COMUNE DI NAPOLI Assessorato agli Affari Sociali Dipartimento Servizi Sociali 94° Servizio - Tempo libero - Politiche Giovanili e per i Minori
COMUNICAZIONI E INTEGRAZIONI NELLE ESPERIENZE DI EDUCATIVA TERRITORIALE NEL COMUNE DI NAPOLI
Progetto di ricerca-azione
Dicembre 2002
INDICE PREMESSA 1
La Legge 285/97 nel Comune di Napoli e l’attenzione alla valutazione……..….……………….4
2
Le fasi della ricerca…………………………………..………………………………………………………5
3
La struttura del documento…………………………………...…………………….……………………..8
CAPITOLO I – L’EDUCATIVA TERRITORIALE A NAPOLI
1.1
Educativa Territoriale: definizioni di riferimento……………………………….………………………..9
1.2
Alcuni cenni sull’evoluzione dell’Educativa Territoriale nel contesto napoletano…………….11
1.3
L’attuale situazione dell’Educativa Territoriale a Napoli……………………………………….…...14
1.4
Perché un progetto su: «Assetti organizzativi e soluzioni gestionali per la realizzazione degli interventi di Educativa Territoriale nel Comune di Napoli»……………….…………….…….…...18
CAPITOLO II - TRACCE PER LA COSTRUZIONE DI UNA MAPPA DELLA SITUAZIONE DEI MINORI 2.1
Una possibile mappa della situazione dei minori…………………………………………...………..20
2.2
La distribuzione delle criticità più evidenti……………………………………………………...……...21
CAPITOLO III - LE ATTIVITA’ SVOLTE E I PROBLEMI TRATTATI DALL’EDUCATIVA TERRITORIALE 3.1
La partecipazione al percorso di indagine…………………………………………………………....25
3.2
Le diverse rappresentazioni di Educativa Territoriale…………………………………………….….26
CAPITOLO IV - LA COLLABORAZIONE TRA LE ORGANIZZAZIONI 4.1
Un primo sguardo……………………………………………………………………………….………......33
4.2
Chi collabora con chi………………………………………………………………………....…………...34
4.3
Gli oggetti della collaborazione………………………………………………….…………………...…39
4.4
Cosa favorisce/ostacola le collaborazioni…………………………………………….…..…………..40
4.5
Gli strumenti utilizzati nel costruire collaborazioni…………………………….………………………43
4.6
Rappresentazione metaforica delle collaborazioni tra le organizzazioni…………………….…44
CAPITOLO V - CONCLUSIONI E PROPOSTE PER LO SVILUPPO DI AZIONI INNOVATIVE 5.1
Riprendendo le riflessioni e le ipotesi da cui siamo partiti…........................................................46
5.2
I risultati della ricerca ………………………………………………………………………………………47
5.3
L’attivazione di due laboratori per lo sviluppo di azioni innovative…..…………………………..49
2
GRUPPO DI LAVORO
Responsabili della Ricerca-azione:
M. Brunod (Studio APS)
A. Mascolo (Studio ERReSSE)
Componenti del Gruppo di Lavoro:
C. Cananzi (Studio ERReSSE)
G. Cascone (Studio ERReSSE)
D. Costantino(Studio ERReSSE)
A. Crevatin (Funzionario III u.o.c Gruppo Monitoraggio L. 285/97)
R. Fasanelli (Gruppo Monitoraggio L. 285/97)
Elisa Zullo (Funzionario IV u.o.c.)
G. Molinari (Responsabile Ufficio Educativa Territoriale)
G. Gigante (Responsabile Ufficio Ragazzi in Città)
U. Pugliese (Responsabile Ludoteca Comunale, Progetto Città in Gioco)
L. Colucci (Responsabile Progetto Mario e Chiara a Marechiaro)
A. M. Lombardi (Funzionario I u.o.c.)
M. R. Angiolillo (Responsabile Ufficio Interventi Integrativi)
3
PREMESSA 1. La Legge 285/97 nel Comune di Napoli e l’attenzione alla valutazione Questa ricerca, nell’ambito del progetto “Assetti Organizzativi e Soluzioni Gestionali per la Realizzazione degli Interventi di Educativa Territoriale nel Comune di Napoli”, nasce dalle riflessioni conseguenti alla progettazione e sperimentazione di strumenti di monitoraggio e valutazione dei progetti finanziati dalla legge 285/97. Tale iniziativa, attivata nel 1998-99, era stata affidata dal Comune di Napoli al Dipartimento di Sociologia dell’Università Federico II di Napoli e realizzata con la consulenza dello Studio APS di Milano. In quella occasione si era creato un interessante laboratorio di progettazione e sperimentazione integrata al quale avevano partecipato numerosi operatori dei Servizi pubblici (Comune, ASL), della Scuola e del Terzo settore. L’iniziativa aveva consentito al Comune di affrontare da una nuova prospettiva la complessità organizzativa e operativa che ha caratterizzato i primi anni di sperimentazione della Legge 285. Tali sperimentazioni si sono sviluppate in uno scenario cittadino nel quale erano compresenti sia spinte alla progettazione partecipata, sia forti concorrenzialità tra i diversi organismi interessati a entrare su questo “mercato” in via di consolidamento. Tali fenomeni sono andati a sovrapporsi al consistente cambiamento organizzativo del Comune di Napoli, sollecitato sia da processi interni di aziendalzzazione, sia dall’assunzione di nuove funzioni, previste dalla riforma delle politiche sociali (legge 328/2000), relative alla pianificazione e gestione della rete dei servizi territoriali. In questo quadro l’ampia partecipazione di organismi pubblici e privati al laboratorio di progettazione di strumenti di monitoraggio e valutazione dei progetti 285, ha consentito di verificare la ricchezza e la creatività delle numerose esperienze, ma anche di individuare numerosi elementi di criticità. Tra le criticità più significative segnaliamo:
la sostanziale assenza (tranne rari casi di esperienze più strutturate) di una cultura della progettazione che preveda al suo interno spazi di monitoraggio e valutazione degli interventi;
la prevalenza di logiche progettuali caratterizzate da difficoltà a definire i problemi da trattare e a prevedere collegamenti con i risultati attesi e con le azioni realizzate;
la presenza di frammentazioni organizzative interne agli enti attuatori (separazioni tra lavoro di progettazione e lavoro operativo, precarietà degli spazi di condivisione delle ipotesi di lavoro, problemi di comunicazione intra-organizzativa, deboli assunzioni dei ruoli di responsabilità ecc.);
la difficoltà dei partecipanti al laboratorio a sperimentare all’interno delle proprie organizzazioni gli strumenti di monitoraggio e valutazione progettati. 4
Nel suo complesso quell’iniziativa ha consentito una lettura meno idealizzata dei processi organizzativi che sostengono la realizzazione dei progetti 285, fornendo interessanti elementi per favorirne una gestione più realistica. In relazione all’esperienza realizzata il 94° Servizio del Comune di Napoli ha promosso, nel 2001, due percorsi tra loro connessi:
una iniziativa di monitoraggio dei progetti 285 affidati al Dipartimento di Sociologia dell’Università Federico II; tale iniziativa risponde al fabbisogno istituzionale di monitorare trasversalmente l’andamento dei progetti, richiedendo periodicamente agli enti realizzatori la fornitura di informazioni e dati che consentono un aggiornamento periodico dell’andamento delle attività.
Un’iniziativa affidata allo Studio APS di Milano e allo Studio ERReSSE di Napoli di ricerca e consulenza sul tema degli “assetti organizzativi e soluzioni gestionali per la realizzazione di interventi di Educativa Territoriale”, vista la potenzialità di quest’area di intervento e le numerose criticità attualmente presenti
Quest’ultima iniziativa, rivolta alle diverse organizzazioni impegnate nell’Area dell’Educativa Territoriale, è finalizzata a migliorarne il funzionamento organizzativo e a favorire processi di integrazione e consolidamento delle competenze tecniche riguardanti in particolare la progettazione, il monitoraggio e la valutazione degli interventi rivolti ai minori. Le due iniziative dovranno procedere in modo integrato sviluppando connessioni tra il monitoraggio istituzionale dei progetti 285 e le esperienze riorganizzative sperimentate dagli enti operanti nell’Educativa Territoriale. A tale scopo la realizzazione di questo progetto di ricercaazione si avvale dell’attivo coinvolgimento dei funzionari del 94° Servizio del Comune di Napoli e dei responsabili del progetto condotto dall’Università. Analogamente è prevedibile che anche l’iniziativa finalizzata a sviluppare il monitoraggio istituzionale possa realizzarsi seguendo la stessa metodologia. 2. Le fasi della ricerca Nelle pagine seguenti si presenteranno i risultati della prima fase del progetto «Assetti Organizzativi e Soluzioni Gestionali per la Realizzazione degli Interventi di Educativa Territoriale nel Comune di Napoli»1. La FASE 1 del progetto è stata dedicata ad una esplorazione a largo raggio dell'Educativa Territoriale napoletana, a partire dalle diverse esperienze dei soggetti coinvolti, nel tentativo di:
Raccogliere sufficienti elementi per costruire una definizione più condivisa di Educativa Territoriale
1
Per una descrizione delle varie fasi si veda il Capitolo 1, paragrafo 1.4
5
Sviluppare una conoscenza più approfondita
del contesto territoriale in cui opera
l’Educativa Territoriale, individuando i problemi più ricorrenti
Sviluppare una comprensione più accurata della qualità delle relazioni fra le organizzazioni (pubbliche e private) coinvolte nella gestione dei progetti.
Questo percorso non poteva essere svolto in maniera efficace senza il coinvolgimento delle organizzazioni impegnate nella gestione delle attività di Educativa Territoriale. L’esplorazione conoscitiva è stata pertanto realizzata sia attraverso un questionario, sia attraverso un ciclo di focus group. Il Questionario2, che si proponeva un primo “sguardo” sulle organizzazioni coinvolte nelle diverse aree dell’Educativa Territoriale, in particolare riguardo alla situazione delle collaborazioni e delle interazioni, è stato inviato a tutte le organizzazioni impegnate nei progetti del Comune. Come riportato nella seguente tabella, su 178 questionari inviati ne sono stati compilati 117 (circa il 65%). Questo dato, se da un lato ci dice che lo strumento ha sollecitato l'attenzione di molte organizzazioni, dall’altro evidenzia alcune resistenze o diffidenze rispetto alla ricerca, almeno nella sua prima fase. Tipologia progetto/servizio
N°questionari consegnati
N° questionari restituiti
CITTA’ IN GIOCO
18
11
MARIO E CHIARA A MARECHIARO
13
7
RAGAZZI IN CITTA’
88
41
LABORATORI DI EDUCATIVA TERRITORIALE
16
16
CENTRI SOCIO-EDUCATIVI CONVENZIONATI
44
42
178
117
TOTALE
I focus group3, che hanno consentito alcuni approfondimenti qualitativi sui dati emersi dal questionario, ma anche di esplorare più da vicino il punto di vista delle varie organizzazioni, sono stati organizzati secondo criteri che tenevano conto sia delle tipologie di progetti-servizi sia della nuova suddivisione del territorio nelle 10 UTB (Unità Territoriali di Base) prevista dal Piano Sociale di Zona (L.328/2000)4. Pertanto sono stati realizzati 11 focus group: uno per ogni tipo di progetto o servizio (Ragazzi in città, Città in Gioco, Laboratori di Educativa Territoriale, Mario e Chiara a Marechiaro, Centri socio-educativi convenzionati, Centri del Comune), e gli altri cinque con UTB rappresentative del contesto napoletano. Ogni focus group ha previsto la partecipazione di 10-12 responsabili di organizzazioni, per cui sono state invitate 101 organizzazioni. E’ importante sottolineare che ai focus group sono state invitate anche alcune organizzazioni tra quelle che non 2
Il testo completo del questionario si trova nell’allegato 1 La griglia di conduzione del Focus group e le sintesi di ogni focus group sono contenute nell’allegato 2 4 Le Unità Territoriali di Base sono 10 e corrispondono ai dieci distretti sanitari della Asl Na1, per cui ogni UTB comprende una o più circoscrizioni 3
6
hanno risposto al questionario. La partecipazione effettiva ai focus group è stata di 61organizzazioni, con una media di circa 8 partecipanti a F. G. Tutto il percorso della ricerca è stato condotto da uno staff dello Studio Aps e dello Studio ERReSSE che, in alcuni momenti cruciali per le attività, si è incontrato con i funzionari del Comune di Napoli e i responsabili di progetto referenti del 94° servizio.
Rispetto agli obiettivi della FASE 1 del progetto
5
gli elementi emersi hanno offerto la possibilità di
raggiungere i seguenti risultati, che sono qui riportati in maniera sintetica e che saranno illustrati nelle pagine seguenti6:
Realizzazione di una mappa territoriale della situazione dei minori in relazione ad alcune particolari problematiche;
Individuazione degli orientamenti prevalenti rispetto all’Educativa Territoriale nel Comune di Napoli
Costruzione di una griglia interpretativa delle problematiche trattate dall’Educativa Territoriale
Analisi qualitativa delle relazioni e delle comunicazioni fra le organizzazioni impegnate nell’Educativa Territoriale e fra queste ultime e i servizi pubblici
Nel seguente riquadro è riportato un riepilogo delle attività svolte a partire da dicembre 2001
CALENDARIO DELLE ATTIVITA’ SVOLTE
Costituzione di un gruppo di lavoro Studio APS- studio ERReSSE (Dicembre 2001)
Costruzione di un elenco di enti/organizzazioni che partecipano a progetti di educativa
Consegna dei 186 questionari ai responsabili per area di progetto del Comune di Napoli
Costruzione di griglia dei dati sull’analisi del territorio per ambito (Gennaio-Febbraio- Marzo) Costruzione condivisa di un questionario sugli assetti organizzativi e soluzioni gestionali per la realizzazione degli interventi di “Educativa Territoriale” (gennaio-febbraio) territoriale per il Comune di Napoli, divisi per aree di progetto (gennaio-febbraio)
(Aprile) Elaborazione dati questionari (aprile-maggio) Elaborazione griglia di conduzione per focus group (maggio) Realizzazione focus group (giugno/luglio) Elaborazione dei risultati dei focus group (luglio) Stesura del rapporto di ricerca (settembre/ottobre) Presentazione dei risultati della prima fase e progettazione della seconda fase (dicembre)
5
“Costruire una definizione più condivisa di Educativa Territoriale, attraverso un’ampia, articolata e partecipata esplorazione dell’esperienza realizzata e delle problematiche affrontate dai vari soggetti organizzativi coinvolti”; “Individuare le eventuali criticità organizzative che ostacolano le comunicazioni e le interazioni e che possono alimentare il processo di frammentazione” 6 Per gli obiettivi delle varie fasi si veda il Capitolo 1, paragrafo 1.4
7
3. La struttura del documento Il presente rapporto è un primo strumento per condividere, con i soggetti coinvolti finora dal progetto, i principali elementi emersi. Nel CAPITOLO I si presentano dei brevi cenni sulle definizioni di Educativa Territoriale, sulla attuale situazione dell’Educativa Territoriale a Napoli, sulla “genesi” del progetto “Assetti organizzativi e soluzioni gestionali per la realizzazione degli interventi di Educativa Territoriale nel Comune di Napoli” Nel CAPITOLO II si propone una possibile mappa territoriale basata su una lettura della situazione dei minori a Napoli, a partire da una serie di dati istituzionali; ciò nell'idea che un'Educativa Territoriale rivolta a bambini e ragazzi debba necessariamente rapportarsi al contesto in cui opera. Nel CAPITOLO III si riporta la prima lettura degli elementi emersi dai focus group, in particolare si approfondirà la riflessione sui diversi significati che le varie organizzazioni attribuiscono all'Educativa Territoriale, provando a costruire una possibile tipologia degli interventi realizzati e dei problemi trattati. Nel CAPITOLO IV sono illustrati gli elementi emersi dall'analisi dei questionari e dei focus group in relazione alla qualità delle collaborazioni e ai livelli di comunicazione fra le organizzazioni, pubbliche e private, impegnate nell'Educativa Territoriale a Napoli Nel CAPITOLO V è proposta una sintesi conclusiva dei principali elementi emersi nel percorso di ricerca e le ipotesi di lavoro per le fasi successive del progetto“Assetti Organizzativi e Soluzioni Gestionali per la Realizzazione
degli Interventi di Educativa
Territoriale nel Comune di Napoli”.
8
CAPITOLO I L’EDUCATIVA TERRITORIALE A NAPOLI 1.1 Educativa Territoriale: definizioni di riferimento Prima di soffermarci sulla situazione dell’Educativa Territoriale a Napoli, è forse utile proporre una definizione di partenza ricostruita sulla base di alcuni riferimenti significativi, tenendo conto dell'attuale dibattito sul tema oggetto di questa ricerca-azione. L’ ’intervento di Educativa Territoriale presenta le seguenti caratteristiche7:
si rivolge a minori, adolescenti e rispettivi sistemi parentali che vivono situazioni di rischio/danno
tali
da
favorire
l’instaurarsi
di
problematiche
relazionali,
forme
di
emarginazione e devianza, nonché ai portatori di handicap;
ha lo scopo di incidere sui fattori di rischio e sui danni di cui al punto precedente, creando le condizioni per produrre cambiamenti utili a un miglioramento dei rapporti e delle relazioni tra individuo e ambiente e viceversa (famiglia, scuola, lavoro e tempo libero) costituendo sostanziale alternativa alle diverse forme di allontanamento dal nucleo familiare;
si attua all’esterno di specifiche strutture socio-assistenziali (comunità alloggio, C.S.T., centri diurni, etc.), collaborando con le agenzie di socializzazione primaria (scuola, famiglia), evitando scelte educative sostitutive, potenziando invece i supporti di orientamento nella quotidianità del/i soggetto/i in difficoltà, coinvolgendo anche le risorse presenti sul territorio;
fa leva sul riconoscimento delle potenzialità positive dei soggetti e delle diverse agenzie mirando a restituire a ciascuno di essi le proprie competenze per la risoluzione dei problemi;
si colloca nell’ambito degli interventi di servizio sociale professionale e come tale fa parte di una programmazione di servizio connessa ai bisogni espressi dal territorio a cui fa riferimento.
Tali caratteristiche fanno parte di un disegno complessivo di intervento sociale che si attua sul territorio attraverso l’esercizio contestuale di tre funzioni:
presa in carico dei casi (piano di lavoro individuale o di gruppo)
promozione di progetti mirati integrati (piano di lavoro collettivo)
conoscenza del territorio (ricerca sui bisogni, determinazione priorità, obiettivi e vincoli), e promozione di risorse locali.
Gli ambiti di lavoro interessati dall’azione degli Educatori di Territorio, che devono risultare tra di loro strettamente interconnessi, sono:
7
Rielaborazione effettuata sulla base del Dossier monografico, n° 12, Istituto degli innocenti, Dicembre 1999
9
a) Rete di opportunità per tutti In primo luogo occorre coordinare e potenziare, ma soprattutto trasformare la rete di attività, istituzionali e non, rivolte a tutti; infatti non è sufficiente una serie di iniziative e Servizi formalmente aperti per superare l’emarginazione. È chiaro quindi che la questione fondamentale che si pone è la trasformazione socio-ambientale in funzione di una maggiore rispondenza ai bisogni delle persone in difficoltà. b) Rapporti interpersonali Poiché i meccanismi di marginalità si fondano sul tipo, modo, qualità e quantità delle relazioni sociali di un individuo o gruppo, incidere su tali meccanismi significa innescare cambiamenti nelle relazioni che l’ambiente stabilisce con la persona e viceversa. Per questo si prevede una figura educativa che garantisca lo sviluppo di un processo di mediazione tra individuo/i in difficoltà e organizzazione sociale, favorendo così la crescita e l’avvicinarsi di entrambi; pertanto il problema fondamentale è il superamento del rapporto individualizzato attraverso sia un cambiamento dell’individuo che del contesto socioambientale (famiglia, scuola, gruppo sportivo/ricreativo, ecc.). c) Piccoli gruppi per obiettivi precisi e specifici Le carenze culturali, cognitive, professionali, derivate da particolari situazioni di marginalità, che creano difficoltà ai minori e ai giovani rispetto al lavoro e all’inserimento sociale, sollecitano azioni di Educativa Territoriale finalizzate a far nascere iniziative (promozione e gestione di piccoli gruppi) che permettano di diminuire lo svantaggio di alcuni rispetto ad altri, senza però creare gruppi e strutture che isolino i minori dalla rete di risorse del territorio. “L'impegno dell'educatore che opera in contesto aperto, è quello di trarre spunto operativo dal quotidiano, dalla realtà che il ragazzo vive cercando di trasformare le sue aspettative e le sue intuizioni in concrete richieste da esprimere e soddisfare prima con il bambino/ragazzo e poi con il coinvolgimento della famiglia e delle istituzioni. Questo operatore ha anche lo scopo di individuare spazi sociali e culturali ossia centri d'interesse all'interno dei quali i ragazzi riescono a prendere decisioni consapevoli e condivise, abituandoli così ad essere soggetti attivi e coscienti capaci di programmare, valutare, e verificare le proprie azioni individuali e sociali. L'azione educativa deve aiutare e stimolare il contesto istituzionale, e far conoscere l'immagine reale del bambino fatta di luci e ombre, di gioie e tristezze, che spesso contrasta con quella "virtuale" che prevale nel contesto sociale e nei mezzi di comunicazione. Nell'ambito della comunità questo professionista ha come fine quello di mantenere attivo lo spazio educativo relazionale proprio della comunità locale accogliente. Questa funzione difficile da capire fa pensare ad un adulto autorevole che, cosciente dei diritti e dei doveri dei più piccoli, cammina al loro fianco offrendogli gli strumenti per avanzare e crescere; in questo modo
10
l'educatore non solo aiuta il ragazzo ma modifica l'etica verticistica dell'azione educativa tradizionale, caratteristica di tutti i contesti strutturati”8.
1.2 Alcuni cenni sull’evoluzione dell’Educativa Territoriale nel contesto napoletano9 Dopo aver ripreso alcune definizioni di carattere generale sull’Educativa Territoriale può essere utile accennare allo sviluppo dei servizi di educativa nel Comune di Napoli. Nella complessa realtà napoletana i servizi di sostegno territoriale ai bambini e ai ragazzi, soprattutto a quelli più in difficoltà, hanno una lunga e variegata tradizione. Sia la storia delle strutture religiose, sia la storia dell’associazionismo e dei movimenti laici, sono ricche di esperienze consolidatesi nel corso dei decenni e che hanno portato alla attuale articolazione di servizi e progetti rivolti all’infanzia e all’adolescenza. Questa storia densa e diversificata ha visto svilupparsi da un lato i servizi istituzionali del Comune, dall’altro servizi gestititi in convenzione con Istituti socio-educativi e, su un altro versante (soprattutto negli ultimi quindici anni), iniziative e progetti affidati al terzo settore. Soprattutto a partire dalla legislazione sociale degli ultimi anni (L.216/91, L.285/97, L. 328/00, ecc.) queste diverse realtà hanno conosciuto importanti esperienze di convergenza e interazione, esperienze non prive di difficoltà e di elementi critici, ma che hanno comunque determinato una crescita, qualitativa e qualitativa delle politiche per i minori a Napoli. Di seguito saranno trattati i seguenti aspetti:
a) Brevi cenni storici sullo sviluppo delle esperienze associative e dei movimenti sociali e culturali che hanno condotto, a partire dagli anni ’70, alla attuale articolazione dei progetti L.285/97.
b) L’attuale situazione dei Centri socio-educativi e il loro posizionamento nel sistema dei servizi per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Napoli a) Il lavoro sul territorio dagli anni 70 alla L.285. Gli interventi di Educativa Territoriale che prendono slancio e sviluppo dalla legge 285/97 si innestano su attività, strutture e interventi già da tempo presenti nella nostra città, almeno fin dalla fine degli anni sessanta. La fine degli anni sessanta e la prima metà degli anni settanta sono caratterizzate, come è noto, da un fermento sociale e politico particolare che vede la nascita di movimenti studenteschi, movimenti politici extraparlamentari, la formazione di gruppi territoriali che in modo autonomo, e a volte coordinandosi tra di loro, cercano di organizzare le lotte sociali, le rivendicazioni locali anche su temi che riguardano la quotidianità, la vita di tutti i giorni. E’ all’interno di questo magma variegato e a volte confuso che si muovono i primi gruppi informali che pensano l’animazione come uno strumento di educazione alternativo che potesse liberare la fantasia e la creatività dei bambini (imbrigliata, come si diceva in quegli anni, dal sistema scolastico-educativo borghese,) e 8
Relazione Giusppina Arrighi, servizio Minori, Comune di Firenze Questo paragrafo offre alcuni sintetici spunti sulla complessa storia delle attività territoriali in favore dei bambini e dei ragazzi napoletani. Andrebbe approfondita, ad esempio la storia dei vari servizi e progetti (Ragazzi in città, Città in gioco, Laboratori di Educativa Territoriale, Mario e Chiara a Marechiaro 9
11
allo stesso tempo potesse costituire un momento di pratica della libertà e di controinformazione, di affermazione di valori e di idee delle cosiddette subculture popolari. I gruppi che in quegli anni si occupano di animazione, e quindi di educazione alternativa, utilizzano spesso la tecnica del teatro e del teatro di strada in particolare (giocolerie, trampoli, maschere, pupazzoni); l’animazione di strada come riappropriazione della città e recupero degli spazi ad un uso collettivo; attività di doposcuola alternativo dove i programmi scolastici venivano messi in discussione e a volte apertamente contestati. A Napoli i gruppi che operavano in questo campo erano tanti e qui se ne ricorderanno, a titolo esemplificativo, solo i due forse più rappresentativi: il Gridas (gruppo risveglio dal sonno) di Secondigliano e la Mensa dei bambini proletari di Montesanto. La storia di quegli anni è molto ricca di esperienze, di idee, di proposte innovative, di un fare educativo che si intrecciava con le lotte politiche e sociali. L’azione dei gruppi di animazione di quegli anni era caratterizzata da una forte tensione ideale e dalla convinzione che, a partire dalle esigenze di vita dei bambini e delle loro comunità di appartenenza, l’azione educativa non potesse essere separata completamente dall’agire politico più complessivo. I punti di riferimento teorici, volendo sintetizzare al massimo, erano: Célestin Freinet che con la sua proposta pedagogica e metodologica (tipografia, stampa, testi liberi, biblioteca, giornali, cinema, teatro, organizzazione cooperativistica ecc.) mirava a rompere una tradizione che vedeva i figli delle classi popolari in condizioni di inferiorità nei confronti delle classi egemoni (proposta pedagogica che veniva assunta come base fondante dal Movimento di Cooperazione Educativa - M.C.E.); Paulo Freire il quale attribuiva un ruolo fondamentale alla parola, al dialogo, alla comunicazione unitamente alla presa di coscienza oggettiva e critica, ai valori di amore, libertà, democrazia, giustizia e parlava di coscientizzazione degli oppressi; don Lorenzo Milani che, seppure non riteneva la sua esperienza della Scuola di Barbiana un modello ripetibile, era un punto di riferimento perché, soprattutto attraverso Lettera ad una professoressa, aveva documentato le ingiustizie di una scuola ostile alle richieste e alle esigenze delle classi popolari e proponeva una scuola alternativa, del tempo pieno, la centralità del ruolo del linguaggio e della parola, la formazione di una coscienza critica, la costruzione del cittadino come persona portatrice di doveri ma anche di diritti. E’ a partire da queste esperienze, dal clima di quegli anni, dalla convinzione sempre più forte che la scuola non potesse essere la sola risposta alla domanda di formazione e di aggregazione sociale per i bambini della nostra città, che l’Amministrazione Comunale di Napoli, utilizzando la legge 285 del 1977 (da non confondere con la 285 del 1997) sull’occupazione giovanile, programmò tra gli altri progetti quello definito “Animazione Infanzia”. La storia istituzionale degli interventi di Educativa Territoriale a Napoli comincia con una deliberazione di Giunta, la n. 99 del 17.7.1978 ratificata dal Consiglio Comunale con atto n. 2 del 25.7.1978.
Con
questi
atti
veniva
programmata
l’attuazione
del
progetto
“Animazione
dell’Infanzia” in esecuzione della deliberazione del Consiglio Regionale n. 175/3 del 14.10.1977 di approvazione del piano stralcio 1977 dei progetti afferenti i servizi socialmente utili di cui all’art. 26 della legge n. 285 del 1 giugno 1977 sull’occupazione giovanile. 12
Per l’attuazione di tale progetto si prevedeva l’impiego di 270 giovani di cui 30 laureati e 240 diplomati per la durata di 12 mesi, per 36 ore settimanali di cui 12 per la partecipazione al corso professionale integrativo. Il corso era tenuto dall’Istituto Universitario ‘Suor Orsola Benincasa’ e serviva a formare i giovani assunti dalle liste del collocamento speciale che avevano fatto corsi di studi a volte anche molto lontani dalle tematiche relative all’animazione e all’educazione. Per ogni circoscrizione della città era previsto un gruppo di circa 15 animatori che utilizzando soprattutto locali e rapporti con le scuole del territorio, con grande inesperienza e in alcuni casi con molta buona volontà, iniziarono un lavoro capillare e costante di animazione di territorio. Anche l’esperienza di quegli anni andrebbe approfondita ma non è questo il luogo. Basti dire che con il terremoto del 1980 molti animatori furono impegnati nell’emergenza post-terremoto e da quel momento iniziarono a fare un lavoro prettamente burocratico-amministrativo. Alcuni gruppi tuttavia continuarono il lavoro di animazione anche durante l’emergenza terremoto (si pensi a titolo esemplificativo ai gruppi di animazione che operavano sulle navi che ospitavano i terremotati dei palazzi crollati). E’ da questi gruppi che successivamente si svilupparono le esperienze che poi hanno portato alla costituzione del Centro Giovanile di via S. Sofia (attualmente mediateca S. Sofia) con Delibera di G.M.n. 115 del 30.01.1986; del Centro di Documentazione e Informazione Giovani (attualmente Informagiovani) con Delibera di G.M. n. 116 del 30.01.86; del Centro di Ricerche e Documentazione Infanzia con Delibera di G.M. n. 532 del 9.04.91; della Ludoteca Cittadina, del Centro Giovani Eta beta, del Centro di Incontro Giovani Ragazzi di via Atripaldi (attuale Centro Asterix) del Centro Laboratorio Burattini, Musica e Ombre (questi ultimi Centri tutti con Delibera di Giunta Comunale n. 4387 del 1 dicembre 1998). Nel corso di questi ultimi anni, le attività rivolte ai giovani e agli adolescenti della nostra città hanno trovato ulteriore slancio, così come si diceva all’inizio, con la Legge 285/97. A partire dallo spirito della legge e dalle esperienze maturate in tutto questo tempo, si sono articolati altri progetti (Ragazzi in Città, Città in Gioco, Laboratori di Educativa Territoriale, Mario e Chiara a Marechiaro) che costituiscono oggi l’ossatura, la parte più sostanziosa degli interventi che a Napoli vengono fatti nel campo delle cosiddette attività di Educativa Territoriale. b) Il ruolo dei centri socio-educativi. Il Comune di Napoli è sempre più impegnato in azioni di prevenzione del disagio minorile, al fine di promuovere una politica di inclusione sociale che consenta di contrastare le molteplici forme di emarginazione e devianza. In conformità al proprio modello di servizi socio-assistenziali ed educativi, gli interventi sono sempre più rivolti allo sviluppo armonico della personalità del minore e al sostegno del nucleo familiare, attraverso progetti personalizzati predisposti d’intesa con i Centri di Servizio Sociale Territoriali. A tale riguardo, nel quadro della più ampia utilizzazione delle risorse esistenti nel territorio, l’Amministrazione Comunale si avvale della collaborazione di centri socio-educativi diurni appositamente convenzionati per l’accoglienza diurna e residenziale di minori in età prescolare e scolare (3-18 anni). L’accoglienza residenziale, coinvolge una percentuale minima di utenza, nei 13
casi in cui non sia praticabile l’affidamento familiare per supportare il nucleo di origine in momenti di particolare difficoltà. Tali centri offrono un insieme di opportunità educative e di aggregazione all’interno di un contesto organizzato, che propone una serie di attività e di relazioni significative nel rapporto tra coetanei e con gli adulti di riferimento. Tali interventi sviluppano due funzioni di notevole importanza: animativa ed educativa. Da un lato agiscono come centro promozionale, orientato all’aggregazione tra coetanei, alla socializzazione culturale, e al protagonismo sociale degli adolescenti, dall’altro contribuiscono al loro processo formativo, di acculturazione e di apprendimento di competenze e abilità. I criteri di qualità della progettualità dei Centri durni socio-educativi sono individuabili nella capacità: - di realizzare un rapporto armonico fra dimensione psico-fisica e sociale con un approccio che considera la persona nella sua “globalità”, in quanto unità inscindibile e non frammentabile, dove una dimensione è strettamente e coerentemente connessa alle altre; - di sviluppare sistemi di verifica dell’intervento educativo-animativo per misurare l’efficacia dell’agire sociale; - di costruire sinergie con le realtà che nel territorio operano per l’aggregazione e la socializzazione, nell’ottica del lavoro di rete. Tra l’altro, l’accoglienza diurna può rivelarsi anche una risposta particolarmente efficace per contrastare l’insorgenza delle cause di disagio, devianza e criminalità per i minori residenti nelle realtà ad alto rischio sociale. 1.3 L’attuale situazione dell’Educativa Territoriale a Napoli Fra i diversi elementi di complessità della condizione minorile la funzione educativa presenta particolari criticità. Gli orientamenti dell'ultimo piano territoriale "285" suggeriscono di costruire una comunità educante in cui bambini e adulti, genitori e figli, operatori e cittadini diano vita a un «patto educativo», orientato all’ascolto, vicinanza, interpretazione dei bisogni dei minori, al fine di costruire percorsi di identità, appartenenza e responsabilità nella loro crescita10. In questa prospettiva si inserisce l'intervento di Educativa Territoriale promosso dal 94° Servizio Tempo libero, politiche giovanili e per i minori del Comune di Napoli, che si presenta come un'unica struttura articolata, al suo interno, in cinque aree progettuali e servizi istituzionali: 1)
Ragazzi in città
2)
Città in gioco
3)
Laboratori di Educativa Territoriale
4)
Mario e Chiara a Marechiaro
5)
Centri socio-educativi convenzionati
10
Centro Nazionale di documentazione ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Il calamaio e l’arcobaleno, Istituto degli Innocenti, Firenze, 2000
14
Ci sono poi alcune strutture del 94° Servizio (Ludoteca comunale, Mediateca S. Sofia, Centro Laboratorio Burattini “Musica e ombre”, Asterix, Eta Beta) che interagiscono con i progetti di Educativa Territoriale e offrono direttamente servizi in alcuni quartieri della città (Pianura, San Lorenzo, San Giovanni) L’intera struttura dell’Educativa Territoriale napoletana risponde alle seguenti funzioni:
ACCOGLIENZA (obiettivi: offrire un sistema di opportunità per minori; elaborare strategie per l’adozione sociale; contenere i processi di emarginazione ed esclusione)
ANIMAZIONE PEDAGOGICA DEL TEMPO LIBERO (obiettivi: individuare e costruire
spazi
aggregativi ed educativi orientati allo sviluppo e all’autonomia dei destinatari)
INTEGRAZIONE DELLE ESPERIENZE EDUCATIVE (obiettivi: coinvolgere le risorse territoriali attivabili; elaborare percorsi di orientamento educativo integrato)
UTILIZZO FACILITATO DEI SERVIZI (obiettivi: individuare nuove procedure di accesso ai servizi; favorire la mediazione fra la formalità dei Servizi e l’informalità dei progetti finanziati; sperimentare modelli integrati di interventi fra istituzioni e privato sociale).
Le varie funzioni e i diversi obiettivi si realizzano attraverso attività di vario tipo:
Aggregazione
Laboratorio
Ascolto
Orientamento
Sostegno educativo
Attività ludico-espressive
Attività sportive
Il numero complessivo dei destinatari, a quanto dichiarato nei dati ufficiali del Comune11, è di 11.708 minori, così ripartiti: 2300 bambini e ragazzi dagli 8 ai 14 anni per Ragazzi in Città – Estate Ragazzi; 1694 bambini e ragazzi dai 5 ai 12 anni per Città in Gioco; 2600 ragazzi dai 14 ai 18 anni per i Laboratori di Educativa Territoriale 343 3171
bambini per Mario e Chiara a Marechiaro bambini e ragazzi dai 7 ai 14 anni per i Centri Socio-educativi convenzionati per attività semi-
residenziali 1600 bambini, ragazzi e giovani dai 5 ai 18 anni per i Centri del Comune di Napoli (Ludoteca, Mediateca S. Sofia, Centro Laboratorio Burattini “Musica e ombre”, Asterix, Eta Beta)
11
Fonte: Comune di Napoli, 94° Servizio, Gruppo Monitoraggio L. 285/97
15
La gestione dei singoli progetti è affidata ad una variegata tipologia di organizzazioni: ENTI GESTORI ESTERNI: - 18 cooperative, - 21 associazioni, - 1 consorzio di cooperative, - 2 fondazioni, - 1 parrocchia, - 43 Istituti religiosi CENTRI DEL 94° SERVIZIO: - 1 ludoteca comunale, - 2 centri di incontro ragazzi (Eta Beta, Asterix) - 1 Mediateca (S. Sofia) - 1 laboratorio burattini (Musica e ombra)
21 organizzazioni tra queste, denominate enti capofila, sono in partenariato con altre organizzazioni territoriali. Attività, contesto territoriale, organismi e destinatari coinvolti sono, comunque, riportati, secondo gli ambiti progettuali, nella tabella successiva.
16
Tab. 1.1 I vari progetti e servizi istituzionali PROGETI E SERVIZI
RAGAZZI IN CITTÀ ESTATE RAGAZZI
ATTIVITA’
Animazione; Attività ludico e sportive; Scoutismo.
CONTESTO TERRITORIALE
Presenza in tutte le 21 circoscrizioni della città.
ORGANISMI GESTORI
63 Enti Attuatori 3 Enti Attuatori per circoscrizione
60 centri ragazzi
SERVIZIO CITTÀ IN GIOCO
LABORATORI DI EDUCATIVA TERRITORIALE
MARIO E CHIARA A MARECHIARO
CENTRI SOCIOEDUCATIVI CONVENZIONATI PER LE ATTIVITA’ SEMIRESIDENZIALI
CENTRI DEL COMUNE (Ludoteca/ Mediateca S. Sofia/ Centro Laboratorio Burattini “Musica e ombre” / Asterix/ Eta Beta)
Attività ludiche; Giochi in strada e nei parchi della città.
Animazione in parchi cittadini; Attività sportive e balneari; Campus residenziali; Escursioni e giochi a squadra.
Presenza in 15 circoscrizioni della città. 16 ludoteche
Presenza in 18 circoscrizioni della città. 20 centri diurni
17 Enti Attuatori
21 Enti Capofila 1 Ente capofila per circoscrizione
TIPOLOGIA DEL GESTORE
50 Associazioni 4 Cooperative 4 Istituto Religioso 2 Centri 2 Parrocchie 1 Fondazione
DESTINATARI COINVOLTI
2300 minori da 5 a 15 anni
15 Associazioni 1 Fondazione 1 Parrocchia
1694 minori dai 5 ai 12 anni
9 Cooperative 6 Associazioni 1 Consorzio 1 Fondazione 1 Istituto Religioso
2600 minori dai 14 ai 18 anni
Attività socioeducative residenziali (soggiorni e week end educativi), scambi culturali
Presenza in una circoscrizione cittadina
94° Servizio Centro polifunzionale San Francesco d’Assisi
Associazioni, cooperative ed enti vari
343 minori
Attività ludiche e sportive; Escursioni; Attività marine diurne/residenziali; Visite guidate a musei cittadini
Città di Napoli
53 centri convenzionati
Istituti religiosi, scuole ed enti vari
3171 minori dai 7 ai 14 anni
Attività di ludoteca; Laboratori di manipolazione e scenotecnica; Visite guidate; Giochi da tavolo; Giochi di strada e di movimento; Attività di mediateca.
Presenza in 3 circoscrizioni della città.
94° Servizio
Comune di Napoli
1600 minori dai 5 ai 18 anni
17
1.3
Perché un progetto su «assetti organizzativi e soluzioni gestionali per la realizzazione degli interventi di Educativa Territoriale nel comune di Napoli»
La sintetica descrizione delle attività di Educativa Territoriale del Comune, è servita a definire il contesto in cui si è sviluppato il progetto «Assetti Organizzativi e Soluzioni Gestionali per la Realizzazione degli Interventi di Educativa Territoriale nel Comune di Napoli», La complessa articolazione delle attività di Educativa Territoriale, con l’elevato numero di organizzazioni coinvolte nella gestione dei progetti, ha condotto i responsabili del 94° Servizio del Comune ad una riflessione sui rischi di frammentazione degli interventi, riflessione che ha portato a individuare l’esigenza di sviluppare comunicazioni, scambi, accordi, comuni orientamenti capaci di attivare efficaci interazioni tra i vari soggetti coinvolti Nel percorso proposto da Studio ERReSSE e Studio APS il consolidamento degli assetti organizzativi e la ricerca di possibili soluzioni gestionali, sono considerati elementi cruciali per favorire processi di effettiva integrazione tra le agenzie (pubbliche e del terzo settore) impegnate nell’Educativa Territoriale. Infatti per sviluppare integrazione, per migliorare la comunicazione, per costruire relazioni significative, non basta dotarsi delle "tecniche giuste" o procurarsi gli spazi adeguati per il “funzionamento della rete”, ma occorre anche individuare e affrontare le criticità organizzative più ricorrenti nelle concrete esperienze di lavoro nell’Educativa Territoriale. E’ proprio a partire da queste considerazioni che il progetto è stato denominato «Assetti Organizzativi e Soluzioni Gestionali per la Realizzazione degli Interventi di “Educativa Territoriale” nel Comune di Napoli». Il progetto prevede tre Fasi: FASE 1 Ricerca qualitativa FASE 2 Attivazione di laboratori di progettazione FASE 3 Sperimentazione degli strumenti progettati e consulenza alle organizzazioni Tab. 1.2 Cronoprogramma
FASE 1 FASE 2 FASE 3 NOVMBRE 2001
DICEMBRE 2002
MARZO 2003
GIUGNO 2003
18
Vista la diversificazione dei progetti e considerato il numero elevato di soggetti gestori, è sembrato importante, innanzitutto, esplicitare i diversi modi di intendere l’Educativa Territoriale, per valorizzare le differenze ma anche per contribuire alla costruzione di un linguaggio più condiviso dalle diverse organizzazioni. Pertanto il progetto in questa prima fase persegue i seguenti obiettivi:
costruire una definizione più condivisa di Educativa Territoriale, attraverso un’ampia, articolata e partecipata esplorazione dell’esperienza realizzata e delle problematiche affrontate dai vari soggetti organizzativi coinvolti.
individuare le eventuali criticità organizzative che ostacolano le comunicazioni e le interazioni e che possono alimentare processi di frammentazione.
Gli elementi emersi dalla ricerca saranno il punto di partenza per le attività delle fasi successive (Laboratorio di Progettazione e sperimentazione), fasi che mirano ad attivare una progettazione partecipata che, in estrema sintesi, risponda alle seguenti finalità:
Sviluppare un’esperienza di progettazione integrata di soluzioni organizzative e gestionali che permetta nel contempo di affrontare le eventuali criticità rilevate e di sperimentare efficaci forme di cooperazione tra le diverse realtà del Privato Sociale e tra Privato Sociale e 94° Servizio del Comune di Napoli.
Accompagnare la sperimentazione delle soluzioni organizzative e gestionali individuate predisponendo anche iniziative finalizzate a diffondere e consolidare competenze e strumenti tecnici per la progettazione, la gestione, il monitoraggio e la valutazione degli interventi rivolti ai minori.
19
CAPITOLO II TRACCE PER LA COSTRUZIONE DI UNA MAPPA DELLA SITUAZIONE DEI MINORI 2.1 Una possibile mappa territoriale della situazione dei minori La mappa territoriale che viene qui presentata nasce da una rielaborazione di dati provenienti da alcune fonti istituzionali (Comune di Napoli, ASL NA1, Provveditorato, Tribunale per i minorenni). Questi dati, articolati secondo i nuovi assetti territoriali previsti dalla L.328/200012, consentono una prima parziale descrizione delle criticità e dei problemi distribuendoli nelle varie realtà territoriali napoletane. La scelta di provare a differenziare il territorio sulla base di alcuni indicatori risponde all’ipotesi che un’Educativa Territoriale rivolta a bambini e ragazzi, debba necessariamente rapportarsi al contesto in cui opera. Più che rappresentare verità assolute o definire con precisione quale sia “la situazione dei minori a Napoli”, l’interesse del progetto è proporre una prima mappa che, come una incompleta carta geografica, pur non rispecchiando fedelmente la realtà, possa orientare e accompagnare i viaggiatori o i ricercatori nei loro percorsi esplorativi. La mappa va dunque considerata come uno strumento per “partire”, per muoversi in direzioni abbastanza sensate e per circoscrivere gli spazi e i confini del percorso. Ovviamente, come in tutte le definizioni di confini, c’è il rischio di proporre ripartizioni rigide, del tipo “quartieri a rischio/quartiere garantiti” oppure “quartieri ghetto/quartieri d’èlite”, mentre è chiaro che nella realtà le differenze, le distanze e i confini sono molto più sfumati, meno netti e più “provvisori” di quelli esprimibili con un’espressione numerica. Tuttavia la mappa è uno strumento che, in linea con il resto del nostro progetto, potrà offrire delle piste e delle ipotesi interpretative per le successive fasi di lavoro. Del resto «i dati, se non sono solo numeri, se non vengono raccolti soltanto per adempiere a prescrizioni burocratiche e se non vengono solo depositati, accumulati negli archivi, possono fornire segnali per delineare in modo più diretto e preciso l’oggetto o gli oggetti da lavorare e i servizi da produrre»13
12 13
Divisione in 10 UTB, coincidenti con i 10 distretti sanitari e numerate dal n. 44 al n. 53 F. Olivetti Manoukian, Produrre sevizi. Lavorare con oggetti immateriali, Il Mulino 1998, pag. 107
20
2.2 La distribuzione delle criticità più evidenti Nel costruire la mappa abbiamo tenuto conto della nuova suddivisione territoriale del Comune di Napoli che emerge dal Piano Sociale di Zona (L.328/2000). La Città è stata divisa in 10 Unità Territoriali di Base (da questo momento denominate UTB), che accorpano le 21 Circoscrizioni Comunali e corrispondono ai 10 distretti sanitari della ASL NA1 (per la divisione delle circoscrizioni si veda la Tab. 2.2) I dati presi in considerazione sono i dati istituzionali disponibili sulla condizione dei minori nel Comune di Napoli:
dal Piano Sociale di Zona 2001-2003 (L. 328/2000) sono stati estrapolati i seguenti dati
14
:
minori utenti dell’Unità Operativa Salute Mentale minori utenti del Ser.t
dall’Osservatorio sulla dispersione scolastica provengono i dati sull’inadempienza scolastica nelle scuole elementari e medie15
dal tribunale dei minori provengono i dati sui minori inseriti nel circuito penale della regione (Istituti e Centri Prima Accoglienza)16.
È ovvio che i dati rilevati si riferiscono solo ai minori che accedono a (o sono censiti dai) servizi. Per ogni UTB sono stati sommati i dati relativi alle fonti di cui sopra:
Tab 2.1 Totale minori con criticità per UTB
CONDIZIONE MINORI
UTB 44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
INADEMPIENTI SCUOLE ELEMENTARI
30
3
27
8
33
25
41
51
77
52
347
INADEMPIENTI SCUOLE MEDIE
41
38
87
14
143
86
102
113
177
53
854
MINORI IN CIRCUITO PENALE
10
6
9
2
21
19
42
36
36
19
200
UTENTI SER.T (Servizio tossicodipendenze)
0*
100
36
18
2
1
8
8
18
8
199
UTENTI UOSM (Unità Oper. Salute Mentale)
68
7
10
7
37
24
10
6
17
20
206
TOTALE MINORI CON CRITICITA’
149
154
169
49
236
155
203
214
323
154
1806
* Gli utenti tossicodipendenti del distretto 44 si rivolgono ad altri Ser.t
Per ogni UTB è stata poi calcolata l’incidenza dei minori con criticità sul totale della popolazione 020 anni17, operazione che ha consentito di ottenere un indice di criticità per ogni UTB (1 per mille minori):
14
Piano di Zona, Comune di Napoli, 2001 O.D.S. - Osservatorio Dispersione Scolastica, La dispersione solastica. Analisi dei dati dell’anno scolastico 98-99, Comune di Napoli 16 Nostra elaborazione su dati del Centro per la Giustizia minorile per la Campania e il Molise (27 aprile 2001) 17 Nel Piano Sociale di Zona le classi d'età sono le seguenti: 0-5 anni, 6-13, 14-20 15
21
TOT.
Tab 2.2 Indici di criticità per UTB
NUMERO UTB
CIRCOSCRIZIONI
TOT. MINORI CON CRITICITÀ
TOTALE 0 - 20 ANNI
INDICE DI CRITICITÀ (per mille)
44
SAN FERDINANDO CHIAIA POSILLIPO
149
18.820
7,9
45
BAGNOLI / FUORIGROTTA
154
23.240
6,6
46
SOCCAVO/PIANURA
169
32.534
5,2
47
VOMERO/ARENELLA
49
24.156
2,00
48
SCAMPIA/PISCINOLA/CHIAIANO
236
28.118
8,4
49
STELLA / SAN CARLO
155
26.186
5,9
50
MIANO / S. PIETRO/ SECONDIGLIANO
203
28.643
7,1
51
AVVOC.- MONTEC. S. GIUSEPPE/MERCATO-PENDINO
214
24.569
8,7
52
PONTICELLI/BARRA/S.GIOVANNI
325
36.744
8,8
53
VICARIA S. LORENZO/POGGIOREALE
152
26.234
5,8
TOTALE COMUNE
1806
269.244
6,7
Già da una prima, rapida lettura di queste cifre, si può sottolineare la differenziazione tra i vari contesti. Ad esempio, l'incidenza dei minori con particolare criticità, nell'UTB 52 è di circa quattro volte superiore rispetto a quella dell'UTB 47. Partendo da questa semplice riflessione abbiamo ordinato le UTB secondo un indice di criticità crescente: nella seguente griglia troviamo a sinistra le UTB che presentano un indice inferiore alla media comunale, a destra le UTB con un indice di criticità maggiore della media.
Tab. 2.3 -Iindici di criticità per UTB UTB 47
UTB 46
UTB 53
UTB 49
2,00
5,2
5,8
5,9
UTB 45 COMUNE 6,6
6,7
UTB 50
UTB 44
UTB 48
UTB 51
UTB 52
7,1
7,1
8,4
8,7
8,8
Da questa prima interrelazione è emerso un quadro che in parte conferma alcune diffuse rappresentazioni sulla distribuzione del disagio minorile a Napoli.
22
Ad esempio, i quartieri che solitamente sono definiti più “a rischio” rispetto ad altri risultano essere quelli della zona orientale della città (UTB 52, con Barra, San Giovanni, Ponticelli), alcune zone del centro antico (l'UTB 51 Avvocata-Montecalvario) e delle periferie Nord (l'UTB 48 con Scampia 18). I quartieri che in genere sono considerati "più garantiti" sono invece quelli della parte alta della città (l'UTB 47 Vomero-Arenella). C’è poi una fascia intermedia che comprende quartieri che presentano sia concentrazione di insediamenti “popolari” sia situazioni abitative apparentemente meno problematiche" (si pensi al caso tipico dell'UTB 44 dove convivono la Riviera di Chiaia e il Pallonetto di Santa Lucia). L’UTB 49 (Stella-San Carlo) e l’UTB 53 (S. Lorenzo-Poggioreale), che presentano insediamenti storicamente considerati difficili (ad es. la “Sanità”) presentano un indice di criticità leggermente inferiore alla media comunale. E’ molto importante tener presente il fatto che le UTB sono accorpamenti di più circoscrizioni, e che quindi all’interno di ogni UTB possono essere presenti rilevanti disomogeneità. A tal proposito nella tabella seguente (tab. 2.4) si può osservare come si distribuiscono i minori portatori di criticità nelle singole circoscrizioni delle diverse UTB. Nel disaggregare i dati per circoscrizione si è tenuto conto solo dell’inadempienza scolastica e dei minori inseriti in circuito penale, visto che i dati relativi ai minori utenti dei Ser.t e dell’UOSM sono rilevati per distretto (si veda la tab. 1.2) ma non per circoscrizioni. In ogni caso si può notare come all’interno delle circoscrizioni di ogni UTB l’incidenza dei minori con criticità sia sensibilmente diversa: si va dallo 0,7 per mille del Vomero, al 12,8 per mille di Scampia. L’andamento di questo indicatore evidenzia che la possibilità di trovarsi in una situazione critica è per i minori di Scampia 18 volte superiore a quella dei coetanei del Vomero (la situazione di Barra, che presenta un indice inferiore, anche se di poco, alla media comunale, andrà approfondito). Se prendiamo in considerazione l’andamento di questo indice nelle UTB possiamo notare come le variazioni vadano dal 1 per mille dell’UTB 47 al 8,1 dell’UTB 51; questo dato evidenzia che mediamente per i minori dell’UTB 51 la possibilità di trovarsi in una situazione critica è 8 volte superiore ai coetanei dell’UTB 47. Questa prima mappa, seppur migliorabile attraverso l’utilizzazione di altri dati, offre una prima parziale rappresentazione delle diverse possibilità per i minori residenti nel Comune di Napoli di trovarsi in situazioni di criticità.
Questo quadro descrittivo si configura quindi come un valido
strumento di lavoro che può sollecitare nuovi approfondimenti e comprensioni sulle diversità presenti nel territorio cittadino, a cui dovrebbe corrispondere una diversificazione delle scelte progettuali, degli investimenti e degli interventi di Educativa Territoriale.
18
La UTB 48 della quale fa parte Scampia, registra un indice di criticità corrispondente a 3,4, più basso di quanto ci si poteva aspettare; il dato è presumibilmente condizionato dalla eterogeneità territoriale.
23
Tab. 2.4 Inadempienza scolastica e minori in circuito penale: incidenza delle circoscrizioni all’interno delle UTB (In blu le circoscriz. con un indice inferiore alla media comun., in rosso quelle con un indice superiore)
CIRCOSCRIZIONI
TOTALE MINORI CON CRITICITÀ
TOTALE POPOLAZIONE 0 - 20 ANNI
INDICE CRITICITÀ (per mille)
UTB 44
81
18.820
4,3
Chiaia
81
18.820
4,3
UTB 45
47
23.240
2,0
Bagnoli
19
6.344
3,0
Fuorigrotta
28
16.896
1,7
UTB 46
120
32.534
3,7
Soccavo
50
12.892
3,9
Pianura
70
19.642
3,6
UTB 47
24
24.156
1,0
Vomero
7
9.690
0,7
Arenlla
17
14.466
1,2
UTB 48
197
28.118
7,0
Scampia
154
12.068
12,8
Piscinola
20
9.231
2,2
ChiaIano
23
6.819
3,4
UTB 49
130
26.186
5,0
Stella-San Carlo
130
26.186
5,0
UTB 50
185
28.643
6,5
Miano
72
8.087
8,9
San Pietro A Patierno
31
6.252
5,0
Secondigliano
82
14.304
5,7
UTB 51
200
24.569
8,1
Avvocata
113
17.232
6,6
Mercato
87
7.337
11,9
UTB 52
288
36.744
7,8
Ponticelli
142
17.504
8,1
Barra
57
11.656
4,9
San Giovanni
89
7.584
12,0
UTB 53
126
26.234
4,8
San Lorenzo
76
17.509
4,3
Poggioreale
50
8.725
5,5
TOT
1.398
269.244
5,2
DI
24
CAPITOLO III LE ATTIVITA’ SVOLTE E I PROBLEMI TRATTATI DALL’EDUCATIVA TERRITORIALE 3.1 La partecipazione al percorso di indagine La FASE 1, come detto sinteticamente nel primo capitolo, ha previsto la realizzazione di un questionario e di un ciclo di focus group. Il questionario (di cui parleremo in maniera più dettagliata nel quarto capitolo) era centrato in particolare sulla qualità delle collaborazioni e sul livello di comunicazione tra le organizzazioni. I focus group, svolti successivamente ai questionari, oltre a sviluppare approfondimenti conoscitivi su questi temi, si proponevano anche di realizzare un confronto diretto con gli operatori coinvolti nell'Educativa Territoriale, da cui far emergere le diverse esperienze presenti nel Comune di Napoli e i diversi significati che le organizzazioni attribuiscono all'Educativa Territoriale. In questo capitolo ci soffermeremo su quest'ultimo aspetto, lasciando al quarto capitolo i problemi connessi alle collaborazioni e alle comunicazioni (esplorate sia dai focus che dai questionari). Nei mesi trascorsi sono stati realizzati undici focus group, nel tentativo di ottenere una partecipazione più eterogenea possibile. I primi sei focus sono stati rivolti alle organizzazioni impegnate, su tutto il territorio cittadino, nelle singole aree progettuali e servizi istituzionali: Centri socio-educativi convenzionati, Centri del Comune, Laboratori di Educativa Territoriale, Ragazzi in Città, Città in Gioco, Mario e Chiara a Marechiaro. Altri cinque focus group hanno invece tenuto conto di una logica territoriale: sono stati scelti cinque distretti (UTB) rappresentativi e in ogni focus group sono stati invitati i referenti di enti e organizzazioni che in quello specifico territorio sono impegnate nei diversi progetti e servizi. Ecco l’elenco dei focus, svolti tra maggio e luglio 2002: Tab 3.1 Elenco dei focus group svolti - ordine cronologico
FOCUS GROUP CON I REFERENTI DELLE AREE PROGETTUALI E SERVIZI ISTITUZIONALI 1. Centri Socio-educativi convenzionati -17 maggio 2002 2. Centri Comunali (Ludoteca comunale, Mediateca S. Sofia, Centro Laboratorio Burattini “Musica e
3. 4. 5. 6.
ombre”, Asterix, Eta Beta) - 4 giugno 2002 Laboratori di Educativa Territoriale - 5 giugno 2002 Ragazzi in Città - 7 giugno 2002 Città in Gioco - 11 giugno 2002 Mario e Chiara a Marechiaro - 12 giugno 2002
FOCUS GROUP TERRITORIALI (Realizzati con enti e organizzazioni dell’area Educativa Territoriale)
7. Unità Territoriale di Base n° 51 - 14 giugno 2002 8. Unità Territoriale di Base n° 52 - 17 giugno 2002 9. Unità Territoriale di Base n° 44 e 47 - 18 giugno 2002 10. Unità Territoriale di Base n° 46 - 19 giugno 2002 11. Unità Territoriale di Base n° 48 - 20 giugno 2002
25
Ai focus group dedicati alle aree progettuali sono stati invitati 61 responsabili di organizzazioni (o rappresentanti di essi) e hanno effettivamente partecipato 40 operatori (circa il 70%). Ai focus group riservati alle Unità Territoriali di Base sono stati, invece, invitati 40 responsabili ed hanno effettivamente partecipato 21 persone (circa il 50%). In totale dunque sono stati invitati 101 responsabili con una partecipazione complessiva di 61 operatori (circa il 60%. ) La conduzione dei focus group è stata sempre realizzata da due componenti dello staff di progetto. Poiché la coppia di conduzione non è sempre stata la stessa, abbiamo tentato di ridurre i rischi legati a stili di conduzione diversi o a modalità diverse di raccolta delle informazioni, attraverso l’elaborazione condivisa di una griglia di conduzione.19 Come già accennato con i focus group ci si proponeva, da un lato, di raccogliere le varie definizioni di Educativa Territoriale e, dall’altro, di approfondire gli aspetti relativi alle comunicazioni e ai fattori che facilitano e/o ostacolano le collaborazioni. Nelle pagine seguenti rifletteremo solo su quanto emerso dalla prima sollecitazione proposta nei focus, cioè su cosa significa Educativa Territoriale per gli operatori che realizzano i progetti e i servizi nel Comune di Napoli.
3.2 Le diverse rappresentazioni di Educativa Territoriale La domanda iniziale di ogni focus group è stata dunque la seguente: «Che cos’è l’Educativa Territoriale e quali problemi affronta?». A tal riguardo, prima di soffermarci sugli elementi emersi, è forse utile esplicitare la prospettiva dalla quale siamo partiti e in particolare come abbiamo utilizzato il concetto di “situazione problematica” . Abbiamo considerato come situazione problematica la presenza di sofferenze e/o disagi (determinati da specifiche condizioni culturali, sociali, relazionali, psichiche e fisiche) percepiti dai minori e/o da loro interlocutori come discrepanti da una condizione desiderata. La situazione problematica di un soggetto si concretizza quindi:
nell'interazione che i minori stabiliscono tra i loro bisogni e le loro aspettative e ciò che offre la realtà in cui sono inseriti;
nello squilibrio, nella scarsa integrazione, che si determina al loro interno tra aspetti conosciuti ed elementi nuovi che assumono una valenza critica.
La situazione problematica di un minore è così espressa dalla frammentata compresenza di aspetti critici (specifiche condizioni o fattori che determinano sofferenze e/o disagi) e risorse (conoscenze, opportunità, competenze, capacità). In questa prospettiva la situazione problematica di un minore è determinata da ciò che viene messo in gioco nella relazione che il soggetto stesso stabilisce con la realtà in cui vive. La situazione
19
La griglia di conduzione dei Focus group è inserita nell’allegato n° 2
26
problematica non può quindi mai essere determinata solo dal minore o solo dalla realtà esterna in cui esso vive. La rappresentazione della situazione problematica di un minore è costruita attraverso l'integrazione di diverse prospettive di osservazione (giovani, operatori, famiglie, istituzioni) che contengono descrizioni di elementi di realtà (aspetti critici e risorse) e elementi interpretativi (attribuzioni di significato a ciò che si osserva) . La domanda posta nei focus group (Che cos’è l’Educativa Territoriale e quali problemi affronta?) poggiava dunque su tali elementi concettuali. Le risposte dei partecipanti a questa domanda sono di notevole interesse e rimandano sia ai vissuti personali dei singoli operatori che alle esperienze realizzate dalle organizzazioni attraverso i progetti. Infatti, gli operatori si sono espressi prevalentemente attraverso il racconto di ciò che è accaduto durante l’attuazione dei progetti. Dai racconti trasparivano non solo la vicinanza ai minori e alle loro situazioni di vita, ma anche gli sforzi e la fatica degli operatori, legate a problemi di ordine gestionale, organizzativo e di relazioni con le istituzioni. Ritornando allo specifico dei problemi dei minori trattati dai progetti, oltre a quanto appena affermato, si è riscontrata la tendenza degli operatori a descrivere l’Educativa Territoriale a partire più dagli obiettivi dei progetti e dalle attività svolte che dai problemi affrontati. La principale difficoltà interpretativa consiste proprio nel definire quali siano i problemi trattati dall'Educativa Territoriale facendoli emergere dal racconto delle attività realizzate . Per condividere maggiormente questa difficoltà riportiamo, nelle successive pagine, alcune sintesi significative dei Focus, rimandando agli allegati per le relazioni complete20,: “L’Educativa Territoriale è un sistema educativo globale che deve garantire alle persone di imparare ad imparare… Per avere una funzione l’Educativa Territoriale deve esistere in un territorio vivo, in una comunità educante. Deve rappresentare un intervento che contribuisca allo sviluppo sociale del territorio in cui la specificità di ogni agenzia non crei competizione ma pari dignità pedagogica…. Il tessuto sociale deve assumersi la corresponsabilità dei minori, promovendo il recupero e il cambiamento degli spazi di socialità dei bambini sia interni alla famiglia che all’ esterno, in strada… Le agenzie che si occupano di Educativa Territoriale devono mirare al recupero di relazioni tra minori e adulti… L’Educativa Territoriale serve, anche, a creare punti di riferimento per sostenere i minori in situazioni di disagio" (focus group: Centri Comunali, 4 giugno 2002)
“L’Educativa Territoriale lavora anche per il recupero di spazi e luoghi inutilizzati… Inoltre per trattare i problemi dell’adolescenza il comune di Napoli dovrebbe provvedere con uno staff di esperti che si mettano a disposizione dei territori per inventare nuovi tipi di intervento educativo … L’Educativa Territoriale parte dalla proposta di un sostegno scolastico, in cui l’affluenza dei partecipanti è alta, ma poi si allarga ad offrire altri tipi di attività …” (focus group: Unità Territoriale di Base n° 46, 19 giugno 2002)
20
Ad ogni organizzazione è stata inviata la relazione del focus group a cui ha partecipato. Le relazioni dei Focus group sono comunque consultabili presso la sede dello Studio ERReSSE
27
“L’Educativa Territoriale è valida se crea reti sociali utili alle famiglie. L’Educativa Territoriale è strategia, progetto individuale per il minore, è comprendere l’emotività, la cultura… E’ la comprensione dei linguaggi non verbali… Se non ci si può avvalere di finanziamenti per pagare professionisti esperti non si potranno mai avere progetti di qualità…” (Focus group: Unità Territoriale di Base n° 44/47, 16 giugno 2002)
“L’Educativa Territoriale ha una funzione di ascolto, osservazione degli adulti e dei minori del territorio, coinvolgendo quest’ultimi in attività ricreative che li aiutano ad interessarsi al progetto che sottende… In alcuni casi funziona c'è una delega al progetto da parte della famiglia, in altri casi invece si riesce a coinvolgere anche le famiglie multiproblematiche … L’Educativa Territoriale è un intervento finalizzato a far scoprire la responsabilizzazione… …volto all’orientamento allo studio e al lavoro dei ragazzi un po’ più grandi per evitare l’influenza delle famiglie sulla loro scelta; … è un intervento che favorisce l’integrazione fra minori appartenenti a classi sociali e culturali diverse; che agisce sulla rabbia, sull’aggressività, sulla paura dei minori (focus group: Ragazzi in città, 6 giugno 2002)
“Per Educativa Territoriale si intende prendere coscienza dello stato della persona con un processo di coinvolgimento della stessa persona che chiede aiuto. Questa presa di coscienza deve dare la possibilità ai genitori di acquisire la consapevolezza di aver bisogno di un intervento di sostegno educativo … L’Educativa Territoriale deve operare in un contesto di sviluppo di comunità dove non ci siano solo attività per minori ma anche per anziani e donne … L’Educativa Territoriale deve lavorare sulla maschera sociale che è la modalità di vita che i ragazzi sono costretti ad adottare con gli altri: amici, territorio, genitori e insegnanti. Un altro aspetto è che l’Educativa Territoriale può essere l’occasione di riduzione della diversità: cioè integrare minori provenienti da diversi contesti socio-culturali ed economici” (focus group: Unità Territoriale di Base n° 51, 14 giugno 2002)
“L’Educativa Territoriale ha permesso alle organizzazioni di diventare un punto di riferimento per le famiglie. In ogni quartiere le attività vanno tarate sulle esigenze dei ragazzi, utilizzando il loro linguaggio … Con le attività di Educativa Territoriale si trasmette ai ragazzi un senso della vita e ci si sforza di capire le loro vite. I laboratori sono un processo di scambio attraverso cui si offrono strumenti per operare delle scelte… (focus group: Laboratori di Educativa Territoriale, 5 giugno 2002)
“Le attività di Educativa Territoriale si rivolgono a bambini che si portano dietro gravi disagi familiari … L’Educativa Territoriale funziona nei casi in cui non c’è un’eccessiva disgregazione familiare e dove la scuola risponde al suo mandato istituzionale … La realtà e che i ragazzi hanno un rapporto di conflittualità forte con la Scuola e, per quelli che hanno una situazione di forte disagio familiare, la scuola è un ulteriore luogo di disagio, perché tende ad emarginarli. Per tali ragazzi, che fanno spesso vita di strada, partecipare alle attività di Educativa Territoriale significa solo stare un paio d’ore lontani dalla strada …”
(focus group: Centri socio-educativi convenzionati, 5 giugno 2002) “L’Educativa Territoriale può servire da una parte a sboccare situazioni multiproblematiche dall’altra per intervenire con attività di intrattenimento… Nell’area dell’Educativa Territoriale ci sono tre tipologie di progettualità” (focus group: Agenzie che realizzano E.T. per conto del Comune, 4 giugno 2002)
“Vanno intesi come Educativa Territoriale tutti gli interventi sul territorio che riguardano i minori, tutto ciò che è formazione e scambio all’interno di un territorio. L’ET è un percorso all’interno di altri percorsi, un intervento propositivo sul territorio e che mira a valorizzare il territorio stesso”. (focus group: Città in gioco, 11 giugno 2002) 28
“Educativa Territoriale significa possibilità di vivere il territorio interagendo con altri. Un territorio vasto, dove le possibilità di azione e interazione sono tante. Occorre avere una visione aperta dell'ET, che va intesa come possibilità di attivare le risorse già esistenti sul territorio (SS, coop., assoc., famiglie, singoli). Educativa Territoriale è tutto ciò che può essere attivato in un quartiere, in un lotto, in un palazzo, partendo dalle persone (a Scampia, ad esempio, è sia un problema, sia una risorsa, il forte senso di appartenenza al lotto di molti ragazzi)”. (focus group: Unità Territoriale di Base n° 48, giugno 2002)
“L’E.T. è percepita come il legame che è necessario creare nel territorio fra le agenzie educative. E’ un’attività che deve coinvolgere le famiglie dei minori. Fra i problemi che affronta si rileva la difficoltà di coinvolgere i minori nelle attività previste dai progetti e la sovrapposizione/competizione di organismi che propongono attività simili (collegamento con un focus precedente dove si affermava che i minori vengono contesi dalle stesse organizzazioni)”. (focus group: Unità Territoriale di Base n° 52, 17 giugno 2002)
Queste sintesi sembrano suggerire che i problemi dei ragazzi e dei territori, che le organizzazioni provano ad affrontare con i loro progetti, sono prevalentemente “impliciti”, considerati come un "dato" che non occorre descrivere perché già conosciuto. Nei racconti degli operatori sono invece enfatizzate la definizione degli obiettivi e la dimensione operativa, o perché considerate aspetti più efficacemente narrabili, dal momento che nei focus group occorreva "raccontare" e confrontarsi con altri, oppure perché forse sono considerate le fasi più importanti in un progetto. Per far emergere dal racconto degli operatori una possibile tipologia dei problemi trattati dall’Educativa Territoriale abbiamo innanzitutto accorpato in quattro gruppi i vari interventi e le varie attività progettuali, sulla base degli elementi ricorrenti nei vari focus group. Si può pertanto affermare che le attività di Educativa Territoriale si articolano come segue: A. ATTIVITÀ DI SOSTEGNO/INTEGRAZIONE: attività che tendono prevalentemente a sostenere l’offerta educativa delle famiglie, considerate inadeguate a farsi carico dei bisogni dei minori; tali interventi tendono ad occupare il più possibile il quotidiano dei destinatari attraverso diversi tipi di attività che, nel loro insieme, intendono proteggere i minori dalla invasiva multi-problematicità dei nuclei familiari e dei contesti territoriali di provenienza. B. ATTIVITA’ RELAZIONALI: attività orientate a sostenere le comunicazioni e le relazioni tra minori con specifici problemi di integrazione, riconducibili, in alcuni casi, a particolari deprivazioni dei contesti familiari e territoriali; attività orientate a favorire o sostenere il rapporto minori-famiglie e minoriinsegnanti.
29
C. ATTIVITA’ ESPRESSIVE: attività prevalentemente orientate a farsi carico dello sviluppo di capacità/abilità individuali dei minori nell’apprendimento scolastico, tecnico, artistico, ludico-espressivo, di orientamento al lavoro ecc.. D. ATTIVITA’ DI PROMOZIONE DELLA LEGALITA’: attività orientate a favorire lo sviluppo di identità culturale nei gruppi di pari e finalizzate ad accrescere le capacità critiche dei minori, in contesti territoriali in cui spesso sono compresenti cultura della microcriminalità/devianza e cultura della legalità. Va sottolineato che, mentre nei primi tre casi i destinatari delle attività sono le singole persone e il gruppo è utilizzato prevalentemente come strumento di lavoro, il soggetto destinatario delle attività dell’ultimo tipo è specificamente il gruppo dei pari. Dopo aver costruito una tipologia di attività abbiamo poi individuato i problemi più rilevanti trattati dall’Educativa Territoriale. Ovviamente quella che proponiamo è una prima schematizzazione che rappresenta i problemi tenendo conto sia di fattori ambientali, cioè legati ai contesti di vita del minore, sia di fattori individuali, cioè legati ai livelli di fragilità personali. È come se ogni problema lo si leggesse a partire dalle due diverse prospettive, quella del contesto e quella dell’individuo. Le possibili connessione tra questi due tipi di fattori, oltre che tra i diversi problemi, saranno oggetto di riflessioni e approfondimenti in parte nelle prossime pagine, e più in particolare nei gruppi di lavoro previsti nelle fasi successive del progetto.
1) CARENZA DI OPPORTUNITA’ LUDICO-ESPRESSIVE / CONFORMISMO AFFIEVOLIMENTO DELLA CREATIVITA’ In molti contesti si riscontra una carenza di spazi, di luoghi, di strumenti con cui i ragazzi possano esprimersi, manifestare le proprie capacità comunicative e il proprio bisogno di divertirsi e di giocare. Ma si avverte anche la presenza di difficoltà nei ragazzi a trovare forme espressive più personali e soddisfacenti.
2) INADEGUATEZZA DELL’OFFERTA PEDAGOGICA / DIFFICOLTA’ A SVILUPPARE APPRENDIMENTI: In questo caso il problema è relativo a un’offerta pedagogica (in particolare della scuola) che in alcuni casi sembra proporre strategie cognitive e strumenti che non sempre i minori accolgono e utilizzano. Sul versante individuale ciò significa una difficoltà di alcuni minori a sviluppare apprendimenti cognitivi soddisfacenti.
30
3) SCARSA ATTENZIONE ALLA QUALITA’ RELAZIONALE DEI CONTESTI / DIFFICOLTA’ DEI MINORI A COSTRUIRE RELAZIONI SIGNIFICATIVE Ci si riferisce alla fragilità (in alcuni casi inconsistenza) dei sistemi relazionali tra i minori e tra minori e adulti. La fragilità è espressa sia da una non adeguata sensibilità degli adulti nei vari contesti di vita, sia ad una mancanza di tempo, spazi e luoghi in cui sperimentare la socialità. L’abbandono e l’isolamento portano i bambini e i ragazzi a chiudersi, a incontrare grandi difficoltà nel costruire relazioni significative con gli altri (coetanei o mondo adulto) e a rifugiarsi in un “altrove” che può essere rappresentato da un computer, dal proprio banco di scuola, dalla propria stanza, dalla strada, dal gruppo dei pari inteso come clan, ecc.)
4) INADEGUATEZZA DELLE FUNZIONI EDUCATIVE DEGLI ADULTI / FRAGILITA’ AFFETTIVE DEI MINORI I bambini e i ragazzi hanno bisogno di sviluppare legami affettivi con un mondo adulto sano, di identificarsi in modelli credibili e riconoscibili. In alcuni contesti c’è una consistente debolezza del ruolo educativo svolto dal mondo adulto (genitori, insegnanti, altri soggetti adulti presenti nel contesto di vita): questo contribuisce a una perdita della funzione educante svolta dalla comunità
5) CAPACITA’ DI ATTRAZIONE DELLA CULTURA DELL’ILLEGALITA’ / CONFORMISMO E INDEBOLIMENTO DELLA CAPACITA’ CRITICA In questo caso il problema è rappresentato dal fascino che in alcuni contesti esercita la sub-cultura malavitosa. In assenza di riferimenti significativi nel mondo adulto, di esempi in cui riconoscersi, c’è il rischio che prevalgano modelli e valori propri della cultura dell’illegalità. Una volta evidenziate la tipologia di attività e le principali situazioni problematiche, è possibile adesso definire le correlazioni più ricorrenti utilizzando la griglia che di seguito proponiamo (tab.3.2). Sulla prima colonna sono stati inseriti i tipi di problemi, sulla prima riga i tipi di attività: ogni organizzazione potrà definire il suo orientamento operativo incrociando, all’interno della griglia, le attività con i problemi trattati. La compilazione della griglia da parte di coloro che gestiscono l’Educativa Territoriale a Napoli permetterà di rappresentare in maniera più articolata e approfondita come, nelle diverse zone, si sviluppano le strategie di intervento di Educativa Territoriale.
31
Tab. 3.2 Rappresentazione grafica delle attività e dei problemi trattati dall’Educativa Territoriale
TIPOLOGIA DI ATTIVITA’ DI EDUCATIVA TERRITORIALE TIPOLOGIA DI PROBLEMI TRATTATI DALL’EDUCATIVA TERRITORIALE
A
B
C
D
ATTIVITA’ DI SOSTEGNO/ INTEGRAZIONE
ATTIVITA’ RELAZIONALI
ATTIVITA’ ESPRESSIVE
ATTIVITA’ DI PROMOZIONE DELLA LEGALITA’
CARENZA DI OPPORTUNITA’
1
LUDICO-ESPRESSIVE / CONFORMISMO AFFIEVOLIMENTO DELLA CREATIVITA’
INADEGUATEZZA DELL’OFFERTA
2
PEDAGOGICA / DIFFICOLTA’ A SVILUPPARE APPRENDIMENTO
3
SCARSA ATTENZIONE ALLA QUALITA’ RELAZIONALE DEI CONTESTI / DIFFICOLTA’ DEI MINORI A COSTRUIRE RELAZIONI SIGNIFICATIVE
4
INADEGUATEZZA DELLE FUNZIONI EDUCATIVE DEGLI ADULTI / FRAGILITA’ AFFETTIVE DEI MINORI
CAPACITA’ DI ATTRAZIONE DELLA
5
CULTURA DELL’ILLEGALITA’ / CONFORMISMO E INDEBOLIMENTO DELLA CAPACITA’ CRITICA
32
CAPITOLO IV LA COLLABORAZIONE FRA LE ORGANIZZAZIONI 4.1 Un primo sguardo In questo capitolo ci soffermeremo soprattutto sul tema delle collaborazioni e della comunicazione tra le organizzazioni. L'analisi utilizzerà sia i risultati dei questionari sia gli elementi emersi dai focus group e sarà utile anche per individuare ipotesi di lavoro su cui sviluppare le successive fasi del progetto. I risultati dei questionari sono relativi alle 117 organizzazioni che hanno risposto, divise, nella seguente tabella 4.1, per tipologia organizzativa e per area progettuale (si veda quanto detto nella Premessa a proposito dei questionari).
Tab. 4.1 numero questionari restituiti per tipologia organizzativa e area progettuale ORGANIZZAZIONI PER TIPOLOGIA
AREA PROGETTUALE E SERVIZI ISTITUZIONALI Centri Mario e Chiara a socio-educativi Marechiaro
Ragazzi in città
Città in gioco
Laboratori E. T.
32
10
5
2
6
COOPERATIVE E CONSORZI
2
0
9
1
0
FONDAZIONI
2
0
1
2
0
ISTITUTI RELIGIOSI E PARROCHIE
3
1
1
30
0
ALTRO (enti morali, istituti privati, ecc.)
2
0
0
7
1
41
11
16
42
7
ASSOCIAZIONI
TOTALE
TOTALE
55 (47,0%) 12 (10,3%) 5 (4,3%) 35 (29,9%) 10 (8,3%) 117
Il questionario era orientato soprattutto a rilevare la quantità e la qualità delle collaborazioni esistenti tra le agenzie che si occupano di Educativa Territoriale e tra queste e i servizi pubblici. Dopo una serie di domande di ordine generale (nome dell'organizzazione, progetti, quartieri di riferimento, etc.) il questionario si concentrava sul tema delle collaborazioni. Come risulta dalla tabella 4.2, relativa alla domanda sull’esistenza o meno di collaborazioni significative con altri Enti Pubblici e/o privati21, la quasi totalità delle organizzazioni ha risposto “si”. Quasi tutte le organizzazioni che lavorano nell’Educativa Territoriale si rappresentano dunque le collaborazioni come un dato di fatto, che esiste quasi in maniera scontata (si differenzia in parte l’area dei centri socio-educativi convenzionati, con una percentuale più alta di organizzazioni che dichiarano di non collaborare).
Tab. 4.2 Collaborazioni attivate/non attivate 21
La domanda N° 7 del questionario
33
AREA PROGETTI/SERVIZI ISTITUAZIONALI
OGANIZZAZIONI CHE HANNO ATTIVATO COLLABORAZIONI
OGANIZZAZIONI CHE NON HANNO ATTIVATO COLLABORAZIONI
NON RISPONDE
11 (100%)
0
0
2
2
0
0
1
0
11
2
14
4
Città in gioco
37 (95%) 16 (100%) 6 (85%) 29 (70%) 99
Ragazzi in città Laboratori E. T. Mario e Chiara a Marechiaro Centri socio-educativi
TOTALE
Inoltre, rispondendo ad una domanda che chiedeva di esprimere un sintetico giudizio di qualità sulle collaborazioni attivate 22, la valutazione media non è certo negativa, come si deduce dalla seguente Tab. 4.3. Si chiedeva alle organizzazioni di esprimere un giudizio in una scala di valori da 0 (scarsa qualità) a 6 (elevata qualità): le risposte tendono verso la qualità elevata delle collaborazioni, con una media, sulla scala da 0 a 6, di 3,9. media comunale 3,9 0
1
2
3
4
5
qualità scarsa
6 qualità elevata
4.2 Chi collabora con chi Da questi primi dati emerge che, finché si resta ad un livello più generale, le organizzazioni danno una valutazione prevalentemente positiva delle collaborazioni. È come se dicessero: «le collaborazioni esistono, le pratichiamo e sono anche abbastanza buone». Il quadro della situazione diventa più articolato se si passa ad analizzare le risposte ad altre domande. Innanzitutto c'erano domande23 orientate a comprendere con quali enti, Pubblici e/o privati, le organizzazioni collaborano, e su che cosa, su quali oggetti questa collaborazione si attiva; oppure, sul versante opposto, quali collaborazioni non si sono attivate e invece si reputavano necessarie. Alla domanda sulle collaborazioni attivate, come risulta dalla tab 4.4, ha risposto circa il 90% delle organizzazioni.
Tab. 4.4 Enti con cui si e' attivata la collaborazione (ogni org. poteva fornire più di una risposta) 22 23
Domanda n° 13 del questionario Domanda 7.2 e 8 del questionario
34
RISPOSTE PER TIPO DI ORGANIZZAZIONE RISPOSTA DEL TOTALE DELLE ORGANIZZAZ. (103 su 117)
ASSOCIAZ. (52 su 55)
COOPERAT. E CONSORZI (11 su 12)
FONDAZIONI (5 su 5)
ISTITUTI RELIGIOSI E PARROCHIE (27 su 35)
ALTRO (enti morali, istituti privati, ecc.) (8 su 10)
Con i Servizi Sociali Comunali
61,2%
59,6%
72,7%
100,0%
63,0%
25,0%
Con le Associazioni
46,6%
53,8%
27,3%
20,0%
33,3%
87,5%
Con la Scuola
36,9%
40,4%
72,7%
20,0%
22,2%
25,0%
Con Istituti religiosi e parrocchie
21,4%
17,3%
27,3%
0,0%
29,6%
25,0%
Con la ASL
17,5%
9,6%
27,3%
20,0%
25,9%
25,0%
Con le Istituzioni locali (Circoscriz., Provincia, etc.)
14,6%
17,3%
18,2%
0,0%
14,8%
0,0%
Con le Fondazioni
10,7%
5,8%
0,0%
20,0%
22,2%
12,5%
Con organismi vari (artigiani, polisportive, aziende, etc)
9,7%
7,7%
9,1%
20,0%
11,1%
12,5%
Con le Cooperative
8,7%
7,7%
0,0%
0,0%
14,8%
12,5%
Con il Tribunale
2,9%
0,0%
9,1%
40,0%
0,0%
0,0%
Come si può notare (si veda in particolare il riepilogo nella colonna in grassetto) le collaborazioni più consistenti sono quelle con i servizi sociali comunali, centrali o decentrati a livello di quartiere. Questo elemento potrebbe essere giustificato dalla ovvia considerazione che le organizzazioni hanno un rapporto istituzionale/formale con il Comune, in quanto committente. Nei focus group questo elemento è stato trattato e letto in maniera anche diversificata. Infatti alcuni riscontrano nel rapporto formale tra Comune e organizzazioni consistenti motivi di insoddisfazione: «nella comunicazione formale con il Comune le informazioni non circolano… Il Comune a volte preferisce una comunicazione istituzionale per limitare i danni, per avere una comunicazione di pura apparenza e non sostanziale»24; ma altri ne danno una diversa interpretazione: «…attraverso una giusta distanza e una comunicazione professionale da parte dei responsabili comunali c‘è più trasparenza nei rapporti tra il committente dei progetti e i partecipanti ai bandi»25 Emerge molto chiaramente una criticità che riguarda i diversi livelli di comunicazione da attivare tra Comune e organizzazioni nel lavoro di Educativa Territoriale, che non sembrano molto chiari nell’interpretazione che ne danno le diverse organizzazioni coinvolte. Un'altra considerazione relativa al livello delle collaborazioni sviluppate è quella relativa a una scarsa collaborazione con la Asl. Questo elemento, considerata la attuale enfasi sull’integrazione socio-sanitaria, segnala una difficoltà e una criticità da tener presente. Questa difficoltà è stata 24 25
Focus group "Ragazzi in Città" Focus group "UTB 46"
35
avvalorata
dalle discussioni sviluppatesi in quasi tutti i focus group. Ad esempio qualcuno ha
26
ricordato «la disabitudine dell’ASL a collaborare con le organizzazioni del sociale, poiché sussiste in molti operatori sanitari l’interpretazione di una ASL che si ritaglia ancora ruoli esclusivamente sanitari, così contravvenendo alla normativa vigente che fonda sull’integrazione socio-sanitaria le politiche di programmazione sociale». In altri focus group, anche laddove sono state segnalate esperienze positive con la Asl27, esse erano sempre legate alle scelte di singoli operatori Asl particolarmente motivati. Questo dato sollecita una riflessione sull’integrazione socio-sanitaria, così come prevista della 328/2000, e quindi sui livelli di comunicazione/collaborazione tra ASL e Educativa Territoriale nel Comune di Napoli E' da segnalare, inoltre, l'assenza quasi totale di collaborazioni, almeno a quanto espresso, con il mondo della cooperazione, con il Tribunale e con i livelli politico-istituzionali locali (Presidenti delle Circoscrizioni, l’Ente Provinciale, ect.). Per quanto riguarda la cooperazione l’ipotesi è che sussiste un eccessiva diffidenza/concorrenzialità da parte delle associazioni verso le cooperative, ma anche tra le stesse cooperative. Infatti quelle intervistate non hanno spontaneamente indicato collaborazioni con altre cooperative. C’è invece un alta densità di collaborazione sia tra le associazioni, sia tra le associazioni e le altre organizzazioni
(in
particolare
istituti
religiosi
e enti
morali/privati).
La facilitazione
della
comunicazione e degli scambi tra le associazioni del terzo settore è dovuta sostanzialmente ad un livello di comunicazione che supera le strutture formali. In tutti focus group emerge infatti un sostanziale accordo tra i partecipanti nel sostenere la necessità di superare i livelli formali di comunicazione e di valorizzare l'informalità anche se questo rischia di costruire reti non stabili. Le collaborazioni con la scuola risultano abbastanza consistenti (più di un terzo delle organizzazioni ha dichiarato di collaborare con la scuola). Sono meno numerose le collaborazioni tra scuola e Istituti religiosi. Dai F.G. sono emersi ulteriori elementi di riflessione sulle relazioni con la scuola. In un FOCUS GROUP si è sostenuto che «l'Educativa Territoriale funziona e ha successo se funziona la scuola, altrimenti deve svolgere un faticoso lavoro sostitutivo…»28; «…buona parte del successo delle collaborazioni con le scuole dipende dalle persone che hanno ruoli di responsabilità (dirigenti e presidi, ect.). Ma i livelli con cui rapportarsi sono anche altri e infatti nelle scuole si trova il livello istituzionale del Preside, quello intermedio delle figure obiettivo che sono l’interfaccia con il territorio; quello dei singoli insegnanti. Il problema è trovare le strade per costruire integrazione in una situazione complessa»29. In un altro Focus è stato detto: «La comunicazione è lasciata al livello personale, alle
26
Focus group "UTB 51" Focus group " UTB 48" e FOCUS GROUP Laboratori di Educativa Territoriale 28 Focus group "Centri socio-educativi" 29 Focus group "Laboratori di Educativa Territoriale" 27
36
simpatie/antipatie che si sviluppano, al singolo direttore (didattico o di distretto) all'assistente sociale, all'insegnante»30. La tabella successiva (N° 4.5) è relativa alle collaborazioni che non si sono attivate e che le singole organizzazioni avrebbero avuto necessità di attivare. Tab. 4.5 Enti con cui non si e' attivata la collaborazione e con cui sarebbe necessario attivarla
RISPOSTE PER TIPO DI ORGANIZZAZIONE RISPOSTA DEL TOTALE DELLE ORGANIZZAZIONI (47 su 117)
ASSOCIAZ. (52 su 55)
COOPERAT. E CONSORZI (11 su 12)
FONDAZIONI
(2 su 5)
ISTITUTI RELIGIOSI E PARROCHIE (8 su 35)
ALTRO (enti morali, istituti privati, ecc.) (6 su 10)
Con la ASL
40,4%
61,9%
40,0%
0,0%
25,0%
0,0%
Con la Scuola
31,9%
28,6%
0,0%
50,0%
50,0%
66,7%
Con i Servizi sociali
19,1%
14,3%
10,0%
0,0%
25,0%
50,0%
Con le Istituzioni locali (circosc., provincia, etc)
19,1%
19,0%
20,0%
50,0%
25,0%
0,0%
Con le Associazioni
14,9%
4,8%
40,0%
0,0%
25,0%
0,0%
Con enti vari (artig., polisp., aziende, etc)
4,3%
0,0%
20,0%
0,0%
0,0%
0,0%
Con Istituti religiosi e parrocchie
2,1%
0,0%
10,0%
0,0%
0,0%
0,0%
Con le Cooperative
2,1%
4,8%
0,0%
0,0%
0,0%
0,0%
Con le Fondazioni
0,0%
0,0%
0,0%
0,0%
0,0%
0,0%
Con il Tribunale
0,0%
0,0%
0,0%
0,0%
0,0%
0,0%
E’ interessante notare come a questa domanda, rispetto alla precedente abbiano risposto meno del 50% delle organizzazioni (47 su 117 che hanno consegnato il questionario). E’ come se ci fosse una sorta di resistenza a esprimersi sulle mancate, se pur necessarie, collaborazioni, oppure è come se non si facessero attente valutazioni sui vantaggi del collegarsi a nuove esperienze. Se si guarda poi alle risposte, sono sostanzialmente confermate le linee di tendenza della tabella precedente: in particolare l'esigenza di una maggiore collaborazione con la ASL, ritenuta necessaria da oltre il 40% di chi ha risposto, e la scarsa collaborazione tra scuola pubblica e istituti religiosi o privati (si veda sopra). Riguardo alle cooperative, con le quali, come abbiamo visto, non si sono attivate molte collaborazioni, sembra che esse non siano nemmeno auspicate, o ritenute necessarie. Oltre a quanto detto sulla concorrenzialità, questo dato potrebbe anche segnalare una fragilità imprenditoriale del mondo della cooperazione sociale, che invece potrebbe fornire un importante contributo per migliorare la qualità degli interventi e far crescere tutto il terzo settore. A tal riguardo 30
Focus group "UTB 48"
37
durante i focus group, alcuni responsabili di cooperative tendono a differenziare la propria identità professionale dallo spontaneismo del volontariato. Una partecipante descrive così la differenza 31: «un’associazione, se non si può avvalere di professionisti esperti da pagare, non potrà mai realizzare un progetto di qualità. La mancanza di progettualità fa fallire i progetti. Per le cooperative il discorso è diverso, infatti l’operatore è un professionista che sta sul mercato è ha scelto di fare dell'attività di Educativa Territoriale la sua professione, senza smarrire la componente "sociale" del suo lavoro". Il tema della concorrenzialità tra le organizzazioni è stato molto citato nei FOCUS GROUP. Ad esempio: «…c'è sovrapposizione tra Istituti religiosi, cooperative associazioni…. C'è il rischio di una situazione in cui le organizzazioni si contendono i bambini e i ragazzi…Occorrerebbe, una maggiore specificazione, differenziazione tra i servizi offerti dalle diverse organizzazioni… Occorre incontrarsi per dirsi “chi siamo, quali sono le nostre competenze, le nostre professionalità»32 I problemi relativi alla specificità e al ruolo delle singole realtà del Terzo Settore (cooperative, associazioni di promozione sociale, volontariato) saranno sempre più incalzanti, visto lo sviluppo della normativa sull’affidamento dei servizi, in seguito all’avvio della riforma L.328/2000. Sarebbe interessante sviluppare nuovi modelli di collaborazione e di distinzione di ruoli e funzioni tra mondo del volontariato, dell'associazionismo di promozione sociale e della cooperazione sociale, anche per fronteggiare in maniera più adeguata i mutamenti amministrativi in atto. In relazione alla realtà organizzativa del terzo settore è utile richiamare un elemento che è emerso nei focus group: gli intervistati hanno spesso esplicitato difficoltà di ordine gestionale. I “problemi” a cui far fronte nella realtà lavorativa per gli operatori sono infatti anche le difficoltà organizzative nelle quali sono costretti ad operare. Queste difficoltà sono riconducibili a una serie di elementi diversi: una scarsa stabilità degli operatori, che si percepiscono come pagati male e in ritardo, difficoltà burocratiche nel rapporto con le circoscrizioni, con le Scuole, assenza di connessione con i Servizi della Asl, una concorrenzialità con le altre organizzazioni più giocata sulla capacità di lobbing. La centratura degli intervistati sui problemi gestionali-oranizzativi è comunque un elemento importante emerso nella ricerca che andrebbe approfondito e interpretato. Ad esempio nella percezione degli operatori la difficoltà di veder garantiti pagamenti regolari, viene vissuta come una sottovalutazione del lavoro svolto. Se per un verso questa problematica chiama in causa il Comune e la sua capacità di far fronte immediatamente al trasferimento dei finanziamenti alle organizzazioni, dall’altra parte rimanda anche ad una fragilità economico-finanziaria delle organizzazioni del Terzo Settore. Il lavoro sociale nel trattare i problemi delle persone, delle famiglie, di un quartiere, deve anche convivere, come si evince da quanto appena detto, con i problemi di funzionamento e di gestione degli operatori, delle équipe, delle organizzazioni che offrono servizi. Spesso queste ultime questioni sono sottovalutate, eppure è proprio a questo secondo livello che si creano le condizioni
31 32
Focus group UTB 44 e 47" Focus group "UTB 48"
38
per un investimento professionale degli operatori, per un miglioramento delle loro situazioni lavorative che consenta poi di trattare in maniera più adeguata i problemi sociali. In un sistema di politiche sociali sempre più orientato a esternalizzare i servizi e gli interventi, è quanto mai opportuno riflettere da un lato sul tipo di organizzazioni a cui la Pubblica Amministrazione può dare in gestione i servizi, dall’altro sulle necessarie professionalità. Forse questo sollecita le organizzazioni del privato sociale, che hanno mostrato in questi anni consistenti motivazioni al lavoro sociale, a valorizzare ulteriormente le risorse umane, le professionalità e le competenze acquisite in questi anni. 4.3 Gli oggetti della collaborazione Passando alla riflessione sull’oggetto delle collaborazioni (tab. n. 4.6), emerge che la gran parte di esse riguarda le singole attività (laboratori, animazione,etc.), l’utilizzo di strutture e risorse, la segnalazione degli utenti, mentre è minore lo spazio per un confronto di tipo elaborativo (come quello della formazione, lo sviluppo di competenze, ect.). Tuttavia risulta comunque alto il numero di collaborazioni attivate su coordinamento, progettazione e monitoraggio dei progetti. Tab. 4.6 Oggetto della collaborazione (Valore assoluto - Hanno risposto 103 org. Ogni org.poteva dare più di una risposta)
OGGETTO DELLA COLLABORAZIONE
ENTI
Servizi sociali comunali
Laboratori e Attività di animazione coordiname Utilizzo di territoriale Attività nto e/o strutture e Segnalazio (gioco, formative e progettazio risorse ne utenti sport, seminariali ne e/o profession. ambiente monitorag. etc.) 14 4 2 2 13
Altro
TOTALE
0
35
ASL
2
1
1
9
0
0
13
Scuola
5
11
1
7
6
0
30
Cooperative
2
1
1
1
0
0
5
Associazionismo
12
24
3
5
0
3
47
Volontariato
1
4
0
2
2
0
9
ALTRO
5
14
3
13
7
8
50
41
59
11
39
28
11
189
TOTALE
Nei focus group in qualche caso è emersa la propensione a una collaborazione che avviene su un livello “operativo” «la 285, nonostante i suoi limiti , è servita a facilitare le reti territoriali, in particolare la collaborazione tra semiconvitti ed associazioni (in alcuni casi associazioni e cooperative utilizzano spazi dell’Istituto per alcune attività dei progetti)
33
. In altri casi è stata ricordata
l'importanza dei momenti formativi per gli operatori: «Il corso di formazione svolto a Marechiaro secondo molte organizzazioni è servito molto a migliorare la comunicazione e la conoscenza reciproca; sarebbero utili eventi simili. In merito ai luoghi della comunicazione, infatti è molto
33
Focus group "Centri socio-educativi"
39
importante tener conto dei rapporti interpersonali, non solo quelli istituzionali: la formazione sviluppa questi rapporti»34
Alla domanda sul motivo della mancata collaborazione (Tab. 4.7) gran parte delle organizzazioni non hanno risposto. Bisognerebbe capire se questa resistenza è dovuta a motivi non sempre esplicitabili, riconducibili alla difficoltà di riconoscere gli altri come ricchezza o al fatto che si resta chiusi nel proprio ambito di progetto. Tab. 4.7 Motivo della mancata collaboraz. (Valore assol.- hanno risposto 47 org. Ogni org. poteva dare più di una risposta)
MOTIVO DELLA MANCATA COLLABORAZIONE
ENTI
Mancanza Scarsa di Carenza disponibilità Non è attenzione Carenza di nella a offrire indicato il rispetto al coordinam. circolazione strutture e motivo progetto e/ di informaz. profession. o delega
Altro
TOTALE
6
Servizi sociali comunali
3
3
0
0
0
0
ASL
2
1
2
0
1
0
6
Scuola
6
4
2
1
2
0
15
Cooperative
0
0
0
0
1
0
1
Associazionismo
0
0
1
0
1
0
2
Volontariato
0
0
0
0
1
0
1
5
1
0
1
2
0
9
16
9
5
2
8
0
40
ALTRO TOTALE
4.4 Cosa favorisce/ostacola le collaborazioni Dopo aver esplorato la propensione delle organizzazioni alla collaborazione e i motivi della collaborazione o della mancata collaborazione, la riflessione si svilupperà ora sugli aspetti che hanno facilitato e su quelli che hanno ostacolato le collaborazioni. Nel questionario si chiedeva di indicare, per ogni singolo aspetto, in che misura esso fosse stato incisivo nel facilitare le collaborazioni (per nulla, poco, abbastanza o molto). Nella seguente tabella (4.8) in blu sono evidenziati gli aspetti relativi alla "propria organizzazione", in rosso quelli relativi alle altre organizzazioni, in verde quelli relativi al contesto territoriale.
Tab. 4.8 Aspetti che hanno facilitato la collaborazione
34
Focus group "Città in gioco"
40
"PER NULLA "ABBASTAN O POCO ZA O MOLTO INCISIVO" INCISIVO" Nella nostra organizzazione siamo convinti che, nel sociale, bisogna lavorare insieme agli altri.
2,6%
87,2%
NON RISPON DONO * 10,3%
Nella nostra organizzazione gli operatori sono formati per 15,4%
75,2%
9,4%
8,5%
82,1%
9,4%
Le organizzazioni con cui collaboriamo sono molto sensibili ai valori della solidarietà sociale.
12,8%
75,2%
12,0%
Le organizzazioni con cui collaboriamo ci richiedono costantemente di lavorare in maniera integrata.
28,2%
60,7%
11,1%
La consolidata tradizione del territorio agli scambi operativi fra organizzazioni.
56,4%
27,4%
16,2%
La presenza, nel territorio, di un forte coordinamento delle organizzazioni del Privato Sociale.
58,1%
28,2%
13,7%
lavorare in modo integrato con altri Enti. Nella nostra organizzazione siamo orientati a condividere le difficoltà ed i successi del lavoro sociale con gli Enti con cui collaboriamo.
ASPETTI CHE RIGUARDANO LA MIA ORGANIZZAZIONE
ASPETTI CHE RIGUARDANO LE ALTRE ORGANIZZAZIONI
ASPETTI CHE RIGUARDANO IL CONTESTO TERRITORIALE
Un primo dato che salta agli occhi è relativo ad una sorta di rappresentazione negativa degli aspetti che riguardano il contesto (in verde). Infatti la presenza di una "consolidata tradizione" o di un forte coordinamento territoriale è considerata dalla maggioranza delle organizzazioni per nulla o poco incisiva nel facilitare le collaborazioni. Molto incisivi sono gli aspetti concernenti la "mia" organizzazione (in blù). E c'è una valutazione tutto sommato positiva anche delle altre organizzazioni. E' come se gli intervistati dicessero: «noi vogliamo collaborare, gli altri vogliono collaborare, è il contesto che rende difficile tale collaborazione» . Anche nei F.G tutti segnalano la necessità di collaborare, con diverse modalità e a diversi livelli. Probabilmente bisognerebbe sviluppare una riflessione sul perché le esperienze di rete non si consolidano o falliscono addirittura: nel FOCUS GROUP con l'UTB 48 si cita ad esempio il fallimento del Forum delle Associazioni a Scampia che «è stata un’esperienza frustrante, anche se oggi si stanno ritessendo i fili tra associazioni, cooperative e altri enti, che dalla precedente esperienza hanno conservato questo seme…. nel complesso c’è voglia di collaborare, ma anche paura di un nuovo fallimento» Questi temi si potrebbero approfondire attraverso interrogativi del tipo “che cosa si intende per contesto? Quali sono le cause che ostacolano la volontà delle organizzazioni a creare "tradizione" nel territorio ? Quali ragioni ostacolano la presenza di forti coordinamenti territoriali ?
41
Alla domanda su quali siano gli aspetti che ostacolano le collaborazioni (Tab 4.9), il numero delle organizzazioni che non hanno risposto è maggiore rispetto alla domanda sugli aspetti che facilitano: si conferma una certa resistenza ad evidenziare i fattori critici presenti. Tab. 4.9 Aspetti che hanno ostacolato la collaborazione
"PER NULLA O POCO INCISIVO"
"ABBASTANZ A O MOLTO INCISIVO"
NON RISPONDONO *
69,2%
10,3%
20,5%
66,7%
17,1%
16,2%
61,5%
16,2%
22,2%
L’incapacità e/o l’indisponibilità delle altre organizzazioni a lavorare con noi.
53,8%
26,5%
19,7%
La scarsa sensibilità ai valori della solidarietà sociale e della cooperazione delle altre organizzazioni.
56,4%
19,7%
23,9%
L’eccessiva concorrenzialità presente nelle relazioni fra le organizzazioni.
39,3%
40,2%
20,5%
Le altre organizzazioni sono solo interessate ai finanziamenti.
47,0%
28,2%
24,8%
La tradizionale mancanza, nel territorio, di scambi operativi fra le organizzazioni.
24,8%
51,3%
23,9%
La carenza di concreti strumenti di coordinamento territoriale.
23,9%
53,0%
23,1%
Abituale attenzione a relazionarsi prevalentemente con l’Ente comunale.
38,5%
41,0%
20,5%
L’eccessiva tendenza a lavorare in modo autonomo della mia organizzazione. Nella mia organizzazione non abbiamo sufficiente tempo e risorse da dedicare agli scambi con altri. La necessità di formare gli operatori della mia organizzazione prima di poter lavorare insieme ad altri Enti.
ASPETTI CHE RIGUARDANO LA MIA ORGANIZZAZIONE
ASPETTI CHE RIGUARDANO LE ALTRE ORGANIZZAZIONI
ASPETTI CHE RIGUARDANO IL CONTESTO TERRITORIALE
In questa tabella sono sostanzialmente confermati gli elementi già evidenziati: ad ostacolare le collaborazioni è soprattutto il contesto territoriale. E' comunque da sottolineare che più di un terzo delle organizzazioni indicano, tra gli aspetti ostacolanti provocati dalle altre organizzazioni, l’eccessiva concorrenzialità (40,2%).
42
4.5 Gli strumenti utilizzati nel costruire collaborazioni Un altro aspetto rilevante delle collaborazioni e delle comunicazioni fra organizzazioni riguarda gli strumenti prevalentemente utilizzati. Una riflessione sugli strumenti è importante perché il loro utilizzo condiziona il tipo e la qualità delle relazioni, che infatti dipendono sì dalla naturale propensione a interagire ma sono influenzate anche dalle"tecniche" di cui ci si dota per attivarle. Nel questionario si chiedeva allora di indicare quali strumenti si utilizzano in maniera prevalente per attivare collaborazioni. Tab. 4.9 Strumenti utilizzati per sostenere la collaborazione con altri enti
RISPOSTA DELLE ORGANIZZAZIONI (TOTALE 117) SI NO UFFICI COMUNALI
73,5%
26,5%
INCONTRI OCCASIONALI
63,2%
36,8%
OPERATORI INCARICATI DI GESTIRE I COLLEGAMENTI
62,4%
37,6%
ATTIVITÀ FORMATIVE
59,8%
40,2%
GRUPPI STABILI DI COORDINAMENTO DI PROGETTO
57,3%
42,7%
ORGANISMI DI COORDINAMENTO DELLE ASSOCIAZIONI
45,3%
54,7%
SERVIZI A.S.L.
39,3%
60,7%
TAVOLO DI LOTTA ALL’ESCLUSIONE SOCIALE
27,4%
72,6%
GRUPPI STABILI DI COORDINAMENTO DI QUARTIERE
24,8%
75,2%
CONSORZI DI COOPERATIVE
11,1%
88,9%
Se si guarda alla tabella 10.4 si può notare come le risposte confermano in parte alcuni elementi gia emersi in precedenza. Ad esempio alcuni luoghi istituzionali/formali (come la Asl, ma anche il Tavolo di lotta all'esclusione sociale, o i Gruppi di coordinamento di quartiere, oppure i consorzi di cooperative) non sono utilizzati adeguatamente e "pensati" come strumenti per collaborare. Al contrario il Comune e i gruppi stabili di coordinamento di progetto sono individuati come strumenti per la possibile collaborazione. Quest'ultimo dato va però interpretato con attenzione: infatti i coordinamenti di progetto sono previsti istituzionalmente nei bandi dell’Educativa Territoriale e il Comune è l’ente committente. Molto utilizzati risultano gli incontri occasionali e il lavoro degli operatori incaricati di gestire i collegamenti. Quindi le collaborazioni sembrano svilupparsi soprattutto al livello operativo. Questo elemento è stato confermato anche nei focus group: «…I tavoli di concertazione sono un livello più formale, riguardano la programmazione generale sul territorio di un quartiere. Ma poi la comunicazione, sia con enti pubblici che con altre agenzie territoriali, avviene ad altri livelli. I contatti molto spesso avvengono più al livello informale, soprattutto con le altre realtà del terzo settore, e sono in genere attivati dai coordinatori, dagli operatori che lavorano sullo stesso territorio…». E ancora: «…Le collaborazioni tra le varie agenzie del terzo settore sono in genere lasciate al livello informale, ma spesso manca il tempo di coltivare 43
la comunicazione e di costruire la rete, che ha bisogno di tanta cura e manutenzione. Su questo punto ci sono percezioni diverse a seconda dei quartieri: per alcuni la mancanza di tempo una variabile con la quale confrontarsi, per altri può diventare un alibi»35
4.6 Rappresentazione metaforica delle collaborazioni tra le organizzazioni Il questionario era costruito in modo da fare emergere la lettura razionale delle collaborazioni realizzate dalle varie organizzazioni. C'era poi una domanda conclusiva che si proponeva un approfondimento sul livello emotivo/simbolico: si chiedeva di esprimere attraverso una metafora la propria esperienza di collaborazione con altre realtà del territorio. Abbiamo accorpato le metafore individuate dalle organizzazioni in 4 gruppi che richiamano quattro approcci diversi rispetto al tema in questione (per ogni gruppo è indicata una significativa metafora proposta dalle organizzazioni) Tab. 4.10 Rappresentazione metaforica delle collaborazioni tra le organizzazioni
L'INDIVIDUALISMO
LA DISILLUSIONE
L'IDEALISMO
"Meglio soli che male accompagnati"
"L'acqua è poca e la papera non galleggia"
"Tutti insieme appassionatamente"
"Un campo da coltivare"
6,5%
19,5%
50,6%
23,4%
LA COSTRUZIONE
Bisogna sottolineare, innanzitutto, che a questa domanda è stato riscontrato un numero alto di non risposte (circa un terzo delle organizzazioni), una certa resistenza a fornire una rappresentazione simbolica della propria azione collaborativa con gli altri. Nel gruppo "L'individualismo" ci sono le organizzazioni orientate a un individualizzazione del lavoro, perché ritengono inutile investire energie nella costruzione di reti, formali o informali, che poi finiscono con l’essere soltanto ipotesi teoriche: meglio allora concentrarsi sui propri oggetti di lavoro. La "disillusione" (“l’acqua è poca e la papera non galleggia”) è propria delle organizzazioni che non coltivano molte speranze rispetto alle collaborazioni con altri e sono decisamente pessimiste, o perché orientate a una rappresentazione altamente concorrenziale tra le organizzazioni, o perché frustrate da tentativi falliti (nei focus group sono stati fatti diversi esempi di esperimenti che si sono arenati e che hanno lasciato pesanti strascichi). Le metafore più numerose sono nel gruppo "L'Idealismo” cioè quella in cui si sono concentrate metafore tese a una rappresentazione certamente positiva, magari un po’ idealizzata, delle
35
Focus group "Laboratori di Educativa Territoriale
44
collaborazioni e della rete, con le altre organizzazioni (amore, cuori, bambini che si tengono per mano, ecc.). Infine c'è l'area della "Costruzione", dove sono state inserite quelle organizzazioni che hanno ben presenti le difficoltà di costruzione della rete, ma sanno anche che una maggiore collaborazione e una maggiore condivisione degli oggetti di lavoro, possono migliorare la qualità dei servizi di Educativa Territoriale. («seminare in un campo mai coltivato prima e quindi lavorare molto per salvaguardare le zone più coltivabili e rendere fertili quelle più difficili»; «un elefante che ognun descrive con la sua rappresentazione e il suo sguardo: occorre trovare il modo per far interagire i diversi linguaggi»)
45
CAPITOLO V CONCLUSIONI E PROPOSTE PER LO SVILUPPO DI AZIONI INNOVATIVE 5.1 Riprendendo le riflessioni e le ipotesi da cui siamo partiti… Nella parte iniziale di questo documento (paragrafo 1.4) sosteniamo che “il consolidamento degli assetti organizzativi e la ricerca di possibili soluzioni gestionali, sono considerati elementi cruciali per favorire processi di effettiva integrazione tra le agenzie (pubbliche e del terzo settore) impegnate nell’Educativa Territoriale. Infatti per sviluppare integrazione, per migliorare la comunicazione, per costruire relazioni significative, non basta dotarsi delle "tecniche giuste" o procurarsi gli spazi adeguati per il “funzionamento della rete”, ma occorre anche individuare e affrontare le criticità organizzative più ricorrenti nelle concrete esperienze di lavoro nell’Educativa Territoriale.” Ma quali sono quelle criticità ricorrenti che, ostacolando i processi di integrazione tecnica e organizzativa, possono ostacolare il consolidamento dell’offerta di servizi di Educativa Territoriale e condizionare la loro efficacia in un territorio ampio e complesso come quello del Comune di Napoli? Nella fase di impostazione di questa ricerca-azione, soffermandoci sulle esperienze di Educativa Territoriale realizzate, abbiamo formulato alcune ipotesi che potessero orientare un’indagine utile a rispondere a questo interrogativo, consapevoli del fatto che questa prima esplorazione sul campo ci avrebbe potuto offrire indicazioni, sicuramente parziali, ma indispensabili per avviare successivi approfondimenti; pertanto abbiamo ipotizzato che la crescita segmentata dell’Educativa Territoriale nel territorio del Comune di Napoli fosse da ricondurre:
alla difficoltà di sviluppare un accompagnamento continuato dei progetti, sia per l’aggravio di lavoro a carico del 94° Servizio derivante dal sovrapporsi di funzioni organizzative e gestionali, sia per l’esiguità di risorse decentrate;
alla conseguente esigenza di potenziare supporti strumentali e metodologici per la progettazione, il monitoraggio e la valutazione degli interventi di Educativa Territoriale, concertati con i realizzatori, che contribuirebbero a determinare una maggiore omogeneità degli stili operativi;
alla tendenziale frammentazione esistente tra gli Enti realizzatori, provenienti da percorsi esperienziali molto diversi, portatori di diverse letture delle problematiche minorili e protesi verso obiettivi operativi non sempre facilmente integrabili;
alla scarsa esplicitazione, ai vari livelli, dell’oggetto di lavoro dell’Educativa Territoriale, che se da una parte non permette di identificare con chiarezza le problematiche trattate, dall’altra non favorisce una definizione più certa e condivisa di cosa sia a Napoli l’Educativa Territoriale. 46
In relazione a queste ipotesi abbiamo privilegiato, sia con i questionari che con i focus-group:
l’esplorazione dei significati che le varie organizzazioni attribuiscono all'Educativa Territoriale, provando a costruire una possibile tipologia degli interventi realizzati e dei problemi
trattati,
nella
contemporaneamente
un
convinzione contributo
per
che
questo
la
definizione
potesse
rappresentare
dell’oggetto
di
lavoro
dell’Educativa Territoriale e dell’Educativa Territoriale stessa, come servizio di aiuto alle persone;
l’analisi dei processi di comunicazione tra i vari Enti coinvolti nella realizzazione degli interventi di Educativa Territoriale e tra questi e i Servizi del Comune di Napoli, prestando particolare attenzione agli elementi facilitanti e agli aspetti ostacolanti, con l’intento di evidenziare la consistenza e la qualità del tessuto connettivo che costituisce il principale strumento per governare questo sistema di produzione di servizi;
l’analisi delle collaborazioni per individuare le propensioni alla cooperazione nei diversi contesti territoriali, considerando questo aspetto come uno dei fattori principali che possono incrementare la qualità e l’efficacia degli interventi di Educativa Territoriale.
5.2 I risultati della ricerca Riprendendo quanto esposto in modo più articolato nei precedenti capitoli possiamo sintetizzare alcune prime conclusioni relative a:
o come sono intesi e realizzati gli interventi di Educativa Territoriale; o come sono percepite le comunicazioni nel sistema di produzione dei servizi di Educativa Territoriale e quale rilevanza e strutturazione hanno le collaborazioni nella realizzazione di questi interventi. Le idee di Educativa Territoriale L’analisi realizzata evidenzia molto chiaramente che dietro all’espressione sintetica “Educativa Territoriale” si muovono molteplici esperienze che coniugano in modo diverso 4 tipi di attività:
-
di sostegno/integrazione;
-
relazionali;
-
espressive;
-
di promozione della legalità.
Con 5 tipi di problemi prevalenti:
-
carenza di opportunità ludico-espressive / conformismo affievolimento della creatività;
-
inadeguatezza dell’offerta pedagogica / difficoltà a sviluppare apprendimenti;
-
scarsa attenzione alla qualità relazionale dei contesti / difficoltà dei minori a costruire relazioni significative; 47
-
inadeguatezza delle funzioni educative degli adulti / fragilità affettive dei minori;
-
capacità di attrazione della cultura dell’illegalità / conformismo e indebolimento della capacità critica.
Emerge un quadro molto interessante dal punto di vista tecnico e organizzativo. E’ visibile la necessità di trattare l’Educativa Territoriale in modo più articolato di quanto normalmente si è portati a fare sviluppando coerenti e sensate connessioni tra i tipi di attività che si intende realizzare e i problemi da affrontare in modo prioritario. Questo comporta un ulteriore sforzo di precisazione tecnica dei diversi servizi offerti e degli elementi che possono concretamente definire i problemi e/o le situazioni critiche dei minori da affrontare (che costituiscono l’oggetto di lavoro professionale dell’Educativa Territoriale). Dal punto di vista organizzativo l’individuazione e l’esplicitazione dei problemi da trattare è l’elemento essenziale per sviluppare macro e micro progettazioni in cui poter definire realisticamente gli obiettivi, le azioni da realizzare, le risorse da impiegare e i risultati da raggiungere; così come la maggiore definizione delle attività da svolgere è essenziale per poter prevedere l’onere da sostenere in termini tecnici ed economici e poter nel contempo verificare l’utilità sociale che generano. Su questi temi, per rinforzare lo sviluppo di prospettive di osservazione e di linguaggi comuni nell’individuazione e rappresentazione dei problemi dei minori, abbiamo verificato la necessità di attivare un Laboratorio di progettazione e sperimentazione di specifici strumenti e metodologie. Le comunicazioni e le collaborazioni nelle esperienze realizzate Abbiamo visto come a fronte di una alta dichiarazione di collaborazioni tra le diverse organizzazioni coinvolte nell’Educativa Territoriale (le risposte affermative variano tra il 70% e il 100% all’interno dei diversi raggruppamenti di organizzazioni), ad un successivo approfondimento si evidenzia come l’intensità delle collaborazioni non sia particolarmente significativa e soprattutto omogenea. Infatti le organizzazioni con cui si collabora di più sono i Servizi Sociali (61%), che peraltro hanno una posizione particolare in quanto il più delle volte giocano un ruolo di committenza, le Associazioni (47%) e la Scuola (37%). Mentre con altri soggetti, particolarmente significativi per la loro azione sul territorio, le collaborazioni sono decisamente scarse: gli Istituti Religiosi (21%), l’ASL (17%), le Circoscrizioni (15%) e le Cooperative (9%). Il quadro che emerge evidenzia una rilevante tendenza alla frammentazione in cui sembra prevalere un modello operativo di tipo “autarchico” in cui lo sviluppo di progetti e azioni realmente integrati costituiscono esperienze, seppur avanzate, abbastanza marginali rispetto alle tendenze più generali. Queste considerazioni sono rinforzate dalle rappresentazioni metaforiche prodotte dagli intervistati, relative alle collaborazioni sperimentate. Coloro che hanno risposto si sono suddivisi in tre gruppi abbastanza distinti: coloro che scelgono per ragioni diverse di operare prevalentemente da soli (26%), coloro che esprimono uno slancio ideale alla collaborazione ma che sembra identifichino poco le criticità con cui in questi processi ci deve misurare (51%) e coloro
48
che esprimono in termini realistici una propensione alla collaborazione vista come processo di costruzione in cui si è consapevoli delle difficoltà da affrontare (23%). Negli approfondimenti dedicati all’individuazione di ciò che non favorisce lo sviluppo di comunicazioni e collaborazioni soddisfacenti emergono tre ordini di ragioni:
-
la prima è sicuramente di tipo culturale (aspetto emerso in modo consistente nei focus group) che è anche espresso dal fatto che il 51% degli intervistati sostiene che le collaborazioni sono ostacolate dalla “tradizionale mancanza di scambi nel territorio tra le organizzazioni”;
-
la seconda è di ordine economico che sollecita comportamenti segnati da eccessiva concorrenzialità tra le organizzazioni (40%), non sufficientemente regolata dalle istituzioni che su questo piano potrebbero svolgere una funzione di contenimento (Comune, Circoscrizioni, Consorzi, Istituzioni religiose, ecc.);
-
la terza è di tipo strumentale, sia nei focus group che nelle interviste emerge la rilevante “carenza di concreti strumenti di coordinamento territoriale” (53%) in grado di sostenere, facilitare, accompagnare scambi e cooperazioni.
Il contenimento di queste tendenze alla frammentazione, il favorire lo sviluppo di pratiche che rinforzino orientamenti culturali collaborativi, l’introduzione di elementi di regolazione del “mercato”, che si è sviluppato attorno alle attività di produzione di servizi di Educativa Territoriale, sono quindi azioni prioritarie da sostenere per qualificare nel complesso l’Educativa Territoriale e innalzare la sua efficacia sociale. Su questi temi intendiamo quindi proporre l’attivazione di un laboratorio di progettazione e sperimentazione di strumenti organizzativi e metodologie operative finalizzate a sostenere lo sviluppo di comunicazioni e collaborazioni tra le diverse organizzazioni, in particolare tra quelle che operano nelle stesse UTB. 5.3 L’attivazione di due laboratori per lo sviluppo di azioni innovative Questa ricerca su “comunicazioni e collaborazioni nelle esperienze di Educativa Territoriale nel Comune di Napoli” è nata con i seguenti obiettivi:
costruire una rappresentazione dell’attuale funzionamento dell’Educativa Territoriale condivisa dai diversi soggetti organizzativi coinvolti, attraverso un’ampia, articolata e partecipata esplorazione dell’esperienza realizzata;
individuare le eventuali criticità organizzative che da una parte ostacolano le comunicazioni e gli scambi, favorendo fenomeni di frammentazione e confusione operativa, e dall’altra non permettono di consolidare specifiche competenze tecniche per quanto riguarda la progettazione, la gestione, il monitoraggio e la valutazione degli interventi rivolti ai minori.
49
La condivisione dei risultati contenuti in questo rapporto, relativi sia al funzionamento dell’Educativa Territoriale che all’individuazione delle criticità organizzative che ostacolano lo sviluppo di comunicazioni e collaborazioni, permetterà di verificare quanto il gruppo di ricerca ha saputo raccogliere i contributi espressi dalle diverse organizzazioni coinvolte nel processo di ricerca e quanto questi soggetti si riconoscono nella proposta di azione che abbiamo individuato. In particolare intendiamo attivare due laboratori che da Gennaio 2003 a Giugno 2003, utilizzando le acquisizioni prodotte da questa ricerca e le conoscenze di coloro che vi parteciperanno, abbiano il compito di progettare e sperimentare orientamenti, metodologie e strumenti finalizzati a:
RICONOSCERE E RAPPRESENTARE I PROBLEMI DEI MINORI ( Laboratorio A) SOSTENERE LO SVILUPPO DI COLLABORAZIONI TERRITORIALI (Laboratorio B) Questi laboratori dovranno essere composti ciascuno da non più di 18/20 persone provenienti sia dalle organizzazioni del Privato Sociale che dai Servizi Pubblici. Le persone partecipanti dovranno garantire continuità di presenza negli incontri che si realizzeranno con una cadenza mensile. Questa limitazione è necessaria per permettere ai due gruppi di lavoro di operare con sufficiente celerità ed efficacia. A conclusione dei lavori dei due laboratori sarà organizzato un secondo incontro plenario per condividere i risultati raggiunti ed estendere la sperimentazione degli strumenti e delle metodologie messe a punto.
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