Piani attestati di risanamento e contratti di ristrutturazione del debito. La riorganizzazione stragiudiziale della s.r.l. in crisi Monica Cossu SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Natura, struttura, effetti del “piano di risanamento” attestato di cui all’art. 67, 3° comma, lett. d), legge fall. – 3. Il contenuto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182-bis legge fall. – 4. Categorie di soggetti coinvolti nella ristrutturazione del debito. – 5. Ristrutturazione del debito e disciplina delle s.r.l. – 5.1. Gli strumenti della ristrutturazione nella s.r.l. – 5.2. Ristrutturazione e finanziamenti-“conferimenti” dei soci. – 5.3. Finanziamenti dei soci a scopo di ristrutturazione del debito e successivo fallimento. – 6. Iscrizione nel registro delle imprese e postulati dell’economia dell’informazione. – 7. L’esecuzione dell’accordo. Esternalità ... – 8. Opzioni di ristrutturazione e interesse sociale.
1. Premessa. – La nuova legge fallimentare italiana propone due modelli di ristrutturazione stragiudiziale dell’impresa commerciale in crisi: il piano attestato di risanamento e l’accordo di ristrutturazione dei debiti. Esamineremo entrambi con specifico riguardo all’archetipo della società di capitali chiusa e normalmente “piccola” rappresentato dalla s.r.l. 1. L’analisi si concentrerà, peraltro, sugli accordi di ristrutturazione del debito in quanto sono i naturali succedanei dei concordati stragiudiziali, o amichevoli, diffusi nella prassi antecedente la riforma fallimentare 2. È noto che molti ordinamenti, europei e non, allo stato valorizzano le forme stragiudiziali di soluzione delle crisi societarie e utilizzano, di contro, le procedure concorsuali liquidatorie solo
1 Gli indici di piccolezza possono oggi essere ricondotti a quelli indicati nell’art. 1, 2° comma, legge fall., nuovo testo, che esonera dalle procedure concorsuali gli imprenditori commerciali che dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti: 1) attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore ai trecentomila euro nei tre esercizi antecedenti il deposito dell’istanza di fallimento o l’inizio dell’attività, se di durata inferiore; 2) ricavi lordi complessivi annui non superiori e duecentomila euro nello stesso periodo; 3) ammontare di debiti non ancora scaduti non superiore a cinquecentomila euro nello stesso periodo. Altri indizi di piccolezza sono stati, talvolta, individuati dalla dottrina nella possibilità di redigere il bilancio di esercizio in forma abbreviata, nella facoltatività del collegio sindacale e anche nel numero dei soci. Per questi aspetti cfr. M. STELLA RICHTER jr, “Prime notazioni sul numero dei soci”, in MORERA-OLIVIERI-M. STELLA RICHTER jr (a cura di), La rilevanza dei numeri nel diritto commerciale (Milano, 2001), 73 ss., ed ivi anche G. PERONE, “Il tipo di società: profili di rilevanza del dato numerico”, 92 ss.; per considerazioni in argomento sia consentito rinviare anche a M. COSSU, “Le ‘piccole’ società chiuse”, in Studi in tema di forma societaria, servizi pubblici locali, circolazione della ricchezza imprenditoriale (Torino, 2007), 159 ss. Dal punto di vista economico, invece, le s.r.l. sono piccole, essenzialmente, in ragione del volume di affari, come si evince dalle stime CERVED: v. LUPPI-MARZO-SCORCU, “Basilea II e il rischio di insolvenza: un’analisi empirica”, Banca, impresa, società, 2009, 305. 2 S. AMBROSINI, “Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti”, in COTTINO (diretto da), Trattato di diritto commerciale (Padova, 2008), XI.1, 158, testo e n. 4; V. BELLUCCI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (prima e dopo il decreto correttivo del 12 settembre 2007), Riv. dir. comm., 2008, I, p. 491.
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come rimedi di ultima istanza 3. Quanto agli strumenti di risanamento e Corporate Reorganization 4, sono tutti accomunati dall’obiettivo di fronteggiare situazioni di squilibrio finanziario e spesso passano attraverso accordi con i creditori 5. Il legislatore italiano, diversamente da quanto ha fatto quello tedesco con l’Insolvenzordnung 6, ha scelto di tenere distinti sia “in entrata” che “in uscita” il percorso negoziale e quello delle procedure concorsuali. E al pari dei legislatori francese, britannico e statunitense ha predisposto, pertanto, strumenti di prevenzione dell’insolvenza sia di tipo negoziale (piani di risanamento e accordi di ristrutturazione del debito) che di tipo concorsuale (concordato preventivo). Pur nell’assenza di un percorso normativo uniforme riguardo alla ristrutturazione contrattuale della società in crisi, e pur nelle diverse sfumature di significato dei concetti di insolvenza e pre-insolvenza 7, emergono, dunque, nell’esperienza internazionale alcune costanti, e in particolare si evidenzia la circolazione crescente del modello delle soluzioni stragiudiziali della crisi dell’impresa, pure se diversamente declinate nei diversi ordinamenti. Questo studio dà per acquisito il postulato che le problematiche relative al finanziamento della grande impresa societaria e della piccola impresa societaria siano largamente diverse, e si concentra sulla ristrutturazione stragiudiziale della s.r.l. in quanto essa è il tipo societario dominante nella gran parte degli ordinamenti. 2. Natura, struttura, effetti del “piano di risanamento” attestato di cui all’art. 67, 3° comma, lett. d), legge fall. – La legge fallimentare disegna frettolosamente il piano di risanamento, nominando e disciplinando la fattispecie quale ipotesi di esenzione dalla revocatoria fallimentare: l’art. 67, 3° comma, lett. d), legge fall., fa salvi gli atti, i pagamenti e le garanzie concessi su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento. Il presupposto oggettivo, la crisi, induce un cambiamento nel modus operandi imprenditoriale al fine di recuperare la capacità produttiva 8, e impone di vagliare costi e benefici di un salvataggio 9, e in particolare se l’impresa sia ancora un going concern 10.
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Nel presupposto, ampiamente condiviso, che quanto più in un mercato sono diffuse tecniche contrattuali di soluzione della crisi, tanto più si riduce il ruolo delle procedure concorsuali, v. MAZZONI, “Capitale sociale, indebitamento e circolazione atipica del controllo”, in BALZARINI-CARCANO-VENTORUZZO (a cura di), La società per azioni oggi. Tradizione, attualità e prospettive (Milano, 2007), 527. 4 Per tutti W.J. BLUM, “The Law and Language of Corporate Reorganization”, Univ. of Chicago Law Rev., 1950, 565; L.A. BEBCHUK, “A new Approach to Corporate Reorganizations”, Harvard Law Rev., vol. 101, 1988, 775 ss.; M.J. ROE, “Bankruptcy and Debt: A new Model for Corporate Reorganizations”, Columbia Law Rev., 1983, 927. 5 In questo senso UNCITRAL, Legislative Guide On Insolvency Law (New York, 2005), 1, ove si evidenzia “(
…) the increasing use and importance of other tools for addressing insolvency, specifically restructuring negotiations entered into voluntarily between a debtor and its key creditors (
…)”. E v. anche infra, § 4, testo e n. 95. 6 L’InsolvenzOrdnung non prevede percorsi stragiudiziali, ma il procedimento di insolvenza, se l’imprenditore è una società di capitali, si applica anche a situazioni qualificabili come mero Überschuldung ai sensi del § 19, 1, InsO; fattispecie definita al § 19, 2, quale insufficienza del patrimonio del debitore a fronteggiare i debiti. 7 E v., infatti, la Comunicazione CE n. 52007DC0584, della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni, COM/2007/0584, def., in http://www.eur-lex-.europa.eu, § 2.1, testo e n. 7, dove si evidenzia, ad esempio, che in alcuni ordinamenti il concetto di insolvenza coincide con quello di inadempimento. 8 M.C. CARDARELLI, “Istituti di allerta e di prevenzione nella riforma delle procedure concorsuali”, in ABETE-AULETTABASSI, Crisi dell’impresa e insolvenza (Milano, 2005), 100 ss. 9 STANGHELLINI, Le crisi di impresa fra diritto ed economia. Le procedure di insolvenza (Bologna, 2007), 48 ss. 10 STANGHELLINI (supra, n. 9), 68, se pure con riferimento alla scelta se mantenere in esercizio o liquidare l’impresa insolvente.
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Quanto al risanamento, e con specifico riferimento alle società, è risanamento (del valore) del patrimonio sociale quale saldo tra attività e passività, non dell’azienda e della sua capacità produttiva, posto che la bocciatura del “mercato” – nella limitata accezione in cui di mercato si può parlare a proposito di società istituzionalmente chiuse come le s.r.l. 11 – si riferisce al patrimonio nella sua composizione attuale, non alla potenzialità produttiva dell’azienda in generale 12. Riguardo al momento in cui la crisi diventa giuridicamente rilevante, si è osservato, correttamente, che l’approccio tradizionale – che cerca nella legge una norma che descriva esattamente questo stato di cose – fallisce l’obiettivo, e concetti come pre-crisi, Überschuldung, Unfähigkeit 13, drohende Zahlungsfähigkeit 14 non chiariscono il fenomeno più di tanto 15. Le definizioni non sono pertanto, in questo campo, “autosufficienti” e bisogna dare spazio a quelle economico-aziendali: la crisi, di fatto, segnala la “cessazione della continuità aziendale” 16. Quanto ai rimedi, l’approccio dei sistemi capitalistici avanzati si fonda su una regolamentazione contrattuale esaustiva della crisi, nel senso che i contratti di finanziamento, prestito obbligazionario, emissione di strumenti finanziari precisano in presenza di quali eventi la crisi può dirsi insorta 17, e di norma prestabiliscono i comportamenti che la società-debitore dovrebbe assumere o evitare 18. L’art. 67, 3° comma, lett. d), legge fall., si limita a enunciare che l’iniziativa per l’adozione del piano di risanamento spetta al debitore, ciò che nelle s.r.l. si traduce nella competenza dei soci in assemblea: la proposta non può essere sottratta alla competenza collegiale – assembleare in quanto pur non influenzando direttamente l’oggetto sociale può alterare il valore delle partecipazioni 19 e, dunque, comportare una “rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci”, ex art. 2473, 1° comma; sempre ai soci, ma anche con decisione extraassembleare, spetta scegliere l’esperto che deve asseverare i dati aziendali 20, che possibilmen-
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Useremo il concetto di mercato tra virgolette al fine di evidenziare questo aspetto. STANGHELLINI (supra, n. 9), 131 ss. 13 La Unfähigkeit (§ 17, 1° comma, InsO), come anche l’imminente incapacità di pagamento (drohende Unfähigkeit, § 18, 1° comma, InsO) e l’Überschuldung (§ 19, c. 1, InsO), che specificamente allude allo sbilanciamento patrimoniale tra valori attivi e indebitamento, sono situazioni che possono tutte, parimenti, dare luogo al fallimento. 14 Il rischio di insolvenza è definito al § 18, par. 2, InsO. 15 MAZZONI (supra, n. 3), 530. 16 MAZZONI (supra, n. 3), 530 ss. 17 MAZZONI (supra, n. 3), spec. 527, riferendosi al fatto che negli ordinamenti nordamericani il “contrattualismo” è presente anche nella disciplina delle crisi di impresa, in forma di disciplina contrattuale delle situazioni di crisi in virtù della quale “(...) al verificarsi di certi eventi o circostanze definiti da apposita clausole, sono gli stessi contratti stipulati dalle imprese con i propri maggiori creditori finanziari a prescrivere determinati comportamenti restrittivi all’impresa debitrice (...)”. 18 MAZZONI (supra, n. 3), 526. Quanto ai possibili comportamenti che il finanziatore può imporre alla società – debitore all’interno del contratto di finanziamento v. meglio infra, § 5.1, a proposito del contenuto dei contratti di ristrutturazione del debito. 19 Tra l’altro rientrano tra le competenze inderogabili dei soci, ex art. 2479, 1° comma, le decisioni che ne “sviliscono” la posizione pur non alterando formalmente il valore della partecipazione, osserva MASSA FELSANI, “Le decisioni dei soci”, in FARINA-IBBA-RACUGNO-SERRA, La nuova s.r.l. Prime letture e proposte interpretative (Milano, 2004), 309. 20 In questo senso, tra l’altro anche per le società azionarie, Trib. Brescia, 2 agosto 2007 e Trib. Milano, 16 luglio 2008, Giur. comm., 2009, II, 171 ss., con nota di JORIO, “I piani di risanamento: chi nomina l’esperto?”; Trib. Milano, 10 marzo 2009; Trib. Mantova, 31 marzo 2009; Trib. Bologna, 15 aprile 2009, e Trib. Treviso, 20 aprile 2009 (quest’ultimo precisando che può essere, piuttosto, delegato il presidente del Tribunale in veste vicaria là dove la società voglia connotare la nomina di una certa terzietà), tutte in Dir. fall., 2010, II, 125 ss., con nota di BOGGIO, “Piani di risanamento attestati: la scelta del professionista tra autonomia privata e “aiuto” giudiziale”. 12
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te non deve essere il consulente che ha redatto il piano insieme agli amministratori 21. Secondo l’art. 67, 3° comma, lett. d), legge fall., il piano deve apparire “(
…) idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria (
…)”. Ciò induce la dottrina a concludere che deve essere redatto sulla falsariga di un business plan e comprendere un piano industriale, un budget economico, un budget finanziario e le tavole analitiche del cash flow previsto 22. Attraverso il piano la società deve, infatti, convincere creditori attuali e futuri a investire nel risanamento 23, e dimostrare capacità di recupero dell’equilibrio tra entrate e uscite monetarie sulla base del cash flow operativo, che “(
…) fornisce la misura delle risorse generate dalla gestione reddituale e da quella del capitale circolante commerciale (
…)” 24. Il bilancio previsionale di fine risanamento dovrebbe, inoltre, essere sottoposto a un test di default basato su una delle metodologie statistiche in uso 25. Accanto alle misure “esterne”, come quelle che attuano una ricapitalizzazione o una raccolta di capitale di credito attraverso l’emissione di titoli di debito, ex art. 2483 c.c., si collocano le misure “interne”, cioè quelle che mirano a ridurre i costi di produzione e a ripristinare margini di redditività 26, ad esempio eliminando attività improduttive. Con riferimento alle seconde è decisivo che la società sia dotata di un efficace sistema di controllo della gestione, di modo che sia possibile verificare, come nel concordato preventivo, il recupero di redditività del capitale proprio (reddito netto/patrimonio netto – R.o.e.) e la redditività del capitale investito nella gestione – R.o.i.) 27. Il piano attestato, come il piano di concordato preventivo, implica, dunque, un “(...) giudizio professionale di alta probabilità (...)” e cioè di ragionevolezza 28, attestato da un esperto contabile, giusto il macchinoso sistema di rinvii che dall’art. 67, 3° comma, lett. d), legge fall., conduce all’art. 2409-bis, 1° comma. L’attestazione attiene alla veridicità dei dati aziendali e alla possibilità di risanamento, mentre non è richiesto un accordo con i creditori: il piano può comprendere anche un accordo con uno o più creditori 29 mentre è escluso che possa risolversi in questo 30. In considerazione della povertà della disciplina la dottrina aziendali-
21 Il suggerimento è di ASSONIME, Il finanziamento alle imprese in crisi. Linee guida (Bozza 16 maggio 2008), Best Practice n. 1 (Contesto del risanamento e percorsi protetti), http://www.unifi.it/nuovodirittofallimentare, 12, consultato, da ultimo, il 13 aprile 2010. 22 ASSONIME (supra, n. 21), 15; MANDRIOLI, “Struttura e contenuti dei “piani di risanamento” e dei “progetti di ristrutturazione” nel concordato preventivo e negli accordi di composizione stragiudiziale delle situazioni di “crisi”, in BONFATTIFALCONE (a cura di), Le nuove procedure concorsuali per la prevenzione e la sistemazione delle crisi di impresa (Milano, 2006), 509 ss.; PELLEGRINO, “La riforma della legge fallimentare”, Dir. fall., 2006, I, 389. D’altra parte, il cash flow test è quello che rivela se l’impresa può ancora essere un going concern, anche se la semplicità del test è solo apparente, come osserva R.M. GOODE, Principles of Corporate Insolvency Law2 (London, Sweet & Maxwell, 1997), 77 ss., e recentemente High Court of Justice – Chancery Division, Companies Court: J. Brigge in Cheyne Finance Plc (in receivership) [2007] EWHC 2402 (Ch). Non a caso nell’ordinamento britannico, ove è regolato nel § 123 (1), (e), Insolvency Act 1986, è il test più rilevante. 23 In questo senso ASSONIME (supra, n. 21), 15, testo e n. 8. 24 V. DONATO, “Revocatoria delle rimesse bancarie ed esenzioni dalla revocatoria a fronte di piani di risanamento: profili tecnico-aziendalistici”, Dir. fall., 2006, I, 389. 25 V. DONATO (supra, n. 24), 390. 26 MANDRIOLI (supra, n. 22), 510. 27 RANDAZZO, “I piani di risanamento nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione”, Relazione al Convegno, Milano, 14 novembre 2007, 7, reperibile in http://www.tribunale.varese.it, consultato da ultimo il 2 luglio 2010. 28 G. VERNA, “La relazione professionale che accompagna il piano di concordato preventivo”, Dir. fall., 2008, I, 237. 29 BONFATTI-CENSONI, Manuale di diritto fallimentare (Padova, 2004), 303; STANGHELLINI (supra, n. 9), 313. 30 E in questo senso ROSAPEPE, § 76. “Le esenzioni dalla revocatoria fallimentare”, in AA.VV., Diritto fallimentare [Manuale breve] (Milano, 2008), 252.
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stica suggerisce, poi, di applicare per analogia le norme sul merger leveraged buy-out 31. Quanto alla forma, può essere ragionevole ricavare un onere di forma scritta al fine di provare l’anteriorità del piano rispetto a un eventuale fallimento 32, ma il piano resta una fattispecie complessa di natura non negoziale 33, e non un contratto. Un grave problema irrisolto riguarda la fase delle trattative che conducono al perfezionamento del piano, e più precisamente il finanziamento interinale o “finanziamento-ponte”, completamente ignorato dal legislatore. Regolare questo aspetto sarebbe stato, invece, di primaria importanza, perché il tempo necessario a redigere il piano e ottenere l’attestazione può essere molto lungo 34. Il problema è particolarmente sentito proprio nelle s.r.l., che di norma non hanno una leva finanziaria sufficiente a gestire l’attesa e incontrano difficoltà a procurarsi finanziamenti in questa fase, specie se la decisione di intraprendere un percorso di risanamento non è stata tempestiva 35. È lasciata, invece, agli amministratori, coadiuvati dall’esperto, la determinazione della durata del piano. Esiste, peraltro, un trade-off tra orizzonte temporale e capacità di previsione delle tendenze di lungo periodo, di modo che la buona prassi aziendale dovrebbe segnare non solo la durata sufficiente ma anche quella massima 36. Quanto alle ragioni che possono consigliare un piano di risanamento attestato, deve trattarsi di “(
…) una crisi dell’impresa transitoria e di minore gravità (
…)” 37, cioè di operazioni di turnaround aziendale non connotate da uno stato di insolvenza 38, o fase terminale del ciclo economico attivo 39. 3. Il contenuto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182-bis legge fall. – L’accordo di ristrutturazione dei debiti è per l’appunto uno strumento di gestione contrattuale
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V. DONATO (supra, n. 24), 387, evidenziando come in entrambi i casi il problema sia la “sistemazione del debito” tramite un progetto contabile previsionale, salva la differenza che nel merger leveraged buy-out il tutto si riferisce non all’indebitamento complessivo bensì solo al debito contratto per l’acquisto di partecipazioni nella società target. 32 MANDRIOLI (supra, n. 22), 515, osservando che il piano potrebbe, altrimenti, essere confezionato dopo la notifica dell’azione revocatoria; Trib. Milano, 16 luglio 2008 (decr.), http://www.ilcaso.it, consultato, da ultimo, il 2 giugno 2010; Trib. Brescia, 2 agosto 2007. 33 Si v. ROPPO, “Profili strutturali e funzionali dei contratti di salvataggio (o di ristrutturazione dei debiti d’impresa)”, Riv. dir. priv., 2007, 281. 34 ASSONIME (supra, n. 21), 7. 35 ASSONIME (supra, n. 21), 7. Il finanziamento-ponte dovrebbe: a) coprire soltanto la fase temporale necessaria a perfezionare uno strumento di risanamento lato sensu (piano di risanamento attestato, accordo di ristrutturazione, concordato preventivo); b) dovrebbe comportare l’erogazione – o il mantenimento, se già in essere – da parte di banche o altri intermediari finanziari di linee di credito autoliquidanti; c) non dovrebbe comportare la prestazione di garanzie da parte dell’impresa in ristrutturazione. 36 Si v. ASSONIME (supra, n. 21), 17, ove si suggerisce il limite massimo di 3/5 anni quale arco temporale idoneo al raggiungimento di un nuovo equilibrio economico-finanziario. Si chiarisce che l’obiettivo potrebbe, eccezionalmente, richiedere un tempo maggiore purché vi sia una adeguata motivazione e siano redatte stime previsionali. Le stesse indicazioni sono contenute in Il finanziamento alle imprese in crisi. Linee guida. Progetto congiunto elaborato da Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili e Assonime, bozza 20 maggio 2008, in http://www.cndec.it e in http://www.assonime.it, consultati, da ultimo, il 10 luglio 2010. 37 ROSAPEPE (supra, n. 30), 252. 38 La letteratura internazionale sui processi di turnaround attuati attraverso accordi stragiudiziali evidenzia che non necessariamente rappresentano un’alternativa alla procedura concorsuale, potendo essere promossi anche al di fuori di una crisi. 39 V. DONATO (supra, n. 24), 386.
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della crisi 40. L’ottica dalla quale il legislatore muove è il convincimento che la contrattazione favorisce l’emersione tempestiva della crisi e, nel contempo, assicura una elevata probabilità di successo della ristrutturazione 41. L’accordo può perseguire finalità meramente liquidatorie (possono, infatti, accedervi anche società in liquidazione) 42, diversamente dal piano di risanamento attestato di cui all’art. 67, 3° comma, lett. d), legge fall., e diversamente dal Reorganization Plan nella definizione datane dall’Uncitral Legislative Guide on Insolvency Law 43, che, se mai, può essere convertito in liquidazione al ricorrere di determinate circostanze 44. Del pari, può ispirarsi, nei contenuti, ad una proposta di concordato preventivo 45. L’art. 182-bis legge fall. non individua gli elementi strutturali dell’accordo, limitandosi ad enunciare il suo fine, ovvero la ristrutturazione dei debiti: ai sensi dell’art. 67, 3° comma, lett. e), legge fall., gli atti e i pagamenti effettuati e le garanzie prestate in esecuzione degli accordi di ristrutturazione di cui all’art. 182-bis legge fall., sono, infatti, esclusi dalla revocatoria fallimentare. Il fine diviene conseguibile in quanto negoziato dai soci, previa delibera assembleare ovvero decisione extra assembleare 46 (la competenza dei soci è inderogabile perché l’accordo può incidere sulle loro posizioni giuridiche) con una parte importante dei creditori; questa importanza si qualifica sul piano quantitativo e non qualitativo: è presupposto per accedere all’accordo il consenso di tanti creditori che rappresentino almeno il sessanta per cento dei debiti sociali. Non rileva la distinzione tra privilegiati e chirografari, né la circostanza che i creditori aderenti siano muniti di un titolo esecutivo 47, né deve essere garantito il pagamento dei privilegiati e di una percentuale data dei chirografari, anche se può essere previsto un trattamento distinto per gli uni e per gli altri 48. Riguardo alla natura dell’accordo, la tesi che lo qualifica come sottospecie di concordato preventivo, o concordato preventivo semplificato, è recessiva 49, ciò che, peraltro, non esclude
40 Il legislatore persegue una “(
…) connessione virtuosa fra autonomia privata, ossia (uso del) contratto per la gestione della crisi, e mercato”, osserva F. MACARIO, “Insolvenza, crisi d’impresa e autonomia contrattuale. Appunti per una ricostruzione sistematica delle tutele”, Riv. soc., 2008, 146. E in questa direzione già DI MARZIO, “Autonomia negoziale e nuove regole sulla crisi e sulla insolvenza dell’impresa”, in VIETTI-MAROTTA-DI MARZIO (a cura di), Riforma fallimentare. Lavori preparatori (Torino, 2007), 18 ss. 41 F. MACARIO (supra, n. 40), 147, testo e n. 77. Si noti che, ai sensi dell’art. 23, 43° comma, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, in vigore dal 6 luglio 2011, in attesa di una revisione generale della disciplina dell’imprenditore agricolo in crisi, gli imprenditori agricoli in stato di crisi possono usufruire della procedura ex art. 182 bis. 42 Ad esempio, nell’accordo di ristrutturazione della “Telma s.r.l.” in liquidazione, omologato da Trib. Milano, 11 gennaio 2007, reperibile in http://www.oec.giulianoedigravio.it, p. 1 del documento, consultato, da ultimo, il 31 maggio 2010, l’attestazione di attuabilità si legava a transazioni parziali con i creditori per 3.357.040.13 euro, alla vendita di un immobile del valore stimato di 450.000 euro e al ricavato della vendita di beni e servizi per circa 3.750.000 euro. 43 UNCITRAL (supra, n. 5), 7, ove è definito “[r]eorganization” “(...) the process by which the financial well-being and viability of a debtor’s business can be restored and the business continue to operate, using various means possibly including debt forgiveness, debt rescheduling, debt-equity conversions and sale of the business (or parts of it) as a going concern”. 44 UNCITRAL (supra, n. 5), IV, A, § 14. 45 GUERRERA, § 53, “Le soluzioni concordatarie. Gli accordi di ristrutturazione dei debiti”, in AA.VV., Diritto fallimentare [Manuale breve] (Milano, 2008), 174. 46 La competenza è la stessa del piano di risanamento attestato: e v. supra, § 1, per le relative considerazioni. 47 Sul punto v. Trib. Roma, 4-16 ottobre 2006, Fallimento, 2007, 187 ss., con nota di PROTO, “Accordi di ristrutturazione dei debiti, tutela dei soggetti coinvolti nella crisi di impresa e ruolo del giudice”. 48 V. Trib. Milano, 11 gennaio 2007, reperibile in http://www.oec.giulianoedigravio.it. 49 È sostenuta da VALENSISE, sub 182-bis, in NIGRO-SANDULLI (a cura di), La riforma della legge fallimentare, II, Artt. 104215 (Torino, 2006), 1085 ss.; nello stesso senso PROTO, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Fallimento, 2006, 129.
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l’applicabilità per analogia di alcune norme concordatarie 50, e ha ceduto il passo alla tesi negoziale, che lo inquadra tra i negozi plurilaterali, o bilaterali plurisoggettivi 51, a seconda della conformazione data dalle parti in concreto 52. In tutti i casi l’accordo è un contratto – e più esattamente un contratto aperto (all’adesione di creditori ulteriori) 53 – nominato (nell’art. 182-bis legge fall.) 54 e parzialmente tipizzato, perché mancano indicazioni sul suo contenuto ma è presente una limitata disciplina dei suoi effetti. La legge non richiede la forma scritta a pena di nullità, né sussiste un obbligo di sottoscrizione in capo ai partecipanti, anche se parte della giurisprudenza ritiene necessari sia l’accordo scritto 55 che l’autentica delle firme da parte dei creditori aderenti 56. L’art. 182-bis, 1° comma, legge fall., chiede che un professionista munito dei requisiti di cui all’art. 67, 3° comma, lett. d), rediga una relazione sull’attuabilità dell’accordo e sulla sua idoneità ad assicurare il pagamento dei creditori estranei: i requisiti dell’esperto nel piano di risanamento, nell’accordo di ristrutturazione e nel concordato preventivo sono stati, infatti, opportunamente unificati 57. L’attestazione di attuabilità è un’asseverazione dell’idoneità del contratto ad assicurare ai creditori non aderenti che saranno pagati regolarmente, dunque (anche) per intero e alla scadenza 58: la società-debitrice non può proporre dilazioni 59, né può proporre ai creditori estranei
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CAMPOBASSO, Diritto commerciale. 3. Contratti, titoli di credito, procedure concorsuali 4, a cura di M. CAMPOBASSO (Torino, 2008), testo e n. 31. 51 Parla dell’accordo di ristrutturazione in termini di contratto consensuale plurilaterale Trib. Brescia, 22 febbraio 2006 (decr.), Fallimento, 2006, 669, con nota di NARDECCHIA, “Gli accordi di ristrutturazione dei debiti”; lo qualifica “contratto bilaterale plurisoggettivo a causa unitaria” Trib. Milano, 11 gennaio 2007, reperibile in http://www.oec.giulianoedigravio.it. 52 Come osserva BOGGIO, “Gli accordi di ristrutturazione: il primo “tagliando” a tre anni dal “decreto competitività”, Banca, borsa, tit. cred., 2009, I, 71. 53 In questo senso CAIAFA, “Accordi di ristrutturazione dei debiti: natura giuridica e giudizio di omologazione”, nota a Trib. Bari, 21 novembre 2005, Dir. fall., 2006, I, 541. 54 È nominato in quanto è previsto da una disposizione legislativa di rango primario. 55 Trib. Roma, 7 luglio 2005, Il nuovo dir. soc., 2005, 47 ss.; Trib. Brescia, 22 febbraio 2006 (decr.), Fallimento, 2006, 669, con nota di NARDECCHIA (supra, n. 51). 56 Trib. Bari, 21 novembre 2005, con nota di CAIAFA, “Accordi di ristrutturazione dei debiti: natura giuridica e giudizio di omologazione”, Dir. fall., 2006, I, 541, che ha negato l’omologa in assenza di tali elementi; diversamente Trib. Rimini, 20 marzo 2009, in http://www.ilcaso.it, consultato, da ultimo, il 2 aprile 2010, p. 1 del documento, che ritiene sufficiente l’autocertificazione dell’autenticità della firma, ex art. 19 d.p.r. n. 445/2000. 57 FONDAZIONE ARISTEIA, L’esperto nelle procedure concorsuali, Documento n. 84, gennaio 2008, in http://www. aristeia.it, 26, testo e n. 81. 58 Si veda, però, come in un caso il Tribunale di Rimini, in sede di omologa dell’accordo, insieme all’attestazione dell’esperto sulla sua idoneità ad assicurare il pagamento integrale dei creditori estranei, abbia richiesto una c.t.u., e quindi la relazione di un consulente tecnico nominato d’ufficio al fine di accertare che ricorresse il presupposto di cui all’art. 182-bis, 1° comma, cioè che l’accordo coinvolgesse almeno il sessanta per cento dei crediti: Trib. Rimini, 12 marzo 2009, in http://www.ilcaso.it, consultato, da ultimo, il 3 dicembre 2010. 59 In questo senso Trib. Roma, 4-16 ottobre 2006, Fallimento, 2007, 187 ss., con nota di PROTO, “Accordi di ristrutturazione dei debiti, tutela dei soggetti coinvolti nella crisi di impresa e ruolo del giudice”; si v. pure App. Trieste, 4 settembre 2007, Dir. fall., 2008, II, 297 ss., con nota di D. MANENTE, “Non omologabilità degli accordi ex art. 182-bis legge fall. e procedimento per dichiarazione di fallimento del debitore”, anche se relativa ad una s.p.a.; F. FERRO-LUZZI, “Prolegomeni in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti dell’imprenditore in stato di crisi: del paradosso del terzo creditore “estraneo
… ma non troppo”, Riv. dir. comm., 2008, I, 826, ora anche in IBBA (a cura di), Profili della nuova legge fallimentare (Torino, 2009), 112, da cui si cita, il quale ritiene che il “regolarmente” di cui all’art. 182-bis sia da interpretare alla stregua del “regolarmente” di cui all’art. 5, 2° comma, legge fall., che non presta attenzione al tempo dell’adempimento ma solo al mezzo utilizzato, autorizzando, così, pagamenti ritardati dei creditori estranei. Va ricordato, però, che l’art. 5, 2° comma, legge fall., definisce il presupposto oggettivo dello stato di insolvenza (che spesso ricorre in fatto ma non è presupposto nell’art. 182-bis: v. anche supra, § 1). E in direzione opposta TERRANOVA, Stato di crisi e stato di insolvenza (Torino, 2007), spec. 9 ss., che muove dall’approccio per il quale le assonanze terminologiche dentro la legge fallimentare so-
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lo stesso pagamento in percentuale concordato con gli aderenti 60. Il professionista deve, dunque, accertare anche la veridicità, cioè l’esattezza, dei dati aziendali posti a base dell’accordo, mentre non deve (anche) attestarli formalmente: l’attività che è chiamato a svolgere corrisponde, dunque, a quella richiesta nel concordato preventivo dall’art. 161 legge fall. 61. Si prevede, dunque, una sorta di cram down provision nei confronti dei creditori estranei simile a quella dei Reorganization Plans di cui al Title 11, Chapter 11, Bankruptcy U.S. Code 62. In quest’ottica, il contratto non asseverabile è un contratto inaffidabile, in quanto inidoneo a soddisfare i creditori estranei 63. Dal combinato disposto degli artt. 67, 3° comma, lett. e), e 182-bis, 1° comma, legge fall., si ricava, dunque, che l’accordo non può essere omologato se non garantisce, sulla base di un’analisi di merito dei dati aziendali, il pagamento regolare dei creditori estranei. È ragionevole, pertanto, concludere che al contratto di ristrutturazione debba essere allegata un’attestazione di veridicità dei dati aziendali 64: anche se la norma non lo richiede, l’unico modo per “garantire” che i creditori non aderenti saranno pagati regolarmente e per intero è, infatti, accertare le attività e le passività 65. Se, poi, l’accordo include una transazione fiscale la struttura del contratto si fa più complessa: ai sensi dell’art. 182-ter, 6° comma, legge fall., la proposta di transazione fiscale deve essere, infatti, presentata all’interno delle trattative per la conclusione del contratto di ristrutturazione del debito e indirizzata al direttore dell’ufficio o al concessionario della riscossione, il quale dovrà rispondere espressamente – non è ammesso il silenzio-assenso – entro trenta giorni dal deposito 66. Nel caso in cui vi siano accertamenti fiscali in corso l’attestazione riguarda anche la ragionevole certezza che l’adempimento non sarà pregiudicato dal sopraggiungere di una cartella esattoriale. Se sul piano dei contenuti la ristrutturazione contrattuale del debito presenta tratti pressoché uniformi in tutti gli ordinamenti 67, più complessa è la comparazione sul piano degli effetti. Da questo punto di vista, uno degli istituti più simili al contratto di ristrutturazione del debito di cui all’art. 182-bis legge fall., sembra essere il Company Voluntary Arrangement disciplinato nella Sec. 1, Insolvency Act 1985, come modificato dall’Insolvency Act 1986 e dall’Insolvency Act 2000, perché anche in questo caso si ha un contratto stipulato dal debitore con una maggioranza qualificata di creditori calcolata sull’ammontare dei crediti 68 che fa salvi i diritti
no poco rilevanti, posto che, ad esempio, il “regolarmente” di cui all’art. 5 certamente non coincide con il “regolarmente” di cui all’art. 67 legge fall. 60 Come pure ha stabilito Trib. Milano, 21 dicembre 2005 (decr.), Fallimento, 2006, 670 ss., con nota di NARDECCHIA (supra, n. 51). Nella fattispecie, il Tribunale omologava un accordo di ristrutturazione che prevedeva il pagamento di tutti i creditori chirografari in una percentuale del credito congelata al 28 febbraio 2005, pari al 31% del relativo importo. 61 NARDECCHIA, “La relazione del professionista ed il giudizio di omologazione negli accordi di ristrutturazione del debito”, Fallimento, 2010, 218. 62 Come osserva VALENSISE (supra, n. 49), 1094, testo e n. 54. 63 Trib. Brescia, 22 febbraio 2006 (decr.), Fallimento, 2006, 669, con nota di NARDECCHIA (supra, n. 51); Trib. Milano, 23 gennaio 2007, Fallimento, 2007, 701, relative all’accordo di ristrutturazione di una s.r.l., nel secondo caso in liquidazione. 64 In questo senso, infatti, FONDAZIONE ARISTEIA (supra, n. 57), 26, testo e n. 81; ASSONIME (supra, n. 21), 14. 65 In questo senso anche MARANO, sub 182-bis, in SANTANGELI (a cura di), Il nuovo fallimento (Milano, 2006), 785; FONDAZIONE ARISTEIA (supra, n. 57), 26. 66 Per questi aspetti V. FICARI, “Prime impressioni su “transazione” fiscale e “ristrutturazione” dei debiti fiscali”, in IBBA (a cura di), Profili della nuova legge fallimentare (Torino, 2009), spec. 143. 67 Anche secondo il Chapter Eleven Bankruptcy U.S. Code lo strumentario della ristrutturazione comprende rinegoziazioni dei debiti nell’importo e/o nella scadenza; conversioni del debito in capitale, con conseguente riallocazione della proprietà presso i creditori; parziali remissioni dei debiti; concessione di garanzie, ecc. 68 Ai sensi delle Rules 1.13-1.21 dell’Insolvency Act la maggioranza richiesta per l’approvazione dell’Arrangement è quella di più di tre quarti del valore dei crediti totali.
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dei creditori rimasti estranei e riceve il crisma formale della Corte, che ha anche il potere di sospenderne o revocarne l’esecuzione 69. Anche il C.v.a. può essere proposto sia quando la società in crisi è ancora un going concern, sia in situazioni di insolvenza. In questo secondo caso può precedere o seguire l’inizio della liquidazione, perciò ha un campo di applicazione più ampio rispetto ai contratti di ristrutturazione del debito 70. Anche il diritto francese consente alle imprese commerciali in crisi finanziaria di stipulare un contratto 71 con i creditori più importanti, solitamente banche e fisco, successivamente omologato dal Tribunale 72. In questo caso, tuttavia, la domanda, rivolta dal legale rappresentante al presidente del Tribunale di commercio o al presidente del Tribunale di grande istanza, a seconda dei casi, instaura una procédure de conciliation all’esito della quale il Tribunale, se ritiene presenti i presupposti sostanziali del risanamento, concede alla società di accedere ad un règlement amiable, cioè ad un accordo stragiudiziale con i creditori 73 che sarà successivamente omologato dal Tribunale, ponendo così fine alla procédure de conciliation 74. Più precisamente, il Tribunale esercita un potere di controllo nel merito sull’idoneità dell’accordo a consentire la ristrutturazione, ed eventualmente dispone una perizia sulla situazione economico-finanziaria della società 75. La presentazione della domanda di omologa al Presidente del Tribunale deve essere accompagnata da un piano di risanamento e dalle misure di ristrutturazione finanziaria e/o societaria ritenute, eventualmente, necessarie 76. Da notare, tuttavia, che l’accesso al contratto è riservato alle imprese commerciali in crisi ma non insolventi, dal momento che il debitore deve dimostrare che i pagamenti non sono stati interrotti e che l’accordo è idoneo a consentire la prosecuzione dell’attività 77. Non è utilizzabile, dunque, quale strumento di liquidazione, diversamente dal contratto di ristrutturazione di cui all’art. 182-bis, legge fall. Là dove, invece, non sussistano i presupposti di cui sopra, il Tribunale dispone l’apertura di una procedura concorsuale, che può essere una procèdure de sauvegarde, in larga parte corrispondente al nostro concordato preventivo, di redressement judiciaire o di liquidation judiciaire. 4. Categorie di soggetti coinvolti nella ristrutturazione del debito. – La crisi, per certi versi, abbatte “(...) la barriera organizzativa che normalmente preclude ai ‘non possessori’ di
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Section 6 (1) e (2) Insolvency Act. K. GROMEK, “Company Voluntary Arrangements and their reform in the light of the “rescue culture”: the new approach in the Uk insolvency Law”, in RAGUSA MAGGIORE-TORTORICI (a cura di), Crisi d’impresa e procedure concorsuali in Italia e in Europa (Padova, 2002), 54. 71 Art. L611-4 ss. cod. comm., come più volte modificato e integrato per effetto della legge 1° marzo 1984 (artt. 35 ss.), della legge 10 giugno 1994 e della legge 2005-845, del 26 luglio 2005. 72 L’omologa, introdotta con le modifiche apportate alla legge del 1984 dalla legge 10 giugno 1994, è stata fortemente voluta dalle banche, desiderose di mettersi al riparo da imputazioni per concessione abusiva di credito all’impresa in crisi, osserva M.J. CAMPANA, “L’impresa in crisi. L’esperienza del diritto francese”, in RAGUSA MAGGIORE-TORTORICI (a cura di), Crisi d’impresa e procedure concorsuali in Italia e in Europa (Padova, 2002), 107, n. 17 . 73 M.J. CAMPANA (supra, n. 72), 105, evidenziando come il contratto stragiudiziale di ristrutturazione può essere stipulato solo all’esito della verifica sulla possibilità del risanamento, effettuata dal conciliateur designato dal Tribunale, quindi nella cornice generale della procèdure de conciliation. Si tratta di un “approccio autoritario” alla crisi che è caratteristico del legislatore francese, come osserva STANGHELLINI (supra, n. 9), 199. 74 Art. L611-10, al. 1, cod. comm. 75 Si v. M.J. CAMPANA (supra, n. 72), 103 ss. 76 M.J. CAMPANA (supra, n. 72), 104 ss. 77 Art. L611-8, al. 1, cod. comm. 70
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aliquote del capitale sociale di interferire nelle scelte gestorie e auto-regolamentari degli organi della società, legittimandone la partecipazione al processo di ristrutturazione (...)” 78. Questi aspetti sono ancor più evidenti se l’impresa è sovraindebitata: in questi casi più che in altri appartenenza formale e appartenenza sostanziale cessano di coincidere, e può assistersi a un “deperimento del controllo proprietario” e a un contestuale “(...) (processo di) trasferimento parziale o totale del controllo sull’impresa ai creditori o ad alcuni creditori” 79. Esattamente si osserva, peraltro, che questo deperimento avviene sempre per gradi, e in questo senso già le regole sulla riduzione obbligatoria del capitale per perdite, prima ancora che emerga una vera e propria crisi, testimoniano “(
…) dell’attitudine dell’indebitamento a incidere sull’esercizio del potere di controllo (
…)”, anche perché, il più delle volte, tra indebitamento finanziario e perdita c’è un rapporto di causa-effetto 80. Dal punto di vista economico, dunque, “(...) [l]’impresa con indebitamento eccessivo cessa di appartenere economicamente al soggetto o gruppo di soggetti in controllo; o, quanto meno, cessa di appartenere economicamente a costui o a costoro in via esclusiva” 81 e si parla di “controllo atipico” o “circolazione atipica del controllo” 82. Questa constatazione non equivale a dire che il controllo dell’impresa passa dai soci ai creditori, o ad altri stakeholders: esistono una nozione formale e una nozione sostanziale di controllo 83, e quando si parla di traslazione del controllo dai soci ai creditori si utilizza, evidentemente, la seconda (a meno che, ovviamente, la crisi non sia affrontata anche attraverso acquisto di partecipazioni sociali da parte di stakeholders quali creditori e lavoratori). Anche con riferimento al trasferimento sostanziale del controllo, peraltro, sono necessarie alcune precisazioni: accanto a soci “espropriati” del potere connesso al possesso di partecipazioni ci sono soci forti che non lo perdono. Del pari, ci sono creditori attivi – in particolare le banche e alcuni intermediari finanziari – e creditori volontariamente passivi, quali i creditori commerciali e privati e i creditori involontari 84. Più in generale va evidenziato che la categoria dei creditori non è omogenea quanto alla valutazione sia dell’impresa in crisi che della crisi stessa, e quanto alle modalità per affrontarla: esiste un potenziale conflitto tra creditori che aspirano a massimizzare il rendimento del debito (perché hanno, nel frattempo, cessato di essere creditori) e creditori che hanno interessati, all’opposto, ad una strategia di massimizzazione del valore dell’impresa in crisi nel mediolungo periodo 85.
78 GUERRERA-MALTONI, “Concordati giudiziali e operazioni societarie di “riorganizzazione”, in CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO, Studio n. 77-2007/I, reperibile in http://www.notariato.it, ora anche Riv. soc., 2008, 23, da cui si cita; MAZZONI (supra, n. 3), 561, e ivi i richiami a M.W. MCDANIEL, “Bondholders and Corporate Governance”, Business Lawyer, 1986, 413, ove si argomenta intorno al progressivo attenuarsi, nei sistemi finanziari “maturi”, della distinzione tra azioni e obbligazioni nei contesti delle riorganizzazioni societarie. Il tema, come è noto, è ripreso in Italia da LAMANDINI, Controllo, governo e partecipazione al capitale (Bologna, 2001), 11 ss. 79 MAZZONI (supra, n. 3), 513. All’A. appartengono anche i virgolettati nel testo. 80 MAZZONI (supra, n. 3), 517. 81 MAZZONI (supra, n. 3), 512, osservando che l’impresa afflitta da indebitamento insostenibile, e/o ingovernabile, o si dissolve attraverso una liquidazione, o passa in blocco ad altri; ciò sia nella procedura di insolvenza sia nella riorganizzazione stragiudiziale dell’indebitamento. 82 In entrambe le formule l’espressione appartiene a MAZZONI (supra, n. 3), 512, 543 ss. 83 La questione è stata sviscerata nei suoi termini più ampi, non solo con riferimento alle società in crisi, da M. STELLA RICHTER jr, “Trasferimento del controllo” e rapporti tra soci” (Milano, 1996), passim e spec. 312 ss., al quale, pertanto, si rinvia. 84 MAZZONI (supra, n. 3), 544. 85 In argomento L.A. BEBCHUK, “A new approach to Corporate Reorganizations”, Harvard Law Rev., vol. 101, 1988, 775 ss.; A. SCHWARZ, A normative theory of business Bankruptcy, Yale Law School, Paper no. 305, spec. 56 ss.
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Quando si tratta di s.r.l., e dunque di società a struttura proprietaria-finanziaria tendenzialmente “semplificata”, le categorie di soggetti attivi nelle ristrutturazioni stragiudiziali sono solo i soci di comando (il più delle volte un socio di comando) e, tra i creditori, le banche. In questo scenario, il contratto di ristrutturazione dei debiti può comportare “(...) una sorta di “vendita virtuale” dell’impresa a favore di soggetti – a vario titolo e in vario grado – ‘interessati’ dalla crisi o dalla insolvenza, in particolare agli attuali partecipanti 86, che viene effettuata sulla base di una transazione sul valore futuro della società ristrutturata” 87. Deve, in particolare, realizzare una riorganizzazione della società nel rispetto dei (diversi) rischi contrattuali che le distinte categorie di interessati al dissesto (soci, creditori, lavoratori ecc.) avevano prima della crisi 88. In primo luogo ad essere interessati alla vicenda sono i creditori, ed è naturale ritenere – sia in considerazione dei costi di transazione imposti dalla negoziazione, e sia perché l’accordo è tanto più conveniente quanto più è elevato l’importo del debito – che la ristrutturazione si attagli a situazioni nelle quali il debito è concentrato in pochi creditori muniti di efficaci strumenti di negoziazione e gestione del rischio di credito, e capaci di accettare un certo rischio di inadempimento. Nel caso italiano i creditori con queste caratteristiche le banche 89, presso le quali si concentra la maggior parte del credito verso imprese in difficoltà 90. Anche l’erario può essere uno (o anche l’unico) creditore interessato alla ristrutturazione 91, pure se si tratta di un creditore difficile da coinvolgere in composizioni amichevoli 92. Esiste, peraltro, una discreta esperienza applicativa sulla ristrutturazione del debito fiscale di s.r.l. in crisi, spesso in liquidazione 93. In considerazione di questi elementi, l’accordo di ristrutturazione del debito si presta principalmente ad affrontare la crisi di imprese di dimensioni medio-grandi, in particolare se la gestione della crisi contempla la prosecuzione, totale o parziale, dell’attività d’impresa 94 analogamente a quanto accade in molti ordinamenti statunitensi con le voluntary restructuring negotiations, che, più radicalmente, richiedono, tra le varie precondizioni, che un ammontare significativo del debito totale dell’impresa in crisi riguardi grandi banche o comunque creditori
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L.A. BEBCHUK, “Chapter 11”, in The new Palgrave Dictionary on Law and Economics (London, 1997), 1 della voce. GUERRERA-MALTONI (supra, n. 78), 21. Resta inteso che il problema principale è di valutazione: valutazione del valore delle singole pretese di ogni partecipante al processo e valutazione del valore che l’impresa avrà alla fine del processo una volta che tutti gli aventi diritto saranno soddisfatti, o Reorganization Value: L.A. BEBCHUK (supra, n. 85), 4; M.J. ROE, “Bankruptcy and Debt: a new Model for Corporate Reorganizations”, Columbia Law Rev., 527, 1983, spec. 533 ss., che parla di “(...) tension created by the uncertainty of value (...)”, anche evidenziando i conflitti di interesse che possono prendere corpo nella quantificazione del valore. 88 MAZZONI (supra, n. 3), 528. 89 LUPPI-MARZO-SCORCU (supra, n. 1), 309. 90 PRESTI, “Gli accordi di ristrutturazione dei debiti”, Banca, borsa, tit. cred., 2006, I, 42. 91 SCIUTO, “Effetti legali e negoziali degli accordi di ristrutturazione dei debiti”, Riv. dir. civ., 2009, I, 346. 92 Sul punto v. E. MATTEI, “La transazione fiscale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti”, Dir. fall., 2008, I, 868 ss. 93 Trib. Milano, 13 dicembre 2007, Giur. it., 2008, 1968 ss., sulla ristrutturazione del debito della “Giovenzana s.r.l.”; Id., 10 aprile 2008 (decr.), sulla ristrutturazione del debito della “Profarco s.r.l.” in liquidazione; Trib. Lamezia Terme, 23 giugno 2008 (decr.), Dir. fall., 2008, II, 224 ss., con nota di A. TRIBULATO, “Omologazione dell’accordo di ristrutturazione, transazione fiscale e rinuncia preventiva all’opposizione”, sulla ristrutturazione del debito di “Vigor Lamezia s.r.l.”; Trib. Milano, 25 ottobre 2007 (decr.), sulla ristrutturazione del debito di “Giovenzana Foto Cine ottica s.r.l.”, Giur. it., 2008, 1968 ss.; Trib. Ancona, 12 novembre 2008, che omologa l’accordo di ristrutturazione presentato da una s.r.l. per i debiti contratti nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, peraltro rappresentanti il 98, 95% dell’ammontare totale dei debiti sociali; Trib. Mantova, 30 ottobre 2008, e Id., 29 febbraio 2009, entrambe sulla ristrutturazione del debito di una s.r.l. in liquidazione, tutte in http://www.ilcaso.it, consultato, da ultimo, il 23 maggio 2010. 94 NARDECCHIA (supra, n. 51), 216. 87
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finanziari, e che la ristrutturazione del debito contempli l’uso di tecniche di (ri)finanziamento relativamente sofisticate, come l’emissione di strumenti finanziari di debito 95. Si evidenziano, inoltre, problematiche di collegamento negoziale tra la delibera con la quale i soci decidono di accedere ad un contratto di ristrutturazione del debito e l’omologa del contratto stesso. In applicazione estensiva o analogica di alcune soluzioni proposte per il concordato preventivo, si suggerisce, pertanto, che l’efficacia della delibera sia differita all’omologa dell’accordo: l’omologa si pone quale condizione sospensiva dell’efficacia della delibera 96. Analoga soluzione – collegamento negoziale e opportunità di un’efficacia differita della delibera di modifica dell’atto costitutivo – è consigliabile riguardo alle operazioni sul capitale, in particolare alla riduzione obbligatoria per perdite, ex artt. 2482-bis-2482-ter, ove è ipotizzabile una sequenza di effetti del genere delibera immediata – termine finale di esecuzione 97. Anche i soci dissenzienti, peraltro, possono essere interessati alla stipula del contratto, e bisogna chiedersi se ad essi spetti il diritto di recesso avverso alla delibera che propone un contratto di ristrutturazione (il dubbio vale anche per il piano di risanamento attestato): è evidente, infatti, che la ristrutturazione può incidere sull’interesse del singolo a restare in società, posto che, come si è già osservato, può comportare una “rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci”, ex art. 2468, 4° comma. Si può anche ipotizzare che la proposta di ristrutturazione possa indurre i soci a revocare la liquidazione già deliberata (nel qual caso la delibera che propone la ristrutturazione dovrà anche contenere – o accompagnarsi a – una delibera di revoca dello stato di liquidazione), ex art. 2473, 1° comma 98. Comunque sia, siamo nell’ambito del recesso per giusta causa, che, come tale, deve essere esplicitamente contemplato nell’atto costitutivo, ex art. 2473, 1° comma. 5. Ristrutturazione del debito e disciplina delle s.r.l. – È noto che il diritto delle procedure concorsuali e degli accordi stragiudiziali non è incentrato sulle società ma sull’impresa individuale 99; esiste, dunque, una relazione privilegiata tra diritto dell’impresa individuale e diritto fallimentare. In virtù di questa impostazione di fondo, anche nelle società l’analisi dell’insolvenza e della pre-insolvenza si è a lungo focalizzata, per quanto riguarda l’elemento soggettivo, su comportamenti tipicamente riferibili ad una persona fisica, quali lo strapotere del socio sovrano 100, e per quanto riguarda l’elemento oggettivo sulla crisi dell’impresa individuale: anche il fatto che
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UNCITRAL (supra, n. 5), con la precisazione che i diversi ordinamenti statunitensi si differenziano, a riguardo, per il ruolo che assumono in tribunali all’interno di questi accordi. 96 In tal senso GUERRERA-MALTONI (supra, n. 78), 50 ss. Osservano, diversamente, gli AA. con riferimento all’eventualità di una fusione, che sarebbe inopportuno sospendere gli effetti della delibera già iscritta, giusta la “(...) inevitabile incertezza che la situazione genera per i terzi in ragione della pubblicità attuata nel registro delle imprese (...)”, ivi, p. 83. Sembra soluzione più appropriata, pertanto, collocare l’elemento accidentale (sospensione dell’efficacia sino all’esito del giudizio di omologa) nel momento antecedente l’approvazione della delibera. 97 Nell’ipotesi di una delibera di aumento del capitale a pagamento si richiede la contestuale dichiarazione di sottoscrizione dell’aumento differita e condizionata all’omologa: GUERRERA-MALTONI (supra, n. 78), 66. 98 Come si è già chiarito (supra, § 3) al contratto di ristrutturazione del debito possono accedere anche società in liquidazione. 99 È un rilievo comune a STANGHELLINI (supra, n. 9), 368; NIGRO, “Diritto societario e procedure concorsuali”, in ABBADESSA-PORTALE (diretto da), Il nuovo diritto societario. Liber amicorum Gianfranco Campobasso (Torino, 2007), 1, 177 ss.; MAZZONI (supra, n. 3), 515; GUERRERA-MALTONI (supra, n. 78), 18. 100 Per questa impostazione v. F. GALGANO, “La patologia della soggettività (socio sovrano, socio indiretto, socio occulto, socio controllante), in Società commerciali e procedure concorsuali (Milano, 1995), 1 ss.
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solo in tempi relativamente recenti siano venuti all’attenzione del legislatore i problemi della sottocapitalizzazione nominale e sostanziale, cioè problemi tipici delle crisi societarie, ne è una conferma 101. Alla luce di questa duplice constatazione diventa fondamentale verificare quali disposizioni nella disciplina delle s.r.l. possano essere utili nella prospettiva di un contratto di ristrutturazione del debito societario. Sono di indubbio rilievo l’art. 2479, 1° comma, c.c., là dove contempla un elenco aperto di materie gestorie sulle quali i soci possono deliberare, e l’art. 2476, 7° comma, là dove stabilisce la responsabilità, in solido con gli amministratori, dei soci che “(
…) hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi (
…)”. In effetti, il terreno naturale di quest’ultima disposizione è quello delle procedure concorsuali, e, conseguentemente, il curatore è il soggetto precipuamente deputato a farla valere 102. Si può ipotizzare, in particolare, che la ristrutturazione del debito passi attraverso un’azione di responsabilità nei confronti dei soci, ex art. 2476, 7° comma, nel senso che una modalità per recuperare la liquidità necessaria ad affrontare la ristrutturazione può essere esperire un’azione di responsabilità nei confronti dei soci-gestori per danni causati alla società, secondo uno schema noto anche in altri ordinamenti 103. Si può anche ipotizzare, all’inverso, un’azione di responsabilità nei confronti dei soci per mancato esperimento di una composizione negoziale del debito, e quindi per mancata approvazione di una delibera che adotti un contratto di ristrutturazione, nel caso in cui risulti altamente probabile, sulla base di una verifica ex post, che avrebbe scongiurato l’insolvenza. Altre norme di indubbia rilevanza sono l’art. 2476, 1° comma, sulla responsabilità degli amministratori (siano essi soci o meno) per danni al patrimonio sociale, in combinato con l’azione di responsabilità spettante al singolo socio, ex art. 2476, 3° comma: è, infatti, possibile che l’azione individuale di responsabilità contro gli amministratori costituisca (parte dell’) oggetto del contratto di ristrutturazione del debito, quale azione recuperatoria di liquidità che può contribuire al risanamento del patrimonio sociale al pari dell’azione nei confronti dei soci, ex art. 2476, 7° comma. 5.1. Gli strumenti della ristrutturazione nella s.r.l. – È evidente che lo strumentario della ristrutturazione è particolarmente ricco nelle società di capitali 104, soprattutto se dotate di una struttura patrimoniale diversificata. Se pure istituzionalmente chiusa e priva di un valore di mercato, anche la s.r.l. ha, comunque, a sua disposizione diversi strumenti. In particolare, la conversione dei debiti in apporti di associazione in partecipazione, o in partecipazioni sociali; ancora, in ipotesi di aumento del capitale a pagamento il nuovo socio o i nuovi soci possono essere individuati attraverso una trattativa privata che selezioni “soci imprenditori” operanti nello stesso settore della società in crisi; un’altra opzione è all’opposto, potrebbero anche essere selezionati soci puri finanziatori, ma questa ipotesi è meno probabile, dato il carattere chiuso e l’assenza di un “mercato” delle par-
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La questione non è immediatamente rilevante in questa sede, e perciò si rinvia diffusamente a PORTALE, “Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzata”, in Trattato Colombo-Portale (Torino, 2004), 1, Capitale, Euro e azioni, conferimenti in denaro. 102 NIGRO (supra, n. 99), 197. 103 E v., mutatis mutandis, il § 15, par. 3, InsolvenzOrdnung tedesco, che sancisce, in ipotesi di insolvenza della società, la responsabilità illimitata dei soci se manca l’organo amministrativo. 104 In questo senso v. SPADA, “C’era una volta la società ...”, Riv. not., 2004, I, 6.
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tecipazioni 105. Ancora, può concedere garanzie 106 o costituire un trust. Più esattamente, un trust interno può “(
…) proteggere il patrimonio per evitare che creditori free-riders, rimasti estranei all’accordo di ristrutturazione, che vantano crediti contestati (
…) possano costituire diritti di prelazione (ipoteche) o agire in executivis sui cespiti, facendo naufragare il negozio concluso con la maggioranza, nonostante l’assicurazione di un loro ‘regolare pagamento’ (
…)” 107. Tra le operazioni di nuova finanza, a parte il prestito bancario può figurare qualunque operazione straordinaria: emissione di titoli di debito a circolazione eventuale e garantita, secondo l’art. 2483 c.c.; aumento del capitale a pagamento o diminuzione reale per esuberanza; trasformazione, fusione, scissione; scorporo di azienda o ramo di azienda; cartolarizzazione dei crediti 108. Esiste, evidentemente, anche la possibilità che finanziatori esterni diversi dalle banche già eroganti linee di credito si impegnino a finanziare la crisi, ma si tratta di una possibilità più teorica che pratica, perché la limitata trasparenza delle partecipazioni, nel senso di scarsa circolazione delle informazioni “rilevanti”, scoraggia i potenziali finanziatori 109. La scelta se finanziare o meno la società, tra l’altro, potrebbe anche dipendere dal fatto che la società sia disposta a cambiare indirizzi di governo fornendo garanzie di affidabilità della gestione, o che i soci di maggioranza stipulino un sindacato di voto o di gestione; o che sia attribuito al finanziatore un controllo sulla gestione, ivi compresa la contabilità 110. Ora, là dove il contratto di finanziamento rechi specifiche clausole che conferiscono al finanziatore penetranti poteri gestori e/o penetranti poteri di controllo 111 – ed eventualmente impongano anche una o più operazioni straordinarie – si realizzano altrettante ipotesi di traslazione del controllo sostanziale e si attribuiscono ai finanziatori “autorevoli” poteri tali che si pone il problema della responsabilità del finanziatore per la gestione 112. Lungo questa direttrice può ipotizzarsi anche, sul modello della giurisprudenza statunitense, una responsabilità dell’amministratore di fatto-banca per abuso del potere di controllo là dove
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E v. i rilievi di MARABINI, “La gestione delle crisi d’impresa alla luce della riforma delle procedure concorsuali. Strumenti attuativi il riequilibrio finanziario”, Dir. fall., 2009, I, spec. 276 s. Osserva, infatti, che l’ipotesi del socio finanziatore rappresenta, nella s.r.l., un’eccezione MAUGERI, “Dalla struttura alla funzione della disciplina sui finanziamenti soci”, Riv. dir. comm., 2008, I, 145. 106 CAMPOBASSO, Manuale di diritto commerciale 4, a cura di M. CAMPOBASSO (Torino, 2007), 615. 107 Trib. Reggio Emilia, 14 maggio 2007, reperibile in http://www.ilcaso.it, 8 ss., consultato, da ultimo, il 3 luglio 2010. Nella fattispecie, che per il vero non riguarda una s.r.l. ma una s.a.s., il Tribunale sospendeva la procedura esecutiva immobiliare ritenendo che il dubbio sulla pignorabilità dei cespiti colpiti da un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo era fondato, in quanto erano stati precedentemente costituiti in un trust – secondo la Trusts Jersey Law – trascritto ai sensi della Convenzione de L’Aja prima dell’entrata in vigore dell’art. 2645-ter c.c. 108 Sull’utilità di operazioni di cartolarizzazione dei crediti all’interno di accordi per la ristrutturazione del debito e di piani di risanamento attestati, ex art. 67, 5° comma, lett. d), legge fall., v. CARUSO, “Appunti in tema di diritto fallimentare e operazioni di “securitization”, Fallimento, 2006, 883 ss. 109 STANGHELLINI, “Il ruolo dei finanziatori nella crisi d’impresa: nuove regole e opportunità di mercato”, Fallimento, 2008, 1075, osservando che nel finanziatore istituzionale diverso dalla banca la propensione al rischio è funzione della trasparenza, come attesta il fatto che i rarissimi interventi di questo genere hanno riguardato società quotate. 110 Si allude all’ampio universo, che in gran parte esula dai confini del presente lavoro, dei debt covenants, e in particolare alle c.d. convenzioni con garanzia gestionale, ove l’erogazione della nuova finanza è condizionata al rispetto di alcune condizioni, come ad esempio il cambio di governance: v. RANDAZZO (supra, n. 27), 24; MAZZONI (supra, n. 3), 527; più recentemente, A.D. SCANO, Debt covenants e governo delle società per azioni solventi: il problema della lender governance, reperibile in http://www.orizzontideldirittocommerciale.it, 2009, 1 ss. del dattiloscritto, sebbene dedicato al finanziamento delle “grandi società di capitali”, dunque non alle s.r.l. In argomento v. anche supra, § 2, n. 17. 111 Sul punto v. anche supra, § 2. 112 Sul punto MAZZONI (supra, n. 3), 511 ss.; VICARI, “I finanziamenti delle banche a fini ristrutturativi”, Giur. comm., 2008, I, 506 s.; A.D. SCANO (supra, n. 110), 1 ss.
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non sappia guidare la società-debitore fuori dalla crisi 113. Se, poi, si considera il fatto che non solo il socio-finanziatore ma anche il finanziatore corre il rischio della non remunerazione, si accede ad una nozione lata di “capitale di impresa” che include, insieme alle partecipazioni sociali, i crediti subordinati e i titoli di debito 114. In generale è chiaro, comunque, che la scelta degli strumenti è legata alle ragioni della ristrutturazione, e anche da questo punto di vista è necessario distinguere “ristrutturazioni riorganizzative” e “ristrutturazioni liquidative” 115. Così, se la crisi nasce da una sottocapitalizzazione nominale saranno privilegiati rimedi che consentano di riequilibrare la leva finanziaria calibrando fonti di autofinanziamento e di etero – finanziamento a favore delle prime, alla ricerca di una nuova condizione di equilibrio finanziario, che dal punto di vista economico si sintetizza nel debt/equity ratio 116. Di contro, se la crisi non si radica in una carenza di capitalizzazione o di liquidità bensì, banalmente, in scelte imprenditoriali sbagliate, la ristrutturazione può puntare a una valorizzazione dell’indebitamento. Esistono, come è noto, diverse soluzioni in termini di gerarchia tra le fonti di finanziamento 117, salvo che in tutti i casi deve sussistere una relazione equilibrata tra finanziamento di capitale e finanziamento di debito, e tra potere e rischio (in particolare tra prerogative di governo spettanti ai soci e ai finanziatori) 118. E rientra tra i compiti che gli amministratori devono adempiere con la diligenza professionale di cui all’art. 2476, 1° comma, curare che la società mantenga una struttura finanziaria di equilibrio 119. Tale precetto, peraltro, a detta di molti sarebbe desumibile dal sistema: la riprovazione per i finanziamenti in luogo di conferimenti, o finanziamenti anomali 120 risultante dall’art. 2467 c.c., enuncerebbe implicitamente il principio di “corretto finanziamento dell’impresa” 121. Altri ritengono, similmente, consacrato nel sistema un Sanierungspflicht in virtù del quale, in costanza di una crisi, gli amministratori – e i sindaci, se presenti – dovrebbero avviare, sulla base di una scelta di discre-
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MAZZONI (supra, n. 3), spec. 540. MAZZONI (supra, n. 3), spec. 540. 115 UNCITRAL (supra, n. 5), 11. Si noti che anche nella classificazione del legislatore comunitario (v. il Regolamento CE del Consiglio sull’insolvenza transfrontaliera, n. 1346/CE, del 29 maggio 2000), le procedure di insolvenza (All. A) e le procedure liquidative (All. B) sono distinte, come risulta anche dall’art. 2, § 1. 116 Il debt/equity ratio, o rapporto tra capitale proprio ed eterofinanziamento (calcolato dividendo i debiti per il capitale), individua la condizione di equilibrio finanziario secondo un modello astratto, che prescinde dalla struttura patrimoniale e dalla forma organizzativa. I dati empirici dimostrano, peraltro, che è tendenzialmente più alto nei bank-oriented systems rispetto ai market-oriented systems: v. E. BERGLÖF, “Capital Structure as a Mechanism of Control: Comparison of Financial Systems”, in Keasey-Thompson-Wright (ed.), Corporate Governance, II, Governance Mechanism (CheltenhamNorthampton, 1999), I, spec. 262 ss. Resta in parte dibattuta la base di calcolo, ma solitamente i debiti considerati sono solo quelli a lungo termine. 117 Il teorema di irrilevanza di Modigliani e Miller si fonda, come è noto, su un modello statico, che presuppone un mercato efficiente; l’assenza di tassazione (anche se alcune varianti del modello prendono in considerazione il prelievo fiscale); l’assenza di asimmetrie informative e di costi legati all’insolvenza, o alla possibilità di insolvenza, possibilità che invece è presente nella ristrutturazione negoziale del debito. Non è, dunque, valido nel nostro caso: in particolare non è valido il principale enunciato del teorema, ossia l’irrilevanza della struttura finanziaria dell’impresa nella determinazione del suo valore: v. FAZZARI-HUBBARD-PETERSEN, “Financing constraints and Corporate Investment”, Brooking Papers on Economic Activity, 1988, cui adde FAZZARI-HUBBARD-PETERSEN, Financing constraints and Corporate Investment: Response to Kaplan and Zingales, NBER Working Paper, 1996, 1 ss. 118 Si v. LAMANDINI (supra, n. 78), 153 ss. 119 Prima delle riforme societaria e fallimentare LAMANDINI (supra, n. 78), 163, caldeggiava una disposizione tale che “(
…) la definizione e il mantenimento di una struttura finanziaria non manifestamente squilibrata costituisca dovere specifico del consiglio di amministrazione”. 120 Sul punto v. meglio infra, § 5.2. 121 PORTALE (supra, n. 101), 31 ss., seguito da D. SCANO, “I finanziamenti dei soci”, in FARINA-IBBA-RACUGNO-SERRA, La nuova s.r.l. Prime letture e proposte interpretative (Milano, 2004), 388. 114
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zionalità tecnica, un piano di risanamento attestato, un contratto di ristrutturazione del debito o un piano di concordato preventivo 122. Ora, dal punto di vista economico-aziendale una condizione finanziaria di equilibrio si fonda su alcuni postulati: in primo luogo la sincronizzazione dei tempi di scadenza degli impieghi con i tempi di estinzione delle fonti. In questo senso, e per esemplificare, le fonti di finanziamento a lungo termine dovrebbero avere un importo globale tale da coprire gli investimenti durevoli 123. Sono meno sicuri parametri di valutazione dell’equilibrio finanziario come il “capitale investito”, essendo quest’ultimo, nell’ottica economico-aziendale, un concetto la cui valutazione lascia spazio a margini di soggettività piuttosto ampi, e dunque è pericoloso 124. La nozione di capitale investito presuppone, infatti, l’individuazione delle aree gestionali nelle quali sono stati effettuati gli investimenti rilevanti in vista della produzione del reddito. Da questo punto di vista è necessario distinguere tra il reddito prodotto attraverso l’impiego di capitale nell’attività principale, che contribuisce a individuare il risultato operativo, e il reddito prodotto attraverso l’impiego di capitale in attività accessorie, che non ha questa valenza perché il capitale impiegato per realizzare un reddito accessorio non entra a comporre il risultato operativo 125. Premesso che non esiste un modello astratto di ristrutturazione, è ragionevole che ogni contratto di ristrutturazione riorganizzativa rechi con sé sia interventi sul versante degli investimenti (riorganizzazione industriale) sia interventi sul versante della ristrutturazione stricto sensu 126, ferma l’unitarietà dell’operazione 127. È vero, infatti, che la conversione giova a tre categorie di soggetti: 1) ai creditori che attuano la conversione perché consente loro di recuperare il valore di crediti sostanzialmente svalutati compensando il capitale sottoscritto con il relativo importo, e dunque senza effettuare alcun esborso di denaro; 2) ai creditori che scelgono di non attuare la conversione perché, intatte le loro pretese, si riduce il numero dei concorrenti sul patrimonio sociale; 3) alla società perché riduce l’indebitamento 128. La ristrutturazione può anche passare attraverso un affitto dell’azienda sociale; proprio questo atto, anzi, costituisce spesso nella prassi il primo passo, perché da un lato limita i rischi rispetto a decisioni più impegnative in quanto tendenzialmente definitive, come la vendita dell’azienda o delle partecipazioni sociali; dall’altro consente di realizzare flussi di cassa certi. Diversamente, la vendita dell’azienda, oppure di uno o più rami d’azienda, è funzionale ad una ristrutturazione di tipo liquidativo, che aspira a lucrare il valore aggiunto rappresentato dall’unità produttiva nel suo complesso. È evidente che le trattative sulla vendita, in particolare sul prezzo, risentono sia dell’assenza di un mercato della società in crisi e dei suoi strumenti finanziari 129 – e dunque del fatto che si tratti di una società chiusa – sia della sua struttura patrimoniale concreta, e in particolare del rapporto tra capitale e debito.
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VICARI (supra, n. 112), 502 ss. MARINÒ, “I requisiti soggettivi di fallibilità in una prospettiva economico-aziendale”, in IBBA (a cura di), Profili della nuova legge fallimentare (Torino, 2009), 20. 124 MARINÒ (supra, n. 123), 21. 125 MARINÒ (supra, n. 123), 21, che esemplifica osservando che non contano, al fine di determinare il risultato operativo, gli investimenti dai quali discendono redditi accessori: ad esempio gli edifici ad uso civile in un’azienda industriale. 126 STANGHELLINI (supra, n. 9), 317. 127 GABRIELLI, “Autonomia privata e accordi di ristrutturazione dei debiti”, reperibile in http://www.judicium.it, 7 ss. del documento, consultato, da ultimo, il 3 giugno 2010; amplius ID., Il contratto e l’operazione economica, Riv. dir. civ., 2003, I, 93 ss.; e sul tema v. già, diffusamente, C. COLOMBO, Operazioni economiche e collegamento negoziale (Padova, 1999). 128 STANGHELLINI (supra, n. 9), 318. 129 Allo stato manca in Italia un mercato dei credit default swaps e in generale degli strumenti finanziari emessi da distressed companies, osservano GUERRERA-MALTONI (supra, n. 78), 57, e manca anche un’attività di intermediazione specializzata nell’acquisto di strumenti finanziari emessi da distressed companies, come osserva MAZZONI (supra, n. 3), 550. 123
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5.2. Ristrutturazione e finanziamenti-“conferimenti” dei soci. – Anche la dazione di un “finanziamento in luogo di conferimento” da parte del socio, ex art. 2467 c.c. – (o da parte di chi esercita attività di direzione e coordinamento, ex art. 2497-quinquies) – può essere uno strumento di ristrutturazione, e più precisamente un rimedio rispetto ad una situazione di squilibrio finanziario 130. Si condivide, in particolare, la conclusione che il legislatore, nell’art. 2467 c.c., avrebbe fatto propria una nozione sostanziale di finanziamento, comprensiva di qualunque operazione che, in via diretta o indiretta, fornisca leva finanziaria alla società 131, quindi comprensiva anche degli atti di rinuncia ai crediti scaduti, delle fideiussioni e forse – ma il punto è discusso – delle garanzie su prestiti erogati da terzi 132. È noto che la fattispecie “finanziamento-conferimento”, o finanziamento in luogo di conferimento, con una visibile inversione logica viene descritta nell’art. 2467, 2° comma, mentre la sua disciplina(-sanzione) è contenuta nell’art. 2467, 1° comma 133. Non tutti i finanziamenti sono, perciò, postergabili ma soltanto quelli che risultano – sulla base di un giudizio piuttosto complesso 134 – anomali nel senso dell’art. 2467, 2° comma 135. Ma a ben vedere anche la definizione di finanziamento anomalo è poco chiara: ad esempio è controverso se il finanziamento sia anomalo, ai sensi dell’art. 2467, 2° comma, quando vengono emessi titoli di debito, ex art. 2483 c.c., anche se potrebbero, invece, essere effettuati nuovi conferimenti 136. Esula, poi, dai confini di questo lavoro l’ampio problema del se e quando siano revocabili i finanziamenti cui si accompagni un debt covenant che attribuisca al finanziatore determinati poteri di monitoraggio o gestori sul soggetto finanziato 137.
130 S. ROSSI, § 5. “Insolvenza e crisi dell’impresa nella prospettiva delle procedure concorsuali”, in AA.VV., Diritto fallimentare [Manuale breve] (Milano, 2008), 17 ss. 131 I. CAPELLI, “I crediti dei soci nei confronti della società e il rimborso dei finanziamenti dei soci dopo la riforma”, Riv. dir. priv., 2005, 115. 132 ZOPPINI, “La nuova disciplina dei finanziamenti dei soci nella società a responsabilità limitata e i prestiti provenienti da “terzi”(con particolare riguardo alle società fiduciarie)”, Riv. dir. priv., 2004, 428 ss., ritenendo che se pure quella contenuta nell’art. 2467 è una disciplina eccezionale, la sua applicazione ai prestiti erogati dai soci per interposta persona è il risultato di un’interpretazione meramente estensiva. L’ipotesi di fideiussione o garanzia concessa dal socio su prestiti del terzo in una situazione nella quale il “corretto commerciante” avrebbe apportato capitale proprio era, invece, contemplata nel § 32 a, abs 2, GmbH-Gesetz (che autorizzava il terzo a fare valere la propria pretesa nei confronti della società per la parte rimasta insoddisfatta attraverso l’escussione della garanzia). Il Gesetz zur Modernisierung des GmbH-Rechts und zur Bekämpfung von Missbräuchen – MoMiG, in vigore dal 1° novembre 2008, ha, tuttavia, eliminato la disciplina sui prestiticonferimenti che, fortemente semplificata, compare ora solo nel § 39, Abs. 1, sec. 5, InsolvenzOrdnung-InsO, che subordina le pretese restitutorie del socio finanziatore al rimborso degli altri creditori, e al § 135 prevede la revocatoria dei rimborsi effettuati nell’anno antecedente l’apertura della procedura di insolvenza. 133 E v., in proposito, le notazioni di PORTALE (supra, n. 101), 149, in n. 273-bis. 134 Si osserva nella Relazione di accompagnamento alla riforma societaria (§ 11) che non è facile distinguere tra finanziamenti dei soci alla società sostitutivi di un conferimento e finanziamenti comuni, che potrebbero intercorrere tra la società e un finanziatore qualunque. Sembra, peraltro, corretta l’impostazione che individua l’elemento distintivo nella funzionalità dell’apporto alla causa societatis e all’attuazione dell’interesse sociale. 135 La norma coincide solo in parte con quella contenuta (prima dell’abrogazione ad opera del MoMiG, v. supra, n. 132) nel § 32 a, abs I, GmbH-Gesetz, che vietava al socio di fare valere la pretesa a restituire il prestito erogato alla società là dove in identica situazione il “corretto commerciante” avrebbe apportato capitale proprio, mentre non recava allusione ad uno squilibrio che avrebbe reso ragionevole un conferimento, e dunque si riferiva a qualunque prestito del socio. Nella disciplina attuale, peraltro, tutti i prestiti concessi dai soci alla società nell’anno antecedente o successivo all’apertura del fallimento sono trattati alla stessa stregua (cfr. § 39 InsO), senza distinzione tra finanziamenti e finanziamenti-conferimenti. 136 La risposta positiva si lascia preferire perché l’emissione di titoli di debito potrebbe rappresentare un atto in frode all’art. 2467, 2° comma: D. SCANO (supra, n. 121), 392 ss. 137 Come si è già detto supra, § 5.1, testo e n. 110, il tema dei debt covenants esula dalla presente trattazione. Per lo specifico aspetto della revocabilità dei finanziamenti compresi in un debt covenant in situazioni di crisi v. GIANNELLI, Co-
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Può, a riguardo, porsi il punto fermo che il finanziamento è anomalo (quanto meno) se viene effettuato in situazioni di Überschuldung, o quanto meno in tali casi l’anomalia è conclamata 138. Non è questa la sede, poi, per stabilire se la postergazione del rimborso del finanziamento (anomalo) debba o meno comportare anche una riqualificazione automatica del prestito in conferimento 139 là dove l’apporto non risponda al principio del corretto finanziamento 140. Condividiamo, peraltro, l’opinione che la postergazione legale assegni al finanziamento “(
…) un rango analogo, dal punto di vista dei creditori, a quello del conferimento (
…)” 141, non identico 142. Dal punto di vista economico, poi, la postergazione del prestito anomalo rappresenta un rimedio alle asimmetrie informative che caratterizzano il rapporto tra soci “imprenditori” e creditori sociali (e soci “esterni” nel gruppo) 143; il tutto entro un contesto, quello della crisi, nel quale la distinzione tra capitale proprio e capitale di credito tende a scolorare 144. Si può, a questo punto, aggiungere il triplice rilievo preliminare che: a) in linea di massima vige una Finanzierungsfreiheit che lascia al socio la scelta delle modalità di finanziamento della società e dell’equilibrio concreto tra capitale proprio e capitale di credito; b) il finanziamento del socio non è in sé anomalo; del resto, c) l’aumento del capitale sociale a pagamento con dazione di nuovi conferimenti non è necessariamente un dato positivo, soprattutto se maschera la difficoltà della società a ottenere un finanziamento. Fatta questa premessa, il duplice problema che si presenta è appurare il rapporto che intercorre da un lato tra l’art. 2467, 1° comma, e l’art. 67, 3° comma, lett. d), legge fall. (revocabili-
venants finanziari e finanziamento dell’impresa di gruppo in crisi, in http://www.orizzontideldirittocommerciale.it, 19 ss. del dattiloscritto. 138 Che i finanziamenti dei soci alla società si inseriscano, di norma, in una situazione di Überschuldung è sostenuto, già con riferimento all’art. 2467 riformato, da PORTALE, “I “finanziamenti” dei soci nelle società di capitali”, Banca, borsa, tit. cred., 2003, I, 663 ss., e condiviso da MAZZONI (supra, n. 3), 530 ss. 139 La tesi della postergazione-riqualificazione forzata del prestito in conferimento è sostenuta, come è noto, da PORTALE (supra, n. 101), spec. 149, che giunge a tale risultato ricorrendo all’abuso del tipo contrattuale (del mutuo), all’exceptio doli (uso oggettivamente anormale del diritto) e alla frode alla legge (art. 2325, 1° comma), così trattando il finanziamento quale conferimento; la tesi è seguita da BARTALENA, “I finanziamenti dei soci nella s.r.l.”, AGE, 2003, 389 ss.; GUIZZI, “Partecipazioni qualificate e gruppi di società”, in AA.VV., Diritto delle società [Manuale breve]3 (Milano, 2006), 354 ss.; ZOPPINI (supra, n. 132), 418 ss. La tesi secondo la quale solo eventualmente la postergazione conduce alla riqualificazione del prestito in apporto di capitale è sostenuta, invece, da TANTINI, “I versamenti dei soci alla società”, in Trattato ColomboPortale (Torino, 2009), I***, Conferimenti in natura, Versamenti dei soci, Prestazioni accessorie; ancora diversa la posizione di chi esclude che nell’art. 2467 rilevi un’indagine sulla causa concreta dell’apporto (tale, cioè, da condurre ad una sua riqualificazione in conferimento): TERRANOVA, sub 2467, in NICCOLINI-STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di capitali. Commentario (Napoli, 2004), III, 1456 ss. Contrari, infine, alla riqualificazione coattiva D. SCANO (supra, n. 121), 398; CAMPOBASSO, Diritto commerciale. 2. Diritto delle società 6, a cura di M. CAMPOBASSO (Torino, 2006), 556, testo e n. 8, secondo il quale il socio, in questa ipotesi, subisce una degradazione ex lege al rango di creditore sub chirografario; in quest’ultimo senso anche I. CAPELLI (supra, n. 131), 121, che esclude la sua parificazione al creditore chirografario; MAUGERI, Finanziamenti “anomali” dei soci e tutela del patrimonio nelle società di capitali (Milano, 2005), 181 ss. 140 Diversamente, per PORTALE (supra, n. 101), spec. 149, il principio di corretto finanziamento è la premessa su cui si fonda la riqualificazione forzosa dei prestiti dei soci in conferimenti là dove siano stati effettuati, ex art. 2467, 2° comma, c.c., in una fase di eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto, o in un momento nel quale sarebbe stato ragionevole un conferimento. 141 MAUGERI (supra, n. 105), 140. 142 Con la conseguenza che il credito del socio acquista il rango di subchirografario, e perciò è rimborsato, in sede di riparto, appena prima dei conferimenti: D. SCANO (supra, n. 121), 398; I. CAPELLI (supra, n. 131), 122, testo e n. 62. 143 MAUGERI (supra, n. 139), 23. 144 Osserva PORTALE (supra, n. 138), 682, che nella crisi conta la sostanza economica del negozio di finanziamento, più che la forma giuridica del medesimo; osserva MAZZONI (supra, n. 3), 549, che in situazioni di crisi le differenze formali tra i contratti di investimento (in azioni o in obbligazioni) si attenuano e conta solo il genus unitario del capitale finanziario destinato all’attività.
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tà del rimborso del finanziamento soci o del finanziamento infragruppo effettuato in esecuzione di un piano di risanamento attestato); dall’altro tra l’art. 2467, 1° comma, e l’art. 67, 3° comma, lett. e), legge fall. (revocabilità del rimborso di un finanziamento soci o del finanziamento infragruppo effettuato in esecuzione di un accordo di ristrutturazione). La soluzione a tali quesiti discende dalla risposta ad un duplice interrogativo: quale sia la natura della fattispecie contenuta nell’art. 2467, 2° comma, e della sanzione contenuta nell’art. 2467, 1° comma; quali rapporti intercorrano con la disciplina delle revocatorie, e in particolare con l’art. 65 legge fall. 5.3. Finanziamenti dei soci a scopo di ristrutturazione del debito e successivo fallimento. – Per il primo aspetto, c’è chi ritiene che la restituzione ex art. 2467, 1° comma, e la revocatoria fallimentare condividano la stessa natura, e che l’art. 2467, 1° comma, disegni una subfattispecie, o mera “variante aggravata”, della revocatoria di pagamenti scaduti, liquidi ed esigibili di cui all’art. 67, 2° comma, legge fall., che opererebbe nel caso in cui il socio-finanziatore abbia ottenuto il rimborso alla scadenza del prestito. Altri obiettano che il rimborso del finanziamento, ex art. 2467, non potrebbe essere qualificato come pagamento di un debito scaduto ed esigibile alla stessa stregua dell’art. 65 legge fall., benché postergato, in quanto l’inefficacia automatica del rimborso, sancita dall’art. 2467, 1° comma, c.c., dovrebbe costituire una sanzione contro il fatto che la sottrazione del credito del socio alla postergazione è anomala 145; con la conseguenza che l’inefficacia, ex art. 2467, 1° comma, dovrebbe operare esclusivamente quale “revocatoria di pagamenti aventi ad oggetto prestiti soci” né scaduti né esigibili 146. Non si capirebbe, altrimenti, dove starebbe il trattamento aggravato che l’art. 2467 c.c. ha inteso riservare al rimborso del finanziamento del socio. Altri ancora, sempre leggendo l’art. 2467, 1° comma, quale specificazione dell’art. 67, 2° comma, legge fall., ritengono che entrambe le disposizioni riguardino debiti scaduti, con la sola differenza che l’art. 2467, 2° comma, introdurrebbe la variante della presunzione assoluta di conoscenza dell’insolvenza in capo ai soci 147. Vi è chi, pertanto, partendo da una lettura che valorizza le peculiarità dell’inefficacia di cui all’art. 2467, 1° comma 148, e ritenendo che non vi sia sovrapposizione tra norme civilistiche e norme fallimentari, rimarca l’autonomia della sanzione di cui all’art. 2467, 1° comma (inefficacia automatica del rimborso del finanziamento effettuato dal socio), quale ipotesi di inefficacia tout court, assimilandola alla revocatoria degli atti a titolo gratuito, ex art. 64 legge fall.; ritiene, conseguentemente, che il rimborso del finanziamento qualificato anomalo ai sensi dell’art. 2467, 2° comma, o dell’art. 2497-quinquies, sia sempre revocabile 149.
145 BOATTO, “Finanziamenti-soci e finanziamenti-infragruppo nelle procedure concorsuali”, in BONFATTI-FALCONE (a cura di), Le nuove procedure concorsuali per la prevenzione e la sistemazione delle crisi di impresa (Milano, 2006), 243. 146 BOATTO (supra, n. 145), 244, 249. 147 Si osserva, secondo questa lettura, che l’art. 2467, 1° comma, c.c., è una variante dell’art. 67, 2° comma, legge fall., si dovrebbe applicare soltanto ai rimborsi effettuati alla scadenza, e in tutti i casi riguarderebbe, pertanto, crediti (del socio o di chi eserciti attività di direzione e coordinamento) scaduti ed esigibili alla scadenza pattuita nel contratto di finanziamento, benché postergati. Ai rimborsi anticipati, diversamente, si dovrebbe applicare la più severa disciplina dell’art. 65 legge fall. sui pagamenti/rimborsi anticipati: FERRI jr, “In tema di postergazione legale”, Riv. dir. comm., 2004, I, 977 ss. Nella stessa direzione I. CAPELLI (supra, n. 131), 120. 148 In questa direzione, per una lettura non solo “fallimentaristica” dell’art. 2467, MAUGERI (supra, n. 139), 95 ss. 149 GRANATA, “La nuova disciplina dell’azione revocatoria fallimentare e i rapporti bancari”, in BONFATTI-FALCONE (a cura di), Le nuove procedure concorsuali per la prevenzione e la sistemazione delle crisi di impresa (Milano, 2006), spec. 78.
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Altri concludono, invece, che la ratio degli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c., sarebbe in tutto analoga a quella degli artt. 64-65 legge fall., salva l’abbreviazione, nei primi, del periodo sospetto 150. Nel complesso, sembra corretta la seguente sintesi: 1) l’art. 2467, 1° comma, c.c., si applica ai finanziamenti anormali effettuati entro l’anno dalla dichiarazione di fallimento; 2) l’inefficacia ex art. 65 si applica ai finanziamenti anticipati (e quindi, parimenti, anormali) effettuati entro i due anni dalla dichiarazione di fallimento 151; 3) là dove non ci sia una procedura concorsuale pendente trovano applicazione le norme sulla ripetizione dell’indebito oggettivo, e dunque gli artt. 2033 ss. 152. La conclusione è, allora, che l’art. 2467, 1° comma, c.c., disegna un quadro originale delle conseguenze del rimborso in ipotesi di successivo fallimento che implica: 4) una presunzione assoluta di revocabilità del rimborso là dove sia stato effettuato entro l’anno antecedente la dichiarazione di fallimento; 5) una presunzione assoluta di non revocabilità del rimborso là dove sia stato effettuato prima di tale periodo. Ciò, evidentemente, qualora il finanziamento abbia le caratteristiche già descritte 153. È anche da precisare che lo squilibrio patrimoniale rilevante secondo l’art. 2467, 1° comma, comprende lo “squilibrio della situazione finanziaria” cui fa riferimento l’art. 67, 3° comma, lett. d), nello stabilire l’esenzione da revocatoria degli atti e pagamenti effettuati in esecuzione di un piano di risanamento attestato 154. Lo squilibrio patrimoniale che non implichi uno squilibrio finanziario non impone, cioè, correttivi 155. È da aggiungere che: a) il finanziamento-“conferimento” può essere strumentale sia ad un piano di risanamento che ad un contratto di ristrutturazione dei debiti 156; b) il finanziamentoconferimento è uno dei pochi strumenti di nuova finanza che la s.r.l. può utilizzare, e fa leva sull’interesse dei soci, più che delle altre categorie di stakeholders, a finanziare il risanamento o la ristrutturazione 157; c) la riforma ha ridimensionato la revocatoria fallimentare al fine di rendere revocabili solo gli atti oggettivamente anormali; d) è opportuno dare al raccordo tra norme del codice civile e norme fallimentari una lettura che valorizzi l’ambito applicativo dell’art. 2467 c.c. 158; e) l’aderenza ad un piano di risanamento attestato o ad un contratto di ristrutturazione dei debiti comporta una presunzione assoluta di normalità 159, o ragionevolez-
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BARTALENA (supra, n. 139), 397. SCANO (supra, n. 121), 399 ss.; ZOPPINI (supra, n. 132), 418 ss. 152 BARTALENA (supra, n. 139), 397 ss., seguito da ZOPPINI (supra, n. 132), 432, testo e n. 41. 153 BOATTO (supra, n. 145), 246, testo e n. 13; STANGHELLINI, “Società a responsabilità limitata e procedure concorsuali”, A.G.E., 2003, 436. 154 GRANATA (supra, n. 149), 77 ss. Diversamente BOATTO (supra, n. 145), 253 ss., secondo il quale lo squilibrio finanziario di cui all’art. 67, 5° comma, lett. d), legge fall., sembra corrispondere allo squilibrio patrimoniale di cui all’art. 2467, 2° comma. 155 Anche se, osserva S. ROSSI (supra, n. 130), 19, “(
…) normalmente (
…) la situazione di squilibrio patrimoniale si accompagna ad una situazione di squilibrio finanziario, dal momento che la carenza di attivo implica la riduzione delle risorse proprie disponibili per finanziare le attività in corso”. Nel senso dell’insolvenza come sinonimo di crisi finanziaria anche FERRI jr, “Struttura finanziaria dell’impresa e funzioni del capitale sociale”, Riv. not., 2008, 754. 156 Tra gli altri v. M. STELLA RICHTER jr, “Disposizioni generali. Conferimenti. Quote”, in AA.VV., Diritto delle società [Manuale breve] 3 (Milano, 2006), 283. 157 MAUGERI (supra, n. 139), 138 ss. Quanto al fatto che le forme di finanziamento della società non rappresentano un numerus clausus v. già L. PARRELLA, Versamenti in denaro dei soci e conferimenti nelle società di capitali (Milano, 2000), 144 ss. 158 Il rischio, altrimenti, è quello di svilire la norma codicistica a vantaggio della revocatoria fallimentare, posto che l’art. 2467, 2° comma, richiede la prova dello squilibrio patrimoniale. 159 BOATTO (supra, n. 145), 253. 151
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za 160, degli atti di finanziamento, di modo che viene meno il presupposto sia per la postergazione 161 che per l’esercizio dell’azione revocatoria 162. Questa disciplina non si applica, invece, ai finanziamenti non anomali e ai versamenti effettuati ad altro titolo, ad esempio in conto futuro aumento di capitale, o a copertura di perdite, o a fondo perduto, o in forma di anticipo su futuri conferimenti, se inseriti in un accordo di ristrutturazione 163. Queste ipotesi non importano, cioè, postergazione, e nell’evenienza del fallimento ad esse si applica l’art. 67, 2° comma 164. 6. Iscrizione nel registro delle imprese e postulati dell’economia dell’informazione. – È nettamente prevalente, sia in dottrina 165 che nella prassi 166, l’opinione che il contratto di ristrutturazione dei debiti, che produce effetti di pubblicità costitutiva e normativa 167, debba essere iscritto nel registro delle imprese e non semplicemente depositato. È da notare che l’accordo è immediatamente efficace quando è iscritto nel registro delle imprese, ai sensi dell’art. 182-bis, 2° comma, ma da tal momento decorre un termine di trenta giorni durante i quali i creditori il cui titolo sia anteriore all’iscrizione possono proporre opposizione 168. Allo scadere dei trenta giorni l’accordo viene omologato dal Tribunale sulla base di un giudizio di legittimità, ed eventualmente anche di merito 169 che secondo una parte della giurisprudenza dovrebbe essere più intenso se ci sono opposizioni 170, ma in realtà non ci sono dati normativi che autorizzino a discriminare il potere di controllo del Tribunale nei due casi (che comprende il merito dell’attuabilità dell’accordo in entrambi) 171, come del resto osserva un’altra parte della giurisprudenza 172. In vista dell’iscrizione il contratto deve essere accompagnato dagli stessi allegati previsti per la domanda di ammissione al concordato preventivo, giusto il richiamo all’art. 161 legge
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M. MAUGERI (supra, n. 105), 141, n. 27. MAUGERI (supra, n. 105), 143, anche se con specifico riferimento ai piani di risanamento, e ivi anche 141, testo e n. 27, ove l’osservazione più generale che i prestiti erogati in costanza di una crisi non dovrebbero in alcun caso essere subordinati, se finanziano un progetto idoneo “(
…) secondo un giudizio ex ante, a realizzare un valore del complesso aziendale in funzionamento superiore a quello di liquidazione (
…)”. 162 BOATTO (supra, n. 145), 253. Contra GRANATA (supra, n. 149), 78, partendo dall’assimilazione dell’inefficacia, ex art. 2467, 1° comma, alla revocatoria di pagamenti gratuiti, ex art. 64 legge fall. 163 BARTALENA (supra, n. 139), 396, testo e n. 25. 164 BARTALENA (supra, n. 139), 398. 165 G.U. TEDESCHI, Manuale del nuovo diritto fallimentare (Padova, 2006), 581; SCIUTO (supra, n. 91), spec. 342; ancora più diffusamente V. SANNA, “Gli accordi di ristrutturazione dei debiti: profili pubblicitari”, in IBBA (a cura di), Profili della nuova legge fallimentare (Torino, 2009), 122 ss., al quale si rinvia. 166 E v. Tuttocamere, dicembre 2006. Per l’iscrizione si era espresso da subito, ad esempio, l’ufficio del registro delle imprese di Livorno: v. le linee guida pubblicate nel luglio 2006 nel sito http://www.li.camcom.it. 167 SCIUTO (supra, n. 91), spec. 342. 168 Art. 182-bis, 4° comma, legge fall. 169 RACUGNO, “Gli accordi di ristrutturazione dei debiti”, Giur. comm., 2009, I, 667; NARDECCHIA (supra, n. 51), 221 ss. Giurisprudenza recente ha precisato che il controllo del Tribunale si risolve in un controllo di legittimità (volto a verificare il consenso di almeno il 60% dei crediti) se l’accordo è di tipo liquidatorio, mentre può entrare nel merito (dell’attuabilità del piano di ristrutturazione) se l’accordo è di tipo ristrutturativo e mira a consentire la prosecuzione dell’attività: App. Roma, 1° giugno 2010; Trib. Roma, 20 maggio 2010, reperibile in http://www.ilcaso.it, consultato, da ultimo, il 20 novembre 2010. 170 In questo senso Trib. Udine, 22 giugno 2007, Fallimento, 2008, 701. 171 NARDECCHIA (supra, n. 51), 221 ss. 172 Trib. Milano, 10 novembre 2009, Fallimento, 2010, 195, dove l’osservazione che l’indagine sull’attuabilità del piano deve avere luogo, da parte del Tribunale, anche in assenza di opposizioni. 161
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fall. La s.r.l., in persona di un socio o di un amministratore 173, dovrà, dunque, depositare una relazione aggiornata sulla propria situazione patrimoniale, economica e finanziaria e una relazione illustrativa di accompagnamento 174, oltre che: a) lo stato analitico delle proprie attività; b) l’elenco dei creditori con l’indicazione dei diritti di prelazione di ciascuno; c) l’elenco dei titolari di diritti reali. La prassi si è assestata nel senso di prevedere il deposito di tutti gli allegati (giusto il richiamo integrale all’art. 161, quindi anche al 2° comma, che li elenca) 175. Al di là della valenza dell’iscrizione nel registro delle imprese, è importante, ai nostri fini, soffermarsi sul significato della pubblicità legale quale correttore delle asimmetrie informative sul valore della società in ristrutturazione 176, rectius: i cui debiti sono oggetto di un contratto di ristrutturazione. Anche se l’informativa al mercato sui fatti rilevanti non raggiunge nelle società chiuse il grado di interesse che è proprio delle società quotate, è indubbio il peso di un’informazione corretta sulla reputazione della società, e in particolare la relazione tra completezza e tempestività dell’informazione da un lato, fiducia e valutazione corretta del risultato economico dall’altro 177. Una prima osservazione è che una pubblicità adeguata genera solidarietà nel ceto creditorio rispetto all’evento della ristrutturazione, inducendo i creditori a non intraprendere azioni esecutive individuali anche se i crediti sono scaduti ed esigibili (o se è scaduto il blocco delle azioni esecutive); e può anche incidere sulla decisione dei potenziali finanziatori di concedere credito alla società, con tutto ciò che questa decisione comporta. I finanziatori, infatti, possono fare sì – o scongiurare – che la crisi si trasformi in insolvenza: non a caso si afferma che “(...) l’insolvente è (...) qualcuno che il mercato finanziario ha ritenuto di ‘bocciare’ (
…)” 178 sulla base di una valutazione che dipende anche dalle informazioni che sono disponibili grazie al veicolo pubblicitario, mentre la società in crisi tipicamente ha difficoltà a reperire credito alle condizioni usuali nel “mercato” entro il quale opera 179. È anche vero, per contro, che rendere trasparente l’evento della crisi pubblicizzando un contratto di ristrutturazione può essere controproducente: il debitore si espone, palesando le proprie difficoltà e accettando l’incognita della reazione del “mercato”. E da questo punto di vista il piano di risanamento è meno rischioso del contratto di ristrutturazione del debito, in quanto assicura l’esenzione da revocatoria senza imporre all’imprenditore adempimenti pubblicitari 180. La gravità di questo “danno di immagine” è parzialmente ridimensionata, peraltro, dal fatto che i grossi debitori, segnatamente le banche e/o i creditori professionali, sarebbero comunque in grado di percepire la crisi anche in mancanza di meccanismi pubblicitari che la se-
173 Osserva, in proposito, RACUGNO (supra, n. 169), 665, che l’incipit dell’art. 182-bis legge fall., è tale da fare ritenere che non sia necessaria, per il deposito, una specifica autorizzazione dell’assemblea, o comunque dei soci (un’ulteriore manifestazione di volontà, cioè, successiva a quella che ha portato all’adozione dell’accordo). 174 È evidente che, nella sostanza, la prima è un bilancio, la seconda è una nota integrativa: G. VERNA, “Sugli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis legge fallimentare”, Dir. fall., 2005, I, 866. 175 E v., in particolare, Trib. Ancona, 30 ottobre 2008. 176 La crisi genera l’esigenza di un surplus di informazione al mercato relativamente ad atti e fatti dell’impresa, come osserva, con riferimento ai lavori della “Commissione Trevisanato”, BOCCHINI, “Riforma organica della disciplina della crisi d’impresa ed economia dell’informazione: una lettura”, in ABETE-AULETTA-BASSI, Crisi dell’impresa e insolvenza (Milano, 2005), 16. 177 Lo osserva, riguardo alla funzione dell’informazione nelle società quotate, ROSAPEPE, “Corretta amministrazione, codici di comportamento ed informazione”, Riv. soc., 2008, 187 ss. 178 STANGHELLINI (supra, n. 9), 123 ss., ciò che spiega come talvolta pure in presenza di gravi dissesti – (se) permane la concessione di credito – l’insolvenza non si determini, ivi, 145, testo e n. 62. 179 Ciò che prevedeva il § 32, par. 1, GmbHG, prima della sua abrogazione ad opera del MoMiG (v. anche supra, n. 132). 180 SCIUTO (supra, n. 91), 340.
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gnalano 181: assegnando alla società uno specifico coefficiente di rischio 182 possono stimare, infatti, la perdita che deriverebbe da un inadempimento 183, e dunque hanno una percezione anticipata del rischio di crisi 184. Gli strumenti di pubblicità legale, pertanto, devono essere anche strumenti di informazione giuridico-economica sui dati della società in crisi e sull’esistenza di tentativi giudiziali o stragiudiziali di risanamento 185. E in questa prospettiva l’informazione sistematica sia sulle modalità di gestione dello stato di crisi, o pre-crisi, sia sulla documentazione contabile 186 assume un ruolo fondamentale: nessuno strumento di allerta può funzionare in assenza di adeguati strumenti di raccolta e divulgazione costante delle informazioni “rilevanti” 187. Avvalora questa ricostruzione la consapevolezza che in assenza di informazioni adeguate il mercato sviluppa un’opinione sulle condizioni della crisi della società peggiore rispetto alla realtà 188, e l’incompletezza delle informazioni ha ricadute negative sulla stima del merito di credito da parte dei finanziatori 189. In un contesto di asimmetria informativa i finanziatori non
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La valutazione del merito di credito, peraltro, nell’Accordo di Basilea II è affinata, includendo l’analisi della rischiosità del finanziamento (probabilità di inadempimento calcolata anche in ragione del grado di merito di credito), che a sua volta è funzione anche del grado di patrimonializzazione: BASEL COMMITTEE ON BANKING SUPERVISION, International Convergence of Capital Measurement and Capital Standards: a Revised Framework, last version, june, 2006. La probabilità di inadempienza del singolo rapporto debitorio viene stimata quale frazione della probabilità di inadempienza su base annuale; quest’ultima è funzione del (grado di) merito di credito: ivi, parte 2, par. III.4, sub 285. 182 S. ROSSI (supra, n. 130), 20; SCIUTO, “Organizzazione e merito di credito delle società a responsabilità limitata alla luce di “Basilea 2”, Banca, borsa, tit. cred., 2007, I, 704, testo e n. 8. 183 Anche per la stima del danno occorrendo al creditore sono utilizzabili metodi alternativi: v. BASEL COMMITTEE ON BANKING SUPERVISION (supra, n. 181), parte 2, par. III.4, sub 286. 184 C. VALENTE, “La Corporate Reorganization: elementi di comparazione e di prospettiva a seguito della recente riforma della disciplina concorsuale italiana”, Dir. fall., 2008, I, 478. Resta, peraltro, non elevata l’informativa resa dalle banche sugli elementi posti alla base dei rating interni: COSTA, “Le regole di Basilea II tra tutela del capitale delle banche e comportamenti virtuosi delle imprese”, Dir. fall., 2008, I, 100; GIANNELLI (supra, n. 137), 1 ss. del dattiloscritto. Hanno un’utilità relativa i dati della centrale dei rischi, anche se il codice deontologico limita a tre anni il periodo di conservazione degli stessi da parte dei sistemi di informazione creditizia, come ricorda STANGHELLINI (supra, n. 9), 169, n. 27. Analoghi sistemi di allerta sono previsti in altri ordinamenti: così, ad esempio, gli avvisi per il mancato pagamento dell’IVA in Francia, l’Ondernemersklankbord in Olanda e, simile a quest’ultimo, un sistema di “allerta precoce” in Danimarca: v. la Comunicazione CE n. 52007DC0584, cit., § 3.3. 185 BOCCHINI (supra, n. 176), 17 ss. 186 M.C. CARDARELLI (supra, n. 8), 106 ss.; e nella prospettiva della corretta tenuta della contabilità come presidio alla trasparenza della gestione v., se pure con riferimento alle società che fanno appello al pubblico risparmio, G. SCOGNAMIGLIO, “I nuovi modi di formazione del diritto commerciale: i principi IAS/IFRS come fonti del diritto contabile”, Riv. dir. priv., 2008, 236. 187 In tal senso M.C. CARDARELLI (supra, n. 8), 106 ss., e già RACUGNO, “L’ordinamento contabile delle imprese”, in BUONOCORE (diretto da), Trattato di diritto commerciale (Torino, 2002), sez. I, 5, 32, ove si evidenzia la reciproca strumentalità tra documenti contabili, in particolare il bilancio, e documenti quali le visure immobiliari, il bollettino dei protesti e i certificati delle procedure esecutive. 188 Il problema della selezione avversa cagionata dall’assenza di informazione, o dalla carenza di informazione, o dalla cattiva qualità dell’informazione, è stato elevato a modello da G.A. AKERLOF, “The Market for “Lemons”: Quality Uncertainty and the Market Mechanism”, The Quarterly Journ. of Economics, vol. 84, 1970, 490 ss.; e prima ancora G.J. STIGLER, “Information in the Labor Market”, Journ. of Political Economy, vol. 70, 1962, suppl., spec. 96 ss., anche sui costi dell’informazione disonesta; e per l’informativa sulla struttura finanziaria delle imprese J.E. STIGLITZ, Information and the Change in the Paradigm in Economics, Prize Lecture, december 8, 2001, 508 ss. È da precisare che secondo il modello di Akerlof la adverse selection rispetto al valore interno di un’impresa causata dalla carenza di informazione si verifica in un sistema nel quale tutte le imprese hanno libertà di divulgare o meno determinate informazioni: non contempla, cioè, la variabile, che invece è rilevante, rappresentata dalla presenza di un veicolo legale di informazioni qual è un pubblico registro nel quale gli operatori siano obbligati a inserire determinate informazioni su fatti o atti tassativamente individuati dalla legge. È in quel contesto di libertà informativa, infatti, che si può evidenziare la distanza tra una minoranza di imprese che omette informazioni “rilevanti”, o sensibili, e una maggioranza che divulga informazioni chiare, veritiere e corrette. 189 Osservazioni in SCIUTO (supra, n. 182), 704.
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sono, cioè, in grado di valutare la meritevolezza di finanziamento della società: in altre parole non sanno rilevarne la qualità. Un’adeguata pubblicità, e quindi conoscibilità, delle “informazioni rilevanti”, consente ad una parte qualificata dei creditori di compiere in forma privata una valutazione di rischiosità analoga a quella che i finanziatori esterni compiono là dove decidono di finanziare l’impresa in crisi accettando il rischio dell’inadempimento, e così scongiurando che la crisi si trasformi in insolvenza. Si tratta di conclusioni che si fondano su una semplificazione di fondo, nel senso che non distinguono i creditori gli uni dagli altri, mentre è noto che alcune categorie di creditori hanno gli strumenti per controllare lo stato patrimoniale e finanziario del debitore e possono tollerarne il costo, altri no, e questi ultimi scelgono, ciò che è razionale dal loro punto di vista, di tenere un comportamento da free riders 190. 7. L’esecuzione dell’accordo. Esternalità ... – Il contratto di ristrutturazione omologato ha il pregio di una esternalità positiva fortissima, rappresentata dal fatto che del suo successo si avvantaggiano sia i creditori aderenti che, soprattutto, quelli che non hanno aderito e non hanno, nella fase di negoziazione, saputo o potuto testare l’“affidabilità” della società e l’attitudine del patrimonio sociale ad assorbire i debiti. È naturale pensare che ad usufruire passivamente di questo vantaggio saranno i piccoli creditori, che in quanto privi di tempo e mezzi per verificare la validità della proposta, e più in generale per sondare ex ante e gestire professionalmente il rischio di credito, assumeranno durante la negoziazione una condotta da free riders 191. È opportuno chiarire che questa esternalità positiva non integra, dal punto di vista giuridico, un “contratto a favore di terzo”: sostenere che il contratto di ristrutturazione è idoneo a produrre non soltanto effetti patrimoniali indiretti ma anche effetti diretti – nel senso di riconoscimento di un vero e proprio diritto – in capo al creditore non aderente, e che qualunque terzo potrebbe, di conseguenza, esigere l’adempimento del contratto sarebbe arduo (e proprio quest’ultimo elemento è necessario, come è noto, affinché si possa parlare di contratto a favore del terzo) 192. Tra l’altro, avvalorare l’ipotesi che qualunque terzo, una volta concluso il contratto a suo favore, diverrebbe titolare di un diritto di credito nei confronti dello stipulante 193 significherebbe moltiplicare all’infinito le ipotesi di responsabilità contrattuale, e rappresenterebbe, dunque, un deterrente alla stipula del contratto 194. Di contro, se l’accordo viene omologato ma non riesce ad evitare il fallimento si realizza una fortissima esternalità negativa, poiché in questo caso tutti gli atti e i pagamenti effettuati, nonché le garanzie prestate, in esecuzione del contratto restano efficaci ed esenti da revocatoria
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V. anche paragrafo successivo. Tra gli ultimi sul punto S. ROSSI, “I contratti derivati nel fallimento”, reperibile in http://www.orizzontideldirittocommerciale.it, 4 ss., sebbene dallo specifico angolo visuale dell’esame delle disposizioni che incentivano i comportamenti opportunistici, come quelle che all’interno del Bankruptcy Code statunitense contemplano disposizioni di favore per il contraente in bonis, facendo salve le clausole di close-out ed escludendo l’automatic stay in ipotesi di fallimento. 191 È naturale che il piccolo creditore “speculi” sul maggiore interesse di altri creditori a concludere l’accordo senza il suo apporto: PRESTI (supra, n. 90), 26 ss. 192 Si condivide, per questo aspetto, il rilievo offerto da F. FERRO-LUZZI (supra, n. 59), 117, là dove osserva che è dato parlare, piuttosto e più blandamente, di “effetti favorevoli al terzo”. 193 Per tutti U. MAJELLO, L’interesse dello stipulante nel contratto a favore di terzo (Napoli, 1962), 7. 194 Si osserva che è fondamentale, ogni qual volta si ipotizzi una produzione di effetti giuridici in capo al terzo, predeterminare in maniera rigorosa i soggetti protetti al fine di evitare una proliferazione incontrollata delle ipotesi di responsabilità contrattuale: sul punto MAGGIOLO, “Effetti contrattuali a protezione del terzo”, Riv. dir. civ., 2001, I, 50.
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senza che nulla venga recuperato al fallimento. Si verifica in tal caso una contrazione della massa attiva a danno di tutti: dei creditori che hanno aderito e, soprattutto, di quelli che non hanno aderito o si sono opposti senza successo alla conclusione del contratto; e si realizza l’esternalità negativa ulteriore per cui i creditori non aderenti con tutta probabilità chiederanno la dichiarazione di fallimento. Da questo punto di vista, un vantaggio competitivo dell’accordo di ristrutturazione rispetto al concordato preventivo è rappresentato dal fatto che pur essendo un contratto di diritto privato accede all’esenzione dalla revocatoria fallimentare per gli atti esecutivi, e usufruisce di un blocco delle azioni esecutive dei creditori non aderenti. Il blocco, peraltro, impedisce manovre dei creditori contrari anche durante la delicata fase delle trattative: mentre inizialmente, infatti, il blocco delle azioni cautelari o esecutive poteva essere concesso soltanto contestualmente all’iscrizione dell’accordo nel registro delle imprese, secondo il 6° comma dell’art. 182-bis, introdotto dall’art. 48 d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modifiche, in legge 30 luglio 2010, n. 122 195, il divieto, per i creditori, di intraprendere azioni cautelari ed esecutive è un beneficio che può essere richiesto dall’imprenditore già nel corso delle trattative, e quindi prima dell’iscrizione. La società – debitore può, in tale modo, ottenere la protezione del proprio patrimonio da iniziative cautelari e azioni esecutive di terzi estranei al contratto già nel corso di questa delicata fase depositando l’istanza di sospensione in Tribunale 196 e, contestualmente, nel registro delle imprese 197. Qualora il Tribunale ritenga che ciò sia funzionale all’attuazione dell’accordo, e in particolare ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei, dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive, e di acquisire titoli di prelazione non concordati, assegnando il termine di non oltre sessanta giorni per il deposito dell’accordo di ristrutturazione 198. È da ritenere che il blocco delle azioni esecutive riguardi anche l’eventuale istanza, da parte di uno o più creditori, per la dichiarazione di fallimento, posto che il fallimento è certamente da annoverarsi tra le procedure esecutive (sebbene di tipo concorsuale e non individuale) 199. Tra l’altro, il fallimento pone la stessa esigenza di tutela dell’accordo di ristrutturazione che pongono le azioni esecutive individuali: l’accordo deve, infatti, essere protetto da ogni iniziativa che potrebbe compromettere la destinazione impressa al patrimonio del debitore, e quindi anche da un’istanza per la dichiarazione di fallimento, in presenza della quale “(...) il debitore potrebbe essere indotto a soddisfare immediatamente il creditore ricorrente, così pregiudicando
195 Il decreto è parte della “manovra finanziaria” 2010 e reca “misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”. 196 Si richiede, a tal fine, ai sensi dell’art. 182-bis, 6° comma, che l’imprenditore (in questo caso gli amministratori della società) depositi in Tribunale: 1) la documentazione di cui all’art. 161, 2° comma, legge fall., richiesta per la domanda di ammissione al concordato preventivo; 2) una proposta, ossia una bozza, di contratto di ristrutturazione; 3) una dichiarazione che vale quale autocertificazione che sulla proposta stessa sono in corso trattative con tanti creditori che rappresentino almeno il sessanta per cento dei crediti globali; 4) che una dichiarazione redatta da un professionista munito dei requisiti per la carica di revisore contabile, o di una società di revisione iscritta nel registro istituito presso il Ministero della giustizia, ex art. 67, 3° comma, lett. d), legge fall. (che rinvia, in ultimo, all’art. 2409-bis, 1° comma, c.c.) attesti la sussistenza delle condizioni necessarie a garantire il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative (anche, eventualmente, perché non invitati) o che hanno negato la disponibilità a trattare. 197 Ex art. 182-bis, 6° comma, legge fall. 198 Art. 182-bis, 7° comma, legge fall., introdotto dall’art. 48, 2° comma, d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modifiche, in legge 30 luglio 2010, n. 122. Per lo stesso periodo sono sospese le prescrizioni e non hanno luogo decadenze, ex art. 182-bis, 3° comma. 199 In questo senso FABIANI, “Competizione” fra processo per fallimento e accordi di ristrutturazione e altre questioni processuali”, Fallimento, 2010, 208 ss.
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l’intero accordo (...)” 200. Da questo punto di vista, l’omologazione dell’accordo rappresenta un accertamento (pre)giudiziale che lo stato di insolvenza non sussiste: una presunzione relativa vincibile (solo) con la dimostrazione concreta che l’imprenditore è incapace di soddisfare i creditori estranei all’accordo stesso 201. Si è detto, tuttavia, che il blocco delle azioni esecutive protegge solo i sessanta giorni antecedenti la stipula del contratto, e cioè un lasso di tempo troppo breve, sia se si considera che i tempi delle trattative possono essere ben più lunghi, e sia se lo si confronta con il termine concesso nel concordato preventivo, ove il divieto di azioni esecutive individuali si protrae fintanto che il decreto di omologa sia definitivo 202. I potenziali finanziatori – se si escludono, forse, le banche già coinvolte – non hanno, dal punto di vista temporale, sufficienti incentivi a concedere credito. Ed è noto che senza un massiccio apporto di nuova finanza la ristrutturazione stragiudiziale è impossibile: la già scarsa liquidità che connota il patrimonio sociale è destinata ad aggravarsi in pendenza della crisi, che provoca nei creditori comportamenti “ostili”, come la richiesta di pagamenti anticipati e la cessazione delle forniture 203. A volere introdurre alcuni rudimentali elementi di comparazione si può osservare che l’analogia dell’art. 182-bis, 2° comma, con il Title 11, Chapter 11, Bankruptcy U.S. Code, e la disciplina della prepackaged Bankruptcy è limitata: a tacer d’altro, in quel caso l’automatic stay di cui al § 362 204, e dunque gli effetti protettivi della domanda di ammissione, si verificano immediatamente nel momento della presentazione, e inoltre la sospensione è concessa per un periodo non inferiore a centoventi giorni, normalmente bastevole a predisporre un buon piano di recupero. Né è stata tenuta nella debita considerazione, a nostro avviso, l’esperienza (negativa) dei Company Voluntary Arrangements britannici, il cui scarso utilizzo, soprattutto all’inizio, dipese proprio dall’assenza di una moratoria sui pagamenti delle società in ristrutturazione 205. E non a caso la sec. 1A Insolvency Act 1986, introdotta dal Chapter 39 Insolvency Act 2000, introdusse un initial moratorium a partire dal momento di presentazione del C.v.a., destinato, poi, ad essere implementato in caso di accoglimento della proposta di accordo. È più evidente, invece, la somiglianza tra prepackaged Bankruptcy e concordato preventivo, dato che nel concordato preventivo il piano di ristrutturazione è (sempre) prepackaged, nel senso che deve essere presentato unitamente alla domanda di ammissione alla procedu-
200 FABIANI (supra, n. 199), 208. Ritiene, conseguentemente, l’A., che l’istanza per la dichiarazione di fallimento sia, in pendenza dell’accordo di ristrutturazione omologato, improponibile/improcedibile, ivi, 209. 201 FABIANI (supra, n. 199), 210. In questo senso, osserva l’A., la “certificazione di non insolvenza” del Tribunale non può avere durata illimitata, e dunque è possibile che il creditore interessato a promuovere un’istanza per la dichiarazione di fallimento sia in grado di dimostrare che l’accordo omologato non è adeguato a vincere la crisi e ad evitare l’insolvenza. 202 L’art. 168, 1° comma, legge fall., precisa che il divieto, per i creditori anteriori, di intraprendere azioni esecutive individuali e il blocco di quelle già intraprese perdura “dalla data della presentazione del ricorso e sino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato diventa definitivo (
…), dunque senza limiti di tempo. Che il concordato preventivo protegga maggiormente, dal punto di vista temporale, l’imprenditore in crisi lo osserva NARDECCHIA (supra, n. 51), 216. 203 STANGHELLINI (supra, n. 109), 1075. 204 Title 11, Chapter 3, Subchapter IV, § 362 Bankruptcy U.S. Code. 205 Si è osservato, in proposito, con riferimento alla prassi precedente le modifiche al C.v.a. introdotte dall’Insolvency Act 2000, che “(
…) the company in trouble does not have a breathing space necessary to conclude an arrangement with its creditors (
…)”: K. GROMEK (supra, n. 70), 60. I dati empirici sul ricorso ai C.v.a. hanno mostrato, peraltro, a partire dal 1994 e fino al 2000 una crescita più che esponenziale. Il faticoso decollo dei C.v.a. è unanimemente ricondotto dalla dottrina all’insufficienza degli incentivi: R. PARRY, “Crisis of enterprise in the common law: administration orders and administrative receiverships”, in RAGUSA MAGGIORE-TORTORICI (a cura di), Crisi d’impresa e procedure concorsuali in Italia e in Europa (Padova, 2002), 72 ss.
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ra 206, come evidenziano gli artt. 160, 1° comma, e 161, 3° comma, legge fall. Al pari della prepackaged Bankruptcy, inoltre, il concordato preventivo rappresenta l’anello di congiunzione tra procedure concorsuali e accordi stragiudiziali 207: in entrambi la fase giudiziale inizia con un piano di ristrutturazione già predisposto, che presuppone trattative informali con i creditori. La differenza sostanziale sta in ciò che nella prepackaged Bankruptcy, quanto meno nella versione ortodossa della pure prepackaged Bankruptcy, al momento della presentazione agli organi competenti il piano ha già ricevuto il consenso stragiudiziale dei creditori 208. Anche il contratto di ristrutturazione omologato previsto dal codice di commercio francese ha dalla sua il blocco delle azioni esecutive individuali, mobiliari e immobiliari, per tutta l’esecuzione del contratto e da parte di tutti i creditori che vi hanno aderito. Il blocco non riguarda, anche in questo caso, i creditori non aderenti, ma a questa debolezza può sopperire il Presidente del Tribunale concedendo il blocco delle azioni esecutive individuali dei non aderenti per un tempo massimo di due anni, secondo l’art. 1244-1 code civil 209. Sotto il profilo, poi, di una “comparazione” tra istituti di diritto interno, si evidenzia lo scarso vantaggio competitivo degli accordi di ristrutturazione rispetto al “nuovo” concordato preventivo, per l’accesso al quale non sono più previsti requisiti soggettivi e oggettivi di ammissione: per il primo aspetto non è più richiesta la “meritevolezza”; per il secondo aspetto non è più presupposta l’insolvenza del richiedente 210. Ancora sul versante dei presupposti, inoltre, l’art. 177, 3° comma, legge fall., non impone più, come in passato, la soddisfazione integrale dei creditori privilegiati 211, né prevede la soddisfazione in percentuale di almeno il 40% dei chirografari. L’unica condizione inderogabile sembra quella per cui i privilegiati devono essere soddisfatti in misura non inferiore a quella che spetterebbe loro, vista la collocazione preferenziale del credito, nella liquidazione del patrimonio sociale e con riguardo “(...) al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione (...)” ai sensi dell’art. 160, 2° comma, legge fall. 212. Sul piano fiscale, poi, sebbene la transazione fiscale, ex art. 182-ter, legge fall., possa trovare luogo sia all’interno di un concordato preventivo che all’interno di un contratto di ristrutturazione, bisogna dire che la procedura concorsuale – e quindi il concordato preventivo – è più conveniente, perché le relative perdite sono deducibili dal reddito imponibile, mentre non lo sono quelle maturate all’interno del contratto di ristrutturazione; del pari, le plusvalenze realizzate dal debitore per effetto di atti di rinuncia, parziale o totale, dei creditori sono detassate solo se prodotte all’interno di una procedura concorsuale 213. Le disposizioni sulla non imponibilità previste dagli artt. 86 ss. t.u.i.r., e in particolare la non imponibilità delle sopravvenienze attive ai sensi dell’art. 88, 4° comma, t.u.i.r., non sono, infatti, applicabili al di fuori delle procedure concorsuali 214.
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PRESTI (supra, n. 90), 21. STANGHELLINI (supra, n. 109), 325 ss. 208 STANGHELLINI (supra, n. 109), 325. 209 M.J. CAMPANA (supra, n. 72), 108. 210 V. CAMPOBASSO (supra, n. 109), 422. 211 V. sul punto SCIUTO, “La classificazione dei creditori nel concordato preventivo (un’analisi comparatistica)”, Giur. comm., 2007, I, 585. 212 CAMPOBASSO (supra, n. 109), 415. 213 STANGHELLINI (supra, n. 109), 326. 214 In senso positivo si è espressa, invece, la Direzione centrale e normativa e contenzioso dell’Agenzia Entrate del207
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Un altro incentivo previsto in alcuni progetti di riforma – in particolare nel Progetto ABI 215 – e da tempo presente in altre legislazioni, come quella francese con l’art. L611-11 code comm., è la prededuzione, ex art. 111, 1° comma, n. 1, legge fall., per la nuova finanza, cioè per i capitali di debito o rischio concessi all’imprenditore nella fase della ristrutturazione. Nella disciplina originaria dei contratti di ristrutturazione la prededucibilità era esclusa in ragione dell’art. 111, 2° comma, che concede il beneficio solo ai crediti sorti in occasione o in funzione di procedure concorsuali. Il fatto che fosse opportuno estendere ad essi il beneficio della prededuzione non consentiva di superare il dato normativo – sistematico 216, e soprattutto l’incertezza causata dalla mancanza di una estensione esplicita del beneficio: anche ad ipotizzare una sua interpretazione analogica restava un margine di incertezza, tale da fare sì che gli operatori non potessero, ex ante, contare sul fatto che in sede fallimentare il tribunale di turno lo avrebbe concesso 217. Il già menzionato d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modifiche, in legge 30 luglio 2010, n. 122, ha, tuttavia, introdotto nella legge fallimentare l’art. 182-quater, il cui 2° comma dispone che i crediti derivanti dai finanziamenti concessi da banche e altri intermediari finanziari vigilati, ex artt. 106-107 t.u.b., in funzione della domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, ex art. 182-bis, c.c., sono prededucibili ai sensi dell’art. 111 legge fall., alla condizione (risolutiva) che l’accordo sia omologato dal Tribunale. Il 4° comma, tuttavia, precisa che la prededucibilità riguarda non il totale ma l’ottanta per cento dei finanziamenti effettuati dai soci alla società ai sensi degli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c., o per meglio dire stabilisce che tali finanziamenti sono prededucibili nella misura massima dell’ottanta per cento. Dal momento che il rinvio all’art. 2467 c.c. è generale e generico, si può concludere che sono prededucibili sia i finanziamenti dei soci definiti “normali”, sia i finanziamenti c.d. anomali, o finanziamenti in luogo di conferimenti di cui all’art. 2467, 2° comma, cioè quelli effettuati là dove risulti un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto o in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento 218.
l’Emilia Romagna n. Prot. 6579/2008 del 7 febbraio 2008, che afferma l’applicabilità dell’art. 88, 4° comma, t.u.i.r., agli accordi di ristrutturazione. Favorevole a questa lettura MARENGO, “Le eventuali sopravvenienze negli accordi ex art. 182bis”, reperibile in http://www.ilcaso.it, spec. 10 del documento, consultato, da ultimo, il 15 maggio 2010. 215 ABI, Progetto di riforma della legge fallimentare, ottobre 2002, art. 3, lett. p), reperibile in http://www.abi.it, consultato, da ultimo, il 20 maggio 2010. 216 V., tra tutte, le decisive considerazioni di STANGHELLINI (supra, n. 109), 323 s., testo e n. 42, il quale, in particolare, osserva il nesso inscindibile tra prededuzione e penetrante vigilanza esercitata dagli organi di una procedura: curatore, giudice, comitato dei creditori. Tenta una diversa lettura GUIZZI, “Considerazioni extra vagantes sugli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis legge fallimentare, in IBBA (a cura di), Profili della nuova legge fallimentare (Torino, 2009), 103 ss., secondo il quale la previsione di un potere valutativo esercitato ex ante del Tribunale raffigurerebbe una sequenza procedimentale semplificata e renderebbe applicabile, per analogia, l’art. 111, 2° comma, legge fall.; nella stessa direzione VICARI (supra, n. 112), 492 ss. 217 Di fatto non risultano casi in cui, in sede fallimentare, il beneficio sia stato concesso. 218 Più precisamente l’art. 182-quater, 1° comma, c.c., dispone che “i crediti derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati da banche e intermediari finanziari iscritti negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, in esecuzione di un concordato preventivo di cui agli articoli 160 e seguenti ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis, sono prededucibili ai sensi e per gli effetti dell’articolo 111. Sono altresì prededucibili ai sensi e per gli effetti dell’articolo 111, i crediti derivanti da finanziamenti effettuati dai soggetti indicati al precedente comma in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, qualora i finanziamenti siano previsti dal piano di cui all’articolo 160 o dall’accordo di ristrutturazione e purché il concordato preventivo o l’accordo siano omologati. In deroga agli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile, il primo comma si applica anche ai finanziamenti effettuati dai soci, fino a concorrenza dell’ottanta per cento del loro ammontare. Sono altresì prededucibili i compensi spettanti al professionista incaricato di predisporre la relazione di cui agli articoli 161, terzo
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Il beneficio, che consiste nell’assimilazione dei finanziamenti dei soci ai prestiti bancari, è concesso in deroga alla disciplina di cui agli artt. 2467, 1° comma, e 2497-quinquies legge fall., che prevedono all’opposto, come è noto, la postergazione dei finanziamenti (in luogo di)conferimenti 219. Per delimitare correttamente l’ambito di applicazione del beneficio è bene precisare in primo luogo che, essendo circoscritto all’ottanta per cento dell’ammontare complessivo dei finanziamenti-conferimenti, il restante venti per cento di essi è soggetto alla postergazione rispetto ai crediti chirografari 220; in secondo luogo che restano fuori, e quindi non sono prededucibili, i finanziamenti dei soci concessi in funzione della (presentazione della) domanda di omologa dell’accordo di ristrutturazione, perché il beneficio è riservato ai finanziamenti che sono stati concessi non prima bensì in esecuzione dell’accordo, e che contribuiscono al raggiungimento della percentuale del 60% dei crediti 221. Va, infine, precisato che i soci(-finanziatori), come tutti i titolari di crediti parificati ai prededucibili 222, non sono computati nella maggioranza del sessanta per cento dei crediti necessaria per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione, come specifica l’art. 182-quater, 5° comma, legge fall. 223. E ciò al fine di evitare che l’approvazione dell’accordo sia condizionata in maniera determinante da (categorie di) creditori assistiti dal beneficio della prededuzione 224. Sembra evidente, dunque, la volontà del legislatore di premiare la scelta, di uno o più soci di finanziare la ristrutturazione, ciò che spiega la deroga forte alla disciplina comune: da credito postergato il finanziamento del socio diventa, all’opposto, credito prededucibile. Una prima perplessità riguarda, banalmente, il fatto che la prededuzione è limitata all’80% dei finanziamenti dei soci, ciò che rende necessario un criterio in base al quale individuare quali crediti (fino alla concorrenza del venti per cento) saranno esclusi dalla prededuzione, e quindi postergati. Ma la perplessità maggiore è se la prededuzione dei finanziamenti dei soci rappresenti un incentivo efficace ed efficiente al risanamento della società in crisi: è ragionevole – quanto meno – ipotizzare che le banche, o i grandi creditori finanziari in genere, siano indotti a non concedere credito alla società, confidando nel fatto che i soci finanzieranno la crisi 225 (in quanto rassicurati dalla prededucibilità dei loro crediti). A margine di questo interrogativo si colloca quello, ulteriore, se il beneficio della prededuzione per i finanziamenti-conferimenti sia oppor-
comma, 182-bis, primo comma, purché il concordato preventivo o l’accordo siano omologati. Con riferimento ai crediti indicati ai commi secondo, terzo e quarto, i creditori sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze per l’approvazione del concordato ai sensi dell’articolo 177 e dal computo della percentuale dei crediti prevista all’articolo 182-bis, primo e sesto comma”. 219 BONFATTI, “Le procedure di composizione giudiziale delle crisi d’impresa: opportunità e responsabilità”, reperibile in http://www.ilcaso.it, 24, consultato, da ultimo, il 17 novembre 2010. 220 BONFATTI (supra, n. 219), 14. 221 Ibidem. 222 Sono parificati ai prededucibili, ai sensi dell’art. 182-quater, 2° comma, legge fall., i crediti erogati da banche e intermediari finanziari in funzione di un accordo di ristrutturazione dei debiti o di un piano di concordato preventivo, alla duplice condizione che i finanziamenti siano inclusi, rispettivamente, nell’accordo di ristrutturazione o nel piano di concordato e che la prededuzione sia esplicitamente disposta dal provvedimento con il quale il tribunale accoglie la domanda. 223 Più esattamente l’art. 182-quater, 5° comma, legge fall., stabilisce che non si computano nelle maggioranze né i crediti parificati ai prededucibili ai sensi del 2° comma (v. supra, n. 222, né i finanziamenti dei soci ex artt. 2467 e 2497quinquies c.c., né i crediti dei professionisti di cui all’art. 182-quater, 4° comma, legge fall. 224 In tal senso ASSONIME, Circolare 25 ottobre 2010, n. 33. 225 FABIANI, “L’ulteriore up-grade degli accordi di ristrutturazione e l’incentivo ai finanziamenti nelle soluzioni concordate”, Fallimento, 2010, 905.
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tuno in una situazione nella quale tutte le categorie di creditori dovrebbero essere spinte a finanziare la crisi. Per valutare la convenienza di questo beneficio è necessario, allora, preliminarmente stabilire quale tipo e quale misura di rischio finanziario debba correre, nell’evenienza della crisi, ciascuna “classe” di finanziatori dell’impresa 226, ivi compresi i soci. E alla luce di questo criterio, la prededucibilità dei finanziamenti-conferimenti dei soci può dirsi soluzione opportuna, efficace ed efficiente solo a condizione di avere appurato che questo beneficio non compromette il risanamento, cioè non produce l’effetto perverso di “scoraggiare” quei grandi finanziatori, come le banche, che potrebbero avere un ruolo decisivo nel risanamento stesso. A ciò si aggiunga che dovrebbe essere vagliato caso per caso se il finanziamento, da parte dei soci, dell’impresa indebitata e sottocapitalizzata configuri una responsabilità per abuso di controllo, ossia l’illecito “(...) commesso dai gestori dell’impresa se omettono di prospettare alla proprietà l’alternativa tra ricapitalizzarla o avviarla alla liquidazione; ovvero anche se, dopo aver correttamente prospettato l’alternativa, continuano nell’esercizio anche se la proprietà non è ricapitalizzata (...)” 227. L’abuso di controllo, tra l’altro, è un illecito che può profilarsi non solo in capo agli amministratori, cioè a chi è formalmente investito dei poteri gestori, ma anche in capo a soggetti diversi che abbiano il potere sostanziale, o di fatto, di determinare le scelte operative 228: così, in particolare, i soci che rifinanziano la società in ipotesi di sottocapitalizzazione e là dove sarebbe stato ragionevole un conferimento 229. Ma vi è di più: è anche possibile riflettere sulla possibilità, attestata da vari casi giurisprudenziali nell’esperienza statunitense, di imputare, in date circostanze, una responsabilità per abuso di controllo anche in capo ad alcuni creditori forti, tipicamente le banche, se sono responsabili di avere esercitato poteri eccessivi sulla società in crisi al fine di recuperare i propri crediti 230. È ovvio che l’ipotesi, al di là di ogni presa di posizione aprioristica in un senso o nell’altro, deve essere vagliata con riferimento al caso concreto, e ricordando che un percorso analogo è stato affrontato, mutatis mutandis, dalla giurisprudenza italiana per arrivare ad affermare la responsabilità dell’amministratore di fatto 231. Là dove, peraltro, dovesse ammettersi questo percorso interpretativo sarebbe doveroso guardarsi dagli eccessi, cioè considerare che una facile applicazione di tale responsabilità creerebbe danni molto gravi al sistema; ma d’altra parte, l’aspetto positivo è richiamare le banche al rispetto delle clausole generali di correttezza e buona fede nell’esecuzione dei contratti con la clientela 232.
226 Il punto è evidenziato, con generale riferimento alla gestione della crisi e traendo ispirazione dalla Corporate Reorganization statunitense, da MAZZONI (supra, n. 3), 528. 227 MAZZONI (supra, n. 3), 536. 228 MAZZONI (supra, n. 3), 537. 229 Rientrano nel perimetro della responsabilità per abuso di controllo anche i soci che abbiano deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società o i terzi, ex art. 2476, 7° comma, c.c.: MAZZONI (supra, n. 3), 536. 230 MAZZONI (supra, n. 3), 537 ss. La situazione-tipo, precisa, l’A., è quella in cui “(...) per effetto di espresse clausole negoziate ab origine in un contratto di finanziamento pre-crisi, ovvero in conformità a patti stipulati ad hoc come condizione per la concessione di nuova finanza in una situazione già avanzata di difficoltà – una (banca...) assume il ruolo di massima autorità decisoria sull’operatività dell’impresa“. 231 MAZZONI (supra, n. 3), 537: l’evoluzione giurisprudenziale in materia di amministratori di fatto è, infatti, potenzialmente convergente nei risultati, sebbene diversa nel fondamento: in entrambi i casi “(...) il sistema addossa una responsabilità ex post per violazione di obblighi o doveri di comportamento a chi aveva fattualmente il potere di tenere il comportamento (...) e ciò quand’anche la legge attribuisca formalmente ad altri il potere-dovere di agire”. 232 MAZZONI (supra, n. 3), 541.
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La prededucibilità si estende, ai sensi dell’art. 182-quater, 4° comma, legge fall., ai compensi spettanti al professionista incaricato di redigere la relazione sull’attuabilità dell’accordo e sulla sua attitudine a consentire il pagamento dei creditori rimasti estranei, ex art. 182-bis, 4° comma, legge fall. Similmente, il code de commerce francese prevede che qualora dal contratto omologato si ricada in una procedura concorsuale i crediti di coloro che erogarono nuova finanza durante la ristrutturazione vadano in prededuzione 233. Un altro incentivo importante, la protezione dell’accordo dai reati fallimentari, è presente solo in parte: ai sensi dell’art. 217-bis legge fall. 234 se è stato omologato un accordo di ristrutturazione dei debiti, gli amministratori non possono essere imputati per bancarotta semplice e bancarotta preferenziale 235. Non c’è alcuna protezione, invece, dalla (possibile imputazione a titolo di) concessione abusiva di credito, ex art. 225 legge fall., per i soggetti – in particolare le banche – che decidano di erogare nuova finanza, e dall’imputazione degli amministratori per bancarotta fraudolenta, ex art. 223 legge fall. 236. Diversamente, le ragioni per le quali si è suggerita sin dall’inizio la protezione degli accordi di ristrutturazione da tutti, non solo alcuni, reati fallimentari è ben nota: in un quadro legislativo in cui manca questa protezione, gli unici a concedere credito sono i finanziatori in grado di ottenere garanzie sul patrimonio sociale, o dal socio o dai soci di maggioranza; e in tal modo entrambi si trovano a dovere destinare a garanzia del finanziatore liquidità che avrebbero, in altre circostanze, destinato al finanziamento della crisi 237. Qualora, poi, né la società né i soci siano in grado di fornire garanzie, le banche probabilmente preferiranno il concordato preventivo 238. Ora, in un sistema come quello appena descritto, nel quale solo pochi soggetti forti e garantiti concedono credito, la società dipende, di fatto, da finanziatori che non avranno, poi, incentivi a sollecitare la massimizzazione del rendimento della società, e cioè il successo del contratto di ristrutturazione 239. E in Gran Bretagna proprio il problema della richiesta, da parte dei finanziatori, di garanzie sempre più onerose spiega la prassi crescente della floating charge, che consente alla società di offrire in garanzia beni propri, eventualmente anche l’azienda, senza subirne lo spossessamento. Il quadro esposto denuncia, nel complesso, l’assenza di un approccio integrato alle crisi quale quello che a partire dalla metà degli anni ’70 del secolo scorso si è radicato in Gran Bretagna prima con il London Approach e poi con le London Rules 240. In particolare, la brevità dell’inibizione e/o del blocco delle azioni esecutive e l’assenza di una regolamentazione legi-
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Art. L611-11, al. 1, cod. comm. Più precisamente l’art. 48, 2°-bis comma, d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, in legge 31 luglio 2010, n. 122, ha introdotto nella legge fallimentare il nuovo art. 217-bis, rubricato “esenzioni dai reati di bancarotta”, ai sensi del quale “[l]e disposizioni di cui all’art. 216, terzo comma [bancarotta semplice, n.d.r.], e 217 [bancarotta preferenziale, n.d.r.] non si applicano ai pagamenti e alle operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo di cui all’articolo 160 o di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis ovvero del piano di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d)”. 235 INNOCENTI, “Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nel quadro dell’intervento correttivo del 2007: una possibile soluzione alla crisi d’impresa”, Dir. fall., 2007, I, 939; CAMPOBASSO (supra, n. 109), testo e n. 40. 236 L’art 223, 1° comma, legge fall., prevede l’applicazione agli amministratori di società dichiarate fallite delle sanzioni previste dagli artt. 216 e 217 per l’imprenditore individuale dichiarato fallito. 237 VICARI (supra, n. 112), 485. 238 VICARI (supra, n. 112), 485. 239 PRESTI (supra, n. 90), 28; VICARI (supra, n. 112), 489. 240 V., in particolare, il Paper Banks and Businesses Working Together, pubblicato nel 1997 dalla British Banks Association. 234
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slativa degli strumenti di nuova finanza trasferisce i rischi sui finanziatori e incoraggia la liquidazione, piuttosto che la ristrutturazione 241. Manca, infine, un codice di comportamento delle banche rispetto alle imprese in crisi, dal momento che quello predisposto dall’A.b.i. si applica solo alle imprese, o gruppi di imprese, il cui indebitamento verso banche e intermediari finanziari sia pari o superiore a trenta miliardi di lire 242. 8. Opzioni di ristrutturazione e interesse sociale. – La scelta di una soluzione stragiudiziale, piuttosto che giudiziale, ripropone anche nel contesto della crisi l’opzione tra concezioni contrattuali e istituzionali dell’interesse sociale: anche l’alternativa tra ristrutturazione riorganizzativa e liquidativa sottende una precisa opzione in termini di interesse sociale perseguito. Nel primo caso i connotati istituzionalisti sono marcati, per il fatto che alla volontà della “proprietà” di proseguire l’attività si deve accompagnare la disponibilità di una parte dei creditori a dare fiducia alla società 243, di modo che la chance della ristrutturazione riorganizzativa passa attraverso una composizione negoziale – più esattamente una transazione necessaria – tra soci e creditori: in tal senso la volontà degli soci deve essere supportata dalla volontà del ceto più rappresentativo degli stakeholders. Ma questa coloritura istituzionalista può essere persino più evidente nella ristrutturazione liquidativa, dal momento che nulla impedisce che soci e creditori preferiscano la via della liquidazione anche se sarebbe astrattamente possibile una ristrutturazione, cioè se ricorrono i presupposti per un recupero dell’equilibrio finanziario. In ogni caso, lo scenario dei piani di risanamento e dei contratti di ristrutturazione del debito conferma il tramonto della concezione che contrapponeva l’interesse “proprietario” alla conservazione dell’azienda e l’interesse creditorio alla sua liquidazione 244. Pur senza ricadere in una concezione istituzionalista spinta, sul modello communitarian 245, l’obiettivo del contratto di ristrutturazione non può essere compreso, infatti, entro una prospettiva contrattualistica pura, e risolto in un accordo tra i soci per la salvaguardia del patrimonio comune. Alla luce delle stesse opzioni “interpretative” deve essere affrontata l’identificazione delle categorie di stakeholders interessate (o, per meglio dire, che hanno diritto ad essere interpellate) in tutti i casi in cui la crisi provoca un trasferimento sostanziale, o anche giuridico-formale, del controllo. Anche da questo punto di vista, infatti, gli elementi di contrattualismo e gli elementi di istituzionalismo si incontrano 246.
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Lo sottolinea MARABINI (supra, n. 105), 272. Si v. l’art. 2 del Codice, approvato dal Comitato esecutivo dell’ABI il 20 ottobre 1999: v. Circolari ABI, Serie legale n. 9, 3 aprile 2000. 243 Arg. anche da GUERRERA (supra, n. 45) 174. 244 In questa prospettiva già D’ALESSANDRO, “Interesse pubblico alla conservazione dell’impresa e diritti privati sul patrimonio dell’imprenditore”, Giur. comm., 1984, I, 66, seguito ora da FIMMANÒ, “La conservazione e la riallocazione dei valori aziendali nella riforma delle procedure concorsuali”, reperibile in http://www.managementuniroma1.it, spec. 4, consultato, da ultimo, il 21 novembre 2010. 245 È questa la tendenza della dottrina anglosassone: e v. V. FINCH, Corporate Insolvency Law. Perspectives and Principles (Cambridge, 2002), spec. 54 ss., pure se con la precisazione che questo approccio allargato non implica che tutti gli stakeholders debbano avere la stessa facilità di accesso alle informazioni, posto che talvolta il costo di offrire certe informazioni a certe categorie di “interessati” è tale da consigliare restrizioni. È un approccio che media tra la communitarian view – e l’enfasi che questa pone sugli interessi delle constituencies esterne al contratto di società, in particolare i creditori – e la visione che privilegia i pre-existing (private) rights. 246 Si v. come secondo il Cork Report dell’aprile 1982, che condusse all’Insolvency Act 2000, gli interessi rilevanti nell’insolvenza non sono solo quelli del debitore e dei suoi creditori, poiché (l’ottica è neo-istituzionalista) “(
…) other 242
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Dal momento che in questa sede ci si riferisce, essenzialmente, alla crisi di società a responsabilità limitata, non è in gioco un interesse generale rilevante alla conservazione di (certe) imprese in crisi 247. Ciò nonostante, si evidenzia una certa molteplicità e complessità degli interessi in gioco, resa ancora più evidente, com’è ovvio, dalla (già altrove evidenziata) possibilità di conflitto sia tra soci, soci-finanziatori e finanziatori (o creditori puri), sia tra le diverse “categorie” di finanziatori. A parte i potenziali conflitti tra le diverse categorie di claimants interessati al risanamento della società, è da mettere in conto il potenziale conflitto interno alle varie categorie: così, ad esempio, tra i soci-finanziatori e i grandi creditori, le banche in particolare, spesso non allineati tra loro né riguardo alle modalità del risanamento, né sul piano delle aspettative. È naturale, sul punto, concludere che l’interesse sociale dominante, e il fatto che esso appartenga al novero degli interessi di marca contrattualistica ovvero di marca istituzionalistica (o neo-istituzionalistica che dir si voglia) anche nell’evenienza della crisi e della scelta di un certo percorso di ristrutturazione dipende da diversi elementi, tra i quali, come si è evidenziato in altra sede, anche le dimensioni della società e la presenza o meno di un mercato delle sue partecipazioni. Ma il discorso esula dai confini di questo lavoro 248.
groups in society are vitally effected by the insolvency and its outcome (
…)”, con la conseguenza che è necessario “(
…) to ensure that these public interests are recognised and safeguarded (
…)”: K. GROMEK (supra, n. 70), 49. 247 L’ipotesi che la riorganizzazione coinvolga un interesse generale di natura industriale o produttiva riguarda, piuttosto, le società di grandi dimensioni, nel qual caso è da valutare se debbano, riguardo alla ristrutturazione, prevalere le ragioni del capitale finanziario o le ragioni dei gestori, giudiziali o stragiudiziali, della crisi: MAZZONI (supra, n. 3), 557. 248 Sia consentito rinviare, per queste considerazioni più generali, a M. COSSU, Società aperte e interesse sociale (Torino, 2006), spec. 244 ss.
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