Classe quarta geometri – Docente: Ing. Natta MODULO G: METODI, STRUMENTI E TECNICHE DI MISURA DEGLI ANGOLI UD G1: IL FUNZIONAMENTO DEGLI STRUMENTI OTTICI
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IL FUNZIONAMENTO DEGLI STRUMENTI OTTICI Dispense didattiche di TOPOGRAFIA Zenit
SCHEMA DEL TEODOLITE
ANGOLI GEODETICI E TOPOGRAFICI
ϕ
CERCHIO ZENITALE (solidale con il cannocchiale) ASSE SECONDARIO
CO
θ
0°
I E ED ASS AZION M LLI
PA
+α
PA
α
PA
orizzontale
INDICE ZENITALE (orizzontale e fisso)
ALIDADA (con l'indice azimutale ad essa solidale)
A
ϕ
A ss de e p l C ola .O re .
Ψ
PA
INDICE ZENITALE AUTOMATICO A PENDOLO
No rd
CERCHIO AZIMUTALE (fisso)
BASAMENTO
y
=
VITI CALANTI
(PA)
A0 x = Est
P
ASSE PRINCIPALE
ε
campo centro ottico dell'obiettivo
1
oculare
oculare
obiettivo lente di focamento
piano del reticolo
Nadir piano del reticolo
lente di focamento
obiettivo
VERTICALE
orizzontale
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IL SISTEMA DIOTTRICO CENTRATO Un sistema diottrico centrato è costituito da più mezzi trasparenti omogenei separati da superfici piane o sferiche con i centri di curvatura allineati. La retta sulla quale giacciono i centri di curvatura si chiama ASSE DEL SISTEMA. LENTI Dicesi lente un sistema diottrico centrato formato da due superfici sferiche o da una superficie sferica ed una piana, che separano tre mezzi rifrangenti : aria – vetro ottico – aria. Se lo spessore è molto piccolo, quindi se le superfici sferiche sono di grande raggio, lo spessore stesso del sistema diottrico centrato può essere trascurato ed al sistema stesso si dà il nome di LENTE SOTTILE. PROPRIETA’ DELLE LENTI SOTTILI Un raggio di luce parallelo all’asse ottico della lente emerge passando per il secondo fuoco. Un raggio di luce, che passa per il primo fuoco, emerge parallelamente all’asse ottico. Un raggio di luce diretto al centro ottico non subisce alcuna variazione. Tutti i punti oggetto situati su un piano perpendicolare all’asse ottico e passante per P hanno le corrispondenti immagini sul piano normale all’asse e passante per il punto P’, perciò i punti P e P’ sono detti PUNTI CONIUGATI. I PIANI CONIUGATI, che sono ortogonali all’asse ottico, passano per i punti coniugati P e P’ ed hanno la proprietà che qualsiasi punto si trovi sul primo deve avere necessariamente la corrispondente IMMAGINE sul secondo. Una figura situata su un piano perpendicolare all’asse ottico è simile all’immagine che si forma sul corrispondente piano coniugato. In particolare, l’immagine subisce il seguente INGRANDIMENTO LINEARE [ E ] ed INGRANDIMENTO ANGOLARE [ I ] :
E=
h2 h1
I=
γ2 γ1
I=
1 E
Due piani sicuramente coniugati sono quelli perpendicolari all’asse ottico e passanti per i due punti 2F1 e 2F2 , distanti dalla lente di una quantità doppia della relativa distanza focale. Per questi piani risulta inoltre:
E = I =1
LENTI CONVERGENTI Se l’oggetto è a distanza infinita,l’immagine è sul secondo fuoco F2 ed è infinitamente piccola. Se l’oggetto è tra l’infinito e la doppia distanza focale ( in posizione A ), l’immagine si forma tra il secondo fuoco e la doppia distanza focale ed è REALE , CAPOVOLTA E RIMPICCIOLITA. Se l’oggetto è sulla doppia distanza focale ( in posizione B ), l’immagine si forma sulla doppia distanza focale CONIUGATA ed è REALE, CAPOVOLTA E DELLA STESSA GRANDEZZA DELL’OGGETTO. Se l’oggetto è tra la doppia distanza focale e il fuoco ( in posizione C ), l’immagine si forma al di là della doppia distanza focale coniugata ed è REALE, CAPOVOLTA ed INGRANDITA. Se l’oggetto è sul fuoco ( in posizione D ), l’immagine è all’infinito ed è infinitamente grande. Se l’oggetto è tra il fuoco e la lente ( in posizione E ), l’immagine si forma dalla stessa parte rispetto alla lente ed è VIRTUALE, DIRITTA ed INGRANDITA: questo è il caso della lente d’ingrandimento. LENTI DIVERGENTI Qualunque sia la posizione dell’oggetto, l’immagine si forma sempre dalla stessa parte rispetto alla lente ed è VIRTUALE, DIRITTA E RIMPICCIOLITA. Casi particolari: Se l’oggetto è a distanza infinita, l’immagine è sul primo fuoco. Se l’oggetto è sul fuoco ( in posizione C ), l’ingrandimento lineare è E = ½.
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IL CRISTALLINO Il cristallino è una minuscola lente di tessuto umano trasparente. Il suo indice di rifrazione non è costante in tutta la sua massa, ma cresce verso l’interno e il valore medio è circa 1,44. Alcuni muscoli, agendo sui processi, ciliari, producono deformazioni alle facce del cristallino variandone i rispettivi raggi di curvatura, dai quali dipende la distanza focale. Pertanto il cristallino si comporta come una LENTE A DISTANZA FOCALE VARIABILE.
π 1 = π2 γ
γ
Fig. 1: Piani coniugati a ed a’, piani focali f1 e f2 e piani principali π 1 e π 2 di una lente convergente sottile. Fig. 2: Costruzione delle immagini con una lente convergente sottile. Fig. 3: Costruzione delle immagini con una lente divergente sottile.
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EQUAZIONE DELLE LENTI SOTTILI (equazione di Huygens) Essa permette di determinare analiticamente la posizione del punto immagine P’ di un punto oggettivo P:
1 1 1 + = D d f della quale D e d esprimono rispettivamente le distanze dal punto oggettivo P e della sua immagine P’ dalla lente. Nel caso dell’occhio umano, d rappresenta la distanza tra cristallino ed immagine ed è una COSTANTE IN QUANTO LE IMMAGINI, PER POTER ESSERE VISTE NITIDAMENTE, SI DEVONO SEMPRE FORMARE SULLA RETINA. Poiché invece D (distanza tra cristallino ed oggetto) è VARIABILE, DOVRA’ ESSERE VARIABILE ANCHE LA DISTANZA FOCALE “ f “. Quando l’oggetto osservato si trova molto lontano (all’infinito), il secondo fuoco del cristallino cade sulla retina. Quando si guarda un oggetto molto vicino, D diminuisce e quindi anche la distanza focale f deve diminuire, tanto da permettere che d rimanga costante e cioè che l’immagine si formi sempre sulla retina: la diminuzione di f è causata dai processi ciliari che aumentano la curvatura delle facce del cristallino. Quanto descritto è IL POTERE DI ADATTAMENTO dell’occhio che permette di “ guardare senza volere”. IL POTERE DI ADATTAMENTO E’ COMPRESO TRA IL “PUNTO PROSSIMO ED IL PUNTO REMOTO”. PUNTO PROSSIMO: visione di un oggetto vicino nitida con il massimo sforzo di adattamento ( = 10 cm circa) PUNTO REMOTO: visione all’infinito dell’oggetto. DISTANZA DELLA VISIONE DISTINTA Tra il PUNTO PROSSIMO ED IL PUNTO REMOTO si colloca un terzo punto che individua la DISTANZA DELLA VISIONE DISTINTA, cioè la distanza a cui si vede nitidamente un oggetto col minimo sforzo di adattamento, in pratica è la distanza a cui si legge un libro ( = 25 cm circa ) . GRANDEZZA APPARENTE La grandezza apparente sotto cui si vede un oggetto è data dall’angolo ω che gli estremi dell’oggetto sottendono al centro del cristallino.
tgω =
) tgω ≅ AB = ω rad ⋅1 = ω " ⋅
ω" =
π (180 ⋅ 60 ⋅ 60)
AB ⋅ 206264,8" D
Fig.5 L’occhio presenta un significativo miglioramento del potere separatore quando valuta se due tratti sono o meno in prosecuzione tra loro (a) oppure se un filo è equidistante da altri due (b, c).
AB 1 = " D 206264,8
Fig. 4 Grandezza apparente di un oggetto.
ω" ⋅
AB D
= ω" ⋅
1 206264,8"
(grandezza apparente)
ω
4
"
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LIMITE DI VISIBILITA’ Al di sotto di un certo valore della grandezza apparente ω l’oggetto non è più visibile. L’esperienza ci dice che IL LIMITE DI VISIBILITA’ di un oggetto corrisponde a una GRANDEZZA APPARENTE DI ≈ 80 “. Sostituendo ω = 80”:
ω" =
AB ⋅ 206264,8" D
80" =
AB ⋅ 206264,8" D
AB = D ⋅
80" = 0,0004 ⋅ D 206264,8"
Es.) Se un oggetto è posto a 500 m , deve avere almeno l’altezza di 20 cm per essere visto ad occhio nudo. ACUITA’ VISIVA O POTERE SEPARATORE E’ il limite della facoltà dell’occhio di vedere ben distinti due punti o due tratti paralleli.. Esso dipende dall’efficienza dell’occhio e può essere migliorato dai colori e dalle condizioni dello sfondo. Il potere separatore, in condizioni normali, fa scendere la grandezza apparente ω a 60”. Tuttavia, quando si vuole giudicare se due tratti sono l’uno il proseguimento dell’altro o quando si vuole apprezzare se un sottilissimo filo è equidistante da altre due, l’acuita’ visiva fa scendere la grandezza apparente ω fino a 10”.
IL MICROSCOPIO SEMPLICE Il microscopio semplice serve per osservare oggetti piccoli la cui percezione, a occhio nudo, sarebbe incerta e confusa. In topografia il microscopio semplice serve per la lettura ai cerchi. E’ costituito da UNA LENTE CONVERGENTE A PICCOLA DISTANZA FOCALE e di spessore trascurabile in modo da ritenere coincidenti i due piani principali. Fig. 6: Schema ottico del microscopio semplice. L’oggetto AB da osservare deve essere collocato tra il centro ottico O della lente convergente ed il fuoco F1. L’IMMAGINE A’B’ RISULTA VIRTUALE, INGRANDITA E DIRITTA. L’occhio, che deve essere posto alla distanza della VISIONE DISTINTA dalla immagine virtuale ( = 25 cm circa ), ha la senzazione che i raggi provengano da B’ anziché da B. L’oggetto AB è visto nella posizione A’B’.
α' α
INGRANDIMENTO LINEARE E’ dato dal rapporto tra la dimensione dell’immagine e la corrispondente dimensione dell’oggetto.
I=
A' B' ; poiché AB si ha:
I=
A' B' ' A' O = AB AO d D
δ
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INGRANDIMENTO ANGOLARE E’ dato dal rapporto tra l’angolo α’ sotto cui è vista l’immagine e l’angolo α sotto cui è visto l’oggetto. Pensando α’ e α molto piccoli e misurati in radianti, il rapporto si può ritenere perciò uguale a quello dei corrispondenti archi che risulta pure poco differente a quello delle corrispondenti tangenti. Ragion per cui si ha:
tgα ' A' B' d ≅ = =I tgα AB D
Nel microscopio semplice l’ingrandimento angolare e l’ingrandimento lineare sono uguali. INGRANDIMENTO NORMALE (O CONVENZIONALE) Quando l’occhio dell’osservatore si trova sul secondo fuoco F2, si ha:
In =
δ f
Si vede che l’ingrandimento normale è direttamente proporzionale alla distanza della visione distinta e inversamente proporzionale alla distanza focale. 10X Per i microscopi semplici in genere non si superano ingrandimenti convenzionali di 10x. ADATTAMENTO ALLA VISTA Per adattare alla vista un microscopio semplice bisogna traslarlo fino a quando si vede nitida l’immagine dell’oggetto da osservare. La percezione dell’oggetto è nitida quando la sua immagine virtuale si forma alla distanza della visione distinta.
IL MICROSCOPIO COMPOSTO Il microscopio composto è uno strumento costituito da due lenti convergenti di piccola distanza focale: l’obiettivo e l’oculare. Serve per leggere il CO ed il CV del teodolite. Tanto l’obiettivo sia l’oculare sono formati da più lenti sottili necessarie per attenuare le aberrazioni. L’oggetto da osservare deve essere posto tra il fuoco F1 e 2 F1 dell’obiettivo che genera un’immagine reale, ingrandita e capovolta necessariamente giacente sul piano del reticolo . L’ immagine reale e capovolta dell’oggetto ed il reticolo stesso, poiché entrambe sono poste all’interno della prima distanza focale dell’oculare, vengono ingrandite secondo lo schema ottico del microscopio semplice generando una immagine virtuale, ingrandita e diritta.
A' B' AB A" B" L’ingrandimento dell’oculare è dato da: I 2 = A' B'
L’ingrandimento dell’obiettivo è dato da:
I1 =
L’ingrandimento del microscopio composto risulta:
I = I1 ⋅ I 2 =
A' B' A" B" A" B" = = AB A' B' AB
Pertanto, l’ingrandimento del microscopio composto è dato dal prodotto degli ingrandimenti relativi all’obiettivo e all’oculare. L’ingrandimento del microscopio composto non è costante, perché varia col variare della posizione dell’oggetto. Si possono ottenere ingrandimenti 1000X e anche 2000X. Negli strumenti topografici il microscopio composto è usato per ingrandimenti che, generalmente, non superano 100 volte l’oggetto (100X). I microscopi composti sono applicati in topografia per leggere le graduazioni dei cerchi. Obiettivo ed oculare sono montati all’interno di due tubi coassiali e reciprocamente scorrevoli. In prossimità dell’oculare viene montato il reticolo. Il costruttore, regolata la distanza tra la graduazione del CO o del CV( l’oggetto) , colloca il reticolo nella posizione in cui si forma la prima immagine ( reale, capovolta ed ingrandita) della graduazione data dall’obiettivo. IL PIANO DEL RETICOLO E QUELLO SU CUI GIACE LA GRADUAZIONE DEI CERCHI RISULTANO CONIUGATI, INFATTI TRA DI ESSI ESISTE UNA CORRISPONDENZA BIUNIVOCA. Le condizioni di migliore visibilità si hanno quando la seconda immagine (virtuale) della graduazione ai cerchi e quella del reticolo (virtuale) date dall’oculare si formano alla distanza della visione distinta dall’osservatore. Essendo questa distanza variabile da individuo a individuo, ciascun operatore è costretto ad effettuare
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l’adattamento alla vista, prima di procedere alla messa a fuoco sulla distanza del segnale o prisma collimato.
Fig. 7: Schema ottico composto.
del
oculare
obiettivo
piano del reticolo distanziometrico
∆
Per adattare alla vista un microscopio composto bisogna spostare l’oculare fino a quando si vede nitidamente sia l’immagine della graduazione dei cerchi sia quella dei fili del reticolo. Le graduazioni dei cerchi non sono mai disposte di fronte al microscopio, tuttavia, con l’ausilio di opportuni prismi, che deviano i raggi visuali, è possibile osservarli come se si trovassero in questa posizione. Per evitare gli errori di parallasse, possibili quando si legge su una scala graduata mediante un indice distaccato dal piano relativo e con una certa obliquità ( si pensi per semplicità all’ago di una bilancia), è necessario che il costruttore collochi il reticolo nel piano immagine dell’obiettivo con assoluta precisione. microscopio
IL CANNOCCHIALE ASTRONOMICO o di Keplero Il primo cannocchiale usato per misure geodetiche fu quello astronomico o telescopio rifrattore ideato da Keplero ( 1571 – 1630), astronomo e matematico tedesco ed ideatore delle tre leggi omonime dell’astronomia moderna. Il cannocchiale astronomico o di keplero è uno strumento ottico schematizzato da un obiettivo, un oculare e un reticolo. Esso è caratterizzato da una lunghezza variabile, necessaria per eseguire l’adattamento alla distanza. Mentre l’obiettivo è una lente convergente di grande distanza focale, l’oculare è una lente convergente di piccola distanza focale. In realtà, obiettivo ed oculare sono formati ciascuno da un sistema di lenti che, nel loro insieme, danno luogo ad una lente risultante convergente. Il reticolo è costituito da un vetrino su cui è riportato, con sottilissime incisioni, il punto ove passa l’asse di collimazione. Nota bene: CON IL RETICOLO IL CANNOCCHIALE DIVENTA UN APPARATO COLLIMATORE. Fig. 8: Tipi di reticolo per un cannocchiale: a) semplice; b) bifilare; c) a coda di rondine.
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Con il cannocchiale astronomico si osservano oggetti lontani o comunque a una distanza maggiore del doppio della distanza focale dell’obiettivo. Inoltre questa distanza risulta variabile. Sia AB l’oggetto da osservare. L’obiettivo fornisce la prima immagine A’B’ reale, rimpicciolita e capovolta. Tale immagine di deve formare tra il fuoco F2 e il centro ottico della lente oculare. Questa dà luogo ad un’immagine virtuale A”B” ingrandita. L’occhio percepisce l’immagine A”B” capovolta rispetto l’oggetto. Supponendo l’occhio al centro della lente oculare O2 , L’ IGRANDIMENTO ANGOLARE vale:
A' B' tgα 1 tgα1 α d Iα = 1 ≅ ≅ = D' = α 2 tgα 2 tgα A' B' D' d
se → α2 ≅ α
L’INGRANDIMENTO ANGOLARE VARIA QUINDI COL VARIARE DELLA DISTANZA TRA L’OGGETTO E L’OBIETTIVO.
IL CANNOCCHIALE IN POSIZIONE TELESCOPICA E L’INGRANDIMENTO NORMALE:
F '1 ≡ F2
Ponendo il cannocchiale in POSIZIONE TELESCOPICA, si ottiene L’INGRANDIMENTO NORMALE .
In =
f1 f2
IN QUESTO CASO LA PRIMA IMMAGINE DELL’OGGETTO CADE SUL SECONDO FUOCO DELL’OBIETTIVO CHE COINCIDE CON IL PRIMO FUOCO DELL’OCULARE. MENTRE L’NGRANDIMENTO ANGOLARE NON ERA UNA COSTANTE DEL CANNOCCHIALE PERCHE’ VARIAVA CON LA DISTANZA TRA L’OGGETTO E L’OBIETTIVO, L’INGRANDIMENTO NORMALE DIPENDE DAI VALORI NOTI DEI FUOCHI: E’ PERCIO’ UNA COSTANTE DEL CANNOCCHIALE. L’INGRANDIMENTO NORMALE DEL CANNOCCHIALE E’ DATO DAL RAPPORTO DELLE DISTANZE FOCALI DELL’OBIETTIVO E DELL’OCULARE. La determinazione pratica dell’ingrandimento normale può essere fatta tramite la
In =
f1 , se si conoscono le f2
due distanze focali; oppure mettendo il cannocchiale in posizione telescopica e facendo il rapporto tra le dimensioni dell’oggetto e dell’immagine:
In =
d1 . d2
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D > 2f 1
oculare
obiettivo
piano del reticolo distanziometrico
d
α α2
α1
f1
f1
D' f2
f2
obiettivo
oculare
Fig. 10: schema ottico del cannocchiale di Keplero Fig. 11: schema ottico del cannocchiale in posizione telescopica
→ Keplero e le sue sue tre leggi sui movimenti dei pianeti: Keplero affermava che al centro dell'universo ci fosse il sole e intorno ad esso ruotassero i pianeti. Questo concetto già espresso da Copernico, fu ripreso da Keplero, specificando che le orbite descritte dai pianeti erano dei semplici tracciati matematici e che queste traiettorie non erano circolari, ma ellittiche. Così enunciò le tre leggi sui movimenti dei pianeti: 1) le orbite descritte dai pianeti sono ellittiche e il sole occupa uno dei due fuochi 2) le aree, descritte dai raggi vettore (i segmenti che congiungono il pianeta con il sole) sono direttamente proporzionali ai tempi impiegati. 3) i quadrati dei tempi impiegati dai diversi pianeti a percorrere interamente la loro orbita stanno tra loro come i cubi degli assi maggiori delle ellissi descritte dai pianeti.
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COME SI ADATTA ALLA VISTA IL CANNOCCHIALE DI KEPLERO: Bisogna spostare l’oculare fino a quando si vedono nitidi i fili del reticolo, cioè fino a che l’immagine del reticolo, fornita dall’oculare, non si forma alla distanza della visione distinta dall’operatore. Per un buon adattamento alla vista, conviene dirigere il cannocchiale verso il cielo o verso una parete chiara, in modo che l’occhio possa concentrare tutta l’attenzione sui fili. Effettuato l’adattamento alla vista, di dirige il cannocchiale verso l’oggetto da osservare. L’immagine dell’oggetto si vede confusa, questo perché essa non si forma alla distanza della visione distinta dall’osservatore. Questo è dovuto al fatto che la prima immagine dell’oggetto, data dalla lente obiettivo, non si forma sul piano del reticolo. Bisognerà allora effettuare L’ADATTAMENTO ALLA DISTANZA. COME SI ADATTA ALLA DISTANZA IL CANNOCCHIALE DI KEPLERO: Bisogna spostare il tubo portareticolo rispetto al tubo dell’obiettivo fino a quando l’immagine dell’oggetto appare nitida insieme a quella dei fili del reticolo, cioè fino a quando le immagini dell’oggetto e del reticolo non si formano alla distanza della visione distinta dell’operatore. I fili del reticolo e l’immagine dell’oggetto fornita dall’obiettivo debbono risultare perfettamente coincidenti, cioè devono appartenere allo stesso piano. Se la coincidenza non sussiste, ciò si può facilmente scoprire concentrando l’attenzione sopra un filo e osservando se, spostando l’occhio davanti all’oculare, l’immagine del filo resta fissa o no rispetto a quella dell’oggetto. Se le immagini giacciono sullo stesso piano, comunque si muova l’occhio, il filo apparirà sempre nella stessa posizione rispetto all’oggetto. ERRORE DI PARALLASSE Se il filo del reticolo si muove rispetto all’oggetto si ha un errore di parallasse. Per eliminare l’errore di parallasse, che è temibile in topografia, bisogna ripetere le operazioni di adattamento alla vista e di adattamento alla distanza. INCONVENIENTI DEL CANNOCCHIALE DI KEPLERO: infiltrazioni di pulviscolo e di umidità, diminuzione della chiarezza delle immagini, polvere sul reticolo, frequenti e rischiose puliture dei componenti. Il cannocchiale di Keplero è stato oggi sostituito dal CANNOCCHIALE A LUNGHEZZA COSTANTE, PRATICAMENTE ANALLATTICO progettato da Heinrich WILD.
→ Heinrich WILD Heinrich Wild, nato a Mitlodi nel 1877 e morto a Romerberg (Baden) nel 1951, Dottore Honoris Causa al Politecnico di Zurigo nel 1930. Lavorò dal 1908 fino al 1921 a Jena presso la Carl Zeiss; nel 1918 progettò il teodolite Th 1 (poi T2), che venne costruito nel 1920 ed ebbe un grande successo. In esso vi era la lettura a coincidenza d’immagini simultanea ai due lembi opposti del cerchio per mezzo di un micrometro ottico. Tale dispositivo era già stato sperimentato e brevettato nel 1907. I due microscopi leggono ognuno i lembi opposti del cerchio per poter eseguite simultaneamente le letture coniugate. Tornò in Svizzera nel 1921 e fondò la Casa di Heerbrugg (S. Gallo), che ancora oggi porta il suo nome. Abbandonò Heerbrugg nel 1930, dopo essersi dedicato alla progettazione di restitutori fotogrammetrici. Nel 1932 lavorò per la casa di strumenti topografici Kern dove introdusse i teodoliti a doppi cerchi. Fu il più geniale costruttore di teodoliti otticomeccanici, mai più eguagliato.
Fig. 12: Universaltheodolit Wild T2
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CANNOCCHIALI ANTECEDENTI ALL’ATTUALE PROGETTATO DA Heinrich WILD 1. Cannocchiale astronomico a lunghezza variabile di Keplero ( 1571 – 1630). 2. Cannocchiale terrestre di Galileo (1564 – 1642). Le sue applicazioni in topografia sono marginali, perché è impossibile applicare un reticolo, visto che l’immagine dell’obiettivo si forma all’esterno oltre l’oculare. 3. Cannocchiale distanziometrico di William Green (1778) con stadia orizzontale a scopi. 4. Cannocchiale distanziometrico del bavarese Reichenbach (1721 – 1826) ad asse di collimazione orizzontale. 5. Cannocchiale stereogonico di Ignazio Porro (1801 – 1875) Porro introdusse per la prima volta nel cannocchiale astronomico di Keplero la LENTE ANALLATTICA : ERA UNA LENTE CONVERGENTE FISSA, DISPOSTA TRA L’OBIETTIVO ED IL RETICOLO, IN MODO CHE IL SUO PRIMO FUOCO COINCIDESSE CON IL CENTRO OTTICO DELL’OBIETTIVO. 6. Cannocchiale centralmente anallattico di Porro (1850). Porro fissò la lente anallattica convergente in posizione tale che il suo primo fuoco potesse cadere prima dell’obiettivo ed in modo tale che IL PROLUNGAMENTO NELL’INTERNO DEL CANNOCCHIALE DEI RAGGI EMERGENTI DIRETTI ALLA STADIA PASSASSE PER IL CENTRO STRUMENTALE. 7. Panfocale di Porro. Fu il primo cannocchiale a lunghezza costante, precursore soprattutto con il precedente centralmente anallattico, all’attuale cannocchiale praticamente anallattico del Wild. Era provvisto di una lente interna convergente e mobile di focamento. 8. Cannocchiale stenallattico di Porro. Fu il primo autoriduttore che riportava le distanze inclinate all’orizzontale corrispondente. 9. Cannocchiale a lunghezza costante del Wild , non rigorosamente anallattico come il centralmente anallattico del Porro,detto infatti “PRATICAMENTE ANALLATTICO” (1909) LENTE ANALLATTICA La lente anallattica deve garantire: a. la formazione della prima immagine dell’oggetto sul piano del reticolo, qualsiasi sia la distanza dell’oggetto dal cannocchiale; b. che, all’interno del cannocchiale rigorosamente anallattico, il prolungamento dei raggi emergenti possano incontrarsi sul centro strumentale posto sulla verticale (direzione del filo a piombo con il teodolite in bolla). ANGOLO PARALLATTICO E’ l’ampiezza angolare dello spazio conico o “campo” sotto il quale viene collimato il segnale di mira. PUNTO ANALLATTICO E’ il vertice dell’angolo parallattico. Nel cannocchiale rigorosamente anallattico, il centro strumentale coincide con il punto anallattico e cade sulla verticale, ove s’ incontrano i raggi emergenti del cannocchiale. CANNOCCHIALE RIGOROSAMENTE CENTRALMENTE ANALLATTICO Quando, per qualunque distanza, il punto anallattico cade sulla verticale e , contemporaneamente, la prima immagine dell’oggetto si forma sul piano del reticolo, il cannocchiale è detto “rigorosamente annallattico”. L’unico cannocchiale rigorosamente centralmente annallatico per qualunque distanza dal punto di collimazione risulta quello costruito da Ignazio Porro nel 1850. CANNOCCHIALE STEREOGONICO ANALLATTICO, MA NON CENTRALMENTE In questo caso Porro ha fatto coincidere il “punto anallattico” con il “punto nodale” o “punto principale” del sistema obiettivo. Il punto anallattico non è quindi sulla verticale.
→ Ignazio PORRO Porro, nato a Pinerolo nel 1801 e morto a Milano nel 1875, fu uno dei più grandi topografi di ogni epoca, ma fu soprattutto un geniale inventore, in anticipo sui tempi. S’interessò anche di fotogrammetria, tecnica allora agli albori. Fra le invenzioni rimarchevoli di Porro, si ricordano la celerimensura, il tacheometro, il fotogoniometro, il cannocchiale rigorosamente anallattico ed il binocolo prismatico. Fu professore di geodesia all’allora Istituto Tecnico Superiore di Milano (poi Politecnico) e fondò la Filotecnica, acquistata in seguito dalla Salmoiraghi come “Filotecnica Salmoiraghi”. Di essa oggi rimane la “Salmoiraghi s.p.a.” con una grossa catena di negozi.
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obiettivo
ω
lente anallattica
reticolo
angolo parallattico
oculare
r punto anallattico
c
verticale
obiettivo
ω
angolo parallattico
lente anallattica
reticolo
r punto anallattico
verticale
Fig. 14: Schema del cannocchiale stereogonico di Ignazio Porro, anallattico ma non centralmente. Fig. 15: Schema del cannocchiale rigorosamente centralmente anallattico di Ignazio Porro.
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oculare
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CANNOCCHIALE A LUNGHEZZA COSTANTE, PRATICAMENTE ANALLATTICO DI Heinrich WILD Fu introdotto nel 1909 da H. Wild e costituisce il tipo applicato su tutti i goniometri, stazione totale compresa. Ha la caratteristica di aver fissa la distanza tra il sistema obiettivo ed il reticolo. Esso ottiene il focamento non tramite la mobilità dell’obiettivo, bensì modificando la distanza focale del sistema obiettivo. In questo caso [D] e [d] sono costanti, mentre [f] è variabile.
1 1 1 + = D d f
Prima di procedere con la descrizione del cannocchiale a lunghezza costante, si ricorda ancora il genio del nostro Ignazio Porro che permise, non solo la dimostrazione teorica della “formula” di Reichenbach ( D = K S) , ma anche la costruzione del cannocchiale STEREOGONICO, in cui il vertice dell’angolo parallattico coincide con il punto nodale esterno dell’obiettivo, e del cannocchiale CENTRALMENTE ANALLATTICO, in cui tale vertice coincide rigorosamente con il centro del cannocchiale. Deve passare ancora quasi un secolo perché H. Wild costruisca il cannocchiale a lunghezza costante praticamente anallattico, nel quale il punto anallattico, vertice dell’angolo parallattico, oscilla di pochi millimetri intorno al centro dello strumento [ D > 20 m ]. Per poter fare l’adattamento alla distanza è posta davanti al reticolo una LENTE DIVERGENTE mobile a mezzo di una opportuna cremagliera. La lente divergente è una LENTE DI FOCAMENTO da non confondere con la lente convergente anallattica usata nel cannocchiale centralmente anallattico di I. Porro. In realtà si vede che nel cannocchiale di H. Wild, traslando la lente di focamento, la variazione delle focale del sistema obiettivo è modesta per le distanze tra 20 m ed infinito ed è più elevata fra 0 e 20 m, ragion per cui IL CANNOCCHIALE, RISULTANDO PRATICAMENTE ANALLATICO SOLO PER DISTANZE MAGGIORI DI 20 m, NON DEVE ESSERE USATO PER DISTANZE MINORI DI 20 m. Per distanze inferiori ai 20 m conviene effettuare la misura della distanza con il metodo diretto. LA LENTE DI FOCAMENTO fa parte di fatto del sistema obiettivo, che così, anziché essere costituito da due sole lenti a contatto, è formato da tre lenti, di cui quella di focamento è mobile rispetto alle altre due. Quando alla lente di focamento s’ imprime uno spostamento, il complesso delle tre lenti, costituenti l’obiettivo, varia le sue caratteristiche ottiche e conseguentemente varia la distanza focale del sistema risultante. L’obiettivo a distanza focale variabile fa in modo che l’immagine reale dell’oggetto si formi sempre sul piano del reticolo. Un obiettivo così fatto funziona come il cristallino dell’occhio umano che, deformandosi, determina variazioni della distanza focale e permette la formazione delle immagini sempre sulla retina. La variazione della distanza focale dell’obiettivo porta, come conseguenza, variazioni nell’ingrandimento, che però sono praticamente di entità trascurabile e non compromettono il funzionamento del cannocchiale nelle operazioni topografiche. L’operazione di adattamento alla vista del cannocchiale a lunghezza costante è identica a quella del cannocchiale astronomico e deve essere effettuata per prima. Conseguentemente, per adattare alla distanza un cannocchiale a lunghezza costante bisogna spostare, per mezzo di un comando, la lente di focamento rispetto alle altre lenti del sistema obiettivo, fino a quando l’immagine dell’oggetto appare nitida insieme a quella dei fili del reticolo, cioè fino a che l’immagine finale dell’oggetto non si forma alla distanza della visione distinta dell’operatore, insieme a quella del reticolo. Nei cannocchiali a lunghezza costante in uso corrente , l’immagine viene RADDRIZZATA mediante un prisma di forma particolare collocato tra la lente di focamento ed il reticolo. In conclusione il cannocchiale a lunghezza costante, praticamente anallattico, elimina gli inconvenienti propri del cannocchiale a lunghezza variabile, diventando rispetto a quello: impenetrabile alla polvere e all’umidità, in quanto il tubo portaobiettivi è saldato a quello portareticolo (da cui deriva la costanza della lunghezza); più stabile nell’invariabilità dell’asse di collimazione, perché manca qualsiasi giuoco fra i due tubi predetti ( si rammenti che l’asse di collimazione è la congiungente il centro ottico dell’obiettivo col centro del reticolo); più piccolo a parità d’ingrandimento; praticamente anallattico, cioè tale da semplificare sensibilmente, come si vedrà più avanti, l’equazione della stadia che serve per determinare indirettamente le distanze topografiche; annullamento completo della parallasse tra reticolo fisso, TRATTI DIASTIMOMETRICI e immagine della stadia Dati tecnici del cannocchiale montato sul TEODOLITE UNIVERSALE WILD T2 AL SECONDO. INGRANDIMENTI: 30 X APERTURA OBIETTIVO: 40 mm CAMPO VISIVO A 1000 m: 29 m
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oculare
piano del reticolo distanziometrico
piano del reticolo
oculare
lente di focamento
obiettivo
Cannocchiale a lunghezza costante di Heinrich Wild Fig. 16: schema ottico Fig. 17:sezione
lente di focamento
MINIMA DISTANZA DI FOCAMENTO: 2,20 m COSTANTE STADIMETRICA: 100 ( c = 0)
obiettivo
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EFFETTO PRATICO DEL CANNOCCHIALE: AUMENTA LA GRANDEZZA APPARENTE Si è visto che la grandezza apparente dell’oggetto è rappresentata dall’angolo ω sotto cui il cristallino vede gli estremi dell’oggetto. Essendo la distanza molto grande rispetto alle dimensioni dell’oggetto, si è dimostrata la seguente relazione:
ω" =
AB ⋅ 206264,8" . D
Guardando lo stesso oggetto AB attraverso il cannocchiale si vedrà l’immagine A’B’ sotto l’angolo ω1:
Fig. 18: Grandezza apparente di un oggetto
visto a occhio nudo (ω) ed attraverso il
cannocchiale (ω1)
INGRANDIMENTO ANGOLARE DI UN CANNOCCHIALE Sostituendo:
ω1 " = I ω ⋅ ω"
ω1
ω
ω1" = I ω ⋅
Espresso in secondi:
AB ⋅ 206264,8" D
ω1" =
Iω =
ω1 " ω"
AB ⋅ 206264,8" D Iω
SE UN OGGETTO E’ ALLA DISTANZA “D” DA UN OSSERVATORE, L’ANGOLO SOTTO CUI SI VEDE ATRAVERSO IL CANNOCCHIALE E’ UGUALE A QUELLO SOTTO CUI SI VEDREBBE A OCCHIO NUDO PORTANDO L’OGGETTO A UNA DISTANZA DALL’OCCHIO PARI AL RAPPORTO D/Iω . L’ingrandimento angolare di un cannocchiale è dato anche dal rapporto delle distanze focali dell’obiettivo e dell’oculare:
Iω =
ω1 " f obietivo = ω" f oculare
POTERE SEPARATORE DEL CANNOCCHIALE L’effetto del cannocchiale è quello di far aumentare il potere separatore dell’occhio. Si ricorda che il potere separatore e la facoltà dell’occhio di vedere ben distinti due punti o due tratti paralleli. Il potere separatore, in condizioni normali, corrisponde ad grandezza apparente ω pari a 60” ed è legato alla cosìddetta ACUITA’ VISIVA dell’occhio umano. Guardando attraverso un cannocchiale il potere separatore corrisponde ad una grandezza apparente uguale a 60”/ Iω . Noto il potere separatore di un cannocchiale è possibile determinare le dimensioni di un segnale perché sia visibile da una data distanza “D”. DETERMINARE LA DIMENSIONE CHE DEVE AVERE UN OGGETTO “AB” PER ESSERE PERCEPITO DISTINTAMENTE ALLA DISTANZA “D” GUARDANDO CON UN CANNOCCHIALE D’INGRANDIMENTO Iω .
1° SOLUZIONE RIGOROSA:
60" = I ω ⋅
AB ⋅ 206264,8" D
D ⋅ 60" = I ω ⋅ AB ⋅ 206264,8"
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AB =
60"⋅D 206264,8"⋅I ω
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2°SOLUZIONE:
AB = D ⋅ tg
60" Iω
Esempio: dimensionare un segnale visibile a 50 km con un cannocchiale avente Iω= 30.
AB = 50000 ⋅ tg
60" = 50000 ⋅ tg 2" = 0,485m oppure: 30
AB =
60"⋅50000 = 0,485m 206264,8"⋅30
A
60"/Iω B D
INGRANDIMENTO LINEARE DI UN CANNOCCHIALE E’ dato dal rapporto fra le dimensioni dell’immagine e dell’oggetto. CAMPO E’ L’ANGOLO SOLIDO (CONO), AVENTE COME VERTICE IL PUNTO NODALE INTERNO DELL’OBIETTIVO ( CENTRO OTTICO DELL’OBIETTIVO) E PER BASE IL FORO DEL DIAFRAMMA CHE PORTA IL RETICOLO. Solo i raggi compresi nel campo del cannocchiale, dopo aver attraversato l’obiettivo, arrivano all’oculare e sono raccolti dall’occhio dando immagini uniformemente chiare. Quelli esterni al campo, che al limite passano per il bordo superiore dell’obiettivo e per quelli inferiori al reticolo e all’oculare, o viceversa, non danno invece immagini uniformemente chiare. IL CAMPO DI UN CANNOCCHIALE RISULTA INVERSAMENTE PROPORZIONALE ALL’INGRANDIMENTO ANGOLARE.
Fig. 20: Campo di un cannocchiale
oculare
piano del reticolo
2000' Iω obiettivo lente di focamento
ε=
ε
campo centro ottico dell'obiettivo
PORTATA DEL CANOCCHIALE Per portata di un cannocchiale s’intende la massima distanza a cui è utilmente visibile un oggetto. Non si ha quindi una portata assoluta ma relativa allo scopo che ci si prefigge. Per esempio la portata di un cannocchiale
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per la lettura alla stadia è di circa 100 m; la portata di un cannocchiale per la collimazione di un punto può essere maggiore di 100 km. OBIETTIVI E OCULARI NEI CANNOCCHIALI L’obiettivo è costruito in modo da attenuare le ABERRAZIONI DI CROMATICISMO. E’ dovuta al fatto che la luce generalmente non è monocromatica, bensi’ bianca, cioè composta da uno spettro elettromagnetico di lunghezza d’onda da 0,4 a 0,7 µm, ovvero dal violetto al rosso (violetto, blu, verde, giallo, arancione, rosso). Ognuna delle radiazioni comprese fra questi limiti ha un indice di rifrazione “n” leggermente diverso, per cui, usando una semplice lente, le immagini sarebbero incerte e per di più colorate. Passando dal violetto al rosso si avrebbe tutta una serie di fuochi, funzione dei rispettivi indici di rifrazione delle radiazioni elettromagnetiche (colori). La correzione di questa aberrazione è fatta usando lenti di caratteristiche rifrangenti complementari, sì che la dispersione provocata dalla prima lente ( o dal primo gruppo) sia corretta dalla seconda ( o dal secondo gruppo di lenti). Il sistema così ottenuto è detto ACROMATICO. GLI OBIETTIVI DEGLI STRUMENTI USATI IN TOPOGRAFIA SONO SEMPRE ACROMATICI. Non si considerano le ABERRAZIONI DI SFERICITA’ in quanto un apposito DIAFRAMMA fa si che arrivino all’oculare solo i raggi centrali. Generalmente le lenti degli obiettivi sono costituiti da una lente convergente in vetro CROWN (ai sali di sodio) posto all’esterno e da una lente divergente in vetro FLINT (ai sali di piombo) posta all’interno. Si sono da tempo diffusi, negli strumenti di prestazioni elevate, degli obiettivi detti APOCROMATICI. Anche l’oculare del cannocchiale è formato da due o tre lenti che opportunamente accoppiate servono per attenuare sia LE ABERRAZIONI DI CROMATISMO sia LE ABERRAZIONI DI SFERICITA’. Gli oculari possono essere A FUOCO ESTERNO (oculari positivi di Ramsden e di Kellener) o A FUOCO INTERNO (oculari negativi di Huygens) . Le aberrazioni di sfericità sono dovute al fatto che il diametro utile della lente lascia passare non solo i raggi centrali, prossimi all’asse ottico, bensì anche raggi marginali. Come nell’aberrazione di cromaticismo ora per la luce bianca non vi è un sol fuoco, ma tutta una seria di fuochi raccolta lungo un segmento: a causa di ciò non si ha un’immagine netta di un punto, bensì una macchia circolare confusa.
Fuoco del violetto Luce monocromatica
Fuoco del rosso Aberrazione cromatica
Fig. 21: Aberrazione cromatica e di sfericità Fig. 22: Accoppiamento di lenti per attenuare le aberrazioni
Aberrazione di sfericità
COLLIMAZIONE Collimare un punto col cannocchiale significa puntare il cannocchiale verso il punto in modo che, agendo sui comandi dei piccoli spostamenti, la sua immagine possa cadere sull’incrocio dei fili del reticolo. La retta congiungente il centro del reticolo con il centro dell’obiettivo prende appunto il nome di ASSE DI COLLIMAZIONE del cannocchiale. Tale asse differisce in generale dall’ ASSE OTTICO del cannocchiale, che è la retta che congiunge il centro dell’obiettivo con il centro dell’oculare. Si ricorda che la collimazione avviene solo dopo che il cannocchiale è adattato alla propria vista, mettendo a fuoco il reticolo ed eliminando ogni errore di parallasse sui fili dello stesso.
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I GONIOMETRI E L’UNIVERSALE GEODETICO IL TEODOLITE I goniometri sono strumenti che consentono la misura degli angoli orizzontali e di quelli verticali. Si ricorda che gli angoli orizzontali sono sempre sezioni rette di diedro. Gli angoli giacenti sul piano verticale si distinguono in: ⇒ ZENITALI (i più usati) ⇒ NADIRALI ( supplementari degli angoli zenitali) ⇒ D’ALTEZZA O D’INCLINAZIONE ( complementari degli angoli zenitali) Storicamente i goniometri assumono denominazioni particolari a seconda del tipo di angoli che sono in grado di misurare e a seconda delle caratteristiche e dell’uso cui sono destinati: ⇒ goniometri atti a misurare angoli orizzontali, che sono detti AZIMUTALI . Goniometri azimutali sono gli squadri graduati e le bussole; ⇒ goniometri atti a misurare angoli verticali detti ECCLIMETRI; ⇒ goniometri atti a misurare angoli orizzontali e verticali detti ALTAZIMUTALI o GONIOMETRI UNIVERSALI. Lo strumento classico per effettuare misure angolari necessarie alla risoluzione di problemi geoastronomici è L’UNIVERSALE GEODETICO, più comunemente conosciuto col nome di TEODOLITE. Il teodolite nelle sue linee essenziali è costituito da: ⇒ un basamento fissabile al treppiede mediante un vitone; ⇒ un’alidada girevole sul basamento in senso orario o antiorario attorno ad un asse detto ASSE PRINCIPALE (direzione della forza di gravità coincidente nel punto di stazione alla normale alla superficie topografica praticamente coincidente con quella del filo a piombo); ⇒ il cannocchiale a lunghezza costante, praticamente anallattico, rotante sull’ ASSE SECONDARIO. Le due rotazioni, del cannocchiale e dell’alidada e del cannocchiale, sono misurabili su due cerchi graduati (C.O. e C.V.), disposti rispettivamente su due piani ortogonali all’asse principale e a quello secondario. Durante la misura degli angoli orizzontali il C.O. rimane fisso, mentre ruota su di esso l’indice di lettura che è collegato all’alidada. Il C.V. invece è collegato al cannocchiale e calettato sull’asse di rotazione secondario. Durante la misura degli angoli zenitali il C.V. ruota con il cannocchiale sull’asse secondario, mentre l’indice zenitale rimane fermo in posizione orizzontale. Nei teodoliti “storici” l’orizzontalità dell’indice zenitale era controllabile attraverso una livella torica zenitale; attualmente l’indice zenitale viene mantenuto orizzontale mediante un automatismo meccanico (pendolo) o ottico: si dice perciò che il teodolite ha L’INDICE ZENITALE AUTOMATICO. Per eseguire misure angolari esatte, messo in stazione il teodolite sulla verticale del punto P, dovranno essere verificate le seguenti condizioni fondamentali: ⇒ VERTICALITA’ DELL’ASSE PRINCIPALE O PRIMARIO, ⇒ ORTOGONALITA’ FRA ASSE DI COLLIMAZIONE E ASSE SECONDARIO, ⇒ ORIZZONTALITA’ DELL’ASSE SECONDARIO. L’asse primario, l’asse secondario e l’asse di collimazione s’incontrano in un punto detto CENTRO DELLO STRUMENTO. Collimando allora il punto A, varranno le seguenti definizioni ANGOLO ZENITALE O DISTANZA ZENITALE ϕ PA : è l’angolo verticale che l’asse di collimazione forma con la direzione verticale, nel senso dello zenit. ANGOLO NADIRALE O DISTANZA NADIRALE ψ PA : è l’angolo verticale che l’asse di collimazione forma con la direzione verticale, nel senso del nadir. L’angolo nadirale risulta supplementare dell’angolo zenitale.
[
]
[
]
[ϕ
PA
+ ψ PA = 200 g
]
[ϕ
PA
± α PA = 100 g
]
[α PA ] : è l’angolo verticale che l’asse di collimazione forma con l’orizzontale. [+ α PA ] o di Poiché risulta complementare dell’angolo zenitale, può essere DI ELEVAZIONE DEPRESSIONE [− α PA ] . ANGOLO DI INCLINAZIONE
ANGOLO AZIMUTALE (PA) : è l’angolo orizzontale ottenuto dalla ipotetica rotazione oraria della direzione Nord, assunta come riferimento, fino a sovrapporsi alla proiezione dell’asse di collimazione sul piano orizzontale per P.
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[ ]
ANGOLO DI DIREZIONE ϑ PA : è l’angolo orizzontale ottenuto dalla ipotetica rotazione oraria dell’asse polare del C.O. , assunto come riferimento, fino a sovrapporsi alla proiezione dell’asse di collimazione sul piano orizzontale passante per P. ANGOLO FRA DUE DIREZIONI: è definito come l’angolo orizzontale di cui deve ruotare in senso orario la semiretta OA per sovrapporsi alla semiretta OB.
[ [AOˆ B = 400
ˆB = ϑ −ϑ Se l’asse polare è esterno all’angolo si ha: AO OB OA
Se l’asse polare è interno all’angolo si ha:
[
]
g
]
− ϑOA + ϑOB
]
ˆ B : è l’angolo OBLIQUO formato fra due semirette uscenti da O e dirette ai ANGOLO DI POSIZIONE AO punti generici A e B. Correntemente viene poco usato in Topografia.
Zenit ANGOLI GEODETICI E TOPOGRAFICI
SCHEMA DEL TEODOLITE
ϕ
CERCHIO ZENITALE (solidale con il cannocchiale) ASSE SECONDARIO
θ
0° I E ED ASS AZION M I L L O C
+α
PA
PA
PA
Ψ
PA
No rd
INDICE ZENITALE AUTOMATICO A PENDOLO
y
=
CERCHIO AZIMUTALE (fisso)
BASAMENTO
α
orizzontale
INDICE ZENITALE (orizzontale e fisso)
ALIDADA (con l'indice azimutale ad essa solidale)
A
ϕ
As s de e p l C ol a .O re .
VITI CALANTI
(PA)
A0 orizzontale
ASSE PRINCIPALE
VERTICALE
P
x = Est
Nadir
Affinché un goniometro possa misurare correttamente gli angoli, occorre che siano soddisfatte alcune CONDIZIONI GEOMETRICHE, che di norma vengono suddivise in due categorie: CONDIZIONI DI COSTRUZIONE e CONDIZIONI DI VERIFICA E RETTIFICA. CONDIZIONI GEOMETRICHE L’asse principale (primario o di rotazione dell’alidada) CONDIZIONI DI COSTRUZIONE deve essere perpendicolare al piano del C.O. e passare per il suo centro. ( non rettificabili) L’asse secondario deve essere perpendicolare al piano Dipendono dalla corretta costruzione dello del C.V. e passare per il suo centro. strumento. Se presenti, occorre attuare L’asse di collimazione del cannocchiale deve incontrare procedure operative per eliminare o attenuare l’asse principale. gli effetti negativi Le graduazioni dei cerchi devono essere esatte. L’asse principale (primario o di rotazione dell’alidada) CONDIZIONI DI VERIFICA E RETTIFICA. deve essere verticale. L’asse di collimazione deve essere perpendicolare (rettificabili) all’asse secondario o di rotazione del cannocchiale.
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Devono essere verificate di volta in volta e rettificate.
L’asse secondario deve essere perpendicolare all’asse principale. L’indice del C.V. deve essere in una determinata posizione, in modo che la lettura in posizione C.S. dia direttamente l’angolo verticale.
IL TEODOLITE OTTICO-MECCANICO Le parti essenziali del teodolite ottico – meccanico sono: IL BASAMENTO, IL CERCHIO ORIZZONTALE, L’ALIDADA, IL CANNOCCHIALE DEL WILD, IL CERCHIO VERTICALE, I MICROSCOPI DI LETTURA, LE LIVELLE. IL BASAMENTO E’ la parte dello strumento che si pone sul treppiede o sul pilastrino. Si ricorda che i pilastrini vengono usati per eseguire particolari misure di notevole precisione. Quando le misure vanno fatte sempre dallo stesso punto di stazione, come per il controllo della stabilità delle dighe e dei ponti, la piastra di appoggio con l’attacco a baionetta (evidentemente qui non è possibile usare il vitone ! ) può essere direttamente cementata sulla testa del pilastrino. Il basamento è costituto da un mozzo centrale e da tre bracci o razze disposte a 120° fra loro, terminanti con madreviti entro cui scorrono le viti calanti o viti di base o di livello. In alcuni tipi di teodoliti il basamento è separato dal goniometro per poterlo scambiare con apparati diversi quali mire, segnali, riflettori, prismi o rose di prismi , mantenendo così il centramento con elevata precisione, propriamente detto CENTRAMENTO FORZATO. Il basamento è provvisto, di norma, anche di un PIOMBINO OTTICO che si utilizza per centrare lo strumento sulla verticale del picchetto. Esso è costituito da un minuscolo cannocchiale a piccolo ingrandimento, il cui asse di collimazione è spezzato ad angolo retto per mezzo di un prisma. IL CERCHIO ORIZZONTALE Il cerchio orizzontale, sul quale si leggono gli angoli proiettati sulla superficie topografica, è una corona di vetro nascosta dentro lo strumento tra il basamento e l’alidada. E’ generalmente un elemento a sé, terminante inferiormente con un perno che penetra entro il mozzo del basamento. L’illuminazione del cerchio è ottenuta per mezzo di uno specchio che convoglia la luce al microscopio di lettura attraverso una serie di prismi. Il cerchio viene quindi letto per trasparenza. Il C.O. può essere RIPETITORE e REITERATORE. Si dice ripetitore quando è possibile fissarlo al basamento oppure all’alidada mediante un meccanismo azionato da una levetta. Abbassando la levetta si blocca il cerchio all’alidada, mentre alzandola si blocca il cerchio al basamento. Il C.O. si dice reiteratore quando è vincolato al basamento a frizione può essere ruotato azionando la vite reiteratrice (debitamente protetta). In alcuni strumenti, per evitare la rotazione involontaria del cerchio, la vite di reiterazione è normalmente “in folle”; occorre spingere per poter innestare alla cremagliera. L’ALIDADA L’alidada è la parte superiore dello strumento e può ruotare rispetto al basamento intorno all’asse principale o primario. Essa è costituita principalmente da un piatto e da due montanti che sostengono il cannocchiale e di un perno infilato sulla sede del cerchio (ripetitore) o direttamente sul mozzo del basamento, se il cerchio è indipendente (reiteratore). Il piatto dell’alidada ricopre il C.O. e porta L’INDICE DI LETTURA e la livella per rendere verticale l’asse principale. I due montanti dell’alidada terminano con due cuscinetti sui quali si appoggia l’asse di rotazione del cannocchiale. L’alidada, inoltre, è munita di DISPOSITIVI DI MANOVRA che permettono di bloccare le parti mobili a quelle fisse e di dare piccoli spostamenti alle prime rispetto alle seconde. Per poter bloccare le parti mobili (l’alidada al basamento o al cerchio orizzontale, il cannocchiale ai montanti dell’alidada) si usano apposite viti, dette VITI DI PRESSIONE O DI ARRESTO. Con le viti di
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pressione bloccate è possibile dare piccoli spostamenti delle parti mobili rispetto a quelle fisse ricorrendo alle VITI DI RICHIAMO O VITI DEI PICCOLI SPOSTAMENTI. Nell’uso di queste viti occorre tener presente che le viti di arresto non devono essere strette eccessivamente e che le viti di richiamo devono essere a metà circa della loro corsa, per poter dare spostamenti uguali nei due sensi dopo il blocco delle viti di arresto. IL CANNOCCHIALE DEL WILD Si rimanda l’allievo a pag. 13:< CANNOCCHIALE A LUNGHEZZA COSTANTE, PRATICAMENTE ANALLATTICO DI Heinrich WILD> La rotazione del cannocchiale intorno all’asse secondario può essere completa oppure limitata: nel primo caso lo strumento si definisce a cannocchiale capovolgibile, nel secondo caso a cannocchiale non capovolgibile. Gli strumenti moderni sono tutti a cannocchiale capovolgibile, questo perché il cannocchiale a lunghezza costante e praticamente anallattico del Wild è di limitato ingombro e non richiede una eccessiva altezza dei montanti dell’alidada. Nel caso del cannocchiale capovolgibile, le collimazioni possono essere eseguite con il cerchio verticale a sinistra dell’operatore, detta POSIZIONE C.S., e con il cerchio verticale a destra, detta POSIZIONE C.D.: le due posizioni suddette si dicono POSIZIONI CONIUGATE. In genere la posizione C.S. è quella di uso più comune e si assume come POSIZIONE FONDAMENTALE. IL CERCHIO VERTICALE Il cerchio verticale è comunemente calettato sull’albero di rotazione del cannocchiale, mentre il montante dell’alidada porta l’indice di lettura o il veicolo ottico per il trasporto dell’immagine dalla graduazione al microscopio di lettura. Evidentemente il cerchio verticale non può essere né ripetitore né reiteratore. Il C.V. ha in comune con il C.O. il mezzo collimatore (il microscopio) , ma è provvisto di un indice suo proprio ( l’indice del C.O. si trova sul piatto dell’alidada). Dato che gli angoli verticali sono riferiti ad una direzione fissa (la verticale), occorre un organo che la individui: QUESTO È COSTITUITO DA UNA LIVELLA DETTA ZENITALE LEGATA ALL’INDICE DI LETTURA. Oggi si ha un INDICE AUTOMATICO, costituito da un dispositivo pendolare capace di individuare la verticale quando lo strumento sia almeno approssimativamente orizzontato, oppure ancora da un liquido di densità predefinita, capace di individuare, dopo poche oscillazioni, l’orizzontale. Nelle stazioni totali l’indice zenitale è reso automatico sia da un dispositivo a liquido in equilibrio sia da attraverso un circuito integrato.
⇒ ESAME COMPARATO DEI CERCHI I cerchi, sempre di vetro ottico, sono del diametro di 8 ÷ 10 cm. Fanno eccezione alcuni teodoliti con cerchi di diametro assai piccolo ( 4 ÷ 5 cm in strumenti Kern e Salmoiraghi). All’estremo opposto vi sono teodoliti astronomici con cerchi da 11÷ 20 cm ( T3 e T4 Wild, DKM 3 Kern ). La graduazione dei cerchi è un’operazione oggi automatizzata: si è passati dalla macchina a dividere di Porro ai SISTEMI DI FOTOINCISIONE. Un cerchio di diametro assai grande viene fotografato e successivamente l’immagine viene ridotta al diametro voluto. Da essa si ha una matrice che serve per la produzione di un certo numero di esemplari, di solito un centinaio. Gli errori di graduazione sono ormai di qualche decimo di micron. In un cerchio di un diametro di 80 mm, l’estensione della graduazione media sarà di circa 240 mm . L’ampiezza dell’intervallo corrispondente al grado centesimale sarà:
240mm = 0,6mm . 400 g
Volendo graduare il cerchio in decimi di gon, l’intervallo tra ogni tacca dovrà essere di 0,06 mm. Si dovrà quindi avere un tratto fotoinciso ogni 6 centesimi di mm e dovrà avere uno spessore di qualche micron per essere distinguibile con chiarezza. Si comprende come sia praticamente impossibile proseguire direttamente la suddivisione dei tratti fotoincisi oltre i centesimi di gon. Un ormai obsoleto teodolite Salmoiraghi 4149 A aveva i cerchi divisi in 0,01 gon e ciò rappresentava per i tempi (1960/70) un notevole risultato, anche perché la lettura non richiedeva microscopi a scala ma solo un indice fisso. L’ampiezza dell’intervallo corrispondente al millesimo di grado sarà:
240mm = 0,0006mm = 0,6 µ 400 g ⋅1000
Si pone quindi al costruttore dei teodoliti il problema di frazionare gli intervalli incisi sul cerchio fino ai limiti elevati e di predisporre sistemi di lettura dei piccoli intervalli.
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I MICROSCOPI DI LETTURA E I MEZZI PER FRAZIONARE I PICCOLI INTERVALLI I cerchi del goniometro vengono osservati mediante MICROSCOPI COMPOSTI, corredati da MICROMETRI necessari per apprezzare le frazioni di intervallo di graduazione dei cerchi. A secondo del tipo di micrometro montato sul microscopio, i sistemi di lettura ai cerchi possono essere: NONIO STIMA SCALA VITE MICROMETRICA COINCIDENZA D’IMMAGINI IL NONIO O VERNIERO Storicamente il primo sistema usato per frazionare i piccoli intervalli fu il nonio. In sintesi, il nonio è costituito da una scaletta ausiliaria affacciata alla graduazione principale. ⇒ SE LA SCALA PRINCIPALE E’ SUDDIVISA IN [n-1] PARTI, SI DEVE DIVIDERE IL NONIO IN [n] PARTI Chiamato: l’ = valore di un intervallo del nonio; l = valore di un intervallo della scala principale si ha la seguente evidente uguaglianza:
n ⋅ l ' = (n − 1) ⋅ nonio
l
scala principale
da cui si ottiene:
n ⋅ l'= n ⋅ l − l
l'= l −
Chiamata a = l − l ' L’APPROSSIMAZIONE DEL NONIO, si ha:
l a = l − l − n approssimazione del nonio =
a=
l n l n
int ervallo scala principale numero parti del nonio
Esempio: g
l=1
n = 10
1g a = = 0 g ,1 10
Per ragioni pratiche non è possibile avere n molto elevato (non più di 20) altrimenti si avrebbe incertezza di lettura. Se la prima tacca del nonio, che corrisponde allo zero della sua graduazione e rappresenta l’indice di lettura, coincide con una tacca della graduazione principale, la seconda tacca del nonio precede la successiva tacca delle graduazione principale dell’approssimazione a , la terza tacca del nonio precede l’altra tacca della graduazione principale di 2a, la quarta di 3a e così di seguito. Di conseguenza, se la seconda tacca del nonio coincide con una tacca della graduazione principale, l’indice del nonio risulta spostato di a rispetto alla graduazione principale. Se coincide la terza tacca, l’indice del nonio risulta spostato di 2a; se coincide la quarta tacca, l’indice del nonio risulta spostato di 3a e così via. Per eseguire una misura quando lo zero del nonio non coincide con una tacca del cerchio graduato ( è il caso corrente) si procede in questo modo: leggere il valore angolare della tacca che immediatamente precede lo zero del nonio; cercare la tacca del nonio che coincide con una delle graduazioni principali; determinare la frazione d’intervallo da aggiungere moltiplicando il numero degli intervalli del nonio che precedono tale tacca per il valore dell’approssimazione del nonio a. Con il microscopio composto il nonio viene inciso sul reticolo sistemato sul piano in cui si forma l’immagine reale della graduazione, con il vantaggio di ridurre l’errore di parallasse.
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n parti nonio 0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
0,7
0,8 0,9
Nell’esempio l’approssimazione del nonio vale: a = 0g,1 Poiché lo zero del nonio segue la tacca del cerchio graduato corrispondente a 8g e gli intervalli del nonio che precedono la tacca coincidente con quella della graduazione principale sono 6, la lettura risulta:
1
graduazione principale n-1 parti
,1 0 0
8
9
0,2
10
0,3
11
0,4
12
0,5
13
0,6
14
esempio di lettura
0,7
15
0,8
16
0,9
1
8g + 6 x 0g,1 = 8g,6
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IL MICROSCOPIO A STIMA
Fu introdotto da Ignazio Porro nel suo Cleps ( dal greco “clepto” = nascondere) che fu il primo goniometro avente i cerchi nascosti in scatole metalliche e visibili attraverso microscopi. Il microscopio a stima è costituito da un microscopio composto avente nel reticolo, come indice, un’incisione parallela alle incisioni del cerchio. L’osservazione contemporanea dei due cerchi è assicurata per mezzo di opportuni percorsi ottici che portano le immagini dei due cerchi in un unico microscopio composto avente qualche decina d’ingrandimenti. Oggi non è più necessaria la visione contemporanea dei due cerchi, perché il microscopio a stima è montato solo su alcuni livelli. Esempio: V = 100g, 9(6)
V
Hz = 69g,1(4)
Hz IL MICROSCOPIO A SCALA
Se si vuole la lettura diretta del centesimo di grado ( o del primo sessagesimale ) si ricorre oggi al microscopio a scala. Questi non differisce molto dal microscopio a stima, salvo che il reticolo non è costituito da un sol tratto, bensì da una scala che procede in senso inverso alla graduazione del cerchio. L’immagine del lembo del cerchio (o di entrambi i cerchi V e Hz ) viene a cadere sul piano del reticolo a scala. Se, come usualmente accade, l’intervallo della graduazione è di 1g, la scala è divisa in 100 parti corrispondente alla precisione di 1 primo. Uno e uno solo indice di lettura può cadere all’interno della scala, a meno che la lettura non corrisponda ad un valore intero di grado, nel qual caso due tratti consecutivi della graduazione del cerchio coincidono con l’inizio
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( 0 ) e la fine ( 100 ) della scala. La lettura è quindi immediata, sommando al valore della graduazione principale quello letto sulla scala centesimale.
V Esempio: V = 87g, 16(2) Hz = 191g,88(1)
Hz IL MICROSCOPIO A VITE MICROMETRICA
Per ottenere una precisione di lettura più elevata si ha il microscopio a VITE MICROMETRICA dove l’indice di lettura è formato da due fili paralleli e molto vicini (INDICE DI LETTURA BIFILARE). Un tamburo, posto all’esterno, comanda con la sua rotazione una LAMINA A FACCE PIANE E PARALLELE che fa spostare l’immagine del cerchio rispetto all’indice e, contemporaneamente, fa ruotare un settore graduato, detto MICROMETRO OTTICO. Un giro completo del tamburo corrisponde ad un giro completo del micrometro ottico e lo spostamento apparente di un grado della graduazione rispetto all’indice di lettura bifilare fisso. L’APPROSSIMAZIONE è data da un’espressione identica a quella del nonio, cioè a =
approssimazione del micrometro =
l , dove: n
int ervallo scala principale numero parti micrometro ottico
Per eseguire la lettura al cerchio si ruota il tamburo finchè un estremo dell’intervallo della scala principale ( che indica i gradi) si dispone tra i due fili dell’indice; fatto questo si legge al micrometro la frazione di intervallo. La precisione della lettura dipende essenzialmente dal numero di divisioni del micrometro.
V Con a = 0g,01: Hz = 218g,76(3)
V
Con a = 0g,002: Hz = 134g,318
Hz
Hz 24
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Nella prima figura il micrometro è suddiviso in 100 parti, per cui l’approssimazione è di 0g,01. Similmente nella seconda figura il micrometro è suddiviso in 500 parti, per cui l’approssimazione è di 0g,002. Esempio: quanto vale la precisione della lettura ad un microscopio a vite micrometrica, se il micrometro è suddiviso in 500 parti e la scala principale ha intervalli ampi 1g.?
a=
1g = 0 g ,002 500
⇒ LA PRECISIONE DELLA LETTURA NON È LA CAUSA DELLA PRECISIONE DEL GONIOMETRO MA PIUTTOSTO NE È L’EFFETTO. Non basta eseguire letture molto precise per ottenere una misura di angoli altrettanto precisa. Perché un goniometro possa misurare angoli con una precisione elevata bisogna che sia stato progettato e costruito in modo tale da essere in grado di raggiungere la precisione voluta; solo allora si monta sul goniometro uno strumento di lettura adeguata. IL MICROSCOPIO A COINCIDENZA DI IMMAGINI
Questo tipo di lettura, utilizzato per la prima volta dalla Carl Zeiss di Jena su progetto di H. Wild nel teodolite T1, è oggi universalmente usato nei teodoliti al decimillesimo. Si ricorda che nei teodoliti al secondo è necessario misurare una direzione con la media di due letture ai lembi opposti del cerchio. Ciò veniva fatto in passato con due microscopi a vite micrometrica , disposti appunto in due posizioni simmetriche sia sul C.O. che sul C.V. Al Wild si deve l’idea fondamentale di sostituire alla media di due letture effettivamente e separatamente eseguite, una MEDIA PER VIA OTTICA.
QUADRO LETTURE
QUADRO MICROMETRO
In figura: schema del dispositivo Wild per microscopio a coincidenza di immagini per eliminare l’eventuale errore di eccentricità dell’alidada rispetto al cerchio.
Con opportuno veicolo ottico si fa in modo che due piccole porzioni diametralmente opposte della graduazione principale siano viste sullo stesso piano e separate da una linea.
MICROMETRO
Nell’ esempio che segue nella parte superiore alla dividente m-n si vede l’immagine di quel tratto di graduazione che si osserverebbe con un ipotetico microscopio A e, nella parte inferiore, ciò che si vedrebbe nel campo di un altro ipotetico microscopio B, diametralmente opposto al primo.
LAMINA PIAN PARALLELA
INDICE OPPOSTO
INDICE OPPOSTO
C.O.
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A
A a
b
B
B
Nella parte superiore si legge 123° 20’ + a. Nella parte inferiore si legge 303° 20’ + b. Ruotando le lamine pianparallele (sino ad annullare a e b) le graduazioni si spostano della quantità
a+b che 2
viene registrata sulla scala graduata del micrometro. Effettuando la media delle letture diametralmente opposte infatti si ha:
123o 20'+ a + (303o 20'+b − 180 o ) a+b = 123o 20'+ L= 2 2 Se la scala micrometrica è suddivisa in 600 parti e il più piccolo intervallo della scala principale è uguale a 20’ con spostamenti degli indici opposti di 1 intervallo di graduazione per un’escursione completa della scala micrometrica (lamina pian parallela che sposta 1 intervallo di graduazione), l’approssimazione vale:
1200" a= = 2" 600 Nel teodolite Wild T2 la scala micrometrica è suddivisa in 500 parti e il più piccolo intervallo della scala principale è uguale a 0g,20 ma poichè lo spostamento degli indici opposti, per un’escursione completa della scala micrometrica, è uguale a metà intervallo di graduazione, il più piccolo intervallo della scala principale si riduce a 0g,10.
a=
0 g ,10 = 0 g ,0002 500
V Hz
Nel primo disegno, dopo la coincidenza delle immagini, l’indice di lettura non coincide con un segno della graduazione e la prima cifra decimale è 1, perciò si ha: lettura C.V. = 294g ,1766(1). Se l’indice di lettura coincidesse con il segno della graduazione, questi due tratti in coincidenza rappresentano la prima cifra decimale. Si può dedurre la seguente regola pratica: se, dopo la coincidenza delle immagini, l’indice di lettura non coincide con un segno della graduazione, la prima cifra decimale è dispari: 1,3,5,7,9; se, dopo la coincidenza delle immagini, l’indice di lettura coincide con un segno della graduazione, la prima cifra decimale è pari: 0,2,4,6,8. Il secondo disegno riporta le graduazioni del microscopio a bisezione del teodolite DKM2A della casa Kern: C.V. = 85g ,3517(5).
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LA LIVELLA TORICA Le livelle servono per individuare rette e piani orizzontali. Le livelle sono realizzate in due tipi: a fiala terminante con una superficie sferica oppure torica , che sono le più precise. Una superficie torica è definita dalla rotazione di un cerchio intorno ad un asse del proprio piano che non deve coincidere con un diametro, perché allora la superficie così descritta sarebbe una sfera. L’esempio più banale di una superficie torica è, approssimativamente, quella di un pneumatico gonfiato. Se si realizza una fiala di vetro con la superficie superiore torica e la si riempie di un liquido a basso punto di congelamento e facilmente volatile (etere, alcol, benzina o miscele di queste sostanze), avendo l’accortezza di lasciare una bolla di vapori saturi del liquido, si ottiene una livella torica, chiusa che sia la fiala e disposta in un’ armatura metallica. La superficie del liquido delimitata dalla bolla di vapori saturi è orizzontale. La parallela ad essa condotta per la sommità C della sup. torica prende il nome di TANGENTE CENTRALE della livella. ⇒ Si evidenzia che le dizioni “livella cilindrica” e “bolla d’aria” sono errare. La fiala è provvista nella sua parte centrale di alcuni tratti equidistanti rispetto al centro C; tali tratti o PARTI sono per norma gli estremi di intervalli pari a 2 mm. Ad una rotazione γ della fiala attorno al centro di curvatura O della sup. torica corrisponde uno spostamento “a” del punto C, valutabile tramite il conteggio delle parti o tratti. CENTRAMENTO DELLA BOLLA DELLA LIVELLA TORICA Diremo che la bolla è centrata quando il centro della bolla coincide con il punto C, il che equivale a dire: quando le letture sui menischi laterali risultano uguali.
Calcolo dell’angolo di cui deve ruotare la livella perché la bolla si sposti di un intervallo di graduazione:
a = R ⋅ α rad
α rad : α " = π : (180 ⋅ 60 ⋅ 60)"
α rad =
π ⋅α " (180 ⋅ 60 ⋅ 60)
"
=
a R
α "=
a ⋅ 206265" R
SENSIBILITA’ DELLA LIVELLA TORICA Si definisce sensibilità della livella torica l’angolo, espresso in secondi, di cui deve ruotare la livella perché la bolla si sposti di 1 mm. Essa è calcolabile con l’espressione precedente sostituendo ad a il valore di 1 mm.
α "=
1mm ⋅ 206265" R
Tuttavia, nei cataloghi illustrativi degli strumenti si osservano notazioni del tipo: Questo significa che la graduazione ha parti di 2 mm e la sensibilità risulta perciò di 20”. La sensibilità della livella torica è inversamente proporzionale al raggio di curvatura , perciò, stabilita la sensibilità della livella, si può calcolare il raggio di curvatura. Esempio: quanto vale il raggio di curvatura di una livella torica avente una sensibilità di 10” ?
10" =
1mm ⋅ 206265" R
R = 20626,5 mm = 20,626 m
Le livelle montate sugli strumenti topografici hanno sensibilità comprese tra 10” ( R = 20,626 m) e 30” ( R = 6,876 m) in funzione delle caratteristiche dello strumento. Livelle molto sensibili richiedono raggi di curvatura piuttosto grandi, come si vede dalla tabella: S” R [m]
1” 206,26
5” 41,25
10” 20,62
20” 10,31
30” 6,88
60” 3,44
PRONTEZZA DELLA LIVELLA TORICA E’ la misura del tempo che il liquido impiega a rimettersi in quiete dopo aver subito uno spostamento. La prontezza della livella risulta inversamente proporzionale al tempo impiegato per spostarsi; se questo tempo è relativamente lungo, la livella viene detta pigra.
Le livelle toriche usate in topografia sono chiuse in apposite armature metalliche, di forma generalmente cilindrica, che lasciano scoperta la parte superiore graduata e sono collegate allo strumento topografico per
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mezzo di un ORGANO DI RETTIFICA , che permette di dare piccoli spostamenti all’asse della livella rispetto al supporto stesso. Spesso, per facilitare l’osservazione dalla posizione di lavoro, si collega all’armatura uno specchietto ad inclinazione regolabile, disposto in modo da riflettere l’immagine della bolla verso l’operatore stesso. Un tipo moderno è LA LIVELLA A COINCIDENZA, nella quale un sistema di prismi porta le immagini di metà delle due estremità della bolla in un medesimo piano, generalmente normale all’asse della livella, affiancate e talvolta osservabili mediante una lente d’ingrandimento. In questo caso la fiala di vetro non è graduata e la livella è centrata quando le immagini delle due semiestremità della bolla appaiono coincidenti. L’immagine della livella a coincidenza talvolta giunge direttamente nel campo di osservazione dl cannocchiale, permettendo così una maggior precisione durante il puntamento. USI DELLA LIVELLA TORICA Le operazioni fondamentali che si eseguono con la livella torica sono:
V W α
A
tangente centrale
A
rendere orizzontale un asse; rendere orizzontale un piano; rendere orizzontale una superficie cilindrica; rendere verticale un asse.
B B
α
Rettifica della livella per rendere orizzontale un asse
V
RENDERE ORIZZONTALE UN ASSE
In genere la livella viene usata per rendere orizzontale un asse. In questo caso la fiala è racchiusa in un cilindro metallico che, a sua volta, è vincolato a un supporto con due montanti. Ad un estremo il vincolo è costituito da una cerniera, mentre nell’altro è presente una vite V di rettifica, che permette di variare l’assetto della fiala rispetto alla retta di appoggio.
W
α
2α
Perché sia possibile rendere orizzontale un asse, occorre disporre di una LIVELLA RETTIFICATA. UNA LIVELLA E’ RETTIFICATA QUANDO LA TANGENTE CENTRALE RISULTA PARALLELA ALLA RETTA D’APPOGGIO. In questo caso risulta facile rendere orizzontale un asse: basta appoggiare la livella sull’asse e far ruotare quest’ultimo finchè la bolla risulti centrata. VERIFICA E RETTIFICA DELLA LIVELLA TORICA Immaginiamo di considerare una livella non rettificata e di appoggiarla su di una traversa regolabile a mezzo di una vite W. Agendo sulla vite W della traversa centriamo la bolla. Se la livella non è rettificata, la tangente centrale forma un angolo α con la traversa e quest’ultima forma lo stesso angolo con l’orizzontale. Ruotiamo ora la livella sulla traversa di un angolo piatto. La tangente centrale forma ora con l’orizzontale un angolo uguale a 2α, dovuto alla mancata rettifica della livella e all’inclinazione della traversa. Se la bolla si è spostata di n parti, si dovrà ricondurla verso il centro di n/2 parti con la vite V di rettifica della livella (così facendo si metterà la tangente centrale parallela alla linea degli appoggi) quindi si centrerà la bolla agendo sulla vite W della traversa (VITE CALANTE DEL TEODOLITE) . In tal modo si raggiunge il doppio scopo di rettificare la livella e di mettere orizzontale la traversa. RENDERE ORIZZONTALE UN PIANO Per rendere orizzontale un piano basta rendere orizzontali due suoi assi preferibilmente perpendicolari tra loro. Si adopererà lo stesso tipo di livella che si usa per rendere orizzontale un asse e la condizione di rettifica è la medesima: LA TANGENTE CENTRALE DEVE ESSERE PARALLELA AL PIANO DI APPOGGIO. Nei goniometri appunto la livella torica svolge la funzione di rendere orizzontale il piano contenente il C.O. con il quale si fanno le letture azimutali o si misurano gli angoli di direzione. Negli strumenti topografici il piano da rendere orizzontale è generalmente sostenuto da tre razze alla cui estremità sono applicate tre viti, dette viti di base o viti calanti, disposte secondo i vertici di un triangolo equilatero.
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MESSA IN BOLLA DEL GONIOMETRO Per rendere il piano dell’alidada orizzontale e contemporaneamente, se è necessario, rettificare la livella si procede come descritto. La procedura si sviluppa in due fasi. Nella prima si dispone la livella parallela alla congiungente di due viti calanti e si rende orizzontale la tangente centrale agendo in modo simultaneo e contrapposto sulle due viti calanti. Nella fase successiva si gira la livella di un angolo retto secondo una direzione parallela alla terza vite calante e si centra la bolla agendo su quest’ultima vite. In tal modo si sono rese orizzontali due rette, non parallele, del piano e quindi si è reso orizzontale il piano stesso. Se la livella è rettificata, il piano è stato reso orizzontale, altrimenti l’operazione precedente è servita a rendere il piano press’a poco orizzontale per evitare che la bolla, rotando la livella, si porti a fine corsa. Per la VERIFICA E RETTIFICA, si riporta la livella tra le due viti calanti iniziali e si corregge l’eventuale spostamento della bolla per metà agendo sulla vite di rettifica della livella e per metà sulle due viti di base considerate. Si ruota infine la livella di un angolo retto, disponendola con il suo asse in direzione della terza vite e, agendo solo su questa, si centra ancora una volta la bolla. Se ruotando la livella la bolla non resta ancora centrata, si perfeziona la rettifica ripetendo l’operazione precedente.
C
ORIZZONTALITA' DI UN PIANO
prima fase
A
C
seconda fase
B
A
B
RENDERE ORIZZONTALE UNA SUPERFICIE CILINDRICA Per rendere orizzontale l’asse di una superficie cilindrica, quale ad esempio l’asse di un cannocchiale, si usa LA LIVELLA A CAVALLETTO, nella quale il supporto termina con due forcelle a V capovolta, per mezzo delle quali diventa possibile l’appoggio sulla superficie cilindrica. Il collegamento dell’armatura al supporto avviene attraverso un doppio organo di rettifica, uno per ogni forcella: il primo consente uno spostamento della livella in altezza, il secondo consente uno spostamento laterale della livella. LE CONDIZIONI DI RETTIFICA DELLA LIVELLA A CAVALLETTO SONO DUE: LA TANGENTE CENTRALE E L’ASSE DA RENDERE ORIZZONTALE DEVONO ESSERE COMPLANARI E PARALLELI. Per rendere orizzontale l’asse si colloca la livella sulla superficie cilindrica e si sposta questa fino a centrare la bolla; se la livella è rettificata, la condizione di orizzontalità sarà soddisfatta. Per VERIFICARE se la livella è rettificata, si inizia a controllare la condizione di COMPLANARITÀ : si danno piccole rotazioni alla livella attorno il suo asse (ossia si fanno ruotare gli appoggi sulla superficie cilindrica) e, se la bolla non si sposta longitudinalmente, la tangente centrale ed il suo asse risultano complanari. Se la bolla si sposta, si agisce sulla vite di rettifica laterale, con successivi tentativi, fino a che, ruotando la livella, la bolla resta nella stessa posizione. Per la condizione di PARALLELISMO si procede come nel caso già detto per rendere orizzontale la retta di un piano: collocata la livella sulla superficie cilindrica, si sposta questa fino a centrare la bolla; s’inverte la livella sugli appoggi e si corregge l’eventuale spostamento per metà agendo sulla vite di rettifica in altezza e per l’altra metà inclinando la superficie cilindrica.
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La livella a cavalletto sul cannocchiale del Wild serve principalmente per determinare lo . RENDERE VERTICALE UN ASSE L’asse da rendere verticale è quello verticale dell’alidada. In questo caso la condizione di rettifica è che la tangente centrale della livella sia perpendicolare all’asse da rendere verticale. Per raggiungere la condizione di verticalità del proprio asse di rotazione, gli strumenti topografici sono portati da un basamento, che si appoggia su di un treppiede per mezzo di tre viti calanti disposte secondo i vertici di un triangolo equilatero. Per rendere verticale l’asse di rotazione si ruota l’alidada in modo da disporre la livella nella direzione di una vite di base e si centra la bolla agendo su questa vite. Si ruota l’alidada di un angolo retto in modo che l’asse della livella si disponga nella direzione di due viti calanti e si rientra la bolla agendo su queste viti con movimento simultaneo e contrario. Per VERIFICARE se la livella è rettificata, dopo aver eseguito le operazioni precedenti, si ruota l’alidada di un angolo piatto; se la bolla resta centrata la condizione di rettifica è soddisfatta; se la bolla si sposta, la livella non è rettificata, ossia la tangente centrale formerà un certo angolo con la normale all’asse di rotazione. Per RETTIFICARE la livella, dopo averla disposta tra due viti calanti, e si corregge metà dello spostamento della bolla con la vite di rettifica della livella e si corregge l’altra metà dello spostamento mediante il movimento simultaneo e contrario delle viti di base. Infine si ruota l’alidada di un angolo retto e ricentra la bolla con la terza vite calante. Se, ruotando ulteriormente l’alidada, la bolla non resta centrata, si perfeziona la rettifica ripetendo le operazioni precedenti.
LA LIVELLA SFERICA E’ costituita da una scatola cilindrica di vetro, la cui superficie interna che la limita superiormente è lavorata a forma di calotta sferica. Sulla superficie sono incisi uno o più cerchi concentrici, il cui centro individua vertice della calotta, detti CENTRO DELLA LIVELLA. Il piano tangente alla calotta sferica nel suo vertice si chiama PIANO TANGENTE CENTRALE O PIANO ASSIALE. Si dice che la bolla è centrata quando il suo centro coincide col centro della livella; in tale condizione il piano tangente centrale si dispone orizzontale e l’asse della livella verticale. Come le toriche, gli elementi caratteristici delle livelle sferiche sono LA PRONTEZZA E LA SENSIBILITA’. SENSIBILITA’ DELLA LIVELLA SFERICA La sensibilità è misurata dall’angolo di cui ruota l’asse della livella per lo spostamento della bolla di 1mm lungo l’arco della calotta che si ottiene sezionandola con un piano passante per l’asse stesso. ⇒ Il suo valore è in genere superiore a 1’ (ben maggiore ai 10”- 30” di sensibilità della livella torica).
Queste livelle si costruiscono generalmente PIU’ PRONTE E MENO SENSIBILI DELLE LIVELLE TORICHE , anche perché, con l’aumentare della sensibilità, occorre aumentare le dimensioni della bolla e quindi l’ingombro della livella. La livella sferica può essere usata sia per rendere orizzontale un piano, sia per rendere verticale un asse e deve essere RETTIFICATA, cioè IL PIANO TANGENTE CENTRALE DEVE ESSERE, NEL PRIMO CASO PARALLELO AL PIANO D’ APPOGGIO, NEL SECONDO CASO PERPENDICOLARE ALL’ASSE. La livella è portata da un’apposita armatura munita di tre viti di rettifica, disposte secondo i vertici di un triangolo equilatero. ⇒ CENTRAMENTO DELLA BOLLA Si sposta la bolla nella direzione a-a, fino a portarla dalla posizione generica P alla posizione P’ agendo sulle viti calanti V1 e V2 con moto contrario e simultaneo. Si sposta poi la bolla nella direzione b-b, fino a portarla dalla posizione P’ al centro O, agendo sulla terza vite calante V3. ⇒ VERIFICA ed eventuale RETTIFICA DELLA LIVELLA SFERICA Si dispongono le tre viti di rettifica (v1, v2, v3) nella direzione delle tre viti di base (V1,V2, V3) e con queste si centra la bolla come sopra detto. Si ruota la livella di un angolo piatto e, l’eventuale spostamento della bolla, si corregge per metà con le viti di rettifica e per metà con le viti calanti.
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Lo spostamento con le viti di rettifica si esegue agendo sulle viti v1 e v2 in senso contrario fino a portare la bolla da P in P’, essendo PP’ metà dello spostamento nella direzione a-a parallela a v1 - v2. Agendo sulla terza vite di rettifica v3 si porta la bolla da P’ a P”. Si agisce sulle viti calanti V1 e V2 in senso contrapposto e si porta la bolla da P” a P”’ Si termina agendo sulla vite calante V3 portando la bolla da P”’ in O Deve essere: P’P = P”’P” P’P” = P”’O
V3 b
O
V1
a
a
P'
P
V2
b
V3
V3
v3
v2
P'
a
P"'
v1 V1
P
v1
a
P"
O
v2 V2 V1
v3
V2
Nel teodoliti la livella sferica sferica si aggiunge a quella torica per rendere orizzontale un piano o verticale un asse in via preliminare; poi con la livella torica si soddisfa alle condizioni precedenti con maggiore rapidità e precisione. Più comunemente la livella sferica è usata per rendere verticale un’asta come il piombino a bastone, la stadia o l’asta telescopica porta prisma.
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