545 RILIEVI LASER SCANNER E VALUTAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO IN AREE COSTIERE ATTRAVERSO MODELLAZIONE MONODIMENSIONALE
Aurelia Sole 1, Lucia Nolè 1, Vicente Medina2, Allen Bateman2 1
D.I.F.A., Università degli Studi della Basilicata Universitat Politecnica de Catalunya
2 E.H.M.A.,
1 - Introduzione Le alluvioni sono tra le più comuni e devastanti catastrofi naturali, come è noto, si verificano quando i sistemi di drenaggio naturali e artificiali non sono in grado di smaltire le portate idriche che transitano nella rete. Si produce così lo straripamento dei fiumi, il sormonto delle strutture di contenimento e l’allagamento delle aree circostanti. Nel corso della dinamica dell’evento, le acque si distribuiscono e percorrono le diverse aree in funzione della morfologia del terreno e della presenza di manufatti antropici, che condizionano le direzioni di flusso. Nelle aree urbane, le strade diventano canali, nelle aree rurali si allagano le coltivazioni e l’acqua nel suo percorso devastante produce danni alle cose e alle infrastrutture, ma soprattutto, può indurre perdite di vite umane, come già testimoniato dai numerosi eventi del passato. La comunità scientifica ha affinato procedure di calcolo, per la valutazione delle aree sottoposte a tale rischio, che forniscono la stima dell’area inondata, delle altezze d’acqua che si raggiungono durante un evento di piena e i valori delle velocità di deflusso, dall’altro lato anche le tecniche di rilievo del territorio sono sempre più precise e accurate. È necessario quindi integrare le due metodologie al fine di arrivare al risultato che meglio descriva il fenomeno, per la corretta individuazione delle aree inondate. La direttiva CE (P6_TC2-COD(2006)0005) e la normativa Italiana in materia di alluvioni, richiedono che per la valutazione delle mappe di pericolosità e di rischio debbano essere utilizzate le “migliori pratiche” e le “migliori tecnologie disponibili”, ma la possibilità di tarare i modelli di simulazione su dati reali, specie per eventi con elevato tempo di ritorno, non sempre è possibile, pertanto è necessario valutare diversi metodi e confrontarne i risultati al fine di evidenziare problemi e difetti di interpretazione del fenomeno. Nel presente lavoro si propone l’uso di un modello idrodinamico monodimensionale, accoppiato ad un rilievo del territorio effettuato attraverso tecniche laser scanner, integrando le informazioni in ambiente
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GIS. L’area di studio è rappresentata dagli ultimi 40 km del fiume Basento fino alla foce e comprende l’attraversamento della piana costiera ionica. 2 - Il Modello Idrodinamico Il codice di calcolo idrodinamico utilizzato è HEC-RAS (River Analysis System), sviluppato presso l’Hydrologic Engineering Center, dall’United States Army Corps of Engineers, che ne consente l’uso gratuito e che permette il calcolo dei profili idraulici di moto permanente gradualmente vario in reti di canali naturali o artificiali. È un codice di calcolo monodimensionale che risolve l’equazione del moto attraverso un metodo alle differenze finite (HEC-Ras 2002; Hornitt 2002) ed è in grado di simulare condizioni di moto subcritico (corrente lenta), supercritico (corrente veloce) e misto, inoltre possono essere valutati gli effetti di immissioni o emissioni laterali di portata, tiene conto della presenza di opere quali briglie e salti di fondo (weir), paratoie, brevi condotti in pressione (culvert), ponti (bridge), ostacoli al flusso e costruzioni edificate nelle zone golenali. Il programma dispone di una interfaccia grafica che facilita le operazioni di definizione della geometria del problema, dei parametri di calcolo e dell’analisi dei risultati esprimibili sia in termini di tabelle che di grafici. Questi ultimi includono la visualizzazione del tirante idrico relativo a ciascuna sezione, la visualizzazione dei profili di moto (con l’indicazione del pelo libero, dei limiti arginali, della quota della linea dell’energia, ecc...) e grafici in prospettiva tridimensionali che consentono di evidenziare le aree soggette ad inondazione nelle differenti condizioni idrometriche. La determinazione della cadente, J, sezione per sezione avviene tramite l’equazione di moto uniforme di Manning. Il programma richiede in input la definizione della rete di canali e la posizione ed il rilievo trasversale delle sezioni fluviali, nonché di tutte le opere e le infrastrutture presenti in alveo e lungo il corso del fiume. Per la definizione dei dati in input il modello è stato accoppiato al modulo, HEC Geo-RAS (HEC-RAS User Manual), uno strumento sviluppato in ambiente ArcGIS ESRI, che consente di definire il modello geometrico da utilizzare nel software idrodinamico HEC-RAS. 3 - Il rilievo del territorio Come già detto descrivere in modo dettagliato il territorio costituisce già una buona base per la corretta individuazione delle possibili aree a rischio di inondazione a fronte di un determinato evento di piena. Nell’ambito di tale lavoro si è posta particolare attenzione alla definizione del modello di rappresentazione della topografia dell’area oggetto di studio. Quest’ultima si estende dalla foce del fiume Basento verso monte per circa 40 km. Lungo tale tratto, il corso d’acqua si presenta con un
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andamento prevalentemente incassato e meandriforme con pendenze tra 0.4% e il 0.04%. La base dati topografica è costituita da rilievi topografici celerimetrici del corso d’acqua, rilievi con tecniche Lidar (Light Detection and Ranging, o Laser Imaging Detection and Ranging) da piattaforma aerea ed ortofoto in scala 1:5000. Come è noto la stima della posizione dei punti attraverso i rilievi LIDAR viene effettuata per mezzo di un telemetro laser che utilizza un raggio elettromagnetico nell’infrarosso vicino. Il principio fisico sul quale si basa è la riflessione del raggio per effetto dell’interazione con i vari corpi che il raggio intercetta sul suo cammino (Casella, 1998). La quota di volo, che varia da qualche centinaio di metri a qualche migliaio, condiziona il del livello di dettaglio che si vuole raggiungere. Per effettuare il rilevamento, sull’aeromobile, vengono installati un sensore laser, un sistema GPS (Global Position System), un sistema inerziale INS (Inertial Navigation System), una telecamera e un computer per l’acquisizione dei dati. I vari elementi funzionano indipendentemente l’uno dall’altro ma i dati vengono registrati con una etichetta temporale indispensabile per la ricostruzione della traiettoria del velivolo sull’area rilevata e quindi della posizione dei vari punti rilevati. Questo tipo di tecnologia permette di sfruttare le riflessioni multiple del raggio, infatti, per ogni singolo raggio emesso si hanno diversi echi di risposta. Attualmente le apparecchiature consentono diverse opzioni di registrazione, è possibile registrare solo il primo eco e l’ultimo, o tutti gli echi compresi il primo e l’ultimo. È consuetudine registrare solamente il primo eco qualora si voglia la definizione di un DSM (Digital Surface Model), ovvero di una superficie di convoluzione di tutti gli elementi presenti nell’area rilevata, vale a dire superficie del terreno, vegetazione ed edifici. Dal punto di vista idrodinamico il rilevamento di questi elementi è fondamentale perché gli edifici sono di ostacolo al deflusso della corrente idrica, la vegetazione in dipendenza della tipologia oltre che essere un ostacolo caratterizza la resistenza al moto. È consuetudine registrare l’ultimo eco qualora si voglia ottenere un DTM (Digital Terrain Model) che rappresenti la superficie del terreno priva di ogni altro elemento. L’errore che si commette nella stima della quota di un punto è inferiore a 30 cm mentre, l’errore che si commette nella stima della posizione planimetrica è inferiore al metro (Guariglia 2006; Giosa 2007; Camiciotti et al.). Il laser scanner non può essere usato in presenza di nubi perché si ha riflessione completa del raggio e non può penetrare gli specchi d’acqua. Nel caso in esame i dati utilizzati sono stati rilevati attraverso il sistema Topeye MKII posizionato su elicottero e in grado di raccogliere echi multipli. Attraverso l’uso di software grafici di elaborazione, quali MicroStation V8 sviluppato dalla Bentley Institute USA e TerraScan sviluppato dalla Terrasolid Ltd. Finlandia, è stato possibile classificare e filtrare i punti rilevati durante il volo e costruire superfici del terreno aderenti alla realtà rilevata. L’operazione di filtraggio è necessaria perché il raggio fornisce la stima della posizione di ogni oggetto che colpisce, pertanto è necessario
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eliminare tutti i punti che non appartengono all’ambiente che si vuole studiare. L’operazione di classificazione è necessaria perché i punti rilevati sono indiscriminati pertanto nella fase successiva al rilevamento si presentano come un nuvola bianca di difficile interpretazione; la classificazione serve proprio a discriminare i vari punti rilevati. Dal DTM viene ottenuto il MKP (Model Key Points; Giosa 2007), che riduce il numero dei punti nel modello, che diventano radi nelle zone pianeggianti caratterizzate da trascurabili variazioni altimetriche, e fitti nelle zone dove le variazioni di quota sono più repentine. Dal MKP è stato possibile quindi costruire un modello digitale del terreno secondo la rappresentazione TIN (Triangulated Irregular Network; Sole e Valanzano, 1996; Fowler and Little, 1979; De Floriani et al., 1984) nel quale la superficie viene rappresentata da triangoli contigui irregolari che uniscono i vari punti del MKP. Con il TIN la morfologia della superficie è resa evidente dalla grandezza dei vari triangoli; nelle aree dove maggiore è la variazione di quota la risoluzione è più alta, nelle aree pianeggianti la risoluzione è più bassa. Il criterio utilizzato per costruire la rete è quello di Delaunay, secondo il quale nessun vertice ricade all’interno di un altro triangolo, la triangolazione è indipendente dall’ordine dei punti processati, ogni circonferenza passante per tre punti non contiene nessun altro nodo ed inoltre nessun triangolo è sovrapposto. Nelle aree del greto attivo del fiume, in cui i dati laser difettano per la presenza dell’acqua, le informazioni sono state integrate con i rilievi topografici tradizionali delle sezioni trasversali (fig. 2), eseguiti lungo il corso d’acqua oggetto di studio figura 1. Per effettuare l’integrazione si è fatto ricorso al citato software HEC GeoRAS, che consente di definire il modello geometrico da utilizzare nel software idrodinamico HEC-RAS. Sul corso d’acqua rilevato e riportato in HEC-RAS, sono state inserite le sezioni rilevate, aventi dimensione variabile in ragione della morfologia fluviale. Per uniformare i dati, è stata eseguita una interpolazione con passo di 5 m, lungo il tratto fluviale, selezionando solo la parte del greto attivo, rispettando la linea di thalweg ed escludendo la parte di sezione che ricadeva sulle golene. Con lo stesso poligono costruito per ritagliare le sezioni, sono stati eliminati i triangoli del TIN corrispondenti allo specchio d’acqua. Le informazioni sono state quindi fuse in un unico TIN, figura 3. In figura 4 è riportato un particolare dei due modelli digitali, quello ricavato dai soli dati lidar e quello modificato con l’inserimento delle sezioni trasversali rilevate topograficamente. 4 - Simulazione idrodinamica Prima di definire le caratteristiche della simulazione, è opportuno ricordare che in accordo con il D.P.C.M. 29/09/1998, le aree a rischio idraulico sono definite su cartografia in scala non inferiore a 1:25.000. In particolare, il livello di pericolosità è calcolato in base alla probabilità di acca-
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dimento di un determinato evento di piena definendo tre diverse rilevanze di piena: a) aree ad alta probabilità di inondazione (indicativamente con tempo di ritorno Tr di 20-50 anni); b) aree a moderata probabilità di inondazione (indicativamente con Tr di 100-200 anni);
Figura 1 - TIN Basento ottenuto dal MKP
Figura 2 - Sezioni rilevate topograficamente per la correzione del TIN nel greto attivo
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Figura 3 - TIN ottenuto integrando i dati lidar con i rilievi topografici
c) aree a bassa probabilità di inondazione (indicativamente con Tr di 300-500 anni). Il tempo di ritorno rappresenta il tempo che bisogna mediamente attendere perché un evento di piena abbia luogo. La relazione che lega la probabilità di non superamento P(QT < q) a Tr è data da: 1 P(QT < q) = 1- -----Tr
Figura 4 - particolare del TIN da dati LIDAR e del TIN modificato
I valori di portata considerati e calcolati con il metodo VAPI (Fiorentino e Claps 1999), sono riportati nella tabella 1.
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Tabella 1 - Valori di portata simulati
Con il TIN modificato e il software ArcGIS è stata creata la geometria in input al modello, relativamente alle diverse portate esaminate. Infatti, per ogni periodo di ritorno considerato, è stata seguita una procedura iterativa per definire l’area interessata dal deflusso dell’acqua fig. 5). In particolare, il modello richiede la definizione del canale principale e dei percorsi di flusso (flowpath). Questi ultimi sono un set di tre linee che seguono il centro di massa dell’acqua che defluisce. Dopo aver effettuato la simulazione è necessario analizzare i risultati per verificare se i flowpath ipotizzati seguono realmente il centro di massa della corrente. Inoltre non è nota a priori l’estensione della sezione che riesce a contenere la portata in transito ed è necessario rispettare l’ortogonalità tra la sezione stessa e le linee di corrente, che non sono note a priori. Per la portata con periodo di ritorno T= 30 anni sono state tracciate 154 sezione aventi lunghezza minina di 68 m e massima di 2145 m; per la portata con periodo di ritorno T= 200 sono state tracciate 143 sezioni variabili da un minimo di 252 m ad un massimo di 4439 m.
Figura 5 - Esempio delle sezioni estratte per i diversi valori di Q
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Portando le informazioni in HEC RAS e integrandole con le infrastrutture presenti sul corso d’acqua e rilevate, si esegue la simulazione in condizioni stazionarie, con i valori di portata riportati in tabella 2 e coefficienti di Manning adeguati alle condizioni dell’area di studio. I risultati della simulazione monodimensionale vengono quindi importati in ArcGIS e ne viene valutata la correttezza. Tale controllo viene effettuato sovrapponendo le sezioni tracciate prima della simulazione con i risultati di ampiezza dell’onda ottenuti dalla simulazione stessa, verificando quindi se la sezione tracciata contiene la portata simulata e se le sezioni sono ortogonali alle linee di corrente ipotizzate e successivamente valutate in fase di simulazione. Se le condizioni sono rispettate, la geometria assegnata, per la portata considerata, è idonea altrimenti è necessario ricalcolare l’estensione della sezione ampliandola e ruotandola in modo da risultare ortogonale al flusso. Parallelamente vanno verificati i flowpath che devono garantire la corretta identificazione del centro di massa. Ne risulta che la geometria per Tr=30 è diversa da quella TR = 200, come si nota nella figura 5. Per facilitare il processo iterativo, l’analisi dei risultati è stata effettuata attraverso una rappresentazione del terreno e dell’area inondata, di tipo GRID (Sole e Valanzano 1996) con risoluzione di cella pari a 2 m. Nelle figure che seguono è riportato il risultato finale relativamente alle portate Tr=2anni.
Figura 6 - Tr = 2 anni, profilo longitudinale e area inondata
Una volta valutata la corretta geometria si ottengono le estensioni delle aree inondabili anche in condizioni non stazionarie. Nei dettagli della figura 7 sono riportate le aree relative alla costa ionica a valle della S.S. 106 per portate Q30 e Q200. Come si nota l’estensione delle aree in sponda sinistra risulta più estesa ciò è confermato dalla presenza di una leggera pendenza dell’area verso il contiguo fiume Bradano. Dalla figura, si nota una contraddizione nei risultati delle due simulazioni. Aree che risultano inondate con la Q30 non lo sono per Q200. Nella portata trentennale l’altezza idrica è contenuta in una determinata sezione e presenta un certo tirante, nel caso della Q200 la geometria della sezione presenta una differente disposizione planimetrica, e naturalmente, tiranti diversi, in
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ragione delle iterazioni precedentemente descritte, pertanto risultano diverse le aree inondate. Ciò sottolinea la sensibilità del modello a tale parametro e pone in evidenza che in aree fortemente pianeggianti quale quella oggetto di studio, l’applicazione di modelli monodimensionali richiede molta attenzione nella individuazione della configurazione geometrica che meglio interpreta il fenomeno.
Figura 7 - Particolare delle aree allagate in prossimità della foce per T=30 e T=200 anni
5 - Conclusioni Nel presente lavoro è stata proposta una metodologia per la valutazione delle aree a rischio di inondazione attraverso l’uso di un modello idrodinamico monodimensionale e il rilievo del territorio ottenuto dall’integrazione di più fonti di dati. Il risultato delle simulazioni dipende dal codice di calcolo idrodinamico, dalla stima dei parametri idrologici e dalla geometria definita per rappresentare l’area di studio. Quanto più accurati sono questi elementi tanto più precisi saranno i risultati. Nel caso in esame per le portate con tempo di ritorno basso, i risultati corrispondono a quanto osservato nel corso d’acqua durante tali eventi. Per tempi di ritorno maggiori non è possibile verificare la bontà dei risultati in quanto non si hanno a disposizione informazioni su eventi già verificatisi, pur essendo noto che in passato diversi punti della piana sono stati oggetto di allagamento per la rottura di tratti di arginature. Poiché il tronco è meandrizzato, per piccole portate le sezioni devono descrivere correttamente l’andamento planimetrico del fiume e la sua incisione, per grandi valori della portata, le aree comprese tra i meandri risultano allagate, pertanto le sezioni, valutate con il processo iterativo comprendono l’intera fascia come si nota in figura 5. In ogni caso risulta opportuno studiare il fenomeno anche attraverso l’uso di modelli bi-dimensionali che riescono a rappresentare più correttamente le diverse componenti del moto in aree particolarmente piatte quali quella osservata.
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