a mano e schiere di Toy Soldier. La punta di un iceberg di un universo a dir poco affascinante, coinvolgente e istruttivo, che porta con sé un piccolo mistero: quello del perché queste miniature, queste piccole immagini e modelli inanimati, traslati da una spesso lontana realtà storica, suscitino tanto interesse e attrattiva. Francesco Rotilio e Nicola Marrone, cultori della Storia del costume e delle tradizioni militari, si chiedono se la risposta sia da ricercarsi nei vivaci colori delle giubbe, nei rossi e i blu di splendide divise in molteplice gamma di combinazioni; se non sia per caso da trovare fra gli echi interiori di remoti rullii di tamburi, squilli di tromba, diorami di rutilanti schieramenti, cariche immaginarie; o se invece non sia soltanto l’intimo piacere o l’appagante godimento di un gioco che intriga bambini e adulti, a fornire la risposta. Quella vera, tuttavia, va cercata in ciascuno di noi singolarmente, visto che nell’esercito dei fan dei soldatini di piombo sono arruolati e militano Principi, Capi di Stato, militari, scienziati, letterati, artigiani, gente semplice, adulti e ragazzi - di luoghi e tempi diversi - accomunati da un’identica, irresistibile passione ◆
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Austria
Calde Atmosfere, luci, colori e bancarelle
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tmosfere festose, luci dai mille colori, suoni, canti, bancarelle traboccanti di prodotti artigianali e irresistibili dolci tipici dell’Avvento. Dalla metà di novembre fino all’Epifania ritornano, come ogni anno, i numerosi mercatini di Natale che “vestono a festa” le piazze delle principali città europee. La tradizione dei mercatini risale al Medioevo. Il primo ebbe origine a Dresda (Germania), nel 1434. Qui i migliori artigiani della zona si davano appuntamento per esporre le loro opere che richiamavano la Natività e l’Avvento. I piccoli oggetti creati appositamente erano costosi e fuori portata per le famiglie medie dell’epoca, tanto che inizialmente solo la borghesia ne era attratta. Oggi si ama rivivere l’atmosfera medievale con uno spettacolo dell’Avvento in costume, con suonatori, saltimbanchi, artigiani dell’epoca, come argentieri e stampatori e con la fabbricazione di lanterne e candele.
Italia
In Italia, invece, il primo mercato - oggi il più importante fu inaugurato solamente nel 1990 nella città di Bolzano. Piazza Walther ospita le caratteristiche casette in legno del “Christkindlmarkt”: 80 espositori propongono addobbi in vetro, legno e ceramica, tante idee regalo all’insegna della più genuina tradizione artigianale, nonché specialità gastronomiche e deliziosi dolci natalizi come il famoso “Zelten”.
Merano
L’EUROPA SI VESTE A FESTA ASPETTANDO IL NATALE
A pochi passi dal Mercatino, un’atmosfera particolarmente suggestiva regna nel “Bosco Incantato” di Palais Campofranco, residenza medievale divenuta nell’800 la dimora dell’Arciduca d’Austria e della nipote, la Principessa di Campofranco. Qui si possono trovare i prodotti tipici austriaci. A sua volta, nella vicina città di Merano, oltre alla visita al mercatino si può approfittare di un relax alle Terme. Superata Merano e proseguendo verso il confine con l’Austria, si raggiungono le città di Bressanone, Vipiteno e Brunico e, attraversando il Brennero, Innsbruck. Anche qui la tradizione dell’Avvento è molto sentita e il freddo non scoraggia la voglia di festeggiare nelle piazze. E così, mentre a Bressanone si svolge un ricco programma collaterale con gruppi musicali, cori, suonatori di organetto, mostre, visite guidate nel Duomo e nel Chiostro, animazione e attività dedicate ai bambini, a Vipiteno la magia del Natale è concentrata nel centro storico, scrigno di tesori culturali del Medioevo, nonché di una lunga tradizione mineraria testimoniata da una speciale mostra. Infine, una visita merita l’ormai famoso mercatino dell’Avvento di Bussolengo, vicino Verona. Qui viene riprodotto fedelmente il villaggio medievale di Babbo Natale della città di Rothenburg, in Germania, con le mura di cinta, il bosco incantato con gnomi e folletti, alberi addobbati e bancarelle di tutti i generi.
Germania
Dall’1 al 24 dicembre Norimberga si trasforma in una città natalizia, al centro della quale, nella piazza principale, vi è il Christkindlsmarkt o Mercato di Gesù Bambino. Circa 200 bancarelle offrono tutti i tipi di prodotti dell’artigianato della regione e una grande varietà di specialità culinarie. Ingrediente immancabile di queste feste è il vin brulé, offerto quasi dappertutto. Il Comune controlla rigidamente la qualità dell’offerta: gli oggetti di plastica non sono ammessi, né in vendita né come decorazione e la musica nella piazza può essere eseguita solo dal vivo. Ogni anno la bancarella più bella riceve un premio speciale.
Dal 14 novembre fino a Natale, a Vienna, presso l’antico ospedale militare, si può visitare un suggestivo mercatino. Le bancarelle, addobbate con estrema cura, si susseguono nelle vie che circondano il vecchio complesso. Qui è possibile trovare originali regali o bere un punch caldo o un bicchiere di vin brulé. Per la terza volta, anche quest’anno le bancarelle del mercatino si allineeranno anche lungo la magnifica Ringstrasse, che delimita il cuore dell’antica capitale imperiale e nella piazza dedicata a Maria Teresa. Terza tappa per chi è alla ricerca di un artigianato artistico e tradizionale è il mercatino che si tiene nello scenario barocco del castello del Belvedere. Nel periodo natalizio con un unico biglietto combinato si possono visitare il Museo della Storia dell’Arte, il Palazzo Imperiale, la camera del tesoro, che custodisce le corone e i favolosi gioielli della dinastia asburgica. A Salisburgo, città di Mozart, la magia dei mercatini di Natale è accompagnata da un’adeguata offerta musicale. Numerosi i concerti all’aperto e al chiuso, organizzati in questo periodo. Nella Piazza della Residenza, davanti al Duomo, sede della Fiera del Natale salisburghese, ogni sabato si svolgono i concerti per trombette e strumenti a fiato. Nella Piazza della Fortezza c’è un altro mercatino dell’Avvento, accompagnato da concerti corali e canti tradizionali natalizi. Nelle chiese, numerosi concerti da camera con musiche di Mozart e la musica sacra di Bach suonata con l’organo. A Innsbruck, invece, il mercatino si svolge nel centro storico, davanti al famoso “Tetto d’oro”, circondato dalle magnifiche facciate dei palazzi medievali della città vecchia. Qui è possibile assaggiare cibi come il “Kiachl”, lo “Spatzln”, riscaldarsi sorseggiando il vin brulè e approfittare per fare qualche regalino acquistando articoli artigianali tirolesi, candele, pane, giocattoli di legno, berretti di lana, bicchieri e vasi lavorati, oltre alle decorazioni di legno per l’albero.
Slovenia
Le ricorrenze dell’Avvento, a Lubiana, capitale della Slovenia, iniziano il 3 dicembre, quando tutto il centro storico della città si illumina a festa. Da quella data, per un mese, le bancarelle in Piazza Presernov offrono decorazioni e articoli da regalo. Il 5, San Nicola, accompagnato da un coro di angioletti e diavoletti, sfila per le strade distribuendo ai bambini dolci, frutta e caramelle e uno dei giardini del centro di Lubiana si trasforma in un ambiente fiabesco, pieno di magia e di eventi dedicati ai piccoli. Alcuni giorni prima di Capodanno, arriva dal Nord il cocchio con Nonno Inverno - la variante slava di Babbo Natale che visita la città con il suo seguito di personaggi fantastici e di cavalieri cavalcanti cavalli lipizzani. Il 31, un veglione all’aperto, animato da cantanti e musicisti, si svolge in Piazza, in attesa della mezzanotte. Dopo il brindisi si assiste a uno spettacolo pirotecnico che parte dal castello sovrastante, annunciando l’anno nuovo.
Vienna
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Tallinn
Colmar
Tallinn
Cracovia
Estonia
A Natale, Tallinn richiama turisti da tutto il mondo per il suo mercatino di Piazza del Municipio, nella città vecchia. Tra decine di bancarelle si trovano cimeli di ogni tempo: lane, merletti, tessuti, pelletteria, candele, ceramiche e decorazioni tipiche dei Paesi Baltici. Le bancarelle sono allestite intorno a un abete decorato e illuminato. Tallinn - Patrimonio dell’Unesco - offre molto ai visitatori: è una città medievale perfettamente conservata, racchiusa da mura con torrioni, case antiche e portali gotici. Dal 29 novembre al 17 dicembre i suoi locali e le sue chiese ospiteranno la 13ª edizione del Festival Jazz di Natale, con cantanti e gruppi provenienti da tutta Europa. A Rocca al Mare, non lontano dal centro, l’Estonian Open Art Museum ha allestito per i bambini un villaggio in legno, attrezzato con i giochi di un tempo, che riproduce un villaggio estone del XVIII secolo. Qui si trova anche la casa di Babbo Natale.
Francia
A Parigi è la Défense, il grande spazio sovrastato dal moderno Arco di cristallo, a ospitare per tutto dicembre le bancarelle del mercato di Natale. Al tramonto, quando si accendono le lampadine delle decorazioni, l’area abbandona la sua vocazione di quartiere degli affari e si reinventa, popolandosi di famiglie con bambini, Babbi Natale e giocolieri. Le bancarelle offrono decorazioni e regali, oggetti etnici e in lana, dolciumi e leccornie di tutti i tipi. Per coloro che oltre al mercatino cercano gli acquisti tradizionali, i negozi della Défense offrono prodotti di ogni genere. Altri mercati sono a Montpanasse, al Boulevard Saint Germain, a Saint Sulpice. Anche i grandi magazzini Les Galeries Lafayette, per Natale, addobbano a tema facciata e interni. Suggestivo è anche il mercatino nel centro storico di Colmar - cittadina alsaziana d’impianto medievale, suddivisa in quartieri distinti, ognuno di una singola corporazione - che si svolge dal 25 novembre al 31 dicembre, culminando con i festeggiamenti per l’anno nuovo. Negli stand e nei ristoranti è possibile gustare le specialità della regione.
Praga
Polonia
A Cracovia, la Piazza del Mercato - accanto alla Basilica di Santa Maria - ospita ogni anno un grande mercato di Natale: più di 250 bancarelle, che attirano visitatori da tutta la Polonia e da molti Paesi europei. Sulla piazza si svolgono concerti di cori di voci bianche che cantano canzoni popolari e natalizie. Sulle bancarelle sono in mostra i prodotti dell’artigianato locale: addobbi, gioielli in ambra, pizzi, ceramiche. Nel Museo Storico di Cracovia è inoltre possibile ammirare i favolosi presepi, grazie ai quali la città è considerata la “Capitale polacca del Natale”. Se non ci si accontenta della birra e del vino caldo o dei panini al burro e prosciutto che offrono gli stand, si può visitare il Wierzynek, ristorante storico ai cui tavoli si sono seduti grandi personaggi.
Repubblica Ceca
L’apertura dei mercatini di Natale di Praga, il 28 novembre, segna l’inizio delle Feste. Per l’occasione - fino all’1 gennaio - la Piazza della città vecchia e Piazza Venceslao sono punteggiate dalle tipiche casette in legno stipate di oggettistica originale: dai giocattoli in legno ai cristalli di Boemia, dalle figurine in foglie di granturco ai manufatti in paglia e ai golosi prodotti tipici. A completare la cornice il presepe con veri animali, allestito sotto il grande albero sulla Piazza della città vecchia e le note dei concerti natalizi. Contro il freddo c’è il ristoro del vin brulè, del grog a base di rum e acqua o della medovina, un liquore al miele servito caldo. Nel Museo del Ponte S.Carlo, fino al 10 febbraio, fa bella mostra di sé il più grande presepe al mondo. È a sua volta tutto di presepi il Museo di Trebechovice pod Orebem, in Moravia, che tra gli esemplari più preziosi vanta una Natività animata vecchia di oltre un secolo. Sempre in tema di presepi meccanici, l’esemplare più popoloso al mondo si può ammirare nel Museo di Jindrichuv Hradec, in Boemia: con le sue oltre 1.400 figurine è entrato persino nel Guinness dei Primati. A Trebic, nella piazza principale - Patrimonio dell’Unesco San Nicola sfila preannunciando il Natale. Il Santo appare alla vigilia del proprio onomastico, il 5 dicembre, con i suoi aiutanti, un angelo e un diavolo, impegnati a distribuire frutta secca, dolciumi e piccoli doni ai bambini buoni, carbone e patate ai monelli ◆
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SERGIO LEONE IN MOSTRA
ESPOSTE A CINECITTÁ 100 IMMAGINI INEDITE DEL GRANDE MAESTRO SCOMPARSO VENT’ANNI FA
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di Alberto M. Castagna
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ent’anni senza Sergio Leone. Non rimpiangeremo mai abbastanza la perdita di uno di quei registi che hanno permesso al cinema italiano di circolare a testa alta nel mondo; di colui che ha voluto sfidare il cinema americano sul suo stesso terreno, che ha saputo reinventare un genere - il western che si credeva esaurito nelle sue possibilità espressive. Sergio Leone se n’è andato a soli 60 anni, il 30 aprile del 1989, lasciando orfana più di una generazione di spettatori, ma creando ancora oggi nuovi adepti di un cinema che non smette mai di sorprendere e che viene ancora studiato nelle scuole cinematografiche di tutto il mondo, mentre registi vecchi e nuovi non perdono occasione per pagare il loro tributo a uno degli ultimi, veri Maestri della Settima Arte. Restano i suoi film, certo, anche se troppo pochi per una personalità così grande: appena sette titoli - se non si contano quel pugno di pellicole cui ha contribuito senza essere accreditato - ma uno più bello dell’altro, fino all’apoteosi di “C’era una volta in America” (1984), che resta il testamento spirituale del suo cinema, ove altri autori altrettanto grandi se non di più - Fellini, Kubrick - ci hanno invece lasciato con opere minori rispetto al resto della loro produzione. E rimangono i tanti, tantissimi libri scritti su di lui e molte immagini dal set, che testimoniano la cura maniacale con la quale affrontava la lavorazione di ogni sua opera. Cento di queste immagini per la prima volta vengono raccolte in una Mostra che ha preso il via lo scorso 29 ottobre e che si potrà visitare fino al 30 gennaio 2010. In un luogo che più simbolico non si poteva: Cinecittà, la fabbrica dei sogni made in Italy, nello spazio di Cinecittàdue Arte Contemporanea (Via Palmiro Togliatti, 2).
La Mostra “Sergio Leone, uno sguardo inedito - 4 grandi film in 100 magici scatti”, curata dal direttore della Cineteca di Bologna Gian Luca Farinelli, raccoglie le foto scattate da un grande fotografo, Angelo Novi, tutte in bianco e nero e stampate nel formato 50 x 70, per farne risaltare al massimo i particolari, specialmente di quelle realizzate sul set: “Il buono, il brutto e il cattivo”, “C’era una volta il West”, “Giù la testa” e “C’era una volta in America”. Nelle immagini sono ritratti i volti di coloro che hanno incarnato sullo schermo l’immaginario di Leone: da Clint Eastwood, che il regista romano scoprì quando era ancora un oscuro attore televisivo e che molti anni dopo si sarebbe ispirato a lui per il suo film da Oscar “Gli spietati”, a Henry Fonda, Charles Bronson, Claudia Cardinale, James Woods, Robert De Niro, quest’ultimo letteralmente “stregato” da Leone, tanto da aver chiesto al regista di interpretare anche quello che avrebbe dovuto essere il suo film più ambizioso, ispirato all’assedio di San Pietroburgo. Un progetto che purtroppo non ha mai visto la luce e che da anni tanti registi hanno dichiarato di voler riprendere, poi rinunciando nel timore di dover affrontare un confronto impari. Celebrare Leone significa, però, celebrare anche il lavoro di tanti artigiani del cinema italiano che ne hanno assecondato la solo apparente follia di ricostruire qui - in Italia, in Spagna ambienti e atmosfere proprie del grande cinema americano. Un cinema di cui Leone mostrava di non avere soggezione, da cui molto ha preso ma anche restituito: né il western né il gangster movie, dopo di lui, sarebbero stati più gli stessi ◆
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53 di classico, jazz e tip-tap a Los Angeles, dove vivevo; poi continuai a Londra e a New York”. A tredici, sei entrato all’American Ballet Theatre... C’era Baryshnikov, allora... “Nel pieno del suo splendore... Vinsi una borsa di studio di classico... ma non vivevo bene il ‘clima’ dei camerini. Per temperamento, per abitudini... Decisi di concentrarmi sul moderno”. Con l’approvazione di tua madre? “No, rimase malissimo. Per lei era una scelta che significava rinunciare a essere un ‘nome’ nel panorama della danza. Io cercai un punto d’appoggio in un appartamento e proseguii per la mia strada”. Determinato, eh?! “Un caratteraccio!... E sono peggiorato...” Scherza.
Steve la Chance: Da Los Angeles a Roma Step by Step
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di Carlotta Miceli Picardi
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cende dalla moto e mi viene incontro. Passo elastico, un sorriso che rende ancor più orientale il taglio degli occhi e la mascella hollywoodiana disegnata da un filo di barba... Faccia interessante, penso: tratti marcati in equilibrio tra classico e moderno... come negare, quindi, che con la fisiognomica si possa dedurre la personalità dell’individuo?! Un lampo nella memoria e, dalle mie reminescenze di storia dell’arte, affiorano un’immagine e un titolo: “Cavaliere carolingio, miniatura del IX secolo”... Incredibile! Stesso viso, stesso casco, un sauro al posto della Yamaha... (dunque, sempre di cavalli si tratta). Correggo mentalmente la didascalia: “Steve la Chance, maestro e star internazionale della danza, XXI secolo”. “Felice di rivederti e benvenuta!”, mi dice con l’inconfondibile accento americano, segno particolare sul passaporto di molti grandi coreografi. Lo seguo nella luminosa hall della scuola che ha inaugurato un anno fa e precipito in full-immersion nell’atmosfera di “Saranno Famosi”. Esili gambette in fila ordinata e calzamaglia color carne sembrano sostenere a stento il peso degli chignon. Provano a farsi largo, ma la barriera colorata del gruppo di hip-hop, che accoglie con entusiasmo un atletico giovanotto in felpa over-size e cappellino al contrario, si oppone allegramente.
Intanto compaiono alcune bambine, ancora deliziosamente paffute nei body lilla. Treccine comprese, superano di poco il metro. Saltellano intorno a Grazia, la compagna di Steve, perfetto mix mediterraneo di sensualità e istinto materno, che si fa pazientemente ripetere “gli articoli determinativi” tra una lezione e l’altra. Sui lunghi divani bianchi e arancio, riposano un paio di ballerini professionisti: a intervalli regolari portano il polpaccio all’orecchio con maggiore naturalezza di quanto io riesca a fare con il cellulare... Ci sediamo nello studio, davanti a una parete di vetro che si affaccia sull’aula di “Musical”. Arrivano ovattate le note di “Grease”. Bella, l’aria che si respira... Bello il silenzio spezzato all’improvviso dall’apertura delle porte imbottite che isolano acusticamente le sale e che, tutto a un tratto, consentono a Michael Jackson di attraversare il corridoio insieme a Tchaikowsky... Rigore e fantasia, disciplina e creatività: è un pianeta particolare, questo! Il tuo pianeta da quando avevi cinque anni... “...Cinque anni, un’energia pazzesca... e una mamma - Paula Morgan, straordinaria insegnante di danza, ndr - convinta che attraverso il ballo avrei potuto esprimere, ma anche arginare quell’incontenibile vivacità. Così iniziai a frequentare corsi
A me dai l’idea di essere un uomo tenace, solido, con qualche ‘spigolo’, forse, però generoso e sensibile... “Mi impegno al massimo. Accetto le sfide. Seguo sempre il percorso delle ‘cose forti’, per cui non escludo problemi e fatica. Da ragazzino ero già professionale, quasi maniacale nella preparazione, senza pause, senza stanchezza”.
Ricerca delle qualità interpretative che non sono sfuggite a un osservatore attento ed esigente come Pippo Baudo: ti ha cercato immediatamente per Fantastico 6, nel 1985, dopo averti visto in un video di Grace Jones... Raccontami la tua storia italiana. “Tanta televisione, il matrimonio, l’esperienza unica della paternità... Poi il dolore della separazione... E, più in là, la vita che si sposta in una nuova direzione... Ancora l’amore, una casa sul lago, la scelta della campagna... Molto, molto lavoro: svolgo un’attività continua come docente di modern-jazz e dirigo artisticamente corsi di specializzazione in tutto il paese. Dal 2002 insegno danza jazz nella scuola televisiva di Amici”. Proprio durante la trasmissione di Maria De Filippi, ho notato che sei meno intransigente di altri nel valutare le eventuali carenze fisiche di un ballerino... “Vado oltre, cerco il ‘pathos’. Un piccolo difetto, supportato da una buona capacità di comunicazione, può diventare ‘particolarità’. Mi annoia una semplice, corretta, asettica sequenza di passi”. In effetti, una performance troppo scolastica imprigiona la parte emotiva. Non lascia nulla... “Mentre io voglio accorgermi che chi sta eseguendo la mia coreografia ha un’anima della quale, per un istante, mi regala qualcosa... Non bastano un corpo e dei piedi meravigliosi!” Ti ho visto commosso di fronte a un vero talento, ma anche all’abnegazione e alla volontà di chi, per passione, cerca di superare i propri limiti. Qual è il tuo “allievo ideale”? “Quello che si applica con umiltà, che ‘riceve il messaggio’ e recepisce quanto gli posso trasmettere. Per il resto, la danza è nel DNA”. E il peggiore? ”Il presuntuoso, l’arrogante: non migliora perché polemizza continuamente”. Cosa fai nel poco tempo libero che ti rimane? “Adoro la tranquillità della casa: mi occupo del giardino e sono un bravo cuoco...” Davvero? “Cucino per tutta la famiglia!” Specialità? “Primi piatti di pasta e... ‘messicano’!” Intanto nella sala sottostante è avvenuto il cambio dell’ora. Una ragazza di sedici, diciassette anni, aggraziata e concentratissima attira la mia attenzione. Azzardo un parere: “Ha un bel movimento, vero,
Non a caso, a quindici anni ti ha voluto Juliet Prowse per la sua tournée mondiale e a diciassette Bob Fosse. A trenta, dopo vari programmi e alcuni film, la soddisfazione di essere chiamato come primo ballerino e coreografo alla serata di gala per la consegna degli Oscar... Una carriera rapidissima! Il vero traguardo? La fama, la perfezione? “Il movimento che diventa espressione assoluta e coinvolgente della musica... Un brivido che parte da dentro e colpisce all’esterno: l’EMOZIONE”.
la seconda da destra... Quella con i capelli più chiari e la codina... Mi sembra dotata, no?” Lui dà un’occhiata...: “È Giorgia, mia figlia...”, risponde con semplicità e una punta d’orgoglio. Eh sì, la danza è nel DNA ◆
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ROMA JAZZ FESTIVAL
l consueto appuntamento con il Roma Jazz Festival - dall’8 al 30 novembre - quest’anno avrà come filo conduttore le Jazz Labels: le storiche case discografiche che hanno fatto la storia del jazz, ma anche le nuove, che la storia la stanno facendo. Tale scelta nasce dalla speciale coincidenza, nell’anno 2009, di ricorrenze importanti: 90 anni dall’incisione del primo disco jazz in Italia, 70 anni dalla fondazione della casa discografica Blue Note, 50 anni dalla pubblicazione da parte della Columbia del memorabile disco “Kind of Blue”, 40 anni dalla nascita della casa discografica ECM. Anniversari emblematici che stanno a indicare il lungo e costante lavoro delle case discografiche nella promozione e diffusione della musica jazz e nella scoperta di nuovi talenti ◆ “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. (Giovanni Falcone)
Sala Sinopoli ore 21
Diana Krall
Lunedì 16/11/2009 Teatro Studio ore 21
SOL6
Martedì 17/11/2009 Sala Sinopoli ore 21
“The Pursuit” Showcase di Jamie Cullum Martedì 17/11/2009 Teatro Studio ore 21
3Quietmen Stefano Battaglia - Roberto Cecchetto Downtown Trio Mercoledì 18/11/2009 Teatro Studio ore 21
Antonio Placer Trio Giovedì 19/11/2009 Sala Sinopoli ore 21
Nicola Conte Combo, Luciano Cantone, Antonio Figura Venerdì 20/11/2009 Teatro Studio ore 21
Alboran Trio
Martedì 24/11/2009 Sala Sinopoli ore 21
Paolo Fresu, Uri Caine with Alborada String Quartet Domenica 29/11/2009 Sala Sinopoli ore 21
David Murray Black Saint Quartet Lunedì 30/11/2009 Sala Santa Sinopoli ore 21
Richard Galliano “Solo”
Si terrà dall’1 al 6 dicembre presso la Sala Umberto, la presentazione dello spettacolo “MINCHIA SIGNOR TENENTE” di Antonio Grosso. Un evento ideato da Alessandro Longobardi, realizzato e prodotto dall’Associazione Culturale Alkaest di Livia Clementi, con il patrocinio del Ministero della Gioventù, dell’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Roma, dell’AGIS (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo) e della Consulta Provinciale degli Studenti di Roma. Minchia Signor Tenente è un omaggio alla memoria di tutti coloro che hanno perso la vita nella lotta contro la mafia e, in particolare, ai Giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. È uno spettacolo che fa riflettere sul tema della legalità e soprattutto sugli uomini che non fanno notizia, ma sono la forza di riferimento per infondere sicurezza ai cittadini: i carabinieri. Uomini semplici, ma allo stesso tempo eroi, poichè adempiono al loro dovere in modo anonimo. La Compagnia è composta da otto giovani bravissimi attori, mentre la regia è affidata a Nicola Pistoia. Il giovane autore di questo testo teatrale, Antonio Grosso, appartiene a una famiglia di carabinieri da generazioni ed è stato ispirato nella scrittura di questa pièce dal testo di “Signor Tenente”, la canzone presentata da Giorgio Faletti al Festival di Sanremo del 1994. Lo scenario nel quale si sviluppa la vicenda è la Sicilia, terra di contraddizioni, prigioniera di “uno Stato nello Stato”, devastata dalla furia omicida, dall’oppressione di una “mala pianta”- la mafia - che nasce, vive e prospera nello stesso humus prodotto da questa tormentata e meravigliosa terra. Lo spettacolo racconta la vita quotidiana di una piccola Stazione dei Carabinieri, in un paesino della Sicilia, nella quale si vive un’ordinaria, lenta ma divertente quotidianità, interrotta da un importante evento. “Minchia Signor Tenente” è un’espressione amara, detta tra i denti, poiché “urlarla non si può, perché significherebbe insubordinazione”. Ma è un’espressione che non si può neanche tacere, perché significherebbe arrendersi a tutto: alle gerarchie che schiacciano, alla legge del più forte, al male del mondo. Uno spettacolo che affronta un tema difficile e spinoso con intelligenza, ironia e sensibilità; che va dritto al cuore, che scruta la mafia da una prospettiva che in pochi avevano preso in considerazione ◆ Info: www.salaumberto.com
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Domenica 15/11/2009
prossimi appuntamenti
jazz
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Nuovi e rilassanti trattamenti direttamente dal Marocco
on il freddo arriva anche la voglia di spogliarsi e immergersi in bagni turchi, massaggi, saune e percorsi olistici della salute, per rigenerare il corpo e lo spirito. Una sensazione di stanchezza generale, il cuore che va a mille, la mancanza di concentrazione, i disturbi del sonno, i dolori muscolari e la difficoltà a esprimersi sono tipici segnali che lo stress sta prendendo il sopravvento. Il vostro corpo ha bisogno di rallentare i ritmi per ritrovare il suo equilibrio. Allora, cosa può esserci di meglio di una passeggiata alle porte di Roma, direzione Spa Fonte del Benessere? In una metropoli come Roma è infatti sempre più difficile ritagliarsi uno spazio di tranquillità, sia per motivi di tempo che di denaro. A Formello, uno staff altamente specializzato sarà invece a vostra disposizione, al fine di consigliarvi la strategia migliore da attuare per risolvere ogni vostra esigenza. Con i massaggi sensoriali, per esempio, il cliente potrà scegliere il suo profumo tra una numerosa serie di creme, come quella al cioccolato, dall’effetto riducente e anticellulite; al mosto di uva, prezioso antiossidante; alla cannella e zenzero, idratanti e stimolanti; all’argan, purificante e, utilizzato dopo l’hammam, efficacissimo nell’idratazione della pelle; all’avocado e aloe, ottimi contro le smagliature; al bamboo e fiori di loto, drenanti e antistress. Abbinabile al massaggio è inoltre il percorso sensoriale che,
Foto: Spa Fonte del Benessere
Coccole d’autunno
oltre a essere divertente e rilassante, ha anch’esso benefici effetti su mente e corpo. Per la coppia, in particolare, è stato pensato un percorso al cioccolato, grazie al quale potrete regalare infinite coccole al vostro compagno. Per chi ha problemi di pelle, invece, i ragazzi dello staff suggeriscono il percorso termale con fanghi del Mar Morto; mentre per gli amici che vogliono condividere il relax insieme, consigliatissime sono le qualità idratanti e rilassanti del miele e del latte. Qualsiasi percorso si scelga, l’iter standard prevede comunque un melmarium, un bagno turco all’ametista, una sauna, una doccia emozionale con secchiata d’acqua fredda, un idromassaggio e, infine, relax nell’angolo del the e delle tisane. A tutto questo possono ricorrere gruppi di persone che vogliono passare un compleanno tra amici diverso dal solito e fuori dal caos cittadino; oppure amiche che vogliono fare un aperitivo direttamente dentro l’idromassaggio, prima di uscire per prepararsi, magari, a una serata importante. Esiste persino la possibilità di organizzare addii al celibatonubilato e soluzioni personalizzate. Quest’anno allora, per Natale, invece di passare giorni e giorni alla ricerca dei regali per i vostri cari, fate un salto a Formello! Potete trovare idee davvero interessanti, riuscendo a stupire e a rendere felici, almeno per qualche ora, le persone che amate, offrendo loro momenti di relax meravigliosi ◆
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Settembrini, grandi nomi e nuove proposte
percorsi del buon gusto Remigio, un angolo di Francia a Roma Giovane ma già grande, il nuovo regno di Fabrizio Pagliardi - per qualcuno un riferimento sicuro, con la sua Barrique e annessa Bollique a via del Boschetto - è uno spazio piccolo e accogliente: allure da bistrot, con il lungo bancone e pochi tavoli per godere di una sosta da veri gourmet. La proposta gastronomica è ridotta per lasciare il giusto spazio ai veri protagonisti: vino e bollicine, soprattutto dalla Francia. Sei gli champagne alla mescita e altrettante proposte di bianchi e rossi al bicchiere, mentre gli scaffali ospitano una bellissima selezione che non ha rivali in città: grandi, ma soprattutto piccoli produttori, vignaioli conosciuti direttamente sul campo e importati direttamente per dare vita a questo bistrot. La passione per la Francia c’è e si vede: oltre allo champagne, pinot noir, chardonnay e muscadet, senza dimenticare però i grandi riesling dalla Germania. Tante cantine scelte con cura, difficilmente reperibili in Italia. La sicurezza di una lista mai banale - come del resto ci ha abituati il patron nella sua quasi decennale esperienza nel rione Monti - da accompagnare con pochi piatti di grande qualità: terrine, carne battuta al coltello dei migliori selezionatori, carpacci e affumicati di pesce e infine il tapas, un aperitivo cui è impossibile resistere, preparato con semplici fettine di baguette arricchite con grande finezza. Per chi, pur trovandosi nel regno dello champagne, non volesse rinunciare a qualche sorso ben mixato, il consiglio è quello di cedere alla tentazione: a differenza di molti luoghi dedicati al vino, qui la qualità dei cocktail è davvero rimarchevole. Info: Via Santa Maria Ausiliatrice, 15 - tel. 06.789228
Dal pranzo alla cena, passando per l’aperitivo, o semplicemente la tentazione di un dolce a fine serata. A un passo da piazza Mazzini, un locale di moderna eleganza con luci calde e atmosfera intima, che senza eccessive smancerie accompagna con garbo gli amanti del vino alla ricerca di una bottiglia non scontata, ma che è pronto anche per una mescita di tutta soddisfazione. La carta organizzata con intelligenza: da scoprire, la proposta champagne, bollicine italiane, bianchi, rossi e cantina personale, che ospita vini di cui ci sono solo una o due bottiglie. Una proposta complessiva davvero ricca di spunti, che non mancherà di incuriosire e convincere. Italia-resto del mondo, tutto insieme nella carta vera e propria, divisa solo per Regioni, che avremmo preferito fosse organizzata anche per nazionalità... ma è cercare un difetto in una delle carte migliori per razionalità e offerta. Le etichette sono evidentemente frutto di una selezione appassionata, che non cede alle lusinghe dei “soliti noti”, ma lascia aperta la porta ai grandi: Valentini, Gravner, Cavallotto, Salon, tanto per citare alcuni “classici” del buon bere. Poi, molti naturali, tradizionalisti e alcune eccellenze dell’enologia di oggi. Una nota merita anche la proposta gastronomica: pochi piatti, tra terra e mare, realizzati con mano felice da Luigi Nastri. Tra gli altri, una meravigliosa zuppa di pesce, molto asciutta e la minestra di pasta mista con ceci e gamberi, ricordo forse di una passatina che ha fatto scuola nella moderna ristorazione; un piatto di crudi assolutamente non scontato, che soddisfa pienamente gola e occhi e poi, tra le tentazioni di terra, le orecchiette con faraona, ragù di finferli e zenzero, o il piccione con purè di patate e arance. Infine, dolci all’altezza. Grande materia prima e due menu degustazione, volendo anche con vini in abbinamento. Info: Via Settembrini 27 - tel. 06.3232617 www.ristorantesettembrini.it
Una due giorni di vino ed enogastronomia Un evento dedicato alla viticultura italiana. Un’occasione preziosa per scoprire piccole e grandi cantine in eposizione in uno spazio d’eccezione, quale quello dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. Operatori del settore, curiosi e appassionati, dal 21 al 22 novembre potranno assaggiare e conoscere circa mille diversi vini prodotti da più di 300 Cantine provenienti da tutta Italia: da quella dei Conti Zecca della Puglia, a quelle di Felluga del Friuli Venezia Giulia, passando per le Cantine del Notaio della Basilicata, fino alle Isole di Argiolas e Donnafugata. Un catalogo permetterà di orientarsi tra le molte proposte, grazie a un elenco completo e a percorsi pensati per ottimizzare la visita e godere così anche dell’occasione di incontrare da vicino i produttori, che illustreranno al meglio i prodotti esposti. Antonella De Santis
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SCUDO FISCALE
scudo fiscale di Luca Bernabei
UN NUOVO SCENARIO
Alla luce dell’attuale crisi finanziaria, originaria di radicali e impensabili cambiamenti, l’Italia e gli altri Paesi aderenti al G20 hanno collegialmente deliberato di combattere solidalmente i Paradisi Fiscali, per far rientrare i capitali detenuti al di fuori dei patrii confini. Moralità ed etica gridano vendetta, ma anche la dura realtà dell’economia italiana reclama ossigeno. Saranno utili i circa 400 miliardi di Euro che si ipotizza rientreranno grazie allo scudo fiscale 2009? Penso di si. Con un sistema bancario ingessato, favoriranno un effetto moltiplicativo da cui tutti trarranno beneficio. Le Banche estere, ove erano nascosti i capitali, stanno ora collaborando, in un nuovo cinico scenario, che le ha viste assistite per la prima volta, guarda caso, proprio dalle nazioni alle quali sino a ieri avevano sottratto risorse. Le liste degli evasori non sono più segrete e alcune sono già a disposizione dei Governi. La novità è che gli evasori non saranno scoperti solo in seguito agli accertamenti del Fisco, ma grazie al “tradimento” o alla forzata collaborazione delle Banche dei Paesi esenti tasse estere, come ha già fatto l’Unione delle Banche Svizzere.
SCUDO FISCALE 2009
Ecco quindi la terza edizione dello Scudo Fiscale, dopo le precedenti del 2001 e del 2003. È un condono che consente ai soggetti fiscalmente residenti in Italia, che possiedono investimenti o attività finanziarie all’estero, in violazione alle norme vigenti, di regolarizzare tali posizioni, grazie al pagamento - entro il 31.12.09 - di una tassa del 5% sul capitale sanato, facendo così rientrare fisicamente in Italia i capitali oggetto di illecito, mantenendo l’anonimato e garantendo la totale riservatezza e l’esclusione di accertamenti fiscali. Il Ministero dell’Economia ipotizza un introito di circa 4 miliardi di Euro di tributi.
EFFETTI
L’adesione preclude, nei confronti del dichiarante, ogni accertamento tributario e contributivo per i periodi di imposta ancora accertabili, limitatamente alle attività oggetto di rimpatrio ed esclude la punibilità per i reati di “infedele dichiarazione”, “omessa dichiarazione” e “fraudolenta dichiarazione”, mediante fatture inesistenti, artifici, occultamento o distruzione di documenti e falso in bilancio. Sono esclusi i reati in materia di riciclaggio.
QUALI LE MODALITÀ DI EMERSIONE?
Sono due: il rimpatrio (materiale o giuridico) e la regolarizzazione. Se il contribuente fa rientrare in Italia i capitali illeciti detenuti in un Paese extra Unione Europea (eccetto Norvegia e Islanda) dovrà obbligatoriamente avvalersi del rimpatrio. In tal caso le attività patrimoniali dovranno essere materialmente importate in Italia. La regolarizzazione riguarda invece i capitali detenuti in un Paese UE. Il denaro e le altre attività finanziarie di natura diversa come gli immobili e gli oggetti preziosi potranno essere lasciati all’estero, ma dovranno essere dichiarate nel quadro RW della dichiarazione dei redditi.
COSA FARE?
Credo che il ciclo storico di impunibilità sia giunto al termine. Personalmente vedo solo svantaggi nel continuare a tenere questi illeciti capitali all’estero. Quale è il costo? Quale il vantaggio? Questo condono è una buona, forse ultima, opportunità di averne il pieno controllo e utilizzarli per scopi produttivi sul nostro territorio. Per evitare ogni problematica e rendere semplice e indolore l’operatività, vi suggerisco di rivolgervi a strutture qualificate e a un unico interlocutore, con il quale valutare attentamente tutti gli aspetti finanziari fiscali e giuridici ◆
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Leggiamo
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Il museo dell’innocenza Orhan Pamuk Un libro splendido, del Premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk. Una storia di passione, amore e conflitto e al contempo un affresco di Istanbul e della sua borghesia negli ultimi trent’anni. La tormentata storia dei due protagonisti porta il lettore nei meandri dell’animo umano e fa riscoprire il piacere di una lettura di livello, sfaccettata e ricca di temi diversi, ma allo stesso tempo integrati con maestria da un grande autore che conosce il potenziale incredibile della scrittura e ha la capacità di portare il lettore a scoprire differenti strati di comprensione all’interno del romanzo.
GLI ALTRI
L’IO NON ESISTE ISOLATAMENTE, MA NASCE SOLO NELL’INCONTRO CON L’ALTRO
L
di Laura Pagnini
L’
Looking for my shoes Gigliola MARCHESI
Quanto diverso sarebbe il nostro mondo se non fossero stati messi a tacere tanti spiriti liberi, come Ipazia?
“Lily è alla ricerca di qualcosa, sempre. Attraverso la metafora e l’ironia, uno spaccato di vita quotidiana, con la speranza di abbattere certi pregiudizi... E voi, state cercando le vostre scarpe? Le avete trovate? Mettetele ai piedi, ché c’è da camminare... Buon viaggio!”
Il simbolo perduto Dan Brown Dal 23 ottobre in libreria torna Dan Brown, con le nuove vicende del suo protagonista. Robert Langdon viene inaspettatamente chiamato a tenere una conferenza serale a Washington, dove poco dopo viene ritrovato uno strano oggetto. Il reperto racchiude cinque simboli misteriosi e rappresenta un antico invito che introduce il destinatario in un mondo di sapienza esoterica. Quando l’amico e mentore di Langdon, Peter Solomon, viene rapito, Langdon si rende conto che l’unico modo per riuscire a salvarlo è utilizzare l’enigmatico oggetto. Da qui si dipana una trama complessa che ha Washington e i suoi segreti come sfondo e la massoneria come filo conduttore del romanzo. Non aspettiamoci un testo di concetto, ma una piacevole lettura per le prime sere d’autunno.
esperienza dell’altro è qualcosa di cui non si può fare a meno, perché è solo attraverso di essa che si coglie la realtà dell’Io. Ognuno di noi è inserito in un contesto sociale che partecipa alla costruzione dell’immagine di sé, fornendoci continui feedback su ciò che noi siamo, attraverso le opinioni degli altri. L’ambiente sociale dunque è come uno specchio che svolge una funzione riflettente, in cui si modellano parti della propria identità. Il rinforzo positivo, inteso nel senso di approvazione data all’individuo, influenza decisamente la propria autostima e più partirà da persone significative - amici, genitori, fratelli ecc. - più contribuirà ad aumentarla. L’immagine di sé, in tal modo acquisita, condiziona così il nostro modo di essere e di agire, aiutandoci o ostacolandoci nel raggiungimento dei nostri obiettivi. L’Io dunque è intessuto anzitutto in una fitta rete di rapporti interpersonali, in cui l’elemento fondamentale è costituito dall’influenza che ciascun soggetto esercita sull’altro, ossia dall’interdipendenza. Ciò fa si che la stessa esperienza educativa non possa prescindere dalla presenza degli altri e che uno dei più significativi strumenti pedagogici sia costituito proprio dal “gruppo”. Nell’ambito di quest’ultimo si creano delle dinamiche dovute a una forza che scaturisce dal congiungimento di più individui e che assume un notevole rilievo in qualsiasi azione degli stessi. Il cambiamento del singolo avverrà allora attraverso quello del gruppo; attraverso cioè la modificazione degli equilibri di forze presenti in esso. Ogni componente infatti sarà stimolato a modificare il proprio orientamento e comportamento per riuscire a esprimersi liberamente; ad ascoltare ed essere ascoltato; ad accettare le idee e la personalità degli altri; a far accettare la propria; a contribuire attivamente all’organizzazione e attività del gruppo, al suo destino. La pratica di una sincera comunicazione dei propri sentimenti e di un’aperta discussione dei problemi dei singoli all’interno del gruppo, rompendo le barriere che separano le persone, le metterà nella posizione di poter ottenere comprensione e sostegno l’una dall’altra, incoraggiandole così a indagare nel profondo della propria interiorità. Tutto ciò genererà quella trasformazione che inevitabilmente condurrà a uno stravolgimento del modo di percepire se stessi e la realtà ◆
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Echi di mari lontani, fiabe dall’oceania 27° Mostra Internazionale d’Illustrazione per l’Infanzia
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idee per il tuo compleanno
Costruiamo il vostro divertimento con fantasia ed esperienza Noleggia un GONFIABILE di varie forme e misure, jumper, carretto pop corn, zucchero filato, palloni elio, trucchi bimbi... e tanto altro ancora! Anche per il vostro giorno speciale, anniversario e matrimonio, intratteniamo i vostri piccoli ospiti con animatori di consolidata esperienza e professionalità
U U
n mondo sospeso tra la conchiglia del cielo e quella dell’Oceano; popolato di grandi eroi e divinità, di ombre e folgoranti visioni che affiorano dai paesaggi incantati di una miriade di isole inesplorate. È il mondo delle favole degli Aborigeni australiani, i Maori della Nuova Zelanda e di tutti gli altri popoli pescatori e navigatori delle isole dell’Oceania che, dal 18 ottobre al 20 dicembre, grazie alle tavole di alcuni dei migliori illustratori per l’infanzia, prenderà vita a Sàrmede (Treviso), il “Paese della Fiaba”. Queste opere saranno esposte nell’ambito della Rassegna internazionale che ogni anno dona visibilità ai linguaggi dell’illustrazione e che vedrà la presenza di 40 artisti provenienti da 20 Paesi e di oltre 300 tavole originali, dalle quali sono stati tratti libri per l’infanzia, alcuni editi in decine di lingue, altri a circolazione limitata. Ospite d’Onore della Mostra sarà lo spagnolo Emilio Urberuaga, autore dotato di una grande carica di umorismo e creatore di indimenticabili albi illustrati e personaggi noti in tutto il mondo, come Manolito e Olivia. Ma accanto alle opere da ammirare, vi sarà anche la possibilità di partecipare a più di cento iniziative, tra letture animate, incontri con gli autori, laboratori per bambini, ma anche concerti e attività per adulti. Non mancheranno a loro volta proposte incentrate sul tema del Natale, corsi di scrittura creativa, disegno o, ancora, per imparare a raccontare le fiabe. L’idea di realizzare una Mostra Internazionale d’Illustrazione per l’Infanzia venne nel 1982 a Šteˇpán Zavrˇel, noto illustratore di Praga che, trasferitosi a Sàrmede, ai piedi del Gran Bosco del Cansiglio - luogo di straordinaria bellezza, popolato da cervi riuscì ad attrarvi altri protagonisti del mondo dell’illustrazione i quali, anno dopo anno, affrescando i muri con dipinti dedicati alle fiabe e alle antiche storie locali, hanno trasformato il piccolo borgo in un incantevole “Paese della fiaba”. Ogni autunno la manifestazione porta in questo territorio magico, dove fiorisce la fantasia, migliaia di bambini con le loro famiglie; mentre in estate, la Scuola Internazionale d’Illustrazione accoglie oltre 270 persone, tra giovani e meno giovani, italiani e stranieri, che giungono qui da ogni dove per seguire i corsi tenuti dai migliori maestri. E questi ultimi, ancora oggi, in primavera decorano con storie fantastiche le pareti delle abitazioni che si affacciano sulle strade congiungenti tra loro le colline, arricchendo così quei
1. (Emilio Urberuaga) La rete delle fate (Nuova Zelanda) 2. (Giovanni Manna) L’universo conchiglia (Isole della Società)
Via Santa Cornelia, 5/A t Formello (zona industriale) t Tel. 069075339 t www.videomartin.it t
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“Luoghi di Fiaba”, la cui unicità è stata ormai riconosciuta anche dalla Comunità Europea. Lo stesso municipio di Sàrmede - la cosiddetta “Cappella degli Scrovegni della fantasia” - ove è allestita la mostra, è stato trasformato in un regno delle favole dall’illustratore Jozef Wilkon. Come di consueto, dopo il 20 dicembre la Rassegna proseguirà nella sua versione itinerante, toccando diverse città italiane ed europee. Le precedenti edizioni sono già state presentate in sedi prestigiose, come Madrid, Genova, Parigi (al Centre Pompidou), Lubiana, Lisbona, Siviglia, Salisburgo, Vienna, Istanbul, Napoli, Monza, Stoccarda, Siena, Roma, Firenze, Bratislava, Verona e Vicenza ◆ Info: tel. 0438959582, www.sarmedemostra.it L.P. 2.
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Parco di Plinio
AL VIA IL PRIMO COMPLESSO BIOEDILIZIO DELLA CAPITALE A USO RESIDENZIALE, CON RISPARMI ENERGETICI DEL 30%
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abato 10 ottobre sono state presentate le tipologie abitative del nuovo complesso residenziale all’interno del Parco di Plinio, nel quartiere dell’Infernetto a Roma. L’intervento, realizzato dalla società immobiliare SPQR 2000 T, specializzata in edilizia abitativa privata, comprende 160 appartamenti, una scuola materna, un asilo nido, una casa di cura per anziani, nonché negozi e locali tecnici. L’iniziativa è stata realizzata interamente nel rispetto dei criteri della bioedilizia e del risparmio energetico, grazie all’utilizzo di fonti rinnovabili. Un quarto delle “eco-case” è stato infatti progettato in legno ecologico a ridotto impatto ambientale. All’evento hanno preso parte: l’Assessore all’Ambiente del Comune di Roma Fabio De Lillo, l’Assessore al Commercio Davide Bordoni, il Presidente della Commissione Attività Produttive della Regione Lazio Gianfranco Bafundi, il Vicepresidente della commissione Urbanistica del Consiglio regionale del Lazio Fabio Desideri e l’ex Assessore capitolino Franco Cioffarelli. A pochi minuti dal mare e a metà tra la pineta di Castelfusano e la tenuta presidenziale di Castelporziano, il Parco di Plinio si estende su quattro ettari di verde e costituisce un importante complesso storico-naturalistico della città di Roma. “Si tratta della prima struttura a Roma totalmente autosufficiente dal punto di vista energetico e interamente ispirata ai principi della bioarchitettura - spiega il socio di riferimento della società capitolina SPQR 2000 T, Avv. Vittorio Ruggiero - Ogni “eco-casa” sarà dotata di un sistema di telerisacaldamento e teleraffreddamento che, riducendo il consumo di combustibili, sarà in grado di far ottenere risparmi sulla bolletta fino al 30% rispetto agli erogatori
nazionali. L’acqua calda, l’impianto di climatizzazione e di riscaldamento vengono infatti ottenuti grazie all’utilizzo di sistemi di trigenerazione a olii vegetali (provenienti da colture energetiche). Tra l’altro le famiglie, oltre al considerevole risparmio sui costi di fornitura, non dovranno più sostenere costi di manutenzione degli impianti termici. L’obiettivo è quello di costruire nuovi spazi abitativi salutari e dotati dei migliori confort qualitativi, che esprimano un nuovo modo di vivere volto a condividere un quartiere ecologicamente ed energeticamente sostenibile, come quello che vorremmo diventasse l’Infernetto”. Il complesso è composto da appartamenti di piccolo-medio taglio e da villette quadrifamiliari, ognuna con giardino privato. Le unità abitative, rifinite con materiali di prima scelta e dotate dei più moderni comfort - riscaldamento autonomo, condizionamento e televisione satellitare - affacciano su un parco di cinquemila metri quadrati, al cui interno si trova un’ampia piscina e un parco giochi per bambini. Le case in legno ecologico e a basso consumo energetico sono una realtà nel Nord Europa, negli Stati Uniti e nel Canada. Il legno naturale utilizzato è certificato FSC, ovvero proviene da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici e permette risparmi energetici fino al 70% rispetto alle stesse costruzioni realizzate in cemento e muratura. Il legno certificato FSC vuol anche dire che è ottenuto con un bilancio nullo delle emissioni di CO2 ◆ SPQR. 2000 T S.r.l. Via del Serafico n. 149 - 00142 Roma Tel. 06/5041240 - 51962725 - Fax 06/51967576
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Rovere Recupero “Storico”
Cremlino - Sala Alessandrewski Rovere “Botte”
L’arte nelle finiture Italiane attraverso i secoli
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Dettaglio Marquetteria - Cremlino
Da 50 anni l’obiettivo della FARNESE è l’integrazione in ambito contemporaneo di materie e manufatti storici
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o studio dei materiali e delle produzioni lignee, lapidee e ceramiche, siano esse riferite a soluzioni planari (pavimenti e rivestimenti) o tridimensionali (sculture, ornati, arredo fisso e mobile), si è evoluto di pari passo con il costante approfondimento della ricerca e della sperimentazione, che ci hanno sempre garantito una posizione “pionieristica” e di avanguardia. La collaborazione cinquantennale con i più rinomati studi di progettazione internazionale e l’incondizionato appoggio dei laboratori di produzione ha reso nel tempo possibile un patrimonio di conoscenze tecniche e di design che continua a essere messo a disposizione della clientela. In ambito contemporaneo e nel rispetto di un “puro” design, siamo da sempre convinti che, quantomeno a livello materico, una profonda “rottura” con i canoni del passato non potrà mai indurre il “calore”, l’eleganza e la sobrietà di materie e manufatti storici altresì integrati e rivisitati in chiave moderna con profonda cognizione di causa. Da questa filosofia scaturisce la nostra costante sperimentazione che permette, partendo da tecniche antiche, innovative rivisitazioni contemporanee, calde e avvolgenti, nel rispetto del design e della antica cultura italiana ed europea. Le fasi operative a supporto dei nostri obiettivi sono: Prima fase. Percezione e studio delle tradizioni produttive
nel bacino del Mediterraneo, previa analisi delle tecniche di produzione, nonchè dei materiali impiegati raccolti in svariati esemplari materici e in diversi manufatti. Questi reperti rappresentano il nostro patrimonio artistico ove attingere per verifiche, riedizioni e sperimentazioni contemporanee. Seconda fase. Ricostruzione sia dei procedimenti tecnici che delle fasi di lavorazione nel rispetto dei componenti originali del reperto e della relativa epoca. Terza fase. Ricerca e sperimentazione sui materiali contemporanei. L’impegno dei mezzi fisico-chimici e delle tecniche attuali - utilizzando finanche materiali di consumo biologico - ci hanno permesso di conseguire dei risultati di carattere innovativo: superfici, finiture e composizioni materiche integrate con i più disparati materiali, dai metalli alle porcellane, dalle pietre al legno, dai marmi alle ceramiche e terrecotte. Con una tale ricchezza di materiali e conoscenze FARNESE ripropone ancora una volta prodotti storici e contemporanei, anzi di avanguardia ◆
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onquistare una migliore qualità della vita, degli ambienti e degli oggetti è possibile attraverso un ritorno alle capacità creative dell’artigianato, nel rispetto dell’ecosostenibilità. Ecco allora nascere l’eco-design, la cui finalità è non solo sposare funzionalità e forma, ma anche considerare l’impatto che il nuovo oggetto avrà sull’ambiente, il materiale di partenza per la sua realizzazione, nonché la sua longevità. Nella nostra cultura “usa e getta”, la longevità costituisce infatti il primo elemento alla base di una sostenibilità possibile. Scopo della moderna tendenza del design è quindi reinventare il processo di fabbricazione, per fare qualcosa d’innovativo, speciale, utile ed ecologico. Una delle strade può essere ovviamente la “cultura del riuso”: attraverso il riciclo di manufatti ormai inservibili, si possono infatti ottenere talvolta apprezzabili rielaborazioni. È il caso della panca SnowBench: vecchie tavole da Snowboard, con un loro più o meno glorioso vissuto, trasformate in un tipo di seduta progettata e realizzata per
LA CULTURA DEL RIUSO un target giovane e dinamico, che ama circondarsi di oggetti che raccontino storie reali e originali. Versatile, colorato, resistente anche all’aperto, il prodotto consegue al proposito di una realizzazione “su misura”, adatta a rispettare e rispecchiare le esigenze e i gusti di ognuno. A seconda delle tavole scelte, può avere una grafica semplice ed essenziale o, al contrario, vistosa e aggressiva; può essere più o meno lunga, adatta a due persone o a quattro. Realizzabile con o senza schienale, può essere utilizzata come seduta da scrivania, per un tavolo da pranzo, in ufficio o, come panchina, in giardino e sul terrazzo. Operare scelte che rispettino l’habitat, quando si arreda la casa o l’ambiente di lavoro, può fare la differenza e pensare al futuro è un dovere, come è un dovere trovare un equilibrio tra i bisogni individuali e collettivi per salvaguardare il nostro pianeta. Creare un oggetto che sia resistente, curato, goduto e amato è allora alla base della nostra filosofia. Quindi, ben venga il vecchio e inutilizzabile snowboard che voglia trasformarsi in una personalissima ed ecologica SnowBench ◆ Info: CubbyDesign • Tel. 3381292125 •
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MI ILLUMINO D’IMMENSO
Forme di luce da ieri a oggi: un design che non smette mai di crescere
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di Valentina Falcinelli
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on sono soltanto semplici apparecchi illuminativi. La storia del design dell’illuminazione ci ha dimostrato, infatti, che la funzione dei lampadari è sempre più connessa alla sfera estetica dell’ambiente in cui vengono inseriti. Talvolta è davvero il caso di parlare di opere di luce, vere e proprie creazione d’autore frutto dello studio di architetti e designer. Questi professionisti, interpretando la moda del momento e le esigenze dei clienti, creano prodotti che, pur fondandosi sui crismi del passato, li reinterpretano alla luce del più moderno design. Gli albori dell’illuminazione La prima forma embrionale di apparecchio illuminativo risale a 15.000 anni fa, quando l’uomo preistorico si serviva di conchiglie, corna e pietre riempite di muschi o grasso animale - utilizzati come combustibile - per illuminare la sua grotta. Nel 2.500 a.C., in Mesopotamia, si iniziò a impastare sabbia, soda e calce ottenendo, dopo un repentino passaggio da caldo a freddo, il vetro. Fu però solo a partire dal 50 a.C. che, grazie all’invenzione della soffiatura da parte dei Romani, si cominciarono a fabbricare le prime, piccole lucerne in vetro, anche se già da diverso tempo - 600 a.C., in Grecia - erano diffuse quelle in ceramica. Il passaggio dalle semplici lucerne portali a luci fisse, sia a parete sia a soffitto, si ebbe soltanto con l’avvento della candela, nel 400 d.C. Si iniziarono quindi a realizzare i primi lampadari, opere semplici ed estremamente funzionali, il cui design era basato su un motivo centrale dal quale andavano a diramarsi i bracci, a raggiera o a croce, che sostenevano le candele. Questo tipo di illuminazione, a differenza di quella ottenuta con le lanterne a olio, dava la possibilità di diffondere in modo uniforme la luce in tutto l’ambiente e contribuì a far nascere il primo dibattito sull’estetica connessa all’illuminazione. Durante il Rinascimento al lampadario vennero aggiunti elementi decorativi tra cui vetro, pietre dure e porcellana. Anche i magnifici modelli veneziani, tutt’ora noti e apprezzati a livello internazionale, erano inizialmente illuminati da candele. Il settecento vide l’esplosione dell’arte dell’illuminazione. I lampadari divennero simbolo di lustro delle corti in tutta Europa: dalla Francia alla Prussia, passando per la Serenissima. Gli apparecchi illuminativi di quel periodo erano frutto di un florilegio di soluzioni estetiche e materiali diversi (porcellana,
Flexy Light di Thein Nguyen è realizzata con un foglio di carta ripiegato seguendo un motivo geometrico. ferro, bronzo, legno, gesso, osso e in particolar modo vetro): enormi, sfarzosi, emblema di lusso estremo. Basti pensare alle opere di luce presenti all’Hermitage o nei Musei Vaticani, come pure nelle chiese tardo barocche. Le strade percorse da allora a oggi sono innumerevoli e gli apparecchi di oggi sono frutto, in qualche modo, di quel che fu. Design moderno I bisogni dell’illuminazione seguono il progresso e, spesso, ne dettano la direzione. Ben presto, già negli anni del fin de siecle, i lampadari iniziarono a essere dotati di impianto elettrico, dapprima applicato esternamente e in seguito cablato all’interno della struttura. Il Novecento italiano è stato caratterizzato, nella prima metà, dalla scuola Venini: celebre brand che si avvalse della collaborazione di designer del calibro di Carlo Scarpa e Giò Ponti che dettò le regole per un nuovo linguaggio formale, svincolato dalle esperienze del passato e pronto a recepire le esigenze della modernità. Nella seconda metà del secolo, il fenomeno si ramificò e crebbe la nouvelle vague del design italiano con le esperienze, anch’esse notevoli e rivoluzionarie, di 1. centinaia di aziende: da Flos, Targetti e Artemide, alle grandi esperienze dei Castiglioni, veri e propri epigoni di tutte le generazioni di tecno-designer a venire. Il design dell’illuminazione di oggi è davvero multiforme e stupefacente. Oltre a prodotti dichiaratamente retrò, classici e tradizionali, troviamo in commercio lampadari dalle forme più insolite, costruiti utilizzando materiali disparati: vetro, acciaio, carta, legno...
Turbina, del “labo-atelier” Designtrasparente, è composta da lamelle e cilindri per un design essenziale e personalizzabile. È infatti possibile variare i colori delle lamelle, componendo la lampada a proprio piacimento.
Teelich di Jan Bernstein è un’originale lampada da soffitto a forma di tazza da tè.
Luce liquida di In-es. Artdesign. La sagoma della bottiglia fa pensare che al suo interno ci sia della luce liquida. Coil Lamp è realizzata a mano con lo stesso cavo elettrico che la alimenta.
Fenice disegnata da Renato Toso e Noti Massari & Associati per Artemide.
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Lampada a sospensione del noto brand Artemide.
3. 1. Lampadario Giò Ponti per Venini. 1946. 2. Il famoso “arco” di Flos dei Castiglioni datato 1962. - 3. Pubblicità Vintage
Booklight, oltre a presentarsi come un complemento d’interno, che nel contempo illumina e arreda, possiede un considerevole spazio adibito al posizionamento di libri, che rende ancora più palese la sua versatilità d’utilizzo e inserimento nei contesti più diversi ◆
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VILLA SAVOYE di Delfina Giannattasio
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onumento nazionale e manifesto dell’architettura moderna razionalista, la Villa Savoye è una delle opere più celebri di Le Corbusier. Situata a Poissy, in Francia, non lontano da Parigi, fu realizzata tra il 1929 e il 1931 per Perre Savoye e la sua famiglia. In questo capolavoro, l’architetto svizzero applicò integralmente i suoi 5 punti dell’architettura: l’utilizzo dei pilotis, il tetto giardino, la pianta libera, la facciata libera e la finestra a nastro. La pianta della villa è struttura su una maglia regolare quadrata di pilotis. Il piano terra ha una volumetria particolare, poiché uno spigolo del quadrato è curvo: forma che riprende la curvatura necessaria a un’automobile per entrare nel garage. Oltre a quest’ultimo, il pianterreno ospita un alloggio di servizio e un vestibolo dal quale partono una scala e una rampa che portano al primo piano. Il piano superiore si sviluppa su tre lati, in un ampio soggiorno, tre camere da letto con i rispettivi sanitari e una grande cucina. Gli ambienti sono caratterizzati da un arredo fisso che l’architetto progettò personalmente, in modo tale che la sua architettura rispondesse a tutti i bisogni del committente. Al quarto lato, verso la parete esterna della rampa, c’è una magnifica terrazza che rispecchia uno dei punti di Le Corbusier: il tetto giardino. “Il vero giardino della casa non sarà sul suolo, ma al di sopra di esso, a tre metri e cinquanta: questo sarà il giardino sospeso dove il suolo è secco e salubre, dal quale si vedrà tutto il paesaggio, assai meglio che non dal basso”. La rampa porta dalla terrazza al piano di copertura, al tetto giardino e al solarium, che si distingue per gli elementi curvilinei che riprendono la forma della scala.
La rampa è la componente centrale di questa villa, non solo perché si trova sull’asse centrale della pianta, ma anche perché costituisce un elemento plastico visibile sia dall’interno che dall’esterno. Inoltre, collegando all’interno piano terra e primo livello e all’esterno terrazza e tetto giardino, diventa una vera e propria promenade architecturale, che ci conduce attraverso l’intero edificio alla scoperta delle sue trasparenze e delle sue geometrie. La volumetria esterna, pur sembrando schematica, è attentamente studiata. I quattro prospetti sono uno diverso dall’altro e appositamente progettati. Il rapporto con la natura è molto particolare: “la casa si poserà nel mezzo dell’erba come un oggetto”, dice Le Corbusier. La villa è situata infatti in un grande piazzale verde circondato da alberi ◆
LE PIANTE ACIDOFILE di Angelo Troiani
ruppo di piante tra le più belle, con fioriture mozzafiato: camelie, azalee, rododendri, ortensie, magnolie, leucothoe, pieris, peonie, amanti di luoghi un po’ ombreggiati e desiderose di buone annaffiature. Prendono il nome di acidofile - amanti dell’acidità - in quanto la loro origine montana le ha portate a riuscire a nutrirsi solo in terreni a reazione acida, cioè poveri di ioni positivi (calcio, potassio, sodio, magnesio). Per questo motivo devono essere poste in opera in terreno arricchito con torba acida e regolarmente aiutate con solfato di ferro. Se abbiamo spazio, con una collezione di piante acidofile possiamo avere un giardino fiorito e colorato per gran parte dell’anno. Tra le camelie, genere di circa 250 specie, le più usate e famose sono la C. sasanqua, che fiorisce tra settembre e ottobre e la C. japonica, il cui lungo periodo di fioritura va invece da gennaio a maggio. I fiori hanno diversi colori - bianco, rosa, rosso, striati di bianco o di rosa - e diverse forme semplici, mentre le foglie sono di un verde molto scuro e lucido. Una curiosità: ancora oggi i giovani sposi giapponesi si inginocchiano davanti a un grande albero di camelie e toccano con la punta delle dita una vecchia radice, per comunicare con il loro Dio. Inoltre, un proverbio giapponese dice che “se vuoi essere felice per tutta la vita, devi coltivare camelie”. Poi ci sono le azalee, rododendri che fanno parte della stessa famiglia delle ericaceae. Di mole ridotta, sono adatte alla coltura in vaso; inoltre, le loro foglie sono ovali e pelose, i fiori hanno cinque stami, con colori straordinari che vanno dal bianco al rosa, rosso, arancio, fucsia e viola. La fioritura, generosa, va da marzo ad agosto. I rododendri sono esemplari di notevole altezza, fino a 4 mt., con grandi foglie persistenti ed enormi fiori di vari colori, come le azalee. Queste ultime erano conosciute nell’antichità per la ricchezza di nettare dei loro fiori, che in alcune specie però risulta velenoso. Lo stesso Plinio riferisce di un’intossicazione dei soldati romani, durante la campagna asiatica, provocata dal nettare. Molti rododendri contengono invece glucosidi con proprietà antisettiche e antireumatiche. Peonia
Un’altra pianta generosa è la Paeonia erbacea: un cespuglio a foglia caduca e dai fiori enormi, bianchi, rosa chiaro e scuro, viola e giallo, che sbocciano in primavera e che generalmente vengono raccolti per adornare le abitazioni. Caratterizzata da splendidi colori autunnali è invece la Pieris, poco conosciuta, ma ultimamente sempre più frequente nei nostri giardini. Originaria dell’Himalayia, in alcuni periodi dell’anno si tinge di un rosso vivo, tanto da venir chiamata “forest flame”. I suoi fiori sono a mazzetto, di colore bianco, rosso o giallo. Infine, non dimentichiamo le Hydrangee (ortensie), generose e di facile coltivazione, dalle foglie tonde e molto tenere. Ne esistono tante varietà: classica, rampicante, quercifolia e panicolata. I fiori sono di svariate forme, dal tondo, al piatto e all’ovale. I colori tanti e con molte sfumature: bianco, rosa, rosso, viola e azzurro. La fioritura in genere va da aprile a tutto settembre. Un consiglio: quando il fogliame delle piante acidofile inizia a diventare giallo, è segno che non stanno bene. Occorre allora intervenire con prodotti idonei per acidificare il terreno ◆
Ortensie
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NORMAN FOSTER E LA SHANGHAI BANK DI HONG-KONG
orman Foster, architetto e designer inglese, nasce nel 1935 a Manchester. Dopo gli studi alla facoltà di architettura consegue il master’s degree alla Yale University, negli Stati Uniti. Considerato nel panorama architettonico contemporaneo tra i più attenti all’high-tech, è particolarmente noto per la realizzazione della cupola del Reichstag a Berlino (1993-1999) e per la Swiss Re Tower di Londra (2005). Ma l’edificio che ne ha sottolineato immediatamente, a livello internazionale, stile e tendenza, è comunque la Shanghai Bank di HongKong (1979-1986). Il progetto - vincitore in una convocazione internazionale ristretta a sette gruppi di architetti - ci offre il ripensamento totale della tipologia dell’ufficio tipica del XX sec., purtroppo sempre più scaduta nell’ovvio e nella banalità. In sostanza, Foster condanna con il suo operato “l’alienazione e l’anonimato delle più moderne costruzioni per uffici” e, ripensando totalmente l’immagine stereotipata del grattacielo, la sua chiusura in volumi sordi e incomunicabili, fornisce, con gli spazi della sua proposta architettonica, atmosfere più umane e aggreganti del luogo di lavoro, con aree destinate al verde e alle attività collettive. Un’architettura, questa, che si inserisce in un contesto particolare, caratterizzato da una densità edilizia elevatissima, condizionante la tipologia costruttiva. Nello sky-line della grande metropoli orientale, si
di Maria Laura Perilli distingue per eleganza e impronta tecnologica che, portata alle sue conseguenze estreme, diventa “elemento che sostiene e supporta metaforicamente la funzione dell’edificio”. Senza dubbio, la corrente architettonica a forte impronta tecnologica, sviluppatasi negli anni ’90, guarda a questo grattacielo come a un archetipo di riferimento. La sua immagine peculiare si concretizza in una chiarezza compositiva, sottolineata dalla sovrapposizione ritmata di moduli similari, ripetibili all’infinito e con le parti impiantistiche, ascensori compresi, lasciate completamente in vista. Quanto di più normalmente è celato in un edificio, qui viene esternato e concorre a sottolineare la complessità dell’organismo. Il discorso tecnologico, già avviato con il Centro Pompidou da Renzo Piano e Rogers e proseguito da quest’ultimo con l’edificio del Lloyds, è enfatizzato al massimo. Il fulcro del grattacielo poggia su quattro coppie di torri realizzate in acciaio con travature in traliccio, che si innalzano fini a 180mt di altezza. I piani, legati alle torri, sono ponti di 47 metri per 33 metri. Il nucleo centrale dell’edificio è lasciato totalmente libero, come un gigantesco atrio interno a tutt’altezza, nel quale l’illuminazione naturale nei punti più bassi è garantita da specchi di grandi dimensioni regolati elettronicamente. A ben vedere, la tecnologia diviene padrona assoluta del grattacielo! ◆
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Tavolo Rococò
SETTECENTO, OTTOCENTO E NOVECENTO: IL VIAGGIO NELLO STILE CONTINUA
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Poltrona Luigi XV
esiderio di molti è avvicinarsi ai mobili in stile e imparare a riconoscerli; sapere quali sono i dettagli da osservare per capire se ci si trova di fronte a un “pezzo” d’epoca oppure no. Sappiamo stabilire con sufficiente certezza a che periodo risale una sedia, un divano o un qualsiasi altro arredo?
Cassettiera Barocco
L’antiquariato non è troppo complicato e riservato a pochi “intimi”, basta conoscere alcune semplici regole e le sempre più frequenti “passeggiate” per mercatini e bancarelle domenicali non saranno più solo fonte di fregature più o meno brucianti, ma riserveranno soddisfazioni e la gradita sensazione di essere protagonisti delle nostre scelte. Come ci si avvicina al mondo dell’antiquariato? Se mancano anni di esperienza nel settore, occorre innanzi tutto prepararsi a livello culturale, cominciando a sfogliare riviste, libri, cataloghi; inoltre, girare nei negozi e visitare mostre affina certamente i gusti, insegnando a riconoscere stili e materiali. Prima di avventurarsi nell’acquisto di un pezzo antico, non sarebbe male chiedere al venditore l’expertise del pezzo: è molto utile per conoscere l’epoca di realizzazione e il suo stato di conservazione. L’acquisto in sede di asta dovrebbe essere riservato ai collezionisti più preparati; è importante verificare personalmente lo stato effettivo dei pezzi scelti, magari aiutati da un esperto. Non spendete troppo nei mercatini; questi infatti sono divertenti, ma possono riservare anche qualche brutta sorpresa. Non ci si sente pronti per l’antiquariato? Sappiate che modernariato, fotografia e artigianato artistico etnico sono settori in via di grande sviluppo, nei quali è bene investire per il futuro. C’è un danno al mobile antico? Guai a fare da soli!! Rivolgersi esclusivamente agli esperti. Infatti, anche pulirlo in modo errato può rovinarlo irrimediabilmente e, di conseguenza, svalutarlo.
stile
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Trono Barocoo
Comodini dorati Barocco
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Bureau-secretaire Rococò
Cornice stile Rococò
NEL SETTECENTO TROVIAMO:
lo stile tardo Barocco, che risale alla prima metà del secolo, è caratterizzato da materiali pregiati, finemente intagliati e dal largo utilizzo dell’oro, specialmente in “foglia”. Le torniture sono molto articolate; non mancano intagli in madreperla e in pietre dure; ■ lo stile Rococò, dai caratteristici piccoli mobili preziosi, leggiadri ed estremamente raffinati. Le gambe di tavoli e scrittoi sono incurvate e i piedi degli stessi sono spesso a ricciolo. C’è un largo uso di legni esotici, come il “bois de rose”, il palissandro e il mogano. Gli intagli sono di grande scuola, perfetti e ricercati ◆ ■
Lampada Napoleone
Arch. Antonella Pirolli
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Calore ovunque
ccoci ormai nel pieno della stagione autunnale e il nostro impianto di riscaldamento sta lavorando sodo per dare alla nostra abitazione il giusto calore. Ma anche se vorremmo che le diverse stanze fossero riscaldate tutte allo stesso modo, in realtà questo non è possibile: alcuni locali infatti risulteranno sistematicamente più freddi di altri. Il motivo ricorrente del differente livello di temperatura è la loro esposizione. Per esempio, durante l’inverno le pareti rivolte a nord risulteranno inevitabilmente le più fredde, poiché costantemente in ombra ed è proprio su di
esse che spesso si verificherà il fenomeno della condensa, con la conseguente comparsa di muffe. Infatti, all’interno della casa l’aria calda tende sempre a salire verso il soffitto e da qui a spostarsi dai locali più caldi a quelli più freddi dove, agli angoli, il contatto con le parti delle pareti aventi una temperatura più bassa provoca appunto la condensa dell’umidità. È lo stesso fenomeno che in inverno si produce sui vetri delle finestre, a seguito del contatto con l’alito o con il vapore proveniente da bagno o cucina. Le muffe da condensa non solo sono brutte a vedersi, perché creano macchie scure sulla tinteggiatura, ma contengono
anche germi patogeni che sono la causa principale di allergie che si manifesta all’interno delle mura domestiche. Si può evitare questo disagio? Si, seguendo alcune accortezze. Innanzi tutto bisogna evitare di far comunicare i locali situati a nord con il resto della casa e, se possibile, al momento della costruzione o almeno della ristrutturazione, farsi consigliare da un tecnico circa l’uso di materiali idonei a impedire la formazione delle muffe. Anche l’altezza dei locali ha la sua influenza sulla temperatura. Per esempio, per riscaldare bene le abitazioni alte più di 3,00 mt, solitamente quelle situate nei centri storici di molte città, è necessario l’impiego di almeno il 15% in più di calore rispetto a quello utilizzato invece per gli appartamenti di
più recente costruzione, alti normalmente 2,70 mt. Ecco quindi che, nel primo caso, spesso i caloriferi risulteranno insufficienti, perché sottodimensionati. Il locale-cucina va invece considerato a sè. Secondo l’attuale normativa di sicurezza, esso deve essere provvisto di una presa d’aria con diametro di almeno 20 cm. Tale apertura va posta nella parte bassa della muratura, al fine di permettere a eventuali perdite di gas di fuoriuscire all’esterno. Infatti il gas metano è costituito da particelle più pesanti dell’aria, che tendono ad accumularsi a un livello prossimo il pavimento. Potrebbe quindi capitare di avvertire fastidiosi spifferi nella parte bassa della cucina. Come evitarli? Posizionando l’apertura obbligatoria in angoli nascosti ◆
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La Valeria Immobiliare s.r.l. è un impresa che da tre generazioni si distingue per esperienza, serietà e impegno nel settore dell’edilizia. La passione che ci contraddistingue ci ha portato a occuparci, in particolare, di costruzioni, ristrutturazioni, restauro e arredamento di interni. La ricerca costante di nuovi prodotti, di nuove metodologie e tecniche all’avanguardia ha permesso alla nostra impresa di essere pronta a risolvere tutte le problematiche che Voi clienti potreste incontrare nel corso della progettazione e ristrutturazione del Vostro immobile. La Valeria Gruppo Immobiliare s.r.l. dispone di personale altamente qualificato, mezzi e attrezzature proprie. Professionisti preparati sapranno realizzare per Voi ambienti destinati a durare nel tempo, grazie a un’accurata scelta dei materiali e a una studiata organizzazione degli spazi. La nostra Azienda ha realizzato molti significativi interventi nel campo residenziale, commerciale ed ecclesiastico, affidandosi ai migliori progettisti, in perfetta armonia con l’architettura dell’ambiente.
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ROMAIL Via Rovigo, 1A - Roma www.romail.it
“con RomAil mi curo a casa” Questo “slogan” sintetizza l’impegno prioritario assunto negli ultimi anni dalla sezione di Roma dell’Associazione Italiana contro le Leucemie: finanziare due gruppi di assistenza domiciliare - quello dell’Ematologia dell’Università “Sapienza” del Policlinico Umberto I e quello dell’Ematologia dell’Ospedale S. Eugenio - che assicurino cure a domicilio per i pazienti con malattie del sangue. Realizzare l’assistenza domiciliare - o meglio, l’ospedale a domicilio - è una delle frontiere verso le quali si dirige la medicina moderna. L’obbiettivo è garantire la possibilità di eseguire controlli - “percorsi diagnostici” - e cure - “protocolli terapeutici” - presso la propria abitazione, con la stessa qualità e accuratezza che si ottiene oggi solo in regime di ricovero. Molti di noi, parlando di assistenza domiciliare, pensano immediatamente a quella rivolta ai pazienti in fase molto avanzata di malattia; i pazienti per i quali non c’è più spazio per cure, se non quelle palliative. In realtà oggi le cose sono molto diverse. L’obbiettivo dell’ospedale domiciliare di RomAIL è quello di seguire a casa il maggior numero di persone possibile, nell’ambito del loro percorso terapeutico normale, in modo da ridurre il ricovero al periodo indispensabile a effettuare solo quei procedimenti diagnostici e terapeutici che richiedono assolutamente l’ospedalizzazione. Terminato questo
periodo, il paziente dovrebbe poter tornare al proprio domicilio ed essere seguito dall’equipe di medici e di infermieri del “Centro” cui è stato affidato. Ci sono ormai molti studi internazionali che dimostrano i vantaggi, anche in termini economici per il sistema sanitario, dell’assistenza domiciliare; ma ciò che interessa di più RomAIL è il netto miglioramento che questa comporta nella qualità della vita. Si tratta di sostituire una camera d’ospedale - spesso a 4 o 6 letti - e un bagno per lo più condiviso con altri, con la propria abitazione, che consente non solo di vivere nel conforto delle mura domestiche e vicino ai propri familiari, ma anche di non trascorrere tutta la giornata a letto, seguendo invece i ritmi a cui siamo abituati normalmente. RomAIL sta finanziando, con oltre 2 milioni di euro l’anno, equipe di medici specialisti in ematologia e infermieri professionali in grado di eseguire a domicilo controlli e terapie anche complesse, incluse quelle trasfusionali. Tali finanziamenti però derivano quasi esclusivamente dai proventi delle raccolte di fondi per beneficenza, quali le Stelle di Natale e le Uova di Pasqua dell’AIL. È quindi fondamentale che la gente conosca a fondo il nostro obbiettivo per offrire un appoggio indispensabile a mantenere e a sviluppare un servizio così importante. Dott. Marco Vignetti