XLV Convegno SIDEA, Portici, 25-27 settembre 2008 Sessione parallela: “Bioenergie”
PRIME VALUTAZIONI SULL’IMPATTO DELLE PRODUZIONI AGROENERGETICHE IN SICILIA * Salvatore Bracco1, Gaetano Chinnici1, Davide Longhitano1, Fabio Gaetano Santeramo2 1 2
Dipartimento di Scienze Economico-Agrarie ed Estimative, Università degli Studi di Catania Dipartimento di Economia e Politica Agraria, Università “Federico II” di Napoli, Portoci Department of economics, Iowa State University, Ames - Iowa
1. INTRODUZIONE L’introduzione in Italia del disaccoppiamento totale degli aiuti comunitari prevista dalla riforma della Politica Agricola Comunitaria (PAC) del 2003 (Reg. CE 1782/2003) ha determinato, soprattutto nei primi anni di applicazione, nel settore dei seminativi, un ridimensionamento produttivo provocando una generale riduzione delle superfici utilizzate. La riforma, rivoluzionando le modalità di sostegno dell’intero settore agricolo, ha contribuito a determinare una situazione di incertezza nei rapporti tra gli operatori del settore primario e il nuovo contesto ambientale (Brunori et al., 2006). A tal proposito, notevoli sono i cambiamenti che negli ultimi anni hanno interessato il settore agricolo siciliano dove proprio la riforma della PAC ha aperto prospettive innovative ed in gran parte, ancora da esplorare per l’impresa agricola, la quale è chiamata ad operare le sue scelte in un quadro di convenienze economiche non più *
Gli autori desiderano ringraziare il prof. Biagio Pecorino del DISEAE dell’Università degli Studi di Catania e il dott. Bernardo Messina del Consorzio per la di ricerca su specifici settori della filiera cerealicola siciliana “G.P. Ballatore” per gli utili suggerimenti forniti in merito alla tecnica di coltivazione ed ai costi di produzione della Brassica carinata; la dott.ssa Giuseppina D’Agosta del DACPA dell’Università degli Studi di Catania per i validi consigli forniti in merito alla tecnica colturale delle poliennali da biomassa. La responsabilità di quanto scritto rimane, comunque, degli Autori.
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determinate dagli strumenti di sostegno bensì dalle reali dinamiche dei mercati agricoli liberalizzati. In questo panorama, l’avvicendarsi di situazioni climatiche avverse, negli ultimi anni, caratterizzati da periodi di siccità, caldo afoso e piogge violente, ha determinato un andamento generalmente negativo per la maggior parte delle colture dell’Isola, influenzando
pesantemente
anche
sugli
esiti
dell’annata
agraria
2006/2007
contraddistinta, come per il biennio precedente, da una flessione della produzione totale (-1,9%), che risulta più accentuata rispetto ai periodi precedenti (Regione Siciliana, 2008c). Negli ultimi anni è andato crescendo l’interesse, nelle politiche comunitarie e nazionali, sul ruolo dell’agricoltura come “serbatoio” di fonti rinnovabili di energia e sull’opportunità di valorizzare le biomasse a fini energetici. Ciò rappresenta una rilevante opportunità sia per il settore agricolo e sia per quello forestale in quanto il punto di forza risulta essere la disponibilità di prodotti e sottoprodotti dai quali ottenere energia, ovvero colture specifiche, materie prime non alimentari derivanti da foreste e coltivazioni, residui agro-zootecnici ed agro-industriali. Nel complesso, tali risorse possono rappresentare, a livello nazionale, un’importante fonte di approvvigionamento energetico, mentre a livello locale, consentono di utilizzare in maniera vantaggiosa aree agricole abbandonate integrando il reddito agricolo e fornendo nuove opportunità di lavoro e di sviluppo economico (Giuca, 2008). In questo contesto si inseriscono le produzione agroenergetiche ancora diffuse a livello sperimentale, il che non consente di definire un preciso mercato di riferimento. In particolare, la principale caratteristica commerciale delle biomasse riguarda il fatto che queste sono delle commodities, si tratta quindi di prodotti non differenziabili la cui competitività si basa esclusivamente sui prezzi. Inoltre, il produttore non ha la possibilità di influenzare il prezzo di mercato che sarà frutto dell’incontro della domanda e dell’offerta. Di conseguenza i fattori di competizione decisivi per le imprese saranno la produttività e la capacità dell’imprenditore di beneficiare di economie di scala che rendano bassi i costi di produzione (Frascarelli, 2007). Su questa base il prezzo non pregiudica, quindi, le prospettive delle colture agroenergetiche, lo sviluppo delle quali è, invece, strettamente subordinato alla presenza di impianti di trasformazione dislocati sul territorio nel raggio di pochi chilometri, ai
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contratti di filiera tra produttori e trasformatori, alla razionalizzazione delle tecniche colturali in modo da minimizzare i costi economici ed ambientali, alla possibilità di consociazioni tra i produttori di materia prima ed alla presenza di un adeguato sistema di incentivi, previsto sia in ambito comunitario che regionale (Fiorese et al., 2007). L’analisi svolta nel presente lavoro vuole essere un contributo finalizzato a rilevare le eventuali potenzialità e criticità nell’organizzazione del processo produttivo di colture erbacee da energia ed il loro ruolo all’interno delle filiere agroenergetiche viste in un’ottica distrettuale. A tal fine sono state studiate le condizioni di fattibilità relativamente alla redditività di alcune colture a destinazione energetica allo scopo di compararne i risultati economici con la coltivazione del frumento duro e delle foraggere, in virtù, soprattutto della prima, della sua importanza economico-agraria in Sicilia. Nello studio in questione è stata ipotizzata l’introduzione in Sicilia di tre colture dedicate da energia, quali la canna comune, il cardo e la brassica carinata. Le prime due sono state considerata in un ottica di produzione di biomassa lignocellulosica per la trasformazione in energia termoelettrica, nonché per il cardo, è stato anche ipotizzato uno scenario di produzione duplice di biomassa e olio dai semi. Per quanto riguarda la produzione di biodiesel dall’olio dei semi, quindi, si è fatto riferimento allo stesso cardo ed alla brassica carinata. Il confronto dei risultati economici delle colture energetiche con quelle del frumento duro e delle foraggere è stata condotta utilizzando un modello di Programmazione Lineare (PL) per esprimere dei giudizi di convenienza economica in relazione all’eventuale introduzione negli ordinamenti colturali tipici dei seminativi siciliani.
2. IL QUADRO NORMATIVO PER LE AGROENERGIE 2.1 Il contesto politico di riferimento Nel corso degli ultimi anni l’Unione Europea ha preso coscienza e rafforzato il concetto che la lotta al cambiamento climatico è un’azione strategica da perseguire in sinergia con le politiche di ristrutturazione del settore energetico, al fine di promuovere un sistema economico-energetico sicuro, pulito e competitivo (Zezza, 2008).
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Il settore energetico risulta importante e fondamentale per contribuire al raggiungimento degli obiettivi della riduzione delle emissioni di gas serra oltre che uno dei principali settori dove l’innovazione tecnologica possa funzionare come motore di crescita economica secondo gli obiettivi di crescita ed occupazione fissati dalla Strategia di Lisbona in occasione del Consiglio europeo del marzo 2000 (Costantini, 2005). La firma nel dicembre del 1997, a conclusione della terza sessione plenaria della Conferenza delle parti (COP3), organo decisionale e di controllo dell’applicazione dell’United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC)1, del Protocollo di Kyoto impegna i paesi industrializzati e quelli con economia in transizione a ridurre nel quinquennio 2008-2012 del 5,2% i livelli di emissioni dei principali gas con effetto serra prodotti dall’attività antropica. L’Unione Europea per contrastare l’emergenza climatico-energetica, in occasione del Consiglio europeo del marzo 2007, propone un pacchetto completo di misure per istituire una nuova politica energetica per l’Europa finalizzata tra l’altro a rafforzare la competitività dell’UE, fissa degli obiettivi molto ambiziosi e si impegna a ridurre le proprie emissioni di gas serra del 20%, ad aumentare l’efficienza energetica del 20% entro il 2020. In pratica deve contare su un mix energetico proveniente per il 20% da fonti rinnovabili, e tra queste l’8% dovrà essere generato da biomasse e biocarburanti, arrivando a fissare per questi un minimo obbligatorio per l’utilizzo, pari al 10% del mercato dei carburanti e promuovendo biocarburanti di “seconda generazione” a minor impatto ambientale, provenienti da materiale forestale e graminacee. Gli obiettivi comunitari che si ispirano al “principio 20-20-20” oltre a lasciare ai Paesi membri ampia facoltà di scelta del proprio mix energetico, a fronte della messa a punto di Piani di azione nazionale con obiettivi specifici saranno ripartiti in maniera differenziata e ponderata sulla base del meccanismo bunder sharing introdotto nell’ambito del Protocollo di Kyoto, che tiene conto delle posizioni di partenza dei singoli Paesi (Giuca, 2007). L’obiettivo europeo di impiegare o meglio consumare almeno il 20% di energia da fonti rinnovabili ha posto l’attenzione per lo sviluppo delle produzioni agroenergetiche, stimolato altresì dall’aumento dei prezzi dei combustibili fossili, dalla crescente 1
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in occasione della seconda Conferenza Mondiale sul Clima del 1990 ha creato un comitato intergovernativo di negoziazione per la Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici definito propriamente UNFCCC.
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dipendenza energetica da paesi instabili dal punto di vista politico che determina insicurezza nelle forniture energetiche e soprattutto notevoli fluttuazioni dei prezzi delle materie prime (Rosa, 2007). La crescita delle fonti energetiche rinnovabili diventa strategica non solo dal punto di vista economico ma anche per motivi ecologici, per la disponibilità di nuove tecnologie e capacità imprenditoriali utilizzabili per lo sviluppo economico ed occupazionale attraverso iniziative progettuali agroenergetici. In ambito comunitario la promozione delle fonti rinnovabili è contenuta in numerosi interventi programmatici e normativi realizzati a partire dalla metà degli anni ’90, adottato dalla Commissione Europea con il Libro Verde “Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili” che si pone l’ambizioso obiettivo di raddoppiare entro il 2015 il contributo dell’energia rinnovabile al consumo interno lordo di energia consentendo la creazione di nuovi posti di lavoro (Costantini, 2008; CE, 1996). Anche le politiche energetiche orientate alle bioenergie sono stati oggetto di documenti di programmazione ed atti normativi quali la direttiva 2003/30/CE sulla “Promozione dell’uso dei biocarburanti o di carburanti rinnovabili nei trasporti”2, il “Piano di azione per la biomassa” (CE, 2005), la “Strategia dell’UE per i biocarburanti” (CE, 2006). Mentre il primo documento della Commissione sostiene che attualmente il 4% del fabbisogno energetico totale (EC, 2006) è soddisfatto dalla biomassa e che tale valore potrebbe raddoppiare, entro il 2010, se si sfruttasse il potenziale di tale risorsa rispettando le buone pratiche agricole, mantenendo una produzione di biomassa sostenibile sotto il profilo ambientale e senza particolari riflessi sulla produzione alimentare; con l’altro documento la Commissione riconosce che il sistema degli incentivi e obblighi realizzato dai singoli Stati membri non è sufficiente a raggiungere gli obiettivi fissati ma deve intervenire con altre forme di incentivazione per promuovere la diffusione dei biocarburanti3.
2
Tale direttiva fissa la quota minima di biocombustibili da immettere sul mercato della distribuzione dei carburanti. 3 Tale strategia si integra con quanto già indicato dalla Commissione in precedenza che intende promuovere lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili provenienti dalle biomasse derivanti dalle attività agricole e forestali, praticamente la crescita di energia dalla biomassa ricavata dal legno, dai rifiuti e dalle colture vegetali.
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2.2 La politica comunitaria e regionale per le agroenergie I settori agricolo e forestale giocano un ruolo importante nella produzione di energia rinnovabile in sostituzione dei tradizionali combustibili fossili per la produzione di energia elettrica, termica e meccanica. L’interesse economico elevato trova corrispondenza all’interno delle strategie settoriali perseguite, i cui obiettivi sono stati oggetto di una profonda revisione, testimoniato dall’evoluzione dei principi che hanno ispirato i successivi processi di riforma cui è stata sottoposta la Politica Agricola Comune (PAC) nel corso dell’ultimo ventennio (Sardone, 2008). Si è progressivamente affermato il concetto della multifunzionalità dell’agricoltura europea, associato all’individuazione di un modello agricolo che si è evoluto nel tempo, acquisendo rilevanza come fattore di giustificazione del sostegno finanziario assicurato per il tramite della PAC. Ciò è legato al fatto che, nonostante il progressivo ridimensionamento del peso della PAC all’interno del bilancio comunitario, l’intervento a favore del settore agricolo detiene ancora un ruolo significativo (INEA, 2006). Gli interventi posti in essere all’interno della politica agricola, tramite gli interventi sui mercati agricoli, realizzati nell’ambito delle diverse Organizzazioni Comuni di Mercato (OCM), comunemente identificate come le azioni del I pilastro della PAC, e quelle per il sostegno allo sviluppo delle aree rurali, il II pilastro4, rappresentano un evidente segno di attenzione al sostegno delle produzioni a finalità energetica, anche se nel complesso è da evidenziare una certa debolezza della visione strategica sul settore primario in relazione al conseguimento degli obiettivi di politica energetica (Sardone, 2008). Con Agenda 2000 il legame tra politica agricola e politica energetica è reso più evidente e diventa esplicito con la revisione di medio termine della PAC del 2003 che come è noto tende a spostare il contributo comunitario all’agricoltura dal prodotto al produttore e a rafforzare lo sviluppo rurale e migliorare la competitività dell’agricoltura europea. Nell’ambito della riforma Fischler ed in particolare del Reg. CE 1782/2003, del Consiglio del 29 settembre 2003, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune ed istituisce taluni regimi di sostegno agli agricoltori, noto anche come regolamento orizzontale, viene dedicato un 4
Gli strumenti attuati all’interno sia del I che del II pilastro tendono a sostenere lo sviluppo di materie prime agricole e forestali da avviare alla trasformazione in biomasse per la produzione di energia e si caratterizzano di interventi diretti al sostegno della produzione di materie prime e all’uso di prodotti eccedenti sul mercato.
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ampio spazio all’integrazione dell’ambiente all’interno della politica di intervento a sostegno del settore agricolo. Ciò viene realizzato attraverso un collegamento tra l’acquisizione del diritto a beneficiare dell’aiuto erogato sotto forma di pagamento unico, all’interno del quale confluiscono molti dei preesistenti regimi di pagamento diretto garantiti agli agricoltori, rispettando i criteri di gestione obbligatori e mantenendo le superfici agricole in buone condizioni agronomiche ed ambientali5. Un forte impulso allo sviluppo delle produzioni agroenergetiche è avvenuto propriamente con il Reg. CE 1782/2003 che concede il sostegno al reddito svincolato dalla produzione agricola; nel dettaglio, la normativa, da un lato, consente il mantenimento del regime di deroga alla coltivazione di colture energetiche sui terreni sottoposti al regime del set-aside obbligatorio6, dall’altro offre la possibilità ai produttori agricoli, in virtù di quanto previsto dal Titolo IV “Altri regimi di aiuto”, Capitolo 5 (artt. 88-92) dello stesso regolamento orizzontale, di adeguare le loro produzioni alle esigenze del mercato energetico, essendo queste equiparate alle attività connesse, e beneficiare di un “aiuto per le colture energetiche7” nella misura di 45 euro/ha, purché non si superi a livello comunitario la Superficie Massima Garantita (SMG) di 1.500.000 di ettari, soglia che è stata innalzata a 2 milioni di ettari a seguito dell’estensione del regime di aiuti anche ai nuovi 10 Paesi membri con il conseguente incremento della disponibilità di spesa8. I due regimi di sostegno previsti per le colture energetiche sono da considerarsi alternativi e pertanto i relativi aiuti non sono cumulabili. 5
L’insieme dei criteri di gestione obbligatori e delle buone condizioni agronomiche e ambientali sono definite ed individuate nel cosiddetto regime di condizionalità. 6 La deroga per le colture energetiche è prevista nell’ambito del Titolo III “Regime Unico di Pagamento”, Capitolo 4 “Uso del suolo nell’ambito del regime di pagamento unico”, Sezione 2, “Diritti di ritiro” artt. 53-57, dello stesso regolamento di riforma. Nell’autunno del 2007 la Commissione Europea, a seguito delle tensioni di prezzo registrate sui mercati per la maggior parte delle materie prime agricole, ha proposto di fissare pari a zero la percentuale di superficie da porre a riposo per la campagna di coltivazione 2007/2008 (Sardone, 2008). Infatti con il Reg. CE 1107/2007 del Consiglio del 26 settembre 2007 viene autorizzato l’uso a fini agricoli delle superfici ritirate dalla produzione consentendo quindi la produzione anche nelle superfici ammissibili all’aiuto per il regime di set-aside. In deroga all’art. 54, paragrafo 3, del Reg. CE 1782/2003, gli agricoltori, quindi, non sono tenuti a ritirare dalla produzione la superficie ammissibile all’aiuto per beneficiare dei premi fissati dai diritti di ritiro. 7 Sono considerate ammissibili tutte le colture prodotte a scopo energetico comprese le piante biennali, permanenti o pluriennali. 8 Nel corso del 2007, si è registrato, a livello comunitario, per la prima volta dall’applicazione del nuovo regime della Riforma Fischler il superamento della SMG di circa 840.000 ha, dovuto in parte dai nuovi Paesi membri, comportando l’applicazione delle disposizioni previste dall’art. 89 ed in particolare la riduzione proporzionale degli aiuti applicando il coefficiente di riduzione dello 0,7% in modo da non superare per l’anno in questione lo stanziamento previsto di 90 milioni idi euro.
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Al fine di poter usufruire dell’aiuto, gli agricoltori devono dimostrare di aver sottoscritto un contratto con l’industria di trasformazione, per l’intera produzione realizzata sulle superfici per le quali si chiede l’aiuto, salvo i casi in cui la trasformazione stessa sia effettuata dall’agricoltore all’interno della propria azienda agricola. La nuova filosofia comunitaria incardinata sulla multifunzionalità e sulla condizionalità dell’azienda agricola, assume come contributo integrante dello sviluppo rurale, l’espletamento da parte degli operatori del settore primario di compiti, funzioni ed altre attività sinergiche alle attività agricole, organizzate in modelli di integrazione verticale tra le filiere agroenergetiche ed orizzontale tra aziende appartenenti ad una stessa area produttiva (Rosa, 2007). Misure di sostegno a favore delle agroenergie si trovano anche all’interno della politica di sviluppo rurale e della specifica regolamentazione applicativa (Reg. CE 1698/2005). L’attuazione della politica di sviluppo rurale avviene attraverso degli specifici programmi attuati a livello di singoli Stati membri che eseguono la strategia di sviluppo rurale attraverso una serie di misure. Il raggiungimento degli obiettivi può avvenire attraverso la presentazione di un unico programma per l’intero territorio oppure di specifici programmi regionali. In tale contesto l’Italia, potendo scegliere, ha optato per le seconda soluzione presentando 21 Programmi di Sviluppo Rurale (16 PSR Competitività e 5 PSR Convergenza) e un Programma nazionale di coordinamento “Rete rurale”. La Regione Sicilia con Decisione della Commissione europea C(2008) 735 del 18/02/2008 ha avuto approvato il Programma di Sviluppo Rurale della Regione Sicilia 2007-20139 che si pone di “perseguire, attraverso un equilibrato uso delle risorse, l’obiettivo di migliorare la competitività e l’attrattività delle zone rurali della Sicilia come luogo in cui investire, lavorare, creare nuovi e migliori posti di lavoro nonché vivere con uguali opportunità rispetto ad altre zone” (Regione Siciliana, 2008a). Il Programma risulta essere molto articolato e ricco di misure volte ad aumentare la competitività delle imprese, a tutelare il territorio salvaguardando l’ambiente, alla diversificazione delle attività nel contesto rurale che per le agroenergie concorrono tutte all’obiettivo di accrescere l’incidenza delle fonti energetiche rinnovabili rispetto a 9
Nella seduta del 23 gennaio 2008 il Comitato di gestione per le strutture agricole e lo sviluppo rurale (Comitato STAR) giudica con parere tecnico positivo il Programma della Regione Siciliana.
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quelle tradizionali, ottimizzando non solo il sistema produttivo e distributivo, ma intervenendo al contempo anche sulla politica della domanda, attraverso azioni di comunicazione per informare ed orientare il consumatore verso temi relativi alla sostenibilità ambientale (Regione Siciliana, 2008a). Diverse sono le misure volte a migliorare l’efficienza energetica attraverso investimenti per il risparmio energetico e la produzione di energia da fonti rinnovabili, ad accrescere il valore economico delle foreste attraverso la realizzazione di piccole centrali elettriche alimentate con biomasse legnose di provenienza aziendale, a realizzare imboschimenti sia di superfici agricole che non destinati alla produzione di materiale legnoso, a ciclo medio lungo e con latifoglie a ciclo breve, a realizzare impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, a creare filiere per la produzione e la vendita di energia da fonti rinnovabili, mentre quelle che tendono a sviluppare specificatamente le produzioni agroenergetiche sono la misura 121 “Ammodernamento delle aziende agricole” e la misura 214 “Pagamenti agroambientali”, azione 214/1C “Adozione di avvicendamenti colturali per il miglioramento della struttura del suolo”. Con la misura 121 vengono sostenute nuove piantagioni arboree a ciclo breve (short rotation), con esclusione, quindi, delle colture poliennali erbacee per la produzione di biomasse a finalità energetiche, con un’intensità di aiuto sui costi di investimento pari al 50% dell’investimento ammissibile nelle zone montane, in quelle caratterizzate da svantaggi naturali ed in quelle ricadenti nei territori Natura 2000 e di cui alla Direttiva 2000/60/CE, ovvero al 40% per aziende ubicati in altri territori10. L’azione 214/1C, al contrario, si prefigge di tutelare la risorsa suolo attraverso l’adozione di un avvicendamento triennale che contempli la presenza di una coltura da rinnovo e di una coltura miglioratrice con effetti positivi sulla fertilità complessiva del suolo e conseguente contrasto del declino della sostanza organica e dei fenomeni di erosione e di desertificazione nelle aree sensibili; inoltre, contribuisce alla riduzione delle emissioni di gas serra a seguito dell’introduzione di rotazioni colturali triennali (miglioratrice, cereale, rinnovo)11 che inducono ad un minore impiego di fertilizzanti
10
Nel caso di giovani agricoltori l’intensità dell’aiuto viene aumentato del 10%. La rotazione applicabile prevede al primo anno una coltura da rinnovo, al secondo un cereale, al terzo una coltura miglioratrice (leguminose da granella o da foraggio); in una possibile rotazione quinquennale devono essere previste almeno due colture proteaginose e/o colture no-food. 11
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azotati (causa di emissioni di protossido di azoto) ed aumento di produzione di biomassa. Per poter beneficiare dell’aiuto gli agricoltori si devono impegnare ad attuare nel seminativo tale avvicendamento a fronte di un premio annuo per ettaro di superficie dell’ordine di 100 euro, intervento che non può essere cumulato con gli aiuti previsti dall’art. 69 del Reg. CE 1782/2003 per i seminativi e con gli aiuti riguardanti le colture energetiche erogati ai sensi dell’art. 88 dello stesso regolamento.
3. LA PRODUZIONE DEI SEMINATIVI NEL PANORAMA SICILIANO I seminativi in Sicilia, attualmente si estendono su una superficie di circa 631 mila ha e riguardano le coltivazioni erbacee di cereali, leguminose da granella, piante da tubero ed ortaggi in pien’aria, coltivazioni industriali e foraggere avvicendate (Tab. 1). Nel quinquennio 2002/07 il comparto seminativi è rimasto pressoché invariato anche se a livello dei singoli gruppi di colture considerate si registrata un quadro evolutivo molto differenziato. Infatti, accanto a colture che mostrano incrementi di superficie dell’ordine del 16%, si osservano, come nel caso delle colture industriali decrementi dell’80% circa. In particolare, la diminuzione della consistenza delle superfici dedicate alla produzione di semi oleosi (girasole e colza), passate da circa 1.000 ha del 2002 ai 211 ha del 2007, in tutto il territorio regionale, è dovuto soprattutto ai cambiamenti del programma di incentivi previsti nell’ambito della OCM seminativi che non prevede più specifici aiuti per le oleaginose.
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TAB. 1 - Evoluzione della superficie investita a seminativi in Sicilia (*) Indicazioni Cereali
2002 ha
2007 %
ha
%
367.671 100
58,2
328.020 89
52,0
Legumi secchi
16.039 100
2,5
17.050 106
2,7
Piante da tubero e ortaggi
77.855 100
12,3
88.230 113
14,0
Coltivazioni industriali
1.001 100
0,2
211 21
0,0
Foraggere avvicendate
169.510 100
26,8
197.425 116
31,3
SEMINATIVI
632.076 100
100,0
630.936 100
100,0
(*) Elaborazioni su dati ISTAT, Annuario di statistica agraria.
Con riferimento, invece, ai cereali, la cui coltura prevalente è il grano duro, pari al 91,5% del totale a frumento, si osserva, nel periodo considerato, un calo degli investimenti di superficie dell’11% con una leggera ripresa rispetto a quanto registrato nei primi anni di applicazione della Riforma Fischler dove invece la diminuzione era ancora più consistente. Per quanto attiene alle altre colture, le foraggere avvicendate presentano un aumento del 16% della superficie investita, mentre le piante da tubero e le ortive da pieno campo registrano un incremento del 13% ed i legumi secchi di appena il 6%. Per quanto riguarda i livelli produttivi, i dati riferiti alle medie dei trienni 2001/03 e 2005/07, si evidenzia nel periodo considerato un incremento complessivo del totale delle produzioni a seminativi del 24% con un quadro evolutivo positivo che vede i cereali incrementare il livello produttivo del 9%, i legumi secchi di oltre il 25%, le patate e gli ortaggi in piena aria del 17% e le foraggere avvicendate del 31%. Andamento negativo presentano, invece, le produzioni delle colture industriali che registrano un calo produttivo del 30% nel periodo considerato (Tab. 2).
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TAB. 2 - Evoluzione della produzione totale dei seminativi in Sicilia (*) Indicazioni Cereali
2001/03 000 t
%
2005/07 000 t
%
797,68 100
21,7
869,06 109
19,2
26,93 100
0,7
33,73 125
0,7
659,65 100
18,0
769,92 117
17,0
Coltivazioni industriali
1,95 100
0,1
1,37 70
0,0
Foraggere avvicendate
2.187,07 100
59,5
2.862,90 131
63,1
SEMINATIVI
3.673,28 100
100,0
4.536,99 124
100,0
Legumi secchi
Piante da tubero e ortaggi
(*) Elaborazioni su dati ISTAT, Annuario di statistica agraria.
4. IL CASO STUDIO DELLE COLTURE ENERGETICHE 4.1 Il contesto di riferimento delle produzioni agroenergetiche Allo stato attuale, in Sicilia le statistiche ufficiali non registrano superfici e produzioni di energia rinnovabile provenienti da coltivazioni di specie dedicate (ISTAT, 2007), anche se il Piano Forestale Regionale (Regione Siciliana, 2003) ha posto l’attenzione verso alcuni popolamenti forestali artificiali presenti nella Regione. In particolare gli eucalitteti sono considerati un interessante fonte di biomassa forestale con possibile destinazione energetica. A questi si aggiungono anche le potenzialità offerte dalle biomasse derivate dalla gestione selvicolturale nonché quelle provenienti dalle piantagioni a ciclo breve di pioppo, eucalipto e robinia, presenti nelle Province di Enna e Messina. In linea generale in Sicilia, il comparto agroenergetico rappresenta un interessante opportunità di sviluppo, dovuta non soltanto all’utilizzo di biomasse forestali ma anche
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di provenienza agricola. Si stima, infatti, che la produzione potenziale annua di residui agricoli utilizzabili a fini energetici superi di poco un migliaio di tonnellate, pari a circa il 13% della disponibilità nazionale (CRB, 2007). Un aspetto essenziale, comunque, riguarda la diffusione sul territorio degli impianti di trasformazione di piccola e media capacità in modo da consentire il rifornimento di materia prima locale minimizzando i costi di trasporto e gli impatti ambientali annessi. Su questa base sono in corso studi finalizzati alla definizione di bacini agroenergetici (Regione Siciliana, 2008a) in relazione al territorio, al fine di individuare le zone maggiormente vocate per le produzioni agroenergetiche secondo un’ottica di progettazione compartimentale, in linea con il riconoscimento legislativo dei distretti agroenergetici12. La progettazione di un distretto agroenergetico deve tenere conto di alcune caratteristiche fondamentali (Pignatelli, 2006) quali: -
estensione territoriale, che deve essere comunque concentrata in un raggio limitato a poche decine di chilometri;
-
autonomia degli attori ed operatori della filiera;
-
capacità produttiva, tale da assicurare l’approvvigionamento delle materie prime necessarie;
-
organizzazione, aspetto nodale affinché si possa operare una buona integrazione verticale di sistema al fine di limitare i costi per unità di prodotto.
Le aziende agricole oltre ad essere fornitrici di materia prima possono anche diventare delle vere e proprie imprese energetiche, come tra l’altro riconosciuto nelle recenti integrazioni, tra le “attività connesse”, dell’articolo 2135 del Codice Civile. In ogni caso la strutturazione di tutta la filiera agroenergetica è subordinata ad aspetti economici relativi ai costi di produzione e di lavorazione della materia prima, ai costi di trasporto negli impianti di utilizzo ed al mercato locale della produzione energetica.
12
Il comma 382 della Legge 27 dicembre 2006 n. 296, relativa a “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)” prevede tra l’altro una serie di obiettivi finalizzati ad incentivare l’impiego a fini energetici: di materie prime provenienti da contratti di coltivazione di cui all’art. 90 del Reg. CE 1782/2003; di prodotti e materiali residui provenienti dall’agricoltura, dalla zootecnia, dalle attività forestali e di trasformazione alimentare; di materie prime provenienti da pratiche di coltivazioni a basso consumo energetico e in grado di conservare o integrare il contenuto di carbonio.
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Il contesto delle “agroenergie” fa riferimento a diversi prodotti di origine agricola utilizzati a scopi energetici; questi possono derivare direttamente da coltivazioni specializzate (colture dedicate) oppure dai prodotti residuali a loro volta provenienti dalle normali attività agricole (paglia di cereali, residui di potatura, ecc.), dagli scarti dell’industria agroalimentare e del legno, o dal comparto zootecnico. Focalizzando l’attenzione sui prodotti energetici provenienti dalle colture dedicate, queste possono essere sia specie coltivate, sia specie spontanee dell’areale di riferimento (Bezzi et al., 2006). Per quanto riguarda la destinazione d’uso, inoltre, le colture dedicate possono essere distinte in tre categorie principali: 1) colture da biomassa lignocellulosica; 2) colture oleaginose; 3) colture alcoligene. Le colture lignocellulosiche possono essere sia arboree che erbacee. Nel primo caso si tratta di impianti ad elevata densità caratterizzati da ceduazioni che si ripetono a turni brevi, conosciuti anche con il termine di Short Rotation Forestry (SRF). Il prodotto finale è rappresentato dal legno tal quale direttamente in pezzi, oppure da preparati come il cippato, ottenuto dallo sminuzzamento del legno, i pellet, derivati dalla pressatura e successiva lavorazione di legni di diversa provenienza, le briquettes, ottenute dalla pressatura di segatura secca. In relazione, alle piante erbacee, queste possono essere a ciclo annuale o poliennale. Si tratta di specie caratterizzate da un elevata produttività in biomassa, generalmente poco esigenti dal punto di vista agronomico. In tutti i casi il prodotto energetico finale deve possedere alcune importanti qualità relativamente all’umidità che non deve essere elevata (< 50%), ad un sufficiente Potere Calorifico Inferiore13 (PCI), e ad un basso contenuto in ceneri e silice nella sostanza secca, al fine di evitare, nelle camere di combustione, fenomeni di deterioramento (slagging), corrosione ed ostruzione (fouling) dovuti alla vetrificazione delle ceneri e dei silicati. Detti fenomeni, infatti, potrebbero compromettere la funzionalità delle piccole caldaie (Candolo, 2006).
13
Il Potere Calorifico Inferiore rappresenta il calore prodotto dalla combustione completa di un materiale al netto del calore assorbito dall’acqua contenuta in esso (viceversa, al lordo dell’acqua si parla di Potere Calorifico Superiore - PCS). Nel caso del carbone il PCI è 27,4 MJ/kg.
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Per quanto riguarda le colture oleaginose ed alcoligene la loro destinazione energetica prevede la produzione, rispettivamente di biodiesel e bioetanolo. La materia prima è rappresentata, per le oleaginose, dall’olio contenuto nei semi, oppure, per le alcoligene, il prodotto deriva dall’estratto amilaceo o zuccherino dei tessuti vegetali. In entrambi i casi può trattarsi di colture sia arboree che erbacee. Dall’estrazione delle materie prime (biomasse, olio ed estratti glucidici), segue la trasformazione in energia termica, elettrica o chimica. Nel caso di energia termoelettrica i processi di conversione interessano prevalentemente le biomasse lignocellulosiche e possono avvenire a mezzo di combustione, gassificazione o pirolisi. Il processo produttivo del biodiesel consiste nella spremitura dei semi oleosi e nella successiva trans-esterificazione con metanolo dell’olio estratto. Da questo processo si ottiene un carburane utilizzabile puro o miscelabile con gasolio, per l’autotrazione e per il riscaldamento. Dalla reazione di trans-esterificazione si ottiene, inoltre, come sottoprodotto il glicerolo, che sommato al pannello esausto dei semi spremuti, rappresentano importanti co-prodotti riutilizzabili nell’industria chimica ed energetica. Infine, dalle colture alcoligenee il prodotto energetico finale è rappresentato dal bioetanolo, ottenuto dalla fermentazione aerobica degli estratti glucidici, e successiva distillazione. Su questa base, un aspetto molto importante è caratterizzato dai “biocarburanti di seconda generazione”, ovvero la produzione di bioetanolo partendo da substrati lignocellulosici, a mezzo di idrolisi e successiva fermentazione. Ad ogni modo questi processi sono ancora in via di sperimentazione. Notevole è il contributo dato dall’utilizzo delle agroenergie alla riduzione delle immissioni in atmosfera di anidride carbonica. Infatti, poiché il contenuto di carbonio nelle biomasse deriva direttamente dal processo di fotosintesi clorofilliana, il loro successivo utilizzo come prodotti energetici consente un risparmio in CO2 rispetto ai normali combustibili fossili. In ogni caso, per valutare appieno questi benefici ambientali, bisogna tener conto di tutte le fasi del ciclo di produzione a partire dalla coltivazione della materia prima agricola fino ad arrivare all’utilizzo finale (Pignatelli, 2006). Esistono, a tal proposto, molti studi sull’argomento ed in particolare sulla stima
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delle emissioni dovute al trasporto della biomassa legnosa (Dubuisson-Sintzoff, 1998; Fiorese et al., 2007).
4.2 Le colture agroenergetiche considerate: aspetti colturali ed energetici 4.2.1 La Canna comune (Arundo donax L.) La canna comune è una specie tipica della fascia mediterranea, la sua diffusione come pianta agraria in Italia è stata dovuta principalmente alla produzione di cellulosa e di etanolo. Diversi impianti sperimentali di arundo in Sicilia hanno dimostrato interessanti livelli produttivi, senza ricorrere all’irrigazione, ottenendo rese medie annue di sostanza secca intorno a 30 t/ha con una restituzione del 25% dell’Etm14 (Cosentino et al., 2005), dimostrando tra l’altro, la grande rusticità della coltura. Proprio per questo, la coltivazione della canna avviene in regime asciutto, anche se il ricorso all’irrigazione può risultare un utile intervento di soccorso nella fase di impianto (Bonari et al., 2004). La canna si caratterizza nell’avvicendamento colturale come una poliennale la cui durata produttiva dell’impianto (canneto) può arrivare a15 anni (Bezzi et al. 2006). La tecnica colturale non comporta particolari problemi organizzativi anche se, rispetto all’ordinaria gestione delle colture cerealicole e foraggere nell’Isola, prevede una parziale riconversione del parco macchine in relazione alle operazioni di impianto e di raccolta (Cosentino et al., 2006). È una specie sterile che non produce semi, di conseguenza la propagazione è affidata agli organi sotterranei, i rizomi, che possono essere messi a dimora con le comuni macchine trapiantatuberi utilizzate per la patata. Quanto detto incide notevolmente sul costo finale di impianto poiché i rizomi utilizzati provengono da vivai specializzati con costi unitari considerevoli. A tal fine negli ultimi anni la ricerca agronomica è stata impegnata a trovare metodi di riproduzione alternativi, come ad esempio l’utilizzo di talee dei fusti e piantine micropropagate, anche se ancora i risultati sono contrastanti (Ceotto, 2006). 14
L’Evapotraspirazione massima giornaliera (ETm), rappresenta la quantità di acqua dispersa nell’atmosfera da una specifica coltura in condizioni idriche ottimali. Questa grandezza dipende dalle condizioni meteorologiche, dalla coltura esaminata, dalle tecniche agronomiche adottate, e rappresenta il consumo idrico di una specifica coltura in una determinata fase del suo sviluppo.
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Le popolazioni naturali di canna sono molto dense (fino a 50 piante/m2) in virtù della tendenza della pianta a colonizzare lo spazio disponibile sviluppando rizomi in ogni direzione (Bonari et al., 2004). Alla luce di ciò, nell’impianto artificiale la densità iniziale assume un’importanza fondamentale sotto l’aspetto agronomico ed economico, pertanto, è opportuno limitarla; infatti, secondo alcuni autori livelli di investimento intorno alle 12.500 piante/ha riescono ad assicurare una buona produttività, nonché la riduzione dei costi di impianto (Vecchiet et al., 1994). L’epoca di impianto avviene a primavera, non appena diminuisce il rischio di gelate, mentre l’entrata in produzione del canneto si verifica dal secondo anno in poi. Per quanto riguarda gli apporti nutritivi è necessaria una concimazione completa all’impianto (circa 120 Kg/ha di perfosfato minerale e 25 Kg/ha di solfato ammonico) ed una concimazione ordinaria di produzione alla ripresa vegetativa (circa 60 Kg/ha di nitrato ammonico), non sono invece previsti interventi irrigui ordinari ed interventi fitosanitari (Longhitano, 2004; Cosentino et al., 2006; CBR, 2007). La raccolta avviene nel periodo invernale e può essere effettuata mediante macchine raccoglitrici utilizzate per il foraggio, opportunamente calibrate, come le falcia-trinciacaricatrici15. La capacità colonizzatrice della canna, dovuta agli organi sotterranei, potrebbe compromettere le condizioni di abitabilità del terreno a fine impianto, per questo motivo molti produttori agricoli nutrono delle perplessità a coltivare arundo. Per tale ragione, nell’espianto a fine ciclo, risulta necessario prevedere un programma di bonifica che consiste in una serie di operazioni colturali alternate fra di loro, rappresentate da lavorazioni profonde e diserbo chimico che si effettuano tra la fine della raccolta dell’ultimo anno (primavera) e la preparazione del terreno della coltura successiva (autunno). Nel seguente schema sono riassunte le principali caratteristiche tecniche, apprese dalle sperimentazioni, riguardanti la coltivazione in ambiente meridionale della canna comune a fini energetici (CRB, 2007; Cosentino et al., 2006).
15
Dalle sperimentazioni condotte in Sicilia si è constatato che il materiale raccolto possiede un’umidità variabile intorno al 50% (Cosentino et al., 2006).
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Scheda tecnica colturale dell’Arundo donax Materiale di propagazione Investimento unitario (rizomi/ha) Epoca di trapianto Raccolta Resa (t/ha) 16 - in sostanza secca (t/ha) - in sostanza fresca (t/ha) Resa energetica (GJ/ha) - primo anno di produzione - anni successivi Rendimento - primo anno di produzione - fase di massima produzione Potere Calorifico Inferiore (MJ/kg) Ceneri (%) Risparmio CO2 (t/ha anno CO2 eq.) Umidità indicativa alla raccolta (%)
Rizomi 12.500 Marzo Gennaio – Febbraio 25 80 280 592 7,4 77,0 16,7-18,3 3-7 37,7 50
È da sottolineare che l’arundo mostra una considerevole stabilità produttiva con un’entrata in piena produzione già dal secondo anno di impianto; la produttività in biomassa è elevata, con rese in sostanza secca variabili da 30 a 38 t/ha (Cosentino et al., 2006), rispettivamente per regimi di coltivazione in asciutto e in irriguo. Ai fini della combustione per l’ottenimento di energia termica, la canna presenta un potere calorifico inferiore compreso tra 16,7 e 18,3 MJ/kg, mentre il contenuto in ceneri varia intorno al 3-7% con una quantità non indifferente di silice; la temperatura di fusione delle ceneri è comunque abbastanza elevata e si aggira intorno ai 1.000°C (Angelini et al., 1999). La resa energetica, espressa come differenza tra il contenuto energetico della biomassa prodotta e l’energia ausiliaria immessa nel sistema colturale, si aggira intorno a 280 GJ/ha al primo anno per assestarsi successivamente intorno ai 592 GJ/ha. Per quanto riguarda il rendimento, pari al rapporto tra gli output e gli input energetici, questo si aggira intorno a 7,4 nel primo anno, per raggiungere 77 circa, negli anni di massima produzione. Infine, facendo riferimento al bilancio della CO2, la canna comune consente un risparmio medio di 37,7 t/ha anno di CO2 equivalente. (Cosentino et al., 2006). 16
La resa in sostanza secca e fresca indicata si riferisce a condizioni di possibile produzione in pieno campo pari a circa il 20% in meno rispetto a quelle ottenute a livello sperimentale.
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4.2.2 Il Cardo (Cynara cardunculus L.) Il cardo è una coltura poliennale tradizionalmente orticola caratterizzata da elevata rusticità, diffusa in tutta l’Europa meridionale e fa parte della flora spontanea siciliana. Il cardo germoglia in autunno per poi passare la stagione invernale allo stato di rosetta; il ciclo procede in primavera con lo sviluppo dello scapo fiorale, per arrivare all’arresto vegetativo in estate, in cui tutto l’apparato epigeo della pianta secca dopo aver portato a maturazione i semi contenuti in acheni lucidi17. Nella stagione estiva la pianta sopravvive in stato dormiente grazie al profondo apparato radicale fittonante, dalle cui gemme latenti, nell’autunno successivo, si sviluppano i nuovi germogli18. La tecnica coltura è semplice anche se a differenza della canna, il cardo può essere propagato per seme, il che oltre a facilitare le operazioni di impianto consente un netto abbattimento dei costi. Per quanto riguarda gli input di produzione, la tecnica di coltivazione prevede una concimazione completa di fondo nella fase di impianto ed una concimazione azotata di produzione durante l’attività vegetativa degli anni successivi, con le stesse quantità di concime considerate per la canna. Il cardo normalmente non richiede l’irrigazione, anche se questa operazione colturale può essere utile nella fase di impianto, e non è sensibile alla competizione delle infestanti, il che limita il controllo facendo ricorso ad una sarchiatura o al diserbo in preemergenza. L’utilizzo del cardo come coltura bioenergetica lascia prevedere più scenari di produzione consistenti nella esclusiva produzione di biomassa oppure e la duplice produzione di biomassa e seme per l’estrazione di olio (Encinar et al., 2002; FernándezCurt, 2004; Foti et al., 1999). La raccolta del cardo si esegue tra la fine di luglio e la prima metà di settembre con un livello di umidità molto basso (15% circa), il che esalta la qualità merceologica della 17
L’achenio rappresenta il frutto tipico delle Asteracee (famiglia botanica a cui appartiene il genere Cynara). Si tratta di un frutto secco indeiscente che di norma contiene un solo seme aderente al pericarpo. Gli acheni si sviluppano nel “capolino”, ovvero, un’infiorescenza di piccoli fiori fissati sul ricettacolo e che nell’insieme simulano un fiore unico. 18 Da diverse sperimentazioni condotte in Sicilia il cardo riesce a dare buoni risultati coltivato in asciutto, con una disponibilità idrica di circa 450 mm tra l’emissione dei germogli e la differenziazione dei capolini (Cosentino et al., 2006).
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biomassa ai fini della combustione. Per quanto riguarda le modalità di raccolta, queste variano in funzione della destinazione d’uso del prodotto finale, infatti, qualora si considera l’esclusiva produzione di biomassa la raccolta può avvenire in un’unica soluzione direttamente con una macchina falcia-trincia-caricatrice. Viceversa, se si considera la produzione di granella e di biomassa, le operazioni di raccolta consistono in una fase di raccolta del seme con una normale mietitrebbiatrice con testata da cereali o da girasole e nella raccolta della biomassa a mezzo di una falcia-condizionatrice con successiva imballatura (Bonari et al., 2004). In termini di produttività, si è fatto riferimento ai risultati ottenuti dalle sperimentazioni sul territorio regionale, i quali attestano che per regimi di coltivazione a bassi input, le rese in biomassa variano tra le 14 e 20 t/ha di sostanza secca (Cosentino et al., 2005). Per quanto riguarda le produzioni di olio, tenendo conto dei risultati medi ottenuti da diverse ricerche condotte in Sicilia ed in Spagna, si considera una resa in seme variabile da 0,4 a 2,8 t/ha, con un contenuto oleico che oscilla tra il 18 e il 27%. Gli acheni rappresentano, complessivamente, il 30% della sostanza secca dei capolini e l’8-10% circa della biomassa totale (Fernández-Curt, 2004; Foti et al., 1999; Gherbin et al., 2001; Piscioneri et al., 2000). È da sottolineare che nella coltivazione del cardo sia per la biomassa che per il seme, le rese sono decrescenti nel tempo e tendono a diminuire più o meno significativamente dal 3° anno in poi (Cosentino et al., 2006). Dal punto di vista energetico la biomassa del cardo mostra un PCI pari a 14-17 MJ/kg, con un notevole contenuto in ceneri (10-16%), il che aumenta il rischio di slagging e fouling, anche se complessivamente il contenuto in silice è più contenuto e
la
temperatura di fusione supera i 1.200°C (Angelini et al., 1999). La resa energetica media oscilla intorno ai 133-344 GJ/ha, con un rendimento variabile tra 7 e 31 in relazione a fattori colturali diversi. Per quanto riguarda le emissioni in carbonio, il cardo consente di risparmiare circa 19 t/ha per anno di CO2 equivalente (Cosentino et al., 2006). Nello schema che segue si riporta sinteticamente la scheda colturale del cardo dal quale emergono i principali aspetti della coltivazione ed energetici.
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Scheda tecnica colturale del Cynara cardunculus Materiale di propagazione Investimento unitario di semi (t/ha) Epoca di semina Raccolta Resa (t/ha di s.s.) 19 - biomassa - semi Percentuale degli acheni sulla biomassa totale (%) Resa media in olio (%) Resa energetica (GJ/ha) Rendimento Ceneri (%) Potere Calorifico Inferiore (MJ/kg) Risparmio CO2 (t/ha anno CO2 eq.) Umidità indicativa alla raccolta (%)
Seme 0,004 Settembre - Ottobre Luglio - Settembre 10 1 10 20 133-344 7-31 (in funzione di regimi di coltivazione ad alto o basso input) 10 – 16 14 - 17 19 10-15
4.2.3 La Brassica (Brassica carinata A.) A differenza delle colture da biomassa viste sopra, la brassica da olio ha un ciclo colturale annuale ed è destinata prevalentemente alla produzione di olio per biodiesel in quanto non è previsto l’utilizzo come coltura alimentare o da foraggio. È stata studiata a partire dagli anni novanta insieme ad altre Brassicacee, per il contenuto nell’olio di semi di acidi grassi a catena lunga, motivo di interesse dell’industria lipochimica. Da questi studi è emersa l’ottima adattabilità della coltura agli ambienti meridionali in relazione alla precoce fioritura, alla non deiscenza delle silique20, alla resistenza all’allettamento, alle principali avversità biotiche, ed all’adattabilità alle condizioni tipiche dell’aridocoltura.
19
La resa in biomassa e in semi si riferisce a condizioni di possibile produzione in pieno campo pari a circa il 30% in meno rispetto a quelle ottenute a livello sperimentale, tenendo conto anche dell’instabilità produttiva. 20 La siliqua rappresenta il frutto tipico della famiglia botanica delle brassicacee; si tratta di un frutto secco, di norma indeiscente, strutturato in due valve che portano i semi attaccati ad un setto mediano. La non deiscenza rappresenta una qualità agronomica poiché consente di ridurre le perdite in seme durante la raccolta.
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Queste caratteristiche conferiscono alla brassica21 una maggiore stabilità produttiva rispetto al colza (B. napus), nonostante il maggiore contenuto in olio di quest’ultima (Messina-Pecorino, 2008). In ambiente meridionale la semina avviene tra ottobre e novembre, in primavera avviene la levata con l’allungamento del fusto e lo sviluppo dell’infiorescenza principale. Il ciclo procede con la fecondazione dei semi che inizieranno a riempirsi di materiale di riserva (olio) per raggiungere il massimo contenuto a circa 60 giorni dalla fioritura. Nell’avvicendamento la brassica può seguire sia i cereali che le leguminose, mentre non è consigliata la successione a se stessa per l’instaurarsi di eventuali avversità fitopatologiche. Dalle prove sperimentali effettuate in Sicilia, la coltivazione della brassica prevede le seguenti operazioni colturali: -
preparazione del letto di semina;
-
trattamento diserbante in presemina (2 l/ha di Trifluralin), ed eventualmente in copertura;
-
concimazione (150 Kg/ha di Fosfato biammonico - 18/46 - e 200 Kg/ha di Entec 25/15);
-
semina con circa 6-8 Kg/ha di seme;
-
raccolta.
Le lavorazioni possono essere eseguite con lo stesso parco macchine utilizzato per i cereali; la raccolta si effettua quando l’umidità del seme è inferiore al 10% con le normali mietitrebbiatrici da cereali opportunamente tarate, in modo da evitare di incombere nella rottura dei semi e ridurre al minimo le perdite (Messina-Pecorino, 2008). La scheda tecnica colturale riportata nello schema che segue si riferisce principalmente alle prove condotte in diversi territori dell’Isola nell’annata 2006/2007 su 28 campi sperimentali, durante il primo anno di attività del progetto Fi.Sic.A.22. 21
Con il termine “brassica”, quando non specificato il nome della specie, si ci riferisce esclusivamente alla “Brassica carinata”. 22 Fi.Sic.A. è l’acronimo di un progetto di ricerca dal titolo “Filiera Siciliana per l’Agroenergia” attivato nel 2006 dall’Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana ed il Consorzio per la ricerca su specifici settori della filiera cerealicola siciliana “G.P. Ballatore”, in collaborazione con l’Istituto Sperimentale Colture Industriali di Bologna, il Comitato Termotecnica Italiano, la Comefing
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In relazione alle rese, dai dati disponibili si registrano produzioni medie per ettaro di circa 1,4 t/ha con valori minimi e massimi rispettivamente di 0,5 e 2,05 t/ha (MessinaPecorino, 2008), anche se in letteratura sono riportate rese variabili tra 2 e 3,5 t/ha (Cosentino et al., 2004; Mazzoncini-Angelini, 2002). Scheda tecnica colturale della Brassica carinata Materiale di propagazione Investimento unitario di semi (t/ha) Epoca di semina Raccolta Resa media in granella (t/ha di s.s.) Olio t.q. (%) Resa in olio (t/ha) Resa energetica (GJ/ha) (colza) Rendimento (colza) Potere Calorifico Superiore dell’olio (MJ/kg) Potere Calorifico Inferiore della paglia (MJ/kg) Potere Calorifico Inferiore del pannello (MJ/kg) Risparmio CO2: (t/ha anno CO2 eq.) Umidità dei semi alla raccolta (%)
Seme 0,007 Ottobre-Novembre Maggio-Giugno 1,44 43 0,6 4 -44 1,7-13,4 40 13 20 0,2-2,4 (riferito al colza) 5%
L’umidità media alla raccolta dei semi è del 5% con un contenuto in olio del 43% ed una resa totale ad ettaro di circa 1,44 t. Dal punto di vista energetico, l’olio di brassica presenta un potere calorifico superiore (PCS) di circa 40 MJ/kg con bassi valori di viscosità, il che lo rende particolarmente idoneo alle esigenze espresse dai principali costruttori di motori, facendolo risultare migliore se riferito ai più comuni oli vegetali grezzi (Messina, 2008). I dati inerenti alla resa energetica, fanno riferimento al colza e dipendono molto dalle tecniche colturali adottate, questi, infatti variano tra 44 e 4 GJ/ha con rendimenti di 1,7 13,4, in base ai regimi di coltivazione a bassi ed alti input. In termini di emissioni in CO2, nel caso dei biocombustibili liquidi il risparmio è di gran lunga inferiore rispetto a quelli solidi. Per il colza si stima un valore medio di CO2, variabile tra 2,4 e 0,2 t/ha per anno di CO2 equivalente (Cosentino et al., 2006).
Consulting S.p.A., lo Studio Donadello di Padova, la Produttori Sementi Mediterranei (Pro.Se.Me.) e le organizzazioni professionali di categoria maggiormente rappresentative (Cia, Coldiretti e Confagricoltura).
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Un aspetto rilevante nella filiera della brassica ai fini bioenergetici, riguardano i sottoprodotti della coltivazione ravvisabili nei residui di raccolta (paglia) e nel pannello di estrazione dell’olio; la prima ha caratteristiche tali da renderla interessante per la combustione in caldaie di dimensioni medio-grandi (PCI pari a 13 MJ/kg), non costituisce, invece, un materiale idoneo alla produzione di pellet commerciale a meno di utilizzarla in miscela con altri residui, in quanto la temperatura di fusione delle ceneri è bassa (circa 600°C). Per quanto riguarda il pannello di estrazione, la bassa umidità ed il contenuto residuo in olio gli conferiscono un elevato valore energetico (PCI superiore a 20 MJ/kg), anche se pure in questo caso le ceneri sono basso fondenti, rendendo necessaria l’eventuale miscelazione con altri prodotti
caratterizzati da ceneri alto-
fondenti.
5. L’ANALISI ENOCOMICA 5.1 Gli scenari considerati L’applicazione del modello empirico basato sull’impiego della programmazione lineare come strumento di valutazione economica per stabilire il livello di convenienza relativo all’introduzione delle colture agroenergetiche in Sicilia, prevede il confronto di tali colture e delle foraggere affienate con il frumento duro in diversi scenari. Questi ultimi derivano dall’interazione tra riforma della PAC, politiche di sviluppo rurale, con riferimento alla Sicilia, e mercato dei prodotti agricoli. Gli scenari individuati sono tre: 1. Status quo (SQ); 2. PSR Sicilia 2007-2013 (PSR); 3. Senza incentivi (SI). Il primo scenario (SQ) si riferisce alla situazione attuale che vede per i seminativi l’erogazione del pagamento unico aziendale disaccoppiato, ossia completamente indipendente e svincolato dalla produzione aziendale, mentre per alcune colture, come il grano duro, i premi risultano accoppiati e consistono nel premio qualità nella misura di
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40 euro/ha23 ed in un aiuto addizionale (pagamento supplementare) di entità variabile, come previsto dall’art. 6924, finalizzato anche questo ad incentivare la qualità del prodotto in quanto è subordinato all’impiego di sementi certificate, esenti da contaminazioni da organismi geneticamente modificati e che presentano un contenuto minimo in proteine del 12,5%. Con riferimento alle colture energetiche, come è stato già detto in precedenza, l’art. 88 del citato regolamento, prevede un aiuto comunitario su base annua dell’ordine di 45 euro/ha, applicabile sia per le specie annuali che per quelle poliennali. Per quanto attiene alle foraggere finalizzate alla produzione di foraggio affienato, dalla riforma della Politica Agricola Comunitaria non è previsto alcun premio finalizzato ad incentivare tale produzione se non all’interno di ordinamenti in cui sono previsti allevamenti zootecnici. Lo scenario PSR prevede, nel dettaglio, la possibile applicazione dell’azione 214/1C in un avvicendamento che vede alternarsi una coltura da rinnovo (proteaginosa e/o nofood), il frumento duro ed una leguminosa (da granella o da foraggio) con la possibilità di poter usufruire annualmente un premio di 100 euro/ha, premio che risulta, come già detto in precedenza, incompatibile e non cumulabile con gli aiuti previsti dall’art. 69 per i seminativi e con gli aiuti previsti per le colture energetiche (art. 88). In tale scenario sono compatibili, per il frumento duro, il premio specifico alla qualità di cui agli artt. 72-75. In tale scenario le colture poliennali oggetto di indagine (arundo e canna) non vengono considerate in quanto le misure del documento di programmazione regionale che prevedono aiuti in conto capitale sugli investimenti ammissibili privilegiano solamente le piantagioni arboree a ciclo breve (short rotation).
23
Il premio specifico alla qualità per il frumento duro è previsto dal Titolo IV “Altri regimi di aiuto”, Capitolo 1, artt. 72-75 del Reg. CE 1782/2003, che prevede l’erogazione di un aiuto agli agricoltori che producono frumento duro subordinato all’utilizzazione di sementi certificate di varietà riconosciute. 24 L’art. 69 del Reg. CE 1782/2003 prevede il pagamento di un premio supplementare per migliorare la qualità e la commercializzazione dei prodotti agricoli effettuato su base annua dallo Stato membro sulla scorta delle trattenute operate sui massimali nazionali. Ai fini di una corretta applicazione della riforma in generale e per l’art. 69, in particolare, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha emanato il Decreto Ministeriale 5 agosto 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 191 del 16/08/2004, relativo alle “Disposizioni per l’attuazione della riforma della politica agricola comune” che prevede, nello specifico, delle trattenute dell’8% operate sui seminativi per consentire il pagamento supplementare ed il Decreto Ministeriale n. 2026 del 24 settembre 2004 che fissa l’importo massimo del pagamento supplementare, pari a 180 euro/ha. Nel caso di superamento del plafond viene applicata viene applicata una riduzione dei pagamenti supplementari.
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L’ultimo scenario (SI) si riferisce alla totale assenza, per tutte le colture considerate, di incentivi alla coltivazione al fine di verificare la condizione limite di convenienza economica della coltivazione. Qui di seguito viene riportata la tabella 3 che schematizza gli scenari considerati in funzione del sistema degli incentivi. TAB. 3 - Schema degli scenari considerati in funzione del sistema degli incentivi
Scenari
Grano duro
Status quo (SQ) - art. 69 (aiuto supplementare seminativi) - art. 73 (premio specifio alla qualità) - art. 88 (aiuto per le colture energetiche) PSR Sicilia 2007-2013 (PSR) - azione 214/1C - art. 73 (premio specifio alla qualità)
Colture di riferimento Brassica Foraggere carinata
220,00
-
180,00
-
-
-
40,00
-
-
-
-
-
45,00
45,00
100,00 100,00
-
140,00 100,00
Senza incentivi (SI)
Cardo / Arundo
100,00 100,00
45,00
45,00
40,00
-
-
-
-
-
-
-
5.2 La Metodologia Il presente lavoro si propone di comparare i risultare economici di tre colture agroenergetiche (brassica carinata, canna comune e cardo) con quelli ottenuti dalla coltivazione del frumento duro e delle foraggere affienate. In particolare, si è operato il confronto dei risultati economici delle menzionate colture mediante l’implementazione del seguente modello generale di programmazione lineare (PL)25: (1)
Max
25
I modelli sono stati risolti mediante l’utilizzo del software GAMS. Per la parte relativa alla procedura di imposizione dei vincoli specifici e della procedura di loop si è fatto riferimento al testo di McCarl Spreen disponibile online al seguente indirizzo web: http://agecon2.tamu.edu/people/faculty/mccarlbruce/books.htm.
33
in cui: -
RLi reddito lordo dell’i-sima coltura (euro/ha) ;
-
Qi resa unitaria (t/ha) dell’i-sima coltura;
-
pi prezzo unitario del prodotto finale dell’i-sima coltura (euro/t);
-
Ii premio ad ettaro per la i-esima coltura (euro/ha);
-
Xi superficie destinata all’i-esima coltura espressa in ettari (ha);
-
CVi costi espliciti per l’acquisto dei mezzi tecnici e per lo svolgimento delle operazioni colturali (noleggi) necessari nel ciclo di coltivazione dell’i-sima coltura (euro/ha).
Il modello ha consentito di identificare la scelta economicamente più conveniente per la massimizzazione del reddito lordo. Inoltre, il lavoro ha permesso di confrontare diversi scenari possibili per il complesso sistema di incentivi attualmente in vigore in Sicilia. Per ciascuno degli scenari considerati è stata condotta un’analisi di sensitività sui prezzi mediante l’implementazione di una procedura di loop: dunque, la massimizzazione del modello è stata operata con diversi prezzi ottenuti sostituendo nell’equazione (1) i valori di piloop in luogo di pi in modo da osservare quali cambiamenti vi sono nel modello operando variazioni nei prezzi delle colture di ± 10%. In termini analitici:
Il modello risultante è il seguente: (2)
Max
Dalla formulazione generale (2) sono stati ottenuti tre differenti modelli: nel primo il sistema di incentivi è quello attualmente in vigore in Sicilia (“Status quo”); nel secondo scenario si ipotizza l’attuazione del PSR Sicilia 2007-2013 (“PSR”); infine, un modello prevede la totale assenza di sovvenzioni alle colture oggetto dell’analisi (“Senza incentivi”). Nel primo caso la concessione degli incentivi al frumento è subordinata al vincolo di ringrano per non più di un anno, ovvero il frumento non può essere coltivato più di due anni consecutivi; in termini analitici il modello è il seguente:
33
(3) Max
Nello scenario “PSR” la concessione degli incentivi al frumento è prevista solo in caso di rotazione quinquennale delle colture, nella quale sia il frumento sia la brassica non possono occupare il campo più di due anni: (4) Max
Infine, è stato utilizzato un modello per confrontare i redditi lordi delle colture in uno scenario in cui non sono previste sovvenzioni (scenario “senza incentivi”), né vincoli di rotazione: (5)
Max
5.3 I risultati della valutazione economica Le elaborazioni effettuate e riportate in specifiche tabelle di sintesi, illustrano i risultati ottenuti per i diversi scenari considerati. In particolare, si riporta quanto ottenuto nei singoli casi studio e l’analisi di sensitività condotta, per ogni singola coltura, ipotizzando variazioni positive e negative (± 10%) dei prezzi del prodotto finale considerato, ovvero sulla biomassa e/o sulla granella. Ai fini di una sintetica lettura, nelle tabelle relative all’analisi di sensitività non sono stati riportati i casi riguardanti le variazioni di prezzo che non hanno modificato la soluzione dello scenario baseline (ovvero la situazione di partenza). Negli schemi che seguono sono stati messi in evidenza i dati relativi al reddito lordo (euro/ha), alla superficie da destinare per ciascuna delle colture considerate (ha), espressa come
33
percentuale sul totale disponibile, ed al decremento marginale indotto da ciascuna delle colture alternative (euro/ha). Il primo risultato rilevante per lo scenario “Status Quo” (Tab. 4) è che il cardo da biomassa e granella consente di ottenere il reddito più elevato. TAB. 4 – Baseline. Scenario “Status Quo” Reddito
Frumento
Foraggere
Brassica
Cardo da
Cardo da
Canna
lordo
duro
affienate
carinata
biomassa
biomassa e
comune
granella Livello
125.0
Decremento
100% 175
254
175
110
48
La coltivazione di canna comune e del cardo da biomassa, entrambe colture poliennali, risultano, rispettivamente, le due alternative economicamente più convenienti. Infine, occorre notare come la sostituzione della coltura poliennale individuata dal modello con una delle tre colture annuali comporterebbe un decremento del reddito lordo superiore ai 175 euro/ha. L’analisi di sensitività (Tab. 5) consente di effettuare ulteriori considerazioni in merito allo scenario attuale. TAB. 5 – Analisi di sensitività. Scenario “Status Quo” Reddito
Frumento
Foraggere
Brassica
Cardo da
Cardo da
Canna
lordo
duro
affienate
carinata
biomassa
biomassa
comune
e granella Cardo da biomassa
77.0
e granella (-10%) Cardo da biomassa
103
(+ 10%)
206
103
62
178.0
e granella (+10%) Canna comune
100% 5 100% 254
307
254
163
101
277.0
100% 403
406
403
262
152
In primo luogo la canna comune risulta, come già evidenziato in precedenza, l’alternativa più conveniente al cardo per la produzione di biomassa e granella da olio. Tale convenienza risulta netta nel caso in cui il decremento di prezzo di quest’ultima è
33
pari al 10%26 e sia qualora l’incremento di prezzo del trinciato di canna comune è pari al 10%. In quest’ultimo caso il reddito lordo supererebbe i 270 euro/ha, un valore doppio rispetto a quello previsto per lo scenario baseline. In sintesi, il cardo dedicato alla produzione di biomassa e granella risulta la coltura energetica più redditizia ma occorre monitorare con grande attenzione l’evoluzione di un possibile mercato dei prodotti energetici ottenuti e delle stesse rese nel tempo. Si ricorda, infatti, che i dati sperimentali mostrano una non trascurabile instabilità produttiva delle rese del cardo. Tuttavia, un aumento dei livelli dei prezzi e delle stesse rese, rispetto a quelle considerate nel modello, potrebbero creare le condizioni favorevoli per una sua introduzione negli ordinamenti colturali siciliani. I risultati dello scenario “PSR 2007-2013” differiscono da quelli dello scenario precedente, pur presentando alcuni tratti comuni (Tab. 6). TAB. 6 – Baseline. Scenario “PSR 2007-2013” Reddito
Frumento
Foraggere
Brassica
Cardo da
Cardo da
Canna
lordo
duro
affienate
carinata
biomassa
biomassa e
comune
granella Livello
81.0
40%
20%
Decremento
40% 111
1
49
Il reddito lordo risulta massimizzato dalla scelta di operare la rotazione quinquennale (frumento duro, foraggere affienate, brassica carinata) per la quale il PSR prevede l’erogazione di un premio annuo per unità di superficie. Tuttavia, il valore marginale del cardo da biomassa e granella è molto basso: la sua coltivazione in luogo della citata rotazione deprimerebbe il reddito lordo solo di un euro ad ettaro, per ciascun anno, e dunque tali alternative appaiono economicamente indifferenti. Diversamente, nello scenario baseline, il cardo da biomassa e la canna comune non sono colture competitive. La tabella 7 mostra i risultati dell’analisi di sensitività dalla quale risulta che la poliennale cardo da biomassa e granella risulta la coltura più conveniente sia
26
Per tale coltura è stato ipotizzato un decremento medio del prezzo del 10% sia della biomassa che della granella.
33
ipotizzando un incremento di prezzo di quest’ultima, sia considerando un decremento del prezzo per il frumento27. TAB. 7 – Analisi di sensitività. Scenario “PSR 2007-2013” Reddito
Frumento
Foraggere
Brassica
Cardo da
Cardo da
Canna
lordo
duro
affienate
carinata
biomassa
biomassa e
comune
granella Frumento duro
80.0
(-10%) Frumento duro
114.5
100% 81.2
81.2
81.2
40%
20%
40%
110
(+10%) Canna comune
144.5
34.5
232.0
(+ 10%) Cardo da biomassa
48
100% 377.5
377.5
377.5
262
152
133.0
e granella (+ 10%)
82.5
100% 130
130
130
163
101
È da sottolineare che un incremento di prezzo della biomassa della canna comune, ceteris paribus, renderebbe la coltivazione di questa preferibile a quella delle tre colture annuali in successione, nel qual caso il reddito lordo raggiungerebbe valori notevolmente superiori a quelli previsti nello scenario baseline. L’ultimo scenario considerato è quello in cui è stata prevista la totale assenza di incentivi sia per le colture energetiche, sia per il frumento duro; i risultati delle elaborazioni sono riassunti nelle tabelle 8 e 9. Nella situazione di partenza (baseline) il frumento è la coltura che consentirebbe di massimizzare il reddito lordo e l’introduzione di una delle colture energetiche comporterebbe un decremento di reddito superiore ai 129 euro/ha (Tab. 8). TAB. 8 – Baseline. Scenario “Senza incentivi” Reddito
Frumento
Brassica
Cardo da
Cardo da
Canna
lordo
duro
carinata
biomassa
biomassa e
comune
granella Livello Decremento
27
209.0
100% 391
239
129
177
Soluzione analoga è ottenibile diminuendo del 10% il prezzo delle altre due colture in rotazione.
33
Anche nello scenario “senza incentivi” (Tab. 9) la canna comune risulta competitiva, ma soprattutto appare l’unica alternativa economicamente conveniente. Infatti, un aumento del 10% del prezzo della biomassa di tale coltura ne renderebbe la coltivazione più conveniente rispetto a quella del frumento duro. TAB. 9 – Analisi di sensitività. Scenario “Senza incentivi” Reddito
Frumento
Brassica
Cardo da
Cardo da
Canna
lordo
duro
carinata
biomassa
biomassa e
comune
granella Frumento duro
125.3
100%
(-10%) Frumento duro
292.7
(+ 10%)
155.3
45.3
93.3
474.7
322.7
212.7
260.7
100%
(+10%) Canna comune
307.3
232.0
100% 23
414
262
152
In definitiva, le colture energetiche sembrano potersi considerare delle valide alternative alle colture attualmente presenti negli ordinamenti colturali del territorio in esame, ed in particolare in relazione alla coltivazione del frumento duro, rispetto al quale, comunque, permane una forte differenziazione in termini di politiche di sovvenzione.
6. CONCLUSIONI Una completa analisi economica delle colture energetiche dovrebbe considerare l’intera filiera agroenergetica, in relazione all’approvvigionamento di materia prima all’impianto, nonché al potenziale mercato dell’energia prodotta (Fiorese et al., 2007). In letteratura esistono vari casi di analisi di filiere, ad esempio riguardanti un preciso territorio provinciale in relazione alla produzione, trasporto, trasformazione e vendita di energia derivante da biomassa (Fiorese et al., 2004), oppure in relazione alla filiera corta per la produzione di biodiesel in un contesto regionale (Messina, Pecorino, 2008). Il presente lavoro si limita ad analizzare gli aspetti produttivi al fine di condurre un confronto tra i risultati delle colture energetiche oggetto di analisi, con quelli del frumento duro e delle foraggere (produzione di foraggio affienato), per giungere ad
33
esprimere dei giudizi di convenienza economica finalizzati alla loro possibile introduzione negli avvicendamenti colturali dei seminativi. In Sicilia, tra i seminativi il frumento duro28 riveste un ruolo di fondamentale importanza per il vasto indotto che alimenta attivando processi “a monte”, quali le industrie sementiere e dei mezzi tecnici ed alimentando, “a valle”, i centri di stoccaggio e le industrie di prima e seconda trasformazione (Chinnici-Pecorino, 2007; Regione Siciliana, 2008b). La forte diffusione di questo cereale, inoltre è dovuta alla sua forte adattabilità agli ambienti semi-aridi tipici di buona parte dei seminativi regionali, diffusi principalmente nelle province di Palermo, Enna e Caltanissetta. La valutazione economica è stata condotta con riferimento a tre colture agro-energetiche quali la canna (Arundo donax L.), il cardo (Cynara cardunculus L.) e la brassica (Brassica carinata A.) La canna ed il cardo rappresentano due specie erbacee poliennali, endemiche, caratterizzate da elevata produttività e particolarmente adattabili agli ambienti mediterranei. Inoltre, in virtù delle loro ridotte esigenze idriche e nutrizionali, è possibile ipotizzarne la coltivazione in regimi a bassi input di energia ausiliaria. A parte, infatti, le operazioni di impianto, il loro ciclo di coltivazione prevede interventi limitati alle operazioni di concimazione e di raccolta della biomassa. Dette caratteristiche rendono vantaggiosa la coltivazione di queste piante negli ambienti tipici dell’entroterra siciliano, dove anche impianti arborei tipo SRF avrebbero difficoltà a vegetare, consentendo una eventuale valorizzazione dei terreni marginali e riducendo il rischio di erosione e desertificazione tipica di queste aree. Anche nel caso della brassica è in corso una fase avanzata di sperimentazione che conferma la sua adattabilità agli ambienti caldo-aridi propri dei seminativi siciliani ed ai regimi di coltivazione con ridotto impiego di mezzi tecnici, nonché la sua idoneità all’inserimento in programmi di rotazione con altre piante alimentari e foraggere. L’analisi economica ha permesso di evidenziare, nei tre scenari considerati, dei livelli di convenienza economica differenziati per le colture considerate anche con riferimento all’ipotesi di variazione positiva e negativa (±10%) dei prezzi. In particolare, nella baseline dello scenario “Status quo” è solo la canna da biomassa e granella in grado di 28
Il frumento duro rappresenta più del 90% dei cereali coltivati nell’Isola, con una superficie di 301.250 ha, ed una produzione annua di circa 861.000 t (ISTAT, 2007)
33
massimizzare il reddito lordo mentre la sostituzione di tale coltura con un’altra annuale comporta dei decrementi di reddito lordo oscillante oscillano da 48 euro/ha della canna comune a 254 euro/ha delle foraggere, mentre il frumento duro presenta decrementi dell’ordine di 175 euro/ha. La variazione dei prezzi, sia in aumento che in diminuzione, fa registrare che l’arundo e il cardo da biomassa e granella rappresentano le colture più redditizie e, quindi, molto interessanti per una loro introduzione negli ordinamenti colturali siciliani in sostituzione al frumento duro. Con riferimento allo scenario PSR, l’impatto della nuova programmazione regionale vede privilegiare la rotazione quinquennale che vede alternarsi il frumento duro con una coltura da rinnovo (la brassica carinata) ed una miglioratrice (una foraggera affienata). In tale scenario considerando i vincoli imposti dalla programmazione regionale, in termini di successione delle colture, vede comunque massimizzato il reddito lordo anche se con livelli non molto elevati (81 euro/ha). Nell’analisi di sensitività, sia la variazione dei prezzi del frumento (-10%) e sia quella dell’arundo, della biomassa e della granella del cardo (+10%) determina uno spostamento verso tali colture rendendole più convenienti con un reddito lordo massimizzato di oltre 133 euro/ha. Solo una variazione positiva dei prezzi del frumento duro renderebbe conveniente l’azione della rotazione quinquennale con un reddito lordo di 114,5 euro/ha. Lo scenario senza incentivi vede il frumento duro la coltura più redditizia rispetto a tutte le altre, dove l’introduzione di una coltura energetica comporterebbe un decremento di reddito lordo oscillante da 129 euro/ha, per il cardo da biomassa e da granella, a 391 euro/ha, per la brassica. Le variazioni positive e negative del prezzo del frumento duro (±10%) nell’analisi di sensitività vede sempre il cereale la coltura più redditizia; solo la canna comune è in grado di sostituire il frumento duro a condizione che il prezzo della biomassa subisca un incremento dell’ordine del 10%. La presente analisi mette in risalto le notevoli potenzialità che potrebbero avere le colture energetiche in Sicilia a condizione che i relativi prezzi crescano più rispetto a quelli del frumento duro.
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