LA MANO
DR. PANTALEO GIUSEPPE MEDICO-CHIRURGO
IL SUO RUOLO •
•
LA MANO E’ UN ORGANO CON FUNZIONE ESSENZIALE DI PRENSIONE GRAZIE ALLA PARTICOLARE DISPOSIZIONE DEL POLSO CHE PUO’ OPPORSI A TUTTE LE ALTRE DITA. DAL PUNTO DI VISTA FISIOLOGICO LA MANO RAPPRESENTA L’ESTREMITA’ OPERATRICE DELL’ARTO SUPERIORE CHE NE COSTITUISCE IL SUPPORTO E LE PERMETTE DI PRESENTARSI NELLA POSIZIONE PIU’ FAVOREVOLE PER UNA DETERMINATA AZIONE.
• TUTTAVIA LA MANO NON E’ SOLTANTO UN
•
ORGANO DI ESECUZIONE, ESSA E’ ANCHE UN RICEVITORE SENSORIALE ESTREMAMENTE SENSIBILE E PRECISO LE CUI INFORMAZIONI SONO INDISPENSABILI ALLA SUA STESSA AZIONE. INFINE ATTRAVERSO LA CONOSCENZA DELLO SPESSORE E DELLE DISTANZE CHE ESSA PROCURA ALLA CORTECCIA CEREBRALE ESSA E’ L’EDUCATORE DELLA VISTA CON CUI PERMETTE DI CONTROLLARE ED INTERPRETARE LE INFORMAZIONI.
• QUINDI SENZA LA MANO LA NOSTRA VISIONE
• •
DEL MONDO SAREBBE PIATTA E SENZA RILIEVI. ESSA E’ ALLA BASE DI QUESTI SENSI MOLTO PARTICOLARI COME LA STEREOGNASIA, LA CONOSCENZA DEI RILIEVI, DELLA FORMA, DELLO SPESSORE CIOE’ DELLO SPAZIO. LA MANO E’ CAPACE DI RICONOSCERE UN OGGETTO SENZA RICORRERE ALLA VISTA. LA MANO FORMA COL CERVELLO UNA COPPIA
FUNZIONALE INDISSOLUBILE.
ANATOMIA
Anatomia della mano e del polso
Ossa del carpo
S C H E L E T R O
Ossa del metacarpo
Falangi
IL MASSICCIO CARPALE • ESSO FORMA UNA DOCCIA A CONCAVITA’ ANTERIORE,
• • • • •
TRASFORMATA IN CANALE DAL LEGAMENTO ANULARE ANTERIORE DEL CARPO, TESO DA UN BORDO ALL’ALTRO DELLA DOCCIA. NEL SENSO LONGITUDINALE PUO’ CONSIDERARSI FORMATE DA TRE COLONNE 1) COLONNA ESTERNA: E’ LA COLONNA DEL POLLICE ED E’ COSTITUITA DALLO SCAFOIDE (o NAVICOLARE), IL TRAPEZIO ED IL 1° 1° METACARPO. DALLO SCAFOIDE PARTE LA COLONNA DELL’INDICE:TRAPEZOIDE E 2° 2° METACARPO 2) COLONNA MEDIALE: SEMILUNARE, CAPITATO ED IL 3° 3° METACARPO (COSTITUISCE L’ASSE DELLA MANO) 3) COLONNA INTERNA: PIRAMIDALE ED UNCINATO CHE SI ARTICOLA CON IL 4° 4° E 5° 5° METACARPO. IL PISIFORME DAVANTI AL PIRAMIDALE E’ PORTATO INDIETRO.
SCAFOIDE
3 3
2 1 3
1a
ARTICOLAZIONI • • • • • •
RADIO-CARPICA RADIOMEDIO--CARPICA MEDIO CARPO--METACARPALE CARPO METACARPO--FALANGE METACARPO INTERFALANGEA DISTALE INTERFALANGEA PROSSIMALE
piramidale
ARTICOLAZIONE RADIO-CARPICA
• È una condiloartrosi formata dal radio e dalle ossa del carpo. carpo. L’ulna entra in contatto con il carpo solo mediante il disco cartilagineo. La superficie articolare del radio si articola con quella del carpo che si presenta come un condilo formato dalle facce prossimali dello scafoide,, del semilunare e del piramidale. scafoide I mezzi d’unione sono dati dalla capsula articolare e dai legamenti di rinforzo volare, dorsale e collaterali. piramidale
MEDIOMEDIO -CARPICA SEMINULARE PIRAMIDALE 4
3
5 2
UNCINATO
SCAFOIDE 1
TRAPEZIO
TRAPEZOIDE CAPITATO
• LA SUPERFICIE SUPERIORE (ART. ARTRODIE) E’ COSTITUITA DA: • SCAFOIDE (1(1-2) CON DUE FACCETTE INFERIORI PER IL TRAPEZIO • • • • • • • • •
(1) E PER IL TRAPEZOIDE (2) ED UNA FACCETTA INTERNA (3) PER IL CAPITATO SEMINULARE (4) LA CUI FACCETTA INFERIORE SI ARTICOLA CON LA TESTA DEL CAPITATO PIRAMIDALE (5) LA CUI FACCETTA INFERIORE SI ARTICOLA CON L’UNCINATO LA SUPERFICIE INFERIORE(ART. CONDILOIDA) E’ COSTITUITA DA: TRAPEZIO (6) TRAPEZOIDE (7) 5 4 1 CAPITATO (8) UNCINATO (9) CHE SI ARTICOLA CON IL PIRAMIDALE (5) E CON IL SEMINULARE (4)
ART. CARPOCARPO-METACARPALE • TRA IL RAGGIO INFERIORE DEL CARPO E I • • • •
METACARPI : UNCINATO (9) CAPITATO (8) TRAPEZOIDE (7) TRAPEZIO (6)
1 2
3 4 1 TRAPEZIO 2 TRAPEZOIDE 3 CAPITATO 4 UNCINATO
ART. CARPOCARPO-METACARPALE
ARTICOLAZIONI METACARPOMETACARPO-FALANGEE • SONO DI TIPO CONDILOIDEO E POSSIEDONO • •
DUE GRADI DI LIBERTA’. FLESSOFLESSO -ESTENSIONE, IN UN PIANO SAGITTALE INCLINAZIONE LATERALE, IN UN PIANO FRONTALE
LE ARTICOLAZIONI INTERFALANGEE LE ARTICOLAZIONI INTERFALANGEE SONO DI TIPO TROCLEARE: POSSIEDONO UN SOLO GRADO DI LIBERTA’: FLESSOFLESSOESTENSIONE
LEGAMENTI
Anatomia della mano e del polso A R T I C O L A Z I O N I
L E G A M E N e T I
CAPSULA ARTICOLARE: - strato esterno fibroso - strato interno sinoviale
LEGAMENTI ispessimenti capsulari che aumentano la stabilità articolare - Legamenti radiocarpici - Legamenti intercarpici - Legamenti carpo-metacarpali - Legamenti metacarpo-falangei - Legamenti interfalangei
LEGAMENTI
LEGAMENTI
I MUSCOLI • MUSCOLI ESTRINSECI • MUSCOLI INTRINSECI
MUSCOLI ESTRINSECI • ABDUTTORE LUNGO DEL POLLICE • ABDUTTORE BREVE DEL POLLICE
ABD POLLICE
• *ESTENSORE LUNGO DEL POLLICE • ADDUTTORE DEL POLLICE
ADD POLLICE+*
• ESTENSORE BREVE DEL POLLICE--POLLICE--• ESTENSORE RADIALE LUNGO DEL CARPO • ESTENSORE RADIALE BREVE DEL CARPO • ESTENSORE ULNARE DEL CARPO
EST POLSO
MUSCOLI ESTRINSECI • ESTENSORE DEL V° V° DITO • ESTENSORE COMUNE DELLE DITA • ESTENSORE PROPRIO DELL’ INDICE • FLESSORE ULNARE DEL CARPO • PALMARE LUNGO • FLESSORE RADIALE DEL CARPO • FLESSORE PROFONDO DELLE DITA • FLESSORE SUPERFICIALE DELLE DITA • FLESSORE LUNGO DEL POLLICE
EST DITA
FLEX POLSO
FLEX DITA
MUSCOLI INTRINSECI • MUSCOLI DELL’EMINENZA IPOTENAR • MUSCOLI DELL’EMINENZA TENAR • MUSCOLI LOMBRICALI • MUSCOLI INTEROSSEI
MUSCOLI DELL’EMINENZA IPOTENAR • OPPOSITORE DEL V° V° DITO • FLESSORE BREVE DEL V° V° DITO • ABDUTTORE DEL V° V° DITO • PRENDONO ORIGINE DALLE OSSA CARPALI E SI INSERISCONO SUL V° V° DITO, SUI METACARPI E SULLA FALANGE PROSSIMALE
MUSCOLI DELL’EMINENZA TENAR • OPPOSITORE DEL POLLICE • ABDUTTORE BREVE DEL POLLICE • FLESSORE BREVE DEL POLLICE • PRENDONO ORIGINE DALLE OSSA CARPALI E DAI LEGAMENTI ALLA BASE DEL PALMO E SI INSERISCONO SULLA FALANGE PROSSIMALE O SUL METACARPO DEL POLLICE
MUSCOLI EMINENZA TENAR
MUSCOLI LOMBRICALI
MUSCOLI INTEROSSEI • SUL PIANO FISIOLOGICO HANNO DUE • •
TIPI DI AZIONE: DI LATERALITA’ AZIONE SULLA FLESSOFLESSO-ESTENSIONE
• SI DISTINGUONO IN: • DORSALI • PALMARI
I muscoli interossei
SISTEMA NERVOSO
IL POLLICE • OCCUPA UNA POSIZIONE ED UNA FUNZIONE A
• • •
PARTE NELLA MANO PERCHE’ E’ INDISPENSABILE ALLA FORMAZIONE DELLA PINZA POLLICIPOLLICI-DIGITALE CON CIASCUNO DELLE ALTRE DITA, IN PARTICOLARE L’INDICE E’ INDISPENSABILE ALLA COSTITUZIONE DELLA PRESA DI FORZA CON LE QUATTRO ALTRE DITA SENZA IL POLLICE, LA MANO PERDE LA PIU’ GRANDE PARTE DELLE SUE POSSIBILITA’. QUESTO RUOLO E’ DOVUTO DA UNA PARTE ALLA SUA SITUAZIONE NELL’AVANTI DEL PALMO E DELLE ALTRE DITA E DALL’ALTRA ALLA SUA GRANDE AGILITA’ FUNZIONALE LEGATA ALL’ORGANIZZAZIONE DELLA SUA COLONNA OSTEOOSTEOARTICOLARE E DEI SUOI MUSCOLI MOTORI.
COLONNA OSTEOOSTEO-ARTICOLARE 1
• • • • •
(1) SCAFOIDE (2) TRAPEZIO 1° METACARPO (3) 1° FALANGE (4) 2° FALANGE (5)
2 3
4 5
ARTICOLAZIONI DELLA COLONNA OO-A • SCAFO SCAFO-TRAPEZIOIDEA: ARTRODIE CHE PERMETTE AL
•
•
•
TRAPEZIO DI EFFETTUARE UNA CORTA TRASLAZIONE IN AVANTI CIOE’ UN MOVIMENTO DI FLESSIONE DI MODESTA AMPIEZZA TRAPEZIOTRAPEZIO -METACARPICA: PRENDE UNA PARTE PREPONDERANTE NEL MECCANISMO DELL’OPPOSIZIONE, PERMETTE DI ORIENTARE IL 1° 1° METACARPO IN TUTTE LE DIREZIONI METACARPOMETACARPO -FALANGEA: DUE GRADI DI LIBERTA’ (FLESSO(FLESSO -ESTENSIONE E LATERALITA’). IN REALTA’ LA SUA BIOMECCANICA ASSOCIA UN TERZO GRADO DI LIBERTA’ COME LA ROTAZIONE DELLA 1° 1° FALANGE SIA IN SUPINAZIONE CHE IN PRONAZIONE( MOVIMENTI ATTIVI INDISPENSABILI NELL’OPPOSIZIONE) INTERFALANGEA: DI TIPO TROCLEARE, MOVIMENTO DI FLESSOFLESSO-ESTENSIONE
ST-SCAFO SCAFO-TRAPEZIOIDEA TM-TRAPEZIO TRAPEZIO-METACARPICA
• MP-METACARPO METACARPO-FALANGEA IPIP-INTERFALANGEA
MUSCOLI MOTORI DEL POLLICE MUSCOLI ESTRINSECI MUSCOLI INTRINSECI
MUSCOLI ESTRINSECI • ALLOGGIATI NELL’AVAMBRACCIO (determinano •
• • •
la flessione e la chiusura della mano) ABDUTTORE LUNGO DEL POLLICE: POLLICE: porta il 1° 1° metacarpo in fuori ed in avanti. Quindi non solo abduttore ma anche antepulsore del metacarpo. Sul piano funzionale con i muscoli intrinseci del gruppo esterno gioca un ruolo primordiale nell’opposizione. ESTENSORE BREVE DEL POLLICE: POLLICE: estende la 1° 1° falange, porta direttamente il1° il1° metacarpo in fuori, quindi il vero abduttore. ESTENSORE LUNGO DEL POLLICE: POLLICE: estende la 2° 2° falange sulla 1° 1°, estende la 1° 1° falange sul metacarpo FLESSORE LUNGO DEL POLLICE: POLLICE: flette la 2° 2° falange sulla 1a
Estensore breve del pollice MANO a) estensione; b) abduzione. DITA c) abduzione del pollice; d) estensione del pollice.
Abduttore lungo del pollice MANO a) estensione; b) abduzione. DITA c) abduzione del pollice; d) estensione del pollice.
Estensore lungo del pollice AVAMBRACCIO a) rotazione esterna (supinazione). MANO b) estensione; c) abduzione. DITA d) abduzione del pollice; e) estensione del pollice.
Flessore lungo del pollice MANO a) flessione. DITA b) flessione del pollice.
MUSCOLI INTRINSECI: • (CONTENUTI NELLA EMINENZA TENAR E NEL 1° 1° SPAZIO
INTEROSSEO), SERVONO AI MOVIMENTI DI PRECISIONE E DI COORDINAMENTO (NON SONO MOTORI)
• FLESSORE BREVE: BREVE: flette la 1° 1° falange sul M • OPPONENTE: antepulsore antepulsore--adduttoreadduttore-pronatore • ABDUTTORE BREVE: BREVE: sposta il 1° 1°M dal 2° 2° alla fine • •
dell’opposizione. Sposta il 1° 1°M in avanti e in dentro durante il movimento di opposizione. Flette la 1° 1° falange sul M 1° INTEROSSEO PALMARE: add add--flex 1° 1° falange falange--ext 2a ADDUTTORE DEL POLLICE: POLLICE: adduttore se il metacarpo parte dalla posizione di abduzione massima; diventa abduttore se il metacarpo è in partenza in adduzione massima. E’ antepulsore (se M è in retroposione massima) ma anche retropulsore ( se M è in anteposizione portato dall’ABD BREVE.
L’OPPOSIZIONE
GEOMETRIA DELL’OPPOSIZIONE • (106) • L’OPPOSIZIONE CONSISTE NEL
•
RENDERE TANGENTE ED IN UN DETERMINATO PUNTO A’,IL POLPASTRELLO DEL POLLICE SU QUELLO DI UN ALTRO DITO AD ES. L’INDICE, IN UN PUNTO A. (107) PER FAR COINCIDERE I DUE PUNTI NELLO SPAZIO UTILIZZA TRE GRADI DI LIBERTA’ (x,y,z) . DUE ALTRI GRADI DI LIBERTA’ SONO NECESSARI PER FAR COINCIDERE I PIANI DEI POLPASTRELLI, PIANO SU PIANO E DIREZIONE SU DIREZIONE,PER UNA ROTAZIONE ATTORNO DEGLI ASSI T ed U
L’OPPOSIZIONE DEL POLLICE • E’ IL SUO MOVIMENTO ESSENZIALE E
CONSISTE NELLA FACOLTA’ DI PORTARE IL POLPASTRELLO DEL POLLICE A CONTATTO CON IL POLPASTRELLO DI UNO DELLE ALTRE POLLICIDITA PER COSTITUIRE UNA PINZA POLLICI-
DIGITALE.
• MECCANICAMENTE E’ UN MOVIMENTO • • •
COMPLESSO CHE ASSOCIA, A DEI GRADI DIVERSI, TRE COMPONENTI: ANTEPOSIZIONE FLESSIONE PRONAZIONE DELLA COLONNA OSTEOOSTEOARTICOLARE
ANTEPOSIZIONE • MOVIMENTO CHE PORTA IL POLLICE IN AVANTI DEL PIANO DEL PALMO. SI EFFETTUA ESSENZIALMENTE A LIVELLO
DELL’ART. TRAPEZIOMETACARPICA ED ACCESSORIAMENTE NELLA METACARPOMETACARPO -FALANGEA DOVE L’INCLINAZIONE RADIALE ACCENTUA L’ELEVAZIONE DELLA COLONNA OSTEOOSTEOARTICOLARE DEL POLLICE.
FLESSIONE • PORTA TUTTA LA
• • • •
COLONNA OSTEOOSTEOARTICOLARE ALL’INTERNO. VI PARTECIPANO: TRAPEZIOTRAPEZIO METACARPICA METACARPOMETACARPO FALANGEA INTERFALANGEA
PRONAZIONE • COMPONENTE ESSENZIALE,GRAZIE ALLA QUALE I POLPASTRELLI POSSONO APPLICARSI L’UNO CONTRO L’ALTRO. CONSISTE IN UNA ROTAZIONE DELLA FALANGE DISTALE SUL SUO ASSE LONGITUDINALE A LIVELLO DELLA TRAPEZIOTRAPEZIO METACARPICA
• RUOLO ESSENZIALE PER TALE MOVIMENTO E’ L’ARTICOLAZIONE
TRAPEZIOTRAPEZIO -METACARPICA
• TUTTAVIA L’OPPOSIZIONE SU UNO DELLE QUATTRO ULTIME DITA E’ PERMESSA DALL’AZIONE DELLA
METACARPO-FALANGEA E METACARPODALL’INTERFALANGEA. INFATTI E’ GRAZIE AL GRADO DI FLESSIONE PIU’ O MENO ACCENTUATO DI QUESTE DUE ARTICOLAZIONI CHE IL POLLICE PUO’ SCEGLIERE IL DITO AL QUALE OPPORSI.
• L’OPPOSIZIONE INDISPENSABILE PER
• • • •
PRENDERE GLI OGGETTI NON SARA’ NIENTE SENZA LA CONTROCONTRO-OPPOSIZIONE CHE PERMETTE DI PRENDERLI E DI PREPARARE LA MANO ALLA PRESA DELL’OGGETTO VOLUMINOSO. QUESTO MOVIMENTO SI DEFINISCE AL CONTRARIO ATTRAVERSO TRE COMPONENTI A PARTIRE DALLA OPPOSIZIONE: ESTENSIONE RETROPOSIZIONE SUPINAZIONE DELLA COLONNA OSTEOOSTEOARTICOLARE
CONTRO-OPPOSIZIONE
• I MUSCOLI MOTORI DELLA CONTROCONTRO -OPPOSIZIONE SONO:
• ABDUTTORE LUNGO • ESTENSORE CORTO • ESTENSORE LUNGO DEL POLLICE ( IL SOLO A POTERLO PORTARE IN RETROPOSIZIONE ESTREMA NEL PIANO DEL PALMO)
• I NERVI MOTORI DEL POLLICE SONO:
M C
• IL NERVO R
RADIALE: PER LA
CONTROCONTROOPPOSIZIONE • IL N.CUBITALE E SOPRATTUTTO IL N. MEDIANO PER L’OPPOSIZIONE
VALUTAZIONE CLINICA
• Obiettivi fondamentali della valutazione riabilitativa sono: • 1. L’esame articolare; • 2. L’esame muscolare.
• L’esame articolare deve valutare : • •
colore, temperatura, conformazione, stabilità, punti dolorosi, ampiezza dei movimenti; va eseguito con l’ausilio di un goniometro, (che sarà di misura diversa a seconda delle articolazioni che si vanno a valutare) partendo da posizioni di riferimento e confrontando i gradi rilevati con quelli medi fisiologici. La motilità passiva deve sempre essere comparata con quella attiva, per identificare l’origine della limitazione e impostare un trattamento adeguato.
•L’ESAME MUSCOLARE
L’esame muscolare deve valutare : trofismo tono forza stato di contrazione muscolare Il trofismo muscolare (stato di nutrizione del muscolo) può essere valutato confrontando il volume o la circonferenza di un arto o di un segmento corporeo con quella del controlaterale. Il tono muscolare può essere definito clinicamente come la resistenza che si incontra alla mobilizzazione passiva di un arto rilasciato; altre definizioni indicano il tono muscolare come uno stato di tensione e di continua attività muscolare, ed è variabile da individuo a individuo. Nella pratica clinica il tono può essere valutato in due modi. Il primo consiste nell’afferrare l’arto rilasciato del paziente e cercare di muoverlo, misurando lo sforzo necessario a vincere la resistenza.
Il secondo consiste nell’ osservare come un arto risponde quando viene mobilizzato o rilasciato improvvisamente; quanto maggiore è la resistenza al movimento (e quindi maggiore il tono muscolare), tanto maggiore sarà il comportamento rigido dell’arto. La forza muscolare deve essere valutata nell’opposizione alla forza di gravità e contro una resistenza attiva. l’esame della forza muscolare si valuta mediante una specifica scala di valutazione con un punteggio che va da 0 a 5 0 : assenza di contrazione muscolare; 1. contrazione non in grado di provocare movimento (contrazione isometrica); 2. contrazione che produce movimento per tutta l’ampiezza articolare, ma non contro gravità; 3. contrazione che genera movimento per tutta l’ampiezza articolare contro gravità; 4. contrazione che produce movimento per tutta l’ampiezza articolare contro gravità e contro modica resistenza; 5. contrazione che genera movimento per tutta l’ampiezza articolare, contro gravità e contro massima resistenza.
LA MANO PARALITICA
paralisi spastica (esiti di cerebropatia infantile)
LA MANO PARALITICA
• Si distinguono due forme: paralisi flaccida (secondaria a
lesioni dirette dei nervi periferici) paralisi spastica secondaria a danni del S.N.C. (paralisi infantili, ictus, traumi cranici).
• Nella paralisi flaccida la lesione può • • • •
dipendere: da una lesione di un nervo periferico da una malattia del nervo (diabete,siringomielia) da una compressione che si esercita sul nervo (neuropatia del nervo ulnare o la sindrome del tunnel carpale) da una compressione sulle sue radici come per l’ernia del disco cervicale o da un tumore che lo comprime o si sviluppa dentro di esso (neurinomi – swannomi).
PLESSO BRACHIALE • Il plesso brachiale è costituito dai rami
• • • •
anteriori delle ultime quattro radici cervicali (C5(C5-C6 C6--C7 C7--C8) e della prima radice toracica (T1). Piu’ precisamente è costituito: dalle radici C5 e C6 che si uniscono a formare il Tronco Primario Superiore (TPS), (TPS), dalla radice C7 che continua direttamente nel Tronco Primario Medio (TPM), dalle radici C8 e T1 che si uniscono a formare il Tronco Primario Inferiore (TPI).
TPS TPM TPI
TPS
TPM TPI
• Ogni tronco da poi origine a due rami, uno anteriore • • • • •
ed uno posteriore. I rami anteriori del Tronco Primario Superiore e del Tronco Primario Medio si uniscono a formare il Tronco Secondario Antero Esterno (TSAE). (TSAE). Mentre il ramo anteriore del Tronco Primario Inferiore si continua direttamente nel Tronco Secondario Antero Interno (TSAI). (TSAI). I tre rami posteriori dei tronchi primari si riuniscono a costituire il Tronco Secondario Posteriore (TSP). (TSP). I tronchi secondari danno origine ai rami terminali del plesso. Il TSAE da origine al nervo muscolocutaneo ed alla cosiddetta branca superficiale o esterna del nervo
mediano.. mediano
• Il TSAI da origine al nervo ulnare ed alla branca
• Le cause delle lesioni traumatiche del plesso brachiale possono essere dirette ed indirette.
• cause dirette quelle che portano ad una lesione
•
del plesso brachiale agendo direttamente sullo stesso: come le contusioni, le compressioni causate da ematomi o da fratture, le lesioni iatrogene, oppure le lesioni aperte come le ferite da taglio e le ferite d'arma da fuoco cause indirette sono invece quelle che, con un meccanismo di stiramento che avviene a distanza dal plesso, sono in grado di produrre rotture o avulsioni radicolari. In questo caso si tratta sempre di lesioni chiuse. Sono le più numerose, e il meccanismo di lesione più frequente è come detto, uno stiramento brusco, che provoca l'aumento della distanza acromioacromio-mastoidea che causa una lesione
Lesioni del plesso brachiale • Da trazione acuta • Compressive • Invasione neoplastica • Immunologiche • - amiotrofia nevralgia • - da iniezione di eroina
paralisi flaccida (esiti di lesione del plesso brachiale)
•le lesioni del plesso brachiale si dividono in: • Lesioni sopraclaveari • Lesioni infraclaveari:
• Lesioni sopraclaveari • il plesso brachiale nella sede sopraclaveare
costituisce una figura geometrica assimilabile ad un triangolo rettangolo il cui lato maggiore è l'asse verticale che congiunge le radici (lato paravertebrale), il lato inferiore corrisponde al Tronco Primario Inferiore, mentre l'ipotenusa è costituita dal margine laterale del Tronco Primario Superiore. Considerando come punti fissi per il plesso i forami di coniugazione prossimalmente ed il passaggio sottoclaveare più distalmente, ogni trauma che provoca un brusco aumento dell'angolo tra la colonna cervicale e la spalla, può facilmente provocare lesioni a carico del plesso brachiale in questa sede.
• E' tipica la lesione da caduta dalla motocicletta in cui un forte impatto contro il terreno provoca un brusco aumento dell'angolo suddetto con ripercussioni gravi sulle strutture anatomiche del plesso. Possono essere suddivise in pregangliari (avulsioni) o postgangliari, a livello dei tronchi primari (spazio
• Lesioni infraclaveari: infraclaveari: • Sono lesioni postgangliari per
definizione, e possono occorrere nei tronchi nervosi secondari o nei rami nervosi terminali. Soprattutto le cadute con un aumento brusco dell'angolo scapolo omerale provocheranno lesioni a livello di tale porzione più distale del plesso. Lesioni a doppio livello. livello. (corrispondono al 5% del totale delle
• Lesioni a doppio livello. livello. Un ramo terminale nervoso a livello muscolare, come ad esempio il nervo circonflesso a livello del deltoide oppure il nervo muscolocutaneo all'entrata nel muscolo coracobrachiale. Altro tipo frequente è l’associazione di una lesione di plesso alta e la rottura
• Dal punto di vista clinico si possono distinguere le seguenti entità:
• Paralisi C5C5-C6
Paralisi C5C5-C6C6-C7 Paralisi isolata C7 (molto rara) Paralisi C8C8-T1 (molto rara) Paralisi C7C7-C8C8-T1 (relativamente rara) Paralisi Totali (C5(C5-T1) Paralisi del Tronco Secondario Posteriore (TSP) Paralisi del Tronco Secondario Antero Esterno (TSAE) Paralisi del Tronco Secondario Antero Interno (TSAI)
• Paralisi C5C5-C6: C6: deficit di abduzione ed
extrarotazione della spalla; deficit della flessione di gomito; deficit di supinazione. Paralisi C5C5-C6C6-C7: come la paralisi C5C5-C6 con associata la paralisi del muscolo tricipite e dei muscoli estensori del polso. Paralisi Totale: Totale: deficit completo della muscolatura dell'arto superiore, è importante la valutazione dei muscoli prossimali (muscoli romboidi, muscolo gran dentato, muscolo diaframma). Paralisi del Tronco Secondario Posteriore: Posteriore: paralisi completa del nervo radiale e del nervo circonflesso; per individuare il livello della lesione è fondamentale la presenza o meno del muscolo gran dorsale, il cui ramo nervoso (nervo toracodorsale) parte dal tronco secondario posteriore.
• Paralisi del Tronco Secondario Antero
Esterno: caratterizzata dal deficit di flessione del gomito e dal deficit del muscolo pronatore rotondo e del flessore radiale del carpo, in genere questi due ultimi muscoli sono innervati dal ramo esterno (superiore) del nervo mediano. L'esame della sensibilità sarà di notevole aiuto per formulare una diagnosi di livello. Paralisi del Tronco Secondario Antero Interno: piuttosto rara, simula una paralisi del nervo mediano e del nervo ulnare. In questi casi sarà presente la pronazione attiva dell'avambraccio assicurata dal muscolo pronatore rotondo, innervato dalla
NERVO MEDIANO
fibre motorie da C6 a T1 e fibre sensitive da C6-C8
Una lesione del Nervo Mediano può essere dovuta a: -una frattura dell’omero -una lussazione del gomito -una frattura distale del radio, -una lussazione del semilunare all’interno del canale carpale -ad una lesione da taglio (vetri o lame) a livello volare del polso.
• Le sindromi canalicolari che interessano il Mediano possono verificarsi al canale carpale (sindrome del tunnel carpale), o all’altezza del pronatore rotondo (Sindrome del pronatore). Anche in questo caso i deficit motori, più o meno importanti, sono in relazione al livello di lesione del nervo.
• Le lesioni basse avvengono generalmente nella porzione volare del polso e sono spesso associate a lesioni dei tendini flessori, (in particolare nelle lesioni da taglio).
• Nelle lesioni del nervo mediano oltre al deficit sensitivo si evidenzia una atrofia dei muscoli tenar con deficit dell’opposizione del pollice nelle lesioni basse; • si associa un deficit della flessione della IF del pollice e del 2° dito e parziale del 3° dito nelle lesioni alte.
La perdita della funzione motoria riguarda: - L’opponente
- L’abduttore breve del pollice (ABP) - Il flessore breve del pollice (capo superficiale FBP) - Il 1° e 2° lombricale La caratteristica deformità associata alla lesione bassa del nervo mediano è definita “Mano da Scimmia” in quanto la colonna del pollice tende ad andare in retropulsione portandosi sullo stesso piano della mano. Il deficit motorio comporta la perdita
dell’opposizione e dell’abduzione palmare del pollice.
paralisi del muscolo Opponente
paralisi del muscolo adbuttore breve del pollice
La mancanza dei muscoli tenar provoca la chiusura della prima commissura e la difficoltà a compiere una presa termino-terminale tra il pollice e il secondo dito. Chiusura della prima commissura
Deficit nella presa termino-terminale tra pollice e indice; la pinza di destra normale, riesce a formare una "O", la sinistra solamente "D".
• In alcuni casi il muscolo opponente non è
•
completamente paretico grazie alla presenza di un’anastomosi tra nervo ulnare e mediano, così che il movimento di opposizione viene parzialmente mantenuto La deformità legata a questa lesione è chiamata “Mano Mano del Predicatore” Predicatore per la posizione del pollice retroposto e una estensione, quasi completa, del secondo e terzo dito. Il movimento di pronazione dell’avambraccio risulta indebolito ma parzialmente presente (fino alla posizione intermedia), grazie all’azione del BR che è innervato dal Radiale; anche la flessione del polso è limitata e avviene in deviazione ulnare per la presenza del FUC innervato dall’ulnare.
• La flessione attiva della interfalangea del pollice è perturbata per la paralisi del FLP come del resto anche quella della IFP e IFD del secondo dito a causa della paralisi dei flessori estrinseci; la flessione delle metacarpo falangee viene preservata dalla presenza dei muscoli interossei (Ulnare), mentre la chiusura del terzo dito può avvenire grazie al ventre muscolare comune del FPD del 3° 4° e 5° dito.
Mano del Predicatore da lesione Nervo Mediano.
NERVO RADIALE
(C8(C8-T1)Branca maggiore del plesso brachiale ed è il tratto terminale del ramo posteriore
Il radiale è il nervo motore dell’estensione del gomito, del polso e delle dita, per cui una sua lesione determina il deficit dell’estensione che in base al livello di lesione può interessare le varie funzioni con il quadro clinico “della della mano cadente” cadente e con anestesia sul dorso dell’avambraccio mano e 1° spazio.
• Possiamo distinguere le lesione del nervo radiale a secondo del livello di lesione in alte e basse: basse 1) arto superiore con interessamento delle branche per il tricipite; 2) interessamento dell’arto distalmente alla branche per il tricipite e prossimalmente alla sua divisione nel nervo interosseo posteriore e nei rami sensitivi del radiale; 3) terzo superiore dell’avambraccio a livello del nervo interosseo posteriore; 4) terzo medio dell’avambraccio; 5) a livello del polso e della mano.
• La paralisi del Nervo Radiale può
essere causata da diversi fattori quali:
• una frattura dell’omero, • una frattura lussazione del gomito, • una frattura del terzo superiore del
radio, • una compressione a livello posteriore dell’avambraccio, meglio nota come sindrome del tunnel radiale (Roles e Mausley).
• La perdita più o meno estesa delle funzioni motorie e sensitive è in
relazione al livello di lesione del nervo.
Lesioni alte: è la lesione che si verifica con maggiore frequenza ed è causata generalmente dalla frattura dell’omero a livello della doccia di torsione. In questo caso l’estensione del gomito viene salvaguardata grazie alla branca motoria del tricipite che è generalmente più prossimale rispetto al focolaio di frattura.
• La paralisi motoria interessa:
- L’estensore radiale lungo e breve del carpo (ERLC, ERBC) - L’estensore ulnare del carpo (EUC) - L’estensore comune delle dita (ECD) - L’estensore proprio del 2° e 5° dito (EPI, EPM) - L’estensore breve e lungo del pollice (EBP, ELP) - L’abduttore lungo del pollice (ALP) - Il brachio-radiale e il supinatore breve (BR, SB)
MANO RADIALE
L’atteggiamento classico associato alla lesione del Nervo radiale è la “Mano Cadente” causata dalla completa paralisi di tutto l’apparato estensore
• Il paziente non è in grado di estendere
attivamente il polso e le dita per effettuare la presa di un oggetto, è quindi costretto ad oltrepassarlo e retrocedere subito dopo per poter compiere il gesto. Anche le prese di forza sono estremamente difficoltose poiché la mancanza degli estensori del polso non permette la stabilizzazione di questo in una posizione funzionale. Il rilascio di un oggetto, quindi l’estensione delle MF, avviene mediante la flessione attiva del polso, il quale mette in tensione l’ECD per effetto tendesi.
• Lesioni basse:
Corrispondono generalmente ad una lesione della branca motoria posteriore all’avambraccio (nervo interosseo posteriore NIP), non causa alterazioni della sensibilità, mentre il deficit motorio riguarda gli estensori delle dita lunghe e l’abduttore del pollice. L’estensione del polso è parzialmente preservata, ma avviene in deviazione radiale per l’azione dell’estensore radiale lungo del carpo (a volte viene risparmiato anche l’ERBC). L’estensore ulnare del carpo è paralizzato mentre l’azione del brachio-radiale rimane integra.
NERVO ULNARE
(C8(C8-T1) nervo terminale maggiore del ramo mediale del plesso brachiale
• La lesione del Nervo Ulnare è spesso • • • •
associata: a fratture dell’epicondilo mediale dell’omero a fratture dell’olecrano, A lesioni da taglio nella porzione volare del polso (simili a quelle descritte per il Mediano). Le compressioni possono avvenire distalmente al canale di Guyon o prossimamente al tunnel cubitale.
• Anche in questo caso avremo una
suddivisione delle zone di lesione con differenti quadri clinici.
• La distinzione delle paralisi del nervo ulnare
•
in Alte e Basse, Basse a seconda del livello di lesione prossimale o distale all’emergenza dei rami per il muscolo flessore ulnare del carpo e flessore profondo del 4° e 5° dito, è valida anche ai fini del trattamento palliativo, per le diverse esigenze ricostruttive. Nelle paralisi alte, alte la presenza del solo flessore superficiale delle due ultime dita ulnari e del flessore radiale del carpo comporta un deficit della forza di presa clinicamente più rilevante della deformità ad artiglio.
• Nelle paralisi basse tale deformità rappresenta invece il problema più sentito per il deficit dei muscoli intrinseci ed ipotenar della mano.Tale atteggiamento ad artiglio si realizza in seguito allo stiramento della placca volare della MF, che, non più sostenuta dai flessori intrinseci paralitici, si iperestende gradualmente sotto la tensione costante esercitata dagli estensori estrinseci.
L’anestesia si evidenzia al lato ulnare del 4° dito e 5° nelle lesioni basse e si estende al dorso del 5° dito nelle lesioni alte.
• La paralisi motoria riguarda: - L’abduttore del 5° dito - L’opponente del 5° dito - Flessore breve del mignolo (FBM) - Il 3° e 4° lombricale - Gli interossei palmari e dorsali - Il fascio profondo del flessore breve del pollice (FBP) - L’adduttore del pollice (AP)
La perdita dell’equilibrio tra muscolatura estrinseca ed intrinseca causa la deformità della “mano ad Artiglio”. Questo atteggiamento è caratterizzato da una iperestensione delle MF, una flessione delle IF e in molti casi da una leggera iperestensione della MF del pollice.
Deformità ad Artiglio tipica delle lesioni basse del Nervo Ulnare
Deformità ad artiglio; si può osservare bene l'iperestensione della MF e la Flessione delle IFP e IFD
Siccome l’estensore comune delle dita e quello proprio del mignolo, che agiscono principalmente sulle MF, non sono più equilibrati dagli interossei e dai lombricali ulnari, (flessori della prima falange ed estensori della seconda e terza), si avrà una iperestensione delle MF, mentre la flessione delle due interfalangee è dovuta ad un effetto tenodesi e al normale tono muscolare dei flessori estrinseci. Il secondo e terzo dito generalmente non assumono la posizione ad artiglio grazie alla funzione dei lombricali radiali (innervati dal mediano), i quali riescono a vicariare l’azione persa degli interossei.
Un dato clinico evidente è la depressione a livello dorsale che si può osservare tra il primo e il secondo metacarpo( 1° commissura) per la paralisi dell’adduttore del pollice e del primo interosseo.
Per questo motivo le prese termino-laterali risultano inefficaci ed il paziente tenta di afferrare l’oggetto utilizzando il flessore lungo del pollice (Segno di Froment).
Segno di Froment: il paziente sfrutta la contrazione del FLP per afferrare il pezzo di carta
L'immagine in alto mostra il normale movimento di una mano che afferra un oggetto, la foto in basso il movimento di chiusura di una mano con lesione del Nervo Ulnare.
•ICTUS
ICTUS • “ segno clinico a rapida evoluzione
di deficit focale della funzione cerebrale ad insorgenza improvvisa, di presumibile origine vascolare e di durata superiore alle 24 ore”. • L’ictus così definito comprende : • Ictus ischemico (trombo (trombo--embolico) • Emorragia cerebrale spontanea
• Dal punto di vista clinico e anatomo-patologico : anatomo• Ischemico (nel 7070-80% dei casi) • Emorragico (nel rimanente 202030% dei casi).
EZIOPATOGENESI • Il substrato patologico dell’ischemia cerebrale è
rappresentato: trombosi/embolia,, quando questi provocano la stenosi trombosi/embolia o l’occlusione di un’arteria e per sua rapida instaurazione o per cattivo funzionamento delle anastomosi del circolo cerebrale, dà origine ad una condizione di ischemia. ipoperfusione critica che si realizza allorquando la pressione di perfusione scende al di sotto di un valore soglia che non può più essere corretto dai meccanismi di autoregolazione e provocando un infarto dei territori di confine tra le principali branche arteriose cerebrali (i cosiddetti infarti watershed”).
La causa principale delle occlusioni trombotiche è l’arteriosclerosi.. l’arteriosclerosi La causa più frequente di embolia cerebrale è la fibrillazione atriale.
Genesi dell’ictus emorragico • L’ictus emorragico (o stroke emorragico) è provocato
• • • • •
dalla rottura di un vaso, per lo più di un’ arteria, dovuta ad un’alterazione congenita o acquisita della parete vasale,che dà origine ad uno stravaso di sangue nel parenchima cerebrale, che si comporta come lesione occupante spazio. Le cause che più frequentemente sono alla base della rottura di un vaso sono : arteriolopatia degenerativa, da ipertensione arteriosa di lunga durata. malformazioni arteroartero-venose che interessano per lo più la sostanza bianca degli emisferi cerebrali; aneurismi arteriosi intracranici, che interessano principalmente gli spazi subsub-aracnoidei ma anche il parenchima cerebrale.
la sintomatologia dell’ictus • Ipostenia facciale o asimmetria • Coordinazione, debolezza, paralisi o perdita della • • • • • • • •
sensibilità a uno o più arti (solitamente ad un emisoma). Afasia o altri disturbi delle funzioni superiori. Disartria. Alterazioni dello stato di coscienza: Stato soporoso o coma Confusione o agitazione Crisi convulsive. Atassia, disturbo dell’equilibrio, impaccio, difficoltà a camminare. Perdita del visus (mono o bioculare, in una parte del campo visivo). Vertigini, diplopia, perdita unilaterale dell’udito, nausea, vomito, cefalea, fotofobia, Fonofobia
• SPASTICITA’ • È un fenomeno riflesso che si realizza in seguito a
•
• • • •
lesioni del sistema piramidale, ed è una delle caratteristiche fondamentali di una sindrome del primo motoneurone. Può essere definita come l’aumento velocitàvelocitàdipendente della resistenza allo stiramento passivo di un muscolo, che si accompagna ad un aumento della vivacità dei riflessi tendinei. Tale condizione si riconosce clinicamente per la presenza di : 1 ) caratteristico pattern di coinvolgimento di determinati gruppi muscolari; 2 ) aumentata risposta del muscolo allo stiramento; 3) marcato aumento dei riflessi tendinei.
• La spasticità interessa essenzialmente i muscoli •
antigravitari, i flessori degli arti superiori e gli estensori degli arti inferiori. Di conseguenza, le braccia tendono ad assumere una postura in flessione e pronazione, mentre le gambe sono di solito estese e addotte. Questa postura è comunemente osservata (dal lato affetto), in pazienti emiplegici in seguito a stroke. In presenza di spasticità, di entità tale da indurre dolore o compromettere la ripresa funzionale, è indicato un trattamento miorilassante, in particolare la chemodenervazione locale attraverso l’impiego della tossina botulinica permette, oltre a ridurre l’ipertono nei segmenti infiltrati, di migliorare le prestazioni funzionali degli arti interessati.
POTENZIALITA’ RECUPERATIVE • La possibilità di sfruttare le potenzialità • •
•
recuperative del paziente neurologico dipende non solo dalla qualità del trattamento rieducativo, ma anche soprattutto dall’assistenza che riceve in reparto nei primi giorni dall’evento acuto. Infatti gran parte degli insuccessi sono dovuti ad una serie di interventi errati che molto spesso ostacolano il recupero. Alcuni particolari posizionamenti, miranti al contenimento di eventuali danni terziari articolari e muscolomuscolo -legamentosi che si presentano in fase acuta, possono essere causa di danni peggiori per il paziente. Sono da evitare le iperiper-correzioni (tavoletta sotto al piede per correggere l’equinismo, splint per la mano per contenere la flessione delle dita) in quanto possono facilitare lo scatenarsi di reazioni abnormi allo stiramento dei muscoli interessati (gastrocnemio(gastrocnemio-soleo e flessori del polso e delle dita).
• L’approccio di iperiper-correzione, ripreso
dalla prassi ortopedicoortopedicotraumatologica, è risultata in passato, utile solo perché al paziente non veniva proposta nessuna altra esperienza postpost-lesionale evoluta. • L’uso di palline da tennis od oggetti simili da porre nella mano del paziente, sono da escludere in quanto favoriscono il fenomeno del graspinggraspingreflex.
RIEDUCAZIONE AL MOVIMENTO • posizionamento del paziente (igiene posturale)
• •
mobilizzazione secondaria, al fine di minimizzare il rischio individuale delle complicazioni più frequenti (contratture, infezioni delle vie respiratorie, sindrome della spalla dolorosa, vizi posturali, piaghe da decubito). E’ opportuno stimolare ed incoraggiare i pazienti con ictus alla partecipazione alle attività quotidiane e promuovere l’abbandono precoce del letto mediante: interventi di “verticalizzazione precoce” l’acquisizione dell’allineamento in posizione seduta entro il terzo giorno, se non sussistono controindicazioni al programma, poiché sia la rieducazione del controllo posturale che della deambulazione beneficiano di interventi riabilitativi precoci.
• Nel raggiungere questo obiettivo è necessario l’utilizzo di •
• • • •
tecniche orientate all’apprendimento di sequenze motorie nel contesto abituale del paziente. Sia nella fase acuta che in quella postpost-acuta, è sempre opportuna la verifica dei fattori potenzialmente responsabili di una sindrome dolorosa cronica dell’arto superiore. Il recupero funzionale dell’arto superiore rappresenta un obiettivo a breve e medio termine del progetto riabilitativo. Per il recupero funzionale sono globalmente indicate tecniche di integrazione sensitivosensitivo-motoria. A tal proposito alcuni vantaggi in pazienti selezionati possono derivare da approcci di uso forzato indotto da immobilizzazione dell’arto sano (Constraint Movement Therapy).
• Nelle fasi precoci postpost-ictus è opportuno attuare
• •
il corretto posizionamento della spalla, l’utilizzo dei supporti morbidi e l’astensione da manovre di trazione della spalla plegica. L’elettrostimolazione transcutanea (TENS) associata ad esercizi mirati per il recupero funzionale dell’arto superiore, consente di ottenere un miglioramento dell’escursione articolare scapoloscapoloomerale. Nei casi di persistente e rilevante sintomatologia dolorosa a livello della spalla, sarebbe indicato un trattamento miorilassante associato ad infiltrazioni locali di farmaci steroidei.
LA MOBILIZZAZIONE • E’ controindicata la mobilizzazione passiva, rapida o
• • •
incauta (forzature oltre il “range” articolare normale) in quanto può provocare danni alle articolazioni che soprattutto in fase flaccida, non sorrette da un adeguato tono muscolare, possono andare incontro a paraosteotomie. In particolare è da evitare l’abduzione dell’arto superiore, poiché può risultare molto dolorosa e potrebbe provocare sublussazioni. Nel trattamento riabilitativo dell’emiplegico la mobilizzazione è di fondamentale importanza, in quanto permette di mantenere integre le funzioni muscolare ed articolare, previene il formarsi di deformità e l’instaurazione della sindrome da immobilità e mantiene efficiente la circolazione.
IL CARICO PRECOCE • Non bisogna richiedere un carico
precoce sugli arti paretici. • Si dice precoce il carico proposto prima che il paziente abbia recuperato una efficace flessione plantare del piede. La valutazione della flessione plantare va fatta in posizione seduta e non in decubito supino, in quanto in quest’ultima posizione si possono evocare fenomeni di irradiazione abnorme o reclutamento di schemi
DEAMBULAZIONE E RISCHIO E PREVENZIONE DELLE CADUTE
• La deambulazione del paziente
emiplegico presuppone necessariamente un buon controllo della posizione eretta, ed una sufficiente stabilizzazione posturale, per cui il paziente soltanto dopo aver imparato a “sorreggere” il proprio peso, può muovere i primi passi.
• Va sempre tenuto presente che fra i soggetti che • • •
•
hanno ripreso a camminare dopo un ictus, è opportuno: identificare i pazienti a rischio cadute; attuare un trattamento riabilitativo specifico; adottare modifiche ambientali per prevenire le cadute, attraverso la facilitazione dell’accessibilità ai servizi igienici, il miglioramento dell’illuminazione, il trattamento dei pavimenti scivolosi e l’aumento della sorveglianza. Le cadute rappresentano un evento di rilevanza anche grave che può realizzarsi nel corso del recupero. Si verificano con una frequenza variabile (20(20-50% nelle varie casistiche), ma fortunatamente con una non elevata percentuale di eventi fratturativi.
EMIPLEGIA • Il trattamento dell'emiplegia non è una
•
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serie di esercizi isolati svolti in una sequenza preordinata, ma è una sequenza di attività finalizzate che si susseguono per recuperare certe funzioni. La riabilitazione inizia il giorno del ictus e non solo quando il paziente si è ripreso in modo da poter tornare a casa sua. Anche se il paziente è anziano, l'età non dovrebbe escluderlo da un piano di trattamento attivo e vasto. E' stato approvato che la senilita’ non è una condizione che impedisce la riabilitazione e il recupero. .
• Non esistono regole assolute che possano
•
essere applicate indifferentemente a tutti i pazienti. Tutto quello che contribuisce a consentire al paziente di apprendere una nuova abilità o di muoversi in modo più normale può essere senz'altro inserito nel piano di trattamento. E' stato dimostrato che la riabilitazione è più efficace quando il paziente viene seguito da fisioterapista a domicilio, anziché presso un centro riabilitativo che rappresenta un ambiente artificiale, in cui si sente isolato e spersonalizzato.
• Occorre capire, che il recupero o il miglioramento delle attività dopo un ictus raramente avviene entro i primi 33-6 mesi. E' stato riportato il recupero dell'attività e il miglioramento dell'abilità funzionale in pazienti a più di 5 anni dall'ictus.
La Mano • si ottiene creando Funzionale delle retrazioni a carico dei muscoli flessori lungo e breve delle dita e del pollice. Se a livello del polso l’estensore radiale del carpo non è presente o è inferiore a forza 3, bisogna utilizzare un’ortesi per stabilizzarlo e per favorire la capacità di presa. • Accorciamenti muscolari, stiramenti capsulocapsulo -legamentosi e muscolari inappropriati e contratture a carico dell’arto superiore vanificano il lavoro effettuato per migliorare l’autonomia del paziente.
• I fattori che favoriscono le deformità sono:
• • Compromissione del movimento attivo • • Squilibrio muscolare (agonisti(agonistiantagonisti) • • Alterazione del tono muscolare • • Presenza di traumi e/o stati flogistici (POA) • • Alterazione della sensibilità
• Nel periodo immediatamente successivo all’evento morboso si possono ottenere le maggiori modificazioni a carico delle strutture muscolomuscolo-tendinee e quindi è ancora più necessario attuare tutti gli interventi mirati alla prevenzione di retrazioni muscolari e capsulocapsulo-legamentose e allo sviluppo della mano funzionale. • Per fare questo va attuato un posizionamento adeguato degli arti superiori e delle mani nell’arco delle ventiquattr’ore.
•Le posture devono essere variate con una frequenza di 22-4 ore
•risultare stabili, sicure e confortevoli
per il paziente, con una buona distribuzione dei punti di appoggio, adeguate al livello neurologico della lesione, alla presenza di traumi associati ed all’utilizzo dei diversi ausili ed ortesi ortesi..
• • •
•
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Valutazione dell’arto superiore Spalla : articolazione chiave del braccio in quanto ha il preciso scopo di posizionare il braccio e la mano nello spazio Gomito:: il significato funzionale del Gomito gomito è quello di posizionare la mano nello spazio, permettendo di allontanare e/o avvicinare il polso al corpo per controllare la posizione della mano sul piano trasversale con movimenti di pronoprono-supinazione Polso:: è indispensabile per ottenere una Polso mano funzionale; ha una doppia funzione di controllo del movimento e di stabilizzazione della postura richiesta Mano:: indispensabile per la Mano manipolazione.. manipolazione
Livelli lesionali • I livelli più alti (C3 e C4), se completi, sono caratterizzati da assenza di recupero neuroneuromotorio e quindi con dipendenza totale.
• Il livello C5 consente l’ottenimento •
della mano funzionale passiva: passiva: il palmo della mano e le dita acquistano funzione di presa nell’atto della supinazione supinazione,, il pollice è flessoflesso-addotto. La supinazione dell'avambraccio provoca l'estensione del polso con chiusura della mano
La supinazione è un movimento attivo
• Pronando l’avambraccio si apre la mano ed il pollice si estende ed abduce. Non vi è capacità di presa sufficientemente forte e il paziente necessiterà di ortesi per la stabilizzazione del polso. La pronazione dell'avambraccio determina la flessione del polso con apertura della mano
la pronazione per la maggior parte è passivo (slancio).
• Il livello C6 è caratterizzato dalla
presenza della mano funzionale attiva • la funzione di presa si ottiene con l’estensione attiva del polso, con conseguente chiusura delle dita e flessione del pollice fino a toccare l’indice (presa a pinza laterale). l’estensione del polso determina la chiusura del pugno L’estensione è in questo caso un movimento attivo
• A livello C7 è importante valutare la presenza degli estensori che impediscono l’accorciamento dei flessori delle dita; • se sono presenti solo gli estensori si favorirà la retrazione dei flessori • se sono presenti estensori e flessori si procederà ad esercizi di rinforzo ed allenamento nelle AVQ. •.
la flessione del polso determina l'apertura della mano ed è per la maggior parte un movimento passivo
• A livello C8 è possibile ottenere la mano attiva se i flessori hanno almeno forza 33-4; • la presenza di deficit stenico nei movimenti fini delle dita costringerà spesso il paziente ad utilizzare impugnature ingrandite, prese grossolane e leggere per lo svolgimento delle attività della vita quotidiana.
POSIZIONAMENTO DEGLI ARTI SUPERIORI • SPALLA E BRACCIO • Per il paziente tetraplegico le posizioni
• •
corrette degli arti superiori sono importantissime e vanno impostate sin dal momento dell’instaurarsi dell’evento morboso, durante le cure intensive in Unità Spinale Unipolare. Gli obiettivi principali sono: evitare le retrazioni della muscolatura della spalla, evitare le contratture e i dolori. Il posizionamento viene attuato sia nel paziente con lesione completa che incompleta.
• In tutte le posizioni l’arto superiore viene posizionato su un cuneo in gommapiuma, la mano su un cuscino. In questo modo la testa dell‘omero rimane centrata nell‘articolazione della spalla e non viene spinta in avanti. • Tempi di posizionamento: sin da subito, durante le cure intensive e per tutto il periodo in cui il paziente tetraplegico resta a letto
posizione errata
posizione corretta
GOMITO • Particolare attenzione deve essere rivolta al
•
posizionamento del gomito: per il raggiungimento della massima autonomia è indispensabile evitare le retrazioni in flessione e recuperare il più possibile l’estensione. Ad esempio: l’estensione completa del gomito è indispensabile sia per effettuare i trasferimenti (qualora sia assente il tricipite) sia per la spinta in carrozzina, che risulta compromessa in presenza di una riduzione dell’estensione stessa del gomito.
• Posizionamento: se il tricipite possiede
• •
forza inferiore a 3 o se il bicipite è in ipertono è necessario mantenere l’estensione completa del gomito; al bisogno stabilizzare con un cuscino fissato intorno al braccio oppure utilizzare una ortesi in termoplastica in grado di portare il gomito in estensione. Se c’è flessione attiva non è necessario il posizionamento in flessione. Tempi di posizionamento: sin da subito, durante le cure intensive e per tutto il periodo in cui il paziente tetraplegico resta a letto; inoltre va curata e reimpostata
• POLSO E DITA • Gli scopi principali del posizionamento
•
corretto sono quelli di evitare sia le contratture al polso, alle articolazioni metacarpofalange e alle interfalangee, che le retrazioni dei muscoli estensori delle dita che sono causa di importanti deformità alle mani ( mano ad artiglio e mano piatta). Si deve invece ottenere l’accorciamento dei muscoli flessori delle dita per favorire la
Posizionamento polso • Se la forza dell’estensione del polso è: • - inferiore a 3: ortesi di stabilizzazione nell’arco delle 24h • - tra 3 e 4: polsiera oppure ortesi di stabilizzazione nei tempi di riposo • - superiore a 4: libere • Tempi di posizionamento: sicuramente per un anno, probabilmente per sempre, così da dare sostegno e quindi maggior efficacia all’azione della mano.
LA MANO FUNZIONALE
• Se la mano non viene posizionata bene assume queste posizioni non funzionali: AD ARTIGLIO
PIATTA
Lo sviluppo della mano funzionale è un caposaldo nella fase iniziale del trattamento del paziente con tetraplegia. • La Mano Funzionale è una mano che, in assenza di una capacità muscolare attiva prensoria, deve essere in grado di eseguire prese leggere, funzionali e utili nel quotidiano, attraverso una tenodesi dei muscoli flessori delle dita e del pollice; deve essere supportata o dalla presenza dell’estensore radiale del carpo o da una ortesi che, stabilizzando il polso, permetta l’utilizzo della mano funzionale passiva attraverso l’attività del bicipite.
• il posizionamento deve favorire alcuni importanti
• • • •
cambiamenti dei tessuti e della muscolatura per permettere l’effetto “tenodesi” e offrire la possibilità di prese monolaterali. Deve: - favorire l’accorciamento dei muscoli flessori delle dita e del pollice - impedire l'accorciamento dei muscoli estensori delle dita - impedire l'accorciamento dei legamenti collaterali delle articolazioni del polso e delle dita (in particolare delle articolazioni metacarpo falangee) così da mantenere l'ottimale mobilità delle articolazioni
• L’accorciamento dei muscoli deve essere reversibile nel
•
•
•
caso di un eventuale recupero della motilità delle dita o nel caso di un intervento chirurgico (chirurgia funzionale). E’ quindi indispensabile la valutazione settimanale del terapista occupazionale, attraverso l’esame muscolare che deve essere ripetuto regolarmente durante i primi 4-5 mesi dall’instaurarsi dell’evento morboso. Lo sviluppo della mano funzionale viene accompagnato dagli esercizi quotidiani con le attività terapeutiche da proporre al letto durante la fase iniziale ( in cure intensive, se possibile) e soprattutto in carrozzina durante la fase di riattivazione del paziente. I primi esercizi di prensione vengono eseguiti con oggetti di diversa dimensione e fattezza con i quali il paziente sperimenta le varie prese possibili.
IL POSIZIONAMENTO DELLA •MANO Scopo: preparazione della mano funzionale passiva (C4(C4-C5) o della mano funzionale attiva (C6 con estensore radiale del carpo a 11-2 in fase iniziale)
• Stabilizzare il polso per mezzo di
un’ortesi (polsiera in termoplastica dorsale o polsiera volare in materiale morbido con anima in alluminio regolabile). Fissare le dita singolarmente con il cerotto di carta. Fissare il pollice all'indice se rimane in posizione abdotta.
• Indicazioni: • Innervazione presente: muscoli della • • • •
spalla e del gomito assente o parziale: muscoli del polso assente: muscoli delle dita - Livello lesionale C4: Se esiste la possibilità di una reinnervazione almeno del bicipite - Livello lesionale C5: presenza del bicipite
• Lesioni incomplete paragonabili • Polso: 30 30°° estensione • Dita: 90° 90° flessione metacarpo falangee e • • •
interfalangee prossimali, 0° 0° interfalangee distali Pollice: 00-30° 30° flessione della metacarpofalangea e 0° della interfalangea Tempi di posizionamento: nell’arco delle 24 ore
Posizionamento unicamente con cerotto di carta per la mano funzionale attiva (C6(C6-C7) • Indicazioni: • Innervazione presente: muscoli della spalla e del gomito, estensori del polso • assente: flessori delle dita • Scopo: preparazione della mano
funzionale attiva
Livello lesionale C6: con 3-4 di forza degli estensori del carpo posizionare con il cerotto di carta durante il giorno (di notte mantenere anche una stabilizzazione del polso con un’ortesi morbida); con forza 4 posizionare con il cerotto di carta nell’arco delle 24 ore.
Livello lesionale C7: Innervazione degli estensori delle dita presente: controllare bene la flessione delle articolazioni metacarpo falangee a 90°.
• Livello lesionale C8: se la forza dei flessori è inferiore a 3 posizionare con il cerotto di carta
LE PRINCIPALI PRESE DELLA MANO FUNZIONALE • Il paziente inizia appena possibile
l’addestramento alle tecniche di presa nelle attività di vita quotidiana (AVQ), con le ortesi indicate per la mano funzionale e con gli ausili necessari. E’ compito del terapista occupazionale avviare questo training e seguirlo per tutto il periodo di riabilitazione, individuando anche le modalità che serviranno per il mantenimento a vita della mano funzionale attiva o passiva
PRESA CILINDRICA
PRESA DIGITO-PALMARE
PRESA INTRECCIATA
PRESA A GANGIO
PRESA INTERDIGITALE
PRESA LATERALE
LA MOBILIZZAZIONE PASSIVA DELLA MANO • Oltre al corretto posizionamento della
mano, gli operatori devono porre molta attenzione alle modalità di mobilizzazione passiva, che deve essere attuata nel modo corretto e con una frequenza sufficiente (più volte al giorno) per evitare le contratture articolari: • estensione delle dita con polso in flessione • flessione delle dita con il con il polso
• E' necessario che le mani vengano
• • • • • •
aperte secondo lo schema indicato anche durante la cura quotidiana per non stirare i flessori delle dita: - mentre si lavano le mani - nel vestire e svestire - nel mettere e togliere le ortesi e/o gli splint - nel trasferimento questa deve sempre essere la tecnica: estendere delicatamente le dita solo con il polso in flessione
L’ortesi posizionata male • L’ortesi messa troppo distale impedisce la
• •
flessione di 90° 90° delle metacarpometacarpo-falangee e determina l’accorciamento degli estensori delle dita. Questo errore provoca una chiusura incompleta o una mano ad artiglio. Per prevenire questo problema è importante realizzare l’ortesi con le misure corrette della mano del paziente: non deve essere troppo lunga nel palmo
GRAZIE PER L’ATTENZIONE