FOCUS ON
A cura dell’Ufficio Studi Economici
Una macchina da export L’altro Made in Italy per ricominciare a correre
EXECUTIVE SUMMARY • La percezione del Made in Italy, all’estero come in Italia, è ancora legata ai prodotti del settore agroalimentare. In realtà, questa parte del Made in Italy, seppure importante, vale il 7% del nostro export: la vera Italia nel mondo sono i nostri macchinari, che valgono 74 miliardi di euro, quasi tre volte tanto. • Negli ultimi dieci anni l’export di prodotti alimentari è cresciuto molto di più rispetto a quello di macchinari; negli ultimi tre addirittura due volte tanto, a vantaggio di tedeschi, americani e nuovi concorrenti. L’Italian Tale (iTale) che potremmo raccontare parte da qui, dalla consapevolezza che organizzazione, filiera e proposta finanziaria possano creare un percorso di crescita sostenibile e duratura anche per questo comparto così importante. • I beni di consumo italiani rimangono un’eccellenza, ma dobbiamo ritrovare il coraggio di battere i migliori sia a valle sia a monte della filiera, riorientando il nostro modello industriale a vantaggio dell’intera catena del valore. • Secondo le previsioni SACE, l’export di macchinari italiani crescerà del 5% l’anno fino al 2018, raggiungendo i 90 miliardi. Se promuovessimo queste industrie come stiamo facendo per i prodotti a valle, ad esempio gli alimentari e le bevande01, otterremmo nei 4 anni 12 miliardi di euro di export in più. • Le geografie che vanno approcciate sono molto eterogenee: ci sono i principali importatori mondiali come Stati Uniti, Cina, Germania, Regno Unito e Francia, ma anche mercati in forte espansione come Messico, Thailandia, Turchia, Arabia Saudita e Polonia.
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Vedi “Focus On - Quota 50 miliardi di Euro: un obiettivo raggiungibile per l’export agroalimentare italiano?”, SACE, marzo 2015.
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FOCUS ON Una macchina da export Ottobre 2015
LA CREAZIONE DI VALORE PARTE DAI MACCHINARI La pressione competitiva dei prodotti cinesi a media tecnologia ha avuto effetti significativi sui diversi mercati di prossimità: Estremo Oriente, America Latina e Africa sub-sahariana. Pechino ha alimentato da parte dei Paesi di queste aree un import crescente di beni strumentali a fronte della sua intensa domanda di materie prime02, con il risultato di frenare lo sviluppo dei relativi settori manifatturieri. Questa “colonizzazione di ritorno” ha spinto diversi Paesi a dipendere dall’appetito cinese per le commodity, che oggi è in calo. Il rallentamento della domanda cinese sta portando alla luce un’industrializzazione incompleta da parte di diverse economie03, che si stanno trovando nuovamente in balia della volatilità dei prezzi delle materie prime. Potremmo assistere in Italia a una versione “avanzata” del problema a vantaggio di Germania e Usa? No, perché le caratteristiche qualitative dei nostri macchinari e le componenti di servizio a essi legate li rendono poco esposti a una competitività di prezzo “modello cinese”. Tuttavia la scarsa propensione a nuovi investimenti, gli impatti della crisi finanziaria sui consumi e la difficoltà a tracciare piani industriali coerenti hanno ridotto gli spazi di manovra della nostra politica commerciale di medio-lungo periodo, anche per i macchinari. Gli scambi hanno viaggiato a ritmi inerziali in molti comparti dei beni intermedi, mentre i beni di consumo (alimentari, moda, anche nei segmenti lusso) stanno vivendo un momento estremamente favorevole. In questo ultimo caso, negli ultimi anni alla qualità del prodotto si sono sempre più affiancate politiche di marketing mirate. La storia che possiamo raccontare è infatti quella dell’innegabile eccellenza dei prodotti alimentari, che, pur scontando una diffusione limitata a causa della contraffazione, dell’Italian sounding e del presidio limitato delle catene di distribuzione, deriva da una filiera di qualità (oggi un po’ stressata sui fornitori), ma anche da macchinari di ottimo livello e apprezzati nel mondo. Bene, noi valorizziamo molto la componente della filiera a valle posizionandoci come un produttore internazionale di prodotti alimentari di qualità, ma trascuriamo parecchio la parte a monte. Se volessimo potremmo raccontare una storia più ampia, di cui l’eccellenza alimentare è portatrice, che parta però dalle radici del prodotto lungo l’intera catena del valore. Sembra più facile – e probabilmente lo è – vendere il prodotto italiano rispetto alla cultura industriale che lo accompagna. In realtà, se provassimo a mettere in vetrina la storia che potremmo raccontare con i nostri macchinari, ci renderemmo conto che l’Italian Tale, che qui chiameremo iTale, è molto più reale di quanto percepiamo.
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2
Fonte: “Latin America and the Rising South”, World Bank, 2015. Ad esempio, le esportazioni di manufatti dell’America Latina si sono contratte di oltre il 10% tra il 2001 e il 2011, mentre le esportazioni di prodotti agricoli sono aumentate di quasi l’8% e quelle di prodotti dell’attività estrattiva di quasi il 15%. Dani Rodrik parla di “Premature deindustrialization”, NBER, Febbraio 2015.
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LE MACCHINE ITALIANE IN GIRO PER IL MONDO Dal 2009 al 2014 l’import mondiale di meccanica strumentale è cresciuto del 7,6% medio annuo, superando i 1.500 miliardi di euro, pari all’11,8% dell’import totale. Le macchine italiane nello stesso periodo hanno tenuto il passo con una crescita del 6,2%. Per il futuro, considerando il rallentamento della domanda internazionale (+0,2% medio annuo la crescita attesa del fatturato del settore04), abbiamo stimato una crescita del nostro export di macchinari del 4,8% all’anno fino al 2018, con una domanda intensa proveniente non solo dai partner dell’Unione europea, ma anche asiatici e dell’area Medio Oriente e Nord Africa (Grafico 1).
GRAFICO 1. Export italiano di meccanica strumentale (2014, € mld) e previsioni 2015-2018*
TASSO DI CRESCITA MEDIO 2015-2018 12,9
Asia 10,9
Altri Paesi dell’Ue
Medio Oriente e Nord Africa
11,2 2,0
America Latina Altra Europa America del Nord
Fonte: Istat, SACE
3
Fonte: IHS, agosto 2015.
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4,2% 4% 3,8% 3,5%
5,6
3,2%
6,6 8,1
* Le previsioni SACE sono per 63 Paesi del mondo.
04
4,9% 25,2
Area Euro
Africa sub-sahariana
5%
3,1%
La caratteristica principale dei beni strumentali è quella di essere anello strategico in molte filiere produttive dell’industria manifatturiera, consentendo al sistema produttivo italiano di promuovere e incorporare innovazione e know-how tecnologico. Specificità delle aziende italiane del settore è una forte propensione all’export (l’incidenza del fatturato estero su quello totale è del 52%05) e un elevato orientamento alle esigenze dei clienti. Un altro tratto distintivo delle aziende del settore è la centralità del capitale umano, che risulta essere un fattore competitivo di primaria importanza tanto da giustificare la dizione “Made by Italians” al più classico “Made in Italy” 06. L’anno scorso l’Italia ha esportato oltre 74 miliardi di euro in macchinari, circa un quinto dell’export del nostro Paese. Quasi un terzo è andato nell’Eurozona, seguita dall’Asia orientale (11,6%) e Paesi europei non UE (come Russia, Turchia e Svizzera; per il 10,8%). Tra tutti i comparti del settore ne abbiamo selezionati 5 che rappresentano il 35% dell’export di meccanica strumentale (Grafico 2), hanno dimostrato una notevole dinamicità e storicamente si rivolgono a SACE come partner per i servizi di assicurazione e gestione del rischio. Sono tutti comparti caratterizzati da una marcata internazionalizzazione. I principali importatori mondiali di questi prodotti sono, a seconda del comparto, Stati Uniti, Cina, Germania, Regno Unito, Messico, Francia, Canada, Corea del Sud, Giappone, ma esistono anche altre geografie07 che hanno registrato una forte crescita dell’import dal mondo.
05
Fonte: “Struttura e competitività delle imprese”, Istat, novembre 2014. Fonte: Boldizzoni D., e Serio, L. (a cura di) “La gestione delle risorse umane nelle PMI. Persone e organizzazioni nell’economia senza confini”, Editori Laterza, 2010. 07 Alcune di queste, come Brasile, Sudafrica e Turchia richiedono una cautela particolare, considerando le turbolenze che hanno coinvolto i Paesi emergenti (vedi “Focus On - Quant’è profonda la tana del Bianconiglio?”, SACE, settembre 2015). 06
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GRAFICO 2. I 5 comparti di punta: come sono andati e dove esportare
Comparto (export in € mld)
Peso sul settore dei macchinari (2014)
8,5% Pompe e compressori
Crescita media annua export italiano 2009-2014
Regno Unito Arabia Saudita
4,8%
Perù Germania
8,2%
Thailandia
5,9%
Motori e turbine09
Polonia Algeria
6,1
Sudafrica Stati Uniti
8,1%
Corea del Sud
5,9%
Macchine utensili
Thailandia Canada
6,0
Repubblica Ceca Cina
6,4%
Malesia
8,6%
Packaging
4,7
Brasile Turchia Cile
4,2% 3,1
India Turchia
6,3
Macchine per l’industria alimentare
Opportunità da cogliere08
Messico Indonesia
8,6%
Arabia Saudita Irlanda Etiopia
Fonte: Istat, UN Comtrade
08
Tra i Paesi dove l’Italia esporta già (quindi le aziende posso sfruttare la conoscenza del mercato, anche se minima) abbiamo individuato alcune geografie che hanno mostrato un import particolarmente dinamico negli ultimi anni. Per l’analisi dei dati dell’import dal mondo sono state adottate delle semplificazioni, scegliendo codici del Sistema Armonizzato a 4 digit anziché a 6. Si rimanda all’appendice per la tabella con i valori per i singoli Paesi. 09 Esclusi i motori per aeromobili, veicoli e motocicli.
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Pompe e compressori Nella produzione delle pompe, oltre il 70% è diretta all’estero, con una spiccata specializzazione per prodotto o mercato10. Tra i mercati caratterizzati da una domanda vivace si distinguono Regno Unito e India, entrambi con importazioni superiori al miliardo di euro, ma specialmente l’Arabia Saudita che ha moltiplicato quasi per 10 il suo import dal mondo di questi prodotti11.
Motori e turbine Valgono oltre 6 miliardi in esportazioni. Tra le destinazioni da approcciare va segnalata la Thailandia, in cui al momento esportiamo soltanto 20 milioni di euro, ma che l’anno scorso ha domandato questi beni per oltre 3,5 miliardi di euro (+12,6% medio annuo dal 2009). La dinamica è stata persino superiore per l’Algeria (quasi +17% l’anno) che, sebbene favorita dalla maggiore vicinanza geografica, pesa solo per il 3,3% nelle nostre vendite all’estero di questi prodotti.
Macchine utensili L’Italia è il quarto produttore al mondo e il terzo maggiore esportatore di questi beni12; si tratta di prodotti ad alta tecnologia che richiedono elevati investimenti in Ricerca e Sviluppo. Questo settore è infatti contraddistinto da una propensione all’innovazione, nonostante le piccole dimensioni dell’azienda media. Il metodo più diffuso per raggiungere la massa critica necessaria per gli investimenti è quello del network con altre imprese e/o con istituti e centri di ricerca13. In questo comparto si riscontra una percentuale di produzione esportata simile a quella di pompe e compressori. Stati Uniti, Corea del Sud, Thailandia, Canada e Repubblica Ceca sono mercati che negli ultimi 5 anni hanno investito e migliorato la capacità produttiva della propria industria manifatturiera, importando prodotti di questo genere con tassi di crescita superiori al 10% ogni anno.
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Fonte: Anima. Ultimo dato disponibile: 2013; il riferimento è al periodo 2009-2013. 12 Fonte: Ucimu. Per questi prodotti si attendono ulteriori interventi del governo, oltre a quelli già presi negli ultimi anni, a sostegno della domanda interna per favorire la sostituzione di impianti obsoleti e gli investimenti. 13 Fonte: Campanini, Costa, Rizzi, “Innovazione e performance aziendali del settore delle macchine utensili in Italia”, Quaderni del Dipartimento di scienze economiche e sociali, Serie Rossa: Economia – Quaderno N. 72, luglio 2011. 11
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Macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio La propensione all’export dei costruttori italiani di macchine per il packaging è uno dei più alti nel settore: oltre l’80%. In questo comparto l’Italia “contende” il primato internazionale alle imprese tedesche sfruttando l’elevato livello tecnologico e qualitativo, nonché la personalizzazione e la flessibilità produttiva delle macchine14. Sono numerosi i settori di destinazione per questi macchinari; il principale è sicuramente quello alimentare, seguito da quello farmaceutico, cosmetico e del tissue. Due economie con valori di domanda dall’estero ancora ridotti ma dalle importazioni molto dinamiche (oltre il 14% i tassi di crescita nel periodo 2009-2014) sono Cile e Malesia. Insieme queste due economie rappresentano solo la destinazione del 2% delle nostre esportazioni.
Macchinari per la trasformazione alimentare Nel 2013 le esportazioni mondiali di questi macchinari ammontavano a 17 miliardi di euro e la quota dei due principali esportatori, Germania e Italia, superava il 30% del totale15. La concentrazione di questo comparto è molto elevata: i maggiori Paesi esportatori rappresentano oltre l’80%, con una ridotta presenza di economie emergenti. Queste macchine contribuiscono in modo determinate a ridefinire gli standard di produzione alimentare, ma anche e soprattutto, quelli di qualità, flessibilità, sicurezza, igiene, sostenibilità energetica, ambientale e sociale. Sono diverse le geografie la cui domanda presenta opportunità, alcune con livelli già consolidati come Messico, Indonesia e Arabia Saudita, altre come l’Etiopia che è cresciuta del 22% all’anno ma nel 2014 ha importato “appena” 300 milioni di euro (ma domanda lo 0,7% dei nostri prodotti esportati, una quota tra le maggiori nell’Africa sub-sahariana).
14 15
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Fonte: Ucima. Più del 50% di vendite di questo tipo di prodotto nel mondo sono italiane e tedesche. Fonte: “RE-start - Rapporto Export 2015-2018”, SACE, Maggio 2015.
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GERMANIA PRIMO CLIENTE, MA IL SORPASSO DEGLI USA È NELL’ARIA L’Italia è il secondo esportatore europeo (dopo la Germania) e il quinto mondiale (dopo Cina, Germania, Stati Uniti e Giappone) di meccanica strumentale. La Germania e gli Stati Uniti però, oltre che competitor16, sono importanti destinazioni per le nostre esportazioni e insieme domandano oltre il 18% dei nostri macchinari (Grafico 3). Dopo la forte contrazione del 2009 (-25% in entrambi i Paesi), il nostro export è ripartito e secondo le nostre previsioni manterrà un buon ritmo, con una media annua tra i due Paesi del 5,2% fino al 2018. GRAFICO 3. Destinazione delle esportazioni italiane di meccanica strumentale (2014)
TOP 5
TOP 5
Germania 9,8%
Stati Uniti 8,5%
Cina 4,9%
€ 31 mld Primi 10 Paesi avanzati
€ 18 mld Primi 10 Paesi emergenti
Francia 7,4%
Regno Unito 3,9%
Spagna 3,1%
Russia 3,7%
Turchia 3,1%
€ 25 mld Altri Paesi
Polonia 2,9%
Brasile 2,5%
Fonte: Istat
16
Su diversi prodotti della meccanica strumentale (179) l’Italia vanta un surplus di bilancia commerciale più elevato di quello della Germania presa come benchmark. Questa è una performance migliore di quella realizzata da altri esportatori mondiali come Cina, Giappone e Usa (Indice Fortis-Corradini calcolato su dati UN Comtrade).
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La Germania è il nostro principale partner commerciale17: nel 2014 abbiamo esportato verso Berlino oltre 7 miliardi di euro, una crescita del 3% rispetto all’anno precedente (Grafico 4). L’interscambio di macchinari tra i due Paesi è consistente e non fanno eccezione i 5 comparti in esame: complessivamente oltre 4 miliardi e mezzo di euro. Il trend positivo degli scambi si sta confermando anche nella prima metà di quest’anno. Dal 2009 a oggi le esportazioni verso gli Usa di macchinari – con 6,3 miliardi di euro gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato per la meccanica strumentale, seguito dalla Francia con 5,4 miliardi – sono quasi raddoppiate, tornando ai livelli pre-crisi dopo poco più di due anni, grazie alla forte crescita (+33%) del 2011. Oggi possiamo dire che gli Stati Uniti rappresentano forse un mercato con un potenziale ancora più elevato rispetto a quello tedesco. GRAFICO 4. Export di macchinari italiani verso Germania e Usa (€ mld)
7,0
6,3
5,8 5,2
5,2
4,4
7,3
7,1
6,9
6,8
5,3
4,4 3,3
7,3
3,3
6,3
2008
Germania
2009
2010
Stati Uniti
Fonte: Istat
17
Noi rappresentiamo la loro 7a destinazione commerciale.
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2011
2012
2013
2014
iTALE, LA STORIA CHE POTREMMO RACCONTARE (E COME POSSIAMO FARLO): ORGANIZZAZIONE, FILIERA E OFFERTA FINANZIARIA Valore aggiunto e organizzazione contano più del prezzo Una ricerca recente18 ha confrontato 14 mila imprese europee del settore manifatturiero19 per organizzazione aziendale e per offshoring, ossia per propensione all’acquisto dall’estero di materie prime o beni intermedi. Analizzando le aziende esportatrici del G7 europeo della manifattura (Austria, Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Ungheria), una media del 29% di esse ha decentrato alcune decisioni strategiche per l’azienda: sono appena il 17% in Italia, mentre sono oltre il 40% in Austria, Regno Unito e Spagna, il 38% in Germania e il 35% in Francia. Tra i concorrenti appare dunque ragionevole che un personale qualificato ed esperto possa sostituire l’industriale nella relazione con determinate geografie, nei rapporti con il mondo finanziario e nella definizione di una strategia commerciale. L’acquisto da terzi di materie prime o beni intermedi consente di concentrarsi sulle fasi a maggior valore aggiunto, sull’organizzazione e sul marketing del prodotto (come per l’agroalimentare). Inoltre per la meccanica strumentale non sempre la rincorsa al prezzo è premiante, data l’importanza della competitività non di prezzo attraverso qualità, personalizzazione e servizio post vendita. Tutto questo dovrebbe essere la base della nuova iTale, con politiche di marketing mirate e sostegno promozionale, analogamente a quanto avviene per altri settori, beni noti del Made in Italy.
La filiera non è una banca L’organizzazione non riguarda soltanto ciò che accade dentro l’azienda, ma anche cosa succede nella propria filiera: in particolare, quali azioni si possono intraprendere per agevolare i propri fornitori? Strumenti di supporto finanziario alla filiera come il factoring rimangono fortemente circoscritti: dovrebbero essere usati molto di più e l’impresa capo-filiera dovrebbe a sua volta farsi promotrice di questi strumenti presso la catena distributiva. Si potrebbero in questo modo aggirare le condizioni stringenti di accesso al credito che hanno pesato negli ultimi anni non soltanto sulla capacità dell’impresa di innovarsi, ma anche sulle relazioni quotidiane con la rete di imprese strategiche per la produzione di un pezzo o la fornitura di un materiale, specialmente se più piccole.
Offerta finanziaria: meglio “tutto e subito” da un cliente o con calma da molti? La peculiarità del nostro tessuto industriale ha contribuito negli anni al radicamento di esperienze di successo legate in particolare a mercati di nicchia, caratterizzati da partner commerciali di grandezza analoga con i quali (provare a) crescere insieme. La globalizzazione dei mercati ha ampliato le fonti di domanda, con richieste che oggi raggiungono le imprese italiane da qualunque angolo del globo. Con questi nuovi clienti, più grandi, con
18
Fonte: “Europe’s export superstars – It’s the organisation!”, Bruegel Working Paper, Luglio 2015. Sebbene questi dati si riferiscano al settore manifatturiero nel suo complesso, vista la rilevanza della meccanica strumentale riteniamo che siano comunque rappresentativi.
19
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maggior potere contrattuale, più esigenti di quelli tradizionali e meno disponibili a soluzioni con pagamento alla consegna, è difficile intessere relazioni stabili e durature. Insieme al contratto commerciale bisogna farsi trovare pronti con un’offerta finanziaria valida che consenta al cliente di cominciare a utilizzare il macchinario subito senza attendere il pagamento completo. È importante quindi un pacchetto finanziario, oltre che tecnico e commerciale, che consenta dilazioni superiori ai 24 mesi con una quota di anticipo minima del 15%. In questo SACE può offrire un’ampia expertise e una rete di uffici locali e internazionali in grado di supportare l’azienda fin dalle primissime fasi della trattativa con strumenti che consentono termini di pagamento a 2, 3, 5 anni sia in Paesi avanzati che in quelli più a rischio.
L’ALTRO MADE IN ITALY: 12 MILIARDI DI MOTIVI, UNA STORIA ITALIANA Tra il 2009 e il 2014 le esportazioni italiane di prodotti alimentari e bevande sono cresciute a un tasso oltre tre volte superiore a quelle dei macchinari. Queste ultime contribuiscono ogni anno per circa 74 miliardi di euro alla nostra bilancia commerciale: investire nell’organizzazione, nella filiera e nell’offerta finanziaria significa promuovere il Made in Italy fin dalle sue radici, agendo a monte della creazione di valore. Secondo le previsioni SACE, l’export di macchinari crescerà quasi del 5% l’anno fino al 2018, raggiungendo i 90 miliardi. In aggiunta a questi, se promuovessimo queste industrie come stiamo facendo20 per i prodotti a valle, ad esempio gli alimentari e le bevande – se quindi ci sforzassimo di raccontare la nostra iTale – otterremmo nei 4 anni 12 miliardi di euro di export aggiuntivo. Le destinazioni? Come abbiamo visto di geografie da puntare ce ne sono molte: ci sono i principali importatori mondiali come Stati Uniti, Cina, Germania, Regno Unito e Francia, ma anche mercati in forte espansione come Messico, Thailandia, Turchia, Arabia Saudita e Polonia; l’importante è arrivarci preparati. Promuovere una maggiore conoscenza dell’altro Made in Italy significa anche far conoscere meglio questi settori agli investitori stranieri, come il governo ha iniziato a fare attivamente21. Una nuova iTale esiste, proviamo a crederci di più.
A CURA DI Luca Moneta e Stefano Gorissen
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20
Fonte: “RE-start - Rapporto Export 2015-2018”, SACE, Maggio 2015. Presentazione del Vice Ministro Calenda, 7° Annual Meeting dell’International Forum of Sovereign Wealth Funds.
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APPENDICE TABELLA 1. Valori dell’import mondiale per i 5 comparti di punta*
Comparto
Pompe e compressori
Paese
Macchine utensili
Packaging
3.504
9,1%
Arabia Saudita
2.033
79,4%
India
1.739
11,6%
Turchia
1.540
10,4%
320
8,7%
Germania
22.164
8,4%
Thailandia
3.676
12,6%
Polonia
3.470
8,5%
Algeria
1.633
16,8%
Sudafrica
1.545
9,3%
Stati Uniti
22.886
16,0%
Corea del Sud
11.692
10,0%
Thailandia
3.554
14,9%
Canada
3.366
11,4%
Repubblica Ceca
1.636
15,1%
Cina
767
6,3%
Malesia
229
19,3%
Brasile
141
15,7%
Turchia
115
10,6%
55
14,0%
Messico
5.132
15,9%
Indonesia
2.541
15,7%
Arabia Saudita
1.988
68,1%
Irlanda
710
13,5%
Etiopia
317
22,0%
Cile
Macchine per l’industria alimentare
Tasso di crescita medio dell’import 2009-2014
Regno Unito
Perù
Motori e turbine
Import dal mondo (2014, € mln)
* I dati analizzati per l’Arabia Saudita riguardano l’intervallo 2009-2013, mentre per l’Indonesia 2010-2014. Fonte: elaborazioni SACE su dati UN Comtrade
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