RASSEGNA STAMPA 29 Marzo - 4 Aprile 2016
L’ECO DI BERGAMO
Pianura 43
MERCOLEDÌ 30 MARZO 2016
Il Centro salesiano dovrà pagare l’Ici Ma scatta il ricorso Treviglio. Dopo gli accertamenti, il Comune chiede il pagamento dell’imposta per l’anno 2010 all’istituto Gravellese: «Non è più esente». Ma è braccio di ferro TREVIGLIO
FABRIZIO BOSCHI
Il Comune di Treviglio chiede il pagamento dell’Ici 2010 al Centro salesiano don Bosco, che a sua volta ricorre alla commissione tributaria provinciale di Bergamo per mantenere l’esenzione e contestare l’accertamento. Braccio di ferro tra l’Ispettoria salesiana lombardo-emiliana e il Comune, che nei giorni scorsi, tramite il commissario straordinario Alfredo Nappi si è costituito in giudizio contro il ricorso: sul tavolo la cifra di 59.415 euro, comprensiva di imposte e sanzioni, che gli uffici tributi pretendono dai salesiani per l’Ici legata l’attività didattica svolta all’interno dell’immobile scolastico di viale del Partigiano. L’accertamento è stato effettua-
1 Il segretario
generale: accertamenti in corso anche su altre scuole paritarie
to a partire dallo scorso luglio e comunicato ai salesiani il 30 dicembre 2015, in tempo per non far cadere in prescrizione il procedimento. Il 12 febbraio era scattato il ricorso avanti la commissione tributaria provinciale da parte dell’Ispettoria salesiana, intenzionata a evitare il pagamento della somma in questione, che nel 2010 era di 37.532 euro, poi lievitata a causa di sanzioni e imposta. Cifra che a questo punto potrebbe essere riferita anche agli anni successivi. Il Centro salesiano era stato sempre esentato dall’Ici come stabilito dall’articolo «7 comma 1 lettera I» del decreto legislativo 504 del 1992, che prevede il non pagamento dell’imposta anche per i locali di proprietà di scuole paritarie in cui si svolge attività didattica e, comunque, non commerciali. Secondo il Comune però l’esenzione non sarebbe più valida perché gli allievi del Centro salesiani pagano una retta, inoltre, data la presenza di bilanci, verrebbe meno la modalità del «non commerciale», come sostenuto dal segretario generale Immacolata Gravallese: «Su questa materia si è
registrato un pronunciamento della Corte di Cassazione nel 2015, che ritiene non esentabili le attività svolte dai salesiani. Per il Comune si è trattato di un atto dovuto – ha spiegato – deliberando la costituzione in giudizio nel ricorso promosso dall’Ispettoria salesiana avanti la commissione tributaria provinciale, contro l’avviso di accertamento Ici 2010. Il Comune potrebbe pretendere da subito il pagamento, ma attenderà la sentenza della commissione tributaria». Perché l’accertamento non è stato fatto prima? «La disposizione che prevede l’esenzione – ha evidenziato Gravellese – è stata oggetto di numerose discussioni, modifiche legislative e orientamenti applicativi con circolari ministeriali, in particolare una del 2009. Solo nel luglio 2015 si sono consolidati degli orientamenti giurisprudenziali, in particolare con sentenze della Cassazione che hanno indotto il Comune a ripensare in merito alla possibilità di concedere l’esenzione, dando atto all’avviso di accertamento e richiedere l’imposta, prima ritenuta non
Il Centro salesiano don Bosco di Treviglio si trova in viale del Partigiano
dovuta. Mancava ancora una lettura giurisprudenziale». L’accertamento tributario ha riguardato solo il Centro salesiano don Bosco? «L’attività di accertamento da parte del Comune in materia di contributi locali viene svolta ed è attiva – dice Gravallese –. Ci sono più situazioni al vaglio, comprese altre scuole paritarie e situazioni considerate esenti fino a oggi e non hanno scontato l’imposta». Nonostante i ripetuti tentativi, ieri non è stato possibile contattare il commercialista cui è affidato il ricorso alla commissione tributaria, il direttore del Centro salesiano e il responsabile dell’Ispettoria salesiana lombardo-emiliana. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
Accessi più sicuri, pronto il rondò sulla Rivoltana Misano Si trova all’incrocio fra la via Carioni e la strada che porta al santuario. Nuova illuminazione e sottopasso Una rotonda tutta nuova e più sicura, perché a norma di legge. Così si presenta, a seguito dei lavori di risagomatura, il rondò cosiddetto «Del san-
tuario» a Misano, all’incrocio fra le vie Tenente Carioni e Beata Vergine (quella che conduce fin quasi ai cancelli del santuario di Caravaggio) e la strada provinciale Rivoltana che fra qualche settimana sarà anche dotata di un sottopasso ciclo-pedonale. In questo punto del territorio misanese una rotonda c’era già da anni, ma, per dirla con il sindaco Daisy Pirovano, era molto
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più somigliante ad uno slargo che ad una rotatoria, oltretutto priva di sottopasso per biciclette e pedoni. Realizzata dalla ditta Milesi di Gorlago nell’ambito delle opere accessorie alla tangenziale ovest di Caravaggio in carico a Reti Ferroviarie Italiane, la nuova rotonda è da qualche giorno è aperta e transitabile sia in direzione Misano che in direzione santuario. Anche la
La nuova rotatoria di Misano
La storia
Dal 1892 un riferimento nell’istruzione I primi salesiani giunsero a Treviglio nel 1892 e si stabilirono nella sede di via Zanda, aprendo una scuola elementare, cui si aggiunse nel 1894, nell’attuale sede di viale del Partigiano, la scuola media inferiore. Fino al 1939 i salesiani operano a stretto contatto con il tessuto sociale di Treviglio attraverso il solo oratorio, poi in quell’anno fu aperto il liceo classico (riconosciuto nel 1962) e nel 1987
torre-faro centrale che la illumina è già in funzione. Mancano le finiture, ma il più è fatto. Terminato il grosso del lavoro per quel che riguarda la viabilità, gli operai stanno lavorando dalla scorsa settimana anche al completamento del sottopasso ciclopedonale, sulla parte sinistra della rotonda per chi arriva dal centro di Misano. Eseguito come opera preliminare lo scavo centrale, ora la Milesi sta procedendo con gli scavi laterali. Per questo motivo l’ultimo tratto della pista ciclabile di via Carioni, quello in corrispondenza della nuova rotonda, è stato chiuso. Il Comune raccomanda a chi si reca a piedi o in bici al santua-
fu trasformato in un quinquennio sperimentale unitario a indirizzi letterario-classico e matematiconaturalistico. Nel 1983 iniziarono i corsi dell’istituto tecnico per geometri (riconosciuto nel 1988). Nel 2001 la scelta di introdurre anche la scuola primaria: nel Centro salesiano don Bosco di Treviglio c’è ora tutto il ciclo scolastico, dalle elementari alle superiori, per un totale di 1.142 ragazzi. Nel 2002 l’istituto ha ottenuto il titolo di scuola paritaria. Con l’anno scolastico 2007-2008 il centro ha introdotto anche il corso di studi, istituto professionale per i servizi a indirizzo economico aziendale. FA. BO.
rio oppure a Caravaggio di prestare attenzione a piedi perché dovrà transitare sulla strada. Il sottopasso non era previsto nel progetto originario di intervento su questa rotonda. A chiedere e ad ottenerlo è stata la prima amministrazione comunale leghista guidata da Daisy Pirovano. Il sottopasso è un vero sollivo per i tanti pedoni e ciclisti che quotidianamente, soprattutto nella bella stagione, si recano da Misano verso il santuario, ma anche per i tanti pellegrinaggi provenienti dal Cremasco che scelgono il percorso misanese per raggiungere la basilica di Santa Maria del Fonte. Luca Maestri
LETTERE E COMMENTI 17
Domenica 3 aprile 2016
DE TOMASO
Un labirinto di misteri >> CONTINUA DALLA PRIMA
S
e avessero la possibilità, o l’opportunità, di acquisire il controllo del gigante petrolifero italico, Angela Merkel o Francois Hollande non esiterebbero un minuto nell’appoggiare la richiesta romana per un’interpretazione più flessibile (cioè più spesa pubblica) del Patto di stabilità. E se Hollande può consolarsi con la Total, la Merkel non ha alcuna sigla energetica, paragonabile all’Eni, di cui mostrarsi orgogliosa. Il che, per lei, deve sortire effetti sconvolgenti sul versante autostima. Come può essere? La padrona d’Europa prova un complesso di inferiorità tutte le volte che pensa all’Eni e all’Italia che se ne serve? Può essere, può essere. Sì, perché anche i Grandi sono spesso alle prese con un fastidioso tallone d’Achille. Ma torniamo a noi. Non prendiamoci in giro. Quando, pochi anni addietro, sull’onda della cosiddetta Primavera Araba, alcuni Paesi europei pilotarono l’eliminazione di Muammar Gheddafi (1942-2011), il vero obiettivo non era tanto il Colonnello quanto i contratti e le attività dell’Eni in territorio libico. Ai francesi, la corsia preferenziale accordata da Tripoli all’Eni e allo Stivale, garbava poco o punto. E così ad altri competitori più o meno occulti. Per loro, si doveva far fuori Gheddafi per far saltare, a seguire, gli investimenti dell’Eni. E per prenderne, ovviamente il posto. In effetti, qualcosa del genere si è verificato, anche se
Secondo, il maggior interesse al gas di Zohr non in forme estreme. Ma l’Eni non è un protagonista addor- non è dell’Eni o dell’Italia, ma dell’Egitto mentato, tipo i personaggi interpretati da stesso, che ne ha disperato bisogno. Con lo Marcello Mastroianni (1924-1996). Si muove, sviluppo di quel giacimento, in fatti, il Cairo tornerà ad essere autosufcome dicono i radiocronificiente. Per questo vanno sti sportivi, a tutto campo. valutate reazioni intempeIn Egitto, il cane a sei zamstive, che invece di punire pe ha annusato, e poi scoil colpevole, finiscono per perto, un abbondante giapenalizzare la parte sbacimento di gas a Zohr. Il che gliata». deve aver rovinato più di Scaroni, intendiamoci, una giornata ai suoi nunon allude a nessuno. Si merosi rivali di settore, velimita a chiedere risposte rosimilmente invidiosi e serie al governo egiziano. gelosi per il colpo grosso Ma, l’impressione più fonrealizzato dall’Eni anche data è che la verità, sulla in Egitto. morte di Giulio Regeni È davvero fantapolitica non si saprà mai. Troppi pensare che qualche cominteressi in gioco. Troppi petitore estero dell’Eni giochi in essere. Troppi in(con il placet di qualche goterrogativi in sospeso. verno) possa aver lavorato Di sicuro la barbara esedi fino, o di grasso, per EGITTO Giulio Regeni cuzione del giovane stucreare un casus belli fra Italia ed Egitto? È davvero fantapolitica ipo- dioso italiano non giova né ai governanti del tizzare la presenza di qualche manima o ma- Cairo né ai colleghi di Roma. Giova solo a chi noma esterna dietro l’uccisione del povero spera di mettere un cuneo tra Italia ed Egitto. Regeni, il cui cadavere non giova di certo agli Ma qui entriamo nel labirinto dei misteri che, quando è in ballo il petrolio (vedi la affari comuni di Italia ed Egitto? Chissà. Paolo Scaroni, già presidente dell’Eni, a tragica morte del medesimo Mattei), è più proposito del caso Regeni, l’altro giorno ha indecifrabile e inestricabile di una pagina fatto questo ragionamento: «Primo, le con- scritta senza punteggiatura. clusioni vanno tirate quando sarà chiaro se Giuseppe De Tomaso hanno voglia di darci una risposta seria.
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FABIANO AMATI
Cristianesimo anima dell’Europa N
on mi pare che le cose stiano come ha eccepito al Direttore della Gazzetta il Vescovo di Ugento, Mons. Vito Angiuli: il cristianesimo non solo ha dato un’anima all’Occidente ma ne è stato la radice. E la Chiesa ha plasmato la civiltà occidentale. Perché non dirlo apertamente? Perché segnalare disaccordo con questo dato di fatto, riparandosi dietro la formula politicamente corretta che «non tutti condividono questa tesi»? E la circostanza che non tutti condividono è un buon motivo per smettere di nuotare controcorrente? Da ragazzo, e per tanti anni, ho fatto il chierichetto. Una delle attività più consuete consisteva nell’assistenza alla vestizione liturgica del sacerdote. Tra le vesti per la funzione c’era l’amitto: rettangolo bianco di stoffa da posare sul collo prima del camice. La sua vista mi incuriosiva. Forse perché mi sembrava inutile. Quando sono cresciuto, conservando la fede nel dubbio e nel peccato, anche l’amitto si è svelato nel suo simbolismo e la curiosità infantile ha trovato un significato più profondo. Indossato alla maniera di uno CALIFFATO Le bandiere dell’Isis scudo, l’amitto rivela ciò che Paolo di Tarso insegnò agli abitanti di Efeso: «Rivestitevi dell’armatura di Dio (…) e prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello spirito». Ora, se l’armatura di Dio è la beatitudine dei «vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano», la convenienza del momento non può evitare di vedere, ascoltare e raccontare la storia millenaria dell’Europa cristiana. E chissà se così non si riesca a dare una mano nel fronteggiare il più grave attacco armato alla nostra civiltà. Mi pare giusto dire che «il cristianesimo non si identifica con nessuna cultura» perché «è nello stesso tempo, occidentale e orientale». Ma questo si sa. Non si deve però evitare di aggiungere che è la cultura occidentale ad identificarsi nel cristianesimo, anche a costo di irritare una nuova categoria di intolleranti: i religiosi della laicità, cioè coloro che vogliono trasformare un metodo (la laicità) in una festa di precetto. Il tacere tradisce, ci consegna, una lettura cieca e sorda della nostra storia. Pochi esempi, sbrigativamente e per titoli, per spiegare un po’ di Chiesa che plasma la civiltà occidentale. Se l’eresia Càtara, con i suoi rifiuti dell’autorità politica, non fosse stata contrastata dai dogmi, dalla predicazione di San Domenico e (purtroppo) dalla battaglia di Muret (1213), «in cui si giocò la sorte di una civiltà» (J. Guitton), quanti «danni avrebbe fatto il pauperismo, il pacifismo, il purismo radicale di tipo gnostico, se avessero potuto diffondersi senza freni». Lo ricorda il Vescovo di Trieste, mons. Crepaldi ne Le nuove guerre di religione. Oppure. Non saremmo stati ciò che siamo senza la Controriforma (1545-1563). Una risposta dottrinaria a conflitti religiosi, da cui seguirono il barocco, il melodramma e la prima
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«lingua» continentale, la musica, composta da Bach, Hayden, Mozart, Vivaldi. Ancora. È di nuovo Crepaldi la fonte. Il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria (1854), l’enciclica Quanta cura e il Sillabo (1864) e il Vaticano I (1868), furono tre risposte teologiche ai problemi del peccato, della storia e dell’autorità. I segni teologici di tali avvenimenti ancora pervadono la politica e il diritto dell’Occidente. Tutta la civiltà occidentale si fonda sul dogma e sulla dottrina cristiana. Inseriti nella continua tensione tra religione e politica finirono per far avanzare la nostra laicità e soprattutto la nostra libertà: che non esisterebbe se attraverso il cristianesimo, religione di liberazione, non fosse stato preservato il concetto di autorità. Girare al largo da queste puntualizzazioni non restituisce comprensione ai fatti di oggi. A cominciare dal fatto che la sfida violenta all’Occidente è lanciata proprio in quanto cristiano. Addirittura il Califfato su questo non ha le nostre stesse timidezze, tant’è che si è è eletto nostro nemico nominando invano Allah, fors’anche come espediente per reclutare militanza al progetto di conquista. Può allora essere l’amnesia il rimedio per rispondere a questa sfida? Può essere il dialogo dai confini incerti, un po’ blateranti, la nostra risposta alla sfida? No. Il dialogo presuppone l’alternarsi di un discorso tra almeno due soggetti: ma in questo caso uno dei due non vuole parlare, preferisce uccidere. Non so se la reazione moderna all’aggressione debba avvenire con le tute mimetiche o con l’intelligence. Non è materia mia ed appartiene agli esperti militari. Qualcosa in più mi sento di poter dire sulla nostra civiltà coperta dai nostri stessi silenzi e timidezze. Sui nostri fiori portati alla bocca dei cannoni caricatici contro. Sull’Occidente come è stato scritto da mons. Angiuli - «pigro, fiacco e negligente di fronte alle stragi di gente inerte, di donne e bambini barbaramente massacrati solo per la professione della propria fede», che però fa il paio con il parlare altrettanto pigro, fiacco e imbarazzato di molti ministri cristiani, dediti a predicazioni omissive ed edulcorate sulle fonti della nostra civiltà anziché seguendo la regola di «ingaggio» della nettezza. Contegni insufficienti per contrastare l’imposizione dell’apostasia. L’allontanamento da ciò che ci ha plasmato come italiani ed europei. Né si può francamente accettare ciò che accade, come è stato scritto da Mons. Angiuli, con la consolazione del martirio. So bene «che il martirio è parte integrante della fede cristiana». Non l’ho però mai visto inferto dopo un’abiura. Ed anche il rifiuto a testimoniare, o l’inclinazione dei nostri tempi nel rendere pudico, laicizzato o politicamente corretto un Messaggio venuto invece nel mondo per scandalizzare, se non è un’abiura è almeno un abbandono. Senza considerare più di tanto che detto martirio mi risulta un tanto difficile trovarlo accolto nella de-spiritualizzata Europa, tale proprio perché incapace di riconoscersi finanche nella storia del cristianesimo che l’ha plasmata, mentre la guerra ci assedia. O meglio, mentre la guerra non ci sta ripudiando e vestita con abiti borghesi e cinture foderate di esplosivo deflagra dove meno ce l’aspettiamo. Non vanno bene le armi per contenere e combattere tutto questo? Posso capirlo, a volte condividerlo e sempre auspicarlo. Ma almeno il nostro parlare sia sì, sì; no, no; perché dal maligno viene il di più. Come il di meno.
GIUSTIZIA TRIBUTARIA di CARLO CIMINIELLO
Gli effetti «retroattivi» della rendita catastale
L
a modifica della rendita catastale ha effetti «retroattivi» soltanto se consegue ad «errori originari» che inficiano la sua attribuzione. Di regola, invece, quando la variazione della rendita dipende da una modificazione dello stato o della destinazione del bene, gli effetti decorrono «ex nunc». Cioè dal momento in cui vengono inseriti i nuovi dati della variazione. A chiarirlo, con esaustiva motivazione, è stata la prima sezione della Commissione Tributaria Regionale di Bari con la recente sentenza n. 441/1/2016 (Pres.: C.L. Leuci; Rel.: L. Digirolamo; V. Gagliardi). LA VICENDA -Con ricorso alla CTP di Bari la società contribuente chiedeva l’annullamento di un avviso di accertamento emesso dal Comune con cui pretendeva il pagamento di una maggiore Ici per l’anno di imposta 2008 a seguito dell’avvenuta rettifica della rendita catastale operata dall’Agenzia del Territorio. La contribuente deduceva l’infondatezza dell’atto impugnato per aver il Comune applicato la rettifica del valore catastale dell’immobile «con decorrenza dall’anno 2008 e non con decorrenza dalla data di presentazione della richiesta di attribuzione effettuata dal contribuente in data 13.2.2012». Il Comune, costituitosi in giudizio, deduceva la legittimità dell’atto impugnato assumendo che già nel 2008 l’unità immobiliare accertata aveva la medesima consistenza dichiarata dal contribuente in sede di richiesta di attribuzione di nuova rendita catastale presentata in data 13.02.2012. La CTP di Bari accoglieva il ricorso e per l’effetto annullava l’avviso di accertamento del Comune ritenendo che la variazione catastale in aggiornamento ha efficacia «ex nunc» e cioè dal momento nel quale vengono inseriti i dati e che pertanto «il Comune non poteva rideterminare l’Ici per l’anno 2008 servendosi di una rendita catastale divenuta definitiva soltanto nel 2013». Ricorreva in CTR l’ente comunale contestando la validità della motivazione del giudice di primo grado. LA SENTENZA -La CTR di Bari ha rigettato l’appello proposto dall’ente comunale, condannandola al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore della contribuente. In relazione all’eccezione di «irretroattività» della modifica della rendita catastale sollevata dalla contribuente, i giudici pugliesi hanno rilevato, conformemente all’orientamento prevalente, che «in tema di imposta comunale sugli immobili (Ici), ai fini del computo della base imponibile, la modifica della rendita catastale retroagisce solo se conseguente ad errori originari della sua attribuzione e non anche se sia dipesa da una modificazione dello stato o della destinazione del bene», tale da implicare una nuova ed aggiornata valutazione da parte dell’Ufficio». Fatta tale doverosa premessa, passando alla disamina del caso concreto, la CTR ha constatato che la modifica della rendita catastale non è dipesa da errori originari della sua attribuzione. È dipesa, invero, da «modificazioni dello stato e della destinazione del bene accertate dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio provinciale di Bari – Territorio, a seguito della richiesta presentata dalla contribuente in data 13.2.2012». Sicché, in applicazione del condivisibile principio giurisprudenziale sopra rappresentato, secondo il Collegio «la variazione della rendita catastale non può essere utilizzata dal Comune ai fini del computo della base imponibile per la determinazione dell’Ici dovuta per le annualità precedenti». CONCLUSIONI -La sentenza in commento è del tutto condivisibile e ripercorre con puntualità l’orientamento consolidatosi in materia di Imposta Comunale sugli Immobili. Annotiamo che, come noto, il tributo in esame è stato abolito e sostituito nel 2012 dall’Imposta Municipale Unica (Imu). Tuttavia, il principio statuito dalla CTR di Bari va senza ombra di dubbio attualizzato ai giorni nostri. E più precisamente va riferito a tutti quei casi in cui la «rendita catastale» rappresenti la «base imponibile» per l’imposta. Base imponibile che è caratterizzata dal profilo della «effettività», dovendosi fare in modo che nella stessa rientrino elementi i quali trovano comprovato riscontro nella realtà in un preciso e determinato momento storico/temporale. In tale ottica può essere utile il riferimento alla sentenza n. 1299/2015 della Suprema Corte, secondo cui in caso di annullamento della rendita catastale per «errori originari» della sua attribuzione, la stessa ha effetto retroattivo. Soltanto in tal caso, infatti, si versa nell’ipotesi di esercizio da parte dell’amministrazione finanziaria del potere discrezionale di revocare, in autotutela, un proprio precedente provvedimento che la stessa amministrazione ritiene illegittimo. Al contrario, il suddetto principio della retroattività della rendita, per ragioni di ordine logico, non può operare quando la riclassificazione non sia conseguita al rilievo dell’errore commesso ma ad una «modificazione dello stato o della destinazione del bene».
X I LECCE PROVINCIA
Martedì 29 marzo 2016
ALLISTE LA COMMISSIONE TRIBUTARIA ACCOGLIE IL RICORSO DEL MUNICIPIO E BOCCIA L’INGIUNZIONE DI PAGAMENTO EMESSA DALL’AGENZIA DELLE ENTRATE. IL CREDITO DOVEVA ESSERE RICONOSCIUTO
Il Comune evita una batosta sull’Iva
FISCO RISPETTATO La sede del municipio di Alliste Il Comune ha vinto il ricorso contro una cartella dell’Agenzia delle entrate
Annullata cartella esattoriale da quasi 60mila euro L’ente riscossore condannato al pagamento delle spese processuali
l ALLISTE. La Commissione tributaria provinciale annulla una cartella esattoriale di quasi 60mila euro. E «salva» il Comune di Alliste dal maxipagamento. La decisione è arrivata nei giorni scorsi: i giudici Gabriele Perna, Celeste Vigorita e Carlo Picuno, in accoglimento del ricorso presentato per conto del Comune dall’avvocato Maurizio Villani, hanno annullato la cartella di pagamento e hanno condannato l’Agenzia delle entrate di Lecce al pagamento delle spese processuali per 4mila euro che saranno destinate al legale che ha difeso l’ente. Sul tavolo della Commissione tri-
butaria provinciale è finita una cartella di pagamento di 59mila euro emessa dall’Agenzia delle entrate in seguito al controllo della dichiarazione del modello Iva presentata dal Comune nel 2012 relativamente al periodo di imposta 2011. Una cartella che, secondo l’avvocato Villani, era stata emessa in violazione dell’articolo di legge che tutela la buona fede del contribuente, senza la precedente notifica di avviso di accertamento e, inoltre, in lesione del diritto di difesa, sottoscritta da parte di un soggetto non legittimato e non notificata con posta elettronica certificata. Villani, inoltre, aveva giudicato infondata nel
RUFFANO PRESENTATI GLI STRUMENTI DESTINATI A MIGLIORARE L’IMMAGINE DELLA CITTÀ
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merito la pretesa del Fisco. L’Agenzia delle entrate, dal canto suo, ha replicato punto su punto, sottolineando, tra le altre cose, che la cartella era stata emessa a causa del mancato riconoscimento del credito Iva indicato nella dichiarazione. I giudici della Prima sezione della
Commissione tributaria provinciale, però, dando ragione al Comune di Alliste e alle tesi dell’avvocato Villani, hanno considerato valide le dichiarazioni Iva presentate dall’ente e anche le successive rettifiche, dichiarando così nulla la cartella esattoriale.
UGENTO VIGILI DEL FUOCO AL LAVORO SULLA STRADA PER LA MARINA DI TORRE SAN GIOVANNI
Piano colore, si comincia Rogo in un deposito Obiettivo prioritario è quello di «arginare il gusto del brutto» E nel centro abitato paura per uno scontro fra due auto l RUFFANO. Presentati alla cittadinanza il Piano del colore e il Piano della cartellonistica e della segnaletica. Dei due strumenti urbanistici che presto saranno discussi in consiglio comunale si è parlato in una assemblea pubblica alla quale hanno partecipato il sindaco Carlo Russo, il vicesindaco con delega all’Urbanistica, Maria Rosaria Orlando, l’architetto Massimiliano Vetruccio, redattore del Piano del colore, l’architetto Giovanna Codato, che ha redatto quello della cartellonistica e il Piano di rivitalizzazione del centro storico. Quest’ultimo già approvato dall’assise cittadina. «L’immagine della città è lo specchio della sua identità – ha sottolineato il vicesindaco Orlando - di quanti la abitano o di quanti la vivono, anche occasionalmente. La scena urbana riflette, in sostanza, la cultura e le condizioni sociali ed economiche in atto. La volontà di questa ammi-
l TORRE SAN GIOVANNI (UGENTO). Un incendio dan-
STOP ALLE CASE «ARLECCHINO» Il centro storico di Ruffano nistrazione è quello di introdurre una regolamentazione – ha detto ancora – che possa arginare il “gusto per la rovina” e l’abitudine diffusa di accettare il “brutto”». Attraverso il Piano del colore, dunque, si tutelerà il patrimonio immobiliare esistente e si programmeranno
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le trasformazioni nel segno di un progressivo miglioramento della qualità urbana. «Per questo – è la conclusione del vicesindaco Orlando – è necessario stimolare un dibattito al quale fare partecipare tecnici, cittadini, commercianti per addivenire a scelte quanto mai condivise». [g.m.]
neggia gravemente un deposito. Il rogo è scoppiato ieri mattina all’interno di un capannone situato sulla strada che collega Ugento a Torre San Giovanni, non molto lontano dalle prime abitazioni della marina. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco del distaccamento di Gallipoli, che hanno domato le fiamme e messo in sicurezza i luoghi. Tramite l’analisi dei rilievi effettuati sul posto, si potrà stabilire con esattezza l’origine del rogo. E sempre sulla Ugento-Torre San Giovanni, ma questa volta nel centro abitato della città, intorno alle 16.30 si è verificato un incidente stradale che ha coinvolto due auto: una Opel Corsa condotta da un automobilista di Matino e una Ford di proprietà di un uomo di Ugento. Lo scontro è avvenuto all’incrocio tra la via per il mare e via San Silvestro. Un ragazzo che si trovava a bordo di una delle due auto è stato trasferito dal 118 al pronto soccorso dell’ospedale di Casarano, senza fortunatamente aver riportato gravi conseguenze. I rilievi sono stati eseguiti dalla polizia municipale.
L’INCENDIO Le fiamme hanno interessato un deposito del capannone e sono state domate dai vigili del fuoco di Gallipoli
FISCO
Lunedì 4 Aprile 2016
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L’orientamento della Cassazione sull’uso di supporti tecnologici come elementi probatori
Accertamenti informatizzati Chiavette Usb o Cd aiutano a stanare gli evasori Pagina a cura
DI ANDREA BONGI E SILVIA BARTOLOZZI
L
I dati utilizzati nell’accertamento
a tecnologia informatica alleata del fi sco. Corte di cassazione – Nell’era dell’eletsentenza n. 4600 tronica, di internet del 9 marzo 2016 e dell’icloud, salvare dati aziendali su floppy disk, chiavi Usb e altri supporti magnetici o digitali può costare caro, anzi carissimo, Corte di cassazione all’imprenditore. Sempre più – sentenza n. 20902 spesso infatti le problematiche inerenti l’acquisizione di del 3 ottobre 2014 documentazione contabile o di altra natura contenuta in supporti informatici costituisce argomento all’ordine del giorno di ogni attività di veCorte di cassazione rifica tributaria. I supporti informatici – ordinanza n. 5226 presso i quali tale documendel 30 marzo 2012 tazione potrebbe essere contenuta sono ovviamente sia i personal computer utilizzati dal contribuente siano essi anche destinati all’attività motivazione in merito alla di elaborazione delle scrittu- validità della stessa, ribare contabili o meno, nonché dendo l’orientamento già tutti gli altri tipi di supporto espresso in tema di difetto di motivazioutili alla conne dalle Seservazione e La sezione tributaria zioni Unite archiviaziodella Corte di cascon la famone di dati e sazione ha sancito sa sentenza documenti n. 24148 del (floppy-disk, l’utilizzabilità ai fini 2013. compact disk, dell’accertamento Il princichiavette Usb di una contabilità pio, di per sé ecc.). parallela aziendale non nuovo, Il comma rinvenuta su alcuni secondo cui 9 dell’artisupporti informatiaffinché sia colo 52 del configuradpr n.633/72 ci acquisiti durante bile il vizio prevede, in l’accesso di difetto di deroga alle motivazione disposizioni contenute nel precedente occorre che dal ragionamencomma 7, che gli impiegati to del giudice risulti la «totadell’Amministrazione finanziaria addetti alle operazioni di verifica che procedono all’accesso presso i locali del contribuente, nel caso in cui si accertino che tale soggetto si avvale di sistemi meccanografici, elettronici e simili, possono provvedere con mezzi propri all’elaborazione dei supporti informatici all’interno dei quali possono essere archiviate le scritture contabili e altri documenti e dati, al di fuori dei locali stessi nell’ipotesi in cui il contribuente non consenta l’utilizzo dei propri impianti e del proprio personale. Sul tema è tornata pochi giorni fa la sezione tributaria della Corte di cassazione che, con la sentenza n. 4600 depositata lo scorso 9 marzo, ha sancito l’utilizzabilità ai fini dell’accertamento di una contabilità parallela aziendale rinvenuta su alcuni supporti informatici acquile obliterazione di elementi siti durante l’accesso. La Cassazione torna dun- che potrebbero condurre a que a pronunciarsi sulla una diversa decisione» o la utilizzabilità della docu- «obiettiva carenza del promentazione extracontabile e cedimento logico» che ha sulla necessità di adeguata portato il giudice al proprio
È legittimo l’accertamento induttivo effettuato alla società sulla base di una serie di dati rinvenuti in un floppy disk nonostante che gli stesso fossero qualificati come «preventivi di esito incerto» La contabilità in nero, costituita da documenti informatici (cosiddetti «files»), estrapolati dai computers nella disponibilità dell’imprenditore, costituisce, elemento probatorio, sia pure meramente presuntivo I files estrapolati legittimamente dal pc dell’imprenditore, nei quali sia contenuta una contabilità parallela, in quanto scritture dell’impresa stessa, costituiscono elemento probatorio presuntivo, utilmente valutabile convincimento, ha portato, nel caso della sentenza in commento, alla Cassazione della pronuncia della Commissione tributaria regionale del Lazio, il cui ragionamento è stato ritenuto «gravemente lacunoso» per l’omessa valutazione di alcuni elementi di fatto ritenuti non trascurabili. Ed è proprio tra gli elementi probatori che i giudici di merito avrebbero valutato troppo frettolosamente, che la Cassazione ha evidenziato la documentazione extracontabile estrapolata da floppy disk rinvenuti nel corso delle verifiche condotte dalla Guardia di finanza, dalla quale erano emerse attività
Ebbene, per i giudici di legittimità anche i supporti informatici possono legittimamente essere considerati documentazione extracontabile, al pari degli appunti, delle annotazioni personali, dei brogliacci o delle agende dell’imprenditore, da cui possono desumersi attività non dichiarate e, dunque, un grave indizio dell’incompletezza o inesattezza delle dichiarazioni, consentendo perciò all’amministrazione finanziaria di procedere alla rettifica del reddito. Come è noto infatti ai fini dell’accertamento di operazioni non contabilizzate in via «ufficiale» è utilizzabile qualsiasi forma di documen-
non dichiarate, consistenti nell’omesso rilascio di ricevute fiscali e movimentazioni bancarie su conti correnti intestati alla società, all’amministratore e ai soci.
tazione astrattamente idonea a evidenziarne l’esistenza, a condizione che sia stata legittimamente rinvenuta nel corso di verifiche fiscali (in tal senso si vedano Cass.
VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfQ2FtZXJhIyMjcHJlc0lWY29tIyMjUmlzdWx0YXRpIFJpY2VyY2EjIyMwMy0wNC0yMDE2IyMjMjAxNi0wNC0wNFQxMTo0NjoyNVojIyNWRVI=
3222 del 2007, n. 2217 del 2006, n. 3222 del 2006). Lo stesso principio vale oggi anche per la documentazione informatica. La stessa Corte di cassazione, peraltro, aveva già avuto modo di esprimersi sulla validità dei documenti informatici come elementi probatori dell’esistenza di documentazioni extracontabile. Già con l’ordinanza n. 5226 del 30/3/2012, infatti, gli ermellini avevano stabilito che i fi le estrapolati legittimamente dal pc dell’imprenditore, nei quali sia contenuta contabilità non ufficiale, costituiscono, in quanto scritture dell’impresa stessa, elemento probatorio presuntivo, utilmente valutabile, previa verifica della loro attendibilità. Con la conseguenza che detti file non possono essere ritenuti dal giudice, di per sé, irrilevanti circa la prova della esistenza di operazioni non contabilizzate, senza che a tale conclusione conducano l’analisi dell’intrinseco valore delle indicazioni da essi risultanti e la comparazione delle stesse con gli ulteriori dati acquisiti e con quelli emergenti dalla contabilità ufficiale del contribuente. Anche la documentazione extracontabile estrapolata da supporti informatici, purché legittimamente acquisita, contribuisce alla formazione del quadro probatorio che il Giudice deve necessariamente valutare in sede di verifica di un accertamento analitico induttivo. Più di recente sempre la Cassazione (sentenza n. 20902/2014) aveva avuto modo si stabilire che in materia di accertamento delle imposte sui redditi, le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza ai fini della formazione del proprio convincimento e la «contabilità in nero», costituita da documenti informatici (cosiddetti «file»), estrapolati dai computer nella disponibilità dell’imprenditore, costituisce, elemento probatorio, sia pure meramente presuntivo, legittimamente valutabile, in relazione all’esistenza di operazioni non contabilizzate. Ne deriva che tali documenti informatici non possono essere ritenuti dal giudice, di per sé, probatoriamente irrilevanti, senza che a tale conclusione conducano l’analisi dell’intrinseco valore delle indicazioni da essi promananti e la comparazione delle stesse con gli ulteriori dati acquisiti e con quelli emergenti dalla contabilità ufficiale del contribuente. © Riproduzione riservata
Lunedì 4 Aprile 2016
FISCO
9
Elaborazione di ItaliaOggi Sette sul monitoraggio annuale del contenzioso tributario
Ct, è ingorgo da mini-ricorsi E nelle cause maggiori il contendere sfiora i 24 miliardi Andamento dei ricorsi per valore Fascia di valore della causa
Ctp
Ctr
Numero
%
Valore
Numero
%
Valore
Fino a 2.582,28 €
77.486
41,18
60.028.158,42
17.455
25,45
14.170.969,23
Tra 2.582,29 e 20.000 €
51.928
27,60
449.949.846,76
20.841
30,39
193.766.332,27
Tra 20.000 e 100.000 €
33.329
17,71
1.501.626.784,80
16.330
23,81
738.235.670,15
Tra 100.000 e 250.000 €
9.195
4,89
1.436.427.866,14
4.490
6,55
712.525.720,04
Tra 250.000 e 1.000.000 €
6.092
3,24
2.964.976.909,57
3.014
4,39
1.468.110.442,51
Oltre 1.000.000 €
3.170
1,68
15.236.460.564,04
1.620
2,36
8.592.754.830,78
Valore indeterminabile
6.963
3,70
-
4.830
7,04
-
TOTALE
188.163
100,00
21.649.470.129,73
68.580
100,00
11.719.563.964,98
Fonte: Elaborazione ItaliaOggi Sette su dati Dipartimento finanze - Direzione giustizia tributaria
DI
Pagina P i a cura VALERIO STROPPA
ommissioni tributarie ancora invase dai mini-ricorsi. Quasi il 40% delle cause avviate dai contribuenti nel 2015 vale meno di 2.600 euro. Se si alza il raggio di osservazione a 20 mila euro, la percentuale sale al 65%. Una mole di quasi 170 mila fascicoli che messi insieme pesano per «appena» 720 milioni di euro, rispetto ai 34 miliardi complessivamente impugnati da cittadini e imprese. E mentre le liti di minore importo impegnano la maggior parte del tempo e delle udienze di giudici e personale amministrativo, c’è un altro gruppo di cause, decisamente più contenuto nel numero, che vale però enormemente di più: i ricorsi e appelli proposti lo scorso anno per importi superiori al milione di euro non arrivano a 5 mila, ma hanno per oggetto una materia del contendere vicina ai 24 miliardi di euro. È quanto emerge dal monitoraggio annuale del contenzioso tributario, elaborato da ItaliaOggi Sette sulla base dei bollettini trimestrali diffusi dalla Direzione giustizia tributaria del Mef (che a giugno pubblicherà la relazione annuale per i 2015). A partire da quest’anno, tuttavia, dovrebbero dispiegarsi i primi effetti della riforma apportata con il dlgs n. 156/2015, emanato in attuazione della delega fiscale. Una delle misure più incisive recate dal decreto è proprio l’estensione dell’istituto del reclamo-mediazione per le cause sotto i 20 mila euro a tutti gli enti impositori. Lo strumento ha già consentito dal 2011 di abbattere di oltre un terzo il contenzioso contro l’Agenzia delle entrate. Ora l’obiettivo del governo è pre-
C
Andamento dei ricorsi per ente impositore nel 2015 ENTE
Ctp
%
Ctr
%
Totale
%
Uffici Entrate
89.661
45,67
43.936
63,88
133.597
50,39
Uffici territorio
6.429
3,27
4.691
6,82
11.120
4,19
Agenzia dogane/monopoli
2.374
1,21
1.086
1,58
3.460
1,31
Equitalia
44.616
22,72
6.472
9,41
51.088
19,27
Enti locali
35.430
18,04
8.586
12,48
44.016
16,60
Altri enti
17.835
9,08
4.011
5,83
21.846
8,24
Agenzia entrate
Elaborazione ItaliaOggi Sette su dati Dipartimento finanze - Direzione giustizia tributaria. Il numero dei ricorsi indicato nella tabella è superiore al numero dei ricorsi effettivi in quanto con lo stesso ricorso il contribuente può chiamare in giudizio uno o più enti impositori
Cassazione, Lombardia in testa per impugnazioni Volano i ricorsi per Cassazione in Lombardia nel 2015. Lo scorso anno sono state impugnate 1.976 decisioni, con una percentuale del 17,5% del totale nazionale e un valore economico di 2 miliardi di euro. Vale a dire più di un quarto dei 7,7 miliardi complessivamente contesi in sede di legittimità. La somma dei fascicoli trasmessi dalle Ctr di tutta Italia risulta pari a 11.317: a livello geografi co si piazza al secondo posto il Lazio (1.800 ricorsi per 1,7 miliardi di euro) e al terzo venire le mini-liti con gli altri uffici impositori, specialmente gli enti locali, nei confronti dei quali la percentuale di controversie per importi inferiori a 20 mila euro sfiora il 93%. Nel complesso nei due gradi di merito il 2015 ha registrato 256.901 ricorsi pervenuti (+5,87% rispetto al 2014) e 298.313 ricorsi definiti (-1,18%). Nonostante il calo delle decisioni, il saldo tra entrate e uscite è stato comunque positivo, consentendo di ridurre le pendenze dai 572.256 fascicoli presenti al 31 dicembre 2014 ai 530.844
la Campania (1.750 ricorsi per 1,2 miliardi di valore). I dati sono stati evidenziati dal presidente della Ctr Lombardia, Domenico Chindemi, in occasione dell’inaugurazione regionale dell’anno giudiziario tributario 2016 a Milano. Un trend che ha contribuito a gravare ulteriormente la Suprema corte, la cui sezione tributaria deve fronteggiare ormai un arretrato di 35 mila cause. Ossia più di un terzo dell’intera pendenza civile. Con un allungamento dei tempi delle cause fiscali nell’ultimo
di fine 2015 (-7,24%). In particolare, la riduzione della pendenza è riscontrabile unicamente nelle Ctp, mentre presso le Ctr la giacenza è in crescita (si veda ItaliaOggi del 22 marzo scorso). Si ricorda in ogni caso che le pendenze erano pari a 724.500 alla fine del 2011. Per quanto riguarda la natura dei ricorrenti, le persone fisiche continuano a farla da padrone: le 178.821 cause avviate da lavoratori dipendenti, pensionati, artisti, professionisti e imprenditori individuali rappresentano il 70% del
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grado di giudizio a più di quattro anni. Sul punto un vero e proprio grido di allarme era arrivato dal primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, che aveva auspicato «rapidi interventi di riforma e autoriforma», sia per assicurare ai contribuenti tempi ragionevoli dei processi sia per garantire quella funzione nomofilattica della corte che rischia di venire meno con l’elevato numero di pronunce depositate (4.173 quelle emesse dalla sezione tributaria nel 2015).
totale. Il 17% delle liti, quasi 44 mila, è stato instaurato da società di capitali, mentre alle società di persone (9%) e agli altri enti (4%) fanno capo rispettivamente 23 mila e 11 mila ricorsi. Sotto il profilo degli enti impositori chiamati più frequentemente in giudizio, va registrato l’incremento dei ricorsi contro gli uffici delle Entrate (+7%), ma soprattutto quelli contro Equitalia, passati dai 33 mila del 2014 a 51 mila nel 2015 (+54%). Un fenomeno accentuatosi a partire dal 3° trimestre dello scorso anno e che
trova le sue motivazioni anche nella sentenza n 37/2015 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità dei funzionari incaricati di funzioni dirigenziali (senza aver svolto il concorso pubblico) in seno all’amministrazione finanziaria. Una pronuncia che ha fatto proliferare i ricorsi contro gli atti firmati dai dirigenti illegittimi delle Entrate prima del 17 marzo 2015: accertamenti che, nel frattempo, si erano in molti casi trasformati in cartelle esattoriali. Da qui il boom dei ricorsi contro la società di riscossione.
I M P O S T E E TA S S E
Sabato 2 Aprile 2016
29
Circolare delle Entrate sulle assicurazioni per causa decesso dopo la legge 190/2014
Polizze con rendimenti tassati Prelievo dall’1 gennaio 2015 in caso di prodotti misti DI
ROBERTO BIANCHI
R
endimenti finanziari delle polizze assicurative per causa morte assoggettabili a tassazione dal 1° gennaio 2015: questo nel caso in cui la polizza sia mista e quindi composta dall’erogazione della somma per il verificarsi dell’evento ma anche di una quota di rendimenti. La base imponibile sarà data dal valore di riscatto al netto dei premi corrisposti senza considerare la parte pagata a copertura del rischio morte. È il principio illustrato dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 8 di ieri con la quale l’amministrazione finanziaria ha fornito i propri chiarimenti sulla riforma operata dalla legge n. 190 del 2014 sulle disposizioni contenute nell’articolo 34 del dpr n. 601 del 1973. Tale ultima norma prevedeva la completa esenzione dall’Irpef di quanto corrisposto ai beneficiari di polizze assicurative aventi causa morte anche nell’ipotesi in cui la polizza in realtà fosse di tipo misto e dunque caratterizzata da una componente avente natura finanziaria. Come detto, la legge di Stabilità
per il 2015 ha modificato la norma prevedendo l’applicabilità della tassazione Irpef sulla predetta componente finanziaria che, di fatto, viene ricompresa nell’ambito della categoria dei redditi di capitale in base a quanto previsto dall’articolo 44, comma 1, lettera g-quater) del Tuir. La base imponibile sulla quale applicare la tassazione secondo l’agenzia delle entrate è costituita dalla differenza tra il valore di riscatto che sarebbe stato riconosciuto all’assicurato e l’ammontare dei premi pagati al netto di quelli corrisposti per la copertura del rischio morte. Di fatto, il riferimento al valore di riscatto previsto a una certa data fornisce, secondo l’amministrazione finanziaria, una buona approssimazione di quanto sarebbe stato percepito in assenza del verificarsi dell’evento morte e dunque a fronte della richiesta di riscatto del contratto inteso, sostanzialmente, come rendimento. In assenza di un temine, si dovrà fare riferimento alla data del decesso. I principi in questione sono poi illustrati con alcune esemplificazioni nel documento di prassi con l’ulteriore precisazione rife-
L’INTERVENTO/2
rita alle modalità di tassazione che variano in relazione al periodo di imposta nel quale sono maturati i rendimenti con conseguente applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 26-ter del dpr n. 600 del 1973 relativamente alla ritenuta alla fonte. Un ulteriore paragrafo della circolare è poi dedicato alla illustrazione del trattamento fiscale delle polizze assicurative vita che sono però collegate ad un titolo strutturato composto in parte da obbligazioni ed in parte da strumenti derivati illustrando le modalità di tassazione relativamente alla parte di rendimento finanziario afferente le prestazioni ricorrenti. In generale, l’amministrazione finanziaria osserva che in relazione a detti contratti, gli stessi non offrono alcuna garanzia di restituzione del capitale investito, circostanza che si verifica esclusivamente alla scadenza del contratto medesimo.
L’INTERVENTO/1
Il commercialista del futuro sarà l’Agenzia?
L’Agenzia delle entrate punta a trasformarsi sempre più nel professionista di fiducia del contribuente. È un percorso iniziato da tempo, che potrebbe essere portato a compimento in pochi anni. La sperimentazione delle dichiarazioni precompilate, il monitoraggio fiscale esteso, il regime forfettario delle piccole partite Iva e la fatturazione elettronica sono solo i primi banchi di prova. L’ampliamento delle attività dell’amministrazione finanziaria con l’obiettivo, abbastanza esplicito, di passare dal ruolo di nemico numero uno dei contribuenti a quello di affidabile consulente al quale rivolgersi per risolvere ogni dubbio e questione fiscale, è certamente ambizioso, ma si muove in una logica che va oltre gli stretti confini del Belpaese. Altre amministrazioni fiscali, Francia e Inghilterra in primis, sono già in più avanti in questo percorso. Da qualche anno la parola d’ordine dell’Agenzia è compliance fiscale. Tradotto in italiano significa convincere i contribuenti ad essere più collaborativi, a incrementare la credibilità delle proprie dichiarazioni dei redditi. Nessuno lo dice, ma i vertici dell’amministrazione fiscale e molti politici che siedono oggi in parlamento, sono convinti che la compressione e la limitazione del ruolo dei consulenti fiscali © Riproduzione riservata sia un primo passaggio necessario per ridurre l’evasione. Ma ci sono un paio di ostacoli: primo, la complessità normativa. La circolare delle Senza uno sfoltimento e una semplificazione del sistema Entrate sul sito fiscale l’attività di assistenza del contribuente da parte www.italiaoggi.it/ dell’amministrazione finanziaria sarà sempre marginale. Le semplificazioni introdotte fino ad oggi non hanno tagliato documenti nessuna norma, anzi ne hanno introdotte di nuove. La prova è nell’insuccesso del 730 precompilato. Su 20 milioni di modelli predisposti lo scorso anno, solo un milione (cioè il 5%) è andato a buon fine. Il resto, 19 milioni di contridi lite. Il rimborso di somme di importo tale data) rimane in vigore il regime prebuenti, è stato compilato o superiore a 10 mila euro, diverse dalle vigente, ai sensi del quale, per i giudizi corretto dai Caf o dai comspese di lite, può essere subordinato dal aventi a oggetto un diniego espresso o mercialisti. Secondo ostacogiudice, anche tenuto conto delle condi- tacito alla restituzione di tributi e relalo: il fisco italiano italiana zioni di solvibilità dell’istante, alla pre- tivi accessori versati spontaneamente, non ha la cultura del rispetto stazione di idonea garanzia, ai sensi del la sentenza di condanna dell’ufficio al del cittadino né l’efficienza comma 2, dell’art. 69 del medesimo de- pagamento di somme, comprese le spedi altre amministrazioni. In creto legislativo. Purtroppo, però, il com- se di giudizio, non è immediatamente Francia e in Gran Bretagna ma 2 appena citato rimanda, all’emana- esecutiva e deve essere eseguita solo per esempio, il contribuente zione di uno specifico provvedimento del dopo il passaggio in giudicato. Sul tema che ha diritto ad un rimborministero dell’economia e delle finanze, è, peraltro, già intervenuta l’Agenzia so non deve aspettare tempi il contenuto e la durata dell’eventuale (circ. 38/2015) la quale ha precisato che biblici o presentare quintagaranzia, mentre il comma 2, dell’art. «ancorché la norma sull’entrata in vigore li di documenti. Quando 12, dlgs 156/2015, dispone che «restano non specifichi null’altro sull’operatività l’amministrazione fiscale applicabili le previgenti disposizioni», delle suddette disposizioni, si ritiene che commette un errore corre fino all’approvazione del decreto appe- – per la loro applicazione – occorra far immediatamente ai ripari, na indicato. Di conseguenza, la nuova riferimento alle sentenze depositate a si scusa con il contribuente disciplina sull’esecuzione delle sentenze decorrere dal 1° giugno 2016» e aggiune spesso gli rimborsa anche di condanna è applicabile a decorrere ge «in altre parole, le nuove disposizioni i danni. Un sogno, per il citdalla approvazione dei decreti ministe- della norma in commento si applicano tadino italiano. Qui imperriali sulla definizione delle garanzie e, con riferimento alle sentenze depositate versa la logica del budget e comunque, non prima del 1° giugno 2016 dal 1° giugno 2016 oppure dalla data del non mancano denunce di ex e sarà, pertanto, applicabile alle sentenze suddetto decreto ministeriale, se approdirigenti dell’amministradepositate a decorrere dal prossimo 1° vato successivamente». Come indicato zione finanziaria che non giugno 2016, sempre che sia stato già dalla dottrina più qualificata, pertanto, esitano a dichiarare che adottato il predetto decreto ministeriale, non si può che rilevare, giacché di dubl’unico obiettivo dell’agenzia altrimenti alle sentenze successive alla bia costituzionalità, la circostanza che è sfornare accertamenti, non pubblicazione di esso. Si rileva che, in l’entrata in funzione di un regime, che importa se legittimi o basamodo estremamente singolare, la nor- assicura l’effettività della tutela di una ti solo su mere presunzioni, ma, per la decorrenza, fa riferimento delle parti in giudizio (il contribuente), l’importante è rastrellare alla «approvazione» del decreto, atto che sia chiaramente condizionata all’emanagettito. L’amministrazione non dovrebbe avere rilevanza esterna, a zione di un atto-provvedimento (decreto finanziaria inizi pure a far differenza della «pubblicazione», con la ministeriale) della Pubblica amminipratica da commercialista. conseguenza che la tecnica legislativa strazione che, per ulteriore paradosso, Ma se non riesce a cambiare appare certamente carente anche sotto è la controparte; di fatto, una delle parti i propri modelli mentali, difquesto profilo. Per le sentenze già depo- in giudizio può scegliere quando e se atficilmente il contribuente si sitate alla data del 1° giugno 2016 (e, in tuare un regime che, processualmente, fiderà di lei e abbandonerà il mancanza del decreto ministeriale, anche la danneggia. suo consulente fiscale. Fabrizio G. Poggiani per quelle depositate successivamente a Andrea Bongi
Lettera morta le sentenze pro contribuente L’esecutività delle sentenze favorevoli al contribuente bloccata dalla mancanza delle norme di attuazione. Infatti, nonostante l’immediata esecutorietà delle sentenze, disposta dal legislatore a partire dal prossimo 1° giugno, con l’assenza del provvedimento attuativo resta applicabile la norma previgente che ne esclude la concreta applicazione. Si evidenzia che, nel regime applicabile alle sentenze depositate fino all’entrata in funzione della riforma, di cui al dlgs 156/2015, il contribuente che avesse ottenuto una sentenza che condannava l’amministrazione al rimborso, non aveva accesso a una tutela giurisdizionale immediata per azionare coattivamente tale diritto al rimborso, se non dopo il passaggio in giudicato; infatti, dopo il giudicato egli poteva scegliere tra ottemperanza davanti alla commissione tributaria o esecuzione forzata. Per le sentenze cui si applica il nuovo regime è previsto invece una regola diversa. Il legislatore riformatore, infatti, ha disposto l’immediata esecutività delle sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente, ai sensi del comma 1, dell’art. 69, del dlgs 546/92 (processo tributario). In ordine ai giudizi aventi a oggetto un diniego espresso o tacito alla restituzione di quanto spontaneamente versato è stabilita l’immediata esecutività della sentenza favorevole al contribuente che, di conseguenza, non dovrà più attendere il passaggio in giudicato della sentenza per ottenere il rimborso; l’immediata esecutività opera anche in caso di condanna dell’ufficio al pagamento delle spese
VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfQ2FtZXJhIyMjcHJlc0lWY29tIyMjUmlzdWx0YXRpIFJpY2VyY2EjIyMwMy0wNC0yMDE2IyMjMjAxNi0wNC0wNFQxMTo0NTozOFojIyNWRVI=
RAVENNA BREVI DI CRONACA 11
SABATO 2 APRILE 2016
••
SAN MARINO L’ORAZIONE UFFICIALE È STATA PRONUNCIATA DA ANTONIO PATUELLI
Il Comune ospite all’insediamento dei nuovi capitani IL MUNICIPIO di Ravenna per la prima volta è stato invitato dal dipartimento degli Affari esteri di San Marino alla cerimonia di insediamento dei nuovi capitani reggenti della Repubblica, Gian Nicola Berti e Massimo Andrea Ugolini. La cerimonia ha avuto il clou nel passaggio di consegne dai vecchi ai nuovi capitani, al termine della quale, di fronte a tutte le rappresentanze diplomatiche nel Palazzo del governo ha pronunciato
l’orazione ufficiale della giornata Antonio Patuelli, in qualità di presidente dell’Abi . Per il Comune di Ravenna era presente il vicesindaco Giannantonio Mingozzi che ha colto l’occasione per ricordare che nei mesi scorsi è stato siglato un protocollo di collaborazione tra Ravenna e San Marino che riguarda la promozione congiunta dei Musei del Risorgimento e alcune iniziative legate al turismo gastronomico e alla riscoperta di tutto il percorso della trafila gari-
baldina. Antonio Patuelli ha ricordato come la storia della Repubblica di San Marino sia stata artefice di innovazioni nei diritti civili e negli impegni pubblici verso le popolazioni più disagiate, culminate con l’aiuto ai profughi nel periodo della seconda guerra mondiale; la storia del risorgimento non può fare a meno di San Marino, ha detto Patuelli. In rappresentanza del Gruppo Cassa di Risparmio di Ravenna ha partecipato il consigliere Roberto Budassi.
CERIMONIA Gli esponenti presenti ieri a San Marino
AL LICEO ARTISTICO
FESTA AL VIA DA DOMANI
MARINA DI RAVENNA
Il giusto processo entra in classe Incontro formativo della Camera Penale
Processione sul Candiano per celebrare il prodigio della Madonna Greca
‘Bacino pescherecci in fiera’ fra menù vegano e a base di saraghina
OGGI e sabato prossimo la Camera Penale della Romagna, presieduta dall’avvocato Marco Martines, in aderenza al protocollo d’intesa tra l’unione delle Camere Penali italiane e il ministero dell’Istruzione, ha organizzato un incontro con gli studenti del Liceo Artistico. Scopo dell’iniziativa è favorire la conoscenza corretta dell’esercizio della giurisdizione penale che si attua attraverso il giusto processo nel contraddittorio tra le parti. Parteciperanno gli avvocati Sandra Vannucci, Monica Miserocchi e Francesco Manetti; referenti scolastici dell’iniziativa sono la dirigente Mariateresa Buglione, il professor Paolo Taroni e l’avvocato Claudio Cicognani.
APPUNTAMENTO gastronomico fra pesce e vegano a Marina di Ravenna domani dalle 10 per ‘Bacino pescherecci in fiera’. Negli stand della Pro Loco c’è un ricco menù vegano composto da Teradot con pinzimonio, tortino d’orzo con avocado bio, Falafel burger vegano crudista. Opportunità anche per chi ama il pesce, grazie ad un classicissimo dell’Adriatico: la saraghina. Lo stand è allo stabulario Dimar (viale delle Nazioni 8), aperto dalle 10 in poi. Sarà anche possibile fare donazioni per l’acquisto sei defibrillatori destinati a campi sportivi, scuole e a postazioni in paese.
LA DOTTORESSA Cristina D’Aniello, sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale di Ravenna, assume un ulteriore incarico. Il magistrato ha infatti prestato giuramento in qualità di giudice della Commissione tributaria provinciale. La Commissione è competente per le controversie proposte nei confronti degli Uffici delle entrate o del territorio, del Ministero dell’economia e delle finanze, degli enti locali o dei concessionari del servizio di riscossione che hanno sede nella circoscrizione. Il presidente pro tempore della Commissione tributaria provinciale di Ravenna è il magistrato togato, giudice in Cassazione, Roberta Vivaldi. Nella foto, da sinistra, il dirigente cancelliere Franco Di Ticco, la dottoressa Cristina D’Aniello e l’avvocato Gustavo Raffi, in qualità di presidente di sezione, in sostituzione della Vivaldi.
FINO AL 7 APRILE si svolgerà la tradizionale Festa della Madonna Greca, patrona di Ravenna e dei lidi ravennati. Il culmine delle celebrazioni sarà domani, Domenica in Albis , con la tradizionale processione lungo il canale Candiano in motonave da Marina di Ravenna fino alla Darsena di città. Questo il programma della giornata: si parte alle 15 dal faro di Marina di Ravenna e l’arrivo alla Darsena di città è previsto alle 16.30. Quindi la processione (foto) proseguirà a piedi fino alla basilica di Santa Maria in Porto dove la celebrazione eucaristica sarà presieduta dal vescovo Lorenzo Ghizzoni. In occasione della processione domani dalle 15 alle 18 sarà vietato il transito sul ponte mobile che, in quegli orari, sarà aperto solo in occasione dell’ingresso e dell’uscita dei natanti. La festa proseguirà nei giorni successivi con una serie di celebrazioni a cui prenderanno parte, oltre a monsignor Ghizzoni, anche Giuseppe Verucchi, arcivescovo emerito di Ravenna, e Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara e Comacchio, Lino Pizzi, vescovo di Forlì e Bertinoro. La festa si concluderà il 7 aprile alle 21 con la partenza del XX Pellegrinaggio diocesano a piedi dalla chiesa di Porto Fuori, con arrivo al santuario di Santa Maria in Porto. Guiderà il pellegrinaggio monsignor Ghizzoni. L’ immagine della Madonna Greca, venerata a Santa Maria in Porto, è un delicato bassorilievo bizantino scolpito su marmo pario, che rappresenta la Madonna. Poco prima dell’alba dell’8 Aprile 1100, Domenica in Albis, Pietro degli Onesti, secondo la leggenda tramandata dalle Carte Portuensi, stava recitando con altri sei monaci il mattutino, quando l’abside venne rischiarata da una luce. I monaci uscirono sulla spiaggia e videro che sulle acque galleggiava un’immagine della Madonna, scortata da due angeli, ognuno dei quali recava una luminosissima fiaccola.
VOLONTARIATO
MOVIMENTO 5 STELLE
MARINA ROMEA
Alla Compagnia Portuale via al corso per aspiranti guardie costiere ausiliarie
La Rosa sostituisce la Santarella ma entra come Gruppo misto
Portava la compagna a prostituirsi: 28enne denunciato per favoreggiamento
PARTE lunedì il corso per diventare volontario di Guardia costiera ausiliaria. A chi è rivolto? «Se ami il mare e vuoi difenderlo; Se vuoi svolgere attività di protezione civile; Se vuoi mettere la tua esperienza al servizio del prossimo e della natura; Se vuoi apprendere cose utili di cultura marinara, aderisci alla Guardia costiera ausiliaria», scrivono gli organizzatori. L’appuntamento è lunedì alle 20,30 alla sala della Compagnia Portuale, in Via A. Squero, 6 Ravenna. Info:
[email protected]. Telefono 348 0058392. Su internet facebook.com/gcaravenna e http://gcaravenna.wordpress.com.
NELLA SEDUTA di giovedì il consiglio comunale ha approvato all’unanimità la surroga della consigliera comunale dimissionaria Francesca Santarella del Movimento 5 Stelle con Maurizio La Rosa. Quest’ultimo, stando a quanto annunciato dalla stessa Santarella, non entrerà però a far parte del gruppo pentastellato, ma si siderà in consiglio per il ‘Gruppo misto’ «per via di dissidi avuti in passato». I dissidi si riferiscono a una diffida che La Rosa ebbe dallo staff grillino per utilizzo non autorizzato del logo del movimento.
PORTAVA la convivente a prostituirsi, 28enne albanese denunciato dai carabinieri per favoreggiamento. Gli uomini della stazione dell’Arma di Marina Romea tenevano il giovane d’occhio già da qualche giorno e ieri mattina hanno visto l’uomo, operaio in un’azienda del porto e senza precedenti, che accompagnava a una piazzola di sosta lungo la Romea la sua convivente, una giovane ragazza rumena, e una connazionale di quest’ultima. I carabinieri sono intervenuti e dopo aver identificato le ragazze hanno accompagnato l’uomo in caserma.
TRIBUNALE
Il magistrato Cristina D’Aniello giudice della commissione tributaria
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SANTA MARIA DELLE CROCI
Targa in ricordo di Monica Belogi Oggi l’inaugurazione QUESTA mattina alle 11 all’interno dell’ambulatorio di psicologia ospedaliera dell’ospedale Santa Maria delle Croci sarà inaugurata una targa in ricordo di Monica Belogi, psicologa di Linea Rosa. Sulla targa spiccano le parole di F. Hacker «La violenza è semplice, le alternative alla violenza sono complesse», una frase rappresentativa della vita professionale di Monica che, presso il Centro antiviolenza, ha sempre cercato e perseguito con passione tutte le vie alternative alla violenza in aiuto alle donne vittime di maltrattamenti. Presso l’ambulatorio di Psicologia dal febbraio 2015 è operativo un servizio di refertazione psicologica destinato alle donne vittime di violenza, che si recano al Pronto soccorso dopo aver subito un’aggressione. Dalla data di avvio ad oggi, sono state segnalate 65 donne, età media 42 anni, per il 70 per cento italiane. La refertazione psicologica è un importante elemento aggiuntivo al referto di pronto soccorso, che permette di valutare anche il danno psicologico subito dalle donne maltrattate. Nella stessa occasione verrà poi affissa una targa in mosaico di ‘I fiori di Ravenna: Ravenna città amica delle donne’ in ricordo di Simona Adela Andro, l’infermiera vittima di femminicidio il 2 aprile 2013 la cui morte ha sollecitato la nascita del servizio di refertazione psicologica, alla quale il centro antiviolenza già stava pensando, allo scopo di scongiurare altre uccisione di donne vittime di maltrattamento.
40 Norme e tributi
Il Sole 24 Ore Mercoledì 30 Marzo 2016 - N. 87
FISCO
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Finanziamenti. Sui contratti a interesse variabile senza «floor» la banca deve pagare il passivo al cliente
Mutui, tassi negativi senza fisco La tassazione è esclusa quando manca l’impiego del capitale Marco Piazza
pBanca
d’Italia ha recentemente diffuso una nota sui finanziamenti a tasso indicizzato (di norma Euribor o Eonia più uno spread) per i quali – a causa del fatto che dalla metà dello scorso anno, a questo riguardo, i principali parametri sono negativi proprio il tasso indicizzato è divenuto negativo. L’istituto avverte che le banche non possono applicare di fatto un tasso minimo (ad esempio “zero”) se non pubblicizzato e non incluso nella documentazione di trasparenza e nella modulistica contrattuale. Ciò significa che se l’indice negativo ha totalmente eroso lo spread, portando il tasso indicizzato in territorio negativo, la banca deve cominciare a pagare gli interessi negativi al mutuatario. Poco dopo il ministro delle Finanze ha diramato una comunicazione, trasmessa anche alla Banca d’Italia, in cui si spiega che, invece, lo Stato non deve esigere dai detentori di titoli pubblici indicizzati un tasso negativo in quanto – ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato - «per il mutuante il massimo rischio è quello della gratuità del contratto». La regola evidentemente non vale se il mutuante è una banca. Poiché è pensabile che le banche si attengono, comunque, alle istruzioni di Banca d’Italia (a meno che l’istituto non modifichi il proprio orientamento), questa situazione, del tutto nuova, ha sollevato interrogativi sul regime fiscale di tali pagamenti. In
particolare se esista qualche disposizione nel sistema che preveda un obbligo dell’intermediario di applicare una ritenuta. La questione è già stata affronta, con riferimento al caso degli interessi negativi sui depositi bancari, su «Il Sole 24 Ore» del 19 aprile 2015, con la conclusione che l’interesse negativo corrisposto dal depositante non è deducibile dal suo reddito, princi-
QUOTIDIANO DEL CONDOMINIO
Focus sui permessi dei Comuni sull’uso degli ascensori
Sul Quotidiano delCondominio tutti i giorni l’offerta informativa del Gruppo Sole 24 Ore in materia di amministrazioni e normative condominiali. Nel numero di oggi articolo di Giuseppe Bordolli «L’ascensore deve servire a tutti» relativo alle norme autorizzative dei Comuni www.quotidianocondominio.ilsole24ore.com
palmente per il fatto che i redditi di capitale rilevano fiscalmente solo se sono positivi. Sul fronte opposto, se la liquidità invece di essere depositata in una banca italiana fosse destinata a finanziarie una persona fisica, un ente non commerciale, una società semplice o un soggetto non residente, mancherebbe il presupposto di tassazione (non si tratta di un reddito derivante da impiego di capitale o dallo svolgimento di una delle attività suscettibili di generare redditi diversi di natura finanziaria) e quindi – se il tasso negativo fosse pagato da un sostituto d’imposta – anche quello di applicazione della ritenuta, se dovuta. Le stesse conclusioni valgono per il caso in cui l’interesse negativo sia corrisposto dalla banca al mutuatario, anche se la comprensione del fenomeno economico è difficile. Il tasso d’interesse nominale deriva dalla combinazione del tasso di interesse reale e di quello dell’inflazione. Perciò, in periodi di inflazione, il tasso nominale è superiore a quello reale ed è comprensibile che in periodi di deflazione il tasso nominale sia inferiore a quello reale e possa, così, divenire perfino negativo. Ciò non toglie che la somma che la banca paga al mutuatario, nell’attuale congiuntura, mantenga la natura di un interesse, anche se negativo. L’articolo 44 del Testo unico, tuttavia, è improntato al principio secondo cui i redditi di capitali sono tassati in capo al soggetto che effettua un impiego di capitale. L’unica eccezione riguar-
La situazione 01 LA NOTA BANCA D’ITALIA Nei giorni scorsi Banca d'Italia ha diffuso una nota sui finanziamenti a tasso indicizzato “negativo”. L'istituto avverte che le banche non possono applicare di fatto un tasso minimo (ad esempio “zero”) se non pubblicizzato e non incluso nella documentazione di trasparenza e nella modulistica contrattuale. Questo significa che se l'indice negativo ha totalmente eroso lo spread, portando il tasso indicizzato in territorio negativo, la banca deve cominciare a pagare gli interessi negativi al mutuatario 02 LA COMUNICAZIONE MEF Poco dopo il ministro delle Finanze ha diramato una comunicazione, trasmessa anche alla Banca d'Italia, in cui si spiega che, invece, lo Stato non deve esigere dai detentori di titoli pubblici indicizzati un tasso negativo in quanto – ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato - «per il mutuante il massimo rischio è quello della gratuità del contratto» 03 GLI EFFETTI FISCALI Questa situazione, del tutto nuova, ha sollevato interrogativi sul regime fiscale dei pagamenti delle banche. In particolare se esista qualche disposizione nel sistema che preveda un obbligo dell'intermediario di applicare una ritenuta
da le operazioni di pronti contro termine. Infatti, in base all’articolo 45, comma 1 del Testo unico, la differenza fra il corrispettivo globale a termine e quello a pronti rileva fiscalmente anche quando l’operazione ha finalità di raccolta e non di impiego (pronti contro termine passivi), quindi anche nei confronti del cessionario a termine, il quale non effettua alcun investimento. Peraltro la norma – come chiarisce la circolare 165/E del 1998, paragrafi 1.2.3 – è congegnata in modo tale da sterilizzare i proventi conseguiti dal compratore a termine quando il contratto ha per sottostante titoli produttivi di interessi (anche se non pare che il meccanismo funzioni molto bene quando i tassi sono negativi), allo scopo di evitare che il cessionario a termine sia tassato su un provento che il cedente a termine non può dedurre. Al di la di questa eccezione non si riscontrano norme nel sistema che prevedano la tassazione di proventi di natura finanziaria in capo a soggetti diversi dall’investitore. Non si può neppure richiamare l’articolo 67, c quater) del Testo unico sulla tassazione dei contratti derivati di tipo differenziale. Quando l’indicizzazione dell’interesse è positiva, infatti, viene pacificamente inclusa nell’interesse trattato come “reddito di capitale” (si veda, più di recente, la prassi sui Btp Italia); non sarebbe coerente, quindi, trattarla come “reddito diverso” nel caso in cui sia negativa. © RIPRODUZIONE RISERVATA
INTERVENTO
La politica fiscale punta alla compliance Edoardo Belli Contarini
pI recenti interventi norma-
tivi mirano a realizzare la cosiddetta tax compliance, agendo sulle diverse variabili che influenzano l’adempimento spontaneo dei contribuenti. In tale direzione sono stati ampliati i termini e le modalità per fruire del ravvedimento operoso, con il limite della scadenza dei termini per l’accertamento e/o per la liquidazione (legge 190/2014); è stata rimodulata la deterrenza delle sanzioni amministrative e penali, ispirate a principi di proporzionalità e predeterminazione (Dlgs 158/2015); si è “centralizzato” il contraddittorio preventivo con l’amministrazione finanziaria; ciò soprattutto con la revisione e l’implementazione degli interpelli (Dlgs 156/2015), ivi incluso il cosiddetto ruling internazionale (Dlgs 147/2015); il contraddittorio preventivo è rimasto ovviamente sempre
fondamentale, prescritto invero a pena di nullità dell’atto impositivo, nella codificazione dell’abuso del diritto (Dlgs 128/2015). Altre recenti misure normative hanno il pregio di colmare il solco che spesso separa l’amministrazione finanziaria e il
AD AMPIO RAGGIO
Dalla fase della dichiarazione alle controversie con l’amministrazione, aumentano le chance per fare pace con gli uffici contribuente – cosiddetto tax gap – intervenendo sugli strumenti deflattivi del contenzioso; ci si riferisce, in particolare, all’estensione della mediazione a tutti gli enti impositori e all’ampliamento dell’ambito temporale della conciliazione giudiziale, ora esperibile anche
in appello, restando così escluso soltanto il giudizio di legittimità (Dlgs 156/2015). Un filo rosso sembra quindi collegare tra loro i recenti interventi del Governo: incentivare sempre di più non solo la tax compliance , ma anche il tax settlement; invero, al contribuente conviene sempre di più fare pace con il fisco: vengono diminuite – se del caso – non solo le imposte dovute, ma anche le sanzioni, e la riduzione risulta tanto più sensibile e vantaggiosa quanto prima si definisce la controversia tributaria. In sintesi, chiudere tempestivamente la lite con l’agenzia delle Entrate comporta notevoli vantaggi: 1 la diminuzione delle imposte e delle sanzioni, con facoltà di rateizzare il pagamento delle somme dovute in un periodo di tempo più ampio, fino a quattro anni (Dlgs 159/2015), se il debito erariale supera 50mila euro;
1 si evita la più celere ed onerosa riscossione frazionata di tributi e sanzioni in pendenza di giudizio, affidata all’agente della riscossione, sempre più efficace ed efficiente; 1 si riducono di conseguenza i costi e i tempi del contenzioso, ancora troppo lunghi, specie in Cassazione, se non pure dell’eventuale giudizio di rinvio; 1 si scongiura, definendo la lite, un’eventuale “recidiva fiscale”, con inasprimento delle sanzioni, oggi applicabile non più a discrezione dell’ufficio, ai sensi dell’articolo 7, comma 3 del Dlgs 472/1997; 1 vengono inoltre disinnescate – ricorrendone i presupposti - le misure cautelari a tutela dei crediti erariali, quelle fiscali (articoli 22 e 23 del Dlgs 472/1997) e quelle penali, ormai da tempo estese ed applicate dalla magistratura ordinaria a tutti i reati tributari di cui al Dlgs 74/2000; 1 infine, si può beneficiare
dei conseguenti riflessi della definizione tributaria sul versante penale; infatti, all’esito della revisione ad opera del Dlgs 158/2015, dal tax settlement possono scattare, nel caso concreto, cause di non punibilità, circostanze attenuanti, e l’applicabilità del cosiddetto patteggiamento, altrimenti non più ammissibile se non viene saldato il debito con l’agenzia delle Entrate; inoltre, la confisca non opera se il contribuente si impegna a versare all’erario» il dovuto (articoli 12-bis,13 e 13bis del modificato decreto legislativo 74/2000). Dunque, il trend legislativo è nel senso di colmare il tax gap, non solo prima della fase della dichiarazione, facendo leva sui vari strumenti che inducono alla compliance fiscale, ma anche dopo, quando cioè insorge o sta per insorgere una controversia con l’amministrazione finanziaria, con riflessi anche penali, incentivando il contribuente, per diversi e buoni motivi, al tax settlement. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Fiscal view
La dichiarazione non è confessione di Enrico De Mita u Continua da pagina 39
«D
eve essere sempre garantita l’emendabilità in via generale, di qualsiasi errore di fatto e o di diritto contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente alla amministrazione finanziaria, non si può assoggettare il dichiarante a oneri diversi e più onerosi di quelli che per legge devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali di capacità contributiva di cui all’articolo 53 della Costituzione e dell’oggettiva correttezza dell’azione amministrativa di cui all’articolo 97 e in considerazione della natura della dichiarazione, che non si configura quale atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti e costitui-
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sce un momento dell’iter procedimentale volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria». Qui il termine «procedimento» è usato in senso improprio visto che la dichiarazione può essere il solo «atto d’accertamento», anzi, secondo lo spirito della legge, dovrebbe essere il solo atto d’accertamento data la eventualità dell’avviso di accertamento. Anche il riferimento all’articolo 97 è fatto ad abbundantiam, perché ciò che conta è il principio di legalità. Va rimarcata invece l’affermazione che non vi possono essere oneri diversi da quelli previsti dalla legge, che gli errori non debbono necessariamente emergere dalla dichiarazione. Tale impostazione può essere fatta risalire a Vanoni (1937) quando la nostra Costituzione non era ancora entrata in vigore. La configurazione della dichiarazione come confessione non è sorretta da nes-
suna disposizione di legge e se esistesse oggi sarebbe incostituzionale. L’obbligazione tributaria è una obbligazione legale che ha causa in un determinato presupposto al quale va commisurata. Dal che discende che la dichiarazione non può sostituirsi alla legge e che una imposta non è dovuta solo perché dichiarata, anche se in contrasto con la legge. La determinazione del debito non può portare, sol perché esiste una dichiarazione, a una situazione che prescinde dalla reale situazione di fatto. Esistono disposizioni che non fanno apparire più eretica l’affermazione che la dichiarazione possa essere corretta o rettificata anche a favore del contribuente. E la giurisprudenza pratica è nel senso che fino a quando c’è il potere dell’ufficio di rettificare la dichiarazione c’è il potere del contribuente di ritrattare la dichiarazione. I fatti che il contribuente deve
dichiarare sono solo quelli previsti dalla legge. La quantificazione dei fatti dichiarati è in funzione dell’imposta sicché se, malgrado la erronea qualificazione giuridica dei fatti dichiarati, l’imposta riscossa sulla base della dichiarazione corrisponde a quella accertata dell’ufficio, il contribuente non pagherà nessuna differenza né sanzioni amministrative. Difatti l’ufficio liquiderà la “maggiore imposta” rispetto a quella dichiarata e si applicherà la sanzione in regime della maggiore imposta. In ordine ai tempi c’è stata di recente una precisazione (6665/2015). Il termine annuale previsto per la dichiarazione integrativa non esplica nessun effetto sul procedimento contenzioso instaurato dal contribuente per contestare la pretesa tributaria, fondata su dati elementi o dichiarazioni forniti dal contribuente medesimo. Le norme in materia di accertamento e
di riscossione sono diverse da quelle che governano il processo tributario. Il rispetto del principio dell’articolo 53 della Costituzione comporta l’inapplicabilità in sede contenziosa di norme relative alla sola fase amministrativa. Oggetto del processo tributario è l’assoggettamento del contribuente a oneri contributivi che sulla base della legge devono restare a suo carico. Va quindi riconosciuta al contribuente la possibilità di opporsi in sede contenziosa alle maggiori pretese tributarie allegando errori di fatto e di diritto commessi nella dichiarazione e incidentali sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine predisposto per la dichiarazione integrativa. Ma che cosa vuol dire rettificabilità della dichiarazione? Non vuol dire potere di presentare una nuova dichiarazione e vanificazione delle regole procedimentali, ma prospettare all’amministrazione elementi di giudizio pari a quelli che l’amministrazione può raccogliere direttamente. © RIPRODUZIONE RISERVATA
48 Norme e tributi
Il Sole 24 Ore Giovedì 31 Marzo 2016 - N. 88
FISCO
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I chiarimenti delle Entrate. Circolare dell’Agenzia sul regime fiscale dei prestiti contratti per acquisire società «target»
«Lbo», interessi passivi deducibili
Nelle operazioni di leverage buy-out gli oneri finanziari hanno i requisiti di inerenza Luca Gaiani
pNelle operazioni di levera-
ge buy-out, gli interessi passivi sui prestiti contratti per acquisire la società target sono inerenti e ordinariamente deducibili secondo le regole dell’articolo 96 del Tuir. Lo chiarisce l’agenzia delle Entrate con la circolare 6/E diffusa ieri che costituisce un vademecum sulla fiscalità delle acquisizioni con indebitamento. Chiarito anche il regime delle fees addebitate dai fondi di private equity, l’applicazione di ritenute in uscita su dividendi e interessi e la tassazione dei capital gains sulla cessione delle società acquisite. La circolare prende le mosse da talune contestazioni effettuate negli ultimi anni relativa-
mente alla deduzione di oneri finanziari sostenuti in operazioni riconducibili allo schema della acquisizione con indebitamento di cui all’articolo 2501-bis del Codice civile. La norma tratta della fusione che fa seguito a un’acquisizione finanziata con debiti, per garantire o rimborsare i quali si utilizza il patrimonio della società acquisita. Più in dettaglio, ci si riferisce a casi in cui, per acquisire una determinata società (target company), l’acquirente (italiano o estero) costituisce una società “veicolo” (Spv) di diritto italiano che viene finanziata, oltre che con mezzi propri, con prestiti erogati da banche o da altre società del gruppo dell’acquirente. Il debito contrat-
to dalla Spv viene in primis garantito con il patrimonio della target (pegno sulle partecipazioni) e successivamente in qualche modo addossato alla società target: o attraverso una fusione (spesso inversa, nella quale la target controllata incorpora la Spv controllante), oppure, in attesa della fusione, adottando il regime di consolidato fiscale che consente di trasferire al gruppo, e conseguentemente di compensare, sia gli interessi passivi eccedenti della Spv che il Rol della target. Un primo, rilevante aspetto affrontato dalle Entrate riguarda l’inerenza degli oneri finanziari che derivano dal debito della Spv e che finiscono poi per essere dedotti in capo alla target sfruttando il suo Rol
(o nel consolidato o post fusione). Secondo la circolare 6/E, gli interessi in questione, in quanto funzionali alla acquisizione della target, rispondono ai requisiti di inerenza e sono dunque ordinariamente deducibili entro i limiti di cui all’articolo 96 del Tuir (30% del Rol). Se gli interessi sono pagati dalla Spv (e poi dalla target post fusione) ad altre società estere del gruppo, dovranno inoltre essere rispettate le regole dei transfer pricing di cui all’articolo 110. Non si ritiene, aggiunge l’Agenzia, che l’operazione descritta sia censurabile, in linea di principio, neppure in termini di norme antielusive o anti abuso in quanto la struttura societaria scelta risponde a finali-
QUOTIDIANO DEL FISCO
Errori di competenza e studi di settore Oggil’analisidiAndreaCarincisugli studidisettoreeilfocussuglierrori dicompetenza www.quotidianofisco.ilsole24ore.com
tà extra fiscali riconosciute dal Codice civile e spesso imposte dai finanziatori internazionali. L’Agenzia esamina poi il caso in cui l’acquirente di diritto estero abbia raccolto i finanziamenti all’esterno del gruppo riversandoli poi alla Spv (da esso costituita in Italia) per consentirle acquisire la target; la fattispecie configura un servizio intercompany reso a favore della Spv, la cui remunerazione, in conformità alle linee guida Ocse, deve rispettare la regola del valore normale. Diversamente, se la Spv ottiene direttamente i finanziamenti per l’acquisizione (anche dando in garanzia le quote della target), si esce dal regime dei transfer pricing. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Adempimenti. Le prestazioni sono erogate dall’impresa
Servizi in farmacia, basta lo scontrino Marcello Tarabusi Giovanni Trombetta
pUna recente risposta ad in-
terpello (si veda «Il Sole 24 Ore» dell’11 marzo) obbliga le farmacie ad emettere fattura per i servizi sanitari, ma si fonda su un equivoco. Che i servizi delle farmacie possano essere documentati anche da scontrino, oltre che da fattura, è ammesso da decenni: anche quest’anno le istruzioni al modello 730/2016, a pagina 78, indicano come detraibili le «spese relative … all’affitto di dispositivi medici (ad esempio apparecchio per aerosol o per la misurazione della pressione)» sulla base del semplice scontri-
no parlante. In passato è stato chiarito (risoluzione 22/5/1992 n. 476386) che i servizi resi in locali aperti al pubblico sono esentati dall’obbligo di fatturazione senza necessità di previa autorizzazione. È perciò indiscusso che la dispensa dall’obbligo di fatturazione di cui all’articolo 22 del del Dpr 633/72 valga anche
L’EQUIVOCO
L’Agenzia ha di recente affermato la necessità della fattura ma non si tiene conto che non si tratta di attività di lavoro autonomo
per i servizi resi in farmacia. L’Agenzia ha però ritenuto inapplicabile l’articolo 22 n. 4 perché tale disposizione non riguarda le prestazioni professionali di lavoro autonomo ma solo i servizi resi da imprese, richiamando la risoluzione 128/E/2011 sulle «prestazioni rese dalle farmacie, consistenti nel mettere a disposizione della clientela operatori socio-sanitari, infermieri e fisioterapisti per lo svolgimento di specifiche prestazioni professionali»; la conclusione è che le prestazioni erogate in farmacia «nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, in considerazione del
carattere di professionalità che richiedono nella loro esecuzione» non possano essere documentate da scontrino. L’equivoco, quindi, è generato dalla confusione tra servizi sanitari (anche esenti) erogati dalle farmacie e prestazioni sanitarie erogate da altri sanitari. Naturale che la prestazione del sanitario libero professionista resa in farmacia sia soggetta all’obbligo di fatturazione (ed infatti il lavoratore autonomo emette la fattura o al cliente, o alla farmacia, a seconda dei casi). Per le attività esenti, infatti, l’articolo 22 n. 6 del Dpr 633/72 non richiama le prestazioni sanitarie di cui all’articolo 10 n.
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18. Quando però il paziente fruisce di una prestazione sanitaria resa dalla farmacia nei propri locali (e non da un professionista terzo nei locali della farmacia) si avrà certamente la possibilità di documentarla con scontrino e tale scontrino costituirà prova ai fini della detrazione. L’Agenzia, che ha diramato anche una precisazione (si veda il Sole del 12 marzo scorso), sostiene invece l’obbligo di emissione di fattura anche per la «prestazione professionale specialistica resa dal farmacista». Su questo punto però la posizione non appare conforme alle norme vigenti di diritto sanitario.
Nel sistema normativo della farmacia dei servizi, infatti, la prestazione sanitaria – anche quando esente - non viene erogata dal farmacista quale professionista sanitario ma dalla impresafarmacia. Ad esempio la legge regionale dell’Emilia Romagna n. 2 del 3 marzo 2016, in vigore dal 18 marzo 2016, dispone all’articolo 17 che «in applicazione del principio della libertà di iniziativa economica e nel rispetto della tutela prioritaria del diritto alla salute, il titolare di esercizio farmaceutico, nei locali della farmacia, può … erogare i servizi, anche di carattere sanitario…». È evidente che si tratti di servizi sanitari svolti per espressa previsione di legge «nei locali della farmacia» e nell’esercizio di attività di impresa, non di lavoro autonomo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Contenzioso. L’ufficio non può modificare la pretesa originaria
Il giudizio delimitato dalla motivazione dell’accertamento Laura Ambrosi
pNel corso del giudizio, l’uffi-
cio non può modificare il presupposto della propria pretesa originariamente contenuta nell’accertamento, poiché è solo tale motivazione che delimita i confini della lite. Ad affermare questo principio è la Cassazione con la sentenza 6103 depositata ieri. L’agenzia delle Entrate ha notificato un avviso di accertamento a una società disconoscendo, per il 2003, la deducibilità di costi relativi ad operazioni con Paesi black list non indicati separatamente. Il provvedimento è stato impugnato dinanzi al giudice tributario che, in primo grado, ne confermava la legittimità. Il collegio di appello, riformando la decisione,haaffermatochenellaspecie era applicabile la modifica normativa nel frattempo intervenuta, secondo la quale la violazione scontava la sanzione più favorevole del 10% delle spese non indicate rispetto alla indeducibilità dell’intero importo. L’Agenzia ha fatto ricorso per Cassazione lamentando che la Ctr non aveva valutato che, a prescindere dal differente trattamento sanzionatorio, il contribuente doveva provare l’effettiva operatività delle contraenti estere ovvero la convenienza economica delle operazioni compiute. La Suprema Corte, respingendo il ricorso, ha innanzitutto rilevato che la modifica normativa ha attribuito alla “separata indicazione” di quei costi esteri valenza formale e non più sostanziale, con la conseguenza che all’eventuale violazione va applicata la sanzione del 10% e non dell’indeducibilità delle somme. Nel caso esaminato, poi, l’accertamento era fondato esclusivamente sul profilo for-
male della violazione mentre non c’era alcun cenno sulla richiesta dell’effettiva operatività o della convenienza economica. La Cassazione ha così precisato che nel diritto tributario le ragioni poste a base dell’atto impositivo definiscono i confini del giudizio e il ricorrente, infatti, si difende sollevando eccezioni in ordine a quanto indicato nella motivazione.Aciòconsegueche l’ufficio non può integrare o modificare, nel corso del giudizio, i presupposti della pretesa. I giudici hanno poi rilevato che nem-
IL QUADRO
Spesso l’amministrazione integra nel corso del processo l’atto impositivo originario per sanare delle carenze meno la disciplina introdotta per l’applicazione retroattiva della nuova norma poteva derogare tale principio: essa, nel suo complesso, si è limitata a “degradare” da presupposto di indeducibilità a sanzione amministrativa, modificando così solo il carattere (da sostanziale a formale) della violazione. Secondo i giudici di legittimità, l’ufficio avrebbe potuto (dovuto) fin da subito richiedere ulteriori elementi probatori alla contribuente, a prescindere dalla modifica normativa intervenuta. La decisione appare importante poiché non di rado gli uffici integrano nel corso del giudizio eventuali carenze motivazionali presenti nell’iniziale atto impositivo, rilevando che l’avviso di accertamento ha il solo scopo di avviare il contenzioso. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Norme e tributi
Il Sole 24 Ore Lunedì 4 Aprile 2016 - N. 92
FISCO
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Contenzioso. Le modifiche introdotte a inizio anno in seguito al decreto legislativo 156
Spese di giudizio al riparo dalle compensazioni facili Ma le richieste per ottenere i rimborsi vanno specificate PAGINA A CURA DI
Rosanna Acierno
pLa frequenza con cui le com-
missioni tributarie hanno finora dichiarato la compensazione delle spese di giudizio, anche in caso di annullamento pieno dell’atto impositivo, si è tradotta in un aggravio di spese e oneri che il contribuente, seppur vittorioso, ha dovuto comunque sostenere. Spesso, infatti, complice anche la mancanza di una richiesta specifica e motivata della condanna alle spese in sede di ricorso, si è assistito a un massiccio ricorso al provvedimento di compensazione da parte delle Commissioni, a danno dei contribuenti che, per vedere riconosciute le proprie ragioni, hanno sostenuto i costi di lite. La situazione sembra destinata a mutare, perché dal 1° gennaio 2016 - a seguito della riforma del contenzioso tributario a opera del decreto legislativo 156/2015 - la compensazione delle spese di giudizio (articolo 15 del decreto legislativo 546/1992) può essere statuita, in tutto o in parte, soltanto in caso di soccombenza reciproca o in caso di gravi ed eccezionali ragioni, che devono in ogni caso essere espressamente motivate dal collegio giudicante. Pertanto, d’ora in avanti il contribuente che dovesse risultare vittorioso in sede di contenzioso tributario e, dunque, ottenere l’annullamento dell’atto impositivo, dovrebbe (il condizionale è
d’obbligo) essere tenuto a sostenere gli oneri processuali soltanto in casi ritenuti eccezionali dal giudice tributario, come ad esempio nelle ipotesi di obiettiva incertezza e/o di complessità e/o di novità della vertenza o, ancora, in caso di contrasto giurisprudenziale. In ogni caso, anche se alla luce della nuova disposizione la compensazione delle spese da parte del giudice tributario dovrebbe essere meno frequente, rimane ferma più che mai per il contribuente (e per esso, il difensore) la necessità di chiedere in maniera convincente e con motivazioni pregnanti la vittoria degli onorari e delle spese di giudizio in sede di ricorso, evitando il richiamo a frasi conclusive, apodittiche e generiche, quali ad esempio «il tutto con vittoria di spese e onorari». Spesso, infatti, proprio l’assenza di richieste convincenti da parte dello stesso ricorrente, volte a giustificare la condanna alle spese della parte soccombente, potrebbe indurre i giudici tributari a compensare le spese di giudizio, anche in caso di vittoria del contribuente. Non a caso, dall’analisi della gran parte delle pronunce di merito in cui vi è la statuizione della vittoria delle spese di giudizio in capo al contribuente vittorioso, emerge sempre una puntuale e dettagliata richiesta da parte dello stesso in sede di ricorso. Pertanto, dopo aver in sede di ricorso sollevato le eccezioni di diritto e di merito che dimostrano l’illegittimità e, dunque, la nullità dell’atto impositivo, al fine di vedersi riconosciute le spese di giudizio in caso di vittoria, è opportuno che il contribuente faccia rilevare al giudice che, dopo essere stato raggiunto da un atto di accertamento e aver, magari, provato la strada
FOCUS
Procedura civile «in anticipo» pPer evitare e scoraggiare
prosecuzioni strumentali dei processi tributari, dal 1° gennaio 2016, in caso di mancata accettazione, senza giustificato motivo, di una proposta di conciliazione giudiziale, le spese del processo sono addebitate dal giudice alla parte che ha rifiutato l’accordo, se sussistono le condizioni per un accordo favorevole ad entrambe le parti. In particolare (secondo il nuovo articolo 15 del decreto legislativo 546/92, modificato dal decreto legislativo 156/2015) le spese del processo sono interamente addebitate dal giudice alla parte che ha rifiutato la proposta di conciliazione, laddove il riconoscimento delle pretese risulti inferiore al contenuto dell’accordo proposto. In caso di conclusione della conciliazione, invece, le spese sono dichiarate compensate, salvo diverso accordo nel processo verbale di conciliazione. Non è una vera e propria novità: esiste una disposizione simile nel Codice di procedura civile (articolo 91) per la quale la stessa agenzia delle Entrate, con la circolare 17/E del 2010, ha precisato l’applicabilità anche al contenzioso tributario. Pertanto, in caso di rifiuto di una proposta di conciliazione da parte del contribuente, gli Uffici devono chiedere la condanna alle spese. © RIPRODUZIONE RISERVATA
dell’autotutela o dell’accertamento con adesione, nel tentativo di far valere le proprie ragioni si trova ora “costretto” a rivolgersi a un difensore abilitato per avviare il processo tributario e a sostenere in via anticipata costi per il compenso del professionista e per gli altri oneri accessori, nonché per il contributo unificato e per le spese di notifica. In sostanza, ai fini del riconoscimento delle spese in caso di vittoria, è opportuno far rilevare alla Commissione tributaria che le medesime ragioni addotte in sede di ricorso sono state esposte in precedenza all’ufficio che, però, non ha ritenuto di doverle accogliere, costringendo il contribuente ad adire il contenzioso tributario con conseguente sostenimento dei costi di giudizio. Infine, per una corretta liquidazione delle spese è sempre opportuno che il difensore alleghi al fascicolo di parte, sino a dieci giorni liberi prima della data di trattazione in caso di discussione in pubblica udienza (ovvero cinque giorni in caso di trattazione in camera di consiglio), la nota delle spese, indicando in modo distinto e specifico gli onorari e gli altri oneri accessori, quali spese imposte dalla legge al professionista difensore e, dunque, complementari al compenso a lui dovuto. Si tratta, in particolare, dell’Iva, del contributo alla Cassa di previdenza e assistenza cui è iscritto il professionista e di eventuali rimborsi spese, essendo costi che, di fatto, ricadono sul cliente, aggiungendosi all’onorario. © RIPRODUZIONE RISERVATA
IN ESCLUSIVA PER GLI ABBONATI
Le norme e le circolari citate www.quotidianofisco.ilsole24ore.com
Quando si può ancora compensare
LA COMPLESSITÀ DELLA CAUSA Nonostante l’accoglimento del ricorso del contribuente, la complessità della controversia, come per avvisi di accertamento basati su disposizioni antielusive e antiabuso, e l'assenza di un
consolidato orientamento giurisprudenziale di merito e di legittimità sulla questione trattata sono circostanze che giustificano la compensazione delle spese tra le parti
LA SOCCOMBENZA RECIPROCA La soccombenza reciproca del contribuente e dell’ufficio mediante l’accoglimento da parte della commissione soltanto di alcune eccezioni
esposte nel ricorso sono circostanze idonee a giustificare la compensazione da parte del giudice delle spese di lite tra le parti intervenute nel processo
LA CORRETTEZZA E LA BUONA FEDE Nonostante il mancato accoglimento del ricorso, la dimostrazione della buona fede e della condotta diligente del contribuente, sia nella fase
extraprocessuale che in sede contenziosa, rappresentano circostanze idonee a giustificare la compensazione delle spese di lite da parte del giudice
I CONTRASTI E L’ASSENZA DI PRASSI La sussistenza di pronunce di legittimità contrastanti fra loro e, soprattutto, la mancanza di documenti di prassi volti a chiarire l'interpretazione di una disposizione normativa sono
circostanze idonee a giustificare la compensazione delle spese di lite da parte del giudice, anche in caso di accoglimento del ricorso con conseguente annullamento dell’atto impositivo
I VIZI DI DIRITTO La dichiarazione di illegittimità con la conseguente declaratoria di nullità dell'atto di accertamento per motivi di diritto meramente formali,
come, ad esempio, nel caso di notifica eseguita da un messo notificatore decaduto dall'incarico determina comunque la compensazione delle spese di lite
La procedura. Non serve il passaggio in giudicato
E da giugno scatta l’esecutività a favore dei vincenti pAnche l’articolo 69 del de-
creto legislativo 546/1992 che disciplina l’esecuzione delle sentenze di condanna in favore del contribuente è stato oggetto di modifiche. A differenza del testo normativo in vigore fino al 31 maggio 2016, infatti, è stato previsto che le sentenze pronunciate dalle Commissioni tributarie provinciali e regionali che condannano l’ente al pagamento di somme in favore del contribuente dal 1° giugno 2016 saranno subito esecutive. In particolare, il testo oggi vigente dell’articolo 69 - «Condanna dell’Ufficio al rimborso» prevede che il contribuente vittorioso possa ottenere l’esecuzione forzata della sentenza a condizione, però, che la soccombenzasiastatuitainunasentenza passata in giudicato e, dunque, non più impugnabile. Pertanto, ai fini del recupero coattivo delle spese, una volta ottenuto il passaggio in giudicato della sentenza, il contribuente deve chiedere alla segreteria della Commissione tributaria copia della pronuncia munita della “formula esecutiva”, ossia con comando apposto con decreto e rivolto a tutti gli ufficiali giudiziari. Il nuovo testo dell’articolo 69 «Esecuzione delle sentenze di condanna in favore del contribuente» - in vigore da giugno prevederà invece l’immediata esecutività della pronuncia di condanna delle somme a favore del contribuente, senza dover attendere il passaggio in giudicato. Inoltre, un’altra novità riguarda l’ambito applicativo. È, infatti, previsto che le nuove regole sulla immediata esecutività della sentenza di condanna delle spese in favore del contribuente non riguardino soltanto le controversie aventi a oggetto tributi e
sanzioni, ma per specifica previsione anche le liti concernenti la consistenza e il classamento degli immobili e l’attribuzione della rendita catastale. Inoltre, non sembrano esserci particolari preclusioni per le eventuali condanne al pagamento di somme a favore del contribuente a seguito di ricorsi avverso dinieghi ad istanze di rimborso. Tuttavia, l’immediata esecutività della sentenza non vale sempre, posto che, in merito agli importi superiori a 10mila euro, il giudice tributario, tenuto conto delle condizioni di solvibilità del contribuente, potrà subordinare l’erogazione alla prestazione di apposita garanzia, il cui contenuto e la cui durata sono disciplinati da un decreto ministeriale (sulla base di quanto previsto dall’articolo 38-bis, comma 5 del Dpr 633/1972). Ne consegue dunque, che, qualora il giudice lo ritenga opportuno, il contribuente vittorioso dovrà comunque anticipare i costi della garanzia per vedere soddisfatta la propria pretesa e aspettare che l’esito definitivo delgiudiziosiaanch’essofavorevole per il rimborso. In ogni caso, il pagamento delle somme deve avvenire entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza ovvero dalla prestazione della garanzia. Qualora poi l’esecuzione del pagamento non dovesse avvenire nei novanta giorni, il contribuente potrà richiedere il giudizio di ottemperanza dinanzi alla Commissione tributaria provinciale o a quella regionale, a seconda della sentenza oggetto del giudizio. In tal caso, però, occorrerà comunque attendere il passaggio in giudicato della sentenza. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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