Analisi dei bisogni emergenti nella popolazione giovanile della provincia di Pisa con particolare riferimento all’immagine raccolta dal sistema degli Informagiovani
Febbraio 2008
a cura di Nadia von Jacobi
Il presente volume è stato realizzato da LARISS, Laboratorio di Ricerca sullo Sviluppo Sociale del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Pisa, in collaborazione con Local Global s.a.s di Firenze, nell’ambito dell’attività di ricerca promossa dall’U.O. Studi e Ricerche sulle Politiche Sociali della Provincia di Pisa.
U.O. Studi e ricerche sulle politiche sociali Claudio Rognini: Responsabile U.O. “Studi e ricerche sulle politiche sociali” Michela Casarosa: Funzionario U.O. “Studi e ricerche sulle politiche sociali”
La presente ricerca è stata realizzata in collaborazione con: Local-Global S.a.s. Piazza Brunelleschi, 2 50121-Firenze
Tel./Fax 055/215096
Staff del progetto: Supervisione scientifica: Gabriele Tomei Coordinamento generale e cura del rapporto finale: Nadia von Jacobi Analisi e collaborazione alla redazione del rapporto: Nadia von Jacobi, Paola Gisfredi e Barbara Bonciani
Si ringraziano tutti i responsabili e operatori dei punti informagiovani per la cortese collaborazione. In particolare corre l’obbligo di ringraziare personalmente Barbara Giorgi, Gloria Giuntinelli, Rossella Iorio, Monica Poggianti, Fabio Malossi, Chiara Cassioli, Michela Cecchetti, Cristina Canovai, Stefania Bigiotti, Paola Agostini, Sabrina Bessi, M. Chimenti, Roberta Cecconi, Valerio Ghirardino, Davide Cerri, Elena Tarchi, Nicoletta Costagli, Cristiana Novelli, M. G. Marchetti, Anna Galgani, Massimo Pistacchi, Avv. Fannelli, Dott. Nannipieri, Serena Carmignani, Antonella Strozzalupi, Alessandro Fattorini, Cristina Giovannini, Dott. Deri, Simona Morani, Tamara Tognoni e altri che potrebbero inavvertitamente non essere compresi in questa lista. Speciali ringraziamenti vanno anche ai partecipanti dei due Focus Group: Cristian Pardossi, Luigi Mangeri, Oriana Perrone, Giovanni Cioli, Andrea Bianchi, i redattori della trasmissione “Per l’appunto – Giovani a Progetto” Fabio De Marco e Andrea Romano e i ragazzi che vi hanno partecipato; Clarissa, Andrea, Walter, Giulia e Angela.
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INDICE Presentazione
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Introduzione
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Parte I: Rassegna della letteratura esistente
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I. La letteratura esistente: scopi e differenze metodologiche
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II.I bisogni della popolazione giovanile
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II.1. La scuola
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II.2. Formazione universitaria e percorsi integrativi
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II.3. Il mercato del lavoro e i giovani
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II.4. L’autonomia dalla famiglia di origine
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II.5. La giovane coppia
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II.6. Il tempo libero
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II.7. I sistemi di valore
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II.8. Identità e trasgressione
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II.9. Partecipazione politica e sociale
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III. I servizi offerti ai giovani e il loro riscontro
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Conclusioni
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Tabella riassuntiva dei bisogni della popolazione giovanile
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Parte II: L’immagine raccolta dal sistema Informagiovani 65
Introduzione
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IV. Note metodologiche
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IV.1. Perchè gli Informagiovani
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IV.2. Il metodo di analisi
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IV.3. L’ampiezza del campione
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V. I risultati
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V.1. I bisogni della popolazione giovanile di Pisa
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V.2. Differenze all’interno della popolazione giovanile
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Giovani adulti e giovanissimi
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Giovani uomini e donne
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Giovani e l’appartenenza sociale
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Giovani italiani e stranieri
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V.3. Alcuni bisogni in particolare
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Scuola e orientamento
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Il mercato del lavoro
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Il ruolo dei giovani nella società
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Problemi di mobilità
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VI. Le strategie di intervento
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VI.1. I servizi offerti dagli IG – e quanto soddisfano i giovani
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VI.2. Migliorare i servizi degli IG
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Le strutture
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La pubblicità
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Networking istituzionale
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VI.3. Il richiamo istituzionale
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Conclusioni
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Bibliografia
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Questionario
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Presentazione Con questa pubblicazione l’Osservatorio per le politiche sociali arricchisce ulteriormente il percorso di indagine sui giovani già avviato con il Report “Essere giovani a Pisa – la cittadinanza sociale dei giovani” realizzato nel 2003 in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Sociali. Il carattere particolarmente fluido e complesso dei bisogni e delle aspettative dei giovani, delle loro inquietudini, disagi ed idealità ha reso necessario sviluppare una nuova indagine empirica, questa volta condotta su testimoni qualificati che hanno un’esperienza diretta dei bisogni giovanili, gli Informagiovani. La realizzazione di due focus group a cui hanno partecipato molti giovani rappresentativi di situazioni e contesti diversi è stata inoltre un’importante occasione di confronto diretto sui temi più importanti. I risultati confermano sostanzialmente, anche a livello locale, il quadro complessivo delle problematiche e delle potenzialità dei giovani quale emerge dalle indagini realizzate a livello nazionale (indagine IARD) e a livello regionale (indagine IRPET) le cui principali tendenze sono descritte ed analizzate nella prima parte del volume. Le problematiche dei giovani sembrano essere fortemente legate all’inadeguatezza del sistema formativo, in primo luogo di quello scolastico, rispetto alle necessità del mondo del lavoro. In questo ambito si rileva invece una generale soddisfazione nei confronti dei servizi erogati dagli Informagiovani i cui responsabili esprimono tuttavia un forte bisogno di essere maggiormente visibili ed accessibili per i giovani. Emerge poi una scarsa fiducia nelle istituzioni e nella vita politica in generale ma una buona partecipazione alla vita associativa, soprattutto quella sportiva.
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La sfida che si apre per le istituzioni dalla lettura di questo volume, come emerge dalle considerazioni dei curatori dell’indagine, è dunque quella di “riqualificare le modalità di ascolto dei bisogni dei giovani attribuendo loro un peso maggiore all’interno dell’agenda politica”. In tale prospettiva la Consulta Provinciale dei giovani rappresenta uno strumento chiamato a svolgere un’azione sempre più importante ed incisiva. Un mio personale e vivo ringraziamento va ai responsabili degli Informagiovani del territorio, ai rappresentanti della Consulta Provinciale dei giovani, alla redazione del programma “Esplora risorse” che ha partecipato al Focus group e a tutti i giovani che con il loro contributo hanno permesso alla realizzazione di questo lavoro.
L’Assessora alle Politiche Sociali, Immigrazione, Terzo Settore, Pari Opportunità Dr.ssa Manola Guazzini
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Introduzione Essere giovani al giorno d’oggi è più semplice o più complicato di una volta? Viviamo in un momento nel quale le passate conquiste sociali ed economiche hanno posto i giovani nella spiacevole condizione della “trappola di benessere”. Da un lato, le opportunità sono molte, troppe forse per sceglierne una sola. Dall’altro l’assetto sociale richiede ai giovani di essere efficienti, competitivi e di avere le idee chiare su come indirizzare la propria vita. Questo soprattutto perché è proprio da queste decisioni che dipenderà, alla fine, la direzione che la nostra società prenderà in futuro. “La crisi soggettiva, ed in particolare quella adolescenziale, dunque, non può essere letta soltanto in termini individuali e psicologici, ma deve essere ricondotta e collegata anche alla crisi della società contemporanea, alla perdita di fiducia nel futuro e alla mancanza di risposte alle grandi sfide che si prospettano all’umanità. Crisi individuale e crisi del sistema sociale sono strettamente interdipendenti, e il disagio giovanile talvolta si manifesta come incapacità di costruire un progetto di vita realistico e soddisfacente in un contesto socio-culturale caratterizzato dalla mancanza di riferimenti collettivi e valori condivisi, sottoposto al continuo cambiamento e lacerato da vistose contraddizioni” (Gisfredi, 2003, pp. 74-75). Sono proprio la conciliazione del sé passato con quello attuale e l’elaborazione di un progetto per il futuro i compiti evolutivi fondamentali da assolvere nella fase adolescenziale. La presente ricerca cerca di delineare i principali bisogni della popolazione giovanile nella Provincia di Pisa. Dalle difficoltà durante il percorso formativo, all’inserimento nel mondo del lavoro, alla difficoltà di trovare un ruolo attivo e un percorso esistenziale dotato di senso all’interno della società, i giovani mostrano punti di forza che vanno incoraggiati, e debolezze che vanno ascoltate e comprese, per evitare che
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queste si trasformino in ostacoli ad una felice realizzazione dei loro progetti di vita. La prima parte di questo rapporte sintetizza la letteratura nazionale, regionale e locale che si è occupata di rilevare empiricamente i bisogni dei giovani. Nella seconda parte, invece, vengono proposti i risultati di un indagine che cerca di rilevare i bisogni emergenti della popolazione giovanile nella Provincia di Pisa, avvalendosi soprattutto dell’immagine raccolta dal sistema degli Informagiovani.
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Parte I: Rassegna della letteratura esistente
I. La letteratura esistente: scopi e differenze metodologiche Tra le varie ricerche empiriche che negli ultimi anni si sono concentrate sulla condizione giovanile, il presente studio si è focalizzato principalmente sulle indagini condotte a livello nazionale e regionale dall’Istituto IARD (2002; 2003), dallo studio sulla regione Toscana dell’IRPET (2007), e dall’Osservatorio Provinciale per le Politiche Sociali (OPS) della Provincia di Pisa (Ruggeri, Salvini, 2003), allo scopo di elaborare un ampio quadro interpretativo e di comparare le tendenze e i dati rilevati a livello locale con quelli emergenti ai livelli superiori. L’istituto IARD ha svolto periodicamente indagini sulla condizione giovanile in Italia a partire dal 1983. In queste ricerche ha sempre individuato la specificità della popolazione giovanile italiana ma anche le differenze al suo interno dovute alle realtà locali. Lo scopo di tali indagini è soprattutto l’accurata osservazione e descrizione della realtà dei giovani. Parallelamente le ricerche tentano di valutare l’efficacia degli interventi fino ad oggi realizzati, di dare un supporto conoscitivo alle azioni da intraprendere, e quindi di fornire un contributo alle politiche sociali attraverso l’interpretazione dei bisogni e delle aspirazioni giovanili. A tal fine l’istituto monitora regolarmente la condizione giovanile nazionale e regionale e mette in evidenza eventuali cambiamenti nel tempo rispetto alle precedenti indagini. L’istituto IARD è sicuramente il maggior punto di riferimento per le indagini empiriche sulla popolazione giovanile in Italia. Altri istituti statistici1 che svolgono ricerche a più vasto raggio includono anche la 1
Da istituti internazionali come OCSE, EUROSTAT a istituti nazionali come ISTAT, Istituto degli Innocenti di Firenze, ecc. Per maggiori dettagli si veda la bibliografia.
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popolazione giovanile come uno dei tanti gruppi d’interesse sociale ma si soffermano su un minor numero di aree tematiche. Per quanto i rapporti nazionali e regionali dello IARD mantengono una natura prevalentemente descrittiva della condizione giovanile, essi possono risultare molto utili per comprendere i bisogni concreti dei giovani.2 A livello regionale e locale sono state effettuate anche altre ricerche che emulano il quadro concettuale dei rapporti IARD. Per la regione Toscana, il rapporto IRPET (2007) sui giovani rappresenta un interessante complemento di informazioni. A livello Provinciale, l’Osservatorio per le Politiche Sociali della Provincia di Pisa, così come quelli delle altre province comprese nell’area vasta (Massa-Carrara, Livorno e Lucca), ha dedicato molta attenzione alla rilevazione dei bisogni dei giovani. I risultati empirici di quest’ultima indagine, coordinata dal Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Pisa sono stati pubblicati nel 2003 e rappresentano una buona guida per conoscere la situazione locale, dato che la survey si è rivolta ad un campione di 1600 giovani tra 14 e 24 anni, in altre parole un quarto della popolazione giovanile della Provincia di Pisa. Lo strumento metodologico prevalente nelle indagini è quello del questionario stratificato e strutturato. Conoscendo le proporzioni dell’universo giovanile italiano, viene costruito un campione che rispecchia alcune variabili di stratificazione.3 Per la selezione definitiva dei giovani intervistati si procede attraverso la selezione casuale dei
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Da notare è che la rappresentatività dei campioni di queste ricerche aumenta con il restringimento dell’area territoriale: Per l’indagine nazionale IARD del 2002 sono state svolte 3000 interviste a giovani tra i 15 e i 34 anni. L’indagine regionale IARD invece si basa su 1601 interviste a giovani tra i 15 e i 34 anni. Sempre a livello regionale, l’indagine promossa dall’IRPET, ha incluso 4000 giovani tra i 18 e i 30 anni nel suo campione. Il campione regionale è dunque molto più rappresentativo di quello nazionale. 3 Queste in genere sono la regione, l’ampiezza demografica del comune di residenza, il sesso, l’anno di nascita ecc.
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comuni e dei giovani residenti. Il questionario è generalmente strutturato e comprende vari tipi di domande.4 Il questionario strutturato e precodificato presenta alcuni punti deboli, fra i quali quello di costringere l’intervistato ad attenersi a risposte prefissate che potrebbero non corrispondere a quelle che avrebbe espresso spontaneamente in un’intervista libera. Tuttavia quest’ultimo approccio richiede un complesso lavoro di analisi e codifica a posteriori delle risposte o delle frasi spontaneamente prodotte. Questo è più adatto ad esplorare in profondità un numero limitato di casi, a differenza delle indagini condotte con questionari strutturati a domande chiuse, che presentano il vantaggio di poter essere somministrati a campioni di grandi dimensioni. Inoltre, questi sono adatti alla comparazione e misurazione dei dati ricavati da procedure standardizzate. Il dibattito attuale entro le scienze sociali propende comunque per la complementarietà tra metodi di tipo qualitativo (interviste libere ed in profondità, storie di vita, autodescrizioni, ecc.) e medodi di tipo quantitativo (survey research), e pertanto anche nelle indagini sulla popolazione giovanile si impiegano strumenti conoscitivi differenziati a seconda degli aspetti del vissuto presi in considerazione e delle finalità della ricerca. Una volta deciso lo strumento di ricerca, occorre definire con più precisione l’oggetto di studio, ovvero occorre stabilire quando ha inizio e quando termina il periodo giovanile. Nella letteratura sociologica si osserva che nella società contemporanea non c’è una chiara porta di ingresso nel mondo degli adulti, per la mancanza di un rito riconoscitivo di questo passaggio come avveniva invece nelle società premoderne (Fabbrini e Melucci, 1992). Sfuma in generale la netta contrapposizione tra adolescente e adulto, in passato rispettivamente contrassegnati dal 4
In particolare, il questionario prevede domande chiuse a risposta multipla con una o più possibilità di risposta, domande aperte e scale di tipo Likert.
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divenire e dal raggiungimento di uno stabile equilibrio. Oggi entrambi condividono le stesse condizioni esistenziali di incertezza e di imprevedibilità (Bauman, 1999), che costringono continuamente a rivedere e modificare i progetti personali nel corso del tempo. Dinanzi a queste difficoltà le varie ricerche tendono ad estendere l’età del campione preso in considerazione oltre i 30 anni. Questo adattamento metodologico è necessario per cogliere le tendenze di ritardo nella transizione all’età adulta relativa soprattutto alla formazione di un proprio nuclei familiare e alle scelte procreative.
II. I bisogni della popolazione giovanile Nei prossimi paragrafi cercheremo di riassumere i bisogni salienti della popolazione giovanile nella Provincia di Pisa, basandoci sui risultati che le ricerche empiriche hanno prodotto a livello nazionale, regionale e locale. Per molti aspetti i giovani della Provincia di Pisa sono simili ai loro coetanei italiani e toscani, per altri aspetti presentano delle peculiarità. Nell’affrontare le diverse aree tematiche verranno presi in considerazione tutti questi aspetti, cercando di sottolineare le differenze che si delineano tra i diversi livelli territoriali. Alcuni problemi che i giovani affrontano nella loro transizione verso lo status adulto sono direttamente collegati all’età evolutiva e per certi versi inevitabili, altri richiedono una particolare attenzione da parte della società ed in particolare dalle amministrazioni pubbliche e degli adulti:. “I ragazzi di oggi sembrano avere bisogno soprattutto di essere ascoltati e di stabilire dei contatti con degli “adulti competenti” (Fabbrini e Melucci, 1992). Inoltre, molto può essere fatto per facilitare la transizione dei giovani in termini di intervento pubblico: campagne di sensibilizzazione, programmi che includono attivamente i giovani nella società, e interventi
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per ridurre gli ostacoli strutturali possono tutti influire massicciamente sulla qualità della della vita dei giovani.
II.1. La scuola In primo luogo si osserva in tutti i paesi sviluppati una progressiva estensione della scolarizzazione e del prolungamento degli studi, definita in termini di democratizzazione dell’istruzione (Brint, 1999). Questa affermazione si rivela valida anche per la nostra nazione, quantomeno tra i giovani di provenienza italiana, mentre tra i figli d’immigrati rimane alta la quota di ragazzi e adolescenti che non godono di un’adeguata formazione scolastica e risulta più elevato il tasso di dispersione. Si rivolge una maggiore attenzione alla valutazione della qualità dell’esperienza scolastica, valutata da un lato in base alla soddisfazione espressa dai ragazzi stessi, e dall’altro in base alla capacità della scuola di garantire una formazione funzionale e un equo accesso al mondo del lavoro.
La realtà nazionale
L’aumento della scolarità in Italia è totalmente in linea con le tendenze europee. Ciononostante, l’Italia rimane uno dei paesi europei meno istruiti: soltanto il 41% della popolazione adulta (in questo caso tra i 25-64 anni) ha completato la scuola secondaria superiore, un valore che sta venti punti percentuali al di sotto della media dei paesi OCSE (IARD,
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2002). Anche i tassi di partecipazione scolastica si collocano al di sotto di questa media (al 70% rispetto al 76% europeo).5 Permangono inoltre alcune forti disuguaglianze nell’accesso dei giovani italiani alle opportunità educative. Le scelte scolastiche sono tuttora influenzate dalle origini familiari, in particolare dalle risorse materiali e culturali di cui i genitori dispongono (Dei, 1998), che risultano generalmente anche correlate alla performance scolastica dei figli. Diversa è anche l’esperienza scolastica per ragazzi e ragazze: queste ultime mostrano livelli di superiorità in diversi ambiti dell’istruzione. In tutte le indagini svolte a diversi livelli territoriali sono sempre le ragazze ad avere risultati scolastici migliori, sono meno inclini a essere bocciate o a interrompere gli studi prima della fine di un ciclo. Il giudizio soggettivo sulla scuola sembra globalmente positivo. Le femmine tendono ad essere più interessate allo studio e riscuotono mediamente un successo maggiore (IARD, 2002). Per farsi un’idea più oggettiva del disagio scolastico tra i giovani italiani, si può usare il tasso di ripetenze e interruzioni scolastiche prima della fine di un ciclo formativo. In Italia, la percentuale complessiva delle ripetenze degli anni scolastici è el 29,2%.6 L’incidenza di interruzioni o abbandoni scolastici invece ruota attorno al 20%7. Preoccupante risulta la continua diminuzione di fiducia nutrita dai giovani nei confronti dei propri insegnanti. La scuola e lo studio sembrano essere soggetti a una lenta marginalizzazione all’interno della vita dei giovani italiani. 5
In questo caso, la “partecipazione scolastica” viene misurata come percentuale dei 1519enni che si possono definire “studenti”. La definizione non è molto accurata, tenendo conto che in molti paesi OCSE (Austria, Belgio, Russia, ecc…) gli anni di scuola sono meno che in Italia. Questo aspetto però non fa che sottolineare la minore partecipazione scolastica in Italia. 6 Il dato si riferisce a tutti i tipi di istituti scolastici e rappresenta quinti un valore “medio” del disagio scolastico. 7 In questo dato sono inclusi gli episodi di “abbandono della scuola media inferiore o superiore” (7,2%), “Interruzione degli studi scolastici per almeno un anno” (7,2%), Trasferimento da un tipo di scuola secondaria superiore a un altro (5,6%).
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Oggettivamente, si evidenzia un miglioramento della preparazione scolastica in termini alfabetizzazione informatica e di apprendimento delle lingue straniere: si è registrato, infatti, che tra le coorti più giovani sono molto più numerosi coloro che durante i percorsi scolastici sono entrati in contatto con tecnologie informatiche e multimediali e hanno acquisito maggiori competenze linguistiche (soprattutto dell’inglese).
La realtà regionale
In generale anche in Toscana si è registrato un aumento della permanenza all’interno del circuito scolastico. Rispetto ai dati nazionali la tendenza alla continuazione degli studi secondari è maggiore. Nella fascia d’età dai 21 ai 24 anni, un po’ meno della metà è ancora impegnato negli studi, per le successive fasce (25-29) e (30-34) anni questa percentuale si riduce a rispettivamente a 29% e 14% (IARD, 2003). Il 99% dei giovani toscani consegue la terza media. Uno su dieci però non si iscrive alla secondaria superiore. La selezione alle scuole medie inferiori non è molto forte ma si accentua alle superiori: se l’88% dei ragazzi frequenta la scuola secondaria superiore, non tutti riescono a conseguire il diploma, infatti il 16% non riesce a concludere gli studi superiori. L’insuccesso scolastico è molto diversificato per genere, proprio come delineato dai dati OCSE (2002). Le ragazze non solo hanno quasi il doppio delle chance di completare la secondaria superiore, ma sono anche molto meno esposte al rischio di bocciatura. Anche in Toscana il rendimento scolastico dipende ancora fortemente dall’appartenenza sociale della famiglia di origine. Il fattore più discriminante rimane il livello di istruzione dei genitori. I giovani appartenenti alla borghesia e alla classe media impiegatizia hanno un 31% di opportunità in più di completare gli studi rispetto ai giovani con
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genitori operai o autonomi (IARD, 2003): le opportunità di conseguimento del diploma risultano connesse con il rendimento scolastico, e si correlano anche con i livelli di istruzione dei genitori. Di fatto, il 28% dei giovani toscani non raggiunge il diploma della scuola secondaria superiore. Anche l’incidenza delle bocciature – un altro indicatore di disagio scolastico – risulta essere maggiore che a livello nazionale: il 34% dei giovani toscani è stato bocciato almeno una volta. Anche se ormai quasi tutti i giovani toscani si iscrivono alle scuole superiori, questa rimane una fase durante la quale iniziano a divergere i loro destini. La qualità dell’istruzione – in termini di tipologia di scuola secondaria frequentata – e la soddisfazione personale del giovane – in termini di successo e capacità di completare il percorso, viene influenzata da fattori esterni come la provenienza sociale e il genere. La scelta del tipo di studi secondari e le possibilità di portarli a termine con successo e senza ripetenze sono direttamente collegati alle scelte riguardo ai percorsi successivi e alle opportunità nel mercato del lavoro.
La realtà locale
I tassi di scolarizzazione nella Provincia di Pisa rispecchiano quelli regionali. Per i giovani della Provincia, la scuola è importante in quanto prima esperienza di socializzazione, per l’acquisizione di conoscenze, come preparazione al mercato del lavoro. Rimane, in ogni caso, una percentuale non irrisoria (10%) di ragazzi che se potessero, smetterebbero di studiare (OPS, 2003). Il livello di soddisfazione dei giovani varia in base alle diverse zone Provinciali. In generale si delinea una scarsa soddisfazione per l’istituzione scolastica nella Bassa Val di Cecina dove ci sono più abbandoni, interruzioni, e i giovani dichiarano che l’aspetto più
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interessante della scuola è l’incontro con gli amici. Diversa sembra la situazione nella zona pisana, dove sono più frequenti le motivazioni culturali e di ambizione professionale a stimolare il giovane nella scuola. In cambio, qui i giovani sembrano affrontare anche problemi nella relazione con i compagni, pur se in forma ridotta. In Valdarno, il 27% dei ragazzi dichiara di essere “molto soddisfatto” della propria esperienza scolastica. Nella Valdera, invece, si registra meno entusiasmo: solo l’8% si ritiene “molto soddisfatto”, la maggioranza (67%) lo è solo “abbastanza”. Complessivamente il 73% dei giovani della Provincia di Pisa esprime soddisfazione verso la propria esperienza scolastica, anche se solo il 20% dichiara di esserlo “molto” (OPS, 2003). Uno sguardo ad altri indicatori può dare ulteriori informazioni sulla valutazione soggettiva dell’esperienza scolastica. Nella Provincia, il 10% dei ragazzi considera insufficiente il proprio rendimento scolastico e soltanto il 5% lo ritiene ottimo (OPS, 2003). Circa un quarto dei giovani della Provincia ha ripetuto almeno una volta un anno scolastico. Il dato è inferiore a quello nazionale e a quello regionale. Ci sono però importanti differenze all’interno della Provincia: si registra un maggior disagio nella Bassa Val di Cecina, dove il 31,5% dei giovani ha ripetuto almeno una volta un anno scolastico. La suddetta zona è interessata anche da un numero più elevato di interruzioni prima della fine di un ciclo, soprattutto durante la scuola media superiore. Nella zona pisana e nel Valdarno va notato che tra coloro che interrompono gli studi, circa il 15% lo fa durante la scuola media inferiore. Questi dati però potrebbero essere ragionevolmente interpretati come conseguenza dello spostamento della famiglia in un altro comune. Nella Valdera gli abbandoni durante la scuola media inferiore risultano nulli, ma sono più frequenti all’università. Nell’alta Val di Cecina sono stati registrati abbandoni sia nel corso della media inferiore, che durante gli studi universitari.
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Le interruzioni del percorso scolastico sono generalmente motivate da difficoltà nello studio, inadeguatezza (rispetto ai propri interessi) della scuola secondaria frequentata, e antipatia verso gli insegnanti. Le ripetenze sono più marcate per i maschi (14.8%) che per le femmine (9.8%), conformemente ai dati nazionali. L’indagine nella Provincia di Pisa indica che i percorsi scolastici vengono scelti soprattutto in base ai propri interessi e alle proprie abilità. Non sembra incidere l’offerta contingente e la distanza dalle scuole. Questo risultato potrebbe essere viziato dalla soggettività degli intervistati. Da un lato vi può essere una sopravvalutazione della propria soddisfazione delle scelte compiute. Dall’altro il giovane può sottovalutare le conseguenze future delle proprie scelte. L’impostazione dell’indagine non permette di valutare quanto le provenienze sociali abbiano influito sulla scelta del percorso di istruzione superiore.
II.2. Formazione universitaria e percorsi integrativi Una volta concluso il percorso educativo scolastico, quali sono i percorsi che i giovani seguono? Quali alternative hanno? Quanto influisce sulla quantità di opportunità l’appartenenza sociale?
La realtà nazionale
In Italia, tra chi ottiene il diploma della scuola secondaria superiore, il 58% sceglie di proseguire gli studi all’università. I principali motivi per non iscriversi all’università sono i seguenti:
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- Il cospicuo e crescente ammontare di contributi economici richiesti agli iscritti. Questo riduce tra l’altro le capacità di sostegno che il diritto allo studio può elargire agli studenti maggiormente bisognosi. Nel periodo 1986-1996 la contribuzione media per iscritto all’università è aumentata in Italia del 74% (Stanchi, 2001), il finanziamento pubblico invece è sceso del 10%. - Il ridotto ritorno economico di una laurea per una consistente area di professioni e occupazioni disponibili nel mercato del lavoro - La preoccupazione di non riuscire a portare a termine gli studi, specialmente se l’esperienza scolastica precedente è stata difficoltosa - I giovani che escono da istituti tecnici e scuole professionalizzanti sono meno inclini a proseguire gli studi per via dell’impostazione più pragmatica adottata in questi istituti di formazione secondaria. Nel paragrafo precedente abbiamo visto che la provenienza sociale, che è direttamente collegata con il livello di istruzione dei genitori del giovane, influisce fortemente sulla scelta dell’istituto secondario e sulla performance scolastica. Chiaramente i giovani appartenenti alla classe media borghese o impiegatizia percepiscono come meno onerosi i tributi universitari rispetto ai figli degli operai. Analogamente cambia la percezione del ritorno economico dell’investimento negli studi terziari. I vantaggi occupazionali derivanti da una laurea non sono equidistribuiti tra le classi sociali: Per chi proviene da una classe sociale elevata, e aspira
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a rimanerci, una laurea è strettamente funzionale a raggiungere il posto di lavoro ambito. Infatti, un titolo di studio elevato è molto più attraente per i figli di impiegati che per i figli di commercianti ed artigiani. Questo aspetto va dunque oltre la disponibilità di risorse finanziarie per il proseguimento degli studi. Contano le ambizioni dell’individuo stesso, se ambisce a preservare la posizione lavorativa dei genitori o se punta ad una qualifica più alta e alla conquista di una nuova posizione all’interno della società, anche de le stesse motivazioni personali sono influenzate dall’ambiente sociale di provenienza. Riguardo alle differenze di genere, le giovani donne sono mediamente più “brave” a scuola, in più tendono a scegliere un’istruzione secondaria liceale. Questo spiega perchè si iscrivono molte più donne che uomini all’università. In Italia, è il 35% delle giovani donne che frequenta un corso universitario o che ha già conseguito una laurea. Il dato si confronta con il 29% dei maschi (IARD, 2002). Oltre all’università, vi sono altri percorsi formativi professionalizzanti. Alcuni sono integrati con la formazione scolastica – i cosiddetti percorsi di formazione integrativa - altri prevedono invece un proseguimento degli studi dopo la scuola media superiore, ma a differenza dell’Università puntano alla formazione funzionale per un’occupazione ben precisa. In Italia ci sono ancora grandi problemi nei percorsi formativi successivi alla scuola. Da un lato, l’Università – come la Scuola – non riesce a creare un raccordo con il mercato del lavoro attraverso il quale rendere più fluido il passaggio e a migliorare il matching tra domanda e offerta di lavoro (Vinante, 2002). Questo problema si ripropone anche nell’offerta di stages e di tirocini formativi, che assumono spesso un ruolo diverso rispetto alla “vera” formazione professionale. In molti casi servono alle aziende e al lavoratore per conoscersi e per sopperire alla
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mancanza istituzionale di incontro tra qualità della domanda e offerta di lavoro (Reyneri, 2002). Tutto questo comporta una serie di conseguenze negative per i giovani che entrano nel mercato del lavoro. Infatti spesso si stipulano contratti a brevissimo termine, sottopagati e con scarsi incrementi di formazione. Per le imprese, l’impiego di stagisti con un elevata formazione rappresenta un comodo taglio sui costi del lavoro che può indurre meccanismi di sfruttamento e ridurre le assunzioni regolari.
La realtà regionale
Anche in Toscana sono in molti a proseguire gli studi dopo il diploma. Secondo l’indagine svolta dall’IRPET (2007), solo il 21,5% dei giovani che hanno concluso gli studi superiori sono sicuri di non voler continuare a studiare. Anche se in prossimità del diploma, molti giovani non sono ancora riusciti ad elaborare dei programmi per il loro futuro e i piani a lungo termine sono largamente indeterminati, aperti e da definire in relazione al presentarsi di nuovi stimoli, opportunità ed esperienze (Gisfredi, 2004). Il passaggio dalla scuola all’università avviene in modo analogo ai dati nazionali. Considerando il fenomeno della “mortalità universitari”, passiamo ad analizzare il successo degli iscritti: soltanto sei su dieci giovani raggiungono la laurea. L’aspetto preoccupante di questo dato è la perdita di tempo e di risorse in percorsi formativi che non saranno completati. Se teniamo conto anche dei consistenti ritardi che vengono accumulati, la situazione non migliora: all’interno della fascia d’età di 2529 anni, solo il 16% ha conseguito una laurea. Il 20% sta ancora frequentando l’università (IARD, 2003).
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All’università si ripropone un trade-off presente anche nella formazione scolastica: riducendo il grado di selezione, il sistema formativo si trova dinanzi a un obbligato abbassamento della qualità o dinanzi a maggiori tassi di insuccesso. Mentre negli ultimi decenni si è registrato un continuo aumento di iscrizioni universitarie, negli ultimi anni sembra essersi stabilizzato attorno al 63% (Regione Toscana, 2001). Il fenomeno dei drop-out e quello degli studenti che si laureano in ritardo, invece, mostrano l’elevata consistenza di coloro che vivono l’università come un percorso incidentato. Purtroppo, anche in Toscana, le università hanno un ruolo marginale nel panorama della formazione professionale e si dimostrano ancora una volta troppo scollegate dal mondo imprenditoriale. Per ciò che riguarda i percorsi di formazione integrativa durante gli studi, si registrano elementi di miglioramento negli ultimi anni. Aumenta tra i giovani toscani la partecipazione a stage e tirocini formativi. La maggior parte degli stage avviene in Italia; solo il 7% dei giovani si trasferisce all’estero per un’esperienza formativa. Nonostante il miglioramento promosso dalle riforme degli ultimi anni che incoraggiano le esperienze di raccordo tra la scuola e il settore della formazione professionale (in particolare il d.p.r. 257/2000), questo riguarda soltanto alcuni tipi di istituti secondari: in particolare sono gli studenti che frequentano istituti tecnici o professionali che godono dell’offerta di stage formativi. Tra i giovani liceali solo un quarto incontra questo tipo di opportunità. Tra gli studenti dei licei è più frequente la possibilità di avvalersi di borse di studio. Il 60% dei giovani, però, dichiara di non aver mai partecipato a nessuna delle opzioni di formazione integrativa (IARD, 2003). L’aspetto più negativo di questa diversificazione formativa è che beneficiano maggiormente delle opportunità di formazione integrativa quanti ottengono le credenziali educative più elevate nel sistema di
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istruzione. Invece di compensare gli esiti dei percorsi scolastici, l’offerta di formazione professionale tende a riprodurre ed amplificare le differenze. Questa “accumulazione delle differenze” dipende non solo da diverse caratteristiche degli individui – chi si impegna di più riesce meglio in tutti gli ambiti – ma anche dal funzionamento delle Istituzioni scolastiche ed universitarie.
La realtà locale
La realtà Provinciale è abbastanza conforme a quella regionale, seppure internamente diversificata: nella zona Pisana è molto più alta la percentuale di studenti tra i giovani di età compresa tra i 14 ed i 24 anni. Le zone dove più giovani, invece, risultano lavoratori e quindi hanno percorsi formativi più brevi sono la Bassa Val di Cecina e il Valdarno (OPS, 2003). I percorsi professionalizzanti sembrano riscontrare poco successo tra i giovani pisani. Infatti, solo il 6.5% degli intervistati dall’indagine dell’OPS dichiara di aver scelto la scuola/la facoltà tenendo conto del lavoro che voleva fare “da grande”. Il 12.8% invece ha tenuto conto delle opportunità lavorative che il percorso scelto gli offriva. Si potrebbe affermare che i giovani preferiscono “scegliere per non dover scegliere”, cioè prediligono quei percorsi formativi che lasciano aperte più possibilità occupazionali future. Difficilmente intraprendono un percorso che li porta a specializzarsi dall’inizio.
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II.3. Il mercato del lavoro e i giovani Sono molti gli aspetti da prendere in considerazione, di seguito ci soffermeremo sui tassi di partecipazione lavorativa e di disoccupazione dei giovani, nonché sulle difficoltà che hanno incontrato per trovare un impiego e sui loro livelli di soddisfazione con l’occupazione attuale.
La realtà nazionale
Rispetto ad altri paesi europei, l’Italia mostra tassi di disoccupazione giovanile molto più alti, secondi solo a quelli della Grecia (IRPET, 2007), considerata in termini di “disoccupazione da inserimento” (Gualmini, 1998). I dati ISTAT mostrano l’esistenza di una vera e propria segmentazione generazionale del mercato del lavoro: all’aumento dell’età, diminuisce l’incidenza della disoccupazione. Per la fascia d’età dai 15 ai 19 anni si aggira attorno al 35%, nonostante la partecipazione dei giovani di questa età sia complessivamente ridotta (ca. 15%). Tra gli appartenenti alla fascia d’età 25-34 anni invece, la disoccupazione scende al 12%. Il primato negativo italiano del più elevato livello di discriminazione nei confronti dei giovani, si manifesta con tassi di occupazione inferiori alla media europea e tassi di disoccupazione molto più elevati, grazie ad un sistema di protezione che privilegia la stabilità lavorativa dei maschi adulti capofamiglia e penalizza donne e giovani (Reyneri, 2002). Per trovare lavoro i giovani italiani seguono diverse strategie. I meccanismi più frequenti sono l’iscrizione all’ufficio di collocamento e il ricorso a canali informali (parenti, amici e conoscenti). Le indagini nazionali mostrano che sempre più italiani sono alla ricerca di servizi più specifici di informazione, di un orientamento professionale e di un matching tra domanda e offerta.
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Nella ricerca di aiuto per l’inserimento nel mercato del lavoro, le Istituzioni formative italiane mostrano trasversalmente l’incapacità di rispondere a questa domanda. Infatti, solo l’8.7% degli intervistati dalla ricerca IARD si è basato su servizi offerti dalla scuola e dall’università per trovare lavoro. Sono ancora molti (30%) i giovani italiani che mostrano scarsa originalità ed attivazione personale nelle strategie di ricerca del lavoro e si affidano quasi esclusivamente al collocamento pubblico. Si tratta soprattutto di giovani nella fascia d’età 30-34 anni. Mentre una parte di questo fenomeno può essere spiegata da un certo effetto di scoraggiamento che investe i giovani adulti, è positivo il rilevamento che le coorti più giovani ricorrono più frequentemente anche ad altri meccanismi di ricerca. Per ciò che riguarda la qualità del lavoro, si evidenzia a seguito delle riforme del mercato del lavoro, uno spostamento della problematica del lavoro giovanile dalla disoccupazione alla precarietà. Il rapporto IARD (2002) mette in rilievo che il livello di soddisfazione soggettiva si è stabilizzato attorno a livelli medi: sono diminuiti sia i giudizi estremamente positivi, che quelli molto negativi. I dati nazionali mostrano che la mobilità del mercato del lavoro giovanile è aumentata, ma che ciò non toglie che la maggior parte dei giovani italiani riesca, dopo alcuni anni, a stabilizzarsi, sebbene il 25% dei giovani resta soggetto a rapporti di lavoro instabili. A livello nazionale rimane fulcro delle preoccupazioni la forte segmentazione regionale del mercato del lavoro, con un Meridione ancora nettamente svantaggiato.
La realtà regionale
Sono diminuiti negli ultimi anni, i giovani che prima della fine della scuola media superiore o immediatamente dopo entrano nel mercato del
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lavoro. Sempre più giovani toscani ritardano l’entrata nel mercato del lavoro. Il ritardo però non sembra connotare un’entrata più difficoltosa, infatti, i giovani appartenenti alle successive fasce d’età raggiungono un ruolo professionale relativamente stabile. Analogamente alla realtà nazionale, il mercato del lavoro regionale risulta segmentato in base all’età. Anche in Toscana, infatti, è più alta la disoccupazione tra i 15 e 19enni (21%) che tra coloro che si collocano nella fascia tra i 25-34 anni (6,6%). I valori regionali sono comunque più bassi rispetto a quelli nazionali. La performance toscana risulta migliore di qualche punto percentuale rispetto ai dati riferiti complessivamente alle regioni del centro (del 27,0% e 9,6%) (IARD, 2003). Un ulteriore dato positivo è la maggiore partecipazione dei giovani alle attività lavorative. Per la fascia 15-19 anni i dati regionali sono in linea con quelli nazionali, per le fasce successive, invece, la partecipazione è complessivamente più alta. In Toscana, inoltre sono più frequenti i comportamenti esplorativi del mercato del lavoro. È meno raro che la popolazione giovanile abbia già avuto degli incontri con il mondo del lavoro durante gli anni di scuola e successivi. Nella maggior parte dei casi, però, queste esperienze sono saltuarie e con ridotto connotato formativo. Anche in Toscana si registra, infatti, una scarsa integrazione tra scuola e mercato del lavoro, soprattutto per le basse qualifiche, fatto che indica soprattutto un’inadeguatezza dei contenuti dei percorsi scolastici. Nel complesso però, la situazione regionale sembra migliore rispetto alla situazione italiana in generale. Il mercato del lavoro toscano assorbe complessivamente più giovani rispetto ad altri: da un lato coinvolge una quota maggiore di popolazione, dall’altra ha tassi di disoccupazione minori. La situazione inoltre sembra migliorare ulteriormente: tra i 1529enni la quota di soggetti che hanno avuto almeno un’occupazione a tempo indeterminato è aumentata negli ultimi sei anni dal 38% al 47%
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(IARD, 2003). Complessivamente quindi in Toscana si registra una maggiore e migliore socializzazione al lavoro da parte dei giovani. Un’ulteriore tendenza di segno positivo riguarda la limitata incidenza del lavoro irregolare: il 6% dei dipendenti dichiara di essere privo di un contratto, mentre a livello nazionale questo dato ammonta a 17%. Analogamente, il grado di soddisfazione dei giovani per il proprio lavoro è maggiore in quanto non solo hanno meno difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro, ma godono anche mediamente di stipendi più elevati e stabili. Infatti, l’80% dei giovani reputa l’attuale attività lavorativa come quella che occuperà anche in futuro. A livello nazionale questo dato si aggira solo attorno al 60%. Anche il carico di lavoro non sembra eccessivo, soltanto il 17% vorrebbe ridurlo. La preparazione ricevuta a scuola è reputata adeguata dalla metà dei giovani lavoratori. Un terzo invece la considera del tutto inutile. Tra coloro che hanno una qualifica professionale è 4/5 volte più alta la propensione a dichiarare inutile la propria preparazione, mentre i laureati tendono a ritenerla molto adeguata (IARD, 2003). Ciò indica da un lato ancora una volta la cattiva reputazione dei percorsi formativi professionali, anche da parte di coloro che li hanno frequentati, dall’altro che a un maggiore investimento formativo corrisponde una maggiore utilità attribuita al proprio impegno negli studi. I giovani toscani attribuiscono priorità alla retribuzione economica e se possibile all’autonomia lavorativa. Meno importanti invece risultano aspetti come l’orario di lavoro e la possibilità di viaggiare. Questa soddisfazione generalizzata va letta con cautela e tenendo conto del fatto che molti giovani toscani non sono particolarmente informati su forme di lavoro e contratto alternative come il lavoro interinale o a distanza. Forse si adeguano molto alla realtà lavorativa che trovano e non percepiscono la mancanza di aspetti che non conoscono. D’altra parte la
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scarsa propensione alla mobilità territoriale è una caratteristica spesso riscontrata tra i giovani in cerca di lavoro.
La realtà locale
Nella Provincia di Pisa il tasso di scolarizzazione tra i giovani fino ai 18 anni è dell’ 88%, ma molti ragazzi svolgono attività lavorative anche durante gli anni di scuola. Più di metà dei giovani nella fascia d’età tra i 14 e i 19 anni ha già lavorato. Nella bassa Val di Cecina è più frequente il lavoro tra studenti delle superiori, infatti, solo il 34% non ha mai lavorato. Meno attivi invece sono i giovani della zona della Valdera e della zona Pisana, dove rispettivamente il 54% e il 61% non dichiara di non aver mai svolto un “lavoretto” durante il percorso scolastico (OPS, 2003). Nell’alta Val di Cecina e nel Valdarno sono circa 40% i giovani che non hanno mai partecipato al mercato del lavoro. Nella fascia d’età successiva (20-24 anni) la percentuale di ragazzi che hanno già avuto una prima esperienza sul mercato del lavoro sale al 75%. I giovani della Provincia trovano varie motivazioni per questa scelta. A ragioni di carattere prevalentemente strumentale - avere più soldi per le spese (29%), rendersi autonomi dalla famiglia (18,4%), dare una mano alla famiglia (12,3%) – si affiancano motivazioni legate alla sfera espressiva, come il fare esperienza (23,5%) o l’interesse personale (13,7%). Questo dimostra la pluralità delle concezioni del lavoro che i giovani elaborano (OPS, 2003). Dei giovani che cercano un lavoro, solo il 25% ha un atteggiamento pessimista (IRPET, 2007). Più della metà si iscrive nelle liste di collocamento, la maggioranza però si affida a canali informali come le conoscenze di parenti e amici. I dati dell’indagine OPS indicano che solo un terzo dei giovani si sente adeguatamente informato rispetto alle
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attività di orientamento e di sostegno nel passaggio dal mondo della scuola/università a quello del lavoro. Nella Provincia di Pisa la soddisfazione con il proprio lavoro sembra alta. Meno del 25% dichiara di essere poco o per niente soddisfatto con il proprio lavoro. I più appagati sono i giovani nella zona Pisana (91%), i meno soddisfatti quelli nella Valdera (69%)8. Ad un livello intermedio di soddisfazione si collocano i giovani dell’Alta (74%) e Bassa Val di Cecina (89%) e del Valdarno (76%). I problemi segnalati dai rispondenti nell’indagine dell’ OPS sono in primo luogo la retribuzione, giudicata troppo bassa dal 27%, in secondo luogo il tempo libero disponibile (18%), e in misura minore, ma significativa, aspetti quali gli orari o turni specifici, la fatica, la noia e la ripetitività. La maggioranza dei giovani intervistati, dichiara di aver cambiato lavoro. Sono meno (35%) invece quelli che hanno sempre mantenuto lo stesso impiego. Ci sono alcune differenze all’interno della Provincia per ciò che concerne gli aspetti che i giovani ritengono meno soddisfacenti del proprio lavoro. In tutte le zone la paga troppo bassa viene indicato da una parte dei giovani. La percentuale è però molto più bassa nella zona pisana e molto più alta nella Valdera e nell’alta Val di Cecina. In generale le zone si differenziano abbastanza: nella zona pisana i disagi maggiori derivano dalla mancanza di tempo libero, lo spostamento fisico e gli orari e i turni. L’immagine che ne possiamo evincere è quella dei normali disagi dei lavoratori urbani. Quella pisana è l’unica zona nella quale anche il rapporto con i compagni di lavoro risulta un problema per una quota consistente di giovani. Anche nelle caratteristiche dell’impiego giovanile, la bassa Val di Cecina si contraddistingue: qui sono più alte le percentuali di giovani che si lamentano per “la fatica”, per “la noia e la ripetitività”, e per la 8
Le percentuali degli “appagati” comprendono i giovani che dichiarano di essere “molto” o “abbastanza” soddisfatti della propria esperienza lavorativa.
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mancanza di prospettive di carriera. Nella Valdera i giovani sono insoddisfatti soprattutto per la noia e la ripetitività, per la fatica e per gli orari e turni. Meno si lamentano per la mancanza di tempo libero. L’alta Val di Cecina mostra dati simili seppur maggiormente distribuiti anche su altre problematiche. Nel Valdarno una percentuale comparativamente più elevata lamenta di non poter esprimere le proprie capacità, oltre che per la mancanza di tempo libero, gli orari e la ripetitività. L’indagine svolta dall’OPS mostra che un terzo degli intervistati sarebbe disposto ad accettare qualsiasi lavoro, ciò testimonia le difficoltà di avviamento e la preoccupazione per l’inserimento giovanile nel mondo del lavoro. I motivi per il rifiuto di un posto di lavoro sono l’essere pagati in nero (21,1%), e il trasferimento in un altro posto (21,1%). Il 10,5% degli intervistati non accetterebbe un lavoro con qualifiche inferiori a quella posseduta, il 5,3% non accetterebbe un'attività troppo limitativa del tempo libero (OPS, 2003). Fra i giovani in condizione di disoccupazione, la maggioranza ha svolto sempre lo stesso lavoro, mentre un terzo ha compiuto attività diverse. La disaggregazione del dato per zone di residenza evidenzia due situazioni particolari: quella dell'area pisana dove tutti gli intervistai hanno svolto lavori diversi e quella della Bassa Val di Cecina dove nessun soggetto ha cambiato lavoro. La mobilità giovanile tra professioni diverse varia quindi nelle diverse zone della Provincia di Pisa.
II.4. L’autonomia dalla famiglia di origine Il protrarsi della permanenza in famiglia, si spiega in parte con il cambiamento dei rapporti intergenerazionali e la maggior libertà di cui godono i giovani in ambito familiare, ed in parte con il frapporsi di ostacoli strutturali, come la precarietà del mercato e la rigidità del
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mercato immobiliare, che rendono difficilmente raggiungibili potenziali desideri di indipendenza ed il conseguimento dell’autonomia rispetto alla famiglia di origine. Uno dei motivi principali del fenomeno della “famiglia lunga”, cioè della convivenza di adulti di diverse generazioni entro la stessa famiglia, è l’aumentata scolarità della popolazione, un altro sono le debolezze del mercato del lavoro che non agevola le nuove entrate. Il Welfare state potrebbe sensibilmente ridurre le difficoltà affrontate dai giovani che intendono formare una nuova famiglia, ma purtroppo, in Italia e anche a livello regionale questo non è ancora avvenuto. Laddove la famiglia si sostituisce alla protezione sociale fornita dal Welfare, il rischio è di rafforzare le disuguaglianze dovute alla classe sociale di origine dei soggetti. Un ulteriore fattore, di tipo culturale, come sopra accennato, è la trasformazione del rapporto tra genitori e figli, per cui sono state abbandonate le rigide gerarchie generazionali per dare spazio a nuove forme relazionali. La pacifica convivenza tra genitori e figli o la coabitazione tra famiglie appartenenti a generazioni diverse rafforza gli aspetti positivi di sostegno reciproco all’interno del nucleo familiare originario e riduce gli incentivi per la fuoriuscita di casa.
La realtà nazionale
In Italia, il fenomeno della “famiglia lunga”, sembra accentuarsi ulteriormente negli ultimi anni (Buzzi, Cavalli, De Lillo, 1997). Anche se molte ricerche indicano che i giovani sono contenti di permanere per lungo tempo all’interno della famiglia d’origine, il fenomeno può anche essere letto come una situazione obbligata: in alcuni casi il prolungamento della fase adolescenziale e la dipendenza dalla famiglia di
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origine deriva da impossibilità oggettive di compiere scelte diverse, ed in questo caso rappresenta un problema dei giovani che va preso seriamente in considerazione. Per i giovani del Sud Europa l’indipendenza economica rappresenta un fattore importante: in presenza di un sistema di welfare di tipo familistico (Esping-Andersen, 2000), che esclude strumenti di sostegno al reddito (sussidi per disoccupazione o sociali, ma anche per studio e formazione), i giovani non possono contare su entrate che non siano quelle del proprio lavoro o dei propri genitori. La recente flessibilizzazione del mercato del lavoro certamente non aiuta a risolvere il problema, ma aumenta i potenziali rischi da affrontare una volta usciti dal nucleo di famiglia originaria. Ma i fattori strutturali non bastano per spiegare il significativo ritardo d’uscita dei giovani italiani. Tra i giovani lavoratori che vivono ancora a casa, il 40% dichiara di avere uno stipendio sufficiente per rendersi indipendente. Solo il 23% ci ha mai provato concretamente (IARD, 2002). Sono maggiori i vantaggi degli oneri della convivenza con i genitori. Quasi tutti hanno la possibilità di vivere la propria vita sociale (94%) e di avere momenti di intimità con il partner (67%). La situazione di accordo e stretta relazione affettiva e strumentale con i propri genitori fa si che l’aiuto e la protezione trovata al suo interno vengano ritenute più soddisfacenti dell’indipendenza.
La realtà regionale
La realtà regionale conferma pienamente quella nazionale: La quota di coloro che vivono da soli cresce nel ventennio considerato, ma non in maniera evidente, attestandosi al 9% tra i 30-34enni e al 7% tra i 25-
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29enni (IRPET, 2007).9 Il ritardo di ingresso nel mondo adulto dei giovani toscani è analogo a quello emersa a livello nazionale, ma i dati più recenti mostrano una certa riduzione del tempi. Continua, invece la scarsa prevedibilità del futuro da parte dei ragazzi, fatto che condiziona la loro capacità di scegliere (IARD, 2003). L’indipendenza abitativa arriva molto tardi in Toscana: prima dei 20 anni è un fatto eccezionale, mentre aumentano le fuoriuscite di casa dei giovani di 21-24 anni e rimangono invece stazionarie (meno di un terzo) quelle nella fascia d’età 25-29 e nella fascia dai 30-34 anni (due terzi). All’interno di questo quadro è da notare che diminuiscono le convivenze con i genitori dovute a esigenze economiche, mentre aumentano le convivenze su base volontaria. Tra queste, la tipologia del giovane lavoratore permanente nella famiglia di origine è maschile ed è distribuita su tutte le classi sociali. I contributi economici dati alla famiglia sono ridotti, più della metà dei permanenti non contribuisce affatto alle spese familiari, un quinto contribuisce in modo poco rilevante. Utilizzando alcuni indicatori costruiti appositamente10, Buzzi (2003) arriva a calcolare che in Toscana non sono ancora adulti il 100% dei giovani sotto i 18 anni, il 98% di quelli in età compresa tra i 18 e i 20 anni, il 93% dei 21-24enni, il 71% dei 25-29enni e il 33% degli ultratrentenni. Allarmante è il dato rispetto alle ultime due fasce d’età che tende ad essere spiegato più con motivi culturali e che sottende la difficoltà dei giovani a prefigurare i propri percorsi futuri e a compiere scelte forti.
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Coloro che non vivono da soli stanno o a casa con la famiglia di origine, oppure hanno creato un nucleo familiare proprio. 10 Buzzi definisce delle tappe di transizione ai ruoli adulti per classi di età: l’uscita definitiva dalla scuola, trovare un lavoro stabile, lasciare la casa dei genitori, creare una nuova famiglia, generare un figlio. Gli indicatori si basano sul conseguimento di tutte o una parte di queste tappe.
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La realtà locale
La maggioranza degli intervistati dichiara di avere dei buoni rapporti con i propri genitori: circa il 30% ritiene che essi siano improntati sulla concordia e sull’armonia, anche se la metà afferma di discutere talvolta con i genitori a causa della divergenza dei punti di vista, mostrando comunque una reciproca disponibilità al confronto. In particolare risulta11 che i principali motivi di contrasto riguardano il contributo dei figli al lavoro domestico (24%), il modo di gestire il denaro (21,7%) e i risultati scolastici (14,2%). Invece i figli ai propri genitori vorrebbero chiedere di poter partecipare maggiormente alle decisioni familiari (32%) e di trascorrere più tempo tutti insieme (18%). Il quadro che risulta sembra quello di una sana vita famigliare, dove non mancano momenti di confronto, ascolto e affetto. Quando i giovani vengono interrogati sui motivi della loro permanenza della famiglia dei genitori, circa un terzo afferma di essere ancora studente, una percentuale di poco inferiore risponde “sono ancora troppo giovane” e un quinto dichiara “sto bene così e conservo comunque la mia libertà”. Nel complesso i giovani intervistati si sentono “molto” (37,7%) e “abbastanza” (55,6%) soddisfatti della propria condizione all’interno della famiglia. Come per i giovani toscani e italiani, tra quelli della Provincia di Pisa si può notare una certa incapacità ad immaginare e pianificare il futuro e a compiere scelte di vita adulte, e una propensione per scelte reversibili e talvolta rischiose. Tali caratteristiche si possono in parte intravedere nella tendenza a respingere l’idea di lasciare troppo presto la famiglia dei genitori e a formarne una propria.
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La domanda posta dal questionario è “Su quali argomenti ti capita di trovarti in disaccordo con i tuoi genitori?”
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II.5. La giovane coppia La realtà nazionale
Come già accennato, l’allungamento dei percorsi formativi, le caratteristiche del mercato del lavoro sempre più precario e il mercato rigido degli affitti determinano difficoltà nella costruzione di una nuova famiglia e a volte addirittura ne impediscono la realizzazione. Per molti giovani italiani, la condizione di indipendenza dalla famiglia ha un costo superiore al beneficio. Questo anche perché i giovani sono sempre più esigenti e mancano di capacità di adattamento e di propensione al rischio: decideranno di fare il grande passo verso una propria famiglia solo quando avranno le necessarie garanzie essendo troppo abituati a vivere nella sicurezza della protezione famigliare (Mion, 1997). La difficoltà della creazione di una vita di coppia stabile e duratura sembra essere uno degli effetti del generalizzato “limbo dell’indecisione” al quale i giovani sono così esposti. Come si distribuiscono i ruoli tra donna e uomo, però, una volta che la coppia è stata formata? All’interno della giovane coppia, si contrappongono alcune tendenze innovative alla distinzione dei ruoli tradizionale anche per la maggiore partecipazione femminile al mondo del lavoro, sempre più frequente è infatti la condizione femminile di “doppia presenza” (IARD, 2002). In Italia sono una minoranza le giovani coppie all’interno delle quali i compiti casalinghi risultano ripartiti equamente tra i due generi. Sicuramente però, le giovani donne che sempre meno rinunciano al proprio lavoro per occuparsi delle faccende familiari, tendono a chiedere una maggiore partecipazione al compagno. Infatti l’indagine IARD (2002) mostra che la partecipazione al lavoro di cura dei figli degli uomini va aumentando.
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La realtà regionale
In Toscana, come in Italia, le convivenze more uxorio, pur in aumento nel corso degli anni ’90, continuano a rappresentare un fenomeno marginale tra i giovani toscani: il 4% tra i 25-29enni, il 5% tra i 3034enni. Seppure modesto, il dato toscano è maggiore di quello nazionale. Sembra che invece sul versante procreativo, le giovani coppie toscane siano più restie della media nazionale per la fascia d’età 30-34 anni, mentre dai 25 ai 29 anni, invece il dato è leggermente superiore a quello nazionale (IARD, 2003). Come succede a livello nazionale, anche in Toscana sembra che manchi la spinta a rendersi indipendenti e a costituire un proprio nucleo familiare. Questo vale soprattutto per i maschi che rimanendo a casa godono di libertà gestionale, benessere economico e di altri privilegi generalmente garantiti dal ruolo protettivo e servizievole della madre. Il valore dell’indipendenza è inferiore al valore attribuito all’agio e la comodità. Quando i giovani toscani si decidono a formare una propria famiglia tendono a riprodurre il modello della famiglia di origine, che grava la donna di compiti impegnativi soprattutto per ciò che riguarda la spesa quotidiana, la cura dei figli e degli anziani. (IARD, 2003).
La realtà locale
Riferendoci ancora ai dati rilevati dall’ OPS, possiamo confermare tendenze simili a quelle regionali nella Provincia di Pisa. Soltanto il 3% degli intervistati esclude esplicitamente l’ipotesi di formare in futuro una propria famiglia – con percentuali superiori nelle zone di Pisa e della Valdera. L’1,3% dichiara di averlo già fatto e il 7,2% - con percentuali
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inferiori nella zona pisana e in quella del Valdarno – di essere in procinto di compiere questo progetto. Il 13% non ha ancora le idee chiare in proposito, il 15,3% fa dipendere tale scelta dall’incontro con la persona giusta e il 18,3% percentuale più elevata nell’Alta Val di Cecina – dal fatto di trovare una casa e disporre di uno stipendio adeguato. La quota più consistente, pari al 42% dichiara che “è ancora troppo presto per pensarci seriamente”. Quest’ultima opzione è scelta in misura superiore dai maschi e dai giovani tra i 14 e i 19 anni. Lo stesso avviene per coloro che non sono intenzionati a formare una propria famiglia. Si registrano invece delle percentuali superiori alla media per le femmine e i giovani con più di 20 anni tra coloro che hanno già formato la propria famiglia o che sono in procinto di farlo. Lo stesso sottogruppo comprende anche coloro che lo farebbero volentieri se avessero un lavoro con uno stipendio sufficiente.
II.6. Il tempo libero L’analisi dell’uso del tempo libero implica la possibilità di esplorare molti aspetti della condizione giovanile, come le relazioni con i pari, la partecipazione alla vita sociale, i comportamenti di consumo, gli atteggiamenti culturali, ecc. Il tempo libero di collega alla dimensione temporale della quotidianità e del presente in cui le giovani generazioni delle società post-moderne sono fortemente radicati, mostrando una contrazione della prospettiva temporale verso il futuro. Secondo un’ampia ricerca sul tempo dei giovani diretta da Alessandro Cavalli (1985), ci sono due modalità di porsi al presente: si parla di ‘presentificazione’ e di ‘rivalutazione del presente’. “La ‘presentificazione’ corrisponde ad una sorta di appiattimento dell’orizzonte temporale e a
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una chiusura progettuale. I giovani che esprimono questa tendenza possiedono un’identità particolarmente problematica e sembrano incapaci di gestire il tempo quotidiano: “la presentificazione, in sostanza, toglie significatività al quotidiano, e lo rende simile ad una prigione” (Cavalli, 1985). Per i giovani che esprimono una ‘rivalutazione del presente’, invece, il quotidiano diviene “il terreno privilegiato al cui interno sperimentare un nuovo modo di vivere il presente, non luogo della routine e dell’alienazione ma, piuttosto, ambito prioritario della ricerca di senso” (ivi, p. 102). Il futuro pertanto è concepito come possibilità.” (Gisfredi, 2003).
La realtà nazionale
In Italia, i giovani passano il loro tempo libero prevalentemente con gli amici, che ricoprono un ruolo assolutamente centrale nella vita adolescenziale. Generalmente viene preferita la partecipazione a gruppi informali, e l’incontro in spazi liberi e indipendenti.
La realtà regionale
Anche a livello regionale il tempo libero dei giovani viene soprattutto dedicato alle amicizie e ai rapporti interpersonali. A differenza delle generazioni passate, queste non si basano in primis su comunanze valoriali o ideali. I giovani passano tempo con gli amici per il semplice gusto dello stare insieme. Si conferma che il giovane toscano, come quello italiano d’altronde, trae soddisfazione dalla socializzazione e intende le amicizie in primo luogo come spazio di comunicazione, di conforto e svago.
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Rispetto alla media nazionale, i giovani toscani frequentano più spesso musei o mostre d’arte, ma si occupano meno con attività legate alla musica12. Negli ultimi anni sono aumentate le frequenze a concerti pop/rock, mentre è diminuito l’utilizzo di biblioteche pubbliche e dei cinema. L’uso delle nuove tecnologie è molto frequente e maggiore che a livello nazionale. (IARD, 2003).
La realtà locale
I giovani nella Provincia di Pisa non si lamentano per la quantità di tempo libero a disposizione. Dichiarano di avere circa 3-4 ore di tempo libero al giorno, mentre il 18 % dispone di meno di 2 ore e il 33 % di più di 5 ore. Dal confronto dei dati per sesso, emerge che le femmine in media hanno una minore quantità di tempo libero rispetto ai maschi (OPS, 2003). Gli amici sono le persone con cui si preferisce trascorrere il proprio tempo: infatti, la metà degli intervistati nell’indagine dell’OPS sceglie questa modalità, quasi un quarto preferisce passarlo con il proprio partner, poco meno di un quinto con il partner e gli amici insieme. La prima modalità è scelta in misura superiore dai maschi e dai ragazzi più giovani (14-19 anni), mentre per le altre due si rilevano delle percentuali superiori per le femmine e per i ragazzi con venti anni e più. Residuale risulta invece il tempo passato da soli (3,2 %) o con i familiari (3,3 %) e nelle associazioni (0,7%). L’indagine conferma i risultati regionali per i quali la stragrande maggioranza dei giovani appartiene a un gruppo amicale e passa il suo tempo libero con loro, privilegiando spazi aperti come parchi, altri luoghi 12
Nel rapporto IARD (2003), le attività legate alla musica comprendono la frequentazione di discoteche e la pratica di strumenti musicali.
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pubblici o le case private degli amici. Riguardo al luogo di ritrovo si può dire che hanno connotati di inclusione diversi: lo spazio aperto non pone per definizione barriere all’entrata dovute all’origine sociale, mentre la casa privata lo fa potenzialmente molto di più. A tale proposito si riscontrano alcune differenze in base alle zone di residenza: la casa di amici è il luogo privilegiato nella zona di Pisa (29%). Nella Bassa Val di Cecina si preferiscono gli spazi aperti (40%) e in Alta Val di Cecina ci si incontra soprattutto nei bar (46%). Questi ultimi sono più frequentati dai maschi e i luoghi all’aperto vengono indicati maggiormente dagli intervistati più giovani. Tra gli aspetti negativi del passare tempo con i propri amici i giovani della Provincia indicano il fatto di “fare sempre le stesse cose, annoiarsi” (21,3%), da cui emerge in particolare l’insofferenza dei più giovani verso la ripetitività e il bisogno di esperienze nuove e stimolanti. Complessivamente i giovani intervistati sembrano soddisfatti dei propri rapporti di amicizia: “molto” nel 31% dei casi e “abbastanza” per il 61%. I ragazzi lo sono più delle ragazze (OPS, 2003). Le attività svolte nel tempo libero sono varie: sport, musica, lettura, televisione, volontariato o impegno politico, ma in generale prevalgono la comunicazione e il divertimento. In generale dai dati disponibili si evince che il tempo libero è dedicato soprattutto ad attività individuali o che si svolgono all’interno del gruppo di amici. Ci sono invece pochi indizi per un utilizzo del tempo libero che comporti un vero coinvolgimento dei giovani nella società più ampia.
II.7. I sistemi di valore I valori vengono qui interpretati come principi che orientano sia i giudizi che le azioni sociali dei soggetti (IARD, 2002). Attraverso i
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sistemi di valori possiamo comprendere meglio la situazione dei giovani, gli eventuali limiti delle loro situazioni di benessere e forse anche i bisogni che non riescono a esprimere.
La realtà nazionale
I valori dei giovani italiani si accentrano attorno a caratteristiche e mete individuali, ma non solo. Il netto aumento della partecipazione ad attività di volontariato mostra che anche la coscienza collettiva ha il suo spazio tra i valori dei giovani. L’impegno politico è stato abbandonato generalmente soprattutto per rifiuto di una modalità di “fare politica” partitocratica obsoleta. È forte invece, tra i giovani l’impegno per questioni globali e il desiderio di partecipare attraverso nuovi canali di espressione. Non si può quindi parlare solo di apatia e insofferenza che i giovani nutrono per la politica (IARD, 2002). Le ultime indagini IARD e IRPET mostrano che tra i giovani c’è poca capacità di aprirsi al di là del ristretto ambito sociale costituito prevalentemente da relazioni familiari e amicali. Parallelamente tra i giovani si diffonde sempre di più la sfiducia nelle Istituzioni e nella politica. Queste tendenze sono state riscontrate anche in un’indagine recentemente condotta da Amerio e colleghi (2001) su 3000 giovani universitari, tra i 22 e i 30 anni, in cui si evidenzia la devalorizzazione delle Istituzioni sociali e della vita pubblica, e la dominanza della sfera privata. Il pericolo che questa tendenza comporta è il lento scollegarsi di una generazione dai meccanismi tradizionali di espressione democratica. Se i giovani non si identificano con l’espressione democratica e istituzionale, come si esprimono? E come sarà possibile per le Istituzioni percepire i bisogni di coloro che si auto-escludono dalla sfera politica della società?
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I giovani italiani tendono ad attribuire più valore a tutto ciò che si svolge all’interno della “socialità a corto raggio”. Anche valori universali come la libertà e la democrazia vengono interpretati più come una parte costitutiva della propria identità che come virtù civiche o riconoscimenti di diritti generalizzati. Tali valori sono ritenuti importanti soprattutto per difendere la propria cerchia ristretta di affettività. Parallelamente, le dimensioni del collettivo e dell’impegno pubblico si spostano sempre più sul fondo della scala valoriale dei giovani. Le certezze derivano solo dallo stare insieme, dal sostenersi a vicenda tra chi condivide gli stessi criteri di giudizio, i medesimi modi di vita, lo stesso ambiente sociale. La società di per sé viene sempre più relegata nel retroscena, e le Istituzioni sociali stentano ad avvicinare i giovani.
La realtà regionale
Per ciò che riguarda il mondo del lavoro, in Toscana il valore della carriera è importante per il 28% dei giovani, il 40% attribuisce molta importanza al lavoro ma non alla carriera, ed 32% invece non attribuisce molta importanza al lavoro. Questi sono generalmente anche i soggetti più inclini a rimanere inattivi (IARD, 2003). I giovani toscani – più del resto dei giovani italiani – si distinguono per un atteggiamento di prudenza nei confronti delle relazioni con altri e per le scelte per il proprio percorso di vita. Paradossalmente, la cautela si associa alla convinzione che le scelte siano reversibili. Da un lato, quindi, i giovani toscani fanno parte di una gioventù “globalizzata e privilegiata”, in un mondo nel quale le opportunità sono molte e niente sembra dover più essere definitivo. Nonostante ciò, i giovani toscani non sembrano propensi a “giocarsi le loro carte”, ma assumono invece un atteggiamento avverso al rischio e di tipo difensivo.
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Si potrebbe pensare che mancano strumenti intermedi tra la realtà globale e il contesto locale, che permettano ai giovani toscani di realizzare i propri progetti. In assenza di Istituzioni capaci di coinvolgere i giovani, questi si rifugiano nell’ambito familiare posticipando dunque l’inserimento attivo all’interno della società. I segnali di allargamento del proprio orizzonte a una dimensione sociale e collettiva sono molto timidi. Nessun passo avviene senza garanzie e tutele. Questi atteggiamenti indicano da un lato una “trappola del benessere”. D’altro canto sono sintomi di un’incapacità istituzionale di reinventarsi e di capire le difficoltà delle nuove generazioni per poter aiutare i giovani ad uscire da questi comportamenti di insicurezza. Tra i giovani toscani è cresciuto negli ultimi anni l’interesse per la politica, fatto che può essere letto come una nuova apprensione verso quanto accade a livello collettivo: cresce infatti la preoccupazione per la tutela ambientale, ma anche le perplessità dinanzi all’aumento della presenza degli immigrati (IARD, 2003; IRPET, 2007). Dinanzi a questi timori condivisi sembra importante promuovere una maggiore sensibilizzazione dei giovani per favorire la costruzione di una futura società inclusiva.
La realtà locale
Anche tra i giovani della Provincia di Pisa prevalgono valori fondati sull’ auto-espressione che tendono cioè ad accrescere gli spazi della libertà individuale, enfatizzando l’autorealizzazione, la qualità della vita, ma anche la crescente domanda di intervento diretto nelle decisioni economiche e politiche. Come un po’ in tutta l’Italia, anche i giovani pisani non depongono fiducia nelle Istituzioni ma si sentono attratti da grandi ideali di solidarietà, di pace e giustizia sociale. In questo contesto,
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è l’associazionismo che sembra cogliere il desiderio di applicarsi senza doversi per forza adattare ad un sistema politico-istituzionale che, dalla maggior parte dei giovani, viene considerato assai negativamente.
II.8. Identità e trasgressione “La ‘moratoria psico-sociale’ è definita da Erikson (1974) come “un periodo durante il quale le decisioni vengono sospese”. Si tratta cioè di una sorta di ‘parentesi’ di riflessione e di sperimentazione che viene concessa ai giovani prima di assumere stabilmente responsabilità e ruoli adulti. Attualmente questo periodo di sospensione tra l’infanzia e l’età adulta si sta protraendo notevolmente e rischia di generare nei giovani sentimenti di frustrazione ed un senso di impotenza e marginalità, ma più frequentemente esso è vissuto come un fatto normale prodotto dai mutamenti strutturali e culturali” (Gisfredi, 2003). I momenti cruciali e definitori dell’identità del giovane avvengono attorno all’età 18-20 (il cosiddetto “ponte verso l’età adulta”) circa e attorno ai 25 anni. Il primo snodo implica uno scontro con se stessi, ma anche le prime percezioni della solitudine che deriva semplicemente dal prendere delle decisioni. Nel secondo snodo, i giovani adulti si scontrano più con il mondo esterno. È qui che sopraggiunge una certa disillusione e incertezza. In termini psicologici la scarsa fiducia in sé e la paura della solitudine sono frequenti in quest’età, e possono rappresentare dei freni rispetto a nuovi sforzi di emancipazione. “Per percepirsi attori a pieno titolo è importante sentire di aver compiuto alcuni passi verso la nascita sociale come l’inserirsi nel mondo del lavoro e l’uscire di casa” (Gilardi, 2002).
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La realtà nazionale
In Italia, il ritardo nell’uscita dalla casa paterna e nell’entrata del mercato del lavoro rappresentano delle difficoltà anche psicologiche per i giovani adulti. In un momento di passaggio verso un’identità adulta si trovano ancora ancorati alle vecchie certezze dell’infanzia (i genitori, la propria casa) privi di aiuto istituzionale per facilitare il passaggio positivo di questa soglia. Allargando la dimensione dell’identità entra in gioco anche l’appartenenza territoriale: il 28% dei giovani italiani si sente appartenente al territorio nazionale, il 4,5% all’Europa, il 15% circa al mondo in generale. La maggioranza (43,4%) dichiara di sentirsi appartenente alla propria città. Il 44,4% si dichiara insoddisfatto con la vita nella propria regione/in Italia (IARD, 2003). Per capire i problemi dei giovani in questa fase di formazione della loro identità è di grande importanza anche la sfera della trasgressione. In particolare, le indagini sulla popolazione giovanile si sono concentrate sull’uso di droghe. Altri abusi come la prostituzione o la violenza sono stati investigati poco. Negli ultimi decenni abbiamo assistito a una riformulazione della percezione di diversi tipi di droghe. L’eroina è sempre meno accettata e rimane dunque una droga legata al mondo dell’emarginazione che fa paura ai giovani. La cocaina e LSD hanno visto un netto aumento del numero di consumatori occasionali ed abituali. Queste droghe però non coincidono generalmente con situazioni di esclusione sociale, ma anzi sono frequenti tra giovani socialmente ben inseriti sia nel mondo del lavoro che della scuola o dell’università. Hashish e marijuana sono ugualmente frequenti in contesti sociali normali e assumono un connotato gruppale.
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In netto aumento sono le droghe sintetiche come ecstasy e metamfetamine, che rappresentano il prodotto perfetto per uno dei maggiori bisogni dei giovani: potenziare la prestazione fisica, saper rischiare e superare quelle barriere che fermano gli altri. I giovani più contigui a queste droghe paiono essere i più fragili dal punto di vista psicologico e progettuale. Per alcuni sono proprio gli stupefacenti lo strumento con cui compensare l’incapacità di organizzare la propria identità e il futuro, e per “ridurre” il gap tra le promesse di vita avventurosa, e la più triste e normale realtà.
La realtà regionale
La percezione del sé dei giovani toscani sembra abbastanza positiva. Permangono i tipici motivi di insoddisfazione adolescenziali a livello esistenziale e psicologico, mentre più contenute sono invece le insoddisfazioni per le relazioni con gli altri. Tra i più giovani (15-19) sono soprattutto le ragazze ad essere insoddisfatte con il proprio aspetto fisico. Questo è naturale in una società con modelli estetici di riferimento molto rigidi. Con il passare degli anni, le giovani toscane sviluppano una maggiore fiducia in sé stesse e di conseguenza soffrono meno per motivi estetici. In una classifica dei tipi di insoddisfazione proposta dall’indagine IARD (2003), la incapacità di prendere decisioni risulta al secondo posto delle fonti di insoddisfazione personale tra i giovani toscani, al primo posto vi è l’incapacità di memoria e concentrazione, al terzo la mancanza di una tranquillità psicologica. In Toscana l’appartenenza territoriale è molto forte e anche i giovani non smentiscono un forte legame con il proprio territorio. Il 40% si identifica fortemente solo con la propria Provincia, il 66% sente di
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appartenere alla regione. In Toscana, quindi vige un forte localismo, ma rispetto all’appartenenza nazionale i giovani toscani si differenziano sensibilmente. Infatti, solo il 18,5% si sente appartenente alla nazione, ben dieci punti percentuali in meno rispetto al dato nazionale. Più di metà dei giovani inoltre si sente orgogliosa di essere toscana. Analogamente, sono pochissimi (7%) che dichiarano di essere insoddisfatti con la vita nella propria regione. I giovani più soddisfatti sono i maschi che vivono nei centri con meno di 50.000 abitanti. Gli alti livelli di soddisfazione derivano soprattutto dalle possibilità di svago e di divertimento, dalla sicurezza sociale (IARD, 2003). In aumento, inoltre, è la soddisfazione per le opportunità lavorative, per il funzionamento dei servizi pubblici e per l’offerta di formazione. Rimane, invece, una certa insoddisfazione per via dei timori per il proprio futuro e per la pubblica amministrazione che viene ancora vista come poco efficiente. Secondo il Rapporto IARD sulla Toscana (1999) bere alcolici e fumare spinelli sono da tempo comportamenti piuttosto diffusi tra i giovani della Toscana. Lo sono maggiormente rispetto al campione nazionale e si tratta di comportamenti prevalentemente maschili; questi portamenti sono generalmente interpretati come tipici della cultura giovanile che non sottendono necessariamente condizioni di malessere o di contestazione. È avvenuto il passaggio dalla droga – simbolo di marginalità e del disagio – al concetto di addiction, cioè il consumo di droghe e sostanze che danno dipendenza all’interno di una realtà normale e di benessere. I giovani toscani consumano soprattutto droghe leggere come hashish e marijuana. Di fatto, l’idea di liceità delle droghe leggere si sta diffondendo sempre di più, cosa che permette anche alle analisi empiriche di trovare più informazioni su questo aspetto della vita giovanile.
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Parallelamente a questo aumento, si è registrato una diminuzione del consumo di droghe sintetiche. Cresce, invece, la diffusione delle droghe “legittimate” con particolare riferimento all’alcool, il cui consumo tra giovani è aumentato del 10% negli ultimi sette anni. Per ciò che riguarda il tabacco, non ci sono segnali di differenze sostanziali. I giovani più contigui al mondo della droga sono coloro che risiedono nei centri di maggior ampiezza, i maschi, provenienti da un background culturale elevato, all’interno della fascia dai 21 ai 24 anni, quelli che consumano anche sostanze lecite come alcool e tabacco. Il diffondersi del consumo di droghe leggere può risultare preoccupante, ma indica anche la ricerca di una strategia alternativa che un soggetto che si sta sviluppando adotta per affrontare e risolvere i compiti richiesti da una fase di vita piuttosto complessa (Ravenna, 1993). Confortante è sicuramente la scarsa vicinanza dei più giovani tra i 15 e i 20 anni a cocaina ed eroina. Le droghe pesanti mantengono infatti un ruolo marginale nella realtà giovanile toscana, legate a situazioni di disagio vero e proprio, dovute soprattutto all’insoddisfazione generale per la propria vita e a delusioni vissute nei rapporti familiari e lavorativi. In generale in Toscana non si può però parlare di una correlazione tra droga e disagio.
La realtà locale
Nella Provincia di Pisa non ci sono indicazioni per differenze sostanziali dalla realtà regionale. Quando interrogati, i giovani mostrano insoddisfazione per la scarsa disponibilità di denaro (11,2%), l’andamento della scuola e del lavoro (8%) e per il modo di trascorrere il tempo libero (6,8%). Problemi relazionali tra coetanei e all’interno della
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famiglia appaiono più accentuati tra i ragazzi più giovani (14-19), così come l’insoddisfazione sul modo di trascorrere il proprio tempo libero. Per quanto riguarda il consumo di droghe leggere, nella Provincia riguarda solo il 6,3% dei giovani ed è più frequente tra i maschi e nella zona di Pisa. Quello di alcolici è pari al 3,4%. Queste ultime percentuali risultano inferiori a quelle rilevate nelle indagini sui giovani svolte nelle province di Livorno e Massa Carrara, ma le differenza potrebbe essere ricondotta ad una diversa formulazione della domanda.13 Ancora più ridotta è la percentuale di coloro che ritengono di esagerare con il consumo di stupefacenti (0.9%) e di alcolici (3,1%).
II.9. Partecipazione politica e sociale La partecipazione alla sfera politica è strettamente collegata con il valore che i giovani le attribuiscono. In linea con il paragrafo antecedente, la diminuita importanza della politica nel sistema dei valori dei ragazzi italiani, si riflette in un minore protagonismo giovanile.
La realtà nazionale
In tutta Italia diminuisce la partecipazione politica dei giovani e aumenta il loro disinteresse rispetto a quanto rilevato nelle precedenti indagini. Infatti, nel 2000 il 44,6% dei giovani dichiarano di provare disgusto per la politica (IARD, 2002). Tra i giovani c’è inoltre una ridotta identificazione con il sistema partitico. Solo il 57% esprime una preferenza verso un partito di centro-sinistra o di centro-destra. Il 13
Nell’indagine dell’OPS nella Provincia di Pisa, la domanda era formulata “cosa ti capita di fare con il tuo gruppo di amici”, tra le risposte multiple ci stiamo riferendo a quella “andiamo a farci uno spinello”.
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restante 43% comprende diversi atteggiamenti politici: quelli che “non sanno”, quelli che non votano, e quelli che si identificano con il partito dei Radicali. Questo dato ci indica che la contrapposizione fra sinistra e destra, così importante in Italia, risulta incapace di “rappresentare” l’intero spazio delle possibili scelte etiche giovanili. In una classifica proposta all’interno del rapporto IARD, Ricolfi (2002) mostra che la maggioranza dei giovani rifiuta il bipolarismo per rigore morale: i giovani trovano che entrambi i poli siano portatori di una moralità parziale. Una minoranza dei giovani invece rifiuta i partiti maggiori perché pongono eccessivi limiti alla domanda di libertà dell’individuo. Questi giovani possono essere classificati come permissivi. Questa ultima categoria probabilmente riversa il proprio voto sul partito dei Radicali, i giovani “rigoristi” invece tendono ad astenersi dal voto. Sembra palese che i giovani necessitano nuove figure politiche che sappiano soprattutto convincere per la propria integrità personale ed proporre un concetto di cultura civica nuovo e integrato. Come spiegato bene da Beck (2000), la mancata partecipazione politica non dimostra una caduta dei valori. I giovani sembrano attuare invece una doppia strategia: “sono una generazione impolitica, in quanto negano la loro vitalità a Istituzioni troppo chiuse in sé stesse, ma nello stesso tempo praticano un’antipolitica, ovvero una forma di impegno che coniuga autorealizzazione e impegno per gli altri, e impegno per gli altri come auto-realizzazione”. Piuttosto che di una crisi di valori della politica nei giovani è opportuno parlare di un modo più articolato di concepire i valori politici, che mette al centro la soggettività, ovvero la scelta individuale, e che sposta l’impegno in nuove direzioni. Quanto si integrano i giovani italiani in una società multietnica? Quanto cioè riescono a contribuire alla formazione di una nuova società con appartenenze culturali molto diverse? Gli atteggiamenti dei giovani appaiono ambivalenti. Da un lato sottolineano l’eccessiva presenza di
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immigrati e percepiscono soprattutto la loro propensione a delinquere, negando ogni contributo di arricchimento culturale che la diversità porta con sé. Nonostante questi atteggiamenti diffidenti che si basano anche sul timore che la presenza degli immigrati possa sottrarre posti di lavoro e risorse pubbliche agli italiani, sono frequenti anche le dimostrazioni di solidarietà. La maggioranza, infatti, non vuole negare il proprio aiuto e si dimostra aperta verso il conferimento dei diritti di cittadinanza, almeno per coloro, che vivono e lavorano in condizioni regolari. Non si riscontra, quindi tra i giovani italiani una marcata xenofobia. Piuttosto sembra che – ricalcando i messaggi mediatici forse – vengano dirottati sulla questione dell’immigrazione paure e insicurezze attinenti ad altri aspetti della propria vita, come l’incertezza sullo sviluppo futuro della società e l’incertezza di poter assumere un ruolo significativo al suo interno. Visti gli atteggiamenti verso la politica consolidata, come si dispiegano le forme alternative di partecipazione alla società? In Italia, i livelli di partecipazione giovanile ad associazioni volontarie è simile ai livelli europei. Quasi la metà dei giovani compresi nella fascia dei 15-29 anni partecipa ad una associazione. Il 54.2% non appartiene ad alcuna forma associativa. Le attività associative a maggiore partecipazione per i giovani italiani sono quelle culturali, ricreative o sportive. Quasi il 30% dei giovani occupa il proprio tempo con attività di questo genere. Subito dopo troviamo qualche forma di impegno sociale nelle associazioni di volontariato, di stampo politico sindacale o civico. Ultime in classifica le associazioni di stampo religioso che però raccolgono ancora l’11% dei giovani italiani. Positivo sembra il tendenziale aumento della partecipazione giovanile ad associazioni con qualche connotato di impegno sociale, a scapito delle attività ricreative e religiose. Per quanto la partecipazione non sia irrisoria, rimane il dubbio se le associazioni anche oggi riescono a svolgere il loro ruolo di proiezione
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dell’individuo all’interno di una società più ampia e di una solidarietà più lunga. Purtroppo in Italia sembra che anche le attività associative servono spesso alla chiusura egoistica nel piccolo gruppo e come la politica, d’altronde, non riescono a raccogliere i frutti del protagonismo giovanile per la costruzione di una nuova collettività.
La realtà regionale
Anche in Toscana è abbastanza marcata la sfiducia nelle Istituzioni. Quelle che riscontrano ancora maggior fiducia da parte dei giovani sono la ricerca scientifica, le associazioni di volontariato, subito seguiti dall’Unione Europea (IRPET, 2007). La maggioranza però (28,4%) dichiara di non fidarsi di nessuna istituzione. Per le Istituzioni politiche, lo scenario è molto simile. La maggioranza dei giovani toscani non si fida né del Governo, né delle amministrazioni pubbliche. La disaffezione nei confronti della sfera istituzionale è confermata anche in Toscana dall’indagine regionale La condizione giovanile in Toscana (IARD, 2003): la maggioranza dei giovani intervistati esprime un atteggiamento di distacco, confermato sia dal favore verso la delega, ovvero ritiene che la politica vada lasciata ai competenti (31%), sia da un netto rifiuto (21%). I politicamente impegnati rappresentano un'esigua minoranza (3%). La restante parte (45%), pur dimostrando interesse e dichiarando di tenersi al corrente della politica, afferma di non partecipare attivamente. Per quanto concerne l’attività associativa, la Toscana si allinea abbastanza alle tendenze nazionali, con qualche differenza, però. Fanno parte di almeno una associazione in Toscana un po’ meno di metà dei giovani. La quota dei non associati inoltre è in aumento. Questa tendenza è dovuta da un lato all’invecchiamento all’interno della popolazione
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giovanile: aumentano infatti i giovani appartenenti alla fascia d’età 30-34 che tendenzialmente partecipano meno alla vita associativa. Dall’altra parte diminuisce proprio l’attrazione che le associazioni esercitano anche sulle fasce d’età inferiori. I giovani toscani partecipano a diverse tipologie di associazioni come quelle sportive e culturali, ma anche a quelle con connotati di impegno sociale, politico e sindacale. Le preferenze variano soprattutto in base al genere. I più attivi sono i ventenni (20-29) rispetto ai teenager (13-19) e agli adulti giovani (30-34). Per ciò che riguarda le associazioni religiose invece, la partecipazione è inferiore ai livelli nazionali. Solo gli scout riescono ad attirare i giovani toscani con la stessa intensità misurata a livello nazionale. Permangono nell’intero paesaggio associativo alcune tendenze di esclusione abbastanza forti: soprattutto le femmine e i provenienti da famiglie di basso livello culturale sono meno rappresentati all’interno delle associazioni, tra questi ultimi sono due terzi coloro che non partecipano a nessuna attività associativa. Ancora una volta troviamo che il sistema non riesce pienamente a includere i giovani svantaggiati. Questa differenza in termini di appartenenza sociale è meno marcata per le associazioni sportive, dove è più forte invece il divario tra ragazzi e ragazze a vantaggio dei primi.
La realtà locale
Nel territorio della Provincia di Pisa, nessuna indagine si è soffermata più di tanto sull’impegno politico dei giovani. Lo scarso interesse per l’universo politico dei giovani è però confermato da alcune modalità di risposte che rientrano in altre aree tematiche. Ad esempio l’OPS rileva che rispetto ad una serie di cose che si fanno con il proprio gruppo di
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amici, la maggior parte dei giovani afferma che non si discute per nulla di politica. Questo testimonia che il confronto politico non rientra quasi per nulla tra le priorità: non solo non si fa esperienza di militanza politica, dunque, ma se ne parla anche pochissimo con i propri coetanei. Anche la partecipazione ai sindacati, che connotano la difesa dei propri interessi attraverso i canali democratici consolidati, è abbastanza ridotta. Nella Provincia di Pisa, solo il 14,1% dichiara di essere iscritto ad un sindacato o un’associazione di categoria (OPS, 2003). Le partecipazioni più alte si registrano nell’Alta Val di Cecina (24,1%) e nella Valdera (23,5%). Molto più ridotta è l’iscrizione a sindacati ed associazioni di categoria in Valdarno (9,5%), la Bassa Val di Cecina (5,6%). Nella zona di Pisa la quota di giovani iscritti risulta addirittura essere nulla. Nonostante la ridotta partecipazione politica ufficiale, fra i giovani di Pisa si nota una maggiore inclinazione all’associazionismo di impegno sociale. Infatti il 38,2% dei giovani che partecipa ad una attività associativa lo fa in campo politico, ambientale o civile. Quasi la stessa attrazione hanno le associazioni sportive e culturali (35,9%). Il 13,5% degli associati invece svolgono attività religiose. Questo dato è maggiore rispetto a quelli registrati a livello regionale e nazionale. Il problema del quadro partecipativo della Provincia di Pisa rimane quello dell’incapacità di farsi sentire dal mondo degli adulti e di creare una voce collettiva. Gli sforzi si consumano in un impegno personale all’interno del terzo settore. I giovani sono attori attivi ma invisibili.
III. I servizi offerti ai giovani e il loro riscontro Diversi servizi sono stati offerti ai giovani a vari livelli territoriali. Da un lato vi sono tutte le attività culturali, di svago e ricreative. Qui ci
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concentreremo sui servizi di orientamento che rappresentano un importante risorsa per i giovani in alcuni momenti decisivi del loro percorso formativo e professionale. Vengono classificate come servizi di “orientamento specialistico” tutte le attività prodotte da un esplicito sforzo organizzativo volto a coinvolgere persone dotate di competenze specifiche in merito alle scelte che gli studenti devono compiere, come incontri promossi dalle scuole superiori e dalle università, i campus, le fiere di orientamento organizzate da enti pubblici o privati, i servizi di orientamento (IARD, 2003). I servizi offerti dalle Istituzioni scolastiche e universitarie rivolgono preferenzialmente le informazioni e le attività di orientamento agli studenti che restano all’interno del sistema scolastico. Permangono però grave carenze: - nel recuperare i giovani che sono usciti dal sistema scolastico, - nell’istituire una rete di informazione formale che compensi le carenze delle reti informali, soprattutto per coloro che provengono da un background instabile e caratterizzato da bassi livelli di istruzione, - nel compensare le carenze di formazione scolastica con una maggiore varietà di offerta di percorsi professionalizzanti, - nel raggiungere i giovani provenienti dalle famiglie “svantaggiate” In Toscana, solo una scuola su quattro promuove incontri di orientamento. Le università raggiungono solo il 16% di coloro che giungono a termine della scuola secondaria superiore. Mentre l’orientamento formale può sempre essere integrato con quello informale, è preoccupante che un terzo dei diplomati si avvalgono solo
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di consigli di amici e genitori (IARD, 2003). Nell’accesso a servizi di orientamento ancora una volta l’influenza delle origini sociali risulta decisiva. I servizi offerti sul territorio regionale, risultano scarsamente conosciuti, soprattutto quelli a carattere socio-assistenziale. I servizi più noti sono le biblioteche, gli inform@giovani e i corsi di formazione di tipo informatico e linguistico. I giovani con minori possibilità di conoscenza dei servizi sono quelli dei piccoli centri, provenienti da background culturale basso, e i giovani lavoratori. Un’eccezione è rappresentata dai centri di collocamento che sono mediamente più conosciuti dai giovani lavoratori, piuttosto che dagli studenti. Rimane però preoccupante il fatto che coloro che si trovano in una situazione di potenziale difficoltà siano anche quelli che possiedono meno informazioni sui servizi che potrebbero aiutare loro (IARD, 2003). Anche se i centri inform@giovani sono conosciuti ed apprezzati, solo il 26,3% dei giovani toscani li ha utilizzati almeno una volta. L’indagine IARD (2003) mostra che il margine di miglioramento di questo servizio, che può vantare un ottima reputazione tra i giovani, sta principalmente in una maggiore pubblicità del servizio, soprattutto a livello istituzionale, in modo da facilitarne l’accesso e la fruizione. La soddisfazione dei giovani toscani per i servizi offerti varia in relazione al tipo di servizi. Gli inform@giovani, come precedentemente sottolineato, riportano un giudizio molto complessivo da parte di tutti coloro che ne hanno usufruito. Riguardo ai centri per l’impiego il giudizio dei giovani, invece, è complessivamente negativo. Per ciò che riguarda gli altri servizi come le attività culturali, di svago e ricreative i giovani non sembrano insoddisfatti dell’offerta del territorio: il livello di soddisfazione è alto per i cinema, le biblioteche e le manifestazioni sportive. Pochissimi dichiarano di aver utilizzato altre strutture come i
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CAG (8%)14 o il SERT (1,7%). Più conosciuti (il 28% dichiara di conoscerli) rimangono i consultori per adolescenti, ma solo il 15% dei giovani che ne hanno usufruito (IARD, 2003). Secondo il campione dell’indagine IARD (2003), la popolazione giovanile toscana reclama maggiori opportunità di manifestazioni culturali e di svago. Richiede, inoltre, più agevolazioni per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro, più centri da dedicare ad attività polivalenti e una maggiore offerta di corsi di lingue e di informatica. Anche la richiesta di nuovi impianti sportivi è consistente, soprattutto tra i più giovani, per i quali le attività sportive occupano un posto centrale nella fruizione del tempo libero. Poco richiesti sono i centri per i giovani a scopo informativo e orientativo. Lo stesso campione però, dichiara anche di desiderare maggiori informazioni sugli stessi centri informagiovani e sulle loro funzioni ed attività. Questa contraddizione fa pensare che i giovani stessi non hanno le idee molto chiare sulle proprie esigenze di assistenza. Nella Provincia di Pisa, il 43,7% degli intervistati è poco informato sui servizi di orientamento esistenti, il 29,9% lo è “abbastanza” e il 9,4% ne ignora l'esistenza. I più informati sono i soggetti residenti nell'area Pisana (OPS, 2003). Nonostante negli ultimi anni ci sia stata una crescita degli strumenti di orientamento al mondo del lavoro, la stragrande maggioranza degli intervistati ha ricevuto aiuto ricorrendo ai canali informali. Le reti di prossimità parentali (60%) e amicali (33,1%) sono quelle che hanno offerto il maggior sostegno. Solo circa il 3% dei soggetti ha ottenuto un aiuto rivolgendosi alle agenzie – private o pubbliche – di formazione e informazione.
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Centro di Aggregazione Giovanile
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Conclusioni Dal quadro conoscitivo finora ricostruito, emerge che per quanto la popolazione giovanile abbia negli ultimi anni costituito uno dei target prioritari dell’azione politica (tanto a livello nazionale che locale) ci sono ancora margini di miglioramento rispetto all’obiettivo della soddisfazione dei bisogni della popolazione giovanile. È così ad esempio per tutti i servizi di orientamento che dovrebbero migliorare nell’attività di matching qualitativo tra offerta e domanda di lavoro. Si profila anche l’esigenza di garantire una maggiore sicurezza sui ritorni dell’investimento nell’istruzione in termini occupazionali. Questo richiederà soprattutto interventi sul mercato del lavoro, come per esempio sui differenziali retributivi in base al titolo di studio e sui lunghi periodi di inserimento nel mercato del lavoro. Un altro ambito cruciale concerne il rafforzamento del raccordo tra sistema formativo e occupazionale, tra i percorsi scolastici tradizionali e il settore della formazione professionale. Rimane da affrontare anche l’equilibrio tra l’offerta di opportunità di formazione integrativa per coloro che hanno un percorso formativo debole, incompleto e connotato da problemi di dispersione. Attualmente sono ancora coloro che giungono al termine dell’istruzione terziaria ad avere più opportunità di formazione rispetto a coloro che invece si sono fermati ad un’istruzione secondaria o che hanno interrotto gli studi in precedenza. Servono inoltre più interventi di sensibilizzazione, sia per fronteggiare i timori dei giovani suscitati dalla crescente presenza degli immigrati, sia per facilitare la fuoriuscita dalla “cerchia ristretta” di relazioni interpersonali all’interno della quale molti giovani sembrano rinchiudersi. Pertanto sarebbe utile predisporre specifici spazi destinati ai giovani e allo svolgimento delle loro attività - senza comunque farne degli spazi separati dalla società o dei luoghi di “segregazione generazionale”, e
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soprattutto offrire loro delle possibilità per realizzare i propri progetti, e rafforzare le opportunità per ampliare i propri interessi e “riempire” in modo significativo e soddisfacente il proprio tempo, stimolando peraltro anche l’autonoma progettazione di queste nuove iniziative. Questo aiuterebbe a prevenire la solitudine e la noia che incombe pericolosamente su una parte dei giovani, e ad avvicinarli a quelle Istituzioni sociali che sembrano così lontane ed estranee rispetto alle loro esperienze di vita. Occorre anche dare delle risposte adeguate al disagio che potrebbe insorgere dall’eccessivo prolungamento della condizione adolescenziale e al bisogno di orientamento dei giovani. Sarebbe opportuno rinnovare l’impegno educativo ed incentivare delle politiche sociali in grado di facilitare l’accesso dei giovani al mondo adulto e di promuovere la capacità di scelta entro una società estremamente complessa. Si tratta quindi di agire su diversi piani, anche in questo caso una valida strategia, seppure parziale rispetto alla globalità del problema considerato, potrebbe essere quella di “(…)coinvolgere direttamente i giovani nella progettazione e nella gestione di servizi sociali che li riguardano in prima persona, e più in generale accogliere la loro domanda di una maggiore partecipazione alle Istituzioni di cui fanno parte, dalla famiglia alla scuola, [questo] potrebbe essere un modo di aiutarli a crescere, e di considerarli come soggetti attivi e titolari di una piena cittadinanza” (Gisfredi, 2003). Questi sono i possibili interventi per offrire un numero maggiore e migliore di servizi ai giovani da parte delle Istituzioni in generale. Anche nella Provincia di Pisa questi interventi sarebbero adeguati. In generale i giovani della Provincia non sembrano particolarmente a disagio, ma anzi presentano per certi verso una “performance” migliore dei coetanei toscani e italiani: consumano meno droghe leggere e legittimate e sono più attivi in associazioni d’impegno sociale. Una zona alla quale prestare particolare attenzione è la Bassa Val di Cecina, dove si registrano livelli
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più alti di insoddisfazione con riferimento sia ai percorsi formativi – che sono anche più corti – che al mercato di lavoro – che è caratterizzato da livelli di mobilità molto inferiori al resto della Provincia. Anche in Valdarno e in Valdera i giovani dimostrano insoddisfazione per alcuni aspetti della propria vita, rispettivamente per i percorsi scolastici e per la situazione lavorativa. Nella zona pisana i giovani sembrano più soddisfatti in generale: il disagio scolastico misurato in termini di ripetenze e interruzioni è inferiore e il mercato del lavoro è più mobile. I giovani, infatti, si dichiarano più soddisfatti. Occorre anche “tenere in considerazione la richiesta di molti ragazzi della Provincia di Pisa di passare più tempo con i propri genitori, il loro bisogno di essere ascoltati dagli adulti e compresi dai loro insegnanti. Dunque accanto alla predisposizione di servizi e interventi volti a soddisfare direttamente le aspettative ed i bisogni dei giovani, sarebbe opportuno predisporre anche servizi e interventi rivolti agli adulti, in primo luogo genitori e educatori, per facilitare la comunicazione con i ragazzi ed aiutarli a compiere scelte autonome” (Gisfredi, 2003).
63
64
Parte II: L’immagine raccolta dal sistema Informagiovani
Introduzione La letteratura nazionale, regionale e locale ha evidenziato gli aspetti critici della condizione giovanile. La seconda parte della presente indagine intende verificare nel dettaglio i risultati ottenuti dalla letteratura, comparandoli con l’immagine raccolta dal sistema degli Informagiovani della Provincia di Pisa. Questa seconda parte è strutturata nel modo seguente: le note metodologiche spiegano limiti e punti di forza dell’impostazione dell’indagine. Seguono i risultati che in primis descrivono il panorama dei bisogni della popolazione giovanile della Provincia, e successivamente cerca di approfondire quegli aspetti per i quali l’indagine è riusita a raccogliere informazioni più qualificate e strutturate. L’ultima parte suggerisce poi una serie di strategie da adottare per migliorare la condizione giovanile nel territorio provinciale.
IV. Note metodologiche IV.1. Perchè gli Informagiovani L’analisi empirica dei bisogni giovanili pone sempre alcuni problemi di ordine metodologico che, anche nel caso della nostra ricerca, è necessario esplicitare al fine di consentire una migliore comprensione delle scelte che il gruppo di lavoro ha dovuto fare sugli strumenti e sulle tecniche di indagine. L’intervista diretta ai giovani in prima battuta potrebbe sembrare il metodo in linea di principio più immediato ed esaustivo per la rilevazione del “bisogno”. Tuttavia il carattere fluido ed estremamente soggettivo del “bisogno”, consiglia di non poggiare l’analisi di questo concetto-obiettivo solamente su quanto rilevabile attraverso il solo
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“punto di vista del giovane”. Oltre ad essere molto costosa (in termini di risorse e tempi necessari) questa metodologia presenterebbe, infatti, alcuni limiti derivanti dall’accentuazione di una sola prospettiva interpretativa, a meno che non si voglia indagare proprio questo aspetto. Per questo motivo generalmente le ricerche di terreno sui “bisogni giovanili” affiancano alle rilevazioni del punto di vista dei giovani quelle di alcuni “testimoni qualificati”, che abbiano esperienza diretta dei bisogni giovanili per motivi di studio (ricercatori), professionali (insegnanti, educatori, operatori socio-sanitari, etc.) o di forte adesione empatica ( ad es. familiari). Consapevoli di questa necessità metodologica, la ricerca in oggetto ha voluto contribuire alla conoscenza dei bisogni dei giovani in Provincia di Pisa (rilevata nel 2003 dall’Osservatorio per le Politiche Sociali attraverso una importante survey) attraverso la realizzazione di una nuova indagine empirica questa volta condotta “dal punto di vista esterno”. Quando si ricorre al punto di vista “esterno”, è necessario rivolgersi a soggetti a stretto contatto con i giovani, e con molti giovani diversi. Il sistema degli Informagiovani della Provincia di Pisa effettivamente gode di una posizione privilegiata: I servizi offerti sono vari, dalla mera divulgazione di materiale informativo per percorsi formativi e offerte di lavoro all’orientamento attivo e l’organizzazione di eventi aggregativi e culturali. La distribuzione sul territorio è estremamente capillare (33 punti Informagiovani sul territorio dell’intera Provincia). L’esperienza degli Informagiovani – attivi da circa otto anni – mostra che queste strutture entrano in contatto con giovani appartenenti a diverse realtà territoriali e sociali che si rivolgono a loro per i più svariati motivi. Il sistema degli Informagiovani, dunque può offrire una buona immagine complessiva dei bisogni della popolazione giovanile della Provincia. Un ulteriore punto a favore della scelta di coinvolgere gli Informagiovani sta nella loro posizione istituzionale: hanno il vantaggio di essere un punto
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di snodo tra giovani, le Istituzioni e la politica locale. Questo è rilevante perchè possono sottolineare eventuali difetti strutturali che si riflettono in un gap tra domanda e offerta nei servizi per i giovani. La scelta di coinvolgere attivamente i punti Informagiovani deriva dunque dal fatto che si tratta di un servizio nato per ascoltare e soddisfare i bisogni dei giovani, ed è una esperienza istituzionale valutata come molto positiva sia dai giovani che dai livelli politici locali. La performance positiva degli Informagiovani è legata al fatto che in una realtà locale piccola gli operatori hanno modo di seguire i singoli utenti con una ricerca costante e approfondita. Gli utenti poi risultano generalmente soddisfatti visto che i punti Informagiovani riescono spesso – se attrezzati – a fornire una risposta immediata ai bisogni degli utenti. In alcune realtà molto piccole, il punto Informagiovani diventa un luogo di ritrovo per i ragazzi che ne approfittano soprattutto per utilizzare internet. Il ruolo importante degli Informagiovani nel rilevare i bisogni giovanili ha chiaramente anche degli svantaggi: in primis, gli Informagiovani non possono percepire tutti i bisogni giovanili. Essendo soprattutto un’istituzione che fornisce servizi di orientamento e di divulgazione di informazione per il lavoro e gli studi, entra principalmente in contatto con le esigenze legate alla ricerca del lavoro e l’insoddisfazione con gli studi. Altre dimensioni della condizione giovanile come la formazione dell’identità e il ruolo sociale sono tematiche meno frequenti all’interno dei punti Informagiovani. Un secondo limite metodologico sta nella rappresentatività del campione (indiretto) dei giovani. Di fatto, gli Informagiovani entrano in contatto con una parte dei giovani, quelli che effettivamente vanno alla ricerca di un servizio. Non sono compresi nella popolazione giovanile “osservata” tutti coloro che non si rivolgono al servizio.
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IV.2. Il metodo di analisi Per la raccolta di informazioni è stato scelto di utilizzare lo strumento del questionario strutturato, che è stato somministrato a tutti i responsabili dei punti Informagiovani del territorio provinciale. Nel disegno del questionario si è cercato di tenerlo il più aperto possibile per lasciare spazio alle opinioni soggettive dei responsabili.15 Il metodo presenta indubbiamente alcuni potenziali limiti ai quali si è cercato di ovviare nel modo seguente: Il responsabile del punto Informagiovani potrebbe non essere a diretto contatto con l’utenza del Centro. Per evitare questo errore, ai responsabili è stato chiesto di collaborare con o eventualmente di delegare il compito agli operatori attivi nel Centro. Si è, infatti, preferito raccogliere le opinioni di coloro che sono a maggior contatto con i giovani piuttosto che quelle dei refenti istituzionali. Un secondo problema è che molti punti Informagiovani della Provincia sono gestiti dalle stesse persone. Chiaramente un’ analisi che si basa sulla somministrazione di un questionario che rileva le opinioni soggettive perde rilevanza se gli intervistati sono gli stessi individui: per evitare parzialmente questo errore, nell’analisi dei dati è stato tenuto conto della ripetizioni di opinioni espresse dalla medesima persona. Per integrare l’opinione rilevata interrogando il Sistema Informagiovani, sono stati condotti due Focus Group con altri soggetti per raccogliere ulteriori stimoli interpretativi e suggerimenti da parte di altri attori in contatto con i giovani e da parte dei giovani stessi. Il primo Focus Group ha raccolto le opinioni degli operatori sociali e le considerazioni del Presidente della Consulta Giovani di Pisa su alcuni dei bisogni più salienti della popolazione giovanile. Il Focus si è svolto nel giorno 13 Novembre 2007 presso la Provincia di Pisa. Il secondo Focus 15
Il questionario è allegato nell’appendice.
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si è svolto all’interno della trasmissione radio “Giovani a Progetto” sulla frequenza PUNTORADIO in data 7 Dicembre 2007. A questo secondo Focus, hanno partecipato sei giovani della Valdera tra i 17 e i 24 anni.16 I temi trattati si sono concentrati sulla necessità di orientamento scolastico, le paure legate al mondo del lavoro, e il ruolo dei giovani all’interno della società. I due Focus Group sono stati utili per integrare aspetti di quei bisogni dei giovani che vanno al di là della formazione, e il mondo del lavoro.
IV.3. L’ampiezza del campione L’indagine ha coinvolto tutti i punti Informagiovani sul territorio della Provincia. Sono stati raccolti questionari da 30 punti Informagiovani distribuiti tra le quattro zone della Provincia. Il grafico 4.1 mostra la distribuzione degli Informagiovani nell’Area Pisana, la Valdera, il Valdarno Inferiore e la Val di Cecina interna.
16
In particolare hanno partecipato due ragazzi e due ragazze di 17 anni (che frequentano diverse Scuole Medie Superiori), un ragazzo di 20 anni (che lavora), una ragazza di 24 anni (iscritta ad un dottorato di ingegneria nucleare).
71
4.1.: Distribuzione (percentuale) dei punti Informagiovani per Sistemi Economici Locali17
16,7 30,0
13,3
Valdarno
40,0
Valdera
Area Pisana
Val di Cecina
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007 Nella Provincia di Pisa il servizio fornito dai punti Informagiovani non viene utilizzato esclusivamente dai giovani. In molti casi l’aiuto pratico che questo serivizio fornisce nella ricerca di un lavoro adeguato, viene richiesto anche da individui adulti che sono ugualmente esposti alla precarietà del mercato del lavoro e al difficile matching qualitativo tra domanda e offerta di lavoro. Soprattutto nelle realtà dei Comuni più piccoli questo fenomeno è rilevante, dato che altre strutture come il Centro d’Impiego non sono geograficamente vicini o facilmente raggiungibili. Il grafico 4.2. mostra la distribuzione per fasce d’età dell’utenza dei punti Informagiovani sul territorio della Provincia di Pisa. 17
In totale, l’indagine riporta le opinioni dei referenti di 29 punti Informagiovani del territorio della Provincia di Pisa: 5 nel Valdarno, 12 nella Valdera, 4 nell’area Pisana e 9 nella Val di Cecina Interna. Il numero di soggetti che hanno espresso la propria opinione è 19.
72
É facile notare che quasi tre quarti degli utenti ha più di 25 anni. Di aspetto rilevante è che è soprattutto la fascia d’età maggiore (dai 30 ai 35 anni) ad utilizzare di più i servizi degli Informagiovani. Molti Punti hanno inoltre dichiarato di fornire servizi anche e soprattutto ad un’ utenza caratterizzata da persone con più di 35 anni. In media il 34% dell’utenza dei punti Informagiovani della Provincia supera i 35 anni. Ridotta è la frequenza di giovani in età scolastica, invece, che si aggira attorno il 12,5%.
73
4.2.: L’utenza dei punti Informagiovani della Provincia di Pisa, per fasce d’età18
2,8
9,7
18,7
43,8
24,9
0-14
15-19
20-24
25-29
30-35
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007
18
I dati si riferiscono alla domanda 3 del questionario nella quale viene chiesto al punto Informagiovani di indicare la distribuzione per fasce d’età della propria utenza. Nel grafico, l’ultima fascia d’età (30-35 anni) comprende anche tutti gli utenti con più di 35 anni.
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4.3: L’utenza dei punti Informagiovani nei quattro SEL (Sistemi Economici Locali)19 Valdera
3,9
9,8
40,0
18,5
27,8
0-14
15-19
20-24
25-29
30-35
Valdarno Infe riore
2,8
18,4
36,4
18,6 23,8
0-14
15-19
20-24
25-29
30-35
19
Per i diversi SEL sono stati inclusi i dati dei punti IG dei seguenti comuni: i. Per la Valdera: Bientina, Capannoli, Casciana Terme, Chianni, Crespina, Lari, Palaia, Ponsacco, Pontedera, Terriciola; ii. Per il Valdarno: Castelfranco di Sotto, Orentano, San Miniato, Santa Croce sull’Arno, Santa Maria a Monte; iii. Per la Val di Cecina: Casale Marittimo, Castellina Marittima, Castelnuovo di Val di Cecina, Guardistallo, Montecatini Val di Cecina, Pomarance, Riparbella, Santa Luce, Volterra; iv. Per l’area Pisana: Buti, Cascina, Pisa, San Giuliano Terme.
75
Area Pisana
2,5
4,0
32,3
25,0
36,3
0-14
15-19
20-24
25-29
30-35
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007 Nella valutazione delle risposte date dai responsabili degli Informagiovani va quindi tenuto conto del fatto che queste strutture tendono ad entrare in contatto soprattutto con ventenni e trentenni alla ricerca di lavoro o altre opportunità formative. I bisogni dei giovanissimi – ragazzi delle Scuole Medie Inferiori e Superiori – , risultano quindi meno rilevabili all’interno dei punti Informagiovani. Questo è risultato nelle opinioni dei responsabili, che infatti hanno sottolineato soprattutto i bisogni dei giovani legati alle difficoltà di entrata (e permanenza) nel mercato del lavoro. Altre tipologie di bisogni e le necessità dei ragazzi più giovani sono invece stati trattati con maggiore profondità durante i due Focus Group svolti per l’indagine.20 Soprattutto il secondo Focus ha coinvolto diversi ragazzi 20
Al primo Focus Group hanno partecipato: Christian Pardossi – Assessore Politiche giovanili Castelfranco di Sotto, Luigi Mangeri – Coordinamento area giovani della Conferenza zonale del Valdarno Inferiore relativamente alle politiche per i giovani San Miniato, Oriana Perrone – Presidente Consulta giovani di Pisa, Giovanni Cioli – Fondazione Charlie Pontedera, Andrea Bianchi Segretario Associazione Avis di Pisa. Al secondo Focus Group hanno partecipato: Clarissa (17 anni) di Madonna dell’Acqua – frequenta la Scuola Superiore Magistrale a Pisa, Andrea (17 anni) di San Giuliano Terme – frequenta il Liceo Artistico a Lucca, Andrea (20 anni) di Pontedera – Lavora in una ditta informatica e fa parte della redazione della trasmissione „Per l’apppunto –
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delle Scuole Medie Superiori che hanno saputo esprimere bene i propri bisogni.
V. I risultati
V.1. I bisogni della popolazione giovanile della Provincia di Pisa Il grafico 5.1 mostra l’elenco dei bisogni più salienti dei giovani della Provincia di Pisa secondo l’immagine raccolta dal Sistema Informagiovani. Nel questionario somministrato ai responsabili sono stati elencati 16 bisogni (Domanda N. 9), raggruppati per le seguenti tematiche: studi, lavoro, identità e società. Come si denota chiaramente dal grafico, il maggior numero di segnalazioni si concentra all’interno del gruppo di bisogni legati al lavoro.
parliamone“, Walter (17 anni) di Santa Maria a Monte – frequenta il Liceo Scientifico a Pontedera, Angela (24 anni) di Chieti – iscritta al Dottorato di Ricerca in Ingegneria Nucleare a Pisa, Giulia (17 anni) di Pisa – frequenta il Liceo Linguistico a Pisa, Fabio De Marco nelle vesti di redattore e conduttore radiofonico.
77
5.1.: I bisogni dei giovani della Provincia di Pisa, suddivisi per ambito tematico Suddivisione dei bisogni emergenti della popolazione giovanile, per ambito tematico
15,3
0%
54,6
20%
40%
studi
lavoro
15,3
60%
identità
80%
14,7
100%
società
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007
78
5.2.: Le maggiori preoccupazioni dei giovani legate al mondo del lavoro – Provincia di Pisa
10,1
3,4 30,3
13,5
2,2
10,1
30,3 disoccupazione
sottoccupazione
instabilità
spostamento
guadagno
abitazione
scelte riproduttive
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007 Tra i problemi legati al mondo del lavoro, quelli che i rispondenti hanno segnalato come maggiori per i giovani sono soprattutto la disoccupazione e la precarietà. La maggiore preoccupazione dei giovani sta nell’ incertezza e nell’instabilità del posto di lavoro. I giovani sembrano meno intimoriti dal fenomeno della sottoccupazione. Connesse all’inaffidabilità del mondo del lavoro sono tutte le preoccupazioni legate all’insufficienza della retribuzione: molti responsabili hanno infatti indicato lo stesso compenso economico come
79
una delle principali preoccupazioni dei giovani. Collegata a questo aspetto sembra essere la necessità di trovare una sistemazione abitativa non eccessivamente costosa, soprattutto tra i giovani con più di 25 anni. Una ulteriore problematica affrontata dai giovani della Provincia, è legata allo spostamento per motivi di lavoro. Come si vedrà nei paragrafi di approfondimento, lo spostamento per motivi di lavoro è strettamente legato all’offerta di lavoro nel contesto locale, l’offerta disponibile in contesti vicini, le infrastrutture di trasporto presenti sul territorio – che svolgono un importante ruolo nell’abbattimento dei costi, e la disponibilità economica e mentale del soggetto giovane a spostarsi. I grafici 5.3-5.6 mostrano le differenze tra i diversi sistemi economici locali per ciò che riguarda le preoccupazioni legate al mondo del lavoro:
80
5.3-5.6: Le maggiori preoccupazioni dei giovani legate al mondo del lavoro nei diversi SEL Valdera
0,0 16,7
33,3
11,1
8,3
0,0
30,6
Valdarno Inferiore
9,1 9,1
27,3
18,2 9,1 0,0 27,3
81
Val di Cecina 3,1
6,3
25,0
18,8
3,1
15,6 28,1
Area Pisana
0,0
10,0
0,0 10,0 40,0
40,0
0,0
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007
82
In tutto il territorio della Provincia le preoccupazioni dei giovani legate al mondo del lavoro si concentrano soprattutto nel timore di rimanere disoccupati e nell’instabilità dell’impiego. Queste preoccupazioni “generali” coprono più del 50% delle segnalazioni in tutte le aree dei SEL. Ci sono però alcune differenze sostanziali tra i diversi sistemi economici locali: Nell’area pisana l’80% delle preoccupazioni dei giovani derivano dalle caratteristiche del mercato del lavoro (eccesso di offerta e precarietà dell’impiego). Oltre a queste, i giovani dell’ area pisana incontrano difficoltà a congiungere le scelte lavorative con quelle di crearsi una famiglia. Anche il “doversi spostare per il lavoro” viene segnalato come problematico – questo almeno nel comune di Buti. Nel Valdarno Inferiore, lo spostamento invece non viene segnalato come una delle preoccupazioni salienti dei giovani. Qui le preoccupazioni “generali” del lavoro sono leggermente inferiori (54,4%) ma anche più sfaccettate: qui il fenomeno della sottoccupazione è maggiormente percepito (9,1%), così come la preoccupazione per la bassa retribuzione (18,2%). I referenti della zona segnalano inoltre come preoccupazioni rilevanti dei giovani, quelle di riuscire a trovare un’abitazione propria e di riuscire a congiungere le scelte matrimoniali e di filiazione con quelle lavorative (entrambi il 9,1%). Più simili sono i profili dei bisogni legati al mondo del lavoro della Valdera e della Val di Cecina Interna. In quest’ultima i bisogni risultano più diversificati. Di particolare rilevanza sembrano essere i bisogni legati alla mancanza di infrastrutture per il trasporto. Infatti, il 15,6% delle preoccupazioni dei giovani vertono attorno allo spostamento per motivi di lavoro. Anche la preoccupazione per il guadagno economico (18,8%) risulta rilevante. Secondarie sembrano essere le preoccupazioni per trovare un’abitazione propria (6,3%) e la difficoltà di congiungere le scelte riproduttive e matrimoniali con quelle lavorative (3,1%). La
83
Valdera si distingue per una maggiore rilevanza del bisogno di trovare un’abitazione propria (16,7%). Le difficoltà di spostamento e il ridotto stipendio sono aspetti rilevanti per rispettivamenti l’8,3% e l’11,1% dei referenti della zona. Per quanto riguarda i bisogni dei giovani legati all’ambito degli studi, anche qui si manifestano preoccupazioni che si ricollegano al mercato del lavoro. Il 75% dei punti Informagiovani segnalano che l’inadeguatezza degli studi rispetto alle esigenze del mercato del lavoro è una delle preoccupazioni più grandi dei giovani. Nonostante la preponderanza dei bisogni legati al lavoro, i punti Informagiovani hanno segnalato come prioritari anche altre problematiche legate all’ambito dello sviluppo dell’identità dei giovani e il loro rapporto con la società in generale. Più della metà dei Punti Informagiovani del territorio Provinciale (61%) segnala come prioritaria la preoccupazione di “trovare un ruolo all’interno della Società”. Il 29% suggerisce inoltre che i giovani non sanno come impegnare il proprio tempo libero. I giovani della Provincia di Pisa non sembrano, invece avere alcuna difficoltà a socializzare con altri giovani. Per quanto riguarda il rapporto che i giovani mantengono con il resto della società, il sistema Informagiovani indica che la preoccupazione più sentita da parte dei giovani è l’inaffidabilità delle Istituzioni – il 57% la indica come una delle preoccupazioni prioritarie – seguita dalla paura per la crescente immigrazione (18%) e da aspetti più esistenziali e di crisi di valori (11%). Il grafico 5.7 riassume le più grandi preoccupazioni dei giovani riguardo al proprio futuro come percepite dal sistema Informagiovani del territorio della Provincia.
84
5.7.: I bisogni emergenti della popolazione giovanile della Provincia di Pisa – la percezione dei punti IG riguardo alle principali preoccupazioni: 100 90 80 70 % di punti IG che 60 segnalano il 50 bisogno come 40 prioritario 30 20 10 0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10 11 12 13 14 15 16
N. del bisogno
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007
85
Per l’ambiente tematico STUDI: 1. La mancanza di un adeguata offerta didattica locale (a livello di istituti superiori/università) 2. Doversi spostare per gli studi; 3. L’inadeguatezza degli studi rispetto alle esigenze del mercato del lavoro
Per l’ambiente tematico LAVORO: 4. La disoccupazione; 5. La sottoccupazione; 6. L’instabilità dell’impiego; 7. Doversi spostare per il lavoro; 8. Il guadagno economico; 9. Trovare una sistemazione abitativa; 10. Combinare le scelte matrimoniali e riproduttive con quelle lavorative
Per l’ambiente tematico IDENTITÀ: 11. Trovare un ruolo all’interno della società; 12. Socializzare con altri giovani; 13. Come impegnare il proprio tempo libero
Per l’ambiente tematico SOCIETÀ: 14. La crescente immigrazione; 15. L’inaffidabilità delle Istituzioni; 16. Esistenziali e di crisi di valori
V.2. Differenze all’interno della popolazione giovanile Una volta delineati i bisogni più salienti della popolazione giovanile in generale, è giusto cercare di identificare le differenze qualitative tra giovani con caratteristiche diverse. A questo scopo, il questionario ha cercato di rilevare le opinioni dei responsabili riguardo a differenze sostanziali nell’incidenza dei bisogni tra diverse tipologie di giovani. Non tutti i Punti Informagiovani hanno segnalato delle differenze sostanziali, ciononostante sono emersi alcuni aspetti interessanti.
86
Giovani adulti (oltre i 25 anni) e i giovanissimi (14-25 anni)
Le differenze tra i giovani appartenenti a diverse fasce d’età variano in base all’età di entrata nel mondo del lavoro, ma anche dalle possibilità di accedere agli studi, di spostarsi e di fare esperienze diverse nella vita. Tenendo conto che la maggioranza dei giovani oltre i 25 anni sia già entrata nel mercato del lavoro, e che i giovanissimi invece non lo siano, questo comporta una serie di differenze nella percezione dei propri bisogni rispetto agli studi e il lavoro stesso. I Punti Informagiovani segnalano che i giovanissimi hanno grande difficoltà ad associare lo studio con il mondo del lavoro, perchè sono consapevoli che al termine del ciclo di studi difficilmente troveranno un tipo di impiego attinente al titolo di studio conseguito. Infatti, i giovanissimi sono maggiormente disponibili a svolgere lavori saltuari e precari: se attivi, effettuano tirocini oppure hanno guadagni medio-bassi. Tra i giovani oltre i 25 anni sono diverse le esigenze e i bisogni: sentono maggiormente la precarietà del lavoro come un problema che crea disagio a livello personale e sociale. Per i giovani adulti, la situazione lavorativa crea molta più sofferenza: In primis hanno meno possibilità perchè sono già oltre l’età dell’apprendistato. Questo rappresenta un problema dato che la domanda di lavoro richiede frequentemente apprendisti con esperienza. Chi sorpassa l’età dell’apprendistato mantenendo una figura generica ha poco riscontro dal mercato del lavoro. Questa empasse sul mercato del lavoro fa si che siano soprattutto i giovani adulti a percepire l’inadeguatezza dei propri studi rispetto alla domanda di lavoro. Il bisogno di un’ adeguata offerta didattica locale a livello di Istituti Superiori emerge appunto solo in età più adulta. Sono i ragazzi oltre i 25 anni a rammaricarsi del fatto di avere scelto un indirizzo (tra i pochi disponibili) non in base alle eventuali possibilità di sbocco
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lavorativo, ma bensì in base alla collocazione geografica dell’Istituto rispetto al luogo di residenza.21 Oltre i 25 anni, i giovani sono anche più preoccupati di trovare una sistemazione abitativa adeguata, nonchè di conciliare la vita privata e familiare con quella lavorativa. Questi sono infatti aspetti che diventano rilevanti soprattutto dopo la conclusione degli studi, e anche successivamente all’entrata nel mercato del lavoro. Viste le maggiori difficoltà che i giovani adulti sembrano affrontare soprattutto nell’ambito del lavoro, è naturale che affrontino anche più preoccupazioni di tipo esistenzale e di crisi di valori. I punti IG segnalano che tra i giovani oltre i 25 anni è maggiore il pessimismo generalizzato che spazia dalle difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro fino alla mancanza di fiducia nelle Istituzioni. Oltre i 25 anni i giovani diventano meno tolleranti e più insofferenti, ed è molto più frequente il pregiudizio e la diffidenza nei confronti degli extracomunitari che vengono visti come coloro che “rubano il lavoro”.
21
La segnalazione è stata fatta da tre punti IG della Val di Cecina per i quali la referente è la stessa.
88
Giovani uomini e donne
Due sono le principali differenze segnalate dai punti Informagiovani. In termini di approccio e atteggiamento, le giovani donne sono più determinate, più combattive e consapevoli di ciò che vogliono per il proprio futuro. Nonostante questa maggiore determinazione, però, le giovani donne della Provincia di Pisa incontrano maggiori difficoltà a trovare un lavoro adeguato alla propria formazione e le proprie esigenze: queste sono soprattutto legate alla necessità di coniugare il lavoro con le scelte matrimoniali e riproduttive. Le donne incontrano difficoltà a trovare un lavoro con impegno part-time, che permetterebbe loro di organizzare lavoro e famiglia. La risposta del mercato del lavoro per questi tipi di impiego infatti è carente. In base alle mansioni casalinghe, le donne hanno anche maggiore difficoltà a spostarsi dal luogo di residenza e hanno meno flessibilità negli orari di lavoro. Questo fa sì, che a parità di qualifica, le giovani donne hanno di fatto più difficoltà a trovare un’ occupazione. La referente di un punto Informagiovani nella Val di Cecina riassume bene: “Le occupazioni sul nostro territorio sono prevalentemente indicate per gli uomini, più portati a spostamenti rispetto alle donne che non sempre possiedono un mezzo proprio e devono inoltre occuparsi della famiglia; la donna tende a rifiutare eventuali proposte che si riferiscono a centri distanti dalla loro abitazione, preferiscono “accontentarsi” di occupazioni più modeste anche rispetto alle loro potenzialità.” Questa problematica è stata indicata anche nel Valdarno, dove si riscontra che il lavoro è prettamente maschile, soprattutto per i profili di basso livello – e che le donne dunque hanno spesso difficoltà a trovare lavori adeguati.
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Giovani e appartenenza sociale
Quanto incide l’appartenenza a una o l’altra classe sociale nell’incidenza dei bisogni dei giovani? Molti punti IG non notano nessuna differenza dovuta alla classe sociale. Molti responsabili però (50%) hanno sottolineato alcuni aspetti: chiaramente, un punto di partenza di agio economico cambia il grado di apprensione generale con la quale l’individuo giovane affronta i temi legati all’ occupazione stabile. Laddove la famiglia sottostà a seri limiti di risorse, è anche molto più frequente la precoce uscita dal sistema scolastico per entrare nel mondo del lavoro. Vari punti IG hanno indicato che c’è una evidente correlazione tra abbandono/proseguimento degli studi e le condizioni economiche della famiglia. Di fatto, le opportunità di scelta stesse dipendono da quanto siano impellenti le necessità economiche. Delineata la ovvia differenza dei punti di partenza dei giovani appartenenti a classi sociali diverse, rimane soprattutto l’atteggiamento che cambia in base all’appartenenza sociale: Da un lato, i responsabili notano che l’appartenenza ad una classe sociale “più elevata” porta i giovani ad avere un atteggiamento più superficiale e meno concreto riguardo le difficoltà dell’esistenza. Coloro che invece appartengono a classi sociali più basse si ingegnano un po’ di più vista l’urgenza. Questo li porta – a volte – a superare meglio anche i problemi esistenziali. “I giovani appartenenti alle classi sociali meno abbienti sono più inclini e predisposti ad adattarsi alla richieste del mondo del lavoro.”22 Altri intervistati sostengono che i bisogni sostanziali non cambiano, ma che sono diverse le modalità di ricerca del lavoro: i giovani appartenenti a classi sociali medio-basse sono molto più passivi nella ricerca del lavoro e si affidano alle Istituzioni. La rete sociale conta molto nel trovare lavoro, dunque chi appartiene a classi sociali elevate ha più 22
La referente del punto IG di Vicopisano, Simona Morani.
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possibilità di coloro che non hanno accesso a contatti di un certo tipo. Infatti, tra i giovani stessi è diffusa l’idea che l’appartenenza ad una classe sociale più elevata offre più opportunità per l’inserimento nel mondo del lavoro. Il responsabile del punto Informagiovani di Castellina riassume bene: “In linea di massima (perché esistono eccezioni), i giovani appartenenti a classi medio alte, con genitori a medio/alto livello di istruzione, sono più propensi a continuare gli studi e a verificare le opportunità di fare esperienze all’estero. Sono più informati sulle modalità di ricerca del lavoro, e più sicuri delle attività lavorative che desiderano intraprendere; inoltre, richiedono frequentemente informazioni sull’associazione del territorio e sugli eventi culturali.”
Giovani italiani e stranieri
Un ulteriore divisione all’interno della popolazione giovanile è da fare tra giovani italiani e stranieri. In alcuni comuni nei quali è stata svolta l’indagine non sono presenti molti immigrati, o comunque non sono state registrate differenze tra italiani e stranieri – forse anche per la mancata frequenza dei giovani immigrati ai Centri Informagiovani. Tra i punti rilevati con il questionario ci sono aspetti che si ricollegano allo status sociale relativamente basso al quale i giovani stranieri generalemente appartengono, e altri legati alla natura stessa dell’immigrazione come i problemi legati alla lingua, il riconoscimento di titoli esteri (che spesso non vengono riconosciuti o equiparati!) e la questione stessa dei permessi. I giovani stranieri fanno comunque i conti con le difficoltà di una cultura diversa dalla loro e sanno che dovranno essere pronti a “fronteggiare” gli eventuali pregiudizi nei loro confronti.
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Oltre a questi problemi, si delineano poi altre differenze rispetto ai giovani italiani: Sul versante della formazione, gli stranieri la valutano come meno importante, spesso non rispettano neppure l’obbligo scolastico. Sono più inclini a cercare subito un lavoro. Anche dopo la scuola, gli immigrati si fermano, mentre i giovani italiani cercano ulteriori corsi di formazione che possano portare a maggiori opportunità di lavoro e a livelli specialistici più alti. Gli Italiani comprendono anche meglio l’importanza di conoscere le nuove tecnologie. I livelli di istruzione generalmente più bassi sono spesso dovuti a “difficoltà economiche e minori aspirazioni e aspettative personali.”23 Queste differenze portano soprattutto a diversi atteggiamenti da parte dei giovani stranieri soprattutto nei confronti del mondo del lavoro. In primis è diversa la percezione stessa della situazione del mercato del lavoro: gli italiani cercano impieghi stabili, gli immigrati si accontentano di qualsiasi modalità di lavoro. Nella ricerca del lavoro, poi, la mancanza di reti sociali adeguate rende più svantaggiati gli stranieri. Un po’ per queste restrizioni, e un po’ per una dovuta maggiore autoconsapevolezza, gli stranieri che si presentano ai punti Informagiovani hanno di fatto un approccio molto più diretto, mentre gli italiani sono più confusi rispetto a cosa vogliono fare (nell’ambito sia della formazione che del lavoro). In generale i ragazzi stranieri dimostrano anche di avere un maggiore spirito di adattamento, che sembra mancare, invece a molti dei giovani italiani. Riassumendo, le differenze tra italiani e stranieri dipendono dal paese di provenienza e da quanto tempo i giovani sono già in Italia. Le problematiche esistenziali sono le stesse, tolte le difficoltà legate all’immigrazione stessa. Un problema che rimane da risolvere è che i 23
La responsabile dei punti IG dei comuni di Pomarance e Castelnuovo di Val di Cecina.
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giovani stranieri nella Provincia di Pisa hanno meno opportunità dei giovani italiani perchè hanno meno possibilità di usufruire dei servizi e di altre iniziative, dato che queste sono spesso disegnate per bisogni ed esigenze economiche diverse dalle loro (orari dei servizi, costi delle offerte, spostamenti che richiedono il possesso di una macchina, ecc...)
V.3. Alcuni bisogni in particolare Il paragrafo precedente ha ricostruito il panorama dei bisogni della popolazione giovanile nella Provincia di Pisa così come questi sono emersi dalle rappresentazioni che ne hanno fatto i responsabili e gli operatori degli Informagiovani del territorio. Attraverso i due focus group organizzati a Pisa e a Cascina, è stato possibile stimolare ed osservare la discussione dei partecipanti (giovani ed altri testimoni qualificati appositamente selezionati) intorno ad alcuni dei nodi che necessitavano di maggiore approfondimento.
Scuola e orientamento
Il focus group del 13 novembre a Pisa (al quale hanno partecipato prevalentemente operatori del settore) ha evidenziato una sfera del bisogno dei giovani legata all’orientamento allo studio e al lavoro. In sostanza ha messo in evidenza, da un lato, una situazione di deficit di capacità soggettiva (legata ad una carenza generale di competenze emotive, sociali e cognitive) nell’individuazione degli strumenti e dei comportamenti da seguire al fine di aiutarsi nella scelta del proprio percorso formativo e lavorativo, dall’altro lato una situazione di carenza
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istituzionale per ciò che attiene alla capacità di offerta di orientamento presente sul territorio. Nel secondo focus group (Cascina) i giovani partecipanti hanno individuato la sfera dell’orientamento allo studio e al lavoro come ambito del ‘bisogno’, in particolare mettendo in risalto alcune problematiche, sentite come più significative rispetto ad altre. In primo luogo si è fatto riferimento alla difficoltà da parte della scuola (Istituti di istruzione secondaria) di offrire competenze utili da spendere nell’ambito del mondo del lavoro. In sostanza i giovani sottolineano come la scuola si limiti a fornire conoscenze di tipo teorico, senza offrire alcuna conoscenza legata all’acquisizione di competenze in grado di agevolarli nella scelta nell’ambito del proseguimento degli studi e del lavoro. Esisterebbe quindi, a loro avviso, un’incapacità da parte dell’Istituzione scolastica di fornire tutta una serie di conoscenze e competenze che i giovani ritengono necessarie al fine di orientarsi meglio nelle proprie scelte formative e professionali. Ciò risulta interessante per il fatto che nonostante siano presenti sul territorio altri servizi di orientamento, i nostri interlocutori riconoscono nella scuola lo spazio istituzionale principale in cui si deve integrare questa offerta di orientamento. Ciò, possiamo pensare sia dovuto principalmente al fatto che la scuola rappresenta lo spazio di tempo e di vita più presente nella vita dei giovani intervistati, in cui si esprime in gran parte la propria sfera emotiva e relazionale. Non a caso quando si è chiesto a loro: “chi dovrebbe orientarvi nella scelta? Dove, a vostro avviso, dovrebbe realizzarsi questa offerta informativa e di competenze?” La risposta è stata ‘nella/la scuola’. In questo ambito è significativa la risposta di Andrea che dice: “Le informazioni ce le deve dare lo Stato comunque! Sì, è la scuola che deve trasmetterle ma perché la scuola è lo specchio della società”.
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I giovani non sono gli unici a responsabilizzare le Istituzioni formative per l’offerta di orientamento. Anche i partecipanti del primo focus group delineano le deficienze di competenze soggettive nei giovani come derivanti da cause micro e macro: a livello micro incide molto l’eventuale svantaggio sociale della famiglia e le stesse relazioni familiari. A livello macro l’acquisizione di competenze dipende dall’economia (nelle zone con buone performance economiche e del mercato del lavoro, riescono ad essere fornite anche migliori competenze emotive/sociali/cognitive), ma anche dall’organizzazione delle struttre scolastiche che in particolare includono la tipologia di curriculum offerto e la competenza del corpo degli insegnanti. Ad avviso dei ragazzi intervistati durante il secondo focus group, le informazioni strategiche dovrebbero essere date ai giovani con un certo anticipo in ambito scolastico, a partire quindi dalla scuola media. In qualche modo si avverte una situazione di ritardo con cui il giovane si trova a confrontarsi con una serie di scelte sul proprio futuro formativo e lavorativo che non è stato in grado di maturare precedentemente a causa di un deficit informativo. Le conseguenze delle carenze nell’offerta di orientamento sono state efficacemente delineate da Oriana Perrone durante il primo focus group: Il presidente della Consulta dei giovani di Pisa suggerisce che “la mancanza di orientamento e di assistenza ai giovani nel realizzare le proprie aspirazioni porta ad alti livelli di frustrazione e vanifica i risultati ottenuti dall’aumento della formazione generale della popolazione.” Riferendosi alle sue esperienze di rappresentanza riporta che “chi ha studiato e si trova a svolgere una mansione che richiede un minor livello di qualifica, è più infelice di colui che non ha studiato.” Analizzando le carenze della scuola nell’offerta di informazioni utili per l’orientamento formativo e lavorativo, si fa riferimento, in primo luogo alla necessità di ricevere informazioni utili sul mercato del lavoro
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regionale e Provinciale, in particolare sulle richieste in termini di offerta e domanda di lavoro. Ciò denota una volontà, da parte dei giovani di capire le dinamiche del mercato del lavoro Provinciale e regionale in modo da definire anche scelte formative e lavorative che siano in grado di agevolare il loro ingresso nel mondo del lavoro. In secondo luogo, si fa riferimento alla necessità di ottenere informazioni utili anche riguardo all’offerta dei percorsi di laurea presenti negli Atenei del territorio. Anche in questo caso ci si lamenta per il fatto che la scuola dedica poco o nessun tempo all’offerta di informazioni utili relative alla comprensione dell’offerta universitaria, in termini di percorsi di Laurea presenti sul territorio. Riguardo invece alla necessità di acquisire competenze anche durante il percorso scolastico, in grado di agevolare l’ingresso nel mondo del lavoro, si fa riferimento al fatto che la scuola non dà alcuna informazione agli studenti sul come compilare un curriculum e presentarsi per un colloquio di lavoro. Anche in questo caso, si ritiene che proprio la scuola dovrebbe dedicare alcune ore alla promozione di certe competenze, in modo che una volta usciti dal percorso scolastico si sia in grado di affrontare in modo migliore il mondo del lavoro. Una migliore preparazione e informazione su norme, modalità e offerta reale potrebbe aumentare la fiducia dei giovani che affrontano l’entrata nel mercato del lavoro. Oggi, la carenza di competenze li rende vulnerabili ed esposti a delusioni e frustrazioni. Loro stessi si percepiscono spesso come vittime della società, del datore del lavoro e delle convenzioni sociali in atto. Questo crea un disagio emotivo che va al di là dell’incertezza su come affrontare il proprio futuro e che si riflette in pessimismo e sfiducia verso le Istituzioni.
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Il mercato del lavoro
Le difficoltà che i giovani vivono nell’incontro/scontro con il mercato del lavoro sono strettamente legate alla carenza di orientamento e di strumenti delineata nel paragrafo precedente. Nel primo focus group si era infatti evidenziata la presenza di una difficoltà di accesso al lavoro dettata, soprattutto da carenze di tipo cognitivo e da un’incapacità e/o non volontà di appoggiarsi ai canali istituzionali, in termini di servizi offerti. Un partecipante del primo Focus spiega chiaramente che la ricerca per un impiego (anche di bassa qualifica/basso reddito) avviene per canali informali: “I giovani cercano l’aggancio politico. Solo gli immigrati e quelli che non conoscono nessuno vanno al centro dell’impiego. Quando è disponibile è sempre preferito il contatto personale.” Il commento sottolinea che i giovani non sono abituati a rivolgersi alle Istituzioni. Anche il semplice contatto con un’ istituzione pubblica viene percepito come più promettente se qualche persona importante lo ha suggerito. Nel secondo focus group emergono questioni legate alle difficoltà di acquisizione di competenze finalizzate all’inserimento lavorativo durante il percorso scolastico e di orientamento, già trattate in questo testo. Ad emergere sono anche considerazioni circa la difficoltà di attendere le proprie aspettative e di seguire i propri sogni professionali in una società caratterizzata da forti elementi di complessità e da una situazione di crisi economica che incidono sul percorso. In questo ambito sono interessanti le parole di Walter, il quale sottolinea: “Siamo molto indecisi su cosa fare, ma qualsiasi strada intraprenderemo ci sembra difficile – per trovare lavoro dovrò essere tra i migliori, dovrò dare tutto me stesso e sarò comunque sotto pressione...non è proprio la vita che tutti vorrebbero avere”.
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In particolare si rileva una situazione di insicurezza e di ansia relativa al proprio futuro professionale che incide anche sulle scelte formative. Ad esempio, di fronte ad una società in cui il numero dei laureati occupati è inferiore rispetto a quello dei diplomati ci si chiede se sia opportuno proseguire il percorso formativo ottenendo la laurea. A questo proposito, sempre Walter ci dice: “molte persone laureate rimangono senza lavoro, e quelli che non studiano uguale, o se si trova lavoro è precario. Tutti questi ostacoli che abbiamo davanti ci scoraggiano e si pensa che l’università non convenga! Ho già provato a fare un po’ di lavoretti d’estate di tipo manuale – muratore – penso che tutti abbiamo molta preoccupazione al riguardo”.24 Sembra dunque che spesso i giovani sanno cosa vogliono fare ma non sanno come realizzarlo, quali siano gli step da fare per arrivare al traguardo e per non perdersi per strada. Proprio per questi casi è fondamentale un buon orientamento. Un partecipante del primo Focus spiega che “le carenze di autonomia economica portano spesso ad abbandonare le proprie ambizioni: I giovani iniziano a lavorare per mantenersi agli studi e iniziano ad allontanarsi dal loro obiettivo principale. Spesso si adagiano e finiscono con un lavoro per il quale non nutrono passione, si demoralizzano e si scoraggiano, sono meno produttivi e poco propositivi per migliorare il processo produttivo o l’ambiente del lavoro.” Un ulteriore problema segnalato soprattutto dagli addetti ai lavori durante il primo focus group è la mancanza di formazione all’interno del mercato del lavoro. Questo deficit riprende e risulta da vari aspetti già delineati nei paragrafi precedenti: da un lato mancano oggi delle 24
Questo è stato notato anche dal referente del punto IG di San Giuliano Terme per il quale ha segnalato un consistente abbandono scolastico e dunque livelli di scolarizzazione più bassi (rilevata anche nei comuni circostanti). I giovani preferiscono entrare presto nel mondo del lavoro piuttosto che seguire un percorso scolastico percepito come difficoltoso da molti.
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connessioni efficaci tra le realtà della formazione e del lavoro, che si riflettono nell’inadeguatezza della preparazione scolastica e nell’insufficiente offerta formativa per chi è già entrato nel mercato del lavoro. Questo deficit è dovuto soprattutto alla mancanza di coresponsabilità che portano Istituzioni diverse a collaborare per un fine comune. Ciò che prima spettava ai Sindacati, oggi sembra non essere più competenza di nessuno. La scomparsa delle agenzie ideologiche ha lasciato un vuoto di responsabilità per molti aspetti di prevenzione e di formazione sul lavoro. D’altro canto le carenze di competenze soggettive, di cui sopra, si riflettono anche dopo essere entrati nel mondo del lavoro. Luigi Mangeri del Coordinamento area giovani della Conferenza zonale del Valdarno, spiega che “manca la percezione dei propri diritti sul lavoro, dalla prevenzione da infortuni a norme e stardard qualitativi minimi, alla formazione stessa. Il lavoratore che oggi è sganciato dai sindacati – e quindi la maggioranza dei giovani – non conosce i suoi primari diritti”. Anche le esperienze di stage all’interno delle aziende che dovrebbero essere un importante momento di formazione e arricchimento personale, vengono oggigiorno usati per sfruttare manodopera qualificata a basso prezzo. I giovani impegnati in degli stage presso aziende investono tempo e energie e spesso non vengono retribuiti o vengono retribuiti molto meno di quello che sarebbe loro dovuto. La conseguenza è che l’esperienza formativa perde significato per il giovane, e di conseguenza non avviene l’acquisizione di capacità e competenze nuove e funzionali per affrontare meglio la questione del proprio collocamento all’interno del mondo del lavoro. Riguardo a questa tendenza, un partecipante del primo Focus suggerisce che “basterebbe conformarsi alle prassi burocratiche europee. Manca un controllo e coordinamento tra enti pubblici e le aziende private che ospitano i tirocinanti: alcuni dei fondi europei potrebbero essere dirottati verso queste esperienze formative,
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sovvenzionando gli stage dei giovani presso le aziende. Questo renderebbe più attraente l’esperienza stessa dello stage e aiuterebbe i giovani a mantenere la propria rotta verso l’impiego ambito.”
Il ruolo dei giovani nella società
Quale è il ruolo che i giovani ricoprono all’interno della società nella Provinica di Pisa? Come gestiscono il loro tempo? Sentono di appartenere a una collettività e a una società? Credono di poter contribuire al miglioramento di questa? Il ruolo dei giovani all’interno della società è fondamentale, essendo la loro vita la naturale proiezione nel futuro della società stessa. Le interviste fatte ai responsabili dei punti Informagiovani non hanno potuto rilevare molti aspetti legati a questa tematica. Il tema è stato però trattato in profondità durante i due focus group. Nel seguente paragrafo sono stati incrociati i risultati ottenuti dai due momenti di discussione sui bisogni dei giovani. Nel primo focus group si richiamava, da parte degli ‘addetti ai lavori’ alla necessità di definire nuovi spazi di relazione e di espressione e partecipazione per i giovani, indicando in particolare l’utilità degli spazi politici, quali ad esempio le Consulte dei giovani delle Province. Il secondo focus group ha messo invece in evidenza una difficoltà espressa da parte dei giovani stessi circa l’utilizzo di tali spazi. In generale, i giovani avvertono di avere un ruolo importante nella società e sostengono di avere molta ‘voglia di fare’ e di esprimere la propria personalità. Tuttavia, si riscontra una tendenza ad esprimere tale personalità più in senso individuale che collettivo. L’espressione della propria personalità e del proprio ruolo nella società passa attraverso i propri interessi personali e i propri sogni. In questo ambito Clarissa ci spiega : “nella società mi sento una persona con tanta voglia di fare, con
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mille cose dentro che vorrei tirare fuori, amo la musica e il canto – potessi fare delle serate e esprimermi lo farei volentieri”. Anche Giulia ci dice: “ anche io nutro interessi per la musica, ma principalmente per le lingue e la comunicazione con gli altri; per imparare le lingue bisogna parlarle con qualcuno, abbiamo poche possibilità di fare scambi estivi o incontri con persone di altre culture, se si potesse fornire più possibilità per finanziare progetti di scambio e comunicazione con ragazzi di altre culture e lingue...”. Le opinioni dei ragazzi si conciliano con quello che suggerisce un partecipante del primo Focus; “I giovani hanno un identità ben definita. Il problema di molte delle politiche che si indirizzano verso i giovani è il punto di partenza: si presume che i giovani non abbiano un’identità, quando invece il problema è che non hanno gli strumenti necessari per affermarla. I giovani stessi rifiutano di essere visti come una classe emarginata, diversa dalle altre della società.” Non è dunque la mancanza di un’identità a rappresentare un problema saliente per la popolazione giovanile della Provincia. Ciò che manca è una dimensione più collettiva del proprio ruolo, come giovani, nella società. Quando durante il focus si fanno notare questi aspetti, i giovani mettono in rilievo una certa difficoltà nell’utilizzo di spazi collettivi di partecipazione. Un aspetto interessante che emerge in questo ambito tematico di riferimento è la necessità, da parte dei giovani, di essere ‘stimolati’ e di ricevere buoni esempi dall’alto. Clarissa stessa sostiene: “tutti i giovani hanno voglia di vivere perché è proprio l’età, se veniamo spronati non passeremo più le giornate al computer”, tuttavia risulta difficile individuare quegli strumenti o quelle attività in grado di sollecitare i giovani in attività collettive. Clarissa, in particolare, come rappresentante degli studenti nell’Istituto magistrale non nasconde la difficoltà nel pensare ad attività da realizzare in ambito scolastico per coinvolgere i giovani in momenti di relazionalità collettiva.
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Ciò che ne possiamo dedurre è che i giovani sono chiusi in un certo individualismo e in determinate routines quotidiane che ne segnano i tempi in modo strutturato. Ognuno appare impegnato in mille cose nell’arco della giornata (fare i compiti, fare sport etc..) ed è difficile coinvolgere persone in attività collettive. Ciò è confermato da Angela che tocca anche l’argomento della partecipazione politica dei giovani sostenendo: “alle riunioni politiche non viene più nessuno, ci sono più momenti di aggregazione, ma i giovani non si sentono responsabilizzati all’interno della società, quando invece potrebbe essere possibile e importante farlo”. In questo ambito Andrea risponde: “per l’aggregazione contano anche i valori, quando bisognava impegnarsi per aggregarsi era diverso. Ora l’aggregazione è abitudine e quindi ha perso valore”. Durante il primo focus la cosidetta assenza di valori è stata attribuita dalla mancanza di nodi di significato importanti. Un partecipante del primo focus sottolinea che “le diverse forme di partecipazione avvengono su base individuale. Le associazioni devono intercettare l’individuo che si trova all’interno di molte reti sociali, ma che non fa parte di nessuna – nel senso di parte attiva e ricettiva.” Un altro partecipante ricorda che “non è vero che i giovani sono apatici o che non si manifestano in modo collettivo. I giovani si manifestano molto ma non vengono intercettati. La partecipazione ad eventi infatti è grossa, ma non si tratta quasi mai dei canali tradizionali. Ai Rave Party e nei club dei tifosi sportivi i ragazzi ci sono e sono propositivi. Queste strutture si contraddistinguono generalmente per un’ottima organizzazione.” In sostanza, ad emergere non è tanto la necessità di definire nuovi spazi di partecipazione per i giovani, quanto quella della definizione di interventi ‘innovativi’ in grado di favorire la partecipazioni collettiva degli stessi. I giovani stessi non riescono tuttavia a dare indicazione circa quali
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interventi si dovrebbero realizzare per facilitare la loro partecipazione collettiva.
Problemi di mobilità
Un grande problema che l’indagine ha rivelato riguarda la ridotta mobilità dei giovani. Questa deriva da un lato dall mancanza reale di opportunità nell’ambito locale: ci sono deficienze sia a livello infrastrutturale che a livello di trasversalità dei servizi,25 un fattore che invece aiuterebbe molto ad ampliare gli orizzonti percettivi. D’altro canto i giovani stessi sono incapaci di muoversi un po’ per mancanza di un determinato tipo di capitale sociale, un po’ perchè l’esigenza di spostarsi non è mai troppo forte per via della generale condizione di benessere. Una ridotta mobilità si riflette in diversi aspetti: chi si muove poco ha meno opportunità di scambio, di stimolo e di incontro. Questo è vero soprattutto nei Comuni più piccoli, ed è un aspetto grave nella fase di crescita e di formazione della personalità del giovane. Inoltre, chi ha difficoltà a muoversi e a spostarsi sottostà a un maggior numero di vincoli nella ricerca di un impiego che lo soddisfa e lo stimola e corrisponde alle sue esigenze di organizzazione della propria vita. La questione della mobilità è stata sollevata durante il primo focus group durante il quale gli addetti ai lavori hanno soprattutto evidenziato la mancanza di incentivi alla mobilità. Le rilevazioni presso i referenti dei punti Informagiovani invece hanno soprattutto denunciato le carenze del sistema di trasporto provinciale. É soprattutto nei Comuni della Valdera e della Val di Cecina che le infrastrutture di trasporto vengono percepite come insufficienti. Questa carenza è stata segnalata come bisogno 25
Per esempio, un partecipante del primo Focus ha fatto notare che la Carta Giovani vale solo nel Sistema Economico Locale di riferimento.
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specifico che connota il contesto locale (domanda 14 del questionario) dai punti Informagiovani dei Comuni di Lari, Ponsacco, Santa Luce, Terricciola, Pomarance, Castelnuovo Val di Cecina, Montecatini Val di Cecina e Volterra. Di fatto, gli ostacoli alla mobilità rappresentano la tematica maggiormente segnalata dai responsabili dei punti Informagiovani. Sabrina Bessi, la responsabile di tre punti Informagiovani della Val di Cecina riassume bene: “Doversi spostare per il lavoro è un aspetto dolente del nostro territorio, così vasto e mal collegato con i mezzi pubblici con quello circostante, quindi molto oneroso da affrontare con mezzi propri, che non tutti peraltro possiedono. Queste condizioni limitano alquanto la possibilità di aderire ad offerte di lavoro part-time, o contratti a progetto, che nei centri sopracitati26 sono presenti in buon numero rispetto al territorio del Comune.” La mancanza di un sistema di trasporto capillare ed affidabile influisce negativamente sulla ricerca di un impiego, per esempio, visto che i costi in termini di denaro (necessità di avere una patente e un mezzo proprio) e di tempo (poche corse durante un orario limitato della giornata) aumentano, fatto che rende più difficoltosa la ricerca stessa di un impiego e limita la disponibilità del giovane ad accettare lavori che lo obbligano a spostarsi. I problemi legati alla mobilità si trasformano dunque in primo luogo in fenomeni di insoddisfazione dovuta alla sottoccupazione – in particolare tra le donne che sono maggiormente legate al luogo di residenza per motivi di cura dei bambini e di gestione della casa – se non addirittura di disoccupazione.
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La responsabile si riferisce ai centri di Volterra, Pisa, Firenze e Siena.
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VI. Le strategie di intervento VI.1. I servizi offerti dagli IG – e quanto soddisfano i giovani I punti Informagiovani della Provincia di Pisa offrono una varietà di servizi alla propria utenza, dall’orientamento scolastico e per successivi percorsi formativi – sia universitari che professionali – alla divulgazione di informazioni per il lavoro/lo studio/la formazione, elementi di formazione minima come assistenza per la stesura del CV, per la consultazione in internet, ecc. In alcuni casi le strutture offrono anche l’accesso gratuito a internet, informazioni di tipo turistico/culturale/sportivo e con connotato di inclusione sociale (per i disabili, riguardo all’associazionismo, volontariato, servizio civile). Con meno frequenza i punti Informagiovani offrono anche servizi di assistenza sociale/psico-sanitaria, nell’organizzazione di gruppi anti-fumo/anti-droga. Il grafico 6.1. riassume la domanda di servizi e il livello di soddisfazione dell’utenza dei punti Informagiovani sul territorio Provinciale. Il grafico riporta i risultati rilevati tramite il questionario (domanda 6 e domanda 16). Ai responsabili è stato chiesto di attribuire un ordine secondo il quale 1 corrisponde al servizio maggiormente richiesto/servizio per il quale l’utenza è maggiormente soddisfatta.27 Per facilitare la lettura del grafico, è stato attribuito un punteggio alle priorità indicate dai responsabili.28 É facile notare che la domanda e la soddisfazione per il servizio vanno di pari passo. Inoltre, i livelli di soddisfazione sono generalmente alti, almeno per quanto viene percepito dai punti Informagiovani stessi. Le uniche due tipologie di servizi per i quali la soddisfazione sembra essere inferiore alla domanda effettiva sono la 27
Si veda il questionario allegato al rapporto. I dati del grafico sono stati ottenuti dalla seguente trasformazione lineare: punteggio medio = 10 - priorità media. Per il calcolo della priorità media sono state prese in considerazione tutte le segnalazioni non-nulle per il servizio.
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divulgazione di informazioni per il lavoro/lo studio/la formazione (il servizio più richiesto) e l’assistenza (il servizio meno richiesto).
6.1.: Domanda e livello di soddisfazione per i servizi offerti dai punti IG della Provincia di Pisa
Domanda di servizi Soddisfazione
inf o for ma z io or i ne en tam en to d. int or i e en rn e tam t en to sc o l. inf ot u ri inf os oc io as sit e nz a
7,00 6,00 5,00 4,00 3,00 2,00 1,00 0,00
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007 Quando i responsabili degli Informagiovani sono stati interrogati direttamente e nello specifico, alcuni hanno segnalato di non riuscire a soddisfare i bisogni dei giovani negli ambiti della formazione e della gestione del tempo libero. In minor misura viene indicata la mancata soddisfazione di tutti i bisogni nell’ambito del lavoro e dell’inserimento sociale. Due punti Informagiovani (Cascina, Santa Maria a Monte) segnalano di non riuscire a soddisfare i bisogni dei giovani nell’ambito dell’assistenza. Tolti alcuni limiti metodologici,29 i risultati dell’indagine sembrano suggerire che il sistema degli Informagiovani riesce a 29
I responsabili dei punti Informagiovani potrebbero sopravalutare il livello di soddisfazione della propria utenza.
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soddisfare bene i bisogni della popolazione giovanile della Provincia di Pisa. Questo rilevamento è in linea con la letteratura nazionale e locale, che sottolinea da anni l’efficienza e l’utilità di questo tipo di servizio.
VI.2. Migliorare il servizio offerto dagli Informagiovani Nonostante l’ottima performance del sistema Informagiovani sul territorio della Provincia di Pisa, i responsabili dei vari punti hanno segnalato una serie di difficoltà che limitano ancora il miglioramento del servizio offerto. Alcuni punti Informagiovani hanno segnalato veri e propri servizi mancanti, tra cui: una postazioni di accesso gratuito (o semi-gratuito) ad internet e altri spazi dedicati alla multimedialità, una maggiore offerta di servizi attinenti all’inclusione sociale e la gestione del tempo libero, informazioni più qualificate sulle possibilità e il diritto alla formazione professionale, l’offerta di più materiale e informazioni di tipo turistico. L’Informagiovani di Pisa ha sottolineato l’importanza di migliorare il matching qualitativo tra domanda e offerta di lavoro: in particolare l’incontro tra domanda e offerta per studenti nell’ambito di lavori part-time e nel settore dei servizi (turismo, ristorazione, babysitting) sembra debba essere rafforzato. In generale l’indagine suggerisce la necessità di istituire nuovi servizi con maggior richiamo tra le fasce d’età più giovani (14-19, 20-24 e 2529anni), che promuovano il coinvolgimento dei ragazzi anche in attività e iniziative locali. Questi potrebbero prendere la forma di attività di sostegno alla progettazione giovanile, e dovrebbero promuovere la collaborazione con le associazioni presenti sul territorio per aumentare l’offerta di servizi nell’ambito della gestione del tempo libero. Molto importante sembra anche il rafforzamento della collaborazione con le Scuole Medie Superiori. Questi provvedimenti finalizzati al
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coinvolgimento dei più giovani sono importanti per aumentare il loro peso all’interno dell’utenza dei servizi offerti, e per ovviare alla generale mancanza di orientamento tra i giovani di queste fasce d’età. Oltre alla mera tipologia di servizi, il questionario ha interrogato i responsabili dei Punti Informagiovani su quali interventi strutturali sarebbero necessari per migliorare la qualità dei servizi offerti dal sistema. I temi segnalati come i più salienti vertono attorno la miglioria delle strutture stesse dei punti Informagiovani, una maggiore pubblicità per il servizio e il rafforzamento della sua reticolazione istituzionale.
Le strutture
Alcuni responsabili hanno sottolineato la necessità di migliorare la struttura stessa del proprio Punto Informagiovani. A questo scopo sembrano rilevanti sia interventi sulla struttura fisica e la logistica del servizio, che sull’utilizzo di strumenti (pc, stampanti, ecc.) adeguati e funzionanti e un controllo della formazione/prestazione degli operatori stessi. In particolare è stata segnalata la necessità di creare degli ambienti accoglienti e nel rispetto della privacy, per mettere il giovane utente a suo agio affinchè si possa sentire accolto dalla struttura e possa meglio esprimere i propri bisogni. Una forma di controllo sul lavoro degli operatori dovrebbe poi garantire da un lato la gentilezza e la disponibilità nell’ascoltare i giovani e i loro bisogni, d’altro canto la professionalità e competenza per soddisfare le richieste dei giovani. Per quanto riguarda la logistica del servizio stesso all’interno della realtà dei Comuni di riferimento si suggerisce di collocare i Punti direttamente all’interno di ogni Comune e non in sedi distaccate che lo rendono dispersivo. Nel caso di alcuni piccoli centri, è stato inoltre
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suggerito di unificare di più i servizi con quelli della biblioteca e dell’Ufficio Turistico. Il responsabile del Punto IG di Castellina Marittima propone delle strutture più capillari sotto forma di “antenne”, stands e bacheche nei luoghi frequentati dai ragazzi, in particolare le scuole, le associazioni, i saloni orientativi e eventi indirizzati ai giovani. Anche gli strumenti utilizzati dagli Informagiovani sono stati segnalati come importanti per il buon funzionamento del servizio. I punti IG devono disporre di pc funzionanti, un accesso garantito a internet, stampanti e altri strumenti funzionali al servizio. Gli addetti devono poi saper utilizzare software e programmi. L’indagine ha anche rilevato la necessità di periodici aggiornamenti e incontri di valutazione anche sull’attività dell’operatore per conoscere i suoi bisogni di tipo formativo e operativo. In tal senso si suggerisce anche l’utilizzo di canali informativi alternativi come lo snodo telematico IDOL (informati) per inserire i dati e facilitare lo scambio di informazioni necessarie per l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. Data l’importanza del servizio Informagiovani, che in molte realtà locali ha assunto una funzione di punto di riferimento per i giovani (e non solo), e considerando gli aspetti delineati, questo tipo di servizio dovrebbe avere più risorse economiche per poter svolgere meglio tutte le attività. I responsabili stessi suggeriscono che un aumento di finanziamento potrebbe garantire più ore di apertura, un maggior numero di servizi offerti, e anche più modalità di valutazione dell’attività dell’operatore per garantire le sue competenze operative. Il potenziamento dei servizi è stato identificato come rilevante per migliorare il ruolo e l’impatto degli Informagiovani anche dal Punto di Pisa.
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La pubblicità
Quasi tutti i Punti Informagiovani hanno segnalato come esigenza prioritaria l’aumento della visibilità del servizio. Sabrina Bessi dichiara: “Dopo nove anni non tutti sanno dell’esistenza di un Informagiovani nel proprio comune!” Questo aspetto era già emerso come punto di debolezza anche nella letteratura nazionale e regionale più recente. I responsabili propongono di agire soprattutto a livello comunale e oltre, con incontri e eventi partecipativi, l’istituzione di un vero servizio pubblicitario e anche con iniziative proprie con il patrocinio del Comune. L’istituzione di un servizio pubblicitario in grado di attrarre i giovani verso l’utilizzo del servizio fornito dagli Informagiovani è di particolare importanza: infatti, l’indagine ha rilevato che uno dei fattori di maggior scollegamento tra giovani e il resto della società è la loro sfiducia verso le Istituzioni, e l’incapacità di queste di rivolgersi a loro in modo fresco e adeguato. Sicuramente il canale pubblicitario è uno degli strumenti attraverso il quale si può provvedere a una educazione all’utilizzo delle strutture pubbliche.
Networking istituzionale
Un terzo aspetto prioritario tra le possibili strategie di intervento per migliorare il servizio offerto dagli Informagiovani rappresenta proprio la connessione del servizio con altre Istituzioni e organizzazioni rilevanti nella vita della popolazione giovanile. Molti responsabili hanno suggerito di rafforzare i legami e le collaborazioni già esistenti, in particolare è stato indicato come necessario il miglioramento della collaborazione con i Centri per l’Impiego della Provincia e della zona di riferimento. Attraverso anche “informazioni più organizzate sui corsi di formazione”.
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L’operatrice dei Punti IG di Ponsacco e Lari riassume bene le segnalazioni di molti altri intervistati: “In particolare sarebbe necessario fornire migliori strumenti informativi ai punti Informagiovani: più dettagli sulle offerte di lavoro. Un ulteriore problema sono ostacoli burocratici che rallentano l’erogazione del servizio; in molti casi i Comuni della Provincia di Pisa sono piccole realtà dislocate sulla vasta area del territorio, chi si rivolge all’Informagiovani molto spesso è impossibilitato a recarsi direttamente ai Centri per l’Impiego. Per noi è un ottimo metodo di collaborazione inviare il cv dell’utente per poterlo segnalare ad una determinata offerta, senza, però che questo debba comunque recarsi presso il Centro per l’Impiego per confermarla!”. Oltre ai collegamenti con i Centri per l’Impiego, i responsabili segnalano la necessità di creare una rete tra Informagiovani, giovani e associazioni per offrire più servizi aggiornati e comprensivi per il tempo libero. Si ribadisce l’importanza di collaborazioni per attività organizzate congiuntamente da tutti gli enti che si occupano dei bisogni dei giovani, soprattutto per la progettazione di azioni volte alla formazione e la ricerca del lavoro. Come fondamentale viene anche percepito il sostegno delle Istituzioni politiche. In particolare il legame con i Comuni e l’Assessorato per le Politiche Giovanili deve essere rafforzato e strutturato: I responsabili suggeriscono che le Amministrazioni devono sentire come proprio il servizio offerto dagli Informagiovani e investire per il suo miglioramento. In particolare, mancano iniziative formative e culturali promosse attivamente dagli Informagiovani stessi.30 Queste attività potrebbero contribuire ad aumentare l’offerta di opportunità di formazione e di partecipazione giovanile. Alcuni responsabili poi suggeriscono che gli Informagiovani dovrebbero essere coinvolti in forma di una compartecipazione alle iniziative delle politiche giovanili – 30
Segnalato da Bessi, Chimenti, Strozzalupi
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cioè essere presenti e attivi nelle organizzazioni di eventi o progetti sui giovani. Infine, la rete stessa tra i punti Informagiovani viene ancora percepita come insufficiente da alcuni intervistati. Nonostante l’esperienza dei network della Valdera e del Valdarno sembra essere positiva, alcuni comuni suggeriscono comunque un miglioramento dei collegamenti tra i vari punti IG del territorio Provinciale. Il punto IG di Riparbella segnala la necessità di far condividere strumenti ed esperienze tra i vari sportelli. Altri operatori indicano che la messa in rete non ha ancora portato ai massimi livelli di collaborazione e condivisione che sarebbero ottenibili.
VI.3. Il richiamo alle Istituzioni L’ultima domanda del questionario cerca di rilevare l’opinione dei responsabili rispetto a cosa dovrebbero fare le Istituzioni comunali/provinciali/regionali per soddisfare meglio i bisogni della popolazione giovanile. In termini generali i responsabili richiedono da un lato un intervento istituzionale per migliorare il servizio stesso offerto dai punti IG, dall’altro suggeriscono alle Istituzioni di ritagliare uno spazio maggiore per i giovani all’interno della propria agenda politica. In collegamento con i punti sopra menzionati, i responsabili intervistati richiedono dalle Istituzioni un maggiore riconoscimento pubblico del valore del servizio che il sistema degli Informagiovani offre sul territorio provinciale. Chiaramente, lo stanziamento di più fondi per gli Informagiovani e per le politiche giovanili in generale si rivolge direttamente alle Istituzioni politiche dei vari livelli territoriali addetti. I responsabili ritengono inoltre fondamentale l’intervento delle Istituzioni per migliorare la reticolazione tra servizi e soggetti diversi impegnati con il mondo giovanile. La promozione di una condivisione vera nella forma
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di comunicazione e interscambio secondo loro deve passare anche attraverso provvedimenti istituzionali. Sono le Istituzioni che devono creare un ambiente nel quale vi sia un coinvolgimento attivo di vari attori che contribuiscono a migliorare la condizione giovanile sul territorio della Provincia. Oltre alle richieste dirette, i responsabili dei punti Informagiovani suggeriscono poi alcune azioni attraverso le quali le Istituzioni potrebbero rammendare la distanza che si è creata nel tempo tra le fasce d’età più giovani della popolazioni e le Istituzioni stesse. In particolare, tutti gli intervistati richiamano i livelli decisionali ad investire energie e risorse nell’ascolto diretto dei giovani per aumentare la percezione delle esigenze reali ed emergenti in termini quantitativi e qualitativi. A tale scopo i responsabili richiamano le Istituzioni a coinvolgere maggiormente i giovani, e a collaborare ai vari livelli territoriali per garantire una maggiore visibilità alle iniziative e dunque coinvolgere più soggetti giovani possibili. L’indagine rileva che bisogna poi dare più spazio all’espressione diretta giovanile, in particolare aumentare il rilievo dei rappresentanti portavoce dei reali bisogni, e quello della Consulta Giovanile. “Bisogna creare dei veri e propri “momenti di ascolto” durante i quali i giovani possano manifestare apertamente i propri bisogni e fare richieste reali e pragmatiche.” I responsabili dunque propongono alle Istituzioni di investire in un ascolto che dovrebbe essere strutturato in forma bottomup. In seguito all’ascolto e quindi la migliore comprensione dei bisogni della popolazione giovanile, le Istituzioni dovrebbero dare più spazio ai giovani stessi, cercando di non pilotare e organizzare esternamente le azioni dei giovani, ma mettendo a loro disposizione gli strumenti per “lavorare” da soli, sostenendoli ed evitando di criticarli. Questo suggerimento in pratica richiama all’isituzione di un welfare per i giovani, affinchè possano affrontare le sfide della vita con un maggior numero di
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strumenti come informazioni e opportunità di accesso, senza però essere oberati da preoccuzioni troppo grandi in caso di insuccesso. Questo richiede la costruzione di “safety nets” che evitano che la perdita dell’impiego o altri eventi sfavorevoli compromettano tutto il progetto di vita dei giovani. Come già menzionato in paragrafi precedenti, una delle caratteristiche più salienti della popolazione giovanile rilevata da quest’indagine è la scarsa fiducia generale che questa nutre per le Istituzioni. Questo risultato è in linea con la letteratura nazionale e regionale. Riguardo a questo problema di “comunicazione” tra le Istituzioni e i giovani, i responsabili dei punti Informagiovani richiamano le prime ad agire. I versanti di azione sono da un lato la promozione di politiche attive per i giovani, dall’altro di campagne di sensibilizzazione e di educazione per rafforzare la fiducia che i giovani possono nutrire nelle Istituzioni e i servizi pubblici in generale. In particolare, i responsabili incitano le Istituzioni a promuovere politiche attive per i giovani che li coinvolgano in una partecipazione diretta su più versanti, di promuovere la sensibilizzazione rispetto ai loro disagi da un lato ma anche delle loro idee stesse. Alle Istituzioni viene chiesto di rendere i giovani maggiormente responsabili e consapevoli all’interno del proprio territorio. Questo argomento si ricollega anche alla necessità di valorizzare la condizione giovanile stessa. Tutte le fonti di rilevamento di questa indagine (i questionari compilati dai responsabili dei Punti Informagiovani e i due focus group) sottolineano che i giovani sono la maggior risorsa – e non il maggior problema – della Società. Le politiche pubbliche dovrebbero trasmettere a loro e alla società che sono l’opportunità per un paese intero. “Tra di noi c’è molta voglia di fare ma non ci viene dato molto spazio a fare, e noi siamo il Futuro! Non siamo proprio come ci descrivono i telegiornali che abbiamo tutto ma siamo depressi – noi abbiamo
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tantissime risorse e capacità, ma dovremmo trovare cose che ci interessano: diverse situazioni, diverse esperienze, più interattività, sono convinta che noi giovani di oggi abbiano molte più capacità di quelli di 20 anni fa, ma dobbiamo essere spronati a tirare fuori queste capacità e diventeremo dei bravi adulti con molta voglia di lavorare!”31
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Citazione di Clarissa durante il secondo focus group.
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Conclusioni Riassumendo, rispetto alla letteratura esistente, l’indagine conferma alcuni bisogni salienti all’interno della popolazione giovanile della Provincia di Pisa. I risultati si sono concentrati soprattutto sui bisogni dei giovani legati alla formazione, il lavoro e l’inserimento sociale. Questo è dovuto agli obiettivi del committente ed alle conseguenti scelte metodologiche dell’indagine che hanno coinvolto soggetti specializzati soprattutto in queste tematiche. L’indagine ha confermato la letteratura locale che segnala una più rapida uscita dal circuito scolastico nel Valdarno e un maggior disagio tra i giovani della Val di Cecina per ciò che riguarda le problematiche dell’entrata e la permanenza nel mercato del lavoro. I responsabili degli Informagiovani suggeriscono che il problema maggiore della Val di Cecina è legato all’insufficienza di infrastrutture di trasporto che rende più difficoltoso l’incontro tra domanda e offerta di lavoro dei giovani. Al di là di queste problematiche, i risultati indicano comunque una buona condizione dei giovani della Provincia, in linea con la letteratura regionale e locale. L’indagine conferma poi pienamente la letteratura nazionale e regionale che sottolinea la carenza delle strutture di orientamento scolastico e per percorsi formativi successivi alla scuola. Il servizio degli Informagiovani stesso non sembra ancora essere sufficiente per soddisfare l’intera domanda di orientamento dei giovani della Provincia di Pisa. Questo, anche perchè non tutti i Punti di fatto offrono questo tipo di servizio, e perchè non sempre il personale addetto è formato appositamente per questo scopo. Inoltre, i giovani stessi reclamano l’offerta di servizi di orientamento anche all’interno delle strutture scolastiche, ovvero già durante la Scuola Media Inferiore. Un ulteriore risultato dei diversi momenti dell’indagine sottolinea la situazione di scarsa fiducia da parte dei giovani verso le Istituzioni e le
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strutture pubbliche in generale. I vari soggetti coinvolti hanno segnalato la necessità di campagne di sensibilizzazione al fine di promuovere una vera e propria educazione all’utilizzo dei servizi pubblici. Meno grave rispetto alla letteratura esistente, sembra essere invece l’ostilità e la sfiducia dei giovani verso gli immigrati. Solo nei comuni di Buti, Capannoli, Cascina Terme, Castelfranco di Sotto e Castellina Marina i responsabili hanno segnalato l’immigrazione come una delle preoccupazioni maggiori dei giovani. Considerando questi risultati che mappano i bisogni della popolazione giovanile, è possibile sottolineare alcuni obiettivi che potrebbero guidare future strategie di intervento per migliorare la condizione giovanile nel territorio della Provincia. Nel paragrafo precedente sono già state delineate alcune azioni rivolte al sistema degli Informagiovani stesso, altre invece chiamano le istituzioni provinciali a riqualificare le modalità di “ascolto” dei bisogni dei giovani e ad attribuire loro un peso maggiore all’interno dell’agenda politica. Oltre a questi preziosi suggerimenti segnalati dai responsabili dei punti Informagiovani del territorio provinciale, i risultati dell’indagine nel suo complesso sottolineano alcuni altri aspetti che potrebbero risultare rilevanti per le future strategie d’intervento atte a migliorare la condizione giovanile nella Provincia di Pisa. Di primaria importanza risultano tutti quegli interventi volti a rafforzare il raccordo tra il mondo degli studi e il mercato del lavoro. In particolare, i risultati dell’indagine suggeriscono tre obiettivi sintetizzati nello schema che segue: in primis, un’azione sostanziale all’interno dell’Istituzione Scolastica affinchè gli studenti possano acquisire competenze più funzionali alla realtà del mondo del lavoro. In particolare sarebbero necessari ulteriori interventi sui piani di studio, nonchè di controllo delle competenze del corpo degli insegnanti, e la garanzia che la scuola provveda a dare competenze pratiche come quelle
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legate alla ricerca del lavoro stesso. Si tratta, in tutti questi casi, di interventi a livello ministeriale e nazionale.
Raccordo STUDI-LAVORO
Formazione Scolastica -Piani di studio - competenze insegnanti - capacità pratiche
Orientamento e incontro D/O di lavoro -Best-practices - più collegamenti istituzionali - eventi informativi -Più info per il Centro d’Impiego
Formazione sul Lavoro - Più controllo e coordinamento - aumentare l’offerta - monitoraggio e valutazione - più risorse
Il secondo fronte di azione è quello del rafforzamento dell’orientamento. Recentemente a livello ministeriale è stato deciso un incremento di questo servizio anche nelle scuole. A livello provinciale sarebbe utile rafforzare la raccolta di Informazioni sulle modalità di orientamento attualmente in corso: questa indagine rivela che gli Informagiovani stessi non soddisfano l’intera domanda di orientamento dei giovani, e che dovrebbero essere aiutati e guidati a collaborare ancora di più con le strutture scolastiche (soprattutto le Scuole Medie). La Provincia potrebbe sfruttare al massimo il proprio ruolo di facilitatore per raccogliere informazioni su best-practices, coinvolgere tutti gli attori interessati e promuovere eventi informativi per rafforzare le capacità esistenti e ampliare quelle potenziali per incrementare l’offerta di orientamento sul territorio. Inoltre, sarebbe adeguato migliorare ulteriormente le informazioni a disposizione dei Centri per l’Impiego e il
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loro collegamento con altre strutture addette all’orientamento. Quanto più sarà strutturata l’informazione disponibile sull’incontro tra domanda e offerta di lavoro, tanto migliore potrà essere il servizio offerto dai Centri per l’Impiego nonchè di tutti gli attori coinvolti in altri servizi di orientamento. Il terzo fronte di azione propone di intervenire all’interno del mercato del lavoro per garantire migliori livelli di formazione sul lavoro. In particolare, i risultati dell’indagine suggeriscono di incrementare le attività di controllo e di coordinamento tra enti pubblici e le aziende locali nell’ambito degli stage formativi e altre attività di formazione sul lavoro. La Provincia potrebbe agire su due versanti: da un lato aumentando l’offerta di opportunità formative all’interno del mercato del lavoro attraverso attività di scouting e un attenta ricerca di nuove strutture ospitanti. D’altro canto potrebbe migliorare le attività di monitoraggio e di valutazione dei momenti formativi, affinchè vengano effettivamente garantiti qualità e spendibilità dell’esperienza formativa. Inoltre, la Provincia potrebbe considerare di indirizzare maggiori risorse di fondi strutturali verso le esperienze lavorative e formative dei giovani. L’indagine ha infatti mostrato che queste sono di grande importanza per i giovani: un esperienza di stage integra le conoscenze teoriche del percorso formativo e se retribuita in modo adeguato evita che il giovane perda tempo in attività lavorative che lo portano lontano dall’impiego ambito. Oltre al rafforzamento del legame tra gli studi e il lavoro, vi sono altri possibili interventi diretti a migliorare l’accesso al mercato del lavoro. A livello ministeriale sarebbe opportuno eliminare le barriere che rendono ancora difficile la conversione di titoli di studio stranieri – un fatto che limita un accesso adeguato alle persone immigrate con una formazione. Di particolare importanza, sembra inoltre il problema affrontato dalle giovani donne che hanno difficoltà a trovare impieghi part-time, più
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facilmente abbinabili a impegni di tipo famigliare. Interventi fiscali e altri tipi di incentivi potrebbero fare sì, che gli impieghi part-time non risultino più onerosi per le aziende. A livello locale invece, i risultati dell’indagine suggeriscono l’importanza di rafforzare l’intero sistema di trasporto, soprattutto nella Val di Cecina, affinchè i costi di spostamento vengano abbattutti. Questi infatti incidono sull’accessibilità di molti lavori e sulla disponibilità dei giovani a spostarsi per un impiego. Le carenze di mobilità tra i giovani segnalate da questa indagine potrebbero inoltre essere ridotte attraverso un maggior numero di servizi trasversali.32
Accesso MKT LAVORO
Riconoscimento titoli esteri
Aumentare offerta Lavori part-time
Aumentare mobilità Dei giovani -INF trasporto - servizi trasversali
Per
quanto riguarda le difficoltà dei giovani a trovare una sistemazione abitativa, va segnalata una generale carenza in termini di politica abitativa a livello nazionale. Ai livelli decisionali più alti sarebbe opportuno disegnare ulteriori elementi di politica fiscale e monetaria per ridurre le barriere economiche che i giovani e le giovani coppie 32
Promozioni come “la Carta Giovani” per esempio potrebbero estendersi all’intero territorio della Provincia e non solo a quello dei SEL.
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affrontano per trovare una sistemazione abitativa di proprietà o in affitto. In particolare dovrebbero essere rafforzate le misure atte a favorire l’acquisto e le agevolazioni per il credito per l’accesso a “prime case”. A livello locale le difficoltà a trovare una sistemazione abitativa sembra essere di particolare importanza per i giovani nel Valdarno e la Valdera.
Sistemazione abitativa
Ridurre barriere economiche per l’affitto
Favorire l’acquisto e meccanismi di credito per L’accesso a “prime case
Concludendo, rimane come problema di base la scarsa fiducia che i giovani ripongono nelle istituzioni pubbliche. Tra gli obiettivi per migliorare il rapporto giovani-istituzioni si possono indicare: il miglioramento stesso dei servizi attraverso: una più adeguata gestione dei servizi per i giovani e una più efficace comunicazione con questi per aumentare l’utenza e la loro soddisfazione. In seconda istanza, rimane importante aumentare la visibilità stessa di alcuni servizi – come quello offerto dagli informagiovani stessi, per garantire che gli sforzi vengano anche registrati dai diretti interessati. La Provincia potrebbe poi indirizzare sforzi e risorse verso campagne ed eventi di sensibilizzazione che portino i giovani ad un maggiore e più “naturale” utilizzo delle istituzioni pubbliche.
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Migliorare la Percezione delle istituzioni
Migliorare I servizi
Comunicazione E Visibilità
Sensibilizzazione
Questi che sono stati delineati negli schemi riassuntivi, sono obiettivi che potrebbero indirizzare le strategie di intervento per migliorare la condizione giovanile della popolazione della Provincia di Pisa, in base ai bisogni dei giovani rilevati tramite questa indagine.
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Analisi dei bisogni emergenti nella popolazione giovanile: l’immagine raccolta dal sistema degli inform@giovani nella Provincia di Pisa
Questionario (Si prega di contrassegnare con una “X” l’opzione scelta, o di scrivere sulle righe dove predisposte)
Parte 1 : Utenza degli Inform@giovani 1) Quanti giovani assiste al mese? ( ) Meno di 10 ( ) Tra i 10 e 29 ( ) Tra i 30 e 59 ( ) Tra i 60 e 99 ( ) Più di 100 2) Il numero di giovani assistiti è aumentato, secondo Lei, negli ultimi due anni? ( ) Sì, molto ( ) Sì, lievemente ( ) No ( ) No, anzi è diminuito
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3) Può stimare come si distribuiscono in percentuale i giovani assistiti per classi d’età? (Formare un totale del 100%) ( ) Fascia 0-14 anni ( ) Fascia 15-19 anni ( ) Fascia 20-24 anni ( ) Fascia 25-29 anni ( ) Fascia 30-35 anni 4) Il suo centro assiste anche persone più anziane di 35 anni? Se sì, può stimare la percentuale sull’utenza totale?
5) Quali servizi offre il centro? ( ) Orientamento scolastico ( ) Orientamento per successivi percorsi formativi (universitario/professionale) ( ) Divulgazione di Informazioni per il lavoro/lo studio/la formazione ( ) Formazione minima (stesura CV, consultazione internet, ecc…) ( ) Accesso gratuito a internet/PASS ( ) Informazioni di tipo turistico/culturale/sportivo ( ) Informazioni con connotato di inclusione sociale (per i disabili, associazionismo, volontariato, indirizzati ai giovani immigrati…) ( ) Assistenza (sociale, psico-sanitaria, gruppi anti-fumo/anti-droga) 6) Quali sono i servizi più richiesti? (numerare i servizi, attribuendo 1 al servizio richiesto più comunemente) ( ) Orientamento scolastico ( ) Orientamento per successivi percorsi formativi (universitario/ professionale) ( ) Divulgazione di Informazioni per il lavoro/lo studio/la formazione ( ) Formazione minima (stesura CV, consultazione internet, ecc…) ( ) Accesso gratuito a internet/PASS ( ) Informazioni di tipo turistico/culturale/sportivo ( ) Informazioni con connotato di inclusione sociale
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(per i disabili, associazionismo, volontariato, indirizzati ai giovani immigrati…) ( ) Assistenza (sociale, psico-sanitaria, gruppi anti-fumo/anti-droga) 7) Che tipo di rapporto mantiene il centro strutture/associazioni che offrono servizi ai giovani?
con
altre
( ) Nessun rapporto ( ) Vicinanza fisica ( ) Incontri occasionali ( ) Scambio di informazioni ( ) Collaborazione occasionale per progetti e iniziative – Quali?
( ) Rapporto stabile di collaborazione nell’offerta di alcuni servizi – Quali?
8) Quali sono le strutture/associazioni con le quali mantiene un rapporto più stabile?
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Parte II: Indagine sui bisogni della popolazione giovanile 9) Quali sono, secondo Lei, le più grandi preoccupazioni dei giovani riguardo al proprio futuro? (si prega di contrassegnare al massimo quattro opzioni) STUDI 1. ( ) La mancanza di un adeguata offerta didattica locale (a livello di istituti superiori/università) 2. ( ) Doversi spostare per gli studi 3. ( ) L’inadeguatezza degli studi rispetto alle esigenze del mercato del lavoro
LAVORO 4. ( ) La disoccupazione 5. ( ) La sottoccupazione 6. ( ) L’instabilità dell’impiego 7. ( ) Doversi spostare per il lavoro 8. ( ) Il guadagno economico 9. ( ) Trovare una sistemazione abitativa 10. ( ) Combinare le scelte matrimoniali e riproduttive con quelle lavorative
IDENTITÀ 11. ( ) Trovare un ruolo all’interno della società 12. ( ) Socializzare con altri giovani 13. ( ) Come impegnare il proprio tempo libero
SOCIETÀ 14. ( ) La crescente immigrazione 15. ( ) L’inaffidabilità delle istituzioni 16. ( ) Esistenziali e di crisi di valori
17. ( ) Altro
(specificare)
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10) Trova che ci siano differenze sostanziali nell’incidenza di questi bisogni tra i più giovani e quelli oltre i 25 anni? (segnare il numero della preoccupazione per la quale ci sono differenze, specificare brevemente in che senso esiste una differenza) ( ) Sì ( ) No Se sì, quali:
11) Trova che ci siano differenze sostanziali tra giovani uomini e donne? ( ) Sì ( ) No Se sì, quali:
12) Trova che ci siano differenze sostanziali tra giovani appartenenti a classi sociali diverse? ( ) Sì ( ) No Se sì, quali:
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13) Trova che ci siano differenze sostanziali tra giovani italiani e stranieri? ( ) Sì ( ) No Se sì, quali:
14) Ci sono dei bisogni specifici che connotano il contesto locale in cui il suo inform@giovani opera? ( ) Sì ( ) No Se sì, quali:
14) Se sì, questi bisogni vengono espressi dai giovani stessi? ( ) Sì ( ) No
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Parte III – Strategie di intervento per la popolazione giovanile 15) In generale crede che i servizi offerti rispondano ai bisogni dei giovani? ( ) Molto ( ) Abbastanza ( ) Poco ( ) Per niente 16) Di quali servizi la vostra utenza è più soddisfatta? (attribuire un ordine con 1 = massima soddisfazione) ( ) Orientamento scolastico ( ) Orientamento per successivi percorsi formativi (universitario/ professionale) ( ) Divulgazione di Informazioni per il lavoro/lo studio/la formazione ( ) Formazione minima (stesura CV, consultazione internet, ecc…) ( ) Accesso gratuito a internet/PASS ( ) Informazioni di tipo turistico/culturale/sportivo ( ) Informazioni con connotato di inclusione sociale (per i disabili, associazionismo, volontariato, indirizzati ai giovani immigrati…) ( ) Assistenza (sociale, psico-sanitaria, gruppi anti-fumo/anti-droga) Perché crede che questi servizi siano più soddisfacenti?
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17) In quale area trova che il suo inform@giovane non riesce a soddisfare i bisogni dei giovani? ( ) Formazione/ Istruzione ( ) Lavoro ( ) Gestione del tempo libero ( ) Ambito/Inserimento sociale ( ) Assistenza ( ) Altro – specificare:
18) Quali servizi dovrebbero essere aggiunti all’offerta del suo centro, secondo Lei?
19) Come crede che si possa migliorare il ruolo e l’impatto degli inform@giovani?
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20) Secondo Lei, cosa dovrebbero fare le istituzioni (comunali/provinciali/regionali) per soddisfare meglio i bisogni della popolazione giovanile?
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Stampa febbraio 2008 Tipografia Editrice Pisana snc Via Trento, 26/30 – 56126 Pisa Tel./Fax 050 49829 e-mail:
[email protected] www.tepsnc.it