IERI
OGGI
DOMANI
Il Santuario
di Sant’Antonio Gemona del Friuli
Il Santuario
di Sant’Antonio Gemona del Friuli
IERI OGGI DOMANI con il contributo del:
Comune di Gemona del Friuli
Testi
Fr. Emidio Papinutti
Fotografie
Fr. Giovan Battista Ronconi
Coordinamento editoriale Fr. Luigi Bettin Impaginazione e stampa OGV Palmanova (Ud)
Si ringraziano tutti coloro che in qualsiasi forma hanno collaborato e contribuito alla realizzazione di questa pubblicazione.
Frati Minori Gemona del Friuli 2010
INTRODUZIONE Cari Devoti di Sant’Antonio, sono lieto di porre nelle vostra mani questo sussidio, che vi aiuterà a conoscere meglio il Santuario di Gemona e ad amare di più il nostro celeste Patrono Sant’Antonio. Da tempo si desiderava la pubblicazione di questo piccolo gioiello. L’ultima Guida del Santuario risale al 1974. Il presente lavoro non si limita ad essere una semplice guida artistica del Santuario, vorrebbe essere qualche cosa di più. Di guide turistiche o prevalentemente artistiche ce ne sono numerose. Con questo sussidio, invece, vorrei aiutare i devoti del Santuario ad approfondire, sì la loro conoscenza della storia e dell’arte, ma anche della spiritualità di questo luogo sacro, in modo particolare, vorrei far conoscere le varie attività religiose e sociali, la vita liturgica e spirituale, i progetti e le speranze che animano questo centro antoniano. Rivolgo un cordiale ringraziamento a quanti hanno collaborato a questa pubblicazione: a frate Emidio Papinutti che ne ha curato la parte letteraria, a frate Giovanni Battista Ronconi per l’apparato fotografico, all’Architetto Gianpaolo Della Marina per l’assistenza tecnica, al Professor Tito Cancian per aver gentilmente concesso la riproduzione di alcune fotografie “storiche” dal suo prezioso archivio fotografico. Un ringraziamento particolare al Sig. Sindaco di Gemona, Paolo Urbani, per il patrocinio e il contributo per tale realizzazione ed a tutti i benefattori del tempo presente e del passato. Mentre auguro a tutti di poter trarre qualche vantaggio dalla lettura di queste pagine, su tutti imploro la protezione del nostro caro Sant’Antoni di Glemone. Il Signore vi dia Pace! Fr. Luigi Bettin Rettore
PRESENTAZIONE Il Santuario di Sant’Antonio è sempre stato, per tutti i gemonesi, un punto di riferimento importante. Per i credenti, per la spiritualità che l’ha sempre circondato, per i non credenti, per l’importante patrimonio di arte e di testimonianza che esso rappresenta. Tanto importante e significativo che, nonostante il Patrono ufficiale della nostra Città sia S. Michele, da sempre è Sant’Antonio che noi ricordiamo quale Protettore di Gemona. Non posso che plaudire, quindi, alla pubblicazione di questa guida. È certamente un supporto importante per far conoscere meglio ai Gemonesi e, ancor di più ai non Gemonesi, la rilevante opportunità della presenza, nella nostra Città, di questa importante realtà, religiosa prima, storica ed artistica poi. Un rigraziamento particolare, quindi, a Frate Luigi Bettin, Rettore del Santuario, ai suoi Confratelli e a tutti coloro che hanno cooperato per la stesura di questa pubblicazione. Patrocinio e contributo del Comune erano quindi scontati perchè ciò che oggi intendiamo valorizzare con questa iniziativa è, a tutti gli effetti, una componente inscindibile per la storia passata, presente e futura della nostra città. Il Sindaco Paolo Urbani
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prima parte - IERI - Sant’Antoni di Glemone - Sia noto a ciascheduna persona… - I Frati - Il Convento - La Chiesa - Le Inique Soppressioni - Rifioritura - Il Tempio Impossibile - La Nuova Facciata - Gemona, Addio
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SANT’ANTONI DI GLEMONE Sant’Antonio è di Lisbona: a Lisbona è nato nel 1195 (circa). Sant’Antonio è di Padova: a Padova è morto il 13 giugno 1231. Sant’Antonio è di Gemona. Con questo titolo i Friulani amano chiamare il loro Santo: Sant’Antoni di Glemone. Santo di tutto il mondo: mamme che impongono il suo nome ai loro figli; paesi, contrade, chiese e altari a lui dedicati; donne ortodosse che a Rodi portano il pane per i poveri nella chiesa cattolica, musulmani che ad Alessandria d’Egitto pregano davanti alla sua immagine. Santo dei miracoli: se per la sua canonizzazione, avvenuta dopo appena un anno dalla morte, sono stati presentati quarantasette miracoli, infinitamente di più sono i miracoli e le grazie che i fedeli ottengono ogni giorno per sua intercessione. Santo dei bambini: stringe tra le braccia il Bambino Gesù, accoglie sotto la sua protezione tutti i bambini del mondo. Santo dell’Eucaristia: a Forlì una mula si prostra davanti al Sacramento, in ogni anima la fede si fortifica con la sua parola. Santo delle cose perdute: provare per credere. IL
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Dottore della Chiesa: Pio XII lo ha proclamato Dottore Evangelico. Santo della Pace: a Verona intercede presso Ezzelino da Romano per la liberazione del conte Sambonifacio, a Ferrara intercede a favore di una sposa sospettata d’infedeltà dal marito, sempre ottiene pace a chi l’invoca. A Gemona Sant’Antonio è da secoli venerato e invocato. Il 2 luglio 1620 il Consiglio Comunale deliberò l’elezione di Sant’Antonio a Compatrono di Gemona. Qui è vivo il ricordo del suo passaggio. Davanti alla sua Immagine sempre preghiere, fiori, candele, lumini. I numerosi ex voto testimoniano le grazie ricevute per sua intercessione. La venerazione dei Gemonesi verso questo Santo si esprime in modo particolare quando viene chiamato affettuosamente col titolo familiare di Sant’Antoni di Glemone.
Il Santuario e il Convento visti dall’alto. IL
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SIA NOTO A
CIASCHEDUNA PERSONA...
Gli storici non fanno difficoltà ad ammettere la presenza di Sant’Antonio a Gemona negli anni 1227-30. Secondo gli studiosi che hanno fissato la cronologia della vita del Santo, si è certi che negli anni tra il 1225 e ‘27 Sant’Antonio si trovava in Francia meridionale, dove fu Custode di Limoges. Il suo passaggio è ancora ricordato con venerazione in alcune città della regione. Nel 1227 Sant’Antonio tornò in Italia per partecipare al Capitolo Generale dell’Ordine francescano, che si celebrò ad Assisi il 30 maggio di quell’anno, festa di Pentecoste.
La conferma della Regola. IL
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In quel Capitolo fu nominato Ministro della Provincia di Lombardia, che allora comprendeva tutta l’Italia settentrionale, Friuli compreso. Il Santo aveva 32 anni. Sant’Antonio ricoprì l’incarico di Ministro per tre anni. Fu esonerato dall’ufficio di Provinciale nel Capitolo Generale della Pentecoste del 1230, 26 maggio, a motivo dell’idropisia che lo tormentava da tempo. La Regola di San Francesco stabilisce: “I frati che sono ministri e servi degli altri frati, visitino e ammoniscano i loro frati e li correggano con umiltà e carità” (cap. X).
Questa norma della Regola francescana ha obbligato Sant’Antonio ad affrontare lunghi e faticosi viaggi per visitare i suoi frati in qualità di “ministro e servo”. In ogni luogo il Santo poteva fermarsi qualche settimana oppure solamente pochi giorni. Una norma di ordinaria disciplina religiosa ha portato il Santo a Gemona. In forza di questa norma della Regola francescana bisogna credere che Sant’Antonio sia venuto a Gemona negli anni 1227-30. La tradizione propende pel 1227, nella seconda metà dell’anno, cioè dopo la festa di Pentecoste. Allo stesso modo il Santo ha visitato altri luoghi dove allora si trovavano dei frati in Friuli e dove ancora si ricorda il suo passaggio. La prova storica della visita di Sant’Antonio a Gemona è venuta alla luce dopo il terremoto.
In quell’affresco del Trecento, riscoperto nella parte destra della parete di fondo dei ruderi della chiesetta della Beata Vergine delle Grazie. sta scritto: Sia noto a ciascheduna persona chomo Miser Scto Antonio da Padua fece hedificar questa capella a honor della Gloriosa Vergine Maria delle Grazie... Ruderi della cappella fatta costruire da Sant’Antonio in onore della Madonna (1227 - 1228 circa).
Lapide con il testo di Sant’Antonio. IL
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I FRATI La presenza dei Frati Francescani in Friuli è accertata fin dall’inizio dell’Ordine. Un documento ufficiale del Patriarca di Aquileia Bertoldo di Andechs, dell’anno 1219 fà menzione esplicita dei Frati Minori e dei Domenicani. Era ancora vivo S. Francesco. Ai frati era riconosciuta la facoltà di predicare in difesa della fede cattolica. A Gemona i frati, probabilmente in numero di tre o quattro, avevano aperto al culto una chiesetta. Accanto a quella chiesetta molti fedeli sceglievano di essere sepolti, per devozione al Santo: “Apud Sanctum
Padre Antonio Pagani. IL
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Scultura di padre Adriano Osmolowski (di Giovanni d’Artegna).
Antonium”. Perfino i Signori di Gemona, i conti di Prampero, scelsero di essere sepolti presso Sant’Antonio. Nel 1231, anno della morte di Sant’Antonio, i frati a Gemona non solo avevano aperto al culto una
Padre Basilio Brollo (tela, in Convento).
chiesetta, ma vi avevano anche una loro modesta dimora (locus, insediamento) con dormitorio, officine e il cimitero. Della primitiva abitazione dei frati non rimangono tracce. In breve tempo il convento fu ampliato e acquistò importanza, tanto che fu più volte sede del Capitolo Provinciale, nel 1311, 1404, 1432. In quegli anni la comunità religiosa era composta da una decina di frati. Alla fine del ‘400 fu eretta a Gemona la chiesa delle Grazie “in Villa”. La nobildonna gemonese Caterina Dentoni, vedova di Ser Biagio Pinta, dispose per testamento l’erezione della chiesa delle Grazie e di un convento per i Frati Minori dell’Osservanza. I Frati Minori sono succeduti ai Conventuali nel convento di Sant’Antonio nel 1845. Rimangono presenti fino ai nostri giorni. Molti dei frati che vissero nel convento di Sant’Antonio di Gemona sono ricordati per la loro santità e scienza. Solo alcuni nomi: San Giovanni da Capestrano, che passò per Gemona nel 1451 e vi operò ventinove miracoli; il Beato Antonio Pagani, che nel 1560 predicò la Quaresima nel Duomo di Gemona; il gemonese padre Basilio Brollo (+1704), che compilò il primo dizionario cinese-latino; il servo di Dio Gregorio Fioravanti dalle Grotte di Castro, confondatore delle Suore francescane Missionarie del Sacro
San Giovanni da Capestrano (vetrata, particolare).
Padre Gregorio Fioravanti, da Grotte di Castro.
Cuore (1894); il servo di Dio padre Adriano Osmolowski (+1924), che dimorò per 28 anni nel convento di Gemona; monsignor Aurelio Briante da Buia (+1924), Custode di Terra Santa e Arcivescovo titolare di Cirene; padre Faustino Maria Piemonte da Buia (+1973), fondatore della Custodia francescana in Centro America, e tanti altri. IL
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IL CONVENTO La piccola casa francescana costruita nei primi tempi a Gemona, presto si trasformò in un grande convento. Il 6 maggio 1259 una certa Elisa di Gemona, figlia di Giuliano Veneto, disponeva per testamento di essere sepolta “vicino a Sant’Antonio dei Frati Minori” di Gemona e lasciava una cospicua somma per la costruzione della chiesa e del convento di Sant’Antonio. Prima del terremoto del 1976 il
Convento e Chiesa (prima del terremoto). IL
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convento aveva due chiostri: uno grande, che è sostanzialmente l’attuale, e uno più piccolo accostato alla chiesa, chiamato chiostrino, del quale, dopo il terremoto, sono state ricostruite solo due ali. Il chiostrino era detto anche “chiostro dei miracoli”, perché le sue pareti erano letteralmente coperte di ex voto, di grucce e di altri simboli che esprimevano la gratitudine dei devoti al Santo dei Miracoli per grazie ricevute.
Nel chiostro grande si possono vedere, su architravi di porte e di finestre, le date 1420 e 1488. Segno evidente che in quegli anni sono stati realizzati importanti lavori. In qualche periodo di tempo il convento di Gemona poteva alloggiare fino a una trentina di religiosi. A sinistra del convento ora c’è l’entrata al parcheggio, aperto negli anni Novanta. L’occhio si bea alla vista dell’ampio orto del convento, con cipressi centenari e piante gigantesche: “oasi immobile di pace e di serenità”. A Gemona oltre ai frati Conventuali e Osservanti, hanno avuto un convento anche i frati Cappuccini dal 1657 al 1807. Della loro presenza rimane solo il nome di una strada: Via dei Cappuccini. Esisteva inoltre un convento di Monache Clarisse, chiamato della Cella: occupava il luogo dove ora si trova la Casa Madre delle Suore Francescane Missionarie del Sacro Cuore. Non solo a Gemona, ma in tutto il Friuli sorsero come d’incanto conventi francescani fin dagli inizi dell’Ordine. San Francesco della Vigna a Udine, San Francesco e San Giorgio a Cividale, San Pantaleone a Spilimbergo, SS. Trinità a Polcenigo, San Francesco a Palmanova e ancora a Villalta, Cordovado, San Daniele, Latisana, Valvasone, Porcia, Venzone e altre città e paesi friulani che conservano tracce o memorie di una presenza francescana.
Il chiostrino e il campanile del 1300 (prima del terremoto).
Chiostro interno (prima del terremoto). IL
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LA CHIESA Antonio di Padova venne proclamato Santo da Papa Gregorio IX nella cattedrale di Spoleto il 30 giugno 1232, appena un anno dopo la sua morte. Non è azzardato pensare che subito i frati di Gemona si siano messi all’opera per erigere una chiesa in onore del Santo e a ricordo del suo passaggio.
Cappella di Sant’Antonio (prima del terremoto). IL
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In pochi anni, accanto alla chiesetta della Gloriosa Vergine Maria delle Grazie, venne costruita un’altra chiesa. Acquista importanza eccezionale un fatto che, a prima vista, potrebbe essere considerato secondario. Nei primi due secoli dell’Ordine di norma le nuove chiese francescane venivano dedicate a San Francesco; a Gemona, invece, la nuova chiesa venne dedicata a Sant’Antonio di Padova. Un altro particolare è pure molto importante. La nuova chiesa di Sant’Antonio a Gemona è stata dedicata il 15 marzo 1248; a Padova la prima chiesa di Sant’Antonio è del 1263. Prova certa che quella di Gemona è nel mondo la prima chiesa dedicata a Sant’Antonio di Padova. Il nuovo Santuario era frequentato da numerosi fedeli e presto divenne un centro di pietà antoniana. Il 17 novembre 1259 il Papa Alessandro IV concedeva speciali indulgenze a tutti coloro che visitavano la chiesa nelle feste e ottava di San Francesco, di Sant’Antonio e di Santa Chiara. Il Santuario di Sant’Antonio ha conosciuto, attraverso i secoli, ricostruzioni, ristrutturazioni, ampliamenti vari. Il 26 marzo 1511 la chiesa fu quasi distrutta da un
Cappella della Vergine Maria delle Grazie (prima del terremoto).
forte terremoto, tanto che, dopo restauri radicali, si rese necessaria una nuova consacrazione. Nel 1451 aveva ben nove altari, tra i quali è ricordato quello di Santa Maria “in chapela”. In documenti del 1656 la chiesa è definita ampia e addirittura “magnifica”. Fino ai primi anni dell’Ottocento la chiesa era di stile romanico, ad un’unica navata,
col soffitto a travatura scoperta. Nel 1843 il soffitto della chiesa venne elevato di qualche metro, sono state aperte le lunette laterali e innalzata la facciata con un frontone sorretto da quattro pilastri. Altri importanti lavori sono stati eseguiti verso la fine del 1800 su disegno dell’ architetto gemonese Gerolamo D’Aronco. IL
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LE INIQUE SOPPRESSIONI
Con l’annessione del Friuli al Regno d’Italia (1866), anche a Gemona sono applicate le leggi contrarie ai Religiosi, già approvate dal Parlamento del Piemonte. In Italia
Proprio così, storici seri, definiscono le soppressioni religiose ordinate dai governi dalla fine del Settecento a buona parte dell’Ottocento: “Inique!”. Con tristezza è doveroso ricordare quelle leggi che hanno perseguitato e, in certi casi, distrutto gli Ordini Religiosi. Non c’è dubbio che ci siano delle leggi ingiuste, pur emanate da parlamenti o da governi legittimi. Tali sono le leggi che approvano la schiavitù, il razzismo, l’aborto, la pena capitale. Così le leggi emanate contro gli Ordini Religiosi: potevano avere una parvenza di legalità, ma erano moralmente ingiuste. Un furto fatto dallo Stato, a suon di decreti, a danno di persone innocenti. La Repubblica di Venezia ha aperto questo vergognoso capitolo della storia quando, nel 1767, impose la chiusura di tutti i conventi dove c’erano meno di dodici frati. Il 22 agosto 1769 un ufficiale con alcuni soldati ordinò lo sgombero del convento di Sant’Antonio di Gemona. Simile sorte è toccata alla chiesa delle Grazie, che non verrà mai più ripresa dai frati. Le
La facciata prima del 1930.
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due chiese allora vennero officiate da sacerdoti secolari. Il convento di Sant’Antonio è messo all’asta. Nessuno si presenta all’asta. Il 21 marzo 1772 il convento è acquistato dal Comune per 800 ducati. La furia di Napoleone, col decreto di Compiègne del 25 aprile 1810, decreta la soppressione di tutti gli Ordini Religiosi. I loro beni vengono demaniati. I conventi diventano prigioni, caserme, ricoveri, ospedali, uffici pubblici; le chiese adibite a usi civili, militari e talvolta ridotte a stalle. Dal luglio 1797 al 16 febbraio 1798 la chiesa di Sant’Antonio è occupata dai Francesi. Nel 1818 il Consiglio Comunale di Gemona delibera di istituire nell’ex convento una corporazione con l’obbligo dell’istruzione. Nel 1843, sotto la dominazione austriaca, il Comune e il Clero di Gemona, appoggiando la domanda popolare, ottengono il ritorno dei frati. La domenica 26 ottobre 1845 i Frati Osservanti prendono possesso della chiesa e del convento di S. Antonio e ne ottengono l’istituzione canonica.
vengono soppressi ben 25.000 enti ecclesiastici. A Gemona però i frati possono rimanere in convento e continuare ad usare il saio francescano.
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RIFIORITURA La prova era stata dura. Dopo un secolo di soppressioni e di persecuzioni, i frati francescani, che nel 1762 erano 125.000, si erano ridotti a 20.000; i conventi, incamerati dal Demanio e venduti all’asta, dovevano essere riscattati, cioè comprati di nuovo da coloro che ne
Gloria di S. Antonio (affresco, D. Fabris di Osoppo). IL
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erano i proprietari. La sofferenza era aggravata dal fatto che i soldi ricavati dagli Stati con la vendita dei conventi soppressi, erano destinati a coprire spese militari. La Repubblica di Venezia doveva finanziare la difesa del Regno di Candia, Napoleone doveva sostenere le sue folli campagne militari, Vittorio Emanale II doveva rimpinguare le casse dello Stato rimaste vuote dopo le tre guerre d’Indipendenza. Nonostante tutto i frati, a Gemona, si dettero subito da fare per ingrandire e abbellire il convento e la chiesa di Sant’Antonio. Vennero erette le due navate laterali della chiesa, che comunicavano con la maggiore per tre arcate ciascuna. Questi lavori furono eseguiti su disegno dell’architetto gemonese Gerolamo D’Aronco. La chiesa fu dotata di un nuovo altare maggiore in marmo (1895), di un nuovo organo collocato sulla cantoria sopra la porta maggiore (1898). Nel 1874 era stato inaugurato il grandioso affresco del soffitto, nel quale il pittore Domenico Fabris di Osoppo aveva dipinto la Gloria di Sant’Antonio. Il 19 maggio 1889 fu inaugurata la nuova Cappella del Santo, su progetto di Gerolamo D’Aronco, con
stucchi di G. B. Della Marina. L’altare, progettato da Raimondo D’Aronco, in seguito è stato rimosso. Nel 1902 fu ricostruita buona parte del convento, distrutto da un incendio. Mancava ancora un problema da risolvere: la proprietà della chiesa e del convento. Bisognerà attendere
fino al 27 febbraio 1924 perché il Comune di Gemona, vincendo una “opposizione grande e tenace”, e incomprensibile, riconosca di nuovo ai frati la proprietà della chiesa e del convento. I frati dovettero sborsare Lire 80.000, perché venisse riconosciuto loro il diritto di proprietà.
Interno del Santuario (prima del terremoto).
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IL TEMPIO IMPOSSIBILE Dopo la prima guerra mondiale l’entusiasmo suggerì un nuovo progetto: erigere una chiesa grandiosa in onore di Sant’Antonio, chiesa che avrebbe mutato il panorama e la storia di Gemona. Fu affidato al gemonese Raimondo D’Aronco l’incarico di progettare il nuovo tempio. Un progetto maestoso, eroico, superiore alle forze messe in campo. Appena conosciuto il proget-
to, fioccarono critiche e proteste: la Soprintendenza delle Belle Arti obiettava che la cappella Widmar era monumento nazionale e non si poteva toccare: il Comune di Osoppo ricordava che il grande affresco del soffitto della chiesa, opera dell’osovano Fabris, non si doveva toccare; i proprietari dei terreni sui quali doveva estendersi la nuova fabbrica non si mostravano disposti a ce-
La Cappella del Rosario del Widmar (prima del terremoto). IL
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derli. Alcuni trovavano perfino che il progetto D’Aronco mal si adattava al complesso panoramico di Gemona. Nonostante tutto, i frati vollero provare. Osando! Nel primo numero del foglietto La Voce del Santuario di S. Antonio in Gemona (25 aprile 1925) la notizia del progetto per il Nuovo Tempio era comunicata in tono piuttosto sommesso e con parole ben misurate: “Già tutti sanno del progetto dell’ampliamento del Santuario, richiesto ormai per molti motivi”. Veniva pubblicata la formazione di un Comitato d’onore, composto da eminenti personalità ecclesiastiche e civili di tutto il Friuli, e di un Comitato esecutivo, costituito già nei primi giorni di settembre 1924, composto di oltre sessanta persone. Nel numero di novembre 1925 appare la lista dei primi “azionisti”: tre da Lire 25, uno da 50 e uno da 150. Nel mese di dicembre 1926 le offerte avevano raggiunto appena la somma di mille lire. La spesa preventivata era di Lire 4.000,000. All’Architetto spettavano Lire 40.000. Dopo tre anni non era stato ancora raccolto neppure quanto bastasse per pagare i disegni dell’Architetto, che insisteva perché gli venissero riconosciuti i suoi diritti. Il foglietto La Voce del Santuario non ha mai pubblicata la fotografia del progetto: progetto che non era stato mai approvato né dal Ministro Provinciale dei Francescani né dalla
Progetto di Raimondo D’Aronco (1924).
Curia vescovile e alla cui realizzazione si era dichiarato contrario il Capitolo Provinciale del 1925. Ci voleva un evidente segno del cielo, ma non si è fatto vedere. L’argomento è stato trattato dal prof. Giuseppe Marini in una recente pubblicazione su Raimondo D’Aronco. Il prof. Marini non tace sul “conflitto d’interessi” con la parrocchia di Gemona che si sarebbe sentita sminuita da un Santuario così importante. IL
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LA NUOVA FACCIATA I frati sono ricchi di grandi desideri e di nobili imprese, ma poveri di soldi. I soldi devono venire dalla generosità dei benefattori. Nell’impossibilità di erigere il nuovo grande tempio in onore di Sant’Antonio a Gemona, si decise di ripiegare su progetti più concreti: migliorare e ampliare la chiesa esistente. Si cominciò dalla facciata. Il 13 giugno 1929 l’Arcivescovo di
La facciata del Santuario (1936). IL
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Udine, mons. Giuseppe Nogara, benedice la prima pietra della nuova facciata del Santuario, l’architetto friulano Domenico Rupolo ha preparato un progetto originale, sobrio ed elegante. I lavori procedono piuttosto lentamente. Pel 1931 è pronto l’atrio. Il 17 maggio 1936, con grande soddisfazione di tutti, viene inaugurata la nuova facciata. Una graziosa opera d’arte. Sopra
il candido atrio, sorretto da bianche colonnine, s’eleva il corpo superiore: due quadrati pilastri laterali e due ben pronunciate lesene dividono la facciata in tre parti. Al centro il crociato rosone, nel suo ben chiaro disegno, offre all’insieme un’eleganza tutta propria. Le finestre laterali e i tre piccoli occhi rompono gli ampi spazi, completando l’armonia architettonica. I due toni della pietra, bianco-rosa di Cornino e bianco-grigio di Pradis di Clauzetto, danno un senso architettonico di bell’effetto. Impresario ed esecutore dei lavori è il sig. Giuseppe Londero di Gemona. In alto, nei lati dei due pilastri laterali, sono visibili, in forte rilievo, i simboli dei Quattro Evangelisti. Dispiace che siano andati perduti, perché erano una vera “reliquia” del Beato fra Claudio Granzotto. L’architetto Rupolo aveva incaricato Granzotto di preparare i gessi dei quattro Evangelisti. La realizzazione in marmo è stata fatta dallo scultore Pischiutti di Gemona. I modelli in gesso dei Quattro Evangelisti ora si trovano a Chiampo, nel Museo del Beato Claudio. La realizzazione in marmo si ignora dove sia andata a finire dopo il terremoto. In seguito sono stati effettuati molti lavori in chiesa e in convento: la splendida decorazione del Santuario, curata da Ferruccio Offoiach e inaugurata il 12 ottobre 1941; i nuovi banchi della chiesa in quercia di Slovenia (17 dicembre 1950); la Cella di Sant’An-
tonio, risistemata e abbellita su progetto dell’ing. Renato Raffaelli, e altre migliorie che avevano fatto del Santuario un vero gioiello.
Vista laterale del Santuario.
Altare di Raimondo D’Aronco. IL
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GEMONA, ADDIO Giovedì 6 maggio 1976, ore 21: Gemona è sconvolta. La terra si agita, come un mare in tempesta. Un interminabile minuto. Sussulto di viscere sotterranee, un boato spaventoso, montagne che lanciano massi a valle, case, chiese, palazzi che crollano: tutto distrutto. La mattina seguente, nella disperazione generale, risuona il lamento: Gemona, addio! La Gemona di ieri, la graziosa cittadina, perla del Friuli, è distrutta.
Il Santuario distrutto. IL
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Anche La Voce del Santuario riporta a piena pagina questo grido: Gemona, addio! Ma allo stesso tempo, davanti al campanile crollato, al Santuario in brandelli, al convento fracassato, gli occhi in lacrime si alzano verso il cielo in una supplica di speranza. Gemona risorgerà! I frati, sani e salvi, restano sul posto, benché ridotti di numero. Una baracca o una tenda sarà il loro rifugio. La presenza del frate è una testimonianza, un simbolo a soste-
gno dei valori cristiani della solidarietà e della fratellanza. Frate Cuoco adopera le pentole più grandi, perché la minestra possa bastare anche per quei fratelli che, perso tutto, non sanno dove trovare un piatto caldo o un pezzo di pane fresco. All’esterno del Piazzale viene allestita una cappella rustica. Non s’interrompe la pratica regolare di Messe nelle domeniche e nei giorni feriali, con discreta partecipazione di fedeli. Le campane, ricuperate in mezzo alle macerie dai Vigili del Fuoco di Genova e dagli operai dell’Italcantieri di Monfalcone, dopo un mese di silenzio, fanno sentire di nuovo la loro voce. Voce che commuove, consola
e infonde coraggio. Comincia la ricostruzione, non fermata dalle scosse del mese di settembre. Gemona, da capitale del terremoto, diverrà capitale della ricostruzione Da ogni parte d’Italia, da ogni paese del mondo arrivano aiuti. Persone eroiche lavorano anche mettendo a repentaglio la propria incolumità. Sgomberate le macerie, poste solide fondamenta, risorge il santuario, torna agibile il convento: la vita riprende con vigore. I furláns us disin grasie. La riconoscenza dei Friulani per la solidarietà con cui il mondo intero è venuto in aiuto per la ricostruzione, campeggia sui muri sbrecciati: I Friulani vi dicono grazie.
Gemona distrutta. IL
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seconda parte - OGGI - Dalle Macerie - Il Nuovo Santuario - Inaugurazione - I Colori - Antico e Moderno - La Cappella della B. Vergine delle Grazie - La Cappella del Rosario - Pittura, Scultura e Musica - Gli Ex Voto – Il Giglio Fiorito - La Cella del Santo - Il Museo del Santuario - Dentro il Convento - Piazza Padre Adriano Osmolowski
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seconda parte - OGGI
seconda parte - OGGI
DALLE MACERIE Si sta avverando l’antica esperienza: Melior de cinere surgo: Risorgo migliore dalle ceneri. Gemona risorge più bella dalle rovine, il Santuario di Sant’Antonio rinasce più armonioso e più accogliente dalle macerie. Domenica 11 dicembre 1977: posa della prima pietra del ricostruendo nuovo convento. Una cerimonia semplice ma altamente significativa, resa eloquente dalla presenza delle alte autorità religiose e civili. Il vice presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, as-
Il nuovo Santuario. IL
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sessore regionale alla Ricostruzione, rag. Salvatore Varisco, esprime la sua emozione. Sottolinea il fatto che si tratta della prima casa religiosa che si sta riedificando in Friuli e proclama la volontà di “ridare il volto, ma soprattutto l’anima ai nostri borghi, ai nostri paesi, alle nostre cittadine”. I lavori di ricostruzione del convento procedono alacremente. Il 10 giugno 1978, appena ultimata l’ala del convento che dà sul Piazzale, al pianoterra viene allestita una chiesa provvisoria. L’immagine di
Sant’Antonio, anche se ferita, torna ad essere il centro della pietà dei fedeli. Le celebrazioni liturgiche riprendono con l’orario e la frequenza di prima del terremoto. Le date della ricostruzione si susseguono a ritmo accelerato. Il 12 dicembre 1982 la ricostruzione del convento è completata. L’arcivescovo Alfredo Battisti benedice i nuovi locali, alla presenza delle autorità regionali e comunali. I frati sono soddisfatti. I fedeli sono commossi e contenti. In questa occasione Salvatore Varisco dichiara: “Gemona, capitale del terremoto, sarà la capitale della ricostruzione”. Le celebrazioni liturgiche più solenni, in seguito, si svolgeranno nel nuovo chiostro del convento. Questo bel chiostro, costruito verso la metà dell’Ottocento, è un quadrato perfetto, reso elegante da una fuga armoniosa di colonne e di archi. Al centro una vasca sormontata dal monumento “San Francesco con la colomba e il lupo”, opera originale in pietra di Aurisina di Giovanni Patat d’Artegna (1982). Tra il chiostro grande e la chiesa, si ammira un altro chiostro più piccolo, il “Chiostrino”, abbellito al centro da un elegante pozzo cinquecentesco in pietra. La figura di Padre Adriano Osmolowski, opera dello stesso artista Giovanni d’Artegna, dà ora il nome alla Piazza.
Chiostro con monumento a San Francesco (Giovanni Patat d’Artegna 1982).
Particolare pozzo cinquecentesco posto al centro del “Chiostrino”. IL
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IL NUOVO SANTUARIO Il 13 giugno 1981 è stata posta la prima pietra del ricostruendo Santuario di S. Antonio. Purtroppo la ricostruzione del Santuario richiederà tempi lunghi a causa di intoppi burocratici. Infatti i lavori, iniziati il
Abside della Cappella della Madonna del Rosario.
10 gennaio 1983, non sono ancora completamente finiti. Il progetto del nuovo Santuario è dell’arch. Domenico Bortolotti di Udine e dell’ing. Gianni Della Marina di Gemona. Ha eseguito i lavori l’impresa costruttrice Domenico Goi di Gemona, sotto la guida del geom. Valentino Forgiarini. IL
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Una brutta sorpresa quando si scopre che, sotto terra, passa un torrente. Si rende necessario scavare in profondità oltre sei metri, per assicurare solide basi al nuovo edificio. Con questi lavori viene ricavata una cripta ampia quanto l’intera superficie della chiesa. Chi arriva al Santuario da Via Widmar, si trova davanti a una visione stupenda: un trionfo di linee rette e curve, di piani dolci e di punte ardite, che portano verso l’abside dell’antica Cappella del Rosario. Il tempio è graziosamente circondato da piazzole eleganti e da verdi aiuole. Le sistemazioni esterne, compreso il sagrato, sono state realizzate su progetto dell’arch. Gianpaolo Della Marina. La facciata del Santuario, sobria e maestosa, accorda in bella armonia la linea classica con l’essenzialità moderna. L’antico è presente nel portale marmoreo del ‘500 e nel rosone che domina alto al centro, ricuperato dalla facciata del 1936. Alla base dello stipite destro del portale, una scritta dice la riconoscenza dei fedeli alla diocesi di Rottenburg-Stoccarda per gli aiuti ricevuti. Sopra l’entrata principale splende l’immagine classica del
Santo di Gemona, opera della Scuola Mosaicisti del Friuli di Spilimbergo. I rivestimenti esterni in pietra piasentina della chiesa e del campanile e l’innalzamento della facciata su progetto dell’arch. Gianpaolo Della Marina, sono stati eseguiti dall’impresa Mario e Gianni Taboga di Buia e dalla Edilcoo Friuli di Gemona. Evitando eccessive colorazioni, si è ottenuta una delicata differenza cromatica dalla diversa lavorazione della stessa pietra, a corsi alterni, liscia-levigata e fiammata. A sinistra, forte e severo, si erge il nuovo campanile. Le tre campane maggiori, che dal 7 novembre 1986 scandiscono le ore della giornata, sono dedicate rispettivamente a San Francesco, all’Immacolata e a Sant’Antonio.
Il campanile.
Mosaico sul portale del Santuario.
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INAUGURAZIONE Ampio, austero, originale, avveniristico: l’interno del nuovo Santuario di Gemona, che era stato accolto inizialmente con una certa diffidenza, oggi è considerato uno spazio ideale per celebrazioni liturgiche. Un complesso di possenti strutture di cemento armato, leggermente asimmetrico, ad unica navata e, non ultimo pregio, dotato di una buona acustica. Niente colonne, non archi che disturberebbero la visibilità: dall’altare il sacerdote domina bene l’assemblea e dalla navata i fedeli possono seguire agevolmente i riti che si celebrano all’altare.
Il soffitto, con le massicce travi, cui è affidato il compito di sorreggere il tetto dell’unica campata, crea inediti eleganti giochi di linee, mentre le sue ondulazioni richiamano i movimenti tellurici del cataclisma. L’andamento curvilineo del raccordo della parete di fondo absidale, arricchita dall’opera del maestro Arrigo Poz, con la parete laterale sud, “abbraccia” i resti della primitiva chiesa valorizzandoli come meritano e segnando la continuità del presente con il passato. L’unico volume recuperato e restaurato è quello della Cappella del Rosario (monumento
Il Tabernacolo.
nazionale) di cui si parla in un capitolo specifico del presente. Il 13 giugno 1986 sono stati celebrati per la prima volta i riti liturgici nel nuovo Santuario. Le pareti erano ancora allo stato grezzo, il pavimento di terra battuta, tutto era provvi-
Reliquiario di Sant’Antonio (Remo Mansutti). IL
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sorio, ma non si poteva resistere al desiderio di dare vita a quelle quattro pareti spoglie con una celebrazione gioiosa nella festa del Santo Patrono. L’inaugurazione ufficiale ha avuto luogo il 13 giugno 1987. Monsignor Alfredo Battisti, arcivescovo di Udine, ha aperto al culto la nuova casa di preghiera con una solenne concelebrazione. Una folla devota lo accompagnava orante e plaudente. L’Arcivescovo chiedeva allo Spirito Santo di riempire il cuore dei religiosi francescani, custodi del Santuario, ai quali affidava e raccomandava soprattutto il ministero della riconciliazione mediante la celebrazione del sacramento della Penitenza. Il Sindaco di Gemona, p.i. Claudio Sandruvi, dichiarava: “Un popolo fedele alle sue radici è un popolo vivo, e la comunità gemonese può oggi riscoprire, nella inaugurazione del nuovo Santuario, un simbolico legame con il passato, recuperando tutti quei valori, segnati dalla fedeltà di generazioni, che le consentono di sperare in un domani migliore”. La domenica seguente, 14 giugno 1987, si snodò per le vie del Centro di Gemona la tradizionale processione con l’immagine di S. Antonio. Presiedeva mons. Pietro Brollo, vescovo ausiliare di Udine. Partecipavano le Autorità civili di Gemona con il Gonfalone, seguivano molti sacerdoti e religiosi e migliaia di fedeli. Riprendeva la vita. IL
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I COLORI Quando si entra in Santuario si rimane affascinati dai tanti colori che lo vivacizzano. Colori nel grande mosaico absidale e colori dalle finestre istoriate, colori nelle pregevoli opere antiche esposte alle pareti e colori dai numerosi reperti marmorei ricuperati dal Santuario
precedente. Una sinfonia, un tripudio di colori. Il grande mosaico che domina l’abside (65 metri quadrati) è opera dell’artista friulano Arrigo Poz. Un’esplosione di luce e di colori. Il mosaico rappresenta il pianeta e l’universo intero, attraversati, illuminati e folgorati da una meteora di forza e di luce, che è Cristo. A metà della parete ded rosostra risplende il ros ne, che riproduce riprodu
Il Cantico delle Creature di S. Francesco (rosone, A. Poz). IL
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Cristo luce del mondo (mosaico, A. Poz).
il “Cantico delle Creature” di San Francesco: opera geniale di Arrigo Poz. Nella parte centrale sfolgora “Fratello Sole”, tutt’intorno le creature del Signore che invitano alla lode. Dall’alto, e in senso orario, la terra e il vento che scuote gli alberi, il cielo con la luna e le stelle, il mare immenso, il fuoco che con le sue rosse e vibranti lingue s’incunea e si fonde col sole centrale, gli alberi, i fiori, gli uccelli che volano in un azzurro di speranza. Il rosone, realizzato con una tecnica tutta particolare e l’impiego di tessere di alabastro e di altra materia pregiata, assume la plasticità di un bassorilievo e la luminosità solare che le sfaccettature, come in un prisma, gli conferiscono. Tredici vetrate stanno come ornamento alle pareti della chiesa.
Particolare di una vetrata. IL
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Lunghe e strette, con tonalità forti che vanno dal rosso alla base all’azzurro che crea un moto ascensionale, una liberazione dalla materia. Progettate dall’artista Arrigo Poz, sono state eseguite dalla Ditta GIBO di Verona. Tredici personaggi compaiono a chi guarda le vetrate. Da dietro l’altare, in senso orario: San Francesco, Santa Chiara, San Bonaventura, San Giovanni da Capestrano, il Beato Odorico da Pordenone, Sant’Antonio e l’Arcangelo San Michele. Sulla parete di sinistra il Beato Contardo Ferrini e una raffigurazione simbo-
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lica del santo Rosario, l’Immacolata e l’Assunta, Santa Elisabetta d’Ungheria e San Luigi IX re di Francia, patroni dell’Ordine Francescano Secolare. Le vetrate donate da alcuni devoti benefattori sono state inaugurate il 21 dicembre 1990. Ora ci sembra di poter dire che i colori di Arrigo Poz e i nostri banchi realizzati su disegno dell’arch. Gianpaolo Della Marina, hanno dato più luce e vitalità al Santuario. Sant’Antonio Dottore Evangelico (particolare di una vetrata).
Interno del Santuario. Sullo sfondo alcune vetrate di Arrigo Poz. IL
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ANTICO E MODERNO Come tutti gli edifici storici ed importanti il santuario custodisce molte opere d’arte che testimoniano la sua secolare storia. La ricostruzione avvenuta a seguito della totale distruzione del 1976, ha tenuto in considerazione il percorso storico dell’edificio, inserendo nella riedificazione molte testimonianze del passato. Il “pezzo” più prezioso è il bassorilievo che sta alla base dell’ambone. Un scultura del secolo XI, che proviene dall’antica chiesa di San
Leonardo. Raffigura la Crocifissione. Con rara espressione ritrae lo spasimo del Crocifisso, il pianto della Madonna, lo strazio dell’apostolo Giovanni. Il bel paliotto dell’altar maggiore faceva parte della cappella votiva di Sant’Antonio, distrutta dal terremoto. L’opera di Salesio Pegrassi di Verona riproduce, in una grande lastra di marmo magistralmente lavorato, lo stemma francescano e ai lati il testo del responsorio di Sant’Antonio “Si quaeris miracula”.
La Crocifissione (bassorilievo del sec. XI).
Interno del Santuario con area presbiterale.
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Di particolare interesse sono i due reperti simmetrici che danno vita allo schienale dell’austera cattedra presidenziale. Hanno una storia travagliata. Facevano parte dello sfarzoso altare della cappella votiva di Sant’Antonio, cappella costruita tra il 1885 e il 1889 su progetto di Gerolamo D’Aronco. La Cappella aveva una ricca decorazione di stucchi, opera di Giambattista Della Marina. L’altare era stato progettato dall’architetto Raimondo D’Aronco, figlio di Gerolamo. Nel 1901 quell’altare fu messo da parte, perché mal si adattava allo stile della cappella. Nel 1906 i frati volevano cederlo a un’altra chiesa, ma ne furono impediti dal Comune, ancora proprietario della chiesa e del convento di
S. Antonio. Nel 1911 i borghigiani di Piovega lo chiesero per farne l’altare di S. Lucia nella loro chiesa, appena costruita. Ma nel frattempo l’altare venne rimontato nell’altro lato del Santuario e dedicato a San Francesco. Il terremoto lo ridusse in mille pezzi. Anche l’elegante tabernacolo proviene dalla ex cappella di S. Antonio, mentre la mensola di appoggio non è altro che la cupoletta rovesciata dell’altare maggiore della precedente chiesa (1895). Il mosaico in marmo bianco, disposto a raggiera attorno al tabernacolo da Arrigo Poz, conferisce a tutto il complesso un tocco originale per la custodia dell’Eucaristia ed è un aiuto efficace alla devozione dei fedeli.
Sede presidenziale. IL
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LA CAPPELLA DELLA B. VERGINE DELLE GRAZIE Quelle tre pareti diroccate che si vedono a destra del presbiterio costituiscono la parte più importante del Santuario: sono la prova del passaggio di Sant’Antonio per Gemona e della sua opera per l’erezione di questa chiesetta in onore della Madonna delle Grazie. Dai muri sbrecciati sono venuti alla luce strati sovrapposti di affreschi: il più interno risulta essere del ‘300. Sopra un frammento di una Annunciazione, si legge la famosa scritta che attribuisce a S. Antonio l’origine di questa chiesetta. “Sappia ciascheduna persona che...-. Sappiano tutti che Sant’Antonio di Padova fece edificare questa cappella in onore della Beata Vergine Maria delle Grazie, come si trova scritto in uno dei suoi libri. E chi devotamente la visiterà, ogni grazia da Lei avrà”. Ancora non si è trovato il libro nel quale S. Antonio riferisce della costruzione di questa cappella, ma la testimonianza dell’antico affresco è sufficiente per comprovare l’autenticità di quanto scritto. Tanto che, quando nel 1500 si apportarono delle modifiche alla cappella e vennero coperti gli antichi affreschi, la preziosa scritta venIL
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ne riportata su una lastra di marmo, che adesso si può vedere sul lato sinistro della stessa parete. I ruderi della cappella, rimossi temporaneamente dopo il terremoto per i getti di fondazione della nuova chiesa, sono stati reincorporati alla nuova chiesa il 6 dicembre 1985. Nel 1795 la cappella era stata restaurata e dedicata all’Immacolata. Giuseppe di Gerolamo Fantoni aveva dipinto sulle pareti laterali i miracoli delle due risurrezioni operate dal Santo: quella di un nobile
di Lisbona che testimonia l’innocenza del padre del Santo, in un processo intentato contro di lui, e l’altra operata a Gemona risuscitando il figlio di un contadino. I dipinti sono andati distrutti dal terremoto, ma rimane una copia della risurrezione del figlio del contadino beffardo di Gemona, ora esposta nel corridoio della Cella del Santo. L’immagine “terremotata” di Sant’Antonio, intronizzata il 14 giugno 1987 tra i ruderi della cappella delle Grazie su un capitello di colonna classica, è costantemente ornata di fiori, illuminata da ceri, circondata da fedeli in preghiera. I segni caratteristici del “Sant’Antoni di Glemone” sono: l’abito francescano, il Bambino Gesù in braccio, la Bibbia
Testimonianza del 1300.
e il giglio. Dal 13 giugno 2008, davanti all’Immagine del Santo arde costante una lampada votiva: segno di pietà e di gratitudine.
Ruderi della Cappella fatta costruire da S. Antonio.
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LA CAPPELLA DEL ROSARIO La Cappella che si trova a destra di chi entra in chiesa è dedicata alla Madonna del Rosario. Per il suo eccezionale valore artistico è stata dichiarata monumento nazionale. Risale al 1682, quale voto della Città di Gemona per la liberazione dalla peste. Distrutta in par-
La Madonna del Rosario. IL
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te dal terremoto, da quanto ancora rimane si può avere un’idea della bellezza e della ricchezza artistica di questa Cappella. Di proporzioni piuttosto ampie, aveva forma rettangolare, era coronata da una volta reale, chiusa tra due archi e sostenuta da sei lunette. L’altare, andato distrutto col terremoto, era un capolavoro di arte barocca. Rimane la mensa dell’altare, che è l’originale. Come originali sono gli affreschi della volta e del soffitto. Questa Cappella fu eretta, decorata e affrescata dall’artista svizzero Melchior Widmar nel 1687; l’artista fu presente a Gemona dal 1680 fino alla morte, avvenuta nel 1706. Per alcuni anni Widmar visse nel convento di S. Antonio, tutto dedito all’arte e alla preghiera. La sua tomba, che si credeva perduta, è stata ritrovata ed è visibile all’entrata della Cappella. La sua lapide sepolcrale è affissa alla parete di sinistra. Del pittore Widmar sono le due tele, contenute in fastose cornici, che si ammirano sulla parete interna della facciata del Santuario. Due tele grandiose, le più grandi che si trovino in tutto il gemonese. La tela di sinistra riproduce fantasio-
samente l’Adorazione dei Re Magi: Maria presenta Gesù agli ospiti illustri, che arrivano accompagnati da dignitari e da giovani paggi, mentre il bue e l’asinello sgranano gli occhi per ammirare l’insolita scena. Nella tela di destra è raffigurata, con ammirevole realismo, la Circoncisione di Gesù. Qui, in primo pia-
no, domina l’elemento femminile: mamme col figlioletto in braccio, dame e damigelle che posano pel ritratto e la Madonna che offre al Sommo Sacerdote il Figlioletto per il rito della circoncisione. Altre opere dell’artista svizzero Melchior Widmar si possono ammirare nel Museo del Santuario.
Catino absidale del Widmar.
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PITTURA, SCULTURA E MUSICA Molte opere d’arte sacra si possono ammirare nel Santuario di Sant’Antonio. Il primo quadro che si vede a sinistra entrando, raffigura il Crocifisso con ai lati S. Antonio Abate e S. Antonio di Padova: sullo sfondo si vede il Castello di Gemona. Una buona tela di Vincenzo Lugaro (1610). Questo quadro si trovava sull’altare maggiore del vecchio Santuario. Quan-
do quell’altare fu sostituito con uno nuovo (1895), la tela fu affissa sul fondo dell’abside. L’accostamento nella pittura dei due santi dello stesso nome ha fornito, in passato, non poche congetture. L’altare precedente del 1700 fu ceduto alla chiesa di Taipana nel vicariato di Nimis (Ud). Ammirevole la Gloria del Nome di Gesù e i santi Giovanni Battista,
Crocifisso con ai lati i Santi.
Statua carità.
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Francesco, Bernardino e Paolo, olio su tela di cm 320x260: opera firmata e datata dall’autore: Benedetto Carpaccio, veneto, 1541. Ai due lati stanno due statue di Salesio Pegrassi di Verona, salvate dall’altare della ex cappella di S. Antonio: a destra la Carità, a sinistra la Castità. Una preziosa nicchia cinquecentesca in legno dorato, proveniente
La Deposizione (F. di Girolamo da Santa Croce).
Gloria del nome di Gesù (B. Carpaccio 1541).
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Circoncisione di Gesù di Widmar.
L’Adorazione dei Magi di Widmar.
Nicchia del ‘500 con la statua di San Francesco. IL
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da una località sul Lago di Garda, accoglie una copia del S. Francesco di Dalla Robbia. Ai lati indumenti-reliquie di S. Giovanni da Capestrano (a destra) e del B. Bernardino da Feltre (a sinistra). Un’altra pregevole tela si può ammirare accanto della porta laterale di destra: la Deposizione di Cristo, opera riferibile a Francesco di Girolamo da Santacroce. Il Santuario di S. Antonio da sempre è stato dotato di un Organo per accompagnare la liturgia. Si ricorda un ottimo Organo nel 1526. L’Organo, che oggi si vede e che si ascolta in Santuario, risale al 1898: opera di Beniamino Zanin di Cami-
no al Tagliamento. Rimasto quasi indenne dalle scosse del terremoto, lo strumento è stato restaurato e collocato al posto attuale da Franz Zanin nel 1987. Un bell’Organo a trasmissione meccanica, dai timbri robusti e ben definiti. Ha 16 registri. Primo manuale: Principale 8, Flauto 4, Dulciana 4, Ottava 4, Quindicesima, Ripieno 5 file, Tromba 8. Secondo manuale: Principale 8, Voce angelica 8, Viola 8, Ottava 4, Ripieno 3 file, Oboe 4. Pedale: Contrabbasso 16, Bordone 16, Contrabbasso 8. Al suono dell’Organo, si uniscono le voci dei fedeli che, cantando, animano la liturgia in Santuario.
Organo del Santuario (opera di Beniamino Zanin). IL
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GLI EX VOTO IL GIGLIO FIORITO Caratteristica particolare di ogni santuario è l’esposizione degli ex voto appesi alle pareti della chiesa o nelle vicinanze dell’Immagine venerata. Il termine ex voto sta a significare un oggetto offerto dai fedeli in adempimento di un voto o in segno di riconoscenza per una grazia ricevuta. Letteralmente “ex voto” significa “secondo la promessa (fatta)”. Quadri, dipinti, tavolette, ricami, cuori d’argento, fotografie, stampelle, bastoni, busti ortopedici e tanti altri oggetti esprimono la riconoscenza di fedeli: PGR cioé Per Grazia Ricevuta. Dietro le quinte di marmo che delimitano il presbite-
rio, si trova una provvisoria esposizione di ex voto: sono i più recenti, che attendono una sistemazione definitiva. Immagini di disgrazie dalle quali uno è uscito illeso, cuori d’argento, ritagli di giornali, bigliettini con espressioni rivolte al Santo e tante fotografie di incidenti, feriti, cadute o semplicemente fotografie di persone che si affidano alla protezione del Santo dei miracoli. Più avanti si entra nella Galleria degli ex voto. Qui si trovano esposti i quadri votivi più caratteristici e di maggior valore storico o artistico. La nuova esposizione è stata benedetta e inaugurata il 13 giugno 2008.
Una parte consistente degli ex voto è stata collocata dietro l’altare maggiore, sotto il mosaico e nel coretto del convento. L’immagine di S. Antonio esposta nella Galleria degli ex voto è venerata col titolo di Sant’Antonio del Giglio e anche Sant’Antonio dei Miracoli. È legata a una graziosa tradizione. In un manoscritto dell’archivio arcipretale di Gemona è registrato che nel mese di agosto del 1818, il giglio secco che il Santo teneva in mano fiorì improvvisamente e attorno si diffuse un intenso profumo di gigli. Il miracolo è ricordato anche da mons. Giuseppe Nogara, arcivescovo di Udine, nella Lettera indirizzata alla Diocesi il 1° giugno
1931, in occasione del VII Centenario della morte del Santo. Seguirono altri miracoli, motivo per cui questa immagine è sempre stata oggetto di particolare devozione.
La Galleria degli ex voto e S. Antonio dal Giglio fiorito.
Il miracolo di S. Antonio a Gemona (Fantoni - Stefanutti). IL
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LA CELLA DEL SANTO La Cella del Santo è il luogo preferito dai fedeli per trascorrervi momenti intensi di preghiera e di meditazione. Isolata da tutto il resto, elevata sopra alcuni gradini, immersa in un mistico silenzio, questa Cappella conserva l’atmosfera di santità accumulata attraverso i secoli. Fino al 1902 si conservava la “Cella”, cioè la stanza o cameretta che, secondo la tradizione, era stata abitata da Sant’Antonio durante la sua permanenza a Gemona.
La Cella del Santo. IL
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Danneggiata dall’incendio che in quell’anno distrusse buona parte del convento, fu ricostruita su disegno dell’originale. Questo luogo è sempre stato ritenuto sacro, salvaguardato nelle diverse opere di ricostruzione. È rimasto illeso dalle scosse del terremoto. La cancellata in ferro è del gemonese Pietro Pascoli, eseguita su disegno di Giovanni Fantoni. I venti banchi, con chiare allusioni belliche, sono stati costruiti da frate Agapito Lucchini nel luglio 1940. Il progetto dell’ampliamento della Cappella è dell’ing. Renato Raffaelli. L’ultima decorazione dell’ambiente è stata fatta da Ferruccio Offoiach nel 1980. Alla parete una lapide del 1380 riporta i nomi dei benefattori della chiesa. Sant’Antonio riposa sotto l’altare, nell’estasi che precede la morte, mentre sussurra: Video Dominum meum, Vedo il mio Signore. La mensa dell’altare è sormontata da un trittico che rappresenta la Madonna Assunta e ai lati i francescani B. Luca Belludi, compagno di Sant’Antonio e il B. Odorico da Pordenone, il grande missionario friulano. Il disegno dell’altare, in stile gotico trecentesco, è dell’arch.
L’altare della Cella con Sant’Antonio morente.
Midena di Udine. Il trittico è opera delle Suore Francescane di Maria di Roma (1943). Sulla parete di sinistra si può osservare la scena del miracolo operato da Sant’Antonio a Gemona. Si tratta di una copia eseguita da Giovanna Stefanutti nel 1935 dell’originale di Giovanni Fantoni, che si trovava nella Cappella della Beata Vergine delle Grazie e che è andato distrutto. Il fatto è ben noto. Sant’Antonio sta costruendo a Gemona la chiesetta in onore della
Madonna. Ha bisogno di portare del materiale per la costruzione. Si rivolge a un contadino. Questi gli fa presente la sua impossibilità, perché sul carro trainato dai buoi porta un morto. Allontanatosi dal Santo, il contadino tenta di svegliare il figlio e lo trova veramente morto. Ricorre al Santo chiedendogli il Miracolo e Antonio lo concede. Il figlio è tornato in vita. In seguito quel contadino sarà il più generoso collaboratore di Sant’Antonio nella costruzione della chiesetta. IL
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IL MUSEO DEL SANTUARIO Sotto il pavimento della grande aula del nuovo Santuario, è stata ricavata una cripta, ampia quanto la chiesa. Nelle vaste sale della cripta è stato allestito il Museo del Santuario. Il Museo è dedicato all’Ing. Renato Raffaelli – 1896-1990 – insigne benefattore di questo Santuario – imperitura riconoscenza. - I Frati. Fin dal 1968, al primo piano del convento erano state destinate alcune stanze per la valorizzazione del patrimonio artistico del convento di S. Antonio, la “Pinacoteca d’arte antica”. Erano esposte trentanove opere d’arte e raccolti numerosi oggetti importanti del Santuario. La Pinacoteca non subì grossi danni dal terremoto, ma la ricostruzione del Santuario ha dato la possibilità di trasferirla, ingrandita, nei sotterranei della chiesa. La cerimonia d’inaugurazione del Museo si svolse il 7 dicembre 1996. La prima parte ebbe luogo nella Sala “Sant’Antonio” con gli interventi dell’Arcivescovo Alfredo Battisti, del Presidente della Regione Giovanni Pelizzo, del Provinciale dei Frati Minori p. Antonio Baù e del Guardiano del convento p. Emidio Papinutti. Monsignor Giancarlo MeIL
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civescovo Mons. Pietro Brollo, del ministro provinciale p. Bruno Miele, del p. Guardiano p. Luigi Bettin, del Sindaco Gabriele Marini, e di numerose autorità civili, religiose e militari, il museo ampliato e abbellito per accogliere le opere provenienti dall’Istria. Il nuovo allestimento del museo e della galleria degli ex voto, è stato eseguito su progetto dell’arch. Gianpaolo Della Marina. La ristrutturazione complessiva del museo si è resa necessaria per l’avvenuta assegnazione al santuario di Gemona di una sessantina di opere pro-
Fra Pasquale da Rovigno (Stefano Celesti 1640).
La Madonna Bella (sec. XV).
nis, Presidente della Commissione diocesana per l’Arte Sacra, ha tenuto il discorso ufficiale. Esaurita la parte del programma inaugurale, le autorità e il pubblico si trasferirono nel nuovo Museo per il rito del taglio del nastro. Il 29 novembre 2008 venne inaugurato, alla presenza dell’Ar-
Interno del museo R. Raffaelli. IL
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venienti dalla chiesa di Sant’Anna di Capodistria e messa al sicuro prima degli eventi bellici della seconda guerra mondiale. Le opere prima depositate alla Villa Manin di Passariano e poi all’EUR di Roma, furono “redistribuite” nel 2002. La tela del Carpaccio e la Deposizione di Cristo di Girolamo da Santa Croce, sono collocate in santuario, mentre il museo ospita le altre, che hanno dato ulteriore lustro al museo, già ricco di molte opere che raccontano la storia del santuario. Una per tutte la quattrocentesca Madonna Bella di scuola salisburghese.
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Addossati alle pareti fanno memoria del passato alcuni lacerti di affreschi secenteschi, elementi marmorei del Santuario anteriore, reliquiari, un tabernacolo, un inginocchiatoio e altri oggetti di valore artistico.
Sant’Antonio col Bambino Gesù (Giovan Battista Tiani 1671-1737).
Santissima Trinità (Scuola Veneta Friulana sec. XVII). IL
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DENTRO IL CONVENTO In tempi passati i conventi erano sigillati dalla “Clausura”. Oggi sono aperti a tutti, perfino ai ladri. Il primo piano del convento rimane riservato: refettorio, cucina e camere per i frati e per gli ospiti. Tre ambienti sono adibiti a biblioteca. Al pian terreno si trova il chiostro, circondato da varie sale. Accanto alla chiesa c’è la Sacrestia. Sono ritenuti preziosi i due affreschi sovrapposti sulla parete: una Crocifissione di fine ‘200, sormontata da una Deposizione del ‘600. Grazioso il settecentesco Lavabo. Sulla porta di fronte, la testimonianza di una data: 1703. Più
Corridoio del convento.
La biblioteca nella nuova “Sala Sant’Antonio”.
Una Pietà del 1600 dipinta sopra un affresco del 1200 (in Sacrestia).
avanti si trova la Cappella dell’Ordine Francescano Secolare. Sotto i portici del chiostro sono esposti alcuni importanti reperti litici del Santuario distrutto dal terremoto, stemmi nobiliari, lapidi, statue. Tra gli altri reperti attira l’attenzione una lapide che dice: In questo vetusto chiostro / S. Giovanni da Capestrano / invitto atleta di Cristo / magnifico benefattore di questa città / soggiornò dal 11 al 14 maggio 1451 / Operò ventinove miracoli / 28 ottobre 1956 / V° Centenario della morte
del Santo / Gemona riconoscente. L’ambiente più elegante che dà sul chiostro è la nuova “Sala Sant’Antonio”, considerata una delle più belle sale del Friuli. Attualmente vi è collocata la Biblioteca arredata con mobili in rovere, realizzati su progetto dell’arch. Della Marina; la sala è utilizzata anche per conferenze ed eventi culturali. Non va dimenticato il livello culturale dei conventi, centrato sulla consistenza e le vicende della rispettiva biblioteca. Da un inventa-
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rio del 1451 si viene a conoscere il titolo di 150 codici manoscritti di proprietà del convento di Gemona. Si conoscono i titoli, ma i volumi non si sa dove siano andati a finire dopo la soppressione religiosa del 1769. Per chi lo desidera, c’è la possibilità di avere qualche oggetto religioso. Una volta si poetava: “A Gemona andai / Di te mi ricordai / Questo ricordo ti portai”; oggi basta una semplice democratica cartolina.
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seconda parte - OGGI
seconda parte - OGGI
PIAZZA PADRE ADRIANO OSMOLOWSKI L’ampio piazzale che circonda il Santuario e che si estende fino all’orto del convento, è intitolato a Padre Adriano Osmolowski. Chi sente per la prima volta questo nome immediatamente pensa a un Generale polacco. Polacco sì, nobile pure, ma non militare: un umile frate minore. Padre Adriano Osmolowski era nato in Bielorussia il 13 dicembre 1838. A vent’anni, senza rinnegare il suo titolo nobiliare, decise di farsi frate. Per motivi politici fu costretto a lasciare la sua Patria
Veduta della Piazza. IL
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e prendere la via dell’esilio. Per dieci anni prestò servizio ai santuari di Terra Santa, dove era stato ordinato sacerdote. Cagionevole di salute, fu consigliato di emigrare in Italia. Scelse di continuare la sua vita religiosa a Gemona, e a Gemona dimorò per ventotto anni. Si distinse per singolare virtù, specialmente per l’incessante orazione, per l’estrema povertà e per l’umile nascondimento. Soleva ripetere. “Dalla cella al Cielo”. Ha esercitato vari incarichi: guardiano,
maestro dei novizi, direttore spirituale di istituti religiosi femminili e maschili, generoso distributore della misericordia di Dio. Morì in fama di santità nel convento di San Daniele di Lonigo (Vicenza), il 9 aprile 1924. Nel 1950 il suo corpo, trovato incorrotto e flessibile a ventisei anni dalla morte, fu traslato nella chiesa di San Daniele, ove tuttora riposa. È in corso la causa della sua beatificazione. Continuano ad arrivare, da varie parti d’Italia e anche dall’estero, testimonianze di grazie ottenute per sua intercessione. Sul lato orientale della Piazza Osmolowski si trova la “Casa del Pellegrino”. Inaugurata nel giugno 1959 per offrire ospitalità ai pellegrini che venivano da lontano, la Casa fu ridotta in frantumi dal terremoto del 1976. Venne subito ricostruita. Oggi è resa praticamente superflua, dal momento che i pellegrini arrivano e ripartono in giornata. Il futuro deciderà le sorti di questo edificio. Intanto lo splendido tiglio che domina l’angolo, offre, a chi lo desidera, l’ombra dei suoi frondosi rami verdi. La pavimentazione della Piazza Padre Adriano Osmolowski, ideata e realizzata dall’architetto Gianpaolo Della Marina, è di un’eleganza tale, che pare profanata dall’uso di parcheggio. Una degna “anticamera” che introduce nella Casa del Signore.
Scultura a ricordo di Padre Adriano Osmolowski.
Veduta notturna della Piazza. IL
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terza parte - DOMANI - Verso l’Avvenire - Vita Liturgica - Clinica dello Spirito - L’Ordine Francescano Secolare - La Voce del Santuario di Sant’Antonio - I Pellegrinaggi - Il Pane di Sant’Antonio - Si Quaeris Miràcula - Al Santo dei Miracoli
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terza parte - DOMANI
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VERSO L’AVVENIRE Il Santuario di Sant’Antonio di Gemona è “memoria” del passaggio di un Apostolo, che ha inciso profondamente nella storia della salvezza in buona parte dell’Europa. È “profezia” che prepara un domani migliore. Il Santuario è il luogo propizio nel quale il popolo trova la sua identità ed esprime la sua religiosità. Il Santuario è la Casa misericordiosa del Padre che accoglie santi e peccatori, virtuosi e incostanti, ferventi nella fede e bisognosi di pace e di sicurezza. Il Santuario è un luogo d’incontro per parrocchie, movimenti ecclesiali, gruppi e comunità, perché favorisce l’unità e la comunione, nel superamento di tensioni disgregatrici e di isolamenti che dividono. Il Santuario è luogo preferenziale di ascolto della Parola di Dio, di riconciliazione e di rafforzamento nella fede. Il Santuario è un polo della nuova evangelizzazione, non quella di una categoria particolare, ma della evangelizzazione di un popolo nella sua cultura, nella sua storia, nella sua speranza. Non deve sembrare strano il titolo messo a questa terza parte del Santuario di Sant’Antonio: DOMANI. Il Santuario di Sant’Antonio IL
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è il cuore della devozione antoniana in Friuli: centro eletto di spiritualità, mèta favorita di pellegrinaggi, casa di cura dello spirito. Quando si parla di “spirito” e di “spiritualità” per forza si deve pensare al “futuro”, nel tempo e anche nell’eternità. Lo spirito non muore. Per questo i Frati francescani, custodi del Santuario di Sant’Antonio, lavorano per l’oggi ma sempre protesi verso il domani. La Chiesa, con la predicazione e con i sacramenti, opera oggi preparando il domani. Bisogna aggiungere un altro motivo: il Santuario offre quello di cui abbiamo maggior bisogno: l’Amore. Il mondo sta diventando un deserto di amore. Questa è la più grande disgrazia del tempo presente. La salute può aggiungere qualche anno alla vita, ma è l’amore che aggiunge vita ai nostri giorni. Il Santuario, insomma, è insostituibile perché è un luogo nel quale viene diffuso e comunicato l’Amore. Quell’Amore che è Dio. IL
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VITA LITURGICA “La Liturgia contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa, che ha la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, visibile e dotata di realtà invisibili, fervente nell’azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e, tuttavia, pellegrina”. Le indicazioni della Costituzione liturgica del Concilio Vaticano II (art. 4) stanno alla base della vita
La processione del 13 giugno. IL
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Celebrazione in onore di Sant’Antonio con il Vescovo A. Battisti.
del Santuario. I Frati considerano la santa Liturgia quale loro occupazione e preoccupazione fondamentale.
Una celebrazione in Santuario.
Celebrazioni ben curate, con la partecipazione attiva e interiore dei fedeli. Ogni domenica si celebrano quattro messe in Santuario, nei giorni feriali due. Ogni giorno si cura il canto delle Lodi e dei Vespri con la partecipazione dei fedeli. Ogni primo venerdì del mese e in altre occasioni, i fedeli si riuniscono per l’adorazione silenziosa. In Quaresima si pratica il pio esercizio della Via Crucis. Ogni giorno si ripete la recita comunitaria del santo Rosario. In tempi passati si dava importanza alla “contabilità” eucaristica. Il cronista annota che nel 1933 sono state distribuite in Santuario 79.000 comunioni; nel 1942 si sommarono 84.700 comunioni.
Oggi le comunioni annue superano di molto le 100.000. Con particolare solennità viene preparata la festa di Sant’Antonio con la partecipazione di pellegrinaggi dalle parrocchie della Forania. Così pure le altre feste più importanti dell’anno vengono devotamente preparate. Durante il mese di maggio ogni sera i fedeli si riuniscono per il “Fioretto” mariano e il canto delle sempre gradite canzoncine tradizionali. I frati prestano servizio religioso nel cimitero comunale fin dal 1924. La processione del 13 giugno, festa di Sant’Antonio, passa per le vie del Centro della Città, con la partecipazione di numerosi fedeli osannanti, accompagnata dal suono della Banda e delle campane di tutte le chiese. IL
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CLINICA DELLO SPIRITO L’arcivescovo mons. Alfredo Battisti, citando il compianto Paolo VI, ama ripetere che il Santuario è una “clinica dello spirito”. La definizione è ben centrata. Il Santuario, ovviamente, non è una succursale delle strutture sanitarie. È molto di più e molto di meglio. Il Santuario è una “clinica” che offre quello che nessuna casa di salute può mettere a disposizione. La scienza, la filosofia, la medicina, la farmaceutica non hanno
La Cappella penitenziale (A. Poz). IL
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mai guarito un cuore ferito, né trasformato il cuore di un peccatore. Clinica dello spirito, il Santuario mette a disposizione quello che ognuno va cercando: la pace e la tranquillità dello spirito. Era vivo desiderio di mons. Battisti che, accanto al Santuario, si aprisse una struttura adatta per l’amministrazione del sacramento della Riconciliazione. Il voto divenne realtà nel 1992. A destra della Galleria degli ex voto si trova la
Cappella Penitenziale. Progettato da Arrigo Poz, benedetto dall’arcivescovo Battisti, il 29 marzo 1992 è stato aperto questo locale: centro di “distribuzione” della pazienza di Dio. Sono stati ricavati cinque confessionali. Nelle ore di apertura del Santuario è sempre a disposizione un sacerdote per le confessioni. Il quadro esposto all’entrata, che raffigura l’Incontro di Cristo con gli Apostoli (sec. XVII), svela ai penitenti la bontà del Risorto. La dolce immagine di Sant’Antonio, che sta in una nicchia in fondo alla Cappella, rivela la gioia di portare Gesù nel cuore. Questa immagine è opera di Ferdinando Perathoner di Ortisei (BZ), ed è stata resa possibile nel 1979, grazie a una colletta organizzata da Giuseppina Ganis di Tricesimo. Forse oggi non si ripete quanto registrava il Cronista del convento negli anni Quaranta, che per il giorno di Pasqua era stato necessario chiamare altri sacerdoti dai vicini conventi in aiuto dei cinque presenti e che si erano presentati al confessionale più di cinquecento uomini, senza contare le donne e i bambini... Non c’è ressa alla Cappella penitenziale del Santuario di Gemona, ma durante tutta la giornata ci sono sempre fedeli che desiderano riconciliarsi col Signore, oppure che chiedono di poter parlare con un sacerdote. Le vie del Signore sono infinite.
Oltre al diligente servizio in Santuario, i frati prestano servizio religioso alle Suore Francescane Missionarie del Sacro Cuore, alle Clarisse di Moggio e si mettono generosamente a disposizione del clero per collaborare nella evangelizzazione.
Incontro di Cristo con gli Apostoli (sec. XVII).
Sant’Antonio di Ferdinando Perathoner di Ortisei. IL
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L’ORDINE FRANCESCANO SECOLARE L’Ordine Francescano Secolare è considerato il capolavoro di San Francesco. Istituito il Primo Ordine dei Frati Minori e il Secondo delle Povere Dame (Clarisse), San Francesco, con l’istituzione di un Terz’Ordine, ha raggiunto il vertice della sua genialità spirituale: valorizzare i cristiani laici in un apostolato attivo, pur restando in famiglia e attendendo ai loro impegni di lavoro. Si può ritenere che, parallelamente alle comunità francescane maschili e femminili, in Friuli siano sempre esistite, fin dalle origini del movimento francescano, anche fra-
Vista laterale del Santuario. IL
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ternità del Terz’Ordine. Sicure notizie dell’attività del Terz’Ordine Francescano a Gemona risalgono al 1846. All’inizio del secolo scorso ebbe una forte espansione. Solo a Gemona c’erano più di cinquecento iscritti, in due congregazioni: maschile e femminile. Ma non solo a Gemona: a Buia, Artegna, San Daniele, Moggio, Sappada, Tolmezzo, Montenars e in altri paesi esistevano fiorenti fraternità di Terziari. Oggi sono circa un’ottantina le fraternità dell’Ordine Francescano Secolare che vivono in altrettante
parrocchie del Friuli. I membri professi superano le duemila unità. Almeno una volta al mese, i Francescani Secolari di Gemona si riuniscono nella loro sede. Questa si trova sul lato Est del chiostro. Usciti dal Santuario, si attraversa la sacristia. Nel retro sacristia si può ammirare un quadro, dipinto per le feste del Settimo Centenario della morte di Sant’Antonio. Nel quadro il Prof. Giuseppe Barazzutti raffigura il Santo col Bambino Gesù in braccio, circondato da angeli; in basso si vede il Santuario come era nel 1931. Nella parete centrale della Sala dell’Ordine Francescano Secolare spiccano le figure dell’Immacolata, San Francesco e Santa Chiara, Santa Elisabetta e San Luigi IX, opera del padre Tommaso Baernthaler.
Sant’Antonio col Bambino Gesù (Giuseppe Barazzutti).
Trittico raffigurante l’Immacolata e i Santi (Tommaso Baernthaler). IL
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questo meno valida a servizio del bene. Senza dire che è una fonte indispensabile per chi vuole scrivere la storia del nostro Santuario. Particolarmente gradite risultano le pagine che riportano fotografie di gruppi di pellegrini, di sposi novelli, di bambini graziosi e belli che si affidano al Santo.
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N.1 - 2010
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SANTUARIO DEL PRIMO
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LXXXI Nuova serie - Anno N. 3 2007 Maggio - Giugno
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Periodico del primo santuario o antoniano del mond
2 - DCB Udine -
N. 1 - 2010 Anno LXXXIV -
Sant’Antonio
Trimestrale - Poste
, (conv. in L. 27.2.200 in a.p. D.L. 353/2003
devozione al Santo dei miracoli, tenere un contatto costante con i devoti. Durante la sua vita, il bollettino ha cambiato veste tipografica varie volte, sempre migliorandola. Dal mese di giugno 1992 ha acquistato un volto nuovo: si è trasformato in una rivista. In ogni numero si danno notizie sulla vita spirituale e liturgica del Santuario, vengono pubblicati articoli di formazione e di informazione su argomenti di attualità religiosa, si approfondiscono temi di teologia, di spiritualità e di liturgia. Per mezzo di queste pagine si riaccende la stima per il Santuario, si stringono legami con persone vicine e lontane.
La rivista è accolta con piacere dai devoti di Sant’Antonio, in modo particolare dagli emigrati. Un emigrato dagli Stati Uniti scriveva al Padre Rettore: “Ringrazio del Bollettino che sto ricevendo sempre. Per me è come se arrivasse un profumo di fiori dal nostro bel Friuli”. Una “Voce” umile ma non per
italiane - Sped.
LA VOCE DEL SANTUARIO DI SANT’ANTONIO La vita di un santuario consiste nella capacità di irradiare una spiritualità, di diffondere un messaggio. La parrocchia è l’istituzione, il santuario è il carisma. A Gemona l’azione dei frati non si esaurisce dentro le mura del Santuario. I frati aiutano nelle parrocchie, guidano corsi di esercizi spirituali, animano gruppi di preghiera e dirigono movimenti di spiritualità. Risale al 25 aprile 1925 l’inizio della pubblicazione del bollettino del Santuario: La Voce del Santuario di S. Antonio. Dopo oltre ottant’anni, il bollettino rimane fedele al suo programma: dare notizia di quello che si fa nel Santuario, diffondere la
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I PELLEGRINAGGI I pellegrinaggi sono una caratteristica distintiva dei santuari. Il popolo di Dio è un popolo peregrinante, che avanza verso i traguardi eterni. I fedeli, memori delle peregrinazioni che Israele doveva compiere ogni anno, seguono la tradizione peregrinando ai santuari di maggior attrattiva. In tempi passati i pellegrini arrivavano a Gemona a piedi, passavano la notte riposando in chiesa o nei chiostri, si accostavano ai sacramenti e ripartivano sicuri che li
Pellegrini in Santuario. IL
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accompagnava la benedizione di Sant’Antonio. Spesso i pellegrini percorrevano chilometri e chilometri a piedi, per venire a implorare o a ringraziare Sant’Antonio. Oggi i pellegrinaggi, perduta la componente della pratica della “penitenza”, vengono organizzati in pullman o in macchina. Rimangono però sempre vive le note proprie di ogni pellegrinaggio: motivi spirituali che si concretizzano nella preghiera e nei sacramenti. Durante l’anno, e particolarmen-
te durante la Tredicina in preparazione alla festa di Sant’Antonio, alcune parrocchie organizzano pellegrinaggi al Santuario. Durante l’estate molti emigranti tornano volentieri al Santuario che frequentavano da bambini, per ringraziare San’Antonio e per rinnovare l’iscrizione a La Voce del Santuario di Sant’Antonio. La Parrocchia di Gemona, per antica tradizione, viene pellegrina al Santuario il giorno della festa del Santo. In mattinata partecipa alle celebrazioni liturgiche e nel pomeriggio accompagna in processione Sant’Antonio per le vie del Centro, con buona partecipazione di fedeli che accorrono anche da altri paesi...
Gruppo cresimandi.
La corale anima la Liturgia.
Un’assemblea attenta e devota. IL
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IL PANE DI SANT’A NTONIO Col nome di “Pane di Sant’Antonio” vanno comprese varie iniziative di carattere caritativo e sociale. La pia devozione assistenziale, di notevole rilevanza sociale, consiste in una elemosina distribuita ai poveri sotto forma di pane in onore di Sant’Antonio.
Statua del Santo presente in Santuario. IL
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L’iniziativa trae origine da un miracolo operato dal Santo. Una madre ottenne dal Taumaturgo la risurrezione del figlioletto annegato in una vasca, con la promessa di dare ai poveri tanto pane quanto il peso del bambino. Si chiama “Pane di Sant’Antonio” anche il pane benedetto che viene distribuito in Santuario il giorno della festa del Santo. I fedeli ricevono quel pane e lo portano a casa con devozione. Così come l’ulivo il giorno delle Palme e la candela il giorno della Candelora. Pane di Sant’Antonio sono pure tante altre iniziative che fioriscono attorno al Santuario: la Pia Unione Missionaria Francescana, il Laboratorio Missionario e altre iniziative tese a venire incontro alle necessità spirituali e materiali del prossimo, soprattutto a favore dei Missionari francescani che operano in Guatemala, El Salvador, Guinea Bissau, Giappone e in altre parti del mondo. In ultima analisi il “Pane di Sant’Antonio”, materiale e spirituale, come tutta l’attività dei frati custodi del Santuario, si identifica con la virtù della “Carità”. Quella Carità che non verrà mai meno. IL
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SI QUAERIS MIRÀCULA
AL SANTO DEI MIRACOLI
Si quaeris miràcula, mors, error, calàmitas, daemon, lepra, fugiunt, aegri surgunt sani.
Se chiedi a Dio i Miracoli (per l’intercessione di S. Antonio), vedrai indietreggiare la morte, l’errore, le calamità; fuggire il demonio, le malattie e ogni male.
Rit. Cedunt mare, vìncula: membra resque pérditas; petunt et accìpiunt iùvenes et cani.
Cesseranno le tempeste, si spezzeranno le catene, le cose perdute saranno ritrovate; giovani e vecchi riceveranno aiuto e conforto.
Péreunt perìcula, cessat et necéssitas: narrent hi qui séntiunt, dicant paduani.
Resteranno lontani i pericoli, sparirà la miseria:lo possono attestare coloro che hanno sperimentato la protezione del Santo di Padova.
Rit. Cedunt mare, etc. Gloria Patri et Filio, et Spirìtui Sancto. Rit. Cedunt mare, etc.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
O dei miracoli Amabil Santo, N’accogli supplici Sotto il tuo manto: Conforti e grazie Chiediamo a Te; O Sant’Antonio, Prega per me.
Tu se’ dei pargoli Padre d’amore, A chi Ti supplica Consolatore: Tergi le lagrime, Doni la fe’; O Sant’Antonio, Prega per me.
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BIBLIOGRAFIA Acta Provinciae Venetae S. Antonii Patavini Ordinis Fratrum Minorum, Curia Provinciale O.F.M., dal 1946, S. Francesco della Vigna, 30122 Venezia (passim). La Voce del Santuario di Sant’Antonio, Gemona, periodico mensile del Santuario, dal 1925 (passim). BALDISSERA V., Cronichetta della chiesa e fu convento di S. Maria delle Grazie di Gemona, Gemona, Tip. Bonanni, 1889, 22. BALDISSERA V., Cronachetta della chiesa e del convento di Sant’Antonio di Gemona, Gemona, Tip. Tessitori, 1895, 30. BONANNI C., Ricordo storico delle feste celebrate in Gemona per la ricorrenza del VII Centenario dalla nascita di S. Antonio di Padova, Gemona, Tip. Bonanni, 1895, 14. GIULIANI I. M., S. Antonio nel suo Santuario di Gemona, Tarcento, Tip. Stefanutti, 1938, 38. SPIMPOLO T., Storia della Provincia Veneta di S. Francesco, 2 voll., Vicenza, Convento S. Lucia, 1939, 348-LXXXLV; 300. FRISON M., La Minoritica Provincia Veneta di S. Antonio, Venezia, Tip. San Marco, 1945, 182. CENCI C., Inventario della biblioteca del convento di Gemona, Macerata, Tip. Maceratese, 1971. LIRUTI G. G., Notizie di Gemona, Bologna, Atesa Editrice, 1973, 132 (riproduzione anastatica). MARTINA G., Soppressioni religiose, Milano, Vita e pensiero, 1973, 1945. ZULIANI G., S. Antonio e il suo Santuario di Gemona del Friuli, Padova. Graf. Erredici, 1974, 110. CANCIAN T., Un saluto da Gemona, Udine, Arti Graf. Friulane, 1983, 142. CICERI A. (a cura), Gli ex voto del Santuario di S. Antonio di Gemona del Friuli, Società Filologica Friulana, Udine, 1989, 206 ZULIANI G., Santuario di S. Antonio, Gemona del Friuli, in “I Santuari dei Frati Minori del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia”, Padova, Tip. Bertato, 1990. CANCIAN T., Gemona con gli Stimmatini, Udine, 1990, 202. POZZEBON A., Come piace a Dio, il Servo di Dio Gregorio Fioravanti dalle Grotte di Castro O.F.M., Roma, Suore Francescane Missionarie del Sacro Cuore, 1994, 510. CANCIAN T., Gemona Gemona Gemona, Udine, Arti Graf. Friulane, 1999, 206. VALE M., Glemone, torne su, Osoppo, Raster, 2001. MINIATI E., Il registro dei censi del convento di S. Antonio in Gemona (13911423), Università degli Studi di Trieste, anno accademico 2002-2003, 68 MARCHETTI J., Notis di storie di Glemone, Pasian di Prato, 2004. AA.VV., Histria, opere d’arte restaurate: da Paolo Veneziano a Tiepolo, Milano, Electa, 2005, 235
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INDICE prima parte - IERI Sant’Antoni di Glemone Sia noto a ciascheduna persona I Frati Il Convento La Chiesa Le Inique Soppressioni Rifioritura Il Tempio Impossibile La Nuova Facciata Gemona, Addio
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seconda parte - OGGI Dalle Macerie Il Nuovo Santuario Inaugurazione I Colori Antico e Moderno La Cappella della B. Vergine delle Grazie La Cappella del Rosario Pittura, Scultura e Musica Gli Ex Voto – Il Giglio Fiorito La Cella del Santo Il Museo del Santuario Dentro il Convento Piazza Padre Adriano Osmolowski
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terza parte - DOMANI Verso l’Avvenire Vita Liturgica Clinica dello Spirito L’Ordine Francescano Secolare La Voce del Santuario di Sant’Antonio I Pellegrinaggi Il Pane di Sant’Antonio Si Quaeris Miràcula Al Santo dei Miracoli
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SANTUARIO DI SANT’A NTONIO APERTURA DEL SANTUARIO Dalle ore 7 alle 12 e dalle 15 alle 19 ORARIO DELLE SANTE MESSE Festivo ore 7.30 - 9.30 - 11 - 18 Feriale ore 8 - 9 Lodi feriali ore 7.40 Santo Rosario alle ore 8.45 Sante Funzioni festive alle ore 16 (orario invernale), 17 (estivo) Adorazione eucaristica: ogni primo Venerdì del mese dalle 9.30 alle 12 Confessioni dalle ore 8 alle 12 e dalle 15 alle 19 In Sacrestia si ricevono offerte per Sante Messe in onore di S. Antonio, in suffragio dei defunti ecc. LA VOCE DEL SANTUARIO DI SANT’ANTONIO Periodico mensile del primo Santuario Antoniano del mondo CCP 10542330 Tarvisio
MUSEO “RENATO RAFFAELLI” - apertura su richiesta - ingresso gratuito - durata della visita un’ora - accessibile ai disabili
Tolmezzo
Uscita Gemona - Osoppo
Gemona del Friuli
A23 Udine Pordenone
Palmanova
Gorizia
A4
SANTUARIO DI SANT’ANTONIO Piazza Padre Adriano Osmolowski, 12 33013 Gemona del Friuli (UD) Tel. 0432.981113 - Fax 0432.971839
[email protected] - www.santantoniogemona.it www.ofmve.it - www.provincia.udine.it/musei Venezia
Trieste
Finito di stampare nel mese di maggio 2010 presso lo stabilimento OGV Officine Grafiche Visentin Palmanova • (Ud)
Il Santuario
di Sant’Antonio Piazza Padre A. Osmolowski 12 33013 Gemona del Friuli (Ud)