UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI “M.FANNO” CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN ECONOMIA E DIREZIONE AZIENDALE
TESI DI LAUREA “IL BILANCIO INTEGRATO NEL SETTORE MULTIUTILITY”
RELATORE: CH.MO PROF. GIACOMO BOESSO
LAUREANDA: ILARIA MERVISAN MATRICOLA N. 1035928
ANNO ACCADEMICO 2013 – 2014
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INDICE
INTRODUZIONE 1.
LA SOSTENIBILITÀ 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6
2.
IL BILANCIO INTEGRATO 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6
3.
LA RENDICONTAZIONE NON FINANZIARIA L’INTEGRAZIONE DELLA RENDICONTAZIONE IL BILANCIO INTEGRATO FRAMEWORK IIRC DI REPORT INTEGRATO POSSIBILI BENEFICI E CRITICITÀ DERIVANTI DALL’IMPLEMENTAZIONE DEL REPORT INTEGRATO LA FORMULAZIONE DEI QUESITI DI RICERCA
IL SETTORE MULTIUTILITY 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7
4.
LA CORPORATE SUSTAINABILITY LE INIZIATIVE PER CONSOLIDARE LA SOSTENIBILITÀ AZIENDALE LA RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA IL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE L’IMPORTANZA DEL REPORT INTEGRATO PER LA SOSTENIBILITÀ DEFINIZIONE DELLA DOMANDA DI RICERCA
IL SETTORE DEI SERVIZI DI PUBBLICA UTILITÀ I DRIVER DEL CAMBIAMENTO NEL SETTORE UTILITY RENDICONTAZIONE NON FINANZIARIA: EVIDENZE PER IL SETTORE MULTIUTILITY COMUNICARE LA CREAZIONE DI VALORE DEFINIZIONE DEL CAMPIONE D’AZIENDE METODOLOGIA DI RICERCA E PROFILI INFORMATIVI INDAGATI I RISULTATI ATTESI DALL’ANALISI
I CASI ACEGASAPS E HERA 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6
PRESENTAZIONE GENERALE DEI DOCUMENTI ANALIZZATI LA VALUTAZIONE DEL PROCESSO DI RENDICONTAZIONE LA VALUTAZIONE DEL PROFILO DEL REPORT LA VALUTAZIONE DELLA RISPONDENZA AL FRAMEWORK IIRC DI REPORTING INTEGRATO DISCUSSIONE DEI RISULTATI CONCLUSIONI
5 13 13 20 26 31 40 46 49 49 56 62 68 72 78 81 81 86 91 95 98 102 108 109 109 115 124 129 141 144
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE, LIMITI E IMPLICAZIONI DELLA RICERCA
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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SITI INTERNET CONSULTATI
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Introduzione
L’urgenza e l’ampiezza dei rischi e delle sfide alla sostenibilità collettiva hanno contribuito a far diventare la sostenibilità dell’agire aziendale un tema centrale nell’odierno dibattito economico e imprenditoriale. La transizione verso una società e un’economia sostenibili richiede un attento bilanciamento tra obiettivi a breve e lungo termine e un’accentuazione degli aspetti di equità, partecipazione e qualità della vita, anziché quantità di prodotto. Le imprese, in virtù della funzione centrale che rivestono nella società, hanno un ruolo importante nel raggiungimento dell’obiettivo di sviluppo sostenibile, il cui fine è quello di garantire la soddisfazione delle esigenze del presente, senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. In astratto, il termine “sostenibilità” indica la capacità di continuare a esistere senza interruzione o diminuzione. La sua applicazione in ambito economico non implica solo il rispetto dei principi dell’etica economica e il perseguimento di una crescita di lungo periodo, bensì anche il miglioramento delle condizioni ambientali, economiche, sociali ed istituzionali del contesto in cui le imprese operano, sia a livello locale che globale. Le principali funzioni di un’impresa consistono nel creare valore tramite la produzione dei beni e dei servizi richiesti dalla società, generando al contempo profitti per i suoi titolari e azionisti nonché ricchezza per la collettività, in particolare tramite la creazione di posti di lavoro. Nello svolgimento delle attività aziendali, tuttavia, l’impresa produce inevitabilmente una serie di conseguenze sui propri portatori di interessi (stakeholder), creando o distruggendo valore per ciascuno di essi. Con il termine stakeholder, nello specifico, si indicano tutti gli individui e i gruppi che hanno interessi e legittime attese nelle decisioni e nelle attività aziendali, in termini di prodotti e servizi, politiche e processi produttivi, lavorativi, finanziari, di vendita, e che al contempo sono in grado di influenzarne il funzionamento. La Responsabilità Sociale, definita dalla Commissione europea come la “responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società”, ha la possibilità (e il compito) di esprimersi anche attraverso l’utilizzo di nuovi modelli di reporting, con cui valutare e comunicare gli impatti che le loro scelte e operazioni di business generano sul benessere della società, sulle strutture economico-sociali e sull’ambiente. Cogliere, analizzare e rappresentare correttamente e sinergicamente la vasta gamma di fattori tangibili e intangibili, che permettono la creazione e la conservazione del valore di un’impresa, riveste un’importanza fondamentale al fine di
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consolidare la sostenibilità, non solo aziendale. Infatti, si deve tener conto che anche la sostenibilità del sistema socio-economico e ambientale dipende dalla disponibilità di informazioni materiali, accurate e condivise, la cui diffusione può permettere un’allocazione di capitali più efficiente e produttiva e alimentare un circolo virtuoso tra Responsabilità Sociale d’Impresa e controllo dell’agire aziendale. L’acquisizione delle risorse finanziarie (capitale di debito e/o di rischio) necessarie ad assicurare la stabilità finanziaria e lo sviluppo del business, esige di migliorare la comprensione delle conseguenze non economico-finanziarie dell’agire aziendale e degli effetti che l’assunzione di iniziative socialmente responsabili genera sulla competitività e sulle decisioni di investimento. Si richiede, inoltre, di verificare l’andamento della gestione e le evoluzioni della strategia aziendale in risposta ai cambiamenti, ai rischi e alle opportunità individuati nel contesto operativo, coerentemente con tutte le risorse utilizzate e influenzate dall’organizzazione. Oltre a valutare la capacità di sopravvivenza dell’impresa nel mediolungo periodo, tra le esigenze conoscitive espresse dalla totalità degli stakeholder vi è quella di quantificare la creazione di valore condiviso nel contesto di riferimento, ossia la promozione del valore economico e sociale tramite le competenze e le risorse aziendali. L’informativa di bilancio, oltre ad essere un obbligo, rappresenta un’opportunità considerevole per l’impresa, attraverso la quale essa comunica la propria missione, presenta i risultati del proprio agire e intesse uno scambio utile e vantaggioso con gli stakeholder. La tradizionale reportistica economico-finanziaria sta progressivamente integrando anche parametri ambientali, sociali e di governance (ESG), ampliando gli ambiti trattati e contribuendo all’affermazione di nuovi strumenti di misurazione e valorizzazione delle performance economico-finanziarie, sociali e ambientali. Infatti, la trasparenza informativa non può prescindere dai principi etici e dai processi di rendicontazione adottati dalle imprese, al fine di indirizzare e misurare la loro operatività. A seconda delle competenze e della maturità sviluppate nei processi di misurazione e comunicazione delle informazioni non finanziarie, le soluzioni operative adottate dalle imprese possono assumere diverse configurazioni. In alcuni casi si assiste alla divulgazione delle performance socio-ambientali tramite un documento autonomo e separato dal Bilancio Economico-Finanziario. Tale strumento di reporting, denominato Bilancio di Sostenibilità (o Bilancio Sociale), facilita la misurazione e la gestione delle dimensioni non finanziarie dell’attività aziendale, assicurando ai diversi portatori di interessi la trasparenza sugli impatti sociali, ambientali ed economici generati. In altri casi, si riscontra la possibilità di presentare le informazioni sulla sostenibilità all’interno dello stesso Report Economico-Finanziario, evidenziando le relazioni tra la 6
dimensione economica del business e gli effetti generati sulla sostenibilità socio-ambientale ed economica del contesto operativo. Un documento così strutturato è dotato di un elevato potenziale informativo, perché inquadra varie forme di reporting in una visione d’insieme, organica e capace di produrre sinergie tra le diverse tipologie di informazioni (finanziarie e non). Nello specifico, la categoria delle informazioni non finanziarie comprende tutte quelle comunicate agli azionisti e agli altri stakeholder che “non siano definite da uno standard di accounting”. Ad esempio, i dati qualitativi e quantitativi relativi al modello di business e alle risorse produttive, naturali, umane e relazionali, utilizzate e influenzate dall’organizzazione. Tale report, definito Bilancio Integrato, si differenzia dagli altri documenti di comunicazione societaria per la sua duplice valenza informativa: da un lato supporta il processo decisionale dei fornitori di capitale finanziario, dall’altro intende interpretare le diverse aspettative degli stakeholder interni ed esterni all’organizzazione. La convinzione che le informazioni siano fondamentali per l’efficienza dei mercati è stata comprovata dalla recente crisi economico-finanziaria e dalle iniziative intraprese da autorità e organizzazioni nazionali e sovranazionali, al fine di aumentare la trasparenza dei mercati e dell’informativa finanziaria. Recentemente si è potuto assistere a importanti sviluppi nella normativa, negli standard e nelle pratiche di rendicontazione, anche per effetto della crescente attenzione riservata dalle istituzioni, dagli investitori e dalla collettività alla trasparenza e alla correttezza dei comportamenti aziendali. In particolare, a livello normativo si evidenzia la proposta di direttiva europea sulla rendicontazione delle informazioni non finanziarie, che impone alle grandi imprese di rendere pubbliche annualmente le informazioni di natura non strettamente finanziaria. Ad esempio, rientrano in questa categoria le politiche di genere, di gestione della diversità e quelle riguardanti il rispetto dei diritti umani e gli indicatori ESG. Inoltre, è importante segnalare l’affermazione di nuovi strumenti e metodologie di misurazione della sostenibilità e delle performance non finanziarie, non contemplate dalla tradizionale contabilità. Oltre al Report Integrato e al Bilancio di Sostenibilità presentati in precedenza, si rammentano anche il rating per l’investimento socialmente responsabile, i Dieci principi del Global Compact delle Nazioni Unite, le Linee Guida dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) per le imprese multinazionali e la Linea Guida ISO 26000 sulla Responsabilità Sociale. Infine, occorre tenere presente che nel corso del 2013 sono state aggiornate le Linee Guida della Global Reporting Initiative (GRI) per il Bilancio di Sostenibilità (versione G4) ed è stato presentato il Framework dell’International Integrated Reporting Council (IIRC) per il Report Integrato. Le imprese, quindi, nell’ampliamento qualitativo e quantitativo delle informazioni presenti nel tradizionale Report Economico-Finanziario, sono supportate da vari modelli e linee guida 7
che permettono di misurare e valorizzare i diversi aspetti della perfomance aziendale. Lo scopo del presente lavoro è di richiamare l’attenzione sulla rendicontazione integrata e sull’importanza che la sua adozione potrebbe avere nel contesto delle società quotate, al fine di supportare decisioni in grado di assicurare contemporaneamente stabilità finanziaria e pratiche aziendali sostenibili. Nello specifico, l’approfondimento del Framework IIRC e l’analisi delle esperienze aziendali in ambito di rendicontazione non finanziaria, dovrebbero consentire di rispondere alle seguenti domande:
Le imprese quotate dovrebbero utilizzare il Bilancio Integrato o il Bilancio di Sostenibilità per evidenziare la sempre maggiore connessione tra la dimensione economico-finanziaria del business e le performance conseguite in ambito sociale ed ambientale? In altri termini, quale dei due strumenti di reporting è più adatto a illustrare la strategia organizzativa, la struttura di governo, le performance attuali e le prospettive future, ossia quegli elementi rilevanti per la creazione di valore nel tempo?
Per supportare le aziende nella redazione del Bilancio di Sostenibilità e del Report Integrato esistono diversi modelli di riferimento in grado di indirizzare e facilitare il lavoro, tra questi: le Linee Guida GRI per il reporting di sostenibilità e il Framework IIRC di reporting integrato. Questi due modelli sono complementari o esiste il rischio che si generi una sovrapposizione tra i due framework?
La capacità di favorire la comprensione e l’interpretazione dei dati non finanziari, come ad esempio le emissioni di gas serra, la durata media della relazione con i clienti, le politiche retributive del management, è un attributo riferibile sia al Bilancio Integrato che a quello di Sostenibilità? In altre parole, entrambi i documenti sono in grado di rendere più efficace e accessibile il collegamento dei dati ESG con le informazioni economico-finanziarie, come ad esempio la redditività, il capitale investito e l’indebitamento finanziario?
Tali quesiti si ritengono di particolare interesse soprattutto in considerazione delle evoluzioni avvenute nelle pratiche di rendicontazione aziendale e del carattere di volontarietà che contraddistingue non solo l’adozione di tali modelli, bensì anche il loro contenuto informativo. Nello scenario in cui le aziende sono chiamate oggi a operare, il comparto delle multiutility si presta a un lavoro di analisi particolarmente interessante per quanto riguarda il processo di integrazione della rendicontazione aziendale. Le capacità informative dei due documenti di bilancio saranno valutate con riferimento alle società multiutility quotate, in virtù della larga diffusione che dovrebbe caratterizzarle. Quest’ultima, è intesa come la numerosità e l’eterogeneità dei gruppi di stakeholder che interagiscono con l’impresa e che sono influenzati
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dalla sua operatività. L’oggetto sociale delle multiutility consiste nell’offrire, tendenzialmente alla stessa base di clienti, molteplici servizi di pubblica utilità, quali, ad esempio, la gestione del ciclo idrico, la distribuzione di energia elettrica e gas, lo smaltimento dei rifiuti, il trasporto pubblico locale. In questi ultimi anni i servizi di pubblica utilità di maggiore rilevanza industriale hanno sperimentato una fase di profonda ristrutturazione, avviata con il ridimensionamento del ruolo dello Stato nell’economia. I processi di deregolamentazione e privatizzazione hanno reso i mercati nazionali sempre più competitivi e hanno contribuito a determinare nella multiutility una ridefinizione del contesto organizzativo, delle finalità aziendali e dei principi gestionali. Oltre alla maggiore esposizione alle sollecitazioni di mercato, anche la maggiore complessità aziendale rispetto a un’azienda monoservizio e le evoluzioni tecnologiche del contesto operativo hanno amplificato la dipendenza dal mercato dei capitali delle multiutility, già insita nella natura capital intensive del settore. Quest’ultima richiede, infatti, il sostenimento di ingenti investimenti per raggiungere un certo livello dimensionale e sfruttare le economie di scala e di scopo, garantendo la qualità e l’accessibilità dei prezzi dei servizi offerti. Di conseguenza, al fine di dotarsi di una solidità finanziaria idonea a sostenere lo sviluppo del business, si determina per le multiutility la necessità di interagire con il mercato dei capitali e acquisire consensi e risorse intorno alla missione e strategia aziendale. Contemporaneamente, come conseguenza dell’erogazione di servizi essenziali per i cittadini e dell’utilizzo di risorse naturali, si determinano per le multiutility rilevanti responsabilità nei confronti del contesto sociale, economico e ambientale in cui operano. Per le condizioni appena evidenziate, si considera importate dotare le imprese utility di uno strumento in grado di monitorare e comunicare il triplice effetto dell’attività aziendale, e soddisfare le attese e gli interessi del complesso sistema di interlocutori sociali con cui esse si relazionano. Le domande di ricerca, precedentemente formulate, possono essere contestualizzate nel settore multiutility per indagare su quale documento dovrebbe ricadere la scelta delle multiutility quotate, che intendono adottare un approccio alla sostenibilità di tipo strategicocompetitivo. In particolare, ci si propone di rispondere a questo ulteriore interrogativo:
Nel settore multiutility è più appropriato il Bilancio Integrato o il Report di Sostenibilità per favorire lo sviluppo del business, la gestione delle condizioni operative in rapida trasformazione e la valorizzazione delle aspettative di tutti gli stakeholder?
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Il presente lavoro di tesi, strutturato in quattro capitoli, intende rispondere a tali quesiti tramite la valutazione della capacità del Bilancio Integrato di riflettere la natura interconnessa dei fattori sociali, ambientali, economici e di governance e di evidenziare il legame tra quest’ultimi e la creazione di un valore economico e sociale condiviso. Il primo capitolo affronta il tema della corporate sustainability e della Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI), analizzando, nello specifico, il legame tra competitività, RSI e sostenibilità dello sviluppo. Saranno inoltre illustrate alcune delle iniziative a disposizione delle organizzazioni per configurare in chiave sostenibile la strategia e la rendicontazione aziendale. Il secondo capitolo è dedicato alla rendicontazione non finanziaria e a come l’integrazione dell’informativa aziendale può contribuire a raggiungere gli obiettivi di business, rafforzare la competitività dell’impresa nel lungo periodo e, contemporaneamente, soddisfare le esigenze di trasparenza e responsabilità per gli impatti socio-economici e ambientali manifestate dagli stakeholder. Tramite la definizione di Bilancio Integrato e l’illustrazione di obiettivi, benefici e criticità connessi alla sua implementazione, si cercherà di comprendere come tale strumento valorizzi le performance aziendali in un’ottica di triple bottom line, evidenziando l’approccio del management, gli orientamenti e gli obiettivi dell’impresa rispetto il tema della sostenibilità. Infine, sarà presentato il Framework IIRC di Reporting Integrato, utilizzato poi nell’ultimo capitolo del lavoro come modello di riferimento per valutare l’importanza e l’adeguatezza del Bilancio Integrato nel soddisfare le esigenze comunicative delle imprese multiutility. Nel terzo capitolo si cercherà di capire perché il settore multiutility è particolarmente adatto a verificare la capacità del Bilancio Integrato di comunicare la creazione del valore. Saranno inoltre mostrate le principali tendenze, registrate a livello italiano e internazionale, nella comunicazione dei risultati conseguiti in ambito economico, sociale e ambientale da parte delle utility. A differenza dei precedenti capitoli prettamente teorici, il quarto analizza da un punto di vista empirico il Report Integrato, permettendo di esemplificare e confrontare l’utilità e la coerenza dei documenti integrati e di sostenibilità nel settore multiutility. Le concrete esperienze maturate nell’ambito della rendicontazione non finanziaria consentiranno, inoltre, di apprezzare l’integrazione della sostenibilità nella gestione e comunicazione d’impresa e quindi il reale contributo reso allo sviluppo sostenibile. Lo sforzo di selezionare un modello di rendicontazione non finanziaria (Bilancio Integrato o di Sostenibilità) e la sollecitazione delle imprese multiutility quotate alla sua implementazione, rappresentano il valore aggiunto offerto da questo approfondimento. Tale studio permetterà, inoltre, di verificare che la trattazione delle tematiche sociali, ambientali e di governance, 10
accanto alla divulgazione delle informazioni economico-finanziarie, non è solo nell’interesse competitivo delle imprese, bensì anche ai fini della sostenibilità collettiva. Infine, è importante sottolineare che la realizzazione di questa ricerca è stata guidata dalla consapevolezza che la sostenibilità dei modelli di sviluppo sociale ed economico sia possibile (e non più rinviabile) seguendo una logica “dal basso”, attraverso le scelte e le azioni individualmente compiute da persone e imprese che collaborano per la sostenibilità della vita. In aggiunta, si ritiene possibile perseguire la sostenibilità dello sviluppo economico, sociale e ambientale tramite una conoscenza completa delle conseguenze economiche, sociali e ambientali prodotte dalle scelte e dai comportamenti aziendali. Le imprese, infatti, quali sistemi interattivi di risorse e competenze organizzate per produrre valore, possono contribuire a diffondere le buone pratiche di responsabilità sociale nella società e mettere le proprie competenze e conoscenze al servizio della creazione di valore condiviso. Gli individui, a loro volta, tramite scelte di consumo e investimento che tengano adeguatamente conto delle informazioni non finanziarie, possono aumentare gli effetti positivi dal punto di vista economico e competitivo di una condotta socialmente rilevante da parte delle imprese.
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1. La sostenibilità
1.1
La Corporate Sustainability
La Corporate Sustainability può essere definita come la capacità di un’organizzazione di rimanere produttiva nel tempo e di salvaguardare il contesto sociale, ambientale ed economico in cui opera, restando competitiva nel medio-lungo periodo, ossia crescendo in modo sostenibile (KPMG, 2011). La Corporate Sustainability configura un approccio finalizzato alla creazione di valore nel lungo periodo, allargato a tutti gli stakeholder e fondato sulla capacità di saper cogliere le opportunità e di gestire i rischi derivanti dalle dinamiche del contesto operativo. A tal fine, le imprese dovrebbero rispettare una serie di parametri relativi a:
Ambiente: rispettare l’ambiente attraverso un corretto uso delle risorse e un continuo monitoraggio del proprio ciclo produttivo.
Governance e stakeholder: avere un dialogo continuo e aperto con le istituzioni (siano esse locali, nazionali o internazionali) e le comunità locali al fine di monitorare le aspettative del contesto in cui l’impresa opera; definire elevati standard di corporate governance e attuare iniziative di coinvolgimento degli stakeholder, tra cui il codice etico aziendale e il corporate reporting.
Capitale umano: creare un rapporto chiaro e trasparente con i propri dipendenti al fine di motivarli e renderli partecipi della propria vision di business e della mission aziendale; rispettare i diritti umani dei lavoratori, valorizzarne l’esperienza e svilupparne le competenze.
Prodotti e clienti: operare nel mercato competitivo attraverso prodotti sostenibili e rispondenti alle norme degli enti regolatori e alle richieste dei clienti (KPMG, 2011).
La nozione di Corporate Sustainability affonda le sue radici nella definizione di sviluppo sostenibile, proposta nel 1987 dalla Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo, che impone la soddisfazione delle esigenze del presente, senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Nel Rapporto “Our Common Future” si riconosce l’esistenza di limitazioni al consumo di risorse naturali, derivanti dallo stato della tecnologia e dall’organizzazione sociale, unita alla limitata capacità della biosfera di assorbire gli effetti dell’attività umana. Pertanto, “lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una
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definitiva condizione di armonia, è un processo di cambiamento in cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali devono agire contemporaneamente per favorire la capacità di soddisfazione dei bisogni nel presente e nel futuro” (WCED, 1987). All’evoluzione del concetto di Corporate Sustainability ha contribuito inoltre, il principio della “triple bottom line”, elaborata da Elkington (1997), in base al quale si afferma la necessità per le organizzazioni di incorporare nella propria strategia obiettivi di prosperità economica, di qualità ambientale e di giustizia sociale. L’ultima riga del conto economico, che evidenzia il solo risultato economico (the bottom line), deve essere dunque integrata con aspetti sociali ed ambientali, affinché si possa misurare il valore reale sostenibile che produce l’impresa (triple bottom line).
Figura 1.1: Lo sviluppo sostenibile
Fonte: Borsa Italiana (2009)
Secondo la logica della triple bottom line, l’impresa deve perseguire (e dunque, rendere conto di) tre ordini di risultati: i risultati economici, in quanto la capacità di generare ricchezza è condizione per assicurare la sopravvivenza e lo sviluppo dell’impresa; i risultati sociali in senso stretto, cioè nei confronti delle attese dei collaboratori e delle forze sociali esterne all’impresa; i risultati ambientali, nel senso di attenzione all’equilibrio ecologico nelle sue 14
varie dimensioni. Si rileva la necessità di valutare congiuntamente, in un’ottica sistemica, i diversi ordini di risultato poiché ciascuno di essi è funzionale al perseguimento degli altri e gli interessi di tutti gli interlocutori aziendali trovano un’armonica composizione attorno al disegno di sviluppo dell’impresa (Molteni, 2004). Ricordando che “un’azienda vive inserita in un sistema sociale e in un sistema ambientale” e che “non è solo un macchina per fare profitti” (Di Bari 2009, p.82), si definisce stakeholder “qualsiasi gruppo o individuo che può influenzare, o essere influenzato da, il raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione” (Freeman 2010, p.46). Gli stakeholder del comportamento d’impresa risultano quindi tutti coloro che hanno una “posta in gioco” non solo titoli di proprietà e diritti legali, ma anche interessi e legittime attese nelle decisioni e nelle attività aziendali in termini di prodotti e servizi, politiche e processi (produttivi, lavorativi, finanziari, di vendita, ecc.) e che al contempo sono in grado di influenzarne il funzionamento. In questa prospettiva si allarga notevolmente il ventaglio degli interlocutori sociali dell’impresa, che arriva a includere individui e gruppi a essa legati non soltanto da relazioni di natura mercantile o giuridica: gli azionisti e gli investitori, i dipendenti e i collaboratori, i clienti e i consumatori finali, i fornitori e i partner di business, gli enti pubblici, le comunità locali, le associazioni di categoria e di settore, le organizzazioni non governative e non profit, i media (in quanto rappresentanti e veicoli dell’opinione pubblica), i concorrenti, nonché (specie in un’ottica si sostenibilità) altre entità quali l’ambiente naturale e le generazioni future (Monaci, 2007). In conclusione, il concetto di “impresa sostenibile” determina a quali condizioni l’attività aziendale risulta compatibile con i requisisti di sostenibilità dello sviluppo; in tal senso, si definisce “sostenibile” l’impresa che riesce a ottenere livelli soddisfacenti e stabili di redditività media, nel lungo periodo, e crea valore duraturo per tutti gli stakeholder (Vercelli & Borghesi, 2005). Mentre da una parte lo sviluppo della conoscenza e della tecnologia contribuisce alla crescita economica, dall’altra racchiude le potenzialità per aiutare a gestire i rischi e le minacce verso la sostenibilità delle nostre relazioni sociali e degli impatti ambientali ed economici. Le innovazioni nel campo della tecnologia, del management e delle politiche socio-economiche sfidano le aziende a compiere nuove scelte su come i loro prodotti, servizi, operazioni e attività impattano sulla Terra, le persone e le economie (Global Reporting Initiative, 2011). Le significative trasformazioni che hanno caratterizzato lo scenario socio-economico negli ultimi decenni, riconducibili ad una molteplicità di fenomeni, complessi e interrelati, fra i quali la globalizzazione e la diffusione di nuove tecnologie, la persistente sperequazione sociale, le problematiche ambientali e climatiche, unitamente alla più recente crisi economico15
finanziaria di natura globale, hanno imposto un ripensamento dei modelli di produzione e consumo, in un’ottica di ricerca di crescente sostenibilità (Proto & Supino, 2009). KPMG (2012) ha individuato un insieme di cambiamenti globali, ambientali e sociali, che impatterà in maniera significativa sulle imprese nei prossimi vent’anni, comportando rischi e opportunità da gestire nell’ottica di una crescita sostenibile. Le evoluzioni che produrranno i maggiori effetti sul business, definite “sustainability megaforces”, riguardano: il cambiamento climatico, l’energia e i combustibili, la scarsità di risorse materiali, la scarsità d’acqua, la crescita della popolazione, la ricchezza, l’urbanizzazione, la sicurezza alimentare, il declino degli ecosistemi e la deforestazione. A titolo di esempio, si riportano alcune delle conseguenze sul mondo del business determinate dal manifestarsi di queste forze:
Energia e combustibili: i mercati dei combustibili fossili sono destinati a diventare sempre più volatili e imprevedibili a causa della maggiore domanda globale di energia, dei cambiamenti nella distribuzione geografica dei consumi, delle incertezze a livello di approvvigionamento e produzione e dei crescenti interventi normativi legati ai cambiamenti climatici.
Scarsità di risorse materiali: a causa della rapida industrializzazione dei Paesi in via di sviluppo, si prevede un drastico aumento della domanda globale di risorse materiali. Si attendono quindi crescenti restrizioni commerciali a carico delle imprese, che dovranno fronteggiare una forte concorrenza globale per l’accesso e l’utilizzo di risorse limitate. Tuttavia la scarsità può essere fonte di opportunità perché incentiva lo sviluppo di materiali sostitutivi o il loro riutilizzo.
Crescita della popolazione: secondo le stime dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (2013) la popolazione globale dovrebbe raggiungere i 9,6 miliardi entro il 2050, aumentando la pressione sugli ecosistemi e sulle risorse naturali disponibili. Le imprese, oltre a far fronte alle esigenze di una popolazione in crescita, potranno beneficiare di una serie di opportunità, quali ad esempio la crescita del commercio, la creazione di posti di lavoro e l’innovazione per soddisfare i nuovi e crescenti bisogni.
Ricchezza: la classe media a livello globale (definita dall’OCSE come gli individui con una disponibilità di reddito pro capite compresa tra 10$ e 100$ giornalieri) si prevede crescerà del 172% tra il 2010 e 2030. La sfida per le aziende è di soddisfare questo nuovo mercato in un momento caratterizzato da scarsità delle risorse e volatilità dei prezzi. I vantaggi, derivanti dallo sfruttamento della manodopera a basso costo nei Paesi in via di sviluppo, di cui hanno goduto molte imprese negli ultimi due decenni, rischiano di essere erosi dalla crescita e dal potere della classe media globale (KPMG, 2012). 16
Lo “UN Global Compact Accenture CEO Study on Sustainability” è un’importante indagine sulla sostenibilità aziendale, che mette in luce il punto di vista dei massimi dirigenti aziendali. Dallo studio presentato nel 2013, che ha coinvolto più di 1.000 CEO (Chief Executive Officer) a livello globale, appartenenti a 27 settori e 103 Paesi diversi, emerge distintamente che l’economia globale è sul “binario sbagliato” per soddisfare i bisogni di una popolazione in crescita (secondo l’opinione espressa dal 68% dei Top Manager intervistati), e le aziende non stanno facendo la loro parte per affrontare le sfide globali poste dalla sostenibilità (secondo quanto dichiarato dal 67% dei CEO).
Figura 1.2: L’impatto sul business delle “Global sustainability megaforces”
Fonte: KPMG (2012)
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KPMG (2012) individua una serie di raccomandazioni per orientare l’azione aziendale nel mutevole contesto globale:
Comprendere e valutare i rischi: l’utilizzo di strumenti quali l’Enterprise Risk Management e un maggior orientamento alla sostenibilità possono supportare l’impresa nella valutazione e comprensione dei rischi futuri derivanti dalle “sustainability megaforces” e nella definizione delle azioni in loro risposta.
Sviluppare una strategia e una pianificazione integrata: l’efficacia a lungo termine della pianificazione strategica richiede lo sviluppo e il mantenimento di una coerenza tra gli obiettivi e le capacità di un’organizzazione. Ai fini della sostenibilità, si richiede la costruzione di una visione condivisa, realizzata attraverso il coinvolgimento del management e l’integrazione di diverse competenze e funzioni aziendali.
Convertire i piani strategici in azioni ambiziose per realizzare l’uso efficiente di energia e risorse, la gestione sostenibile della catena di fornitura, l’innovazione e l’accesso ai nuovi mercati di prodotti e servizi più ecologici, esplorando inoltre, gli incentivi fiscali previsti ad esempio per l’energia alternativa e l’efficienza energetica.
Misurare e rendicontare la sostenibilità: al fine di fornire una rappresentazione completa della situazione aziendale, è necessario comunicare informazioni sulla sostenibilità, oltre ai risultati economico-finanziari. La rendicontazione da parte delle imprese delle performance in ambito socio-ambientale richiede la definizione di un framework condiviso per il reporting di sostenibilità, il rafforzamento dei sistemi informativi e la progettazione di adeguati meccanismi di governance e di controllo. Il reporting di sostenibilità diviene sempre più uno strumento d’innovazione in grado di veicolare opportunità di business e di rappresentare il reale valore d’impresa in termini sia competitivi sia finanziari. L’indagine svolta da KPMG (2011) sulla reportistica aziendale in materia di Corporate Responsibility, evidenzia che il 95% delle 250 società più grandi al mondo (G250) è impegnato in attività di rendicontazione della sostenibilità, in aumento rispetto all’83% del 2008.
Collaborazione in tema di sostenibilità con i partner commerciali per migliorare il rapporto costi-benefici dell’azione aziendale e per aumentare la leva finanziaria.
Costruzione di partnership strategiche: il miglioramento del dialogo con i governi e la creazione di partnership tra pubblico e privato, secondo approcci nuovi e innovativi, potrebbero facilitare il funzionamento di business sostenibili (KPMG, 2012).
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Le nuove opportunità di ricchezza e miglioramento della qualità della vita, favorite dal commercio, dalla condivisione delle conoscenze e dall’accesso alle tecnologie, non sono sempre disponibili per una popolazione in continua crescita e comportano nuovi rischi per la stabilità dell’ambiente. L’urgenza e l’ampiezza dei rischi e delle minacce alla sostenibilità collettiva, così come l’aumento delle possibilità di scelta e delle opportunità, faranno diventare la trasparenza sugli impatti sociali, ambientali ed economici una componente fondamentale nella gestione di relazioni efficaci con gli stakeholder, nelle decisioni di investimento e nelle altre relazioni di mercato (Global Reporting Initiative, 2011).
Figura 1.3: I modelli teorici alla base della sostenibilità aziendale
Teoria degli Stakeholder
•Qualsiasi gruppo o individuo che può influenzare, o essere influenzato da, la realizzazione delle attività organizzative (Freeman)
Triple Bottom Line •Obiettivi di prosperità economica, qualità ambientale e giustizia sociale (Elkington)
Corporate Sustainability
•Sostenibile è l’impresa che riesce a ottenere livelli soddisfacenti e stabili di redditività media, nel lungo periodo, e crea valore duraturo per tutti gli stakeholder (Vercelli & Borghesi) •Ambiente, Governance e Stakeholder, Capitale umano, Prodotti & Clienti
Fonte: Elaborazione propria
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1.2
Le iniziative per consolidare la sostenibilità aziendale
Esiste una molteplicità di iniziative a supporto delle organizzazioni per configurare la strategia e il processo di reporting in materia di sostenibilità; permettendo di beneficiare di complementarietà e sinergie tra i diversi strumenti e iniziative, alcune sono applicabili a livello generale, altre sono specifiche per settore o si concentrano su una singola questione (KPMG e GRI, 2013). Di seguito sono presentate alcune iniziative per consolidare la sostenibilità aziendale, riconosciute e accettate a livello internazionale, aventi a oggetto standard di gestione, framework normativi e di reporting che possono favorire la comparazione tra le diverse iniziative aziendali, migliorarne la pratica e garantire un’assurance1 efficace.
Principi direttivi dell’OCSE destinati alle imprese multinazionali
Le Linee Guida OCSE destinate alle imprese multinazionali sono raccomandazioni che mirano a: o assicurare la conformità delle attività di tali imprese alle politiche governative; o rafforzare le basi per una fiducia reciproca fra le imprese e le società in cui operano; o migliorare le condizioni per gli investimenti esteri; o valorizzare il contributo apportato dalle imprese multinazionali allo sviluppo sostenibile. Al loro interno si enunciano principi e standard volontari per un comportamento responsabile nella conduzione delle attività imprenditoriali, in materie quali diritti umani, ambiente, occupazione e relazioni industriali, fiscalità, diritti dei consumatori, concorrenza, scienza e tecnologia. Inoltre, le Linee Guida incoraggiano una serie di pratiche di divulgazione delle informazioni, non comprendenti solamente attività, situazione finanziaria, risultati e governo d’impresa, bensì anche inerenti alla gestione sociale, ambientale e dei rischi (OCSE, 2011).
Global Compact delle Nazioni Unite
L’UNGC è un’iniziativa volontaria di adesione a un insieme di principi che promuovono i valori della sostenibilità nel lungo periodo, attraverso azioni politiche, pratiche aziendali, comportamenti sociali e civili che siano responsabili e tengano conto anche delle future
1
Con il termine assurance si intende l’attività di verifica della rendicontazione da parte di un ente esterno all’impresa ed è utilizzato nel presente lavoro come sinonimo di verifica, audit.
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generazioni. Da un punto di vista operativo, si tratta di un network che unisce governi, imprese, agenzie delle Nazioni Unite, organizzazioni sindacali e della società civile, con lo scopo di promuovere su scala globale la cultura della cittadinanza d’impresa. Questa iniziativa, inoltre, costituisce una piattaforma di elaborazione di policy e linee guida per gestire economie e politiche sostenibili (UNGC, 2013). Con l’obiettivo di promuovere la creazione di un’economia globale più inclusiva e sostenibile, l’UNGC persegue due finalità complementari: o far diventare il Global Compact e i suoi dieci principi parte integrante della strategia e delle operazioni quotidiane delle imprese che vi aderiscono; o incoraggiare e facilitare il dialogo e la cooperazione di tutti gli stakeholder di rilievo a supporto dei dieci principi promossi e dei più ampi obiettivi posti dalle Nazioni Unite, tra cui gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (UNGC, 2013).
Norma di orientamento sulla responsabilità sociale ISO 26000
ISO 26000 è la norma tecnica, di carattere volontario, che fornisce una guida e una metodologia per affrontare in modo sistematico la responsabilità sociale; i due elementi caratterizzanti lo standard sono lo stretto legame tra Corporate Social Responsibility e la sostenibilità, e il ruolo assegnato agli stakeholder. Le linee guida partono dalla considerazione che le prestazioni di un’impresa dipendono sempre più dall’equilibrio tra gli ecosistemi, dall’equità sociale e dal buon governo dell’organizzazione. La responsabilità sociale, pertanto, contribuisce allo sviluppo sostenibile e aiuta le organizzazioni a valutare sempre il proprio impatto sull’ambiente. Inoltre, è ribadita l’importanza di una comunicazione efficace e trasparente per coinvolgere gli stakeholder e realizzare la responsabilità sociale (ISO, 2011).
Dichiarazione tripartita di principi sulle imprese multinazionali e la politica sociale
L’Organizzazione internazionale del Lavoro ha definito i principi destinati a guidare le imprese multinazionali, i governi, gli imprenditori e i lavoratori in ambiti quali l’occupazione, la formazione, le condizioni di lavoro e di vita e le relazioni industriali. Tale Dichiarazione tripartita di principi ha lo scopo di incoraggiare le imprese multinazionali a contribuire positivamente al progresso economico e sociale, nonché a minimizzare e a risolvere le difficoltà che le loro diverse operazioni possono creare (OIL, 2006).
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Principi guida su imprese e diritti umani delle Nazioni Unite
I Principi Guida dell’ONU per le imprese e i diritti umani offrono agli Stati e alle imprese uno standard internazionale cui riferirsi nella prevenzione e nella gestione dei rischi derivanti dagli impatti negativi che l’attività d’impresa può generare sui diritti umani. Nel definire un insieme di regole di comportamento, tali Principi Guida definiscono, fra l’altro: o i mezzi generali normativi e politici tramite cui ogni Stato dovrebbe stimolare e rafforzare il rispetto dei diritti umani da parte delle imprese; o le procedure che le imprese dovrebbero applicare per valutare l’impatto attuale e potenziale delle proprie attività sui diritti umani, definire le risposte più efficaci e darne comunicazione ai propri stakeholder (Organizzazione delle Nazioni Unite, 2011).
Global Reporting Initiative (GRI)
La GRI nasce nel 1997 come iniziativa congiunta dell’organizzazione americana CERES (Coalition for Environmentally Responsible Economies) e dell’UNEP (United Nations Environment Programme), con lo scopo di migliorare la qualità, il rigore e l’utilità della rendicontazione sulla sostenibilità, portandola a un livello qualitativo equivalente alla rendicontazione economico-finanziaria. Il GRI Reporting Framework vuole essere un modello universalmente accettato per il reporting aderente alla logica della triple bottom line; esso è definito in modo tale da essere utilizzabile da tutte le organizzazioni, indipendentemente da dimensione, settore di attività o Paese, anche a fianco ad altri strumenti, quali codici di comportamento, politiche organizzative, standard e sistemi di gestione. In concreto, il modello permette di illustrare i risultati e gli effetti economici, sociali e ambientali che hanno caratterizzato il periodo di rendicontazione relativamente a impegni, strategia e modalità di gestione dell’organizzazione. Le Linee Guida per il reporting di sostenibilità sono costituite da: o principi generali, per individuare il contenuto del report e garantire la qualità delle informazioni fornite; o standard di comunicazione, corredati da indicatori di performance e di altra natura; o indicazioni tecniche specifiche sul processo di redazione.
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I punti di forza del GRI Reporting Framework sono: o la completezza nell’affrontare i temi rilevanti in ambito di sostenibilità; o l’approccio multi-stakeholder, basato sul consenso; o il riconoscimento a livello mondiale e la compatibilità con i principali framework internazionali; o il suo continuo aggiornamento e miglioramento (GRI, 2011).
Figura 1.4: Principi generali per la definizione di contenuto e qualità del report di sostenibilità
Principi di definizione del contenuto •Materialità •Inclusività degli stakeholder •Contesto di sostenibilità •Completezza
Principi di garanzia della qualità •Equilibrio •Chiarezza •Accuratezza •Tempestività •Comparabilità •Affidabilità
Fonte: Propria elaborazione da GRI, 2013
Figura 1.5: Panoramica sull’informativa GRI
Fonte: GRI, 2011
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International Integrated Reporting Council (IIRC)
L’IIRC è un’associazione globale che accoglie al suo interno organismi di regolamentazione, investitori, aziende, enti normativi, professionisti operanti nel settore della contabilità e ONG, allo scopo di formare un consenso generale sulla direzione in cui devono evolvere le pratiche di rendicontazione. L’IIRC ha sviluppato l’Integrated Reporting Framework, un modello destinato ad assistere le organizzazioni nel processo di rendicontazione integrata delle informazioni finanziarie, ambientali, sociali e di governance, affinché quest’ultime siano comunicate in modo chiaro, conciso, coerente e comparabile. Il Framework si basa su una migliore connessione tra la dimensione economico-finanziaria e le performance conseguite in ambito sociale e ambientale perché fa leva sui processi di creazione del valore basati sul modello di business2 e sulle strategie operative. In particolare, illustra le modalità con cui l’organizzazione interagisce con l’ambiente esterno e le risorse e relazioni utilizzate e influenzate (denominate “capitali” nel Framework) al fine di creare valore lungo il breve, medio e lungo termine. L’IIRC definisce un set di principi guida ed elementi rilevanti per aiutare le organizzazioni a determinare il contenuto del Report Integrato, tuttavia per la definizione di standard di reporting, indicatori e metodi di misurazione si avvale del materiale già sviluppato da altri organismi riconosciuti, quali ad esempio gli International Financial Reporting Standards (IFRS) per l’informativa finanziaria e le Linee Guida GRI per il reporting di sostenibilità. Inoltre, i requisiti del Framework si basano su principi di carattere generale, piuttosto che su specifiche regole di misurazione o comunicazione, allo scopo di raggiungere il giusto bilanciamento tra la capacità del documento di adattarsi alle contingenze aziendali e la capacità di garantire la comparabilità delle performance nel tempo e tra organizzazioni (IIRC, 2013).
2
Il modello di business è definito nel Framework IIRC come il sistema per mezzo del quale avviene la gestione di input, attività aziendali, output e risultati al fine di creare e alimentare il valore nel tempo (IIRC, 2011).
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Tabella 1.1: Sintesi delle iniziative di sostenibilità aziendale
Standard/linee
Focus
Meccanismo
Scala
Origine iniziativa
guida
Livello commitment
Linee guida OCSE
Triple
Policy
per le imprese
bottom
framework
Triple
Policy
bottom
framework
Globale
Organizzazione internazionale
Implementazione volontaria
multinazionali Global Compact NU
Globale
Organizzazione
Adesione
internazionale
volontaria con obblighi
ISO 26000
Dichiarazione
Sociale-
Policy
ambientale
framework
Sociale
Policy
tripartita OIL Linee guida NU su
Globale
Multi-stakeholder Implementazione volontaria
Globale
Organizzazione
framework Sociale
imprese e diritti
Policy
internazionale Globale
framework
Organizzazione internazionale
Implementazione volontaria Implementazione volontaria
umani Reporting
Triple
Reporting/
Framework (GRI)
bottom
monitoring
Integrated Reporting Triple
Reporting
Framework (IIRC)
framework
bottom
Globale
Multi-stakeholder Implementazione volontaria
Globale
Multi-stakeholder Implementazione volontaria
Fonte: Elaborazione propria
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1.3
La Responsabilità Sociale d’Impresa
Le principali funzioni di un’impresa consistono nel creare valore tramite la produzione di beni e servizi che la società richiede, generando al contempo profitti per i suoi titolari e azionisti nonché ricchezza per la collettività, in particolare tramite un processo continuo di creazione di posti di lavoro (Commissione europea, 2002). Tuttavia, in virtù della funzione centrale che rivestono nella società, le organizzazioni di ogni tipo hanno un ruolo importante nel raggiungimento dell’obiettivo di sostenibilità dello sviluppo, per il quale si richiede l’attuazione di scelte nuove e innovative e di un diverso modo di pensare (Global Reporting Initiative, 2011). Infatti, al consueto obiettivo dell’efficienza economica è necessario affiancare una responsabilità in altri ambiti del proprio operare affinché le attività aziendali siano sostenibili sul piano ambientale e utili dal punto di vista sociale (Bologna, 2005). Bologna (2005) afferma che il senso di responsabilità del proprio agire, a livello ambientale e sociale, dovrebbe diventare uno dei punti essenziali da perseguire in tutte le società umane e costituisce una base fondamentale per qualsiasi percorso di sostenibilità. Con Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) o Corporate Social Responsibility (CSR) si intende la tensione dell’impresa a soddisfare in misura sempre crescente, andando al di là degli obblighi di legge, le legittime attese sociali e ambientali, oltre che economiche, dei vari portatori di interesse (o stakeholder) interni ed esterni, mediante lo svolgimento delle attività aziendali. L’assunzione di una responsabilità sociale è parte integrante della gestione strategica e operativa dell’impresa, istituto economico-sociale che, nel realizzare la sua tipica missione produttiva, inevitabilmente esercita un influsso su una molteplicità di soggetti, creando (o distruggendo) valore per ciascuno di essi (Molteni, 2004). Porter e Kramer (2007) distinguono due livelli di responsabilità tra loro interconnessi:
la “CSR reattiva”, derivante da criteri etici estrinseci alla vita aziendale, che prevede la pratica di una buona Corporate Citizenship3 e la mitigazione degli effetti negativi;
la “CSR strategica”, che si pone come fonte di innovazione strategica e organizzativa, conciliandosi con gli obiettivi di competitività ed economicità dell’impresa, identificato da Molteni (2004) come il livello della “creatività socio-competitiva”.
3
Il concetto di cittadinanza d’impresa (Corporate Citizenship) esprime la consapevolezza che non esiste dicotomia tra lungimiranza economica e responsabilità sociale, ma la loro congiunzione, al contrario, può portare a risultati estremamente positivi. Il concetto di cittadinanza d’impresa passa e trova realizzazione in diverse e varie iniziative, tra cui: partnership e investimenti nella comunità, coinvolgimento del personale nella comunità, interventi a favore di gruppi marginalizzati, Fondazioni d’azienda e Community Foundation (BilanciaRSI, 2013).
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Le nuove forme di pressione sociale e commerciale inducono le imprese a modificare progressivamente i loro valori e orizzonti. Le imprese prendono sempre più coscienza del fatto che gli obiettivi di un successo commerciale sostenibile e di benefici durevoli per gli azionisti (shareholder value) non sono perseguibili massimizzando i profitti a breve termine, bensì adottando nei confronti del mercato comportamenti vigili, ma responsabili. Esse sono consapevoli del fatto che possono contribuire allo sviluppo sostenibile gestendo le loro operazioni in modo tale da rafforzare la crescita economica e la loro competitività senza arrecare danno all’ambiente, senza sfuggire alle proprie responsabilità sociali e senza trascurare gli interessi dei consumatori (Commissione europea, 2002). Nell’ambito della “Strategia rinnovata dell’UE per il periodo 2011-2014 in materia di responsabilità delle imprese” (2011), la Commissione europea definisce la RSI come la “responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società”. Per soddisfare tale definizione, le imprese devono integrare le questioni sociali, ambientali, etiche, i diritti umani e le sollecitazioni dei consumatori, nelle loro operazioni commerciali e nella loro strategia di base, in stretta collaborazione con i rispettivi interlocutori, con l’obiettivo di:
fare tutto il possibile per creare un valore condiviso tra i loro proprietari /azionisti e gli altri loro soggetti interessati e la società in generale;
identificare, prevenire e mitigare i loro possibili effetti avversi (Commissione europea, 2011).
Con l’obiettivo di massimizzare la “creazione di un valore condiviso”, la Commissione suggerisce alle imprese di adottare un approccio strategico a lungo termine nei confronti della RSI; infatti, esso può contribuire positivamente alla loro competitività, generando benefici in termini di gestione del rischio, riduzione dei costi, accesso al capitale, relazioni con i clienti, gestione delle risorse umane e capacità di innovazione. Tramite il coinvolgimento di stakeholder sia interni che esterni, le aziende che affrontano il tema della RSI, possono attuare una migliore previsione e valorizzazione delle aspettative della società e delle condizioni operative in rapida trasformazione, e quindi “esplorare le opportunità per lo sviluppo di prodotti, servizi e modelli commerciali innovativi che contribuiscano al benessere della società e portino a una maggiore qualità e produttività dei posti di lavoro” (Commissione europea, 2011). Un recente studio condotto su 180 imprese americane analizzate in un arco di 18 anni (Eccles, Ioannou, Serafeim, 2013) ha dimostrato che la Corporate Responsibility impatta positivamente sulle performance economiche e finanziarie, migliorando la competitività delle imprese “High Sustainability” (di seguito “HS”) rispetto a quelle che invece non fanno uso di
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strumenti di responsabilità sociale d’impresa, definite “Low Sustainability” (di seguito “LS”). Gli autori dimostrano la presenza, nel lungo periodo, di una significativa variazione nelle performance realizzate dai due gruppi di imprese, sia nel mercato azionario, sia a livello contabile. In particolare, tracciando le performance aziendali per 18 anni, emerge che le imprese “HS” realizzano risultati migliori, sia nel mercato azionario, sia in termini contabili, considerando ad esempio l’indice di redditività sul capitale proprio (ROE 4 ) e l’indice di redditività sull’attivo (ROA5). Oltre a ciò, emerge che le differenze di performance sono più pronunciate per le imprese che operano nei mercati Business to Consumer, competono sulla base del marchio e della reputazione e utilizzano in modo consistente le risorse naturali. I risultati dello studio, inoltre, testimoniano la maggiore probabilità per le imprese “HS” di implementare processi formali di stakeholder engagement, di adottare un orientamento a lungo termine e di sviluppare la valutazione e la divulgazione di informazioni non finanziarie. Le Figure 1.6 e 1.7 mostrano la performance realizzata nel mercato azionario, rispettivamente, dai portafogli “value weighted”6 e “equally weighted” per i due gruppi di imprese; entrambi i grafici documentano la performance superiore realizzata dalle imprese “HS” rispetto alle altre. Ad esempio, l’investimento di $1 all’inizio del 1993 in un portafoglio “value weighted” di imprese “HS” avrebbe raggiunto $22,6 entro la fine del 2010. Al contrario, un investimento con le medesime caratteristiche, in un portafoglio costituito da imprese “LS”, avrebbe maturato $15,4.
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Il ROE (Return On Equity) è un indice economico sulla redditività del capitale proprio, ottenuto dividendo l’utile netto per i mezzi propri (ROE = Utile Netto/Capitale Proprio * 100). L’indicatore viene utilizzato per verificare il tasso di remunerazione del capitale di rischio, ovvero quanto rende il capitale conferito all’azienda dai soci (Borsa Italiana, 2013). 5 Il ROA (Return On Assets) è una misura di redditività dell’attivo, ottenuta dal rapporto tra reddito netto e attività totali (Borsa Italiana, 2013). L’indicatore viene utilizzato per verificare l’efficienza, da parte del management, nell’utilizzare gli asset aziendali ai fini della generazione di un risultato economico positivo. 6 Gli indici azionari sono la sintesi del valore del paniere di titoli azionari che rappresentano. I movimenti dell’indice sono una buona approssimazione del variare nel tempo della valorizzazione dei titoli compresi nel portafoglio. Esistono differenti metodologie di calcolo degli indici, a seconda della ponderazione che viene attribuita alle azioni del paniere. Possiamo quindi distinguere tra: ˗ Indici equally weighted: questi sono caratterizzati dall’uguaglianza dei fattori di ponderazione per tutti i titoli che compongono l’indice. Non importa la capitalizzazione delle società incluse, perché tutti i titoli dell’indice hanno il medesimo peso; ˗ Indici price weighted: in questo caso il peso associato a ogni titolo varia in funzione del suo prezzo (se il prezzo di un titolo aumenta più degli altri, automaticamente aumenta anche il suo peso all’interno dell’indice). Essi sono molto semplici da calcolare in quanto sono dati dalla semplice somma dei prezzi dei titoli che compongono l’indice. Tali indici, tuttavia, hanno lo svantaggio di non rispecchiare correttamente l’andamento dell’intero portafoglio: infatti vengono rappresentati maggiormente i titoli più “costosi”, a prescindere dal numero di azioni presenti e dalle dimensioni della società; ˗ Indici value weighted: Questi risolvono i problemi dei precedenti in quanto il peso di ciascun titolo risulta proporzionale alla sua capitalizzazione di borsa. Al contrario delle altre metodologie di calcolo, in questo caso gli indici vengono aggiustati e rettificati a seguito di operazioni societarie quali frazionamenti, raggruppamenti, pagamento di dividendi straordinari, scissioni, assegnazioni gratuite o nuove emissioni a pagamento (Borsa Italiana, 2013).
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Figura 1.6: Performance del portafoglio “value weighted” per le imprese High e Low Sustainability
Figura 1.7: Performance del portafoglio “equally weighted” per le imprese High e Low Sustainability
Fonte: Eccles, Ioannou, Serafeim, (2011)
La figura 1.8 mostra l’andamento cumulato basato sul ROA di $1 in asset. L’investimento di $1 di asset all’inizio del 1993 in un portafoglio “value weighted”, costituito da imprese “HS”, avrebbe generato $7,1 entro la fine del 2010; diversamente, l’investimento in un portafoglio costituito da imprese “LS”, con le medesime caratteristiche, avrebbe generato $4,4. La Figura 1.9 mostra la performance cumulativa, sulla base del ROE, di $1 di capitale proprio. L’investimento di $1 in equity all’inizio del 1993 in un portafoglio “value weighted” costituito da imprese “HS”, avrebbe generato $31,7 entro la fine del 2010. Diversamente, l’investimento di $1 in un portafoglio “value weighted”, costituito da imprese “LS”, avrebbe generato $25,7 entro la fine del 2010.
Figura 1.8:Evoluzione basata sul ROA di 1 $ di assets
Figura 1.9: Evoluzione basata sul ROE di $1 di equity
Fonte: Eccles, Ioannou, Serafeim, (2011)
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Le iniziative per migliorare l’impatto sociale e ambientale delle attività aziendali non sempre producono i risultati attesi. Infatti, dallo “UN Global Compact Accenture CEO Study on Sustainability 2013” emerge che, nel considerare le decisioni di acquisto dei consumatori, il 46% dei CEO ritiene che gli aspetti legati alla sostenibilità saranno sempre secondari rispetto ai fattori tradizionali di prezzo, qualità e disponibilità; inoltre, solo il 28% afferma di poter applicare un prezzo maggiore grazie alla reputazione acquisita in tema di sostenibilità. Nel valutare l’interesse degli investitori, il 31% dei Top Manager (meno di un terzo) ritiene che il valore delle azioni dell’azienda includa attualmente una componente direttamente attribuibile a iniziative di sostenibilità. Le cause, individuate da Porter e Kramer (2007), per cui le imprese non riescono a sfruttare appieno il potenziale di sostenibilità aziendale, sono un’attenzione eccessiva posta sui trade-off tra gli interessi della società e del business, e una visione troppo generica delle iniziative di responsabilità sociale.
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1.4
Il vantaggio competitivo sostenibile
Ogni azienda, nel concreto operare, si trova inserita in due fondamentali sistemi: il sistema competitivo e il sistema degli interlocutori sociali. Nel primo, l’azienda si confronta con i competitor offrendo sul mercato un proprio caratteristico sistema di prodotto; nel secondo sistema, l’azienda interagisce con gli interlocutori sociali tramite l’offerta di determinate prospettive e la richiesta di contributi e consensi (Donato, 2000). Dalla sinergica validità del sistema prodotto (ossia i caratteri materiali, immateriali e di servizio del prodotto volti a soddisfare i bisogni del mercato) e della proposta progettuale (ossia il sistema di contributi richiesti e di correlate prospettive di ricompensa rivolte agli interlocutori sociali) si determina la capacità dell’impresa di produrre adeguati flussi di reddito a valere nel tempo. Infatti, l’azienda deve costantemente tendere a una situazione di dominanza nel sistema competitivo e di coesione con gli interlocutori sociali. Tale processo segue una logica di tipo circolare, dove gli elementi di redditività, competitività e socialità interagiscono l’un l’altro, rafforzandosi o indebolendosi vicendevolmente. Il perseguimento della redditività nel lungo periodo appare essere significantemente favorito qualora la redditività di breve termine derivi da una sostenibile posizione competitiva e da una riconosciuta socialità dell’operare dell’impresa (Donato, 2000). Porter e Kramer (2007) esaminano la connessione fra il vantaggio competitivo e la responsabilità sociale d’impresa, al fine di individuare le condizioni affinché le iniziative di CSR apportino un beneficio significativo alla società, rafforzino la competitività di lungo termine dell’impresa e raggiungano contemporaneamente i suoi obiettivi di business. A tal fine, è necessario maturare la consapevolezza della relazione che intercorre fra un’azienda e la società, e porre le iniziative di responsabilità sociale in relazione con la strategia, le attività e il contesto operativo specifico di un’impresa. Tale idea è confermata dai dati registrati dallo “UN Global Compact Accenture CEO Study on Sustainability 2013” dai quali emerge che il 37% dei Top Manager intervistati considera la mancanza di un collegamento chiaro con il valore di business creato, un ostacolo al percorso verso un’economia sostenibile e il 38% crede di poter quantificare con precisione il valore delle iniziative di sostenibilità intraprese. Porter e Kramer (2007) presentano una nuova visione del rapporto tra business e società, basata sull’idea della “integrazione sociale d’impresa”, che non considera il successo delle aziende e il bene sociale come un gioco a somma zero. A tale riguardo, essi notano che “le grandi imprese di successo hanno bisogno di una società sana”. Infatti, l’istruzione, l’assistenza sanitaria e le pari opportunità sono essenziali per una forza di lavoro produttiva; 31
oltre a ciò, le condizioni lavorative e la sicurezza dei prodotti non solo attraggono clienti, ma riducono i costi interni dovuti agli incidenti. Il buongoverno, il principio di legalità e i diritti di proprietà sono indispensabili ai fini dell’efficienza e dell’innovazione; l’utilizzo efficiente di acqua, suolo, energia e altre risorse naturali accresce la produttività; inoltre, la presenza di standard legislativi severi protegge le aziende competitive, oltre che i consumatori. In definitiva, una società sana “dà luogo a una domanda crescente di business, man mano che un numero maggiore di bisogni viene soddisfatto e che le aspirazioni crescono”. Al tempo stesso “una società sana ha bisogno di imprese di successo” per poter beneficiare di creazione di posti di lavoro, di ricchezza, di innovazione che migliorano progressivamente lo standard di vita.
Figura 1.10: Connessione tra vantaggio competitivo e problemi sociali
Fonte: Porter & Kramer (2007)
Porter e Kramer (2007) propongono un modello, di seguito analizzato, che le imprese possono utilizzare per identificare tutti gli effetti, negativi e positivi, che hanno sulla società, determinare quelli che meritano un loro intervento e individuare un modo efficace di intervenire.
1.4.1
Identificazione dei punti di intersezione
Si individuano due forme di interdipendenza, che possono essere analizzate con gli stessi strumenti utilizzati per il core business: i “legami interno-esterno”, vale a dire gli impatti sociali positivi e negativi prodotti dalle attività previste nella catena del valore, e i “legami 32
esterno-interno”, ossia le condizioni sociali esterne che influenzano la capacità di un’azienda di accrescere la produttività e perseguire la propria strategia. Per quanto riguarda la prima forma di interconnessione, gli autori osservano che essa è funzione dell’ubicazione, dell’evoluzione degli standard sociali e del progresso della scienza; inoltre, data la loro mutevolezza, evidenziano l’importanza di monitorare costantemente, non solo gli impatti sociali evidenti prodotti nel presente, bensì anche quelli in via di evoluzione, nel futuro. La catena del valore, che raffigura tutte le operazioni che un’impresa esegue per portare avanti il suo business, può essere utilizzata come schema per identificare l’impatto sociale, positivo o negativo, delle attività aziendali (Porter & Kramer, 2007).
Figura 1.11: La mappatura dell’impatto sociale della catena del valore
Fonte: Porter & Kramer (2007)
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Oltre a comprendere le ramificazioni sociali della catena del valore, la CSR richiede anche di comprendere le dimensioni sociali del contesto competitivo in cui opera l’impresa, ovvero aspetti quali la quantità e la qualità degli input disponibili, le regole e gli incentivi che governano la concorrenza, la dimensione e le caratteristiche della domanda locale, nonché la presenza di settori di supporto. Tali aspetti possono essere rilevati tramite il modello del “diamante” e costituire delle opportunità per l’attuazione di iniziative legate alla responsabilità sociale. Ad esempio, la capacità di reclutare le risorse umane più appropriate, dipende da un insieme di fattori che apparentemente non si considerano legati al business, ma che possono essere influenzati dall’impresa, come il sistema educativo e formativo locale e l’adeguatezza delle infrastrutture sanitarie pubbliche.
Figura 1.12: L’impatto sociale sulla competitività
Fonte: Porter & Kramer (2007)
34
1.4.2
Scelta delle questioni sociali di cui occuparsi
Una volta identificati i “punti d’intersezione”, l’impresa è chiamata a identificare le questioni sociali di cui occuparsi, attribuendo loro una priorità in base all’importanza assunta a livello strategico. Ogni impresa deve dividere i temi sociali in tre categorie: questioni sociali generiche, impatti sociali della catena del valore e dimensioni sociali del contesto competitivo, per distinguere fra le molte cause meritevoli e il sottoinsieme più ristretto delle cause che sono allo stesso tempo importanti e strategiche. Ad esempio, le emissioni di carbonio possono rappresentare un problema sociale generico per una società di servizi finanziari come Bank of America, una conseguenza negativa della catena del valore per una società basata sui trasporti come UPS, oppure una questione legata alla catena del valore e allo stesso tempo al contesto competitivo per una casa automobilistica come Toyota. Applicando il principio del “valore condiviso”, l’impresa si dota di un piano d’azione sociale che, soddisfacendo le aspettative della comunità, le permette di individuare le opportunità di creazione di benefici sociali e economici, e rafforzare la propria strategia. “Le imprese devono riconciliare il successo economico-finanziario con il progresso sociale” tramite l’adozione del principio del “valore condiviso”, che consiste “nell’espandere la dotazione complessiva di valore economico e sociale”, riconoscendo che “sono i bisogni della società, e non solo i bisogni economici convenzionali, a definire i mercati”. Si tratta infatti di un insieme di politiche e di pratiche operative che rafforzano la competitività aziendale, migliorando al tempo stesso le condizioni economiche e sociali delle comunità in cui l’impresa opera (Porter & Kramer, 2011). Tale principio si contrappone alla visione ristretta del capitalismo che considera l’azienda sostanzialmente come un’entità a sé stante, estranea ai problemi della comunità, e il cui unico dovere è la realizzazione di un profitto (Friedman, 1970), che a sua volta genera occupazione, salari, acquisti, investimenti e imposte.
Figura 1.13: La creazione di valore condiviso
Fonte: www.fsg.org
35
Il valore condiviso offre alle aziende la possibilità di utilizzare le loro competenze, le loro risorse e la loro capacità manageriale per promuovere il progresso sociale; tuttavia occorre sottolineare che questa forma più sofisticata di capitalismo, non dovrebbe derivare dal desiderio di fare beneficienza, ma da una profonda comprensione della competizione e della creazione di valore economico insita nel territorio e nella sua comunità (Porter & Kramer, 2011).
1.4.3
Integrazione fra interno ed esterno
Quando le attività che rientrano nella catena del valore e gli investimenti indirizzati al contesto competitivo sono pienamente integrati, diventa difficile distingue la CSR dalle attività quotidiane dell’impresa. Il successo dell’impresa e il successo della comunità si rafforzano a vicenda in quello che diviene un rapporto simbiotico: quanto più una causa sociale è legata al business, tanto maggiore è l’opportunità di far leva sul commitment e sulle capacità dell’azienda, e di conseguenza, altrettanto grande è l’opportunità di portare beneficio alla società (Porter & Kramer, 2007). Nestlè, ad esempio, collabora direttamente con i piccoli agricoltori che vivono nei Paesi in via di sviluppo per garantirsi l’approvvigionamento di quei beni elementari di largo consumo (come il latte, il caffè e il cacao) da cui dipende gran parte del suo business globale.
Figura 1.14: La creazione di valore condiviso secondo Nestlè
Fonte: www.nestle.it
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L’investimento operato dall’azienda nelle infrastrutture locali e la diffusione delle sue conoscenze e tecnologie di livello internazionale, in atto da decenni, hanno recato enormi benefici sociali attraverso lo sviluppo economico, il miglioramento dell’assistenza sanitaria e la maggior qualità della formazione. Allo stesso tempo, queste iniziative hanno offerto a Nestlè un accesso diretto e costante ai beni di largo consumo di cui ha bisogno per preservare un business globale redditizio. In questo caso aziendale, si comprende chiaramente l’impossibilità di dissociare la strategia d’impresa dal suo impatto sociale. Nel riconsiderare lo scopo e il ruolo sociale dell’impresa, è maturata la consapevolezza che offrire soluzioni di business in risposta alle sfide sociali, quali ad esempio il cambiamento climatico, l’invecchiamento della popolazione o la povertà, può contribuire, in misura sempre maggiore, ad accrescere il valore aziendale. Le aziende leader della sostenibilità stanno tracciando un percorso verso la trasformazione del ruolo delle imprese nella società, realizzando l’integrazione del vantaggio competitivo con lo sviluppo sostenibile. Per l’80% dei Top Manager interpellati nell’ambito dello “UN Global Compact Accenture CEO Study on Sustainability 2013” le tematiche ambientali e sociali sono un percorso da seguire per conquistare vantaggio competitivo nel proprio settore; inoltre, la sostenibilità è considerata un’opportunità di crescita e innovazione dal 78%.
1.4.4
Organizzarsi per la CSR
L’integrazione fra le necessità di business e quelle della società richiede adattamenti a livello organizzativo nei processi, negli obiettivi, nelle misure delle prestazioni e negli incentivi, tramite l’adozione di un approccio integrato, assertivo, che enfatizza la sostanza. Ai fini dell’efficace “integrazione sociale d’impresa”, la misurazione e la pubblicazione della performance realizzata nell’ambito della RSI svolgono un ruolo importante, infatti, solo la presenza di indicatori coerenti, accurati, affidabili e condivisi permette di indirizzare i comportamenti delle imprese (Porter e Kramer, 2007). Ad esempio, Cisco Systems, leader mondiale del networking per Internet, nell’ambito del programma di formazione “Cisco Networking Academy Program”, misura e comunica non solo il numero di partecipanti, ma anche i risultati conseguiti dagli studenti in termini di successive opportunità lavorative o formative, in modo da valutarne la preparazione. In conclusione, le aziende non hanno la responsabilità di tutti i problemi del mondo, né le risorse necessarie per risolverli tutti: ogni impresa può identificare il set specifico di problemi sociali rispetto ai quali è in grado di dare il contributo più risolutivo, e dai quali può trarre il maggior vantaggio competitivo. La risoluzione dei problemi sociali tramite la creazione di
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“valore condiviso” vede le risorse, l’esperienza e le conoscenze di cui è dotata un’impresa al servizio della società, producendo un impatto duraturo sulla vita delle persone e contribuendo allo sviluppo economico e sociale (Porter e Kramer, 2007). Il “valore condiviso” si distingue dalla responsabilità sociale d’impresa, ed è preferibile nel guidare gli investimenti nella comunità, poiché è funzionale alla profittabilità e alla posizione competitiva dell’azienda. Esso si fonda sulle risorse e sulle esperienze specifiche ed è in grado di definire il valore in termini di benefici economici e sociali, in relazione al costo. Il valore condiviso deve diventare parte integrante della strategia, la cui essenza è scegliere un posizionamento unico e una catena del valore distintiva su cui fa leva: i vantaggi competitivi che emergeranno dalla sua creazione saranno spesso più sostenibili dei miglioramenti convenzionali apportati ai costi e alla qualità, facendo emergere molti nuovi bisogni da soddisfare, molti nuovi prodotti da offrire, molti nuovi clienti da servire e molte nuove modalità per configurare la catena del valore (Porter & Kramer, 2011).
Figura 1.15: Cosa differenzia il valore condiviso dalla responsabilità sociale d’impresa
Fonte: Porter & Kramer (2011)
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Eccles e Serafeim (2013) indicano come strutturare efficacemente una strategia aziendale sostenibile, per incrementare contemporaneamente sia le performance finanziarie sia quelle di sostenibilità. In particolare, si identificano quattro elementi per dotare i programmi di responsabilità sociale di una connotazione strategica:
Ogni impresa dovrebbe concentrarsi su quei fattori ambientali, sociali e di governance (ESG7) che sono più rilevanti nell’industria di riferimento. A supporto di tale processo, la Sustainability Accounting Standards Board (SASB) ha definito alcuni dei parametri più significativi per ogni industria.
È necessario quantificare la relazione tra performance finanziare e performance ESG, definendo l’impatto sulla redditività generato da ogni iniziativa in tema di sostenibilità.
Affrontare i trade-off più significativi tra le performance finanziarie e quelle ESG richiede un cambiamento ampio: nuovi prodotti, nuovi processi e nuovi modelli di business.
È fondamentale comunicare in maniera efficace con i propri stakeholder attraverso la combinazione di informazioni finanziarie e di ESG.
7
Il termine ESG (Environmental, Social and Governance) indica gli aspetti organizzativi aziendali legati alle politiche ambientali, sociali e di governance (BilanciaRSI, 2013).
39
1.5
L’importanza del Report Integrato per la sostenibilità
La crescente consapevolezza del ruolo cruciale delle imprese nel perseguire uno sviluppo sostenibile ha determinato un’accelerazione dell’interesse, da parte delle istituzioni e di stakeholder come gli investitori e la collettività, verso una maggior trasparenza degli impatti che le loro scelte e operazioni generano sulla società e sull’ambiente (GBS, 2013). Nello specifico, gli elementi che spingono in questa direzione sono riconducibili ad alcuni trend che stanno interessando, da un punto di vista strategico, l’ambiente in cui operano le imprese:
la maggiore sensibilità delle autorità in risposta alla crisi finanziaria (si consideri, ad esempio, la strategia dell’UE per il periodo 2011-2014 in materia di responsabilità sociale delle imprese; la direttiva europea sulla rendicontazione di informazioni non finanziarie, ecc.);
le prospettive di scarsità di risorse , anche finanziarie;
le preoccupazioni ambientali e sociali dell’opinione pubblica (ad esempio, quanto emerso durante la Conferenza sullo Sviluppo Sostenibile “Rio+20” organizzata dalle Nazioni Unite);
il maggiore interesse della comunità di investitori nella governance e nella gestione responsabile (si consideri, ad esempio, l’obbligo per le imprese di includere informazioni sulle performance socio-ambientali all’interno della reportistica annuale8; lo sviluppo degli investimenti socialmente responsabili9);
l’opportunità di sviluppare nuovi prodotti e/o la focalizzazione su nuovi target tramite l’incorporazione dell’impegno sociale nella strategia di business, nell’ottica di creare valore sostenibile.
A loro volta, le esigenze di trasparenza e responsabilità delle aziende hanno condotto a un cambiamento positivo nel tipo e nel volume delle informazioni attualmente incluse nei report aziendali (IIRC, 2013); tuttavia, la maggioranza delle grandi società dell’UE non soddisfa la crescente richiesta dei portatori di interesse (tra cui investitori, azionisti, dipendenti e organizzazioni della società civile) di trasparenza delle informazioni di carattere non 8
Si riporta, a titolo di esempio, l’evoluzione normativa che ha caratterizzato alcuni Stati: ˗ la Borsa di Hong Kong ha pubblicato le linee guida per il reporting delle performance ambientali, sociali e di governance (ESG) per le società quotate nella HKSE; ˗ in Francia la legislazione “Grenelle II” introdotta nel 2012 richiede alle imprese di includere informazioni sulle performance socio-ambientali all’interno dell’annual report; ˗ in Sudafrica dal 2010 le aziende quotate sulla Johannesburg Securities Exchange (JSE) sono tenute ad adottare il Report Integrato in base a quanto previsto dal “King Report on Governance for South Africa” (2009) e dal “King Code of Governance Principles” (2009). 9 Secondo lo studio “Green Social and Ethical Funds in Europe” (2013), realizzato da Vigeo, risulta che i fondi etici retail in Europa sono cresciuti, per quanto riguarda il patrimonio gestito, del 14% rispetto al 2012.
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finanziario10. In particolare, per quanto riguarda la quantità delle informazioni disponibili, si stima che solo circa 2.500, su un totale di circa 42.000 grandi società dell’UE, comunicano formalmente informazioni di carattere non finanziario su base annua (Commissione europea, 2013). Tutto ciò ha prodotto importanti sviluppi nella normativa, negli standard, nella dottrina, nella prassi, e ha fatto emergere:
da un lato, un ampliamento degli ambiti del financial reporting e l’affermazione di nuovi strumenti e metodologie di misurazione e valorizzazione di aspetti della performance non ripresi dalla contabilità (rating per l’Investimento Socialmente Responsabile11, Balanced Scorecard12, Bilancio degli Intangibili13, Integrated Reporting14);
dall’altro, l’esigenza di compatibilità e convergenza tra i vari tipi di reporting e disclosure (GBS, 2013).
Figura 1.16: Dalla sostenibilità dello sviluppo al reporting aziendale
Ruolo delle imprese nel perseguire la sostenibilità dello sviluppo
Esigenze di trasparenza e responsabilità
Informazioni di carattere non finanziario nei report aziendali
Fonte: Elaborazione propria
10
Tra le informazioni di carattere non finanziario rientrano di norma le informazioni ambientali, sociali e sulla governance. 11 L’Investimento Socialmente Responsabile (ISR) è la pratica in base alla quale considerazioni di ordine ambientale, sociale o etico vengono introdotte nel processo decisionale di scelta o di mantenimento di un investimento, nonché nell’esercizio dei diritti connessi alla proprietà dei titoli (UK Social Investment Forum). 12 La Balanced Scorecard è una tecnica di analisi, sviluppata da Kaplan e Norton (1992), progettata per tradurre la mission di un’organizzazione e, in generale, la sua business strategy in specifici obiettivi quantificabili e per monitorare le performance dell’organizzazione durante il perseguimento di questi obiettivi (BilanciaRSI, 2013). 13 Il Bilancio degli Intangibili è uno strumento di misurazione, rendicontazione, controllo e gestione degli asset intangibili. Gli asset immateriali costituiscono il “Capitale dell’Intangibile” aziendale che fa parte del Patrimonio Immateriale, secondo tre dimensioni principali: ˗ Capitale Umano: è il sapere generato dalle persone, che include competenze, esperienze e qualità personali di chi opera nell’organizzazione; ˗ Capitale Strutturale: rappresenta l’infrastruttura che consente al capitale umano di esprimere il suo potenziale e con il quale esiste una relazione di interdipendenza dinamica, composta essenzialmente da capitale tecnologico e da capitale organizzativo; ˗ Capitale Relazionale: riferito al valore del complesso di relazioni tra un’azienda e i suoi interlocutori (clienti, consumatori, fornitori, partner commerciali) (BilanciaRSI, 2013). 14 Definito in seguito.
41
Uno strumento che favorisce la responsabilità sociale dell’impresa è il reporting finalizzato a garantire ed elevare gli standard etici dei comportamenti aziendali, favorendo il loro monitoraggio da parte delle autorità e degli stakeholder (Vercelli & Borghesi, 2005). Rendicontare è importante perché significa comunicare al mondo le performance di un’impresa, negative o positive che siano; significa mostrare a tutti come un’azienda percepisce sé stessa, ma soprattutto l’impegno a migliorare, sia attraverso l’individuazione di obiettivi specifici, sia attraverso i feedback ricevuti dagli stakeholder in merito alle informazioni a cui hanno accesso (Eccles & Krzus, 2012). Le norme hanno tradizionalmente imposto alle imprese obblighi informativi con riferimento agli aspetti economici, patrimoniali e finanziari, che danno risalto prevalentemente ai fenomeni aziendali capaci di produrre un risultato misurabile in termini monetari (Commissione Bilancio Sociale, 2010). Tuttavia, si assiste alla diffusione di strumenti volontari di rendicontazione non finanziaria, scaturita dalla sopravvenuta necessità di fornire un quadro organico delle interrelazioni tra impresa e ambiente, allo scopo di evidenziare l’impatto sociale delle attività aziendali e il livello etico dei suoi comportamenti organizzativi, in relazione alle finalità statutarie, alle strategie adottate e alle attese degli stakeholder (Proto & Supino, 2011). La necessità di migliorare la comunicazione societaria delle informazioni sociali e ambientali è stata riconosciuta anche a livello europeo con l’emanazione di una direttiva che mira a modificare la normativa vigente in materia di contabilità, al fine di accrescere la rilevanza, la coerenza e la comparabilità delle informazioni non finanziarie pubblicate dalle imprese. Nello specifico, si richiede l’inclusione nel bilancio societario di una dichiarazione di carattere non finanziario contenente almeno le informazioni sociali e ambientali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corruzione (Commissione europea, 2013). Al fine di distinguere il Bilancio d’Esercizio da quello contenente l’informativa di natura socio-ambientale, per quest’ultimo si utilizzano differenti espressioni (ad esempio, Bilancio Sociale, Bilancio di Sostenibilità, ecc.) che necessitano di essere chiarite. Il Bilancio Sociale è uno strumento di rendicontazione, di gestione e di controllo per le aziende che intendono adottare un comportamento socialmente responsabile. Esso è costituito dall’insieme delle attività volte a rendere conto agli stakeholder, informazioni qualitative e quantitative sugli effetti sociali e ambientali che derivano dall’attività aziendale (GBS, 2013). Il “Gruppo di Studio per la statuizione dei principi di redazione del Bilancio Sociale” (GBS) specifica che, con l’aggettivo sociale, si intende la totalità degli effetti prodotti dalle aziende sul contesto sociale e ambientale in cui le stesse operano e l’intera gamma delle loro strategie e delle politiche adottate nei confronti dei legittimi interessi e delle aspettative dei propri stakeholder. Il Bilancio di Sostenibilità è lo strumento di monitoraggio, rendicontazione e comunicazione 42
del processo di gestione responsabile intrapreso dall’organizzazione; esso tende a fornire una rappresentazione equilibrata e ragionevole delle performance ambientali, sociali ed economiche dell’impresa, evidenziando rischi e opportunità rispetto all’obiettivo di sostenibilità dello sviluppo. Inoltre, esso rappresenta uno strumento di pianificazione e controllo che analizza le attività e i servizi svolti dall’azienda, valutandoli secondo le logiche dell’efficienza economica, della salvaguardia ambientale e della tutela sociale (KPMG, 2013). Il Report di Sostenibilità rientra nel più ampio processo aziendale di definizione della strategia, di attuazione dei piani operativi, di valutazione dei risultati e di coinvolgimento degli stakeholder. Pertanto, i termini Bilancio Sociale e di Sostenibilità sono sinonimi e possono essere usati indifferentemente per indicare la medesima fattispecie di documento. Tuttavia, è preferibile utilizzare il titolo “Bilancio di Sostenibilità” per enfatizzare maggiormente il concorso degli aspetti sociali, ambientali ed economici alla gestione sostenibile dell’impresa. Tabella 1.2: Confronto fra gli strumenti di reporting aziendale
Report
Economicofinanziario
Sociale
Sostenibilità
Integrato
Focus
˗ Economico ˗ Finanziario ˗ Patrimoniale
Triple bottom15
Triple bottom
Triple bottom
Focus temporale
Passato
Passato con orientamento al futuro
˗ Passato ˗ Presente ˗ Futuro
˗ Passato ˗ Presente ˗ Futuro
Destinatari principali
Fornitori di capitale finanziario
Stakeholder
Stakeholder
Fornitori di capitale finanziario
Origine Framework
˗ Codice Civile ˗ Principi contabili nazionali e internazionali
Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale (GBS)
Global Reporting Initiative (GRI)
International Integrated Reporting Council (IIRC)
Livello commitment
Redazione obbligatoria
Implementazione volontaria
Implementazione volontaria
Implementazione volontaria
Approccio
Compliance
Basato su principi
Basato su principi
Basato su principi
Funzione
Comunicativa
˗ Comunicativa ˗ Strategica
˗ Comunicativa ˗ Strategica ˗ Interna
˗ Comunicativa ˗ Strategica ˗ Interna
15
Con l’espressione “triple bottom” si intende l’illustrazione dell’impatto economico, ambientale e sociale.
43
Relazione con Bilancio EconomicoFinanziario
-
Complementare
Complementare
Incorporazione di: ˗ Bilancio EconomicoFinanziario ˗ Bilancio di Sostenibilità ˗ Informativa su corporate governance
Fonte: Elaborazione propria
Nell’ambito della “Strategia rinnovata dell’UE in materia di responsabilità delle imprese”, la Commissione europea (2011) sottolinea che “la divulgazione di informazioni sociali e ambientali, comprese le informazioni attinenti agli aspetti climatici, può facilitare l’impegno con le parti interessate e l’identificazione di concreti rischi di sostenibilità”. “Essa costituisce anche un importante elemento per la rendicontabilità e può contribuire ad accrescere la fiducia del pubblico nelle imprese”. La convergenza di RSI, sviluppo sostenibile e vantaggi competitivi porta a una maggior compattezza fra gli interessi di tutti gli stakeholder, inclusi gli azionisti, con implicazioni rilevanti per la rendicontazione esterna di un’azienda (Eccles & Krzus 2012). Tralasciando i requisiti legali e le restrizioni normative, non si può trovare una giustificazione valida alla pubblicazione separata di bilanci finanziari e bilanci non finanziari, poiché la strategia sostenibile riguarda l’integrazione delle performance finanziarie e non finanziarie e richiede che l’unicità dell’azienda sia espressa anche sul piano della rendicontazione. Tuttavia, la scelta di affiancare al bilancio d’esercizio un Report di Sostenibilità, non è da valutare di per sé in modo negativo, perché può costituire il naturale e necessario passaggio che consente all’azienda di raccogliere e strutturare informazioni di natura non contabile e di acquisire maggiore consapevolezza in merito alle ricadute sociali e ambientali della propria attività (Commissione Bilancio Sociale, 2010). Eccles e Krzus (2012) affermano che “se l’impegno delle imprese verso la RSI e la sostenibilità rappresenta una fonte di vantaggio competitivo, che permette loro di avere una strategia sostenibile per produrre utili finanziari attuali e futuri, allora queste imprese dovrebbero rendicontare sulle loro performance finanziarie e non finanziarie in maniera olistica e integrata”. Le rilevanti trasformazioni nelle modalità di conduzione del business e nei processi di creazione del valore, nonché i cambiamenti del contesto operativo, riflesso di trend quali ad esempio la globalizzazione, la scarsità delle risorse attuali e future, la crescita della popolazione, l’aumento dei consumi globali e le preoccupazioni ambientali, richiedono uno 44
spettro più ampio di informazioni per valutare le performance attuali e passate di un’organizzazione e le sue prospettive future. Occorre riconoscere che la disponibilità e la modalità di presentazione delle informazioni ha un impatto considerevole sul processo di decision making di management, investitori e altri stakeholder; perciò è giunto il momento di fornire un quadro chiaro, conciso e significativo circa le performance, gli impatti e le interdipendenze che caratterizzano le organizzazioni. Un tale strumento deve essere in grado di guidare l’innovazione, focalizzarsi sulla comunicazione, nonché supportare le decisioni di allocazione delle risorse, in coerenza con stabilità economica di lungo periodo e creazione di valore sostenibile (IIRC, 2011). Figura 1.17: Le leve della rendicontazione non finanziaria
Rischi non finanziari
•Da gestire in modo proattivo e connessi alla perdita di consenso e fiducia del mercato e degli stakeholder
Pressioni
•Da parte degli stakeholder sulla trasparenza delle organizzazioni circa lo svolgimento delle proprie attività
Incertezza
•Mutevolezza e instabilità dei contesti nazionali e internazionali
Fonte: BilanciaRSI, 2012
La rendicontazione integrata permette all’impresa di dimostrare di possedere una strategia sostenibile, fondata sulla responsabilità d’impresa, che contribuisce alla formazione di una società anch’essa sostenibile, cioè “progettata in modo tale che i suoi stili di vita, la sua organizzazione economica e finanziaria, le sue strutture fisiche e le sue tecnologie non interferiscano con la capacità intrinseca della natura di sostenere la vita” (Capra, 2002). Infatti, la produzione del Bilancio Integrato, tramite la “fusione” dei dati finanziari e non finanziari, prova che l’attenzione per le questioni ambientali, sociali e di governance è parte integrante del processo economico. L’esplicitazione della relazione fra performance finanziarie e non finanziarie e del motivo per cui le prime hanno prodotto esternalità sugli altri stakeholder, permette di raggiungere una maggior trasparenza circa le performance dell’impresa e sulle modalità con cui sono state ottenute, inclusi i costi sociali e i benefici (Eccles & Krzus, 2012).
45
1.6
Definizione della domanda di ricerca
Il presente capitolo ha permesso di comprendere la necessità di dotare le imprese di un modello di rendicontazione integrata, ossia atto a trasmettere a tutti i portatori di interesse le interazioni fra l’impresa, l’ambiente e la società, ai fini della sostenibilità economica, sociale e ambientale degli attuali modelli di sviluppo. Questa esigenza è ancora più rilevante se si considerano la complessità e la lunghezza raggiunte dai report aziendali per effetto di fattori quali la globalizzazione, le aspettative sociali e gli interventi legislativi. A causa di tali complicazioni, infatti, è sempre più difficile per i fornitori di capitale finanziario comprendere chiaramente il modello di business e le strategie di creazione del valore (IIRC, 2013). Lo scopo di questa ricerca è quello di richiamare l’attenzione sulla rendicontazione integrata e sull’importanza che la sua adozione potrebbe avere nel contesto delle società quotate, al fine di supportare decisioni in grado di assicurare contemporaneamente stabilità finanziaria e pratiche aziendali sostenibili. Attraverso l’approfondimento del Framework IIRC e l’analisi di esperienze aziendali in ambito di rendicontazione non finanziaria, si cercherà di indagare il ruolo della reporting integrato nelle relazioni tra le imprese quotate e i rispettivi stakeholder. In particolare, la decisione di fare riferimento alle società quotate è stata determinata dalla considerazione della larga diffusione che dovrebbe caratterizzarle. Quest’ultima è intesa come la numerosità e l’eterogeneità degli stakeholder con cui l’impresa si relaziona e che sono influenzati dalla sua operatività. La scelta di studiare il Bilancio Integrato, quale strumento di supporto al processo decisionale degli investitori, alla fidelizzazione di clienti e risorse umane di qualità e alla gestione dell’impatto delle operazioni di business sul contesto operativo, è frutto di una serie di motivi di interesse attuale e concreto, sintetizzabili nei seguenti elementi:
La volontà di osservare l’utilizzo di uno strumento di corporate reporting per comunicare il processo di creazione di valore durante il breve, il medio e il lungo termine, al fine di supportare decisioni in grado di assicurare stabilità finanziaria e pratiche aziendali sostenibili.
La necessità di una maggiore trasparenza e responsabilità delle aziende “in un periodo caratterizzato da una società civile sempre più attenta agli effetti prodotti dalle imprese sulla collettività, da una richiesta di maggiore trasparenza da parte degli Stati e degli ambienti economico-finanziari, e dallo sviluppo degli investimenti socialmente responsabili” (Comitato economico e sociale europeo, 2013).
In un contesto caratterizzato dallo sviluppo e dal continuo perfezionamento di strumenti nazionali e internazionali di corporate reporting (ad esempio, Linee guida 46
G4 per il reporting di sostenibilità (GRI), Framework sulla rendicontazione integrata (IIRC), Bilancio Sociale - Standard GBS/2013), le imprese possono rendere più accessibile la comprensione e l’interpretazione dei dati non finanziari e il loro collegamento con quelli finanziari. Nello scenario in cui le aziende sono chiamate oggi a operare, il comparto delle multiutility16 si presta a un lavoro di analisi particolarmente interessante per quanto riguarda il processo di rendicontazione aziendale. Ciò deriva da motivazioni di vario ordine, che vanno dalla rilevanza dei servizi erogati per la collettività, alla forte regolazione del mercato in cui operano. In particolare, appare interessante verificare l’opportunità di dotare l’impresa di uno strumento di reporting in grado di soddisfare il complesso sistema di interlocutori sociali con cui essa si interfaccia nell’erogazione di servizi di interesse generale. Tenuto conto dell’ampia e complessa varietà di aziende rientranti nel settore dei servizi di interesse generale, si è deciso di analizzare il Bilancio di Sostenibilità 2012 del Gruppo Hera e il Bilancio Integrato 2012 del Gruppo AcegasAps. Hera è un’azienda multiutility italiana operante principalmente in tre settori: ambiente (raccolta e smaltimento rifiuti), servizi energetici (distribuzione e vendita di gas ed energia elettrica) e servizi idrici (acquedotto, fognatura e depurazione). Nata nel 2002 dall’unione di undici aziende di servizi pubblici dell’Emilia Romagna, persegue un cammino di crescita attraverso l’incorporazione nel Gruppo di altre società operanti negli stessi ambiti di attività. Da gennaio 2013 è entrata a far parte del Gruppo Hera la multiutility AcegasAps: nata a seguito della fusione tra Acegas Trieste e Aps Padova, anch’essa opera nella gestione e distribuzione delle risorse idriche, nella distribuzione e vendita di gas ed energia elettrica, nella produzione dell’energia elettrica, nella raccolta e nel trattamento dei rifiuti. Le ragioni che hanno portato allo studio del Bilancio di Sostenibilità di Hera e di quello Integrato di AcegasAps, derivano dall’importante coinvolgimento e dalla consolidata esperienza di tali imprese nel processo di rendicontazione degli impatti economici, sociali e ambientali; infatti, entrambe si sono distinte per la completezza e la chiarezza della comunicazione aziendale in ambito di sostenibilità, ricevendo anche prestigiosi premi e riconoscimenti. Inoltre, la dimensione delle imprese è tale per cui, l’integrazione delle questioni sociali, ambientali ed etiche, dei diritti umani e delle sollecitazioni dei consumatori nelle operazioni commerciali e nella strategia avviene secondo un approccio formale e strutturato.
16
Si tratta di aziende dedicate all’erogazione di due o più servizi di pubblica utilità, quali ad esempio la fornitura di acqua, gas, elettricità, telecomunicazioni, nettezza urbana.
47
48
2. Il Bilancio Integrato
2.1
La rendicontazione non finanziaria
Nel capitolo precedente è emersa la maggiore consapevolezza circa l’importanza della Corporate Sustainability come variabile strategica per il conseguimento del successo aziendale nell’attuale e futuro contesto socio-economico. La crescente attenzione da parte del mercato, delle autorità e dell’opinione pubblica verso un trattamento delle informazioni aziendali più ampio ha determinato la progressiva crescita di complessità e lunghezza dei report aziendali, a cui però non sempre è corrisposta una migliore rappresentatività e completezza delle informazioni contenute. Mentre in passato le sole informazioni finanziarie risultavano sufficienti a spiegare il valore di mercato di un’azienda, oggigiorno, anche a causa della crescente importanza rivestita dai fattori intangibili, le aziende avvertono l’esigenza di definire in modo più completo la propria storia di creazione del valore. I limiti della rendicontazione contabile tradizionale nel comunicare l’agire d’impresa in termini di performance economiche, ambientali e sociali, sono dimostrati dal gap realizzatosi, nel corso dell’ultimo trentennio, tra il valore contabile e il valore di mercato delle società appartenenti all’indice S&P 500. Più precisamente, dallo “Intangible Asset Market Value Study” realizzato da Ocean Tomo (2010, 2011) emerge che, attualmente, solo una piccola parte del valore di mercato è rappresentato dagli asset fisici e finanziari detenuti dalle società (il 20% nel 2010). La parte restante del valore di mercato è determinata da una molteplicità di fattori intangibili, dei quali solo alcuni trovano un’adeguata traduzione nelle grandezze contabili espresse nel Bilancio d’Esercizio. L’importanza
degli
aspetti
intangibili
è
confermata
anche
da
uno
studio
di
PriceWaterhouseCoopers (2011) dal quale emerge che il 70% del valore riconosciuto alle aziende è attribuibile ad asset intangibili, quali ad esempio la reputazione, l’affidabilità e le relazioni. Per esprimere questo valore e far comprendere agli stakeholder la vera essenza dell’impresa, non possono quindi mancare nelle comunicazioni aziendali informazioni relative a: reputazione, valore dei marchi, credibilità, sistema di relazioni, know-how, valore del capitale intellettuale, fedeltà della clientela, capacità di gestire i rischi, responsabilità ambientale e sociale. Pertanto, considerate la significativa partecipazione delle attività immateriali al processo di creazione di ricchezza e i limiti dell’informativa contabile
49
tradizionale, rimasta concentrata sulle attività materiali, è necessario dotare l’impresa di processi e strumenti di reporting in grado di aumentare l’efficacia della comunicazione aziendale e di supportare decisioni in grado di assicurare la stabilità finanziaria e pratiche sostenibili.
Figura 2.1: Composizione del valore di mercato dello S&P 500 e scissione del valore di un’impresa
Fonte: Ocean Tomo, Ocean Tomo’s Intangible Asset Market Value Study (2010, 2011)
Fonte: PriceWaterhouseCoopers (2011), citato da Social Responsibility Consulting Network
Lo sviluppo della rendicontazione non finanziaria si colloca all’interno della spinta evolutiva che ha caratterizzato la comunicazione aziendale; quest’ultima intesa non solo come reporting connesso agli adempimenti di rendiconto imposti dalle norme giuridiche e regolamentari, ma in un’accezione più evoluta e maggiormente aderente alle esigenze di legittimazione, in merito alla capacità dell’istituto aziendale di realizzare la propria vocazione di sviluppo duraturo, nell’apprezzamento e nella valorizzazione di tutte le condizioni produttive, materiali e immateriali, che essa impiega (Campedelli, 2005). A tal riguardo, Kaplan e Norton (2005, p. 7) affermano che “non si può gestire ciò che non si può misurare e non si può misurare ciò che non si può descrivere”, sottolineando il fatto che la misurazione e la comunicazione delle performance deve abbracciare il complesso delle attività aziendali ed integrarsi nell’ambito del sistema di pianificazione, controllo e reporting, secondo un’ottica di triple bottom line. Occorre chiarire, che non esiste una definizione comunemente compresa o accettata del termine “informazione non finanziaria”. Solitamente, quando ci si riferisce all’informativa financial si rimanda, per lo più, al contenuto del Bilancio d’Esercizio, mentre con il termine informativa non-financial si fa riferimento alle informazioni di sostenibilità. Nella realtà, per 50
alcuni la rendicontazione non finanziaria è un concetto esteso che può includere sia dichiarazioni volontarie che obbligatorie da parte delle imprese. Dalla prospettiva dell’azionista e dell’investitore, si tratta di informazioni che, oltre al rendiconto finanziario, sono rilevanti e materiali per le decisioni sugli investimenti. Per altri, i dati non finanziari sono sinonimo di sostenibilità e di informazioni ESG (Environmental, Social and Governance). Data la grande variabilità della terminologia, si adotta la definizione data da Eccles e Krzus (2012) in base alla quale, con il termine “informazioni non finanziarie” si intendono tutte quelle comunicate agli azionisti e agli altri stakeholder, che non siano definite da uno standard di accounting o da un calcolo basato su standard di accounting. La rendicontazione non finanziaria, a prescindere dalla molteplicità di denominazioni assunte e dalla variabilità dei contenuti ad essa attribuiti, può esser intesa come uno strumento periodico di comunicazione, attraverso il quale l’azienda formalizza i flussi di risorse e di valore che vengono reciprocamente scambiati tra l’azienda e i propri stakeholder (Campedelli, 2005). Infatti, si raffigura la misura della capacità dell’azienda di creare e diffondere valore economico e sociale, sia attraverso il processo di distribuzione del valore aggiunto alle diverse categorie di stakeholder, sia attraverso la realizzazione di iniziative socialmente rilevanti e, nondimeno, si rappresenta la misura degli effetti che l’attività aziendale produce nei confronti di singole classi di interlocutori, della comunità locale e del più generale sistema sociale. Infine, tramite tale strumento, si formalizza e diffonde la definizione della missione, degli obiettivi strategici e dell’assetto organizzativo e funzionale dell’azienda, che nel complesso ne definiscono la peculiare identità (Campedelli, 2005). La rendicontazione non finanziaria integra il sistema della comunicazione d’azienda, affiancandosi a strumenti più tradizionali di matrice economico-finanziaria, al fine di rendere possibile un apprezzamento dell’attività economico aziendale più consapevole. Infatti, essa costituisce la risultante di un articolato processo di accounting, del quale costituiscono momenti fondamentali:
l’individuazione degli stakeholder e la mappatura delle relazioni, in termini di flussi di risorse e di prestazioni;
la classificazione delle attività aziendali in relazione all’impatto economico, ambientale e sociale di ciascuna;
la definizione di parametri di efficienza e di efficacia delle attività rispetto al rapporto con ciascuna categoria di stakeholder e con riferimento alla capacità di creare benessere per la comunità di riferimento, nel quadro di un complessivo sviluppo sostenibile (Campedelli, 2005).
51
Figura 2.2: I fondamenti della rendicontazione non finanziaria
Rendere conto degli impatti sociali, ambientali ed economici dell’attività dell’organizzazione
Orientare l’organizzazione al miglioramento continuo delle prestazioni
Migliorare le possibilità di analisi, valutazione e scelta da parte degli stakeholder
Fonte: Elaborazione propria da Supino & Sica (2011)
La rendicontazione non finanziaria si inserisce nell’ambito delle iniziative con le quali l’azienda implementa la propria strategia in termini di accountability, cioè l’esigenza di rendere conto, da parte di coloro che hanno ruoli di responsabilità, nei confronti della società o delle parti interessate al loro operato e alle loro azioni (Pezzani, 2003). Infatti, al fine di assicurarsi le risorse e il consenso necessari per assolvere il proprio ruolo produttivo e sociale, l’azienda si rivolge a diverse categorie di stakeholder, ciascuna con precisi fabbisogni informativi da soddisfare. La categoria di informazioni non finanziarie, secondo quanto proposto da Massari (2013), può essere suddivisa in:
asset intangibili, che indicano “qualcosa che non è né un bene fisico né un’attività finanziaria, che può essere posseduto o controllato per l’utilizzo nelle attività di business, e il cui possibile uso o trasferimento otterrebbe una compensazione in una transazione fra parti indipendenti in circostanze analoghe” (OECD, 2013). Pertanto, tali asset si caratterizzano fondamentalmente per: 1) essere fonte di probabili profitti economici futuri, 2) mancare di consistenza fisica e 3) la possibilità, in una certa misura, di essere posseduti e commercializzati da un'impresa (OECD, 2006). Gli asset immateriali, che costituiscono il capitale aziendale secondo tre dimensioni principali (capitale umano, relazionale e strutturale), secondo la classificazione effettuata da MERITUM (2002), possono essere, ad esempio, il capitale umano (che contribuisce alla qualità e quindi al prezzo), il capitale intellettuale (che porta a nuovi prodotti), il marchio (utile per le quote di mercato e i margini di profitto).
KPI (Key Performance Indicator), che identificano degli strumenti quantitativi di misurazione dei risultati, specificamente destinati a monitorare i principali fattori critici di rischio e di successo propri dell’azienda. Tali indicatori, che possono essere sia di tipo economico, sia di tipo fisico, piuttosto che indicatori qualitativi o quantitativi di 52
altro tipo, costituiscono la base numerica rispetto alla quale il management assume decisioni strategiche, misura le prestazioni aziendali e guida l’azienda verso l’obiettivo di massimizzazione del valore d’impresa (Borsa Italiana, 2011). Infine, nella definizione dei KPI, le imprese possono articolare gli indicatori su tre livelli basati su: i principi contabili, gli standard di settore e le specifiche informazioni aziendali. Esempi di indicatori sono: il costo di sviluppo dei prodotti in rapporto alle vendite; il tempo di attesa per gli ordini dei clienti; il contributo dei nuovi clienti sul totale delle vendite.
parametri ESG, che misurano la performance di un’azienda in ambito ambientale, sociale e di governance e che si focalizzano sull’identificazione e sulla gestione di rischi e opportunità di business. L’azienda, infatti, al fine di evidenziare in un’ottica allargata gli impatti delle decisioni e delle attività aziendali sui diversi stakeholder, dovrebbe compiere una valutazione nei seguenti ambiti: o ambientale, può includere l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e gli sforzi compiuti per il suo miglioramento, ad esempio la % di rifiuti riciclati, le emissioni di gas serra. o sociale, mira a individuare la legittimità aziendale ad operare; può riguardare ad esempio le pratiche commerciali, la sicurezza del prodotto, la fedeltà dei clienti, i rapporti con la comunità locale. Si considerino, ad esempio, il tasso di turnover dei lavoratori e le spese per la sicurezza dei prodotti. o corporate governance, può includere informazioni riguardanti le pratiche retributive, di comunicazione e di gestione del rischio; alle politiche e alla composizione del Consiglio di Amministrazione. o accanto a queste, che sono le categorie principali, può essere affiancata la valutazione di un quarto elemento, definito “long term-viability”, che analizza la fattibilità e l’impatto dei fattori ESG sulla performance aziendale di lungo periodo, valutando aspetti quali gli investimenti in Ricerca e Sviluppo (R&S), i brevetti, la fidelizzazione e soddisfazione dei clienti (EFFAS, 2009). Esempi di tali indicatori sono: il numero di brevetti registrati negli ultimi dodici mesi, la % di nuovi clienti sul totale dei consumatori.
53
Tabella 2.1: La classificazione delle informazioni non finanziarie
Tipologia Asset Intangibili
KPI
Parametri ESG
Aree
Esempi
Capitale umano
Creatività, know-how e esperienza, capacità di lavoro in team, motivazione, capacità di apprendimento, grado di formazione e livello professionale, fedeltà.
Capitale relazionale
Brand, rete di fornitori, fidelizzazione dei clienti, canali distributivi, collaborazioni di business e in ricerca, alleanze e partnership, licenze.
Capitale strutturale
Brevetti, copyright, cultura d’impresa, sistemi informativi e di networking, filosofia manageriale, sistemi decisionali, progetti di ricerca.
Clienti e mercati
Status dei clienti esistenti, contributo dei nuovi clienti sul totale delle vendite.
Processi interni
Puntualità, difettosità dei prodotti; soddisfazione dei clienti interni.
Sviluppo e innovazione
Tasso di sviluppo di nuovi prodotti, costo di sviluppo dei prodotti in rapporto alle vendite.
Risorse umane
Formazione pro capite, tasso di infortunio.
Ambientale
% di energia in kwh da fonte energetica rinnovabile sul totale di energia consumata, % di rifiuti riciclati, emissioni di gas serra.
Sociale
Tasso di turnover dei lavoratori, spese per la sicurezza dei prodotti, contributi filantropici.
Governance
Composizione del CdA e compensi spettanti ai membri, strumenti di tutela degli azionisti di minoranza.
Fonte: Elaborazione propria
Tramite la struttura della contabilità finanziaria, è possibile, inoltre, chiarire le relazioni esistenti tra queste tre sottocategorie di informazioni: gli asset intangibili sono paragonabili ai beni, essendo risorse usate per produrre risultati (stock e flussi); mentre i KPI sono paragonabili ai ricavi, in quanto si tratta di risultati ottenuti (variabili di flusso); infine, i parametri ESG possono essere sia asset intangibili che KPI (Eccles & Krzus, 2012). In definitiva, i pilastri del reporting non finanziario, indipendentemente dal modello di riferimento adottato, possono essere così individuati:
rendere conto agli stakeholder degli impatti sociali, ambientali ed economici dell’attività dell’organizzazione, fornendo un quadro completo delle performance;
orientare l’organizzazione al miglioramento continuo delle prestazioni, infatti quale strumento di gestione interna, il reporting rappresenta un’opportunità per accrescere i livelli di attenzione e di consapevolezza sui dati non finanziari.
54
migliorare e ampliare le possibilità di analisi, valutazione e scelta da parte degli stakeholder, consentendo una comparazione dei risultati conseguiti nel tempo da una stessa organizzazione, oppure tra differenti entità (Supino & Sica, 2011).
Esistono numerosi modelli di rendicontazione che consentono alle aziende di realizzare una strategia di comunicazione diffusa, continuativa e trasparente, in grado di perseguire il consenso e la legittimazione sociale, a loro volta premessa per il raggiungimento di qualunque altro obiettivo, compresi quelli di tipo reddituale e competitivo. Anche in considerazione degli sviluppi tecnici nel campo della rendicontazione socio-ambientale e dello spostamento verso previsioni normative in tema di sostenibilità, graduali ma vincolanti per determinate categorie di aziende, è evidente che la relazione informativa tra stakeholder e azienda può essere inquadrata non più solamente in una dimensione quantitativa bensì, anche sul piano della qualità e della continuità con cui le informazioni sono fornite. Nella consapevolezza che, seppure in un ambito di volontarietà, la rendicontazione non finanziaria e integrata richiedono degli standard di riferimento, per dare credibilità e comparabilità ai bilanci prodotti, si analizzeranno i principi di redazione e il contenuto informativo del Framework IIRC di Reporting Integrato.
55
2.2
L’integrazione della rendicontazione
Il processo di gestione responsabile per lo sviluppo sostenibile richiede che l’integrazione tra il sistema di valori tradizionali d’impresa (valori economici espressi da quantità di produzione e profitti) e il sistema di valori socio-politici (centralità della persona, integrità dell’ambiente, qualità della vita) sia realizzata anche a livello di comunicazione aziendale, e più specificatamente a livello di reporting. L’esigenza di puntare a un’integrazione piena dell’informativa aziendale è stata percepita, come per altri casi già verificatesi in passato in tema di accounting, prima ancora che a livello istituzionale, dal mondo delle aziende (Massari, 2013). Novo Nordisk, ad esempio, azienda sanitaria danese, leader nella cura del diabete, ha sentito la necessità di dotarsi di un Report Integrato fin dal 2004, fondando il proprio un approccio sulla duplice connessione, da un lato, tra pratiche di business sostenibili e performance finanziarie, dall’altro, tra informativa financial e non-financial. L’azienda produce un unico documento contenente i dati relativi alle performance finanziarie e non finanziarie, confortati da controlli e verifiche esterne. Inoltre, riconoscendo la necessità, da parte di alcuni utenti, di un quadro più modulato dell’impresa, pubblica sul suo sito web un’ampia varietà di informazioni specifiche e supplementari; a conferma che il Report Integrato può essere la base di una comunicazione costante e continuativa.
Figura 2.3: L’evoluzione dei sistemi di reporting
Fonte: Eccles & Krzus, 2012
56
Gli approcci adottati dalle aziende rispetto al tema del collegamento tra informativa financial e non-financial possono essere, nella pratica, differenti a seconda del differente livello di interdipendenza esistente tra le due tipologie di informazioni (Mio 2011, citato da Massari 2013). In alcuni casi si assiste a un’assenza di coordinamento, laddove le due informazioni siano di fatto concepite e riportate separatamente, senza una qualche forma di correlazione tra le stesse; tale situazione potrebbe rischiare di generare, a livello di comunicazione aziendale, la presenza di informazioni discordanti e non allineate. Frequente è il caso in cui, invece, medesime informazioni sono presenti in report differenti ove differenti sono anche gli stakeholder a cui tali documenti si rivolgono. In ultimo, si segnala il caso di un’informativa coordinata che si concretizza nella redazione di documenti separati che vengono progettati, preparati e pubblicati con modalità autonome, ma allo stesso tempo coordinate (Massari, 2013). Figura 2.4: Soluzioni operative per l’integrazione
Fonte: KPMG, 2013
Terna, ad esempio, operatore di rete per la trasmissione dell’energia, ha pubblicato nel 2012 sul suo sito web un “Progetto di rapporto integrato” che proponeva, secondo lo schema logico17 dello IIRC e le categorie di contenuti definiti dallo stesso, una lettura integrata della Relazione Finanziaria 2011 e del Rapporto di Sostenibilità. L’anno successivo, una parte dei temi di sostenibilità così individuati è stata accolta all’interno della Relazione sulla gestione. Questa modalità di lavoro a “doppio binario” è considerata utile, perché, dal punto di vista dell’azienda, consente di sperimentare, dopo la pubblicazione dei documenti ufficiali, le innovazioni in materia di rendicontazione e di utilizzarne i risultati nel seguente ciclo di
17
Il lavoro svolto dallo IIRC è trattato nel prosieguo del presente capitolo.
57
pubblicazioni. In conclusione, il percorso di integrazione della rendicontazione è caratterizzato da diverse soluzioni operative intermedie, la cui evoluzione nel tempo deve avvenire secondo un’ottica incrementale e in funzione del livello di maturità raggiunto dall’organizzazione nei processi di integrazione (KPMG, 2013). Occorre sottolineare che l’affermazione della rendicontazione integrata impone l’individuazione e il superamento degli elementi di criticità che scaturiscono dalla complessa coesistenza di informative financial e non-financial, connotate da caratteristiche differenti. Tabella 2.2: Differenze tra informativa financial e non-financial
Elementi di differenziazione
Informativa financial
Informativa non-financial
Orizzonte temporale
Di tipo backward, ossia punta a
Di tipo forward, ossia punta un
rappresentare in primo luogo il
orizzonte futuro che va oltre i 12
passato,
economico-
mesi, perché un orientamento al
finanziari di azioni già avviate o già
passato potrebbe risultare in certi
concluse.
casi fuorviante.
Azioni intraprese nell’ambito dei
È necessario andare oltre i confini
confini giuridico-contabili.
imposti da legge e prassi sposando
Confini aziendali
gli
effetti
l’ottica life-cycle18. Principio della
La rilevanza/materialità di un evento
La rilevanza/materialità in ottica di
rilevanza/materialità
è legata all’impatto quantitativo-
sostenibilità non è legata ad aspetti
monetario che lo stesso potrebbe
quantitativo-monetari,
determinare a livello di Bilancio
propriamente
19
d’Esercizio/Annual Report .
ad
ma
più
aspetti
sia
quantitativi che qualitativi che un evento potrebbe generare a livello aziendale al suo interno e nei rapporti con l’esterno.
Principio della
Sempre verificabile attraverso una
Il percorso da realizzare sul fronte
18
Con questo termine si intende la valutazione e quantificazione delle interazioni tra un prodotto, un servizio o un processo e l’ambiente, al fine di comprendere e prevenire le possibili conseguenze ambientali causate, direttamente o indirettamente, durante tutto il suo arco di vita. Il Life Cycle Assessment rappresenta uno strumento per rintracciare le caratteristiche di preferibilità ambientale di prodotti, servizi e lavori, in altre parole gli aspetti collegati alla valutazione del ciclo di vita ambientale che qualificano un output sotto il profilo ambientale (UNI EN ISO 14040, 1998). 19 Con questo termine si intende un documento che integra diversi tipi di informativa: quella “contabile”, rappresentata dal bilancio in senso stretto, e quella “gestionale”, di natura qualitativa e quantitativa non monetaria, spesso presentata in forma discorsiva e ricompresa in una accezione allargata di bilancio (annual report) (Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari, 2000).
58
verificabilità
indipendente
ricostruzione
del
della
verificabilità
degli
aspetti
procedimento contabile attraverso
ambientali e sociali è in itinere, alla
l’adozione di leggi, principi e linee
luce dei progressi che si stanno
guida.
facendo in tema di standard specifici per l’asseverazione di Report di Sostenibilità.
Principio dell’utilità
Il Bilancio d’Esercizio/Annual Report
Non si è ancora consolidata l’idea
ai fini organizzativi
rappresenta a oggi lo strumento
che l’informativa in argomento sia
informativo per antonomasia per
utile per fini decisionali specifici.
azionisti (attuali e potenziali) e creditori.
Fonte: Massari, 2013
La “KPMG International Survey of Corporate Responsibility Reporting 2013” esamina le principali tendenze sulla rendicontazione aziendale delle performance in ambito socioambientale; in particolare, sono state incluse nella ricerca 4.100 società di 41 Paesi (le prime 100 aziende per fatturato per ogni nazione partecipante – N100), comprendendo anche le 250 società più grandi al mondo secondo la classifica di Fortune (Fortune Global 500 ranking – G250). La ricerca ha evidenziato che, a livello internazionale, la rendicontazione sulla sostenibilità è ormai una pratica corrente per le imprese; infatti, è intrapresa da quasi tre quarti (71%) delle aziende intervistate (93% per le G250), le quali, diversamente dal passato, tendono ora a considerare le “sustainability megaforces”, come il cambiamento climatico, la scarsità di risorse materiali ed energetiche, più come opportunità che come rischi. Di conseguenza, il Report di Sostenibilità diventa sempre più uno strumento d’innovazione, in grado di veicolare opportunità di business e di rappresentare il reale valore d’impresa in termini sia competitivi sia finanziari. In particolare, le strategie implementate in tale ambito promuovono:
l’innovazione nella forma di nuovi prodotti e servizi (72%),
la possibilità di rafforzare il marchio e la reputazione (51%),
le maggiori quote di mercato (36%),
la possibilità di abbattere i costi (30%),
il maggiore accesso ai capitali e più valore per gli azionisti (12%).
A livello italiano, la ricerca ha evidenziato che il 77% delle società italiane incluse nel campione ha rendicontato le proprie performance di sostenibilità, in aumento rispetto al 74% 59
e al 59%, registrati rispettivamente nel 2011 e nel 2008; confermando, inoltre, il raggiungimento di alti livelli di qualità della comunicazione e di professionalità, in termini di sistemi interni ed esterni di accountability. Dall’analisi emerge inoltre che, oltre la metà delle imprese coinvolte (51%) includono informazioni relative alla Corporate Responsibility (CR) nell’informativa finanziaria annuale, dimostrando di essere consapevoli della rilevanza strategica per il business assunta dalla sostenibilità. Tuttavia, nonostante il maggior impegno registrato rispetto agli anni precedenti (20% delle aziende nel 2011 e 9% nel 2008), la piena integrazione delle informazioni finanziarie con quelle sociali e ambientali (Bilancio Integrato) è realizzata solo da un’azienda su dieci, attestando che il processo di integrazione è ancora in una fase sperimentale e per questo si privilegia l’inclusione dell’informativa socio-ambientale in una sezione a parte dell’Annual Report (58%). Figura 2.5: Presenza e formato dell’informativa di Corporate Responsibility
Informazioni di Corporate Responsibility (CR) nel reporting annuale
Formato dell'informativa CR nel report annuale
18% 24% 49%
58%
51% Sezione/capitolo specifico sulla CR solo nell'annual report Sezione/capitolo specifico sulla CR e nella Relazione di gestione Informazioni CR nel report annuale No informazioni CR nel report annuale
Sezione/capitolo specifico sulla CR solo nella relazione sulla gestione
Fonte: Adattato da KPMG, 2013
Al fine di garantire la coerenza e la comparabilità dei risultati e in assenza di una regolamentazione internazionale obbligatoria sulla rendicontazione della sostenibilità, è emerso che il 78% delle imprese coinvolte hanno adottato le Linee guida per il reporting di sostenibilità della GRI (82% per le G250). In questa prospettiva, cresce l’attenzione per le modalità di comunicazione e la qualità delle informazioni fornite; in particolare, è necessario consolidare i sistemi di misurazione e i modelli di rendicontazione della sostenibilità,
60
nell’ottica di raggiungere livelli qualitativi pari a quelli della rendicontazione finanziaria (KPMG, 2013). Infine, più della metà (59%) delle G250 sottopongono i dati e le informazioni a verifica da parte di un soggetto esterno, dimostrando che l’attività di assurance può conferire maggiore certezza alle informazioni di CSR e comprovare l’impegno assunto dall’organizzazione, tanto nella rendicontazione delle informazioni finanziarie, quanto in quella delle informazioni non finanziarie. Figura 2.6: L’evoluzione temporale e geografica del Report di Sostenibilità
Crescita dei Corporate Responsibility report anni 1993-2013 95%
% imprese con CR report
100%
93%
83% 80%
64%
60%
45% 41%
40% 20%
18%
12%
64%
71%
53%
35% 24% 28%
0% 1993
1996
1999
2002
2005
2008
2011
2013
N100 (Prime 100 aziende per fatturato per nazione) G250 (prime 250 aziende più grandi al mondo)
CR reporting per regione 90% % imprese con CR report
80% 70%
76% 69%
79%
71% 73%
71% 61% 54%
60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% America
Europa
2011
Asia - Pacifico Africa - Medio Oriente
2013
Fonte: Adattato da KPMG, 2013
61
2.3
Il Bilancio Integrato
Il Report Integrato20 consiste in una comunicazione sintetica, che illustra come la strategia, la governance, le performance e le prospettive di un’organizzazione, nel contesto esterno nel quale essa opera, consentono di creare valore lungo il breve, medio e lungo termine (IIRC, 2013). Tale documento deriva da un approccio più integrato ed efficiente al reporting aziendale, poiché, attraverso la progressiva convergenza tra il Bilancio d’Esercizio, il Bilancio di Sostenibilità e l’informativa sulla corporate governance, permette di illustrare i fattori che influiscono sulla capacità di un’organizzazione di creare valore nel tempo e di definire la connessione esistente tra le informazioni di diversa natura (finanziaria, di governance, sociale e ambientale). Un modello di reporting così strutturato è in grado di supportare una maggiore comprensione del business, perché considera sistematicamente i fattori ambientali e sociali nei processi decisionali e comunicativi, dunque contribuisce a creare un’economia più sostenibile (KPMG, 2011). Figura 2.7: Il futuro del corporate reporting
Bilancio di Sostenibilità
Bilancio di Sostenibilità
Bilancio economicofinanziario Relazione sulla Gestione
Relazione sulla Gestione Relazione su Corporate Governance &Remunera zione
Report Integrato
Bilancio economicofinanziario
Relazione su Corporate Governance &Remunera zione
2000 2020
Fonte: Riadattato da IIRC, 2011
20
Nel presente lavoro si utilizzano le espressioni Bilancio Integrato, Report Integrato e Report Unico in modo indifferenziato.
62
Un tale livello di integrazione garantisce una comunicazione aziendale:
bidirezionale o relazionale per effetto dei feedback ricevuti dagli stakeholder;
multipla quanto a contento informativo, perché presenta dati di natura strategicocompetitiva, economico-finanziaria, sociale e ambientale;
diacronica, quanto a prospettiva temporale, perché manifesta riferimenti di natura retrospettiva, concomitante e prospettica;
qualitativo-narrativa oltre che quantitativo-monetaria, quanto a natura delle informazioni fornite e modalità di esposizione (Massari, 2013).
In sostanza, il Report Integrato implica l’integrazione dei processi aziendali, sia in termini di approccio organizzativo alla sostenibilità, sia in termini di processo di redazione e comunicazione dell’informativa annuale d’esercizio (KPMG, 2010). Pertanto, si può attribuire un duplice significato al termine “integrato”: da un lato, esso sta a indicare l’unicità del documento che raccoglie le principali informazioni dell’impresa, dall’altro si riferisce all’interazione tra le informazioni di natura finanziaria e non finanziaria (Eccles & Krzus, 2012).
Figura 2.8: Obiettivi del Report Integrato
Soddisfare i fabbisogni informativi degli investitori orientati ad obiettivi di lungo periodo
Rendere evidente il legame tra sostenibilità e valore economico
Ampliare e bilanciare il set di indicatori di performance, tradizionalmente focalizzato sulla dimensione finanziaria di breve termine
Facilitare la sistematica interiorizzazione dei fattori ambientali e sociali nei processi gestionali e nei sistemi di reporting
Allineare la rendicontazione al modello di business e alle priorità operative
Fonte: Propria elaborazione da Eccles, Cheng, Saltzman, 2010
Il Report Integrato è un modo di comunicare a tutti gli stakeholder che l’impresa si è dotata di una visione olistica dei loro interessi, poiché consapevole sia della propria complementarietà con tutti i portatori di interesse, sia della conflittualità esistente sovente tra gli interessi dei diversi segmenti di stakeholder (Eccles & Krzus, 2012). Sebbene siano i fornitori di capitale finanziario i principali destinatari di tale documento, tutti gli stakeholder interessati alla 63
capacità di un’organizzazione di creare valore nel tempo, tra cui dipendenti, clienti, fornitori, partner commerciali, comunità locali, legislatori, organismi di regolamentazione e responsabili delle decisioni politiche, possono beneficiare di tale strumento.
Tabella 2.3: Corporate reporting e Report Integrato a confronto
In cosa si differenzia il Report Integrato? Modo di pensare
Isolato » Integrato La tenuta di report distinti in un’azienda implica un approccio frammentario e non olistico. Il Report Integrato, invece, consente di pensare ai fatti aziendali in maniera integrata, monitorando, gestendo e comunicando nella sua interezza il processo di creazione di valore.
Rappresentazione del valore
Capitale azionario » Tutte le tipologie di capitale
Il Report Integrato descrive non solo la composizione del capitale azionario, ma anche le diverse tipologie di capitale (industriale, umano, intellettuale, naturale e sociale) presenti all’interno di un’impresa e le relazioni esistenti tra gli stessi. Una prospettiva così ampia impone di prendere in considerazione, a livello di singola azienda, l’utilizzo delle risorse, i rischi e le opportunità lungo l’intera catena del valore. Oggetto di indagine
Orientamento al passato » Orientamento al passato e al futuro L’Annual Report è ancorato in prevalenza sulla misurazione di performance consuntive e sui relativi rischi finanziari associati. Gli altri strumenti di rendicontazione riportano informazioni differenti, di rado in collegamento con gli obiettivi strategici dell’impresa e con la capacità della stessa di creare valore nel futuro.
Orizzonte temporale
Breve termine » Breve, medio e lungo termine La prospettiva di breve termine è stata considerata tra i fattori che ha contribuito alla crisi finanziaria globale. Il Report Integrato analizza i fatti aziendali contestualizzandoli, tenendo in dovuta considerazione le implicazioni di breve, medio e lungo termine connesse agli stessi.
Comunicazione
Informazioni frammentarie » Maggiore trasparenza Il financial reporting si focalizza principalmente su un livello di informativa obbligatoria. Sebbene cresca a oggi il numero di aziende che rafforzano il livello di trasparenza informativa, pubblicando, ad esempio, report volontari sulla sostenibilità, queste esperienze sono ancora esigue in termini numerici. Per accrescere la trasparenza informativa occorre rendicontare su più aspetti della gestione aziendale, non soltanto
64
positivi, ma anche negativi. Il Report Integrato aiuta ad accrescere il livello di trasparenza. Compliance
Rispondente alle regole » Rispondente alle singole circostanze A oggi gli strumenti di reporting sono più orientati al rispetto della compliance e tengono poco in considerazione le finalità specifiche che un’azienda si è prefissata. Se la compliance assicura coerenza e comparazione d’informativa, il Report Integrato offre un approccio “principle based” che si focalizza su elementi considerati materiali. Ciò consente a un’azienda di rendicontare la sua unicità in un linguaggio chiaro e comprensibile.
Livello di dettaglio
Lungo e complesso » conciso e materiale I report lunghi e complessi sono spesso incomprensibili per chi legge. Un obiettivo chiave del Report Integrato è di evidenziare in maniera efficace e sintetica il maggior numero possibile di informazioni materiali.
Tecnologia
Paper based » XBRL/web 2.0 Mentre internet e il linguaggio XBRL introducono elementi di innovazione a livello tecnologico, molte aziende continuano a pubblicare i propri report su supporto cartaceo. Il Report Integrato utilizza i vantaggi delle nuove tecnologie, condividendo, da un lato, informazioni interne all’Annual Report, facilitando, dall’altro, l’accesso ad altre informazioni specifiche.
Fonte: Massari, 2013 adattato da IIRC Framework, 2011
A oggi, l’arricchimento dei contenuti accolti nella rendicontazione aziendale, e in particolare la maggior focalizzazione sul rapporto tra modello di business e creazione di valore, è un’esigenza certamente più sentita dalle imprese di medie e grandi dimensioni, solitamente più attente agli aspetti della comunicazione istituzionale in ragione delle maggiori pressioni esercitate dal vasto pubblico di interlocutori. Tuttavia, l’approccio integrato può divenire nel tempo una nuova sfida competitiva per le piccole e medie organizzazioni aziendali, che potrebbero finalmente dare comunicazione all’esterno degli asset intangibili presenti, non valorizzati in Bilancio, o delle pratiche virtuose realizzate in tema di sostenibilità. Tale argomento è particolarmente rilevante per il nostro Paese, dove il tessuto imprenditoriale è costituito per la quasi totalità da piccole e medie imprese (PMI), e dove la cultura aziendale del reporting è prevalentemente di matrice finanziaria e, pertanto, fondata più sulla difesa della privacy che sulla disclosure vera e propria (Massari, 2013). A partire dai principi di rendicontazione integrata definiti dal King Report III (2009), il codice di autodisciplina sudafricano per la corporate governance, si definiscono i requisiti,
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individuati da KPMG (2010) che dovrebbero contraddistinguere il Report Unico nelle imprese di medie e grandi dimensioni, dotate di un sistema di gestione e controllo formale e strutturato:
Responsabilità del documento: il Consiglio di Amministrazione dovrebbe assicurare l’integrità del Report Integrato. Pertanto, ai fini dell’attendibilità ed efficacia di quest’ultimo, si genera la necessità in capo agli organi di governo di assumere esplicitamente la responsabilità in merito alla veridicità e completezza delle informazioni fornite, tramite un formale processo di predisposizione e approvazione.
Unicità e coerenza: le performance di sostenibilità e la loro relativa divulgazione dovrebbero entrare a far parte del processo di rendicontazione finanziaria societaria. In pratica, si richiede di esprimere l’unicità dell’azienda anche sul piano della rendicontazione, offrendo una rappresentazione globale dei risultati aziendali, che rispetti i termini previsti dalla legge per la pubblicazione dell’informativa finanziaria e sia coerente da un punto di vista stilistico e grafico. In questo modo è fornita ai terzi un’informativa coordinata, equilibrata e completa che permette di valutare agevolmente le conseguenze (economiche, sociali e ambientali) delle scelte e dei comportamenti dell’azienda e di valutarne il grado di coerenza ed efficacia. A tal proposito, occorre rammentare che l’informativa finanziaria d’esercizio è obbligatoria in base alla legge e ai principi contabili di riferimento, che ne determinano anche il contenuto e i criteri di redazione. Diversamente, per quanto riguarda il Bilancio di Sostenibilità, le aziende possono definire autonomamente l’eventuale modello di riferimento e i contenuti ritenuti rilevanti, essendo un documento di carattere volontario.
Auditor esterno ed interno: la rendicontazione delle performance di sostenibilità e la loro relativa divulgazione dovrebbero essere garantite in modo indipendente. Pertanto, al fine di assicurare l’affidabilità e la qualità informativa, si richiede l’assoggettamento del Bilancio Integrato a procedure di revisione (c.d. assurance) obbligatoria. In particolare, la revisione delle informazioni non economiche relative alla sostenibilità, a oggi di carattere volontario, può avvenire in base ai principi e alle procedure previsti dallo ISAE 300021 e dallo AA1000 Assurance Standard22.
21
Lo International Standard on Assurance Engagements (ISAE) 3000 emesso dallo International Auditing and Assurance Standards Board (IAASB) è uno standard internazionale per la verifica del reporting delle informazioni non economico-finanziarie (IAASB, 2011). 22 AA1000 AS è uno standard di processo per la rendicontazione di tipo sociale, che rivolge particolare attenzione al dialogo/confronto con gli stakeholder. Esso è compatibile con altri standard di assurance come l’ISAE3000, ma anche con strutture di reporting di sostenibilità come le Linee Guida per il Reporting di Sostenibilità della GRI (AccountAbility, 2008).
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Inoltre, i processi che sottendono alla generazione, rilevazione e gestione dei dati quantitativi e delle informazioni qualitative in tema di sostenibilità dovrebbero essere supervisionati dal Comitato di Controllo Interno (o un comitato equivalente). In aggiunta, quest’ultimo dovrebbe assistere il Consiglio di Amministrazione nel rivedere il Report Unico, soprattutto in termini di affidabilità delle informazioni e di coerenza della parte di sostenibilità con la parte economico-finanziaria (KPMG, 2010).
Il pensiero integrato In un mondo interdipendente e globalizzato, Hammel (2009) decreta la supremazia dei sistemi collaborativi sulle organizzazioni caratterizzate da relazioni antagonistiche (in cui o si vince o si perde); di conseguenza, si determina la necessità di fondare i modelli di business su reti di creazione del valore e forme di produzione sociale che trascendono i confini organizzativi, permettendo di incorporare nei sistemi di gestione uno spirito di comunità e cittadinanza (Hammel, 2009). Le aziende dovranno essere capaci di adattarsi, innovare e ispirare, tenere un comportamento socialmente responsabile e perseguire l’eccellenza operativa (Hammel, 2009). Per fare ciò, è necessario identificare nuovi approcci manageriali che permettano di migliorare la qualità dei processi decisionali e conservare la legittimità a operare dell’impresa, migrando verso pratiche fondate su una prospettiva allargata degli impatti, delle decisioni e delle attività aziendali, sia sui diversi stakeholder, sia sulla società nel suo insieme (Piermattei & Ventoruzzo, 2011). In questo contesto, si sviluppa il “Management Integrato”, un modello organizzativo basato su una crescente cultura di rendicontazione e attenzione agli stakeholder, che impone sia la consapevolezza delle conseguenze prodotte dall’operatività aziendale sui diversi segmenti di stakeholder e sulla società, oltre che sull’organizzazione, sia il controllo della performance dal punto di vista economico, finanziario, ambientale e sociale (Piermattei & Ventoruzzo, 2011). In concreto, si attiva nell’organizzazione il “pensiero integrato”, che consiste nella valutazione attiva delle relazioni fra le varie unità operative e funzioni di un’organizzazione e i capitali (intesi come dotazioni e flussi di risorse) che quest’ultima utilizza e influenza, supportando un processo decisionale integrato e azioni mirate alla creazione di valore nel breve, medio e lungo termine (IIRC, 2013). Così, il “Management Integrato” diventa una leva di cambiamento culturale che va a incidere su tutte le diverse funzioni aziendali, sviluppando un nuovo modo di impostare strategie e raggiungere gli obiettivi fissati, favorendo una costante collaborazione inter-funzionale e una cultura della rendicontazione trasversale (Piermattei & Ventoruzzo, 2011).
67
2.4
Framework IIRC di Report Integrato
Il processo di reporting aziendale nella forma integrata necessita di un profondo cambiamento culturale, che parte dalla consapevolezza che il valore non è creato all’interno di una singola organizzazione ma, deriva dalle relazioni instaurate con gli stakeholder, sotto l’influenza dell’ambiente esterno (che include condizioni economiche, tecnologiche, sociali e ambientali) e della disponibilità, qualità e gestione di varie risorse di tipo finanziario, produttivo, intellettuale, umano, sociale/relazionale e naturale. Il processo di rendicontazione integrata, infatti, è basato sul presupposto che i flussi di cassa futuri e le altre manifestazioni di valore dipendono da una serie di capitali, interazioni, attività e relazioni più ampia di quella direttamente associata alle variazioni del capitale finanziario. La creazione di valore per l’organizzazione e i suoi stakeholder è una conseguenza della variazione (in aumento o in diminuzione) o della trasformazione dei capitali, provocata dalle attività e dagli output (prodotti e servizi) aziendali, ciascuna delle quali, in ultima analisi, può influire sul ritorno economico dei fornitori di capitale finanziario.
Figura 2.9: Il processo di creazione del valore secondo il Framework IIRC
Fonte: IIRC, 2013
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I principi guida, che determinano il contenuto di un Report Integrato secondo il modello IIRC, sono:
focus strategico e orientamento futuro, si riferisce alla comunicazione di informazioni dettagliate sulla strategia dell’organizzazione, anche in relazione alla sua capacità di generare valore nel breve, medio e lungo termine, illustrando l’uso previsto dei capitali e gli effetti su di essi.
connettività delle informazioni, richiede di evidenziare le connessioni e le dipendenze esistenti tra le componenti rilevanti per la creazione di valore, il modello di business, i fattori esterni che incidono sull’organizzazione, nonché le varie risorse e relazioni da cui dipendono l’impresa e le sue performance.
risposta degli stakeholder, illustrazione delle relazioni tra l’organizzazione e i propri stakeholder e dell’approccio adottato per comprendere, considerare e soddisfare le loro esigenze, aspettative e interessi legittimi.
materialità e concisione, richiede di fornire informazioni sintetiche e rilevanti, in grado di consentire la valutazione della capacità dell’organizzazione di creare valore nel breve, medio e lungo periodo.
affidabilità e completezza, presentazione di tutte le questioni materiali, sia positive sia negative, in modo equilibrato e senza errori materiali.
coerenza e comparabilità, adozione di politiche di reporting coerenti nel tempo e presentazione delle informazioni in modo da permettere il confronto con altre organizzazioni.
Figura 2.10: Principi generali IIRC per la preparazione del Report Integrato
focus strategico e sul futuro
coerenza e comparabilità
risposta degli stakeholder
materialitàconcisione
affidabilitàcompletezza
connettività
Fonte: Elaborazione propria
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Per quanto riguarda il contenuto, nella rappresentazione olistica e integrata della situazione aziendale dovrebbero essere trattate le seguenti categorie di informazioni, poiché ritenute rilevanti nel processo di creazione di valore. Tuttavia, occorre chiarire che tali elementi rilevanti non sono concepiti per definire una struttura standard, da seguire secondo una precisa sequenza. Infatti, la presentazione delle informazioni deve rispondere alle circostanze specifiche dell’organizzazione e consentire di evidenziare i collegamenti esistenti tra gli elementi rilevanti.
Panoramica dell’organizzazione e dell’ambiente competitivo: identificazione di missione, visione, cultura, etica e valori dell’organizzazione; nonché di assetto proprietario e struttura operativa, attività, mercati, prodotti/servizi principali, contesto competitivo e posizione di mercato. Si illustrano, inoltre, le circostanze nelle quali l’organizzazione opera, incluse le risorse chiave e le relazioni dalle quali dipende.
Governance: determinazione della struttura di governance e dei processi decisionali, in particolare quelli strategici, dei meccanismi di definizione/monitoraggio della cultura dell’organizzazione e della gestione del rischio. Inoltre, si documenta l’implementazione di iniziative per promuovere e consentire l’innovazione e il collegamento esistente fra retribuzioni, incentivi e la creazione di valore nel breve, medio e lungo termine.
Modello di business: definizione dei principali input e della loro relazione con i capitali da cui derivano; le attività aziendali chiave (ad esempio la modalità di differenziazione sul mercato, gli elementi che consentono all’organizzazione di adattarsi ai cambiamenti) e, infine, gli output principali e i risultati chiave in termini di capitali.
Opportunità e rischi: identificazione dei principali rischi e opportunità fronteggiati dall’organizzazione, le relative modalità di gestione e i criteri con cui sono valutati la probabilità di accadimento e l’impatto sulla creazione di valore.
Strategia e allocazione delle risorse: individuazione degli obiettivi di breve, medio e lungo termine e delle relative strategie per raggiungerli, del piano di allocazione delle risorse per l’implementazione della strategia e delle modalità di misurazione degli obiettivi e dei risultati previsti.
Performance: comunicazione di informazioni quantitative e qualitative sulle performance realizzate dall’organizzazione, come quest’ultima realizza gli obiettivi strategici e i risultati ottenuti in termini di effetti sui capitali. Si accertano, inoltre, la qualità delle relazioni con gli stakeholder chiave e le modalità di soddisfazione delle
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loro esigenze, aspettative e interessi legittimi, collegandoli alle performance passate, presenti e prospettive future.
Prospettive future: si evidenziano le opportunità, le sfide e le incertezze che l’organizzazione potrebbe incontrare nel raggiungimento degli obiettivi strategici e quali sono le implicazioni che ne derivano per il modello di business e per le sue performance future.
Tra le informazioni rilevanti che un Report Integrato deve illustrare rientrano, inoltre, il processo di determinazione della materialità, l’organismo di governance con responsabilità di supervisione del processo di reporting, il perimetro del reporting, nonché la natura e la portata dei trade-off che materialmente influiscono sulla creazione di valore nel tempo.
Figura 2.11: Elementi rilevanti di contenuto del Framework IIRC
Profilo organizzativo - modello di business
Governance
Opportunità richi contesto operativo
Obiettivi strategici
Performance
Prospettive future
Fonte: Elaborazione propria
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2.5 Possibili benefici e criticità derivanti dall’implementazione del Report Integrato Praticare la rendicontazione integrata apporta una serie di benefici all’impresa, che possono essere rilevati in ambito strategico, organizzativo e di coinvolgimento degli stakeholder (KPMG, 2011). A livello strategico il Report Integrato permette di ampliare la visione degli impatti aziendali tramite l’identificazione dei parametri finanziari ed ESG più importanti per l’azienda, dato il settore in cui opera, e delle relazioni tra questi esistenti. Ciò può accrescere la creazione di valore grazie a:
l’aumentata abilità di focalizzarsi su problematiche rilevanti per gli stakeholder;
la migliore capacità di comunicare gli impatti diretti e indiretti sulla sostenibilità;
la maggiore consapevolezza sul tema della sostenibilità, sia internamente all’impresa (a livello operativo e di Top management) che esternamente (con investitori e clienti) (KPMG, 2011).
Inoltre, la valutazione di un numero maggiore di rischi e di opportunità permette all’impresa, grazie a un regolare processo di risk assessement, di prevenire o mitigare i rischi strategici o di business legati agli impatti sociali e ambientali e di affinare il processo decisionale, garantendo una migliore allocazione delle risorse fra tutti i gruppi di stakeholder (IIRC, 2011).
Figura 2.12: I benefici del Report Integrato
Benefici strategici
Benefici organizzativi
•Valutazione e prevenzione dei rischi ambientali, sociali, economici, di governance e reputazionali •Chiarezza delle relazioni e rafforzamento del processo decisionale
•Collaborazione tra funzioni aziendali •Maggiore condivisione di mission e valori
Benefici comunicativi •Comunicazione efficace del valore dell'organizzazione •Maggiore coinvolgimento degli stakeholder •Maggiore trasparenza
Fonte: Elaborazione propria
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Sviluppare una migliore chiarezza sulle relazioni fra le informazioni finanziarie e non finanziarie, migliorare i sistemi interni e le metodologie di misurazione per verificare questi legami e, infine, includere tutte le informazioni sulle performance in un unico documento, sono attività che richiedono un alto livello di collaborazione interna fra funzioni e rami aziendali (Eccles & Krzus, 2012). Pertanto, a livello organizzativo l’azienda può beneficiare di una maggiore condivisione della mission e dei valori, e un’accresciuta consapevolezza dei dipendenti in merito alla responsabilità sociale dell’impresa verso l’ambiente in cui essa opera, sia esterno sia interno, ponendo le basi per un continuo processo di miglioramento e innovazione (KPMG, 2011). Generali, ad esempio, azienda operante nel settore assicurativo, ha sperimentato nel 2013 l’utilizzo dell’Integrated Reporting Framework (IIRC) nel processo di rendicontazione interna, con l’obiettivo di migliorare il coinvolgimento tra i diversi reparti all’interno dell’organizzazione ed abbattere le barriere interne (i cosiddetti “thinking silos”). In concreto, Generali ha individuato nell’organizzazione la presenza di capitali di diversa natura (finanziaria, umana, sociale e organizzativa) per i quali ha predisposto e utilizzato un set di misure di performance (KPI), allineato con il programma aziendale di performance management. La sollecitazione dei vari reparti, al fine di acquisire e connettere fra loro tutte le informazioni necessarie alla rendicontazione interna, ha, pertanto, generato una visione maggiormente integrata delle prestazioni organizzative e una maggior efficacia dei flussi informativi interni. Quando le imprese comprenderanno che da una più alta coesione interna scaturiscono decisioni migliori, e dunque benefici migliori, cercheranno naturalmente di ottenere questi stessi benefici anche dall’esterno, attraverso il coinvolgimento degli stakeholder (Eccles & Krzus, 2012). Comprendere al meglio le aspettative ed esigenze di questi ultimi, infatti, servirà ad affinare ulteriormente il processo di decision making interno e a realizzare una maggiore consonanza della strategia aziendale con le necessità della società. Il Report Integrato, consentendo una più ampia valutazione delle performance aziendali, non solo a livello economico, bensì anche ambientale e sociale, può far maturare in capo agli stakeholder una maggior consapevolezza circa la complessità dell’organizzazione, oltre che una maggior fiducia da parte degli stessi e del mercato, innescando un circolo virtuoso che alimenta la credibilità aziendale (KPMG, 2011). Eccles e Krzus (2012) evidenziano, infatti, il contributo fornito da tale documento nella gestione del rischio reputazionale, poiché, tramite l’identificazione dei fattori di rischio, il Report Unico aiuta a colmare il gap tra reputazione e reale capacità dell’azienda di soddisfare, attraverso le performance realizzate, le aspettative degli stakeholder. Inoltre, favorendo il 73
coinvolgimento di interlocutori esterni, il Report Integrato facilita il monitoraggio di convinzioni, valori, norme sociali, e le loro evoluzioni, permettendo all’impresa di adeguarsi anche da un punto di vista interno. L’adozione di strategie sostenibili e modelli di rendicontazione integrata atti a sopportarle necessita di innovazione, del sostegno della comunità degli investitori e della società civile, oltre che dello sviluppo di regole, standard e regolamenti appropriati. Per ognuno di questi elementi occorre impiegare al meglio la tecnologia e far ricorso alla partecipazione e all’interessamento di individui, organizzazioni e autorità governative (Eccles & Krzus, 2012). A livello normativo, occorre considerare che alcuni componenti del Report Integrato sono soggetti alle norme vigenti a livello nazionale, la cui difformità tra i diversi Paesi potrebbe determinare diversi gradi di implementazione del documento, rendendo difficile il raffronto tra imprese. Ai fini della comparabilità e dell’efficacia dei documenti, è perciò importante la formazione di un consenso internazionale circa l’adozione di un modello riconosciuto e accettato, e la definizione di principi di rendicontazione universali, soprattutto per le imprese multinazionali. Un’ulteriore complessità è relativa ai doveri e alle responsabilità degli amministratori (o comunque dei soggetti designati alla predisposizione e approvazione del documento); poiché l’applicazione del Report Integrato è in continua evoluzione, è importante definire gli obblighi e le responsabilità degli organi di governo, anche considerando quanto previsto dalla legge per l’informativa finanziaria. Infine, le organizzazioni dovranno essere in grado di bilanciare i benefici di una comunicazione maggiormente strategica, che include anche informazioni non soggette a divulgazione obbligatoria, con la volontà di evitare la divulgazione informazioni riservate (IIRC, 2011).
Figura 2.13: Le criticità del Report Integrato
Criticità normative
Criticità organizzative
•Definizione di obblighi e responsabilità degli organi di governo •Consenso internazionale su un modello riconosciuto e accettato
•Attivazione di un idoneo processo informativo •Fabbisogno di competenze e esperienza •Costi di coordinamento delle unità operative
Criticità legate al documento •Coesistenza e coerenza tra informativa financial e non financial •Definizione del contenuti del report unico
Fonte: Elaborazione propria
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Da un punto di vista operativo, l’implementazione del Report Integrato all’interno dei processi aziendali potrebbe generare una serie di criticità individuabili a livello organizzativo, a livello decisionale e in riferimento al documento stesso (KPMG, 2011). A livello organizzativo, è necessaria l’attivazione di un idoneo processo informativo per la misurazione delle performance non finanziarie e per l’integrazione delle stesse con le informazioni finanziarie; inoltre, si richiede l’implementazione di procedure di controllo per garantire un’informativa completa e accurata. Ad esempio, Enel, azienda operante nella produzione, distribuzione e vendita di elettricità e gas, ha implementato un sistema di reportistica che, dall’elaborazione e dalla rilevazione di adeguati KPI, sia in grado di realizzare un processo di pianificazione e controllo secondo la logica della triple bottom line. In concreto, il processo di rendicontazione della CSR da essa implementato prevede due fasi fondamentali:
l’attività di pianificazione e controllo della sostenibilità, che porta all’individuazione e condivisione degli obiettivi che tutta l’organizzazione deve perseguire, declinati nel Piano di Sostenibilità;
l’attività di rendicontazione della sostenibilità, il cui punto di arrivo è l’elaborazione degli indicatori chiave di performance, che comportano il coinvolgimento sia a livello corporate sia a livello delle singole società del Gruppo.
Il conseguente ridisegno delle procedure di reporting comporta l’incremento dei costi di struttura, relativi a investimenti materiali e immateriali, e dei costi operativi e di coordinamento delle diverse unità operative (risorse umane, marketing, finanza, legale, ecc.), cui l’azienda deve far fronte nell’immediato in funzione dei benefici futuri attesi. La governance e la diffusione interna di una cultura sulla CSR sono elementi fondamentali, congiuntamente a pianificazione e misurazione delle performance, per integrare pienamente la sostenibilità all’interno del business. All’interno delle imprese manca, spesso, una visione strategica e condivisa su questi temi che favorisca una gestione trasversale e pienamente integrata in tutte le funzioni (Impronta Etica, 2013). Per questo, è necessario, non solo che l’impresa si doti delle strutture e delle funzioni adeguate, ma anche che adotti gli strumenti di comunicazione interna e di formazione per coinvolgere tutte le funzioni aziendali e per creare un framework valoriale comune. Soprattutto con riferimento alle tematiche della sostenibilità e alla loro gestione, si genera, infatti, un fabbisogno di competenze ed esperienza che potrebbe richiedere il rafforzamento delle conoscenze e delle abilità organizzative. A livello decisionale, si richiedono all’organo di governo la definizione di linee guida relative ai contenuti del Report Unico, e l’approvazione del documento nella sua globalità. Ciò comporta che le informazioni di sostenibilità devono pervenire nei tempi stabiliti e rispettare 75
le stesse scadenze della reportistica finanziaria previste per legge (KPMG, 2011). Al fine di garantire una certa uniformità di approccio e informazioni omogenee tra le imprese, considerando la mancanza di parametri standardizzati obbligatori per il Report di Sostenibilità, il management può fare affidamento sul Framework per la Rendicontazione integrata sviluppato dallo IIRC e sulle Linee Guida per il reporting di sostenibilità della GRI.
Figura 2.14: Criticità nell’integrazione aziendale delle questioni ESG
Fonte: The UN Global Compact-Accenture CEO Study on Sustainability, 2013
Infine, a livello di documento, sussiste il rischio che gli utilizzatori del report non comprendano le potenzialità offerte dal nuovo approccio adottato dall’impresa e abbiano difficoltà a individuare le informazioni di loro interesse (KPMG, 2011). Per incoraggiare l’adozione del Report Integrato, rileva sia il sostegno della comunità degli investitori, tramite una migliore integrazione delle informazioni non finanziarie nelle analisi e nei processi decisionali sugli investimenti; sia il supporto della società civile, cioè l’insieme delle organizzazioni altre rispetto alle imprese e le agenzie governative, nel promuovere consapevolezza e responsabilità in merito alla sostenibilità. Per quanto riguarda le diverse sezioni del documento, occorre considerare che l’informativa
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financial e non-financial si connotano per caratteristiche differenti: mentre la prima è finalizzata alla rappresentazione del passato ed è limitata alla valutazione degli effetti economico-finanziari di azioni già avviate o già concluse, nella rendicontazione non-financial, gli orizzonti temporali considerati si sviluppano in intervalli temporali più ampi, spesso proiettati in un’ottica di medio-lungo periodo. Di conseguenza, è necessario compiere uno sforzo per far coesistere in un unico documento le due tipologie di informazioni e supportare una migliore comprensione del business.
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2.6
La formulazione dei quesiti di ricerca
Lo scopo del presente lavoro è indagare il ruolo del Bilancio Integrato nelle relazioni delle multiutility con i propri stakeholder, in particolare quale strumento di supporto nel processo decisionale degli investitori e nella gestione dell’impatto delle operazioni di business sul contesto operativo. Le informazioni acquisite in questo capitolo hanno permesso di acquisire una conoscenza teorica dello strumento del Report Integrato, oltre che conoscere i trend della rendicontazione non finanziaria, registrati a livello italiano e mondiale. Dai risultati emersi, è possibile attestare le buone prospettive di crescita futura vantate da tale pratica (anche per effetto della diffusione di un modello generale e condiviso), che contribuirà a costruire una credibilità strategica e operativa e promuovere un dialogo continuativo con tutti gli stakeholder. Quest’ultimo aspetto è ancora più importante alla luce dall’accresciuta rilevanza attribuita alla soddisfazione delle attese degli stakeholder ai fini del successo aziendale. Infine, considerate le recenti iniziative normative a riguardo, l’accrescimento della trasparenza sui dati non finanziari, oltre che un’opportunità per l’impresa, è (o sarà nel prossimo futuro) anche un vincolo formale da adempiere. La ricerca sul Report Integrato appena svolta ha permesso di sviluppare alcuni quesiti specifici connessi all’adozione del Bilancio Integrato da parte delle società quotate e operanti nel settore multiutility:
Le imprese quotate dovrebbero utilizzare il Bilancio Integrato o il Bilancio di Sostenibilità per evidenziare la sempre maggiore connessione tra la dimensione economico-finanziaria del business e le performance conseguite in ambito sociale ed ambientale? In altri termini, quale dei due strumenti di reporting è più adatto a illustrare la strategia organizzativa, la struttura di governo, le performance attuali e le prospettive future, ossia quegli elementi rilevanti per la creazione di valore nel tempo?
Dalla ricerca effettuata è emersa la sua potenziale capacità di fornire agli stakeholder, in particolare ai fornitori di capitale finanziario, tutte quelle informazioni necessarie per effettuare una valutazione del valore economico dell’organizzazione. Rispetto al “monotematico” Bilancio Economico-Finanziario, esso permetterebbe di riflettere non solo la dimensione economica ma anche quella ambientale e sociale dell’impresa, consolidando e aumentando il consenso all’interno della comunità degli investitori e, al tempo stesso, attraendo quelle risorse professionali, manageriali e finanziarie necessarie al suo sviluppo. L’efficace illustrazione di come è stato allocato il capitale finanziario, soddisfando i bisogni informativi della comunità finanziaria e delle istituzioni, può contribuire ad assicurare la
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stabilità finanziaria e pratiche aziendali sostenibili. In aggiunta, il report in questione, riconoscendo l’importanza di tutti i capitali che a vario titolo concorrono alla formazione del valore aziendale, potrebbe alimentare l’interesse nei confronti del titolo quotato, al fine di attrarre nuovi investitori e/o fidelizzare quelli esistenti. Nel presente capitolo si è appreso che il Bilancio Integrato rappresenta la nuova frontiera della rendicontazione aziendale e richiede di documentare i risultati finanziari, ambientali, sociali e di governance in un unico documento, con l’obiettivo di accrescere la trasparenza verso la comunità finanziaria e la collettività in generale. Esso costituisce il risultato di un percorso di convergenza del Report Finanziario e di quello di sostenibilità per il quale sono disponibili differenti soluzioni operative. Per supportare le aziende nella redazione del Bilancio di Sostenibilità e del Report Integrato esistono diversi modelli di riferimento in grado di indirizzare e facilitare il lavoro, tra questi: le Linee Guida GRI per il reporting di sostenibilità e il Framework IIRC di reporting integrato.
Questi due modelli sono complementari o esiste il rischio che si generi una sovrapposizione tra i due framework?
La volontà di verificare l’applicabilità del Framework IIRC ad esperienze concrete di rendicontazione risponde a una duplice esigenza. Da un lato, si vuole verificare se il Report di Sostenibilità, affiancato al Bilancio civilistico, possa essere un valido sostituto del Report Integrato.
Un’impresa che ha già maturato una certa consapevolezza in merito agli impatti del proprio agire (tramite il Report di Sostenibilità), può considerarsi esonerata da ulteriori ampliamenti? O potrebbe, tramite il Report Integrato, rafforzare ulteriormente tale consapevolezza, elevando la rendicontazione dei dati non finanziari al livello d’importanza riservato a quelli economico-finanziari nelle decisioni aziendali e d’investimento?
Questo quesito è tanto più rilevante se si pensa che il Bilancio di Sostenibilità, rispetto al Bilancio Integrato, è più facile da comprendere e che quindi potrebbe garantire una maggiore accessibilità (e quindi trasparenza) delle informazioni da parte di quegli stakeholder non specialisti in materia, ma interessati all’andamento aziendale e ai suoi effetti sul contesto di riferimento. Dall’altro lato, si vuole costatare se le imprese che già affermano di predisporre un Bilancio Integrato, siano in effetti dotate di uno strumento di reporting adeguato a garantire la qualità della rendicontazione o se invece il percorso intrapreso presenti possibilità di miglioramento e/o rafforzamento.
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Un’altra questione interessante con riferimento alle aziende del settore multiutility, da verificare nel seguito del lavoro, è se l’adozione del Bilancio Integrato da parte delle imprese che forniscono servizi di pubblica utilità potrebbe favorire l’instaurarsi di rapporti più trasparenti fra l’impresa, i fornitori di capitale finanziario e gli altri stakeholder (dipendenti, clienti, potenziali partner e fornitori).
La capacità di favorire la comprensione e l’interpretazione dei dati non finanziari, come ad esempio le emissioni di gas serra, la durata media della relazione con i clienti, le politiche retributive del management, è un attributo riferibile sia al Bilancio Integrato che a quello di Sostenibilità? In altre parole, entrambi i documenti sono in grado di rendere più efficace e accessibile il collegamento dei dati ESG con le informazioni economico-finanziarie, come ad esempio la redditività, il capitale investito e l’indebitamento finanziario?
Nel settore multiutility è più appropriato il Bilancio Integrato o il Report di Sostenibilità per favorire lo sviluppo del business, la gestione delle condizioni operative in rapida trasformazione e la valorizzazione delle aspettative di tutti gli stakeholder?
Considerando l’elevato fabbisogno finanziario delle utility, si cercherà di capire quanto il Report Integrato, rispetto alla rendicontazione separata delle sostenibilità, potrebbe contribuire a coinvolgere in modo più proficuo gli investitori, permettendo all’organizzazione di svolgere più efficacemente il proprio ruolo di gestione. Inoltre, in virtù delle rilevanti risorse gestite dall’impresa, si vuole verificare se tale report potrebbe permettere a tutti gli interlocutori sociali di conoscere la gestione e quindi sostenere la credibilità strategica e operativa dell’utility. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, si dovrebbe considerare che il potenziale informativo del Bilancio è legato alla capacità dei destinatari di comprendere le informazioni contenute. Se si tratta di soggetti esperti di reporting, il Bilancio può esprimere al massimo la sua capacità comunicativa perché il linguaggio utilizzato dall’impresa è sostanzialmente identico a quello degli specialisti. Diversamente, quando il Bilancio è utilizzato da soggetti non professionisti, si riduce il suo potenziale informativo poiché solo le parti assimilabili al linguaggio comune possono essere efficacemente comprese.
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3. Il settore multiutility
3.1
Il settore dei servizi di pubblica utilità
Il presente lavoro si è posto l’obiettivo di analizzare il Bilancio Integrato, quale strumento di corporate reporting utilizzabile dalle imprese per comunicare il processo di creazione di valore, al fine di supportare decisioni in grado di assicurare la stabilità finanziaria dell’organizzazione e pratiche aziendali sostenibili. Le considerazioni teoriche sin qui svolte, relative alla sostenibilità aziendale e allo strumento del Report Integrato, possono essere verificate attraverso l’osservazione di esperienze aziendali concrete in ambito di rendicontazione. Il settore prescelto per effettuare tale studio è quello utility, tenuto conto della rilevante responsabilità assunta dalle imprese in esso operanti nell’erogazione di servizi essenziali per i cittadini, nell’utilizzo delle risorse naturali e nel rispetto dell’ambiente. Si ritiene, infatti, che in tale ambito, il Bilancio Integrato possa svolgere efficacemente la sua funzione di supporto al processo decisionale degli investitori, di fidelizzazione di clienti e risorse umane di qualità, nonché di sostegno nella gestione dell’impatto di business sul contesto operativo. Prima di procedere con lo studio delle pratiche di reporting dei Gruppi multiutility AcegasAps e Hera, che redigono rispettivamente il Bilancio Integrato e il Bilancio di Sostenibilità, è utile esaminare brevemente le caratteristiche generali delle utility e il contesto competitivo nel quale esse operano. Si cercherà, quindi, di capire le implicazioni per la rendicontazione aziendale e testare i vantaggi conseguibili con il Report Integrato, piuttosto che con quello di sostenibilità. Le aziende di servizi di pubblica utilità hanno come vocazione quella di erogare una utilitas nei confronti della cittadinanza, tramite l’erogazione direttamente ai cittadini di prestazioni quali ad esempio: la distribuzione di energia elettrica e di gas, la gestione del ciclo idrico, lo smaltimento dei rifiuti, la manutenzione delle aree verdi, il trasporto pubblico locale, l’illuminazione pubblica, le telecomunicazioni, ecc. A livello europeo, si utilizza l’espressione “Servizi di Interesse Generale” (SIG) per designare quelle attività che la pubblica autorità ritiene necessarie per soddisfare le specifiche e mutevoli contingenze della collettività. Essi svolgono un ruolo importante ai fini della coesione sociale, economica e territoriale e contribuiscono allo sviluppo sostenibile in termini
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di più elevati livelli di occupazione, integrazione sociale, crescita economica e qualità ambientale (Dipartimento Politiche Europee, 2012). Alcune caratteristiche tipiche dei servizi di pubblica utilità (tra le quali, la forte integrazione verticale, i costi marginali decrescenti, l’elevata intensità di capitale, la struttura reticolare di erogazione) rendono ottimale, dal punto di vista dell’efficienza allocativa, la presenza di un unico produttore, dando luogo a una situazione di monopolio naturale23 (Bonacchi, 2004).
Figura 3.1: Le forze competitive del settore multiutility
Fonte: Bonacci (2004)
Questa condizione, assommata alla presenza di ulteriori imperfezioni di mercato (tra le quali, esternalità24 e asimmetria informativa25), determina l’impossibilità di affidare l’erogazione di tali servizi esclusivamente a un’economia di puro mercato, essendo quest’ultima incapace di raggiungere un’ottimale allocazione delle risorse. Pertanto, sia la rilevanza degli interessi 23
Una struttura monopolistica del mercato si determina quando, per un particolare bene, esiste un solo venditore. Il monopolio, poi, è definito naturale (o di fatto) quando una singola impresa è in grado di produrre il bene/servizio in maniera economicamente più efficiente che qualsiasi combinazione di due o più imprese, qualunque sia il livello di output (Giusepponi, 2009). Diversamente, si definisce monopolio legale (o per legge) quello in cui la concorrenza è limitata per esplicita previsione normativa. 24 Le esternalità si verificano quando l’attività di produzione o di consumo di un soggetto ha effetti, negativi o positivi, sul benessere di un altro soggetto (Lettieri, 2011). 25 Si genera una situazione di asimmetria informativa quando in un mercato non tutti i soggetti economici sono in possesso delle informazioni necessarie allo scambio o alla produzione, per cui il mercato non può operare in modo efficiente (Lettieri, 2011).
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pubblici coinvolti, sia la struttura economica della produzione del bene/servizio, fonte di potenziali abusi da parte dell’impresa, hanno giustificato l’intervento dell’operatore pubblico nell’organizzazione delle public utility, sia direttamente come imprenditore, sia indirettamente come ente regolatore. In questi ultimi anni i servizi di pubblica utilità di maggiore rilevanza industriale (telecomunicazioni, energia, gas naturale, servizi idrici) hanno sperimentato, anche se con tempi e modi diversi a seconda del comparto e del Paese considerato, una fase di profonda ristrutturazione avviata con il ridimensionamento del ruolo dello Stato nell’economia. I processi di liberalizzazione26 e privatizzazione27 hanno reso i mercati nazionali sempre più competitivi, favorendo la nascita di nuovi operatori e costringendo al tempo stesso le aziende presenti, spesso monopoliste per legge o di fatto, a riconsiderare il proprio ruolo nel mercato (Bruti Liberati & Fortis, 2001). Inoltre, gli effetti della concorrenza e del libero mercato sono stati amplificati dalla dimensione internazionale di tali fenomeni (si consideri, ad esempio, che i processi di liberalizzazione del settore elettrico e del gas naturale sono di matrice europea) che ha moltiplicato sia le opportunità sia le minacce, trascendendo i confini geografici dei singoli Stati. In questo contesto, al progredire dei processi di deregolamentazione28 e disintegrazione della filiera produzione-distribuzione-vendita si è accompagnata, tanto in Italia, quanto nel resto d’Europa, una tendenza crescente da parte delle imprese di pubblici servizi a convergere su più settori dando origine al modello della multiutility, vale a dire una società in grado di offrire, tendenzialmente alla stessa base di clienti, una molteplicità di servizi di pubblica utilità (Bruti Liberati & Fortis, 2001). I processi di concentrazione determinano la formazione di unità produttive di grande dimensione il cui sviluppo richiede capitali ingenti; di conseguenza gli operatori di questo ampio e variegato comparto sono spinti ad aprirsi al mercato finanziario.
26
Liberalizzare significa definire regole idonee ad aumentare il numero di soggetti che concretamente possono trovare conveniente impiegare le proprie risorse e capacità imprenditoriali nel campo dei servizi pubblici, realizzando così una reale concorrenza (Borgonovi, 2001 citato da Giusepponi, 2009). 27 La privatizzazione è quel processo economico che trasferisce la proprietà di una società o un ente pubblico dallo Stato a un soggetto privato che ne assume la gestione (Borsa Italiana, 2013). Più precisamente, Bonacchi (2004) chiarisce che si tratta di un processo che dal punto di vista giuridico, tende a ricondurre soggetti economici pubblici, sottoposti a disciplina pubblicistica, alla normativa e ai rapporti di diritto privato; dal punto di vista economico, invece, tende all’esclusiva e prevalente presenza del capitale privato. 28 La deregolamentazione è quel processo per cui i governi eliminano le restrizioni degli affari al fine di incoraggiare le efficienti operazioni di mercato. La base razionale è che, generalmente, un minor numero di regole porta a un maggiore livello di concorrenza, conseguentemente a maggior produttività, maggior efficienza e, in generale, prezzi più bassi (Calabrò, 2010).
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Figura 3.2: Evoluzione dal modello utility al multiutility
Fonte: Adattato da Giusepponi (2009)
In aggiunta, la natura di settore capital intensive richiede l’elasticità finanziaria dell’utility, ossia la capacità di reperire fonti di finanziarie in quantità e qualità adeguate e a condizioni favorevoli per il sostenimento degli investimenti aziendali (D’Amato, 2005). Nello specifico, il collocamento strategico delle risorse di capitale a disposizione e l’accesso a nuove fonti di finanziamento rivestono sempre maggiore importanza in considerazione del confronto competitivo tra i diversi operatori esistenti, nazionali e internazionali, avviato con i processi di liberalizzazione, privatizzazione e internazionalizzazione. Lo svolgimento di un’attività di pubblico interesse, inoltre, esclude la possibilità, in caso di condizioni particolarmente avverse, di sospendere l’attività aziendale o di trasferire gli impianti altrove. Pertanto, di fronte alla necessità di svolgere l’attività nel territorio beneficiario dei servizi erogati, si richiede alle utility un grado di resistenza elevato. In concreto, quest’ultimo si sostanzia oltre che in una efficiente struttura operativa, anche in una forte stabilità finanziaria, che consenta all’impresa di attivare risorse in brevi archi temporali, al fine di fronteggiare le situazioni più varie (D’Amato, 2005). Anche nel contesto italiano, la necessità di rispondere alle sfide competitive poste dagli altri operatori e la possibilità di offrire un servizio migliore dal punto di vista qualità/prezzo, migliorando l’efficienza economico-produttiva, ha modificato gli equilibri tra le forze in campo. In particolare, le ex municipalizzate29 di medio/grandi dimensioni hanno identificato nell’aggregazione territoriale la principale via per la crescita dimensionale, mentre le realtà medio/piccole hanno visto nell’uscita operativa dal business della vendita, la strategia di
29
In Italia, l’intervento dello Stato nei servizi di pubblica utilità si è manifestato tramite: ˗ la gestione diretta in senso stretto (unità organizzative dell’Ente Pubblico); ˗ le aziende speciali di pubblici servizi (unità autonome dell’Ente Locale) o le municipalizzate (imprese giuridicamente private, anche se, di solito, a maggioranza pubblica); ˗ il ricorso a forme contrattuali di tipo pubblicistico, ossia concessione in esclusiva della gestione del servizio a impresa private (sia come soggetto giuridico, sia come soggetto economico) sottoposte a rigidi vincoli sulle modalità e sulle condizioni di gestione del servizio (Bonacchi, 2004).
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valorizzazione del portafoglio clienti. Quest’ultima si è realizzata nello specifico sia attraverso una partecipazione di minoranza in aggregazioni territoriali più grandi, sia attraverso la cessione del proprio ramo di azienda commerciale ad operatori terzi. Contestualmente, i grandi player nazionali hanno attuato importanti investimenti commerciali e accorte politiche di marketing allo scopo di fidelizzare la base clienti e sfruttare le opportunità di mercato derivanti dalla liberalizzazione in chiave “mass market” (PwC, 2010).
85
3.2
I driver del cambiamento nel settore utility
La dinamica evolutiva dell’impresa utility è influenzata da una serie di fattori, eterogenei e di natura prevalentemente esogena ai singoli business, che ne condiziona le modalità di gestione e la capacità di creare valore. Tali fattori riguardano: i processi di liberalizzazione e privatizzazione, la regolazione, la variabile ambientale e l’innovazione tecnologica (Dallocchio, Romiti & Vesin, 2001). In generale, si ritiene che tali condizioni, proprio per la loro capacità di influire in modo significativo sulla strategia e/o sul modello di business dell’utility, oppure sulle risorse che l’impresa utilizza nel breve e lungo termine, siano meritevoli di essere comunicate. Gli alti dirigenti e i responsabili delle governance, in virtù del loro coinvolgimento nelle attività di gestione quotidiane, possono determinare più precisamente, almeno rispetto a un interlocutore esterno, se e in che misura tali condizioni settoriali influenzano la creazione di valore nel tempo. La rendicontazione integrata è ritenuta idonea, per ora solo da un punto di vista teorico, a comunicare sia gli aspetti positivi, che quelli negativi (ad esempio, opportunità e rischi, nonché risultati e prospettive per il futuro, sia favorevoli che sfavorevoli), oltre che alle informazioni finanziarie e di altro tipo. Si giudica, inoltre, che tale tipo di documento possa effettivamente contenere quelle informazioni necessarie agli utilizzatori del report per valutare la qualità della strategia organizzativa e/o il livello delle sue performance. Attraverso l’indagine empirica si cercherà di valutare se il Report Integrato è capace di fornire un’informativa completa sulle conseguenze dirette per l’utility stessa (o correlate agli effetti prodotti sulle risorse umane, naturali, relazionali, finanziarie e produttive utilizzate), provocate per esempio dalla variabile ambientale e dall’innovazione tecnologica. Di seguito, saranno brevemente analizzate le implicazioni per la rendicontazione aziendale dei driver di cambiamento del settore. I processi di privatizzazione e deregolamentazione, seppur con differenti modalità di sviluppo nei diversi contesti operativi, hanno determinato variazioni negli assetti proprietari, ampliamento delle classi di stakeholder, crescente attenzione per l’integrazione tra responsabilità socio-ambientali, economiche, amministrative e per il corretto comporsi delle relazioni tra risorse impiegate, attività sviluppate e risultati ottenuti (Creap, 2011). Il processo di privatizzazione, in particolare, ha determinato una profonda ridefinizione delle finalità, dell’assetto istituzionale, nonché dei principi gestionali e del contesto organizzativo aziendale. Tali elementi, nel loro insieme, hanno fortemente mutato le attese convergenti nelle utility con riferimento all’operato aziendale e alla correlata capacità dell’impresa di remunerare 86
congruamente i contributi ricevuti (Creap, 2011). L’acquisizione di consensi e di risorse intorno alla mission e alle strategie d’impresa determina, pertanto, una crescente necessità di dare risposte chiare alle varie attese conoscitive espresse dall’ambiente interno ed esterno all’organizzazione.
Figura 3.3: Le sfide per le multiutility
Fonte: Commissione Bilancio Sociale, 2010
Il settore utility è sottoposto a una regolazione economica del business allo scopo di creare e mantenere condizioni di efficienza nel funzionamento della singola impresa e del sistema nel suo complesso. Pertanto, la fissazione di regole deve consentire sia l’ottimale sfruttamento delle risorse a disposizione, sia l’incentivo agli investimenti e all’innovazione per il miglioramento delle prestazioni erogate (D’Amato, 2005). L’obiettivo di creazione di valore deve necessariamente appartenere anche all’utility, pena l’estinzione della stessa; tuttavia, occorre sottolineare che il mantenimento degli equilibri economico-finanziari è influenzato dagli interventi di regolazione, che, modificando i normali funzionamenti di mercato condizionano i giudizi economici degli operatori. Le relazioni e la volontà di collaborare sviluppate con i legislatori, gli organismi di regolamentazione e i responsabili delle decisioni politiche rientrano nel capitale sociale e relazionale a disposizione dell’utility. Così come la fissazione di regole condivise, comportamenti e valori comuni; lo sviluppo e protezione delle relazioni con gli stakeholder chiave (clienti, fornitori, partner commerciali, comunità locali, ecc.); la capacità di 87
condividere informazioni al fine di aumentare il benessere individuale e collettivo. Per quanto riguarda la variabile ambientale, è evidente il rilievo che essa ha assunto negli ultimi anni, nell’ambito delle decisioni e delle strategie d’impresa. La gestione eco-sostenibile dei processi produttivi non si configura solo come un vincolo imposto dal legislatore nazionale e/o sovranazionale, ma anche come istanza avanzata da una pluralità di stakeholder (soprattutto da dipendenti, comunità locali e opinione pubblica), volta a ridurre l’impatto ambientale delle attività economiche e aumentare l’efficienza nell’utilizzo delle risorse naturali. Il rispetto dei requisiti ambientali può essere premiante anche sotto il profilo economico, permettendo di beneficiare di vantaggi di natura economica, quali il miglioramento dei servizi offerti e l’aumento dell’efficienza dei processi produttivi, e di natura extraeconomica, quali il miglioramento dell’immagine aziendale e l’ampliamento del consenso da parte degli stakeholder (Dallocchio, Romiti & Vesin, 2001). Di conseguenza, si rileva per le imprese del settore utility l’esigenza di rigenerarsi completamente nel prossimo futuro: tramite il rinnovo delle infrastrutture esistenti e l’adozione di tecnologie produttive più efficienti, esse possono soddisfare le esigenze di sviluppo e miglioramento ai fini competitivi, oltre che favorire la transizione verso un’economia sostenibile, più rispettosa del contesto sociale e ambientale. Si sono quindi compresi la rilevanza delle interazioni sviluppate tra l’impresa e il capitale naturale, costituito da tutti i processi e le risorse ambientali, rinnovabili e non rinnovabili, che forniscono i prodotti e servizi dell’utility, e il valore racchiuso in tale input per il modello di business. Ai mutamenti dal lato dell’offerta (caduta delle barriere istituzionali e legali, spinta all’integrazione a monte e a valle, nuovi operatori nazionali e internazionali, ecc.) e della domanda (clienti che diventano il principale asset dell’impresa, nuovi bisogni collettivi, richiesta di servizi efficaci ed efficienti, ecc.) vanno aggiunti i notevoli effetti riconducibili alla dinamica tecnologica, che ha aperto spiragli strategici e operativi, nuovi sia sul fronte della produzione, sia nella gestione della relazione con il cliente. Per quanto riguarda la produzione e l’erogazione, si assiste in molti comparti (per esempio in quello energetico) all’introduzione di tecnologie flessibili che consentono il superamento del monopolio naturale, tramite la fattibilità di convogliare più di un operatore alla medesima infrastruttura. Inoltre, si riduce la dimensione minima efficiente degli impianti, così da abbattere le barriere all’entrata e incentivare il meccanismo concorrenziale (Bonacchi, 2004). A ciò si aggiunge, grazie alla crescente integrazione tra tecnologie, la possibilità di utilizzare i medesimi asset per diversi business, favorendo la realizzazione di sinergie e le opportunità di aggregazione. 88
La gestione delle relazioni con i clienti, dalla fase di prevendita a quella di assistenza postvendita e di verifica della customer satisfaction, si avvantaggia, invece, dell’impiego delle ICT (Information and Communication Technology), che dischiudono possibilità notevoli per una gestione avanzata del rapporto, incrementando i livelli di soddisfazione e di fidelizzazione della clientela e, in ultima analisi, le opportunità di profitto, grazie alla possibilità di attivare politiche di cross selling o up selling (D’Amato, 2005). Da quanto appena affermato, si evince che la variabile tecnologica esercita la sua influenza principalmente sul capitale produttivo, relazionale e naturale dell’utility. Potrebbe essere interessante, ai fini del processo decisionale di allocazione delle risorse (e quindi per gli utilizzatori del Bilancio) capire come la tecnologia può influire sulla disponibilità, qualità e accessibilità di queste risorse, e quindi in ultima analisi sulla capacità dell’utility di creare valore nel tempo.
Figura 3.4: Le aspettative dell’azienda verso gli stakeholder
CLIENTI - Cross selling - Fedeltà - Quota di mercato - Profittabilità
DIPENDENTI - Problem solving - Soddisfazionde dei clienti - Lealtà - Flessibilità
IMPRESE COLLEGATE - Allargamento della base clienti - Gruppo di acquisto - Integrazione professionale e tecnologica
REGOLATORI - Regole chiare - Controlli efficaci - Collaborazione - Facilità di rendicontazione
AMBIENTE E GENERAZIONI FURURE (Non influenzabile dall' azienda)
FORNITORI - Qualità - Economicità - Rapidità - Semplicità
INVESTITORI - Sostegno finanziario
SOCIETÀ - Sostegno politico
Fonte: Bonacchi (2004)
Pertanto, la spinta verso logiche di mercato e competizione, generata dall’insieme dei fenomeni
legati
all’internazionalizzazione,
alla
maggiore
sensibilità
ambientale
e
all’evoluzione normativa e tecnologica, rappresentano opportunità di crescita, di valorizzazione degli asset, di creazione di nuovo valore per gli azionisti (pubblici e/o privati)
89
e di miglioramento dell’intero sistema produttivo in cui le utility sono inserite. Tuttavia, la rapida immersione di tali imprese in un ambiente soggetto a intense dinamiche competitive, rappresenta una minaccia non trascurabile per gli operatori, cui si richiede capacità di adeguamento al nuovo contesto e di riconfigurazione dei rapporti con gli altri attori del sistema (Dallocchio, Romiti & Vesin, 2001). Oltre ai fini comunicativi esterni, è evidente che il Bilancio Integrato, se inserito in un processo più ampio di integrazione che va oltre il reporting aziendale, può coinvolge efficacemente anche la gestione del rischio. Grazie a questa integrazione tutti gli eventi di rischio, derivanti ad esempio dalle dinamiche tecnologiche, ambientali e normative afferenti il settore multiutility, possono essere considerate e valutate secondo metriche d’impatto che non riguardano solo aspetti finanziari ed economici, ma anche gli ambiti sociali, ambientali e reputazionali. Se inizialmente le multiutility consideravano e gestivano i fattori di rischio separatamente nelle diverse funzioni aziendali, con l’adozione del Report Integrato potrebbe essere più facile monitorare e rendicontare il livello di rischio complessivo aziendale, a prescindere dalla natura finanziaria o meno dell’evento. Ad esempio, le utility stanno apportando grandi cambiamenti al mix di fonti energetiche, investendo nelle fonti rinnovabili, in risposta non solo alle preoccupazioni per i cambiamenti climatici ma anche alle problematiche relative alla sicurezza degli approvvigionamenti. La ricerca di fonti energetiche pulite e rinnovabili richiede notevoli investimenti e sfide progettuali che implicano rischi e incertezze, anche a livello normativo. In questo contesto, il Bilancio Integrato può rappresentare uno strumento cruciale per supportare le decisioni di investimento di lungo periodo, perché adatto a comunicare le opportunità e i rischi specifici (origine, probabilità di manifestarsi, portata degli effetti) che influenzano la capacità dell’utility di creare valore, anche nel lungo termine, e in che modo l’organizzazione intende gestirli in linea con le strategie e i piani di allocazione delle risorse. Le aziende del settore sono esposte a pressioni molto forti sia dal lato dei costi sia dal lato dei ricavi; l’aumento dei costi di produzione, la necessità di investire in nuove infrastrutture generano costi difficilmente recuperabili sul cliente finale. Pertanto, anche il processo di programmazione aziendale potrebbe beneficiare del Bilancio Integrato, facilitando la coerenza tra l’indirizzo strategico e la formulazione degli obiettivi annuali sul piano gestionale, nonché il monitoraggio dei risultati ottenuti, evidenziando il contributo allo sviluppo economico e sociale che le attività di business presentano.
90
3.3
Rendicontazione non finanziaria: evidenze per il settore multiutility
A oggi, è possibile rilevare che solo poche multiutility italiane si sono impegnate nella rendicontazione non finanziaria, nonostante l’importanza di fornire a tutti gli interlocutori rilevanti un insieme omogeneo e completo di informazioni, in grado di comunicare le modalità di esercizio della responsabilità e i connessi risultati economici, sociali, ambientali complessivamente raggiunti. Prendendo in esame il Sustainability Disclosure Database 30 della GRI si costata che, con riferimento ai bilanci del 2012, si rintracciano per il settore Energy utility, 41 Report di Sostenibilità a livello europeo, di cui 8 redatti da imprese italiane, su un totale di 90 report pubblicati a livello mondiale. Tra le otto multiutility italiane solo AcegasAps redige il Bilancio Integrato, mentre le restanti redigono un documento distinto dal Bilancio d’Esercizio, definito “Sustainability Report” (5 aziende) o “Bilancio di Sostenibilità”. All’interno del campione, 6 aziende raggiungono il massimo livello di conformità alle linee guida (A+), che sta ad indicare che il documento risulta completo rispetto allo standard di contenuto informativo definito dalla GRI ed è stato sottoposto al processo di verifica da parte di una società di revisione esterna. Ulteriori indicazioni possono essere tratte dalla ricerca G.B.S. Monitor Project, realizzata dal Gruppo di studio per il Bilancio Sociale (G.B.S.), dal quale emerge che sono 34 le multiutility italiane che hanno redatto nel 2008 il Bilancio di Sostenibilità (o un documento analogo), ovvero il 6,3% di quelle iscritte a Federutility31 (Commissione Bilancio Sociale, 2010). Per quanto riguarda le caratteristiche delle imprese, emerge che sono localizzate principalmente nelle regioni del nord e del centro, e sono prevalentemente di grandi dimensioni, nello specifico con un fatturato oltre i 50 milioni di euro e più di 250 dipendenti. Inoltre, le aziende multiutility che rendicontano risultano in maggioranza di proprietà pubblica (78%) e prevalgono di poco quelle non quotate in borsa (53%). Infine, rispetto alla struttura del documento, gli standard maggiormente citati sono le Linee Guida GRI per il Bilancio di Sostenibilità (utilizzate dal 37%) e il modello di Bilancio Sociale elaborato da G.B.S. (utilizzato dal 33%). Spunti interessanti con riferimento alle utility e multiutility quotate sul mercato italiano,
30
Questo database non è esaustivo, non solo perché è basato sull’applicazione del Reporting Framework proposto dalla GRI (non considera quindi l’utilizzo di altri modelli), ma anche perché le aziende che lo utilizzano non sono obbligate a inviare copia del loro report alla GRI. Nonostante ciò, esso può rappresentare uno strumento utile per misurare l’impegno nella rendicontazione da parte delle aziende del settore utility. 31 Federutility è l’associazione di categoria che riunisce i tre principali ambiti di servizi di pubblica utilità a rete, che sono energia elettrica, gas e servizio idrico integrato.
91
possono essere tratti dall’indagine dell’Osservatorio Bilanci CSR32 realizzata nel 2005 con l’obiettivo di esaminare la qualità dei contenuti del reporting CSR da parte di tali imprese, evidenziandone punti di forza e criticità. Di seguito, si sintetizzano i principali risultati emersi dalla ricerca, considerati utili per verificare l’effettiva capacità di tali imprese di comunicare, tramite la rendicontazione non finanziaria, una visione olistica della propria situazione aziendale. I Bilanci CSR 33 rinvenuti, relativi all’anno 2004, sono 11, di cui 9 resi disponibili tempestivamente (nella prima metà dell’anno) e presentati all’assemblea degli azionisti, contestualmente al Bilancio d’Esercizio.
Figura 3.5: Diffusione dei bilanci CSR presso le diverse tipologie di utility
Pubblicazione di bilanci CSR
Utility operanti a livello locale
78%
Utility quotate con una capitalizzazione superiore ai 200 milioni USD
90%
Utility quotate sul mercato italiano
65%
0%
20%
40%
60%
80%
100%
Fonte: Elaborazione propria da Osservatorio Bilanci CSR, 2005
Inoltre, per quanto riguarda il modello adottato, la tipologia più diffusa fra le società quotate è il Bilancio Sociale (47% dei bilanci CSR), seguita dal Bilancio di Sostenibilità (34%) e da quello Ambientale (20%). L’analisi dei contenuti dei Bilanci Ambientali, Sociali e di Sostenibilità è effettuata valutando la coerenza nell’esposizione degli elementi che compongono la strategia organizzativa in tema di CSR. In particolare, si è verificata la sussistenza di un approccio sistematico alle interazioni 32
L’Osservatorio Bilanci CSR sul reporting ambientale, sociale e di sostenibilità in Italia è nato su iniziativa del centro di ricerca Avanzi, allo scopo di monitorare le principali tendenze e favorire il miglioramento della qualità delle informative non-finanziarie. 33 Nell’indagine si identifica con il termine “Bilancio CSR” l’insieme dei Bilanci ambientali, sociali e di sostenibilità.
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fra l’attività aziendale e le problematiche sociali e ambientali. Dalla ricerca risulta che l’illustrazione della mission e dei valori aziendali nei Bilanci di Sostenibilità, pur essendo una pratica diffusa tra le utility quotate, manca di un saldo collegamento con l’attività effettivamente svolta dall’impresa e manifesta un’eccessiva genericità. La presenza di mission e valori adempie perlopiù una funzione estetica e di correttezza professionale, piuttosto che di guida nelle scelte e nei comportamenti aziendali. La scarsa integrazione delle politiche di responsabilità sociale e ambientale sul piano strategico-gestionale è dimostrata anche dalla mancanza di una struttura responsabile a livello organizzativo (circa metà dei casi), deputata al presidio e monitoraggio delle attività in tema CSR.
Figura 3.6: Trend di diffusione dei bilanci di sostenibilità per settore
Trend di reporting per settore Transport
39%
Communications & computers
69%
57%
75% 74%
47%
Trade & retail
26%
Finance, insurance & securities
52%
49%
Oil & Gas
62%
61%
47%
Automotive
2008
77% 78%
62% 0%
2011
72% 67%
49%
Utility
2013 72% 69%
59%
Food & beverage
70%
71%
79%
10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%
Fonte: KPMG, 2013
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Infine, nell’identificazione e nella gestione dei rapporti con gli stakeholder, si segnalano: una certa uniformità nella loro selezione e una mancata esplicitazione dei metodi e criteri utilizzati nel processo di identificazione. La mancata attivazione di un coinvolgimento esterno lascia presumere che questa attività non sia stata condotta con finalità strategiche, ma piuttosto sia stata effettuata ai fini della stesura del Bilancio CSR. Per quanto riguarda le tendenze registrate a livello mondiale, la “KPMG Survey of Corporate Responsibility Reporting 2013” rivela che, a livello globale, il 79% delle aziende utility intervistate si dedica alla rendicontazione delle proprie performance sostenibili; in aumento rispetto al 71% registrato nel 2011. Inoltre, stando ai dati raccolti con riferimento alle 250 più grandi aziende al mondo, le imprese utility realizzano un punteggio di 65 su un totale di 100 punti, in base alla valutazione effettuata da KPMG sulla qualità della rendicontazione.
94
3.4
Comunicare la creazione di valore
Le condizioni che regolano la dinamica delle utility, fortemente esposte ai mutamenti della legislazione, della regolazione specifica e delle varabili ambientali e tecnologiche, non sempre sono favorevoli per l’accrescimento delle potenzialità di valore di tali organizzazioni (D’Amato, 2005). Le diverse prospettive di valore che ruotano attorno all’impresa utility sono il riflesso della funzione e del ruolo dalla stessa svolto nell’attuale contesto economico, sociale, politico e istituzionale. Pertanto, la creazione di valore in una prospettiva sistemica, in grado di coniugare competitività e interesse generale alla produzione di beni e servizi essenziali, appare necessaria al fine di acquisire consensi e risorse intorno alla mission e strategia aziendale e garantire la Corporate Sustainability. Figura 3.7: Le aspettative degli stakeholder verso l’azienda
CLIENTI - Qualità - Economicità - Rapidità - Semplicità
DIPENDENTI - Remunerazione - Soddisfazionde professionale - Lavoro equo - Crescita professionale
FORNITORI - Remunerazione - Rapporti stabili - Rapidità - Semplicità professionale e tecnologica
IMPRESE COLLEGATE - Allargamento della base clienti - Gruppo di acquisto - Integrazione professionale e tecnologica
REGOLATORI - Rispetto della concorrenza - Rispetto della qualità - Rispetto delle norme
INVESTITORI - Remunerazione finanziamenti - Informazione - Dividendi - Capital gain
AMBIENTE E GENERAZIONI FUTURE - Riduzione emissioni - Riduzione rifiuti e rumori - Riduzione traffico urbano
SOCIETÀ - Sostegno culturale - Iniziative dopo-lavoro - Ascolto esigenze comuni - Aiuti economici
Fonte: Bonacchi (2004)
Le informazioni acquisite in questo capitolo hanno permesso di comprendere come la liberalizzazione del mercato dei servizi di pubblica utilità e la conseguente necessità di misurarsi con le regole di mercato abbiano causato una crescente dipendenza delle imprese di pubblici servizi dal mondo finanziario. L’aumento dimensionale delle imprese utility, da perseguire per questioni sia di efficienza produttiva, sia di stabilità economico-patrimoniale,
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ha accresciuto il ruolo della finanza quale strumento per perdurare nel tempo e creare ricchezza. La crescente e generalizzata preoccupazione di fornire un quadro veritiero e corretto della qualità della gestione aziendale e della capacità di valore per l’azionista, rinvenuta nel secondo capitolo, si somma pertanto all’evoluzione delle dinamiche competitive e di settore, evidenziate in questa parte del lavoro, nel determinare l’importanza del Report Integrato per la misurazione e comunicazione delle performance realizzate dalle utility. Il breve approfondimento delle esperienze maturate dalle multiutility in materia di rendicontazione non finanziaria, anche in riferimento ai contenuti e ai modelli di riferimento adottati, ha permesso di rilevare l’impegno già assunto da una parte delle imprese e, contemporaneamente, le potenzialità da sviluppare prossimamente per le altre, non ancora dedite a tali attività. La liberalizzazione, le aspettative sociali e gli interventi legislativi hanno aggiunto nuovi livelli di complessità ai report aziendali. A causa di tale complessità, per i fornitori di capitale finanziario è sempre più difficile comprendere chiaramente il modello di business e le strategie di creazione del valore definite dalle utility. Di fronte alla complessità ed eterogeneità delle categorie di stakeholder con cui si rapporta, è necessario dotare l’utility di uno strumento olistico che permetta di apprezzare ogni decisione aziendale, industriale e finanziaria, nelle conseguenze che è in grado di manifestare nel medio-lungo periodo. Tuttavia, la forte regolazione del mercato utility e la multidisciplinarietà dei settori di business coinvolti rendono la comunicazione tradizionale (Bilancio EconomicoFinanziario) incapace di comunicare adeguatamente le capacità distintive che caratterizzano le imprese di servizi di pubblica utilità. Di conseguenza, è fondamentale dotare tali imprese di altri strumenti, idonei a evidenziare la sua vitalità, la sua capacità innovativa, il patrimonio di competenze posseduto, l’attenzione alla clientela, ossia informazioni che consentano di valutare la sostenibilità delle strategie e quindi il potenziale di sviluppo futuro (Bonacchi, 2004). Il Bilancio Integrato, offrendo informazioni complete e integrate relative a governance, opportunità e rischi, strategie, perfomance attuali e aspettative future, potrebbe permettere alla direzione aziendale di comunicare l’efficienza operativa e gestionale raggiunta. Tra gli strumenti offerti dalla finanza aziendale, la quotazione in borsa può costituire un’opportunità di equilibrio finanziario e di sviluppo industriale poiché rappresenta un canale flessibile che l’utility può attivare per soddisfare le diverse e complesse esigenze finanziarie generate dal business. Tuttavia, occorre sottolineare che la quotazione innesca generalmente dei meccanismi di accrescimento dell’efficienza operativa e gestionale grazie allo sviluppo 96
dell’azionariato diffuso, che impone trasparenza gestionale e un’ampia disclosure sui risultati prodotti. In aggiunta, nel caso in cui si realizzi una completa cessione dell’utility sul mercato, o non vi sia un’azionista di maggioranza, si attiva il meccanismo della contendibilità della proprietà, che spinge il management a ricercare il massimo grado di efficienza e le migliori performance possibili per non incorrere nella sanzione del mercato, che può concretarsi in una scalata ostile (Dallocchio, Romiti & Vesin, 2001). Occorre ricordare che le utility, il cui Bilancio sarà analizzato nel presente lavoro, erano quotate nell’anno 2012 cui i documenti si riferiscono. In seguito all’aggregazione di AcegasAps, divenuta effettiva dopo la conclusione dell’esercizio 2012, solo Hera è rimasta quotata in borsa. In ogni caso, è evidente, per ora solo da un punto di vista teorico, il contributo offerto dal Bilancio Integrato nel far comprendere a tutti i fornitori di capitale finanziario, i fenomeni sottostanti l’evolversi delle condizioni strutturali e di funzionamento delle multiutility e l’andamento delle strategie.
97
3.5
Definizione del campione d’aziende
Lo scopo di questo paragrafo è presentare il campione di aziende analizzate, in modo tale da congiungere la parte a carattere prevalentemente concettuale, svolta finora, e quella a carattere prevalentemente induttivo, che partendo da qui arriverà allo sviluppo delle conclusioni. Gli obiettivi generali del presente lavoro sono stati, di fatto, già trattati all’inizio dell’elaborato, così come i motivi che hanno portato alla scelta degli specifici casi analizzati. Ciò nonostante, pare opportuno ricordare brevemente gli elementi caratterizzanti lo studio del Bilancio di Sostenibilità 2012, redatto dal Gruppo Hera, e del Bilancio Integrato 2012 del Gruppo AcegasAps. A fronte dell’ampia e complessa varietà di aziende rientranti nel settore dei servizi di interesse generale, si è deciso di analizzare i prospetti di queste due aziende tenuto conto dell’esperienza maturata nella rendicontazione degli impatti economici, sociali e ambientali. Entrambe le aziende, oltre ad essersi distinte per la completezza e la chiarezza della comunicazione aziendale in ambito di sostenibilità, sono caratterizzate da una dimensione (in termini di popolazione servita, attività e servizi offerti, ecc.) tale da garantire la rilevanza degli impatti sociali, ambientali ed economici dell’attività svolta e, pertanto, meritevoli di essere adeguatamente comunicati agli stakeholder. Inoltre, l’approccio alla sostenibilità da loro adottato è formale e strutturato al fine di garantire la buona operatività anche nel lungo termine e conciliare la crescita economica con l’impegno sociale, la competitività con l’attenzione all’ambiente, il business con l’etica. Il Gruppo AcegasAps è nato nel 2003 a seguito della fusione tra Acegas (quotata alla Borsa Valori di Milano dal 2001) e APS, due multiutility operanti nelle province di Trieste e Padova. AcegasAps, una delle maggiori multiutility del Nord-Est, con circa 1.800 dipendenti e un bacino di oltre 700.000 utenti, opera nella gestione e distribuzione delle risorse idriche, nella distribuzione e vendita di gas ed energia elettrica, nella produzione elettrica, nella raccolta e nel trattamento dei rifiuti e in altri servizi (ad es. funerari, illuminazione pubblica, posa di reti per telecomunicazioni, teleriscaldamento, ecc.). Il Gruppo AcegasAps è inoltre attivo nel settore del gas in Serbia e in Bulgaria, grazie dell’aggiudicazione di due concessioni a lungo termine. Per quanto riguarda l’azionariato del Gruppo, a fine 2012 la compagine societaria evidenzia la presenza maggioritaria di soci pubblici che sono in possesso di una quota pari a circa il 63% del capitale sociale. Il Gruppo Hera, nato nel 2002 dall’unione di undici aziende di servizi pubblici dell’Emilia
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Romagna, è tra le principali multiutility italiane nei business dell’ambiente34, dell’idrico, del gas e dell’energia elettrica. Il Gruppo si avvale di oltre 6.500 dipendenti e opera nel territorio di Bologna, Ravenna, Rimini, Forlì-Cesena, Ferrara, Modena, Imola e Pesaro-Urbino (fornitura di servizi a circa 3,3 milioni di persone). La Società, articolata in una capogruppo e in strutture territoriali operative, è quotata sul mercato telematico di Borsa Italiana S.p.A. dal 2003 ed è a partecipazione maggioritaria pubblica. In particolare, a fine 2012 l’azionariato annoverava 187 Comuni del territorio di riferimento, che detenevano una quota complessiva pari a circa il 61% del capitale sociale. La progressiva strategia di espansione territoriale di Hera, attraverso il consolidamento di aziende multiutility attive nelle aree limitrofe, ha condotto il Gruppo ad aggregare nel 2012 anche AcegasAps. Tra le possibili realtà da integrare, è stata selezionata AcegasAps perché quest’ultima si caratterizza per un forte posizionamento nel territorio, un equo bilanciamento del portafoglio di business tra attività regolate e liberalizzate e un marcato impegno nelle aree dell’ambiente, dell’energia e dell’acqua. Oltre a operare in territori contigui e presentare un portafoglio di business similare per composizione, condivide con il Gruppo Hera anche caratteristiche di assetto proprietario e di percorso di crescita favorevoli al processo aggregativo. In linea con quanto descritto nel presente capitolo, la spinta di Hera allo sviluppo dimensionale deriva sia dalla necessità di rispondere alle sfide competitive poste dal mercato, sia dalla possibilità di offrire un servizio migliore dal punto di vista qualità/prezzo, migliorando l’efficienza economico-produttiva. Nel caso concreto, l’operazione di aggregazione di AcegasAps ha permesso il consolidamento delle posizioni di leadership raggiunte da Hera nell’ambiente e nei servizi di rete e l’apertura verso i territori dell’Est Europa. Inoltre, la fusione ha posto la nuova realtà nella posizione ideale per aggregare ulteriori operatori, considerando la dimensione e la solidità industriale raggiunte. L’integrazione consente di valorizzare le rispettive presenze industriali sia dal punto di vista della scala produttiva, sia da quello dell’ampiezza del presidio delle filiere. Si prevede, infatti, l’estrazione dalla nuova entità, una volta messa a regime, di sinergie intorno ai 25-30 milioni di euro annuali, cui potrebbe seguire l’incremento dell’utile per azione dell’8-11%. L’operazione è stata strutturata in due fasi: la prima ha previsto la fusione per incorporazione della holding di AcegasAps (società che controllava al 62,69% AcegasAps) in Hera, con efficacia dal 1° gennaio 2013. È seguita quindi l’offerta pubblica di acquisto e scambio, 34
L’area Ambiente comprende la gestione integrata dei rifiuti e i servizi operativi ambientali (ad es. la pulizia delle strade).
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rivolta agli azionisti di minoranza di AcegasAps, finalizzata al delisting di AcegasAps. Prima di procedere all’analisi comparata del Bilancio Integrato e di Sostenibilità diretta a verificare il ruolo, il contenuto e le difformità che contraddistinguono i due documenti, può essere utile percorrere brevemente il processo evolutivo che ha contraddistinto la rendicontazione aziendale di AcegasAps e Hera. L’esperienza di rendicontazione integrata realizzata da AcegasAps si colloca all’interno di un percorso che ha avuto inizio con il Bilancio Sociale, è proseguito con il Bilancio di Sostenibilità e si è evoluto ulteriormente con l’adozione del modello di Reporting Integrato. Occorre ricordare che il report è uno strumento vivo che necessita di continui adattamenti e miglioramenti, anche in linea con le esigente di gestione e disclosure dell’impresa e con i bisogni informativi degli stakeholder; pertanto, il percorso di AcegasAps, pur avendo raggiunto l’integrazione della rendicontazione, non può ancora dirsi concluso. Diverso è il comportamento manifestato da Hera, che ha confermato nel tempo la propria scelta in tema di comunicazione volontaria delle questioni sociali e ambientali, raggiungendo con la pubblicazione del 2012 la decima edizione del Bilancio di Sostenibilità, redatto in forma separata dal Bilancio d’Esercizio e Consolidato. Per quanto riguarda il rapporto esistente con altri documenti societari, si segnala che AcegasAps, dopo la comparsa del Bilancio Integrato, non rende più disponibile in forma separata il Bilancio d’Esercizio della capogruppo e il Bilancio Consolidato. Per Hera, invece, è ancora necessario produrre separatamente il Bilancio Economico-Finanziario, poiché quello di Sostenibilità è, come già precedentemente affermato, un documento volontario che si affianca a quelli richiesti per legge35. A questo punto, è importante notare che tra le informazioni che le società quotate devono diffondere al pubblico, ci sono quelle inerenti agli aspetti ambientali e sociali dell’attività esercitata. Nello specifico, si richiede di inserire nella Relazione sulla gestione, redatta dagli amministratori, “un’analisi fedele, equilibrata ed esauriente”, che richiede, ai fini della “comprensione della situazione della società e dell’andamento e del risultato della sua gestione” di presentare “gli indicatori di risultato finanziari e, se del caso, quelli non finanziari pertinenti all’attività specifica della società, comprese le informazioni attinenti all’ambiente e al personale”. Alla luce degli obblighi di informativa appena citati, si può comprendere come AcegasAps 35
Occorre ricordare che entrambe le aziende risultavano quotate nell’anno 2012, anno a cui i bilanci si riferiscono, pertanto, entrambe dovevano sottostare a specifici obblighi di informativa, secondo i tempi, le modalità e i contenuti definiti dalla normativa per le società quotate. In particolare, tra i documenti richiesti rientrano l’informativa sui dati contabili (bilancio, semestrali, trimestrali), l’informativa sulle operazioni di finanza straordinaria (ad esempio relative a acquisizioni, cessioni, aumento di capitale, ecc.), l’informativa sulla Corporate Governance e gli statuti societari.
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abbia conseguito la razionalizzazione delle comunicazioni veicolate a propri interlocutori, condensando in un unico documento le modalità di esercizio delle responsabilità economiche, sociali e ambientali ed evitando duplicazioni informative. Hera continua invece a percorrere la strada della rendicontazione separata, nonostante il suo Bilancio Economico-Finanziario si sia già arricchito per richiesta normativa di contenuti non finanziari. Questa pratica pare riflettere la volontà di offrire agli interlocutori la possibilità di selezionare le fonti informative in relazione alle specifiche esigenze conoscitive e/o alle abitudini di consultazione. Da quanto appena affermato, anche tramite il supporto visivo del grafico sottostante, si desume come ciascuna azienda interpreta il proprio report: AcegasAps attribuisce al Report Integrato valenze sostitutive di altre forme di rendicontazione, in particolare dei Bilanci civilistici e di Sostenibilità, mentre Hera, perseguendo la rappresentazione olistica della situazione aziendale tramite documenti separati, assegna al Bilancio di Sostenibilità una funzione integrativa e di approfondimento socio-ambientale della comunicazione economicofinanziaria esistente.
Tabella 3.1: Disponibilità dei report (sui siti internet aziendali) anni 2002-2012
Gruppo AcegasAps B. Consolidato B. Sociale B. di Sostenibilità B. Integrato 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
Gruppo Hera B. Consolidato B. Sociale B. di Sostenibilità B. Integrato 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Fonte: Elaborazione propria
101
3.6 Metodologia di ricerca e profili informativi indagati Al fine di definire uno strumento di valutazione della rendicontazione aziendale in linea con la letteratura, con quanto definito dal Framework IIRC di rendicontazione integrata e con le specificità del contesto multiutility, la procedura di valutazione seguita può essere dettagliata come segue. L’analisi avrà a oggetto il confronto del Report Integrato 2012 di AcegasAps e del Bilancio di Sostenibilità 2012 di Hera, relativamente alla struttura, ai contenuti e al grado di integrazione della disclosure economico-finanziaria con quella di natura non finanziaria/di sostenibilità. Si tratta di strumenti basati sulla volontà di rendicontare in maniera olistica e integrata gli effetti economici, sociali e ambientali generati dall’agire aziendale e accumunati dal considerare la divulgazione di informazioni finanziarie e non finanziarie quale contributo aziendale al perseguimento di uno sviluppo equilibrato e sostenibile per tutti gli stakeholder. Nel presente lavoro si vogliono confrontare i soli documenti di reporting dotati di volontarietà; tuttavia si è consapevoli che il Bilancio di Sostenibilità non è stato concepito per sopravvivere all’obbligatorio Bilancio Economico-Finanziario, quanto per completarlo nel divulgare la Corporate Sustainability . Nel modello di valutazione elaborato si fa talvolta riferimento allo strumento del Report Integrato (inteso come documento unico); tuttavia, si precisa che le medesime variabili saranno indagate anche con riferimento al Bilancio di Sostenibilità al fine di decretare il documento più efficace per le multiutility nel comunicare il valore creato. La comparazione sarà effettuata in conformità a tre schede di valutazione sviluppate a partire dalle indicazioni contenute nel Framework IIRC di rendicontazione integrata; quest’ultime rappresentano, infatti, la base di partenza per la valutazione dell’importanza del Report Integrato per le imprese multiutility e della sua adeguatezza nel rispondere alle necessità comunicative delle stesse. L’appropriatezza delle linee guida fornite dallo IIRC, è motivata sulla base dei seguenti elementi:
Sostenibilità del business: Conformemente alla visione più attuale di sostenibilità del business e alla creazione di valore nel tempo, come emerge dalla letteratura analizzata, il Framework IIRC sottolinea la volontà di favorire un approccio più integrato ed efficiente del reporting aziendale, al fine di illustrare una vasta gamma di fattori (e comprendere le interdipendenze fra quest’ultimi) che influiscono in modo rilevante sulla capacità di un’organizzazione di creare valore nel tempo, definendone i principi guida ed elementi rilevanti in linea con obiettivi di sviluppo sostenibile del business.
102
Pervasività: il Framework IIRC rappresenta la base di partenza per la definizione di un linguaggio comune e condiviso a livello internazionale in materia di rendicontazione integrata, poiché l’IIRC è un’associazione globale guidata da esigenze di mercato (investitori e aziende interessati a comprendere e far comprendere la strategia e il modello di business), che mira a catalizzare gli sforzi per dare una nuova forma al reporting aziendale del XXI secolo, modificando il modo di pensare e i comportamenti aziendali.
Ampiezza: il Framework IIRC è stato sviluppato in modo da poter essere adattato a qualsiasi organizzazione, senza limiti geografici, settoriali e dimensionali. Questa caratteristica lo rende particolarmente adeguato allo sviluppo di una griglia di lettura poiché rappresenta la necessaria base di partenza alla definizione di un approccio organizzativo al reporting, in grado di aumentare la resilienza dell’ambiente aziendale e ottimizzare il processo decisionale dei fornitori di capitale finanziario.
Per la valutazione del framework di reporting, utilizzato dalle due aziende oggetto del campione, è stata sviluppata una check list di temi rilevanti ai fini della comunicazione della Corporate Sustainability , sia dal punto di vista del processo di rendicontazione, sia da quello della struttura e del contenuto del documento. Di seguito sono presentate le schede di valutazione, con l’indicazione degli item indagati, e la scala utilizzata per l’attribuzione dei punteggi (Scala di valutazione del framework di reporting). Si sono quindi rilevate le variabili definite nei suddetti schemi, attraverso l’attribuzione di punteggi definiti in base a giudizi inerenti sia alla ricorrenza nei report dei temi individuati, sia alla sostanziale significatività delle informazioni ad essi relative. La spiegazione di tali valutazioni è fornita nella Scala di valutazione del framework di reporting.
103
Tabella 3.2: Scheda per la valutazione del processo di rendicontazione
Scheda per la valutazione del processo di rendicontazione 1. Obiettivi 1.1. Definizione degli obiettivi perseguiti con la redazione del Bilancio Integrato 1.2. Definizione delle motivazioni che hanno spinto l’azienda a intraprendere il relativo percorso di rendicontazione integrata 1.3. Importanza del report per la sostenibilità dell’organizzazione 2. Stakeholder 2.1. Identificazione dei destinatari del documento 2.2. Principi per identificare e selezionare i principali stakeholder 2.3. Attività di coinvolgimento degli stakeholder in materia di reporting 3. Soggetti partecipanti al processo di redazione e responsabilità del processo 3.1. Identificazione della figura/funzione aziendale che guida il processo di rendicontazione integrata e ne è responsabile 3.2. Illustrazione delle funzioni aziendali coinvolte nella raccolta dati 4. Parametri del report 4.1. Profilo del report (periodo di rendicontazione, perimetro di analisi, periodicità). 4.2. Il documento fa riferimento a principi/standard di rendicontazione non finanziaria riconosciuti e accettati: 4.2.1. Linee guida GRI. 4.2.2. Linee guida GBS. 4.2.3. Altri. 4.3. Sottoscrizione/adozione di codici di condotta, principi e carte sviluppati da enti/associazioni esterne relativi a performance economiche, sociali e ambientali 4.4. Trattazione del processo di definizione della materialità/rilevanza delle informazioni fornite 4.5. Tecniche di misurazione dei dati e basi di calcolo 4.6. Tecnologia (ad esempio utilizzo di piattaforme interattive sul web e social media, linguaggio XBRL, strumenti multimediali, ecc.) 4.7. Meccanismi per assicurare la credibilità del report (parte non finanziaria/di sostenibilità) 4.7.1. Sistema di controllo interno 4.7.2. Verifiche esterne e certificazioni 4.7.3. Riconoscimenti ricevuti nel periodo in materia di rendicontazione Totale complessivo (max 57) Fonte: Elaborazione propria
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Tabella 3.3: Scheda di valutazione del profilo del report
Scheda di valutazione del profilo del report 1. Sinteticità (n. pagine del report) 2. Leggibilità (presenza di indice, glossario, tabelle di raccordo) 3. Spazio dedicato alle diverse sezioni (% pagine su totale) 3.1. Generale 3.2. Non finanziaria - Sostenibilità 3.3. Economico - finanziaria 3.4. Altro 4. Connettività delle informazioni 4.1. Presenza di informazioni economico-finanziarie in capitoli di sostenibilità/non finanziari 4.2. Presenza di informazioni di sostenibilità/non finanziarie in capitoli economico-finanziari 4.3. Presenza di capitoli misti (copresenza di informazioni ESG e economico-finanziarie) 5. Dimensioni della sostenibilità 5.1. Presenza di dati economico-finanziari di sintesi 5.2. Presenza di dati socio-ambientali e di governance di sintesi 5.3. Indicatori GRI di performance economica (n.) 5.4. Protocolli per il calcolo e la distribuzione del Valore aggiunto (GBS) 5.5. Indicatori GRI/Global Compact di performance ambientale (n.) 5.6. Indicatori GRI/Global Compact di performance sociale (n.) Fonte: Elaborazione propria
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Tabella 3.4: Scheda per la valutazione del contenuto del documento
Scheda per la valutazione del contenuto del documento (rispondenza al Framework dell’IIRC) 1. Descrizione dell’organizzazione e del modello di business 1.1. Mission, valori, codici di condotta, principi rilevanti per le performance economiche, ambientali e sociali 1.2. Attività, mercati di riferimento, prodotti e servizi offerti 1.3. Modello di business, driver di valore 1.4. Rappresentazione delle diverse tipologie di capitale influenzate dall’organizzazione: 1.4.1. Capitale finanziario 1.4.2. Capitale produttivo 1.4.3. Capitale umano e intellettuale 1.4.4. Capitale sociale e relazionale 1.4.5. Capitale naturale 2. Natura del business 2.1. Illustrazione del contesto economico, sociale e ambientale 2.2. Individuazione di rischi e opportunità critici derivanti dal contesto 2.3. Risorse e relazioni chiave (inclusi gli stakeholder) 3. Obiettivi strategici e strategie gestionali 3.1. Definizione degli obiettivi strategici a breve/medio/lungo termine 3.2. Definizione delle modalità di raggiungimento degli obiettivi 3.3. Strumenti per la gestione del rischio relativo a risorse strategiche 3.4. Trattazione delle variabili di sostenibilità nelle strategie 4. Governance e remunerazione 4.1 Direzione aziendale (competenze e requisiti) e processo decisionale 4.2 Legame tra remunerazione degli amministratori e obiettivi di performance (breve e medio/lungo termine) 4.3 Processo per la valutazione delle performance del management, in particolare in funzione delle performance economiche, ambientali, sociali 5. Performance 5.1 Impatto su risorse e relazioni chiave da cui l’organizzazione dipende 5.2 Fattori esterni significativi che hanno influenzato le performance 5.3 Grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati 6. Prospettive future 6.1 Modalità di bilanciamento tra interessi di breve e medio-lungo termine 6.2 Azioni da attuare/ risposte al contesto operativo per conseguire gli obiettivi futuri 6.3 Incertezze associate agli obiettivi futuri e relativa influenza sulla capacità di creare valore nel tempo Totale complessivo (max 72) Fonte: Elaborazione propria
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Per ciascun item compreso nelle schede di analisi, è stato costruito un punteggio con la scala presentata di seguito. Le varabili presenti nella prima e terza scheda di valutazione possono originare un giudizio del tipo “assente” o “presente”; quest’ultimo è a sua volta articolato in tre livelli “privo di dettagli”, “con commento semplice”, “con commento articolato”. Gli item presenti nella seconda scheda, invece, forniscono al lettore un’informazione numerica inadatta a essere valutata con la scala appena definita; pertanto, in questi casi sarà formulato un commento non supportato dall’attribuzione di un punteggio.
Tabella 3.5: Scala di valutazione dell’informazione fornita
Scala di valutazione dell’informazione fornita Informativa
Descrizione
Punteggio
Assente
Nessuna informazione fornita.
0
Presente priva di dettagli
Esiste il solo dato qualitativo/quantitativo, che permette di conoscere l’esistenza della specifica situazione aziendale, ma è assente qualsiasi tipo di nota, dettaglio o commento.
1
Presente con spiegazione semplice
Il dato qualitativo/quantitativo è presente e corredato da un commento semplice (nota narrativa, evoluzione nel tempo, composizione, ecc.).
2
Presente con spiegazione articolata
Il dato qualitativo/quantitativo è presentato nel dettaglio ed è corredato da un commento articolato che permette una valutazione critica (sia positiva sia negativa) della specifica situazione aziendale.
3
Fonte: Elaborazione propria
107
3.7
I risultati attesi dall’analisi
Dalla valutazione dei Bilanci di Sostenibilità e Integrato è attesa la conferma che entrambi concorrono a potenziare, rispetto al tradizionale Bilancio Economico-Finanziario, l’approccio comunicativo della multiutility verso i propri stakeholder, garantendo una maggiore trasparenza dell’agire aziendale. Considerando i molteplici stakeholder con cui si relaziona una multiutility e i diversi interessi e competenze posseduti, è importante dotare l’impresa di uno strumento accessibile e comprensibile alla maggioranza degli interlocutori. In questo senso, il Bilancio di Sostenibilità parrebbe favorire la fiducia degli stakeholder nei percorsi di rendicontazione attivati dalle multiutility. Tuttavia, alla luce dei mutamenti a livello competitivo avvenuti nel settore, per comunicare la sostenibilità del business, ossia la capacità di un’organizzazione di rimanere produttiva nel tempo e di salvaguardare il contesto sociale, ambientale ed economico in cui opera, sembrerebbe più appropriato il Report Integrato. A supporto di tale argomentazione si riconosce che esso è finalizzato a comunicare la creazione di valore nel lungo periodo, intesa come quel processo allargato a tutti gli stakeholder e fondato sulla capacità di saper cogliere le opportunità e di gestire i rischi derivanti dalle dinamiche del contesto operativo. Alla luce della letteratura analizzata e dei trend di reporting evidenziati nella prima parte del lavoro, si pensa, infatti, che il Bilancio Integrato, ponendo in relazione le tematiche ESG con le performance economico-finanziarie, costituisca un’evoluzione del Bilancio di Sostenibilità, che ha per oggetto i “soli” indicatori economici, ambientali, sociali e di governance. In altre parole, il primo è in grado di rispondere in modo più completo e soddisfacente al fabbisogno informativo, complesso ed eterogeneo, degli stakeholder, perché offre un elemento aggiuntivo rispetto alla presentazione delle performance d’impresa nelle sue tre dimensioni principali (triple bottom line): la connessione esistente tra quest’ultime e la creazione di valore nel tempo. Pertanto, si pronostica dall’analisi una maggiore efficacia del Report Integrato, in rapporto al Bilancio di Sostenibilità, nel comunicare gli elementi rilevanti per la creazione di valore da parte dell’impresa multiutility. L’annessione e connessione della rendicontazione delle informazioni non finanziarie al tradizionale Bilancio Economico-Finanziario stimola e induce comportamenti consapevoli da parte delle imprese, portandole a considerare congiuntamente le questioni economicofinanziarie e quelle di sostenibilità. Inoltre, si ritiene che la predisposizione di un unico documento permetta la migliore valorizzazione dell’approccio del management, degli orientamenti e degli obiettivi dell’azienda rispetto ai temi da rendicontare, stimolando la crescente integrazione tra RSI e modo di fare impresa. 108
4. I casi AcegasAps e Hera
4.1
Presentazione generale dei documenti analizzati
Nel presente capitolo si svolgerà la parte prevalentemente induttiva del lavoro, che consiste nell’analizzare e confrontare il Bilancio Integrato di AcegasAps e quello di Sostenibilità di Hera, le due multiutility identificate in precedenza. Partendo dall’analisi della struttura, del contenuto e del processo di rendicontazione, condotta sui bilanci in questione per mezzo delle schede di valutazione presentate nel capitolo tre, si passerà alla spiegazione e al commento dei risultati ottenuti. Infine, si arriverà allo sviluppo delle conclusioni, maturate attraverso l’esame delle due esperienze di rendicontazione, con cui si cercherà di dare risposta ai quesiti sorti durante lo svolgimento del lavoro di tesi. Dopo una breve una presentazione generale dei documenti analizzati, sarà avviata la ricerca empirica, suddivisibile in tre fasi. Nella prima saranno analizzati i partecipanti al processo di reporting, gli obiettivi e i destinatari; mentre nella seconda si rivolge l’attenzione al profilo tecnico del report. La terza fase avrà ad oggetto il contenuto del documento, che sarà esaminato avendo come punto di riferimento il Framework IIRC di Reporting integrato, illustrato nel secondo capitolo del lavoro. In alcuni casi, la presentazione dei risultati è accompagnata da un box che esemplifica i contenuti di bilancio che sono stati considerati per la formulazione del giudizio, permettendo così al lettore di entrare concretamente in contatto con il report analizzato. Al termine dell’esposizione, sulla base delle informazioni empiriche riscontrate, si procederà all’interpretazione dei caratteri rilevati al fine di valutare l’efficacia comunicativa del Bilancio Integrato e di quello di Sostenibilità nel rapporto con gli stakeholder e, più precisamente, l’idoneità a soddisfare le loro attese conoscitive e valutative. In questo paragrafo si svolge una presentazione generale dei report analizzati, che oltre a fungere da collegamento con i capitoli antecedenti, offre una prima lettura conoscitiva che può servire da premessa alla successiva presentazione e interpretazione dei risultati. In particolare, essa si svolgerà attraverso l’osservazione e il commento di aspetti formali quali la tipologia di argomenti trattati e la sequenza con cui essi sono esposti all’interno del documento, e non prevederà l’elaborazione di un giudizio di merito. Il confronto dei capitoli in cui sono articolati i bilanci di AcegasAps e Hera, sarà di fatto
109
realizzato definendo, per ciascuno di essi, l’appartenenza a una delle seguenti tipologie informative, al fine di evidenziare corrispondenze e asimmetrie e facilitare la comparazione.
Informazioni di carattere generale (G), permettono di contestualizzare le performance realizzate dall’azienda e comprendono elementi quali la lettera agli stakeholder, la missione e i valori, l’approccio strategico, la struttura del gruppo, il sistema di governance, il modello di business, l’analisi contesto competitivo, ecc.
Informativa non finanziaria - di sostenibilità (S), dedicata ai temi di sostenibilità economica, ambientale e sociale, può comprendere il Bilancio di Sostenibilità o un documento analogo, informazioni su tematiche socio-ambientali e di governance, relazioni sull’andamento delle attività operative, relazioni sulla gestione economicofinanziaria e sul valore generato, relazioni sulla remunerazione, ecc.
Informativa economico-finanziaria (EF), comprende i prospetti di Bilancio d’esercizio e consolidato e i documenti a essi strettamente legati, almeno tradizionalmente (Note integrative, Relazione della società di revisione e del collegio sindacale, attestazioni di bilancio, ecc.)
Altro (A), comprendente tutti quegli elementi di supporto al contenuto principale del documento, o comunque non inclusi nelle sezioni precedenti, quali ad esempio indice, glossario, tabelle di raccordo, contatti, ecc.
In preparazione alla valutazione degli aspetti sostanziali del documento e del processo di rendicontazione integrata si propone di seguito l’elenco dei capitoli in cui sono articolati il Bilanci integrato di AcegasAps e quello di Sostenibilità di Hera, specificando a fianco la tipologia di informazioni contenute.
Tabella 4.1: Ordine di trattazione degli argomenti nel bilancio
BILANCIO INTEGRATO - AcegasAps Titolo
BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ - Hera Info
Titolo
Info
Lettera aperta agli azionisti e agli stakeholder
G
Dieci anni di sostenibilità
S
Nota metodologica e informazioni
G
Questo Bilancio
G
Profilo d’impresa
G
Chi siamo
G
Relazione sulla gestione economico finanziaria
S
Il dialogo con gli stakeholder
S
Andamento delle attività e dei servizi
S
I risultati economici e il valore aggiunto
S
110
Bilancio di cittadinanza
S
I lavoratori
S
Bilancio consolidato
EF
I clienti
S
Bilancio d’esercizio
EF
Gli azionisti
S
Allegati
A
I finanziatori
S
I fornitori
S
La pubblica amministrazione
S
La comunità locale
S
L’ambiente e le generazioni future
S
Appendici
A
Fonte: Elaborazione propria
Nell’osservare l’ordine di trattazione degli argomenti si riconosce una certa aderenza alla struttura proposta nello standard “Principi di redazione del Bilancio Sociale” emanato dal GBS36, pur non essendo una reale intenzione delle imprese, almeno stando a quanto dichiarato nella Nota metodologica di costruzione del report. Questa apparente conformità al Framework GBS diventa il comune denominatore tra i due report per svolgere la presentazione generale dei documenti e rendere più semplice il raffronto, senza però l’attribuzione di un punteggio in merito agli aspetti qualitativi di contenuto e struttura. Pur trascendendo la suddivisione in capitoli operata da ciascuna azienda, nell’esposizione che seguirà saranno comunque presenti dei riferimenti concreti ai capitoli in questione per non perdere troppo di vista l’oggetto del presente lavoro.
4.1.1
Identità aziendale e contesto
La prima sezione del Bilancio Integrato e di Sostenibilità descrive il metodo di costruzione del report e l’identità aziendale, al fine di consentire agli stakeholder di comparare “gli assunti valoriali e strategici che informano l’attività aziendale e le risultanze dell’attività della stessa”. In concreto, in entrambi si rilevano l’assetto istituzionale e organizzativo, la missione e i valori etici di riferimento, il sistema di governo d’impresa, nonché il disegno strategico. Con riferimento al Bilancio Integrato di AcegasAps, si può notare la presenza di ulteriori informazioni di carattere generale che consentono di contestualizzare la performance realizzata dal Gruppo (par. “Il contesto macroeconomico”), identificare i soggetti portatori 36
In particolare, si fa riferimento allo standard in vigore prima dell’aggiornamento avvenuto nel 2013, rispetto al quale il bilancio è suddiviso in tre sezioni: identità aziendale, produzione e distribuzione del valore aggiunto e relazione sociale.
111
d’interesse coinvolti a vario titolo nell’attività d’impresa (par. “Gli stakeholder”) e infine, informazioni relative agli adempimenti di legge (ad es. Relazione sulla remunerazione, struttura di Risk Management, tutela della privacy, ecc.). Diversamente, Hera decide di affiancare alla presentazione del profilo d’impresa le strategie e politiche aziendali in riferimento alla Responsabilità Sociale d’Impresa (parr. “La gestione della sostenibilità”, “Gli strumenti di governo” e “Il governo della RSI”), dedicando un capitolo a parte all’identificazione degli stakeholder e alle iniziative di dialogo e consultazione con questi intraprese. In entrambi i report, tale sezione funge da introduzione delle dinamiche di tipo reddituale, finanziario, monetario e degli interventi in ambito sociale e ambientale, presentati nelle parti successive del documento, permettendo una loro corretta comprensione e interpretazione.
4.1.2
Riclassificazione dei dati contabili e calcolo del Valore Aggiunto37
La seconda parte assume per entrambi i bilanci carattere quantitativo-monetario, perché è destinata a dimostrare il valore aggiunto conseguito e le modalità di distribuzione dello stesso, tramite l’indicazione delle remunerazioni corrisposte ai diversi gruppi di stakeholder. Sia AcegasAps, sia Hera analizzano i risultati economico-finanziari (tramite la riclassificazione dei dati contabili), gli investimenti realizzati e il valore aggiunto, ossia la ricchezza prodotta e distribuita agli interlocutori aziendali. Questa sezione rappresenta il principale tramite con il bilancio di esercizio, perché rende evidente l’effetto economico (o economicamente esprimibile) che l’attività d’azienda ha prodotto sugli stakeholder che concorrono in modo più diretto all’attività di produzione della ricchezza economica aziendale. Mentre Hera dedicata al calcolo del Valore aggiunto un capitolo a sé stante, AcegasAps colloca il calcolo in questione all’interno del capitolo denominato “Relazione sulla gestione economico-finanziaria”, che nel complesso fornisce ulteriori informazioni circa la situazione della società e l’andamento e il risultato della sua gestione ed è comprensivo dell’ evoluzione economico-finanziaria delle principali società del Gruppo. A tale capitolo ne segue un altro, denominato “Andamento delle attività e dei servizi”, che contiene la descrizione organizzativa/strutturale delle varie aree di attività presidiate (idrica, elettrica, ambientale, ecc.) e la loro evoluzione nel tempo. In particolare, per ciascuno dei
37
Il concetto di valore aggiunto qui adottato si distingue dalla definizione più strettamente contabile perché adotta la metodologia proposta nel 2001 dal Gruppo di studio per il Bilancio Sociale (GBS). La determinazione si ottiene attraverso una riclassificazione delle voci del Conto economico mettendo in evidenza la produzione e la successiva distribuzione del valore aggiunto agli stakeholder. In particolare, il valore aggiunto viene inteso come la differenza tra i ricavi e i costi della produzione che non costituiscono una remunerazione per gli stakeholder aziendali.
112
principali settori di attività sono esaminati elementi quali la clientela, i prodotti e servizi offerti, le attività di ricerca e innovazione, lo scenario strategico e il quadro regolatorio/normativo,
che
nel
complesso
permettono
un
corretto
accertamento
dell’operatività aziendale. La scelta di dedicare un capitolo a sé stante all’andamento delle diverse attività, individuato nella Nota metodologica come “Bilancio dei servizi”, pare rispondere alla volontà di:
illustrare il contributo che le diverse aree hanno apportato alla formazione del reddito complessivo del periodo, già illustrato in precedenza nel report;
evidenziare le specificità strategiche, normative, relative agli investimenti e all’innovazione che caratterizzano i comparti in cui AcegasAps è attiva.
Pertanto, la valorizzazione della gestione aziendale, presentata in due capitoli separati, segue due criteri di aggregazione: uno basato sulle entità societarie, l’altro basato sul ramo settoriale.
4.1.3
Relazione socio-ambientale
Il Modello GBS, dopo la presentazione dell’azienda e dei risultati economici, prevede una sezione dedicata alla descrizione qualitativa e quantitativa:
dei risultati che l’azienda ha ottenuto in relazione agli impegni assunti e ai programmi realizzati e
degli effetti prodotti sui singoli stakeholder.
Con riferimento ai bilanci analizzati, tale sezione può essere ricondotta al quarto capitolo del Bilancio Integrato di AcegasAps e ai capitoli dal quattro all’undici del Bilancio di Sostenibilità di Hera. Il capitolo identificato con il titolo “Bilancio di cittadinanza” è finalizzato a illustrare le performance sociali/ambientali del Gruppo AcegasAps nei confronti di tre macro-categorie di interlocutori: la comunità interna all’azienda, identificata con i dipendenti; la comunità esterna, corrispondente ai clienti/utenti, ai fornitori, alla comunità locale; la sostenibilità ambientale. Tale suddivisione in macro-argomenti facilita la distinzione dei diversi ambiti di responsabilità e l’individuazione delle performance realizzate, in base alla rilevanza e all’interesse assunti dai temi per i lettori. Occorre segnalare che nel “Bilancio di cittadinanza” non sono menzionati i rapporti intrattenuti con gli azionisti e i finanziatori, che sono invece documentati all’interno della “Relazione sulla gestione economico-finanziaria”. In ultimo, sono escluse dalla sezione socioambientale anche le relazioni in essere con la Pubblica Amministrazione e con gli Enti 113
regolatori e di controllo (compresi i contenziosi e le passività potenziali a esse afferenti) che sono esposte in modo frammentario all’interno dei capitoli “Relazione sulla gestione economico-finanziaria” e “Andamento delle attività e dei servizi”. Il criterio interno/esterno di suddivisione degli stakeholder risulta, pertanto, non rispettato poiché la sezione in questione è incompleta rispetto ai soggetti portatori d’interesse individuati nel primo capitolo del Bilancio Integrato. La sezione socio-ambientale del Bilancio di Sostenibilità di Hera è articolata in otto capitoli, ciascuno dei quali afferente ai diversi gruppi di stakeholder individuati (lavoratori, clienti, azionisti, finanziatori, fornitori, pubblica amministrazione, comunità locale, ambiente e generazioni future). In questi capitoli è fornito un quadro esauriente e bilanciato in materia di sostenibilità, tramite l’utilizzo di misurazioni e comparazioni, resoconti narrativi, quadri descrittivi, testimonianze e pareri.
4.1.4
Relazione economico-finanziaria
Mentre a questo punto il Bilancio di Sostenibilità di Hera può dirsi concluso, il Bilancio Integrato di AcegasAps continua con la presentazione di due capitoli di carattere economicofinanziario, dedicati al Bilancio consolidato e al Bilancio di esercizio. Essendo il Report Integrato destinato a soddisfare, tramite un unico documento, le esigenze conoscitive di ampie classi di stakeholder, AcegasAps illustra le dinamiche reddituali e patrimoniali d’impresa, tramite l’informativa obbligatoria in vigore (situazione patrimoniale e finanziaria, conto economico, adozione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS, ecc.). Nel redigere tale sezione l’azienda si attiene strettamente alla normativa in vigore, limitando l’inserimento di informazioni aggiuntive e i collegamenti con la sezione socio-ambientale precedente. Tuttavia, occorre notare che le informazioni qualitative e descrittive (relazioni sulla gestione, rapporto con gli azionisti/finanziatori) sono state già fornite nei capitoli antecedenti, mentre altri rapporti (relazione sulla corporate governance, relazione sulla remunerazione) trovano collocazione in chiusura del Report Integrato.
114
4.2
La valutazione del processo di rendicontazione
Il presente paragrafo presenta i risultati emersi dall’analisi del processo di rendicontazione, che ha indagato aspetti quali: gli obiettivi perseguiti con la realizzazione del Report Integrato; i destinatari cui quest’ultimo si rivolge; i soggetti incaricati della sua realizzazione e, infine, alcuni parametri di costruzione, verifica e diffusione del documento. Occorre tenere presente che, in mancanza di vincoli e di indicazioni per la redazione, il processo di rendicontazione e il documento stesso risentono delle specifiche normative e linee guida vigenti (ad esempio i criteri di redazione e il contenuto minimo del Bilancio consolidato disciplinati dal Legislatore); della complessità dell’ambiente operativo e dell’eterogeneità degli stakeholder coinvolti e, infine, dell’orientamento delle imprese in materia di RSI, in particolare delle scelte di redazione e trasparenza operate. In questo primo ambito di analisi, Hera realizza complessivamente un punteggio pari a 47 punti sui 57 massimi attribuibili, superando nettamente AcegasAps (27 punti). In particolare, Hera si è distinta per aver documentato in maniera più chiara e definita i principi e i processi per identificare gli stakeholder e coinvolgerli nelle attività di reporting, nonché per aver messo in atto una serie di meccanismi interni ed esterni per assicurare la credibilità del report. Per quanto riguarda la definizione degli obiettivi e delle motivazioni a supporto del reporting integrato e l’identificazione dei partecipanti al processo di rendicontazione, le due imprese hanno conseguito votazioni pressoché simili. Tabella 4.2: Scheda per la valutazione del processo di rendicontazione
Scheda per la valutazione del processo di rendicontazione Bilancio Integrato AcegasAps
Bilancio Sostenibilità Hera
1.1. Definizione degli obiettivi perseguiti con la redazione del Bilancio Integrato
2
2
1.2. Definizione delle motivazioni che hanno spinto l’azienda a intraprendere il relativo percorso di rendicontazione integrata
2
2
1.3. Importanza del report per la sostenibilità dell’organizzazione
2
3
2.1. Identificazione dei destinatari del documento
2
3
2.2. Principi per identificare e selezionare i principali stakeholder
0
3
2.3. Attività di coinvolgimento degli stakeholder in materia di reporting
0
3
1. Obiettivi
2. Stakeholder
115
3. Soggetti partecipanti al processo di redazione e responsabilità del processo 3.1. Identificazione della figura/funzione aziendale che guida il processo di rendicontazione integrata e ne è responsabile
3
3
3.2. Illustrazione delle funzioni aziendali coinvolte nella raccolta dati
3
3
3
3
4.2.1. Linee guida GRI
2
2
4.2.2. Linee guida GBS
1
1
4.2.3. Altri
0
2
4.3. Sottoscrizione/adozione di codici di condotta, principi e carte sviluppati da enti/associazioni esterne relativi a performance economiche, sociali e ambientali
2
2
4.4. Trattazione del processo di definizione materialità/rilevanza delle informazioni fornite
1
3
4.5. Tecniche di misurazione dei dati e basi di calcolo
0
2
4.6. Tecnologia (ad esempio utilizzo di piattaforme interattive sul web e social media, linguaggio XBRL, strumenti multimediali, ecc.)
1
3
4.7.1. Sistema di controllo interno
0
1
4.7.2. Verifiche esterne e certificazioni
0
3
4.7.3. Riconoscimenti ricevuti nel periodo in materia di rendicontazione
3
3
27
47
4. Parametri del report 4.1. Profilo del report (periodo di rendicontazione, perimetro di analisi, periodicità) 4.2. Il documento fa riferimento a principi/standard rendicontazione non finanziaria riconosciuti e accettati:
di
della
4.7. Meccanismi per assicurare la credibilità del report (parte non finanziaria/di sostenibilità)
Totale complessivo (max 57) Fonte: Elaborazione propria
116
Figura 4.1: Il processo di rendicontazione a confronto
Il processo di rendicontazione a confronto
Punteggio parziale per area e complessivo
Bilancio Integrato - AcegasAps
Bilancio Sostenibilità - Hera Bilancio Sostenibilità Hera; 47
50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0
Bilancio Integrato - AcegasAps; 27
1. Obiettivi
2. Stakeholder
3. Soggetti 4. Parametri del partecipanti alla report redazione
Totale complessivo
Fonte: Elaborazione propria
Di seguito, si discuto in maniera più approfondita gli item indagati, anche raffrontando le esperienze di AcegasAps e Hera con quanto emerso dalla letteratura analizzata nei capitoli antecedenti del lavoro.
4.2.1
Obiettivi
La definizione degli obiettivi perseguiti con la redazione del Bilancio Integrato (o di Sostenibilità) e delle motivazioni che hanno spinto AcegasAps e Hera a intraprendere il percorso di rendicontazione integrata è rilevante perché permette di apprezzare le scelte da esse operate in materia di trasparenza e misurare, almeno approssimativamente, l’impegno profuso nell’iniziativa e gli stimoli al miglioramento. Oltre alla valenza comunicazionale verso l’esterno, questi due elementi permettono, inoltre, di indagare la valenza gestionale eventualmente attribuita a tale strumento di reporting, esplorando quindi le sue potenzialità da un punto di vista interno all’organizzazione. In entrambi i bilanci analizzati, il dato in questione è presentato in forma narrativa ed è collocato nella parte di presentazione del report, all’interno della Lettera agli Stakeholder e nella Nota metodologica. La decisione di AcegasAps di redigere il Bilancio Integrato risponde alla volontà di contribuire in modo sostanziale alla qualità della vita delle comunità in cui opera. Infatti, “il
117
documento, così come formulato, evidenzia le caratteristiche che rendono vincente l’organizzazione nel suo complesso e favorisce un maggiore dialogo con le realtà locali coinvolte nella realizzazione delle proprie attività”. In concreto, il duplice obiettivo perseguito è di fornire a tutti gli stakeholder un’informativa completa e dettagliata e di evidenziare e valorizzare gli aspetti connessi al capitale intellettuale. Hera ha implementato la rendicontazione integrata delle performance economiche, sociali e ambientali per comunicare il proprio contributo alla sostenibilità del territorio. Questo apporto si realizza tramite il bilanciamento, nei diversi ambiti di responsabilità, di competitività aziendale e soddisfazione delle aspettative legittime degli stakeholder. Il Bilancio di Sostenibilità è considerato uno strumento primario di gestione e rendicontazione del proprio operato, la cui adozione mira a garantire all’impresa un mezzo di informazione e dialogo con tutti gli stakeholder. In entrambi i casi, la decisione di presentare un report integrativo del Bilancio d’esercizio risponde sia all’esigenza di valorizzare la pratica delle responsabilità economiche, sociali e ambientali e dei connessi risultati, sia alla volontà di migliorare la trasparenza ed efficacia della comunicazione aziendale nei confronti di tutti gli stakeholder. Se le finalità perseguite da AcegasAps e Hera sono sostanzialmente simili, sembra possibile cogliere un diverso modo di concepire il documento. AcegasAps interpreta il Bilancio Integrato come una versione evoluta del Bilancio d’esercizio, che contempla, accanto agli aspetti economico-finanziari, quelli relativi al capitale intellettuale, alla sostenibilità ambientale e all’impegno sociale. Nella Lettera agli Stakeholder si legge: “Con l’ottavo Bilancio Integrato […] presentiamo anche gli aspetti sociali e ambientali delle attività del Gruppo”. Nel proprio bilancio Hera, invece, focalizza maggiormente l’attenzione sulle implicazioni ambientali e sociali della propria attività presumibilmente allo scopo di legittimare (e compensare) il proprio operato “economico-finanziario”, comunicato separatamente con il Bilancio d’esercizio. In altre parole, il suo bilancio pare destinato a soddisfare le esigenze conoscitive di tutti quegli stakeholder che mettono a disposizione dell’azienda risorse e relazioni diverse dal capitale finanziario. Nel complesso sia AcegasAps, sia Hera riescono a esprimere abbastanza bene gli obiettivi e le motivazioni al Bilancio Integrato (o di Sostenibilità), pur mancando elementi di personalizzazione e approfondimento che permettono di appezzare come tale strumento sia stato adattato alle specifiche esigenze comunicative aziendali. Il contenuto informativo del Bilancio Integrato (o di Sostenibilità), in mancanza di vincoli e indicazioni per la redazione, dipende anche dall’orientamento dell’impresa in materia di 118
Corporate Sustainability , in particolare nelle scelte di trasparenza e comunicazione compiute. Pertanto, si è voluto verificare se AcegasAps e Hera sono consapevoli dell’importanza del Report Integrato per la sostenibilità dell’organizzazione e la realizzazione della strategia. Infatti, il maggior grado di consapevolezza raggiunto può influire positivamente su struttura e contenuto del documento, poiché in definitiva permette di gestire la complessità dell’ambiente competitivo e l’eterogeneità degli interlocutori coinvolti. A tal riguardo, Hera pare esprimere meglio il raggiungimento di questa consapevolezza, almeno da un punto di vista narrativo.
4.2.2
Stakeholder
L’identificazione dei destinatari è rilevante perché influisce sul ruolo attribuito al documento, nonché sulla selezione di una struttura e un contenuto, tali da garantire l’efficace comunicazione di tutte quelle informazione necessarie per valutare il valore creato dall’organizzazione. Il fatto di riuscire con un unico documento a soddisfare le esigenze conoscitive di tutti gli stakeholder aziendali, anche in considerazione delle diverse competenze ed esperienze da essi possedute, testimonia l’impegno dell’impresa in materia di trasparenza, nonché la capacità di trasmettere la sua unicità anche dal punto di vista della rendicontazione. Da un punto di vista più ampio, il processo di identificazione degli utilizzatori del bilancio stimola l’impresa a prendere atto dei soggetti interessati al suo agire e delle loro esigenze informative. Inoltre, si rafforza la consapevolezza in merito alle responsabilità economica, sociale e ambientale assunte nei confronti della totalità degli stakeholder e si incoraggia l’organizzazione a migliorare il rapporto di dialogo con essi instaurato tramite il bilancio. Nella “Lettera aperta agli Azionisti e agli Stakeholder”, presente in apertura del Bilancio Integrato, AcegasAps identifica chiaramente i destinatari della comunicazione delle proprie performance economiche, ambientali e sociali, agevolando la valutazione delle molteplici conseguenze delle proprie scelte e comportamenti. Tuttavia, proseguendo l’analisi all’interno del documento, AcegasAps semplifica eccessivamente la trattazione di questo aspetto, omettendo sia una descrizione dettagliata delle categorie coinvolte, sia l’esistenza e applicazione di criteri di selezione o di
forme di partecipazione esterna all’attività di
reporting. Diversamente Hera, introduce il Report di Sostenibilità con una breve presentazione del Bilancio e dei risultati raggiunti nel corso dell’esercizio, omettendo la specifica dicitura “Lettera agli Stakeholder” con cui è possibile accertare facilmente gli utilizzatori del documento. Ciò nonostante, è chiara l’intenzione di rivolgere il report a tutti quegli
119
interlocutori in grado di influenzare le decisioni aziendali, soprattutto considerando che il contenuto di tale presentazione coincide con quello delle precedenti Lettere agli Stakeholder e che nel seguito del suo bilancio si rilevano specifici riferimenti alla totalità degli stakeholder. Procedendo nella lettura del bilancio, all’interno Hera raggiunge complessivamente un livello informativo più elevato per quanto riguarda l’individuazione dei destinatari del bilancio, perché riesce ad approfondire aspetti quali i principi a guida del processo, la presentazione dettagliata delle categorie individuate e le iniziative di coinvolgimento intraprese in materia di reporting. L’identificazione più accurata e completa di Hera si riflette sulla struttura del report, in cui a ciascun gruppo di stakeholder è dedicato un capitolo, che nel complesso facilita l’utilizzo e la comprensione da parte degli utilizzatori.
4.2.3
Soggetti partecipanti al processo di redazione e responsabilità del processo
Intraprendere un percorso di reporting integrato richiede il coinvolgimento di tutta l’organizzazione affinché siano compresi la natura e l’obiettivo del processo di rendicontazione stesso. È interessante conoscere il grado di coinvolgimento e coordinamento raggiunti tra le diverse funzioni aziendali nell’attività di reporting, per valutare se e in che misura l’organizzazione si è impegnata nell’attuare un modello organizzativo basato su una cultura di rendicontazione e un’attenzione agli stakeholder crescenti, il cosiddetto “Management Integrato”. Per comunicare efficacemente le relazioni tra informazioni finanziarie e non finanziarie, e quindi supportare un processo decisionale integrato, si richiede l’attivazione all’interno dell’impresa di un processo che favorisca la partecipazione di diverse funzioni aziendali alla rendicontazione, così da favorire la valutazione attiva delle relazioni fra le dotazioni e i flussi di risorse che l’impresa utilizza e influenza. A tal proposito, sia AcegasAps, sia Hera presentano in modo particolareggiato le unità aziendali coinvolte nella raccolta dei dati e nella realizzazione del documento, dimostrando di aver implementato una struttura organizzativa adatta a supportare la realizzazione del documento. Inoltre, l’identificazione delle funzioni coinvolte permette di apprezzare la presenza degli organi di governance, che svolgono un ruolo trasversale di guida, supporto e coordinamento del processo di reporting. Oltre alla presentazione del gruppo di lavoro incaricato della progettazione, realizzazione e presentazione del bilancio, è importante definire in modo chiaro i ruoli e le responsabilità collegate a tali attività. Ciò al fine di beneficiare appieno dei vantaggi del Report Integrato, tra i quali l’abbattimento delle barriere interne e l’attivazione di una comunicazione
120
interfunzionale coesa, senza rendere eccessivamente oneroso il processo di reporting. A tal proposito, sia AcegasAps, sia Hera definiscono chiaramente ruoli e incarichi del gruppo di lavoro sul reporting.
Presentazione del gruppo di lavoro per la redazione del bilancio Caso AcegasAps: “Il contenuto del Bilancio Integrato 2012 è stato ottenuto, così come negli anni precedenti, con il coinvolgimento e il contributo di tutti quanti i servizi e gli uffici di AcegasAps, e in essi dei responsabili e di tutti i collaboratori competenti”. “Per la parte redazionale contabile (sezioni Bilancio consolidato e Bilancio di esercizio) ha operato uno specifico Gruppo di lavoro, sotto la responsabilità del direttore Amministrazione e finanza Massimo Forliti, così composto: Federico Trevisan (responsabile Finanza e Investor Relations), Andrea Scrosoppi (responsabile Contabilità generale e Bilancio dell’Area territoriale di Trieste) […]”. Fonte: AcegasAps - Bilancio Integrato, 2012
Caso Hera: “Questo Bilancio è stato redatto dalla Direzione Corporate Social Responsibility di Hera S.p.A. con il coinvolgimento di numerosi referenti sia per la raccolta dei dati, sia per le descrizioni e le note di commento”. “Il processo di rendicontazione è stato presidiato da un Comitato Guida composto dall’Amministratore Delegato, dal Direttore Generale Operations, dal Direttore Corporate Social Responsibility, dal Direttore Energia, dal Direttore Qualità, Sicurezza e Ambiente, dall’Amministratore Delegato di Hera Comm, dal Direttore Acqua, dal Direttore Relazioni Esterne […]”. Fonte: Hera - Bilancio di Sostenibilità, 2012
4.2.4
Parametri del report
La definizione dei parametri del report, intesi come tutti quegli elementi che qualificano la sua preparazione da un punto di vista tecnico (perimetro di analisi, periodicità, presenza di verifiche esterne, adozione di standard riconosciuti, ecc.), è rilevante perché permette al lettore di crearsi dei punti di riferimento tangibili su cui basarsi, soprattutto nel collegamento e comparazione con gli altri report dell’azienda stessa o di altre entità, e conferisce credibilità e organicità all’intero processo di reporting.
4.2.4.1 Profilo del report Nei bilanci di AcegasAps e Hera è presente una Nota metodologica che chiarisce al lettore il metodo di costruzione del report.
121
AcegasAps afferma di aver concepito il Bilancio Integrato inserendo all’interno dei documenti di rendicontazione obbligatori (Relazione finanziaria annuale e Relazione sulla gestione) l’illustrazione del capitale intangibile e delle performance socio-ambientali, tradizionalmente esposti all’interno del Bilancio di Sostenibilità e degli intangibili. Redatto con cadenza annuale, esso considera tutti i fatti ritenuti rilevanti avvenuti nel corso del 2012 che hanno inciso sull’andamento aziendale. Per quanto riguarda l’oggetto di rendicontazione, AcegasAps applica i principi contabili internazionali (IAS/IFRS) per la sezione economico-finanziaria, mentre per le informazioni di carattere socio-ambientale e per la determinazione e distribuzione del Valore aggiunto fa riferimento, rispettivamente, alle Linee guida GRI (versione G3.1) e ai protocolli del GBS. Anche il Bilancio di Hera è stato costruito, per quanto riguarda i contenuti, in conformità alle linee guida definite dal GBS e dal GRI (versione 3.1 delle linee guida e supplemento settoriale dedicato al settore Electric Utility), tenendo conto delle informazioni considerate rilevanti per gli stakeholder aziendali. In aggiunta, il processo di redazione ha seguito le indicazioni previste dalla linea guida AA1000 al fine di garantire la qualità dei processi di accounting, auditing e reporting etico e sociale. Infine, sia AcegasAps, sia Hera hanno sottoscritto gli impegni contenuti nel Global Compact, ossia un insieme di principi che si riferiscono a diritti umani, lavoro, ambiente e lotta alla corruzione, sancendo così il proprio contributo alla realizzazione di un’economia globale più inclusiva e più sostenibile.
4.2.4.2 Materialità Il Bilancio Integrato deve rispondere al criterio della materialità, ossia includere informazioni rilevanti relative a obiettivi strategici, organizzazione attuale, attività di business e performance future. È necessario, infatti, consentire agli utilizzatori del report, in primis gli investitori, di prendere decisioni consapevoli sulla capacità dell’organizzazione di creare valore nel breve, medio e lungo termine. Hera, a differenza di AcegasAps, fornisce maggiori informazioni relative al processo di definizione della materialità, dichiarando di voler includere nel report solo quelle informazioni che possono impattare significativamente sulla valutazione della sua capacità di creare valore. È utile ricordare che, mentre il Bilancio Integrato comprende anche l’informativa obbligatoria d’impresa, il cui contenuto è disciplinato per legge, l’essenza del Bilancio di Sostenibilità è completamente a discrezione dell’impresa che lo redige; pertanto, sebbene AcegasAps manchi
122
di definire il processo con cui seleziona le informazioni da divulgare, è Hera che deve impegnarsi maggiormente a rendere efficaci e adeguati i dati rendicontati.
4.2.4.3 Tecnologia L’accessibilità del bilancio per tutti i potenziali stakeholder è stata esaminata con riferimento al mezzo e al formato utilizzati per la divulgazione del documento. L’utilizzo di Internet, in particolare, insieme agli strumenti e alle tecnologie del web 2.0 permette l’evoluzione della comunicazione aziendale e un approccio interattivo al reporting. Per quanto riguarda questo aspetto, la valutazione del grado di grado di tecnologizzazione raggiunta con il bilancio è stata effettuata considerando:
i mezzi di diffusione utilizzati (cartaceo e/o elettronico) e i formati disponibili (web, pdf, ibrido, mobile, carta o le molteplici combinazioni di ognuno di questi elementi);
la presenza, a livello di contenuti, di componenti innovativi legati alla tecnologia in grado di dare un valore aggiunto. Ad esempio con funzionalità quali il raggruppamento di tabelle e indicatori, il download di dati e di grafici o immagini, il collegamento interattivo tra tabelle e note esplicative.
Mentre AcegasAps si limita a elencare i mezzi di diffusione utilizzati (tra i quali il ricorso a chiavi usb e la possibilità di consultare il bilancio sul sito web aziendale) e il formato di file impiegato per la versione informatica (pdf); Hera fa un uso molto più intenso e fruttuoso della tecnologia, che va oltre la predisposizione di una versione navigabile sul sito web. All’interno del Bilancio di Sostenibilità sono presenti, infatti, collegamenti ipertestuali che rinviano alla pagina web aziendale e codici QR, che permettono all’utilizzatore di approfondire la trattazione di un determinato argomento e coinvolgerlo nella ricerca delle informazioni.
4.2.4.4 Assurance Il ricorso a meccanismi interni e/o esterni di verifica e certificazione della qualità e attendibilità del processo di reporting è importante per assicurare la credibilità del documento. In tal senso, solo Hera sottopone il Bilancio di Sostenibilità a verifica esterna per valutare la conformità alle linee guida GRI e GBS e ne dà comunicazione nel report, presentando la dichiarazione di assurance prodotta dalla società di revisione. AcegasAps, invece non prevede alcuna verifica esterna del Bilancio Integrato per la parte socio-ambientale, limitandosi all’adempimento degli obblighi di revisione per la parte economico-finanziaria.
123
4.3
La valutazione del profilo del report
Il presente paragrafo presenta quanto emerso dall’analisi del profilo del report che, pur non offrendo un giudizio numerico sul grado di disclosure raggiunto nel Report Integrato, può comunque essere valida per comparare le due esperienze di reporting e quantificare l’aderenza ad alcuni dei principi guida definiti dall’IIRC, che in definitiva influenzano le modalità di presentazione delle informazioni.
Tabella 4.3: Scheda di valutazione del profilo del report
Scheda di valutazione del profilo del report Bilancio Integrato AcegasAps
Bilancio Sostenibilità Hera
342
219
Sì
Sì
3.1. Generale
11%
10%
3.2. Non finanziaria – Sostenibilità
53%
85%
3.3. Economico – finanziaria
32%
0%
3.4. Altro
4%
5%
4.1. Presenza di informazioni economico-finanziarie in capitoli di sostenibilità/non finanziari
No
Si
4.2. Presenza di informazioni di sostenibilità/non finanziarie in capitoli economico-finanziari
No
N.D.
4.3. Presenza di capitoli misti (copresenza di informazioni ESG e economico-finanziarie)
Sì
Sì
Sì (solo dato)
Sì (solo dato)
No
Sì (solo dato)
5
16
5.4. Protocolli per il calcolo e la distribuzione del Valore aggiunto (GBS)
Sì (dettagliato)
Sì (dettagliato)
5.5. Indicatori GRI/Global Compact di performance ambientale (n.)
27
28
5.6. Indicatori GRI/Global Compact di performance sociale (n.)
25
47
1. Sinteticità (n. pagine del report) 2. Leggibilità (presenza di indice, glossario e tabelle di raccordo) 3. Spazio dedicato alle diverse sezioni (% pagine su totale)
4. Connettività delle informazioni
5. Dimensioni della sostenibilità 5.1. Presenza di dati economico-finanziari di sintesi 5.2. Presenza di dati socio-ambientali e di governance di sintesi 5.3. Indicatori GRI di performance economica (n.)
Fonte: Elaborazione propria
124
4.3.1
Sinteticità
Tra le finalità di un Bilancio Integrato c’è quella di fornire una “chiara e concisa” rappresentazione strategica dell’organizzazione. È evidente che, nessuna delle due aziende è riuscita a raggiungere tale obiettivo: entrambi i report superano le duecento pagine. Questa difficoltà a essere conciso è imputabile, almeno in parte e solo per quanto riguarda AcegasAps, alla presenza di obblighi informativi che determinano un approccio al reporting più orientato al rispetto della compliance che alle specifiche finalità comunicative perseguite all’interno del dialogo con gli stakeholder. Per quanto riguarda Hera, si deve considerare che le pagine del Bilancio di Sostenibilità vanno a sommarsi, nel caso in cui l’utilizzatore sia interessato ad entrambi i documenti, a quelle del Bilancio Economico-Finanziario, raggiungendo complessivamente un numero di pagine superiore a seicento.
4.3.2
Leggibilità
La leggibilità di un report dipende dalla capacità di orientare il lettore e di consentirgli di accedere direttamente alle informazioni di interesse. Sebbene il numero totale di pagine occupate dal Bilancio Integrato e di Sostenibilità non stimoli la consultazione, è importante notare come la posizione dell’indice all’inizio del report e la sua completezza nell’indicare i capitoli e paragrafi, migliori la fruibilità e chiarezza di tutto il documento. Inoltre, si segnala la presenza al termine dei due report di un glossario dei termini tecnici utilizzati, che incrementa la comprensibilità delle sezioni più specialistiche del documento, soprattutto per il lettore meno esperto, e di tabelle di raccordo, che evidenziano la rispondenza tra i principi/standard adottati e i contenuti rendicontati.
4.3.3
Spazio dedicato alle diverse sezioni
Nell’analizzare il numero di pagine dedicate alle diverse sezioni si adotta la suddivisione per tipologia informativa (G, S, EF, A) proposta nel paragrafo di presentazione generale dei documenti analizzati. Si può osservare una certa uniformità di trattamento riguardo alle parti di presentazione generale dell’organizzazione e di contenuto secondario (indice, glossario, ecc.): la percentuale di pagine ad esse riservate è ridotta, variando fra il 10% e l’11% per la prima componente e fra il 4% e il 5% per la seconda. Notevoli differenze emergono, invece, per le parti Economico – finanziaria e Non finanziaria – Sostenibilità per le quali varia fortemente lo spazio che ciascuna azienda dedica loro. La 125
sostanziale difformità riguardo alla sezione economico-finanziaria (32% AcegasAps - 0% Hera) è dovuta alla diversa finalità informativa che caratterizza i due documenti analizzati e, di conseguenza, ai diversi contenuti offerti. Per mezzo del Bilancio Integrato, AcegasAps soddisfa anche i vincoli normativi vigenti in materia di rendicontazione societaria (prospetti di bilancio d’esercizio e consolidato), mentre Hera adempie ai propri obblighi di rendiconto in un documento separato che quindi non partecipa all’analisi. La sezione dedicata all’informativa Non finanziaria – Sostenibilità occupa uno spazio esteso (85%) all’interno del Bilancio di Sostenibilità di Hera perché tramite l’illustrazione di indicatori economici, sociali e ambientali essa documenta il processo di gestione responsabile intrapreso, completando i dati patrimoniali e reddituali divulgati. La sezione Non finanziaria è la prima in termini di importanza quantitativa (53%) anche all’interno del report di AcegasAps, a dimostrazione che per l’azienda il Report Integrato è un reale strumento di legittimazione della propria attività, tramite il quale si consente l’apprezzamento e la valorizzazione di tutte le risorse, materiali e immateriali, che essa impiega.
Figura 4.2: Spazio dedicato alle diverse sezioni
Spazio dedicato alle diverse sezioni
Bilancio Sostenibilità - Hera
Bilancio Integrato - AcegasAps
0%
20%
40%
60%
80%
100%
% Pagine su totale Generale
Non finanziaria – Sostenibilità
Economico – finanziaria
Altro
Fonte: Elaborazione propria
4.3.4
Connettività
Un Bilancio Integrato efficace deve consentire agli utilizzatori di comprendere chiaramente le interconnessioni esistenti tra i vari aspetti della strategia di un’organizzazione, le sue attività
126
di business, i capitali che utilizza e le relazioni dalle quali dipendono le sue attività. L’aderenza a questo criterio è stata ricercata in tre aspetti del Report Integrato:
la presenza di informazioni economico-finanziarie nei capitoli di sostenibilità/non finanziari;
la presenza di informazioni di sostenibilità/non finanziarie nei capitoli economicofinanziari;
la presenza di capitoli misti, ovvero che non presentano un tema dominate ma vedono compresenti le informazioni ESG ed economico-finanziarie.
Occorre chiarire che per il primo punto si è verificato l’utilizzo di indicatori ESG, mentre per il secondo si è fatto riferimento alle informazioni economico-finanziarie presentate nei documenti obbligatori e derivanti da uno standard di accounting. In aggiunta per i primi due punti, l’analisi della connettività ha considerato solo quei capitoli monotematici, cioè che offrono solo informazioni financial (ad es. i prospetti di bilancio d’esercizio) o non financial (ad es. la sezione dedicata alla comunità di riferimento). Il primo punto è adempiuto solo da Hera che, nei capitoli riferiti agli azionisti e ai finanziatori, divulga anche informazioni prettamente finanziarie, derivanti dal separato bilancio d’esercizio. Per quanto riguarda il secondo punto, invece, solo AcegasAps presenta un capitolo definibile come puramente economico-finanziario, che tuttavia non soddisfa il parametro analizzato. Infine, la presenza di capitoli misti, è stata rinvenuta nei bilanci di entrambe le imprese, che soddisfano tale criterio nei capitoli “Andamento delle attività e dei servizi”/”Relazione sulla gestione economico-finanziaria” (AcegasAps) e “Risultati economici e al valore aggiunto” (Hera).
4.3.5
Dimensioni della sostenibilità
L’ultimo item analizzato nella scheda di valutazione del profilo del report è denominato Dimensioni della sostenibilità e mira a verificare la capacità del report di essere chiaro e comunicativo. Nello specifico, questo attributo è stato verificato tramite la quantificazione di indicatori/dati-chiave, di carattere finanziario, operativo o di altro tipo, che potrebbero facilitare (e velocizzare) una prima valutazione e comprensione del valore creato dall’azienda. Per quanto concerne la presenza di dati economico-finanziari di sintesi, sia AcegasAps, sia Hera si limitano alla presentazione del dato numerico, affidando la trattazione approfondita e il commento dei risultati emersi in paragrafi specifici. La presenza di dati socio-ambientali e di governance sintetici, invece, è proposta solo Hera, mentre AcegasAps delega all’utilizzatore la ricerca e rielaborazione dei dati dal capitolo 127
“Bilancio di cittadinanza”. Sebbene entrambe le aziende raggiungano il massimo livello (A) di applicazione del modello di reporting GRI, corrispondente all’applicazione integrale degli indicatori di sostenibilità, si è voluta indagare la quantità complessiva di indicatori/protocolli di performance economica, ambientale, sociale inclusi nel report, anche emanati da organismi diversi dalla GRI (GBS e Global Compact). Dall’analisi emerge una certa uniformità di comportamento per quanto concerne il protocollo GBS per il calcolo e la distribuzione del Valore aggiunto, per il quale sia AcegasAps, sia Hera forniscono una rappresentazione grafica e un commento dettagliato. Nella verifica del numero di indicatori di performance calcolati si è compiuta un’approssimazione, considerando “non calcolati” quegli indicatori definiti dall’azienda come non significativi o non applicabili nel tipo di attività, dato che si tratta comunque di due aziende che svolgono attività sostanzialmente omogenee e, quindi con un alto grado di somiglianza anche negli effetti/risultati prodotti. Si riscontra un utilizzo maggiore di indicatori da parte di Hera in riferimento agli effetti sociali ed economici della sua attività, mentre le questioni di responsabilità ambientale risultano valorizzate da entrambe le aziende con un numero pressoché uguale di indicatori.
Figura 4.3: Numero indicatori GRI/GC utilizzati
Numero di indicatori GRI-Global Compact utilizzati 50 47
40 30 27
20
28
25
16
10 5 0
Performance economica
Performance ambientale
Bilancio Integrato - AcegasAps
Performance sociale
Bilancio Sostenibilità - Hera
Fonte: Elaborazione propria
128
4.4 La valutazione della rispondenza al Framework IIRC di Reporting integrato L’illustrazione degli elementi rilevanti da includere nel report è stata valutata e commentata in questo paragrafo, avendo presente che il Report Integrato consiste in una comunicazione sintetica, che illustra come la strategia, la governance, le performance e le prospettive di un’organizzazione, nel contesto esterno nel quale essa opera, consentono di creare valore lungo il breve, medio e lungo termine (IIRC, 2013). In questa valutazione occorre tener presente che solo AcegasAps ha fatto convergere in un unico documento il bilancio d’esercizio, il Bilancio di Sostenibilità e l’informativa sulla corporate governance, mentre Hera ha mantenuto la separazione dei documenti, almeno per quanto concerne i primi due. Dall’analisi dei contenuti, i modelli di reporting adottati da AcegasAps e Hera non possono dirsi del tutto conformi al Framework IIRC e quindi, non completamente in grado di supportare una maggiore comprensione del business. Le due imprese hanno accumulato rispettivamente 43 e 41 punti sul totale dei 72 massimi conseguibili, attestandosi ad un livello pressoché analogo per quanto riguarda l’illustrazione dei fattori che influiscono sulla capacità di un’organizzazione di creare valore nel tempo e della connessione esistente tra le informazioni di diversa natura (finanziaria, di governance, sociale e ambientale). Entrambe le imprese tendono, infatti, a fornire informazioni dettagliate in merito a strategia, profilo informativo, capitali utilizzati e stakeholder critici, tralasciando la valorizzazione di modello di business, obiettivi strategici e relative modalità di raggiungimento, prospettive future e modalità di bilanciamento tra gli interessi di breve e lungo. In generale, si riscontra un elevato grado di trasparenza in merito ai capitali utilizzati, conformemente a quanto emerso nel capitolo tre in merito alla rilevanza delle risorse adoperate dalle multiutility e alla pressione esercitata sull’attività aziendale dalla collettività di riferimento.
129
Tabella 4.4: Valutazione del contenuto del documento
Valutazione del contenuto del documento Bilancio Integrato AcegasAps
Bilancio Sostenibilità Hera
1.1. Mission, valori, codici di condotta, principi rilevanti per le performance economiche, ambientali e sociali
3
3
1.2. Attività, mercati di riferimento, prodotti e servizi offerti
3
3
1.3. Modello di business, driver di valore
0
1
1.4.1. Capitale finanziario
3
3
1.4.2. Capitale produttivo
3
1
1.4.3. Capitale umano e intellettuale
3
3
1.4.4. Capitale sociale e relazionale
2
3
1.4.5. Capitale naturale
3
3
2.1. Illustrazione del contesto economico, sociale e ambientale
3
0
2.2. Individuazione di rischi e opportunità critici derivanti dal contesto
3
0
2.3. Risorse e relazioni chiave (inclusi gli stakeholder)
2
3
3.1. Definizione degli obiettivi strategici a breve/medio/lungo termine
1
2
3.2. Definizione delle modalità di raggiungimento degli obiettivi
0
0
3.3. Strumenti per la gestione del rischio relativo a risorse strategiche
2
1
3.4. Trattazione delle variabili di sostenibilità nelle strategie
1
3
4.1. Direzione aziendale (competenze e requisiti) e processo decisionale
3
2
4.2 Legame tra remunerazione degli amministratori e obiettivi di performance (breve e medio/lungo termine)
1
3
4.3 Processo per la valutazione delle performance del management, in particolare in funzione delle performance economiche, ambientali, sociali
0
2
5.1 Impatto su risorse e relazioni chiave da cui l’organizzazione dipende
3
3
5.2 Fattori esterni significativi che hanno influenzato le
3
0
1. Descrizione dell’organizzazione e del modello di business
1.4. Rappresentazione delle diverse tipologie di capitale influenzate dall’organizzazione:
2. Natura del business
3. Obiettivi strategici e strategie gestionali
4. Governance e remunerazione
5. Performance
130
performance 5.3 Grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati
1
1
6.1 Modalità di bilanciamento tra interessi di breve e medio-lungo termine
0
1
6.2 Azioni da attuare/ risposte al contesto operativo per conseguire gli obiettivi futuri
0
0
6.3 Incertezze associate agli obiettivi futuri e relativa influenza sulla capacità di creare valore nel tempo
0
0
43
41
6. Prospettive future
Totale complessivo (max 72) Fonte: Elaborazione propria Figura 4.4 Contenuto del report a confronto
Punteggio parziale per area e complessivo
Il contenuto del documento a confronto 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0
Bilancio Integrato AcegasAps; 43 Bilancio Sostenibilità Hera; 41
Bilancio Integrato - AcegasAps
Bilancio Sostenibilità - Hera
Fonte: Elaborazione propria
131
4.4.1
Descrizione dell’organizzazione e della natura del business
Per consentire al lettore di valutare le performance dell’azienda occorre comparare gli assunti valoriali e strategici che guidano l’attività aziendale con i risultati ottenuti, inquadrando il tutto nel contesto socio-ambientale nel quale opera l’azienda. Per quanto riguarda il primo punto, sia AcegasAps, sia Hera definiscono in modo chiaro la propria identità, l’assetto istituzionale, la missione e i valori etici di riferimento, dando inoltre adeguata rappresentazione di tutti i capitali utilizzati.
AcegasAps
Hera
Missione
Il Gruppo AcegasAps è impegnato nei confronti della collettività a garantire l’erogazione di servizi essenziali per la qualità della vita, attraverso la continua ricerca di efficienza e affidabilità, l’attenzione al territorio e la valorizzazione dei propri collaboratori.
Hera vuole essere la migliore multiutility italiana per i suoi clienti, i lavoratori e gli azionisti, attraverso l’ulteriore sviluppo di un originale modello di impresa capace di innovazione e di forte radicamento territoriale, nel rispetto dell’ambiente.
Valori
˗ ˗ ˗ ˗ ˗
Correttezza etica e deontologica Onestà Trasparenza Sviluppo sociale Tutela dell’ambiente
˗ ˗ ˗ ˗
Integrità Trasparenza Responsabilità personale Coerenza
Principi di funzionamento
Tabella 4.5: Presentazione missione e valori aziendali
˗ ˗ ˗ ˗ ˗ ˗ ˗
Economicità Responsabilità Integrità Efficienza Efficacia Innovazione e miglioramento continuo Valorizzazione delle risorse umane
˗
Creazione di valore e responsabilità sociale e ambientale Qualità ed eccellenza del servizio Efficienza Innovazione e miglioramento continuo Coinvolgimento e valorizzazione Volontà di scegliere
˗ ˗ ˗ ˗ ˗
Fonte: Elaborazione propria su dati di bilancio disponibili
Esempi di panoramica dell’organizzazione Caso AcegasAps: “Il Gruppo AcegasAps vuole essere un punto di riferimento, per il Nord-Est italiano e per i paesi dell’Est Europa nella fornitura dei principali servizi di pubblica utilità.” “Il Gruppo AcegasAps offre servizi fondamentali per la qualità della vita”. “Consapevole dell’importanza e del valore della sua mission punta a curare e soddisfare le esigenze di tutti gli stakeholder attraverso: la continua ricerca dell’efficienza e dell’affidabilità; la qualità dei servizi per i clienti;
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l’adeguata remunerazione e la valorizzazione delle capacità dei collaboratori; l’attenzione, dal punto di vista sociale, ai territori in cui opera; il miglioramento dell’ambiente attraverso lo sviluppo di tecnologie innovative; la soddisfacente remunerazione agli azionisti e ai finanziatori; la collaborazione e lo scambio di conoscenze con fornitori e partner d’impresa”.
Fonte: AcegasAps - Bilancio Integrato, 2012
Caso Hera: “Hera è una delle principali società multiutility in Italia e […] fornisce servizi energetici (gas, energia elettrica), idrici (acquedotto, fognatura e depurazione) e ambientali (raccolta e smaltimento rifiuti) per oltre 3 milioni di cittadini”. “Hera è un’azienda affidabile, stabile e competitiva, i cui principali punti di forza sono: il bilanciamento dei servizi, tra quelli in regime di libero mercato (come vendita gas e smaltimento di rifiuti speciali) e i servizi regolamentati (come distribuzione gas, servizio idrico integrato, raccolta e smaltimento rifiuti urbani); il radicamento sul territorio e la forte attenzione agli aspetti di sostenibilità; la presenza di un azionariato ampiamente differenziato”. Fonte: Hera - Bilancio di Sostenibilità, 2012
Solo AcegasAps fornisce una descrizione soddisfacente del contesto macroeconomico di riferimento e dello scenario strategico e normativo caratterizzante i diversi settori di attività presidiati, permettendo l’inquadramento dei risultati ottenuti e delle iniziative strategiche intraprese. In aggiunta, essa consegue un livello di disclosure superiore rispetto a Hera anche per quanto riguarda l’identificazione dei rischi riguardanti il business e le relative modalità di gestione e controllo, agevolando la conoscenza del profilo di rischio aziendale da parte dell’utente e quindi l’influenza esercitata sulla capacità di creare valore. Occorre tuttavia ricordare che la diffusione di questo tipo di informazioni è favorita dal fatto che è il legislatore stesso a richiedere “una descrizione dei principali rischi e incertezze cui la società è esposta” con riferimento alla predisposizione della Relazione di gestione, da allegare al Bilancio d’esercizio.
Esempio di descrizione del contesto operativo Caso AcegasAps: “Il mondo delle utilities è stato toccato dalla crisi prima finanziaria e poi dell’intero sistema economico occidentale […]”. “Il settore soffre il generale calo dei consumi e direttamente e indirettamente della stretta creditizia e delle difficoltà degli enti locali azionisti e dei clienti. Dal punto di vista normativo il settore è oggetto di una progressiva spinta verso le concentrazioni e le liberalizzazioni, una grande opportunità di crescita, ma che nel contempo richiede flessibilità e capacità di affrontare i mercati”. “Il Gruppo AcegasAps opera in alcuni settori che hanno sperimentato, nel corso dell’ultimo decennio, una crescente pressione competitiva. In particolare le attività di vendita di energia
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elettrica e gas, anche per precise scelte del legislatore, hanno visto l’ingresso nel mercato di numerosi operatori, nazionali e internazionali. I settori dell’energia elettrica e del gas hanno inoltre conosciuto, in seguito alla crisi economica e finanziaria che ha preso avvio nel 2008, una riduzione dei volumi venduti, accrescendo il contesto competitivo e innescando, pur con fasi alterne, una tendenziale erosione dei margini di vendita”. Fonte: AcegasAps - Bilancio Integrato, 2012
Caso Hera: “In particolare il Piano affronta l’attuale difficile contesto economico, normativo e competitivo con una serie di azioni strategiche che fanno leva sui punti di forza del Gruppo: le competenze maturate e la solidità economico-finanziaria, con l’obiettivo di anticipare le dinamiche future dei settori in cui opera”. “Gli andamenti finanziari che si sono manifestati nel corso del 2012 si sono ribaltati immediatamente sulle condizioni finanziarie delle Corporate e prevalentemente su quelle che operano in Paesi il cui rischio sovrano è elevato. In questo contesto, il Gruppo ha perseguito l’obiettivo di mantenere un adeguato bilanciamento delle scadenze tra attivo e passivo, associando gli impieghi a fonti di finanziamento coerenti in termini di durata e modalità di rimborso”. Fonte: Hera - Bilancio di Sostenibilità, 2012
Esempio di individuazione di rischi riguardanti il business Caso AcegasAps: Nella definizione dei rischi collegati all’evoluzione del quadro normativo e regolamentare AcegasAps scrive: “Il Gruppo opera nel settore dei servizi pubblici locali e nel settore energetico. Questi settori sono esposti al rischio di modifiche normative e regolamentari che possono avere potenziali effetti sui prezzi, sui piani tariffari nonché sui servizi erogati. Il Gruppo, in generale, è soggetto a numerose disposizioni di legge e regolamentari, nonché all’indirizzo e alla sorveglianza delle Autorità di settore (Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, Autorità d’ambito nel settore idrico e ambientale). L’evoluzione dei settori di riferimento è oggetto di continuo monitoraggio da parte delle strutture legali e da quelle deputate ai rapporti con le autorità (unbundling). In questo contesto normativo l’atteggiamento di tutte le società del Gruppo è ispirato ai generali criteri di trasparenza e di apertura, volto a rafforzare il dialogo con le autorità cui è soggetto”. In riferimento all’aggregazione con Hera, l’azienda afferma: “Per Trieste e Padova si tratta di una grande opportunità che mantiene inalterato il livello occupazionale, rafforza il rapporto con il territorio, contiene e razionalizza maggiormente costi e impieghi, potenzia l’investimento della e per la collettività innalzando il livello dei servizi forniti”. Fonte: AcegasAps - Bilancio Integrato, 2012
4.4.2
Obiettivi strategici
Per quanto riguarda la definizione delle strategie e delle iniziative intraprese per il loro perseguimento, Hera evidenzia in modo più dettagliato ed esauriente gli obiettivi perseguiti a medio-lungo termine, bilanciandoli all’interno di quattro aree: sviluppo, qualità e responsabilità sociale d’impresa, integrazione organizzativa ed efficientamento. Inoltre 134
identifica le scelte che intende porre in essere per realizzare tali obiettivi, in termini di programmi, iniziative, azioni e risorse, anche a breve termine e in riferimento alle specifiche categorie di stakeholder. Infine, si evidenzia per Hera una migliore integrazione nel piano strategico della varabile di sostenibilità, rendendo evidente come quest’ultima contribuisce alla creazione di valore aumentando la competitività dell’impresa e favorendo lo sviluppo sostenibile del territorio in cui opera.
Esempio di esplicazione degli obiettivi strategici Caso AcegasAps: AcegasAps definisce i propri obiettivi strategici, in connessione al contesto operativo di riferimento, sintetizzandoli così: “rafforzare le singole filiere di business attraverso partner in grado di valorizzare le eccellenze tecniche e di mercato presenti nel Gruppo AcegasAps; ridurre progressivamente l’esposizione finanziaria in un contesto generale divenuto più selettivo, concentrando gli investimenti nei settori a maggiore valore aggiunto; pervenire a un portafoglio di business bilanciato tra attività regolamentate e attività di libero mercato in maniera tale da sviluppare internamente e progressivamente le competenze manageriali per affrontare l’inevitabile sfida di una maggiore liberalizzazione del settore”. Fonte: AcegasAps - Bilancio Integrato, 2012
Caso Hera: “La strategia del Gruppo Hera pone le sue basi nella missione aziendale e conferma la volontà di garantire un modello di impresa innovativo basato su un approccio multi business, con forte radicamento territoriale e che pone la sostenibilità come elemento caratterizzante delle scelte aziendali e delle linee di sviluppo”. “Le principali linee guida sviluppate nel Piano Industriale sono: l’estrazione di valore dal patrimonio di asset gestiti dal Gruppo, focalizzandosi sull’efficienza operativa e sul miglioramento continuo dei livelli di servizio erogati; il consolidamento del portafoglio servizi, con l’obiettivo di mantenere un mix di servizi che garantisca crescita e profittabilità, con un approccio sempre più “mirato” ai clienti finali; lo sviluppo delle reti secondo un approccio “smart area/smart city” con l’obiettivo di adattare i servizi ai fabbisogni del territorio; la progressiva rivisitazione del mix impiantistico per lo smaltimento dei rifiuti, con un percorso di continuo incremento degli impianti dedicati al recupero e al riciclo dei materiali; lo sviluppo di iniziative sulle fonti rinnovabili; la valorizzazione delle opzioni di crescita organica e tramite acquisizioni esterne”. Fonte: Hera - Bilancio di Sostenibilità, 2012
Esempio di integrazione della sostenibilità nella strategia
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Caso AcegasAps: “Il Gruppo AcegasAps, nell’ambito delle strategie aziendali definite e in considerazione della peculiare natura dei servizi erogati, sceglie di rafforzare l’attenzione degli aspetti sociali e ambientali nello svolgimento delle attività, perseguendo la strada della sostenibilità. In virtù di questa scelta, viene fornita una informazione trasparente dei valori che indirizzano il comportamento del Gruppo e delle politiche realizzate in campo economico, sociale e ambientale. Questa scelta, inoltre, si traduce nella pubblicazione annuale del Bilancio di Sostenibilità”. Fonte: AcegasAps - Bilancio Integrato, 2012
Caso Hera: “Le priorità strategiche del Piano Industriale sono state definite tenendo come riferimento la sostenibilità in tutti i suoi aspetti (sociale, ambientale ed economica), attraverso: l’investimento continuo sulla formazione dei lavoratori, sulla sicurezza sul luogo di lavoro e sul clima interno; la riduzione delle emissioni di CO2 degli impianti del Gruppo; la riduzione delle perdite idriche e la messa in sicurezza degli approvvigionamenti idrici; il mantenimento di standard di qualità e sicurezza a livelli superiori a quelli previsti dal regolatore e il consolidamento dei livelli qualitativi delle strutture di contatto con il cliente; il mantenimento delle caratteristiche e del radicamento territoriale che hanno caratterizzato il percorso di sviluppo del Gruppo; l’innalzamento degli obiettivi di raccolta differenziata su tutto il territorio di riferimento e l’ottimizzazione della gestione degli impianti dedicati allo smaltimento dei rifiuti; il consolidamento della redditività e dell’equilibrio economico-finanziario del Gruppo, incrementando il valore aggiunto distribuito sul territorio”. Fonte: Hera - Bilancio di Sostenibilità, 2012
4.4.3
Governance e remunerazione
Entrambi documenti analizzati descrivono la struttura della leadership organizzativa, comunicando le caratteristiche e i meccanismi di governo. È interessante notare che, nell’ambito della struttura di governance, solo Hera ha introdotto dei meccanismi di incentivazione del management correlati al conseguimento di performance inclusive della sostenibilità, definendone all’interno del report il processo di valutazione.
Esempio di descrizione del governo societario Caso AcegasAps: “La struttura di Corporate governance di AcegasAps è articolata secondo il modello tradizionale – che, fermi i compiti dell’assemblea – attribuisce la gestione ordinaria e straordinaria al Consiglio di amministrazione, fulcro del sistema organizzativo, le funzioni di controllo al Collegio sindacale e quelle di revisione legale dei conti alla Società di revisione incaricata dall’assemblea degli azionisti. Il sistema di governo societario di AcegasAps è costituito dai seguenti organi sociali e comitati
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consultivi: Assemblea dei soci Consiglio di amministrazione Collegio sindacale […]”. Fonte: AcegasAps - Bilancio Integrato, 2012
Caso Hera: Hera fornisce una descrizione della composizione e del funzionamento degli organi sociali che formano il sistema di governance. Ad esempio, in riferimento al Collegio Sindacale essa scrive: “nominato nel corso dell’Assemblea dei soci del 29 aprile 2011, rimarrà in carica sino all’approvazione del bilancio relativo all’esercizio 2013. È l’organo societario che vigila sulla corretta amministrazione, in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dagli amministratori e sul suo concreto funzionamento. Lo Statuto stabilisce che all’elezione dei componenti del Collegio Sindacale si proceda sulla base di liste presentate dai Soci, al fine di assicurare alla minoranza la nomina del Presidente e di un sindaco supplente”. “Aspetti collegati alla sostenibilità sono presenti nel sistema incentivante per quadri e dirigenti e nel sistema di determinazione del premio di risultato utilizzati dal Gruppo. Il premio di risultato è influenzato da indicatori collegati alla qualità e all’ambiente mentre il sistema incentivante, collegato alla balanced scorecard, prevede una parte dell’incentivo connesso anche al raggiungimento di progetti di sostenibilità. Nel 2012 questi obiettivi di sostenibilità hanno costituito il 24% della retribuzione variabile dei dirigenti e quadri del Gruppo”. Fonte: Hera - Bilancio di Sostenibilità, 2012
4.4.4
Performance
Un Report Integrato dovrebbe comunicare in quale misura l’organizzazione ha raggiunto i propri obiettivi strategici e quali sono i risultati ottenuti in termini di effetti sui capitali. Buoni livelli di disclosure si individuano, sia per AcegasAps, sia per Hera, con riguardo alla descrizione quantitativa e qualitativa dei risultati realizzati, permettendo di conseguenza la valutazione degli effetti prodotti sui diversi capitali utilizzati. Diversa è la scelta operata circa le modalità espositive dei risultatati, infatti AcegasAps evidenzia gli impatti economicofinanziari e di sostenibilità in capitoli separati, mentre Hera suddivide le proprie performance in base ai destinatari della proprio agire. La rappresentazione e analisi delle conseguenze dell’attività aziendale, rese più comprensibili grazie alla presentazione del contesto operativo e macroeconomico di riferimento, sono contenute nei capitoli di Bilancio Integrato dedicati alla relazione socio-ambientale (“Bilancio di cittadinanza”) e ai bilanci consolidato e d’esercizio. In particolare, nel “Bilancio di cittadinanza” AcegasAps aggrega in base ai destinatari le conseguenze della propria attività, suddividendole in Comunità interna, Comunità esterna e Sostenibilità ambientale. AcegasAps riesce a essere sufficientemente dettagliata nell’esplicitare gli effetti prodotti sulle risorse e relazioni aziendali e i fattori esterni che hanno influenzato le perfomance. Tuttavia, 137
non realizza dei collegamenti né fra le performance attuali e le prospettive future, né fra le performance finanziarie e quelle relative ad altri capitali; tantomeno fornisce informazioni sulle modalità di soddisfazione delle aspettative e interessi legittimi degli stakeholder. Il Report Integrato di AcegasAps, diversamente da Hera, contiene anche l’illustrazione delle dinamiche reddituali e patrimoniali d’impresa, rese attraverso l’informativa economica imposta dalle norme in vigore. L’inserimento di dati di natura contabile permette ad AcegasAps di dimostrare di aver adempiuto i principi di sostenibilità economica, che come definito nel report stesso richiedono anche la “capacità di calibrare gli investimenti al fine di produrre e mantenere all’interno del territorio il massimo della ricchezza derivante dalle attività svolte dalle sue società, al fine di valorizzare e ottimizzare la specificità dei servizi territoriali”. Nel predisporre tale sezione, AcegasAps si attiene al contenuto richiesto dalla normativa, affidando i contenuti qualitativi ad altre sezioni del Bilancio Integrato. Altro elemento che caratterizza il Bilancio Integrato di AcegasAps è il mancato utilizzo di target rispetto ai quali fornire i dati (non solo economico-finanziari) e benchmark settoriali, che nel complesso avrebbero facilitato la presentazione e comparazione di quest’ultimi. Hera riesce a illustrare in modo molto dettagliato le relazioni con gli stakeholder chiave e il modo in cui ha soddisfatto e soddisferà le esigenze, le aspettative e gli interessi legittimi. Molto utile ai fini della comprensione degli effetti prodotti sui diversi stakeholder è l’esplicitazione, sottoforma di tabella, degli impegni assunti in passato (“avevamo detto di fare”), di quelli realizzati (“abbiamo fatto”) e di quelli che saranno affrontati in futuro (“faremo”). Nel suo Bilancio di Sostenibilità manca l’illustrazione dettagliata delle perfomance economico-finanziarie realizzate, oggetto di comunicazione separata tramite il Bilancio d’esercizio; tuttavia tali argomenti risultano sufficientemente collegati al Bilancio analizzato tramite la sezione del Calcole del Valore aggiunto. Anche il suo report tralascia di dimostrare il collegamento tra le performance finanziarie e quelle relative gli altri capitali, nel senso che non è previsto né l’utilizzo di KPI in grado di combinare le misure finanziarie e con le altre componenti della sostenibilità aziendale, né la monetizzazione delle conseguenze esterne prodotte. Infine, è molto interessante la presentazione, in apertura del bilancio, dei risultati conseguiti in dieci anni di sostenibilità, aggregati per diversi temi e categorie di stakeholder e presentati in modo chiaro e coerente.
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Esempio di illustrazione delle performance realizzate Caso AcegasAps: “Il Gruppo nel corso del 2012 ha conseguito ricavi per 626 milioni di euro (585 milioni nel 2011), un margine operativo lordo di oltre 129 milioni di euro in crescita rispetto ai 119 dell’anno precedente e un utile netto di 25,5 milioni di euro (18,0 milioni di euro nel 2011). Si tratta di risultati significativi che testimoniano l’ottimo lavoro svolto in questi anni da tutti i dipendenti del Gruppo. Tra gli obiettivi del 2012 una particolare menzione merita il contenimento della dinamica finanziaria al centro delle attenzioni negli ultimi anni. La posizione finanziaria netta, alla fine dell’esercizio, è risultata pari a 464 milioni di euro (erano 447 milioni di euro nel 2011)”. Fonte: AcegasAps - Bilancio Integrato, 2012
Caso Hera: “I risultati del 2012 si mostrano in crescita rispetto all’esercizio precedente, nonostante il perdurare di una congiuntura economica sfavorevole che ha significativamente ridotto i consumi e il volume di affari delle attività produttive. In termini di volumi venduti, si evidenziano maggiori quantità vendute di gas e calore, mentre si segnalano minori quantità di rifiuti smaltiti, di energia elettrica venduta e di acqua somministrata”. Fonte: Hera - Bilancio di Sostenibilità, 2012
Esempio di prospettive future Caso AcegasAps: “Ci si attende significativi risultati nel corso del 2013. Per le altre attività regolamentate sono previsti margini stazionari, mentre per le attività di libero mercato nei settori dell’energia elettrica e del gas potrebbe prospettarsi una riduzione dei margini in relazione alle revisioni delle componenti tariffarie da parte dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas”. “Nell’ambito di una più ampia strategia volta a mitigare le incertezze connesse a una maggiore competitività sono state avviate azioni per ricercare partner strategici per filiera, partendo dai settori più prossimi ad una effettiva apertura di mercato (distribuzione gas) o più soggetti a questi rischi (attività di vendita)”. Fonte: AcegasAps - Bilancio Integrato, 2012
4.4.5
Prospettive future
I report analizzati forniscono una buona rappresentazione quantitativa e qualitativa dei principali risultati aziendali raggiunti (economico-finanziari, gestionali e operativi, ESG), tuttavia essi sono perlopiù incentrati sullo storico. È insufficiente l’illustrazione delle prospettive gestionali e di performance future, anche con in riferimento a target quantitativi di risultato, e delle modalità di bilanciamento tra interessi di breve, medio e lungo termine. Né AcegasAps né Hera forniscono informazioni circa le sfide e le incertezze che dovranno presumibilmente affrontare nel perseguire la propria strategia, comprese le potenziali
139
implicazioni per il modello di business e per le performance future. Nel complesso entrambi i report sono eccessivamente focalizzati sull’andamento consuntivo della gestione aziendale, rispetto a quanto richiesto dal Framework IIRC di reporting integrato. Manca, infatti, una discussione delle potenziali implicazioni, comprese quelle riguardanti le perfomance finanziarie, generate dall’ambiente esterno (opportunità e rischi) e dalla futura disponibilità e qualità dei capitali che l’impresa utilizza. Il lettore del report non è messo nella condizione di comprendere i principali presupposti e i potenziali rischi che le imprese utility dovranno affrontare poiché sono del tutto insufficienti elementi prospettici quali previsioni, proiezioni, analisi di sensibilità, anche tramite il calcolo di adeguati KPI. Sarebbe opportuno, sia per AcegasAps, sia per Hera, integrare l’analisi consuntiva delle prestazioni aziendali con una valutazione realistica del panorama della concorrenza, del posizionamento di mercato occupato e delle aspettative e intenzioni possedute in linea con le proprie capacità di cogliere le opportunità a disposizione nel contesto operativo. Si rileva che nonostante in alcune parti del documento, soprattutto nel Bilancio di AcegasAps, si faccia riferimento ai rischi di business e agli strumenti messi in atto per rispondere a tali sfide, tali elementi sono definiti in termini perlopiù consuntivi e sono scarsamente collegati alle prospettive future dell’organizzazione. Il destinatario del Report Integrato dovrebbe essere agevolato nella formulazione di un proprio giudizio circa le prospettive dell’organizzazione (quale effetto dei piani aziendali e dell’ambiente esterno) e al tempo stesso, comprendere le assunzioni implicite nelle evoluzioni di business comunicate.
140
4.5
Discussione dei risultati
Le imprese oggetto del campione sembrano aver compreso la necessità di presentare, a tutti gli stakeholder interessati, soprattutto in seguito ai processi di liberalizzazione e privatizzazione che hanno interessato il settore, informazioni idonee a garantire una rappresentazione olistica e integrata della situazione aziendale. Entrambe le imprese, consapevoli della rilevanza assunta dalla rendicontazione non economico-finanziaria nell’ambito dei servizi di pubblica utilità, hanno adottato degli strumenti in grado di soddisfare abbastanza bene le attese conoscitive degli stakeholder con cui interagiscono. In particolare, l’esame contenutistico dei documenti e la comparazione del processo di rendicontazione, hanno permesso di apprezzare l’ampliamento e la diversificazione che hanno investito la comunicazione periodica aziendale. Si è potuto inoltre verificare che sussistono, sia per AcegasAps, sia per Hera, ampi spazi di miglioramento, non solo per quanto riguarda il contenuto del documento, bensì anche con riferimento al processo di rendicontazione e ai requisiti tecnici per la preparazione e presentazione del report. Entrambe le imprese possono colmare le carenze rilevate, tramite la ricerca di una maggiore completezza rispetto agli argomenti definiti come rilevanti nel Framework IIRC e, più precisamente, in riferimento al modello di business, alla strategia e allocazione delle risorse, alle prospettive future. In aggiunta, sia AcegasAps, sia Hera dovrebbero impegnarsi maggiormente per adempiere i requisiti di connettività e sinteticità delle informazioni fornite, poiché nel complesso i report analizzati sono eccessivamente lunghi e spesso presentano i dati “in silos”, limitando i collegamenti fra informazioni finanziarie e non. Per quanto concerne la compatibilità del Bilancio Integrato con il Framework IIRC, si è rilevata per AcegasAps la necessità di sviluppare maggiore focalizzazione strategica e orientamento al futuro, illustrando in modo più dettagliato non solo la strategia organizzativa, bensì anche come quest’ultima influisca sulla sua capacità di raggiungere gli obiettivi e creare valore nel tempo. Solo in questo modo la rendicontazione delle performance sociali e ambientali, oltre che economiche, può diventare anche un momento di valutazione della propria capacità di rispettare gli impegni presi nei confronti degli stakeholder. Hera, diversamente, necessita di incrementare le informazioni sull’ambiente (operativo e macroeconomico) in cui essa opera, integrandole con la presentazione dei rischi e delle opportunità generati dal contesto operativo che influenzano le sue performance e, quindi, la capacità di creare valore. Ciò che né AcegasAps, né Hera sono riuscite a adottare nel proprio report e che invece è uno 141
degli elementi caratterizzanti il Bilancio Integrato, è l’approccio forward-looking. Infatti, per consentire agli utilizzatori del Bilancio Integrato, in primis agli investitori, di prendere decisioni consapevoli sulla capacità dell’utility di creare valore nel tempo, sarebbe auspicabile poter valutare la sostenibilità delle strategie e del modello di business prediletti. Per far fronte a questa nuova prospettiva, AcegasAps e Hera dovrebbero riuscire a illustrare come le dinamiche del passato guidano le scelte d’investimento sulla base degli scenari futuri e dei relativi rischi e opportunità. In un settore capital intensive come quello multiutility, in cui si sono moltiplicate le opportunità e le minacce per effetto della concorrenza, del libero mercato e della dimensione internazionale di tali fenomeni, è fondamentale poter disporre di fonti finanziarie in quantità e qualità adeguate a sostenere gli investimenti aziendali. Ai fini della stabilità finanziaria, la raccolta di nuove risorse finanziarie (sottoforma di capitale di debito e di rischio) esige di migliorare la comprensione dei fenomeni strutturali e delle condizioni di funzionamento dell’utility, nonché di verificare l’andamento ed evoluzione delle strategie aziendali, anche in risposta alle evoluzioni registrate. Sia il bilancio di AcegasAps, sia quello di Hera promuovono la comprensione dell’ampia base di capitali gestita (finanziario, produttivo, umano, naturale e relazionale); tuttavia si ritiene che un Bilancio Integrato dovrebbe anche favorire il bilanciamento all’interno delle decisioni e strategie aziendali di tutte le aspettative legittime degli stakeholder. In questo senso, sarebbe opportuno per AcegasAps migliorare la comunicazione di come la sostenibilità è integrata nella gestione quotidiana e strategica dell’impresa, così da permettere agli investitori di apprezzare la stabilità e sostenibilità del percorso di sviluppo aziendale. La realizzazione della valutazione ha reso possibile la maturazione di un giudizio in merito alla fruibilità e piacevolezza del report, pur non essendo stati tali caratteristiche oggetto di esame. Dal confronto dei due bilanci è stato possibile evincere che il Bilancio di Hera è più narrativo, contiene messaggi più chiari e sintetici e la sua disponibilità in versione navigabile e interattiva lo rende particolarmente facile e piacevole da usare. Anche AcegasAps dovrebbe impegnarsi in tal senso, utilizzando un linguaggio più divulgativo e strumenti di diffusione più coinvolgenti, per far diventare il bilancio annuale un “racconto” di sforzi, sfide e obiettivi affrontati durante l’esercizio. In questo modo potrebbe rendere il proprio report maggiormente appetibile anche per quelle categorie di soggetti interessati all’operato aziendale, che non dispongono però di conoscenze tecnico-specialistiche. Un dettaglio interessante emerso dalla ricerca empirica è una certa difformità tra la sezione “Bilancio di cittadinanza” di AcegasAps e il Bilancio di Sostenibilità di Hera. A prescindere dal nome assegnato, è chiaro che questi due bilanci sono stati piegati da ciascuna impresa al 142
perseguimento di specifici obiettivi di comunicazione. Infatti, seppure in presenza di un unico modello di riferimento (il Framework GRI) i due documenti sono differenti nei contenuti, variamente efficaci ai fini della valutazione esterna e talvolta non confrontabili tra loro nello spazio e nel tempo. Va notato, inoltre, che la disomogeneità di comportamento non riguarda solo i contenuti della rendicontazione, bensì anche gli approcci adottati da AcegasAps e Hera ai fini della redazione, validazione e diffusione del documento. Nel complesso, si ritengono le differenze emerse potenzialmente capaci di influire sull’efficacia e utilità del Report Integrato e, quindi, da considerare attentamente quando sarà definita la normativa italiana di riferimento. In definitiva, si è convinti che l’adozione di uno schema standardizzato anche per la parte non finanziaria/di sostenibilità potrebbe garantire l’uniformità e, quindi, la confrontabilità delle tematiche trattate nel report. Non si valuta in modo negativo la scelta di Hera di produrre un Bilancio di Sostenibilità separato, perché afferma la sua sensibilità verso i temi dell’etica e della responsabilità sociale, confermando il proprio impegno alla trasparenza e alla visibilità dell’attività aziendale. Si sottolinea, tuttavia, che tale metodologia di pubblicazione dei dati, non offrendo un’informativa integrata riferita alla pluralità dei risultati e degli effetti derivanti dall’agire aziendale, limita l’espressione dell’azienda quale complesso unitario di risorse finanziarie, produttive, relazionali, umane e intellettuali, almeno sul piano della rendicontazione. Un elemento positivo deve essere però riconosciuto alla pubblicazione separata del Bilancio di Sostenibilità dal tradizionale Bilancio Economico-Finanziario. L’approccio adottato da Hera facilita la comprensione e una reale accessibilità delle informazioni da parte di tutti gli stakeholder che non possiedono competenze ed esperienza in materia di reporting, permettendo loro di accrescere la fiducia nell’operato dell’impresa. Infine, dallo studio è emerso che AcegasAps necessita di applicare un maggiore rigore metodologico e dettaglio nei seguenti aspetti del processo di rendicontazione delle informazioni non finanziarie:
identificazione, trattazione e coinvolgimento degli stakeholder, al fine di migliorare le relazioni e il dialogo con essi instaurati, considerando che il valore non è creato solo all’interno dell’organizzazione, ma attraverso le relazioni con altre entità;
processo di definizione della materialità e tecniche di misurazione dei dati, poiché solo gli elementi ritenuti rilevanti e capaci di influenzare la valutazione degli stakeholder devono essere trattati nel bilancio;
sistema interno/esterno di verifica e controllo della sezione non finanziaria del documento, al fine di incrementarne l’affidabilità e l’obiettività. 143
4.6
Conclusioni
Nella prima parte del lavoro si è osservato che la capacità di un’organizzazione di rimanere produttiva nel tempo e di salvaguardare il contesto sociale, ambientale ed economico in cui opera, implica l’adozione di scelte di governo e pratiche gestionali in grado di produrre risultati economici positivi e strutturalmente stabili nel tempo, nell’ambito di un processo di ricomposizione ad unità delle diverse e, spesso, contrapposte, pressioni ed aspettative interne ed esterne. L’acquisizione di consensi e di risorse intorno alla mission e alle strategie d’impresa determina, pertanto, la continua necessità di dare risposte chiare alle varie attese conoscitive espresse dagli interlocutori aziendali interni ed esterni. Tramite la rendicontazione aziendale è possibile valutare le modalità con cui un’impresa assume la responsabilità economica, sociale e ambientale del proprio agire e, contemporaneamente, apprezzare la capacità di soddisfare le attese dei diversi stakeholder, in particolare dei fornitori di capitale finanziario, nell’ambito del processo di creazione di valore. L’esigenza di razionalità e coerenza della rendicontazione aziendale, tali da garantirne efficacia, trasparenza e convergenza per il successo aziendale, ha favorito l’evoluzione delle pratiche di misurazione e valutazione delle performance economico-finanziarie e non finanziarie, tra le quali rientra il Bilancio Integrato. Si tratta di uno strumento di reporting in grado di evidenziare le interdipendenze tra strategia, governance, operations e performance finanziare, sociali e ambientali e valorizzare contemporaneamente competitività e coerenza con il contesto di riferimento, alimentando di fatto la Corporate Sustainability . Per valutare in concreto la capacità del Report Integrato di comunicare in modo sintetico le modalità con cui un’organizzazione crea valore nel tempo, si è scelto un settore in cui si avverte una profonda esigenza di trasparenza e chiarezza, non solo in considerazione della rilevanza delle risorse utilizzate e dei bisogni soddisfatti, bensì anche per effetto dei radicali cambiamenti avvenuti nelle dinamiche competitive: il settore multiutility. Infatti, per effetto delle maggiori sollecitazioni di mercato, della crescente complessità aziendale e dei cambiamenti ambientali e tecnologici nell’ambiente competitivo, si richiede alle multiutility una maggiore (e più efficace) interazione con il mondo finanziario per reperire quelle risorse materiali e immateriali indispensabili per lo sviluppo del business. Attraverso il confronto e la valutazione delle esperienze maturate in ambito di rendicontazione da due imprese multiutility quotate (quella di AcegasAps con il Bilancio Integrato e quella di Hera con il Report di Sostenibilità), si è voluto verificare quale soluzione operativa sia più efficace e completa nel comunicare la creazione di valore. 144
Dall’analisi contenutistica del documento, è emerso che il Report Integrato e quello di Sostenibilità dispongono di capacità comunicative equivalenti nell’illustrazione di strategia, governance, performance e prospettive future. Infatti, sebbene i punteggi parziali prodotti da ciascun documento non siano sempre convergenti, nel complesso AcegasAps e Hera raggiungono un risultato quasi uguale (la prima è leggermente in vantaggio rispetto alla seconda) nella valutazione del contenuto del report, ossia della sua capacità di esprimere quegli elementi rilevanti per il processo di creazione del valore. Contrariamente alle attese, anche il Bilancio di Sostenibilità è idoneo a comunicare in maniera olistica la capacità dell’impresa utility di essere sostenibile, valorizzando tutti i capitali (intesi come dotazioni e flussi di risorse finanziarie, produttive, umane, relazionali e naturali) a sua disposizione e riducendo l’asimmetria informativa tra management e mercato. Con riferimento al Bilancio di Sostenibilità di Hera si è verificato, infatti, che esso, oltre a rendicontare le performance dell’organizzazione rispetto all’obiettivo dello sviluppo sostenibile, illustra i risultati e gli effetti che hanno caratterizzato il periodo di rendicontazione relativamente a impegni, strategia e modalità di gestione dell’organizzazione. Il fatto che sia il Report di Sostenibilità, sia il Bilancio Integrato aderiscano in modo equivalente al Framework IIRC potrebbe far sospettare un’uguale capacità di soddisfare le attese conoscitive degli interlocutori, cui il documento è destinato. Inoltre, sempre la stessa circostanza, sembrerebbe implicare che anche le competenze aziendali richieste, in termini di raccolta ed elaborazione dei dati, siano le stesse. In questo senso, si verificherebbe allora una sovrapposizione tra i due documenti, poiché le imprese potrebbero avvalersi in generale di uno o dell’altro report per trasmettere agli interlocutori aziendali la coerenza tra competitività e salvaguardia del contesto sociale, ambientale ed economico. Occorre però ricordare che il Bilancio Integrato costituisce il risultato di un percorso di convergenza e connessione delle avanzate rendicontazioni economico-finanziarie con i più recenti sistemi di rendicontazione delle performance non finanziarie (Report Sociale/di Sostenibilità, relazioni sulla gestione e sulla corporate governance). AcegasAps è riuscita a far diventare il suo bilancio, un rendiconto unico e completo sulla dinamica aziendale, che sintetizza la situazione della società e la sua capacità di rispondere alle sfide sempre più complesse di business, mettendo in luce anche gli impatti sociali e ambientali generati. Il Bilancio di Sostenibilità di Hera, invece, seppur dotato di evidenti capacità comunicative del valore creato, non permette la divulgazione di quell’informativa economico-finanziaria (e non) obbligatoria per legge, cui l’impresa adempie in via separata. Tale situazione testimonia la dissociazione, almeno da un punto di vista “contabile”, degli impatti aziendali tra i fornitori di capitale finanziario e i restanti stakeholder ed è in conflitto 145
con l’integrazione dei processi aziendali, in termini di approccio aziendale alla sostenibilità. La similare capacità comunicativa tra i due report analizzati può essere spiegata con la carente visione strategica e prospettica caratterizzante il Bilancio Integrato di AcegasAps. Probabilmente con l’attuale versione di Report Integrato, l’impresa esaminata non ha pienamente colto l’essenza della rendicontazione integrata, così come proposta dal Framework IIRC. Il suo bilancio, infatti, non è riuscito a distinguersi da quello che permette la mera valutazione dell’agire aziendale sostenibile. In altre parole, per realizzare un Report Integrato realmente efficace nel comunicare il valore d’impresa, AcegasAps dovrebbe riuscire a superare l’attuale formulazione “a silos” (economico-finanziario/socio-ambientale,
gestionale/di
cittadinanza)
per
raccontare
trasversalmente l’azienda secondo dimensioni più dinamiche e maggiormente legate ai processi in atto: opportunità e rischi del contesto operativo, strategie e modello di business, prospettive future. Nonostante i limiti riscontarti nell’attuale bilancio di AcegasAps, esso permette comunque di comunicare la sua capacità di creare valore nel medio-lungo termine per gli azionisti e gli stakeholder perché, oltre alle performance finanziarie, esso comprende il rispetto e la divulgazione dei fattori di sostenibilità. Tuttavia, si ritiene necessario per l’azienda riuscire a compiere un ulteriore passo in avanti, sottolineando come e quanto l’adozione di un comportamento virtuoso permetta di generare valore economico. In concreto, per beneficiare appieno dei benefici della rendicontazione integrata AcegasAps dovrebbe migliorare i seguenti aspetti del proprio report:
chiarezza delle relazioni fra informazioni finanziarie e non finanziarie, evidenziando in maniera più dettagliata le correlazioni tra queste esistenti;
visione futura, derivante da una migliore rendicontazione delle informazioni relative alla strategia aziendale e ai rischi e alle opportunità di scenario legati al settore;
maggiore coinvolgimento degli stakeholder e dei gruppi di interesse, grazie anche all’uso di internet e degli strumenti del web.
Nella prima parte del lavoro, si è osservato che, per supportare e indirizzare le aziende nella raccolta dei dati e nella redazione del Bilancio di Sostenibilità e del Report Integrato, esistono diversi modelli di riferimento, tra cui le Linee Guida GRI per il Reporting di Sostenibilità e il Framework IIRC di Reporting integrato. Dalla ricerca empirica svolta possono essere desunte indicazioni generali su come le imprese che intendono intraprendere il percorso della rendicontazione integrata, possono allineare i due modelli appena citati. Le due diverse esperienze di rendicontazione hanno messo in luce che, pur trattandosi di due framework diversi, emanati da due istituzioni diverse (IIRC e GRI), essi sono accomunati 146
dalla spinta verso una rappresentazione più completa, dinamica e relazionale della situazione aziendale e dell’andamento della sua gestione. In generale è possibile affermare che i due framework non sono in concorrenza perché perseguono finalità diverse, seppure indiscutibilmente connesse e interdipendenti. Mentre il Framework GRI mira a supportare le organizzazioni nella misurazione, comunicazione e assunzione di responsabilità delle performance rispetto all’obiettivo dello sviluppo sostenibile, il Framework IIRC consente loro di comunicare informazioni sulla creazione di valore nel tempo. È chiaro che se l’impegno delle imprese verso la sostenibilità rappresenta una fonte di vantaggio competitivo, una strategia sostenibile (anche adeguatamente divulgata) permette loro di produrre flussi di ricchezza attuali e futuri nell’ambito di un processo circolare, in cui gli elementi di redditività, competitività e socialità interagiscono e si influenzano tra loro. In altre parole, tramite il Bilancio Integrato l’azienda comunica il perseguimento della redditività nel lungo periodo. Quest’ultima appare essere considerevolmente agevolata se la redditività di breve termine (sempre comunicata attraverso il Framework IIRC) deriva da una sostenibile posizione competitiva e da una riconosciuta socialità dell’operare dell’impresa, misurabili anche tramite il Framework GRI. La questione può essere ulteriormente semplificata attestando che il Framework GRI risponde alla domanda: “Che cosa rendicontare nella sezione non economico-finanziaria del bilancio?”, mentre quello IIRC fornisce la risposta a: “Come rendicontare (e connettere) le sezioni economico-finanziarie e di sostenibilità del bilancio?”. È questa consapevolezza che deve guidare le imprese durante il processo di armonizzazione dei due framework, avendo sempre presente l’obiettivo perseguito con la rendicontazione delle performance economiche, sociali e ambientali. Gli elementi di convergenza tra i due framework sono la trasparenza e la responsabilità dell’agire aziendale. La consapevolezza sugli impatti sociali, ambientali ed economici prodotti e la loro trasparente divulgazione sono componenti fondamentali nella gestione di rapporti efficaci con gli stakeholder e nelle decisioni di investimento e nelle altre relazioni di mercato, in forza della funzione centrale rivestita dalla imprese nella società. Più che tra i due framework di rendicontazione, il reale conflitto potrebbe invece celarsi nel percorso di collaborazione e convergenza tra le diverse logiche di bilancio, che fino ad oggi sono state perseguite con il Report Economico-Finanziario e quello di Sostenibilità: guidato dal rispetto di norme obbligatorie il primo, basato sulla volontarietà il secondo. In definitiva, considerando la maggiore esposizione alle sollecitazioni di mercato e i cambiamenti ambientali e tecnologici del settore, tramite il Bilancio Integrato, le multiutility avrebbero la possibilità di avvalorare le proprie scelte d’investimento con elementi di scenario 147
e contesto, rispetto ai quali hanno assunto impegni precisi, e con e con l’analisi dei rischi, per i quali hanno messo in atto misure di mitigazione. La consapevolezza raggiunta dal management, su come gli aspetti finanziari e non interagiscano tra loro, assommata all’approfondimento di come i piani strategici, l’analisi del contesto operativo e il monitoraggio delle performance (economiche, sociali e ambientali) possano concorrere alla formazione del valore aziendale, sono elementi che nel complesso possono supportare positivamente gli investitori nelle decisioni di investimento. Una migliore comunicazione verso l’esterno, perseguita tramite il Bilancio Integrato, oltre che permettere all’impresa di comunicare la propria storia di creazione del valore, consente di rafforzare la consapevolezza di come l’erogazione di servizi di pubblica utilità possano contribuire allo sviluppo economico e sociale della collettività. Per le imprese che già rendicontano le proprie performance sociali e ambientali tramite un Bilancio di Sostenibilità, e quindi già in possesso di una certa consapevolezza interna, il Report Integrato rappresenta una naturale evoluzione di reporting. Infatti, la mera rappresentazione della sostenibilità, si arricchisce della connessione con le performance finanziarie e con la capacità di creare valore nel tempo. Per le imprese che non hanno ancora intrapreso un percorso di miglioramento in merito alla rendicontazione non finanziaria, invece, il Bilancio Integrato può stimolare l’assunzione (e spiegazione ai propri stakeholder) di comportamenti più consapevoli da parte delle imprese e indurre, al tempo stesso, una migliore comprensione interna delle attività aziendali. Si riconosce, infatti, in entrambi i casi citati, l’opportunità intrinseca che rappresenta il Bilancio Integrato di accrescere il livello di attenzione e consapevolezza delle imprese sui dati non finanziari e sul loro collegamento con quelli finanziari. Si ritiene, inoltre, che questo percorso porterà a rafforzare i processi interni legati alla rendicontazione delle informazioni finanziarie e non, con evidenti benefici a livello operativo e strategico. Il Framework IIRC potrebbe rappresentare, a parere di chi scrive, un elemento di stimolo e di indirizzo che le imprese utility dovrebbero prendere in considerazione per la stesura del proprio bilancio. L’adozione di tale modello è funzionale a valorizzare i contenuti del bilancio; contribuire a migliorare ulteriormente la trasparenza sulle questioni sociali e ambientali delle imprese multiutility e, infine, accrescere la rilevanza, coerenza e comprensibilità delle informazioni pubblicate.
148
Considerazioni conclusive, limiti e implicazioni della ricerca
Il presente lavoro ha voluto verificare la capacità del Bilancio Integrato di misurare e rappresentare la sostenibilità economica, sociale e ambientale conseguita dalle imprese operanti nel settore multiutility. Più precisamente, si è voluto capire se e come l’adozione di tale strumento di reporting possa favorire il raggiungimento di una redditività media positiva e stabile nel tempo e, contemporaneamente, incentivare l’impresa ad adottare comportamenti organizzativi favorevoli allo sviluppo sociale ed economico del contesto operativo di riferimento. La crescente interdipendenza tra le dimensioni economiche, ambientali e sociali dell’agire aziendale, così come la necessità di una gestione più saggia ed equilibrata delle risorse naturali, umane, produttive e finanziarie attualmente disponibili, ha sollecitato questa ricerca sul Report Integrato. Infatti, si ritiene che la contestuale combinazione di informazioni economico-finanziarie con indicatori ambientali, sociali e di governance (ESG), permetta di comunicare la coerenza tra il successo aziendale e il benessere della collettività di riferimento, in modo più efficace rispetto ad altri strumenti di reporting. La correttezza dei concetti teorici sviluppati nella prima parte del lavoro è stata verificata attraverso un’indagine empirica avente a oggetto la valutazione dei documenti di Bilancio Integrato e di Sostenibilità, pubblicati rispettivamente dalle imprese multiutility AcegasAps e Hera. La considerazione per cui l’attività delle multiutility consiste nella produzione e nell’erogazione di servizi ambientali, idrici ed energetici essenziali alla vita umana, prevalentemente tramite lo sfruttamento di risorse naturali, rende queste imprese particolarmente adatte allo studio della rendicontazione integrata. Le imprese di pubblici servizi coniugano in modo chiaro ed esplicito gli aspetti ambientali, sociali ed economici dell’attività imprenditoriale, perciò sono poste in una condizione di strumentalità rispetto al conseguimento di obiettivi più ampi, che finiscono per coincidere con quelli di benessere della comunità di riferimento e di protezione del capitale naturale. L’analisi del processo di rendicontazione in atto nelle imprese analizzate e la valutazione contenutistica del documento da loro pubblicato hanno confermato l’attitudine del Report Integrato a presentare in maniera esauriente ed equilibrata la situazione aziendale e l’andamento della gestione nell’impresa. Il confronto tra il Bilancio di Sostenibilità e quello Integrato ha permesso di evidenziare una
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similare attitudine dei due documenti a supportare il processo decisionale degli investitori e valorizzare gli impatti sociali, ambientali ed economici sul contesto operativo. Contrariamente alle attese, anche il Bilancio di Sostenibilità è idoneo a rappresentare tutte le tipologie di risorse a disposizione dell’impresa, valorizzando la capacità della multiutility di essere sostenibile e riducendo l’asimmetria informativa tra management e mercato. L’equivalente aderenza dei due documenti al Framework dell’International Integrated Reporting Council (IIRC) di Reporting Integrato, emersa dalla ricerca, potrebbe far sospettare un’uguale capacità di soddisfare le medesime attese conoscitive degli interlocutori aziendali e quindi l’indifferenza da parte dell’impresa nella scelta dell’uno o dell’altro modello di report. Occorre considerare, tuttavia, che il Bilancio di Sostenibilità non permette la divulgazione di quell’informativa obbligatoria per legge, cui è necessario adempiere separatamente. Pertanto, le multiutility quotate dovrebbero preferire il Bilancio Integrato quale mezzo di comunicazione degli elementi rilevanti per la creazione di valore, quali ad esempio la strategia organizzativa, le perfomance attuali e future, la struttura di governance e l’analisi di rischi e opportunità del contesto operativo. Questo strumento di reporting, infatti, oltre a comunicare il rispetto dei fattori di sostenibilità aziendale e socio-ambientale, permette di diffondere i documenti contabili obbligatori e valutare le modalità con cui l’impresa ha perseguito (e si propone di farlo nel medio-lungo termine) la coerenza tra salvaguardia del contesto operativo e competitività aziendale. Ciò che permette al Bilancio Integrato di distinguersi dalla mera rendicontazione socioambientale, intesa quest’ultima nella sua forma distinta e autonoma rispetto al Bilancio d’esercizio, è la capacità di superare la configurazione “a silos” tipica del reporting, per raccontare trasversalmente l’impresa secondo un approccio sistemico, rispetto alle risorse materiali e immateriali utilizzate, e adeguatamente bilanciato tra breve e medio-lungo termine. Pertanto, il valore aggiunto offerto dal Report Integrato è quello di facilitare la comprensione di come e quanto un comportamento virtuoso abbia permesso di generare nel tempo valore per i fornitori di capitale finanziario. Per le caratteristiche del settore multiutility, rilevate nel terzo capitolo, si considera il Bilancio Integrato più appropriato rispetto al Bilancio di Sostenibilità, per favorire lo sviluppo del business, la gestione delle mutevoli condizioni operative e la valorizzazione delle molteplici, e non sempre convergenti, aspettative degli interlocutori aziendali. In effetti, tale strumento incoraggia l’impresa a valutare la sostenibilità del proprio agire secondo un’ottica allargata e multi-stakeholder, ponderando le diverse concezioni di valore legate alla sua specifica attività produttiva. L’analisi comparativa delle esperienze di AcegasAps e Hera ha permesso di notare che non 150
esiste competizione tra il Framework IIRC e quello della Global Reporting Initiative (GRI), né sussiste il rischio di una loro sovrapposizione. I due modelli di reporting perseguono finalità comunicative diverse, seppure entrambe siano indiscutibilmente interconnesse alla trasparenza e alla responsabilità dell’agire aziendale. Si è compreso che la socialità dell’operare imprenditoriale, misurabile tramite il Framework GRI, è un elemento costitutivo della sostenibilità del business nel sistema competitivo, rilevabile attraverso il Framework IIRC. In altre parole, le imprese non sono costrette a scegliere quale dei due modelli di reporting è più adatto a comunicare il valore creato dal proprio business e la durabilità dell’iniziativa imprenditoriale, perché possono (e dovrebbero) avvalersi di entrambi ai fini della redazione del Bilancio Integrato. Il Framework GRI fornisce le indicazioni per misurare e comunicare in modo approfondito le performance non finanziarie/di sostenibilità dell’organizzazione, mentre il Framework IIRC permette la contestualizzazione di quest’ultime all’interno dei piani strategici di creazione del valore e il collegamento con le perfomance economico-finanziarie e con il modello di business. In definitiva, dovrebbero essere considerati come un’opportunità a disposizione delle imprese e utilizzati congiuntamente per favorire la consapevolezza della centralità e della rilevanza assunta dagli elementi intangibili nel processo di creazione di valore a lungo termine. Nella parte teorica del presente lavoro si è compresa l’importanza di saper comunicare chiaramente e sinteticamente se l’azienda è in grado di creare valore nel medio-lungo termine per gli azionisti e gli stakeholder, sulla base del rispetto di alcuni fattori di sostenibilità (ad esempio, relativi ai diritti e alla salute dei lavoratori, alla salvaguardia ambientale, alla sicurezza dei prodotti e alla presenza di regole di governance integre e trasparenti). Tuttavia, nell’attuale contesto socio-economico non è sufficiente evidenziare quanto si è socialmente responsabili, ma è necessario sottolineare se e come un comportamento virtuoso genera valore, ossia se si traduce in un conto economico positivo per l’impresa e suoi i fornitori di capitale finanziario. In questo senso, il Report Integrato è più adatto a soddisfare le esigenze comunicative aziendali rispetto al Bilancio di Sostenibilità, perché è capace di favorire la comprensione e l’interpretazione dei dati non finanziari e il loro collegamento con le perfomance economicofinanziarie conseguite. Gli esiti dell’analisi scontano inevitabilmente alcuni limiti del lavoro, legati soprattutto al limitato numero di report esaminati. Studi successivi potrebbero, ad esempio, ampliare il campione analizzato, considerando ulteriori utility quotate impegnate nella rendicontazione integrata. Inoltre, per irrobustire la significatività dei risultati, ricerche future potrebbero considerare i rendiconti aziendali divulgati in un arco temporale più ampio del singolo 151
esercizio e tenere conto delle modificazioni intervenute a livello contenutistico e strutturale. Infine, potrebbe essere utile elaborare delle schede di valutazione più particolareggiate, che esplorino nuovi elementi rappresentativi della sostenibilità aziendale e della creazione di valore per gli stakeholder. La scelta di analizzare per il settore multiutility solo due documenti di bilancio non finanziario è legata all’incapacità di rilevare il non standardizzabile. Infatti, per quanto riguarda la parte del bilancio dedicata ai temi della sostenibilità aziendale e socio-ambientale, o comunque quelle sezioni il cui contenuto non è fissato per legge, c’è una componente qualitativa, soggettiva, difficilmente riducibile alla misurazione, poiché frutto di precise scelte aziendali che prescindono dalle caratteristiche oggettive del modello di reporting. AcegasAps e Hera sono state selezionate perché ritenute in grado di guidare lo sviluppo della rendicontazione integrata nel settore multiutility e favorire l’apprendimento tra pari, incoraggiando altre imprese a elaborare un proprio approccio strategico alla sostenibilità economica, sociale e ambientale. Inoltre, tali imprese, oltre ad aver incluso la Responsabilità Sociale d’Impresa nella strategia, considerano il bilancio uno strumento valido per potenziare la competitività aziendale e garantire la propria durabilità nel tempo. Questa consapevolezza ha compensato il limitato numero di report analizzati. Infine, l’impegno già dimostrato in passato nel rendicontare gli elementi che concorrono alla creazione di valore (quali ad esempio, i valori e i principi fondanti l’iniziativa imprenditoriale, le attività di coinvolgimento degli interlocutori aziendali, gli obiettivi di miglioramento della sostenibilità sociale e ambientale), ha reso l’analisi comparativa delle diverse edizioni dello stesso report non essenziale ai fini della valutazione delle capacità informative del Bilancio Integrato. Chiarito come i risultati del lavoro abbiano permesso, seppure con i limiti appena ricordati, di rispondere alla domanda di ricerca, vale la pena soffermarsi ora sulle implicazioni degli esiti ottenuti per le multiutility. Il Framework IIRC sembra essere un modello utile e concreto per le imprese che intendono intraprendere il percorso di reporting integrato, perché permette di affermare la propria sostenibilità in modo esauriente e approfondito tanto nelle tematiche trattate, quanto nell’orizzonte temporale considerato. Nel complesso, infatti, dopo aver osservato le trasformazioni avvenute nelle pratiche di reporting all’interno del settore e le necessità di condivisione delle informazioni, il contenuto da esso proposto si considera appropriato per le utility, che necessitano di assicurarsi una certa solidità finanziaria, oltre che tutelare l’attuale e futuro contesto di riferimento. Le multiutility che pubblicano un Bilancio di Sostenibilità dimostrano di godere già di una certa consapevolezza in merito alle conseguenze economiche, sociali e ambientali del proprio 152
agire. Per tale categoria di imprese, il Report Integrato può rappresentare una naturale evoluzione di reporting, che permette di arricchire la rappresentazione della sostenibilità con la connessione alle performance economico-finanziarie e con la capacità di creare valore stabile e condiviso. Per le utility che si limitano alla presentazione dei documenti contabili obbligatori, invece, il Bilancio Integrato può stimola un percorso di consapevolezza interna ed esterna sul tema della sostenibilità. I vantaggi ottenibili non si limiterebbero a una migliore comprensione interna delle attività aziendali, bensì potrebbero riguardare anche il rapporto con gli stakeholder e l’assunzione di comportamenti organizzativi più sostenibili da un punto di vista competitivo. A differenza del Bilancio Economico-Finanziario, il Report Integrato consente di rappresentare, valutare e monitorare, in modo sistematico, coerente e strutturato, ma anche chiaro e conciso, l’insieme delle azioni strategiche, delle risorse tangibili e intangibili e dei risultati conseguiti in ambito economico, sociale e ambientale. Questi elementi, seppur dotati di una certa rilevanza strategica ai fini dell’efficienza ed efficacia competitiva aziendale, non trovano sistematici riscontri nei tradizionali parametri di misurazione contabile e nell’attività di reporting civilistico. L’analisi contenutistica e strutturale, svolta anche rispetto alle indicazioni contenute nel Framework dell’IIRC, ha fatto emergere chiaramente la necessità per entrambe le imprese analizzate di adottare un approccio più dinamico e maggiormente legato al modello di business nel rendicontare la storia di creazione del valore. Di seguito, si riportano alcuni accorgimenti che AcegasAps e Hera potrebbero adottare per migliorare il proprio report:
Connettività, con cui si intende l’identificazione e la comunicazione delle interazioni fra l’organizzazione, l’ambiente e la società, per favorire una migliore comunicazione esterna e comprensione interna delle conseguenze dell’agire aziendale. L’attuale formulazione “a silos”, rilevata sia con riferimento a AcegasAps, che isola eccessivamente la trattazione delle tematiche socio-ambientali nella sezione denominata “Bilancio di cittadinanza”, sia rispetto a Hera, che persegue la redazione separata del Report di Sostenibilità dal Bilancio Economico-Finanziario, dovrebbe essere superata per approfondire maggiormente le connessioni, le combinazioni e le dipendenze tra gli aspetti finanziari e non finanziari . La misura e le modalità con cui le tematiche ESG ed economico-finanziarie concorrono alla creazione del valore aziendale potrebbe facilitare l’impegno con le parti interessate e supportare l’identificazione dei concreti rischi di sostenibilità afferenti il contesto competitivo, creando condizioni favorevoli alla crescita, all’innovazione e allo sviluppo di nuovi mercati, prodotti, servizi e modelli commerciali. 153
Con particolare riferimento a Hera, si ritiene che la pubblicazione unificata del Report di Sostenibilità con quello economico-finanziario potrebbe rafforzare la già espressa volontà di far crescere le persone, le comunità e i territori in cui essa opera, assieme allo sviluppo del proprio business. Hera ha già conseguito ottimi risultati nel processo di integrazione dell’informativa finanziaria con quella di sostenibilità: ad esempio, è prevista la contestuale approvazione del Bilancio di Sostenibilità e del Bilancio d’Esercizio da parte del Consiglio di Amministrazione di Hera S.p.A.. Tuttavia, con la presentazione congiunta dei risultati economico-finanziari e delle iniziative socioambientali Hera potrebbe dare rappresentazione nel Bilancio d’Esercizio a quelle risorse intangibili, che costituiscono le capacità distintive con cui crea valore e, soprattutto, che determinano le sue potenzialità future di crescita. Elementi quali, ad esempio, la qualità dei clienti, la reputazione del brand, le relazioni di fiducia con gli istituti finanziari, le capacità e competenze del personale, la credibilità del management, possono supportare più efficacemente il processo decisionale degli investitori, ampliando il perimetro informativo per ricomprendervi anche fattori ESG a valenza strategica.
Sinteticità, ossia la rappresentazione chiara e concisa della situazione aziendale, che richiede alla comunicazione di focalizzarsi su quegli elementi distintivi per l’organizzazione e rilevanti per comprenderne la vitalità. Nel quarto capitolo si è potuta costatare l’incapacità di entrambe le imprese di sintetizzare la condizione aziendale e i risultati raggiunti in ambito economico, ambientale e sociale in un documento inferiore alle duecento pagine. AcegasAps e Hera potrebbero usufruire dei vantaggi offerti dalla tecnologia e dal web per connettere virtualmente le diverse tipologie di documenti e comunicazioni aziendali e fornire in via separata e digitalizzata informazioni aggiuntive e particolareggiate. Il maggiore ricorso a Internet potrebbe semplificare il dialogo con gli stakeholder e favorire il loro coinvolgimento nelle attività aziendali, dando vita a una relazione continua, collaborativa e interattiva. Inoltre, con questa soluzione si potrebbe ottenere un giusto equilibrio fra la sinteticità, la completezza e la comparabilità del report, perché le imprese potrebbero garantire contemporaneamente la conformità agli obblighi informativi e la soddisfazione delle esigenze informative specifiche espresse dai diversi gruppi di stakeholder.
Prospettive future, con cui si indica la capacità di collegare le performance attuali e passate con la previsione dell’andamento futuro della gestione. L’assunto fondamentale è che le imprese dotate di una visione strategica di lungo periodo, orientata alla 154
responsabilità sociale, all’innovazione e all’accountability, possano contribuire a realizzare un’economia globale più inclusiva e sostenibile, in un’ottica multistakeholder. Dall’analisi contenutistica, è emersa l’eccessiva focalizzazione sull’andamento consuntivo della gestione aziendale, soprattutto in relazione a quanto richiesto dal Framework IIRC. L’utilizzatore del report non è messo nella condizione di comprendere né i potenziali rischi per il modello di business e per le performance future, né i principali presupposti alla creazione del valore attraverso l’erogazione di servizi pubblici. Per adempiere tale requisito, AcegasAps e Hera, potrebbero ad esempio tentare di prevedere le opportunità e le sfide che l’organizzazione probabilmente incontrerà nel perseguimento degli obiettivi strategici, definendo anche i possibili interventi correttivi. In ogni caso tali proiezioni e analisi dovrebbero essere formulate in conformità alle risorse e alle capacità possedute dall’impresa, al suo posizionamento di mercato e al panorama della concorrenza. Consapevoli che si tratta di informazioni per loro natura incerte, e di conseguenza meno precise, si consiglia a AcegasAps e Hera di includere solo quelle specificatamente legate alle circostanze aziendali, specificando il tipo e il livello dell’incertezza che le contraddistingue. In futuro, con riferimento allo specifico caso aziendale trattato, potrebbe essere stimolante analizzare se e come il percorso di reporting non finanziario di Hera sarà influenzato dal Bilancio Integrato di AcegasAps, in seguito all’aggregazione societaria che ha visto confluire la seconda azienda nella prima. Indagare tali aspetti potrebbe essere interessante per capire le condizioni e le modalità attraverso le quali può avvenire l’apprendimento tra imprese in tema di rendicontazione, e verificare l’efficacia che un’esperienza concreta può esercitare nella diffusione del reporting integrato. Inoltre, alla luce dell’impegno già dimostrato nella rendicontazione non finanziaria da parte di AcegasAps e Hera, potrebbe essere significativo verificare se le due utility adotteranno il Framework IIRC di Reporting Integrato nel prossimo futuro e le modalità con cui esso sarà assimilato nei rendiconti preesistenti. Tale accertamento potrebbe, infatti, essere utile per verificare la capacità delle imprese in questione di applicare i principi di trasparenza, completezza, materialità e verificabilità della rendicontazione previsti nel Framework e, contestualmente, comprovare la capacità del modello di comunicare la storia di creazione del valore. Infatti, oltre a fornire ai destinatari del report le informazioni riguardanti la capacità di
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creare valore nel breve, medio e lungo termine, il modello integrato agevola tanto il processo di rendicontazione interno all’organizzazione, quanto la preparazione di un report efficace, trasparente e rispondente alle specifiche circostanze aziendali. Le imprese non sono considerate le uniche responsabili della sostenibilità collettiva, poiché anche la partecipazione e la collaborazione degli altri gruppi e individui che compongono la società sono giudicate fondamentali alla realizzazione dello sviluppo sostenibile. L’adozione da parte delle imprese di un orientamento a lungo termine e multi-stakeholder nei confronti della creazione di valore, non può realizzarsi senza l’appoggio e l’approvazione di coloro che interagiscono con l’impresa, tramite scelte sostenibili di consumo e d’investimento. Le imprese, affinché gli interlocutori aziendali integrino i fattori di sostenibilità sociale, ambientale ed economica all’interno delle proprie decisioni, necessitano di migliorare la comprensione interna ed esterna delle perfomance socio-ambientali realizzate e il loro contributo alla creazione di valore economico. In conclusione, basandosi sui risultati dell’analisi empirica, si giudica il Bilancio Integrato un supporto più efficace del Bilancio di Sostenibilità alla valutazione dell’operato aziendale nella sua dimensione economico-finanziaria, socio-relazionale e ambientale. L’equivalente aderenza al Framework IIRC dei due documenti, ha dimostrato la contestuale capacità del Bilancio Integrato e del Report di Sostenibilità di accrescere l’accessibilità e la comprensibilità delle informazioni ESG nell’impresa multiutility. Tuttavia, il Report Integrato è risultato preferibile perché contestualizzando le informazioni ESG nella gestione economico-aziendale, esorta le imprese, i consumatori e gli investitori a prendere atto, nei rispettivi processi decisionali, della correlazione esistente tra competitività aziendale e sostenibilità socio-ambientale della multiutility. Trattandosi di imprese che forniscono servizi di pubblica utilità tramite l’utilizzo delle risorse naturali, si ritiene che la considerazione del solo valore economico sia insufficiente per esprimere la multidimensionalità degli obiettivi economici, sociali e ambientali perseguiti dalle utility. Al tempo stesso, la rendicontazione separata delle questioni sociali, ambientali e di governance non costituisce una comunicazione sufficientemente efficace e verificabile da poter essere inclusa sistematicamente nelle decisioni di investimento e di acquisto degli stakeholder. Diversamente, il Bilancio Integrato valorizza in termini qualitativi e quantitativi il benessere sociale, economico e ambientale prodotto nel contesto di riferimento e, pertanto, si considera lo strumento di reporting più adeguato a valutare la capacità delle imprese multiutility di generare valore sostenibile.
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