HANDBOUND AT THE
UNIVERSITY OF
TORONTO PRESS
TUE [{ACCONTI.
TRE RACCONTI DI
VITTOBIO BERSEZIO.
IL
CANE DEL CIECO.
UN GENIO SCONOSCIUTO. -GALATEA.
FIRENZE, G.
BARBÈRA. EDITORE. 1876.
Proprietà letteraria.
AL LETTORE.
— —
Che cosa avete voluto provare
Mi piacerebbe rispondervi citando
notissimi versi di Dante:
che
?
quando amore
«
siccome di questa citazione abusato, la lascio
dapprima nasce
in
mi son un
Io
noto
spira,
si
ec.
•
Ma
è già troppo
Voglio dire
stare.
i
me un sentimento
che
vago e
ancora incerto, che poi esso viene pigliando
un
po' più
di precisione
colla potenza d'
un
affetto
e ;
mi commuove
che acquista via
via più forza, sale al cervello e vi prende essere definito e
si
afferma in un' idea;
al-
lora accorrono intorno a questa molte im-
magini
di cose, di luoghi,
di persone,
un
po' di luce e molte penombre, qualche ugBersezio
•
AL LETTORE.
VI
giosa nebbia più
volger caos,
tutto
che minaccia riav-
ricacciare
e
per meglio dire
o
man mano forma e
si
d'
ogni nel
cosa
nel
Cosi
nulla.
viene
preparando
un dramma
ideale che si
fantasia
la
scena ed attori
rito
fìtta,
rappresenta nella mente
lo spi-
;
vede quei fantasmi e vive, pensa, sente,
agisce con essi più agire;
la
di quello che
li
faccia
ragione tenta una critica della
esistenza e dei fatti loro per ridurre a
una
verità più reale complesso e particolari; e la
penna da ultimo
si
prova a tradurre in
parole di scritto quelle vagheggiate crea-
ahimè pur troppo, nei freddi
zioni, le quali,
periodi della mia prosa riescono tanto londalla
tane
splendidezza del sogno in cui
mi apparvero.
—
Capisco
;
va benissimo
:
ma
codeste
creazioni debbono pur voler dire qualche cosa.
— L'uomo, e
s'
ingegni,
per quanto faccia,
cerchi
avrà sempre per suo studio
più interessante, più vasto, più utile e di
maggior dovere
lo studio di sé
medesimo.
AL LETTORE. Il
SUO corpo
e la
e
suo spirito,
il
VII
suoi
i
sua anima, le sue passioni
pensiero,
sembrano un campo
e
sensi il
suo
ristretto, e
sono un àmbito immenso che tocca quasi all' infinito. Il
in
romanziere che mette
una condizione
1'
uomo
speciale di cose, d' affetti,
di vicende, d'impressioni e d'interessi, poi colla scorta dell' osservazione sul vero, forse
anco su sé stesso, ne esprime pensieri, voglie,
tentazioni ed
scrive di psicologia
atti,
senza termini pseudo-greci e senza formolo astruse; e beato e benedetto lui se riesce
a far amare una virtù, a far ammirare un sacrificio,
vita,
a far rispettato un dovere della
senza seccare
—
È dunque
prossimo
il
!
codesto che avete voluto
ottenere ?
—
Questi jRacconti furono scritti in va-
rie epoche,
ma
però
quella di quasi tutti
mi pare
la
l'
i
inspirazione,
come
miei poveri lavori,
medesima. Io non farò come
quel pittore che sotto al suo dipinto scrisse coscienziosamente: e questo è
il
cane;
Questo è san Rocco
«
»
ancorché voi siate
AL LETTORE.
vili
per dirmi che
opera mia
l'
abbisogna di
tale ingenuità di dichiarazione. Se
siero che
ho creduto metterci
il
pen-
è abbastanza
bene espresso da comparire, se è tale che meriti d' esser lo
scorgerlo
e
notato, lo
tanto pregio da
spetterà al lettore
sceverarlo;
ciò,
non ha
se
non servirà a nulla
ogni mia chiacchierata in proposito.
—
In conclusione, voi
non
volete dirmi
che cosa avete voluto provare.
—
Non ho
voluto provare nulla, nulla,
poco
nulla. Tentai dilettar alcun se
non ho ottenuto che
i
lettori;
di seccarli,
prego
da loro un generoso compatimento, e persuadano che neanch' apposta scito
;
nel
»
io, «
se poi in alcun
non
1'
si
ho fatto
grado sono
riu-
mio intento, domando loro per
compenso che mi vogliano un po' di bene.
IL
CANE DEL CIECO RACCONTO.
Era un brutto cane davvero mista che
i
d'
;
più abili genealogisti
ci
una razza
così
avrebbero per-
duta la bussola a volerne rintracciare l'origine in
mezzo
alla licenza disordinata degl' incrociamenti.
Troppo basso
delle
gambe
pochi
peli
irti,
con
troppo alto
anteriori,
un naso appuntato, su cui
di quelle posteriori, con
un pelame
sempre sporco,
scarno da far compassione, e un ugiolare così fastidioso che
due
ciuffi
muso
vostri, vi facevano
occhi,
che,
un' espressione
ligenza, di mestizia, di rassegnazione
— — una
povera
quando fissavano
i
stranamente pensare. Avevano,
quegli occhi straordinari,
cane,
nella
inqualificabile, sotto
di peli di colore indefinibile, la
bestia aveva due
rivelare
Ma
metteva ribrezzo e paura.
parte superiore di quel
sissignori,
anche
in
:
vi
d' intel-
parevano
un povero e brutto
vita tutta di dolori.
biate osservato mai che gli occhi
Non di
so
se
ab-
questo ani-
4
IL
male, adoratore
coda
la
CANE DEL CIECO.
dell'
uomo, ridono
talvolta,
dimena festosamente. Ebbene,
si
di questo disgraziato di cui vi parlo,
mai, come non
si
mentre
gli occhi
non ridevano
dimenava mai con allegro moto
quel mozzicone corroso che gli faceva da coda. Atanasio,
il
cieco pezzente che era suo padrone,
sedeva spesso sullo scalino della porticina della chiesa, di fianco, dalla parte in cui nel
gio
e'
era
ombra, in faccia
1'
pomerig-
due olmi
ai
vecchi
che, susurrando colle loro frondi sopra la fontana
che sta loro in mezzo, accompagnano pianamente il
susurrio dello zampillo. Colà,
lato
al
suo
lungo bastone con cui picchiava per terra,
il
camminando, fuori
deposto
dalle
egli
poneva
gomiti
i
maniche sbranate,
sugli
che
uscivan
stracci
che
facevano da pantaloni alle ginocchia, stringeva in
mezzo a due manaccie grosse, .villose,
irta,
ossee, ruvide, nere,
una barbacela mezzo bianca, disordinata,
ed appuntato
il
suo naso lungo e acuto,
fis-
sava innanzi a se in grave attenzione lo sguardo di
due occhi dalle pupille bianche che non vede-
vano e che facevano pena a vederli.
Azor quattro
— Azor
—
il
cieco
chiamava quel
gambe con questo si
classico
mostricino a
nome canino
sedeva gravemente su quel mozzicone
di coda, e tenendo serrata fra
i
denti serio serio
una ciotola logora di legno, guardava del il
padrone ed
il
pari.
Fra
cane anche un osservatore super-
IL
ficiale
CANE DEL CIECO.
poteva accorgersi d'una bizzarra rassomi-
glianza. Avreste detto che
teggiava il
il
modo con
cui
si
il
naso di quest' ultimo
muso
la copia al
s'
appuntava in là per far
del cane.
aspet-
Stavano così delle lunghe, lunghe ore,
in quella ciotola venisse a cadere
tando che
soldo; avvenimento
che
uomo
dico parlavano, per-
:
cane una
faceva al
un
rado. Qual-
capitava di
che volta parlavano insieme chè r
at-
cane imitava quello dell'uomo; e che
discorsi,
di
filza
ricchi di molta filosofia pratica, e la bestia rispon-
deva con dei suoni sommessi, fra quelle sue mascelle
al giorno,
cieco scioglieva
il
al collare del cane la
tono di chi fa
!
Il
mano,
1'
altro
diceva col
e
una generosa larghezza ad un su-
:
— Orsù, veh
volta
nodo che attaccava
il
cordicella che, per
capo, egli teneva sempre in
bordinato
Una
che parevano grugniti.
scarne,
vanne Azor,
non più
d'
sei in libertà:
una mezz' ora
!
—
mano
del
stirava
ben
cane cominciava per baciare la
padrone, affine di ringraziarlo, poi
si
ma bada
bene, allargava le mascelle in una coppia di sba-
avevano
digli che
altre
scosse che
la pelle
il
gli
suono di gemiti,
si
dava due
facevano ballare sulle ossa
vuota di muscoli, guardava di qua e di
là con aria peritosa e timida,
decidersi,
e
finalmente
s'
pareva stentare a
avviava
lento da
una
6
CANE DEL CIECO.
IL
parte, rasentando
muro,
il
la testa bassa, le orec-
chie pendenti, mogio mogio, l'
come
se tornasse dal-
aver preso una bastonatura.
momento appunto
Gli è che in quel
bestia andava
a sicuri pericoli, che
incontro
aspettavano per opera di bili
Se r uomo
buono
i
bambini del
un pezzo che
disputerà ancora chi sa per quanto tempo. è l'
che
i
bambini,
queste piccole
levole della propria personcina e
hanno
ed abitudini
istinti
molte volte arricciare
il
fondo
Il
e si fatto
perfezioni
del-
mondo cosa più
egoismo, che non vedono al
pricci,
villag-
di
disputa,
si
lo
instanca-
natura fatto
dalla
sia
cattivo, è
implacabili e
Erano
suoi persecutori.
gio.
povera
la
dei propri
vaca-
crudeli da far
sì
naso ai sostenitori della
bontà fondamentale della nostra razza. 11
povero Azor non aveva mai fatto nulla di
male a quella schiera
sbarazzini
di
sbracati
anco scamiciati, che brulicava nei rigagnoli gosi delle
strade
di
quel villaggio.
Era
ed fan-
brutto,
sporco, sfiancato, povero di peli e ricco di fame
ma
con tutto ciò qual diritto ledeva egli
Era codesta una ragione saglio
di
tutte
voglie di quella Il
solo,
vero è
le
:
d' altrui ?
sufficiente per farlo ber-
malignità,
di
tutte
le
crudeli
marmaglia scapestrata?
che appena
quando era
in
lo
vedevano comparire
funzione
di
guida
del po-
vero cieco, camminandogli con passo grave dinanzi,
CANE DEL CIECO.
IL
non osavano molestarlo
:
si
7
avventuravano soltanto
a fargli da lontano atti oltraggiosi di disprezzo
a cui
non
egli
accordava che
più
la
filosofica
noncuranza: una volta alcuno più temerario aveva osato tirargli s'
ma
un torsolo di cavolo,
il
cieco
era volto da quella parte con isguardi così ter-
ribili
sue
delle
pupille
scolorate,
con voce così forte come
mai
delle
sentita,
nessuno non
parolaccie
così
battuto per terra cosi furiosamente bastone, che la turba
aveva gridato
dei
monelli
gli
aveva
profane, aveva
suo lungo
il
era scappata
impaurita, come uno stuolo di passeri che beccano il
campo scappa
grano nel
coltore solo, telli
:
il
— quando
adunque
all'
lo
arrivo
dell' agri-
vedevano comparir
povero Azor, ecco subito tutti
sbucare dai
cortili,
dagli
anditi,
i
furfan-
dalle
siepi
degli orti, e giù contro quel meschinello di cane,
grida e
urli,
e trargli
fango e terriccio e cocci
e sassi, per vederlo correre disperato con quella pelle rugosa Collata sulle costole.
Azor avrebbe volentieri risparmiato
a
sé
il
dolore degl' improperii e delle percosse, ai ragazzi il
piacere di far opera prepotente e tirannica.
quello era
1'
unico mezzo eh' egli avesse per prov-
vedere a sé stesso; negli
Ma
gli
era allora che
immondezzai delle strade andava
l'affamato in
busca
dei suoi pasti, che se fossero luculliani lascio pen-
sare a voi.
8
CANE DEL CIECO.
IL
Prima ancora che
il
tempo della licenza fosse
Azor tornava a consegnarsi
trascorso,
annunziando
la
presenza
sua
contro le gambe:
cieco
il
sul capo, gli riattaccava
mano
passava una
gli
cordicella,
la
padrone,
al
sfregarsegli
collo
rimet-
gli
teva in bocca la ciotola di legno, e riprendevano tutt' e
due nella loro ordinaria postura a meditare.
Giunta la sera, Atanasio drizzava la sua lunga
—
persona:
maggiore
di
facchino
di
era
alto
reggimento, aveva spalle quadre da porto
di
chinato sul petto:
ma
mare,
pure andava un
teneva sempre
po' curvo della persona e
nodosa
— impugnava del cane,
sinistra la cordicella
il
teneva colla
picchiando per
e
terra colla ghiera di ferro in cui terminava stone,
s'
avviava preceduto da Azor di due
Dove ? Non nuccio
lo
sapeva neppur egli
un pagliaio
d'
strame di qualche che
casa fuor di mano,
frondi
d'
un albero
:
qualche
in
stalla, sotto
al
capo
colla sua destra
bastone nodoso del pari;
il
tamburo
come un antico
il
sotto
il
ba-
passi...
il
fattoria,
capansullo
portone di qual-
semplice riparo delle
ne' giorni
sereni
della
bella
stagione.
Chi era quell'uomo? Nessuno lo sapeva. Egli e
il
suo cane avevano un
sciuto al villaggio.
cinque anni, e vivere che
ci
Erano
passato
affatto scono-
capitati colà
avevano
preso
da quattro
quel
modo
ho detto, senza variazioni, con
di
tanta
CANE UEL CIECO.
IL
uniformità, che gli abitanti tuati e pareva loro chi sa li
*J
erano presto abi-
ci si
da quanto tempo che
avessero nella loro terra.
Da
principio
e'
era
pure una viva cu-
stata
Avevano appreso
riosità di saperne qualche cosa.
che r uomo
chiamava Atanasio e
si
Dalle carte che
primo
il
il
cane Azor.
due aveva
di questi
perfetta regola, le autorità municipali e
in
briga-
il
diere dei Reali Carabinieri avevano imparato che egli era
nativo
un antico operaio fonditore di
perduta
un paese lontano lontano,
la vista in
un
che
terribile incendio
nella grande officina, che in
metalli,
di
aveva
avvenuto
funesta occasione
sì
egli
aveva dimostrato un eroico
dal
fuoco delle vittime, e che
valore,
da
salvando
allora
in
poi
erano passati dieci anni.
Quel mendico, ora che
non aveva più ne
avreste
lavoro, s'era
sacro orrore
come
talità,
di
dati
nove
ne
il
ma
a
lettori,
vederlo glie
Incapace d' ogni
dato alla mendicità, fuggendo
con
dai ricoveri e dalle case di pia ospidalle
bòtte fuggiva si
aveva
il
dicesse le condizioni
morali ed Il
lustri:
più di dodici.
Di questo, poi, non che
lo presento ai
il
povero Azor.
menomo documento civili,
economiche,
passato.
Sindaco era stato in forse per un po' di tempo,
s'egli,
da provvido e zelante amministratore, non
dovesse, facendo uso della sua autorità, espellere
10
CANE DEL CIECO.
IL
Comune
dal SUO
quel pezzente, a tiro sempre della
legge di pubblica sicurezza, privo affatto di mezzi di sussistenza, e darlo
perchè
in
nota al Sotto-Prefetto,
denunziasse al Prefetto,
lo
il
quale
lo
fa-
cesse tradurre, (stile burocratico), alla provincia, di cui era nativo.
Ma
tana!
Ma
quella provincia era tanto lon-
quel pover
uomo manifestava per ogni
luogo rinchiuso tanta ripugnanza da preferire morte.
Ma
dicanti,
e
in quel
la
eran punti men-
e'
uno per eccezione, non avrebbe fatto
né disdoro contentati
Comune non
ne
presenza
della
avevano preso
Ma
danno.
1'
gli abitanti
erano
si
quel gran cieco, e
di
abitudine di dargli pochi soldi e
qualche scodella di minestra.
Ma
cane era di-
il
venuto un sollazzo pei bambini dei suoi amministrati.
Ma
nemente
sotto la giubba, su cui
la sua fascia sindacale,
di capo del
Tutti questi
Comune aveva
ma
fecero
tanto
che
cingeva solen-
quel brav' di
buon cuore.
cieco fu
il
uomo
lasciato
stare in santa pace.
La
curiosità
aveva per un
poco aspettato
il
misterioso mendicante al varco d' una ubbriacatura.
Pareva impossibile, chi
lo vedesse,
cione non fosse un dilettante telligente, ghiotto
che queir omac-
d' osteria
consumatore di
alcoolici
e ;
un
in-
eppure
queir impossibile era la realtà. Atanasio non metteva mai piede nò da compar
l'
oste ne dall' amico
zozzaio, e pareva anzi fuggire con vera ripulsione
IL CAxNK
CIECU.
i)KL
i 1
di (love sentisse odore di liquori.
Quando
ceva invito a bere un bicchierino
d'
un mezzo
litro
acquavite o di
di vino, egli batteva più forte
terra la ghiera
allargava
gli si fa-
ferro
di
ancora
suo lungo bastone,
del
più
di
per
compasso
il
delle
sue
gambaccie, sollecitava colla voce collerica Azor, e s'
allontanava di fretta. Visto codesto, la curiosità
rinunciò scoraggiata ad ogni
ulteriore
d' altronde la storia di simil
pezzente non pareva
dover essere di
tal
tentativo;
natura da ispirare sforzi stra-
ordinari per apprenderla. Si rassegnarono
tutti
non saper altrimenti chi fosse quel povero
a
cieco,
cui tutti conoscevano e trattavano famigliarmente.
Chi
avrebbe
potuto
narrarne
tutta la storia, era Azor:
ma
tutta
taceva incorruttibilmente; e
fedele,
tali confidenti quelli
Eppure
d'
operaio, era interessantissima; ed
io,
storia,
saputa dal parroco,
al
quale
fidarla
morendo,
mente
e semplicemente.
ve
quasi
imparino da
che hanno segreti da custodire.
benché
quella
o
da bravo cane
egli,
la
un semplice che l'ho
ri-
il
cieco finì per con-
voglio
raccontare breve-
II.
Era una gia.
Un
bella fonderia quella del signor Fran-
vasto fabbricato, ampie officine,
laboratorii,
forni
e macchine
con tutta
immensi la perfe-
12
CANE DEL CIECO.
IL
zione delle invenzioni e dei progressi moderni. Vi
erano occupati un centinaio e più di operai in
camminava ordinato
essa
varie
ruote
grazie
il
tutto le
un orologio che vada bene, e ciò
di
all' attività,
all'
intelligenza, al coraggioso,
primo
instancabile zelo del tario,
;
come
regolato
e
proprie-
del
figliuolo
signor Pietro.
contava
Questi, allora,
trent' anni
circa
era
;
bello d'aspetto, franco e cordiale di maniere, abile
a comandare risoluzioni
pensiero.
capace
e
come
d' ubbidire,
di letteratura,
nelle
come
nelle parole, negli atti
Aveva studiato un
nel
— quello — persona
po' di tutto
almeno che è necessario a una anche
sollecito
colta,
molto di economia politica e
delle ragioni commerciali e industriali.
molte cose, e intorno
alla
Sapeva
di
sua professione tutto il
merito di non
farne pompa, giovandosene soltanto
a dar prova
quello che poteva sapersi, e aveva
ne' suoi negozi
un' abilità inarrivabile.
di
Coman-
dava senza ruvidezza, senza superbia e senza debolezza;
gli
operai
lo
ubbidivano,
ammirandolo
anche senza volerlo. Avevano verso di
come
spettosa famigliarità,
nostra sorta,
ma
viglia perciò
che
è il
primo
il
si
ha con
di tutti.
lui
una
ri-
chi è della
Niuna mera-
vecchio padre, ormai stanco
dal lavoro e in bisogno di riposo, lasciasse a lui tutto zione,
il
e
peso
della
che sotto
direzione la
e dell'amministra-
sua mano intelligente
gli
CANE DEL CIECO.
IL
affari
prosperassero come non
si
13
poteva desiderare
di meglio. 11
felice
signor Pietro pareva ed era in realtà
uomo
riesce ciò che intraprendono
torno
uomo
appariva che
gli
più
il
della terra; uno di quelli a cui tutto
sua tanta ventura e
i
nò alcun segno in-
;
vi fosse
il
beni d' ogni
quale, quella
oud' era
fatta
favorito, gli venisse invidiando.
Eppure r invidioso
e'
un invidioso che
era,
si
nascondeva con molta circospezione, che avrebbe voluto nascondersi persino a sé medesimo,
ma
che
era tanto più accanito; così che oramai la sua invidia era arrivata sino ai limiti dell' odio. tale era
l'
operaio, in cui appunto
aveva maggior
fiducia,
che
il
E
questo
signor Pietro
sembrava, e avrebbe
dovuto essere maggiormente affezionato a
lui e alla
famiglia tutta dei Frangia, perchè aveva verso di
questa e verso di Pietro innegabili segni di riconoscenza. Si abile,
chiamava Atanasio. Degli operai era il
più forte,
Quando aveva da lui
più coraggioso,
s'
il
più
più diligente.
;
egli
in
e la sua fiducia in
mai non era delusa. La famiglia Frangia
considerava poco
Ma
il
allontanarsi, Pietro confidava
perchè tenesse le sue veci
nulla,
e
il
meno che per uno
lo
di suo sangue.
aveva un carattere violento, passioni accese,
era impinzata la testa di perniciose letture in
quei certi libri che, trattando della questione so-
14
IL
ciale,
CANE DEL CIECO.
lusingano maladettamente le
men
nobili ten-
denze dei poveri con sofismi che la pretendono a pronunziati
Era desima
scientifici.
figliuolo d' officina.
un antico operaio di quella me-
Suo padre, quand' Atanasio era an-
cora nel seno materno, morì vittima d'un accidente.
Una forma il
col metallo in fusione era scoppiata, e
poveretto ne aveva avuto orribil morte.
Il
di Pietro, impietosito al triste caso e alla
padre condi-
zione della povera vedova in procinto di diventar
madre, prese quest' ultima in casa sua e
le
pro-
mise non r avrebbe abbandonata mai più, avrebbe provvisto fosse,
in
alla
sorte
del
nascituro,
qualunque
maschio o femmina. Aveva voluto
quel
giorno
medesimo nascesse
il
al
principale
appunto un bambino, che fu quel Pietro di cui è detto. Sei
mesi dopo
figliuolo dell' operaio.
si
la nascita del figliuolo del
principale e la morte di suo padre, venne al il
si
caso che
La sua
aveva ancora tutto esercitato
mondo
cattiva stella non
suo maligno influsso
il
;
che la infelice madre, dopo aver tanto sofferto, essendogli morta essa pure, sopra parto, egli in fasce
rimase orfano, solo al mondo e privo d' ogni sostegno, se non fosse stata la protezione del signor
Frangia. Questi non venne il
bambino
principale
meno
dell' operaio
insieme
col
fu
alle
sue
allevato
figliuolo
di
promesse, e in
casa del
quest' ultimo.
CANE BEL CIECO.
IL
ancor
Atanasio ebbe
15
precoce intelligenza e
egli
compagno:
tale
da non istare
e' si
avvezzò dapprima a trattare con Pietro come
un suo mesi,
pari,
aveva
destrezza,
disotto del suo
al
allora,
e
benché più giovane
una supremazia per
egli
per ardimento
ma
;
ben
di sei
forza,
per
venne
tosto
ad accorgersi che fra sé e T altro ragazzo,
in-
torno a loro, tutto stabiliva una gran differenza.
Più assai de' padroni, erano
servi
i
a fargliene
sentire siffatta diversità. Pietro era figliuolo d' un
un miserabile. Queir altro possedeva
ricco, egli era
non aveva nulla; ogni van-
capitali e terre, egli
taggio al compagno veniva accordato
suo diritto, a lui per favore,
amara parola, per
o,
come per un
per dire la fatale,
carità!
Atanasio affaticò la sua penetrazione infantile per rendersi conto di
La mente ancora debole
ciò.
da que' primi anni, andò ad ur-
dell' orfano,
fino
tarsi contro
quel tremendo problema sociale che
da
secoli travaglia
di
travagliarla fino
egoismo che è «
1'
lo
umanità e forse non cesserà
1'
alla
ultimo motto
Perchè a
fine
formolava in quel
lui
vava risposta
;
d'
tutto e a
dei
tempi.
Il
suo
pungente quesito,
ogni sommossa di plebe
me
ricorreva al
nulla ?
»
Non
ci
:
tro-
comodo scioglimento
di
proclamarla un'ingiustizia, che un giorno o l'altro
doveva pur ripararsi neri,
:
e così fin dagli anni più te-
non osando manifestar nulla
di
questi
suoi
16
CANE DEL CIECO.
IL
sentimenti,
masticando amaramente impossibili e
colpevoli aspirazioni e desiderii di cui poi
vergo-
si
gnava, venne accumulando in fondo al cuore una provvista
E che
gli
intorno a lui tutto gli diceva in pari
il
una
d' invidia inesprimibile.
tempo
suo segreto sentimento aveva torto ed era
colpa.
Non
v'
era caso, persona o cosa che non
parlasse della sua fortuna d' essere così
da quei ricchi
tato
eh' egli
trat-
invidiava, della rico-
noscenza eh' egli doveva avere per essi
;
e
ad ogni
anno che passava, la sua anima sempre più
s'
ina-
spriva e quella riconoscenza sempre più gli veniva di peso.
Pietro frattanto imparò lieto e
tante cose.
superbo del suo sapere
;
Era
egli
la sua intelligenza,
rafforzata dallo studio, aveva preso uno slancio inaspettato. Atanasio, che, d' intelletto era
come
di forze fìsiche, così
sembrato dapprima ed erasi cre-
duto egli stesso andare innanzi ora
si
al
suo compagno,
trovava da questo avanzato e dimolto.
figliuolo dell'operaio, alle officine
;
gli
avevano fatto imparare a leggere,
scrivere, far di conti e la sua arte
da
tutti
sempre mento,
che ce in si
Il
naturalmente, era stato messo
n'
:
era abbastanza per
e si credeva lui.
Ma
egli,
conseguenza di quel medesimo sentidiceva che quella era un' ingiustizia, che
anch' egli doveva aver diritto al sapere, e
mandava perchè avesse ad esserne
privo.
si
do-
IL
Con
tutto ciò,
IT
CANE DEL CIECO.
— misteri
Atanasio, da giovane,
umano
del cuore
amava
in realtà
i
nefattori e Pietro eziandio che era stato della sua infanzia.
Da
!
—
suoi be-
compagno
parte di Pietro, quella franca
e domestica benevolenza cir egli aveva con tutti e
che
lo
faceva a tutti così piacevole, verso di Ata-
nasio era poco
meno che una
Inoltre, tanto Pietro,
quanto
fraterna
affezione.
genitori di lui cau-
i
menomo
savano accuratamente ogni parola, ogni
cenno che potesse adombrare, non dico un rinfacciamento,
ma
un ricordo dei
beneficii usati
verso
l'orfanello; e questi era poco capace d'apprezzare
codesta
delicatezza,
persone
dei
suoi
e,
astrazione
facendo era
principali,
delle cose, alla fatale necessità, ciale,
era al sistema,
tutte
le
come
sue maledizioni,
s'
alla
dalle
condizione
organismo so-
all'
usa dire, che volgeva
tutto
l'
odio della sua
anima sdegnosa. Lesse con avidità accanita
magogiche
di socialisti
greto, nascondendosi il
trasporto che
si
e
come
le
declamazioni de-
comunisti d'
;
le cose
gita le sue opinioni, perchè sentiva
avrebbero rinfacciato
— che
nismo, la rivoluzione contro
mento del
i
proibite,
Dersezio.
—
ricchi,
e
di sfug-
e tutti glie
predicare
capitale, egli che tutto
principali, sarebbe stata
se-
una colpa, con tutto
prova per
non osò mai con nessuno manifestare pur
lo
in
lesse
l'
il
comu-
annienta-
doveva
una ingratitudine
ai suoi ;
ed egli a
18
IL
pure
sentiva
chiato di
sì
CANE DEL CIECO. gran vergogna di parere
la
mac-
brutta colpa.
Venne però un momento,
in cui
V iniqua pas-
sione fu presso ad esser superata nel!' anima d'Ata-
E
nasio.
fu
allora
quando entrò
essa la
in
piiì
mite e generosa passione che possa muovere anima
uomo
d'
un vero amore.
:
III.
La
fonderia era posta alla falda d' un bel colle
boscoso
a mezzo la costa, in uno slargo che pa-
;
revano fare appositamente
un
castagni per lasciarle
i
po' di luogo, brillava al sole
bianca.
Aveva stanza colà un'
una casetta tutta
altra beneficenza del
signor Frangia.
Taddeo, vecchio militare, l'
dopo
esercito
pito,
incapace
figliuola, e
sione
all'
figliuola al giorno e'
la
di
guerra lavorare,
si
del
era ritirato dal-
1848-49,
per unica ricchezza trecento
anno.
La moglie tre,
una
lire di
pen-
era buona a poco, la
era ancora piccina, e
per vivere in
azzop-
ed
moglie
con
meno
anche
in
d'
una
lira
un paesello,
era da mangiare di magro e vestire di stracci. Il
padre di Pietro nominò Taddeo guardiano
dei vasti boschi che possedeva su quella montagna, gli
diede ad abitare quella casetta bianca,
galò un bravo schioppo a due canne,
i
gli re-
mobili più
IL
indispensabili,
selvaggina
il
CANE DEL CIECO. diritto
trovasse,
Taddeo parve toccare luogo ridente,
in quel
a tracolla e un bastone
in
lo
schioppo
mano per appoggiar-
proprietà del padrone, e
le
stabilì
si
;
diede a percorrere, zoppi-
cando tranquillamente a suo modo, con
visi,
A
mese.
lire al
cielo col dito
il
si
qualunque
a
tirare
di
quaranta
e
19
si
chiamò
il
si-
gnor Guardaboschi. Fece scappare, ingrossando la voce, qualche ladroncello che tagliava rami alberi
fingeva di non vedere
;
quando
s'
degli
incontrava
con povere vecchierelle che venivan raccogliendo legna a
uccise qualche tordo e qualche lepre, e disse
;
tutti,
che
ch'egli
lo volessero o
trovava
si
nel
non
lo volessero sentire,
paradiso terrestre
senza
serpente.
Nò
si
fermarono a ciò
industriale.
La
figliuola di
come un amore
rina
le
larghezze del ricco
Taddeo veniva su ca-
come un
e belloccia
campo; aveva tanta
grazietta,
ingenua petulanza
modi che vederla,
di
fiore di
tanto brio,
tanta
sentirla
a
chiaccherare e non restarne incantati era cosa difficile.
Il
signor Frangia, passando
un giorno
di
là
per caso, fu accolto, figuratevi con che dimostrazioni di festa, dalla piccola famiglia beata di quel-
r Il
asilo e della vita tranquilla che vi
conducevano.
padre di Pietro, commosso, ammirò la pulizia
che faceva come dire splendenti
tutte
le
masse-
20
IL
CANE DEL CIECO.
r ordine che rallegrava V occhio del riguar-
rizie,
dante,
pace che là
la
tutto continua ed inviolata
mirò
i
vedeva regnar da per
si
ma
:
sopra ogni cosa am-
grandi occhi intelligenti, la faccia birichina,
la grazia innata, lo schietto parlare e le argute rispo-
ste della Lucietta, che allora poteva avere dieci anni. "
Che cosa
domandò "
le
insegnate a questa bambina ?
egli tenendole fra
Che
che
la vuole
Appena
su
il
? "
rispose la madre.
se so farle apprendere un po' di maglia
e di cucito.... "
"
La mandiamo a padre
" ;
e vi
scuola
al
villaggio
Un
tantino
e con
offesa
!
"
cara
quella sua
davvero.,..
giudichi.
E dere
i
"
Oh
petulanza.
lo so già fare
giusto
!
la
"
E' mi
per be-
veda un po'
lei
lei
suoi
con
quelle
mosse
d' augelletto,
che
così graziose, Lucietta corse a pren-
scartafacci,
li
venne a squadernare
sulle ginocchia del signor Frangia, poi lesse
dita in un libro, poi
si
vocina quattro o cinque
pitagorica.
spe-
mise a recitare colla sua poesiette che
mandate a memoria, poi a dire tutta la tavola
e
"
lesta,
erano in
saltò
interruppe la fanciulla quasi
sembra che, tutto questo, nino
" ;
ha già imparato un tantino a
leggere, scrivere, e far di conti.... "
guance.
le
insegnamo, povera gente
le
ed ignorante come slam noi "
due dita
"
aveva d'
un
già fiato
IL
21
CANE DEL CIECO.
padre di Pietro l'abbracciò con entusiasmo
Il
e partissi
incantato.
Sua moglie, a cui
egli contò
miracoli di quella bambina, la volle vedere,
tutti
i
e ne
venne vie più rapita ancora del marito. Con-
chiusero
ambedue
lasciare tante
d'
accordo, che era un
peccato
buone qualità e meravigliose dispo-
sizioni perdersi inutili ed imbozzacchire in mezzo
a quei boschi. In breve, decisero che la Lucietta
sarebbe andata dalla Maestra direttrice della scuola di quel paese,
ed
avrebbe
in lezioni particolari vi
appreso tutto quel più che
le
si
potuto
sarebbe
insegnare.
ma
Lucietta venne; la maestra sapeva poco, la
ragazza capiva molto e indovinava
Ebbe
assai
più.
alcuni buoni libri per le mani; e passando
molto del suo tempo in casa la madre di Pietro, v'
imparò assai più che
ne' libri,
quanto a maniere
L'opera
e ad educazione del cuore e del carattere.
benefica dei signori Frangia fu coronata di splen-
dido successo, perchè la Lucietta diventò la più cara, bene educata, amabile
fanciulla
che
si
po-
tesse vedere.
Atanasio da un pezzetto la vedeva e rava.
Pietro,
in quel
tempo era
in città
l'
a
ammicom-
piere gli studii. Atanasio, quando traverso le grandi invetrate delle la giovinetta (e
officine
scorgeva passare sollecita
per un caso straordinario
la scor-
geva sempre) ed entrare nella casa dei principali.
22
CANE DEL CIECO.
IL
aveva sempre di
a poco una
lì
qualche ragione
per cercare del signor Frangia, e andava carlo
così
casa,
sia
bene nel
padrone e
capitava
sempre,
dov' erano la
la Lucietta. Colà,
domandato
prima
il
cernella
sia
moglie del
eh' egli avesse
sempre
e la signora risposto, passavano
alcuni minuti; e tali
che
giardino,
a
giovane sapeva trovare appigli
di discorsi che faceva durare altri pochi mi-
nuti di più
il
e nasceva occasione
colloquio,
Lucietta, allegra e scherzosa per natura, zellettare e di ridere, ed egli,
rientrava
all' officina
alla
di bar-
giovane operaio,
il
mente
col cuor contento, colla
serena e coir umore più ilare del mondo.
Non andò
guari che V operaio trovò
modo
di
fare stretta relazione con papà Taddeo, che qual-
che volta scendeva all'osteria del villaggio a confortarsi lo
quel migliore.
mercè un mezzo
stomaco
Un
litro
litro
ri-
di
pagato a tempo ne fomenta
dimolte di codeste amicizie cercate con premeditazione da una delle parti. Atanasio forte, robusto,
audace, con un fare tra franco e riservato, piacque assai al vecchio militare.
L' operaio beveva bene e lo faceva ber bene si
lasciava da
Taddeo raccontare, anzi ce
tava, tutti gli aneddoti della sua
sua vita da cacciatore
;
campagna
non andò guari che
dre di Lucietta proclamò Atanasio
compagno che
si
potesse trovare.
il
;
lo inci-
e della il
pa-
più piacevole
23
CANE DEL CIECO.
IL
Atanasio allora impiegò tutto
suo talento
il
diplomatico a riuscire in un intento che gli stava a cuore quant' altro mai
veterano
dal
furbo
ad
riuscì.
ci
quello di
:
andarlo a
invitare
farsi
E
vedere lassù.
il
Cominciò per andarvi raramente;
seppe piacere alla madre di Lucietta, come aveva
La
piaciuto al padre.
derlo di buona
che quasi tutti
fanciulla stessa mostrò
voglia;
ve-
non andò gran tempo
e
giorni Atanasio capitava alla ca-
i
setta e vi era accolto con
un amichevole sorriso
mano da tutti. momento in cui poteva
e con cordiali strette di
A
quel felice
lassù, ci
alle
belle,
ma
troppo
rapide ore
passava, Atanasio pensava tutto
il
correre eh' egli
giorno; lavo-
rava con più ardore ed alacrità, quasi volesse col suo
zelo
quasi,
pure
guadagnarsi
affrettandosi il
il
nel
premio suo
di quella
passare del tempo.
Certe volte in mezzo al più vivo sentiva ad un tratto venirgli su, al cervello,
dere
d'
gioia,
compito, affrettasse
una subita
ilarità,
del lavoro,
come dal cuore
e si metteva a ri-
un nonnulla, e intonava allegramente colla
sua voce robusta, una gaia canzone. pagni, avvezzi a vederlo per
I
suoi
com-
V innanzi sempre
ta-
citurno e imbroncito, lo guardavano meravigliati alcuni gli chiedevano
inaspettato di
cui
il
;
perchè di quel buon umore
non sapevan trovare ragione
egli rideva più forte, crollava
le
spalle
e
;
tirava
24
IL
CANE DEL CIECO.
via a lavorare con più ardore. Gli era che, a quei
momenti,
tutto annerito dal fumo, dalla pol-
egli,
mezzo
vere, dal fuoco, vedeva comparirsi, in
fiamme accecanti del metallo incandescente, ghe forme
gentili d'
una giovinetta tutta
sognava mille immagini beate di
alle
le va-
sorrisi, e
un desiato av-
venire.
Appena per
tunica
correva a nettarsi
finita la giornata,
cambiarsi
bene,
pulita
e
;
la
poi
s'
mettersi
biancheria,
col suo passo
affrettava
lungo e svelto su per la cima del
la
Non aveva
colle.
tanta pazienza da prendere la strada comune che girava e rigirava per la costa, traverso tiero
bero,
arrampicandosi
tracciato,
da albero ad
sbucava fuori sulla piccola
e
Vi arrivava sorridente:
sorridenti
— una
tirava via dritto,
boschi, in linea retta, senza seguir sen-
i
alla casetta.
vano
ma
brutta
;
perfino la
che
bestiola,
— perfino
lei
gli
al-
innanzi
lo accoglie-
cagnetta di Taddeo il
Guardaboschi aveva
una delle sue innocenti escursioni tata su per la strada
aia
mezzo moribonda
di
in
raccat-
fame;
faceva festa. Atanasio aiutava la
vecchia alle faccenduole di casa, spaccava le legna
per accendere dalle
mani
il
focherello della
di Lucietta
il
"
Oh
al
strappava
secchiolino per attingere
acqua e correva a riempirlo scherzando
cena,
alla
fontana,
diceva
veterano Taddeo:
che non volete credere che
io,
quantunque
non
mangiare
sia stato a
25
CANE DEL CIECO.
IL
il
pan
di munizione, son
capace di ripulirvi quello schioppo intorno a cui sudate lavorando per renderne che vi
il
ridire ? Il ferro
di
ed
settimana non
io ci
conosciamo,
"
e state a vedere....
E
caporal
più schizzinoso
avrebbe a
canne così lucenti
le
anche dalle mani del vecchio strappava lo
schioppo e
stracci ingrassati
gli
piattellino dell'olio, e si
e la
spazzoletta
metteva a far egli
e
il
il
lavoro del Guardaboschi, tanto bene e sollecito
che questi
lo
guardava ammirato, e sclamava
dendo che sembrava non avesse mai
Era insomma diventato
fatto
così di casa, che
ri-
altro.
un con-
giunto non avrebbe potuto di più; e nella famiglinola non solo
con gioia,
ma
era usi ad aspettarlo e riceverlo
s'
ad ogni lavoretto un
che avvenisse di dover fare, agli
altri:
— Eh!
Atanasio e farà
lascia
lui.
—
si
po' faticoso
soleva dire gli uni
stare;
ci
verrà stasera
IV.
Quelli furono l'
operaio. Sotto
i
l'
migliori tempi della vita
del-
influsso del suo tanto nobile
e
purissimo amore, egli sentiva a poco a poco svanire, proprio
diosi pensieri, di proletario.
come il
la
nebbia al
sole,
i
suoi invi-
suo maligno talento, la sua rabbia
Non
gli
pareva più
d' essere con-
26
CANE DEL CIECO.
IL
dannato ad invidiar tutto agli
altri;
non trovava
più che questo mondaccio fosse così male ordinato
che impossibile
sedesse ricchezze alla porta
fanciulla
la sera,
:
bianca
della
chi
non pos-
quando seduto
sull' aia,
vedeva
casetta,
correr di qua e
di là,
immaginava una
mano, insieme con una compagna e con dei
^figliuoli;
capiva allora
diritto di proprietà e la
il
famiglia; sognava economie e risparmi, e ciliava
r
la bella
sembrava proprio a gittata
vita bellissima, che gli
di
un po' bene a
lo starci
mentalmente
osteria,
metteva
col capitale.
più
si
ricon-
Aveva disertato
attenzione
cose sue,
alle
al suo vestiario, ai suoi diportamenti, al suo parlare: era più
garbato con
A
umano
tutti:
Lucietta,
servizievole, più allegro e
e
poteva proprio dirsi un
né
genitori di
ai
lei,
altr'
uomo.
non aveva
ancora parlato nemmeno alla lontana de' suoi disegni. L' eloquenza
non era
dacia della parola
ei ci
il
suo forte, e
valeva poco.
nell'
Ma
au-
pure non
dubitava punto che la cosa avrebbe da riuscire a
seconda de' suoi desiderii. Aveva tanta coscienza di quel eh' egli valeva,
da credersi non indegno
di Lucietta; le condizioni dall'
una parte e
d' essere
ben
e alla
madre
gazza
pur
soverchia
dall' altra si
visto, anzi di lei
r ombra illusione
;
ed economiche
sociali
pareggiavano
aggraditissimo
non vedeva intorno d'
un
rivale
;
;
al
capiva
padre
alla ra-
poteva
senza
scambiare per indizio di più
IL
27
CANE DEL CIECO.
tenero affetto la cordialità dell' accoglimento e
che aveva per
sorriso di fraterna amicizia
Lucietta. Quindi, tutto ben considerato, aveva
soluto che alla prima buona
come
presentasse, avrebbe,
occasione che
si
dice, saltato
il
lui la
il
ri-
gli
si
fosso
e parlato chiaro.
Ma nire,
questa benedetta occasione tardava a ve-
od
almeno pareva sempre
a
lui
clie
non
fosse abbastanza buona; e frattanto chi venne fu
Pietro,
il
quale,
finiti
i
suoi
studi alla
città, se
ne tornò alla casa paterna a prendere la direzione delle officine.
Atanasio a questo ritorno provò strane e contradittorie sensazioni.
L' assenza
aveva
gli
fatto conoscere, che in realtà egli lo
suo compagno
d' infanzia,
il
quale era pur sempre
stato così buono ed amichevole per lui eh' egli ritornava,
il
pure
amava qual
;
sapendo
e
giovane operaio, fatto dalla
sua passione più inchinevole alla tenerezza,
un vero rallegramento.
Ma
quando
ebbe
giovane prin-
il
cipale fu giunto, più bello di quel che fosse
quando
era partito, avendo preso dal soggiorno della città
non so qual grazia nel portamento, vestito con ele-
ganza
di
vantaggi
gusto,
che
fornito
danno
colla società eletta,
la
insomma ricchezza
una specie
di
di
e
tutti il
quei
praticare
presentimento
assalse Atanasio, che quella venuta e quel giovane così caro e leggiadro gli sarebbero fatali.
28
CANE DEL CIECO.
IL
Primo danno che
ne toccò fu intanto che
glie
dovette rinunciare a vedere
per
lunghe
sì
ore
così
Lucietta.
la
frequente e
di Il
signor
Pietro
era venuto con una quantità di ordinazioni di la-
voro e di grandiosi progetti da dare nuovo slancio
all'
lario,
il
diminuito
fu
diminuito fece
:
tutti Atanasio, al quale
di
pili
tempo libero
il
sa-
il l'
ebbe
Pietro
meritato onore di nominarlo capo
d' officina.
giorni passarono per ciò,
senza che
Parecchi
r operaio potesse correre che
aumentato
industria. Agli operai fu
ma
umore tornò a
suo
il
bianca casetta
alla
intristirsi
quando a forza di
finalmente,
briciolo di
momenti
tempo per correre che
quelli,
pel
dei
suoi
;
potè
pasti un
lassù, erano sì brevi
desiderio da
gran
provato erano come un sorso
di
non poco
industriarsi,
strappare alle ore di lavoro e
:
lui
acqua a chi muore
d'
di sete.
La Lucietta veniva e
sapeva e
gli
manda
ancora in
essa
casa dei
che frequenza? Atanasio non lo
con
padroni,
premeva
di saperlo,
e
moverne do-
se ne vergognava. Già di spiare le venute
della fanciulla non era più
il
caso, e
meno ancora
quello di correre in traccia di lei col pretesto di
cercar del principale.
smesso del tutto direzione
pre
lì
e
l'
aveva
non
s'
Il
padre
di
Pietro
aveva
ogni ingerenza nelP opificio il
figliuolo,
il
quale
;
la
era sem-
allontanava d' un passo e non per-
IL
metteva che nessuno
mento nel suo
s'
e
ufficio,
verso
neroso
gli
quanto era buono
zelanti
s'
mo-
un
pure
indugiasse
e ge-
altrettanto era
operai,
severo e implacabile verso
Atanasio
29
CANE DEL CIECO.
negligenti.
i
arrabbiava maledettamente.
Fu peg-
che
poteva
gio quando, in quelle corte scappate
fare ad intervalli alla casa di Taddeo, d' assai
accorgersi che Lucietta erasi
La non rideva
suo contegno.
non sentiva più, arrivando,
quasi più;
mezzo
di
gli
parve
mutata nel il
giovane
agli alberi
del bosco, l^allegra di lei canzone che gli annun-
ciava la vicinanza della casa
tava
distratta,
dava- ad
freddamente
di prima,
per ritirarsi
nella
;
parlava poco, ascol-
Atanasio
la
mano
più
trovava frequenti pretesti
sua cameretta e non lasciarsi
veder più. "
"
Voi non istate bene?
chiese un giorno
le
r operaio. "
Benissimo,
questa
"
domanda?
rispose
ella
:
"
perchè mi fate
"
Atanasio le disse del cambiamento che aveva notato
in
lei:
Lucietta arrossì fino sulla
non rispose parola e
s'
nostro operaio
ci
Il
pensò ben bene un giorno
e una notte, e ancora un altro giorno; e dipoi, in cui s'
s'
era procacciata un' ora
avviò verso la dimora di
risoluzione.
fronte,
allontanò.
la sera
di libertà,
Taddeo con una gran
30
CANE DEL CIECO.
IL
Però non prese
non
scorciatoja,
la
passo delle sue lunghe gambe,
allungò
il
quantunque fosse
e,
già tardi, andò su lentamente per la stradicciuola
comune, fermandosi tratto tratto a meditare. Egli s'era deciso a svelar finalmente
Lucietta
chiedere
camminasse,
isposa.
in
il
suo segreto e
Per quanto adagio
arrivò pure a quella benedetta
e' ci
Casina bianca. Vi regnava un silenzio che gli parve di malaugurio
chiusa l'
;
;
nessuno era di
una riga
fuori, la
porta soc-
di luce rossigna, che filtrava dal-
uscio in suir aia già quasi ottenebrata dalla sera,
indicava che nella stanza terrena eravi
un lume acceso.
Atanasio
accostò
si
il
fuoco od
piano
col
cuore che gli palpitava, e per la fessura guardò dentro. Taddeo, seduto sopra
il
suo vecchio seg-
giolone di cuoio a bracciuoli, sonnecchiava innanzi al
fuoco
sua moglie,
;
mino, guardava per cietta
non
e'
entro
Fra
era.
accoccolata presso al ca-
dormiva accovacciata
le
ad una pentola
gambe
;
Lu-
del Guardaboschi
la cagnetta di razza inqua-
lificabile.
Atanasio quasi rallegrossi di non vedere colà in quel
lare
più
momento franco,
spinse pian
la
ragazza; avrebbe osato par-
non essendoci
piano
1'
lei
uscio ed entrò.
presente.
La cagna
sola ad accorgersi della venuta di qualcheduno si
Sofu ;
la
drizzò a sedere puntando le piote anteriori per
terra, e cominciò
ad abbaiare
;
ma
visto subito che
CANE DEL CIECO.
IL
egli era
amico
1'
31
levò
di casa, si
di tratto
e gli
mosse incontro scodinzolando.
Taddeo
si
svegliò, la moglie
sua contemplazione della pentola e il
riscosse dalla
si
si
volse verso
nuovo venuto. "
Ah, siete voi Atanasio ?
"
diss' ella. "
qui; mangiate un
venite, sedete
Da bravo
boccon
di
!
cena
con noi."
V. Atanasio
inoltrò, sedette, ringraziò, e si
s'
a tormentare la cocca della sua
da
essa
volesse
far
venir
fuori
parole
le
pose
come se
tunica,
del
discorso.
"Bel tempo d'autunno!" "
Bel tempo
!
disse Taddeo.
rispose Atanasio, guardando
"
il
fuoco. "
Fatto apposta per andare a caccia."
"Già!" "
Guardate
:
se ci aveste
un giorno
di libero,
che poteste venir meco di buon mattino
bravo schioppo, dove
i
sì
che vi menerei
Ma
mandò un
io
non ho
Guardò
intorno,
"
luoghi
tordi vi parrebbe che fioccassero."
Atanasio "
io in certi
con un
E....
sospiro.
di giorni liberi."
come se cercasse
e la vostra Lucietta
? "
di qualche cosa. finì
per dire.
32
CANE DEL CIECO.
IL
Fu
madre
la
È
"
di lei che rispose
giovane fece
Il
:
giù al villaggio, in casa dei padroni."
un sobbalzo sulla seggiola
di
legno su cui era seduto.
"Dei padroni?"
come
ripetè,
se dubitasse
di
non aver capito bene. " Sì,
La si
dei signori Frangia.... Sono tanto buoni!
signora vuole alla mia figliuola un bene da non e la desidera frequentemente con sé."
dire,
Ma
"
gli è
già tardi," interruppe Atanasio cui
r appresa notizia stese un velo volto
" ;
come
e
No
"
È
sul
non
la
"
vien mica."
ci
"
?
già da due giorni colà, e vi rimane ancora
una settimana. La Signora ha
insistito tanto,
abbiamo dovuto acconsentire a un po'
tristezza
farà a venirsene su la Lucietta?
Per questa sera
" "
di
lasciargliela
che per
di tempo."
Atanasio sorse in piedi tutto turbato; voleva sgridare, rampognare,
senso
ma
ebbe ancora tanto buon
e tanta padronanza
di
sé
Con
da tacere.
che diritto poteva egli far rimproveri ed anche semplici osservazioni
Che cosa era
?
gente, per quella ragazza
? I
tettori di quella famiglia
;
che
la
v'
egli per quella
Frangia erano
i
pro-
era forse alcun male
Signora tenesse presso di sé la giovane che
aveva fatto educare,
a'
era venuta sovvenendo
?
cui bisogni, in varia
forma
L' operaio non disse adun-
IL
ma senti la
que nulla;
una notte senza via
Òò
CANK DEL CIKCO.
sua anima diventar buia come
un tratto
e a
stelle,
gli
andarono
coraggio e la voglia di fare la sua dichiara-
il
Trovò un pretesto per
zione.
partissene subito, e ridiscese
rifiutare la cena,
il
poggio
coli'
e
inferno
nel cuore.
Di gran nuvo-
Si era fatto notte interamente. loni
s'
aggiravano
in
e
cielo,
fra
loro
splendeva
con un limpido chiarore la luna quasi piena, nascosta di quando in quando
che
le
da qualcuno di
passava dinanzi. Atanasio camminava senza
saper ben preciso in qual direzione lo
essi
;
ma
le
gambe
portarono alla fonderia, e precisamente da quella
parte dove era la casa dei proprietari.
Era una casa non molta che formava tre
lati
d'
alta,
ma
done due verso
le
cortile, le quali,
dopo un intervallo
di metri, dall'
una
officine
chiudevano
il
piuttosto vasta,
un quadrilatero, spingenche stavano in fondo di
al
una ventina
quadrato, allungandosi però
e dall' altra parte in
una linea più
estesa.
Dinanzi alla facciata della casa, che guardava sopra la
strada,
meno
si
stendeva una terrazza, lunga poco
della facciata
medesima, alta un metro dal
suolo, sulla quale dal salotto e dalle altre stanze del
pian terreno davano adito delle alte porte-finestre.
Atanasio venne da quella parte, passò lenta-
mente innanzi a quella fisso
facciata,
con lo sguardo
nel chiarore che usciva da que' cristalli, Bersezio-
5
34
CANE DEL CIECO.
IL
La
luna in
terrazzo;
sul
quel 1'
uomo che andava fermò,
momento batteva
operaio e
veniva ; poi
d'
un
queir uomo
si
appoggiò coi gomiti alla ringhiera e la
si
luna ne
completamente
illuminò
volse in su
:
ch'ei
faccia
la
era Pietro Frangia che fumava un
garo a quella brezza notturna. Atanasio per
pieno
di
V ombra
vide
ci
ma
allontanarsi,
suo
il
si
principale
si-
voltò
aveva
l'
visto.
Olà
"
nasio
:
"
!
Ehi
non m' inganno, tu
se
!...
"
gli gridò.
Alto, Atanasio
Ata-
se'
" !
Questi, benché a malincuore, dovette fermarsi. "
Buona
"
Vieni qua. Dove vai girando
Non mi pare
:
"
si
A me
gue acceso addosso.
"Eh! io
piace
fresco....
il
lo capisco. Il fuoco della
moto
;
e
Ho
san-
il
fucina!...
sera....
Ma
To'! mi ar-
bisogno di prender aria
ho bisogno
un confidente. Tu
d'
mi accompagnerai a passeggiare migliore posso io avere di te, fratello ?
Ho
"
proprio a tempo.
e di far
da un
in presenza al suo gio-
pure ho una smania questa
rivi
serate in-
dicesse, tutto preso
nuovo e molesto impaccio "
Le
"
rispose Atanasio, che in verità
non sapeva bene che
vane padrone.
?
io.
"
cominciano ad esser freddine. "
appunto
sera, sor Pietro, sono
;
e qual confidente
che mi sei
come
"
Atanasio sentì che avrebbe pur dovuto rispon-
35
CANE DEL CIECO.
IL
ma
dere qualche parola,
non seppe cosa dire; e
pensava frattanto:
— Confidente!, Pietro
..che confidenze vuol egli farmi?
un attimo scese dal terrazzo
in
al fianco dell' operaio
revole
:
ne prese
domestichezza e
lo
il
fece
e
fu
braccio con
amo-
avviare
buon
di
passo giù della strada.
Camminarono un nasio non
si
bel tratto senza parlare. Ata-
avventurava ad interrogare; Pietro
pareva provasse alcune difficoltà non leggiere a cominciare
Fumava rapidamente, guar-
discorso.
il
dava intorno, sospirava forte; finalmente ruppe
un
silenzio dicendo con "
È
il
risolino forzato:
strana! sai tu che in questo
momento
io
ho addosso un' ansietà che mi dà un' agitazione delle maggiori eh' io abbia provato
"
Che
cos' è ? "
qualche cosa.
dir
trarietà ? "
"
mai
?
Questo
"
non r avrei creduto.
domandò Atanasio, tanto per Le capita forse alcuna con-
"
No, contrarietà.... quello che provo
che te lo dica?... è timore.
io,
vuoi
"
"Timore!... di che?" "
Gli è che adesso adesso
sorte della
mia
mia
vita e dipende
si
sta decidendo la
da una parola la
felicità."
Atanasio
si
fermò su due piedi, stranamente
turbato a un tratto.
36
GANK DEL CIECO.
IL
"
Oh come mai
"
Eccoti le confidenze.... sarai
? "
dimandò
egli.
cietta, e
1'
amo
Per fortuna
Amo
tanto che noi posso dire.
vedere
dell' operaio.
tutti gì' innamorati,
bisogno di raccontare più particolareggiate
amor
le semplici vicende dell' "
Quando sono
partito
un
bello e buono
tesoretto
mio
ritorno,
Lucietta era
qua,
prometteva diventare
fanciulla che
rivista al
suo.
di
già una cara
ora
ma
;
!
scriveva
E
sempre tanti prodigi
Ebbene, la trovai superiore a
Mi
vo dicendo di
n'
ero pazzamente innamorato.
?
accorsi
Ah
!
in
non
ho
nota che
mia ma-
:
di
lei
tutti gli elogi....
ti
più
l'
mi parve
la
ne aveva pure la grande aspettazione
dre mi
che
ora
che
sì
aver superate tutte le sue promesse io
da non po-
sì fitta
la faccia
come
Pietro, chiacchierone il
"
pallore e la contrazione dei muscoli
il
che vennero a sconvolgere
sentì
le
Lu-
nubi in quel punto avevano co-
le
perto la luna e V oscurità era tersi
che
solo
il
abbia ricevute, fuori de' miei genitori.
!...
Che
breve che esitai
un
momentino. Mi stimerai abbastanza, spero, da non supporre nemmeno che mi sia venuto un cattivo pensiero
a
tal
riguardo.
È
una povera giovane
che non ha nulla; e tanto essa quanto miglia devono dimolto a
noi....
la
sua fa-
ragione di più per
averne ogni rispetto. Parlai a mio padre e a mia
madre che mi amano tanto da consentire a tutto
CANE DEL CIECO.
IL
37
quello che può farmi felice. Essa non è
per condizione né per fortuna;
Fu
ma
mia pari
che importa?
come poche ne
allevata a meraviglia, ha talenti
hanno, è virtuosissima; tutto la fa degna del nogrado.
stro
Della
averne pensiero
Mia madre
il
carico
— Va' lei
via,
una
è
il
cuore
sul terrazzo,
— mi
disse,
dirti
agitato
tuo
il
la-
tuo ritorno
al
:
—e
come Dio
destino. tei dica.
sembrata una buona fortuna vedere a passar
così
te,
scrutare
niezz' ora
r avrò confessata, e saprò
— Uscii
di
.'
questa sera medesima, e in questo
momento.
sciami sola con
Mi
non abbiamo da
povertà
non siamo noi ricchi abbastanza
accettò
della giovane
stesso
;
sua
buono mio amico. Per occupare questa
benedetta mezz'ora, avevo bisogno di camminare, di
sfogarmi con
qualcheduno....
mio
di te poteva convenire al
Atanasio camminava
a
E
niuno meglio "
caso.
capo chino senza far
parola, senza batter palpebra, quasi avreste detto
senza tirare
il
fiato.
Stringeva così forte le mani
serrate a pugno, che le unghie delle dita gli en-
travano nelle carni della palma; teneva stretti che più
non potrebbe una morsa
Quando aveva udito Pietro parlare fatti
i
denti
di ferro.
di benefizi
dalla sua famiglia a quella di Lucietta, e poi
della disparità di condizioni fra lui e la ragazza, e dei meriti di costei
che la facevano degna di
venire innalzata fino a
lui,
un amarissimo soijghi-
38 gno e
era
si
disegnato
onda
un'
Tutti le
CANE DEL CIECO.
IL
i
collera
di
sue labbra
sulle
eragli
contratte
al
salita
cervello.
tutte
suoi pregiudizi contro la ricchezza,
sue antipatie contro
i
ricchi, tutto
il
suo odio
contro la società e le sue smanie furibonde di
ri-
bellione gli erano tornati, e più intensi e più vi-
un
vaci a tutti figlio
tratto. Colui ricco, colui superiore, colui
vantaggi; ed
i
egli?...
Si riscosse e volse al
del suo principale un' occhiata bieca, in cui
traboccava V idea orribile della violenza
:
ma
Pietro,
assorto tutto nella propria emozione, non vide per
fortuna
cupo Il "
come non avvertiva
sguardo,
quello
il
silenzio dell' operaio.
giovane ricco
Ma
oramai
il
si
fermò
di colpo.
tempo dettomi da mia madre
dev' essere trascorso.,., o non
Torniamo
pochi minuti sulle braci....
ci
mancheranno che
come
indietro.... io sto
ho bisogno, non fosse
dere la casa dove Lucietta
altro,
di
ve-
sta per pronunziare,
dove forse avrà già pronunziata la mia sentenza.
Solamente vedendo a traverso
vetri la luce
i
salotto dove stanno a discorrere,
più tranquillo.
E
si
mi pare che sarò
"
voltò indietro, rifacendo
Atanasio
del
i
passi verso la casa.
diede ad accarezzare la follia di
una speranza.' Se
Lucietta non lo amasse,
giovane, benché ricco
?
aveva tanto
quel
buon senso
quella ragazza! doveva preferire uno sposo della
CANE DEL
IL
sua condizione
:
doveva capire che nessuno V avrebbe
amata mai quanto un bravo
operaio....
Atanasio per esempio. Mercè uno riuscì a disserrare "
come V
denti.
i
alla giovane ?
"
Non
l'
soffocata.
ha mai
"
inter-
"
'?
No....
me
ne
feci
uno
come
vinetta che veniva
E
mia madre!...
scrupolo....
ad una gio-
ospite e protetta in casa
nella
sua ingenua allegria
essa ha una semplice dignità che m' impone.
Erano giunti nuovamente innanzi
La
lui
infelice
a....
rogata
di
sforzo,
Ella non ha mai parlato
domandò con voce "
30
CIP:CO.
luna, liberata dal velo
delle
nubi,
"
casa.
alla
tornava a
splendere brillante. Pietro trasse T orinolo e guardò
r
ora.
Eh
"
la
!
mancano che
mezz' ora è passata oramai.... non tre minuti.... tre minuti più o
non monta.... non sarà che io
si
non
Pietro gli
si
lo arrestò
Che cosa?
"
Un
lei....
piacere
Mi
" "
disse
:
V operaio con voce
tre-
faccia sapere.... subito la risposta di
La prego !... una sola parola. " domandò il principale vieppiù
della giovane....
Oh come? " stupito. " Oh che "
bruscamente per un braccio.
volse stupito.
"
"
minuti
dell' argomento....
posso più reggere.... vado."
ci
Atanasio
mante.
in questi tre ultimi
sarà aspettato a parlare
meno,
tanto
ti
preme ?
"
40
CANE DEL CIECO.
IL
mi preme sapere
"Sì....
se Ella sarà felice;"
rispose Atanasio con voce roca.
Pietro credette in questa spiegazione;
con forza la mano "
all'
operaio dicendogli
comunicherò
ti
:
Grazie mio buon amico. L' ho sempre saputo
che tu mi vuoi bene. Or via aspetta qui un e
strinse
Una
1'
esito....
porte-finestre
delle
momento
"
aprì,
s'
e
una donna
inoltrata ìq età si avanzò sul terrazzo. "
"
Sei tu Pietro ?
venendo
diss' ella
fino alla
ringhiera. "
Mamma mamma !
!
"
esclamò
il
giovine pal-
pitante. "
Vieni
presto
!
" !
disse la
donna e rientrò
sol-
lecita in casa.
Pietro
si
slanciò di corsa verso
V entrata.
Atanasio rimase immobile, piantato innanzi terrazzo.
Non
sposta
fatto d' esser venuta la
il
a sollecitare
era una sufficientemente chiara
il
il
desiderio
quanto è tenace
di
Pietro ?
la illusione nel
ri-
madre medesima
ritorno del figliuolo ?
fatto così se le parole di Lucietta
secondo
al
Avrebbe
ella
non fossero state Eppure, vedete cuore umano
!
il
povero operaio rimaneva ancora colà, attaccato a
un
lieve filo di speranza.
Pietro non obliò Atanasio e la promessa gli
le
aveva
fatto.
Dopo un poco
sue sembianze, illuminate
che
uscì sul terrazzo e
dalla
luna in quel
IL
momento
41
CANE DEL CIECO.
limpidissima, apparvero
operaio così
all'
piene di gioia che ninna parola più occorreva ad
annunziare la ventura del giovane. "
Atanasio,
e sonora:
"
gridò Pietro con
"
Sono
felice.... va',
voce commossa
e che ciò possa farti
passare una buona notte anche a
te
" !
VI.
Una buona notte! Quale scherno! La luna erasi nascosta di nuovo, e pareva finitivamente. In quella lotta fra la luce e
nebre,
queste
sembravano aver
una
sulla natura
fitta oscurità.
cora era l'animo
Ma
dete-
regnava
più oscuro an-
d'Atanasio. Quali orrende idee
passassero per la mente, quali spasimi gli tor-
gli
turassero il
vinto, e
le
Cielo.
che
il
il
cuore, fu sempre un segreto fra lui e
Non
mattino
rientrò nella sua :
ma
povera abitazione
a chi lo vide, egli ebbe a pa-
rere invecchiato di anni.
e
Da quel giorno egli non fu nemmeno a sorridere. Tornò a
ria,
ed anzi più assai di prima
più visto a ridere
frequentare ;
il
l'
oste-
suo umore
ri-
divenne peggiore che non fosse stato mai, rabbioso, maligno, scontroso, insofferente. Sfuggiva tutti: più di tutti gli altri
Taddeo, Lucietta, e Pietro mede-
simo, quando le faccende dell' opificio non
gassero a trovarsi con
lui.
l'
obbli-
Costoro, nel colmo della
42
CANE DEL CIECO.
IL
loro
non
gioia,
s'
menomamente
pure
accorsero
della nuova selvatichezza d'Atanasio.
Nella fonderia, tra gli operai, nel villaggio e nelle vicinanze fra tutti gli abitanti
non v'era più
altro discorso che quello del prossimo
matrimonio
del giovane e ricco padrone delle officine colla po-
vera figliuola del veterano. Tutti lodavano a cielo la generosità del giovane
;
udiva che
s'
ragazze invidiavano un
le
po' indispettite la fortuna
incominciava a parlar di
tirava via senza dir nulla.
Fu
visto,
gli
capitava mai
ciò,
il
—
parecchie volte ubbriaco fradicio
prima non
Quando
della fanciulla.
Atanasio
disgraziato, la qual cosa
— correre per
la
cam-
pagna gridando parole incomposte, urlando vaghe minaccio, per cadere poi come morto in un fosso.
Aveva bandito da natamente come
se ogni nettezza, viveva disordi-
più vizioso degli operai
il
ogni
:
giorno più sembrava imbestialirsi, Pietro, neir eccesso della sua gioia, aveva
altro
a cui pensare, che
i
ben
diportamenti del suo
compagno d'infanzia; ma pure non potè a meno di accorgersi di tanta mutazione, e
tolo a sé, glie
ricordò
la
ne fece amorevoli rimproveri
sua buona condotta
rammentò come
un giorno, avu-
d'
;
un tempo,
gli gli
economia, colla sobrietà, po-
coli'
tesse procurarsi un migliore avvenire. "
Che
la
vuole
?
"
rispose
1'
operaio
rauca, a testa bassa, senza guardare
in
con voce faccia
il
"
SUO principale.
43
CANE DEL CIECO.
IL
La
vita è
una cosa tanto breve,
e tanto da nulla; io sono così solo conforti
(li
r economia,
La
sorta!
parsimonia,
temperanza,
a che cosa mi meneranno
la virtù
non sono fatto per essere
stipite d'
una
sono solo, vivrò sempre solo, creperò
E
"
perchè ?
qualche vivacità. ci
"
interruppe
Un
"
onest'
E
"
"
Atanasio
"Eh! mi
E
Era
lui.
Lo
so io "
un onest' uomo ? ^
scusi....
Ciascuno ha
le
la duri.
sue
idee....
lasci diver-
"
allontanò senza più voler ascoltare parola. stato quindici giorni
La
alla casetta bianca. si
?...
dei
"
"
mio modo, finche s'
dovere, e
mondo
!
Finche non faccio male a nessuno mi tire a
il
al
che saranno galantuomini come
stesso per sicuro d' essere
con
Pietro
uomo ha
se invece diventassero birbanti
? Io
famiglia.... solo...."
sor
il
trova la sua felicità, di mettere
figliuoli
senza
e così
la
decise a recarvisi.
rampogna bella che
Taddeo mancanza
della sua
mai dalla sua
senza metter piede
vigilia proprio delle gli fece ;
felicità,
nozze
gentilmente
Lucietta, fatta più gli
venne incontro
salutandolo colla medesima cordialità di prima. "
Caro Atanasio,
qui di nuovo.
Non
"
gli disse,
vi si
"
vede più
finalmente eccovi !
E
sì
che avevo
bisogno di dirvi tante cose, di ringraziarvi.... "
e
Ringraziarmi
corrugando
"'
!
interruppe Atanasio
le sopracciglia.
"
stupito
44 Sicuro
"
amate
!...
IL
CANE DEL CIECO.
Io
so
mio Pietro,
il
alla nostra felicità.
quanto siete buono, quanto
modo
di che
avete preso parte
"
Atanasio arrossì fino sulla fronte
;
egli che, se
fosse stato in poter suo, avrebbe fatto spalancare la terra
sotto
la
Frangia perchè ve
casa dei
li
inghiottisse tutti.
Lucietta continuava lietamente:
Oh
"
Pietro
!
eziandio vi
mi ha detto
farebbe per procurarvi del bene.
Oh
" "
Lo
so
sì, "
!...
mormorò
Me ne ha
che
si "
come
Ma
egli
"
operaio coi denti stretti.
1'
già fatto tanto
tanto sempre del bene
Né
tutto....
ama dimolto, e non so che cosa non
!...
Me
ne fa
" !
Lucietta né altri avvertirono la feroce ironia
nascondeva sotto quelle parole.
Ed
ora,
"
riprese la
per cambiar discorso,
sorridendo e
fanciulla "
voi siete giunto pro-
a tempo, perché ho da domandarvi un pia-
prio cere.
" "
"
Che cosa ?
"
La nostra cagnetta
disse freddamente Atanasio.
partorì
bestioline:
tre
due sono morte e l'ultima che ancor rimane, mio padre la vuol sacrificare anch' essa. "
Uh
!
"
saltò su
mostri da fare
il
"
vecchio soldato.
schifo....
"
Tre brutti
Lei è già brutta da non
potersi dir quanto, mix quei suoi piccini riuscirono d'
una bruttezza che eccede ogni limite
di discre-
E
zione.
servare iti,
e
capo di con-
è
cacciata
in
bella razza?
Due per
fortuna sono già
s'
terzo sto per iscaraventarlo giù del bur-
il
"
rone. "
Lucietta
sì
45
CANE DEL CIECO.
IL
No, no, babbo, non farete ciò
:
"
disse la figliuola
"
E' son nati quel
con graziosa bizza capricciosetta. giorno
appunto
vo' che
quest' ultimo sopra vissuto sia salvo
che
tornai
qui
felice
La
;
:
ed è a
"
voi Atanasio che lo raccomando.
"A me ?
tanto
di
"
cagna, come se avesse capito che
momento opportuno
punto
il
fuori,
accompagnata
di
suo
dal
si
parlava
che questo era ap-
del suo neonato, e giudicato
mostrarsi, saltò
piccino
veramente
orribile. "
"
Eccola qui,
Gli ho posto
esclamò Lucietta
nome Azor, a questo
rete piacere a conservarglielo. "
di
mala "
ve
Volete che
prenda
lo
io ? "
" ;
ed ecco Azor.
piccino, e
mi
fa-
"
domandò Atanasio
voglia.
Non
è vero che
me
lo farete
questo piacere?
mia memoria.... Ecco.
lo
terrete per
Il
giovane sorrise amaramente.
gambe
eragli venuta fra le
lo
"
La cagna che
salutava con amo-
revole agitar di coda, lo guardava con occhio che
pareva supplichevole, ed avreste detto che
raccomandava anch' e prese fra le
essa. L' operaio si curvò
mani
il
cagnolino.
gli
si
a terra
46
CANE DEL CIECO.
]L "
Per vostra memoria, Lucietta
minandolo
"
ripetè
:
con un accento fra di mestizia e
e
esad' ira
repressa,
Taddeo "
cacciò a
si
Bella memoria
rid^e
Non
!
buon cuore.
di
una per-
è 'vero che è
"
fezione di bruttezza ?
La cagna nasio, e gli
il
fregava contro
si
le
gambe
di
Ata-
cagnolino, ch'egli teneva fra le braccia,
leccava le mani. "
Sarà
Ebbene
sia, "
mia compagnia....
la
disse
egli
" :
io
alleverò
lo
— Mia unica compagnia
!
!
soggiunse fra sé con amarezza. portò via
Si
uomo ha
L'
canino.
il
tanto
bi-
sogno di mettere affezione in altrui, che Atanasio il
non poteva
quale, per le sue tristi condizioni,
nessun essere umano, prese a voler
oramai amare
di cagnolino. E'
bene a quel mostricciuolo
sentiva più così -solo sulla terra
:
non
pazione diversa da quella del suo mestiere,
ne
compiaceva;
era
uno
si
aveva una occuse
e
una diversione
spasso,
da' suoi usati pensieri che gli faceva del
bene
;
se
lo portava seco, queir animale, perfino alla fonderia;
usciva di molte volte, solamente per farlo passeggiare
lo
;
vedere,
accarezzava, quando
come
— Ecco
altri fa d'
la
tutto
il
mondo per
:
lo
poteva
un banrbino.
mia sola
pungente amarezza
nessuno
famiglia,
— ecco me.,.,
il
mio
—
dicevasi
solo^
un cane!
—
con
amore, ecco
CANE
IL
In Azor la
47
DK^i CIECO.
scemare
bruttezza,; che invece di
veniva aumentando ogni giorno,
era
compensata
da molta intelligenza e ^periore ancora tuosità. pili;
e
Pose
s'
atìet-
suo padrane un amore che nulla
al
come
1'
ricordale
ei
la protezione datagli
da Lucietta, dopo Atanasio era
colei che predili-
geva, e ogni qual volta li vedesse, le andava in-
contro a farle un' infinità di feste. Pietro e Lucietta, frattanto, vivevano
amavano proprio
felici.
Si
non solamente per tra-
sul sodo,
sporto giovanile, ed erano affatto degni l'uno dell'
altra a vicenda.
Un anno dopo
il
Atanasio
mandava
cielo
un bel bambino. Tutte
fuggiva con cura.
li
alljt
le felicità
giovane coppia
1
L'operaio era diventato sempre più np^santropo; fuori dell' officina,
luogo solo,
non
fuor che
mai,
vedeva più
lo si
all'
osteria
colà beveva
:
non permetteva che nessuno sedesse
tavola,
respingeva
accostarlo, e
nessun
in
alla
da sua
bruscamente ogni tentativo di
quando cominciava a
balbettava parole inintelligibili
sentirsi 'ubbriaco,
e
partiva barcol-
lando, accompagnato dal suo indivisibile cane, per
andarsi a nascondere, non
Un
si
sapeva dove.
giorno, Lucietta e Pietro, ai
rincresceva
il
degradamento
di questo
vane, ebbero la infelice ispirazione
tornare quel di prima. Cercavano di
di
quali
molto
valente giovolerlo ri-
lui, lo
chiama-
vano sovente in casa loro e Lucietta principalmente, ;
48
CANE DEL CIECO.
IL
Ogni occasione per averlo a sé da sola,
colta
con assai amorevolezza,
pose a trattarlo tento
di
fargli
scorgere
della
torto
il
si
nell' in-
sua vita
presente e destargli la voglia di ammendarsi. si
schivò, parve anzi fuggire
e la
moglie specialmente del
Atanasio da prima
con più cura
tutti,
suo giovane principale; poi dolcezza di quei momenti
si lasciò
in
cui
si
e n' era trattato con tanta
con
lei
finì
per accarezzare le più pazze
peva essere
illusioni,
ma
cogliere alla
trovava solo
amorevolezza
illusioni,
;
che sa-
nelle quali cercava e tro-
vava una morbosa soddisfazione. Pareva rinata fra Lucietta e lui la famigliarità
d'
un tempo, quando
Atanasio, lassù alla bianca casetta, andava ad attinger acqua per le
lei,
col secchiello eh' ella faceva
mostre di contrastargli.
Le rimostranze
e
consigli
i
vano aver ottenuto un
felice
di
Lucietta pare-
successo.
Atanasio
tornava ad essere più pulito, meno misantropo, non allegro,
ma meno
scontroso,
non mite,
ma meno
permaloso ed irascibile: lavorava con più ardore ancora, teneva condotta più regolata. Solamente, il
vizio
onde non
si
era guarito
era
quello del
bere. Però se ne nascondeva accuratamente. Non si
frammischiava più alla frotta dei beoni; pene-
trava di soppiatto neir osteria a notte inoltrata,
quando ogni care in
altro n' era già partito, si faceva re-
una stanza un numero
di
bottiglie, e là.
IL
49
CANE DEL CIECO.
rinserratosi col suo Azor,
beveva,
ne smarriva completamente
beveva,
ragione
la
finché
allora par-
;
lava, e diceva a sé stesso, al cane, alle pareti, alle bottiglie,
mille
le
che parevano
il
se egli avesse
cose,
che non
avevano
un pazzo, cose
delirio d'
mai sospettato che un
altr'
senso,
che
tali
uomo
le
avesse udite, lo avrebbe strozzato colle sue mani.
Al mattino
aveva
si
una brocca reva
riscuoteva dal pesante letargo, in cui
per cadere;
finito
d'
acqua gelata, pagava
all' officina
mai. Ci volevano
E
1'
oste e cor-
dove lavorava più indefesso che i
muscoli di ferro e
i
nervi d' ac-
aveva dato madre natura per resistere
ciaio che gli
ad una
versava in capo tutta
si
tal vita.
ad Azor Atanasio voleva sempre più bene.
Spesse volte quando
solo nella sua
era
camera,
lungi da ogni occhio ed orecchio umano, egli se lo
prendeva fra
le braccia,
quel brutto aborto di ca-
gnuolo, e lo stringeva, e lo accarezzava, e lo baciava
dicendogli coir accento, con cui altri par-
!...
lerebbe ad un amante:
— Caro Io,
a
te,
dato a
il
mio Azor, voglimi bene almeno
voglio tanto bene!...
ti
me;
e
lei....
sappilo,
dirlo a nessuno veh!...
pre
più....
lei,
e furiosamente
Bersezio.
io !
È
lei
che
ti
ricordatene,
ma
l'amo sempre,
e
—
tu.
ha
non sem-
50
CANE DEL CIECO.
IL
VII.
Gli affari della fonderia, intanto, sotto
1'
abile
direzione del signor Pietro, prosperavano sempre
meglio.
giovane principale, che tutto curava, tutto
Il
voleva vedere egli stesso, a tutto sopraintendeva e provvedeva, era perciò obbligato a fare frequenti
lungi
gite
fossile,
di
del villaggio, per acquisto
minerali,
per intraprendere forni-
queste
e
carbon
macchine, per trattare a
di
viva voce di ordinazioni,
ture ed appalti:
di
meno
più o
assenze,
lunghe, dimolto rincrescevano e recavano malinco-
suo sposo amava sempre
nia a Lucietta la quale
il
più, come, in realtà,
bravo Pietro meritava che
il
fosse.
Nei
della lontananza del marito,
tristi giorni
la giovane soleva cercare conforto nelle occupazioni
della maternità, intorno a quel gioiello di bimbo,
amava con vero
eh' ella
pagnia
d' Atanasio,
il
e nella
com-
come compagno
d' in-
trasporto,
quale,
fanzia di Pietro, le pareva ricordarle più efficace-
mente
il
caro lontano.
E
questi stesso,
prima di
partire, soleva dire sorridendo ad Atanasio
— Ti
raccomando mia moglie veh
compagnia.
—
L' operaio obbediva zelantemente
;
!
:
Falle buona
in quei giorni
IL
passava con Lu-
tutte le ore clie aveva libere, le
cietta: e
sapeva così bene condurre
parlavano
che
51
CANE DEL CIECO.
più
il
prima del matrimonio
dei
di
delle
lei,
discorso,
il
tempi
spesso
passati,
ore che tra-
scorrevano così leste e così liete nelle belle sere estive suir aia
della casetta
Lucietta, che vedeva
cigno
bene
il
operaio rasserenarsi,
dell'
La
infelice
caritatevole
gentilmente
audaci
nuovo,
si
prestava.
si
debolezza, quale
e
Quando Pietro
impossibili
ardore
sé
ponesse nel
idee nella mente,
folli
sogni
nella
fantasia
!
ritornava, Atanasio allontanavasi di
rifaceva più solitario
fra sé e
e
non sapeva, colla sua generosa e
sangue di quel!' uomo, quali quali
;
capiva quanta
e
gli facessero siffatte chiacchierate,
e con amorevole bontà vi
ma
papà Taddeo
di
volto sempre cupo ed ar-
continuava a
e più
taciturno;
pensare agli avuti
colloqui, interpretava a suo modo, o per dir meglio
a gusto della sua passione, parole ed atti di Lucietta, si
guastava lo spirito e la ragione col mar-
tellare continuo d' un' idea fissa. così,
La sua diventava
per davvero, un' infermità del cervello, una
monomania. Allora appunto, quando era al suo apogeo questa
morale esaltazione del disgraziato, Pietro ebbe a partirsi di là per quattro di procacciarsi certo
leva
fare
o cinque
giorni,
affine
nuovo combustibile di cui vo-
esperimento in una nuova maniera di
52
CANE DEL CIECO.
IL
Ferveva più che mai
forni.
lavoro
il
compita una certa
della settimana dovevasi dare
importantissima e
fusione
per cui da tanto tempo stare le forme,
Prima
gli alti forni.
Mi
di
il
acconciare
materiale,
di partire,
a sé Atanasio, e gli disse "
grandi proporzioni,
era in moto ad aggiu-
s'
preparare
per la fine
;
il
principale ebbe
:
tocca abbandonare la fonderia proprio in
un momento
de' più importanti e in cui si richie-
derebbe imperiosamente la mia presenza pure air estremo andare per quel
;
ma
urge
affare
tal
nel
quale non posso farmi sostituire da nessuno. In-
vece
qui
alla
fonderia lascio
che
te,
capace, e di cui mi fido interamente te,
mio caro Atanasio, tutto
bato. Io
sai,
sei
adunque su
;
carico
il
e
fino
a sa-
immancabilmente venerdì sera;
arriverò
voglio trovar tutto pronto, perchè sabato mattina di buon' ora si possa cominciare di
preparare
ogni
cosa,
e
Sì signore.
"
Dunque
ci
gitto
;
bada bene
non voglio sentir poi
pretesti ne scuse. Hai capito ? "
il
"
"
conto sopra. Ricordati bene
!
A
venerdì sera. Il
signor Frangia partì. Atanasio non ebbe in
realtà altro sola!
— La
pensiero fuori
giovane
mai non era stata l'
questo
:
— Lucietta
è
donna, per maggior fatalità,
così benigna
ed amorevole
operaio, nel quale non vedeva che
il
al-
compagno
IL
V amico devoto,
d' infanzia,
53
CANE DEL CIECO.
persona di maggior
la
fiducia di suo marito.
L' esaltazione di Atanasio era
sava rapire Lucietta e fuggire confessare
e poi uccidersi
con
lei,
Ancora nato
;
il
contraccambio
passare un giorno, un' ora di felicità
;
e poi morire tutti e due. Contava settant' ore, e poi
—
il
giorni.
i
marito sarebbe ritor-
prima che
quella volta,
e
Pen-
gettarsele ai piedi,
;
suo amore, domandarle
il
colmo.
al
doveva compiersi qualche gran fatto
venisse,
egli ;
—
lo
aveva
giurato a sé stesso, se lo veniva ripetendo le mille volte lungo la
giornata;
si
diceva per
incitarsi,
per irritarsi vieppiù, che egli sarebbe stato un vile se
al
ritorno
di
come prima, ed in silenzio lo
E 1'
Pietro le
cose fossero rimaste
egli avesse continuato a sopportare
spasimo della sua passione.
mentre
battaglia
siffatta
gli
ruggiva nel-
animo, egli rimaneva calmo, taciturno, e fredda-
mente tutto disponeva come se fosse quillo
uomo
del
il
più tran-
mondo, perchè puntualmente fossero
obbediti gli ordini del principale.
Non
e'
erano più che due giorni
all'
arrivo di
quest' ultimo.
— Domani, — sera, partendosi
disse
fece,
mentre
la
stesso
Atanasio,
la
da Lucietta e corrispondendo con
uno strano sguardo
bambinello
a se
si
al
gentile saluto
eh' ella
gli
ritirava nelle sue stanze col suo
in braccio
:
— domani tutto sarà
finito.
54
IL
CANE DEL CIECO.
Girò per la campagna
Azor si
ad ora tarda con
fino
Dopo mezzanotte
dietro.
arrivò
osteria e
all'
diede a picchiare furiosamente. Apertogli, entrò
con passo concitato e comandò, secondo gli si recasse nell'
Si
solito,
usata stanzetta una mezza doz-
zina di bottiglie, tabacco, lume, e solo.
il
chiuse dentro
egli
lo
lasciasse
si
suo cane. Nella
col
sua testa, quella notte dovette avvenire una tempesta tor
pili terribile di
che
quella
Hugo aver tormentato
racconta Vit-
ci
cervello
il
Jean
di
Valjean nel più bello dei capitoli dei Miserabili. Ai
mattino uscì come
una bottiglia
le altre volte,
ma
si
portò seco
intiera di cognac.
Lavorò tutto
il
giorno,
come
se
nulla fosse;
Pietro doveva arrivare alla sera ed avrebbe
tro-
vato tutto disposto secondo
me-
i
tallo era in fusione nei forni e
zampilli
di
fuoco
se impaziente
cominciava a gittar
da qualche commessura, come
bocche appostate entro
descente, in cui
Il
prorompere e precipitarsi nelle
di
calore d' inferno
suoi ordini.
le escavazioni inferiori.
emanava da quel il
Un
focolare incan-
ferro era liquido
come
1'
acqua.
Atanasio esaminò tutto per bene, diede le ultime disposizioni; lavori, dato
poi,
un
venuto
fischio
il
momento
ad Azor che
si
dentemente lontano da queir inferno, passi lenti verso casa sua. di ferrovia per cui
Erano
doveva giungere
di cessare
diresse a
si
le sei il
1
teneva pru-
;
il
treno
padrone non
CANE DEL CIECO.
IL
che alle
arrivava
tutti
dieci,
gli
'
'
erano
operai
chiamati per queir ora, affine di riceverne dini.
gli
Atanasio aveva quattro ore innanzi a
Si recò a casa sua, e
vestì cogli
si
festa. Canterellava fra sé co' denti stretti
veva avere sulle sembianze la traccia turbamento, perchè Azor sedutosi
or-
sé.
abiti
da
ma
do-
;
dell' interno
un angolo
in
modo
inquieto,
con que' suoi occhi pieni d' intelligenza
seguitan-
della stanza
guardava
lo
in
fiso
dolo in ogni movimento.
Tratto rifletteva
Atanasio
tratto
come uomo che
si
fermava,
pensava,
per ricordarsi qualche
fa
cosa, e poi, dato di piglio alla bottiglia del cognac
ne
tracannava giù due
Quando
fu vestito
un' ultima
come
sorsata e
mise
o
tre
gli
sorsi
abbondanti.
pareva meglio, diede
maggiore delle altre tasca
al
li-
fece per
quore,
si
uscire.
Azor, solito ad accompagnarlo sempre,
bottiglia
la
in
e
si
alzò sollecito e corse alla porta per seguirlo.
— No, carino — gridò operaio con istrano può devi rimanere. accento — quest' oggi non gli
!
Il
l'
si
:
:
cane non volle subito tirarsi indietro
drone impaziente guaire sotto
quando
si
il
gli
letto
;
diede un calcio che lo
:
il
pa-
mandò
a
Atanasio era già fuor dell'uscio,
pentì del suo brutto tiro e tornò indietro.
— Azor — chiamò !
con voce amorevole
;
e
il
cane venne strascinandosi colla pancia a terra, tutto umile, al suo cenno.
56
IL
CANE DEL CIECO. le braccia e lo baciò.
Atanasio lo prese fra
— Chi Sta' costì
buona.
—
sa se
ti
ancora
rivedrò
mio buon Azor,
Lo pose
Dio
e
—
!
mandi
la
te
—
disse.
sul letto e poi uscì correndo.
Trovò Lucietta, a cui disse voler parlare da aveva
solo a solo: le
mani e
gli occhi stralunati, le
labbra che tremavano
vedeva chiaramente
si
;
che r infelice era fuori di sé.
mio Dio
"
che cosa è avvenuto
!
quella vista.
domandò
"
spaventata
ansiosamente la moglie di Pietro, "
!
Qualche grande disgrazia ?
Atanasio, come aveva sognato tante fare, le si buttò in
ginocchio
non seppe mai
disse,
egli
volte di
Che cosa
piedi.
ai
a
"
Parlò come in
stesso.
e Lucietta, credutolo proprio assalito dalla
delirio
;
follia,
ebbe paura. Aveva essa fra
piccino e lo strinse al seno più
le
braccia
forte
fuggire. Il dissennato le impedì
il
suo
e fece per
passo.
il
dado è
tratto.
Voi non mi potete lasciar più che dandomi
la vita
"
No, no,
"
esclamò
egli,
la morte.... Voglio che sia
nessuno mai più "
"
ora
;
Ah
!
mia, o di
così....
"
Guardate quello che fate
Calmatevi
il
!
pensate
al
benefattore, a Pietro.... "
"
i
"
disse Lucietta.
amico,
vostro
al
vostro
"
non parlatemi
nasio digrignando
!
denti.
di
lui
:
"
esclamò
Ata-
IL
In quella
CANE DEL CIECO.
Lucietta
Era
:
Lucietta
!
<
udì una voce chiamare dal cortile
s'
con allegra premura "
-»
Pietro,
il
" !
quale, impaziente di rivedere la
sua famiglia, arrivava col treno di due ore prima, per fare una sorpresa a sua moglie.
Atanasio
gettò
si
quasi
indietro
spaventato;
queir omaccione forte e robusto come un Sansone, si
Che cosa
pose a tremare come un fanciullo.
avrebb' egli detto a Pietro ? che cosa fatto ora in
presenza di
lui ?
Pensò un momento scannare Lu-
cietta, poi gettarsi sul
cadavere di egli
medesimo
marito che accorreva, e sul
uccidere
lui
sé
stesso.
de' feroci impulsi della sua
Corse alla finestra e la spalancò, non piano terreno e
all'
;
si
slanciò
oscurità della notte
come un forsennato.
Che cosa la questione
gli restava
da fare? Agitò seco stesso
lungo tempo, senza decidersi a nulla.
Quando suonarono una forza
1'
anima.
era che al
si
altezza del terrazzo
nella strada e corse via, per
già piena,
Ebbe paura
le
fatale, si
dieci,
egli,
deria a capo degli altri operai.
— Lucietta fra Pietro e
gli
me
come
da
tratto
trovò al suo posto nella fon-
avrà detto tutto,
che cosa sta per
— pensava — succedere? — :
58
IL
CANE DEL CIECO.
Vili.
Il
principale era stanco del viaggio,
pato dal pensiero tantissima
che stava per
impor-
grossa,
della
dell' esito
fondita
preoccu-
essere
gittata;
mo-
oltre ciò, venuto colla speranza di vedere la
glie felicemente sorpresa e tutta lieta del suo an-
ticipato arrivo, la trovò invece turbata di sì strana
senza
maniera,
ne
eh' ella
dire
volesse
ca-
la
buon umore era suc-
gione, che al suo primitivo
cessa una stizza latente, la quale non cercava se
non un'occasione per venir fuori e aspro con
trovò che
tutti,
Fu
sfogarsi.
combustibile non era
il
stato ab])astanza sollecitamente scaricato e riposto, gli
parve che
fuoco nelle fornaci languisse
il
un rimprovero per ognuno,
e, piìi
che cogli
;
ebbe
altri,
acerbo e severo con Atanasio.
— Sa
tutto
— diceva
!
Or ora scoppierà
la
fra se quest' ultimo.
bouiba
manico
nella tasca
il
Sono stanco
di soffrire.
d'
un
La
:
fu
—
— ed
accarezzava
coltello.
— Meglio
finirà
!
una volta per
tutte.
Pietro alzò la voce con accento imperioso. "
Avete udito
tutti ?
"
Disse dopo di avere
capitolato le sue istruzioni. posto....
A
e guai chi
queir ora
si
manca
"
Domani
alle
" !
sarebbero aperti
i
forni.
sei
ri-
al
A
"
vegliare stanotte,
frase
"
:
soggiunse,
Atanasio e Girolamo.
Erano
"
rimarran-
Ata-
file.
nulla da dirmi signor Pietro ?
Non ha
la
"
primo e l'ultimo degli operai.
il
nasio saltò fuori dalle "
"
parve esitare un momento, e poi terminò
"
no....
59
CANE DEL CIECO.
IL
"
gridò
egli con voce alta e sonora.
C era
tanta sfida nell' accento di quelle parole
che Pietro
volse
si
con aria di profondo
risenti-
mento.
"Vi parlerò domattina:" rispose asciutto ed imperioso. " Ora fate quello che vi dico." Se
n'
masero
andò
principale, partirono gli operai, ri-
il
soli nelle officine
Atanasio e queir altro che
doveva essergli compagno.
primo
Il
due
di questi
scoppiò in una risata, proprio da pazzo.
— Ah, ah — Vuole
vile
il
stesso. dia....
!
prorogare
Vuole avere ancora
Questa notte?... Giuro I forni
fino a
parlando a sé
domani
al cielo e alP inferno!...
quel!' altro,
facendolo notare
Atanasio, propose di allontanarsi "
nato.
E
Eh "
la trage-
questa notte per sé
incandescenti mandavano un calore ve-
ramente infernale, e ad
— esclamò,
via
!
tu senti caldo
Minchione
!
to'
!
bevi
:
!
"
un poco.
rispose
questo
ti
il
forsen-
rinfrescherà."
porse al compagno la bottiglia del cognac,
che r altro non tere alla bocca.
si
fece pregare di molto per
met-
60
CANE DEL CIECO.
IL
"Bisogna anzi aggiungere ancora del carbone: gridava Antonio. combustibile.
E late
"
Animo
congiungendo l'atto
monti
del
a pa-
alle parole, cacciò
carbone sul fuoco.
di
villaggio
cimitero, non il
giù
alla pala, e
"
Due ore dopo batteva nile
Mano
!
"
la
tutto era silenzio
:
udiva che
si
mezzanotte
il
come
un
in
crepitare del fuoco e
ribollire del metallo in fusione.
la bottiglia del cognac, si era
cantuccio sopra uno
campa-
al
Girolamo,
addormentato
stramazzo.
Atanasio,
finita
un
in
accoc-
colato in faccia allo spiraglio ardente della fornace, le
mani
ginocchia e la faccia nelle mani,
sulle
pensava.
— Aspettare
fino
a domattina!... Perchè?...
poi che avverrà egli?...
vorrà umiliare
per Dio
!...
Non
me
a godersi
dizione di Dio
scaccerà....
lo vo' tollerare....
Finirla subito, e tutti di
Mi
presenza di
in
!...
il
!
loro
Un
Sì,
tutti
È !
Forse mi
Oh no
tutti....
meglio
finirla...
dietro
Lasciarli
amore? No: per
E
la
male-
poco d'acqua in quel metallo
in fusione, e si salta tutti in aria, la fonderia, la
casa, tutti!...
Rise e
si
Oh
sì,
che bello spettacolo!
alzò con impeto, per mettere in ese-
cuzione queir orribile progetto.
ebbe paura. Aveva già gettarla e
si
—
trattenne.
Ma
nel
migliore
mano una secchia Come se avesse avuto
in
tore del pericolo, Girolamo in quella
si
per sen-
svegliò.
" "
Che
"
Nulla,
mi strugge po'
d'
tu costì ?
fai
"
gli
disse.
rispose Atanasio
Ho una
"
:
Appunto, fammi
fresca....
sete che
andare per un
e pensavo di
le fauci,
acqua
61
CANE DEL CIECO.
IL
piacere,
il
vacci tu."
Girolamo
si
ed
la secchia
scosse
come un can bagnato, prese
uscì.
Atanasio, senza aver bene coscienza di sé stesso, più grande, e con una
saltò contro
uno de'
gran mazza
di ferro percosse
otturava
l'
forni,
Un
uscita.
appena
nell' usciolo
zampillo
fuori lanciando scintille
raio ebbe
il
di
da tutte
tempo
le parti.
gettarsi
di
che ne sprizzò
fuoco
in
L' opelà,
le
bocche delle forme non erano ancora aperte e
il
il
come
rivolo di fuoco,
la lava d'
un vulcano, preci-
pitava rapido e stendevasi al suolo empiendo tutto
fremendo, rombando. Atanasio
di fumo, crepitando,
spaventato
gettarsi
volle
nuovo quella
uscita.
mana, impossibile incandescente
s'
:
il
fiotto
ventoso
d'
impetuoso del liquido
era aperto un
lente, impetuoso,
da
che
tappare di
Era impresa oramai sovru-
non era più un zampillo,
nasio, assalito
a tentar di
si
passaggio
largo
ma un
e
vero fiume ribol-
riversava per terra. Ata-
alto terrore, gettò
un grido spa-
allarme e fuggì smarrito.
Incontrò sulla soglia Girolamo che veniva correndo, spaventato ancor egli da quel
aveva udito risuonare per la notte.
grido,
che
62
"
^
Che
"
Scappa, scappa....
nace e
cos' è ?
metallo ha rotto la for-
Il
"
riversa tutto.,..
si
Le imposte fonderia,
che
CANE PEL CIECO.
IL
delle porte
correnti e
i
e delle
aveva di legno là dentro,
si
fiammavano, e
vampavano,
finestre
travi del tetto,
i
il
della
tutto
ciò
le pareti stesse di-
tremendo
fiotto di
fuoco già si precipitava di fuori nel cortile.
Delle due ale del fabbricato, quella a sinistra
conteneva subito,
i
magazzini del combustibile, e
immediatamente
confinante
li
presso
quartiere
il
abitato da Pietro, da sua moglie, dal bambino. bollente lava di metallo fuso,
data
dall'
come
se fosse gui-
odio di chi le aveva dato V aire,
resse a volute sempre
La
si
di-
più crescenti verso quella
parte.
Girolamo
come un
cacciò a fuggire, urlando
si
dannato Atanasio corse qual dovette correre Caino, ;
dopo
il
primo assassinio commesso nel mondo.
Si fermò
dopo
dieci
minuti
Quale orrendo spettacolo
una fiamma,
il
!
magazzino
come un mucchio di
La di
sopra
un' altura.
fonderia
era tutta
combustibili
fascine, le
colla loro lingua di fuoco la casa i
Frangia, e del
Lucietta e
il
quartiere
ardeva
fiamme lambivano
dove
dove abitavano stavano
bambino, già ardevano
le
Pietro,
persiane e
i
telai delle invetriate.
In mezzo a tutto
quel
chiarore,
si
vedevano
G3
CANE DEL CIECO.
IL
come macchie scure correre affaccendati alcuni uomini
dal villaggio venivano pur correndo gli abi-
;
tanti, svegliati dalle
grida di Girolamo prima, de-
operai poscia, e affrettati per ultimo
gli altri
campana suonata a martello;
rintocchi della
luogo dove
s'
era fermato
Atanasio,
rivare un rumore confuso che era
udiva ar-
si
il
dai
fino al
suono assem-
brato di grida, di esclamazioni, di preghiere, di be-
stemmie, di pianti di tanti uomini e di tante donne disperati, spaventati.
Atanasio stette un mezzo minuto a contemplare quello spettacolo, al petto,
i
denti stretti, le braccia serrate
un mezzo minuto che
parevagli sentir nel volto
a cuocergli fra
le
le carni.
piante,
rendo presso di
e
A
il
gli
parve un'ora;
calore di quelle fiamme
un tratto sentì un fruscio
un essere animato giunse cor-
lui e gli saltò alle
gambe guaendo,
mugolando, vociando in ogni suo modo. Era Azor fuggito di casa, chi sa come, cui V istinto
condotto sin là tra sti si Il
le
gambe
aveva
del suo padrone.
Que-
chinò verso la povera bestia ad accarezzarla.
cane
lo
addentava pei panni e pareva volerlo
tirare.
— Dove mi vuoi tu condurre — diceva — Laggiù gurato, queir ?
resistendo.
Che cosa vuoi
eh' io
fare?...
ora la mia vendetta.... AH' uno nulla
!
inferno ?
? là in
vada a
lo scia-
Là
si
tutto, e
Ricchezze, agi, gioie, famiglia,
e
compie
all' l'
altro
amore
€4
IL
CANE DEL CIECO.
di lei! Tutto per lui
Ed
!...
poi non avrà più nulla
neanch'
ne moglie, né bambino....
D'ora
niente!...
io
in
né sostanze,
egli,
—
L' idea del bambino lo scosse.
— Ah! rire così
E
quell'innocente!...
crudelmente
!...
—
Mo-
lei!...
lei!....
Azor, come se vedesse che la pietà stava per entrare nell'animo del padrone, raddoppiava
il
suo
mugolìo.
—E
lei
che
Hai più cuore
ti
ha dato a
me....
La
Prese la corsa verso
l'
vuoi salva?...
—
di questo miserabile.
incendio, e
cane die-
il
tro di galoppo.
Quando giunse, dell' ala abitata
il
fuoco già consumava
da Lucietta
prio della stanza di
lei
dalla
;
il
tetto
finestra
pro-
cominciavano ad uscir fumo
e faville. Atanasio vide la donna con in braccio
il
voce
da straziare
Pietro, svegliato in sussulto alle
grida di Gi-
suo bambino, che urlava
r animo
con
di qualunque.
rolamo, non aveva avuto tempo che
moglie
:
— -Salvati
allora più
col bambino,
premeva
il
pericolo.
Un uomo
si
alla
corso dove
La donna,
capace di muoversi dallo spavento,
sopraggiungerc
dire
di
— ed era
resa in-
era lasciata
dall' incendio.
accorreva con una lunga scala: dietro
di lui, ansante, Pietro che
tumulto, aveva pure udito
in il
mezzo
all'
infernale
grido della madre di
CANE PEL CIECO.
IL
SUO
La
tìglio.
un vortice
bambino d'
finestra.
agonia suprema
madre
e
il
Pietro,
scala
per
fece
un grido
figlio
!
—
e la
inabissati.
sulla
islanciarsi
di ferro lo fermò. gli
— Tocca
gridò una voce che egli non
—
a me.
Atanasio, lesto
rampicò su pei stra e
:
forsennato,
!
E
— Mio come
— Indietro — riconobbe.
parole
le
in quella
misera donna col
udirono come
S'
piccino sparirono
una mano
:
muro;
scala fu appoggiata al
di tìamnie avvolse la
alla
(JJ
come uno
scoiattolo,
un attimo
pinoli, e in
ar-
si
fu alla fine-
precipitò dentro.
si
Azor, postato innanzi a quella finestra, accom-
pagnava
il
suo padrone cogli abbaiamenti, come se
lo volesse incoraggiare.
Atanasio, avvolto nel fumo che turbinava, non vide nulla, terra;
si
ma
inciampò
chinò, sentì che la era
ferrò e stringendola
nuovo
il
un corpo disteso per
in
fra
le
una donna,
braccia,
l'af-
scavallò
di
parapetto e incominciò a discendere con
essa.
Lucietta era caduta in uno svenimento cagionatole
dal terrore,
ancora toccata. Però
ma l'
le
fiamme non V avevano
incendio pareva che non vo-
lesse lasciarsi rapire la sua preda. Atanasio,
precauzione, cercava col piede
quando un' ondata
sare,
a
lui,
lo avviluppò,
Uerse'/io.
il
con
piuolo su cui po-
di fuoco si scatenò
addosso
ne pose in fiamme la capiglias
66
CANE DEL CIECO.
IL
tura
e
svolazzo
lo
Egli col suo
astanti, che
afferrato
il
alle
vacillò:
un gli
capo della scala,
ro-
il
una mano aveva già
fu vinto, con
vi si
mantenne
e fra
fiamme continuò a scendere.
Giunse in terra
tutti gli furono attorno
;
ed aiu-
che barcollava come ebbro.
a sorreggerlo
tarlo,
braccia
le
tremavano e palpitavano. Pure
uomo non
mezzo
schiena.
sulla
eruppe dai petti di tutti
fardello fra
alto grido d' orrore
busto
tunica
della
Pietro gli tolse dalle braccia Lucietta sempre sve-
Ma
nuta.
—E
subito un' idea orribile gli venne.
—
mio figlio?!
La madre,
a queste parole del marito, gridate
con accento di disperazione, risensò.
— Mio
figlio
mio
!
figlio
vatemelo, per amor di Dio
La
infelice,
!
!
— —
nello svenire,
1'
ripetè.
— Oh!
sal-
aveva lasciato ca-
dere....
Vide
in quella Atanasio che si
e le occhiaie dove sentiva "
un
Voi, voi qui, Atanasio
dito contro di lui.
"
!
"
premeva
la fronte
orribile dolore. disse,
puntando
Voi dovete salvarlo.
il
"
Atanasio fremette a queir accento, a quelle parole; tese le braccia innanzi a se, brancolando
come
per cercar la scala, volle camminare ed inciampò;
mandò un "
urlo da bestia selvaggia.
Sono cieco
" !
come corpo morto.
gridò stramazzando
al
suolo
CANE DEL CIECO.
IL
Fu
portato
ospedale, insieme
all'
sua
vita,
ma
gravi
posero in
tature che aveva riportato
pur guarì tuttavia
i
;
parecchi
coi
Le
incendio.
quel disastroso
feriti di
scot-
pericolo la
suoi occhi però
furono irremissibilmente perduti.
Durante
lunga
la
mai novella né
malattia,
di Lucietta,
Hon
egli
chiese
né di Pietro, né della
fonderia. Guarito, seppe che questa e la casa erano
rimaste un cumulo di rovine care di alleviare
che Pietro, per cer-
;
dolore della moglie che aveva mi-
il
nacciato divenirne pazza, l'aveva condotta a fare un
lungo viaggio lontano, lontano che prima di partire ;
il
padrone aveva lasciata una buona somma per Atanasio volle che
ai
dallo spedale,
prese
somma
questa
poveri del villaggio
;
lui.
data
fosse
e senza un soldo,
uscito
prima
gli si
la
strada
che
parò dinanzi, per andare tanto lontano, che di lui paese non
in quel
sapesse mai più novella.
si
Fatto poco cammino, udì un guaiolare festoso e le piote
coscie
:
—
Il
un cane
Sei qui tu ?
solo amico,
seguirmi
Come
?...
appoggiarono
il
Vieni.
alle
sue
egli vissuto sino al-
?
— esclamò
nell' esilio ?
vero cieco
si
Come aveva
può saperlo
lora V chi
—
d'
era Azor.
solo
Atanasio commosso.
bene che mi
Vuoi essere
—
la
resti....
guida del po-
capitasse nel villaggio in cui
sciuto, questo sciagurato
non sapeva
Vuoi
l'
ho cono-
dire.
G8
IL
Quando
il
CANE DEL CIECO.
cieco morì, fu sotterrato in un can-
tuccio del cimitero, senza
una
croce, senza
gno qualunque di memoria dei sopravvivi,
domani Azor vecchissimo, fu trovato morto zolle smosse, sotto
del suo padrone.
cui
avevano riposto
la
un
se-
ma
il
sulle
salma
UN GENIO SCONOSCIUTO RACCONTO.
I.
glie
ne aveva data
la scintilla immortale. Egli, la volle
nascondere, e
Era un genio davvero. Dio
fece che traversasse ignorata la vita terrena.
Non
vi dirò
il
luogo in cui
il
mio
eroe,
cir-
condato d'oscurità, mise per anni ed anni tutto suo impegno a tener segregata dal della sua intelligenza. Gli ho
ho dato ragione
lorosa rinuncia.
Il
promesso di tacerlo,
alla sua
misantropica e va-
nome, ch'egli
suo
volle seppellito nel più profondo
parirà su queste carte.
il
la luce
mano che abbiamo scam-
e coir ultima stretta di biata,
mondo
A me
oblìo,
decretò e
non com-
stesso egli lo tacque,
ho potuto indovinarlo, non contristerò,
e se anche
svelandolo, la
memoria
di quell'
anima
infelice.
In uno degli ultimi nostri colloqui, egli mi diceva, con
un
amaro, che
— Se
cotal
suo
sorriso,
gli era abituale
tra
bonario ed
:
invece di questo cimitero di
campagna,
UN GENIO
72
SCONO.SGIUTO.
in cui un' erba pietosa
non
e
curante agguaglia
tutte le fosse e circonda tutte le croci,
il
mio
ca-
davere avesse da essere seppellito in un campo-
pompa
santo cittadino,
dove
iscrizioni, vorrei
che sulla mia tomba modesta
fa
si
scrivesse superbamente:
qui giace
«
e di
di lapidi
un anonimo.
Codesto suo detto, fate conto che
sia
»
si
—
l'epi-
grafe della mia narrazione.
II.
Dunque regione
gli è in
— che
Un mio
l'
up
villaggio,
—
una remota
in
ho incontrato.
nobile amico ha colà una gran tenuta
intorno ad un' antica e vasta casona, che in paese
chiamasi
il
castello,
dove
si
conservano da tempi
lontani, tradizioni rispettatissime
d'una gentilezza
ospitale senza eccezione. Il
paese è vicino alle montagne
;
un contraf-
forte delle Alpi allunga nella pianura le sue radici,
nità
a variare di collinette e di valloncini dell'
palazzo
si
imboschito terreno;
intorno
1'
ame-
all'antico
stende un giardino abbastanza vasto per
potersi insuperbire del titolo di parco.
Una
vegetazione ricca, fresca
le chine dei
colli
e feconda veste
con albereti leggiadri alla
e porge, anche contro
l'
vista,
insolente saettare del sole
di mezzogiorno, gradevoli ripari d'ombra, ralle-
73
UN GENIO SCONOSCIUTO. grati dal venticello della montagna.
quella collina, su cui raglie annerite,
il
il
—
povero assembramento
capanne
—
si
sdraia,
timidamente, e par che cerchi nascon-
direi qur.si i
di
mu-
castello innalza le sue
villaggio
di casipole, che somigliano a
dere
Al piede
maggior parte
suoi tetti, la
di
paglia, al-
cuni di lastre di pietra, sotto le fronzute chiome di castagni e di noci, che crescono e s' innalzano
a mirabili proporzioni da ogni orto, da ogni praticello.
È
un cantuccio riposto, dove non penetrano
le
passioni e le gare degli uomini raccolti nelle ag-
glomerazioni cittadine e spronati al male dall'in-
Là non
e'
è strada di passaggio,
commercio, non
e'
è industria,
teresse.
non
ci
sono giornali.
cia indica
Un ramo
non
ci
non
sono
e'
è
caffè,
assecchito di quer-
una misera osteriuccia, composta di una
sola stanzona a
piano terreno, la quale vede la
sua lunga tavola zoppa e
le
sue panche disoccupate
tutta la settimana, per aspettare qualche avventore le
domeniche.
Quando se
colà
ne
tutto
arriva
sossopra
è
mondo,
il
appena
debolmente un' eco incerta
e
paurosa. In mezzo a questo sfoggio di vegetazione, spicca
ancora per più fronzuta ricchezza in cui, sul
una
tìla
culmine della collina,
di pini giganteschi, che
il
bosco del parco,
si
drizza al cielo
hanno dovuto ve-
74
UN GENIO SCONOSCIUTO.
dere molte generazioni d' uomini nascere e morire, e che coprono
il
terreno d' una oscura ombra so-
lenne. 11
tanti
nobile del
vole. Li
padrone del castello verso
villaggio
ama
abi-
gli
cortese, generoso,
è
caritate-
e n' è riamato pei beneficii ricevuti,
per la speranza di nuovi ch'egli è sempre pronto a rendere, per una
specie
d'
orgoglio che
di-
sì
stinta persona appartenga al paese e vi dimori la
maggior parte
dell'
I cancelli del
anno.
parco sono sempre aperti e dì e
notte, tanto che, irrugginiti
acconcerebbero sani
nei
cardini,
oramai ad essere
chiusi.
male I
si
pae-
vanno e vengono, con una libertà che non
esclude
il
rispetto al padrone
:
quando questi pas-
e
seggia, ne trova sempre alcuni giù pei suoi viali, e ne viene salutato con ossequiosa famigliarità, a cui egli
e
risponde lietamente accennando col capo
chiamando ciascuno
col suo
nome
o nomignolo.
Sotto le ombre di queir antichissimo parco
si
danno appuntamento giovani coppie innamorate, per discorrere del loro futuro matrimonio; colà accor-
rono vecchierelle e ragazzi a raccogliere chi,
con un fastello dei quali scendono
gurio a volte
cuocere
la
cena
qualche tristarello
legna secca
ci
della
sbaglia,
i
rami sec-
al loro tu-
famiglia. e
Alcune
invece
della
viene tagliando bellamente dei rami
in piena vitalità
e
arboscelli di
buona
cresciuta,
UN il
quando
che,
non poco
Ma recato
accade di accorgersene, sdegna
gli
proprietario.
il
— Ci
porrò rimedio
—
risoluto.
il
il
75
fiKNIO SCONOSCIUTO.
Il
—
:
primo che
die' egli allora in
colga in
io
sull' atto!...
suo qiios ego inuocenttì non
menomo male a
tono
ha ancora
nessuno.
III.
Tutti
i
giorni, nel
gran viale dei pini veniva
a passeggiare, verso le cinque del pomeriggio, un omiciattolo
vestito di scuro,
accompagnato da un
cane brutto e vecchio, di quelli che da noi
mano
si
chia-
volpini.
uomo faceva due o
L'
tre giri, tutt' al più, per
quel viale, le mani dietro le reni, la persona curva, la testa
hassa e T occhio
fisso
continuamente sul
cagnuolo, che correva un poco e tratto tratto veniva,
la
lingua penzoloni, a fregarsi alle
gambe
del padrone. Quell' omaccino
soleva
parlare
come avrebbe parlato ad un suo
Quando ditò per la
il
"
lano.
il
muso
Buona "
suo
cane,
mio nobile ospite ed amico mi ad-
prima volta quest' originale,
seduto per terra, e teneva
al
simile.
il
egli stava
cane, sdraiatoglisi accanto,
sulle coscio di lui.
sera,
Come va ?
Ambrogio "
:
"
gli
disse
il
castel-
76
UN GENIO SCONOSCIUTO. L'
ma
uomo
levò
si
non mosse
cappello con tutto
il
persona, per
la
rispetto,
il
non disturbare
il
.
cane nel suo riposo. "
può
non va
Grazie, signore,
corso
più del
è qui
solito,
Fomino ha
male....
stanco
non ne
che
più."
Di primo colpo attirato la
Era
la figura di
quelP uomo aveva
mia attenzione. di
egli
non aveva nulla
una bruttezza fenomenale; però Sopra
ributtante.
di
debole, esile, quasi direi rimpiccinito,
come a fati, in
stento,
una testa grossa a
cui la parte superiore, e
Il
corpo
reggeva,
si
capelli arruf-
massime
la fronte
protuberanze, aveva un ecces-
notevole per forti sivo sviluppo.
un
era
volto
scarno
guancie
e le
incavate, larga la bocca e pallide le labbra
;
in fondo alle occhiaie tralucevano occhi
color
chiaro fra
il
grigio e
il
cilestre,
i
di
giù
quali sembra-
vano amassero nascondere la loro lucentezza sotto foltissime
sopracciglia
dell' occhiaia e dietro
le palpebre.
che
scendevano
;
di color terreo
una barba rada,
colore sbiadito, oramai più che
ed ironico, che
;
di
a mezzo incanu-
sulle sue labbra errava abitualmente
riso tra mite
arco
lunghi cigli che ne ornavano
La carnagione aveva
lasciava crescere a capriccio
tita
dall'
alle volte si
un sorsarebbe
potuto dir scemo, alle volte amarissiino. Nel parlare, negli atti, nel
sogguardare aveva alcun che
77
UN GENIO SCONOSCIUTO. (li
noncurante, come
svagato, di distratto, di
altrove, sempre, fosse
il
panni di colore scuro, logori, che gli
peggio
serravano spiegazzati intorno
alle
gracili e
si
maci-
membra.
lenti
Mentre
stemmo
gli
volto
occhi in
gli
se
suo pensiero. Vestiva alla
tosto sopra
innanzi, egli fissò
mio ospite e poi
al
A me
suo diletto cane.
il
un istante chinò
li
non fece
la
benché minima attenzione. "
Ambrogio," disse
il
padrone del
m'avete del tutto dimenticato.
Una
più a vedermi ? piace è sempre
lì
"
il
suo sorriso da scemo. "
grazie tante
pose ad accarezzare
si
voi
perchè non venite
bottiglia di quel vino che vi
Grazie," rispose,
E
"
ad aspettarvi."
Queir uomo fece "
E
castello,
cane colla destra.
il
Ricordate vene," soggiunse
" !
il
proprietario,
"
e
a rivederci." "
tolo,
A
rivederci
mentre
il
" :
come
ripetè
un' eco
mio amico mi dava
V omiciatper
la spinta
avviarci ambedue. "
Chi è queir originale
mo un "
È
?
"
domandai appena fum-
po' lontani. il
rispose.
"
maestro di scuola del villaggio
Un
:
"
mi
essere misterioso, la cui vita è forse
un romanzo." "
Oh
!
oh
avis, di cui
!
un romanzo
!
"
esclamai
:
"
rara
andiamo a caccia noi scribacchiatori,
78
UN
(ìenio sconosciuto.
senza poterla trovare
più spesso....
il
E
"
Ne
Poco....
so forse
1'
concludersi qui. Costui è
il
moria
uomo, che
d'
remoto paesello, e
non
"
che venne a
epilogo,
me-
solo forestiero, a
sia venuto a stabilirsi in questo
il
sappia nulla.
si
na-
voi,
turalmente, lo sapete codesto suo romanzo ?
solo degli abitanti de' cui fatti
La sua
con noi, non ha vicende
esistenza, dacché vive
e
;
il
passato prima
suo
che qui venisse è un mistero, intorno a che non
ha mai voluto dare cui
non ama che "
È
"
Ormai
menoma
spiegazione e su
lo s' interroghi.
molto tempo eh' egli è qui trent' anni.
quando
fosse ieri
viveva
la
Me
è arrivato.
mio buon padre,
il
?
"
ne ricordo come se
Ero giovanissimo e
allora...."
Stette alquanto sopra sé, e poi soggiunse "
Oh
ne so soliti
;
sentite
;
io
voi aggiungendovi
fare
di
voi altri
"
E
Da il
il
le
frangio,
come
siete
romanzieri, e inventando
quanto basti per riempire fare di costui
:
racconterò tutto quello che
le lacune,
potrete forse
protagonista d' un racconto."
bravo, narratemi quel che sapete."
mio amico
così cominciò a favellare.
IV.
«
Era
d'
autunno già innoltrato. Le castagne
raccolte; le foglie quasi tutte in terra, e le poche
.''
UN GENIO SCONOìJClUTU.
rimaste affatto ingiallite. Io, a quel tempo non avevo
ancora venti anni, e già m'ero fatto un intrepido cactiatore e un camminatore instancabile.
Un
»
giorno,
come spesso mi accadeva,
che,
m' ero trattenuto su per
la
montagna
in traccia di
non so più qual selvaggina, lontano da casa mi sorprese una di quelle pioggie autunnali quiete e finissime che ver'
uomo
poco tempo infradiciano un po-
in
sino alle
ossa,
e che,
una volta inco-
minciate, non smettono più per dei giorni. Non e'
era riparo da cercare là dove mi trovavo, e poi
prima
di
notte conveniva bene
potevo star certo che prima
Dunque non
spiovuto.
gramente
il
cane,
m' avviai
all'
a casa, e
non avrebbe
d' allora
era altro che pigliare alle-
mio partito
Voltai lo schioppo il
e'
essere
e trottare di
buon passo.
ingiù, e animato colla voce
di corsa, per
una scorciatoia, giù
della scesa. »
là
al
sul culmine precisamente di
quell'altura
dove passa un sentiero poco praticato, incon-
un uomo, che, riparandosi dalla pioggia sotto
trai i
Ili
rami ormai sfrondati
d'
un castagno, appoggiatosi
tronco, stava mirando nella sottoposta pianura. »
Era codesto Ambrogio, che
sino allora ninno
aveva visto mai nel paese ne in questi dintorni. Io non so qual' età egli abbia al presente,
avrei saputo
nemmeno
Poco su poco
e
non
allora quale attribuirgliene.
giù, era
tale
quale
l'
avete visto
80
UN (ìenio sconosciuto.
adesso, se non che, invece di avere arruffati,
come
li
ha
ora,
li
aveva
i
capelli, lunghi,
non la-
rasi, e
sciava crescer barba. Vestiva di scuro, precisamente
come
ora, e quasi quasi direi che codesti che porta
sono
ancora
che aveva in dosso a quel
panni
i
tempo. Aveva un piccolo fardelletto sotto
braccio
il
e un bastone in mano. »
La
singolarità di costui che alla pioggia bat-
tente e mentre la notte veniva se ne stava tranquillo a contemplare
un paese a cui
egli era sicu-
ramente estraneo, lontano ancora da ogni abitazione,
mi
fece
rallentare
il
passo per
osservarlo.
Egli
era così preso nella sua contemplazione e ne' suoi pensieri,
che
non badò punto
eh' egli mirava, a
attenzione.
a
me. La
me non pareva degna
La pianura era
dalla nebbia, la quale
si
scena
di
tanta
invasa presso che tutta
avanzava come strisciando
verso la montagna, mentre sulla sommità di questa
discendevano dal cielo scure, unite, pregne di pioggia le nubi
:
parevano due eserciti che
sero incontro per venire a battaglia
;
moves-
si
e
mezzo
in
a loro non rimaneva sgombra che una lista di terreno, in
cui,
addossate al
le casupole del »
Io non
gli
colle,
biancheggiavano
villaggio.
avrei badato
dell' altro,
che la
pioggia crescente mi consigliava a non indugiarmi, e neir aspetto di queir
uomo mi pareva
gere qualche cosa di strano, che, se
di
scor-
non era
di
^l
UN GENIO SCONOSCIUTO. birbo, era di
matto
ma
;
mio cane corse verso
il
Egli
di lui, e gli si piantò dinanzi abbaiando.
volse
riscosse,
abbassò una mano
quillo e mesto, verso la bestia, e alla
sua coscia, a fare un
atto di richiamo.
Fox
fu tosto rappaciato
scodinzolando gli
;
costò tutto festevole, e alla
zampe
mio
Il
si
ac-
prima carezza che una mano
sconosciuto gli fece passandogli testa, alzò le
si
uno sguardo, che mi parve tran-
lo
sulla
anteriori al petto di lui, quasi
a dargliene un abbraccio di amicizia. »
Io che
all'
credo più che alla
istinto dei cani
ragione degli uomini, mi
subito
dissi
che
quello
non doveva essere un birbante.
di
»
Abbasso Fox: qui
»
Il
me. "
cane m'obbedì, e
JPoj;.' il
gridai.
forestiero si volse verso
»
Oh non tema
!
"
mi disse con voce rauca e
melanconica, che mi fece una strana impressione. "
Colle
bestie,
e
specialmente
nelle piìi amichevoli relazioni
male a nessuno nessuno ((
E
!
— non
di
e
loro,
ha mai
coi
non
;
ho mai fatto
nessuno di loro
fatto
sono
cani, io
male a me.
— no
"
accompagnò queste parole con un sorriso
tanta amarezza, che gli accrebbe nel volto
l'
di
aspetto
di alienazione che gli avevo già notata. Parlava italiano,
ma
non sono "
con un accento
di
altre
provincie
che
le nostre subalpine. »
Questa buona bestia è sua Uerskzio.
?
"
riprese poscia, 6
82
UN GKNIO SCONOSCIUTO.
schivando col suo di
mirarmi "
Sì
"
l'
gli
:
" Il
risposi.
proverbio dice che
uomo. Creda "
modo con
Mi
"
amico del"
È
solo amico.
il
domandai stu-
Io gli
nuovo con quello
stranissimo
:
un
Sono
domanda.
"
1'
mi parlava.
cui
rispose, di
sogghigno
cane è
il
al proverbio.
Siete un misantropo ?
pito del «
mio sguardo, come se temesse
il
in faccia.
Ma mi
cinofilo....^
permetta
"
"
Dite pure.
"
Ella è pratico di questo paese ?
"
Ci sono nato, e la maggior parte della
vita la "
»
^due
ho passata
Che
una
"
qui.
il
nome
"
del paesello. Egli lo ripetè
poi soggiunse
tre volte,
mia
"
villaggio è quello laggiù ?
Gli dissi
"
come parlando a
sé stesso:
— Un 'nome
ignoto affatto
;
ignorato da tutti
i
Dizionari geografici.... Chi sa mai, fuori di qui, che
questo villaggio esista?.... »
Si rivolse di
nuovo a me: "
"
Quanti abitanti ha
"
Ottocento.
"
Saranno poveri
"
Si aiutano gli uni gli altri
'
?
"
Aiuatore de' cani.
?
"
come
fratelli.
"
UN "
83
liENlO SCONOSCIUTO.
mi
Possibile ? Lei
Potrò trovarvi albergo
Voglio
stupisce.
pagando
?
vederlo.
intende
s'
"
:
sog-
giunse affrettatamente con una certa permalosità. "
un
"
C'è un'osteria
letto,
risposi
:
non da sibarita,
" :
ma
e vi troverete certo
ma ammannita
cena non luculliana,
un boccon di
pulito, e
di
buon cuore.
"
Sono avvezzo a dormire sulla dura terra, e
"
poco basta a sfamarmi.... Che strada ho da prendere per giungere più presto al villaggio
r additai
Glie
»
salutatolo,
e
;
impaziente di
fuggire dalla pioggia che cadeva sempre ripresi la
mia corsa
giiì
seguitato
:
fischiai, e
della costa da
cui
per la scorciatoia. che
pochi passi m' accorsi
cane
il
Fox venne
poteva
"
?
piìi fitta,
Ma
dopo
non m' aveva
un
ciglio
vedermi, abbaiò
viva-
sino ad
mente, e tornò indietro verso lo sconosciuto.
sai
me medesimo. Pen-
Ciò mi fece arrossire di
»
avrebbe
cosa
che
subito
detto
mio padre,
quando avesse saputo che, imbattutomi
un po-
in
vero forestiero, senza asilo e alla pioggia, non gli avessi offerta in
mezzo,
1'
ospitalità
rifeci
;
correndo
e senza metter piìi il
cammino,
e
tempo tornai
a queir uomo. »
Lo
ritrovai
in
quel medesimo luogo,
medesimo atteggiamento chevolmente
al
nanzi guardandolo parole
:
;
se
mio cane, che fiso.
e nel
non che parlava amigli
stava seduto di-
Arrivando, udii
le
seguenti
84
UN GENIO SCONOSCIUTO.
— Va' Tu non
E nemmeno
mio.
sei
non bisogna rubare "
buona e brava
col tuo padrone,
altrui....
l'
un cane
affetto d'
No, non bisogna!
buon uomo, ho pensato che
Sentite,
bestia.
all'
—
oste-
riuccia del nostro villaggio stareste davvero troppo "
male. "
Le ho
detto che non m' importa
:
"
rispose egli
con una certa qual fierezza. "
E
"
Dormirò benissimo
"
È
chi sa se avranno pure
ancor lontano
che viene
Mi scoccò
sulla paglia.
"
Dove
? "
"
"
E
Là.
Grazie
!
"
Su
:
via
"
Ho un
ri-
"
offrirvi.
un' occhiata con
un misto
di
so-
»
domandò. additai
gli
castello.
il
"
È
la
casa
"
mio padre. "
"
villaggio e con quest' acqua
il
d' incredulità e di meraviglia.
spetto,
di
letto libero ?
arriverete tutto ammollato.
ci
covero più vicino da »
un
"
disse egli irrisoluto.
"
io
insistetti
" :
non istiamo più qui
a infradiciarci. Mio padre vi accoglierà con piacere,"
"Ebbene sia:" tazione
;
m.a
"'
città.
in
questa terra ?
Quasi. "
Non
avviati,
a un tratto
come per un dubbio sopravve-
"Suo padre," mi
nutogli.
dopo un altro po' d'esi-
quando fummo
tornò a fermarsi,
r anno
diss'egli
è che
chiese,
"vive tutto
"
l'
inverno che
abitiamo in
bO
UN «KNIO SCONOSCIUTO. "
Quale
"
Torino.
?
" "
Mandò un
»
lieve sospiro,
il
volto parve rasse-
renarglisi, e con accento più risoluto disse "
Andiamo.
Non ho bisogno
«
:
"
di dirvi
come mio padre
accordasse quella benevola ospitalità che egli
mava un
assoluto dovere del suo grado, della sua
Lo
fortuna, del suo nome.
marsi Ambrogio Larva strettovi soltanto, n'
ora
si
gli sti-
:
sconosciuto disse chia-
non parlò quasi mai, e co-
appena se gustò
ritirò nella
cibo, e di buo-
camera assegnatagli.
»
V.
« Il
domani, fosse la
innanzi, fossero
i
pioggia
presa
giorno
il
disagi già prima sotferti, poiché
pareva che col suo fardelletto sotto
il
braccio egli
fosse venuto viaggiando per la catena delle
mon-
tagne da molto lontano e già da parecchi giorni il domani quel pover' uomo fu assalito da una for;
menò presso
tissima febbre, che in pochi giorni lo
tomba, e poi, superata per miracolo,
alla
lo
tenne
a letto più d' un mese. »
Se
il
buon padre mio
ogni carità, non è da dirsi.
lo facesse
curare con
Quando l'infermo fu
tornato in sé, dopo un penoso delirio di più giorni,
ed ebbe compreso dove
si
trovava, e
come
vi fosse
86
UN GENIO SCONOSCIUTO.
trattato, mostrò,
non con parole, che queste aveva
sempre rade e poche,
ma
neir espressione della
fisonomia, una riconoscenza
negli atti, negli sguardi,
tanto più profonda, quanto »
Però, durante
meno del
delirio
il
espansiva.
pover'uomo era
avvenuto cosa che assai aveva scemato queir
in-
teresse che dapprima tutti avevano sentito per lui e se non
si
meno a nessuna
era venuti
;
delle cure
ond' egli abbisognava (che mio padre, codesto non
avrebbe tollerato a niun modo) non era tuttavia, se
non vincendo un sentimento,
quasi
che
ripulsione,
quale pareva
il
nostri servi continuavano
i
a stargli attorno e a vegliare su di »
suoi,
La ragione
era che, durante
i
lui.
vaneggiamenti
aveva pronunziato certe parole che erano
tali
da indurre gravissimi sospetti sul conto suo. Egli affannosamente, con rotti accenti (e mio padre lo
aveva udito, ed sangue, di
io
odii, di
stesso
una
volta)
parlava di
morte. Pareva che un tremendo
rimorso ne agitasse la coscienza, conseguenze d' un
gran delitto commesso. Vedeva dei fantasmi sanguinosi
;
ora pregava pace, perdono ed oblio
precava furibondo. d'
uomo,
gli
Due
;
ora im-
nomi, uno di donna e uno
venivano frequenti alle labbra, e cenni
alle sue vicende passate,
ma
così in
confuso che
impossibile trarne un costrutto qualunque o com-
prenderne molti
e
cosa
alcuna.
dolorosissimi
Solamente appariva che
tormenti
e
sciagure
aveva
UN egli sostenuto,
a mettere
che una
colmo
il
87
(ìknio sconosciuto.
crisi
alle
eh' egli erasi partito dal
gravissima era venuta
sue
avventure e
cattive
suo paese e dai suoi per
cercare in remote contrade una esistenza novella
per fuggire dalla giustizia umana, dicevano
i
;
no-
stri servi.
Eppure, non ostante tutto
»
ciò, la figura ori-
ginale di costui non dispiaceva e non ispirava diffidenza a nìio padre. Questi
un
terrogarlo
suo
ma
;
gendo
po' più
aveva risoluto
particolarmente
ogni volta che a ciò
s'
accingesse, scor-
Ambrogio medesimo mai, con mio
avesse fatto
strava aver posto
sue parole
— una
:
disse
in cui
era
da questa,
ma
che per la terra
— per
il
mondo
in cui era vissuto,
doveva e voleva esser morto aftatto
che non avendo più famiglia, non più e disgustato solo,
quale mo-
rispetto e atfezione pari
terra d' Italia lontana
non disse quale, egli era e
molto
più che non
si aprì,
padre, nel
mi trovava appunto presente e udii
alla stima. Io
nato
come timoroso
giorno finalmente che quasi era guarito
del tutto,
le
esser
male colla sua curiosità.
di fargli troppo
Un
sull'
dolorosa ripugnanza d'Ambrogio a par-
la
lare del suo passato, se ne rimaneva
»
d' in-
della vita
di nascosto, sicuro
che di
traeva,
affetti,
;
stanco
erasi partito
non lasciare dietro a
se chi lo rimpiangesse, non sentendo pure
un rincre-
scimento per quanto abbandonava, risoluto ad an-
88
(ìenio sconosciuto.
Ux\
dare tanto lontano che nulla della precedente stenza mai più gliene venisse gli occhi
all'
esi-
orecchio né sotto
voleva recarsi in qualche solitudine, dove
;
la semplicità dei costumi, la povertà degli
abita-
lontananza da ogni centro popoloso non
tori, la
presentassero mai
e
gli
non valessero a ricordargli
nulla, nulla di quella uggiosa vita cittadinesca che
era venuta
gli
paese
gli
odio insuperabile
in
pareva proprio a
qualche po' di
seco
volentieri
uopo
tal
denaro e con
che questo
;
imposti
Provvidenza
la
e
;
ed
essere affatto inutile sulla terra
r avrebbe
ospitato, si sarebbe
gli
che, nella sua ignoranza, tanto
i
e
avrebbe
non
che per al
paese che
messo a fare
stro ai bambini, gratuitamente per
il
mae-
poveri, essendo
tanto ad
gnare a leggere e scrivere e un po' si
avrebbe
comprato un' umile casettina e un piccol
orto per viverci quieto quegli anni che
ancora
che aveva
:
esso
d'
inse-
abbaco,
Mio padre
»
dere, conje
stette
un poco prima
se riflettesse
che aveva da fare
;
di
rispon-
ponderatamente su
poi disse
ciò
con gravità e
con
quella bonaria schiettezza che gli era abituale "
Sentite, signor Larva.
come
il
:
Io adesso sono obbli-
gato a rispondervi, non come
in
ei
sentiva capace.
il
vostro ospite,
sindaco di questo villaggio.
ma
Capirete che
questa qualità m' incombe una certa responsa-
bilità.
11
padrone
di casa
può accogliere con
pia-
89
UN GENIO SCONOSCIUTO.
cere anche uno sconosciuto, la cui figura gli vada
a genio;
sindaco non può affidargli a occhi chiusi
il
la educazione dei bambini, {(
Ambrogio
"
Non mi crede
che è cosa delicatissima."
arrossì sino alle orecchie. ella
un onest' uomo?
"
»
domandò
fieramente. "
Non basta che
ne abbia «
le
io vi
un poco.
si
Ho
prove."
capito:
"
ò
capo e
diss' egli poi
Me
si
tacque per
Un momento, il
amaramente. "Qui
n'ero accorto,
Partirò.
ella....
abbiamo pure si
il
e im-
»
sospetta di me.
che non "
bisogna che
tale,
Ambrogio represse un vivace movimento,
pallidito di nuovo, curvò
"
creda
ma
soggiunse mio padre
"
speravo
"
gran bisogno
d'
"
:
Qui
un maestro. Non
mai potuto ottenere che quassù venisse ad
aprire una scuola qualcheduno che ne fosse da tanto.
Non
ci
abbiamo che un pretucolo,
il
quale insegna
a mala pena a distinguere le lettere dell'alfabeto, violenta
1'
La venuta fortuna
ortografia ed assassina la di chi facesse
pel paese.
Che diamine, sor Ambrogio.
Avete voi tanta ripugnanza a stro passato ?
"Sì r ho
:
grammatica.
meglio sarebbe una vera
farci conoscere
il
vo-
"
"
rispose risoluto Ambrogio.
voluto sotterrare in
"
L' ho
una fossa questo passato
e
r ho coperto con una lapide. Non voglio scoper-
90
UN GENIO SCONOSCIUTO.
chiare
sepolcro e tirarlo fuori per contentare la
il
curiosità sospettosa d' "
le
Un
un
"
intiero villaggio.
villaggio di ottocento anime, perduto fra
montagne, o poco meno Del resto,
"
sorridendo.
"
!
esclamò mio padre
"
soggiunse,
quando
"
siavi
un segreto nella vostra esistenza che vogliate cunon avrete a rivelarlo a questo poco
stodire,
Dove
pubblico. d' istruire
ragazzi
i
gente, tutti
mi
che
affermi
io
di
voi
brava
questa
E
crederanno.,..
voi
e
onesta
non
avrete
bastevole fiducia nella mia discrezione per
—a «
me li
fissò
queir esame.
"Le "
fatto prima.
Venite meco del
poi levò gli oc-
Parve soddisfatto
di
»
dirò tutto
r uscio
;
dirmi
"
per un istante in volto a mio padre,
come non aveva
^
chi e che cosa siete ?
ximbrogio esitò un momento e
chi,
—
solo
di
degno
siete
" :
:
disse bruscamente a
"
riprese
suo scrittoio
e
un
tratto.
mio padre, aprendo facendogli
cenno
vi
entrasse. «
Rimasero colà dentro più
ne uscirono,
Ambrogio era più
d' un' ora.
Quando
pallido che mai, e
mio padre era evidentemente commosso. Notai, non senza stupore, che mio padre nel trattare stiero,
aveva
una
deferenza
assai
il
fore-
maggiore
di
prima. »
La raccomandazione
benvolere e stimare da
del sindaco bastò a farlo
tutti.
Trovatasi una di queste
01
UN GENIO SCONOSCIUTO. catapecchie, che servono da case, con
per poco prezzo, eh' egli brogio divise
il
suo tempo
erbaggi e delle frutta che
mento, e
pagò subito,
la scuola in cui
gli
fra
il
orticello,
buon Am-
coltura
la
danno
un
il
degli
suo sostenta-
accorrono tutti
i
bambini
del villaggio e dei casolari qui intorno, ammaestrati
da
con pazienza e cura
lui
infinite
non solo nel
leggere e scrivere e negli elementi dell'aritmetica,
ma
nella morale altresì, giovandosi di apologhi e
novelle ed amichevoli conversari alla socratica, in
senza che
cui,
sime sì
s'
che
altri quasi lo avverta, le
anime
instillano in quelle il
buone mas-
tenerelle, e fanno
maestro sia amato e obbedito anche me-
glio dalla scolaresca. »
non accetta denaro da nessuno;
Egli
più facoltosi fra di legna
genitori lo
i
da ardere
all'
vengono
ma
i
regalando
inverno, di qualche
mezzo
sacco di grano alla raccolta, di pane bello e fresco,
quando
fanno cuocere, di qualche pollo talvolta,
lo
e anche di qualche pezzo di maiale,
cellano
all'
quando
lo
ma-
autunno, le quali cose lo aiutano a cam-
pare. Dai poveri egli non vuole assolutamente nulla, e
mai
se
isdegno,
gli
viene offerto alcun che, rifiuta con
quasi gli fosse fatta
con ciò una grave
offesa. »
Quale
io lo
conobbi
i
primi giorni, tale egli
continuò sempre ad essere buono, taciturno, onesto, :
amante della
solitudine. Quasi
sempre svagato colla
UN GENIO SCONOSCIUTO.
92
mente, talvolta pare e che
senno
il
meno che
gli
imbecillito;
a nessuno mai, né
che
menomo
il
lo
assalgano delle allucinazioni
scappi
ma
con
;
talvolta lo direste poco
non
dispiacere,
avvenne di recare
gli
né con parole, non
fatti
ma
disturbo. I villani, per le sue
neppure
il
assenze
di
menomo mente,
cominciarono dal burlarlo, poi lo compatirono
ora
;
quasi lo riveriscono e lo venerano, credendolo
me-
glio visitato dal Signore. »
Egli è benevolo con tutti
;
ma
d'
amore
e di
espansione di cuore pare che non ne abbia, fuor-
ché con quel suo brutto cane che
E
sì
che in mio padre,
il
gli
avete visto.
quale, da quel segreto
una certa
colloquio in poi mostrò sempre per lui
maggiore osservanza; in mio padre, gio
^)
"
vita ? »
Un
giorno mio padre gli
Ambrogio, ora
Ambro-
affetto.
domandò
:
siete voi contento della vostra
"
Ed
sibilità
egli rispose
con espressione di viva sen-
:
" Sì.
Fuggivo
Non cercavo gli
clie
oblio; ho trovato carità.
uomini per non
qui degni d' amore. »
dico,
per porre davvero un profondo
finì
odiarli,
ne ho trovati
"
E, come se avesse detto di troppo, allora se ne
partì ratto, senza voler udire né aggiungere altro. » il
Quando mi avvenne
buon padre mio,
la disgrazia
di
perdere
fu l'unica volta, eh' io l'abbia
93
UN GENIO SCONOSCIUTO. veduto a piangere. Durante
la
malattia di
Am-
lui,
brogio era stato quasi sempre con noi al castello,
non cercando nemmeno di aiutarci nelle cure che si
prestavano
morato
qual
all'
è,
ma come
tanarsi. Agli ultimi
i
alle loro famiglie, entrò tutti,
lo lasciasse allon-
momenti, che
tutti
trattenuto
se qui
da un invisibile vincolo che non
padre volle vedere
e sme-
infermo, buono a nulla
egli
servi e
i
mio povero
il
gastaldi insieme
ancor egli
coda di
alla
nella stanza del moribondo, e
s'inginocchiò
quasi peritoso in un angolo a pregare. »
queir immensa
Allorché
sventura
fu
com-
piuta e r eccesso del dolore pareva volermi tórre di senno, io
bagnato
me
lo vidi
volto
il
di
improvvisamente
lagrime
egli
rato, così che
mi parve, anche
confusione
mente
di
nobile persona.
dolore
tico
e
E mi di
in cui
pure,
al fianco,
trasfigu-
in quella dolorosa
ero,
un'altra e più
disse parole gravi di simpa-
affettuosa
consolazione che
piìi
non ricordo, che in quel fatalissimo momento non poterono restarmi impresse, rono,
come
ma
che pure mi colpi-
altissime e degne della più bell'anima
e della più nobile intelligenza. Poi
si
partì e stette
parecchi giorni senza venirmi a vedere. » il
Ricordo che
la
prima volta ch'io
lo rividi,
suo aspetto, che mi parve ancora più di scemo
che per
l'
innanzi,
mi sorprese come una stranezza
inaspettata e mi riuscì quasi una delusione
;
impe-
D4
UN GENIO SCONOSCIUTO.
rocche mi aspettassi di ritrovare in elevata persona che
più
lui quella
mi era apparsa,
o eh' io aveva
sognata nel colmo del mio dolore. »
in
Continuò egli in seguito a capitare di quando
quando
sempre uguale,
al castello,
Mai non
lenzioso, melanconico.
umile,
a sogghignare di spesso. Ogni qual volta toccargli di quella sera in cui lo collina,
— Ah
egli sì
partì tosto »
mi rispose
;
per cui
complesso
In
forse non ha
che dovette
l'
volli
io
incontrai
sulla
sempre invariabilmente
come pioveva quella sera
!
si-
lo vidi a ridere, sì
io
non
egli
è
glie
—
:
e poi se ne
ne parlo più.
un buon
che
diavolo,
integrità delle sue facoltà mentali,
soffrire
molte disgrazie a cui
sua
la
debole ragione non valse a resistere. Dicerto nella
sua vita vi ha un mistero, role del suo delirio,
ma non
ostante le pa-
non deve esservi una vergo-
gna ne una colpa da non perdonarsi padre, dopo
ascoltatolo,
;
perchè mio
trattò con lui
con
più
riguardi di prima, e ogni volta che lo vedesse, fu
sempre
il
primo a porgergli
la
mano.
»
VI.
Un il
giorno, era qualche
tempo trascorso dacché
mio ospite mi aveva narrato quanto
dietro esponendo,
nozze
d'
si
una giovane
festeggiavano
coppia
del
al
venni adcastello
villaggio.
le
Era
UN GKNIO SCONOSCIUTO. un' usanza, a cui
il
iiò
mai non derogava,
castellano
di
invitare in tali occasioni tutti gli abitanti del pae-
ad onesta baldoria.
sello gio,
Il
menestrello del villag-
un vecchietto dal mento aguzzo e dalla faccia
tutta rughe, coli' aria tra di nesci e di malizioso,
raschiando maladettamente
il
suo violino scordato,
faceva saltare ai suoi giovani compaesani le più
animate monferrine del mondo sulla finissima rena dello spianato. Circolavano in discreta
abbondanza
buone bottiglie
padrone del
di
vin
vecchio,
e
il
castello compiacevasi di quella ingenua allegria.
Sul più bello, ecco per caso straordinario comparire maestro Ambrogio, colla
andatura
sua
certa e oscillante, col suo aspetto mezzo chioso, e non fa pur mestieri
dietro
i
talloni.
Un
il
dirlo, col
in-
sonnac-
suo cane
allegro clamore si alzò da tutta
la comitiva a salutarne la venuta.
— Oh il
!
il
maestro
sor maestro! Viva
!
il
Avanti, avanti.
maestro! —
L'anfitrione della festa e con
espansione,
al
Ben venuto
si
associò ancor egli,
cordiale
ed allegro accogli-
mento.
"Buon
giorno,
qui accosto a
me
Ambrogio:"
Ambrogio certo
"
Venite
ed assaggiate un po' questo vino
dei miei greppi, so che
direte le novelle.
diss' egli.
non
lo disdegnate, e
me
ne
"
stirò
le
modo che doveva
sue
pallide
raffigurare
labbra in
un
sorriso,
un
ma
UN GENIO SCONOSCIUTO.
96 che
altri
avrebbe detto una smorfia
lasciandosi
e,
prendere e stringere la mano ora da questo
da quello di uomini e donne che
gli
ora
facevano
si
venne appressandosi
intorno al suo passaggio,
castellano e a me, che stavamo vicino
all'
chetto di compar Fosco
il
suonatore,
il
chetto cacciava pure tanta forza nelle
al
acre ar-
quale ar-
gambe
di quei
bravi giovinotti. Il
rio,
maestro era in un momento
straordina-
di
né mai visto buon umore, perchè non ismise
quel suo cotal ghigno, ed agguantò con avidità la bottiglia
un
che
tendeva
gli
il
compare Fosco, già
po' cotto per le libazioni fatte. "
Orsù, maestro del mio cuore,
Dio
sta bottiglia, che
a ogni
abbocca que-
mandi ogni bene
ti
!
e
bando
"
filosofia!
Convien sapere che
il
bravo menestrello alla
seconda bottiglia che avesse bevuto, dava del voi a
tutti, alla terza del
filosofia
per
poi,
lui
tu
addirittura
il
;
termine
era sinonimo di malinconia,
ipocondria, stoltezza.
Ambrogio, dopo aver bevuto, fece chioccar lingua contro
palato
il
come usa un vero
la
conosci-
tore di meriti enologici. "
Buono
!
"
diss' egli
"
:
buonissimo
!
Questo è
la gioia terrena liquefatta e tenuta in serbo;
è vero, "
compare Fosco
L' allegria
!
"
non
"
?
esclamò questi tutto animato
:
UN GENIO SCONOSCIUTO, "
r allegria per cento mila
anima mia
stro
dell'
vita.
Tutto
r
allegria
sprofondi
e
E
all'
battendo col dorso
inferno il
camusa,
la
o
bricco del mugnaio."
dell'
archetto sulla cassa
del violino, per richiamare a sé l'
nella
altro
non vale un cece. Viva
!
sono un asino come
eh' io
Vedi, sor mae-
!...
non istimo
io
;
resto, peuli
il
violini
'•«
attenzione del-
1'
adunanza, soggiungeva gridando, come a sordi "
Su, da bravi
altre capriole?... Eccovi
zare
i
anche
morti....
posto
il
appoggiatovi su
"
suo perfido strumento alla spalla, il
mento aguzzo,
che poteva avere Paganini egli diede giù
far dan-
da far danzare
?.,.
scudi in tasca d' un avaro.
gli
E
ma
una monferrina da
che morti
:
vogliamo fare due
giovinotti,
colla
compiacenza
nell' accingersi
a suonare,
una solenne raschiata che produsse un
suono, al cui paragone è una dolcezza la
sorba che vi alleghi
i
piiì
aspra
denti e allappi la bocca.
Ambrogio tornò a bere e due
e tre volte, fin-
che la bottiglia pòrtagli da Fosco gli rimase vuota fra le mani. Allora e' si accoccolò per terra vicino allo scellerato scorticatore delle nostre orecchie, e
appoggiati
pugni stette
tre
i
i
gomiti alle ginocchia,
richiusi,
il
cane
sdraiato
le
fra
guancie le
ai
gambe,
ad ascoltare quella diabolica armonia, menvillani gli saltavano
fusione,
coi
mondo, da ItERSEZIO.
più
strani
dinanzi con gran gesti
e
con-
contorsioni
del
parere tanti morsicati dalla tarantola. 7
UN GENIO SCONOSCIUTO.
*J»
Io
guardava attentamente
attirato da sul suo
il
maestro
curiosità; che
conto la narrazione
prima volta
dalla
fin
una viva
eh' io
mio
del 1'
aveva
era sembrato una figura originale
ospite.
Già
visto, egli
mi
ora, forse per
;
che avevo udito di
effetto di quello
di scuola,
mi aveva destata
lui,
mi pareva
dì scorgere in esso qualche cosa di speciale e di-
stinto che lo sceverasse dalla
comune, credevo tra-
vedere in quel complesso di
tratti,
forme, alcun che
o almeno
di
sopra,
di maniere, di all'
infuori
del volgare.
Quel certo stiramento
di
labbra,
che in lui
teneva luogo di sorriso, non era cessato, e pareva anzi fattosi immobile sul suo volto
ma
;
gli occhi
suoi, ordinariamente atoni e smorti, brillavano; di
quando
in
quando, toglieva una delle sue mani da
far sostegno
una
volto, allungava
al
delle bottiglie che facevano
compare Fosco,
e
ogni volta, mentre immobilità,
i
gambe
alle
il
sulle ginocchia
braccio verso
siepe intorno
dava una tracannata, e ad
il
corpo conservava la massima
e l'altra.
sempre
Fosco serrava
più.
in
I
occhi
modo
1'
archetto, e riceveva
mezzo
dalle
mani un
suo.
due uomini allora ;
Tra
suo violino, metteva per traverso
del maestro la bottiglia, per darle ancor esso
saluto a
al
ci
suoi occhi brillavano
una monfcrrina
il
si
guardavano entro
gli
Fosco rideva con un riso secco, Ambrogio
UN GKNIO SCONOSCIUTO.
!t
ghignava silenziosamente. Era un curioso spettacolo
r osservarli. Probabilmente così diversi
mo,
d' intelligenza e di
d' ani-
sapere, quei due esseri
trovavano in quel momento assembrati,
si
fatti uguali,
accomunati dalla bassa soddisfazione d' un piacere materialissimo.
Ad un punto
Ambrogio muover dondo-
vidi
lando la persona, come fa
accompagnare
orso
l'
accennar
coli'
gabbia,
in
capo
del
V
ed
orribile
suono di quel disarmonico pezzo di legno battezzato per violino. Nello stesso tempo, parlare con una certa vivacità.
Me
mise a
e' si
gli accostai
di
più per udire le sue parole. "
Su, su
"
diceva
:
egli
:
forte, coraggio, suona, suona,
dagli dentro, più vivo,
"
una pazzia, ciò?....
più ratto,
Non
dirai sai
;
ebbene
che
sì,
è
gli è nella
ha riposo dalla sventura? Non sione e pazzia, e che illusione
?....
lesto,
più concitato
e
Fosco
il
!
vino
Tu
è
La
solo
il
È
e con
;
l'
uomo
che ogni
illu-
pazzia che sai
;
;
bene sulla terra è !
Esso
è tutta brava gente code-
eccellente.
sei l'Orfeo di
Orfeo faceva ballare
Fatti
onore compare
questo villaggio. Sai bene: trescone anche ai sassi."
suonatore rideva con quel riso secco a suo
Il
modo
il
una pazzia
Su, su, svelto quel!' archetto
languisce per Dio! sta,
via,
saltare, falli girandolare, falli sbalordire....
falli
r
animo,
suona compare Fosco
;
e,
come spronato da quei
detti, affrettava
100 il
GENIO SCONOSCIUTO.
TlN
moto
misura col piede,
la
disarmonia "
del
Eh
eh eh
le
di tabacco
"
!
accumulava colla più audace
maestro. L' allegria
esco di
lì,
io
!....
!....
"
Sei
Nulla
Le patate sono
castagne anche migliori, una brava presa
ha
il
suo merito, un pezzetto di tabacco
corda da masticare
in
capo, e batteva
rispondeva egli frattanto.
tu, sor
Non
vai meglio.
e
il
note più francamente stonate.
le
mio parere
buone,
e agitava
dell' archetto,
stimo di molto,
lo
ma un
centellino d' allegria vai cento mila volte più d' ogni
altra cosa.
E
dove la
benedetta allegria?.... fiasco di vin vecchio.
E Ambrogio "
si
si
trova sicuramente questa
E
zin zin e zin zin, in
ripigliava:
Ti dico che sei Orfeo
!
Vedi come quella gente
dimena, salta e ammattisce. Essa gode
crini del tuo archetto che
Vero miracolo
!
un
"
compiono
Dare un' ora
di gioia
!
Sono
i
tal miracolo.
ad uomo che
vive. Se qui venisse Satana con una corona reale in
pugno e
l'
offrisse a cotestoro in
cambio del loro
tripudio innocente, sarebbe stolto, tre volte stolto chi rinunziasse ad un
momento
di questo piacere
per tutta la vita del re più potente che stringa scettro nel mondo.... cilli
E
spero che di tanto imbe-
non ce ne sarebbe nessuno fra questi dabbene." Il
Menestrello ammiccava come se capisse, col
solito riso,
e
suonando più arrabbiatamente che
mai, ribatteva a sua vòlta.
101
UN GENIO SCONOSCIUTO.
Eh
"
eh eh
Non
!
qui
tutto
è
gli
avremo una cena. Un mezzo agnello padre dello sposo è uomo che fa "
Invidio
altissimo ingegno
che
Forse
provare solo
il
Quale
!
a
valse
"
procac-
un godimento simile a quello
ciare ai suoi simili fai
poeta mai
di
Il
ammodo.
violino
tuo
del
potenza
la
cose
le
stasera
;
arrostito.
Omero
note
quattro
tue
colle
greca ancora
società
alla
false?
"
fanciulla. "
Sta' attento
!
sta' attento
monferrina ancora più bella. bravi, alla riscossa "
Come
povero autore che affine di
Hop
!....
paragonare si
al
Ecco
!....
un' altra
giovanotti,
Su,
da
"
hop
!
!
tuo potere
stilla
il
1'
cervello
azione del
per anni,
presentare una sua creazione ad una frotta
di concittadini che si raccoglie in teatro a fischiarla ?
Come
a quella dello
fa strazio
qualche
rante di critico argutissimo ?
Udendo
un
libro,
su
dozzina di lettori e di cui
cui sbadiglia qualche
malignamente
scrittore d'
insolenza
igno-
"
maestro Ambrogio un
ciò sospettai in
letterato infelice, amareggiato dal ricordo
d'
una
strepitosamente vergognosa caduta; e mi feci innanzi verso di vide e
me
s'
lui
con maggiore interesse. Egli mi
interruppe.
I
suoi occhi
si
fissarono su di
con una curiosità quasi pari a quella che
manifestava
a riguardo di
minuto a contemplarmi
;
lui.
poi,
Stette un
io
mezzo
come spinto da una
UN GENIO SCONOSCIUTO.
102
subita risoluzione,
mi
alzò in fretta e
si
si
acco-
stò vivamente.
È
"
vero,
mazione
mi domandò
"
"
d' accento,
di voi? Siete
a quella
con istrana ani-
egli
quello che ho
è vero
uno scrittore ed accostate macchina
terribile
la
che
infernale
udito
mano è
la
"
stampa.
È
"
una macchina infernale oramai innocente "
risposi.
chi le
L' incuria della gente e la coscienza
adopra V hanno ridotta senza
l'
Ambrogio serio, e
di
Fatte
"
debite eccezioni.
venne
pericolo...
" :
fece quel suo ghigno strano, poi di-
mettendomi una mano
sulla spalla
con una certa famigliarità da superiore mi smaltì, tutta d' un fiato la seguente tirata.
VII.
La
«
voi
?....
coscienza di chi scrive
Oh
?
Ecco Ci credete !
certo siete costretto a rispondere di
sì
dal fatto che voi pure v'imbrattate le dita d'inchiostro,
stringendo una penna. Si comincia per volerne
avere,
si
è forse tanto felici
L'uso e l'abuso nano
V
si
parola
Come discerneremmo
in quella
che
della
confusione
chiama vita
testa e cuore
il
di
da averne
;
ma
a che non
noi
il
poi
?....
vi
me-
vero dal falso
cose, d' uomini e di idee
sociale,
mentre
ci
scompiglia e
nostro privato interesse? Quello
103
UN GENIO SCONOSCIUTO. che avete sognato fosse un apostolato,
vi
un
la
si
mestiere. Vi siete proposto di guidar voi la penna,
ha da darvi
e siete voi trascinato dalla penna, che
da mangiare e da soddisfarvi »
La penna
Come, non
!
la vanità.
vi
spaventa
maneg-
il
giare questo ridicolo e tremendo scettro del pen-
Non pensate mai quanto germe
siero V
può gocciolarvi giù con una
male
di
stilla d' inchiostro
e
seminarsi in un' anima umana, mercè un' idea, una
mezza
una sembianza d'idea? Anche
idea,
la più
innocente può, in date occasioni, essere la più mal-
Una
vagia.
favilla
che sta per ispegnersi,
pare
vi
un
la cosa più impotente. Lasciatela cascare sopra ,
barile di polvere, e la casa intera ne va in aria.
Più innocente ancora è un granellino platino
;
ne accadrà uno scoppio.
e d' idrogeno, e »
La
dalle
nero di
di
introducetelo in un miscuglio d' ossigeno
misteriosa anima
passioni
modo che una parola faccia
l'
e
è tale che
può
dolore essere preparata in
dal
vostra uffizio
umana
che? una semplice
idea,
di scintilla sulle polveri
da
mina, di nero di platino sul miscuglio dei due gaz.
E
non
pensiero
avete
arrestate
vi
intimorito
innanzi a
potete star tranquillo,
?...
idee? Ve ne hanno pur
sciupate felici
che
il
perchè non
troppo di
che scrivono senz' aver nulla da dire
!
questo
Ma
coloro
voi allora
vostro tempo, e rubate quello degl' in-
vi
leggono....
Ah!
l'
incuria della gente
:
104
UN GENIO SCONOSCIUTO.
r avete
detto....
Ma
non
di frate inquisitore,
crudeltà di re tiranno
vi fu
neppure
truce
la
fantasia
imma-
del cantore dell'inferno, che abbia saputo
Voi vi
Come?
ed applicare un supplizio simile.
ginare
vi torturate
consumate
il
cervello, vi opprimete
dal vostro interno, che è
il
che dovete trarre
sangue del vostro cuore,
e nessuno vi bada, e la vostra voce
un sotterrato vivo
pure un' eco
anima,
in veglie febbrili la vita, ogni giorno,
ogni ora, per una produzione
quella d'
1'
Chi
!....
vi
muore come
in caverna che
ha condannato a
non ha questa
vergognosa tortura d'impotenza?.... Mi risponderete forse è
che
spinge un interno
vi
stimolo,
che
cenno del proprio destino. Non pascetevi di
il
fole.
dell'
Ma non
credete voi dunque nel libero arbitrio
uomo ? Non
vi sentite
essere ridicolo nello stesso
padrone almeno
tempo che
Si era molto riscaldato nel dire
:
di
non
infelice?
»
era diventato
tutto rosso in faccia, gesticolava vivamente e gli occhi gli brillavano in mirabil guisa. Si vedeva che
r eccitazione
datagli dal bere
l'
aveva fatto uscire
per quel momento dalla passività in cui mante-
neva
chiusi
abitualmente
la
sua anima,
il
pensiero e forse le memorie del suo passato. tr' egli
parlava con un impeto che mal
si
suo
Men-
potrebbe
esprimere, compare Fosco sembrava aver cresciuto
ancor egli di foga lino,
suono
suo
vio-
e quella musica scordata e quasi direi
rab-
nell'
acre
del
105
UN GENIO SCONOSCIUTO. biosa, a cui
si
frammischiavano, dai
grida .selvaggie
robusti
all'
petti
uso montanino, danzatori,
dei
faceva un accompagnamento strano
concitate
alle
parole di mastro Ambrogio.
Quando questi gli dissi "
fu interrotto
si
un momento,
vostre parole vorrebbero una lunga rispo-
Le
sta, e se
ne ecciterebbe forse una discussione non
breve, che non è qui luogo di fare vi
disgrada, e a
momento.
altro
io
:
ma, se non
;
piacerà molto, la faremo un
me
"
La sua animazione
cessò a un tratto
si
;
ritrasse
vivamente indietro, come spaventato, tendendo
le
mani innanzi, quasi volesse rigettarmi da sé, e proruppe con accento di vera paura: "
No, no, nessuna discussione, nessuna parola
più su questo
nemmeno una
argomento,
prego! Non pensate più a ciò che
Non
so più io stesso che cosa
dicendolo....
L' avrete
udito
Lasciatemi stare
tare dell' altro.
E
s'
;
ho
non
Vi
detto....
lo
sapevo
che talvolta la mia
ragione vagella. Questa fu una delle
addio
vi
sia....
!....
volte....
Addio
non venitemi a tormen-
"
allontanò da
me
e dal castello, tentennando
nel camminare, forse per
parsa veramente profonda
l'
emozione che mi era
in lui, forse
bevuto che era stato molto davvero.
per
il
vino
UN GENIO SCONOSCIUTO.
106
Vili.
Per più giorni mi fu impossibile maestro. Mi persuasi ch'egli
sitamente
con
e
molta
mi
di vedere
cura, pentito
essersi
di
abbandonato meco a quel momentaneo sfogo sieri
che dovevano da lungo
mente aggirarsi per
tempo
di pen-
frequente-
e
sua testa.
mio ospite cominciava ad essere inquieto
Il
e
la
il
sfuggiva appo-
buono com'
era, proponevasi di
—
a cercarne novelle, quando un giorno pranzo, che colà, secondo
fine del
piemontese,
si
mezzo
fa a
nero ad annunziargli che
;
andare egli stesso
1'
si
era alla
antica usanza
della giornata,
— ven-
maestro era da basso,
il
chiedendo di parlargli. "
Fatelo salir su
E
il
:
servo rispose
meno entrare
sotto
grime agli occhi
il
1'
"
:
disse
il
padrone.
Ambrogio non volere nem-
atrio,
ma
pregare colle
dere ad ascoltarlo da solo, che a lui,
la-
castellano perchè volesse scen-
solamente a
lui,
desiderava, e tosto, parlare. Il
mio amico
s'
accostò alla finestra che guar-
dava sulla spianata del giardino, e dietro.
Vedennno
il
giava su e giù col
io
gli
tenni
maestro che, agitato, passegsuo passo
incerto,
più bar-
collante del solito e la sua testa arruffata dondo-
lante sull'esile corpo. Aveva
tnle
un
aspetto di
107
UN GENIO SCONOSCIUTO. desolazione che
proprietario del castello se ne
il
commosse.
— Gli sgrazia —
di
esclamò
egli.
:
sia
una qualche
sicuro
è avvenuta
— Chi
sa che
di-
diavolo
—
!
E
levatosi dalla finestra,
atfrettò
si
a scendere
ed a raggiungere Ambrogio. Io rimasi colà, appoggiato al davanzale, a guardarli.
Non udivo pur una
vedevo
tutti
delle loro parole,
scalini
dell' ingresso,
il
castellano
mosse vivamente
gli
come
incontro, tendendo verso di lui le mani, fa
ad uno che giunga
dando
una
un
tazione.
si
una
era
che
suo
il
calore, con
preghiera
discorso
con
una abbondanza
dinotavano la massima conci-
che
tali
E
si
punto a salvarvi, e man-
avviò
Poi subito
vivacità, con
parole
di
in
un' esclamazione
essa sola.
ne
gesti e l'espressione del viso.
i
Appena Ambrogio vide comparire sugli
ma
levava
il
cappellaccio, e scuoteva la
sua ispida ed arrutìata capigliatura grigiastra, e si
percoteva la vasta fronte, bernoccoluta, e strin-
geva
le
mani con
fervorosa. all'
insù
come
lasciò scorgere cia, potei le
indicibile atto
In una mossa, in i
con
di
cui,
una più viva
supplicazione vólto
il
(.leprecazioue,
viso
mi
lineamenti tutti turbati della fac-
vedere che grosse lagrime
guaucie più terree del
— Pover' uomo — !
gli
rigavano
solito.
dissi tra
me, commosso
alla
UN GENIO SCONOSCIUTO.
108 vista di quel
— Qual
dolore.
—
averlo colpito ?
vedevo
padrone del castello
Il
in
Ad un
suo soccorso.
stro ebbe detto plicare,
il
— Ecchè sì,
per cui era
venuto
le braccia, e
un certo modo che pareva
testa in
Ma
ciò
il
mae-
a
sup-
annuì colla
significare
:
Gli è codesto soltanto che chiedete ?
?
ve lo accordo
Ambrogio,
è cosa fatta.
;
un impeto
in
a un tratto ambedue
le
vivamente
:
mani
il
—
di riconoscenza, prese
del
mio
vatosi innanzi a lui, gliele baciò. ritrasse
profferirsi
quando
punto,
mio amico levò
con atti
che
sembrava
e parole faceva a calmarlo, e
può
mai disgrazia
ospite, e cur-
castellano le
Il
maestro parve
di
subito
vergognarsi dell' atto troppo servile, dirizzò la persona, e sollevò la testa con piglio pieno di nuova fierezza
;
ma
Il
dove
un lampo
fu
tuale umiltà,
si
mio amico lo stavo
e tornato nella sua abi-
;
partì con passo affrettato. risalì
a raggiungermi nella stanza
aspettando; aveva un sorriso sulle
labbra e lagrime agli occhi. "
Che benedett' uomo
!
"
esclamò.
"
Gli è matto
per davvero, e colle sue stramberie non ha com-
mosso anche me? Non indovinereste mai più che cosa è venuto zione
a dimandarmi
con tanta dispera-
" !,...
"
"
Che cosa
"
Gli è morto stanotte
?
il
suo cane.
"
UN GENIO SCONOSCIUTO.
Comprendo
suo dolore."
"
Ah, povero diavolo
"
E' vuol dargli una sepoltura che crede possa
essergli gradita,
!
e che
sia salva
ogni profanazione. Dice che
compagno
perduto
si
sempre mai da
luogo in cui
il
compiaceva
di
più,
il
suo
era
il
"
"
E
"
Precisamente.
vuole seppellirlo colà ?
cenza come
d'
È
venuto a dimandarmene
un gran favore. Dice che verrà
medesimo stanotte; solo.
il
"
mio viale de' pini
ci
109
e vuole
li-
egli
ad ogni modo esser-
"
Difatti, la sera, verso le undici, dalle finestre
del castello
vedemmo un
folto dei pini, in quel
lumicino brillare nel più
durante un' ora e forse più.
Il
domani
luogo fu trovato sopra la terra smossa un
grosso sasso che prima stava ad una certa distanza di là, e pareva impossibile che
il
povero maestro
avesse avuto forza pur di smuovere.
Capimmo che
la
salma di Pomino era posta a
consumarsi a
Sotto la guardia della grave pietra. »
Passarono molti giorni senza vedere altrimenti il
maestro. IX.
Un nanzi
mattino, svegliatomi prestissimo, alla
mia
finestra,
di
cui
avevo
vidi
in-
lasciate
110
UN GENIO SCONOSCIUTO.
aperte le persiane,
il
cielo
di
sopra la montagna
prima luce
rischiararsi così lieto della
dell'alba,
che coraggiosamente determinai bearmi del merapiano
viglioso spettacolo dell' aurora. Uscii piano
m' avviai verso
nel giardino, e pel viale dei pini
un' eminenza di terreno da cui avrei potuto mirar
meglio la stupenda scena.
A un
tratto udii
una
voce lamentosa, or bassa, or alta, impressa sempre di
molto
Stupito,
che pareva declamasse dei versi.
affetto,
ammorzai
suono dei passi, e venni pian
il
piano avanzando verso quella voce, con molta cautela. Inoltratomi un poco più, vidi in quella penom-
bra crepuscolare gio,
il
gli abiti scuri di
maestro Ambro-
quale, accoccolato, meglio che seduto, sulla
gran pietra che copriva la fossa del suo cane, con
una voce armoniosa
come
io
non
e con
un accento espressivo,
aveva udito
gli
gare dalle labbra un' onda
lasciava sgor-
mai,
di vera, soave, puris-
sima poesia. Attonito,
e
insieme commosso, mi accostai, e
riparatomi dietro pini, stetti
il
tronco
d'uno
di
quei
grossi
ad ascoltare.
Ambrogio teneva
i
gomiti sulle ginocchia, strin-
gendosi colle mani la fronte
;
aveva
ai piedi
il
suo
cappellaccio, e le chiome gli si sollevavano sulla
testa agitate dal vento mattutino.
Se vere
i
io avessi
potuto tenere a mente e qui riscri-
versi che impetuosi uscivano
in
quel
mo-
UN GENIO SCONOSCIUTO.
mento dalle labbra mentare io
di
di
darei alla letteratura
come
moderna uno squarcio ha
ne
se
poca
troppo
di al
corre.
fiat divino
il
1
queir umile maestrucolo ele-
Egli parlava d' amore è
1
un povero e rimoto paesello montanino,
poesia sublime,
tempo che
1
della
:
—
queir amore che
di
creazione, che
è
legge
la
intima e suprema di tutto V universo, che è V idea manifestata colla parola della vita, che è la finadella
lità
sussistenza
queir amore che è nel
supremo
fluido, se
corrisponde nel
e
dell' intelligibilità
fisico
prima, non ancora accertata, sentita
hanno origine
le forze della
che quindi, sostanza pervade, e
V
etere,
ma
natura
essenza
la
;
i
tutte
— queir amore invade
tutto
universale,
manifesta in tutti
si
e
rapporti degli
composti corpo-
menoma animazione
ad ogni
quale
indovinata e pre-
esseri, dai purissimi spirituali ai rei,
al
scienza moderna, nella quale
dalla
di
mondo morale queir ultimo
pur così può nominarsi,
mondo
—
;
della
materia,
legge chimica, per così dire, delle affinità intellettive insieme e sensitive nell' universo vivente. I
due cardini del mondo della vita essere
pensiero e
l'
amore. Perfette
le
creature
il
celesti,
dove purissimi, non offuscati dalla materia, e questo e quello
r uno sì
d'
e
V
;
perfettibile
altro
ambedue,
1'
dagl' istinti
ma
uomo,
in cui limitati e
materiali,
offuscatori
domabili pure e riducibili
;
pas-
UN GENIO SCONOSCIUTO.
112
seggiere ed effimere animazioni di materia, affatto mortali gli esseri al di sotto dell' uomo, in cui un
accenno soltanto di pensieri e
E
amore.
d'
volgendo con brusca transizione
qui,
scorso alla
memoria
di quel
egli sedeva, lo apostrofava
di-
il
bruto sulla cui fossa
con voce di pianto.
Quel diseredato composto di materia organizzata lo aveva pure amato, lui creatura intelligente,
più che non avessero fatto
gli
Non
non
alla regola dell' utile,
apparenze aveva esso misurato trove
che
uomini suoi
pari.
vanità
delle
alla
suo
il
Al-
affetto.
povero cane avrebbe potuto trovare quando
il
si fosse
pane più bianco e più ricco albergo
e temperie più mite, da non comprarsi con altro
che coir ingratitudine d'abbandonarlo. Qual uomo se ne sarebbe rimasto ?
Lui povero, stiola
lo
solo,
debole,
brutto,
quella be-
aveva nondimeno fortemente amato,
e
senza tregua e senza condizioni. Perchè aveva da essere distrutto affatto quell'essere amoroso, così
da non esistere più mai nella sua dividualità ?
Perchè a tanto
affetto
care corrispondenza di pensiero,
mento
necessario
un'anima? Oh!
a
costituire
se avesse egli,
potuto instiliargli
una parte
il
il
in-
1'
ele-
di
poeta, se avesse
di quel suo pensiero
che alcune volte sentiva soverchio dergli
quale è
immortalità
1'
il
discioltasi
aveva da man-
in
sé confon-
cervello e urtarglisi dolorosamente nelle
113
UN GENIO SCONOSCIUTO.
Quante
pareti troppo ristrette del cranio
!
aveva egli vaneggiando sognato,
— come
culus, cui
Goethe
Fausto,
di
—
crear
di
scienza e di fede,
Non
bruto!
da Wagner
collo spiro
materia foggiata
quella
a
avrebbe esso avuto dell'uomo che le
non
perfidie,
con un miracolo di
esso,
facoltà amative e intellettive le
homun-
nelle storte
uno spirito immortale
che animava
vita
di
fa creare
non
fiate 1'
le
;
deficienze,
quella forma, ond' egli
si
non
non
gli orgogli,
dipendenti da
che,
assuperbisce cotanto da
male
dirla simile a quella di Dio, torcono al
più
i
belli suoi pregi.
L' re.
uomo
disconosce ed infrange la legge d' amo-
Dal peccato fu
redenta
;
ma V
gli errori
ne
amare i
umanità
col divino
sacrificio
individuo conviene sé stesso redi-
ma, e noi fa; e
resse,
1'
il
soffio
di
Satana,
sociali e le seduzioni
d'
traversando
un
falso
inte-
corrompe l'anima tuttavia. Non
in terra dai più,
come non
si
si
sa
sa pensare
;
meschini sono derelitti, del pari che è rigettata
la verità.
Ma
non sempre durerà sulla terra questa
bellione dell' islancio
che
uomo
veramente
sono,
per
al
dell'
poeta, con sulle età
amore, e
e
quando
umani saranno regolati
BeKSEz:o.
;
vagheggiare nell'avvenire
cietà progredita, migliorata, porti
il
sorvolava
suo destino
profetico,
del
ri-
tutti
la
so-
rap-
i
sola
legge
paradiso terrestre, che
allora
dalla
S
114 si
UN GENIO SCONOSCIUTO.
sarebbe veramente dischiuso alla nostra schiatcon
faceva
ta,
vivaci
sì
e
splendidi
dipintura sublime, che nulla
dell'
umanità
;
e
terminava con un inno di gioia
e dirò di trionfo, ai
una
colori
conosco da met-
paragone nelle opere dei gloriosi poeti
a
terle
io
il
quale ben pareva quello che
umana
nuovi tempi avrebbe dovuto innalzare F
famiglia
per salutare
adempimento
l'
sua
della
ventura.
In suir ultimo egli
era
s'
rizzato
levata superbamente la testa, del gli
tutto al vento le sue
in
il
sole,
che mandava allora
mi appariva
Esse
arruffate.
vasta
alla
suoi primi
i
raggi, le indorava con tinte di fuoco. di lui,
e,
aveva abbandonate
chiome
facevano come un'aureola intorno
fronte, e
piedi
La persona
in quell' istante più alta e più
nobile di forme e d' atteggio. Splendevano d' una luce straordinaria le sue pupille
alzate
al
cielo
;
splendeva, come per propri raggi che ne emanassero, la fronte solcata dallo
stampo del pensiero,
tocca dal segno potente del genio.
erano le
guancie,
infuocate
Infuocate
labbra
le
tremanti.
Vibrava con un' armonia ineffabile e nuova del Vate,
disposandosi alle mille voci,
sussurri, ai canti
degli
augelli,
al
gli
la
voce
ai
mille
fruscio
delle
frondi, al ronzio degl' insetti, con cui a quel
mo-
mento
sul-
la terra salutava
l'
apparire
r orizzonte. Avreste detto che
i
del sole
potenti versi del
115
UN GENIO SCONOSCIUTO.
poeta assembravano ih una, e traducevano in parola cantico eterno e meraviglioso e nuovo
umana quel
sempre, che con tutte
le voci della
natura innalza
ogni mattina la terra alla gloria del Creatore.
X.
Vi confesso che fossi e innanzi
tasia che
punto dove mi
obliai a quel
a chi, in un trasporto tale di fan-
raramente ebbi a provare l'uguale.
Vi sarà avvenuto parecchie volte che un pezzo efficacissimo di musica ispirata vi ecciti la
con
gradevole
sì
emozione che
mente
pare una strana
e direi quasi spirituale ebbrezza vi assalga a di-
schiudervi innanzi
nato
sublimi ispirati
più
all'
intelletto
un mondo stermi-
confuso di pensieri vaghi, indefiniti,
e
e vi
;
sembra che questi pensieri
ma
vi sieno
da una sfera superiore, sieno vostri e pure di voi, e vi sentite innalzarsi
alti
tempo
nello stesso
1'
anima e
crucciarsi nel sentimento della
sua impotenza, e vi affannate per afferrare e ridur concreta una di quelle tante idee
che
vi
barba-
gliano nella mente, e vi indispettite di non lo potere, e
un certo brivido
sentite
il
vi
corre per le vene, e
bisogno e la capacità temporanea in voi
di nobili gesta, e avete lo spirito scosso dalla
potente
dell'
Ebbene,
mano
entusiasmo.
io
mi trovava
in tale stato a quel punto.
UN GENIO SCONOSCIUTO.
116
Mi ambe
precipitai verso queir
mani, esclamai
le
"Chi
siete voi?....
uomo
prendendogli
e,
:
Ma
chi siete voi,
Dio
cui
concesse la fortuna di tal forma per tanta possa di pensiero?
"
L'esaltazione in lui era troppa per cedere di
mio repentino
subito. Al
apparirgli,
non parve né
anco essere stupito. Mi guardò con dignitosa rezza,
agitò
la
testa,
e
facendo
balenare
fie-
nello
sguardo una fiamma cui niuna parola varrebbe ad esprimere, proruppe "
Chi sono
ha molto
?
:
Chi sono
Sono un uomo che
?...
un uomo che non ha nemmeno
sofferto,
più un nome, die
è seppellito vivo nelP
si
della morte, più coraggioso di Carlo V,
rinunziò
anni
La
!....
alla
E
corona
anche a
dopo
me Dio
averla
quale
portata
tanti
aveva data una corona!
più splendida delle corone
!,
ingemmata
e lucente di que' raggi che circondano
La corona sì
vicino
del poeta
!
E me la vidi
da poterla afferrare
fronte di cingerla e potente
tarmela.
anni
!
Oh come
Oh come
ombra
il
;
di stelle
suo trono.
brillare dinnanzi,
e sentii il
il
degna
la
mia
mio petto da meri-
palpitai per èssa ne' miei giovani
la portai
nobilmente ne' miei sogni, e
sentii nelle mie travagliose veglie notturne ardermi
essa divinamente le tempie, e sollevarmi la nebbia
mente
dell'
il
capo oltre
atmosfera terrestre, e lanciarmi la
sulle ali dell'idea nei sogni dell'infinito
!...''
IH
UN GENIO SCONOSCIUTO.
Ma
"
me, vidi
fra quella corona e
ipo-
levarsi,
maligna, beftarda la malvagità umana, e indie-
crita,
come
treggiai,
tìscliiante,
chi sul suo
cammino scorga
sanguinolenta, la testa dell'
non crediate
non
eh' io
drizzarsi
Oh
idra....
!
Ebbi corag-
abbia lottato.
gio, ebbi sofferenza, ebbi nobili indignazioni, ebbi
Un
timide transazioni pur anco....
che l'odio generava
nava intorno
scoprii
che l'invidia semi-
l'odio,
denti del mostro
i
giorno
Cadmo
di
e da
ogni nemico vinto faceva sorgere legioni e legioni di calunniatori e
"
annnaccato, trafitto, disperato fuggii.
Un mie
calma entrava
po' di
sue mani, e se
le
fronte e sulla faccia spalle, e
Indolorito,
rabbiosi latranti.
di
;
le
in
lui
;
dalle
sciolse
passò lentamente sulla
poi appoggiandole sulle mie
tenendomi innanzi a
sé, in
modo che
la
sua persona pareva cresciuta e sopravanzarmi, e fissando entro
i
miei occhi
il
ancora di febbre, soggiunse "
Voi avete sorpreso
il
suo sguardo lucente
:
segreto della mia vita
quel segreto che da tanti anni rinserro con
sì
:
gran
cura nella mia solitudine e nel mio nulla. Di belle fiate
il
menta
dèmone mi
!
assistito
Io lotto.... e
ad una
mi logorano temi
!....
assale e
in
speranze, in
mi tor-
tremende battaglie che
Dimenticatelo....
nome dell'anima nome
e
r ho vinto sempre. Voi avete
di queste
la vita.
mi scuote
di Dio
" !
Dimentica-
vostra, delle
vostre
UN GENIO SCONOSCIUTO.
118
non me ne
Io volli parlare: egli "
Non mi
lasciò
tempo:
il
dite nulla, ve ne
"
scongiuro.
Si lasciò ricadere sopra
poco con
mi
dite nulla, non
le braccia sulle
il
un
stette
sasso, e
ginocchia e la testa recli-
natavi su, tutto raccolto e in
ogni
suo
membro
tremante.
Poi tornò a sollevare
nalmente prese
capo
chiome che
le
me
quindi girò verso
;
ravviò macchi-
si
scendevano sulla fronte,
cappello che era in terra, e se lo mise in
il
Aveva nuovamente
spenti.
capo,
il
gli
mezzo scemo che
gli
i 1'
suoi occhi, ora affatto
aspetto smemorato
era solito
suo volto era
il
;
e
pallido e le labbra scolorate più di prima. "
fioca i
Ella,
che
"
riprese a dire colla voce cavernosa e
conoscevo abituale,
gli
nulla "
a
Oh
tutti....
per
ha udito
ella
d'un povero pazzo.
vaneggiamenti
vorrà tacerli
"
Spero
che
non
dica
pietà
" !...
Tacerò
" ;
risposi
:
"
ma
bisogna eh'
io
le
"
parli....
S' alzò
me
agitando
di scatto, e
balbettò con accento d' "
E
Non
allontanò a gran
colle
si
le
mani verso
passi
ma quando
fu
:
" !
aggiungere una parola, ;
di
stanco e sfinito
adesso, non adesso per carità
senza lasciarmi
discosto
uomo
si
alquanto
fermò e volgendomisi anche una volta
mani giunte
:
IT"
UN GENIO SCONOSCIUTO. "
Silenzio
""
!
disse
mi raccomando.
"
:
"
Poi continuò con passo barcollante la sua strada.
Per due giorni mi fu impossibile rivederlo: terzo dì,
Ambrogio venne
coni' era
sempre
;
un momento,
cui nessuno poteva udirci, sollecito "
quale
al castello tale e
approfittando d'
al
in
mi disse:
Ella vuole parlarmi, ed ancor io voglio par-
lare a
lei.
Domani mattina venga a casa mia.
Aspettai con
seguente;
e,
ansiosa
sollecitudine
levato appena
passi la collina verso
Ambrogio era
sole,
il
il
"
mattino
scesi a
gran
villaggio.
il
sulla soglia della sua casa.
salutò con una certa solennità e
Mi
mi fece entrare
nella sua povera abitazione.
XI.
Fui introdotto in una stanza a pian
terreno,
spoglia, con poca luce e aifumicata; essa al
mae-
stro serviva insieme di cucina, di tinello e di ca-
mera da dormire. Una entrasse,
scala, a
mano destra
menava ad una stanza superiore,
di chi
della
quale Ambrogio aveva fatto la scuola e lo studio,
essendo più chiara,
Quando fummo stanza,
il
pii^i
tutti
arieggiata e più salubre. e
due
in
quest' ultima
maestro sedette e mi fece segno sedessi
;
poi cominciò a parlare con voce debole ed esitante,
tenendo timidamente lo sguardo
fisso
a terra, come
1^0
UN GENIO SCONOSCIUTO.
uomo che non osa
suo inter-
levarlo in faccia al
locutore. "
Non mi
vedere in questi ultimi giorni,
lasciai
perchè avevo mestieri di prepararmi che avrebbe avuto luogo fra noi
uomo
sapere che
aveva sorpreso Io feci
colloquio
al
avevo bisogno di
;
fosse quello che sventuratamente "
mio segreta.
il
un movimento
di sorpresa
egli continuò
;
senza scomporsi:
Appresi che Ella, forestiero a questa terra,
"
r avrebbe presto lasciata pure uno
;
che
di coloro
si
e già sapevo
come
fosse
consumare
lasciano
le
carni dalla veste di Nesso dello scrittore. Ciò riuscì
a tranquiliarmi un poco
sono tutti
corteggiatori
;
sorta di uomini
tal
ardenti
d'
una
divinità
implacabile e crudele, eh' essi chiamano la fama, e
che dispensa vori
e,
;
uni degli
di
più spesso a capriccio
il
solito,
altri, li fa lieti
pur conquistare contesa
deità
i
suoi fa-
V invida gelosia che nutrono gli
le
quando uno, che potrebbe
fuggevoli buone grazie della
adorata,
si
ritrae
in
disparte,
e
volonterosi molto lo lasciano nelle tenebre in cui si
racchiude." Volli protestare
avevo
il
che,
nella
mia
nullità,
non
torto di appartenere a quella schiatta di
maligni.
Ambrogio non mi "
lasciò dire.
Hannovi delle eccezioni,
"
continuò
egli,
"
e
121
UN GENIO SCONOSCIUTO. tanto meglio
una
Ella è
s'
di
esse.
Imperocché
costoro possedono sicuramente un animo
onesto,
meno
quale, avendo certo dovuto soffrire più o
il
delle perfìdie e delle sciagure che a tutti
ventano
su
av-
si
sono disposti ad ap-
quel cammino,
prezzare e rispettare la risoluzione di tale,
che,
per debolezza, od anzi per maggior forza,
nuncia alla lotta, e vuol morire ignorato....
"Ignorato?"
E
io
ne avete voi
un talento
diritto?...
il
di prim' ordine, e
perchè lasciate
infruttuoso
ha dato, perchè private d'
una ricchezza
cessa in uso,
bene
di tutti
Ambrogio testa, e
mi
il
il
i
Ho
lo
potete voi?
scoperto in voi
vengo a dimandarvi capitale che Dio vi
vostro paese,
intellettuale
ma
E
"
proruppi.
ri-
"
che a
cui portati
mondo
il
voi
fu con-
devono essere
il
" ?...
sollevò con
moto quasi impetuoso
la
m' interruppe con più violenza che non
sarei aspettato: "
Perchè ?
procurarsi
la
Perchè
ciascuno
ha pur diritto a
sua pace, la sua conservazione,
salute dell' anima sua.
Come
!
Mi sono
tratto fuori
dall' inferno, e voi
vorreste mi vi ripiombassi ?
non sapete che
inferno
rebbe dannare
all'
l'
di
questa
male,
circondato dal male, ferito, io
gli
vita
mi
inferno dell' eternità quest'
troppo sensitiva ed impressionabile? che,
la
Non
E fa-
anima sapete
tormentato dal
ho già teso una volta
le
braccia,
UN GENIO SCONOSCIUTO.
122 e glie
tenderei ancora; che io gli ho detto e
le
ancora
gli direi i
dammi
tu
l'
dammi
:
tu le armi per combattere
e render loro dolore per
miei nemici,
dolore,
della vendetta ?„. Fui
orribile diletto
suir orlo dell' abisso, sapete, un piede già per quel declivio tremendo, alla vigilia d' esser perduto per
Nulla, nulla mai potrà richiamarmi
sempre....
quel lubrico, periglioso cammino. Sulle mie
mani
Ah
Feci un moto,
inorridite
!
mie lagrime.
"
certo
interpretò
eh' egli
!...
non hanno can-
è sangue, cui
e'
cellato tuttavia tante
su
per
manifestazione d' orrore che io provassi. "
Ah
non allontanatevi
!
me
:
Sono un omicida,
"
ratto e con forza.
da
"
non sono
al
mio de-
un assassino. La sventura ebbe parte non
litto,
la
compatitemi.
amato
mia Io
volontà....
Non condannatemi,
per amare ed
nato
era
soggiunse
ma
essere
" !
Volli parlare,
ma
egli
mi
fé'
cenno
tacessi, e
dopo un istante riprese con più calma: "
Il
mio paese,
il
mondo,
possono pretendere da tile
loro
1'
umanità
me ? Che
io
affatto in questa vita terrena.
!
Che cosa
non passi inu-
Ebbene,
io tolgo
un vano sognatore, un infruttuoso fabbrica-
tore di versi,
per dare ad una povera popolazione
un maestro che non senza allevare
generazioni
effetti
migliori,
s'industria ad
redente
dai
pre-
giudizi e dalla miseria dell' ignoranza. Spogliatevi
123
UN GENIO SCONOSCIUTO. delle vostre preoccupazioni
dei vostri pregiudizi
cittadine e letterarie,
scuola e di
di
da appendice
di
dei
salotto,
vostri leggieri e puerili apprezzamenti
calìe
d.à
e
esaminate con fredda
giornale;
credetemi,
conchiuderete,
attenzione
la
essere
vantaggiosa mille volte V opera del più
pili
umile fra
cosa,
e
maestri di villaggio che quella del più
i
glorioso dei poeti." "
Voi avete gran parte
esagerando. Volete disconoscere
state
suU' animo
producono
che
fetto
tandolo,
capolavori
i
geniiV
dei
pensieri,
buon
il
ef-
umano,
nobili-
Quanti
furono
sforzarono
si
ad
di cuore alla lettura delle grandi
poeti ?
tissimo
Il
compito del maestro
nella
che
toglie
è
dei
genii,
Ora V
r intelligenza
ha per
l'
d'
una e per
1'
mente e
di
certo
eccellen-
ma
non
ciò
nella dolorosa
dite voi, pericolosa sua gloria,
ottima a sua vòlta.
ot-
opere dei grandi
sua tranquilla umiltà,
V opera
ed
esser grandi,
tennero almeno di essere più nobili
nità,
la gua-
a sublimi aspirazioni, concepirono sublimi
spinti
come
ma
ragione,
di
non
intelligenza
e,
sia
pure
dell'
uma-
una nazione deve avere ed altra di codeste opere stro-
menti diversi, specialmente adattati; ed è un invertire le parti e fallire al dovere, chi destinato
una
si
dà invece
poeta, lasciate a
ma meno
elevato
all'altra.
più umili ufficio
Voi
che
intelletti
del maestro
siete l'
per nato
utilissimo
di
bimbi
;
124
UN GENIO SCONOSCIUTO.
vói che lo potete, date alla vostra patria
dei forti onde abbisogna l'
moderna.
Italia
Egli
siate
:
poeta
il
il
canto
civile del-
"
alzò e passeggiò alquanto su e giù per la
si
stanza, le braccia incrociate al petto,
Osservai come
capo chino.
il
suo passo, abitualmente incerto e
il
barcollante, fosse allora fermo e sicuro.
Dopo un
istante,
mi
dandomi con un certo
mattino sotto
Ma
piantò dinnanzi, e guar-
a poco come mi aveva guardato quel
glio, press'
"
si
piglio d' autorità e d' orgo-
Essere
viale dei pini,
il
il
poeta civile
che? Pare a
voi
chi abbia ingegno
mi rispose
moderna
dell' Italia
che basti
da tanto
il
:
volerlo,
Credete voi che
?
V
anche il
poeta tragga solamente da sé medesimo, dalla sua
anima
soltanto, la sostanza de' suoi versi ? Egli la
attinge dall' atmosfera che lo circonda
che accentra e riproduce
mezzo a
società in
condizione
di
i
cui vive.
;
egli,
fuoco
sensi e le voglie della
È
questa la sua prima
come poeta. Quando alcuno
vita,
avesse V impossibile valore di stare e di fare contro
corrente
alla
comune, perirebbe negletto
quindi più inutile ancora.
Esaminate qual
sia
e
—
nelle sue credenze, nei suoi intendimenti, nei suoi fatti
— l'epoca
lare
da
tali
nostra, e dite se
elementi
verità e della fede. veri poeti
del
il
poema
Byron
e
nostro secolo
può
della
il
poeta
— forse
della
virtù,
Leopardi sono i
soli
stil-
i
due
!
—e
125
UN GENIO SCONOSCIUTO.
hauno cantato errori,
i
scetticismo.
lo
Le
deficienze,
gli
decadimenti dei nostri contemporanei, cre-
dete voi sieno tutta colpa di loro rea volontà ?
È
per la maggior parte colpa delle circostanze, dell'
ambiente in cui "
"
adunque
Conviene
conviene che a ciò
Ed "
egli
"
vive.
si
rimediarvi
"
interruppi, '
rivolga l'opera....
si
vivamente:
Dei maestri, che educhino
le
generazioni che
sorgono.
Accennai parlare, "
Sentite
Sono
!
ma non mi ormai
diede tempo.
tant' anni
presa questa risoluzione, e non
me
che
ho
io
ne pento. Po-
tete pensare se tutti gli argomenti che avreste da
dirmi non sono
passati
e
per
ripassati
la
mia
mente, e se valgano ancora ad ottenere alcun etìetto in
me. La nostra discussione quindi
in
una semplice conversazione accademica. S'
s'
man mano
"
udiva fuori nella strada, erano armoniche vocine
:
di bambini chiassosi e ridenti che
La
a quella vòlta.
converte
un istante a prestare orecchio
interruppe
ad un gaio vociare che avvicinantesi.
si
terrea
faccia
s'
del
accostavano
maestro
si
illuminò d' una gioia quasi paterna. "
Silenzio
scolari, i
i
!
"
miei
diss' egli gioielli,
suoi figliuoli....
"loria.
Ecco
con forza.
"
Ecco
i
miei
come a Cornelia romana la
mia poesia, ecco
la
mia
UN GENIO SCONOSCIUTO.
126
Pareva ringiovanito.
S' affrettò
a scendere e ad
aprire la porta: una frotta frugola
da paragonarsi ad uno stormo lanti, si precipitò
serrarlo in
di
mezzo con mille
passerini pigo-
a
intorno
stanza
nella
clamorosa,
e
lui,
a
gridolini di affettuoso
salutare. la sua testacela grigia
Ambrogio chinò ruffata
all'
altezza di quelle testoline bionde, e
tamente commosso Poi
si
entro "
nel
volse a gli
Ora,
me
abbracciò tutti uno ad uno.
li
con due lagrimette tremolanti
"
disse,
"
mi sento dappiù che molti
io
"
mi accomiatai.
A
"
gli dissi.
"
discorrere dell'altro con voi.
"
"
rivederci
Egli crollò "
lie-
occhi.
mondo. Io
ed ar-
il
:
;
—
mentre
e
bisogno di
il
capo senza rispondermi.
Entriamo a scuola,
bambini
Sento
io
figliuoli
miei
usciva, egli
"
disse ai
montava
la
scala, circondato da' suoi piccoli amici.
XII.
fui più volte
Dopo quel giorno egli a
poco
a poco
si
a visitarlo, ed
dimesticò con
che mi parve non vedesse
mal
me
volentieri
in guisa la
mia
frequenza.
Conobbi
in
breve
che,
dotto
principalmente
127
UN GENIO SCONOSCIUTO. e
storia
nella
nella
l'
umano
maestro Ambrogio
filosofia,
non era ignaro affatto
nessuna delle parti del-
di
sapere, essendo egli uno di quegli spiriti
complessivi e vasti che tutto possono abbracciare.
Credo che datamente
la
io venissi
appunto acquistando gra-
sua fiducia, perchè non mi dimoe non gli
stravo per nulla curioso dei fatti suoi,
avevo mosso ancora mai un' interrogazione sul suo
Non
passato.
già che non
mi stuzzicasse proposito
rio di sapere alcuna cosa in
deside-
il
ma
;
pen-
savo che una sconsiderata richiesta su tale argo-
mento r avrebbe
impermalito e posto in
di subito
sospetto, con rischio di farmi perdere a tutto
un tratto nel suo
guadagno che ero venuto facendo
il
animo.
Un
giorno
che
io
tempo da rimanere
non aveva
in quel
parve più espansivo del
mente "
di assalirlo
poco
più
che
e
ch'egli
paese,
mi
pensai inopinata-
solito,
con queste parole
:
Presto parto, Ambrogio, per non tornar forse
mai più
in questo villaggio.
"
Egli non mi lasciò continuare. "
Ho
disse,
"
pensato a codesto, più che non
parlo schietto....
e
parecchie
avrei voluto,
mi parve
il
E
volte,
talora....
mio meglio
;
mi
"
vi
di-
cevo anzi che sarebbe stato più a mio vantaggio,
non foste venuto sciuto
;
mai,
talora invece
me
o
non
vi
avessi
cono-
ne sono sentito a tra-
128
UN GENIO SCONOSCIUTO.
come
figgere
dalla puntura di
a mal mio grado,
collegata la mia anima, ormai
mondo
d'
cotanto,
partendo
buono
ho amato
fin fine
quest'ultimo
voi,
un
disavvezza, ad
idee e di fatti che alla
e,
A
un dolore.
avete pure nuovamente
voi
anello
si
rompe, per lasciarmi, proprio del tutto, senza più quella solitudine desolata
rimedio, ripiombare in
che ho pur voluto, che voglio sempre, che deve
ma
essere la mia sorte, ribella
contro cui, alle volte,
V anima mia. Mi sono proposto
se avrei dovuto scrivervi.... "
E
r avrete
si
quesito
il
:
"
sciolto affermativamente, io spero.
Scriviamoci, ve ne prego.... per util mio. Nei vostri colloqui io sento aver molto appreso
Da un
apprendere.
e molto da
carteggio, voi avrete per
mio
mezzo continuata alcuna attinenza con quel mondo esteriore a cui rinunciaste, e che pure vi è necessità di seguitare nel
suo svolgimento
civile e
e neir espansione del vostro cuore in vi
profondamente
giuro
che un sollievo, otterrete cui
le
vostre
parole
guida e conforto.
No, no,
rete, io vi
volte
:
io
"
il
;
ed amico,
oltre
giovamento di me, a
saranno ammaestramento e
"
Ambrogio scosse "
devoto
morale
un cuore che
il
capo.
disse. " Partito di qui, voi
mi
oblie-
devo obliare. Ve l'ho già ripetuto più
al
laggiù, della
mondo sono mia regione
morto.... In
nativa,
un paese co-
giace
un corpo
120
UN GENIO SCONOSCIUTO.
un'umile
entro una fossa del cimitero, e sopravi pietra con inciso fra
mio nome,
il
cesso rientrar nella
vostra esistenza lontà,
messi
ha
— poiché
si
gli
estinti
muta, come
non
passare
la
Io volli ribattere;
come
gli
A
altrimenti che
come
ma
d'
estinto.
passato non
il
sarebbero
mia ombra
egli
un
rinnovella.... e se
si
estinti,
capitati.... Lasciatemi nella
meditazioni.
impri-
memoria
destino non
tornassero, quei poveri
assorto,
v'
non tornano, come il
la nostra vo-
non
caso,
il
una qualche onna
un' ombra fugace. Sarò
Ora
e che non lo vuole. Nella
vita....
fatto che io
— debbo
portai
uno spettro, a cui non è con-
viventi. Io sono
i
nome che
il
mal
i
"
di morte.
non mi ascoltava,
avveniva di frequente, nelle sue
un tratto
si
e passeggiando
alzò,
con agitazione per la stanza, così prese a dire: "
Credetemi, credetemi... Che la felicità sulla
terra è un motto vano, Filosofi....
r uomo è
e la
l'
hanno detto centinaia
hanno avuto pace
dell'
lo
La
felicità
per
anima, la quiete dello spi-
rito, la tranquillità della
tutto questo non
torto.
di
coscienza e della vita.
trova se
E
non chi vive igno-
rato. 11 detto del
Vangelo va umanamente corretto
in questa guisa:
«
Beati
chè essi vivono ignorati di me. Essere oscuri,
!
»
i
poveri di spirito, per-
Descartes lo disse prima
non contare per nulla nel
mondo, e saperlo, e contentarsene, stamente un po' di bene intorno a Bbrsezio.
e
fare
mode-
sé, fuori d' 9
ogni
UN GENIO SCONOSCIUTO.
130
preoccupazione di lode e
d' applauso, ecco la vera
virtù, ecco la sola possibile felicità dei mortali....
Ed
ho trovato qui,
è quello che
quest' angolo
in
rimoto del mondo, e che non voglio perder
No, no, no, in
Dio
fé di
Si piantò dritto
più....
" !
me, e ponendomi
a
innanzi
sopra una spalla la sua destra, riprese con accento tra di melanconia, tra d' ironica beffa "
Sapete voi che cosa sono
mondo ? Vi hanno
:
applausi del
gli
essi allappato la
bocca col loro
acre sapore gli encomii volgari della gente? Vi ha fatto girare la testa quel
«
fiato
vien quinci ed or vien quindi
dano rumore? Vi è ebbrezza
d'
salita al cervello
una rinomanza che
luti echi della pubblicità
r ho provata sciolto,
sino
le
il
è
1'
che or
mon-
il
orgogliosa
fa ripetere ai poi-
vostro nome?.... Io, io
queir acuto diletto
la miseria di
;
e
qual ora mi sono, da ogni laccio di vana-
gloria, posso
pur dire che mi sono
piedistallo
sul
r anima
di vento e che
»
gli
della
arrampicato
celebrità, e,
come
nel-
spasimi dei grandi, come nella mente
torture del
genio,
superbie dei veri
ebbi nella vita
le
immani
"
trionfi.
Si cacciò nelle arruffate
chiome ambe
le
mani
e se ne serrò la testa con moto quasi convulso. "
E
il
mondo mi conosceva
egli a dovere?....
egli ?
No, lasciate ch'io
corona di spine che impose alla
M' apprezzava lo dica.
mia
Nella
fronte, era
131
UN GENIO SCONOSCIUTO. troppo poca la sacra fronda d'alloro...
Perchè
Il
mondo!...
aftannate a meditare, lottare nella bat-
vi
taglia de' pensieri, travagliarsi a scrivere per esso?
Non
Malaccorto!
sapete? Su cento lettori, no-
lo
vanta sono mediocrità e peggio, svogliati, inintel-
non
ligenti e superbi che
vi capiscono e v' insul-
meno
tano nei loro giudizi, non colle loro censure
sono invidiosi, tanto
merito, solo
— per
!
e porrà
:
sui dieci che rimangono, nove
quanto maggiore
quali,
più
vi
odiano
gran ventura, voi
in
ancora chi
i
colle loro Iodi che
vi
stima ed
uno
:
il
forse,
vostro
— uno
comprenderà, forse,
affetto.... Uno!.... felice
lo trovi!"
Fece una pausa, e tornò a passeggiare per la stanza. Io sentiva che
suo
il
cuore era presso a
traboccare in confidenze, mi guardai bene dal dir parola, per timore che
una voce imprudente potesse
richiamarlo al suo solito scetticismo diffidente. Si
fermò di nuovo innanzi a
commosso "
E
e quasi stentatamente
quest' uno, non
io,
trovato mai
fattomi
!
Nessuno mi
umile
ed
1'
amò....
oscuro,
del povero maniaco;
il
ho
si
me
e
mi disse
:
trovato....
Da
non
ultimo,
ebbe
1'
ho
quando
compassione
poeta fu spregiato o te-
muto, odiato quasi sempre. Io non sono di quest'
epoca. Appartengo o ad un passato che non so
nemmanco
quale, o ad un avvenire che per ora non
accenna neppure di effettuarsi.
Ho amato
la verità,
UN GENIO SCONOSCIUTO.
132
e gli uomini mi disamarono.... Voi, voi medesimo avete alcuna curiosità per
l'
incognita che io rap-
ma
presento e che vorreste spiegare;
alcuna af-
me?"
fezione l'avete voi per
Vedendo che mi accingevo a rispondere, frettò
s'
af-
ad impedirmelo bruscamente.
"Oh non
E
parole?....
aveste
il
Crederei
parlate!....
non vorrei che
alle
io
mentiste!....
E
vostre se
mai
coraggio di gettarmi in faccia una verità
dolorosa, ne soffrirei tuttavia, tanto ancora in
rimane del vecchio uomo!... me, qual
fui....
E
poi, me...
me
veramente
conoscete voi bene?"
Mi prese una mano;
le
sue erano fredde come
ghiaccio. "
Le anime
simpatizzarono
nostre
la
:
vostra
intelligenza comprese la mia. Lasciatemi questa lusione.
Avete scorta
la superiorità della
e non ve ne adontaste meco, né
per ci
ciò....
Vi
stimo.... Oltre
troveremo un
dì,
— ho
dove brillano di tutta opaca volgarità,
non avete avuto
Non
vi pentirete
la loro
le sue.
—
là
luce, puri d' ogni
Vedrete allora che
Vedrete come il
mio
all'
interiore
fisico invi-
d'avermi creduto da più."
Si pose sulla fronte la
ancora fra
:
questo basso mondo,
abbia infelicemente corrisposto luppo.
mia mente
mi metteste odio
questa credenza
gli spiriti nostri.
torto.
il-
mia mano che teneva
Quella fronte ardeva, come se
travagliata dalla febbre.
loo
UN UENIU SCUNU.sClUTO. "
Qui dentro ancora
batte
si
Adamo
tremenda battaglia
una
talvolta
quella cui legò
all'
umanità
lemma
postogli dal Creatore,
muoia,
ma
genza
eh' io pensi
;
quando
;
rispose
:
:
al di-
eh' io
pur
battaglia dell' intelli-
una battaglia che non
si
!,...
Credete voi che un uomo possa, o
"
dell' ispirazione,
sull' ali
o cogli sforzi faticosi della scienza,
elevarsi tanto alto dell'
la
!
finita coir infinito
vince mai
com-
è combattuta a lungo e si
da abbracciare tutto
umanità e farne risaltare
il
corso
perchè della esi-
il
stenza, quel perchè ond' è costituita la finalità dei nostri destini? "
sti
Qui è tutto
sono
i
mende porte
l'
segreto della creazione ; que-
misteri eleusini, a cui forse è iniziazione
mi ruppi
la morte.... Io
immensi
il
la
di ferro....
a sistemi di pianeti Del-
spazio? Che cosa sussurra questo vermi-
ciattolo che pensa,
un puntino
nel gran
quest'atomo che è l'uomo? Tutto frangere innanzi alle tenebre
E
di
si
esistere
umana ? Bene
teologia,
filosofia,
volume,
viene ad in-
questo perchè....
senza un sentore almeno di esso,
possa
tre-
Che cosa parlano questi
geroglifici scritti
infinito
mente contro quelle
credete
scienza,
voi
poesia
avvisati quelli che inventarono la ri-
velazione, e felici coloro che vi poterono credere
Senza questo punto vago e
si
d'
!
appoggio, tutto oscilla nel
perde nel nulla."
134
UN GENIO SCONOSCIUTO. S' interruppe
mano, e
ad un
andare
tratto, lasciò
caddero lungo
le braccia gli
la
mia
la
persona;
la faccia gli si fece pallida, pallida. "
Ah
vaneggio
io
!
:
esclamò.
"
rete pazzo.... e forse lo sono!....
Voi mi di-
""
Ma
gli è
che la
parola è pure un' inetta traduzione del pensiero....
Compatitemi
" !
XIII.
Pensai di agevolare colle mie parole queir
mi pareva prossima a prorompere
fusione che
ef-
dalle
labbra di lui: "
Nessuno
tura non
amò, voi
vi
dite
amare a nostra vòlta; e
;
ma
questa ven-
un prezzo
ottiene che ad
si
:
quello
di
amato, real-
voi, avete voi
mente amato qualcheduno nel mondo?" "
Se ho amato
"
!
esclamò
buono! Era tutto amore tutto
creato
il
crificarsi,
il
si
mio
la
mia
Cominciò
la
—
un mostro qual ero
si
io
vergognò
d'
di sa-
mia famiglia
medesima a respingermi. Mia madre, dre stessa, capite?
Dio
intelligenza; su
versava potente, desioso
affetto.
"
con impeto,
— mia
ma-
avere a figliuolo
!..."
Feci un atto di stupore, quasi d' incredulità. "
sì
Ah
!
ciò
non
vi
par possibile.
grande che pare Dio non
la
È
una disgrazia
dovrebbe mandare
a nessuno, che raramente o non mai
si
vede
in-
'
^
UN GENIO SCONOSCIUTO.
u>u.u^,
del le tante tristizie
Uavvenire pure fra
'
e le ca non conoscerne . avere una madre e n.e...^Ma tocco a tale sventura rezze!.... Ebbene, tutto il suo a euo lare mi disama per riportare
bao
quando
e sui miei fratelli;
la
morte gUe U tolse, negletto, quas.ren-
soltanto il tutti! per lasciarle della crudeltà in colpa me
della sorte,
.1
todo
odio.... suo disamore divenne miei Finché erano vissuti, i
fratelli
mi ave
disprezzarono maltrattato. Mi vano disprezzato e mia nel collegio, dove i compagni e maltrattarono pa 'ontano dalla casa ,„adre mi aveva relegato
dalla mia i suoi occhi per non aver turbati siccon. zimbello di tutti, e ;esenza. Fui tatto lo amaiegper tutti ne abnsarono evo il più debole, può dire Chi di oltraggi. giarmi con ogni sorta nel cuore di questa guisa quanto dolore s'ammassi Ah! se io non divenni d'una creatura che sente! ero stato creaU, convien pur dire che
terna
:.„
tristo,
meco stosso da s»».; P^ buonissimo. Io piansi trovai Ira Finalmente un giorno donai sempre. feci un difensore e me ne quelle persecuzioni un dell'anima mia, amico.... i,
,uio
abbia
Gran Dio!
esemplare,
lo feci il
amato nessuno
mio lo
padrone
idolo!..
seppe,
ne
Quanto
.0
auch
egli
io stesso ..... Eppure io stesso doveva.... la faccia e stette Si coprì colle mani
alcuni minuti,
ma
li
lo
muto
osinghiozzava penosamente. 1
UN GENIO SCONOSCIUTO.
136 scia
lasciò
si
cadere abbandonatamente sur una
me
seggiola a
dappresso,
mostrandomi
e,
volto
il
sconvolto da una profonda e viva angoscia, riprese
con voce debole e sommessa
:
Egli era bello, robusto, ardito ad ogni eser-
"
ad ogni audacia atto e valente.
corpo,
di
cizio
Pietà lo prese di questo scimmiotto che era la vit-
tima di io
tutti.
Sotto la protezione della sua forza
conobbi un po' di pace. Lo ricompensavo, fa-
cendo
tutti
amerebbe
l'
i
da questa "
compiti
ed amandolo come
si
incarnazione del buono e del bello sulla
Ero suo
terra. tati
suoi
schiavo.
M' avesse detto
finestra, » vi giuro
Fuor del collegio
i
che
1'
:
«
get-
avrei fatto.
medesimi scherni
e le
me-
desime vergogne, meglio coperte dalla vernice della
ma
cortesia
non meno maligne e spietate; e da
non poteva più, come prima,
queste
quel tale che tenza
dell'
anima
cora non voleva
mai
:
mi
mia....
più....
Non
difendermi tutta la po-
poteva,
e
più
an-
Esso non mi aveva amato
era stata una sprezzante compassione la sua.
Quando feso,
amava sempre con
io
nella
avvertì
debole creatura, un' intelligenza
eh' egli
aveva di-
superiore alla
sua,
odiò. "
Col giungere
dell'
adolescenza anche in
erano nate nuove e indefinite aspirazioni
tormentose
e
gradite
aspirazioni
mente spingono r anima verso
l'
:
me
quelle
che inconscia-
ideale e solleci-
UN GENIO SCONOSCIUIO.
11^7
tano e addestrano alla grandezza l'ingegno predestinato.
Ero stupito e confuso
non mi riconoscevo allora
Stimatomi
più.
me medesimo, stesso
io
ultima fra le creature viventi,
1'
vampe superbissime
delle
Me
di
fino
mi sentivo
una eccelsa ambizione.
d'
ne vergognavo, nascondevo accuratamente nel
mìo timido
silenzio
accessi
tali
me
voluto dissimularli anche a
sogni pertinacemente
Ma
tormentosi,
nei miei
mi appariva
la
seducente del sorriso, non solo della bel-
felicità
ma
lezza,
di pazzia; avrei
stesso.
Un
della gloria.
me
giorno scoppiò in
r ispirazione come un fulmine quasi per un lampo, ;
mi
a un tratto illuminato V esser mio e
vidi
mio destino, e scoperto sce mentali. "
Poeta
;
della terra, re del pensiero
d'
una
mondo
ligibile,
Essere
Fa-
piiì
vasta
Torma
capace di padroneggiare
;
apprendere
dell' ideale, di
!
uguale alla sua luce
favilla
sentendo nel proprio essere
del suo spirito creatore il
il
segreto delle mie ango-
Ero poeta!
Re
da Dio
vorito
divina
!
il
il
sovraintel-
di accostarsi al miracolo della creazione
infimo,
debole,
più
il
dispregiato
!
degli
uomini e conoscersi degno della più splendida corona
!
Comprendete
voi quali
intime esaltazioni e
quali segreti affanni, quali inquiete lusinghe e quali terribili
accasciamenti
nìi
si
avvicendassero e tur-
bassero l'anima nella mia oscura giovinezza?.... "
Oh
i
miei primi versi
!....
Erano
l'
esplosione
UN GENIO SCONOSCIUTO.
138 d'
un
delirio d'
amorosa della
amore, erano erano
vita,
il
il
poema
della gioia
misterioso canto della
natura tradotto in armonia di parole, in palpiti di cuore umano. Che cosa non avrei dato per potere
ad un tratto
suonare potenti
farli
mondo, e comparire cinto di quella
innanzi
miei concittadini
ai
splendida luce
me
di
devo agli
e
sguardi
nascondono
dell'
di
opera mia
Eppure avevo
un
e la nascon-
;
colla cura con cui
tutti
traccio d'
le
che mi
poesia
di
sentivo neir intelletto e nel cuore ?
vergogna
orecchio del
all'
delitto.
Se
il
si
mondo
avesse mai risposto colla beffa a quel vero sangue
mio sgorgatomi
dall'
anima ? Guai
Li amavo tanto
!
quei poveri versi!.... "
Amavo
!....
Oh non amavo
del mio cuore, non
Amavo una superbo
amavo
soltanto
lo
soltanto l'amico mio....
fanciulla fieramente leggiadra
fiore di stufa signorile.
in suo favore
:
sfogo
Aveva
come un
ella tutto
potenza conquistatrice di bellezza,
nobiltà di natali, ricchezza di fortune, felicità d' in-
gegno. Era una seduzione
un incanto, un' ebbrezza
1'
riceverne la fiamma dello
Era per
innanzi a
lei
lei
vederla,
avvicinarla,
sguardo.
meschino, io di
io povero, io "
il
che godevo
sì
E
una malìa, 1'
udirla,
l'
brutte forme
d' esser
il
amavo....
poeta
!
;
era
che volevo presentarmi cinto dei raggi
della gloria; era ai suoi piedi che
ambivo deporre
la mia corona d' alloro non ancor conquistata.
UN GENIO SCONOSCIUTO. "
Avevo
letto di quella tale principessa che ba-
bocca
ciò sulla
di
gobbo poeta addormentato, per
il
che uscivano da quelle labbra
le dolci cose
gnavo che
13*)
me
pure
so-
;
sublime armonia del canto
la
facesse obliare la meschinità della persona. "
Così non poteva durare. Deliberai aprire
mio animo a queir unico amico che "
di
il
avessi.
Alfredo mi sfuggiva, pareva quasi vergognarsi
me; sempre
avvenente,
più
temuto
audace,
da ogni competitore pel valor suo, desiderato
in
sua piacevolezza, primo
in
tutti
salotti
i
tutto ciò
parisse
meglio
che
per la
imprendesse e
cavalcatore
,
ogni dove com-
come nessun
esperto
mondo
Alfredo godeva nel
;
in
i
altro
piiì invidiabili
successi,
Suonava con arte e sentimento, componeva
"
romanze, ballabili e melodie che
signore ese-
le
guivano con diletto nelle serate invernali
;
scri-
veva gaie leggerezze su pei giornali e molli versettini negli
Album
una certa gloriola di spirito, cui egli
delle
dame, che
di letterato si
e
il
gli
valevano
titolo d'
nomo
confermava mercè una cara
franchezza e subitaneità di motti e di rimbeccate.
Era uno
di
quegli ingegni
cosa a cui s'accingano, facilità "
ma
deplorabile
impedisce di nulla mai approfondire.
Io gli svelai in una
quello
che riescono in ogni ai quali la
alla
Musa
e
i
miei due eccelsi amori
quello
alla
mia donna.
:
Gli
UN GENIO SCONOSCIUTO.
140 dissi vivere
la
oramai per quelli soltanto
mia ultima ragione,
;
esser quelli
che m' illuminava
la luce
il
pensiero, lo scopo di tutto. "
Sorrise, scherzò dapprima, di poi
dore parve colpirlo,
anche a anche
i
lui
;
il
il
mio ar-
mio entusiasmo apprendersi
tacque per un poco, divenne serio,
suoi occhi lampeggiarono
e la scosse superbo
come per
;
sollevò la fronte
dire
a
:
ancor
e
io,
forse più, sono degno di tanto.
»
Mi
mando alcune
;
trovò freddi gli
delle sue ballate
Tentò cambiar discorso
elogi eh' io glie ne faceva.
pareva inquieto e malvoglioso di poter leggere fidai, "
i
recitò, decla-
miei versi
tremando
:
;
ad un tratto chiese
;
glie
li
af-
e se ne partì con essi.
Stette
pili
giorni senza farsi vedere.
voluto andare in casa di
lui,
Avrei
non osavo. Venne
e
finalmente una sera da me. Dalla finestra, che guar-
dava verso
r occaso, appariva
fondo
in
all'
oriz-
zonte una striscia di nubi color sangue, stesa là
dove
il
sole era
da poco tramontato. La luce cre-
puscolare da quelle nubi tanto con tinta giallastra fronte di
noi due che ci
diffusa la
nire
;
e
il
la
alla
aveva impallidito
la sentenza del suo avve-
cuore mi palpitava forte forte nel petto.
Ci tenevamo stretti per le
sol-
mia cameretta e
eravamo appressati
finestra. All' entrare d' Alfredo io
come uomo che aspetta
illuminava
le
mani
;
le
mie ardevano,
sue erano fredde come ghiaccio. Anch' egli mi
141
UN GENIO SCONOSCrcTO. parve un po' commosso
esitava a parlare, di certo
;
"
era alquanto turbato.
XIV. "
za.
Parlò poscia,
Aveva
letto
i
ma non
colla solita sua scioltez-
miei componimenti, ed aveva visto
r oggetto dell'amor
mio. Di questo discorse con
entusiasmo; la giudicava donna,
le
cui
mi
fece
in
mezzo a un
una natura
diluvio di pa-
comprendere essere una
r amarla, un' imperdonabile condannato
e sarei
me
follia in
follia poi se
che speranza. Compresi come, secondo all' infelicità,
di
figura
più bella
sembianze rivelassero
eletta; abilmente, role,
la
con qual-
lui, io fossi
stato ingiusto a
pur lamentarmi del mio destino. "
Sentivo una gravezza, come cappa di piombo,
scendermi
e
pesarmi
sull'
ficile "
Imbiancavo
anima.
volta a volta ed arrossivo nel viso
mi veniva
;
respiro.
il
Finalmente entrò a discorrere de' miei versi.
—
«
Me
ne rallegro teco. Non
e'
stranezze di un gusto non perfetto
che ritocco qua e
là,
è male.
ma
;
con qualche correzione, cam-
sano ridurre una cosa più che mediocre. "
Io aveva chinato a
Alcune
con qual-
biando qualche verso, davvero che mi pare
—
a
dif-
il
si
pos-
»
capo e tacevo.
Anzi ho pensato ad una cosa
:
»
soggiunse.
142 «
UN GENIO SCONOSCIUTO.
Mio
caro,
le
La stampa
stampate.
per
produzioni letterarie,
nostre
a dovere noi
giudicarle
bisogna
stessi,
come
è
vederle
alle sceniche
compo-
sizioni la luce della ribalta; se tu acconsenti, vo-
glio fare
i
stampare
tuoi scritti.
i
»
"
Tacevo sempre.
"
Alfredo riprese a dire, che aveva giusto sotto
torchi un volume di sue poesie,
quelle aggiunte
mondo
le
mie,
letterario sotto
il
e
così
che avrebbe a nel
introdottele
patrocinio del suo nome,
già conosciuto e circondato di qualche riguardo. "
Tacevo,
ma
la
mia mente lavorava
modo
in
miei versi, stampati in nitide pagine,
febbrile. I
con nuova ed efficace leggiadria, mi turbinavano innanzi, atteggiandosi, per così dire, a mirabili forme,
esplicando una segreta armonia di dolcissimi suoni. "
Li vedevo apparire come luminosi agli occhi
della gente,
li
udivo cantare nell'orecchio ammi-
rato degli uomini, sentivo ripetuto dagli echi della
terra con plauso, "
il
mio povero nome.
Alfredo aveva voluto persuadermi della mia
indegnità per la donna che amavo. vata superbia gonfiava invece
non ero indegno di
lei. Il
era capace d' innalzare tezza
di
queir angelo
il
1'
Una mai
pro-
anima mia. Oh
no,
genio che mi possedeva,
mio essere sino
umanato.
Le
mie
all' al-
opere
l'avrebbero dimostrato; lo dimostreranno in fò di Dio, giuravo in segreto a
me
stesso.
11)
UN GENIO SCONOSCIUTO.
mi
L' amico
"
non senza qualche
chiese,
in-
quietudine, se acconsentivo alla sua proposta.
—
risposi
« Sì, »
indifferenza,
debolmente con una simulata
abbandonando
nelle sue la
mia mano
diventata fredda ed inerte. "
Ma
"
Le mie prime poesie
dentro
me
quale tumulto
!
stamparono poco
si
dopo nel volume pubblicato da Alfredo, e comparvero sotto io glie le
il
suo nome
aveva date, senza
virgola. Provai nel vederle
contrari, indicibili. ridicole
vai
;
d'
a
dissi
tirato
la
correzione d' una
un misto
Mi parvero
di sentimenti
mi parvero
sublimi,
ne sentii ora orgoglio, ora vergogna
una rabbia dolorosa
nome
erano pubblicate quali
;
un
me
altro,
d'
acuta gelosia, e poi
meglio
stesso che così era anche
nella
mia cameretta,
pro-
andare sotto
nel vederle
una specie
;
:
ri-
con satanica
pensai
superbia che la mia opera aveva gran pregio,
ma
che io era capace tuttavia d' assai più. "
Alfredo ebbe da quella pubblicazione molta
rinomanza.
che
aveva
trovate
vie
nuove, che aveva rivelato un nuovo lato del
suo
Gli
si
genio, manifestata poesia.
disse
una nuova potenza
della
sua
Mi venne intorno più amorevole che mai.
Io non metteva insieme due parole, senza tosto co-
municarle idee,
a
lui.
Talvolta
mi
suggeriva
mi abbozzava qualche argomento
;
poi
alcune
ammor-
zava alcun colore troppo acceso, temperava taluna
UN GENIO SCONOSCIUTO.
144
immagine troppo ardita
mia poesia
della
;
quando
e
poi le composizioni erano al termine, le chiamava
con tutta franchezza, fra noi due, nostre, in pub-
uno scrupolo.
blico sue, senza "
Mi adattavo a codesto suo modo ma, come
potete pensare, non soddisfatto.
"Un
giorno, finalmente,
mia tolleranza mi
la
parve una debolezza e una viltà
procedere
il
;
d'
Al-
fredo una pirateria a mio danno. "
Non
vi
ho ancor detto come praticassi nella
casa della fanciulla amata.
padre di
Il
pietoso
lei,
mia povertà, avevami dato un umile
alla
nella ragioneria dei
sue vaste tenute
;
sfarzoso palazzo,
suoi
grandi capitali
ero poco più d'
ma
vi
un servo
ufficio
e
delle
in quello
ero accolto con una specie
di domestica fiducia. "
Un
entrando nel salotto, trovai Al-
giorno,
bina intentissima alla lettura con
emozione da questa prodottale, gli
occhi per lagrime lucenti,
del cielo! Ella stava leggendo "
Albina fuggì, come per
emozione. Io rimasi
da un' improvvisa, avevano parlato "
come I
Ma la
là,
seno agitato. Dio miei versi.
i
nascondermi la sua invaso
piantato,
il
cuore
ineffabile dolcezza. I miei versi
all'
anima
di lei
ad un tratto una punta di uno
miei versi, per
guancie affocate,
le il
una profonda
lei
stile,
!
terribile il
come per
idea mi ferì
cervello e tutti al
il
cuore.
mondo, non
145
UN GENIO SCONOSCIUTO. erano miei
;
merito di quel suo
il
palpitare.
r
E
Una
le
s' io
ispirazione, "
me
commuoversi e del suo
avessi detto eh' era
mi avrebbe
ella
creduto
mia quel-
?
specie di furore subitamente m' invase.
Volli che Alfredo
a
passione; ad altri ella attri-
quella
que' pensieri,
buiva
altri ella attribuiva que' sentimenti,
ad
mi
restituisse la
aveva derubato
la simpatica
;
mi
rinomanza che soprattutto
restituisse
commozione e forse l'ammirazione a quel momento
d' Albina. Sentii
il
primo impulso
di odio che avessi ancora provato mai,
mondo sempre
avevano
e la sorte
che
;
crudelmente bistrattato
me
alcun pietoso riguardo
Corsi da
suoi libri. Egli
si
il
segreto della paternità dei
fece bianco in volto,
e
i
suoi
sguardi dapprima lampeggiarono di sdegno e
minaccia; poi tosto visto alcuno
capace "
si
di
raumiliò, come non avevo
umiliarsi,
di fare, egli,
Mi
!
Alfredo, e tutto ancor concitato lo
minacciai di svelare
mai
il
e quest' odio lo sentivo per colui che primo
aveva mostrato aver di "
sì
io
come non
lo
credevo
con la sua fierezza.
disse che avrei distrutto ogni sua felicità,
che avrei cagionata la sua morte, perchè dicerto egli si sarebbe ucciso a tanta colle lagrime
agli
occhi:
avrebbe egli fatto per
vergogna
giurò
che,
me qualunque
;
io
mi pregò tacendo,
cosa che gli
avessi chiesto, datomi anche la vita. "
Quell'aifetto, Bersezio.
che da tanto tempo avevo in io
lui,
UN GENIO SCONOSCIUTO.
14G
tutto in un attimo e maggiore di prima.
risorse
Mi
gettai nelle sue braccia, piangendo ancor io.
—
«
Amami
"
soltanto, Alfredo,
mi avrai compensato.
di tutto
»
dissi
gli
:
«
e
»
Giurai di tacere per sempre."
XV. "
Era
mio
accingermi
proposito
con
lena al lavoro, e riguadagnare in breve
per la mia fama perduto
me
ma
:
il
nuova
tempo
luttuosi avvenimenti
ne impedirono. " Il
padre d'Albina ebbe subiti e irreparabili
rovesci di fortuna.
Come sempre accade
che a
coloro
tutti
avventurato
lui
compiacenti e cortigiani,
lo
nel
mondo,
erano
amici
abbandonarono. Io
gli
venni innanzi umilmente, quasi tremando, e dissi
—
«
Sono povero, e buono a poco o nulla;
:
ma
tutto quello che ho e quello che valgo, pongo in
poter vostro. Disponete di me. "
Queir uomo,,
suoi natali
delle
e
aveva avuto mai per
me
travolge,
s'
debole eh' esso
allora
dei
che una compassione al-
ammirato del mio
e volontà tenace
prima di abbandonarsi li
fino
sue ricchezze, che altro non
tezzosa, parve stupito ed
Aveva coraggio
»
superbissimo
;
tratto.
era di quelli che,
in balia della corrente che
attaccano sia, fosse
a
qualunque ramo,
pur anche spinoso da
per in-
UN GENIO SCONOSCIUTO. sanguinarvisi
le
147
mani. Accettò la mia offerta, le po-
chissime mie sostanze sparvero in un attimo in quel
baratro
sventura aveva scavato sotto
la
clic
a quella famiglia
per essa! liare,
;
padrone,
Il
i
piedi
e lavoravo tutte le ore del giorno
mi comandava
burbero,
diventato
in
modo aspro come
un servitore negligente
;
atrabisi
ad
fa
Albina mi ringraziò una
volta con sublime semplicità, stringendomi la mano, gli occhi gonfi di
lagrime.
Che
avrei io potuto de-
siderare di più? "
Bene o male,
di questa guisa
diventato
ero
quasi uno della famiglia e n' andavo superbo. Ve-
devo Albina
tutti
i
giorni, stavo delle ore a guar-
darla, pallida e severa nella sua mestizia
;
in'
ineb-
briavo spesso della ineffabile gioia d'udire la sua voce. N' ero quasi felice. Bear,
mi faceva "
ni un
Ma
le feste il
modo
padre la
il
cagnolino di
lei,
più amorevoli del mondo. d'
Albina
non potè vincere
troppo avversa fortuna.
A
in
un punto,
perduta ogni speranza, egli perdette ogni coraggio, ogni forza di spirito e di
corpo.
Morì
di
lì
a quattro mesi. Io mi diedi tutto e sempre più all'
arido lavoro degli affari, per sopperire ai biso-
gni di quella disgraziata famiglia. "
Addio poesia, addio
sogni di gloria
!
lettere,
M' imbestialivo
addio arte, addio
nelle cifre
da mane
a sera, nò mi lamentavo, nò desideravo di meglio.
Albina era tanto bella, anche nel suo dolore
!...
UN GENIO SCONOSCIUTO.
148 "
Passò circa un anno. L' amavo sempre più.
Ad un
punto m' accorsi che un cambiamento non
lieve erasi fatto in Albina.
Le guancie
eranle dive-
nute più rosee, più brillanti ed espressivi più dal sorriso animate le labbra.
fiamma appariva
steriosa
suo volto; aveva subite
di
Una
quando
in
gli occhi,
certa mi-
quando
sul
e improvvise
contrarietà
non sa-
tristezze avvicendate a giocondità, di cui
pevo rendermi ragione. Pareva avere alcuna cosa
da dissimulare. Si piaceva molto a restar sola vente la coglievo immersa in profondi
molte volte era
amabilità maggiore
d' un'
;
so-
pensieri;
ancora
del solito. Attribuivo codesta mutabilità allo svol-
gersi della sua fiorente giovinezza soltanto. "
Ma
r amor mio
oramai era
potevo più rimaner in silenzio. in
che non
mio cervello era
un esaltamento che non lasciava più luogo
ragione. l'
Il
tale,
usato
Un
;
giorno ella fu meco più amorevole del-
sangue mi
il
dandomi vampe volesse
aprirmi
il
cuor lei.
dalle sue parole, mi
Me
s'
infiammò nelle vene man-
di calore
traboccava verso di
"
alla
alla
testa.
Pareva
suo, e la piena
del
ella
mio
Incoraggiato da' suoi modi,
rivelai....
disgraziato
!
Come
potei avere tanto te-
merario ardimento? "
mutò
Ella
impallidì
subito
una mano
il
;
si
trasse
vivamente in
maniere ed aspetto;
si
là,
premè con
cuore, e quando io a quella vista
mi
UN «EMO SCONOSCIUTO.
149
tacqui sovraccolto da un tremito improvviso, ella
gettò un grido e fuggì. "
e di
era pronunciata. Caddi
La mia sentenza
ginoccliio sentii
me
quel punto dove
in
ella
cuore rompermisi
il
stesso
vergogna.
amato! Io? Oh
ella
era
in
poc' anzi,
Avevo
dall' affanno.
Poter credere di essere
doveva ridere
Non
me.
di
avevo ottenuto che di sciogliere quel poco legame che mi avvinceva a bene.
Come
lei,
e che era pure
mio solo
il
avrei potuto ancora venirle per casa?
come rivederla? "
Quello non era ancora
maggior dolore che
il
mi dovesse toccare ed era già ;
sì
grande
!
Ricevei
quel medesimo giorno una lettera d' Albina.
"
XVI. "
mi
In quella lettera ella
narrava come,
da quando era ancor giovinetta, avesse dato cuore ad un
uomo
;
i
il
fin
suo
dolori e le sventure sopravve-
nute non avere queir affetto cancellato, e ora che
r occasione era nata
in cui
aveva potuto con quel-
l'uomo accontarsi,
tratti
da scambievole amore,
essersi giurata
seguitassi
eterna
fede.
Volessi
ad amarla come fratello
:
compatirla
non
le
;
ama-
reggiassi la felicità del suo corrisposto affetto col
pensiero ch'io soffriva per "
Ah
!
dovevo
lei....
rinserrare nel
cuore la cruda
UN GENIO SCONOSCIUTO.
150
angoscia e comparirle dinanzi sorridente, lieto testimonio della felicità d' un altro
Non
"
!
che rodimento fosse
vi dirò
il
mio. Im-
maginatevi quanti più acuti tormenti possa cuore
umano provare dell'
agonia
"
uno spasimo uguale a quello
primi propositi furono propositi di
miei
I
sangue.
in
!
Nella
mia mite natura V angoscia trovò
pur tanta ferocia da farmi provare una voluttà nel pensiero d' uccidere queir tanto bene a
Ma
"
me non
questo
uomo che possedeva un
negato, d'uccidere anche violento
lei!....
parosismo di furore in
poteva durare. M' accasciai sotto la scia-
che mi percuoteva, piansi disperatamente
gura e
me
quando ebbi tutte versate
levai con
animo risoluto
e corsi
levo ad ogni costo felice, lei
;
;
mie lagrime, mi
le
da Albina,
ha. vo-
a costo anche
d'
ogni
mio bene. "
Avete avuto torto,
tutto.
nedirò alla vostra "
le
a non confidarmi
dissi,
Ora trattatemi davvero da
fratello, e io be-
felicità.
Udite quel che Albina mi rispondesse.
—
«
Sono due anni, mi veniva
di poesia;
appena
letti
alle
mani un
libro
pochi versi, la mia atten-
zione fu tutta raccolta in quella lettura. Quei versi
parlavano tutta
la
all'
anima mia un nuovo linguaggio che
padroneggiava. Erano
più nobil cuore e del
l'espressione
più nobile ingegno
:
del
erano
lól
UN GENIO SCONOSCIUTO. la voce del più
sublime
Lessi avidamente,
affetto.
commossa, palpitante. Mi ricordo che voi entraste in
quel punto
sa,
;
ed
confusa, turbata, vergogno-
io
indispettita d' essere colta
fuggii. "
queir emozione,
in
»
Io gettai
—
L' autore
a
e la guar-
un grido a quelle parole,
dai con occhio smarrito
ella continuò
;
quelle
di
sì
:
leggiadre poetiche
mi apparve l'uomo più degno d'amore-
creazioni
che fosse al mondo
;
1'
amai sino da
quel!' istante.
Quando V ebbi veduto di poi, Alfredo m' apparve superiore ancora a quell' immagine che di
formata.
lui "
Pensate qual
non solo di lei
rato
la
momento che
coli'
quei versi erano miei
che parlava alla
Ella
:
alzare,
io
;
si
1'
amore
aveva giu-
mi gettai
:
un pazzo
d'
ma era mia
:
ai
—
queir anima
mio quel genio che ammi-
parole....
—
sentito
dapprima non comprese
da un accesso
salito
senno
tua,
impeto
mio V amore che hai
queir armonia di "
m' era
Alfredo adunque,
tacer sempre, obliai tutto
di
rasti,
!
fama mi aveva derubata, ma
suoi piedi, proruppi
Ma
rimanessi
io
Obliai in quel
!
io
»
di dolore
;
fremere
mi credè
in
as-
che mi levasse di
curvò pietosamente su di me, volle farmi
mi sussurrò qualche benigna parola;
giurando, ripetendo, insistendo
io, alfine
quel che volevo significare; allora
ma
comprese
non parlò più.
UN GENIO SCONOSCIUTO.
152 si
allontanò e
mi
saettò uno sguardo di indicibile
disprezzo.
—
Sciagurato
«
!
diss' ella
simile da quello sguardo
imprudenza, è un' infamia. "
E
"
Oh
che si
si
mi
con accento non dis-
peggio che
la vostra è
:
»
con passo affrettato.
lasciò, allontanandosi
essere fulminato dal disprezzo della donna
ama, senza meritarlo
!
I
feroci impulsi
mi
ridestarono nelP anima. Forsennato, corsi da Al-
fredo,
lo
minacciai,
armata su
supplicai,
lo
di lui; egli, robusto,
levai
disarmò
la il
mano
mio de-
bole pugno e mi atterrò con dispettoso disdegno....
Che più? tristo,
fui
vinto
in
tutto.
Fui proclamato un
un calunniatore, scacciato dalla casa
bandito dagli amici di
lui,
pazzo, un cattivo uomo.
"
di lei,
creduto da tutti un
XVII.
"
Fui ammalato gravemente, e quasi due mesi
gemetti in un ospedale la
miseria.
uscito di
;
là,
m' aspettava
Quante giornate senza pane! quante
notti senza sonno, e nessuna speranza di gioia
per tutta la vita
"Mi questi
mai
!
rimisi al lavoro.
Ottenni alcuni
mi procurarono nuovi nemici
rabbiosa e crudele che
:
trionfi, e
una polemica
mi era stuzzicata contro
da Alfredo, mi perseguitò senza tregua
;
intristito,
UN GENIO SCONOSCIUTO. risposi offesa
ad
153
ad invettiva,
offesa, invettiva
ol-
traggio ad oltraggio. "
Erano
trascorsi
r aveva più
mai
vista
nulla temevo
Un
"
fuor
il
A
a queir ora de-
città,
di
non vedevo nulla
pensieri,
un tratto
di
nemmeno
ecco
il
mi
dov' io
gettarmisi tra
canino d' Albina.
cuore
il
bestiolina
!
fossi.
gambe,
le
Sussultai
Oh come mi
Come mi parve
battere
povera
miei
nei
quanto mi circondasse,
festosamente abbaiando, un cagnolino. era Dear,
;
come sem-
capo chino, e, ingolfato
quasi non sapevo più "
V
non
io
di più che trovarmi a fronte di lei.
viale
Avevo
serto.
;
Albina,
:
avevo sfuggita con cura
giorno passeggiavo solitario,
un
pre, in
due anni
d'
amarla quella
che avevo affatto dimenticata
Essa però non avevami dimenticato, no tosto riconosciuto, e
;
sentii
mi salutava con
;
!
mi aveva
affetto, e
mi
faceva più vive che mai le sue solite dimostrazioni di gioia e di benevolenza.
gnolino per rispondere
prenderlo tra "
il
Ma
le
Mi curvai verso sue
alle
carezze
;
il
ca-
volevo
braccia e baciarlo.
ad un tratto un pensiero mi agghiacciò
sangue nelle vene. Con chi era essa, quella be-
stiuola? Alzai gli occhi;
che
s'
mi
vidi
accostava a richiamare
innanzi
Albina,
suo cane, e guar-
il
dare chi fosse quell'uomo a cui Dear faceva tante feste.
Avrei voluto che in quel momento la terra
mi
aprisse sotto
si
i
piedi.
Ah
!
in qual
modo mi
154
UN
CxENIO SCONOSCIUTO.
guardò Albina! Lo sguardo m' aveva saettato, che
i
sdegno con cui
di
quando avevo voluto svelarle
versi d' Alfredo erano miei
;
quello sguardo
era mite e benevolo in paragone.... Dio la perdoni
Ella con
quel suo
!
sguardo uccise V anima mia.
C'era tanto disprezzo, tanto odio, tanto orrore,
Non una
elle io allibii.
r uno ne F trove
il
altra.
il
nate
braccia lungo
suo
una voce né
Ella volse disdegnosamente al-
passo, chiamando con voce
periosa le
parola, non
secca ed
im-
cane. Io lasciai cadérmi abbando-
persona in uno stato di
la
prostrazione dolorosa. "
in
Dear, tutto stupito del nostro contegno, stette
mezzo a guardarci. Ella tornò a chiamarlo im-
periosamente. "
L' intelligente bestiola corse a
rellò intorno
lei,
le
ripetè le sue festose dimostrazioni. Egli solo
conservato per
aveva cambiato affetto "
salte-
un poco; poi tornò verso di me, e
me
prima
quel di
in odio
ed
s'
era
solo
non
in disprezzo quel
poco
;
egli
che m'aveva donato.
Lo
accarezzai, lo presi
in
e rimettendolo in terra, perchè
gere la sua padrona che sollecito, gli dissi
:
—
si
braccio, lo baciai,
potesse
raggiun-
allontanava con passo
Va', e possa tu almanco non
obliarmi, se d' ogni altro che amai, devo pregare,
come una
fortuna, F oblio.
—
1Ó5
UN GENIO SCONOSCIUTO.
XVIII.
Non
"
ed e
io ci
era più alcun ritegno fra noi
e'
trovavamo a fronte come nemici mortali,
mondo
il
Alfredo
:
crudele, aizzandoci alla lotta,
godeva
nel vederci scambiare dolorosi colpi al nostro cuore. "
Una mia nuova
pubblicazione diede pretesto
a un mordacissimo articolo di critica, in cui
le in-
giurie e le accuse, con accorte insinuazioni, erano lanciate a piene scritto e' era
gran chiasso
il
mani su
nome
di
me
in tutta la città
;
avrei provocato a duello
eh' io
;
d' Alfredo.
sotto
tutti s' il
a quello
Se ne fece un aspettavano
mio offensore
:
noi feci.
— ((È
un
vile
»
:
disse di
me
in tutti
prospera e petulante la
in cui fioriva
lotti,
sì
i
sa-
mor-
morazione. "
Tutte
le
simpatie erano pel mio avversario,
e diventarono ancora maggiori.
— ((
«
Da bravo
!
»
gli si
diceva da ogni parte
penna. Bisogna schiacciarlo, e nessuno meglio voi lo "
può
Io pur
di
fare. »
sempre condannai
un' assurdità o d'
;
quello è un rettile che non sa mordere che colla
ridicola
o
il
duello che stimo
assassina.
L' esistenza
un uomo mi è sempre parsa cosa troppo impor-
tante per avventurarla in una vendetta dell' oltrag-
UN GENIO SCONOSCIUTO.
156
quale la sorte
gio, nella
il
più
od
spesso,
danno torto
scellerata perizia d' uccidere,
una
alla ra-
gione e ragione al torto.
Mi
"
tacqui.
Una seconda
più
diatriba
tosa, più audace, più calunniosa della
nome
d'
Alfredo ancor
mie
tutta la città alle "
Uguale
dardia.
Una
Intinsi la
alla
niqui-
prima,
col
venne a far ridere
essa, spalle.
perfidia si
disse
me
in
la
co-
rabbia irrefrenabile allora mi prese.
penna nel
fiele,
nel veleno, e risposi con
la più fiera invettiva, senza misura, senza riguardi,
tutto rivelando di quanto
avvenuto
era
fra
Al-
fredo e me. "
Fu uno
un calunniatore, e "
mondo mi disse Alfredo mi mandò a sfidare.
scandalo inaudito.
Volevo rifiutare
il
Il
combattimento. Mi
comprendere che, dopo un
si
fece
fatto simile, sarei senza
redenzione perduto nel concetto universale. Ebbi
paura "
dell'
ignominia
;
Non avevo mai
Non m'
accettai.
preso
in
mano
un' arma.
ero mai esposto, nò la sorte mai mi aveva
ancora messo innanzi ad un pericolo di avessi coraggio o no, non solo al e la
sapevo
io
vita.
stesso.
mondo, non rallegrato pur da un
Se
Ero
affetto;
mia morte non avrebbe costato a nessuno un
dolore, a nessuno pure
menti di quelle ore tro, quel
mio
triste
una lagrima. In
fatali
certi
che precedettero
stato
mi dava una
mo-
lo scon-
dispera-
1Ó7
UN UENIO SCONOSCIUTO.
la
mi avrebbe lanciato con ardore verso
che
zione
tomba, come verso
— Che
fo
il
riposo.
sulla terra V
io
— mi
uomini valgono tutti meno di
me
mi stimano da meno
e tutti
so,
non ha per
me
lo
:
sento
di loro
attrattive di sorta.
e
lo
e la vita
;
Non
rimpiangere nò questa ne quelli. Moriamo
v'
è
;
da
mo-
e si
almeno a questa nemica e codarda razza che
stri
mi
— Gli
dicevo.
spregia,
come
sia facile
il
coraggio del morire
cui essa esalta cotanto, perchè così raro nell' egoi-
smo
vigliacco che la domina....
mia tomba precoce, ammutirà "
E
forse innanzi alla
il
livore.
—
un grande abbat-
In altri momenti, invece,
timento mi occupava, che poteva dirsi paura.
mia giovinezza dimandava
di vivere.
ficarmi ai pregiudizi di quel
mi aveva respinto da spine da darmi
?
La
sé,
La
Perchè sacri-
mondo crudele che
che non aveva avuto che
vita era
V unico bene
eh' io
m' avessi, e glie V avrei offerta in olocausto ? Avevo
r avvenire per me tivo superiore alle
assurde
;
;
avevo queir ingegno che sen-
ed avrei tutto gettato
opinioni
d'
una
società,
omaggio
in
quale
alla
ricambiavo in doppia misura quel disprezzo eh' essa
aveva per
me
?
Di corpo ero più debole che
gli avversari miei, forse
mente io
?
anche
d'
animo
;
tutti
ma
di
Egli era in questo campo intellettuale che
aveva da lottare, e non nella stupida e brutale
prova
dell' armi.
UN GENIO SCONOSCIUTO.
158 "
Per miei padrini avevo scelto due giovinetti
che in
faccende erano peritissimi.
tali
amici, e costoro accettarono
l'
Non avevo
incarico, solamente
perchè fra certa gente è usanza che simile
non "
Era
tarda sera, ed
di
io
stanzuccia solo, sprofondato in
menti ed
uffizio
mai.
rifiuti
si
quando
affanni,
stava
mia
nella
quei cotali pensa-
vennero a dirmi
essi
il
risultamento della conferenza coi padrini dell'avversario e le determinazioni prese d'accordo. "
Erano
pistola
le
seguenti
la distanza
;
libero a ciascuno dieci
si
;
:
saremmo
ci
battuti alla
sarebbe stata di trenta passi,
dei
combattenti
d' avanzarsi
avrebbero due pistole ciascuno
;
segno fatto potevamo camminare V uno verso e sparare
quando
ci
talentasse
;
fatti
i
di
ad un 1'
altro
quattro colpi
senza che sangue fosse versato, potevasi ricominciare
da capo. Le condizioni erano gravi, come
gravi erano state le scambiateci offese. Alfredo le
aveva volute che
le
—
tali
;
ed
io dissi
mi piacevano, «
Le conseguenze
Ci
cose sue ?
— «
«
ha
ella
questo scontro
di
semi poi uno dei padrini, sime.
con sicuro sembiante
«
dis-
possono essere seris-
pensato, ed ha
provvisto alle
»
Io non ho nulla a cui provvedere,
Sono solo sulla
mi pianga,
»
»
terra, e
non
»
risposi.
lascio persona
che
UN (JKNIU ^CONUSCIL' "
un singhiozzo che
la gola
Venne a serrarmi
lòU
11».
ebbi molta pena a soffocare.
—
Questo duello ha destato molto V atten-
«
zione di tutta la cittadinanza,
simo dei miei secondi eccitare fosse
:
a
riprese quel
»
morte
Io
di
provvedimenti della giustizia. Quando
i
d'
uomo, sarebbe meglio
vi
parlo schietto,
come
umani, non ho più vanità personali,
il
»
parlerei a Dio
Non ho
universale.
dì del giudizio
ci
al vincitore
fuggire. Si è Ella preparato a codesto ? "
mede-
meno
e non potrà a
più
il
rispetti
non ho più
interesse nò desiderio d' intìngermi. "
A
quel cenno che uno dei due molto facil-
mente sarebbe rimasto
campo, mi
sul
di rassegnazione, e sono certo che
— lasciar
il
diss' io
»
quello non sarà «
«
che a
me
che
toccherà
il
il
presentimento che
mio avversario.
»
sempre
L' esito di questa sorta di cose è
nelle
mani
forse
non
chiamavano
del
-^
caso
avevano il
:
»
quell'altro:
«e
torto gli antichi
che
disse
affatto
duello giudizio
di
Dio
nascondo che Alfredo è buon tiratore; volte si è visto in simili scontri avere i
riuscii
paese per questa cagione. Se uno dei due
avrà da tornar cadavere, ho
—
non
affettata.
Non penso
«
rac-
un sorriso d'indifferenza o
capricciare. Volli fare
ad una smorfia-
sentii
più inesperti
!
Non bisogna andare
Non
!....
ma il
le
quante
di sopra
sul terreno
UN GENIO SCONOSCIUTO.
IGO
colla paura; questo e
più essenziale. Stia dun-
il
que di buon animo, e
domattina,
qui
aspetti
ci
che air ora convenuta verremo a prenderla. "
Quindi
avviarono. Io
s'
al pianerottolo,
accompagnai sino
li
a rischiarare loro
fiamma della mia lucernetta
cammino. La
il
oscillava troppo più che
non avrei voluto. Quando furono giunti tesi loro la
mano, augurando
»
la
buona
alla scala,
notte. Quegli
che aveva parlato, e che pareva aver posto maggiore interesse nella faccenda,
tremar nella
sentì
sua la mia destra; tornò indietro alcuni passi, e stringendomi forte la mano che non aveva abban-
donata e parlandomi sommesso, mi disse
—
«
Coraggio
che diamine
Fu punto
"
bitamente
— «
:
"
«
Ma
»
proprio, e riagì su-
:
No
non
me V amor
in
:
Un uomo come
!....
ha da mancare di risoluzione?
lei,
to
!
;
risposi con
»
dubiti.
ferma la voce e
Avrò coraggio
;
ne ho.
l'
aspet-
»
quella fu davvero una tristissima notte.
Mi parve lunga
e breve
;
1'
avrei voluta eterna, e
sollecitavo con impazienza le ore.... All' alba sentii
finalmente giungere e fermarsi in istrada la
rozza con cui
Mi guardai occhi
1
allo specchio.
infossati
dispettosamente scale.
car-
miei padrini venivano a prendermi.
e le
le
Ero
pallido molto, cogli
occhiaie livide
;
mi percossi
guancie, e precipitoso scesi le
UN GENIO SCONOSCIUTO.
—
«
Ha
ella
dormito ?
1
mi chiese quello dei due
»
che mi aveva incoraggiato la sera innanzi. "
La
—
«
s'egli
—
vanità mi diede Sì
;
»
risposi
ma
mi credesse, Meglio
«
parecchie ore.
»
— Non so
lo finse.
esclamò, facendomi salire nella
»
:
«
:
audacia di mentire.
1'
carrozza. "
Questa partì
di
buon trotto e presto fummo
Cainmin facendo
fuori della città.
i
padrini veni-
vano dandomi consigli e istruzioni sul come dovevo contenermi
annuivo alle loro parole,
;
potevo ben comprendere quel testa
mi suonava
di
tutto la coscienza di
mi pareva che
dicevano
:
la
parevami udir continuo
così che
un rumor cupo
che
ma non
voci jontane
:
me medesimo
quello fosse
non avevo del e de' fatti miei
un sogno, che
mi trovassi
tasse di un altro, che io
lì
si
;
trat-
soltanto
per assistere spettatore indifferente ad una tragedia che non mi riguardasse. Poi a un tratto saltava fuori, in
mezzo
alla
confusione della mia mente,
questa tremenda interrogazione io
vivo ?
:
— Fra un'ora sarò
"
XIX.
"
gno.
Giungemmo Il
finalmente al luogo
mio avversario e
i
del conve-
suoi secondi già erano
ad aspettarmi. Ci salutammo gravemente, e menBbbsezio.
ii
.
UN GENIO SCONOSCIUTO.
162 tre
padrini
i
volto
lontani
disparte,
in
soli
Alfredo era un po' più pallido del solito nel
ma
;
suo
il
contegno aveva, tanta fierezza,
me
tanta disdegnosa indifferenza, che umiliato,
e
feci
ogni
sguardo
lieto
la
per
sforzo
fumava tranquillamente
il
ne
sentii
imitarlo.
Egli
suo sigaro, e mirava con
bellezza
mattinata splen-
della
dida per un magnifico levar di
sole.
Eravamo
bei giorni della state, e la natura
pili
uno
l'
guardandoci così alla sfuggita.
dall' altro, "
accostavano a parlar tra loro, noi
si
stemmo
duellanti
sembrata tanto maravigliosa
ai
nei
non era mai
miei occhi. Fra
le
frondi indorate dal sole cantavano allegramente gli augelletti.
Tutto era
vita,
tutto
era
giovinezza
intorno a noi.
"Il mio avversario era più bello,
superbo che non
l'
e coir avvenenza sembrava
me
più fiero e
avessi visto mai. Coli' eleganza
dominare
tutti
noi, e
specialmente suo nemico, cui la sorte aveva
voluto dare tanta meschinità di corpo e di apparenze. Se un estraneo, senza nulla sapere delle cagioni della nostra contesa, fosse capitato
lì
in quel
punto, io non dubito avrebbe detto, solamente esa-
minando
i
combattenti, che Alfredo sarebbe stato
vincitore e che dalla parte "
I
padrini
terminata, ritirati
ci
ci
il
di lui era la ragione.
appostarono alla distanza de-
diedero le pistole, e poiché
si
furono
a destra e a sinistra, a convenevole lonta-
UN nanza, uno
di
103
tiKNlO SCONOSCIUTO.
essi
levò
si
cappello
il
facendo
e
un atto solenne di saluto, pronunziò a voce chiara e vibrante:
— "
Avanti signori
«
!
»
Guardai Alfredo. Tutto
vestito di scuro,
la
sua leggiadra testa spiccava maggiormente pel pallore che gli copriva le
Il
veder codesta
un certo tremito che mi parve scor-
pallidezza,
mano
gere nella sua
pannava
guancie.
brillar
il
una velatura che
e
non
degli sguardi,
diedero a
me
tivo sulla
mia persona
ap-
gli
perchè,
so
sicurezza e sangue freddo. Poi senlo
sguardo di altre quattro
persone, che rappresentavano tutta la città, tutto il
mondo per me. "
da cadere, pensai, almeno
ho
S' io
eh' io
cada senza che alcuno abbia diritto di accusare la
mia memoria del torto che
la società
mente disprezza, e non perdona mai "
io
Ma
vedete stranezza
dimenticava
il
!
presente, per non ricordarmi che il
giovinezza
un tumulto
e
;
e sentivo
collegio,
i
primi anni della
di affetti
rere a braccia aperte verso di
—
«
Tu sei
il
mio
egli possibile che " Il
invadermi
una subita tenerezza commovermi
punto che di subito pensai gettare
È
la paura.
Nel guardare Alfredo,
del passato; vedevo
r animo
:
maggior-
veder
me
io,
le pistole e cor-
lui,
diletto, tu sei
al
esclamando il
mio
:
fratello.
attenti alla tua vitaV
»
parve eccitare invece ben altri
UN GENIO SCONOSCIUTO.
164
sentimenti ad Alfredo
;
poiché
occhi
suoi
i
sandosi ne' miei, perdettero quella nebbia offuscava
che
li
d'una luce piena d'odio
brillarono
e
fis-
mortale. " Il
mio
quattro
ed avevo
avanzò vivamente tre
si
tenendo tesa una pistola colla
passi,
me
mira a
avversario
rivolta, poi si fermò. Io
non mi mossi
abbandonate lungo
le bracci^
;
la persona,
stando là come smemorato, incerto ancora di quello che
da
avessi
istante
Alfredo
fare.
parve
esitare
un
ma
me
non furono che pochi secondi,
:
a
parvero un tempo smisurato.
Mi ucciderà
"
per
A
pensavo.
!
momenti sarà
per sempre!.... Morto? Morto io?
me.... finita
Dio, Dio, puoi tu permetterlo?....
tremenda
!....
Io r ho bene,
santo "
Ah!
morte
la
Ciascuno ha pur diritto alla
come qualunque
diritto....
finita
Dio, Dio,
mi
è
vita....
altro, questo sacro-
ti
raccomando!
Tutto questo, ratto, simultaneo, vertiginoso
mi passò perfino pel capo
l'
idea di scappare
tempo che non
sentii nello stesso
l'
avrei
;
;
ma
nemmeno
potuto. "
A
un tratto un
queir arma che
un colpo, e fischio
mi
fece
circondò
io sentii
della
un
si
palla.
tuffo
e
guizzo
presso
Diedi
di di 1'
fuoco scattò
fumo
;
rimbombò
orecchio sinistro
una scossa,
da
il
il
sangue
parve di botto precipitarinisi
tutto al cuore, poscia risalire tumultuosamente al
105
UN GENIO SCONOSCIDTO. cervello
:
ma, nel niontarvici, conduceva seco
tal ira,
molto presso a cambiarsi in furore. "
padrini
I
si
mossero come per avvicinarmisi
Alfredo gettò via la pistola vuota
"
scambiò dalla mano sinistra aveva ancor carica. punto
;
;
segno ristessero.
feci loro
ma
ratto
e
che
alla destra quella
Ero stranamente calmo a quel
ogni sentimento benevolo era svanito dal
mio cuore. Cominciavo a sentire alcuna cosa che rassomigliava
all'
destra armata, avversario
si
attrattiva
come per
della
mira;
toglier la
volse subitamente di fianco
biando pensiero, lasciai ricadere
Alzai
lotta.
;
ma, cam-
braccio. Allora
il
Alfredo prese ad avanzarsi di nuovo verso di
ma
la
mio
il
me
;
questa volta cauto e lento, non presentandomi
mai che
la
minor possibile superficie del suo pro-
la pistola
filo,
basso a mezzo "
Una
tesa innanzi
mirandomi più
a sé,
petto.
il
strana irritazione
impadroniva di
s'
nel vedere codesta prolungata minaccia.
gridare facesse presto
mie due
;
Fui per
pensai sparargli contro a
come
un tratto
le
una
che camminasse verso
fiera
me
pistole,
di
si
farebbe ad
noi;
fui
per
lanciarmigli addosso a strappargli queir arma. Per-
chè non facessi nulla di tutto ciò non saprei dir-
vene
la
me ne r
istante
ragione
;
certo non fu
trattenne;
mi
si
ma
il
mentre
ragionamento che la
mente
in
quel-
travagliava in un' attività febbrile.
UN GENIO SCONOSCIUTO.
166 il
lo
corpo era in preda ad un' atonia generale che
rendeva incapace "
d'
ogni movimento.
Quando ebbe percorso
cessogli, Alfredo si
La
volta.
mi
palla
tutto
tratto
il
fermò e fece fuoco sfiorò
la
con-
seconda
braccio sinistro, lace-
il
randomi r abito e cagionandomi una contusione,
"
momento non
quel
clic in
Ero salvo
Una
!
avvertii neppure.
specie
animo mio, e
sollevò neir
di
gioia feroce
si
tempo una
nello stesso
rabbia più feroce ancora contro colui che mi stava
a fronte. Dell'antico Alfredo, dell'amico, del com-
pagno, non vidi più nulla
me
che V uomo
;
non vidi più innanzi a
quale mi aveva rapito la fama,
il
che mi aveva rapito la donna che amavo, che mi
aveva coperto adesso adesso passare
quei
alla
crudi
non vidi più in
che aveva
contumelie,
di
lui
mia
che mi aveva fatto
vita,
momenti
eterni
tentato
d'
angoscia
che un nemico odiatissimo.
;
"
XX. "
Alfredo
un gesto
all' infelice
esito de' suoi
di dispetto, gettò
seconda pistola e
si
via
gli
rabbiosamente la
come per chiedere
rimanesse da fare, per cercare qual
aprisse di scampo.
via gli
si
sto
ricompose,
si
fece
volse a guardare qua e là con
irrequietezza, quasi spaventato,
che cosa
colpi,
e- serrando
Fu un al
baleno. Pre-
petto
le
brac-
UN GENIO SCONOSCIUTO.
1G7
levò superbaAiente la fronte verso di me,
eia,
in
atto di fiera aspettazione e di sfida. "
quel
camminai risolutamente verso
Io
tratto
potevo percorrere, e quando mi
che
trovai alla distanza di soli
ma
faccia pallida
di lui tutto
dieci
passi
dalla sua
due
sicura, alzai tutte e
e puntando le pistole nella direzione del
le
versario, senza mirare altrimenti, le sparai
due
d' "
mani
mio avambe-
un colpo.
Udii un
gran grido
;
e
dietro
fumo prodotto dalla esplosione
la
nube del mie armi,
delle
vidi barcollare e precipitare a terra Alfredo. "
verso
I testimoni si slanciarono
lasciai
cadere di mano
le pistole,
di
mi
e
lui.
spinsi in-
nanzi stimolato da un'avida, feroce curiosità;
ben
tosto,
d' Alfredo, "
Dietro
della
ma
insanguinata
fronte
ritrassi inorridito.
me, come
in
risposta
a quello
del
suonò un grido acutissimo, dolorosissimo.
trafitto,
Mi
vista
alla
mi
Io
volsi.
Una donna
scarmigliata accorreva dispe-
ratamente. "
Era Albina
" Il
nostro
tenzione della bile
di
!
duello aveva destato cotanto cittcà
tutta, che
lei.
Informatasene qua e colà
menti, r infelice
il
cuore
at-
era stato impossi-
r impedire non ne venisse
giore, turbato forse
1'
voce coli'
all'
orecchio
ansia
mag-
da funesti presenti-
donna era riuscita a sapere dai
UN GENIO SCONOSCIUTO.
168 servi
suo al
luogo e
il
ora dello scontro,
1'
fatale
destino,
momento
in cui
arrivava
spinta dal
e,
giusto
terreno,
sul
suo diletto cadeva al suolo,
il
cadavere. " Si,
cadavere
Alfredo era morto, e per mia
!
mano! Questa orrenda
verità non tardò ad appa-
rirmi in tutta la sua crudezza, e distrusse
queir esaltazione di sdegno e
"
d'
odio che mi aveva
un momento prima, volontario
fatto,
Sentii
rarmi
il
roventi unghie
le
cuore
tosto
assassino.
del rimorso
lace-
ebbi orrore di me, e mi parve la
;
natura medesima inorridisse al mio cospetto credei ;
udirmi suonare all'orecchio, tremenda, la maledizione lanciata
su Caino. Rimasi stupidito, guar-
dando quel cadavere sanguinoso
sull'
erba, senza
rendermi ben conto della realtà, come se tormentato dall' incubo
d'
un sogno penoso, supplicando
mentalmente da Dio fosse vero quello
agitava
illusione "
sotto ai miei occhi non
lei
fosse
che
d' Albina,
sul corpo dell'
me
il
pentimento
ab-
uomo
stesso; e
mi dicevo accusatore
e la co-
un mostro
scienza dell' orribile delitto. Apparivo
me
si
supremamente amato, invocando essa stessa
la morte, accresceva in
a
che una
da dileguarsi ad un punto.
L' angoscia disperata
bandonava con tanto spasimo da
non
era avvenuto, prendendo a
con dissennata lusinga che tutto quanto
sperare s'
la grazia impossibile che
che
e
condanna-
109
UN GENIO SCONOSCIUTO.
umano
tri-
bunale, che avevo ad una stolta vanità della
mia
d' ogni
tore più severo e inesorabile
persona sacrificato la preziosa vita a cui avevo pure giurato
d'
un uomo,
riconoscenza ed affetto
eterno. "
Ah
pregate Iddio che tenga da voi lontana
!
sventura e la colpa di macchiarvi le mani nel
la
sangue
d'
uno dei
vostri simili.
bocca di Macbet, dice che uccide
il
propria
uccide
anima, se
insieme la propria quiete,
non
ha
cuore di
pure attenuato dalle circostanze
sia
uomo
proprio sonno; e ciò è tremendamente
Egli
vero.
Shakespeare, per
uccisore d' un
1'
il
la
scellerato;
suo delitto,
avesse pure dal suo lato la giustizia della causa, lo spettro sanguinolento
della vittima, qual'ei la
vide raccapricciando nelle ultime convulsioni l'
del-
agonia, gli appaVirà inesorato nelle sue notti
ma-
ledette. "
Mentre nel mio interno mi assalivano
subite e potenti le
ero
del rimorso,
così
di fuori
impietrito che apparivo insensibile. Ai testi-
sì
moni
torture
di quella orribile scena
sembrai peggio che
crudele. "
al
Albina levò un istante
velo delle cocenti lagrime
pupille,
mi
vide.... Il
occhi, e, traverso
che le ardevano le
suo movimento di ripulsione
e d' orrore fu tale che io
grave,
gli
mi
sentii vacillare.
meno dolorosa mi sarebbe
Meno
stata la più iniqua
UN GENIO SCONOSCIUTO.
170
maledizione lanciatami dalle sue labbra, anziché la
muta •
ferocia dello sguardo onde
" I
miei padrini
mi
posero fra
si
saettò.
lei
me
e
;
e
principale dei due, pigliandomi per un braccio, disse severamente
—
Qui non
«
lontaniamoci. "
Mi
è più nulla da fare per noi. Al-
e'
lasciai
condur via senza dir parola. Allondi
pochi
passi,
un' ultima occhiata a quello
soccorrere
Albina,
aveva tratta fuor di
— «
«
Ella parta
mi
rivolsi a
spettacolo
:
cui
l'
eccesso
il
del
morto, dolore
sé. »
noi gli è meglio che
mi dissero
i
miei secondi
andiamo ad aiutare
Tornarono indietro. Io mi allontanai
:
quelli là
nei pietosi uffizi che rimangono a compiersi. "
dare
tremendo.
avevano abbandonato
I padrini d' Alfredo
per
mi
:
»
appena
tanato
il
»
solo,
a
capo chino, la desolazione nell'animo, inorridito di
me
increscioso
stesso,
della vita,
desiderando di
poter cambiare la mia con la sorte del mio avversario, essere io
il
cadavere, su cui piangesse
lacrime una donna amorosa, e
compianto.
si
volgesse
il
tali
comune
"
XXI. "
Non
che mi
si
rientrai in città. Presi la
prima strada
parò davanti, e mossi per quella a passo
171
UN GENIO SCONOSCIUTO. or lento, or concitato, inconscio di incerto dove io fossi, "
mia
Mille pensieri e fra
testa,
parca incidermi la parola "
si
le impressioni
nel
nuova "
solo, chiaro, spiccato,
lettere
cervello in
di fuoco
!
del resto, era
come
intorpidita e
ne risultavano vaghe ed incerte, da
non distingue bene
1'
orecchio. Però, di
dolore ed
il
uno
ad un rumore lontano, cui
paragonarsi
quando,
agitavano confusamente nella
tutti
Assassino
:
L' anima,
me medesimo,
non sapendo neppure di vivere.
ma in
mi davano una
rimorso
il
ode,
quando
sempre maggiore.
stretta, viva e ogni volta
Andavo, andavo, senza direzione, voglioso
di
solitudine, bisognoso di moto, nuli' altro cercando
che di fuggire
stancando
il
1'
aspetto dell' uomo. Parevami che
domato
corpo, avrei
bamento dell'anima, ognor più "
Talvolta
mente "
ma me
mio
il
Ebbene,
mi
altresì quel tur-
fiero.
provavo ad aftVontare audace-
soffrire. sì,
mi
dicevo, ho ucciso un
egli
aveva ben voluto uccider
non
e'
era altra via
:
me
!
Ma
non tardava
questi sofismi.
Mi
si
la coscienza
a
:
lui e
o morir lui, o morir
Nel caso mio chi non avrebbe agito come "
uomo
Tra
io.
me?
ribellarsi
a
drizzava dinanzi V immagine
sanguinosa d'Alfredo, ed allora tutta la mia audacia svaniva
mende
;
di
udivo risuonarini lui
nell'
anima
le
grida tre-
che moriva, d'Albina che lo vedeva
UN GENIO SCONOSCIUTO,
172
mi diceva disperatamente
cadere, e un' intima voce
neir anima
— "
:
Meglio tu
«
Esser morto
fossi !
A
morto
un
»
!
tratto quest' idea
s'
im-
padronì di me, e mi pòrse alcuna sembianza di calma, e mi fece
uno
1'
come
effetto,
in ciel nuvoloso
di quelli squarci per cui si scorge l'azzurro,
come un cenno
della sorte
una regione
di
Morto, non
che mi mostrasse, in
della tempestosa in cui
là
un riparo
agitavo, "
al
mi
un riposo.
e
sarei
odiato
stato
piiì,
non mi
avrebbe più perseguitato la rabbia degli uomini,
mi avrebbe obliato
mondo, forse non
il
tormentato da questi spasimi, l'
avvenire,
dal
tumultuare
febbre fallace delle
passioni,
delle
speranze,
sarei
più
incertezza del-
dall'
dalla
dalla
crudeltà
dei
disinganni. "
e lo
Caddi a terra sguardo
quella
al
in ginocchio, e levando le
cielo,
con
tutto
che avevo avuta nella mia infanzia,
fede
supplicai da Dio, proprio con lì,
subito, "
la
!
La
era una viltà anche quella. Era
paura di affrontare ;
tutta l'anima, che
mi facesse morire.
Ahimè
mondo
il
mani
trasporto di
gli odii e le
condanne del
era la paura di vivere in compagnia del
mio rimorso. "
Quando
tornai a casa,
vai che m' attendeva
uno
era notte scura. Tro-
de' miei
secondi, quello
173
UN GENIO SCONOSCIUTO. che tro,
Mi venne
era più interessato per me.
s'
mi disse vivamente
sollecito, e
—
Ho da
«
:
Entriamo presto
parlarle.
in casa. »
duello aveva levato assai rumore
" Il
Una viva irritazione si era desta Mi accusavano di poca delicatezza e
incon-
in
contro
città.
di
me.
di troppa fero-
imprecavano
al
mio
nome. La giustizia non avrebbe mancato
di
pro-
cedere
;
giornata
della
fogli
I
cia.
r autorità
di polizia era
forse
per pren-
dere a mio danno uno di quei provvedimenti arbitrarli
del
che l'assolutismo consentiva allora al governo
mio paese. "
mi spaventò.
L' idea del carcere
—
{(
Che mi
da fare
resta
? »
domandai con
affanno.
— "
({
Fuggire, e tosto
Era un
insoffribile,
:
»
rispose
il
padrino.
venutami oramai
lasciar quella vita,
era romperla col mio passato, e rico-
minciare in altre condizioni un' esistenza novella.
Quest'idea mi arrise.
(c
—
« Sì,
—
«
fuggirò
Subito
»
:
;
»
esclamai.
insistè
il
mio interlocutore
altrimenti non sarà più tempo. "
fuori
Una
smania
vera
allora
:
»
m' assalse
d' esser
da quelle mura. Feci un fardelletto di alcune
poche mie robe allontanai dalla città.
di
;
presi
il
denaro che avevo, e mi
buon passo
da
quella
casa,
poi
UN GENIO SCONOSCIUTO.
174 "
volle "
Il
giovane che
era
accompagnarmi un
M'
ad avvertirmi,
venuto
tratto di strada.
montagne che
avviai verso le
mia
s'
innalzano
natale.
Cre-
devo esser colà più sicuro, e non desideravo
d' in-
non molto lontano
contrare figura d' "
dalla
uomo
nel
città
mio cammino.
Alla distanza di circa due chilometri,
toso giovane tolse commiato.
Mi
il
pie-
chiese dove avevo
intenzione di recarmi, ed io gli risposi non saperlo
ad ogni modo
promisi glie
gli
l'
;
avrei scritto, e lo
ringraziai molto. "
Quando dopo
mio concittadino
si
l'
ultima stretta di mano, quel
dipartì da me, io lo seguii collo
sguardo per un po' di tempo gli alberi sentii in
rotto fra
me
me
e vistolo sparire fra
;
stesso che ogni vincolo era
e quella gente e quel
mondo.
"
XXII. "
di
Era una stupenda
luna
che
si
notte, e
più bel chiaro
il
possa veder mai. Mi
mossi con
passo quasi di corsa su per la salita alla montagna. mille
La natura insetti
stormivano
era piena
mandavano
di
misteriosi sussurri
suoni
lievi
indefinibili
le foglie al venticello notturno,
gliavano con più alto rumore
mestamente amoroso
1'
i
usignuolo,
ruscelli,
e
;
;
bisbi-
cantava
su tutto
ciò
regnava una calma, una pace che avreste detto un
UN GENlU
La
silenzio.
quiete esteriore influiva
mia mente,
della
175
.^tuNu.-M.iUTO.
e
lo
tumulto
sul
veniva temperando. Quel
desiderio di tranquillità ignorata cresceva, cresceva in
me "
al contatto di sì
dopo
Giunto,
profondo riposo della natura. parecchie
ore
cammino,
di
sopra un culmine, sostai e mi volsi a guardare indietro.
Nella pianura
appariva la
splen-
città,
dente da lontano co' suoi mille lampioni, come una
massa
rossigna di
fuoco
mezzo
iij
alla
campa-
gna, mitemente circonfusa dell' azzurrigno chiaror della luna.
Là erano
"
nità
nella
;
l'
agitazione e
tormenti
i
immediata
Mi pareva madre
uma-
vasta solitudine dove mi trovavo,
solennità dell'infinito, la sublimità pili
dell'
d'
1'
opera di Dio,
1'
della
la
natura,
oblio e la
pace.
essermi accostato al seno della gran
creatrice,
e di
ricevere da questa nuova
lena e conforto. "
Se
io volessi dirvi tutti
i
pensieri che allora
attraversarono la mia mente, troppo lungo sarebbe, e
non
come
lo potrei
quelli
sato e
nemmanco,
tanti furono e sì varii,
che abbracciarono tutto
r avvenire,
e tutte
le
della vita e del destino dell' "
Ero
il
mio pas-
più ardue questioni
uomo,
e tutto
affaticato, debole, sfinito.
La
daraente serena m'invitava al riposo.
il
creato.
notte tepi-
Mi adagiai
al riparo di alcuni alberi, la fronte volta allo scintillare delle tremolanti stelle,
che pareva mi pio-
UN GENIO SCONOSCIUTO.
176
vesserò una calma soave entro le vene, e sere
non
isperato
Passando ancora
mi
corse
tutte
fantasia
di
un benesmembra.
le
poco a
in fantasia,
poco mi addormentai. "
Mi
svegliò
spuntava
mi
all'
il
primo
raggio
Lo
orizzonte.
del
che
sole
spettacolo dell' aurora
parve quel dì più sublime di quanto avessi giu-
dicato mai. Già io sentivo di essere un altr' uomo.
M' inginocchiai
sole che sorgeva
a quel
in faccia
imponenza a manifestare
nella sua
la
grandezza
del Creatore, ed adorai.
— «
«
Deh
!
pregai
»
dall'
intimo
Ch'io viva oscurissirao ed obliato,
virtuoso, "
ma non
Non
anima,
dell'
ma
buono,
ma
in balia del male. »
chiesi più la
morte
:
domandai
la virtù
e la pace. Ero guarito. "
con nuovo
Sorsi con una nuova risoluzione,
coraggio ed una nuova speranza
;
e ripresi
cam-
il
mino. Avevo deciso spogliarmi del mio nome, delle
mie ambizioni,
d'ogni
Rifiutai in quel
momento, e per sempre,
anelare
folle
alla
gloria.
serto
il
del poeta. "
Trovai da rifocillarmi nel tugurio
contadini e da provvedermi la giornata; e senza sapere
passi,
dove
il
di
alcuni
nutrimento per tutta
dove avrei diretto
avrei preso stanza
i
miei
dipoi, continuai a
salire pei più scoscesi dirupi. "
Avevo camminato
forse
un' ora,
senza
mai
UN OENIO SCONOSCIUTO,
177
incontrare traccia d' uomo, quando udii innanzi a
me, poco lontano, suonare valli un' esplosione
atterrito, e
ma
il
come
d'
ed echeggiare per
arma da
fuoco.
le
Ristetti
mio primo pensiero fu di fuggire;
mi rattenni. Pensai che alcuna funesta avven-
tura poteva aver avuto luogo e una
qualche vit-
tima abbisognava forse di soccorso.
Mi
affrettai
verso quella parte. "
Un
cento passi più innanzi, dove la
della montagna, incurvandosi, formava di
costa
una specie
anfiteatro, che pareva fatto apposta per guar-
dare la magnifica vista della sottostante pianura, in
un verde praticello smaltato di
fiori,
giaceva
bocconi un uomo, stringendo due pistole tuttavia fumanti. "
Era quello uno dei luoghi più ameni
avessi veduto mai.
coperte di faggi
:
Le
coste
il
tutte
della valletta
più in alto sulle cime, dritti come
granatieri schierati a battaglia,
purissimo
ch'io
cielo;
raggi gli albereti
il
della
i
severi
cipressi;
che investiva co' suoi
sole,
convalle,
tinte più ricche e più piacevoli
vi
all'
spargeva
occhio del
le ri-
guardante. Pareva una decorazione preparata per
un
idillio,
per una scena
d'
amore, non per
una
luttuosa tragedia. "
le
Mi
accostai
armi in
viso,
al
e
giacente. Egli vidi
che
s'
orrendamente
rimasto malconcio, da non potersene Bebsezio.
era sparate n'era
più ricono13
UN GENIO SCONOSCIUTO.
178 scere
ma
i
Tepido ancora era
tratti.
suo
il
corpo;
da questo l'anima partitasi per sempre. "
pensare come
Ristetti a
Presso di sé
morto aveva
il
regolarmi.
dovessi
suo
il
cappello,
e
dentro questo vidi una carta ripiegata e sopravi, a tener fermo cappello e carta, un sasso. Esitato
appena un pochino, presi quella carta e
la spiegai
:
erano poche parole, scritte in inglese, e le lessi con
avida curiosità. "
Dicevasi
sostanza,
in
quel cadavere, non
in
chi
sibbene a un suicidio, com' era vita
odiatore
e
degli
contrade, voleva
l'
s'
credesse
uomini,
difatti.
suo
nome non ;
a quelle
morire senza essere co-
infelice
si
Stanco della
straniero
nosciuto, senza ipocriti compianti il
imbattesse mai
a un assassinio,
non dire perciò
;
cercasse neppure dei fatti suoi,
che egli se ne veniva da lontano, e aveva voluto che nessuna traccia rimanesse di "
Io
rilessi
sedetti
vicino a quel
lui.
cadavere
;
lessi
e
più volte quello scritto e meditai a lungo.
"Ancor
io
sentito l'animo e avevo
detestavo la vita; invaso
dall'odio
anch'io avevo per
pensato di cercar rifugio tra
della morte.
Ma, per fortuna,
il
gli le
uomini, braccia
Signore non mi
aveva abbandonato, e nel colmo della disperazione
mi aveva pure concesso
la
grazia d'un
benigno
pensiero che mi aveva richiamato alla ragione ed alla
conoscenza dei doveri
dell'
uomo
sulla terra....
.
UN GENIO SCONOSCIUTO. "
A
un tratto
mi nacque
e
s'
quella
vita
finirla
di
scettico,
dovevo
ogni
l'
stolido
mio
mia volontà.
la
prepotente, e
il
vo-
colpe;
di
ipo-
futile e corrotto,
e
danno
e
odii
levo morire a quel mondo crita e
potente,
una volta per sempre con
vanità,
di
ma
un' idea bizzarra,
impadronì di tutta
Io voleva
"
IT'J
quale
al
decadimento
del-
anima mia. Se, a romperla definitivamente,
esso e
me
avessi gettato in
fra
mezzo quel cadavere ?
Se a quello sconosciuto che voleva rimanere affatto ignorato, avessi dato
il
mio nome ? Se tutto
mio
il
passato facessi davvero seppellire nella fossa, colla
salma di queir "
Le
infelice ?
fattezze del volto, guaste dall'esplosione,
la statura presso a
poco uguale, permettevano
lo
scambio. Strappai un foglio dal mio taccuino e vi scrissi su
un ultimo addio
tutti quelli clie
dendo perdono a col
alla vita,
mi avevano
fatto
perdonando a
del
male, chie-
tutti cui avessi offeso. Sottoscrissi
mio nome, posai
il
foglio nel cappello del morto,
e vi posi la pietra sopra.
tasca nò carte, né altro
:
Il
suicida non aveva in
vi misi alcuni oggetti di
mia spettanza e qualche lettera a me
diretta.
Po-
scia inginocchiatomi, pregai con fervore
per quel
morto e per me. Dopo
casa dei
ciò ritornai
alla
contadini, dove m' ero rifocillato poco prima. "
Dissi loro
del
subito accorsero là
;
morto da me trovato;
essi
ne fu avvertita la giustizia,
UN GENIO SCONOSCIUTO.
180 si
fecero le pratiche che sogliono farsi in casi si-
mili, e fu posto in "
Ebbi
dicessero "
sodo
mi era
cTie io
la debolezza di voler i
le
vedere che cosa
mia morte.
giornali della
Cessarono
suicidato.
ma non
contumelie,
cessò
differenza ostile: siccome da morti non
ombra, qualcuno infiorò
di
si
l'
in-
dà più
qualche elogio un cenno
mia memoria. Fui sotterrato nel cimitero del
alla
più
villaggio
pietra con "
il
vicino,
mio nome su
Volli vedere la
scolpito.
ombre
sussurrano
altissime
una semplice
fossa
mia tomba.
lato, solitario, pieno d'
erbe
sulla
e
cimitero è iso-
Il
e di melanconia.
stranamente
sotto
Le al
vento che le agita. Croci di legno sorgono qua e là,
quasi tutte corrose dal tempo
moria dei morti che deve riposare in pace "
ci
dormono
;
si
rammenti
a quest' ora non eh' io
come sotto.
"
E
ci
e'
è più
abbia
parlava più
si
anima
si
esistito
;
di
al
mondo che
io
che, nelle
pazze fantasticaggini della gioventù, ho la gloria
me-
la
!
Due settimane dopo non
me
;
sognato
!
Per istrado
fuori
mano, senz' altra mèta certa
che quella di allontanarmi dal
mio paese, venni
girando qua e colà, finché giunto a questo rimoto villaggio, tanto
mi piacquero
la
natura,
il
e la quiete di esso che determinai fissarvi la
dimora.
cielo
mia
181
UN GENIO SCONOSCIUTO. "
E
ma
felice,
far
da
male
:
quasi
trent' anni
ci
non affrettando certo,
non
vivo,
senza più rimorsi, senza
ma
dirò
e senza
odii
non deside-
rando neppure d' allontanare quel giorno supremo in
voli nelle braccia misericordiose del-
r anima mia l'
"
Eterno Amore.
Ambrogio
Qui, maestro
ambedue sieri
il
stemmo
e
;
mente mille pen-
me
suo racconto aveva eccitato in
ridestato in
e
lui.
Dopo un "
tacque
si
silenziosi rivolgendo in
che
involucro,
disgraziato
da questo
libera
cui,
istante, fu egli
a riprendere
:
Ora non cercate più altro da me. L' ultimo
velo di mistero che copre l'esser mio,
mi è più caro della
dell' onore,
sacro
mi
più
è
vita.
Non
tentate levarlo. Andate e obliatemi. Soltanto possiate
vostro prò dell' insegnamento
far
tiene questa dolorosa storia delle "
Non
è nel
sulla
scena
nomanza non ridisce
rare in spirito
il
abbarbagliante
che
dell'
è che misera vanità;
animo
;
l'
si
la
quale
non è
ambizione
il
che
La
mondo
ri-
ina-
anima, e fa prospe-
queir iniqua pianta parassita
dell'uomo,
istinto, e
dell'
felice e si faccia migliore.
cuore, intristisce
essa
mie vicende!
vano rumore del mondo che con-
sistono le degne soddisfazioni
r uomo divenga
con-
che
soffoca
chiama egoismo.
ogni
dello
buono
182"
UN GENIO SCONOSCIUTO.
"
Io sono vecchio, sono sfinito, e
mi sento con
soddisfazione non lieve presso al termine
La
male.
d'ogni
V ho amata sempre, e non è ora
verità
che vorrei farle
menomo
il
Ebbene,
oltraggio.
vi
giuro che più mi venni inoltrando negli anni, e più
volte
r ingegno
me non
in
già che sostenni lotte
che
Ebbi cizio
i
il
che
dissi
lo
ma
soffrii,
Se sapeste quanti, e forse splendidi,
vinsi.
furono
tremende,
come
viltà,
Ve
dovere.
non
e
ribellasse,
si
proprio
al
che molte
dico
mia come una
volesse dipingermi la
un mancamento
Non
preso.
del partito
fui lieto
frutti
coraggio
di
virtù
della
angosciosissime veglie
certe
di
distrugger
Neil' eser-
tutto.
nascosta,
sconosciuta,
!
s'
affina
l'anima umana. Alla soglia dell'eternità sarà più bella e gradita, non queir
anima che sarà stata più
ma
gloriosa innanzi agli uomini,
quella
stata più benemerita innanzi a Dio.
Fece una pausa
;
poscia con voce
più sorda di quel che
domi "
la
è vero ?
!
È
Voi partirete meglio che non
questo sia fra noi
l'
fioca e
:
pochi giorni
fra ci
più
abituale, porgen-
gli fosse
mano, soggiunse mestamente
Addio
che sarà
"
rivediamo più
;
non
;
che
ultimo saluto. Io vi ho detto
tutto quello che avevo da dirvi. segreto. Voglio morire nelle
Conservatemi
il
ombre che mi avvol-
gono.....
Ma
quando
sarà presto,
io
spero....
clic
avrò abbandonata questa terra, se
lo
udrete....
e
lS3
UN GENIO SCONOSCIUTO. opportuno
credete
pure
raccontate
giovevole,
e
altrui ciò che sapete de' casi miei.
"
XXUI. Due
giorni dopo io
con mastro Ambrogio
partiva da quel
non
paese, e
vedemmo
ci
più
:
per
due anni non ne ebbi altra novella. L'altro dì
il
mio nobile amico dovette venire
qualche
a Torino per
sua
a sa-
faccenda, e fu
lutarmi. " "
^li
fermo qui pochi giorni soltanto
poi torno di
gran carriera alla mia montagna.
me?"
Volete voi venire con
Ah
"
"
spiro.
se
!
Ma
lo
potessi
noi siamo
di Sisifo.... Intanto
brogio.
!
"
qui
un
esclamai con
condannati
al
so-
lavoro
datemi notizie di mastro
Am-
"
volto
Il
mi disse
"
del
mio amico
si
mestamente
fece
grave. "
Quel
povero Ambrogio
L' hanno sotterrato
più.
Mi
Non
feci
raccontare
i
!
"
disse.
"
V altra mattina.
Non
e'
è
"
particolari della sua morte.
era stato malato che pochi
la gravità del suo male, egli
dì.
sacerdote, ed aveva edificato tutto santità della sua morte,
Conosciuta tosto
aveva mandato pel il
villaggio colla
come aveva
purità ed onestà della sua vita.
Sulla
fatto
colla
sua fossa
UN GENIO SCONOSCIUTO.
184
hanno piantato una croce di legno, vanno a spargervi Così fu
il
un cimitero
suo desiderio compito.
rate
;
ma
io,
di
gli
È
morto sco-
fiori.
nosciuto, tranquillo, d'
scolari
e
amando
e
sperando. L' erba
campagna ne coprirà
che non
l'
oblierò
mai,
le
ossa igno-
ho pensato
valermi del suo permesso, e schizzarne in questi fogli la misteriosa figura.
tìALATEA RACCONTO.
Era
il
crepuscolo vespertino d' una triste gior-
nata di tardo autunno. Grossi nuvoloni occupavano tutte le creste della catena
che
alpina
;
sole si tuflava dietro di questa,
il
al il
delle nubi erasi squarciato alquanto al l'
momento denso velo
lembo
del-
orizzonte, e n' era balzato fuori uno sprazzo di luce
color rosso di fuoco, che dileguandosi
ben
tosto,
aveva lasciato luogo ad una tinta plumbea grigiastra,
che rattristava con freddi
riflessi il
paese e
la sera.
Le
foglie ingiallite si spiccavano dai castagni,
e venivano giù adagino adagino, quasi baloccandosi
per r aria. Di quando in quando un buffo di vento sollevava
i
piccoli
ammassate qua e l'
uomo,
e
mucchi delle frondi cadute ed là
avvolgendo
cacciava innanzi a se, ricadere lungo
la
dal
caso
o
le foglie in
dal lavoro
un turbinio,
come una nube, per
strada
in
una
del-
striscia
le
lasciarle
che ne
GAL ATEA.
188 segnava
il
cammino, finché non erano più che due
tre a rincorrersi
pazzamente come ragazzi ruz-
zanti. I vaccari le
tornavano dalla pastura, la faccia e
mani arrossate dalla brezza
gevano innanzi
pagnando
le pigre
colle
muggenti, accom-
bestie
d'ammoni-
battiture e colle voci
zione e minaccia
canzone a
freddicela, e si spin-
alla
cornuta
loro
schiera,
una
cadenze monotone e strascicate, nella
mestizia del tono in minore.
Dai fumaiuoli delle modeste abitazioni del laggio, a rivelare che le
van la cena, usciva
il
capricciosamente
suoi
oscuro
dell'
i
vil-
buone massaie prepara-
fumo che disegnava
grigio
fondo
ghirigori, sul
più
atmosfera. Al di sopra e in mezzo di
questa uniformemente bassa ed umile popolazione di casuccie, il
coperte la maggior parte di
campanile della parrocchia sollevava
il
paglia,
suo capo,
sormontato da una gran croce di ferro e coronato di tegole verniciate a brillanti colori. II
dava
qual campanile, in quest' ora appunto, manle più gravi e solenni
note della sua mag-
gior campana, per invito alla fragio d' un' anima, volata nel
preghiera,
mondo
in
suf-
degli spiriti.
All' udire quei rintocchi lenti e pieni di tanta
mestizia, uscivano di casa le madri di famiglia e le
ragazze, accomodandosi
fazzoletto stampato a colori
in ;
fretta e,
sul
capo
il
appoggiandosi sul
GALATEA. bastone, gli uomini d'
ai
189
quali la tarda età toglieva
andare a quel lavoro quotidiano
cui ora stavano per tornare
Le comari
ne' campi,
del villaggio, incontrandosi,
si
biavano intanto delle parole come queste "
Suona per
"
Poveretta
Be
a dire un la
!
scam-
:
"
la sepoltura della
Dio
l'
abbia in
povera Marta.
gloria
Andiamo
!
Profundis per queir anima
benché
;
ne abbia meno di bisogno che qualunque altra
che se
"
Sicuro
E
!
Marta
è stata quella di certo."
se non va quella
E
per
una grazia "
"
!
in paradiso,
lì
dritto dritto, non, ci va più nessuno. "
lei,
davvero che la morte
Ha
finito di tribolare.
"
può dire
si
"
Oh sì che ha tribolato, e di molto " Una grazia la morte che cosa dite ? Se !
!
!
povera donna fosse stata sola
Ma
ragione.
Maria che "
Ah
lascia dietro di sé
pur
vero.
così giovane e inesperta, la
disgrazia. "
Ed
al
mondo, avreste
" !
Per codesta creatura è proprio
una gran
"
oltre a esser giovane,
quasi ancora una
bambina, è tanto semplice, così innocente "
E
vi
so
dir
io
che la Marta
molto al pensiero di lasciarla
volte
il
la
pensate un poco a quella poveretta di
gli è
!
;
mai cristiana che morisse nella gra-
fu
ci
zia del Signore, la
di
da
loro figliuoli e nipoti.
i
Signore che
le
;
si
" !....
affliggeva
e pregò di belle
raddoppiasse anche
il
male
190
GALATEA.
che soffriva, purché
le volesse
prolungare di tanto la
da poter vedere provveduta quella poveretta,
vita
che è come un' agnellina senza forza e senza mali-
mezzo
zia in
"
mondo.
alle tristizie del
"
"
Come
sopporta ella questo colpo la Maria ?
"
Che
ho da dire ? La pare smemorata. Sapete
v'
com' è quella semplicetta, che non
non
capisca
sappia
Per me,
capisca.
nemmeno che
la
io
sa
si
mai se
credo che non
sua nonna è morta, né che
cosa voglia significare la parola morire. Intanto uomini e donne erano delle più umili capanne, posta
"
giunti
ad una
ad un de' capi della
strada che attraversava quel povero villaggio montanino.
Era
piccola, angusta, d'
un solo piano, e po-
teva dirsi davvero che la miseria
La
ci
stava di casa.
frotta delle persone accorse colà vi susurrava
a bassa voce, con un quasi timoroso riguardo
era
impone quella
;
ed
profondo rispetto che ad ogni animo onesto
il
la
sciagura.
stanzaccia
Nel già scuro
terrena
ambiente
di
che forma,va la parte
principale dell' abitazione, ardevano fiocamente al-
cuni lumi
accesi
su due sgabelli di rozzo legno
;
stava posata una bara, e sopra, gettatovi, un lo-
goro
tappeto
piombata,
Ad un
il
nero.
In quella
umile
dimora era
giorno prima, la morte.
punto un vecchio dai canuti
abiti sacerdotali,
il
capelli, in
parroco del villaggio, fece un
cenno, e la mesta comitiva
s'
avviò.
101
GALATEI.
Precedeva
il
sagrestano portando la croce, poi a
confraternita
la
apparteneva
cui
defunta,
la
una trentina di donne tutte incappate, quindi parroco in
mezzo a due
dietro
e
preti,
della morta, portata a spalle dal becchino
il
cassa
la
dal
e
suo aiuto.
funebre corteggio era chiuso dalla massa in-
11
composta e confusa delle donne e dei vecchi, e
in
non vedevi persona che non avesse
la-
essa
le
grime agli occhi e la preghiera sulle labbra.
Ma, subito dopo
prima d'ogni
la bara,
altro,
veniva la povera Maria.
Era una fanciuHa grande per
sua età,
la
in fondo a
scrivibil
colore
vestita
;
cui brillad' inde-
un fuoco selvaggio certe pupille
d'
;
aveva abbronzata,
la pelle
capelli arruffati sul capo
gone
sfiancata, di volto
magra,
scarno, di larghe occhiaie,
vano
troppo
quattordici anni,
di
come
a casaccio
non era fatta
per dar
d'
i
i
folti
serpenti del Gor-
una vestucciaccia che
grazia
alle
sue
membra
lunghe, ossee, dinoccolate.
Come aveva
detto la donna che abbiamo udito
discorrere poc' anzi, non
si
poteva discerner bene
se questa ragazza capisse o no. occhioni, ora sereni
mare
scuri
come
come
la pupilla d'
riflessi
il
come
1'
Da
quei suoi grandi
azzurro del cielo, ora
in tempesta, ora privi di luce
un cadavere, ora
scintillanti di
dorati che parevan raggi di sole,
V
intelli-
192
GALATEA.
genza nOn appariva che a lampi la fronte era bensì ;
giustamente sviluppata, modellata a perfezione e
adorna della maggiore nobiltà di linee lenzio ostinato, in cui la giovanetta i
ma
;
il
si-
rinchiudeva,
si
pochi segni di sensibilità e le poche manifesta-
zioni di pensiero che in lei
scorgevano,
si
meno che
cagione che la gente la credesse poco
scema, e
la
facevano vivere mezzo segregata dalla
mondo.
vita ordinaria e dal consorzio del
Non
era che la nonna, la quale, o
v'
erano
s'
illudesse
per soverchio amore, o fosse più penetrativa degli altri,
credeva avere scòrto dietro
riparo
quel
ghiaccio un' anima affettuosa, notato
di
quella
sotto
distrazione di spirito un'intelligenza. "
La mia
innocente,
"
soleva ella dire,
"
vai
meglio di molti e molti, che la compatiscono come
una scema.
Quando
"
la
buona vecchia Marta era caduta maun anno a
lata di quella infermità, che, tenutala
patire nel
Maria, la
montagna
letto,
quale
l'aveva ora soleva
tratta
andare
e vagolare tutto
il
s'
la sera tutta
adorna
il
era seduta sullo sgabello a pie
povera nonna, e non
vi
fiori,
capo e
sepolcro,
pascolo
giorno per
come una selvaggia, a raccoglier nava
al
al
il
del
sulla
dirupi
i
di cui tor-
seno
;
letto
Maria della
era più stato verso di far-
nela muovere. Ella stava
là, coi
gomiti delle sue lunghe brac-
193
GALATEA. eia appoggiati
dalle mani,
ginocchia,
alle
e
occhi
gli
faccia
la
larghi,
fissi
di
sorretta
continuo
sulla inferma. Parlava poco o punto, stava bile, lasciava servir la
mandava
carità
immo-
nonna dalle comari, cui
in soccorso dell'
era che raramente, quando la
la
ammalata, e non trovava proprio
si
sola colla Marta, che si chinava sul letto di lei e le
dava caldi
baci, in cui palpitavano, per così dire,
la tenerezza e
Un di
l'
affetto.
anno intero
di codesta vita
aveva nociuto
molto alla salute della giovinetta. La era creanche
sciuta
troppo,
ma
diventata
sottile e
macilenta
un color
terreo, e negli occhi
che rarissimi
La
le
gli sprazzi
preso
non apparivan
più
di luce.
costui
di
mente
le
dimora,
parroco della meschi-
al vecchio
nella e dell' avvenire
moto
sue guancie avevan
più
vecchia nonna, prima di morire, aveva par-
lungamente
lato
;
sempre
scrivere
a
che
l'
certi
aspettava, e pregato
congiunti che unica-
rimanevano, lontani di parentela quali
coi
assai,
la
moribonda,
e
da tempo
non aveva mai più avuta alcuna
di reat-
tinenza. Neil' ultimo istante, proprio nell' atto di spirar
r anima, con un ultimo sguardo, Marta aveva ancora
una volta raccomandata dote, che l'
su
lei
l'
orfanella al
pronunziava
la
buon sacer-
preghiera
agonia, e alla miserella che rimaneva sola Bersezio.
15
del-
nel
194
GALATEA.
mondo
era rivolto
si
estremo segno
1'
d' intelligenza
e d' affetto della morente.
Quanto a
lei,
—a
Maria,
— pareva
che
ben lontano da quella. scena
spirito fosse
il
suo
morte,
di
da quel luogo, da quel doloroso momento. Immobile al suo solito posto, ella continuò
come aveva
la morta,
ma
;
l'
infer-
e per quanto le si dicesse o facesse, nessuno
era riuscito a levarla di ferenza guardò tutti
per
a rimirare
sino allora rimirata
portare
in
l'
indif-
preparativi che vennero fatti
ultima dimora
all'
r unico essere che quando
i
Con apparente
là.
corpo di
il
avesse amata
;
quel-
e solamente di
quando una contrazione nervosa veniva
a sconvolgere
i
lineamenti
senza che
dell' infelice,
pure una lagrima spuntasse su quegli occhi asciutti
Quando vide
e riarsi.
bara e udì battere lei,
Maria
s'
sua faccia fu di
spasimo
;
nonna messa entro
la
la
chiodi del coperchio sopra di
i
alzò tremante, e la contrazione della
accompagnata da un grido
orribile,
ma
non
altro
;
ricadde
accasciata,
muta, impassibile, e parve non sentire più nulla. Ora, essa veniva dietro la bara a passo lento, dritta la persona,
l'
occhio
nero che la precedeva, di sotto
il
viso della
fisso
come
morta
;
se e
su quel drappo potesse vedervi di
quanto
tutto
avveniva intorno a sé pareva affatto ignara. Si giunse al cimitero.
era
là,
pronta ad
La
ingoiare
fossa,
quegli
già
scavata,
ultimi
resti.
GALATEA.
I95
Maria venne
fino all'orlo di quella buca, vi si chinò sopra, come desiosa di vedere che cosa vi fosse nello scuro fondo di essa. La cassa vi fu pia-
namente le
calata, e intanto si
mormoravano intorno
estreme preghiere. Tutti
piangevano; ma la immota, tranquilla e come insenPerò quando si gettò nella fossa la prima
fanciulla sibile.
era
palata di terra,
mente
sul
e questa
coperchio
si
della
udì risuonare cupacassa,
ancora quel grido di spasimo, e colle braccia protese, in quella
come
si
Maria mandò slanciò innanzi
se volesse precipitarsi
tremenda apertura, ed abbracciarsi
alla
morta, e farsi seppellire con essa. Le donne le furono attorno a trattenerla. Sentendosi atterrare, ella si fermò, guardò attonita chi l' aveva trattenuta, e calmatasi di subito, si liberò
dalla stretta di quelle pietose; poi, incrociate le braccia al seno, stette senza pur far parola.
Tutto era
finito,
ed
ella stava
ancora là in quel
medesimo atteggiamento. Le donne incominciarono con dolci parole a dirle di venir via, pietosamente confortandola
Una
:
Maria non
fra le altre,
le
guardava neppure. non ottenne di
più insistente,
meglio che uno sguardo senza espressione ed uno scrollar di testa; allora la donna, con tutta revolezza, aveva preso
amo-
pel braccio la giovanetta e voluto trascinarla con sé ma ella se n'era ;
con
sì
impetuosa mossa,
disciolta
e
con
tanto sdegno le
196
GALATEA.
aveva detto
lasciatemi
«
!
»
che la donna erasi al-
lontanata quasi impaurita.
parroco che aveva accompagnato sino colà
Il il
cadavere della povera morta, fece segno lascias-
sero
stare
queir
quando
che
afflitta,
besi preso cura di
lei.
sareb-
stesso
egli
Le donne
partirono. Maria,
ebbe vedute tutte allontanarsi, e
le
dette sola,
si
cre-
buttò con impeto quasi disperato in
si
ginocchio, e chinandosi a toccare col capo, a baciar colle labbra gementi quella terra frescamente
smossa, sotto cui giaceva la nonna, ruppe in dolorosissimi
singhiozzi,
che
facevano
le
tremare
tutta la persona, e pareva dovessero farle scop-
piare
La e
cuore.
il
luce del giorno era quasi del tutto sparita,
come
in
mezzo ad una nebbia
tenebra invadente contorni indecisi
pigliavano
grigiastra, in quella
fantastiche forme a
cipressi, le croci
i
penzolanti,
i
modesti tumuli di quel campo sacro alla morte. Il
parroco, che
s'
era ritirato un poco, lasciò
prorompere quel primo sfogo contenuto,
della
giovinetta
presso, pose dolcemente lei,
che tutta "
Chi
è ?
atto vivissimo
si "
;
;
di dolore, sino allora
e
poscia,
una mano
venutole
sulla spalla di
riscosse.
domandò Maria,
voltandosi
con
e poiché si trovò dinanzi quel
buon
vecchio prete, al quale aveva sempre visto la nonna parlare con tanta riverenza, chiese rispettosamente
:
(jALATtA, "
Che cosa
"
Vieni
:
"
1'j7
vuole, sor Prevosto ? disse
"
parroco, facendole cenno di
il
alzarsi.
ma domandò
Ella obbedì docilmente, "
Dove
"
A
?
casa.
"
Maria scosse mestamente "
e
Non ho
più casa,
"
nonna
;
la
nonna
bisognava obbedire
E
"
Sì,
"
Dunque
se
che
non
ti
me
una semplicità
disse con
La mia casa
"
è qui,
Ti ricordi come
"
la testa.
commovevano più che
che
un' indifferenza
smanie della disperazione. la
:
"
mi
è dove sta
lasci stare
con
Oh
ne ricordo.
da' retta
piace
no, no
!
:
"
venir meco.
io ti dico
di
sola in
casa,
star
"
lascierò
ti
"
interruppe la fanciulla.
Poi, sorreggendosi colla
nuovamente
liso "
Dicono che
debba esser
tomba
la i
mano
il
mento, guardò
in atto di meditazione.
morti tornano.... Mi pare
vero....
Io lo credo....
Sia,
come vuoi
;
ma
che
Che direbbe
nonna se vedesse un' altra nella sua casa ho punto paura, io, a star sola. " "
me
"
?
stanotte la Margherita a farti compagnia. "
"
lei.
dicesse la nonna che a
ti
le
intanto vieni.
Tu
?...
la
Non
vedi che
la notte è già scura, e la brezza si fa troppo più
fredda che a te non convenga con quei poveri pannucci che hai addosso.
"
198
GALATEA.
Maria "
diede in uno scossone di brivido.
infatti
r aria è fredda,
Sì,
"
diss' ella.
nonna, non avrà ella freddo qui "
?
"
E
la
povera
"
Ella non ha più nessun bisogno ne malore
ora è un angiolo di Dio, che prega per
La
te.
ella
;
"
Vieni
!
prese amorevolmente pel braccio e la trasse
con se. Ella cedette e seguì la sua guida,
ma
il
capo
e gli occhi erano volti verso quel mucchio di terra
che segnava la fossa recente. Uscirono così dal cimitero. In quel "
punto un ragazzetto arrivava correndo.
Sor Prevosto,
"
gridò egli
"
:
arrivata
è
ora una carrozza, e dentrovi una
or
mezzo
signora
ammalata, e un signore coi baffetti neri, che sono andati di
all'
osteria del Gallo rosso, e
sor Prevosto
hanno cercato
è morta, e di Maria, e anco di
Marta che
quando hanno udito quel che era
e
:
lei,
e quel che non era, volevano venir qui senz' altro
ma
poi la signora non se ne sentì
fetti volle
che la
si
mettesse a
;
e quel dai baf-
;
ed a
letto,
me
che
otto soldi, perchè le venissi
ero per colà
mi diede
a dire, a
sor Prevosto, che sono giunti coloro
lei
a cui ella ha scritto "
Va
Maria
:
bene, "
"
Sono
;
disse i
ed
io
E
;
è la tua
;
la
nonna mi
disgrazia che
nuova famiglia che il
"
poi vóltosi a
tuoi parenti, a cui la
le fece affrettare
villaggio.
corso....
parroco
il
aveva detto di apprendere colto
son
t'
ti
aspetta.
ha "
passo verso V osteria del
199
GALATEA.
II.
Mentre
infatti
il
air ultima dimora
il
modesto corteo accompagnava cadavere della vecchia Marta,
una carrozza da viaggio, lentamente tirata da due da nolo, s'arrampicava su per
cavallacci
conduce
che
salita
all'
entrata del
quale, di quel tempo, ancora
la
lunga
paesello,
al
fatto capo
non aveva
(né la cosa è diversa oggidì) alcun tronco di strada ferrata.
due persone
In quella carrozza stavano
donna d'
un uomo. Questi
e
una giovinezza di cinque
strava di
Avevano
essere
era nel lustri
quaranta
dai
;
ai
pieno
una
:
fiorire
donna mo-
la
cinquant' anni.
tale rassomiglianza nei tratti del
viso e
più nel carattere della fisonomia, nell' espressione della figura
e
dello
sguardo, nella voce e
mosse, che chiunque non
li
avesse pur conosciuti
madre
mai, al primo vederli, dicevali
Nella donna l'età inoltrata
morbosa
nelle
e
e figliuolo.
una pallidezza
delle sembianze, la quale rivelava in lei
malattia guarita da poco e una
salute
una
ordinaria-
mente cagionevole, non avevano distrutto tuttavia la traccia d'
una
beltà, che
doveva essere stata
giovinezza fra le prime e più seducenti.
abbondevolissime e al
d'
un nero
quale spiccavano come
fili
corvino, d'
in
Le chiome mezzo
in
argento
i
primi
200
GALATEA.
che correvano in quella massa on-
canuti
capelli
dulata di seta,
le
spartivano graziosamente so-
si
pra una fronte della forma più pura, cui
le
appena cominciavano a segnare di leggerissime Dello stesso bruno
gli occhi, dolcissimi e
rughe linee.
mitissimi
nel guardare, pieni di quella luce di benevolenza
che basta a renderci simpatica una persona
sguardo corrispondeva
tale
sorriso
il
e amorevolezza, ilare, se così
può
mestizia,
Dal
pacato 'e
degli occhi, e
sereno.
;
e a
tutto bontà
dirsi,
anche nella
soave
dal piegar delle labbra,
luccicare si
vedeva
che quella persona aveva molto sofferto nella vita e
con
tutto
rassegnazione
e
con
coraggio sop-
portato.
Ed
invero ella aveva molto sofferto
Anna,
tal
laggio, a cui
era s'
il
!
suo nome, nacque in quel
vil-
avvicina a così lento passo la car-
rozza che la porta
;
ed era nipote da parte
d'i
padre della povera estinta.
La madre dina d'
;
ma,
di
Anna non era
figliuola del
affatto
ingegno e di cuore, aveva ricevuto
un' educazione intellettuale stato.
Con sua
figlia
di vivere ancora di
il
una conta-
maestro del villaggio, uomo dal
padra
forse superiore al suo
povero maestro corapiacevasi
quando
in
quando nel mondo
del pensiero, e tornava a gustare le gioie dell' intelletto,
bellezze
a provare della
le
emozioni che sono destate dalle
poesia
e
dell' arte.
Questo tesoro
GALATEA. d'
201
educazione, la figliuola del maestro ebbe per sua
principal cura trasmetterlo a sua vòlta alla ragazza
nata da di
lei,
quando
da averne una
fu tanto felice
;
che avvenne che Anna, crescendo, bellissima e
d'animo
squisito, acquistasse eziandio tali qualità di
spirito che nessuno
creduto mai
avrebbe
vare nella povera figliuola (che questo era
d'
piii
tro-
un rozzo tiebotomo
mestiere del padre) in uno dei
il
più alpestri e rimoti villaggi.
Né
il
padre
vero
in
ci
aveva merito o colpa,
che vogliate chiamarla, poiché, facendola un po' da chirurgo, un po' da medico, un po' anche terinario, era tutto
il
da ve-
giorno in giro per la cam-
pagna, tutte le sere all'osteria, e lasciava che le faccende di casa fossero regolate affatto come piacesse alla moglie, di cui riconosceva, ancorché non lo confessasse, tutta la superiorità.
Ma
per la povera Anna doveva ben presto co-
minciare una serie di gravi sventure.
E
la
prima
e delle maggiori fu eh' ella appena in sui quindici
anni perdette la
madre
:
proprio
quando
la
sua
gioventù, più vivace ed irrequieta che in altre, per lo sviluppo
maggiore
precoce dell'intelligenza avea bisogno
del
senno
e
dell'
amorevole
autorità
materna.
Poco tempo dopo un pittore capitava per caso in quel villaggio, e
lezza di quei
siti
allettato
dalla stupenda
alpestri, stabiliva
farvi
bel-
dimora
202
GALATEA.
Ma
per alquanti mesi.
r occhio
di sole,
come
parve che non
gli
si
poiché ebbe veduto quel-
si
suol dire, che era
1'
sarebbe più mosso di
Anna, per
lì
tutto r oro del mondo, e che dove lucevano quei neri diamanti di occhi,
che stava di casa
avesse a dirsi senz' altro
lì
la felicità.
Forse da principio non fu che un leggiero invaghimento, un capriccio di giovane del quale credette egli rarsi,
come credeva pur
medesimo
facil
e
d'artista,
cosa
facile la vittoria sul
inesperto e probabilmente fragile d' una nella.
il
libe-
cuore
contadi-
Cercò di avvicinare la bella Annina, con ogni
accorgimento d'amante
sempre
la perseguitò, fece nascere
frequenti le occasioni
pili
di
vederla,
di
parlarle, e riuscì così bene, che, conosciuti tutti
pregi
e
virtiì
le
che adornavano quel!' anima
i
e
queir intelligenza, la sua meraviglia fu grande, e il
.
divenne
capriccio
vero
amore
e
prontamente
grandissimo.
Era sedeva
egli
maggiore
un bel giovane, parlava bene, e pos-
merito che in questa fatta di casi è
il
:
amava ardentemente
e davvero
;
s'
il
in-
tende che la fanciulla non potè fare a meno di
Ma
corrispondergli.
due ardori, bile
all'
tamente
e
onestà
seppe imporre
audacia la
1'
dell'
uno
e
si
frapponeva a quei
un freno insuperacomple-
rassicurare
timidezza dell'altra.
Eppure nessun
impaccio vi era ai loro colloqui, perchè
il
padre
'20ó
GALATEA.
per ragione del suo mestiere, era tutto
di lei,
il
dì fuori di casa.
Ma
se
bravo sor tìebotomo non
il
s'
era ancora
accorto di nulla, ben se n' erano accorte le comari
ognuno capisce come quelle buone
del villaggio, e
non
femmine
occasione di
tralasciare
potessero
una
bella
sì
far commenti e di mormorare. Aggiun-
gete che in quei remoti villaggi, dove le comunicazioni sono poche e rade, dove la vita è patriarcale e la popolazione
ognuno che non
forma quasi una sola famiglia,
sia del paese è
un
forestiero, vale
meno che un nemico da
a dire poco
tenersi lon-
da guardarsi con sospetto, e da detestarsi a chius' occhi. Un artista poi Non capivano punto
tano,
!
che cosa fosse in realtà;
quadra
ma
nella loro testacela
vecchi, soliti a radunarsi
i
del grand'
olmo
come
press' a poco,
cartella sotto
il
quando
e
d'
rami
i
ne facevano un
in piazza, se
perstizioso concetto
sotto
un gettatore
lo
su-
di malìe
vedevano colla sua
braccio, col suo cavalletto portatile
andar girando per la campagna e sedersi qua e a
colà
mancava facessero
il
vano dubbiosamente loro,
in
quelle
i
colori,
poco
segno della croce, e crolla-
la testa:
tremende
protestato più d'
Di più
metter
giù linee e
tracciar
i
ragazzacci, da parte
occasioni,
avevano già
una volta con qualche sassatella.
giovani del paese, accortisi che
restiero amava la bella Anna, della quale
il
fo-
erano
204 tutti
GALATEA.
meno
più
amore
accesi, e che a codesto
non era punto avversa, pen-
la bella del villaggio
sate se diventarono gelosi della zazzera, dei baffi e del pizzo alla
medio-evo e della casacca
luto nero del pittore
A
!
di vel-
loro vòlta tutte le ragazze,
a cui Anna, senza volerlo, rubava
tutti
dami, non
i
aspettavano di meglio che un' ombra di pretesto per
addentare la buona riputazione
conseguenza di tutto
E
di lei.
quindi, in
la storia degli
ciò,
abboc-
camenti del pittore colla figliuola del flebotomo, ampliata, le
interpretata
bocche
malignamente, correva per
di tutti.
Dei parenti della fanciulla, fu
muoversi
la zia
la
Marta, la quale, in fatto
medesima, e
provvedere e
credette
si
riparare a
ma
;
in ciò
che, invece di parlare alla ragazza
bene come stessero coi consigli a più
tamente dal
le
cose,
co-
debito di
in
scandalo.
siffatto
buona donna aveva ragione
di
come inappun-
stumi, era così esigente in altrui, tabile essa
prima a com-
ebbe
E
la
torto,
ed appurar ben
tentando d' indurla
prudenti propositi, andò diret-
fratello,
perchè colla sua autorità pa-
terna facesse cessare senza indugio la tresca.
Per mala ventura, nel momento rella
venne
a raccontargli
la
cosa,
Anna, che era devotissimo seguace
in cui la soil
padre di
di Bacco, si tro-
vava precisamente più che a mezzo ubriaco. Impetuoso coni' egli era inoltre di carattere, ed assolu-
GALATEA.
205
tissimo nei suoi voleri, chiamò a sé la figliuola e
con modi e con parole
V interrogò
fiducia e destar tenerezza,
che
di quello
gli
era stato
riferito.
franca per negare, confessò
suo
e
;
il
padre,
che da ispirar
tutt' altro
salito in
sulla verità
Anna, troppo
schiettamente
una maledetta
1'
amor
collera,
minacciatala e peggio, giurò che non avrebbe mai
concessa la sua figliuola ad
uno che
non sapeva
chi fosse, e sentenziò irrimediabilmente che
giovani non
È
si
i
due
avrebbero a vedere mai più.
cosa conosciuta da tutti come V amore con-
trastato
si
accende vieppiù, così da predominare ogni
volere ed ogni riguardo negli amanti.
pregò, pianse, languì del padre di e allora
lei,
;
il
La ragazza
giovane affrontò
la collera
supplicò, umiliossi, tutto fu inutile
vedendo senza speranze
il
;
caso loro, con
queir esaltamento che dà alla gioventù la passione, i
due innamorati
si
appigliarono
ad una risolu-
zione da disperati com'erano, e fuggirono insieme.
In quel pacifico villaggio fu uno scandalo inaudito fece
:
il
padre
di
Anna montò su
tutte le furie e
giuramento che non avrebbe mai
la colpevole, ingrata
figliuola;
perdonato
Marta, alla quale
un eccesso simile pareva una cosa impossibile, vide già la nipote perduta per V eternità nelle fiamme dell' inferno. I
giovani
si
sposarono, e siccome erano buoni
due e
si
amavano davvero, furono una ecce-
tutti e
20G
GALATEA.
zione alla regola generale che converte questi mari-
taggi
ti'
amore
di rimorsi.
in
una
infelicità piena di rimpianti e
Ma, per quanto facessero,
il
padre morì
senza voler perdonare e rivedere l'Anna; nessuno de' congiunti
s'
era intromesso a favore della fug-
gita figliuola, e questa dimenticò per la
mora
e pei nuovi affetti
nuova
di-
paese natio e la gente
il
del suo sangue.
E
di questa, parecchi anni dopo,
non rimaneva
che Marta, vedova, e con una bambina nata da un'unnica sua figliuola morta soprapparto.
Le
condizioni
prospere. il
genero,
Il il
di
Marta erano
che
tutt' altro
marito non le aveva lasciato niente
padre della nipotina, era stato
:
uno
scaldapanche d'osteria; non aveva essa altro mezzo di sostentamento che
il
suo lavoro, e pensate voi
che gran guadagni possa fare
ormai vecchia.
Fu
lavoro di una donna
il
peggio ancora quando la salute,
che veniva indebolendosi da assai tempo, l'abban-
donò del tutto tersi a letto,
per più menti, per
;
e la povera
col
convincimento
men tempo una lei
Marta dovette met-
la era
vita
finita.
che,
trascinando
stentata e di tor-
Allora, pensando
al-
l'avvenire di Maria, la sua nipotina, la quale, morta lei,
sarebbe rimasta sola nel
mondo, bene aveva
avvisato di ricorrere alla figliuola di suo fratello, di
cui
non aveva ricevuto più novella,
neva buone e prospere
le
fortune
;
ma
però
suppo-
un
deli-
GALATEA.
207
cato scrupolo ne l'aveva sempre trattenuta. In gran
parte era essa la accrescere
r unione
l'
Marta, che aveva conferito ad
avversione
padre
del
di costei col pittore
Anna per
di
dei dispiaceri e dei
;
danni che la figliuola di suo fratello da ciò aveva sofferti,
modo
qualche
in
narne la zia
;
ella
poteva pure accagio-
e che avrebbe detto
V Anna, che pen-
sato, se ora, trovandosi nel bisogno, sersi fatta vìva
a
per tanto tempo,
dopo non es-
la zia ricorresse
supplicando? Non avrebbe forse risposto:
lei
Voi non avete avuta compassione per me, ed io non ne voglio avere per voi voi non vi siete mai «
;
più
interessata
dei
fatti
ed
miei,
darmi pur un pensiero dei vostri
ma quando il
sentì proprio che la
!
non voglio
io
Esitò a lungo
»
morte
s'
;
avvicinava,
bisogno di Maria vinse ogni altra considerazione,
e pregò
il
parroco di scrivere a queir unica pa-
rente che le rimaneva.
Ma
la
nonna
bitare del cuore
mente
Maria aveva gran torto
di di
Anna. Questa aveva
sofferto del negato
que della famiglia disposta a riceve la
perdono paterno
le aprisse
gettarvisi
colla
le
braccia,
poi di poter essere utile in le
infinita;
e chiun-
essa era
gratitudine di chi ne
più generosa delle grazie
cuno di suo sangue
di du-
alcun
;
la sola idea
modo a
qual-
sarebbe stata una gioia.
Lei, poveretta, le disgrazie
miata. Suo marito, cui essa
non l'avevano rispar-
amava
e che
l'
amava
208
GALATEA.
cotanto, giovane ancora, dopo non molti anni
matrimonio, orale morto,
con un bambino in tenerissima
cri fortune e
Qual immenso
dolore
lo sa chi
provarlo. Tutti di vivere, tutto
raccolto nell'
ebbe la grande sciagura di
mondo, Anna aveva
il
uomo
dell'
amor
credette tutto finito per sé, il
unica-
suoi aifetti, tutta la sua
i
vivere, a tutta
età.
perdita
la
ama supremamente,
di queir essere che si
mente, ben
vita
nella
sia
di
medio-
lasciandola con
suo.
ragion
fino
allora
Mancatole
costui,
parve impossibile
le
prima desiderò
di
morire.
Ma
era madre! Poteva ella abbandonare quel misero orfanello ? Nel suo
figliuolo,
suo Guido, con-
nel
centrò tutti gli aifetti suoi, tutta d'
la
non sa come ami una madre
?
la forza di tutto sopportare,
ebbe
della rassegnazione, le
fortune
che
ogni privazione
come
Per suo il
E
figlio
chi
ebbe
coraggio così
dell'opera. Poche erano
Anna sostenne
l'
artista
lasciava
;
lavorò
indefessa per poter alle-
vare ed educare il
sua potenza
amore, ogni interesse, ogni sentimento.
il
;
figliuolo, ornargli la
mente ed
cuore, farlo degno di suo padre.
Dalla famiglia del marito Anna non aveva ricevuto che
disprezzi,
de' borghesi,
il
per
quello
stupido
orgoglio
quale vedeva offesa la dignità del
lignaggio dal matrimonio di un loro congiunto con
una contadina
;
finché lo sposo era vissuto,
Anna
a codeste punture non aveva nemmeno badato
;
200
GALATEA.
morto, quando la infelice vedova, per cagion
lui
di suo
dovette necessariamente
figlio,
umiliarsi,
invece che aiuti, non n' ebbe che disdegni e contrasti. si
La misera madre che da
disse
riuscì il
bastato al nobile
di
tanto,
che
Quando
figli.
la lettera del parroco giunse
:
ad Anna,
inferma
questa trovavasi per disavventura essa
suo Guido
il
più virtuoso, bello ed educato giovane e
il
più amoroso e riconoscente de'
per
un uomo,
figliuolo e di farne
il
Dio la compensò
e
ristrinse in sé stessa;
avrebbe
sola
di allevare
ufficio
si
ancor
perchè la sua salute, fatta cagionevolissima
gli
affanni sofferti,
malattie.
Avrebbe
tosto pel villaggio;
ella voluto
ma
da frequenti
era assalita
il
che Guido partisse
non aveva ac-
figliuolo
consentito a niun patto di abbandonare la
madre
inferma, da lui tenerissimamente amata.
adunque che
Si attese
la
convalescenza fosse
progredita così da permettere ad
non breve; e
la
madre
di Guido,
Anna
il
appena
viaggio si
senti
bastevoli forze, non volle più saperne d' indugi, e partì sperando giungere ancora in
tempo
di vedere
un' ultima volta la sorella di suo padre e di rice-
vere da
lei
quella benedizione e quel perdono che
dal padre non aveva essa,
anche
il
potuto
genitore dalla
;
parendole che, per
tomba
1'
avrebbe per-
donata e ribenedetta.
Ed
ecco
Uersezio.
come avvenisse che
la
carrozza 14
da
210
GALATEA.
viaggio incominciava appunto
a
della collina su cui si trovava la
campana
della sera
della i
tristi
la
cresta
paesello,
quando
salire
il
parrocchia mandava rintocchi
aure
alle
che annunciavano la
sepoltura della vecchia Marta.
III.
Madre
e figlio si rassomigliavano, non solo di
ma
aspetto
di
anima; se non che
alla grazia
avvenenza materna. Guido aveva aggiunto gia, la
forza e
il
prepotente amore
1'
ed
ener-
dell' arte
cui
aveva ereditati da suo padre. Il
giovane volle essere artista, ne
glielo contrastò,
scelta d'
Mercè
quantunque V
ma
un lavoro men gradito
la virtù del risparmio,
la
madre
utile consigliasse la
seppe
più proficuo. ella bastare
a
tutto con quei pochi redditi che loro rimanevano.
Guido fu
scultore,
studiò,
lavorò,
e
animato
da
uno zelo impareggiabile, afforzato da una volontà potente e dominatrice, favorito dalle migliori disposizioni
dell'
ingegno,
delle sue opere,
in
mandò
per
breve, intorno
il
l'
suo
eccellenza
nome con
una certa fama, e giunse eziandio ad ottenere dal suo scalpello compenso di non ispregevoli guadagni.
Neir accostarsi
al suo villaggio,
tempo non aveva più
mano a uno a uno
visto,
que' luoghi,
nel i
che da tanto ritrovare
quali
tutti
man ave-
211
GALA TEA.
vano per
una memoria della sua adolescenza o
lei
Anna
dell' infanzia,
erasi venuta rianimando, e
una
viva commozione le faceva brillare gli occhi e le
arrossava d'alquanto le guancie abitualmente pal-
rendendole così un aspetto quasi giovanile.
lide,
Ella veniva raccontando al figliuolo, che la guar-
dava con tenerezza, tutte quelle innocenti memoe si
rie,
comraoveva narrandogli
le
più indifferenti
storielle fatte preziose dal prestigio dell' età tra-
A
scorsa. le
un punto
le
lagrime, che più volte già
erano venute in pelle in pelle, sgorgarono abbon-
danti da' suoi occhi, e abbandonandosi della persona
sopra
cuscini, ella
i
Madre
"
prendendole
!
coprì colle
si
mani
la faccia.
esclamò Guido con caloroso
"
tutt' e
due
le
mani,
affetto,
staccandogliele
dalla faccia e ritenendole fra le sue con dolce pres-
mentre
sione,
i
suoi
mensa tenerezza pensi ?
occhi
in quelli di lei:
con im-
"Madre, a che
"
Penso a mio padre
"
affissavano
s'
" ;
rispose ella, sforzandosi
a dominare la sua emozione,
"
penso eh' egli non
è più nel salotto a terreno della nostra casa
dove
soleva stare nell' ora di riposo della giornata ; penso
che non può venire sulla soglia a ricevermi col per-
dono
sulle labbra.... e fosse
e col rimprovero
!...
Penso che quel buon vecchio
non r ho visto più, e che con
"
me....
pur anche collo sdegno
è
morto corrucciato
212
GALATEA.
Guido "
Non
le
parlare così, non dire di queste cose, non
madre mia. Se tu hai commesso qualche
pensarle, fallo
la interruppe con vivacità.
verso tuo padre, non fosti tu esemplare
madri
E
?
la
bene che questa è principalmente
lo sai
la missione della
e
fra
ottime mogli, e la più tenera, la più santa delle
donna Tuo padre
mente dalla passione, ha
ma
vero dover suo,
il
in vita, offuscata
!
forse disconosciuto e te
mondo
nel
di
là,
dove
meglio splende allo spirito nostro la luce del vero,
ha perdonato e benedetta,
egli ti
sempre
come
ti
ti
benedisse
benedico
Anna, attraverso riso
il
io,
compagno
tuo
certo,
le lagrime, rispose
mente, dopo breve pausa,
tua
della
come vita,
"
figlio.
e Guido, per isviarne dai
;
di
tristi
d'
pensieri la
esclamando
soggiunse
con ammirazione, come sorpreso
con un sor-
un tratto
alla
veduta che aveva dinanzi: "
Oh
come man mano che ascendiamo
vedi,
sulla collina, la pianura si amplia e si si
rivela ai nostri sguardi
linee e di terreno
leggiadria di
!
piacerebbe
E
che
!
Quanta grazia
in tutto
il
complesso
invece che
grigiastra del nuvoloso crepuscolo tuo,
di
e !
quanta
Come mi
vedere questo paese illuminato dalla
luce d' uno splendido sole,
il
variazione
e
Che ricchezza di tinte e quanta
disegno
imponenza insieme
!
stende,
mamma,
che, al vederlo,
!
È
da quella
un bel paese
non so perchè, mi
213
GALATEA. fa
battere
memorie
anch' io e
chè esso è tuo
ed amata
come
cuore,
il
se
legame
e
esso
in
perchè qui mio padre
;
avessi
Certo per-
d'affetti....
ti
ha vista
quest' aura,
perchè alcuna cosa di
;
ci
di
questo cielo, di questa terra è rimasta nella tanta
anima
bontcà dell'
tua, e
amore
questi luoghi, quell'
sempre per tu
me r
sento sto
un briciolo
cantuccio del
il
dell'
mondo
trasmesso col sangue.
hai
davvero
Si,
E
remoto e stupendo seno delle Alpi.
pure che così fosse. In una popolosa e
nato,
dov' è
il
viavai della gente, in
vorrei
città, fra
prime memorie o non presto
si
si
!....
possono imprimere pro-
e ripassano
dinanzi
al
passaggio del montanino
che torna dopo lunga assenza al suo paese
;
uscio di casa una confidenza da richiamare,
cantonata, ogni
volto
E
sì,
ti
è vero
giuro
"
d' abitante,
ogni
ogni ogni
sasso
un
"
ricordo da evocare.
"
!
Qui ogni albero mi pare debba avere
una parola da ridire
" Sì,
le
scancellano. Tante vicende, tanti
guai, tanta folla ci passano
Qui invece
il
mezzo ad oggetti
che mutano sempre con vertiginosa instabilità,
fonde
;
se io pure avessi avuto la vita in que-
come
tumulto
amore a
che ogni gentile ha pur
!
"
esclamava la madre.
continuava Guido
"
che
paese non mi è nuovo, benché io non
questo
ci sia
stato
mai. Io l'ho vista di belle volte nelle mie fantasticaggini questa tranquilla vallata
;
io
1'
ho sognata
214
GALATEA.
questa solitudine, rallegrata dai più
le mille fiate
amori della terra
sacri
della nostra vita e
questo che di finire
io
Ciò che diceva
punto della madre suo sorriso
Che
"
si
Gli è in
"
figliuolo era
il
;
"
disse, " tu
estinguermi dove
meno tormentati
mie aure native,
qui, nelle
"
E
faccia
si
io
:
"
lieta,
No, no
d' accento.
tua
;
non ho
hai
li
me
tor-
tutti
morirono
i
gli
che mi
anni
ri-
"
" ;
A
sarò
Tu
sai,
altro desiderio che
il
tuo.
il
tuo villaggio,
e
s'
nel
Guido.
uomo
più lieto
del
"
mondo.
io "
esclamò Anna con risoluta fermezza te
ben
d' altro è
e la tua giovinezza
mondo
che
dai mali sarebbero
proruppe
"
Veniamo pure a vivere vedrò
il
"
madre, che
ti
e
ridurmi qui dove
il
miei
mangono.
capo
il
tuoi giorni ? Certo a
i
come una ventura
e forse
pensiero ap-
fece più mesto.
parli tu di finire,
nacqui, e qui ;
il
pure essa crollò
appena incominciati nerebbe
compagna
la
un paese come
credo la migliore delle sorti quella
nostri giorni.
i
madre,
la
:
figli.
i
e togliersi a quel
mestieri per
1'
arte
non deve segregarsi dal
moto per
cui è fatto, a
quel destino che le è assegnato. Sarebbe un soverchio e ingiusto sacrifizio cui a
me
che
io
t'
imporrei,
chiederebbe severo conto tuo
e di
padre,
quale può rivivere nella tua futura gloria d' artista.
Guido chinò
il
capo e
si
tacque.
il "
215
GALATEA.
La e
i
salita intanto si faceva
trascinavano
cavalli
sempre più ripida,
a stento
sceso di cassetta.
vetturino,
del
"
:
bisogno di sgranchirmi un poco tirò giù
;
ho giusto
gambe.
le
"
per veder meglio la
cristallo,
il
strada,
sulla
Farò a piedi questo tratto di via
Anna
sonore
giovane aprì
Il
lo sportello, e saltò giù ancor egli
dicendo a sua madre
carrozzona,
la
frustate
eccitati dalla voce grossa e dalle
campagna. " "
Bada che
avi-ai
r aria è frizzante. "
Lascia, lascia
animata
"
:
:
freddo,
"
un' altra
Ed
Guido
disse
le
sto tanto
rispose la donna
bene
;
:
con voce
e quest' aria, anzi,
sarà giovevole.... Vedi se non t'
"
"
mi
sembro già tut-
ti
" !
era vero che gli occhi le brillavano
mag-
giormente, e un caro rossore era venuto a colorirle
leggermente
le
guancie.
Il figliuolo
venne ad avvol-
gerle bene intorno alla persona lo scialle e la coperta, e poi za,
si
pose a camminare accanto alla carroz-
tenendo una mano suU' apertura dello sportello.
Dopo un fianco della
poco,
una viuzza
collina
gli
appunto della strada dov' egli tieruolo
s'
avvolgeva
serpeggiante
i
trovava.
Il
sen-
graziosamente traverso
una
si
china erbosa tutta smaltata di
che
sul
apparve da quella parte
botanici battezzarono
col
fiori
azzurrognoli,
nome
di
colchici
21G
GALATEA.
autunnali, e
i
nostri montanari con poetico
come annunziatori
bolo,
freddolini; e poi
giovane
Il "
piiì
perdeva in un castagneto.
si
ripido tragitto
carrozzabile
via
gira
:
"
al
per
villaggio
disse Anna.
intorno al
"
piiì
Mentre quella
colle,
stradicciuola lo traversa dritto al culmine. si
voca-
chiamano
additò a sua madre.
Quel sentiero conduce
breve e la
l'
dei primi freddi,
Quando
è giunti alla cima della collina, vi si gode
una
veduta di paese che poche o nessuna se ne ha di "
più belle al mondo. "
Allora, se tu non hai bisogno di me,
Guido, all'
io piglio
questa viuzza, e
entrar del paese. "
il
"
ti
"
gli rispose
oltre
il
collina.
In poco
prospettive
slanciò la
tempo
fu,
Come
gli
bosco dei castagni, al culmine.
di quelle magnifiche
si
traverso
di
aveva detto la madre, vide colà aprirsi
una
vedrai
capo a sua
di saluto col
con un sorriso, e
con passo affrettato su pel sentiero, falda erbosa della
ti
"
Guido fece un cenno madre, che
disse
aspetto poi
Fa' pure. Giunto in alto del colle,
villaggio a' piedi.
"
tutt' intorno
che
non
si
possono trovare fuorché nelle regioni montanine.
Un'
infinità di valli e vallette, le
nelle
altre,
tutte
irrigate
une imboccando
da qualche torrentello
spumeggiante, tutte vestite nel declivio da boschi e da vigne, e coperte al fondo da prati e campi-
217
GALATEA. celli,
qua
tutte chiazzate dal bianco di abitazioni sparse
e là, di paeselli aggruppati più
più giù,
su,
sulle rive dei corsi d' acqua, nelle più pittoresche
giaciture.
Le ombre
s'avanzavano
che
della sera
rapide, e parevano dal fondo delle valli salire su
per
montagna,
fianchi della
i
al di là di
quale
la
si
ergeva
questa catena bene intrecciata di
davano a que' luoghi V apparenza maggiore, e
d' un'
come una sublimità
colli,
ampiezza
melanconica
e
grave. paesello di
Il
sua madre rimaneva giusto
ai
piedi del giovane artista. Coli' acuto sguardo, non
ostante quelle prime tenebre,
scernere
per
casa
cui entravano
i
egli arrivava a di-
casa, e vedervi nei
contadini a riporre
di lavoro, e per le finestre accesi
i
cortili
in
loro stromenti
fuochi per cuo-
i
cere la parca cena.
Guido, ansante per la ripida giò al tronco d'
salita, si
un grosso castagno che
là sorgeva,
e stette a contemplare. Gli giunse allora
chie
suono da morto
il
impedito dalla costa del
prima giungere sino a vide un
ammasso
campana,
della colle,
lui.
appog-
all' il
orec-
quale,
non aveva potuto
Guardò
di persone con
fisso
laggiù, e
accesi
ceri
av-
viarsi dalla piazza della parrocchia verso un' estre-
mità del villaggio. Indovinò dolse,
pensando
al
nuovo
il
vero
e
assai
gli
dolore che ne avrebbe
sua madre. Poi pensò a quella creatura, che prò-
218
GALATEA.
babilmente era portata a seppellire in per sangue a
la quale
tal
momento
Guido, era congiunta,
lui,
che pure, egli non aveva vista mai, e non aveva quindi amata
e
alla
quale se volgeva un
da
pianto, pure non aveva lagrime tosto
si
ragazza che unica
pensiero
il
rimasta intorno
era
povera vecchia, e che con
Ma
tributare....
presentò quindi alla sua mente
di quella alla
com-
la
nonna perdeva
tutto nel mondo.
L' idea della giovinetta abbandonata lo intenerì. «
Poverina
— pensava —
!
;
ella sì
dispererà nel massimo dei
si
tomba che
le rapisce
che piangerà, che
cordogli su codesta
ogni cosa ed ogni affetto
nella sua fantasia d'artista.
!
»
E
Guido travide un'ideale prima gio-
di fanciulla colla ingenua grazia della
mossa più commovente del
vinezza, atteggiata alla
dolore, in quella naturale eleganza che seppe dare
opere
sue
alle
perfette,
sublimità
la
dell'arte
greca.
un impeto
Allora gì'
invase
il
d'
nobile animo.
anzi più a lui, perchè sua
entusiasmo
A
sua madre ed a
lui
ferita
si
quale
di soccorsi sì
misera
alla vita
derelitta
diccrto
non
;
a
lui
di
creare
un'atmosfera
poteva
tener
sì
intorno
d'affetto,
luogo
;
aspra
dolore che tormentava queir anima
nuova ancora alla
e
apparteneva di recar sollievo a
del
lui,
madre infermicela aveva
bisogno ella medesima di riguardi
a
caritatevole
di
la
ciò
219
GALATKA.
r angoscia
tavia
ma
aveva perduto,
eh' ella
;
a lui
il
che ne temperasse tut-
mente
ma
difficile
pito di medicare e risanare
Con questo accesso
trafitto.
sublime com-
un cuore così crudeldi
scese
zelo,
precipitosamente la collina, e raggiunse
all'
entrata
del villaggio la carrozza di sua madre. "
Che
hai ?
"
domandò
gli
madre, che vide
la
negli occhi di lui una luce più viva. "
a Maria
Penso
"
espressione. "
Orfana
:
"
Povera orfana "
!
Si perdevano
"
La
Anna
si
e suo figlio
mano
di estranei
dimora alcuna
accoglierli.
si
locanda.
Colà
;
abbandonò nel viso col fazzo-
padre di Anna,
nel
legno
vetturino di condurli il
figliuolo
volle
che
mettesse a letto, e capitatogli un monello,
il
parroco del loro arrivo.
Mezz'ora dopo, all'
la voce
uscio della
visto,
ad avvisare
del vecchio sacerdote
stanza in
cui
erano
coricata e Guido a tenerle compagnia: Si
ultimi
il
salendo
aveva mandato, come abbiamo
"
'
non avevano V Anna
lo
diceva
gli
?...
in quel paese, che fosse
Guido,
presso la madre, ordinò al alla miglior
adunque
si
coprì
casa che era stata del
pronta ad
Anna
zia,
nelP aere vespertino
rintocchi della campana.
era venuta in
nuova
!
La povera
fondo della carrozza, e letto.
con
"
Anna con voce che suonò
ripetè
come un singhiozzo.
Guido
disse
può
"
?
Anna
220
GALATEA. "
Avanti, avanti
vane, e
si
!
"
rispondeva sollecito
il
gio-
alzava con premura a muovere incontro
due persone che entravano.
alle
IV.
parroco entrò primo, e dietro
Il
mano. Maria, ritrosia,
gettando
territi coi suoi
per
lui, tirata
camminava con evidente
quale
la
tutt' intorno
sguardi quasi at-
grandi occhioni selvaggi.
Dopo aver
chinato la sua bianca testa in un saluto a Guido e alla donna, che
sedere sul letto,
s' il
era levata con vivace mossa a
Prevosto disse
"
Riverisco, signor
"
Oh
sor Prevosto
esclamò Anna,
mio
;
La non mi
!
riconosce più?"
andavano cercando con
cui occhi
i
:
signora, le son servo."
desiosa curiosità la fisonomia della giovinetta, quale, visto gente, aveva
mai
chinato
e lo teneva basso con " Sì,
sì,
viso più
il
la
che
molta vergogna.
certo che la riconosco
"
disse
;
il
vec-
chio curato con ilare bonarietà nell'aspetto e nella
voce del siete
e tornando alla sua radicata abitudine di dar
;
voi a tutti
mutata
i
parrocchiani
suoi
di molto voi, e se
che
grita e pallidina, direi d'
una
volta....
Ma
"
che
?
non
non foste un po' sma-
siete
ancora l'Anna
intanto eccoci qui
dotta la povera Maria.
"
:
:
vi
ho con-
221
tìALATEA.
La madre
di
Guido tese
le braccia alla giovi-
netta. "
Maria
vieni qui
Ma
"
!
eli'
con molto affetto
io t' abbracci.
con
dietro e
si
sì
sì
amorevole espressione,
nascose dietro
vieni,
abbandonarsi sul seno
pur ve V invitava con
di voce,
"
:
"
la fanciulla invece d'
di colei che
me
diss' ella
dolce suono si
buon prete
il
questi aveva lasciato andare la
la teneva introducendola, ella
si
trasse in;
e sicco-
mano per
attaccò ad
cui
una
falda del lungo di lui soprabito. "
il
Su
animo che cosa
via,
curato
"
-
badava a dire
va' innanzi, Maria, che queste le sono
:
sciocchezze
fai ?
qui vedi
;
i
tuoi parenti, gente che
ti
vuol bene, e in quella buona signora troverai una "
madre. "
Sì, sì,
una madre
davvero; farò " ;
.di
tutto per esserti
diceva col medesimo
tendendo sempre alla fanciulla
affetto
le braccia
come Anna,
amoro-
samente.
Ma
era come dire al muro.
Allora
il
parroco, tanto per iscusarla, mentre di
soppiatto colla destra tentava di tirare innanzi la
ragazza e spingerla verso "
letto,
disse:
Vedete, la è un tantino selvaticuccia....
anche un po' troppo, se fare ?
il
E
vissuta
fin'
ora
volete....
in
Ma
sì,
che s'ha da
compagnia
delle
sue
capre sulla montagna e nella casa della sua nonna,
222 e
GALATEA.
non con
E
altri....
poi la è così novellina e sem-
pliciotta,
come un agnello appena nato, ve
curo io
è
;
una
Per Guido, che
dell'
una
innocenza.
colla sua
zione di quella giovinetta fu quella
buon Dio,
di quelle creature del
che hanno la fortuna
s'
lo assi-
"
immagina-
artistica
un
era formato
tipo,
disillusione completa. I raggi
candele che illuminavano d' una luce
rossiccia la
magro
stanza, cadendo di sbieco sul corpo
delle
e dis-
adatto della giovinetta, ne facevano risaltare più
sfavorevolmente che mai
contorni
i
angolari
testa grossa, con
una massa enorme
disordine, pareva
una matassa arruffata senza
ma
e senza figura
vano un'
che
ciaccia
le
membra
pendeva
r aspetto
una selvaggia
a cui non sono concesse leggiadro
;
la
fianchi
disavvenente
sona. L' avreste detta
gonnelluc-
malamente ac-
sua per-
della
di quelle tribù
che fan
soavi grazie
le
sesso femmineo della
il
for-
gracili e tirate ave-
linee
dai
la
di capelli in
a brandelli, era fatta apposta per
sfilacciata,
crescere
le
;
durezza di
infelice
;
razza indo-eu-
ropea. " "
Vieni,
"
ripeteva ancora la madre di Guido,
siamo tuoi congiunti, noi
questi, che ò "
Sì, "
mio
disse
il
figlio,
;
io
sono tua cugina, e
ò tuo cugino ancor egli.
giovane avvicinandosi alla ra-
gazza e tentando di pigliarle una mano cugini.
"
"
" :
siamo
GAL ATEA.
Ma La
"
petere
vivamente
ella ritrasse
cercava, e
si
ma
è buona
come
La nonna ne
Questi signori
da voler bene a ed è
il
"
ri-
bisognerà
pane e ubbi-
faceva ogni sua vo-
La
:
ti
vogliono bene, sai, e tu hai
loro.
Sono venuti qui apposta per
nonna che loro
la
comanda
ti
per mezzo
affida e che
ti
di amarli.
"
fanciulla né si scosse nò parlò. "
Maria, "
calore,
noi
riprese a dire ti
povera Marta....
Ah! perchè non anche una volta
Anna con
io avessi
l'ho potuta
per
tuttavia
lei
!
almeno abbracciare
" !...
sopraffatta dall'emozione
Guido
affettuoso
amiamo davvero come t' amava la Ah! perchè non è ella più qui a
conoscer quale affetto
E
tornò a
parroco, dondolando la testa,
il
Poi volgendosi a Maria
"
" ;
"
lontà.
mio
destra che Guido
è semplice, la è semplice
diente a dovere.
te,
la
tirò in là.
aver pazienza;
"
223
le si fece
ruppe
pianto.
in
dappresso sollecito, ammonen-
dola amorevolmente. "
Via, non far così, mamma....
male....
Un
per questa poveretta che certo la si stimoli al pianto.
Volse
gno come
Lo
sai
che
po' di coraggio, te ne prego....
gli
non
ti
fa
anche
ha mestieri
"
occhi verso la fanciulla, e
la faccia di costei
il
conte-
parevano voler dare
224
GALATEA.
la più
ampia smentita
alle ultime
come
Essa, all'udir piangere, sità,
di
s'era fatta un poco innanzi, sporgendo
aveva levato alquanto la testa e diretto
donna giacente
sul volto della
ma
;
una statua
di cera
e
;
curioil
collo,
sguardo
lo
sguardo
tale
era senza espressione, pari a quello di vetro in
parole.
lui
dalla
tirata
delle pupille
Guido che
lo
mente attraversata da un subito
incontrò, ebbe la sospetto.
"Ma
questa ragazza è scema:" pensò.
Maria, accortasi
d' essere
chinò ratto gli occhi e tro, facendosi riparo "
Mia buona
osservata dal giovane,
trasse
si
nuovamente indie-
delle spalle del parroco.
signora,
"
disse questi,
più che non volesse lasciare scorgerlo
non giovano a
nulla,
ed è dovere
d'
"^
:
commosso le
lagrime
ogni cristiano
rassegnarsi alla volontà del Signore. Marta
una vita lunga
e
visse
da virtuosa donna qual' era
;
ha
fornito molto bene la sua carriera mortale, e ora
riceve
il
quanto
le
compenso
de' suoi
meriti.
Per
tutto
poteva ancora importare sulla terra, che
è questa poveretta, aveva posto ogni speranza
Anna;
voi,
r anima
e
il
modo
miglior
il
vostro alfetto e
soddisfare
suoi desideri.
"
la
E
i
il
" ;
vostro rimpianto è di
"
lo farò nel miglior
donna vivamente
modo che
e d' ora
considero come figliuola.
"
in
di mostrare a quel-'
potrò," disse
innanzi
Maria
la
225
GALATEA.
parroco tolse commiato. Quando
Il
ragazza
viarsi, la
si
mosse
vide av-
lo
pure per seguirlo
ella
come
soprabito,
e tornò ad afferrargli la falda del
per farsi condur seco. "
"
No,
colla tua
disse
il
"
sacerdote,
tu
rimanere
devi
"
nuova famiglia.
Maria supplicò mutamente con uno sguardo. "
È
nonna
la volontà della
"
soggiunse
:
par-
il
roco.
Allora
giovinetta lasciò andare
la
il
lembo del
vestito die aveva afferrato, e chinò tanto
da non potersi più scorgere della faccia che
Fu messa per
della fronte.
attiguo
zino
Guido
;
alla
capo
il
l'alto
quella notte in uno stan-
camera
dov' era
e questa udì la fanciulla
la
madre
di
smaniare e so-
spirare tutta la notte, e la mattina, appena l'alba,
aprir la finestra ed esporsi
alla brezza,
come
fa-
rebbe chi avesse la testa riarsa da febbrile calore. "
La non
Anna a suo
è
dunque
figlio,
insensibile
come pare:
narrandogli ciò:
"
ma
"
disse
è soltanto
"
timida e selvatichetta.
La
da Guido per
disillusione provata
le
sem-
bianze della giovinetta avevano un poco ammorzato in lui lo zelo " "
È
un'
anima da dirozzare
Mia madre
le
genza. Sarà una zioso
educherà
grande
compenso per noi Bersezio.
ma non
primitivo,
il
il
:
estintolo affatto. " s'
era egli detto.
cuore, ed io
l'
intelli-
soddisfazione e un pre-
vedere sorgere da quel1S
226
GALATEA.
macchina
l'animata
di carne
creatura
la
intelli-
gente ed affettiva della donna; una soddisfazione
uguale a quella che provo, quando dal masso della
mano
creta veggo nascere sotto la
Tanto meglio che quest'
e vera. il
dono della bellezza
fragile
per
mi pare ne
lei
Furono
non abbia
11
nostro interesse
sia più santo, e forse tale sven-
compensata in
tura sarà
preziose virtù che
!
la statua bella
infelice
lei
da
svolgeranno.
si
fatti vestire
interiori
più
e
"
a Maria altri
panni
alla
foggia cittadinesca, e quando la poveretta comparve
una veste lunga, che
in
magro dera
d'
e stecchito
le
si
adattava al corpo
come ad un bastoncino
un ombrello,
famente ridicola che Guido non potè
rompere fìsso
in
una
la
fo-
la era così impacciata e gof-
risata.
meno
a
La giovanetta
lo
di
guardò
un pochino con quel suo sguardo senza luce,
poi guardò sé stéssa nel suo nuovo acconciamento e,
come vergognosa
;
de' fatti suoi, fuggì via a na-
scondersi.
Era intenzione
di
Anna
e di suo figlio di
fermarsi al villaggio più d'otto giorni
;
ma
non
l'aria
nativa, benché la stagione fosse poco propizia, gio-
vava pur tanto alla salute della madre, e
la bel-
su Guido quel
mede-
lezza del paese esercitava
simo fàscino che già aveva esercitato sul padre di lui,
quando primamente era capitato
ghi, così
che decisero dimorarvi
in quei luo-
un mesetto. Si
GALATEA.
227
allogarono nella casetta antica della famiglia che presero per quel tempo in
erano trascorse
Anna;
di
e
Maria
nonna
ebbe
vi
rono raccolti tutti sciati la
affitto,
infanzia e
l'
una camera dove
fu-
aveva
la-
era sempre
poco meno,
quella che
Stava sola quanto più
tanto r
Anna quanto
lata' e
il
poco
primo
fuggendo
poteva,
giovane; innanzi a loro di
il
occhi a guardarli
:
si
teneva impa-
immobile, come se non osasse pure trarre
fiato:
il
gli
cari.
giovinetta,
la
giorno.
rado alzava
le
dovevano esser
Colla sua nuova famiglia, più,
che
gli oggetti
e che le
quella casa dove
prima giovinezza
la
non rispondeva che a monosillabi: e né
l'uno né l'altro avevano potuto vederla piangere sorridere o dare un segno qualunque
mento.
Anna
Un
giorno che
ritiratasi nel
il
tempo era più
di
senti-
freddiccio,
pian terreno e sedutasi sulla vec-
chia poltrona di suo padre presso al fuoco, s'era ab-
bandonata a ricercare colla mente tutte
le
memorie
del passato, e per farsi meglio sfilare innanzi alla
fantasia l'immagine delle cose trascorse, aveva chiuso
occhi e pareva dormisse. Maria entrò col suo
gli
passo felino che non pian piano. alla
madre
d' incarnato
quel sì
La di
faceva sentire, e
s'
accostò
salute, che tornava ogni dì meglio
Guido,
alle
momento
si
si
le
dava una leggiera tinta
guancie,
l'
interna
emozione
di
rifletteva sulla fisonomia di lei in
gentile maniera, che uno splendore di giovinezza
228
GALATEA.
animava
beltà
la
qualunque
piiì
non fossero
quei
di
tratti
da
disgradarne
leggiadra nel fiore de' suoi anni, se
stati que'
fili
bianchi ne' capelli e quelle
finissime rughe ai lati della fronte.
Maria stette un poco a contemplarla; poi s'accosciò pianamente ai piedi di
mito
alle ginocchia e
mano,
e
diede a
si
il
lei,
mento
fissar
appoggiò un go-
palma
sulla
della
Anna, come se non
l'
l'avesse vista. mai e volesse imprimersene
i
tratti
nella memoria.
La madre
Guido udì un respiro più forte
di
che pareva un sospiro, e aprì
gli occhi,
vide Maria
in quella positura che la mirava. Acconciatasi senza
soggezione in una mossa naturale, la giovinetta
aveva una certa grazia quale Anna non
le
aveva
vista mai, e in quel punto nello sguardo dell' or-
fana a
credette
rivolto,
lei
prima
Ma
volta.
gli occhi di
una
scorgere
genza, una tenerezza che le
si
intelli-
mostravano per
la
appena Maria ebbe veduto aperti
Anna, sorse di scatto, e tornando tosto
in tutta la disavvenenza dei suoi movimenti, fece
atto di partirsene rossa in viso,
come
chi vien colto
a far cosa che non dovrebbe.
Anna
fu
tosto
a trattenerla, pigliandole una
mano. "
Perchè fuggi? Ti
Maria, "
al solito,
Non mi
fo
io
paura?
"
non rispose.
vuoi dunque bene niente
niente?
A
--•'
GALATEA.
me
che
vuoi?...
"
Rispondi. "
Non me ne
ne voglio tanto?...
te
Non
so
disse con voce stentata la ragazza
" :
guardando da un' altra parte.
La madre
di
Guido
la
con
a sé
tirò
affetto,
si
era lasciata chinare
verso la donna, né riluttante,
né consenziente, e
e la baciò in fronte
riceveva
i
;
Maria
baci con una specie di rassegnazione
passiva. "
Dimmi
non
se
sei
sempre
taci
pure un bacio.
Tu
alle
Ma
perchè
mie dimostra-
non mi hai ancora restituito
Anna
si
non con garbo, dalle
divincolò, e
e disse con un accento di espres-
sione indefinibile, che non poteva dirsi se fosse
am-
invidia, o ritrosia, o scioccaggine:
mirazione, "
se
"
giovinetta
braccia di
lieta e contenta.
non rispondi mai
e
zioni d'affetto?
La
sii
dimmi
desideri alcunché.
hai qualcosa di cui dolerti, se Io voglio che tu
di' noi;
contenta
Siete troppo bella, voi
Maria aveva creduto
di
" !
dover tornare a tutte
le abitudini
che aveva prima della malattia della
nonna; e
suo primo pensiero
di
il
andare di nuovo sulla montagna,
alla pastura. la
era stato
Guido aveva messo
in
colle
quello
capre
pratica tutta
sua abilità persuasiva per farle capire che quel
genere di vita era affatto
finito
per
incominciava un altro tutto diverso.
lei
e che
ne
230
GALATEA.
La
selvaggia fanciulla, sempre taciturna a suo
modo,
un
vi si acconciò colla
che
sacrifizio
avvisò che non
imposto.
gli sia
Il
fin'
giovane artista
allora troppo
questa fanciulla che ornai toccava vi. sì
di chi fa
era tempo da perdere per comin-
e'
r istruzione
ciare
buona voglia
l'
trascurata di
adolescenza
;
e
applicò senza ritardo con tutto V animo, chia-
mando
suo buon zelo tutta la pa-
in soccorso del
zienza di cui poteva disporre.
Ma
per quanto fosse
mala voglia
in lui quest' ultima, la
e la cocciutag-
gine della ragazza erano ben maggiori. Ella non si
ma
ribellava mai,
accostava allo studio come
si
una vittima rassegnata in
un
al supplizio;
rinserrava
si
qualunque
silenzio timoroso e selvaggio, e a
cosa le dicesse
ma
sposta,
lo
il
dava
giovane maestro, non
guardava
ri-
sguardo attonito dei
collo
suoi occhi larghi, che diceva chiaro ella non capir
Guido provò
nulla.
di
tutto per
quella passività inintelligente
:
da
israuoverla
rimostranze ed amo-
revolezze, incoraggiamenti e rampogne, anche preghiere,
e,
spuntava
non potendone contro
il
piiì,
Tutto
la collera.
mutismo caparbio
della
si
gio-
vinetta. "
Non
è una creatura
mava Guido
allo
piìi
quella
lì
i
marmi
delle
il
"
escla-
mese,
si
"
è
mie statue
sentimento e più intelligenza
Trascorso
:
stremo affatto di pazienza:
un macigno. Alfe che hanno
umana
" !
dispose tutto per tornare
GALATKA.
Maria sapeva che stava per abbandonare
in città.
quel paesello che
suo suo
ma non
;
2'ói
figlio
fu
doveva pur essere V unico amor
mai che
in presenza d'
Anna
nella sua
un rimpianto. Rinchiusa invariabilmente guardava
atonia,
o di
manifestasse uno sfogo di dolore o solo
tutti
i
preparativi che
si
venivan
facendo con quella sua aria balorda, di cui Guido
aveva si
finito
per indispettirsi maledettamente, e la
faceva più taciturna che mai.
La
vigilia della partenza, verso l'imbrunire.
ria sparì di casa: e eh' ella
Anna
inquieta,
dopo due ore
mancava, mandò Guido e pregò
andassero a cercarla di qua e di
là.
Ma-
i
vicini
Dopo aver
gi-
rato assai tempo, la trovarono finalmente a notte chiusa, che se ne usciva tutta tranquilla dal cimitero, colle traccio nei panni, alle ginocchia,
sulle
mani
è ri-
di chi si è
prosteso
sulla
terra e vi
masto a lungo. "
Che cosa
"
Sono andata a dare un bacio
rispose
ella
hai tu fatto?
con
quella
"
sua
le
chiesero solleciti.
aria
alla
di
nonna
" :
astrazione
stordita.
Né Anna,
né pur Guido medesimo, meno
lerante, ebbero coraggio di farle .
Alla partenza, quando
rozza. Maria ebbe
il
il
una rampogna.
toccò
viso sconvolto
contrazioni che rivelarono della nonna;
le
tol-
salire in car-
da una
di quelle
suo dolore alla morte
seduta a lato di Anna, la
si
tenne
232
GALATEA.
sempre
capo sporgente in fuori a guardare
col
paese, le colline, la montagna,
per la lontananza
questi oggetti, allora
campi; e quando vista
tutti
ritrasse vivamente, si ac-
si
fondo
casciò, per così dire, nel
mandò
i
confusero alla
le si
il
della carrozza, e
quella specie di grido soffocato o di gemito
inarticolato che pareva essere in lei
espressione
l'
suprema del sentimento.
E
fu tutto.
•
V.
Air inverno,
Maria, invece di farsi più intime,
diminuendo volezza. di
A
Guido
in città, le relazioni fra
di famigliarità,
venute
erano
come anche
di
amore-
breve andare era sfumato affatto
Guido per
istruire
la
e
lo zelo
cuginetta, e perchè egli
era stanco della durezza d'intendimento della ragazza, e perchè ritornato alle sue occupazioni artistiche e agli spassi della vita cittadinesca. ria e'
dove
non ella
si
trovava più che
non parlava mai,
e volgari parole che erano
all'
fuori che quelle
necessarie:
Guido recavasi a stare un poco madre, per uno simi
colloqui,
a
di quei
cui
trovavano tanto bene quale
di
solito
non
in
staccava
quando
amorevolis-
confidenziali,
ambedue,
e
poche
compagnia della
erano avvezzi,
si
Con Ma-
ora del desinare,
la
e
in
cui
si
giovanetta, la
mai
dall'
Anna,
23o
GALATEA. sentendosi d'impaccio in
tali
momenti
gran suggezione dalla presenza del lesta a rizzarsi, pigliare
il
messa
e
in
era
cugino,
lavoro e ritirarsi nella
sua camera. Colla buona, dolce ed amorevole creatura, che
era la madre di Guido, Maria, a poco a poco era
pur venuta, per così
addomesticandosi; e se
dire,
non con molte e aperte parole mai (che natura era e pareva farsi
ogni giorno
sua
la
più taci-
turna), cogli atti e coir aspetto veniva mostrandosi e riconoscente e benevola.
Sempre strana
del resto,
gente pareva farle paura: fuori che
la vista della
dell'Anna, incurante d' ogni altro: salvo quelle cose
che giovassero alla cugina, tutto
ceva con isbadataggine e detto, d' bile.
il
resto ella fa-
coli' apatia,
sarebbe
si
un essere poco intelligente e meno sensi-
Di frequente
la
una
giovanetta ricadeva in
specie d'astrazione, rimanendo iunnobile, muta, collo
sguardo d'
una statua
momenti
senza luce, colla mossa e
fisso e
?
di cera.
Forse non
dicerto, a nessuno era
In breve
A lo
coli'
aspetto
che pensava ella in quei
sapeva neppur essa
e,
disposta a dirlo.
tempo Anna aveva sentito
la
compa-
gnia della povera orfana farlesi gradita ogni giorno più,
infine
paresse, non
quasi e'
necessaria.
Invero,
era cosa di cui la
avesse desiderio o bisogno, che la ria,
senza
madre
di
che
Guido
taciturna
Ma-
chetamente, con certe sue mosse destre nella
234
GALATEA.
non fosse
loro grossolanità
Se Anna volgeva
farla.
non era mai che questa dire,
lì
lo
mostrasse, come
le
bianco degli occhi
il
tosto a procurargliela
sguardo alla fanciulla
ma
;
si
suol
se ella era assorta
modo da
in qualche pensiero,
od occupata
non badar più
compagna, allora Maria alzava
alla
adagio adagio
suoi grandi occhioni
i
fattezze della cugina, e stava
con
affetto, a
a
non
lei
di
si
lì
giovinetta
la
sul suo lavoro, e
ma appena
s'
la
madre
di essere così guar-
affrettava a chinar
non ne staccava
man mano
Così,
belle
sulle
con ammirazione,
contemplarla tutto quel tempo che
faceva attenzione ;
Guido accennava accorgersi
data,
in alcun
gli
piiì
il
capo
occhi.
erasi venuta avviando ed ac-
crescendo una confidenza affatto intima fra la donna e la ragazza, tale però che, st'
non uscendo mai que-
ultima dalla sua taciturnità, era la madre
Guido sfogo affetti.
che
trovava
dei
più
E
questi
mento avevano adunque
affetti
che
di lui quasi
veniva narrando
quella
in
minuti
e
domestichezza
delicati
non
fosse
lo
gì' interni
fra
quale scopo,
di
quale argo-
Guido
?
Parlava
sempre l'amorosa madre; poi
a Maria del
mesta storia de' suoi amori
suo
passato
e
la
tornava sovente del
paro sulle labbra della virtuosa donna, che tutta viveva e nelle memorie del tempo trascorso, e nel-
r amore grandissimo
all'
unico suo figliuolo.
Questi aveva visto con piacere
come
la
com-
GALATEA.
pagnia
dell'
235
orfana tornasse di sollievo alla madre
;
e
poiché ora una persona affettuosa e sommessa era lì continuamente, in assenza di lui, a indagare, indovinare e adempiere
ogni desiderio e ogni bisogno di sua madre, Guido, forse senza pur volerlo,
s'
era lasciato prendere maggiormente dagli svaghi
mondana
della vita
e dalle
linghe della spensierata
abitudini
allegria
meno
d'artista.
casa-
Tutte
quasi le ore delle sue giornate egli passava nello studio, visitato spesso da amici e da compagni, e la sera qua e colà nei convegni, ai teatri, alle feste.
Di Maria, Guido
si
dava poco pensiero
;
aveva
rinunziato affatto alla parte di maestro della giovinetta,
né
curava di domandare se
si
e
come
questa profittasse degli ammaestramenti della buona Anna e degl'insegnanti che si erano chiamati per lei. Trascorsi così
giunse r estate.
inverno e la primavera, soprag-
l'
La
salute di
mandosi assai bene; non Maria. Fosse
il
Anna veniva
così quella della
raffer-
povera
nuovo genere di vita fatta sedentaria
in città,
da libera e vagabonda in campagna eh' ella era prima fosse l' effetto di quanto la poverina aveva sofferto di stenti e di privazioni durante l'anno di malattia della nonna; fosse soltanto la ;
crisi dell'adolescenza, il vero é che di giorno in giorno la giovinetta dimagrava e impallidiva, le si
cie
affondavano le si
le
occhiaie, la
colorivano di
fronte e le guan-
tinte livide,
smorta
le
si
236
GALATEA.
faceva sempre più la le
degli
occhi,
il
petto
veniva affannato da certi soffocamenti per cui le
era quasi tolto da-
la
luce
il
respiro, e
polmoni aveva scossi
i
una tosse
irritata e profonda.
Anna
volte aveva con
piìi
ragazza e pregatala
sentisse
fiamma
;
ma ad
dicesse
e che
se
male
si
ogni volta Maria, assalita da una
rossore
di
premura interrogata
fino
sulla fronte,
a cui tosto
succedeva un pallore di morte, aveva risposto ratto
non aver male
di sorta, e
s'
era allontanata
;
fino
a tanto che aumentando sempre cosiffatti sintomi, la
madre
Guido,
di
che
n'
inquieta
era
dimolto,
aveva mandato pel medico di casa e senza dir nulla avevala
giovinetta,
alla
trovare
fatta
un bel dì
faccia a faccia col dottore preavvisato di tutto.
Esaminandola attentamente, amorevolezza alla giovinetta
le
il
medico fece con
volute
interroga-
a cui ella rispose, come soleva colla cugina,
zioni,
mal vogliosa e passando dal rossore e sarebbe scappata
via, se
il
alla pallidezza
:
dottore non V avesse
trattenuta per una delle mani lunghe, magre, umidiccie d'
un freddo sudore.
Appena
il
medico ebbe lasciata andare quella
mano. Maria guizzò verso V uscio per fuggire. "
Senti Maria
La ragazza
si
"
"
Vieni qui.
Ed
" :
disse
il
medico.
fermò di mala voglia.
ella si accostò a rilento.
237
GALATKA.
Dimmi un poco
"
dola bene in volto
"
riprese
:
" :
dottore, fissan-
il
Andresti volentieri a fare un
"
giro al tuo paese?
Maria diede una scossa, come colpita da una botta in mezzo
petto
al
una più vivace vampa e gli occhi le si
cia,
;
tremò da capo a piedi
di rossore le salì alla
;
fac-
imbambolarono, mandò fuori
quella sua voce confusa che pareva un grido soffocato, che pareva
un gemito, indizio
massima emozione,
poi,
fuggì ratta
medico
Il "
come si
il
in lei della
senza dir pure una parola,
baleno.
volse ad Anna, e così le disse
Sa che cosa ?
È
ciare dall' inviluppo di
la
:
donna che stenta a sboc-
bambina
qual
la
;
crisi
viene
ancora complicata da quel misterioso male, per cui le
spezierie
non hanno farmaci, e che
si
chiama
nostalgia. Se questa ragazza vivesse per
due o tre
mesi nel suo villaggio, attingerebbe
aere natio
tanta forza da vincere trare in
una
ben tosto
fiorente gioventù.
nell'
la lotta
La
è
ed en-
una strana
creatura costei, fisiologicamente parlando, e fors' an-
che psicologicamente, la quale nella sua passività
probabilmente contiene qualche cosa di più originale e di superiore alla comune. sonalità,
impedita da
morbosa, vuoi
qualche
d' abitudini,
o
Ma
codesta per-
condizione
vuoi
tarda per natura e
per ragione stessa della sua indole, stenta a svilupparsi,
tanto fisicamente quanto moralmente e in-
GALA TEA.
238
tellettualmente eziandio, e sta assopita, costretta,
per così dire, nel suo germe, finche una benigna concorrenza
casi
di
Se
starla e promuoverla.
Anna,
la vorrei
non venga a de-
favorevoli
in
fossi
io
signora
lei,
condurre per un po' di tempo
al
suo paese."
Anna
ripetè appuntino ogni cosa al figliuolo.
Come
"
ha da fare
s'
affidarla colà?
che
al tuo
mentre da una subita idea,
forse tu stessa
ci
anderesti con piacere
paese per un po' di tempo.
E
ti
!
codesto gio-
anno scorso
buon sangue quella poca dimora
fece tanto di
chi
"
verebbe eziandio alla tua salute. L'
lassù
A
come separartene, mamma, ora
colto in questo
Ma
"
"
Guido.
disse
posto tanta affezione V
le hai
Fu
E
? "
Lascia che
io
provveda
all'
ti
co-
mamma,
uopo,
prego."
Pochi giorni dopo, Guido nella stanza dove
Anna "
erano
ai
entrava improvviso
loro
lavori
domestici
e Maria.
Domani,"
preamboli
"
diss' egli
con allegra vivacità e senza
domani partiamo per
pigione la casa,
rifornitala
di
Ho
***.
preso a
quanto occorre, e
tutto è pronto per ricevervi. Potrete passarvi colà, alla freschezza di queir aria, tutta la state." "
tendo
Oh
Davvero le
!
mani
"
esclamò con gioia la madre, bat-
in atto quasi infantile
che tu sia benedetto
" !
:
"
Oh
bravo
!
239
GALATEA.
Poi tosto la sua contentezza fu temperata da
una paura.
E
"
" ci
richiese
Verrò ad accompagnarvi," rispose
ed a vedervi tutte
meno. Quanto
mamma,
sai,
dubbiosamente
ella
che non
gran lavoro, né
giovane,
il
settimane una volta, o poco
le
anch' io
starci
allo
:
"
verrai tu pure ? "
'
Guido,"
tu,
si
può.
pie
di
Ho da
posso assolutamente
fermo,
finire quel
smetterlo o
interromperlo."
Maria, a queir inaspettato annunzio, era rimasta
come sovraccolta dal massimo
immobile,
là
stupore, la
mano
levata sul
lavoro, la bocca
suo
aperta, senza parola, quasi senza fiato. " "
Hai udito, Maria ?" va di nuovo
Si
La nita,
al
le disse la
madre
di
Guido.
villaggio."
ragazza, cogli occhi sbarrati, guardava atto-
ora Anna, ora
il
giovane,
come se non
ca-
pisse punto.
Anna mano "
si
chinò verso di
lei,
la prese
per una
e la trasse a sé, ripetendole soavemente
:
Si torna al nostro caro paesetto, hai capito ?
Maria
si
"
abbandonò a queir attrazione, e forse
per la prima volta cadde sul seno della cugina,
mandando un gran
mano "
1'
sospiro e lasciando cascar di
ago, la tela e V anello da cucire.
Ne
ciandola.
sei
contenta
? "
domandò Anna abbrac-
240
GALATEA.
E
la
povera fanciulla rispose due o tre
bassa voce
;
poi nascondendo
ruppe
donna,
il
che certo non
singhiozzi
in
sì
a
volto nel seno della
erano
espressione di dolore.
VI.
Guido, da principio,
messa
:
fedele alla data pro-
fu
ogni settimana faceva una corsa a quel
laggio e vi rimaneva un giorno con sua rassicurato compiutamente
quale erasi del tutto dare
i
suoi
ristabilita,
cui
viaggi,
sulla
la
madre
salute
di
vil-
poi
;
la
lei,
cominciò a dira-
lontananza rendevagli
troppo disagiati e troppo pregiudicevoli alle
sue
più che svanendo
artistiche occupazioni. Tanto
suoi timori intorno alla madre,
il
i
suo amore per
r arte aveva presa nuova e maggiore esaltazione e potenza.
La madre
se ne accorse e avutolo a sé, gli
strappò la rivelazione felice finché
eh' egli
non
sarebbe stato
non avesse potuto ammirare
lavori artistici
di
Firenze e
di
Roma,
e
i
capo-
immer-
gersi tutto, per così dire, in queir ambiente di bel-
lezza e di gusto che
li
circonda, nelle due gloriose
Non e' è amore meno materno e Anna volle che suo stabilì che Anna e Maria sareb-
metropoli dell' arte italiana. egoista di quello figlio partisse. Si
bero rimaste
al
;
villaggio, e
Guido sarebbesi
re-
241
GALATEA. cato, per diinorarvi alcuni
Iloina
a Firenze ed a
anni,
e così fu fatto.
;
giovane scultore, rapito dalle bellezze arti-
Il
stiche di quelle ammirabili città, allettato dai suoi successi,
da qualche avventura amorosa, dalle
vi-
cende
una vita libera
in-
d'
sieme e
d'
e
piena
sei anni pas-
sarono prima che tornasse a rivedere
monte
A
e riabbracciare la
Maria, Guido
madre
più tempo
assai
emozioni, stette fuori
quanto avesse voluto dapprima, e
di
sollazzi
di
il
suo Pie-
sua.
aveva rivolto così poco
pen-
il
che quasi può dirsi niente atfatto. Sua madre
siero,
però glie ne aveva scritto di quando in quando, e
sempre
le
più
belle
e
lusinghiere cose
:
che
nel
mentre la veniva rimettendosi in salute e vantaggiando di telletto
;
tìsico,
progrediva pure di cuore e
d' in-
che essa, Anna, applicatasi ad insegnare
a quella poveretta tutto quanto era in suo potere e sapere, cominciava a ricever lusinghiero
della sua pazienza e de' suoi sforzi
;
che queir astrat-
taggine e quasi assenza temporanea cui
Guido r aveva vista
afflitta,
compenso
d' intelletto, dì
diminuiva sensi-
bilmente, lasciando luogo soltanto a una freddezza e
ad un riserbo che ora parevano orgoglio, ora
indifferenza
;
ma
che questa stranezza di modi pro-
veniva nella fanciulla tere,
dall' indole speciale del carat-
non già da mancanza
di lei
Anna,
Bersezio.
di cuore,
perchè verso
la beneficata, tuttoché
non uscendo 16
242
GALATEA.
da quel suo riserbato contegno, sapeva pur dimo-
un vero
strare
una vera gratitudine,
affetto e
non ometteva cura e riguardo che
e
potessero
si
immaginare. Quest' ultima cosa
era quella
solamente a Guido di sapere gli scriveva
a tal proposito
e
quando
La buona Anna figlio
il
suo ritorno, le due arrivo del
1'
nel riabbracciare dopo tanto
amoroso
Guido non era e gli
di
madre.
un giovanetto.
piiì
studi
e
lotte
le
I
della
anni
sei
vita
avevano fatto un uomo. Aveva trentun anno,
un
fronte
Ma
po' più
ampia pel cader
nerissime chiome già
nelle
suo
il
sguardo aveva
stessa animazione di fatta
più
vabile
a
virile, lo
chi
di
provò la maggiore dolcezza che
sentir possa cuore
trascorsi
madre
elogi
mettere nella risposta
Quando Guido annunziò
tempo suo
la
di saluto per la cuginetta.
donne vennero a Torino ad aspettare reduce.
interessava
più caldi
i
Maria, egli ricordavasi di
un motto amichevole
;
che
alcun
;
d'
e
la
la
e
argento.
stesso fuoco
lo
prima
de' capelli, filo
ne
e
la
sua bellezza,
rendeva ancora meglio osser-
ne mirasse la nobile ed espressiva
fisonomia.
Poiché furono sionati
iterati parecchie volte gli
abbracciamenti
colla
madre,
primo sfogo a queir ardore affettuoso reciproche, Guido
si
guardò intorno,
appas-
un
e
dato
di
domande
si
meravigliò
243
GALATEA. (li
non vedere presso sua madre la cugina Maria
e ne domandò novelle.
Non siamo
"
Anna
rispose.
nella casa
Cè
"
in
"
ieri,
ordine
è fatta la miglior
mas-
occupata in queste fac-
Andrò
Eccola qui,
"
io
ci
a cercare di
disse la madre,
"
E
pare che
apriva pian piano, e una forma
mette a venir " lei.
mentre di
1'
uscio
donna che
pareva sorvolare sul pavimento, non camminare, leggiera e graziosa aveva
l'
i
più a cuore che
le stieno
veder me, tanto poca premura
a salutarmi.
si
s'
rispose Guido.
"
suoi uffizi da massaia il
che
da mettere
tutto
è tutta
villaggio
"
Bene bene,
"
dal
e Maria, che
;
mondo,
saia del
cende.
"
giunte
andatura,
s'
sì
avanzava
tranquillamente verso Guido. Questi "
Che
Maria
?
?
mandò "
un' esclamazione di meraviglia.
esclamò
egli.
"
Sarebbe
questa
la
"
"Essa stessa:"
rispose
la
madre sorridendo
lietamente.
Guido fece ratto due passi verso che
lo
la
fanciulla
guardava calma, senza pure un' ombra
di
emozione, e ripetè la sua esclamazione ammirativa.
Aveva dinanzi un
tipo perfetto di bellezza,
meraviglia di figura di donna.
una
244
GALATEA.
VII. Il l'
medico aveva avuto ragione, e
aria nativa e, se
non a
assai alla salute di
Maria
tornare al-
una gran parte
tutte, a
prime abitudini della sua
delle
il
vita,
aveva giovato
e allo sviluppo della sua
giovinezza. Quelle forme angolose e rigide s'erano
venute a poco a poco rimpinguando e ingentilendo; le ricche e
splendide chiome
d'
oro con più atten-
zione e con più intelligenza raccolte e curate, fa-
cevano una smagliante corona alla fronte di
purissimamente modellata,
mente virginea
;
candida,
piana,
col formarsi della persona
lei
vera-
avevano
cominciato a perdere la loro disavvenenza, poi ave-
una
vano preso una certa acconcezza, da ultimo
grazia squisita le mosse, gli atti della fanciulla
oramai giovine donna; dall'informe e rozza crisalide era
venuta sprigionandosi e ora
trionfalmente la brillante farfalla dall'
Al mutamento
tenne
fisico
dietro
svolazzava ali
d' oro.
altresì
mutamento morale. Studiò con attenzione parò
;
e
un im-
cessò dalla selvaggia soggezione e quasi dif-
fidenza che aveva di
tutto
come Anna, da sua madre, scuola, avesse ricevuta
compiuta di quel che
e
di
tutti.
figlia d'
Fu
detto
un maestro di
una istruzione più ricca e
si
sarebbe
pensato potesse
avere una povera ragazza d' un piccolo villaggio.
245
GALATEA.
Ora
tutto
suo sapere fu per
il
lei
dolce e gene-
roso soddisfacimento comunicare a queir anima novellina; e fu
avevano figlio
un orgoglio
fallito e
i
medesimo,
vedere come là dove
il
maestri chiamati
all'
ella ci riuscisse colla
uopo e suo sua amore-
volezza e colla sua pazienza. Ciò accrebbe di van-
taggio nella affettuosa già le
per Maria, cui
condizioni di questa
ma
non meno
madre
di
Guido queir amore
avevano ispirato e e le prove
le
modeste,
tacite,
reali nella fanciulla, della
titudine. Tale affetto prese alcun che di
misere
sua gra-
materno;
se non la vita del corpo, era essa, Anna, che dava e schiudeva a quella creatura la vita dello spirito.
Ci
si
adoperò, la brava donna, con quel calore di
tenerezza,
ognuno
che
mette per
sempre
nelle
cose sue.
A
poco a poco la condotta delle faccende dome-
stiche era passata intieramente nelle
mani
Anna non aveva più da prendersi briga
ma
da desiderare soltanto
;
una tranquilla
facilità
non lasciavano scorgere
e con un' opportunità che
e solo facevano apparire gli effetti.
La giovane aveva preso e
Maria
di sorta,
tutto sollecitamente era
;
fatto dalla fanciulla, e con
r opera
di
assai gusto alla lettura
;
molte ore del giorno soleva passarle leggendo.
Anna aveva libri di
tica
;
fatto
Guido
e Maria,
:
trasportare
al
villaggio
tutti
i
storia, viaggi, poesia, romanzi, cri-
un dopo
l'
altro,
lesse
tutti
quei
24G
GALATEA.
volumi, e poi rilesse da capo. Che impressioni venissero in lei facendo tali letture nessuno potè saperlo, perchè ella si
non ne parlava mai, e per leggere
sempre nella solitudine della sua stanza,
ritirava
come vergognosa
momenti.
di lasciarsi vedere in tali
Maria con tutto questo era sempre taciturna
come prima. Parlava non più
del necessario, senza
calore, senza
commovimento mai, senza
la collera,
trasporto dell' allegria e
il
delle confidenze erano estranei a lei
e
l'
effusione:
abbandono
come
il
pianto
riso.
il
La viveva
chiusa in una superba indiffe-
così,
renza onde appariva diversa, e quasi direi, superiore alla
comune
dell'
non più impacciato,
umanità. Quel suo contegno
ma
serio e riflessivo, riusciva
ben tosto ad imporne a chiunque siccome quando diceva
il
accostasse
;
e
suo parere parlava sem-
assennatamente, aveva
pre
1'
acquistata
su
coloro
che l'attorniavano un'autorità tacitamente riconosciuta, per cui,
quando Maria aveva detto una cosa
questa era risoluta.
Era dunque una persona
affatto
diversa
da
quella che Guido aveva lasciata partendo, la Maria
che ora
stava dinanzi e gli aveva fatto
gli
man-
dare esclamazioni di meraviglia. "
Maria
!
Maria
quasi estatico.
nosciuta?
"
"
!
Sei
"
ripetè lo scultore mirandola
tu ? oh chi
t'
avrebbe rico-
247
GALATKA.
La le
ebbe un lieve sorriso che
fanciulla
labbra, fissò
le sfiorò
suoi occhi freddamente limpidi in
i
con una voce armoniosa,
volto al cugino, e
commossa dal menomo tremito
ma non nuova
d'affetto,
ancor essa per Guido, rispose placidamente: "
Sì,
son
io.
Mi sono mutata dimolto eh
pure, Guido, hanno cambiato alquanto
Guido pensò tosto fronte, ai pochi
pirne bene
suoi
e senza ca-
canuti,
perchè, arrossì e sentì entrargli nel-
il
di
di scontentezza.
proposito,
lui
nel
movere incontro
alla cugina, era stato quello di abbracciarla
ma
una sorella; lo la
la
fredda gravità di quel-
aveva sconcertato.
lo
sorriso in-
Il
differente di Maria, le poche di lei
per
parole erano
come acqua fredda gettatagli
Guido
in volto: invece di abbracciarla, egli le tese
mano. Maria pose
una mano
in quella di lui la sua
piccola, esile, lunghetta,
devole alla pressione, indifferente
come V accento
Ogni cosa
disse ella,
riposare.
La
ma
una
destra,
morbida
e ce-
fredda come lo sguardo, ;
e senza rispondere alla
ne la tolse poi tosto.
stretta, "
come
vista di quella bellezza, subito
la
aveva sbalordito, poi accoglimento
state
Te
poche rughe della sua
alle
capelli
r animo un sentimento
Primo
?...
anni."
gli
"
è
preparata
nella
tua stanza:
e tu hai certo bisogno
di
"
andarti a
"
sera,
prima
di addormentarsi.
Guido ebbe
GALATEA.
248
con insistenza innanzi a
sua fantasia
sé, nella
d' ar-
r immagine della cugina.
tista,
Che
«
figura!
bella
pendo! Chi
si
Che
strano
tipo
stu-
e
mai che da quel
sarebbe sognato
mostricciuolo saltasse fuori una tale perfezione di
forme? La è una figura che ogni artista sarebbe
ben
riprodurre. Servirebbe a meraviglia
di
lieto
per una testa di Venere la
Giunone.
sua...,
no, meglio di
»
Addormentatosi, dopo non breve dar di volta
qua e
sognò di trovarsi in un ampio e
là,
gran-
dioso studio, attorniato dai migliori capolavori dell'
d'
arte greca e italiana; e là in
mezzo nell'ardore
una ispirazione feconda, quale non aveva avuta
mai, senza punto aver modellato la creta, far egli di botto risaltare a colpi di scarpello
masso
di
marmo una che
e tale statua,
da un gran
statua d'insuperabile bellezza: sotto
i
colpi della
sua mano
febbrilmente concitata, pigliava forma e mossa ed espressione, aveva
i
lineamenti,
il
portamento e
il
contegno di Maria. Il
giorno dopo
grande quistione Alla città
Guido
al
in
:
si
agitò fra
dove stabilire
vole alla
quel
madre
la
e figlio
una
comune dimora?
villaggio?
momento bramava andare
paesello; diceva quel soggiorno
e di quiete.
madre
;
essere più
al
giove-
egli stesso aver bisogno di riposo
249
QALATEA. "
noi
!
Vivremo colà alcun tempo, solo da noi e per "
esclamava con calore.
La madre, colà
presto
;
questo
;
e ciò
affermava che a
mondo
que luogo poi
si
fosse
ripigliare senz' altro
Anna al
non doveva fare a nessun
lei
la più giovevol cosa di
era star presso suo figlio in qualun-
cui erasi assuefatto
seduta
sosteneva che Guido
sarebbe annoiato, che avrebbe ne-
gletto r arte sua
costo
contrario,
al
si
;
che quindi Guido aveva da
quella
sua
vita cittadinesca
prima di partire.
fece appello al giudizio di Maria, la quale,
suo lavoro presso la finestra, non aveva
pronunziato ancora una parola e non mostrava aver prestato la
menoma
attenzione al discorso.
Maria sollevò lentamente il
la testa, e
guardando
cugino con quella medesima espressione con cui
guardava
il
panno che stava cucendo, disse
coli'
cento d' un umile personaggio che proclama,
mandato
d' un' autorità
inappellabile "
superiore,
ac-
per
una sentenza
:
Tu, Guido,
ti
devi a tua madre, è vero
;
ma
air arte tua eziandio. Al villaggio quest' ultima sa-
rebbe da te abbandonata; ed a tua madre, l'hai sentito, basta per esser lieta,
Anna "
si
il
viver teco.
"
volse in aria di trionfo a suo figlio.
Vedi che avevo ragione
Guido lanciò uno sguardo
" !
di fuoco sulla cugina,
la quale, senza scomporsi altrimenti,
richinava la
250
GALATEA. suo lavoro con
testa sul collo
;
e
una graziosa curva
di
non ribattè parola.
Maria aveva parlato;
la lite era
Si ri-
finita.
mase a Torino.
Vili.
Guido abbandonava spesso
studio pel
suo
il
Una
salotto in cui era solita lavorare Maria.
irre-
quietezza, qual forse egli non aveva pt-ovato mai, lo travagliava di continuo
;
intorno al suo lavoro
non aveva pazienza di reggere lungo tempo
mezzo a
tutti
suoi concepimenti artistici venivagli
i
sempre un pensiero estraneo che chie volte ei cui
s'
in
;
lo sviava
parec-
;
trovava innanzi al masso di creta
si
era messo per plasmare, immobile,
brac-
le
cia penzoloni, la fantasia lontana lontana
dal suo
lavoro. Allora, indispettito gettava gli attrezzi la blusa, ed usciva,
da riacquistar
tosto
come
se
all'
V idea e
e
aria libera avesse
la
volontà che gli
erano fuggite.
Non
v'
era più donna che trovasse convenirgli
per modello
;
in tutte scopriva mille
la grazia, non la purezza delle
linee,
sione eh' egli andava vagheggiando
dava agli
artisti
;
e
difetti
:
non
non T espressi
suoi compagni perchè
raccomangli
procu-
rassero quanto couoscevan di meglio. «
Voglio fare una grande statua, un' opera da
201
GALATEA.
l'amor mio,
metterci
Sarà una Venere,
egli.
Psiche....
fors'
mia gloria;
la
un' Ebe,
sarà
anco una Madonna
una
sarà
Non
V
diceva
»
so.
Ma
ne ho in capo delle forme vaghe d' un' armoniosa concrete
bellezza, cui vorrei poter far d'
una realtà che
vagheggio
m' avvenga
mio sogno come
"
sta
»
giorno eh' egli ripeteva
un allegro scapato dendo
d' incontrare,
volgarità d' un becero alla
la
sublimità d' un poeta.
Un
queste vostre
sciupata beltà di
modelle, qualunque al
aiuto
accostasse un poco al tipo eh' io
s'
e la
;
coli'
sue parole,
cotali
compagni rispose
de' suoi
ri-
:
Se vuoi una figura veramente qualche cosa
leggiadria,
d'
angelico
superiore
in
congiunto
tutto ciò che ha di bello la carne.... e la ne
a
ha,
cospetto se ne ha di bello questa povera carne così
maltrattata dagli
ascetici
!...
Se vuoi una simile
meraviglia, te la posso additar "
"
Sì ?
"
Sicuro.
interrogò Guido con avida curiosità.
E
ce
a gittata di mano.
La "
fronte di
Chi
"
io.
? "
l'
hai proprio,
come
si
suol dire
"
Guido
si
corrugò.
interrogò egli con voce punto
punto
di scherzo. "
A le
Piglia tua cugina.
Guido
il
"
sangue diede un rimescolo
sue guancie impallidire, poi accendersi
;
;
sentì
un subito
252
GALATEA.
impeto
aveva così
lo assalse d' inveire contro chi
parlato, e se ne ritenne a stento. "
Taci
"
con fiero cipiglio
gli disse
;
non sono scherzi,
ma
Per nascondere
sciocchezze.
sua emozione,
la
diede a girare per lo studio,
Ma
facesse.
si
il
questi
alzò
si
e
si
toccando questo e
queir oggetto senza ragione, e in quel che
"
:
"
non sapendo
fatti
peggio
che quelle
fu
parole del buontempone fecero sorgere fra tutti presenti un vero concerto di lodi e d' alla ragazza.
i
ammirazione
Guido stava come sui carboni ardenti,
e si faceva forza per trattenersi dall' insultare quegli
encomiatori di sua cugina, che pur
si
tenevano
nei più stretti limiti delle convenienze. Gli pareva
quella poco
meno che una
Si svestì della vesta
pareva
di
rabbia,
profanazione.
da lavoro con moto che
infilando
e
affrettatamente
soprabito, e piantandosi in testa "
gno
Usciamo,
"
gridò
" ;
ria a
verità era che
il
cappello
ho da uscire
di respirare aria libera.
La
il
io....
il
:
ho biso-
"
pensiero di pigliare
modello della sua statua
gli
Ma-
andava spesso
per la mente, e senza spiegarsene bene
il
motivo,
ne sentiva vergogna, e non osava confessarlo neppure a sé stesso. Soventi volte gli avveniva studio,
ripensando a
che,
solo, nel
quei lineamenti
che
suo
aveva
impressi nel cuore e nel cervello, gli sembrasse di
253
GALATEA.
non ricordarsene più esattamente, di non aver presente
piiì
quella
qualche minuta particolarità di
fisonomia, precisamente
come accade a
chi guardi
troppo fisso e troppo lungamente un oggetto, che la vista gli si confonde, e
V oggetto medesimo pare
abbuiarglisi, e perdere la precisione «
forme.
delle
Quando abbassa lentamente quelle sue lunghe
ciglia di seta dorata, la
sua fisonomia piglia un
fare raffaellesco che non ho mai potuto compiuta-
mente
afferrare
superbo sorriso, nelle sue
quando atteggia
;
gli è
labbra
più qua e più là che
guande quella cara pozzettina
zia e avvenenza
Cosi dicevasi egli, di
visto cosa che
volta parevagli
s'
suo
al
incava
tutta gra-
»
!
rivederla, col desio
ha più
le
clie
e
correva presso di
chi gli è
lei
a
da lunghi giorni non carissima.
una nuova bellezza
E
ad ogni
gli si
ma-
nifestasse. «
Eppure,
»
sua solitudine,
pensava altresì Guido «
quella perfezione
eppure manca
so bene
;
ma
qualche
cosa
in
Vi è ancora un grado superiore
!
di bellezza a cui la
Non
tal fiata nella
potrebbe giungere. Che cos' è ?
direi che
una
lieve nebbia avvolga
e veli tanto splendore, rimossa la quale, più viva e più eletta ne sarebbe la luce.
Una do
il
»
volta che pensava appunto a codesto miran-
fino e
,
purissimo profilo di Maria, questa alzò
il
capo con quella sua solita mossa lenta e tranquilla,
254
GALATEA.
e volse verso
Guido
sguardo più freddo e
lo
piiì
indifferente del solito. «
Ah
quello sguardo non ha vita, non è V espres-
!
sione d' un' anima,
sguardo il
»
disse
Ecco
cuore....
rivela né
Oh
!...
Come
Possibile
?
una meraviglia rebbe
lo
né
se.
«
scintilla del
un Prometeo venisse
se
!
e infondesse in quelle belle ste
l'
manca. La
ciò che le
pensiero e dell' affetto.
È
intelletto
giovane fra
il
un automa, non
d'
membra
il
fuoco cele-
Quella non sarebbe
!
non
di forma, e in essa
si
conter-
quid divinum, V essenza superiore, la bel-
il
lezza ideale cui
adombra
la sacra favilla
è
Felice chi la
la corporea
ma
nascosta,
susciterà
E
!
?...
è
vi
anche
allora
No, no
E
Ah
se
!
:
sicuro.
di
l'
nenza delle forme ne sarà avvantaggiata e piuta.
che
avve-
com-
io.,.. »
non osò nemmeno formolare
il
pensiero che
seguiva.
C era
poi delle volte che, mirando queir inal-
terabile serenità dello sguardo di
lei,
Guido ne pro-
vava quasi dispetto. Avrebbe voluto cosa da scuoterla in un
pur anche eccitandone tentasse questo
mezzo
modo
lo
Un
dì
sdegno
Guido era venuto a
solito posto
;
la
madre
;
la
ma
per quanto
placidità con-
alterava pur mai.
si
spesso, vicino alla fanciulla
qualche
o in un altro, fosse
e quello,
tegnosa della ragazza non
far
sedersi,
come soleva
che lavorava
dello scultore
al
suo
non era molto
255
GALATEA.
Anna
lontana,
mente
;
e
parlavano
figliuolo
il
la giovane,
come
usato, se
l'
interrotta-
non
la
inter-
s'
rogava, taceva. Guido ammirava, come se non
le
sempre più belle fattezze
di
avesse viste mai,
Maria
;
le
momento,
e in quel
emozione che
fosse
di tenerezza,
ma
credeva
una
eh' essa levò
il
viso,
non dirò
traccia,
di sentimento. Anzi,
intima
sua
lo illudesse, fosse la realtà,
di scorgere nel volto di lei
ad un punto
per guardare traverso
della finestra (che erano chiusi)
casa dirimpetto, o due di preciso,
la
o
il
i
vetri
o
cielo,
parve a Guido che un lampo di pietoso
e di benigno affetto passasse sui lineamenti di
Egli
si
sentì inondare
il
Dea
allora lusinghevolmente la
bicine
la
e
;
glierle.
di poi
r
Maria
artista
La ragazza
sua bianca mano
chini
ambedue,
si
lasciò
lesto si
lei.
cuore da una nuova com-
mozione, come se gli fosse apparsa a
Poco
la
rondini volanti, o forse nulla
a
sorridergli
della speranza.
cadere chinarsi
sue
le
per
for-
racco-
curvò anch' essa, e abbassò
a prenderle. I due
con un lieve fremito dolcissimo nelle
giovani, e
Guido
fibre,
sentì
toccarono leggermente
;
sulla guancia, sulla fronte, sul collo scorrere soave
una ciocca dei
capelli
istante di delizia
Maria.
di
ineffabile
ratto ratto e forte forte,
sì
:
il
gli
lui
un
batteva
che gli pareva doversi
rompere, dandogliene un tormento gioia da
Fu per
cuore
insieme e una
non potersi esprimere. Le destre
d'
ambe-
25G
GALATEA.
due
trovarono le
Guido prese
mano
cercate
menomo moto
per isvincolarsi
incontrandosi;
fremente
pareva di marmo, e
di lei, che
poco, e la strinse. il
forbici,
colla sua calda e
Non
la tenne
la più lieve pressione,
un non
ne pure un tentativo
gli rispose,
ma, sollevando
;
fredda
la
egli
incontrò quello sguardo vitreo, in
pupille,
le
non
e'
era
rimprovero, ne stupore, né emozione di sorta,
ma
che
la solita freddezza,
gli
da una fugace espressione
cui
parve fatta più ingrata d' ostilità.
Guido abbandonò quella mano, arrossì un poco, e
si
trasse in là, imbarazzato e indispettito.
Maria, prima di ripigliare
il
suo lavoro, lasciò
cascare quasi sbadatamente lo sguardo
sui
vetri
della finestra, e questa volta visibilmente apparve
un sentimento che avreste detto
sul suo volto
di
compassione.
Lo
scultore sorse
subito
in
ancor egli in quella direzione di prospetto
sotto la
mano
d'
guardò
si
ritraeva.
avea saputo rendersi
e preciso del sentimento che gì' ispi-
rava sua cugina.
La
subita gelosia che
cuore a quel punto,
gli
amava Maria disperatamente. ancora amato mai,
anima
;
un uomo che
Fino allora, Guido non
dell'
e
una tendina abbassarsi prestamente
un conto chiaro
al
piedi,
vide a una finestra
sua. L'
1'
aprì
lo
occhi.
morse Egli
Egli, che non aveva
amava con
amava
gli
di quell'
tutta la potenza
amore
dell'
uomo
GALATEA.
257
maturo, che ha ancora tutta
ha già
giovinezza, e
queir amore che
la
l'ultimo
è
d'un uomo, perchè
foga della prima
la tenacità della forza virile
che occupi
;
cuore
il
profondo e incan-
vi s'incide
cellabile.
L' amava, così da non avere lei
e per
lei,
piiì
bene che con
amava da non poterla pensare
l'
braccia d'un altro.
nelle
L'amava ed era ferocemente
geloso.
A e
questa scoperta impallidì, provò ad un punto
vergogna
di sé stesso e dispetto
contro quella
creatura cinta di tanta freddezza che pure aveva
potuto accendere in
lui
un impeto misto
tosto,
un tanto ardore
;
ma
poi,
di tenerezza e di gioia lo
assalse, perocché sentì essere
tremenda ventura nella vita
un gran
dell'
uomo
fatto,
una
quella che
un vero, profondo, appassionato amore ne invada r anima.
Sua madre
gli dirigeva
giusto in quel punto una domanda. Guido, oppresso dalla sua emozione, non seppe rispondere, balbettò alcune parole, e per celare
il
suo turbamento,
non trovò altro mezzo
migliore che quello di uscire dalla stanza.
Anna
lo
seguitò con uno sguardo pieno d' inquie-
tudine materna.
"Hai tu osservato?" con voce commossa. lo tormenta, forse Bersezio.
"
diss'ella
poi a
Maria
Guido ha qualche cosa che
un segreto dispiacere.
"
il
GALATEA.
258
E
Maria levando
suo placido viso e
il
coli' ac-
cento della più naturale tranquillità:
Non
"
al
mettervi in mente
istate a
Anna, che
cose,
mondo.
vi farete
occhio
vostro
Il
queste
di
male senza una ragione
madre
di
è
sempre
pronto a vedere alcun male e farvi impaurire sul conto di Guido
bene eziandio,
E
intanto
ma
;
non ha
eh' egli
artista
l'
che
vi dico io
nulla.
i
in
e in largo
a
pugni chiusi, la faccia contratta,
esclamava con impeto
metà
ho osservato
"
era corso a chiudersi
camera, e passeggiandovi in lungo passi concitati,
1'
metà era
che
di sdegno,
di contentezza:
"L'amo,
l'amo, l'amo come un pazzo."
Si arrestò a
un punto
di bel
mezzo
stanza,
la
sopraccolto
a
nuovo da quel sospetto che aveva sua gelosia. Accostossi
destata così di subito la alla finestra la quale
guardava nella stessa strada
in cui quella del salotto dove lavorava Maria.
Al balcone di prospetto a cui aveva già visto muoversi una tendina, Guido scorse dietro stalli
faccia
la
d'
un giovane
contemplando innanzi a
bestemmia e
mai
"
Ed
?
"
si
se.
lasciò cadere
Lo
che stava scultore
un pugno
essa lo amerebbe?....
domandò cacciandosi
"Amarne un " Lei !.... Oh pelli.
!
altro!...
cri-
mandò una
sul davanzale.
Potrebbe le
i
assorto
amarlo
mani nei ca-
Essere d'un
altro!...
GALATEA.
E "
due calde lagrime
gli
Nel fugace istante
colui.
che
in
quel cotale,
di
spuntarono dagli occhi. "
Voglio sapere chi è
figura
25'J
era apparsa
gli
la
Guido aveva scorto delle
chiome bionde, una faccia pallida e magra, due oc-
un sorriso pieno di mestizia, benché
chi languidi,
su labbra di venticinque anni. L' artista la
pose di nuovo a passeggiare per
si
camera parlando a sé stesso
nella concitazione
della sua mente. "
Maria penserebbe a queir uomo?...
giungere ad amarlo?...
E
lo
E
potrebbe
amerebbe?... No, no;
è impossibile.... Forse ella non è neppure
d'amare. La sorte, facendola di
non
esteriore
r interno
!
che a questa
corrispondesse
è forse meglio così.
Sarebbe troppo
volle
Ed
se pari alla beltà del corpo fosse spirito.
bisogna der di
Non
è
d' altri
che
contentarsi
Ma
più.
nemmeno
altri
Tornò
di
vagheggiare
questo
lo avesse
diletto,
dello
non
senza
cui
chie-
vorrei che
non vorrei che occhio
;
me
la poesia di linee
nes-
che
"
alla finestra. Il
giovane di prospetto più
non compariva. Guido appoggiò
"
valore
pur potesse mirarla. Al pari di
abbella....
dente
il
una meraviglia di forma
suno nò può, né sa capire
r
capace
tanta perfezione
la sua fronte ar-
ai vetri.
Eppure
"
rispose egli dopo
un poco,
"
è egli
2G0
GALATEA.
possibile che la natura abbia
un simile capolavoro e r anima
in lei
non è posta
imperfetto
lasciato
inanelli
cuore?....
il
Forse
al riparo, dietro tanta
freddezza, se non per conservarvi
piìi intatte,
più
sublimi, più divine tutte le potenze affettive, e fe-
giungerà sino a quelP anima per ridestar-
lice chi
vele
Chi sa quanti tesori
!
d'
amore
forse in quel cuore addormentato
potrei essere io quello
che?...
si
nascondono
E
perchè non
!...
E
perchè non mi
amerebbe ?... «Amore.... a
Oh!
mi amasse
se
nuli'
!...
amato amar perdona.»
"
Corse allo specchio a guardarsi.
"Ah
!
la
mia giovinezza è oramai
ita
!...
Oh
darei la mia parte di paradiso per essere ancora
a venticinque anni." Si ravviò la chioma, si
folta
la
lisciò
barba,
come ver-
e poi sorrise di scherno a quegli atti
gognandosi di sé stesso. " .
Chi
peggio zie d' il
d'
me
l'avesse detto
un
fanciullo
?...
!...
Eh
tale
!
torno io
Non
un ganimede da figurino che
cuore d'una donna dabbene.
riti ?
Ma
via
da
E
pigliarsi con
E
quelle arti e
così strano, è così piccolo
maggior parte delle donne
!
si
se
conquista
Maria fosse
con 1'
forse
è colle gra-
quei
me-
animo della
Quello là di faccia è
giovane, ed è biondo al pari di
lei....
Ella non sa.
261
G ALATE A.
non può supporre nemmeno qual vulcano d'amore frema
nell'
anima
d'
un uomo come son
" io....
Uscì per prendere informazioni sul giovane che abitava dirimpetto.
IX.
Era
figlio
unico
i figli
unici e per essere egli
sempre dal padre
cagionevole di salute, otteneva
tutto quanto gli potesse venire in rare. Il sospetto geloso di il
Amato
un ricco signore.
di
ciecamente come tutti
mente
di deside-
Guido aveva indovinato
Quel giovane era stato preso della bellezza
vero.
di Maria, finestra.
vedendola ogni giorno
La
neppure accorta di quel volto con tanto
al lavoro
d' occhi
stasene poi una
presso alla
tempo non s'era
fanciulla, per lungo d'
uomo, che stava
ardenti a contemplarla
volta,
senza
senza turbamento, aveva tirate
;
aifettazione, le
avvi-
come
tendine per met-
tersi al riparo dalla curiosità di quegli sguardi, e
per un poco aveva continuato a far così, sempre
che vedesse comparire la faccia di quel giovane.
Ma
un
dì,
guardandolo ella per caso un po' più
attentamente, sciuto
vide
sulla faccia di
tanto cordoglio e
ghiera, che la ne sentì
darvi ne importanza, d' allora in poi
sì
quello
scono-
modesta e calda pre-
una viva
pietà,
e
senza
ne pure un pensiero, finse
non avvedersi più della presenza
262
GAL ATEA.
di colui, e lasciò che
suo
bell'agio.
Ed
giovane la contemplasse a
il
forse
egli,
temendo che tanta
nuovamente
ventura
gli venisse
sasse
troppo scopertamente ne usasse, prese
ritolta, se
costume di stare nascosto dietro
ne abuil
tenda e non
la
apparire alla scoperta che di tratto in tratto, beatissimo allora
quando
alzandosi dal lavoro e giro, veniva
sguardo
lo
andando
a cadere su di
mente quel giovane
lui.
ragazza,
della
sbadatamente
Un
in
giorno final-
disse a suo padre che se
non
isposava quella ragazza, sarebbe infelice per tutta la vita. Il padre,
sapendo che la fanciulla era po-
vera e di umil nascita, dapprima contrastò e volle tentare ogni possibil mezzo per isviare
da
tale idea;
assai più che al
ma non
credesse, sempre stette fermo
suo proposito, tanto che
more per
figliuolo
che era innamorato
giovane,
il
si
il
la salute di lui,
i
suoi, entrati in ti-
decisero
finalmente di
contentarlo. " il
Quella ragazza sarà
padre.
buona. Il
"
Sta' dì
tua
sposa;
buon animo e Dio
"
gli
te la
disse
mandi
"
giovane fu per isvenire dalla contentezza, e
buttandosi
mente più
al
collo del genitore, lo ringraziò viva-
coi baci e
con
le
lacrime che con
le parole.
Codesto intimo dramma aveva avuto luogo senza che dalla famiglia eccetto la
di
Maria nulla se ne sapesse,
muta contemplazione
del giovane, della
263
GALATEA.
Ed
quale da ultimo erasi accorto Guido.
ecco che
pochi giorni dopo queir ora di spasimo e di esal-
mercè cui
tazione,
conosciuto
aveva
scultore
lo
tutta r estensione e la profondità dell'
rientrando in casa
il
un vecchio signore usciva
Guido
:
amor
suo,
nostro protagonista incontrò
a
affatto
che
lui sconosciuto,
affrettò ad entrare nel salotto, dove
si
trovò sola sua madre, evidentemente sopra pensiero. "
E
Maria?
"
È
nella sua stanza
avuto
domandò
"
egli. "
:
rispose la madre.
Guido sentì stringersi
il
Ho
non era
un colloquio a cui
adess' adesso
conveniente che ella assistesse.
"
"
cuore da un doloroso
presentimento. "
Un
colloquio ?
a qual proposito "
Anzi
t'
"
balbettò egli.
"
È
per suo "
ebbene il
"
seguitava la madre.
"
Non
hai
partiva di qui ?
"
"
X....
un unico
;
ed è venuto a domandarmi figliuolo, la
mano
di Maria."
!
si
per caso alzò
voltarsi,
si
"
Guido
montato
E
?
signor
figlio,
Ah
chi ?
V
visto, entrando, un signore che Sì,
Con
aspettavo con molto desiderio per di-
scorrerne teco,
"
"
"
;
appoggiò sul
marmo
gli occhi allo
egli si vide così pallido
per timore che la madre
suo turbamento.
del caminetto, e
specchio ond' era sor-
che non osò più s'
accorgesse del
264
GALATEA.
Dopo un
poco, chiese con voce che
tutto suo potere di render ferma
"E
Che avremmo "
:
Maria, e che noi non
consultato
avrei
fatto che quanto ella volesse.
Hai risposto eccellentemente:
mancare
a cui pareva
voce
la
il
che
mise a tormentare con
camino,
si
"
"
sussurrò Guido, e poi,
;
curvò sopra
presso si
sforzò a
che cosa gli hai risposto?"
tu,
"
si
sedendo
tizzoni ardenti
i
le molle.
Anna continuava:
A
"
e questi
me
lo affermò
nostra Maria....
da suo padre,
mani
dalle
Innamorato! Innamorato
stizzita,
smozzicando
!...
Una fiammata
non una
E
S' accorse s'
che
s'
di Guido, diss' egli
fra
Ricco
!
"
avviava per una strada inop-
soggiunse.
un matrimonio,
badare. "
Bel
d'amo-
"
molle i
e'
è
rico-
e
tizzoni.
La gente quando ha
detta questa parola, crede aver detto tutto. in
"
denti.
i
interruppe. Riprese le
"
con voce
che la possessione estingue,
minciò a battere con rabbia sopra "
follia della
chi sa che razza
di quelle passioni....
portuna e
"
!
le parole
merito! bel merito!... re
innamorato alla
"
Le molle caddero "
Lo
dir vero, le convenienze ci sono tutte.
sposo è ricco, giovine, amatissimo
Eh
!...
ben altro eziandio a cui
"
Hai ragione,
"
disse
Anna,
"
ma
nel
nostro
2G5
GALATEA. caso la famiglia è (tei
onorevole,
affatto
giovane credo che non
e sul conto
possa dire che bene.
si
"
"
Uhm
"
Come! Avresti udito qualche cosa non buona
!
di lui?" "
No, no,
sentì subito
Anna "
"
una gran vergogna
de' fatti suoi.
ripigliava:
Del resto ne possiamo discorrere a
"
Sì,
beli'
Se tu credi, sveleremo subito
tutti insieme.
a Maria.
che
risponder Guido,
a
s' afifrettò
agio
la cosa
"
sì,
come vuoi "
scosta agitazione.
:
"
Anzi tu
parlargliene al più presto.
Fu mandata
Guido con una na-
disse
dici
bene,
meglio
è
"
a chiamare la ragazza.
Ella venne tosto col suo passo leggero e
datura graziosamente spigliata
in
l'
an-
una noncuranza
piena di garbo.
Anna sedeva sopra una poltrona finestra
;
Guido su una seggiola bassa, accosto ac-
Guardò
costo al camino. ciulla che si
in faccia alla
s'
egli di sottecchi la fan-
avanzava, e poi curvandosi, sul focolare
rimise a percuotere con più violenza "
Maria,
"
disse la
cenno che sedesse, importanti che
"Me?" tosto,
ti
"
madre
riguardano.
il
tizzoni.
di Guido, facendole
abbiamo da parlarti
cose
di
"
interrogò la ragazza
vedendo
i
stupita;
e
mal governo che Guido stava
poi fa-
GALATEA.
266 cendo del fuoco,
rivolse
si
ziosamente autorevole di assettare
il
qui sul tappeto
fuoco
Guarda
" :
con piglio gra-
lui
se questo è
Hai mandato
!...
modo
la cenere fin
" !
Guido gettò via
le
molle e appoggiate le gomita
sulle ginocchia, con le
Maria prese
a
mani
reggeva la faccia;
si
cammino
la spazzola del
levò via
e
con tutta cura la cenere sparsa; poi andò a sedersi sopra uno sgabello ai piedi di Anna, pigliò
mano che questa
fra le sue e ritenne la
le
ten-
deva, e guardandola con que' suoi occhi limpidi e sgranati, le disse " "
Parlate pure
:
;
vi ascolto.
"
Si tratta della cosa piiì importante per
ragazza
" :
cominciò
Anna sorridendo
:
" d'
una
un ma-
trimonio per te; e noi dobbiamo chiederti la tua volontà a tale riguardo,"
Maria non manifestò dopo
Un
riesce la
menoma commozione;
suo solito glaciale sorriso, metà superbo,
il
metà incredulo "
la
disse pacata
matrimonio per
affatto
mente....
nuova,
a
:
me ? È cui
un' idea
non ho
che mi
vòlto
mai
Perchè un matrimonio?... Uscire da per entrare in un'altra del tutto
questa casa
io,
estranea, in
mezzo ad
estranei?...
Voi mi doman-
date intorno a ciò la mia volontà quale sia? Che cosa posso vita e
io volere, io
che non conosco nulla della
non so nulla del mondo
?
"
267
GALATEI.
Anna
le
spiegò in breve
nel destino della
taggi avesse,
giovane e con
le "
donna
qual fosse
rivelò
Io
quali
proposto, quali
ti
;
le
van-
buone qualità del
fossero le
casato
,
e concluse
:
ho posto innanzi tutta
cose perchè tu
fosse
sposa e madre
farsi
le felici condizioni del
seguenti parole t'
il
partito
il
come realmente
la
verità delle
potessi decidere con piena cono-
scenza di causa. Certo a noi dorrà grandemente perderti, mentre, tu lo vedi,
amiamo come
t'
il
figlia
e sorella e sei tanta parte della nostra famigliuola;
ma
tu non hai da consultare che
tuo bene, e quando noi
per quanto
ci
abbia a costare
Maria aveva ascoltato immobile e
il
vedremo
ti
il
il
finito,
ella chinò
gliersi in se, e lasciò
il
capo,
andare
che teneva ancora fra
il
lieti,
separarci da te,"
se le si parlasse di
cose risguardanti tutt' altri che
ebbe
saremo
discorso della cugina,
come
indift'erente,
tuo interesse e
felice
la
lei.
Quando Anna
quasi
mano
per
racco-
della cugina
le sue.
Guido, che fino allora era stato colla faccia chiusa fra le palme, sollevò la
testa e volse
uno
sguardo ansioso verso la ragazza, di cui attendeva la risposta. "
E
così, "
cominciò
poi
Maria a dire lenta-
mente, "voi mi consigliate ad acconsentire?"
Guido die un balzo con vivaci parole,
ma
e parve voler si
contenne.
prorompere
268
GALATEA. "
Noi non vogliamo
né in un verso, né è nostro
come "
sopra
obbligo
sé,
nell' altro, "
metterti
il
occhio
sott'
ma
"
disse Anna,
cose
le
"
stanno.
Bene,
influire sulla tua decisione,
"
Maria
disse
e stata ancora
;
soggiunse poscia con accento
un poco d'espan-
sione più che non avesse avuto ancora mai: "^
Non
voglio dividermi da voi, Anna. Io non ho
bisogno affatto di nuove affezioni; schiva....
Quando morì
la
ne sono
anzi
mia povera
nonna.... (vi
dirò con tutta schiettezza cosa che non vi ho
me
detta, solo perché non
ne venne
quando morì quella santa donna,
io
1'
mai
occasione)
non era che
una bambina; eppure v'era già qualche cosa
me
-modo
ma
in
in
un
tutto suo particolare; ebbene, allora, io
mi
che,
non dirò ragionasse,
sentiva
dissi
che non avrei amato più, che non avrei po-
tuto
amar più nessuno
vera morta.
Fece pausa un parlato mai
sì
e forse per la la
voce
al
mondo come
quella po-
"
istante. Ella
non aveva ancora
a lungo di cosa che la riguardasse
prima
metallica
di
volta, lei
;
dacché Guido la udiva, aveva
una
vibrazione
d' affetto.
Maria ripigliava "
:
Perché, vedete,
mio modo, e
sia
io
bisogna che ami a tutto
amata secondo un mio
modo....
Quella povera vecchia nonna come sapeva amarmi
!
2G9
GALATEA.
sapessero amarmi le gole e
Come mi pareva che il
vento,
castagni e gli abeti,
i
freddi ruscelli delle
i
i
mie montagne! Come ed
dirupi
capre vagolanti sui ciglioni dei renti alla
selvaggi e
fiori
le
mìe
accor-
"
mia voce
Negli occhi suoi
!
s'
era acceso uno di quei lampi
di sensitiva intelligenza che accennai darle talvolta,
quand' essa era bambina, un' espressione ammiralampi che
bile,
erano
s'
fatti
sempre più radi
;
le
ciglia le tremolavano, come sotto la pressione di
lagrime eh' ella
si
sforzasse di ricacciare indietro.
momento! Guido
fu
in ginocchio dinanzi
ed
Quanto era bella in quel a
un punto di gettarsele
esclamare «
:
Maria,
t'
amo a
amarti più di tutto e di
Fu
la
madre
mille
doppi,
tutti, e
di lui che
io
;
per tutta
disse
e
saprò
la vita
!
»
con accento di
tenera ra.mpogna e di amoroso rimpianto: "
Oh
Maria
?
che dunque noi non abbiamo saputo amarti, »
lia fanciulla
aveva già vinto quel po' d' emo-
zione per tornare alla sua calma abituale. "
Ah non !
dico questo
"
esclamò,
"
temi a sentir con pazienza, e vedrete.
anzi
!...
Sta-
"
Prese la mano di Anna, la baciò, e poi seguitò tranquillamente "
Dunque
il
alla
suo discorso.
morte della nonna,
io
non
cre-
deva di poter rivoler bene a qualcuno, e venni
270
GALATEA.
a star con voi (come forse ve ne sarete accorti)
con la malavoglia di chi soggiace ad una necessità.
Non
voleva che la vostra bontà infinita,
ci
Anna, per vincere quella mia permalosa rustichezza.
Voi avete addomesticata questa creatura selvaggia, a forza di benevolenza e di generosi riguardi.
mano a mano
io
volerlo, sorse in
r
affetto
me
per
voi
:
dorme laggiù e ora,
Anna,
Non aveva mai
nel
cimitero
vi voglio
detto
cotanto.
di quel-
un profumo
ma
del
Benché e'
nostro
"
bene.
voce non fosse punto commossa, pure so che, leggiero, leggiero, direi,
senza
voi;
una parte
che nutrivo per quella mia buona vecchie-
rella che
villaggio
mi sono assuefatta a
A
sua
la
era un non
apprensibile, un' aura
Anna ne
di sentimento che
fu
tocca. Prese la testa della ragazza, che le sedeva
sempre
piedi,
ai
sopra, la
baciò,
madre. Maria
si
la
strinse
a
sé,
e
come avrebbe potuto
chinatasele fare
una
prestò a quelle carezze con pas-
sivo abbandono, senza restituirle, sorridendo a suo
modo,
e lasciò
riposare in
il
suo capo con muta compiacenza
grembo
Di Guido
ella
della cugina.
non aveva parlato, né pur
fatto
cenno, nò voltogli uno sguardo, né mostrato pure di ricordarsi artista, a le
un
che esistesse: eppure l'innamorato
due passi da
lei,
contemplandola rapito,
mani giunte, sentivasi per quelle parole scorrere fluido di soave voluttà per tutte le vene.
GALATKA.
7
li
i
Stata così un poco, Maria raddrizzava compo-
stamente "
la persona, e
Ora
vivere
e
me una
Ora sono certa che non amerò più
sventura.
mia buona madre e amica e
che voi,
Non mi
am-
nuovo
in
nuove condizioni, sarebbe per
biente, in
tutto....
continuava:
abbandonarvi
altri
sorella
temi viver qui.
"
Anna era per rispondere; ma Guido non ne lasciò "
Sì,
viamo noi
"
tu hai ragione.
Non
vi-
bene insieme? Perchè separarci
Ma
noi!...
l'anima della
"
proruppe,
aifatto
Scacciarti,
glie
tempo.
il
sì,
e
scacciate dal vostro fianco, e lascia-
casa!...
tu
ci sei
Ma
necessaria
se tu^mancassi
di
?...
come qui,
queste pareti diverrebbero tetre, e queste stanze
parrebbero un sepolcro....
"
parole v' era troppo
Si accorse che nelle sue
calore e nel suo accento troppo impeto. Maria lo
guardava con occhio
Egli
freddo.
e
fisso
tentò
correggersi. " "
Chi
Mia madre ha bisogno ti
te
:
"
soggiunse.
togliesse a lei, la priverebbe del suo braccio
destro. Resta con noi. Ti
si offre la
ne faresti tu così semplice
me, che conosco
il
mondo.
denari quella da cui terra.
di
Noi
ti
si
È
Che tu
modesta? Credi a
ben altra cosa che
può avere
ameremo come
di più ancora!...
e
sii
ricchezza! che
ti
i
la felicità sulla
amava
la nonna....
benedetta. Maria, per
GALATEA.
272
che hai pronunziate
le parole
la guarigione
!
A
te devo in parte
mia madre, a te dovrò
di
tezza della sua tarda
età....
riconoscente, Maria!...
"
Oh
la conten-
te ne sarò
tanto
In queste parole, V amore non osava levarsi la
ma
maschera,
tutto pure
si
faceva sentire nelF ar-
denza degli sguardi, nel suono della voce. Anna
ebbe per
la
prima volta sospetto del vero
seguitava a guardar Guido
colla sua
;
Maria
placida in-
differenza. "
"
Or dunque
è deciso
"
ripigliava lo scultore,
;
questo matrimonio tu lo
rifiuti.
Bisogna farglielo
saper subito a quel tale." "
Il
signor X...,
"
Anna,
disse
"
ripasserà
do-
mani." "
E
perchè obbligarlo a venire egli medesimo,
quando
la
mamma
Da' retta, tutti
i
ha da essere sfavorevole
risposta :
il
?...
meglio è che tu subito, con
possibili riguardi, glie ne scriva."
Anna avvolse
il
se
figliuolo,
così
posso dire,
con uno sguardo scrutatore ed amorevolmente compassionevole insieme, poi disse a Maria "
Ci hai tu pensato abbastanza ?
risoluzione
definitivamente
presa,
abbia a ricrederti, a pentirti
me
No
"
Vuoi pensarci ancora
cugina, non
di
:
questa una cui
"
?
Maria scosse tranquillamente "
È
il
capo.
ne pentirò mai." "
?
tu
non
273
GALATEA. "
È
doman
Dirò domani e
inutile.
l'
altro e tutti
giorni di seguito quello che ho detto oggi."
i
"E di
sia
Quanto
!
presso
io desideri conservarti
me, non ho parole per esprimertelo. La tua de-
terminazione, io ne ho ferma fiducia, sarà per
il
meglio di tutti."
E mandò Guido,
il
un' occhiata piena d' espressione verso
quale nella sua contentezza,
s'
aggirava
pel salotto, canterellando e fregandosi le mani. "
Ora vanne un momento "
soggiunse Anna,
ria,"
nella tua stanza.
Ma-
ho qualche cosa da dire a
Guido." parole, si fermò su
Questi, air udire tali
come
piedi,
due
guardò con occhio di desi-
stupito, e
derio e di rincrescimento Maria, la quale tranquilla tranquilla a suo
modo
si
alzava
e se ne partiva
senza aggiungere una parola. "
Guido
!
madre, quando
esclamò la
"
ebbe richiuso dietro sé
il
voce, con cui questa sola
era impressa
d'
immenso
parola fu
:
e la
pronunziata,
affetto.
L' artista che teneva ancora gli occhi
porta per cui la ragazza era uscita, la
Maria
battente dell' uscio
si
fissi
sulla
volse e vide
madre, tutta benevolenza e pietà nel volto, ten-
dergli
ambedue
sa sorridere al "
mani
Mamma
!
"
le
mani, sorridendogli, come solo
figlio
una madre.
esclamò egli precipitandosi su quelle
e coprendole di baci. Uersezio.
"
Mamma
mia
" !
18
274
GALATEA.
Anna
levò via di sotto alle labbra del figlio la
sua destra e passandogliela chiome, "
gli disse
"
Tu ami Maria
Guido
bandonando
!
cadde
le
"
r amo
"
Che
mi ha
dell'
anima sua
:
!
so io ?
"
Anna baciandolo
disse
!
Non ne ho
è
il
tuo ?
sta ora
in
"
nessuno. Quest' amore
preso, senza eh' io volessi, senza che
accorgessi. In esso vita.
ab-
"
Or qual proposito
"
dinanzi, e
capo nel grembo materno, rispose
il
Povero Guido
fronte.
ginocchio
in
con tutta r effusione " Sì,
carezzevolmente sulle
con voce commossa:
là
felicità
me
ne
mia
della
Se Maria non avesse da esser mia, non
dirò che morrei (sono
ti
uomo abbastanza per non
dir più di queste esagerazioni)
ma
me
sarebbe per
un insopportabile dolore." "
Vuoi tu
"
No
:
"
eh' io glie
ne parli a Maria
?
"
esclamò vivacemente Guido, quasi tre-
mando. "
Che cerchi almeno
"
No, no
:
di scrutarne
il
cuore
?
"
ho paura. Forse è meglio lasciarla an-
cora in queir intorpidimento dell' anima che ignora.
Un Il
giorno o
l'
mio sogno
e potere colla lei la scintilla
altro
il
cuore
si
desterà pure in
ò trovarmi in quel
fiamma divina."
dell'
dì
al
lei.
suo fianco
amor mio comunicare
a
275
GALATEA.
X.
Anna zione
Maria
(li
A
signor
scrisse al
rimaner per allora ragazza.
di
questa risposta fu tanta
vane innamorato che di
smuovere
il
giorno dopo
1'
del gio-
afflizione
padre volle tentare ancora
il
la giovinetta dalla presa risoluzione si
lo si lasciasse
madre
di
parlare
colla
le
e
pareva di tutta convenienza
tro insistendo caldamente,
non
perchè
La
fanciulla.
Guido ben rispose che questo era
nò
;
presentò alla casa di Anna, suppli-
cando
inutile,
essere determina-
X...
;
si
tasse della sincerità della data risposta,
affatto
ma V
al-
sospet-
Anna
finì
per acconsentire al domandato colloquio.
Quando furono Maria,
il
in
presenza e
soli
il
primo cominciò a domandare
se proprio secondo
volere di
il
lei
signor X... e alla
ragazza
era la fattagli
risposta, ed essa ciò affermando con fredda dignità. "
lore.
Ma "
perchè
?
liberamente tutto la possa far sia,
si "
interrogò
!
E
"
il
signor X... con ca-
ella avere....
se io potrò
Oh mi
dica
mai far cosa che
cambiare di risoluzione, qualunque
accerti che la farò
La
ciulla,
"
Quale ragione può
ella
ad ogni costo."
ragione," rispose tranquillamente la fanè questa sola
trovo e non
:
che
amo cambiare
Questa ragione non
io sto
bene così come mi
di condizione e di stato."
era
tale
da appagare
il
GALATEA.
276
padre del giovane innamorato, epperò insistette con più forza, soggiungendo che d'
un uomo, che suo
lei,
non voleva viver più
per amor di Dio,
oramai vecchio
l'
conservasse per carità,
;
unico
non
;
trattava della vita
si
era a tale che, privo di
figlio
ad un padre
figliuolo
avrebbe
dovuto pentirsene
a nissun modo, avrebbe avuto dall' Jtmore del gio-
vane, dalla riconoscenza il
di
lui
che la supplicava
più ampio compenso.
povero padre
Il
grime, e ad
era commosso sino alle la-
s'
aggiunger forza alle
sue preghiere
accennava volersi mettere in ginocchio innanzi alla ragazza "
sione
;
Io sento per
ma non devo
;
non r amo a chi non "
;
suo
figlio
ama
se no ?
avrebbe ad
la nostra vita e
sull'
esser
incerta posta d' lei
felice
ben degno
Maria volse lo
la sua."
dipoi...."
che suo
?
al
un avvenire
figlio
quando non coni' è
esistenza
medesimo si
sentisse
suo
diritto,
"
Ciò vuol dire eh' ella
cura e
prendere
Non conviene giuocare V
amato come certo desidera, n' è
figlio,
non mi pare né prudente ne onesto dare
due individui
"
maggior compas-
e
poco probabile. Pare a
come
la
tuttavia ingannarlo.... Suo
s'
Lo amerà
"E di
essa ne lo trattenne.
ama qualchedun
"
altro
suo interlocutore la fronte
!
si-
sguardo limpidissimo,. senza traccia del
menomo turbamento.
GALATEA.
"No,"
uomo la
diss' ella,
mondo.
al
mia mano
starsi tutto
se il
Ma
"né
li
amerò mai
pure se
so
77
questo è certo che non darò
non a chi abbia già saputo acqui-
mio cuore."
Fece un inchino per significare che
il
colloquio
aveva da esser finito e nulla più era da dirsi fra loro due.
signor X... se ne
Il
partì
mentre usciva per una porta, un' altra nel salotto Guido,
il
Maria
"
i
tenuti discorsi.
esclamò egli correndo presso
la fan-
Maria, tu sei un angelo."
"
Essa tolse via lentamente
la
mano da
quella di
Guido, guardando con istupore lo acceso volto di "
e
pigliandole una mano che baciò con pas-
ciulla e
sione.
!
:
quale, colla febbre
addosso, aveva udito, origliando, "
disperato
precipitava da
si
Perchè mi
tu codesto ?
dici
lui.
domandò con
"
accento di gelato riserbo.
Guido rimase impacciato, non sapendo più né che rispondere, né che
quanto
fissi
s'
su
avviò lentamente
mano
aveva la
:
ma quando
Tu
signore ? "
Sì,"
gognoso.
hai ascoltato
fu
al-
con una certa
all'
altro
;
poi
uscio, e già
gruccia della serratura,
sulla
volse indietro e disse "
Maria tenne
senza aggiunger
scrutatrice
curiosità
fare.
si
di lui gli occhi suoi
si
:
il
mio colloquio con quel
"
rispose Guido, abbassando
il
capo ver-
278
GALATEA. "
Hai
fatto molto
male
pronunziò Maria col
"
:
tòno d' un precettore che rampogna un allievo, e sparì, tra
battenti dell' uscio
i
;
ma
se
Guido avesse
levato gli occhi a* quel punto, avrebbe visto sulle
labbra di
un certo
lei
sorrisetto,
che non indi-
meno
indifferente del
cava disdegno e che era forse solito.
Pochi giorni dopo,
il
signor X... partiva con suo
per un lungo viaggio,
figlio
nell' intento di
svagare
r addolorato giovane. Guido
"
"
annunziò a Maria, la quale, come al
lo
lavorava alla finestra del salotto.
solito,
Ah
"
!
fece la fanciulla con tutta tranquillità
:
"
poveretto "
tista
Tu
!
lo compatisci ? "
che
teneva
fisso
esclamò con gelosia
1'
ar-
sguardo sui lineamenti
lo
della fanciulla. "
Sì
;
lo
vedevo
tutti
giorni
i
là davanti con
una faccia così sofferente e così mesta che, davvero, a non averne compassione, bisognerebbe esser peggio che insensibili." "
Ma
Hai ragione. Anch'
ne "
sai tu
Perchè
? "
perchè
il
io lo ?
compatisco e dimolto.
"
domandò Maria alzando
gli occhi
dal lavoro e fissandoli in volto a Guido.
Questi aveva forte, e le
il
cuore
che
gli
palpitava forte
labbra che gli tremavano nel rispondere.
"Perchè t'ama non
riamato...."
-T'J
UAI.AIKA,
come
Si tacque di subito,
mancassero la voce e
la forza.
Maria non disse nulla
mano
e la
se a proseguire gli
corse spedita
riabbassò
;
come prima
il
suo sguardo,
sul suo lavoro.
XI.
A
un tratto Guido fu colto da un nuovo ar-
dore pel lavoro, e per V arte sua, cui da tempo veniva trascurando. Tutto stava
chiuso nello studio
ore del desinare più
nemmeno
i
massa
giorno oramai se ne
compariva appena
non usciva
alle
non riceveva
di casa,
suoi amici, di nulla piacendosi che
d' esser solo all'
alla
;
;
il
opera colla sua ispirazione, innanzi
di creta
che veniva plasmando. Colà
si
provava ad eseguire quella creazione che da un pezzo tentava la sua fantasia
;
imperocché essa ora im-
periosamente domandava di venire effettuata, ed egli
obbediva modellandola in una statua di donna.
Come alla
avete indovinato dicerto, in
bellezza
corporea
d'
una
quella statua,
Venere,
l'
artista
aveva congiunto la leggiadria di volto e V espressione di superba nobiltà che erano in Maria.
A ciò. I
costei
Guido non aveva pur
lineamenti di
lei
aveva egli
pati nella mente, che non
gli
innanzi per ritrarli. Al corpo
r atteggiamento
e la
mossa
fatto cenno di sì
bene stam-
occorreva vederseli
medesimo aveva dato
dell'
adorata fanciulla ;
280
GALATEA.
né aveva voluto per esso avere alcun modello, parendogli questa una profanazione
ma
;
tutto veniva
facendo col riprodurre nella creta queir immagine splendida di fisiche perfezioni che stava incessante innanzi alla sua fantasia d' artista.
Quando
la statua era
avvenne che un giorno
oramai presso serva
la
da recarsi nello studio di Guido,
momenti
entrasse mentre
nell' opera,
di piiì fervore
pensasse a smettere ed a coprire, come di il
avendo
ed essendo egli in uno
lo scultore stava lavorando,
de' suoi
ci
al termine,
casa,
di
non
solito,
lavoro col panno.
La tirne,
serva, finito
suo compito, era per ripar-
quando, per caso, alzò
mandò
statua, e "
il
Madonna santa
Guido
si
!
Ma
non hai
E "
gridò
visto nulla.
egli.
si
precipitò sulla serva,
la bocca. "
Tu non
Hai capito
?
l'
hai a dire.
stia tranquillo
Guido,
calmatosi,
;
Tu
"
la meschinella, tutta spaventata
Ma
:
non parlo.
guardava
"
con
amore
sua.
Ti par' egli
rassomigli ? "
"
No, no,
r opera "
!
mano
"
con impeto dallo
riscosse, saltò giù
a cui tappò colla
Taci
sopra la
quella è la signorina.
sgabello su cui era salito, e
'^
occhi
gli
un' esclamazione di meraviglia.
adunque che questa statua
le
"
Eccome
!
Se
la
fosse di color
carnicino
e
281
GALATEI. coi capelli d' oro la è essa
A
femminuccia
mano
nulla, trattenne
momento che
meglio
al
quella
persona
d' ogni
al
pensò darle una man-
ringraziarla,
e recò la
tire,
in
che
**
vive.
quel
parlasse
volle
;
la signorina, si direbbe
medesima, e che
Guido parve
mondo cia,
come
taschino
;
ma non
ne fece
anche la parola, e lasciatala par-
tornò con nuova alacrità al lavoro.
È
facile indovinare
cosa per quella donna
come
troppo
fosse
difficil
tacere; onde non
il
erano
trascorse ventiquattr' ore che, dopo mille preghiere di
non
non voler
tradirla, mille proteste di
dire,
essa aveva contato a Maria ciò che aveva visto, e ciò che erale intravvenuto nello
La
studio di Guido.
per un poco,
fanciulla, incredula del fatto
aveva cominciato per sorriderne come
d'
una pia-
cevolezza qualunque. «
Eh
via
meraviglia.
«
!
Davvero
Oh
strana bizzarria.
aveva
? »
che idea
gli è
domandato con
È
mai venuta ?
una
»
Quindi una specie di preoccupazione fatta diventar seria
;
l'
aveva
e sul suo volto, allo stupore
e air ilarità era succeduta
1'
espressione d' una scon-
tentezza, quasi di suscettività offesa.
Senza voler più dire una parola s'
alla serva, ella
era ritirata nella sua camera, e là le
vano per la mente poco pensieri
:
men che
si
aggira-
molesti questi
282
GALATEA.
Perchè ha
«
Ne aveva
bianze?...
nulla
E
!...
gli occhi
E
?
Un
A
ne spiace
non dirmene
ha colà sotto
egli
spiace....
Che cosa me ne deve
?
me, alla mia persona, che cosa fa
Ebbene
una parte
momento,
mie sem-
mia immagine.... Oh me ne
me
importare?
E
egli diritto?...
ora, ogni
la
perchè
codesto
egli voluto riprodurre le
mi
sì,
di me....
fa....
come
Gli è
se avesse
»
nuovo pensiero sopraggiuntole
la
fece
ar-
rossire. ((
Conviene adunque eh' egli mi abbia ben bene
esaminata,
mente
bene
studiata
per poter così ottima-
mie sembianze a memoria
ritrarre le
!
»
da una confusione che non
Si sentì prendere
aveva mai provata. «
si
Ciò
sta
lì,
non
va
bene....
uno sguardo che
Glielo
un sospetto
senza
Mentre
dirò....
mondo, esserci
al
uno per uno
vi scruta, vi divisa
ogni tratto, ogni mossa.... No, no, non mi
E mi
piace tanto
statua.
meno
Che cosa sono
io
eh' egli
per
lui
si
piace....
tenga
da voler
quella
egli pos-
sedere la mia immagine? che glie ne importa?
Ma
qui la sua
mente
idee, poiché ella chinò
una leggiera fiamma
il
fu certo invasa
da altre
capo, stette riflessiva, e
di rossore le salì alle guancie.
Rimasta un poco
di questa guisa,
meditando,
levò quindi la testa con risoluzione e disse «
»
Voglio vederla codesta meraviglia.
»
:
2S3
GALATEA.
Chiamò "
la serva.
Quando Guido
sia uscito,
"
le disse
venite
"
tosto ad avvisarmene.
Lo
"
studio dello scultore era a pian terreno nel
cortile, e dal quartiere dei
mezzanini, abitato dalla
una scala interna
famiglia, scendevasi in esso per
a chiocciola. Maria non era entrata in quel vasto
stanzone
mente
che
pochissime
volte,
e
perchè
rara-
accadeva di doverci andare, e perchè pro-
le
vava una
qual ripugnanza a metter piede là
tal
dentro.
Ora, quando
serva venne a dirle esser Guido
la
partito, la fanciulla la
si
diresse risolutamente verso
scaletta a chiocciola,
"
No
suo passo
col
La donna accennò
leggiero. ;
"
le
franco
e
di seguirla.
comandò Maria con accento che non
ammetteva replica
:
"
tu sta' qui.
"
Scese la scala, sollevò la tenda di grosso pan-
nolano che pendeva innanzi
all'
uscio ed entrò.
Cosa strana, e che non capiva e che
non
le
medesima,
ella
era capitata da un pezzo,
il
suo cuore
palpitava per un' inesplicabile emozione.
Nello studio entravano da
due alte e larghe
finestre splendide cascate di raggi di sole. Alle pa-
vedevano appese tutto
reti dipinte di color grigio, si all'
intorno braccia, gambe, mani, piedi, torsi, capi
modellati in gesso
Una
copia,
sui
grande come
capolavori l'
dell' antichità.
originale,
del
famoso
284
GALATEA.
Fauno
della villa Albani si contorceva in
un Mercurio
Gian Bologna
di
da un' altra parte
cielo
pareva volere scaldar
un angolo
si slanciava
verso
;
il
una Venere dei Medici
;
sua nudità a quel
la
sole,
il
quale tracciava traverso la stanza due ampie striscia
luminose tutte piene di atomi brillanti
;
mentre un
Apollo del Belvedere sorgeva in tutta la sua maestosa bellezza di dio che
Maria stette
un timido che ed
usi sieno
voce intima lei
mezzo, press' a poco come
entri in un'
adunanza dove persone
sconvenienza
;
Le parve una
lui affatto sconosciuti.
non esser luogo da
le dicesse, quello
meno che una
sua curiosità essere poco
la
;
a
là in
è vendicato.
s'
dover ella tosto di là allontanarsi.
Nel mezzo dello stanzone,
là
dove meglio bat-
teva la luce, sorgeva una mole sopra uno di quei piedistalli di legno che girano su d'
quali e
si
servono
gli scultori
un pernio, dei
per modellare la creta
codesta mole era accuratamente tutta
;
coperta
da una gran tela inumidita. Maria pensò tosto che quella esser doveva statua colle seihbianze di
per veder la quale
lei,
soltanto era essa colà venuta
la
;
ma
ebbe una certa
peritanza, non che a scoprirla, pure ad accostarsele.
La guardò un
poco, così
come
ella appariva,
sotto quel mistero di pieghe cui le faceva intorno il
panno
mente
gli
gittatovi
su
;
e
poscia
occhi a mirare, un dopo
ne 1'
sviò altro,
lentai
vari
GALATEA,
0§5
pezzi di scoltura che ornavano lo studio. Ella non aveva ancora mai sentito né cercato quel diletto che provasi dalle persone di gusto artistico nella contemplazione delle bellezze
dell'arte. Ora in presenza della pura leggiadria dell' Apollo antico, dell' eleganza di quel Mercurio che vola, della grazia della Psiche del Canova, del sentimento della Pregliiera di Pampaloni, provò ella come una rivelai^ione,
come un subito ammaestramento a un
lin-
guaggio sublime, sino allora ignorato.
Prima padronì di
di tutto lei
;
una
specie di turbamento s'imquella tal voce segreta le sussur-
rava ancora che di là
si
partisse,
occhi suoi quegli oggetti;
ma
non mirassero
quelle forme aveva pure un fàscino a cui
poteva la
resistere....
mente, chi
neppure
li
Quali pensieri
può dire
?
-li
la casta bellezza "di
le
Non seppe
ella
medesima. Certo è che bianze passavano avvicendandosi, e
la
non
passassero per esprimerli mai sulle sue
sem-
come rincorren-
dosi, le tracce di mille sentimenti, di mille affetti 1
quali parevano agitarsi e combatter tra loro nel
contendersi l'animo di
un
tratto,
lasciarla
lei,
e poi, cessando tutti a
ripiombare
nell'assopimento
della sua primiera apatia.
Se non che
la vista d' un altro oggetto venne a suscitarle nuove sensazioni e nuovi pensieri
In un angolo dello stanzone presso ad una stufa che alzava il suo tubo contro la parete
di ghisa
28G
GALATEA.
come per formare un
stava spiegato,
un paravento, di
e sopra questo,
donna buttati
un abito
Essa tenea su que' panni
come
turbati,
A
air aspetto
donna nascosta
uno
scialle
d'
là dietro,
osservata,
Ma-
la indifferente
con-
gli occhi fissi,
una subita minaccia.
chi apparteneva quella roba ?
allora
e
là a casaccio.
Perchè quella vista riscosse ria ?
ripostiglio,
la
C era
una
forse
quale V avesse
mentre Maria
sino
credeva sola?
si
Quest' idea la fece arrossire. Si alzò con coraggio e
camminò
non
e'
era nessuno
vedevano
Uno
Dietro
verso quel paravento.
risoluta
ma
;
le traccie di
palesi
e
numerose
ci
si
passaggio e dimora di donne.
specchio alla parete, con un tavolino dinanzi,
pettini, forcine
tare
i
da
capelli, spille e spilloni
da appun-
panni, qualche nastrino, un guanto femmi-
nile, vasettini di
pomata. Era
difatti colà
dove
si
ritiravano a spogliarsi e rivestirsi le modelle.
Che cosa mai passò per Il
la testa alla fanciulla?
suo volto prese un' espressione di mal talento, dispetto insieme e d' ironia. I suoi occhi
cad-
dero per caso sullo specchio, e vedendovisi
colle
di
sopracciglia corrugate e una specie in tutta la fisonomia,
ma,
corruccio
di
ebbe sdegno di sé medesi-
arrossì, poi sorrise 'lievemente,
come
si fa
dei
capricci d'un bambino, e venne fuori di là Si trovò dinanzi
priva
il
nuovamente
lavoro di Guido. Sentì
la tela che ricopili
di
prima
di-
287
GALATEA.
spiacere che là fossero ritratte le sue sembianze.
Andò presso cui
e
si
statua,
la
diede a levar via
si
Quando
creta.
sopra lo sgabello di
salì
serviva lo scultore il
medesimo per
lavorarci,
panno che ricopriva
la
Maria gettò un
la testa le apparve,
grido di meraviglia e di ammirazione. Questa testa era davvero la sua, quei
ma
tratti erano
animati dalla dolcezza amorevole
quale Maria non
s'
che glie ne rifletteva
d'
un sorriso
neir immagine
mai visto
era
quale non
lo specchio,
suoi,
i
si
cre-
deva nemmen capace di poter abbozzare colle sue labbra.
Lasciando ella stette
lì
ancora
velato
resto
il
del
corpo,
a contemplare quella testa con tanta
grazia modellata, piena di tanta vita, meravigliosa di tanta bellezza.
Le pareva che a
lei si
rivelasse
come una
sorella, la quale col
suo sorriso
nifestasse
un intenso amore e
le
le
ma-
penetrasse nel-
r anima. Giunse "
Oh
le
cara
mani ed esclamò con tutta ingenuità !...
E
sono
Tacque vergognosa
:
"
io ?
e si
guardò intorno, quasi
temendo che alcuno V avesse potuta udire
;
poi un
dubbio gliene venne. "
No, no, è impossibile eh' io sia tanto bella
Saltò giù lesta e corse
mirarsi nello specchio.
Il
dietro
rossore
il
" !
paravento a
ne animava
le
guancie; non era mai sembrata così leggiadra a
288
GALATEA.
sè medesima. Si provò a far quel sorriso amoroso
che aggiungeva tanta malfa tratto
;
del suo
volto
al
due o tre tentativi
e dopo
le
ri-
parve non se
ne discostasse di troppo. Tornò alia contemplazione della statua. «
Ma
questo è uno stupendo lavoro
sè medesima.
d'uomo
non avrei mai creduto che mano
Io
«
diceva a
»
fosse capace di tanto....
Ed
Guido?...
è
Ed è a me che s'è Oh come doveva avermi
Egli è dunque un genio?... rivolto
suo pensiero?...
il
presente ai suoi occhi!...
particolarmente
Ma
per ricordare così
bisogna
di qualcheduno,
tratti
i
proprio averli ben impressi nella mente.... e forse
anco nel
cuore....
ricordarmi
Eh
via
di
suoi....
i
!
franca,
Guido?
Appena
è
aperta,
cosa di dolce insieme,
Anna
le
ho
sì
E
avessi da riprodurre, da
siero
!...
davvero le son
:
sì
;
e le
i
una bella
poi?...
Ah
ras-
care sembianze
contemplate frequenti volte con
saprei.... IJene avrei
povera nonna
ma
È
con qualche
intelligente, lo so;
tanta soavità d' emozione giadre!...
mi sono presenti
se
somiglia molto a sua madre d'
se io avessi da
»
sua fisonomia....
tratti principali della
figura,
po'....
un momento.
Si concentrò «
vediamo un
tali!...
le
trovavo leg-
Eppure
se le
descriver soltanto, io noi
saputo ciò fare di quelle della
che
sempre quelle
Come
avevo presenti
le
là!.
.
Ma
al
mio pen-
ancor esse ora
si
sono
GALATEA.
289
«n po' sbiadite nella mia memoria; e Unto la mia nonna; e l'amo!... »
!•
amavo
,,ur
Questa parola che cadde quaii inavvertita dalle labbra lece su Maria un indicibile eftetto quando se la udì suonare u per le,
all'orecchio. Si riscosse-
come un lampo che
illumini a un tratto oscurità in cui alcuno sia avvolto, e gli faccia scorgere dove si trova; fu come una voce estranea, «quale, a chi .cerchi la soluzione d'un enigma d.ea ad un punto il motto. Chinò la testa e stette un poco 1
^
meditando.
Poscia la curiosità la punse di vedere intiera opera di Guido. Risalendo
1
sullo sgabello, tolse via
nnlTf f "
e a
'"
'"''"""' ^^ «'"*
r rappresentata senza alcun adonto ed arrossì,comeseoffeso e.
Le
torno subitamente
il
velo....
"' """"'^
Maria se ne
sentisse
ilsTopudo!
pensiero di quelle donne
he venivano e che forse avevano visto quella sta! tua, e senti un' ira, un corruccio contro Guido quasi
Terirrr""""'^^^"'»''''"-^-^-" ''"'"'''' sua sull; ammirazione.
la
ezza,
che
10
in
•='='^™» -l-^i
In quelle linee
quella leggiadria
C'era
e'
'^
forza
era una pu-
per
cos
d'
chiamerei di rispetto, che faceva casta quella
"Udita Ideale della forma.
.
Mentt'essaerapiù assorta nella contemplazione l^ERSEZIO.
19
290
GALATEA.
di quel capo d' arte, agghiacciò tutta, fanciulla, nel sentir
r uscio
dava nel
dello studio che
Guido
era
ciola che
che
rientrava.
conduceva
curiosa
la
ad un punto aprire
in
Dicerto
cortile.
Dalla
a
scala
fretta
chioc-
Maria era troppo
al quartiere,
lontana per potervi correre senza essere veduta....
L'uscio era
lì
li
per girare sui cardini e dar
passo a chi veniva. Piuttosto che
essere colta in
quel luogo, ella avrebbe dato non so che.
Non
sa-
paravento ed ebbe appunto
peva cosa
fare.
tempo
mettervisi dietro, palpitante, che Guido
di
Corse
al
entrava accompagnato da un suo collega.
XII.
Mentre Guido richiudeva V uscio
compagno
s'
inoltrava nello studio
d' ingresso,
e
il
suoi occhi
i
cadevano di subito sulla creta in cui era model-
r immagine
lata •
"
Ah
!
"
contemplare
Ma
di Maria.
esclamò, il
"
finalmente ho la ventura di
tuo misterioso lavoro.
non aveva ancora
che
finito,
"
Guido,
vol-
gendosi e vedendo scoperta la statua, aveva mandato
un' esclamazione
di
stupore
e
s'era slanciato sul panno che era salito
dice, si
di balzo sullo sgabello, in
aveva ricoperta così bene
poteva più scorger nulla.
1'
in
di
dispetto,
terra,
poi
meno che non
si
opera sua che non
291
GALATEA. "
Per Dio
un
Vorrei
!
po' sapere chi
è
stato
qui mentr' ero fuori ed ha avuto V audacia di levar "
via questo panno.
E di
1'
amico un poco punto da questo procedere
Guido "
:
Sai che
farti torto
:
può chiamare un originale senza
ti si
"
"
diceva.
Tu
tieni nascosto quel tuo
lavoro più che non farebbe un Turco geloso della
donna
dell'
" Il
si
amor
suo.
"
paragone è più giusto di quel che credi
lasciò scappar detto Guido.
"Buono!" soggiunse ridendo dunque
la statua della
Si dice che
quell'altro.
"È
tua bella? Ora capisco!...
non hai voluto nemmeno una modella
perchè occhio profano non la mirasse.
in
" :
"
È
"
Cospetto
vero.
!
e'
è qualche cosa dei tempi antichi
un profumo
codesto:
"
"
di
medio
Tu mi
evo.
sembri un artista del quattrocento degno di figurare in un romanzo. "
"
Io faccio quel che
mi piace
:
"
seccamente, come chi desidera che
disse il
Guido
discorso
si
tronchi. "
Fa' un' eccezione
questa che a
me
per
me
;
lasciami
giuro che non ne fiaterò con anima viva.
E
fece
vedere
parve una bellissima cosa, e
un passo verso
lerne alzare la tela.
la statua,
ti
"
come per vo-
292
GALATEA.
Guido se "
"
No,
che
sentirò
mia opera potessi
pose risoluto dinanzi.
gli
"
disse.
altr'
Per nessuna cosa occhio
prediletta.
veda
mondo
tratti
i
Guarda!
al
con-
di questa
Piuttosto, se non
difenderla, la infrangerei, te lo
altrimenti "
giuro
!
Come
"
dramma Un
Rolla nel
capolavoro sco-
nosciuto;" disse l'amico ridendo.
Ma
Guido
lo
guardò in un certo modo da non
incoraggiare la sua ilarità. "
sei
Senti
"
disse in tono burbero
!
e
secco,
venuto per prenderti que' certi disegni.
Aprì una larga cartella e "
Eccoli qui
"
Diavolo
punto
E "
!
gentile.
;
pigliali e
Tu mi
tu
"
trasse fuori.
li
Dio
'
t'
accompagni.
metti alla porta in un
"
modo
"
Guido, con voce e tono più miti e benevoli: Lasciami, te ne prego
ho bisogno di lavo-
:
rare, e più d'esser solo.... Compatiscimi. Io, vedi,
sono in una strana riconosco più sia
io stesso.
un vero amore
d' artista
E
fase
mia
della
Ah
vita.
Non mi
tu non sai che cosa
!
alla nostra età,
per un' anima
" !
come vide che
quel!' altro
voleva parlare,
soggiunse vivacemente: "
Ah
Soffro, e
!
non domandarmi
nulla,
m' arrabbio;... e m' è caro
cami pure un pazzo
:
lo
sono
;
ma
non dir soffrire.
nulla.
Giudi-
abbi tu buon
293
GALATEA.
senno e la generosità dì non darmi né consigli, né
non
conforti, ne di farmi interrogazioni a cui
sponderò.... Addio.
Queir altro uscì stringendosi avere stretta la
ri-
"
mano
all'
nelle spalle,
amico con pietosa
dopo sol-
lecitudine.
Quando Guido r uscio
dietro
1'
si
credette solo, serrò a chiave
amico
partitosi,
un certo
alla statua, e la scoprì con le si
andò lentamente rispetto. Poi
pose dinanzi e stette a contemplarla, rapito,
con tanta passione nello sguardo che era una te-
nerezza
il
vederlo.
Durante
il
colloquio dei due artisti,
il
cuore di
Maria aveva con profonda emozione palpitato. Diverse il
e le più nuove sensazioni si contendevano
suo animo.
ogni fatto,
Temeva d'essere scoperta
momento. Che avrebbe se
mai
la trovassero
lì
colà ad
che avrebbe
detto,
appiattata? Dio che
vergogna! Quale confusione! Frattanto le parole di Guido, che rivelavano tanto amore, la conturbavano tutta e con una soddisfazione, di cui
non avrebbe immaginata l'uguale
mai. Trovò lento a partirsi quell'importuno che era
venuto con Guido
ed
ella si
;
e poi,
seppe sola con
quando colui fu
lo scultore,
uscito,
una specie
paura, un malessere la invase, che
le fece
rare qualcheduno sopraggiungesse.
A
di
deside-
questa in-
quietudine, della quale non sapeva, né cercava pure
294
GALATEA.
una ragione,
di darsi
ella attribuì
rapido battito
il
del suo cuore, fattosi così forte che fu costretta a
porvi su una mano,
come per
e
un intimo senso,
di cui
Mai non
frenarlo.
aveva provate così acute emozioni
se ne stupiva,
;
non era padrona,
glie le
faceva trovare, nella loro violenza, dolcissime.
Ah
«
!
ancor io ho un cuore
punto premendosi più forte
il
» si
!
disse ad
petto con
ambe
un le
mani.
A
traverso una commettitura del paravento, ella
poteva scorgere per intiero quello che succedesse nello studio, e
V occhio suo, più vivido e animato
dell'ordinario, vi lanciava uno sguardo di cupida curiosità.
Guido,
le
mani giunte,
gettate
all'
in
s'iava
zione innanzi al simulacro di
lei.
muta adora-
Le chiome scure,
indietro, lasciavano scorgere in tutta la
sua bellezza, la vasta e intelligente di Gli sguardi lampeggiavano
una
;
le
lui fronte.
labbra semichiuse in
specie di sorriso, che avreste
detto
lasciavano passare grave quasi affannoso
estatico, il
respiro.
Nella sua figura, nel suo aspetto, nel suo contegno, egli
aveva forza insieme
della virilità
e
grazia,
l'
imponenza
congiunta a tutta la tenerezza della
passione.
Maria
lo
mirava con involontario, inavvertito
commovimento.
11
Guido
lo aveva visto mai.
di queir istante, essa
Le pareva una
non
rivelazione.
GALATEA.
Lo
scultore sollevò le
la statua,
come
parlò con voce
mani ancora serrate verso
da un devoto, pregando, e
fa
si
2U5
dolce, che la fanciulla nascosta
sì
se la sentì penetrare nel cuore.
Che occhio umano
«
che
il
mia
—
t'
abbia da
mio, o diletta, no, no, non
vedere fuori
e solamente mia, tu creta da
suir immagine appartieni, e
ti
neppure
sua ostile freddezza
la
a me. Io
r anima mia fatta realtà
;
;
m' arde.
amo
non
vi
sai,
di
t'
amo
ha come
Maria
!...
tutta
;
e a te lo posso
le parole, e
effondere
mezzo seduto innanzi sorridimi,
diletta
mia
Abbi tu almeno pietà
Ella è più insensibile del le
col-
la
innanzi a te
che
passione
»
nocchiato,
Oh
mani,
in lei cipiglio severo
Salì sullo sgabello e vi si acconciò
«
;
può contenderti
tu sei la parte migliore del mio cuore
che mi gela sul labbro
ho coraggio
ignora-
tu sei la visione della mia fantasia
estrinsecata.... T'
dire, e in te
mi
può togliere
ti
ho formata, più che colle
t'
— tu
possiedo senza contrasto,
tamente, e tutta!... Neppur essa mi
sei
me plasmata
queir angelo adorato,
di
Tu
lo voglio.
marmo
mezzo
ingi-
alla statua. !...
Oh guardami
di me....
Non
sai ?
in cui vo' tradurre
tue sembianze, ella ha sotto le sue carni
meno
cuore di quello che abbia tu nel tuo corpo di creta; ella
che nulla vide mai
del
mio turbamento
al
suo cospetto, che nulla sentì mai di questa febbre
296
GALATEA.
d'amore che m'arde per dimi.... ti
Ah
no
Sorridimi,
lei!...
non è questo ancora
!
vidi ne' miei sogni.
Si drizzò di scatto e fu per
No,
no....
sorri-
sorriso che
»
sul volto della statua «
il
ma
;
si
non
eh' io piiì
portar
Non può
ti tocchi....
più oltre r arte mia.... e desiderio
d'
uomo,
quanto intenso, non può compire miracoli. Scese dallo sgabello e
per la stanza,
r
la fronte china.
Dopo un
ansia.
si
mano
la
trattenne.
pose
A
per
»
a passeggiare
Maria
accrebbe
s'
Guido tornò a fermarsi
istante,
innanzi alla statua. «
E
non oserò mai parlare come
dire che a lei
parlo a te
!
le svelassi la
per sempre ciò
eh' ella ignorerà forse
che accade in quest' anima
mia fiamma,
da esserne commossa
Se
lo sapesse, s' io
chi sa eh' ella
Se
!
!...
r esser mio anela verso di
le lei
;
come
non avesse
come
dicessi
tutto
e dì e notte,
e veglie e sonno, e cuore e cervello, e pensiero e sensi, tutto in
gine, d'
me
è pieno di
delirio per essa
!
Come
una seduzione, come della
lei,
uno spasimante desiderio,
mia
vita,
come
il
ogni
suo
vederla è
della sua d'
imma-
un incessante
atto
è
per
me
una necessità
degl' impeti di passione m' as-
salgono nel contemplarne la bellezza da gettarmi in terra a baciar »
Oh
l'orma dei piedi
suoi!...
destare quell' anima assopita in tanta av-
venenza di forme, suscitarne la potenza
d'
amore,
GALATEA. farla palpitare sotto
primi,
i
.
celesti,
i
il
casti
297
mio amplesso
fruirne
e
dalla fanciulla la donna, fare scoppiare
perba indifferenza
il
palpito espansivo,
abbandono dell'amore! Sarebbe terra. Darei la vita che
d'
per possederlo
mi
» Tu non uomo possa
i
trasporti, e fare sbocciare
il
dalla
su-
voluttuoso
il
paradiso sulla
mio sangue, tutta
il
rimane....
sospetti
nemmeno, o Maria, che cuor
accogliere e sopportare tali tremendi
spasimi, che sono inesplicabili e potenti
come
la
morte, che sono un nulla e che contengono r universo. T'amo con tutta la potenza dell'anima. T' amo,
come non ho amato mai, neppure il tanto seducente fantasma della gloria. Per me, e gloria e felicità e amore e tutto
sorriso....
si
comprende
sta fredda creta, e tu frapponi fra il
tuo una barriera di ghiaccio....
fai soffrire,
Cadde
in
un tuo
T' amo, e tu sei più insensibile che que-
tu non lo sai
il
mio cuore e
Oh quanto mi
»
!
in ginocchio innanzi all'
opera sua, e un
singhiozzo gli ruppe dal petto. «
E
non ho speranza
venustà mi sembra
sì
!
Quella tua
mai non potrò giungere sino ad riso eh' io
t'
ho dato e che qui,
è una menzogna con
indifferente
alta, sì olimpica,
cui
m'
Maria, mai non mi amerai,
essa....
che mai,
Questo sor-
solitario,
illudo, lo so
vagheggio
bene
:
tu.
come mai non potrà
intendere le mie parole e sentire la mia passione
298
GALATEA.
questa grossolana materia in cui ho informato la tua immagine....
Ah
s' io
!
Prometeo e potessi
fossi
rapire al fuoco del cielo una scintilla,
onde ani-
mare, non fosse che per un istante, quest' opera
mia
Potess' io coir intensità del mio desiderio com-
!
pire
miracolo di Pigmalione e dar vita un'ora
il
soltanto alla
mia
Galatea....
e poi morire
delirio,
!
ambe
Si strinse con
un' ora
le
mani
disfatto,
amore, di
la testa,
sente la ragione sfuggirgli, e chinò tutto
d'
»
il
come
piangendo inconsciamente
e
chi
volto a terra silen-
ziose lagrime.
A
un tratto udì vicino a sé un fruscio
un passo leggero, sangue
un
lieve
gli si rimescolò,
;
il
Il
suo
miracolo agognato
In Galatea era entrata
l'
di vesti,
affannoso.
Il
e in sussulto egli levò
capo e drizzò la persona. effettuato
respiro
anima
:
desiderio si
si
il
era
era compiuto.
innanzi a lui stava
Maria, la sua statua in carne viva, arrossita, sorridente, d'
le
labbra
amore negli
tremanti,
una divina fiamma
occhi.
XIII.
mandò
Guido dell'
anima
in
un' esclamazione
dal
profondo
un commovimento che non
si
può
spiegare a parole; e senza aver forza di far pure
un
atto,
rimase
lì,
tremando, a contemplare con
299
GALATEA. occhi innamorati
templano da un ascetico bellano
come
quell'apparizione,
con-
si
visioni che ab-
le celesti
suoi mistici delirii.
i
animata da una nuova vita che splen-
Maria,
ne' suoi sguardi, nel suo sorriso, nel rossore
deva
delle sue guancie,
come fiamma accesa entro
puris-
simo alabastro, scossa pur finalmente dal tocco di quella scintilla che lo scultore aveva con tanta intensità di desiderio invocata dal cielo,
nuova, incognita forza che rito e volontà e cuore
padroneggiava e spi-
le
Maria
;
s'
tutto rapito, e con carissimo
su di
un
lui,
lui fu
come
se a quel
tuttavia, depose
punto
lancassero le porte del paradiso.
capo con acuto diletto passò innanzi agli occhi
egli fosse "
delizia
amante
abbandono curvatasi
al cuore, ;
gli
gli
Sentì
cezza ineffabile scorrergli per tutte
suprema
ali*
ampia fronte che ardeva.
lieve bacio sull'
Per
accostò
come stava
inginocchiato
mossa da una
le
spa-
si
una dolvene e far
una nebbia
gli
parve che sotto quella
suo essere avesse a disfarsi ed
il
per dolcissimamente morire.
Maria
!
Maria
!
"
balbettò con voce soffocata,
senza poter aggiunger altro.
E
la fanciulla
che in quel nuovissimo tumulto
dell'
anima non riconosceva
era
inconscia
come
sotto
de' fatti
un
tesse resistere
;
influsso
suoi
piìi
sé stessa e quasi
e parlava
ed
agiva
superiore a cui non
po-
la fanciulla, ripetendo quel bacio
300
GALATEA.
soave, pronunziava con voce sommessa, che carez-
zava
portata "
sull' ali
d'
una tepente aura
T' amo. Guido,
Per un istante so
Guido come una dolce melodia
le orecchie di
sì
!
stes-
dal suo petto ansante, dalle sue labbra tremule
;
ma un supremo
non potè uscire che un grido, grido di gioia ferrò le d'
:
"
io
non credette a se
artista
1'
d' aprile
amo, ancor
t'
"
rola
;
mani
emozione
poscia, inginocchiato com' era, af-
Tu mi ami che mi
della vita
Oh
!
con
e
un
fremito
:
ripetimi questa magica pa-
cambia
Io
!
fanciulla
della
ineffabile, disse
un paradiso
in
la
miseria
amo, Maria, sconfinatamente, san-
ti
tamente, eternamente
!
come non ho amato mai,
come non ho creduto mai neppure che uomo potesse "
amare
Quante volte ho
come ora piedi
sulla terra....
desiderato
che
lievemente
sì
terra, e dirti che
t'
amo
ti
fanno
e morire
ho sospirato su queste tue
esili
appoggiare
un
mie labbra
e lasciar sovr' esse
r ultimo bacio
istante
!
esistenza
il
Amami,
!...
un corrisposto amore.
mi ami
gettarmi
così,
sono, ai piedi tuoi, a quei leggiadri tuoi
mio
sorvolar !
bianche
volto, l'
sulla
Quante volte manine
premere
le
ultimo soffio col-
o Maria.
Oh dimmelo
La
felicità
è
ancora che tu
Questa tua parola ha traversato
la
mia
come un lampo illuminandomi un Eden
vagheggiato
:
deh
!
non fare che come un baleno
3Ul
GALATEA.
pure passi e ancora....
dilegui
si
sempre
e
Ho
!
Non
!...
si
cilmente a tanta ventura. babile!
Ed
1'
ancora.... Io
!
cielo!
Ma è me?
ella pro-
Per que-
Dimmelo, dimmelo
palpita?
qui
menso amore che Guido
così fa-
ho meritata questa gioia dopo tutto
quel che ho sofferto
"
sentirla
può credere
me, proprio per
è per
che
cuore
sto
bisogno di
io
;
ben
porto.
ti
lo
merito per V im-
"
mormorò dolcemente Maria, ma con
"
infinita tenerezza nell' accento.
Ed come
io ti
t'
la vita d'
lei,
amerà mai, nessuno
ti
:
può amare
amo. Senti questo palpito irrefrenabile
che mi rompe
E
da quella voce
egli viepiù accalorato
Nessuno
"
il
petto
un uomo.
;
lì e'
è la passione di tutta
"
drizzatosi della persona,
spasimando,
amore dagli
La
levava verso di
spirando
anelando,
occhi.
si
fanciulla
voluttà
affascinata,
mossa a quell'ardenza che tutta
la
ed
com-
investiva,
a
quel palpito di cuore che sentiva corrispondere al suo, a quel suo palpito che
provato prima
;
mai non aveva ancora
la fanciulla si chinava
verso quel capo di
sì
da parte sua
potente bellezza, raggiante
essa pure nel volto di desiderio e di passione.
Ma
ad un tratto
ella
grido, respinse V amante, di lui
da
sé,
si si
riscosse,
mandò un
sciolse dalle braccia
che r avevano avvinta. Egli vide a due passi quale aveva
tentato
riprodurla
coli'
opera
302
GALATEA.
della sua l'
mano,
vergine leggiadra, la luce del-
la
intelligenza e
dell' affetto
nello
sguardo, dritta
mossa, cinta di virtuosa dignità, pallida
in nobil
pallida e colle labbra scolorite che le tremavano.
Le "
si
mani giunte:
rivolse colle "
Maria!...
Non più " diss' ella con voce commossa. " Non più una parola, ti "
tutta
!
prego.
ancora "
Egli sorse e volle avvicinarsele. '^
Lasciami,
ho bisogno
E l'
"
"
gridò ella vivamente,
lasciami,
"
d' esser sola.
ratta sparì dietro la tenda che pendeva dal-
uscio dove faceva capo la scala del quartiere su-
periore.
Guido rimase là piantato a guardar quella tenda che era ricaduta dietro
guarda
il
luogo per cui
i
passi di Maria, è
come
chi
una carissima
sparita
visione, quasi credendo d' aver sognato.
Maria corse a rinchiudersi nella sua cameretta.
XIV. Maria
si
nulla intorno a sé
;
il
fronte le abbruciava
Andò
come sbalordita
e
cuore le batteva,
le
sentiva
:
alla finestra
per cercare
non vedeva batteva
;
la
non riconosceva più sé stessa. con moto maccliinale e V aprì
nell' aria di fuori
dore della sua faccia.
un refrigerio
Correvano
i
all'
ar-
primi giorni
GALATEA. (Iella
303
La brezza era
primavera.
di
quelle che
appaion fresche alla prima impressione,
hanno
in se
un tepore,
sinua nelle
nostre
il
pure
quale, quasi latente,
s' in-
vene
al
cuore
quell' auretta
;
rinnuovamento
Maria
i
scorrere
e fa
più rapido e lo spinge con
vita nelle piante,
ti
ma
di
tumulto aprile
canti amorosi
sangue
il
al cervello e
che suscita la
negli augelli,
il
in tutta la natura.
la sentì intorno alle sue tempie,
codesta
auretta, e un lieve gradito brivido la invase. Essa le ricordava l'anelito
appassionato di
Guido che
erale passato sulla fronte.
Innanzi aveva la casa in cui abitava quel gio-
vane che r aveva chiesta in isposa e che era partito disperato pel rifiuto di lei.
queir infelice non
le
Perchè
la vista di
aveva nulla destato nel cuore
?
Egli aveva pure amorosi e supplichevoli e adoratori
gli
Mostrava pure
sguardi!
quanto sentisse e quanto
non ne aveva
ella
soflFrisse
stibile
aspetto
E
perchè
saputo, avrebbe
che l'avevano vinta in bocca
no,
certo! Niuno
al
brava potesse parlare come Guido poc'anzi....
!
quelle calde parole, con queir irresi-
accento
Guido? Oh
suo
provato che assai sterile com-
passione? Quel giovane avrebbe potuto dirle
il
per essa
Ed
mondo le
le
di
sem-
aveva parlato
ecco penetrare nel suo pensiero con
cara violenza l'immagine dello scultore tutto fuoco nello sguardo, tutto passione nell'accento.
304
GALATEA. Ella strinse le mani, e con involontario prorom-
pere esclamò: «
Coni' era bello
!
»
Poi subito arrossì e
si
sima e un altro pensiero «
Oh amare
E
il
occupò la mente.
non essere amati
e
un gran tormento
vergognò di sé mede-
le
!
dev' essere
:
»
suo sguardo ricadde più pietoso sulle fine-
stre chiuse dell'appartamento di prospetto.
Successe allora una confusione nel suo cervello, dal quale parve
sembrò
fuggisse ogni pensiero;
che r intorpidimento di prima volesse riprendere possesso dell' anima e dell' intelligenza di
Nella strada andava, veniva,
si
lei.
agitava la folla
dei passeggeri. Poco lontano, dalla parte opposta della strada, era
un giardino
muro sorgevano
le
Su quei rami
saltellavano, si
tavano
lieti
il
gaio verzigno di qualche
scossi dalla brezza d'aprile,
cinguettavano, esul-
rincorrevano,
della vita e
allegro pispiglio,
i
di sopra del cui
cime degli alberi nelle quali
cominciava a sorridere fronda.
al
dell'
ora del tempo in un
passeri linguacciuti e petulanti.
Da quel giardino, commisto a quel tepore primaverile dell' auretta,
veniva
guancie, alle nari, alle dell'
erbe e dei
celletti, dell'
il
sino
alla
fronte,
labbra di Maria
fiori novelli.
Il
il
cinguettìo degli uc-
ronzio della folla nella strada,
aura negli alberi, tutto
alle
profumo
s'
univa
il
fruscio
con un' ar-
GALATEA.
3^5
mo'iia segreta e indefinibile che la fanciulh con,p,endeva, ma assorbiva, per cosT ,i . "'' inesplicabile voglia e desio.
non '""
"""?
""" '""'''''' "' '^' "^ voce che cantava un' aflettuosa canone Mana sollevò il capo a guardare in a „ donde scendevano le allegre note frest d tresca d'u'!""';' una donna
Era ad una
finestra del quarto piano.
vinetta, forse dell'età
medesinm
di
Una
Maria
vi
gio-
stava
™"»' «^h"""» al lavoro, vedovasi la della salute e della gioventù e I' la ita ®"'
l''T flonde..a
anione:: lauao era r"'"-''^"'™"^^'''^'"--'--a amore.
A un tratto la cantatrice s'interruppe man dando un piceol grido e volgendo bruscaTenre
--»^fr•:t;:rr^^-'""--:~di«.usesur::tnc::riur;: ed, mano Tosto compari
a 1
a
le,
la
maseh,a figura
P.gl.arono
come
le
mani e se
se intorno a loro
--evano,
Si
d' le
alla finestra accanto
un giovane operaio strinsero:
non esistesse
parlavano
si il
vivam^a''
Sì
gua d";.„o
,«1
:r'r
Maria era tutta turbata. Levò lo sguardo al elo le parve più bello che mai l'azzur Ode ;
-"OJ^
soie
Che
splendeva
allegram:;?^ 90
306
GALATEA.
tornò come un sorriso di tura
tutto
:
mondo
il
le
na-
dell' intera
felicità
apparve sotto un nuovo
aspetto. «
Sono amata!
mormorò con
»
quasi compiacendosi
della
sentiva riposta in queste parole.
Le venne
in
mente
d'
infinita dolcezza,
dilettosa «
armonia che
Sono amata
improvviso
tutto
!
»
suo
il
passato. Si vide
bambina ancora nonna che
la figura della
amoroso
;
gna, dove
godeva sdraiarsi
della sua
l'
all'
intorno
capre. Si ricordò delle
mobile, guardando
;
vide
guardava con occhio
la
coste erbose
vide le
muscose, mentre
cie
al villaggio natio
ombra
le
ore che
monta-
delle
roc-
pascolavano
le
passava colà im-
acqua del torrente che scor-
reva, ascoltando la gran voce della natura, cui non
capiva.
Era meditazione, era pensiero quel suo
No
;
era bene la medesima
quanto diversa
quel tempo,
di
Più tardi, per
capito ed appreso
a sonnecchiare
vita,
ma
pure
!...
le
amorevoli cure
cugina, erasi desto dapprima
tito,
allora ?
era un sopore, era un intorpidimento. Oj"a ella
;
;
ma
fino
il
il
buona
della
suo intelletto aveva ;
cuore aveva continuato
a quel dì non aveva pur sen-
fuorché leggermente,
il
bisogno d' una nuova
non aveva creduto mai, né pur pensato, che
potrebbe amare.
GALATEA.
E
tanto più
Ella
amar Guido
3Q7 !
ricordò la prima impressione che in aveva fatto quel gran cugino sconosciuto, si
lei
che
le
era capitato al villaggio in una giornata così iufausta della sua vita. La ne aveva avuto paura dapprima, poi per lungo tempo soggezione. Rammentò quella specie di disdegno che Guido
aveva
provato in seguito per essa, quando neir opera di istruirla
s'
era stancato
e si ricordò come, anche ne avesse sentito vergogna e dispetto, che aveva accuratamente nascosti. Le tornavano ;
allora, essa
in
mente quegli
istanti in cui, per un impulso segreto che non aveva mai cercato di spiegarsi, sin da giovanissima ella rimaneva sovraccolta ad ammirare la bellezza e 1' espressione dei lineamenti di Anna, e nel mirarli provava un' intima
dol-
cezza, e
si
disse
ciò
che non
si
era detto mai:
che quella era pure la bellezza di Guido, tanta era la rassomiglianza fra madre e figliuolo Poscia riandava V epoca in cui Guido era partito, !
e tutti
le
m
tornavano a mente, parola per parola, i colloqui cui Anna aveva esaltato il suo figliuolo con
tanto calore, e
si
pensato più, pure
stupiva, le
come
ora,
non avendoci
ritornassero così presenti alla
memoria.
Guido poscia era ritornato. Ella rammentò meraviglia e V ammirazione con cui egli V
la
aveva
rivista, e sorrise
a quel sovvenire.
Le tornarono
308
GALATEA.
mente tutte
alla s'
era venuto manifestando
Guido, e
a un
;
commossa, quasi ((
punto
io
!
li
attonita,
ad un tempo
me e
ha
lo
suscitato....
ne sono amata.... Saremo
Cadde seduta, abbandonate
sulle ginocchia,
un
sguardo
visione si
d'
oro
difatti,
più
delle dall'
sì
innanzi a sé,
celeste.
Innanzi
svolgeva intessuta di
gemme,
ri-
del loro
av-
splendide
amore,
di beati-
sorriso
alla sua fantasia,
trapunta
Oh
felici. »
fiso
come a contemplare una
camata
lui
mani, colle dita intrecciate,
le
tudine sulle labbra, lo
seta,
per
nascosto, inavvertito, e ora la sua pa-
rola fu la scintilla che
r amo
:
ho sempre dunque amato,
l'
senza volerlo, senza saperlo?... L'amore era in
di
aveva no-
esclamò,
lieta e atterrita
Ma, mio Dio
amore
nascosto
il
accorse che senza volerlo
s'
raccolti
e
tati
per cui tratto tratto
le occasioni
tela
la
venire.
Guido, da parte sua, era rimasto là in mezzo al
suo
studio,
dritto,
smemorato,
porta per cui erasi partita
Maria,
guardando non
credere a sé stesso, domandandosi se
un sogno,
temendo esser vittima
d'
la
potendo
quello era
una
troppo
gradita illusione. ((
E
Ella era qui
io sentii
alito sulle
mi ama...
il
»
esclamava,
«
era qui
suo cuore battere sul
mie guancie, ciclo
!
e la
mio,
Maria il
!
suo
sua voce dirmi che
è possibile ?
»
GALATEA.
30y
Passò anch' egli un'ora di dolci e sublimi meditazioni d'amore, poscia salì palpitando la scala a chiocciola, ansioso, determinato di trovar Maria a ogni patto. Aveva assoluto bisogno di rivederla aveva bisogno che essa gli riconfermasse la feli'
cita fattagli apparire.
Maria
lo
udì avvicinarsi e gli mosse incontro
serena, un po' pallida
come
la
statua da
per l'emozione, sorridente
lui
plasmata. Porse con atto solenne la destra allo scultore e gli disse con grave accento:
"Avevo mestieri
di raccogliermi e di
Non ad un
pensare
subito turbamento e ad un improvviso delirio volevo dovere il nostro destino, ma alla convinzione d'un vero affetto. Ora sono tua per sempre. Vieni, andiamo a gettarci aì piedi di tua "
madre.
Anna
li
vide entrare nella
dosi per mano,
come due
sua stanza, tenen-
sposi
che camminano
verso l'altare.
Quando
tutto le ebbero narrato, la
(.uido allargò le braccia e
ambedue
li
cuore con affetto veramente materno.
Guido ha ridotta ria
ma
l'ha
marmo
in
rivestita
la statua
bellezza,
di
di
Ma-
d'un lungo paludamento.
Ola questa stupenda opera dell'amore, i^armorea
madre
strinse al
sta,
come un
nella sua
idolo nel san
310
GALATEA.
tuario, nello studio
dell' artista,
e
quando alcuno
meravigliato a tanta venustà, ne interroga lo scultore; egli risponde con un caro orgoglio:
— Questa
la
è la statua della
quale ora è mia moglie.
Fine.
donna che amo
INDICE.
Al Lettore
Il
cane del cieco
Un genio Galatea
sconosciuto
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