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EDITORIALE Pag. 1 • Pietro Simonetti La necessità di un piano industriale per la Basilicata ed il Sud Pag. 4 • Giuseppe De Luca Prendere nelle proprie mani le redini della promozione della salute e del benessere psico-fisico
DOSSIER
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Pag. 10 • Pietro Fundone I lavoratori come nuovo gruppo vulnerabile alle dipendenze
Percorsi di Integrazione anno XIII - numero 1 - primavera 2005 quadrimestrale - sped. in abb. post. art. 2, comma 20, lettera c, L. 662/96 - Filiale di Como
Pag. 16 • Luana Franchini Il disagio psicosociale nei luoghi di lavoro
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Pag. 25 • Gruppo di ricerca del progetto Euridice Cosa pensano i lavoratori del distretto industriale di San Nicola di Melfi sulla dipendenza da sostanze e sulle nuove forme di consumo
Pag. 56 • Noemi Bermani La protesta degli operai Sata di Melfi sui giornali
RECENSIONI E SEGNALAZIONI Pag. 89 • Redazione Euroconferenza Manuale di psicoterapia psicoanalitica breve Progettare insieme la qualità della vita. Il cittadino protagonista di un’altra globalizzazione
Cooperativa di Studio e Ricerca Sociale Marcella 22070 Lurago Marinone (CO) via della Pace 19
Pag. 43 • Luana Franchini A Melfi soffia il vento della storia
Percorsi di Integrazione
IN QUESTO NUMERO
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Dossier FIAT Melfi: tossicodipendenze ISSN 1124-8556
e condizioni di lavoro “Il Progetto Euridice”
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Percorsi di Integrazione
Note per gli autori
IN REDAZIONE Clelia Boesi e Giuseppe De Luca sono affiancati da: Gabriele Codini, Camillo Valgimigli, Graziella Marcotti, Ernesto Veronesi, Carlo Casti, Carlo De Risi, Antonio Scarlato, Francesco Ripa di Meana, Paola Mandelli, Vincenzo D’Ambrosio, Francesco Bova, Giancarlo Vicinelli, Aldo Visco-Gilardi, Marcella Deluca, Noemi Bermani, Stefano Piovanelli, Carolina Rimoldi, Caterina Gori, Paolo Deluca. SEGRETERIA DI REDAZIONE Sisa Visco-Gilardi, Roberta Bernasconi. DIRETTORE RESPONSABILE Giuseppe De Luca Iscrizione al Tribunale di Como con decreto n. 28/91 in data 11.12.1991 SEDE, REDAZIONE ED AMMINISTRAZIONE 22070 Lurago Marinone (CO) via della Pace 19 - Tel. 031.938184 Fax 031.937734 E-mail:
[email protected] http://www.coopmarcella.it Periodicità: quadrimestrale Proprietario ed esercente l’impresa giornalistica: Cooperativa di Studio e Ricerca sociale Marcella. Impaginazione: Cromographic - Milano Stampa: Gruppo Imprenta - Colturano ABBONAMENTI – individuale – enti, associazioni – sostenitore – estero – una copia
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pazionale promesso e per le innovazioni annunciate, di ricerche e studi, documentati da una grande mole di pubblicazioni. In realtà gran parte della letteratura prodotta nella metà degli anni ‘90, a parte poche eccezioni, è stata modellata prevalentemente da uno spirito ed una tendenza all’acriticità che ha finito paradossalmente per danneggiare l’impresa e i lavoratori. Ossia, l’aver enfatizzato il modello di fabbrica integrata, ignorando i limiti intrinseci della variante italiana al modello giapponese, ha significato oscurare sia le questioni connesse alla qualità del prodotto e soprattutto la condizione lavorativa e salariale dei dipendenti. Mentre venivano esaltati i livelli di produttività, si rimuovevano i problemi prodotti dal disagio latente che si esprimevano, i dati lo documentano, con le dimissioni, i licenziamenti e gli infortuni (dalla sola SATA sono andati via per le ragioni precedentemente elencate circa 2.000 persone). Dentro l’universo del disagio emergevano lentamente ma costantemente le pratiche proprie della dipendenza da sostanze stupefacenti ed in parallelo il ricorso di molte operaie e operai al centro di salute mentale di Lavello; è in questa fase che con coraggio, gli operatori del Ser.T. di Melfi e del centro di Lavello, prendono la parola per rendere noto quanto stava accadendo. In realtà il fenomeno in parte era conosciuto da coloro che, si vedano le ricerche pubblicate dal Consiglio Regionale di Basilicata, già negli anni ‘90, stavano studiando le reali condizioni lavorative degli stabilimenti di Melfi. È questo il retroterra in cui nasce l’esperienza del progetto europeo Euridice che in Italia era già impegnato presso la Mondadori, i Cantieri Navali di Monfalcone ed in altri siti, in un’attività di ricerca e di formazione presso gli operai e gli impiegati nella lotta delle tossicodipendenze nei luoghi di lavoro. Così nasce per decisione del Comitato di Coordinamento Istituzionale per le Politiche del Lavoro, dell’Assessorato alla Sicurezza sociale e grazie al prezioso apporto di Fiom, Fim, Uil, delle RSU della SATA e dell’indotto, il progetto Euridice nella FIAT di Melfi, progetto che, successivamente su iniziativa dell’Assessore alla Formazione e Lavoro, sarà esteso in modo sperimentale all’Istituto IPSIA di Melfi per coinvolgere e sensibilizzare anche gli studenti nella lotta alla tossicodipendenza. I risultati delle ricerche che fanno parte integrante del progetto dimostrano che il nesso tra condizione lavorativa e produzione del disagio esiste ed è forte. Il disagio che in FIAT ha assunto varie forme, si è espresso recentemente in movimenti e proteste che hanno preso corpo per molti giorni, squarciando il velo dell’obbedienza. Quanto accaduto nel recente passato serve molto a costruire un futuro diverso, sulla base delle necessarie modifiche, alcune in parte realizzate, altre ancora da fare, nelle condizioni lavorative della fabbrica. a cura di Pietro Simonetti Presidente Comitato di Coordinamento Istituzionale Politiche del Lavoro
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EDITORIALE
al momento del suo La necessità di un insediamento, lo staFIAT di piano industriale per Melfi èbilimento stato oggetto, per del sito prola Basilicata ed il Sud l’importanza duttivo, per il livello occu-
Per la FIAT non è un momento facile. Il recente taglio dei livelli occupazionali del settore della manodopera specializzata e del personale amministrativo nell’area piemontese, la riduzione della capacità produttiva a Mirafiori e nella stessa Polonia, nuova terra di conquista, oltre alla quasi chiusura dello stabilimento di Cordoba e il ricorso alla cassa integrazione nel periodo natalizio per lo stabilimento di Melfi, danno la misura della crisi del Gruppo. Anche l’indebitamento nonostante la cessione di importanti rami della holding non è migliorato, è in questo scenario che occorrerebbe occuparsi di Melfi e degli stabilimenti del Sud, area dove è concentrato il grosso della produzione automobilistica del Gruppo per affrontare dal punto di vista istituzionale e sindacale le condizioni connesse alla messa a punto di un piano industriale adeguato. La vittoria conseguita a Melfi non può rimanere né un ricordo né un episodio isolato, finirebbe per essere una vittoria di Pirro. Il movimento, oltre a battersi per migliorare le condizioni di vita, salario e lavoro non può non affrontare l’esigenza di ottenere dal governo, nell’ambito di una politica industriale europea, un intervento pubblico che permetta l’ingresso nel capitale azionario così come accade in Germania e Francia, per evitare di lasciare FIAT preda del sistema bancario italiano il che significherebbe consegnare l’azienda non al mercato ma ad una lenta agonia, ed avrebbe effetti dolorosissimi per un milione e seicentomila lavoratori impegnati complessivamente nel settore dell’auto in Italia. Nello stabilimento di Melfi sono in corso in questa fase interventi di miglioramento, specie nel settore della robotica per rafforzare la qualità del prodotto, in attesa di produrre il prototipo 149. Si lavora anche sul miglioramento della lastratura e dei circuiti elettronici. Lo stabilimento di Melfi, il più produttivo del gruppo, assieme a quello di Avellino che produce motori, nel 2000 hanno chiuso i loro conti economici con un saldo netto di profitti di oltre 1.400 miliardi di lire. È evidente che il Mezzogiorno può contribuire fortemente con opportuni interventi nel processo tecnologico, nella qualità e con il lavoro buono a risollevare le sorti della FIAT. È paradossale ma vero, che le sorti degli stabilimenti del Nord-Ovest sono strettamente connessi al ridisegno complessivo del processo industriale che parte dal Sud, questo vale in particolare per il settore della componentistica dove è presente il 60% della manodopera impegnata nel settore automobilistico. Le politiche globali attuate dalle multinazionali, FIAT compresa, tendono a livello finanziario e allocativo ad organizzare la specializzazione delle attività di fornitura mediante una forte riduzione dei costi. Questo significa che i fornitori a partire dallo stampaggio, dai motori e dai circuiti lavorano contemporaneamente per più marche, in Italia può accadere che uno stesso motore, con le necessarie personalizzazioni per il gruppo interessato, sia montato da diverse aziende: su tutto trionfa la modalità dell’appalto via internet, ad esempio, che mette in gara i fornitori a partire dal prezzo più basso offerto, ne consegue che la quota di fornitura necessaria nell’ambito della produzione just in time, viene allocata di volta in volta nel sito del produttore vincitore che a sua volta può subappaltarlo, questa pratica avviene anche per la Ferrari. Così quote importanti di fornitura prendono le strade dell’Est e dei paesi dove il costo di produzione è più basso e la sindacalizzazione è inesistente. In questo quadro il distretto automobilistico del Vulture melfese reclama una diversa attenzione non solo delle parti sociali ma soprattutto delle istituzioni dePercorsi di Integrazione
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putate a collaborare nella messa a punto della programmazione delle politiche industriali, la Regione Basilicata nel documento di programmazione economica 2005-2007 ha una posta finanziaria di circa 3.900 milioni di euro a fronte di un bilancio pubblico allargato di 8.000 miliardi l’anno; dentro questo monte di risorse al momento non c’è traccia di un disegno di politica industriale che indirizzi il sistema delle imprese interne ed esterne ad un rapporto sinergico su ricerca e sviluppo e quindi sui contenuti dei prodotti, sulla penetrazione dei mercati regionali ed internazionali e sulle politiche di marketing. In una recente manifestazione sindacale vi era uno striscione con la scritta “molta spesa, poca resa”, c’è qualche verità in questo slogan, perché se risulta positiva la massa salariale generata dagli oltre 12.000 dipendenti del distretto di Melfi e dal fatturato di aziende che lavorano nell’ambito della fornitura, non si può dimenticare che esistono fortissime potenzialità per l’allargamento del comparto manifatturiero anche in rapporto alle risorse disponibili. Al momento, come abbiamo sottolineato più volte, nel disegno programmatorio per l’utilizzo dei fondi POR manca il momento dell’ideazione di progetti industriali integrati specialmente quelli collegati alla produzione Made in Italy, molti pensano che basta fare bandi e destinare risorse alle imprese, separando questo aspetto dalla ricerca e sviluppo, per concretizzare politiche industriali. È evidente che sono azioni del tutto insufficienti che producono attività speculative e punti di crisi (si veda l’esperienza dell’articolo 32 della legge 219, del contratto d’area del potentino, dell’accordo di programma della Val Basento, dei patti territoriali, senza dimenticare il fallimento della legge 488). La ricerca e lo sviluppo applicato sono un aspetto quasi non considerato dall’Università degli Studi della Basilicata e fortemente relegato nei centri nazionali ubicati nella Regione, in poche parole in Basilicata non si fa ricerca e sviluppo e non si brevetta alcunché, questo è uno degli aspetti più dolenti del gap che ci separa dal resto d’Italia e d’Europa. Si potrebbe, per invertire la tendenza, lavorare attorno ad un progetto per la realizzazione di un centro di stampaggio di livello europeo il che significherebbe nuove tecnologie a partire dall’uso del laser e utilizzo di nuovi materiali, in questo contesto potrebbe inserirsi un progetto ideato dai dipartimenti dell’Università della Basilicata utilizzando l’esperienza del Politecnico di Torino, da localizzare nell’area sud della Basilicata. Partecipare oggi alla ripresa della FIAT per evitare il declino industriale del paese comporta un rinnovamento nel settore del sistema formativo e di politiche per il lavoro e per l’impresa che siano all’altezza delle questioni poste dai processi di internazionalizzazione dell’economia. Stare dentro questi processi significa intraprendere una lotta alla precarizzazione del lavoro, all’uso flessibile dei fattori produttivi in un gioco a ribasso e all’evitamento di condotte autoreferenziali di natura politica ed economica. La lotta in corso anche con il progetto Euridice per affrontare i problemi di Melfi, stimola la riflessione su quella che è, ma soprattutto deve essere, la presenza di una realtà industriale all’interno di un territorio. Tutti siamo avvertiti della necessità di partecipare attivamente all’elaborazione progettuale del fare. Commentare il passato è facile e non basta, l’elaborazione del futuro è la sfida più avvincente, ma anche la più determinante per la sopravvivenza della realtà industriale in Basilicata.
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ell’ultimo anno si Prendere nelle proprie sono verificati in Basilicata tre eventi mani le redini della che documentano una particolare attenzione dei cittapromozione della dini delle comunità locali per i problemi della salute, salute e del della promozione di stili di sani, della sicurezza e benessere psicofisico vita della difesa del territorio.
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Essi sono: La vicenda di Scanzano (discarica scorie nucleari); La vicenda di Rapolla (inquinamento elettromagnetico); Ultima, in ordine di tempo, la vicenda della vertenza FIAT di San Nicola di Melfi. Queste tre vicende, anche se generate da motivazioni differenti hanno tra di loro alcuni punti di convergenza. Il primo è il bisogno di partecipazione dei cittadini alla formazione delle decisioni che vengono prese da autorità quasi sempre nazionali e che si riflettono sulla organizzazione sociale e sulla struttura della vita quotidiana delle popolazioni locali. Il bisogno di contare di più per tutelare un patrimonio sociale e culturale, ma anche per difendere i propri diritti di cittadinanza attiva diventa un’asse portante per raggiungere l’obiettivo della salute per tutti. Il secondo è l’esigenza delle comunità locali di prendere nelle loro mani le redini del loro futuro. Queste vicende, infatti, si sono inizialmente sviluppate su base spontanea a testimonianza di una forte vitalità della società civile e, strada facendo, sono state inquadrate dentro uno schema di negoziazione e di contrattazione. Il protagonismo sociale delle comunità locali non solo ha evidenziato un alto livello di maturità e di razionalità, ma ha anche messo in risalto lo sviluppo di una progettualità che nasce dal basso e che richiede una integrazione tra la scienza e l’esperienza. Il terzo elemento di convergenza di queste vicende consiste nel convincimento delle comunità locali che non è vero che gli insediamenti produttivi sono da considerarsi estranei e corpi separati rispetto alla realtà territoriale, ma che essi fanno parte integrante della vita, della storia e della cultura del territorio e che quello che accade nel loro interno non può rimanere chiuso tra i reparti e gli uffici, ma si riflette anche sulla vita intera della comunità locale. Il progetto Euridice, che esplora la dimensione della dipendenza da sostanze e del disagio psicosociale nel mondo del lavoro, si colloca dentro questa duplice esigenza locale: integrazione tra l’esperienza e la scienza e promozione dal basso dei programmi di trasformazione dei rapporti tra individuo, gruppo e contesto. Esso non solo tende a creare dei legami tra quello che accade nel mondo del lavoro e quello che accade nel mondo dei servizi territoriali, ma stimola l’interesse dei lavoratori ad essere protagonisti attivi nella realizzazione di programmi di prevenzione. A che punto siamo con la realizzazione del progetto Euridice? Va detto anzi tuta cura di Giuseppe De Luca Responsabile del Progetto Euridice
to che è la prima volta dall’insediamento produttivo di Melfi che, con il Progetto Euridice, si cerca di effettuare un intervento sociale che riguarda tutti i lavoratori del distretto con l’obiettivo di aumentare la loro consapevolezza sulle dipendenze da sostanze, sul disagio psicosociale nei luoghi di lavoro e ridurre l’impatto che queste condizioni hanno sulle relazioni interpersonali, sul gruppo e sul contesto. Qui di seguito diamo una prima cronistoria delle fasi di sviluppo del progetto.
Costituzione del setting istituzionale La prima azione del progetto è stata la costituzione del setting istituzionale. Questa azione ha coinvolto i responsabili del progetto a livello locale e a livello generale nella presentazione del programma alle istituzioni coinvolte nella sua realizzazione, in particolare l’Azienda ASL ed il Comune di Melfi ed agli altri comuni interessati alle problematiche sociali prodotte dall’insediamento FIAT. L’obiettivo è stato quello di raccogliere la loro adesione e il patrocinio all’iniziativa e predisporre momenti di coinvolgimento delle istituzioni locali sia sugli eventi pubblici, ma anche sul contrasto di eventuali situazioni di disagio che ricadono dentro l’ambito territoriale comunale. La costituzione del setting istituzionale si è conclusa con la realizzazione di un seminario regionale su: “Condizioni di lavoro, disagio psicosociale, dipendenze da sostanze: il ruolo del programma Euridice nel distretto industriale del Vulture melfese”. A questo evento hanno partecipato le autorità pubbliche regionali e locali, la direzione generale della ASL di Venosa, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, i responsabili del progetto, le autorità religiose locali. PAGINA 5
Il seminario è stato sostenuto da materiale didattico ed informativo sul Progetto Euridice ed ha avuto un’ampia risonanza sulla stampa locale e sulle tv locali. Questa iniziativa ha permesso di avviare un confronto tra le parti sociali sulle problematiche delle dipendenze, inserire il progetto nelle politiche socio-sanitarie locali perseguite dai vari enti e di richiamare nel senso più ampio l’attenzione dei decisori pubblici sulle forme di disagio psicosociale che caratterizzano il modello della fabbrica integrata.
Costituzione del setting tecnico-operativo Il setting tecnico-operativo è un pilastro del Progetto Euridice. Esso ha previsto la presentazione del progetto a tutte le direzioni delle imprese ed ai responsabili delle organizzazioni sindacali. Per prima cosa è stata inviata a tutte le direzioni delle imprese una lettera di richiesta di incontro che faceva riferimento al seminario regionale e sono stati fissati dalla segreteria del progetto gli appuntamenti. Sono state effettuate in tutto 25 riunioni di presentazione del progetto durante le quali è stato discusso il contenuto, il metodo e gli obiettivi del programma. In particolare le riunioni hanno identificato i criteri di adattamento del progetto alla realtà delle singole imprese e sono state identificati i livelli di collaborazione e di responsabilità nell’implementazione del progetto da parte delle direzioni aziendali. Come risultato di questa lunga azione di presentazione è stato riscontrato un buon livello di accettazione dell’iniziativa da parte del management aziendale e delle organizzazioni sindacali ed un apprezzamento nei confronti della Regione che si afPercorsi di Integrazione
faccia per la prima volta nel distretto industriale con un programma a lungo termine di prevenzione del disagio e delle forme di dipendenza che prevede anche un investimento nella crescita delle persone. A seguito di questa presentazione, per ogni impresa si è costituito un gruppo di lavoro che conosce le problematiche del progetto e che è incaricato di seguirne l’evoluzione. Si stima che complessivamente 5060 opinion leader siano coinvolti all’interno delle aziende sul Progetto Euridice. Inoltre ad ogni impresa sono stati forniti dei dossier che contengono il materiale di Euridice sia alla Direzione che alle RSU.
Ricerca Il passo successivo alla presentazione e discussione del progetto è stato l’avvio della attività di ricerca. La ricerca è il volano del Programma Euridice. Essa ha due obiettivi: 1) conoscere il fabbisogno informativo dei lavoratori 2) valutare la propensione alla formazione. La ricerca è stata realizzata fornendo a tutti i lavoratori, prevalentemente attraverso la busta paga oppure attraverso le forme di comunicazione interna, il questionario Euridice. Al questionario era abbinata una lettera di presentazione con la quale si chiedeva ai lavoratori la collaborazione. In alcune aziende la collaborazione è stata ottenuta attraverso riunioni di assemblea in cui venivano spiegati il senso dell’iniziativa e del questionario (ad esempio Tower Automotive S.R.L.). La compilazione del questionario era su base spontanea e libera e quest’ultimo, una volta compilato, veniva depositato in un’urna. Il questionario inoltre era anonimo. Percorsi di Integrazione
L’indice medio (circa 25%) di restituzione è molto buono, in linea con quello nazionale. Questo testimonia che c’è un buon livello di interesse dei lavoratori per il programma lanciato. I dati finora raccolti attraverso il questionario Euridice sono stati elaborati seguendo diverse strategie che riflettono gli interessi delle singole parti sociali sul progetto. È stato elaborato un rapporto statistico generale che riguarda tutto il contesto industriale di San Nicola di Melfi. Questo rapporto fornisce una visione di insieme sulla percezione e rappresentazione delle dipendenze da sostanze e del disagio psicosociale dei lavoratori e può essere utilizzato dai decisori pubblici per promuovere politiche attive di contrasto delle dipendenze patologiche e di riduzione del danno. Esiste un rapporto statistico su come gli opinion leader si rappresentano il fenomeno delle dipendenze da sostanze e su come pensano che le imprese dovrebbero contrastarlo. Questo rapporto è utile per le parti sociali per promuovere forme di sostegno verso i lavoratori che direttamente o indirettamente sono coinvolti nel fenomeno delle dipendenze patologiche e per considerare i fattori psicosociali come componenti essenziali di una politica di costruzione di un ambiente di lavoro sano e sicuro. Esistono quattro rapporti di settore, uno per ogni sigla sindacale, che danno la possibilità ad ogni formazione sindacale di comprendere come i propri opinion leader pensano, sentono ed agiscono su tossicodipendenza e lavoro. L’utilità di questi rapporti è rappresentata dal fatto che ogni organizzazione sindacale può misurarsi con questo problema a partire dagli interessi, attitudini ed orientamenti dei propri leader. PAGINA 6
Restituzione dei dati della ricerca Una volta raccolti i questionari, la Cooperativa Marcella ha implementato ed elaborato i dati. Per ogni impresa è stato redatto un rapporto statistico. Ogni rapporto statistico è stato presentato e discusso alla direzione delle imprese e consegnato alle RSU. La discussione e l’approfondimento dei dati ha fatto emergere anche la propensione delle imprese ad effettuare moduli formativi in questo settore. La presentazione e discussione dei dati della ricerca, impresa per impresa, ha personalizzato l’intervento e lo ha reso più efficace in quanto ogni azienda interessata ha rintracciato elementi di politica attiva in materia di dipendenze da sostanze che potrebbero essere realizzate nel suo interno. Sono state identificate anche le lacune informative dei lavoratori ed identificate le modalità per colmarle. Questa azione ha previsto la consegna di schede informative a tutti i lavoratori sui problemi dove è stato rilevato un basso livello di conoscenza. Ad ogni lavoratore/trice delle imprese sono state fornite complessivamente sei schede informative che riguardano i seguenti argomenti: 1) Che cosa pensano i lavoratori del distretto industriale di San Nicola di Melfi sulle dipendenze da sostanze e sulle nuove forme di consumo, 2) Ecstasy, 3) Alcool, 4) Psicofarmaci, 5) Dipendenza da nicotina, 6) Mobbing. Lo strumento utilizzato per fare avere l’insieme di questo materiale ai lavoratori in alcune aziende è stata la busta paga, in altre la presenza dei tutor all’ingresso dei lavoratori nei turni. PAGINA 7
La restituzione dei dati è ritenuta un elemento innovativo e molto interessante, dalle parti sociali, in quanto conferisce al programma il carattere della correttezza metodologica e del coinvolgimento dei lavoratori. È stato, infatti, evidenziato, come gli studi effettuati sul distretto industriale fino ad oggi non hanno avuto una adeguata socializzazione dei risultati tra i lavoratori. Sono state effettuate in tutto 20 riunioni di restituzione dei dati della ricerca con le Direzioni Aziendali; sono stati elaborati e stampati 18 rapporti statistici e sono state elaborate e stampate 18 schede informative concernenti la restituzione dei dati.
Azioni di formazione I dati delle ricerche sono state oggetto di sessioni formative riservate alle singole organizzazioni sindacali che hanno permesso di avviare una estesa azione di riflessione su problemi inediti e non considerati con maggiore attenzione. È stato anche predisposto, sulla base dei dati della ricerca, il contenuto del corso di formazione riservato alle organizzazioni sindacali ed ai lavoratori che spontaneamente chiedono di saperne di più. Il programma è stato illustrato alle organizzazioni sindacali e le stesse hanno identificato 5 delegati da iscrivere al corso di formazione. Il corso di formazione è tuttora in corso, terminerà nel mese di maggio e darà luogo ad un gruppo stabile di riferimento per i lavoratori sulle problematiche del disagio psicosociale, delle dipendenze patologiche e delle forme di aiuto.
Azioni di divulgazione I mass media locali continuano a dare Percorsi di Integrazione
risalto all’esperienza di prevenzione in atto nel distretto industriale di Melfi a testimonianza dell’interesse sociale che essa riveste. Finora tre sono state le forme di divulgazione dell’esperienza: la conferenza stampa, un seminario regionale e uno nazionale, e l’euroconferenza. A queste forme strutturate di comunicazione sociale si aggiungono le informazioni sul progetto veicolate dai siti web ufficiali e articoli sulla stampa specializzata.
Personale Il gruppo di lavoro che sta implementando il progetto è attualmente composto dal Dr Giuseppe De Luca, responsabile del progetto, dal Dr Pietro Fundone, coordinatore regionale locale, da Maria Teresa Mastromartino, educatrice professionale del Ser.T., e da tre tutor, Luciana Galella, Rina Lancieri e Sandra Latocca. La segreteria centrale della Cooperativa Marcel-
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la formata dalla D.ssa Sisa Visco Gilardi, coordinatrice, dal Dr Paolo Deluca, ricercatore, dalla D.ssa Marinella Censi, sociologa e da Roberta Bernasconi, segretaria, tiene i collegamenti ufficiali con la rete delle imprese. A questa task force vanno aggiunti in media due persone per ogni azienda che seguono il progetto e venti delegati sindacali in formazione. Possiamo dire che strada facendo stiamo spostando risorse umane considerevoli sul progetto le quali si sentono impegnate a costruire una politica di prevenzione e di un ambiente di lavoro sano e sicuro dove i fattori psicosociali debbono avere pari opportunità di applicazione rispetto a quelli fisiconaturalisici. Con questa prima monografia iniziamo a pubblicare i materiali, le ricerche, le riflessioni, le esperienze che stiamo accumulando con l’implementazione del progetto Euridice nel distretto industriale di San Nicola di Melfi.
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FIAT Melfi: tossicodipendenze e condizioni di lavoro “Il Progetto Euridice”
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Tossicodipendenza e mondo del lavoro a cura di Pietro Fundone Responsabile Ser.T. Melfi
La correlazione tra il mondo del lavoro ed il disagio psicosociale e soprattutto con la manifestazione più aspra dello stesso, la tossicodipendenza, è possibile solo a condizione di una analisi della evoluzione del fenomeno addiction. Cos’è la tossicodipendenza e soprattutto è la stessa cosa di venti anni fa? L’OMS tra le tante definizioni proposte, definiva il tossicodipendente come “soggetto che utilizza sostanze d’abuso sviluppandone una dipendenza fisica e psicologica e che per la ricerca delle stesse trascura interessi e scopi sociali”. Una sorta di disadattato, facile da identificare per quella costellazione di atteggiamenti forti che pone in essere, tipici della propria condizione: il modo di vestire, di muoversi, di accompagnarsi a propri simili, di isolarsi dagli altri, lo sguardo vuoto o iniettato di rabbia, fino agli atteggiamenti violenti e illegali. Negli ultimi anni tuttavia il fenomeno si è profondamente modificato. Diversamente dal passato, infatti, le caratteristiche del tossicodipendente sono meno riconoscibili, più complesPercorsi di Integrazione
se, spesso difficili da individuare secondo gli schemi e le forme classiche dell’etichettamento socio sanitario. Anche la definizione di tossicodipendenza è cambiata diventando una “malattia cronica recidivante”, e perdendo quindi tutti i riferimenti sociali per caratterizzarsi sempre più come una patologia. Ma anche questa definizione è riduttiva e riferibile solo ad alcune frange del mondo degli assuntori di sostanze d’abuso. Oggi si tende a differenziare: 1. Il “Tossicomane”: un individuo che assume ripetutamente, una o più sostanze naturali e sintetiche, e che prova un bisogno di continuare ad assumere la sostanza e di procurarsela a qualunque prezzo. Da ciò il disinteresse dello stesso per scopi ed interessi sociali. 2. Il “Soggetto Dipendente”: individuo anch’esso in uno stato d’intossicazione prodotto dall’assunzione di una sostanza naturale o sintetica, con la tendenza ad assumerla e procurarsela, ma mantenendo un discreto controllo della situazione in modo da presentare una condiPAGINA 10
zione di vita apparentemente molto vicino agli standard del contesto socio-culturale in cui vive. 3. Infine il “Consumatore”: colui che assume saltuariamente o giornalmente una sostanza d’abuso riuscendo a mantenere sempre il controllo della situazione e la possibilità d’interruzione dell’assunzione del farmaco senza gravi conseguenze. Anche in Italia, il fenomeno della tossicodipendenza, si è sviluppato negli ultimi trent’anni in modo molto complesso e con caratteristiche distintive da periodo a periodo. Le sostanze si sono diffuse con una temporalità particolare che ne ha permesso la differenziazione in quattro fasi: 1. inizio diffusione negli anni 60-70; 2. diffusione dell’eroina nel periodo dal 1970 al 1980; (Brusa e colleghi 1980) 3. spostamento dalla vendita di eroina a quella di cocaina nel decennio 1980-1990; 4. diffusione delle nuove droghe e dei farmaci nell’ultimo decennio. I primi tossicodipendenti erano soprattutto eroinomani e consumatori di acidi. La droga ha originariamente una forte valenza trasgressiva, ma ben presto perde i connotati di mezzo di espansione dell’io per assumere i caratteri dell’emarginazione sociale, soprattutto per il drammatizzarsi della diffusione dell’AIDS con la conseguente emergenza sanitaria. È questo il periodo della costituzione dei Servizi Pubblici per le Tossicodipendenze. La successiva invasione del mercato da parte della cocaina crea, accanto agli eroinomani, una categoria di nuovi consumatori con caratteristiche profondamente diverse quali ad esempio una residua capacità lavorativa e relazionale assolutamente compatibile con la elevata richiesta prestazionale. PAGINA 11
Infine la fase attuale, dove accanto ai tossicodipendenti “classici” da eroina, ci sono percentuali elevate di poliassuntori, consumatori di sostanze stimolanti (soprattutto ecstasy e cocaina) e farmaci, annaffiati da cospicue quantità di alcool. Se da una parte vi è quindi il progressivo dato dell’invecchiamento della popolazione eroinomane, dall’altra vi è una popolazione di consumatori di droghe di sintesi sempre più giovane, il cui uso di sostanza è fondamentalmente ricreativo, e quindi complessivamente meno pericoloso. I numeri sono però impressionanti: i dati del Ministero della Salute rilevano che nel 2000 la cifra stimata di giovani consumatori di ecstasy varia tra le 300.000 e le 500.000 unità. Inoltre più del 50% dei frequentatori di discoteche consuma droghe sintetiche. Sempre nel 2000, il numero di tossicodipendenti in trattamento presso le strutture socio-riabilitative ammonta a 19.289. Facendo un rapido confronto si vede che la cifra stimata di consumatori di ecstasy è 5 volte maggiore di quello di eroina. Se diamo un’occhiata a ciò che succede nei Ser.T. vediamo che per quanto attiene al tipo di sostanze di uso primario l’eroina rimane la più usata con un 86% di consumo contro un 2% di cocaina ed un 7% di cannabis. Questo dato è in netto contrasto anche con la stima del consumo presunto in Italia rilevata dai sequestri di sostanze da parte delle forze dell’ordine; vi è un andamento costante dell’eroina con un picco nel 1991 di Kg. 1.541, contro un andamento in forte crescita della cocaina con un picco di Kg. 6.635 nel 1994 e della cannabis e dell’estasy con picchi rispettivamente di Kg. 68.168 nel 1999 e 500.063 pastiglie sequestrate nell’anno 2000. Il dato certo è che la tossicodipenPercorsi di Integrazione
denza è quindi profondamente cambiata negli anni. Accanto al tossicodipendente classico si sono caratterizzate nuove forme di consumo, più controllate e quindi più subdole, nascoste, irriconoscibili. In un raffronto tra il nuovo consumatore ed il “classico” riusciamo a cogliere le profonde differenze di stili di comportamento: 1. la nuova ritualizzazione dell’assunzione in occasione di feste ecc. in contrapposizione alla assunzione individuale o di piccoli gruppi del consumatore classico; 2. l’assunzione in ambiente eterogeneo, alla presenza di non consumatori contro la ricerca di luoghi appartati; 3. la sovversione del rapporto notte e giorno e del significato della notte quale tempo-spazio dedito al divertimento; 4. le assunzioni quasi sempre plurime, con una tendenza a mescolare parecchie sostanze, piuttosto che a sceglierne una sola e a dialogare principalmente con questa. 5. l’assunzione di sostanze come mezzo indispensabile per essere all’altezza delle situazioni. In molti giovani viene fortemente percepita la necessità dell’alternanza del principio del dovere, quindi la scuola e il lavoro, col principio del piacere o del divertimento. La contraddittorietà viene affrontata, e in parte anche risolta, nella successione temporale, alternando momenti di impegno a momenti di alto disimpegno. Quindi una tossicodipendenza molto legata al divertimento, con una enfatizzazione del rischio e delle condotte di vita che predispongono all’assunzione di rischi. Il rischio è vissuto come momento gratificante e non come sorgente di pericolo. Oggi quando parliamo di giovani Percorsi di Integrazione
estasiati parliamo di persone che si collocano e si presentano più come consumatori che non come dipendenti. Un sociologo contemporaneo, Barman, dice che nella attuale società ormai l’uomo consumatore si definisce sempre di più come collezionista di piaceri e cercatore di sensazioni. Un fenomeno particolarmente complesso e problematico, è quello della tossicodipendenza cosiddetta integrata che si riassume in comportamenti compulsivi di uso di sostanze da parte di persone che sotto il profilo lavorativo e sociale non presentano anomalie tali da essere catalogati come devianti o patologici. Si tratta di assuntori di droghe che mantengono una buona capacità di integrazione socio-lavorativa e che pertanto lavorano e vivono in società senza manifestare segni riconducibili all’uso di sostanze. Anzi, paradossalmente, le sostanze sono utilizzate per migliorare le proprie prestazioni lavorative o la propria capacità di relazionarsi con gli altri. Ciò che caratterizza più di ogni altra cosa questa nuova forma di tossicodipendenza è quindi la capacità di convivere con la sostanza ossia la residua capacità integrativa sociale. In realtà essa è poco legata alle capacità individuali dei consumatori, mentre è strettamente connessa alle caratteristiche intrinseche delle sostanze usate. La verità, più volte dimostrata, è che il gioco lo conducono le sostanze. Sono queste ultime a determinare, come si sa, le differenti condizioni di dipendenza, incidendo in modo assai diverso sulla vita sociale, relazionale e lavorativa. È quindi il potere di “coinvolgimento” delle sostanze a determinare la grossa differenza tra la visibilità o meno di una condizione di tossicodipendenza. L’eroina, ad esempio, è PAGINA 12
difficilmente gestibile e conciliabile con una vita “normale”, al contrario dell’ecstasy e di alcuni farmaci (benzodiazepine ecc.). Anche i danni direttamente collegati all’uso protratto sono marcati nel caso dell’eroina, mentre sono sostanzialmente limitati e regredibili nel caso di ecstasy, a meno di assunzioni elevate e/o di concomitanti patologie cardio-respiratorie o psichiatriche. Da ciò la temibile tendenza, da parte dei consumatori, a sottovalutare la pericolosità delle nuove droghe e la loro conseguente diffusione. Da tutto questo emerge una nuova prospettiva di inquadramento del fenomeno: la tossicodipendenza e le forme di consumo possono essere considerate esiti di processi di costruzione sociale molto complessi e non fenomeni immodificabili nel tempo. Essi sono inoltre inconfutabilmente fenomeni che in qualche modo sfuggono alle regole del mercato essendo molto legati all’offerta; si può facilmente affermare che in questo settore l’offerta orienta la domanda. Le risposte dello Stato sono però ancora orientate al contrasto della prima forma di addiction. La legislatura in materia appare oggi più che mai superata. Le leggi che si sono succedute nel settore delle tossicodipendenze hanno sempre avuto un forte orientamento reattivo al fenomeno, ponendo attenzione al controllo e all’assistenza sociale. Il risultato è stato una continua rincorsa alle variabili manifestazioni dello stesso e nessuna azione mirata a far luce sulla sua natura di problema sociale. Sono state attivate strutture pubbliche e private fortemente caratterizzate per il recupero degli eroinomani o per il loro contenimento sociale e sanitario, ma inadatte ad affrontare il problema consumo di sostanze di sintesi. Gli eroinomani si PAGINA 13
avvicinano ai servizi perché costretti dalla dipendenza; essi in ogni caso trovano nei servizi stessi una risposta farmacologica e psicologica relativamente adeguata ai loro bisogni. I consumatori di ecstasy e/o di cocaina non si riconoscono tossicodipendenti e quindi non ritengono di aver motivo di rivolgersi alle suddette strutture, dove oltretutto non troverebbero nemmeno adeguati farmaci sostitutivi., semplicemente perché non esistono. Rispetto a queste forme di consumo, i servizi e le figure professionali attualmente operative risultano frequentemente inadatti a fornire risposte di sostegno e supporto adeguato. L’organizzazione dei servizi e le metodologie di lavoro degli operatori pagano infatti un impostazione fortemente istituzionalizzata che nel corso degli anni ha portato le strutture e molti professionisti ad assumere una posizione difensiva e reattiva rispetto al fenomeno invece che propositiva e progettuale. In breve sia i Ser.T., che le Comunità Terapeutiche solitamente non hanno strumenti per contattare questa nuova utenza in modo soddisfacente. Le nuove forme di tossicodipendenza rilanciano tuttavia una sfida di rinnovamento molto forte ai servizi e agli operatori sociali: quella di interagire con i bisogni da una posizione proattiva; di portare a tema condizioni di disagio che possono non essere considerate tali; di sviluppare metodologie e tecniche di intervento meno intrusive e più articolate al fronteggiamento dei bisogni. Tutto ciò impone ai servizi e agli operatori di ripensare a fondo il proprio ruolo e le proprie funzioni. In questa ottica nasce il Progetto Regionale Euridice, che vede la collaborazione della Cooperativa Marcella, della Regione Basilicata, della Az. U.S.L. n. 1 di Venosa. Percorsi di Integrazione
Esso nasce dalla necessità di raggiungere la classe operaia direttamente in fabbrica per fornire informazioni corrette e puntuali sulle droghe, sugli effetti delle stesse e sui pericoli psicofisici dell’abuso. Promuove la formazione di un gruppo di operai che possa “lavorare” con l’eventuale problema avvicinando ed affiancando il soggetto in difficoltà per sostenerlo ed eventualmente avviarlo ai Servizi Pubblici. Una sorta di lunga mano del Ser.T. nella fabbrica dove gli operatori sono gli stessi operai. Infine pone i presupposti per la creazione di una rete di servizi dove affianco ai Servizi Pubblici ed alle istituzioni vi sia il coinvolgimento degli imprenditori e degli operai. Il progetto Euridice propone quindi un modello di intervento per affrontare il tema della tossicodipendenza integrata direttamente sui luoghi di lavoro. Questi ultimi, pur costituiscono un contesto privilegiato per affrontare il problema della tossicodipendenza integrata, hanno tuttavia rappresentato per i servizi e gli operatori quasi sempre luoghi e spazi estranei a qualsiasi forma di intervento. Negli ultimi anni concetti come rete dei servizi, lavoro sul territorio, lavoro di rete, integrazione socio territoriale hanno evidenziato come sia difficile continuare a pensare i servizi per le tossicodipendenze come ambiti estranei al territorio (Folgheraiter, 2001). Tuttavia, le esperienze empiriche di intervento sui luoghi di lavoro per prevenire e affrontare il tema della tossicodipendenza risultano spesso ancora molto frammentarie e occasionali. Il progetto Euridice intende porre in rilievo gli spazi e le opportunità che possono essere costruite attraverso un lavoro integrato tra servizi e territorio, coinvolgendo il ruolo e le prospettive Percorsi di Integrazione
professionali di tutti gli operatori. Viene in particolare analizzato il modo attraverso il quale il problema delle nuove forme di tossicodipendenza presenti all’interno della fabbrica viene a prendere forma, e a incidere sui lavoratori e sulla vita di fabbrica. Inoltre vengono individuate le possibili modalità di fronteggiamento del fenomeno del disagio nel polo industriale di Melfi, creando i presupposti necessari per far entrare in contatto i soggetti problematici con gli specialisti. Una opportuna azione ponte che sommata all’azione di monitoraggio e di informazione capillare, fornirà certamente i risultati positivi attesi. Tutto questo potrà servire anche e soprattutto a mantenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica sul problema. L’attenzione della gente al problema ha conosciuto un’alternanza di fasi assai contraddittorie, passando da un evidente ed espresso allarme sociale (1990) ad una certa passività tale da far percepire la tossicodipendenza quale una “emergenza silenziosa”, se non addirittura “dimenticata”. Visto che si è persa la capacità, da parte degli adulti, di vedere oltre la facciata del mondo dei figli, rifacciamoci almeno ai dati e questi ci dicono che la tossicodipendenza è sempre presente, molto più di prima; è solo mutata nelle forme. Nel 2001 ho presentato ad un convegno della USL n. 1 dei dati sull’incremento della tossicodipendenza nella zona del Vulture Melfese che sono stati interpretati come una conseguenza dell’insediamento SATA, mentre la loro reale valenza era quella di mostrare che con l’assunzione di un gran numero di giovani della zona necessariamente sono stati assunti un relativo gran numero di tossicodipendenti. PAGINA 14
Il problema reale è che fine fanno questi ultimi e che effetto creano all’interno della fabbrica dove si lavora fianco a fianco per ore, si condividono conoscenze ed esperienze tra individui con diversa provenienza territoriale e culturale? Uno degli effetti possibili è la emulazione. Vediamo di costruire i presupposti per un’emulazione di modelli positivi. Euridice si basa appunto sulla capacità di diffondere ed approfondire conoscenze, creare e formare opinion leader che possano stimolare riflessioni ed emulazioni di modelli positivi all’interno di luoghi
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promiscui quali sono le fabbriche della zona industriale di Melfi. Informazione corretta, puntuale, continua. Formazione di operai volontari all’interno delle fabbriche, sensibili alle problematiche legate all’abuso e che siano disposti a compiere azioni di aiuto. Costruzione di una rete territoriale di agenzie per il reinserimento sociale e lavorativo di ragazzi con disagio. Questa è la sfida per affrontare questa emergenza silenziosa che è appunto l’uso di droghe che noi abbiamo raccolto ed è questa la via che vogliamo perseguire.
Percorsi di Integrazione
Il disagio psicosociale nei luoghi di lavoro a cura di Luana Franchini Sociologa
Il fenomeno delle tossicodipendenze attraversa tutti i sistemi sociali, da quello familiare a quello lavorativo. Quando entra nel mondo del lavoro, la tossicomania introduce bisogni, richieste, aspettative, disagi solitamente estranei alle consuete dinamiche dell’attività lavorativa. D’altro canto, il lavoro costituisce uno degli elementicardine su cui fondare percorsi riabilitativi che possano ambire ad obiettivi di concreta reintegrazione sociale. L’interazione che viene a determinarsi tra il soggetto e il mondo del lavoro si rivela pertanto piuttosto complessa. I problemi originati dal contesto lavorativo (o dalla sua assenza) possono essere così sintetizzati: la mancanza di un lavoro è uno dei fattori che possono risultare favorenti, nel tempo prolungato, l’avvio o il protrarsi del consumo di sostanze d’abuso; lo stato di tossicodipendenza, d’altro canto, può non essere incompatibile con l’attività lavorativa, e questo dà ragione del consistente numero di soggetti tossicodipenPercorsi di Integrazione
denti che comunque rientrano in contesti lavorativi; il tipo di lavoro e le mansioni espletate dai soggetti con problemi di addiction sono frequentemente legati ad una poco elevata professionalità, conseguenza quasi obbligata di precoci abbandoni scolastici e di insufficiente formazione professionale; il lavoro per il tossicodipendente può risultare strumento di sollievo finanziario per fronteggiare le necessità derivanti dalla dipendenza, ma anche una notevole opportunità per non subire l’esclusione dalla “normalità sociale”; il lavoro, infine, è elemento fondamentale (direi elettivo) nella fase del reinserimento sociale. La mancanza di un lavoro, la bassa professionalità, il bisogno mascherato di normalità, la falsa autonomia dell’individuo, il salario, come fonte di denaro “pulito”, sono quindi i nodi che caratterizzano il lavoro del tossicodipendente. Alcuni di questi aspetti, però, possono anche divenire gli elementi fondamentali sui quali coPAGINA 16
struire validi percorsi riabilitativi orientati all’acquisizione di autonomia gestionale e comportamentale. Il rapporto con l’attività lavorativa, si propone generalmente secondo uno schema comune e riproducibile. Esso è contraddistinto da alcune sequenze comportamentali che, pur non avendo una scansione lineare predeterminata, e anche se non sempre vengono realizzate nella loro interezza, possono essere definite come passaggi “standard” dell’interazione. La prima fase, definibile “della latenza”, evidenzia come la situazione di dipendenza, anche se richiedente un asservimento quotidiano, non comprometta ancora il completo espletamento dei compiti legati alle mansioni svolte. Il tossicodipendente in questa fase cerca di comportarsi in modo tale da non farsi scoprire. La seconda fase, “della conflittualità”, è caratterizzata dalla drammatica tendenza alla sovrapposizione delle esigenze nascenti dalla situazione di addiction rispetto a quelle lavorative. In questa fase compaiono segnali significativi: assenze frequenti e ingiustificate, errori nello svolgimento delle proprie mansioni, assunzione di sostanze durante l’orario di lavoro, richieste d’anticipo dello stipendio (con motivazioni sempre più pretestuose), diverbi con i colleghi, infortuni sul lavoro. Questi comportamenti contribuiscono a causare reazioni sempre più gravi nel datore di lavoro: dai provvedimenti disciplinari fino al licenziamento, proposte di abbandono del posto di lavoro con offerte economiche in contropartita, inasprimento del controllo, in un clima generale di sospetto e diffidenza, da cui discende inevitabilmente un grave rischio d’emarginazione. PAGINA 17
Solo raramente viene perseguita l’opportunità della conservazione del posto di lavoro per coloro che intendono sottoporsi al trattamento riabilitativo, una volta accertato il loro stato di tossicodipendenza, ai sensi dell’articolo 124 del D.P.R. n. 309/90, per una serie di ragioni che spaziano dall’ignoranza della norma alla sfiducia nei risultati del trattamento. In ogni caso si avvia una terza fase, definibile “della cura”, in cui il tossicodipendente si rivolge ad una struttura sanitaria pubblica o privata. Il soggetto, talvolta, accede alla fase della cura direttamente dalla prima fase senza che le conseguenze più gravi della seconda lo rendano un passaggio imprescindibile, ma purtroppo non è un evento frequente. La fase della cura si caratterizza per una serie di variabili ben note e non è il caso di dilungarsi in descrizioni in questa sede: durata del trattamento, tipo di trattamento (residenziale, semiresidenziale, ambulatoriale, integrato), metodologia (farmacologica, psicologica, sociale e integrata), etc. Le ricadute sono una presenza scomoda, ma ineludibile e la volontà del soggetto diventa il vero elemento fondamentale per l’esito del progetto riabilitativo. La quarta fase, denominata “del reinserimento”, si caratterizza per il reinserimento del soggetto nel sistema sociale e produttivo e dovrebbe coincidere con la riabilitazione psicofisica. È una fase delicata e critica; spesso segue un lungo e difficile cammino residenziale o semiresidenziale, già di per sé assai provante. Qual è l’atteggiamento delle parti sociali attorno al problema lavoro e tossicodipendenza? Le tornate contrattuali degli anni 70 ed 80 hanno fatto registrare significative conquiste sul fronte della soliPercorsi di Integrazione
darietà a favore dei tossicodipendenti, anticipando, in alcuni casi, le successive determinazioni legislative. Un accordo interconfederale dell’artigianato di quell’epoca, oltre alla tutela dei lavoratori del settore, previde il coinvolgimento di comitati bilaterali, costituiti con il duplice scopo, da un lato, di orientare, informare e sostenere i soggetti interessati in materia d’accesso ai servizi e inserimento, mantenimento nella realtà produttiva; dall’altro, di portare a conoscenza delle imprese artigiane le esigenze di reinserimento lavorativo dei tossicodipendenti. L’accordo del pubblico impiego già nel 1988, aveva previsto anche per i dipendenti pubblici la possibilità di interventi atti a favorire la riabilitazione e il recupero dei soggetti tossicodipendenti. Tuttavia è proprio nel settore statale che si sono incontrate le maggiori difficoltà ad accettare una tutela di tale natura. Infatti, a differenza del settore privato dove è stato più facile avviare con gli imprenditori un confronto sulla tutela dei lavoratori tossicodipendenti, nel settore pubblico si sono incontrate più difficoltà sia perché il ricorso al congedo per malattia viene letto come un tentativo di mascherare il problema, sia per la frantumazione della responsabilità che rinvia da un livello all’altro l’adozione di nuove e più efficaci soluzioni. La contrattazione nel pubblico impiego ha avuto pertanto un percorso lungo e tormentato. Sul fronte sindacale, CGIL, CISL e UIL fin dal novembre del 1984 avanzarono proposte provenienti da precedenti sperimentazioni aziendali. Una prima proposta consisteva nel riconoscimento del ruolo di referenti interni per quei lavoratori che come volontari si rendono disponibili al sostegno del soggetto bisognoso quale il Percorsi di Integrazione
tossicodipendente o un suo familiare, fornendo informazioni sulle istituzioni pubbliche o private del territorio, sulle modalità di accesso a tali servizi e sugli strumenti per favorire il rientro nella realtà lavorativa. La seconda prevedeva la conservazione del posto di lavoro con aspettativa non retribuita. Altre proposte propugnavano la moderazione nell’uso dei provvedimenti disciplinari a carico dei lavoratori per non perdere il posto di lavoro. Comunque sia andata formandosi, la disciplina vigente in tema di diritti a tutela del rapporto di lavoro del cittadino tossicodipendente, è sancita dall’art. 124 del D.P.R. n. 309/1990. Il Decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309 contenente il “Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza” nel quale sono state riunite e coordinate tutte le precedenti disposizioni, prevede al suo interno alcune norme relative alla tutela del tossicodipendente nel mondo del lavoro. In particolare l’articolo 124 al primo comma sancisce per il lavoratore, “di cui viene accertato lo stato di tossicodipendenza, che intende accedere ai programmi terapeutici e di riabilitazione presso i servizi sanitari delle unità sanitarie locali o di altre strutture terapeutico-riabilitative e socio-assistenziali, se assunto a tempo indeterminato, il suo diritto alla conservazione del posto di lavoro per il tempo in cui la sospensione delle prestazioni lavorative è dovuta all’esecuzione del trattamento riabilitativo e, comunque per un periodo non superiore a tre anni”. In ordine al periodo “i lavoratori di cui viene accertato lo stato di tossicoPAGINA 18
dipendenza”, sancito dal primo comma, sorge l’interrogativo di chi sia legittimato a compiere tale accertamento. Il datore di lavoro non può sapere al momento dell’assunzione o nel corso del rapporto di lavoro se un lavoratore sia tossicodipendente, in quanto è posto dagli articolo 5 e 6 della legge 5 giugno 1990, n. 135 il divieto al datore di lavoro sia pubblico che privato di richiedere in sede di assunzione accertamenti sanitari in ordine allo stato di tossicodipendenza dei lavoratori. Tale divieto vale anche per il medico dipendente o consulente del datore di lavoro (figura professionale prevista dall’articolo 17 del D Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 riguardante il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro) che non può eseguire alcun accertamento dello stato di tossicodipendenza, mentre può certamente compiere accertamenti preventivi e periodici ai fini della valutazione dell’idoneità dei lavoratori alla mansione specifica, controlli correlati ai rischi professionali e i cui esiti vengono comunicati al datore di lavoro. Del resto anche l’articolo 8 della legge n. 300, conosciuta come Statuto dei Diritti dei Lavoratori, vieta gli accertamenti che ledano la dignità del lavoratore sia dipendente o aspirante. Dunque, gli accertamenti finalizzati ad acclarare l’assenza di tossicodipendenza sono del tutto illegittimi, salvo il caso del personale delle forze di polizia, dei militari di leva e di carriera e dei marittimi; tale eccezione è contemplata dal IV comma dell’articolo in esame che prevede per tali categorie anche la sospensione e la destituzione dal lavoro. La Corte di Cassazione ha condannato i dirigenti di una azienda che avevano sottoposto, in segreto, a test di PAGINA 19
tossicodipendenza alcuni candidati all’assunzione. È quindi lasciata al lavoratore, nel momento in cui decide di recuperarsi, la libera scelta di comunicare o non comunicare al datore di lavoro il suo eventuale stato di tossicodipendenza. Tale norma specifica, inoltre, che condizione per poter usufruire della particolare disciplina offerta dal legislatore è l’essere “assunti a tempo indeterminato” e sottoporsi a “programmi terapeutici e di riabilitazione”. Ne consegue che i lavoratori, assunti con contratti a tempo determinato e con contratti di formazione lavoro, pur avendo gli stessi doveri e diritti economici e previdenziali dei lavoratori a tempo indeterminato, non potranno beneficiare dell’aspettativa, proprio i giovani per cui queste agevolazioni all’ingresso nel mondo del lavoro sono state appositamente create, rappresentano una fascia a rischio per la tossicodipendenza, e ciò sembrerebbe realizzare una certa contraddizione operativa e di principio. La ratio della scelta legislativa, pare risiedere nel fatto che il trattamento di recupero ha una durata media di 2 anni circa. Data la breve durata della prestazione lavorativa, il momento di fine rapporto porterebbe al termine del contratto, molto prima del pieno recupero. Il programma terapeutico di riabilitazione indicato dalla norma, può essere attuato presso Comunità terapeutiche residenziali, semiresidenziali o altre realtà territoriali, purché sotto il controllo del Servizio Sanitario pubblico (Ser.T.). La contrattazione ha introdotto anche una serie d’indicazioni e modalità su come affrontare il delicato rapporto tra la tossicodipendenza e il mondo del lavoro. Percorsi di Integrazione
Si sono realizzati tavoli di confronto, tra i soggetti istituzionali, direttamente coinvolti: sanità, imprenditori, organizzazioni sindacali, privato sociale, enti locali, centri di formazione professionale e culturale, al fine di raggiungere un’operatività fattibile che ha sostanzialmente tre obiettivi: il primo riguarda la sensibilizzazione e la formazione di una serie di destinatari quali i colleghi di lavoro, i quadri sindacali, gli imprenditori che possono operare prevenzione, riabilitazione e reinserimento del tossicodipendente; il secondo obiettivo è quello curativo: è indispensabile una consulenza da parte degli organismi sanitari per supportare le aziende nelle fasi della cura e sperimentare l’attuazione degli istituti contrattuali previsti sia dal D.P.R. n. 309/1990 sia dai contratti di categoria o dagli accordi aziendali che hanno recepito la legge e l’hanno in alcuni casi ampliata; il terzo è il reinserimento del lavoratore all’interno dell’impresa. L’inserimento nella contrattazione di alcune misure a tutela dei tossicodipendenti nel mondo del lavoro rappresenta una tappa importante ma parziale; per rendere effettiva tale tutela è necessario elevare il livello di competenza specifica delle organizzazioni sindacali. Per questo vanno incentivate le occasioni formative, soprattutto se in raccordo con gli enti locali e le realtà del privato-sociale, per approfondire anche il piano operativo dell’intervento in rapporto alle diverse fasi del percorso del lavoratore tossicodipendente. In questo senso appare rilevante un esempio di prototipo progettuale per la tutela e l’aiuto dei lavoratori tossicodipendenti nella fabbrica Officine Percorsi di Integrazione
Breda di Pistoia. L’uso di sostanze tossiche minaccia da vicino il rapporto di lavoro, come già detto, all’inizio si verificano assenze ripetute e saltuarie, giustificate come malattia e poi sempre più spesso del tutto ingiustificate, distrazioni, noncuranza delle norme che vigono nell’ambiente di lavoro, con conseguenti e frequenti interventi di natura disciplinare. Di fronte al ripetersi di storie come questa, tra i lavoratori è andato maturando un cambiamento negli atteggiamenti: dal biasimo, al compatimento, alla solidarietà, all’assunzione di responsabilità, alla ricerca di referenti istituzionali e sociali. Il sindacato ha sviluppato misure di tutela e di promozione di un programma terapeutico per i lavoratori tossicodipendenti all’interno delle aziende. Un primo progetto pilota è stato sviluppato all’interno delle Officine Breda di Pistoia nei primi anni ottanta e si è concretizzato nella formazione di gruppi di lavoratori che individuarono i percorsi personali per i compagni di lavoro tossicodipendenti con l’aiuto delle strutture pubbliche e delle comunità del territorio. Si trattava di un movimento d’opinione che all’interno dell’azienda seppe affrontare correttamente il problema, sviluppare un’iniziativa di risocializzazione, dando risposte positive ai comportamenti quotidiani orientati all’auto-emarginazione. Primo strumento di questa formazione e informazione fu un breve corso sui problemi del tossicodipendente, con l’obiettivo di creare un gruppo di referenti interni che, fortemente motivati, fossero disposti ad operare in questo campo e capaci di condurre interventi personalizzati nei confronti dei compagni di lavoro. PAGINA 20
Lo stato di tossicodipendenza si manifesta, di solito anche attraverso una sostanziale alterazione dei comportamenti relazionali, che esprimono la difficoltà all’impegno personale e alla responsabilità verso il lavoro. È necessario intervenire con spirito solidale; per questo che nella Breda fu attuato un programma in concorso con il servizio sociale della Breda stessa, l’eventuale referente interno e comunque un rappresentante del Consiglio di Fabbrica, un operatore dell’Associazione genitori, uno della Comunità Incontro e uno psicologo. La Breda in quegli anni sottoscrisse il primo accordo sindacale nel quale venne riconosciuto al lavoratore tossicodipendente che decide di disintossicarsi il diritto alla conservazione del posto di lavoro. Oggi, alle Officine Breda, il problema tossicodipendenza è certamente inferiore rispetto a situazioni analoghe per struttura e dimensione. La ricerca, dove è stata compiuta, ha permesso invece di individuare gli stereotipi culturali ricorrenti attorno alla droga, il modo come l’individuo si è costruito l’idea del sé, l’idea degli altri e l’idea delle prospettive future attorno al tossicodipendente. La tossicodipendenza, infatti, per il suo carattere trasversale a tutti i gruppi e le classi sociali deve essere terreno di unificazione degli interessi e non di divisione e contrasto. Nel progetto Euridice sono state sperimentate forme d’intervento tra di loro integrate: la prevenzione, la formazione di un gruppo di lavoratori, forme di aiuto, il lavoratore come genitore e il gruppo. Il primo consisteva nel promuovere tra tutti i lavoratori un’attività d’informazione, di sensibilizzazione, di formazione sulla tossicodipendenza idonea a favorire una conoscenza del PAGINA 21
problema più approfondita e sgombra da idee preconcette o fattori illogici e irrazionali. Infatti, Euridice è un programma a lungo termine di intervento sulla tossicodipendenza nel mondo del lavoro. La struttura concettuale del programma poggia su un assunto di base specifico: l’ambiente di lavoro viene considerato come una risorsa utilizzabile per lottare contro la droga e per aiutare i lavoratori che in maniera diretta o indiretta sono alle prese con la tossicodipendenza. Conoscere questa risorsa, comprenderla e valorizzarla è l’obiettivo strategico del progetto; diversi sono i livelli di intervento: quello preventivo, rivolto a tutti i lavoratori, con l’obiettivo di promuovere una conoscenza del problema, sgombra da idee preconcette; quello formativo, rivolto ad un ristretto gruppo di lavoratori interessati a saperne di più sulla droga, con l’obiettivo di costruire dei microprogetti di intervento sulla cultura del mondo del lavoro; quello di aiuto ai lavoratori tossicodipendenti o a quei lavoratori che sono indirettamente coinvolti in questo problema; quello della ricerca teso a definire la dimensione del fenomeno droga nel mondo del lavoro. Numerose sono le ricerche che si sono occupate dell’investimento FIAT a Melfi nell’ultimo decennio, ispirate dal nuovo modello di fabbrica integrata in cui la forza lavoro è organizzata secondo i principi e le esigenze della produzione snella. E tutte, o quasi tutte, al di là della finalità, dell’angolazione, dell’impostazione teorica di fondo, hanno messo in evidenza le condizioni dei lavoratori all’interno della stessa, in termini di stress, carichi di lavoro, modificazioni degli stili di vita, riproduzione sociale, contesto esterno. Percorsi di Integrazione
Elementi questi che, senza dubbio, hanno una stretta relazione con il concetto di salute e di benessere o malessere creato dall’ambiente lavorativo. Nello stabilimento SATA di Melfi e nelle 25 aziende che compongono l’indotto lavorano circa 8.500 persone. Nel solo stabilimento SATA, da fonti reperite presso l’Ufficio regionale del lavoro, gli occupati sono 5.082 (4.685 operai e 355 impiegati). La loro attività di lavoro è articolata su tre turni a rotazione, per 6 giorni alla settimana con riposo a scorrimento. La settimana lavorativa ha inizio alle ore 22,00 della domenica e termina alle ore 21,45 del sabato. È proprio quest’ultimo aspetto inerente ai tempi di lavoro, e quindi ai tempi di vita, l’elemento critico su cui si è concentrata buona parte delle ricerche condotte. Così, l’indagine condotta da A. Vitale, “Gli effetti sociali dell’industrializzazione just in time: il caso SATA”, nel porre l’accento sul rapporto tra industrializzazione e trasformazioni sociali evidenzia, tra l’altro, come la necessità di saturare gli impianti produttivi nell’arco delle 24 ore (logica just in time) ha come effetto quello di saturare anche il tempo di vita fuori dal luogo di produzione. “Anche i giorni di riposo diventano riposo tout court perché dedicati a riprendere, dormendo, le energie vitali spese nel luogo di produzione”. Non è il lavoro fisico in sé a pesare, testimoniano molti intervistati di numerose ricerche, quanto lo stress psicologico legato ai turni di lavoro; ciò viene espresso dalle parole di un lavoratore nelle interviste preliminari della ricerca di Cotesto, “La fabbrica integrata”: io ho paura della testa…Quello che mi pesa non è il lavoro, lo sforzo fisico, però è la testa qua… Gli effetti dell’orario di lavoro, Percorsi di Integrazione
quindi, si riverberano sulla vita individuale e sociale dei lavoratori, provocando un diffuso disagio psicologico che ha per conseguenza la continua ridefinizione dei propri tempi personali, delle relazioni sentimentali, familiari e amicali. Il contesto esterno, del resto, non rimane del tutto immune da questo condizionamento. I tempi dell’industria forzano anche i tempi delle comunità circostanti, organizzate, invece, su presupposti culturali diversi, ma non nella stessa misura. I ritardi nello sviluppo di attività di servizio, a carattere pubblico o privato, legate alla dinamica specifica della trasformazione intervenuta nella vita quotidiana dei lavoratori e delle lavoratrici e quindi ai loro bisogni, testimonia che il contesto non è rimasto sconvolto dai ritmi di produzione. La differenziazione dei ritmi sociali è sicuramente un ostacolo alla “socializzazione del disagio” (Vitale). Questo punto di vista viene fuori con forza anche negli incontri organizzati nei Comuni. Gli osservatori privilegiati hanno evidenziato, a questo proposito, le esigenze provenienti dalle giovani famiglie dei dipendenti FIAT. Consapevoli del fatto che i ritmi di lavoro stressanti, ai quali sono sottoposti i lavoratori, incidono sulla gestione familiare, specie per l’educazione e la cura dei figli, lamentano la carenza di strutture pubbliche e private in grado di soddisfare questi nuovi bisogni. In quasi tutti i Comuni manca, ad esempio, l’asilo nido; questo provoca un eccessivo carico di lavoro e responsabilità per la donna, per i nonni e le nonne, che diventano di fatto babysitter. I disagi derivanti dalla turnazione sono aggravati, inoltre, dalla distanza che i lavoratori devono percorrere per raggiungere il luogo di lavoro, difficoltà acutizzata da un sistema viario che presenta numerosi elementi di criPAGINA 22
ticità che allungano i tempi di percorrenza. Questa è la causa per cui molti lavoratori, con le loro famiglie, si trasferiscono nei centri più vicini allo stabilimento, con conseguente spopolamento di alcuni Comuni situati nella fascia montana del comprensorio. Le difficoltà dei lavoratori all’interno della SATA sono rintracciabili anche attraverso l’analisi del turn over e degli infortuni sul lavoro. Questi aspetti sono riferiti in una relazione del Presidente del Comitato di Coordinamento Istituzionale per le Politiche del Lavoro - Pietro Simonetti nella quale vengono riportati i risultati della ricerca, effettuata dalla D.ssa Elisabetta Della Corte, dell’Università di Cosenza, pubblicata nel volume “Evasioni: Melfi operai in fuga dalla fabbrica penitenziario e altre storie”. Riguardo al fenomeno degli abbandoni nella SATA, oggetto specifico della ricerca, i risultati indicano che dal 1994 al 2001, 1.873 lavoratori hanno lasciato lo stabilimento prevalentemente per dimissioni o licenziamenti. Art. 25A - licenziamento con preavviso per motivi disciplinari Art. 26B - Licenziamento senza preavviso per motivi disciplinari Art. 25B e 26 - Licenziamento anticipato da un periodo di sospensione Art. 19 - Licenziamento per assenze ingiustificate e/o prolungate Dal dato complessivo emerge con una certa evidenza che sono le dimissioni (1.118) a rappresentare la modalità, o causa principale, per cui i lavoratori lasciano la fabbrica; seguita, per consistenza numerica, dai licenziamenti per assenze ingiustificate e/o prolungate (562). Dalle testimonianze raccolte dalla ricercatrice i motivi che hanno inciso nella scelta di dimettersi figurano: la mancata corrispondenza tra le aspettative e la realtà di fabbrica, riferendosi alla discrasia tra i conPAGINA 23
tenuti della formazione e la pratica lavorativa; il difficile rapporto con i capi chiamando in causa il conflitto; un’esperienza transitoria necessaria per accumulare soldi per realizzare un diverso progetto o passata a cercare nuove opportunità di lavoro; la frattura tra vita lavorativa e quella fuori dai cancelli; il disagio del pendolarismo e l’emergere di malattie psicosomatiche legate allo stress dei turni. Per verificare la rilevanza di quest’ultimo aspetto la ricercatrice ha raccolto interviste di alcuni operatori del Ser.T. e dei Centri di Salute Mentale presenti nelle zone di provenienza degli operai. Dai colloqui è emerso che “negli ultimi anni sono aumentati i casi di ansia, depressione e psicosi degli operai SATA, che vengono per lo più trattati con interventi farmacologici, mentre sono pochi i casi di operai che ricorrono ai colloqui terapeutici o a psicoanalisi di lunga durata”. Nel complesso la ricerca, riguardo ai motivi legati all’abbandono volontario, sottolinea la stretta relazione tra l’esperienza di fabbrica e il disagio emerso nel corso dell’esperienza lavorativa, confermando le tendenze emerse in tutti i lavori precedenti. “Dalla fabbrica sono usciti uomini e donne tra i 20 e i 32 anni con un livello culturale medio alto. Tra i rinunciatari 660 hanno rassegnato le dimissioni prima della scadenza del contratto di formazione lavoro, altri 458 hanno lasciato quella che comunemente è considerata una posizione di privilegio: l’assunzione a tempo indeterminato. I percorsi di abbandono sono stati diversi. Ci sono stati operai licenziati per motivi disciplinari, insubordinazione, per assenze prolungate, altri dopo molti anni di lavoro, alcuni hanno usato le dimissioni per ricevere il sussidio di disoccupazione, altri ancora non sono stati riconfermati alla scadenza del contratto di formazione Percorsi di Integrazione
lavoro, ed infine 16 hanno rinunciato al lavoro in SATA dopo aver superato la selezione. I modi di rottura sono stati improvvisi per alcuni operai, meditati a lungo per altri, programmati fin dall’inizio per altri ancora. Il lavoro in SATA, nonostante la propagandata umanizzazione e riduzione della fatica, è descritto dagli ex operai come un lavoro dequalificato, gravoso, stancante, inconciliabile con i tempi di socializzazione esterni alla fabbrica. Chi entra in FIAT – dice un transfuga sparisce, scompare dal paese, entra nei tempi della vita di fabbrica e del pendolarismo. Il sonno e la veglia smettono di avvicendarsi naturalmente seguendo il ritmo circadiano, il lusso di dormire è determinato dalle turnazioni” (E. Della Corte, cit.). L’ultimo aspetto degno di rilievo, riguarda gli infortuni sul lavoro verificatisi nell’ASL1 di Venosa in rapporto
Percorsi di Integrazione
al valore provinciale, regionale, ma soprattutto a quello della SATA di Melfi che ne assorbe la fetta maggiore. In totale gli incidenti sul lavoro occorsi nel territorio di competenza ASL dal 1996 al 2000 sono 6.859, il 29% del totale della provincia e il 20% di quelli regionali. La media annuale è di 1.372 incidenti e quelli SATA (4.865) incidono sulla somma complessiva per il 71%. I dati esposti si prestano a differenti tipi di considerazione, secondo l’ASL 1 di Venosa, ma evidenziano chiaramente, uno stretto legame tra cambiamenti tecnologici e produttivi e sicurezza del lavoro. Queste innovazioni, hanno per altro, dato vita a nuovi fattori di rischio professionale sia di tipo fisico (in particolare tendiniti, patologia evidenziata da alcuni medici partecipanti al focus di Melfi), sia relazionali (stress psico-fisico).
PAGINA 24
Cosa pensano i lavoratori del distretto industriale di San Nicola di Melfi sulla dipendenza da sostanze e sulle nuove forme di consumo a cura dell’équipe della Cooperativa Marcella
Come è stata realizzata la ricerca La ricerca è stata preparata da un intenso lavoro di presentazione e discussione del questionario Euridice con le organizzazioni sindacali, le direzioni delle imprese e le rappresentanze sindacali unitarie. A seguito di queste riunioni si è sviluppata una campagna di sensibilizzazione dei lavoratori sul problema sia attraverso locandine, sia attraverso news letter nelle quali si chiedeva la loro collaborazione alla compilazione su base spontanea del questionario. Il vincolo metodologico era che i risultati dell’indagine sarebbero stati restituiti a tutti i lavoratori. Non ci sarebbe stata nessuna forma di espropriazione della conoscenza a testimonianza che il lavoro che si avviava con la ricerca era il primo passo di un intervento a lungo termine che vedeva come protagonisti attivi i lavoratori. Fatto questo primo lavoro di formazione sul progetto delle parti sociali e degli opinion leader il gruppo di lavoro ha affrontato la modalità di gePAGINA 25
stione del questionario nella fase operativa. Qui è stata elaborata una strategia di ingresso del progetto differenziata, a secondo della specificità delle imprese, due sono state le modalità più ricorrenti: la consegna del questionario ai lavoratori attraverso la busta paga dove ciò era possibile, oppure all’ingresso ed all’uscita dai turni da parte degli stessi ricercatori. Univoca era la modalità di restituzione dei questionari raccolti. Essi venivano depositati in apposite urne collocate alle uscite dalle imprese. I questionari una volta raccolti sono stati elaborati azienda per azienda, i risultati sono stati discussi con le organizzazioni sindacali e con le direzioni ed una scheda complessiva di restituzione dei dati a tutti i lavoratori è stata predisposta. Ecco quanto è emerso dalla ricerca.
Chi ha risposto al questionario Nel distretto industriale di Melfi, di recente, è stata realizzata una ricerca Percorsi di Integrazione
sulle dipendenze da sostanze e nuove forme di consumo. Ad essa ha partecipato circa il 20% dei lavoratori. Hanno risposto di più i lavoratori tra i 31 ed i 35 anni (35,8%) e quelli tra i 26 ed i 30 anni (29,5%), quelli con un’anzianità di lavoro tra i 6 e i 10 anni (56,4%) e gli 1 e i 5 anni (17,2%), di sesso prevalentemente maschile (85,1%), con titolo di studio di scuola superiore (55,3%), operai (89,7%) ed appartenenti all’area produttiva (74,8%). Il 64,3% svolge un lavoro diverso da quello che si aspettava all’inizio della carriera professionale. Il 50,4% partecipa alle decisioni che riguardano l’organizzazione del proprio lavoro.
Cosa vuol dire dipendere da una sostanza L’idea dominante fra i lavoratori, circa il significato di dipendenza da una sostanza, è che il bisogno della sostanza è difficile da controllare (32,7%), che una volta che si è iniziato è quasi impossibile smettere (24%), che non si può fare a meno di averla (23,3%) e che in certe occasioni è difficile farne a meno (20%). I lavoratori pensano che la sostanza con la quale sia più facile smettere è la nicotina (62,1%) seguita dall’alcol (10,5%) e dalle droghe leggere (10,4%). Danno una dipendenza “molto forte” le droghe pesanti (41,5%) e le droghe sintetiche (25,9); le sigarette (43%), l’alcol (30,1%), gli psicofarmaci (23,3%) e le droghe leggere (21,7%) danno una dipendenza “forte”. Una percentuale che si aggira intorno al 24% sostiene che tutte le sostanze elencate non danno dipendenPercorsi di Integrazione
za, mentre una percentuale che tocca il 29,8% non sa cosa rispondere. Il 26,3% pensa che la dipendenza sia una piaga sociale da risolvere, il 24,2% pensa, invece, che sia una condizione psico-fisica con conseguenze di cui occuparsi, il 19,2% la paragona ad una malattia, il 15,6% non esprime giudizi perché la questione non lo riguarda. L’idea prevalente è che chiunque può avere un problema di dipendenza (78,1%), che una persona con problemi di dipendenza è recuperabile (92,4%) e che lavora (74,4%). Il recupero non deve essere rappresentato solamente dalle comunità terapeutiche (60,7%) né dal solo intervento medico (75%) perché, quando si è coinvolti in questa situazione, i problemi di cui ci si deve occupare sono sia fisici che psicologici.
Le conseguenze Quali sono le conseguenze più rilevanti per chi consuma sostanze che producono uno stato di dipendenza? Tutti sono concordi nell’affermare che l’uso delle sostanze elencate è gravemente nocivo per la salute. Gli effetti del consumo di queste sostanze sul luogo di lavoro possono essere i seguenti: le droghe leggere (12,6%) e le sigarette (8,3%) aumentano la capacità lavorativa; le droghe leggere (12,6%) e quelle sintetiche (9,6%) migliorano la resistenza alla fatica ; l’alcol (30,8%) e gli psicofarmaci (25,3%) riducono la capacità lavorativa; alcol (15,7%) e psicofarmaci (13%) riducono la precisione sul lavoro; le droghe pesanti (28,7%) e le droghe sintetiche (23,6) fanno corPAGINA 26
rere più rischi all’interessato; alcol (14,3%), droghe sintetiche (14,1%) e droghe pesanti (13,9%) fanno correre più rischi ai compagni di lavoro; il 36,9% sostiene che, le sigarette sul posto di lavoro, non comportano alcuna conseguenza. Quando un lavoratore ha a che fare con una persona dipendente ha paura che crei una situazione di pericolo per sé e per gli altri (39%), prova il desiderio di aiutarla (20,4%), prova fastidio (13,6%), indifferenza (12,4%) e comprensione (10,9%). Il 42,5% vorrebbe informazioni sulle conseguenze che comporta la dipendenza, il 20,6% vorrebbe informazioni sulle condizioni che possono portare alla dipendenza, il 20,2% vorrebbe sapere a chi potersi rivolgere in caso di bisogno, il 12,6% buone condizioni lavorative. Al mondo del lavoro, servono una conoscenza ben precisa dei comportamenti di chi fa uso di sostanze (30,5%), gruppi di lavoratori/trici preparati ad affrontare il problema (21,3%), degli esperti in campo psicologico (20%), una politica aziendale sensibile ai problemi di dipendenza (12,7%) e degli esperti in campo medico (10%).
Nuove droghe sintetiche e mondo del lavoro Il questionario inoltre ha sondato le conoscenze dei lavoratori circa le nuove forme di consumo, in particolare le droghe sintetiche. Il 18,9% afferma di avere una buona conoscenza degli effetti delle droghe sintetiche, il 35,7% ne ha una sufficiente, il 28,5% ne ha una scarsa, il 16,9% nessuna. Le informazioni sulle droghe sintePAGINA 27
tiche, sono state fornite dai mass media (56,2%), dagli amici (17,1%), dai medici (7,3%), dai servizi pubblici e da associazioni di volontariato (5,5%). Lo spaccio attorno all’azienda (25,9%), le siringhe abbandonate (19,4%), i furti (15%), l’eccesso di assenze per malattia (14%) e gli episodi di violenza (11,2%) sono gli indicatori dell’esistenza del consumo di droghe sintetiche in un’impresa. Il 18,3% afferma che nel proprio ambiente di lavoro esiste il consumo di droghe sintetiche. Solo il 21,7% dice che questo fenomeno non esiste nella sua azienda. Si è cercato inoltre di tracciare un possibile profilo del consumatore di droghe sintetiche e da questo risulta che: è giovane (70%), non ha difficoltà a fare amicizie (46,9%), ha un cattivo rapporto con la famiglia (49,2%), è una persona normale (47,2%), non ha interrotto gli studi (42,8%), è poco motivato al lavoro (35,5%), non si considera un tossicodipendente (44,9%), vuole sfidare il senso del limite (55,9%). Le percentuali dei “non so” sono molto alte. I lavoratori pensano che l’uso di droghe sintetiche causi una perdita di produzione dell’impresa (48,9%), che i consumatori si assentano di più (48,1%) e s’infortunano di più (49,7%). Chi ha bisogno di aiuto si rivolge ad un amico (41,4%), ad un centro specializzato (20,5%), al Ser.T. (13,9%) oppure alla famiglia (13%). Il 77,3% afferma che le imprese dovrebbero avere un programma di lotta contro la droga. I vantaggi per le aziende nell’applicare un tale programma sono molteplici: rapporti di lavoro più equilibrati (35,8%), meno assenteismi (21,6%), meno infortuni (15,6%), meno misuPercorsi di Integrazione
re disciplinari (10,5%) e meno licenziamenti (9,3%). Questa è la percezione e rappre-
sentazione della tossicodipendenza da parte dei lavoratori che hanno partecipato spontaneamente alla ricerca.
Descrizione del campione Età Frequenza
Percentuale
< 20
2
0,2
21-25
60
6,3
26-30
283
29,5
31-35
343
35,8
36-40
199
20,7
41-45
49
5,1
46-50
15
1,6
51-55
6
0,6
56-60
2
0,2
Totale
959
100,0
Frequenza
Percentuale
1-5
166
17,2
6-10
543
56,4
11-15
126
13,1
16-20
78
8,1
21-25
33
3,4
26-30
13
1,3
31-35
3
0,3
36-40
1
0,1
Totale
963
100,0
Anzianità di lavoro
Percorsi di Integrazione
PAGINA 28
Sesso Frequenza
Percentuale
Maschio
832
85,1
Femmina
146
14,9
Totale
978
100,0
Titolo di studio Frequenza
Percentuale
Nessuno
3
0,3
Licenza elementare
10
1,0
Licenza media
399
41,0
Diploma scuola superiore
538
55,3
Laurea
23
2,4
Totale
973
100,0
Qualifica Frequenza
Percentuale
Dirigente
4
0,4
Impiegato
77
8,3
Quadri
14
1,5
Operaio
829
89,7
Totale
924
100,0
Frequenza
Percentuale
Commerciale
15
1,8
Amministrativa
22
2,7
Produttiva
615
74,8
Tec. Industriale
170
20,7
Totale
822
100,0
Area di lavoro
PAGINA 29
Percorsi di Integrazione
Partecipi alle decisioni che riguardano l’organizzazione del tuo lavoro Frequenza
Percentuale
Sì
466
50,4
No
460
49,6
Totale
926
100,0
Rispetto a quello che ti aspettavi all’inizio della tua carriera professionale il lavoro che svolgi è: Frequenza
Percentuale
Diverso
614
64,3
Uguale
217
22,7
Non mi interessa
124
13,0
Totale
955
100,0
Domande Dom. 1 - Cosa vuol dire, secondo te, dipendenza da una sostanza? Frequenza
Percentuale
In certe occasioni è difficile farne a meno
187
20,0
Il bisogno di questa sostanza è difficile da controllare
305
32,7
Una volta che si è iniziato è quasi impossibile smettere
224
24,0
Non si può fare a meno di averla
217
23,3
Totale
933
100,0
Percorsi di Integrazione
PAGINA 30
PAGINA 31
Percorsi di Integrazione
Sigarette
19,6
43,0
14,4
12,6
10,4
Livello di dipendenza
Molto forte
Forte
Debole
Nulla
Non so
16,5
20,0
14,2
30,1
19,1
Alcool
28,0
24,0
11,0
23,3
13,6
Psicofarmaci
25,5
22,4
15,1
21,7
15,3
Droghe leggere
Tabella riassuntiva dom. 2 - Com’è la dipendenza da queste sostanze?
26,1
21,8
1,2
9,3
41,5
Droghe pesanti
29,8
23,0
5,1
16,2
25,9
Droghe sintetiche
Dom. 3 - Con quale di queste sostanze è più facile smettere? Frequenza
Percentuale
Sigarette
586
62,1
Alcool
99
10,5
Psicofarmaci
84
8,9
Droghe leggere
98
10,4
Droghe pesanti
48
5,1
Droghe sintetiche
29
3,1
Totale
944
100,0
Dom. 4 - Cosa pensi della dipendenza? Frequenza
Percentuale
Non giudico perché non mi riguarda
151
15,6
È come una malattia
186
19,2
Spero che non riguardi mai membri della mia famiglia
61
6,3
Condizione psico-fisica con conseguenze di cui occuparsi
234
24,2
È una piaga sociale da risolvere
255
26,3
È un vizio
81
8,4
Totale
968
100,0
Dom. 5 - Chiunque può avere un problema di dipendenza da una sostanza Frequenza
Percentuale
Sì
761
78,1
No
167
17,1
Non so
46
4,7
Totale
974
100,0
Percorsi di Integrazione
PAGINA 32
Dom. 6 - Solo le comunità terapeutiche possono aiutare la persona con problemi di dipendenza da una sostanza? Frequenza
Percentuale
Sì
312
32,1
No
590
60,7
Non so
70
7,2
Totale
972
100,0
Dom. 7 - Solo l’intervento medico può aiutare la persona con problemi di dipendenza da una sostanza? Frequenza
Percentuale
Sì
172
17,9
No
720
75,0
Non so
68
7,1
Totale
960
100,0
Dom. 8 - La persona con problemi di dipendenza è recuperabile? Frequenza
Percentuale
Sì
897
92,4
No
42
4,3
Non so
32
3,3
Totale
971
100,0
Dom. 9 - Secondo te la persona con problemi di dipendenza da una sostanza lavora?
PAGINA 33
Frequenza
Percentuale
Sì
707
74,4
No
152
16,0
Non so
91
9,6
Totale
950
100,0 Percorsi di Integrazione
Percorsi di Integrazione
PAGINA 34
1,5
1,3
No
Non so
2,0
5,9
92,1
Alcool
14,0
46,3
39,6
Psicofarmaci
4,9
7,7
87,4
Droghe leggere
11,6
28,2
60,2
Droghe pesanti
11,1
19,1
69,7
Droghe sintetiche
96,6
2,5
0,9
Sì
No
Non so
Sigarette
0,8
2,8
96,4
Alcool
2,7
3,6
93,7
Psicofarmaci
1,9
5,3
92,6
Droghe leggere
1,1
1,1
97,9
Droghe pesanti
1,2
1,5
97,3
Droghe sintetiche
Tabella riassuntiva dom. 11 – Secondo te, l’uso di queste sostanze può essere pericoloso per la salute?
97,1
Sì
Sigarette
Tabella riassuntiva dom. 10 - Com’è la dipendenza da queste sostanze?
PAGINA 35
Percorsi di Integrazione
11,1
9,0
Fa correre rischi all’interessato
Fa correre rischi ai compagni di lavoro
36,9
4,0
Riduce la precisione nel lavoro
Nessuna conseguenza
7,0
Riduce la capacità lavorativa
22,1
1,6
Migliora la resistenza alla fatica
Non so
8,3
Aumenta la capacità lavorativa
Sigarette
0,7
16,2
14,3
19,2
15,7
30,8
1,2
1,9
Alcool
1,2
24,3
9,4
18,7
13,0
25,3
5,3
2,7
Psicofarmaci
2,1
23,5
10,4
17,5
6,8
14,5
12,6
12,6
Droghe leggere
1,0
24,4
13,9
28,7
5,8
13,9
7,9
4,3
Droghe pesanti
1,6
30,9
14,1
23,6
4,0
11,7
9,6
4,5
Droghe sintetiche
Tabella riassuntiva dom. 12 - Per ciascuna di queste sostanze qual è la conseguenza più rilevante sul lavoro?
Dom. 13 - Cosa pensi che provino i colleghi di lavoro quando hanno a che fare con una persona dipendente da una sostanza? Frequenza
Percentuale
Comprensione
104
10,9
Desiderio di aiutarlo
195
20,4
Fastidio
130
13,6
Desiderio che venga licenziato
35
3,7
Paura che crei situazioni di pericolo
373
39,0
Indifferenza
119
12,4
Totale
956
100,0
Dom. 14 - Che cosa aiuta di più i lavoratori nel prevenire l’uso di sostanze che portano alla dipendenza patologica? Frequenza
Percentuale
Informazioni sulle conseguenze della dipendenza
397
42,5
Informazioni sulle condizioni che possono portare alla dipendenza
193
20,6
Sapere a chi rivolgersi per aiuto e consiglio
189
20,2
Buone condizioni lavorative
118
12,6
Altro
38
4,1
Totale
935
100,0
Percorsi di Integrazione
PAGINA 36
Dom. 15 – Qual è il modo migliore per risolvere i problemi di dipendenza nel mondo del lavoro? Frequenza
Percentuale
Degli esperti in campo medico
95
10,0
Degli esperti in campo psicologico
190
20,0
Gruppi di lavoratori/trici preparati ad affrontare il problema
202
21,3
Credo che il mondo del lavoro non se ne debba occupare
52
5,5
Una politica aziendale sensibile ai problemi di dipendenza
120
12,7
Totale
948
100,0
Dom. 16 - Quale conoscenza reputi di avere dei rischi per la salute e degli effetti delle droghe sintetiche?
PAGINA 37
Frequenza
Percentuale
Buona
173
18,9
Sufficiente
326
35,7
Scarsa
260
28,5
Nessuna
154
16,9
Totale
913
100,0
Percorsi di Integrazione
Dom. 18 - Nel tuo ambiente di lavoro esiste il consumo di queste droghe sintetiche? Frequenza
Percentuale
Sì
172
18,3
No
204
21,7
Non so
565
60,0
Totale
941
100,0
Dom. 17 - Da chi hai avuto le informazioni sulle droghe sintetiche? Frequenza
Percentuale Percentuale di risposte di casi
Medici
107
7,3
11,3
Lezioni/corsi
50
3,4
5,3
Servizi pubblici
81
5,5
8,5
Associazioni di volontariato
79
5,4
8,3
Azienda/sindacato
17
1,2
1,8
Amici
251
17,1
26,4
Figli
9
0,6
0,9
Coniuge
16
1,1
1,7
Altro
33
2,2
3,5
Totale
1.467
100,0
154,4
Percorsi di Integrazione
PAGINA 38
Dom. 19 - Come, secondo te, ci si può accorgere se in una impresa esiste il consumo di droghe sintetiche? Frequenza
Percentuale Percentuale di risposte di casi
Siringhe abbandonate
317
19,4
36,9
Spaccio attorno all’azienda
424
25,9
49,4
Episodi di violenza
183
11,2
21,3
Furti
246
15,0
28,7
Eccesso di assenze per malattie
229
14,0
26,7
Eccesso di infortuni
124
7,6
14,5
Eccesso di permessi
114
7,0
13,3
Totale
1.637
100,0
190,8
Tabella riassuntiva dom. 20 – Secondo te chi consuma droghe sintetiche Sì
No
Non so
È giovane
70,0
13,9
16,2
Ha difficoltà a fare amicizie
29,0
46,9
24,1
Ruba
31,5
30,1
38,4
Ha un cattivo rapporto con la famiglia
49,2
18,6
32,2
È una persona normale
47,2
32,8
19,9
Ha interrotto gli studi
12,3
42,8
44,8
È poco motivato al lavoro
35,5
30,8
33,7
Non si considera un tossicodipendente
44,9
21,2
33,8
Vuole sfidare il senso del limite
55,9
11,4
32,6
PAGINA 39
Percorsi di Integrazione
Dom. 21 – L’uso delle droghe sintetiche nel mondo del lavoro causa una perdita di produzione nell’impresa? Frequenza
Percentuale
Sì
468
48,9
No
142
14,8
Non so
348
36,3
Totale
958
100,0
Dom. 22 - Chi usa frequentemente nuove sostanze si assenta di più sul lavoro? Frequenza
Percentuale
Sì
453
48,1
No
101
10,7
Non so
388
41,2
Totale
942
100,0
Dom. 23 - Secondo te, vi sono delle persone che si infortunano sul lavoro perché sono sotto l’effetto delle droghe sintetiche? Frequenza
Percentuale
Sì
469
49,7
No
119
12,6
Non so
355
37,6
Totale
943
100,0
Percorsi di Integrazione
PAGINA 40
Dom. 24 - Solo gli adolescenti che vanno in discoteca usano le droghe sintetiche? Frequenza
Percentuale
Sì
107
11,3
No
672
71,3
Non so
164
17,4
Totale
943
100,0
Dom. 25 - Tutti coloro che iniziano ad usare le droghe sintetiche sono convinti di poter smettere quando vogliono? Frequenza
Percentuale
Sì
569
60,1
No
150
15,8
Non so
228
24,1
Totale
947
100,0
Dom. 26 - Se un lavoratore avesse in mente di cercare aiuto a chi si rivolgerebbe? Frequenza
Percentuale
Ad un amico
373
41,4
Alla famiglia - coniuge
117
13,0
Alla direzione del personale
11
1,2
All’organizzazione sindacale
15
1,7
Ad un centro specializzato
185
20,5
Al servizio sociale dell’impresa
4
0,4
Se la sbriga da solo
71
7,9
Al Ser.T.
125
13,9
Totale
901
100,0
PAGINA 41
Percorsi di Integrazione
Dom. 27 - Le imprese dovrebbero avere un programma di prevenzione contro la droga? Frequenza
Percentuale
Sì
734
77,3
No
68
7,2
Non so
148
15,5
Totale
950
100,0
Dom. 19 - Come, secondo te, ci si può accorgere se in una impresa esiste il consumo di droghe sintetiche? Frequenza
Percentuale Percentuale di risposte di casi
Meno assenteismi
421
21,6
46,0
Meno infortuni
304
15,6
33,2
Meno conflitti legali
140
7,2
15,3
Meno misure disciplinari
204
10,5
22,3
Meno licenziamenti
181
9,3
19,8
Rapporti di lavoro più equilibrati
698
35,8
76,3
Totale
1.948
100,0
212,9
Ma allo scopo di promuovere una campagna informativa e di sensibilizzazione più intelligente è stato condotto uno studio comparativo tra la posizione dei lavoratori sulle problematiche delle dipendenze da sostanze e quella dei lavoratori che facevano parte dei direttivi sindacali, definiti opinion leader.
Percorsi di Integrazione
Questo studio comparativo è molto interessante per comprendere i livelli di conoscenza del problema ed anche la capacità di affrontarlo e trasferirlo sul piano negoziale. Esso sarà pubblicato in uno dei prossimi numeri della rivista.
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16.04.2004 a Melfi soffia il vento della storia Luana Franchini Sociologa
Ci sono luoghi da cui passa la storia, le grandi vicende, le importanti battaglie e spesso le conseguenti gloriose vittorie che diventano, poi, conquiste di democrazia per tutta l’umanità. La Basilicata non è stata spesso un luogo in cui la storia è passata, ma l’Aprile del 2004 verrà ricordato come il mese in cui la storia ha fatto capolino a Melfi. Sono stati giorni importanti perché importanti pagine di storia sono state scritte dagli abitanti di questa terra. Il 18 Aprile, Melfi è entrata negli annali della storia delle proteste industriali e sindacali, quasi un’ironia della sorte per una terra vocata all’agricoltura, caratterizzata da lande estese, colorate di giallo dalle spighe di grano e sovrastate da un cielo azzurrissimo, lo stesso cielo che Federico di Svevia guardava dal suo castello nei giorni di riposo dalle lunghe battaglie. In questa terra vergine di memoria e di esperienza sindacale è stato compiuto un esperimento moderno ed ambizioso: la fabbrica integrata, l’utopia di ogni sistema di relazioni industriali: l’eliminazione prima concettuale e poi reale del conflitto sociale attraverso la combiPAGINA 43
nazione sinergica di diversi elementi: la Qualità Totale, la produzione Just in Time che riduce a nulla il magazzino cercando di soddisfare la domanda di beni in tempo reale, la Trasparenza e la Partecipazione. Ma la storia è fatta di corsi e di ricorsi, e pur volendo creare a Melfi una storia completamente nuova e diversa, i fatti hanno dimostrato che l’antico sistema delle classi e della lotta di classe, della fatica che produce alienazione, ma anche autocoscienza ritorna sempre, anche nei luoghi in cui la storia non si è spesso soffermata. La lotta, partita venerdì 16 aprile da alcune fabbriche dell’indotto, Magneti Marelli e Arvil, si è presto allargata a macchia d’olio nelle 23 fabbriche della zona che lavorano per la FIAT. Di fronte alla minaccia da parte dell’azienda di mettere in “libertà” (cioè a casa senza stipendio) i lavoratori dello stabilimento FIAT per mancanza di approvvigionamento dei pezzi necessari per proseguire la produzione, sabato 17 aprile sono entrati in lotta tutti gli altri lavoratori del gruppo. Il modello fabbrica integrata si basava su una organizzazione del laPercorsi di Integrazione
voro composta da gruppi di lavoratori autogestiti che consentiva due settimane consecutive di turni notturni di 6 giorni ciascuno. Ai lavoratori della SATA era applicato inoltre un trattamento economico diverso dagli altri lavoratori FIAT: in pratica veniva riproposto il principio delle gabbie salariali con un diverso trattamento sulle maggiorazioni, sui turni di lavoro e sulla applicazione degli integrativi FIAT, che porta oggi un operaio di terzo livello di Melfi, con un salario mensile che stenta ad arrivare alle 1.000 euro mensili, ad una differenza di circa 2.000 euro in meno all’anno rispetto agli altri lavoratori del gruppo. E ancora, se si decide che per montare un pannello ci vogliono 10 secondi, non puoi sgarrare. Se lo fai ti arriva la multa. Alla terza multa sei licenziato. Negli ultimi due anni, a Melfi, ci sono stati 9.000 provvedimenti disciplinari. Anche qui, ogni provvedimento è una multa che quell’operaio, che guadagna una miseria di salario, deve pagare all’azienda. E anche qui, dopo tre multe, sei licenziato. Chi possiede un auto FIAT può parcheggiarla al sicuro all’interno degli stabilimenti, gli altri che posseggono auto di marche straniere, fuori, per la strada. Molti operai hanno nelle mani il quotidiano La Stampa. Questa è vera libertà!: ogni mattino tutti gli operai ricevono La Stampa in omaggio, per farsi una “libera opinione” ed un “neutro convincimento”. A partire dal 16 aprile, quando gli operai dell’indotto cominciano a scioperare per ottenere il pre-contratto, per la prima volta da quando è nata questa nuova entità industriale si verifica un fatto assolutamente inaudito: la rottura della disciplina imposta dal fiore all’occhiello del gruppo FIAT. Nessuno aveva scioperato (almeno in questi termini e con queste modalità) prima d’allora. Le uniche forme di disPercorsi di Integrazione
senso rimanevano relegate all’ambito privato delle dimissioni (almeno 1.800, in una terra conosciuta innanzitutto per il suo tasso di disoccupazione), nella individuale scelta di fuga. Il costo del lavoro nella fabbrica di Melfi è del 6,3% del valore della produzione rispetto al 14% del Gruppo FIAT, meno della metà, mentre la sua produttività ha raggiunto il livello di 88 auto all’anno per operaio, la più alta d’Europa, rispetto alle 49 di Mirafiori e vicino a quella della Nissan giapponese che è di 99 vetture. L’indotto di Melfi rifornisce oggi i componenti per l’assemblaggio delle autovetture per tutti gli altri stabilimenti del gruppo in Italia. Insomma a Melfi si condensano la più alta produttività, la più alta flessibilità e la più bassa remunerazione del lavoro, combinato con un regime di fabbrica autoritario, da caserma, che ha infranto il mito della partecipazione e della collaborazione tanto sbandierato dalla propaganda che si è fatta in questi anni sul modello Melfi, additato come esempio da imitare per le relazioni sindacali e industriali del nostro paese. È la fine di un mito. Ma addentrandoci nel sistema SATA forse questo mito ci apparirà un po’ appannato e lotte sembreranno inevitabili… L’intera fabbrica si presenta come una lunga catena di operazioni successive che seguono l’iter di formazione di ciascun prodotto. Tra una operazione e l’altra, se tutto procede senza intoppi, non dovrebbero esserci scorte di prodotto. Per cui - dal momento della formazione della scocca in lastratura, (alle presse si produce per piccoli lotti) - la produzione si presenta nella forma di un flusso di singoli prodotti posti in successione. Il flusso monopezzo procede in gran parte su due linee gemelle parallele che permettono, attraverso alcuni snodi, di far passare le scocche PAGINA 44
dall’una all’altra in caso di fermo o di riprogrammazione. Inoltre, per snellire le linee, è stato esternalizzato tutto ciò che era esternalizzabile, è stata realizzata una nuova struttura della fornitura rappresentabile nella forma di una costellazione di filiere di prodotti che confluiscono nel processo produttivo del committente. Sui fornitori capofiliera è stato trasferito l’onere di consegnare just in time componenti complessi in gran parte già pronti per essere montati in linea. Per cui, il flusso della produzione in FIAT, è legato non solo alla continuità del processo lavorativo interno, ma anche al flusso delle consegne che arrivano dall’esterno. Questo tipo di layout è in tutta evidenza strutturalmente vulnerabile: ogni disfunzione in un punto qualsiasi del processo produttivo tende a ripercuotersi sull’intera struttura (inclusa la fornitura). Con una felice metafora è stato scritto che produrre senza scorte è come operare senza rete di protezione (Womack et al, 1993). Per far fronte a questa vulnerabilità il processo è stato organizzativamente suddiviso in segmenti successivi denominati UTE. Le 31 UTE in cui si divide il processo dell’intera fabbrica afferiscono a 4 cellule gestionali più ampie denominate Unità Operative: stampaggio, lastratura, verniciatura, montaggio. Le prime tre sono altamente automatizzate, l’ultima è ancora a elevata intensità di lavoro. Ciascuna Unità Operativa è posta sotto il controllo di un capo Unità che risponde direttamente alla direzione di stabilimento e ha sotto di lui, rispettivamente, il Responsabile di Produzione e il Gestore Operativo. Quest’ultimo è il superiore gerarchico immediato dei capi UTE. Esclusi il direttore di stabilimento e lo staff degli enti che costituiscono la direzione, gli altri manager con i loro diretti dipendenti (personaPAGINA 45
le tecnico e logistico) sono localizzati in produzione, invece che nelle palazzine degli uffici come in precedenza. La divisione in UTE opera da elemento di flessibilizzazione del sistema. Vediamone la logica. A Melfi la filosofia del just in time è stata applicata ponendo l’UTE come unità di costo oltre che di produzione. Ogni capo UTE ha un budget entro cui operare le sue scelte, per cui la sua capacità di gestione è immediatamente confrontabile con quella degli altri due capi della stessa UTE (c’è un capo UTE per ognuno dei tre turni giornalieri). L’UTE è stata quindi pensata come se fosse un’azienda di cui il capo UTE sarebbe l’imprenditore, che calcola i propri costi di produzione includendo quello del “prodotto” che “acquista” dalla UTE a monte, e considera come propri ricavi quelli ottenuti dalla “vendita” del proprio “prodotto” alla UTE a valle. In questo modo ogni UTE è posta come se fosse contemporaneamente cliente e fornitore delle altre UTE. Su questa finzione operativa si gioca l’apparente oggettività del flusso della produzione che si presenta a ciascuna UTE nella forma della necessità di rifornire just in time l’UTE a valle del prodotto su cui lavorare. Così il comando sul lavoro, tende ad assumere la forma di un imperativo del flusso, e che il lavoro, nella sua forma cooperativa, costituisce la “democrazia in fabbrica” (Coriat, 1991). Il meccanismo operativo di imposizione dei tempi è il seguente. All’inizio di ogni turno, sulla base di alcuni parametri contrattualmente definiti (in particolare: tempo di lavoro, tempi ciclo, pause, numero degli operai presenti) viene fatto lo scheduling della produzione teorica. Questa è posta come obiettivo da realizzare, ma la produzione effettiva dipende da quanto “tirano” le UTE. In pratica, in ottemPercorsi di Integrazione
peranza al principio del miglioramento continuo e alla gestione per obiettivi, il limite superiore della produzione è indefinito. Maggiore è il ritmo di produzione di un’UTE, più sono le scocche richieste a monte (segnalate dal “vuoto” che si forma con l’UTE precedente) e più elevata è la spinta sull’UTE successiva data dall’aumento del numero delle scocche in arrivo (dispositivo kanban). Il limite inferiore è, invece, regolato dall’impostato (produzione teorica). L’intera fabbrica è disseminata di display elettronici, visibili a tutti, che mostrano in tempo reale i dati relativi alla produzione teorica ed effettiva. Ognuno sa, quindi, in ogni momento, l’eventuale scarto tra l’obiettivo da realizzare e la realtà, ma sa anche che ciò significa che deve attivarsi per “risolvere il problema”. Se l’autoattivazione non scatta autonomamente, cioè se i lavoratori resistono al comando veicolato dal sistema informativo, l’apparente oggettività dei dati rilevati dai display diventa un’arma usata dai capi UTE per indurre, via premi di produzione e discorsivamente, l’aumento del flusso della produzione. La valorizzazione del capitale è negata quale finalità, ed è trasposta in mezzo per “dare lavoro”. Il comando sul lavoro è legittimato dall’esigenza di competitività. La fabbrica è posta come una struttura di cooperazione il cui fine comune alla direzione, ai lavoratori, alla nazione è la sua riproduzione. Se il motto della FIAT può essere sintetizzato in “è interesse comune produrre al meglio, per poter essere competitivi”, quello degli operai, per dirlo con le parole di uno di loro, è: “speriamo che oggi vada bene, speriamo che la linea si fermi”. Il secondo fronte, infatti, è quello delle resistenze tacite all’autoattivazione: i lavoratori per non farsi stravolgere troppo dal sistema produttivo Percorsi di Integrazione
cercano di non prestare attenzione a quello che si fa. Il non essere lì con la testa, il fare il meno possibile, lo sperare che la linea si fermi, rappresentano una prima dislocazione della soggettività antagonistica contro le regole del gioco. Un’organizzazione del lavoro che poggia sull’autoattivazione –partecipazione, è intrinsecamente fragile, perché dimentica le resistenze attuate e provate dai singoli individui. Lo dimostrano le pratiche di frizione che i lavoratori spontaneamente sperimentano nella loro prassi quotidiana. Ma questo mito un po’ appannato non vuole affatto crollare e concedere margini di trattativa, pertanto la reazione di FIAT, Governo e di parte del sindacato alla protesta degli operai è nervosa, e si scatena in particolare contro la Fiom, accusata di estremismo, perché ha sostenuto le richieste e le successive decisioni di lotta dei lavoratori, e perché riteneva le RSU e i lavoratori di Melfi gli unici titolari di quella trattativa. Le RSU chiedono un incontro alla controparte che nemmeno risponde, mentre una parte del sindacato apre un tavolo separato con la FIAT senza la Fiom e i rappresentanti dei lavoratori che nel frattempo sono scesi in lotta per chiedere l’apertura del tavolo di trattativa e l’intervento del governo per aiutare una soluzione positiva della vertenza. Alla protesta partecipano tutte le RSU - tra le quali la Fiom è una minoranza che non arriva al 20% - e gli iscritti alle varie organizzazioni sindacali, compresi gli aderenti a Fim, Uilm, Fismic che hanno la maggioranza tra gli iscritti e nella RSU aziendale. È una vera “rivoluzione” sociale contro l’azienda, di uomini e donne che si ribellano contro l’idea di essere considerati soltanto pezzi di un ingranaggio “perfetto”. La risposta di FIAT e Governo è emblematica e chiarificatrice della loro complicità ai PAGINA 46
danni delle richieste dei lavoratori: si chiede la cessazione delle lotte e delle agitazioni come condizione per invitare la Fiom al tavolo già aperto con le segreterie nazionali di Fim, Uilm e Fismic, che nel frattempo siglano un accordo separato con la FIAT, mentre il governo si dichiara da una parte estraneo alla vicenda e dall’altra invoca la sconfitta della Fiom, colpevole di stare dalla parte dei lavoratori, minacciando il ricorso alla forza pubblica contro i picchetti operai ritenuti illegali, in nome della libertà di prestare il lavoro. Il ricorso alla forza pubblica puntualmente scatta la mattina di martedì 26 aprile, quando la polizia in assetto antisommossa attacca i presidi operai ai cancelli della FIAT con l’obiettivo di disperdere e frantumare la protesta e la lotta dei lavoratori. Scene e immagini da anni ‘50 e ‘60 si ripresentano agli occhi degli italiani, quando la polizia attaccava i cortei degli operai e degli studenti. La reazione dei lavoratori di Melfi è composta, ma tenace e rinsalda l’unità e il legame con le gente di Basilicata che partecipa in massa alle manifestazioni davanti ai cancelli della fabbrica. Vengono rimossi i blocchi dopo una partecipata e democratica assemblea operaia e riparte la trattativa con la presenza della Fiom e di una delegazione dei lavoratori di Melfi con l’impegno che qualsiasi accordo dovrà essere sottoposto al giudizio democratico dei lavoratori interessati. Mentre la FIAT sperava nella stanchezza del fronte di lotta e nelle divisioni del sindacato, i lavoratori, rifiutando gli appelli alla ripresa della normale attività produttiva prima di una soluzione positiva della vertenza, affermano che intendono far pesare al tavolo delle trattative il peso specifico della loro mobilitazione. È il segnale della svolta. La FIAT capisce che dePAGINA 47
ve sedersi al tavolo della trattativa con tutto il sindacato e le RSU dello stabilimento di Melfi e dopo un serrato confronto sigla l’intesa. Con questo accordo si può affermare che a Melfi è finita l’epoca della sottomissione del lavoro al modello imposto dalla FIAT nel 1994 e ne inizia una nuova col protagonismo della classe lavoratrice, che sta velocemente imparando, l’esercizio della lotta sindacale, della democrazia, dell’autonomia e della solidarietà operaia. Si può anche sperare che da Melfi possa riprendere slancio una nuova unità tra tutte le organizzazioni sindacali fondata sulla partecipazione dei lavoratori e sulla democrazia sindacale. Chi esce “sconfitto” da questa vicenda è il governo che ha puntato sulla divisione e sull’accordo separato, mostrando scarso interesse per la vita dei lavoratori e per i temi dello sfruttamento che le nuove forme di organizzazione aziendale da tempo pongono all’attenzione. Le vicende delle nuove lotte sindacali hanno, invece, interessato molto la società civile e il mondo intellettuale; è d’obbligo ricordare l’appello fatto da numerose e prestigiose personalità, su proposta del senatore diessino Piero Di Siena, tredici importanti esponenti della cultura italiana hanno sottoscritto un documento per protestare contro le cariche della polizia e chiedere la ripresa della trattativa tra azienda e sindacati. Nell’appello, sottoscritto da Luciana Castellina, Giuseppe Chiarante, Luigi Ferrajoli, Dario Fo, Pietro Ingrao, Felice Laudadio, Lucio Magri, Giacomo Marramao, Citto Maselli, Gillo Pontecorvo, Franca Rame, Mario Santostasi, Aldo Tortorella si sottolinea che «le cariche della polizia contro i lavoratori ai cancelli della FIAT di Melfi ci riportano ai periodi più bui della nostra Repubblica, a un Percorsi di Integrazione
clima di pesante intimidazione contro chi sciopera per il lavoro». «È l’ennesima conferma che in Italia c’è un governo reazionario che attacca tutti i diritti – proseguono i firmatari -, con le censure agli intellettuali, con le aggressioni ai lavoratori in lotta -prosegue la nota - siamo con gli operai di Melfi, solidarizziamo con i feriti, chiediamo che il Governo invece di caricare i lavoratori con i reparti mobili della Polizia svolga il suo ruolo di mediazione, portando al tavolo della trattativa gli operai della FIAT e i loro sindacati. L’appello – conclude il documento - è aperto a quanti, intellettuali e operatori del mondo della cultura, vorranno manifestare la loro solidarietà ai lavoratori e la loro attenzione alla tutela dei diritti civili e sindacali». Questa vicenda sconfessa alcune ideologie contemporanee sulla scomparsa del lavoro dipendente e sulla arcaicità di un conflitto sociale invocato solo da “estremisti anacronistici e nostalgici”, dimostra che in realtà le ragioni del conflitto non sono eliminabili né con la repressione , né con la finzione della partecipazione operaia agli interessi dell’impresa, e che forse le classi sociali che sono dichiarate scomparse in realtà hanno solo bisogno di essere reinterpretate e ascoltate. All’inizio si diceva che la storia finalmente ha toccato la Basilicata, infatti parafrasando “Cristo si è fermato ad Eboli”, potremmo dire che forse Marx, dopo tanto vagare in giro per l’Europa dal 1848 in poi, si è fermato a Melfi per alcuni giorni. Soprattutto il concetto marxiano di “lavoro astratto”; non intendo certo addentrarmi in una rigorosa analisi “filologica” dei passi in cui Marx parla di “lavoro astratto”. Tuttavia, un paio di citazioni dai Grundisse sono quasi d’obbligo: [...] lavoro puro e semplice, lavoro astratto, assolutaPercorsi di Integrazione
mente indifferente a una particolare determinatezza, [...] quanto più il lavoro perde ogni carattere artigianale, la sua particolare rifinitezza diventa sempre più qualcosa di astratto e indifferente, ed esso diventa progressivamente attività puramente astratta, attività puramente meccanica, e perciò indifferente, indifferente alla sua forma particolare; attività semplicemente formale, o, che è lo stesso, semplicemente materiale, attività in generale, indifferente alla forma. Il carattere “astratto” del lavoro cresce con il livello di sviluppo capitalistico. L’indifferenza verso un genere determinato di lavoro presuppone una totalità molto sviluppata di generi reali di lavoro, nessuno dei quali domini più sull’insieme... L’indifferenza verso il lavoro determinato corrisponde ad una forma di società in cui gli individui passano con facilità da un lavoro ad un altro e in cui il genere determinato del lavoro è per essi fortuito e quindi indifferente... un tale stato di cose è sviluppato al massimo nella forma d’esistenza più moderna delle società borghesi, gli Stati Uniti. Qui, dunque, l’astrazione della categoria “lavoro”, il “lavoro in generale”, il lavoro sans phrase, che è il punto di partenza dell’economia moderna, diviene per la prima volta praticamente vero. Ma, al tempo stesso, vi sono notazioni come questa: […] il capitale spinge il lavoro oltre i limiti dei suoi bisogni naturali, e in tal modo crea gli elementi materiali per lo sviluppo di una individualità ricca e dotata di aspirazioni universali, nella produzione non meno che nel consumo. Il “lavoro astratto” è stato spesso sinteticamente definito come “lavoro senza qualità”. Certo, però, esattamente nel senso in cui il protagonista del romanzo di Musil è “uomo senza qualità”: «ohne Eingeschaften», non “ohne Qualität!”: senza qualità proprie, non (necessariaPAGINA 48
mente) “di bassa qualità”. Tale lavoro può presentare qualità professionali elevatissime, e però non sono “sue”, non sono “di sua proprietà”, ma derivano (quando va bene, o vengono negate, quando va male) dal suo rapporto col capitale; entrano (o non entrano) in funzione nel rapporto subordinato col comando capitalistico. Forse, più propriamente, anziché “senza qualità”(che in italiano può dar luogo ad equivoci), si potrebbe definire in termini di “qualità alienata”. La “spoliazione dei contenuti professionali” che caratterizza il lavoro astratto può dunque dar luogo a esiti assai diversi, in termini di qualificazione: l’essenza che essi hanno in comune è che i contenuti professionali del lavoro (alti o bassi che siano) sono dati dall’intreccio tra vendita della forza-lavoro e comando sul lavoro, non esistono al di fuori di questo (“non avrai altra qualità al di fuori di me”, primo comandamento della legge del capitale). Anche questo aspetto - come Marx aveva profeticamente intuito - ha la sua piena realizzazione solo nei livelli più alti dello sviluppo capitalistico (gli Stati Uniti di oggi ancor più di quelli di cui parlava Marx!). Nelle fasi precedenti dello sviluppo capitalistico, la fascia (sia pure minoritaria e in diminuzione) dei lavoratori di elevata professionalità si caratterizzava anche per il fatto che tale professionalità era, in qualche modo, patrimonio personale del lavoratore, che poteva “portarsela con sé sul mercato del lavoro e lungo l’arco della sua vita lavorativa. Oggi, assistiamo ad una scissione crescente tra elevata qualificazione e “possesso personale della qualificazione stessa. Partiamo da alcuni dati oggettivi abbastanza generali (che concorrono a smentire l’ipotesi di una tendenza ineluttabile ad una crescente dequalificazione del lavoro): – crescono i requisiti scolastici posti PAGINA 49
dalla domanda di lavoro: e ciò non può esser visto come pura “registrazione della crescente scolarità, poiché questa a sua volta è stata in qualche modo “sospinta” dalla domanda di lavoro; – cresce l’investimento in formazione da parte delle imprese, sia qualitativamente (intensità, durata e ricorrenza della formazione), sia quantitativamente, come progressiva estensione a strati di lavoratori prima non investiti dall’intervento formativo: anche questo aspetto non può esser visto soltanto in termini di utilizzazione “opportunistica” dei finanziamenti europei in materia. Sintetizzando con una certa dose di semplificazione, potremmo dire che complessivamente - la qualificazione del lavoro tende ad aumentare, ma - al tempo stesso - il controllo di questa da parte del lavoratore diminuisce. Ci sembra che ciò corrisponda, appunto, al concetto marxiano di “lavoro astratto”, su cui ci siamo soffermati prima (Rieser). Il tema della qualificazione sembrerebbe un tema tipicamente ed esclusivamente sindacale: in realtà non è solo sindacale, in particolare oggi, quando si intreccia più di prima con condizioni (di mercato del lavoro, di struttura industriale, di sistema formativo, ecc.) su cui l’intervento non può essere solo sindacale, ma richiede misure legislative e politiche di governo. Possiamo distinguere due livelli di intervento: il primo (quello più strettamente sindacale), partendo dalla situazione di fatto oggi esistente, consiste nel far valere e nel tutelare i livelli e i tipi di qualificazione dati da tale situazione: livelli che oggi sono spesso insufficientemente riconosciuti e valutati. Il secondo livello intreccia aspetti sindacali con aspetti politici e consiste nel modificare le condizioni esistenti (nel mercato del lavoro, nelle Percorsi di Integrazione
strategie industriali, nell’organizzazione del lavoro) al fine di sviluppare e tutelare la qualificazione del lavoro. In questo quadro, si possono segnalare alcuni temi/problemi: a) La necessità di analizzare il contenuto del lavoro (quindi la sua qualificazione) in termini di elaborazione di informazioni - che costituisce sempre più il denominatore comune tra lavori diversi, e che spesso non è riconosciuta o è sottovalutata negli schemi tradizionali di inquadramento professionale. b) L’importanza crescente dei processi di apprendimento: scolastico, di formazione professionale, sul lavoro. Ciò non significa aderire a ideologie sulla formazione largamente. Le politiche di formazione non sono qualcosa di indipendente, ma vanno intrecciate con interventi sul mercato e sull’organizzazione del lavoro, e sulla struttura industriale, se si vuole contrastare la tendenza a una crescente “alienazione della qualificazione”. c) Da tutto ciò riemerge, in termini nuovi, il tema dell’organizzazione del lavoro. In termini nuovi, anzitutto perché non riguarda più soltanto l’organizzazione del lavoro interna all’impresa, ma, in secondo luogo, perché si riferisce a un modello di organizzazione del lavoro che - in termini di contenuti e distribuzione della qualificazione non è più quello fordista/taylorista classico, pur avendo al suo interno ampie zone (vecchie e nuove) di taylorismo. Lentamente nel corso di lunghi dieci anni si è formata nel più completo silenzio una giovane classe operaia che ha messo in difficoltà la FIAT, che ha alle sue spalle quasi cento anni di conflitti con gli operai, ma che ha dovuto scendere a patti con quelli che riteneva i dipendenti più docili, con meno Percorsi di Integrazione
tradizione sindacale, più estranei alle proteste delle fabbriche in città. Operai a cui sono state date delle tute amaranto, per far dimenticare la memoria e l’identità delle tute blu, che hanno sul quel tessuto stampati i ricordi di tanti anni di proteste di piazza per conquistare diritti, tutele e dignità. Questa è una delle strategie messe in campo a Melfi per far dimenticare, dice Le Goff “il controllo dell’oblio è uno dei più spietati strumenti del potere, l’interdetto dalla memoria – questa affascinante istituzione che varia di età in età e di tirannia in tirannia - non opera mai da sola, ha bisogno di un’altra istruzione sorella: l’amalgama”. Cos’è l’amalgama? La confusione, la mescolanza. E a Melfi si sono mescolate tante cose, tanti concetti, tante teorie. Una, fra tutte, l’idea della partecipazione dell’operaio all’organizzazione della fabbrica, ma in realtà come si è potuto leggere, l’organizzazione della fabbrica integrata era quanto di più alienante ed estraneo ci possa essere per la vita di una persona: alterazione fortissima del sistema sonno veglia a causa di due turni notturni consecutivi, stretta osservazione e controllo a causa del modello “panopticon” che rende tutti visibili e manipolabili come nel sistema carcerario immaginato da Foucault. Il Panopticon è stato considerato a lungo l’esemplificazione più coerente delle tecnologie disciplinari di controllo degli individui. La sua architettura fonde insieme sapere e potere; in esso si concretizza l’utopia capitalistica di una osservabilità ininterrotta e di una trasparenza assoluta dei subordinati all’occhio del potere. Molti si attengono alla norma perché non sanno da dove e quando saranno osservati. Quanta modernità tutta di un colpo in queste terre di spighe di grano prive di memoria industriale!! Si scopre così che il conflitto non è una reminiscenza del passato, il PAGINA 50
prodotto ideologico di fasi storiche superate, il conflitto fra operai e padroni si produce e riproduce nella modernità del capitalismo, e più questa modernità tende a negarlo più esso riaffiora con forza dirompente. 21 giorni di sciopero ad oltranza, la produzione colpita dove era stata organizzata per il massimo di rendimento. Un’altra rivincita teorica, la società moderna non aveva forse superato questi conflitti del secolo scorso e Marx che ne diede una spiegazione scientifica non era già stato tante e tante volte seppellito? La teoria dello Stato democratico come macchina di repressione di una classe sull’altra, dei padroni sugli operai fa nuovamente la sua comparsa a Melfi senza clamore, per poche ore, senza veli, con tutta la durezza che riesce a scatenare un conflitto esistente da secoli. La storia dell’industrializzazione in Basilicata è una storia di grandi fallimenti, di industrie nate grazie ai numerosissimi incentivi, ma subito chiuse, eppure di operai lucani c’è ne sono stati tanti, in seguito alle migrazioni tanti nostri concittadini sono diventati operai, tute blu, a Milano, Torino, Genova e lì hanno conosciuto le lotte, gli scioperi duri e importanti. Non è vero che la Basilicata non ha memoria di lotte sindacali, c’è l’ha, ma è una memoria spezzata, sono vicende che si sono svolte in un luogo diverso dalla terra natia che hanno un diverso palcoscenico. Emigrare: una scelta obbligata per tantissimi compaesani, una scelta tra la disoccupazione e un lavoro massacrante al Nord, una scelta che poi alla fine facevano comunque le condizioni oggettive del mercato e dello sviluppo “delocalizzato”. Così, mentre il Sud viveva, nelle stagioni del lungo governo democristiano, quella fase che sarebbe dovuta essere dello sviluppo assistito, dell’industrializzazione, della “Cassa per il MezzogiorPAGINA 51
no”, i suoi figli salivano al Nord dove l’industrializzazione e lo sviluppo c’erano già stati, ed ora attendevano solo braccia giovani da lavoro. Molti meridionali si recarono al Nord per andare a lavorare, vi salirono da “qualunquisti”, ma il contatto con la città, con il sindacato delle fabbriche, gli fece maturare una coscienza politica e civica che forse li allontano ancora di più dalla terra di provenienza, che appariva schiacciata in un immobilismo privo dei tempi della produzione, ma anche dello svago. Nello stesso tempo il meridione del “sottosviluppo” e dell’arretratezza, che, come faceva notare Luciano Ferrari Bravo in un suo splendido saggio, non erano altro che il rovescio e una “funzione” dello sviluppo capitalistico generale, sarebbe stato cresciuto, tra mille contraddizioni, con massicce dosi di finanziamenti clientelari e familistici, costruendo cattedrali nel deserto industriale e una classe media legata a ministeri, burocrazie, scuole. Insomma si sarebbe creato tutta quella enorme struttura del lavoro burocratico che contraddistingue da sempre il Sud nell’immaginario sociale. È noto come tutta una letteratura, figlia dell’interpretazione gramsciana del blocco sociale meridionale contadini-operai alternativo a quello prevalente tra borghesia settentrionale e latifondo, legga ancora i rapporti nordsud nei termini di “arretratezza”, mancato “sviluppo” e “ritardo”. Il problema, invece, sta proprio nella stessa definizione di Mezzogiorno e di “ritardo” in processi economici e scenari geo-politici che si sono, nella rivoluzione mondiale a cui si dà il nome di globalizzazione, sicuramente stravolti e rimescolati. Se la stessa divisione della produzione mondiale in primo, secondo e terzo mondo risulta ormai obsoleta, in quanto tra enclave di ricchezza o di smisurata miseria possiamo troPercorsi di Integrazione
varvi il primo nel terzo e viceversa, anche per quanto riguarda la definizione del Mezzogiorno arretrato e privo di risorse rispetto al Nord Italia ci si trova di fronte a scenari mutati, con pezzi di profondo Sud, per esempio, nel ricco Nord-Est, mentre il Meridione stesso appare la frontiera mobile e talvolta la fortezza impenetrabile di un Nord del mondo assediato dal lavoro migrante in fuga dalla miseria e dalla guerra ed in cerca di sicurezza. Ma, oltre alla mobile collocazione del mercato internazionale e globalizzato, quello che fa del Meridione un “non-luogo”, su cui difficilmente si arrampicano gli amministratori locali e nazionali in cerca di trovarvi la vera “vocazione” produttiva in vista di finanziamenti pubblici tali da risolvere gli atavici problemi di “lavoro”, è proprio la stessa configurazione del mercato e dell’organizzazione produttiva che, piuttosto che un decrepito residuo del modello lavorativo, ne fa invece una punta avanzata e forse una prefigurazione di quello che sarà il futuro di altre zone e distretti. L’investimento produttivo industriale, direttamente pubblico o privato con sgravi e incentivi, non ha certo dato i frutti che si sperava, come anche la stessa terziarizzazione della produzione e la trasformazione agricola. Se prendiamo ad esempio un territorio ed un luogo simbolo come quello della FIAT di Melfi, fabbrica nata nel pieno deserto di una desolata campagna, possiamo notare come si tocchino profondamente e insieme aspetti apparentemente contrastanti in radice come il sostegno e incentivo statale e politico-imprenditoriale e la struttura di un impresa che è diventata un esempio della trasformazione produttiva post-fordista, con il suo carico di frantumazione della forza operaia con i nuovi contratti e con i ritmi di lavoro “giapponesi”. Chi ricorda le giornate di rivolta degli operai di TerPercorsi di Integrazione
mini Imerese e del loro picchetto davanti alla fabbrica lucana non dimenticherà certo la difficoltà degli scioperanti nell’aggregare una solidarietà interregionale, quando agli stessi operai siciliani veniva imposto il ricatto di salvaguardare i propri posti di lavoro con l’adeguamento forzato al “modello Melfi”, un modello fatto di soprusi quotidiani. Questa profonda e radicale trasformazione, se tocca i luoghi dell’industria pesante meridionale inserendoli nella ricerca “globalizzata” di forza lavoro sempre più spezzettabile e ricattabile, tanto più esplode nel mare del terziario e dell’intellettualità di massa giovanile, o meno, del Mezzogiorno. “Il processo di frammentazione del mercato del lavoro ha sortito quindi non solo la crisi della rappresentanza sindacale e del suo potere contrattuale, ma, soprattutto, ha portato all’individualizzazione del rapporto di lavoro, al dominio della contrattazione individuale su quella collettiva e, quindi, alla capitolazione del lavoro di fronte al capitale, con tutti gli effetti peggiorativi sulle condizioni di lavoro, di salario, di libertà, ecc”. (Fumagalli). La tradizione interpretativa del meridione di tipo “gramsciano” si scontra dunque con la sua più generale difficoltà di intendere e riconoscere queste linee divaricanti tra sviluppo e modernizzazione, tra incremento produttivo, precarizzazione e impoverimento del territorio Infatti nella sua variante più politica e imperniata sul valore di un federalismo localista meridionale, che facesse delle qualità umane e ambientali del mezzogiorno la base di un programma politico e amministrativo alternativo, spronato dalla cosiddetta “rivoluzione dei sindaci” di bassoliniana memoria, si è intrecciato questo recupero del “genius loci” di un Meridione consapevole di se stesso e della propria alterità dal resto del paese, con l’elogio PAGINA 52
della lentezza, del valore del sacro e del pensiero meridiano portato in auge da Franco Cassano e della riscoperta del concetto di autonomia teorizzato da Carlo Levi. “ il movimento operaio nasce da una società borghese e industriale e vi contrappone il proprio senso di un ordine statuale; il movimento contadino sorge da una società feudale e vi contrappone il proprio senso dell’autonomia”. ”Nessuno ci credeva, i colleghi dicevano: se iniziate lo sciopero vi spezzano le gambe, nessuno vi segue, ora invece siamo qui e qualunque sindacato voglia firmare qualcosa prima lo dobbiamo votare ai blocchi davanti ai cancelli. Andiamo avanti fino alla vittoria, poi quando rientreremo in fabbrica avremo acquistato la dignità che ci levano da 10 anni e la fabbrica la sentiremo più nostra”. Con queste parole Natale, operaio della FIAT di Melfi, spiegava il sentimento presente tra i lavoratori dello stabilimento lucano in sciopero. Dopo anni in cui i padroni di tutta Italia lodavano lo stabilimento di Melfi, dopo decine di convegni e di libri sulla “fabbrica integrata” eretta a simbolo dalla Confindustria per gli alti livelli di produttività, bassi salari e soprattutto poco conflitto sindacale, i nodi sono arrivati al pettine. Sono in diecimila i lavoratori in corteo, il primo da quando è nato lo stabilimento lucano. Molti di loro sono giovani, ma hanno già 10 anni di fabbrica sulle spalle e non di una fabbrica normale. La grande lotta in corso dei lavoratori di Melfi ha alcuni significativi punti in comune con l’esplosione di lotta del 1962 alla FIAT di Torino. Allora come oggi, la direzione aziendale determinò una ribellione dei lavoratori contro le insopportabili condizioni di lavoro. Allora come oggi, la direzione aziendale aveva largamente utilizzato la divisione sindacale e la pratica degli accordi separati cerPAGINA 53
cando fino all’ultimo di utilizzarli per bloccare la lotta: ma a quel punto essi si sono rivelati non solo inefficaci, ma controproducenti. Allora come oggi, l’esplosione di lotta non è stato un fatto spontaneo, ma lungamente preparato: nella FIAT di Torino, da una tenace azione della Fiom sfociata in alcuni episodi di lotta (FIAT-Spa 62), alla SATA di Melfi da un’azione altrettanto tenace della Fiom, che aveva prodotto molteplici scioperi sulle condizioni di lavoro. Ma, almeno a prima vista, il contesto si presenta molto diverso. Nella FIAT del 1962, la ribellione era contro il modello taylorista di organizzazione del lavoro. Alla SATA del 2004, la ribellione avviene contro quel modello di «fabbrica integrata», che avrebbe dovuto segnare la rivalutazione del ruolo attivo del lavoro umano, e che proprio a Melfi avrebbe dovuto trovare la sua piena realizzazione. In realtà, c’è un «filo conduttore». In ambedue i casi, la FIAT ha applicato una medesima strategia di gestione della forza-lavoro (tipica della FIAT, ma anche di gran parte del capitalismo italiano): a partire dal livello di produttività consentito dalla tecnologia e del modello organizzativo, si cerca di massimizzarlo attraverso un’ulteriore sfruttamento della forza-lavoro, facendo leva sui rapporti di forza favorevoli creati anche attraverso la divisione sindacale, la sempiterna tattica del “divide et impera”. Come mai un modello organizzativo più avanzato, «post-taylorista», ha dato luogo a condizioni di insopportabilità tali da determinare una ribellione di massa dei lavoratori? Sarebbe sbagliato liquidare il modello della «fabbrica integrata» come pura mistificazione propagandistica, volta a coprire la continuità del vecchio modello fordista. È più utile scavare nelle contraddizioni che hanno Percorsi di Integrazione
segnato il processo di realizzazione dello stabilimento di Melfi. Le premesse dello stabilimento avevano alcuni aspetti realmente innovativi. Certo, s’era scelto un greenfield e ci si era avvalsi di abbondantissimi finanziamenti statali. Ma il «prato verde» prescelto era un po’ particolare: un’area priva di presenza mafiosa, con livello di istruzione di base più diffuso della media, e tradizionalmente orientata a sinistra. Ma l’aspetto più innovativo riguardava la formazione della forza-lavoro: oltre un migliaio dei circa 6.000 futuri dipendenti sono stati formati per un periodo da uno a due anni, comprendenti sia una formazione all’ISVOR-FIAT che un tirocinio in altri stabilimenti; e tra questi oltre il 10% erano donne, percentuale senza precedenti in FIAT. Inoltre, la gerarchia - tranne qualche top manager - doveva essere «nuova», non provenire da altri stabilimenti FIAT, per evitare che portasse con sé la cultura del vecchio modello organizzativo. La formazione, naturalmente, comprendeva tutti gli elementi base del modello della «fabbrica integrata»: priorità alla qualità, ruolo attivo del lavoro umano, ecc. Con l’entrata in funzione a pieno ritmo dello stabilimento, si è ben presto capito cos’era, concretamente, la «fabbrica integrata realizzata» che doveva essere il tratto distintivo della SATA di Melfi. Anzitutto, la «nuova sigla» azzerava tutta la contrattazione aziendale pregressa in FIAT, nei suoi aspetti non solo salariali, ma normativi. Veniva così introdotto il famigerato «TMC 2», che comportava un’intensificazione dei ritmi di lavoro del 15-20% rispetto alla metrica tradizionale. Gli impianti venivano utilizzati per 6 giorni alla settimana, il che comportava non solo una turnistica complicata e pesante (su 3 turni, con riposi «a slittamento»), ma aggravata da Percorsi di Integrazione
una sua struttura che prevedeva la famigerata «ribattuta del turno di notte» (uno dei principali motivi di ribellione degli operai). Va ricordato che tutti questi aspetti sono stati avallati da accordi sindacali unitari. Con queste premesse, si può intuire quale fosse l’orientamento della FIAT nella gestione concreta del nuovo stabilimento. La formazione degli «operai comuni» (che doveva essere un «fiore all’occhiello» del nuovo stabilimento) si è ridotta a due-tre giorni, e l’«affiancamento», per imparare le varie fasi del processo, è scomparso. Le riunioni sui problemi della qualità, che dovevano «coinvolgere attivamente» i lavoratori, sono state considerate una perdita di tempo. I lavoratori sono stati assunti in contratto di formazione-lavoro, per esercitare su di loro il ricatto della riconferma, e per di più inquadrati al 1° livello (fatto quasi senza precedenti) per risparmiare ulteriormente sul salario, già decurtato del 20% circa rispetto agli altri stabilimenti FIAT. E quando i lavoratori, superato il periodo di Cfl, sono stati confermati (ma molti nel frattempo se n’erano andati o erano stati licenziati), la FIAT ha attivato nuovi meccanismi di controllo: il premio di risultato di stabilimento (che doveva - nell’impostazione iniziale - essere un elemento innovativo della struttura salariale) è stato prevalentemente collegato al tasso di assenteismo; c’è stata una moltiplicazione incredibile di provvedimenti disciplinari, che colpiscono anche chi si infortuna a causa dei ritmi di lavoro insostenibili. L’effetto di tutto questo? I lavoratori di Melfi lavorano almeno il 30% in più degli altri lavoratori FIAT (si sommano in questo gli effetti del TMC-2 e quelli delle norme - accettate dai sindacati - di parziale ricupero delle «fermate tecniche»), e prendono PAGINA 54
il 20% in meno di salario. Con un calcolo grossolano, possiamo dire che sono sfruttati il 50% in più. Tra incentivi per gli investimenti nel Mezzogiorno (legge 64/1987), sgravi fiscali per le aziende del sud, ammortizzatori vari, aiuti della legge 488 sempre per il Meridione e incentivi per la rottamazione, lo Stato ha regalato alla FIAT un po’ più di 10 mila miliardi di vecchie lire (la stima è di Massimo Mucchetti in “Licenziare i padroni” Feltrinelli). Un prezzo forse un po’ troppo elevato se in cambio si è ottenuto per lo più sfruttamento di “risorse umane”. L’azienda dal canto suo sembrava dire e pensare: che si ribellino! Ma la protesta e la ribellione non si preparano da un giorno all’altro: è stata decisiva l’azione della Fiom di fabbrica, che ormai da tempo ha sviluppato azioni di protesta sulla condizione di lavoro, ed è divenuto a Melfi il primo sindacato. La storia e gli occhi dell’Italia per venti giorni si sono fermati in quella parte di Basilicata, giornali, televisioni, radio, decine e decine di giornalisti hanno scoperto e raccontato la realtà della fabbrica SATA, con articoli, interviste, diari di bordo, in modo più o meno obiettivo; su Melfi sono state dette e scritte tante cose come non mai. Si è tornato a parlare di Sud e sfruttamento, di dignità del lavoro, di quale produzione è possibile nell’attuale fase del capitalismo. Il massimo rilievo alle vicende di Melfi è stato dato il giorno 27 aprile, giorno in cui la polizia caricò il blocco dei manifestanti, ci furono 13 feriti. Di seguito è riportato uno studio della sociologa Noemi Bermani della Cooperativa di Studio e Ricerca
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Sociale Marcella che da tempo si occupa della realtà FIAT, su come le vicende di Melfi sono state raccontate dai maggiori quotidiani nazionali. I mass media hanno la capacità di costruire gli eventi, di dare loro pathos e l’intensità. Riportiamo il titolo dell’Unità, perché forse è quello che più dà la sensazione di tensione e di rilevanza che i fatti di Melfi ebbero in quel periodo, del clima anni 70 che si è respirato in quei giorni: “Hanno ripreso a bastonare gli operai”, “avevano chiesto un tavolo, hanno ottenuto le manganellate. Per gli operai di Melfi ieri è stata una giornata drammaticamente storica. Era da molto tempo che una protesta sindacale non suscitava una reazione tanto dura, decisa e militarmente organizzata da parte delle forze dell’ordine. Alle 7.33 il Ministero degli Interni ordina la carica. È una pioggia di manganelli quella che ora si abbatte sulla testa degli operai sempre seduti e con le mani in alto. Fino all’ultimo non credevano che davvero questi uomini in divisa che parlano il loro stesso dialetto potessero davvero colpirli”. In una mattina di pioggia a Melfi la storia è ritornata forte e uguale come in ogni luogo in cui i lavoratori difendono la dignità del proprio lavoro. La scena del film è stata la stessa, da una parte un insieme di operai inermi, ma compatti che fanno resistenza passiva e urlano cori di protesta e libertà, Bella ciao, oppure i cori della provincia di Reggio Emilia “insieme siam tutto, divisi siam canaglia”, dall’altra forze dell’ordine che eseguono comandi di repressione.
Percorsi di Integrazione
La protesta degli operai SATA di Melfi su giornali a cura di Noemi Bermani Sociologa
La vicenda* A partire dal 18 aprile 2004, la zona di San Nicola di Melfi (Potenza), è stata teatro di uno scontro sociale inedito tra i lavoratori e la direzione di una delle fabbriche tra le più produttive d’Europa. Dopo un mese di mobilitazioni è stato siglato nella mattina di domenica 9 maggio l’accordo tra azienda e lavoratori, accordo che, come verrà precisato più avanti, risponde positivamente a gran parte delle istanze poste dai dipendenti. Con l’accordo, si chiude la storia di un’anomalia contrattuale e si mette fine alla differenza salariale e normativa tra i lavoratori di Melfi e quelli delle altre aziende del gruppo FIAT. La protesta ha coinvolto 5.000 lavoratori della FIAT SATA e circa 4.000 operai dell’indotto, oltre a gran parte della società civile delle zone limitrofe. * Per questo resoconto si è fatto riferimento, tra gli altri, all’articolo di Antonio Castronovi: FIAT Melfi, dal conflitto alla partecipazione, www.carta.org, 19 maggio 2004. Percorsi di Integrazione
A tale proposito, è importante domandarsi se e come, si possa mettere in relazione la protesta di Melfi con le recenti mobilitazioni dei cittadini di Scanzano e Rapolla, quindi, ad una presa di coscienza attiva della società civile lucana. Lo stabilimento di Melfi fu inaugurato nel gennaio del 1994 secondo la logica della “fabbrica integrata” progettata insieme al suo indotto per la produzione “just in time”, cioè su richiesta. Questo modello metteva in pratica l’esempio di produzione giapponese, sperimentando una “logica partecipativa” che avrebbe dovuto coinvolgere e responsabilizzare gli operai nel perseguimento dell’obiettivo produttivo, escludendo a priori il conflitto e l’autonomia del lavoro dall’azienda nella prospettiva della cosiddetta “qualità totale”, tentando di affermare relazioni industriali in cui il sindacato fosse il garante della produttività dell’impresa. Era la contropartita che la FIAT chiedeva per la decisione di investire nel Mezzogiorno. Il modello si basava su una orgaPAGINA 56
nizzazione del lavoro composta da gruppi di lavoro autogestiti che consentiva due settimane consecutive di turni notturni di 6 giorni ciascuno, la cosiddetta “doppia battuta”. Ai lavoratori della SATA era applicato inoltre un trattamento economico diverso dagli altri lavoratori FIAT. Un operaio di terzo livello di Melfi, percepiva un salario mensile di circa 1.000 Euro con una differenza di circa 2.000 Euro in meno l’anno rispetto agli altri lavoratori del gruppo. Il costo del lavoro nella fabbrica di Melfi è però del 6,3% del valore di produzione rispetto al 14% del Gruppo FIAT, meno della metà, mentre la sua produttività ha raggiunto il livello di 88 auto l’anno per operaio, la più alta d’Europa, rispetto alle 49 di Mirafiori e vicino a quella della Nissan giapponese che è di 99 vetture. L’indotto di Melfi rifornisce oggi i componenti per l’assemblaggio delle autovetture per tutti gli altri stabilimenti del gruppo in Italia. Insomma, a Melfi si condensano la più alta produttività, la più alta flessibilità e la più bassa remunerazione del lavoro. Inoltre i dati parlano di un elevatissimo numero di provvedimenti disciplinari ripetuti, circa 2.500 solo nell’ultimo anno: un regime di fabbrica autoritario che entra in conflitto con il mito della partecipazione e della collaborazione, propri del modello e che è stato uno dei nodi centrali della mobilitazione. La protesta parte dalla pretesa della FIAT di mettere in libertà, senza paga, i lavoratori della SATA a causa delle agitazioni promosse dagli altri lavoratori dell’indotto. Lunedì 19 aprile i lavoratori FIAT SATA decidono lo sciopero. A mobilitarsi in questa occasione sono i lavoratori appartenenti a tutte le sigle sindacali che sostengono una PAGINA 57
piattaforma, in realtà vecchia di quattro anni. Partono i primi blocchi, sostenuti dalla FIOM, che contestualmente allo sciopero, impediscono agli operai l’accesso alla fabbrica. Dura la reazione di FIAT e Governo, in particolare nei confronti della FIOM, che considera le RSU e i lavoratori di Melfi come unici titolari della trattativa e che pertanto viene accusata di estremismo. Le RSU chiedono un incontro alla controparte che non risponde, mentre una parte del sindacato apre un tavolo separato con la FIAT senza la FIOM e i rappresentanti dei lavoratori, che nel frattempo sono scesi in lotta per chiedere l’apertura del tavolo di trattativa e l’intervento del governo per aiutare una soluzione positiva della vertenza. Alla protesta partecipano tutte le RSU, tra le quali la FIOM è una minoranza che non arriva al 20%, gli iscritti alle varie organizzazioni sindacali, compresi gli aderenti a FIM, UILM, FISMIC che hanno la maggioranza tra gli iscritti e nella RSU aziendale e all’UGL e i COBAS. Dopo qualche giorno si verifica l’effetto-domino. La mancanza delle forniture di componenti prodotte a Melfi blocca la produzione negli altri stabilimenti FIAT. Il 22 aprile FIM UILM e FISMIC organizzano una contromanifestazione per rivendicare il diritto al lavoro. Tre elicotteri trasportano materiali fuori dall’area e i manifestanti danno la caccia ai luoghi di atterraggio. La FIAT chiede la cessazione delle agitazioni come condizione per invitare la FIOM al tavolo già aperto con le segreterie nazionali di FIM, UILM e FISMIC, che nel frattempo siglano un accordo separato con l’azienda che prevede l’apertura di un negoziato formale tra l’azienda e i sindacati a partire dal 4 maggio. Il 24 aprile davanti alla SATA maPercorsi di Integrazione
nifestano anche i lavoratori provenienti da altri stabilimenti FIAT. La FIOM dichiara uno sciopero nazionale di 4 ore in tutte le fabbriche del gruppo in Italia. Il leader della CGIL Epifani, prende le distanze dai rappresentanti dei metalmeccanici. Il governo si dichiara estraneo alla vicenda, ponendo però come necessario il ricorso alla forza pubblica per garantire la libertà al lavoro. Il 25 aprile gli operai di Melfi ricevono una lettera firmata da alcuni operai di Mirafiori: “Il nostro lavoro è nelle vostre mani” e il giorno seguente sarà l’amministratore delegato Morchio a inviare una lettera a tutti i dipendenti. La mattina del 26 aprile gli operai che bloccano l’accesso alla fabbrica vengono caricati dalla polizia. La reazione degli operai è composta: sono convocate manifestazioni davanti alla fabbrica che vedono l’ampia partecipazione della società civile lucana. Dopo una partecipata assemblea vengono rimossi i blocchi e riparte la trattativa alla presenza questa volta della FIOM e di una delegazione dei lavoratori di Melfi con l’impegno che qualsiasi accordo dovrà essere sottoposto al giudizio democratico dei lavoratori interessati. Il 28 aprile la FIOM dichiara 4 ore di sciopero nazionale in tutti gli stabilimenti FIAT a cui aderiscono il 70% degli operai secondo la FIOM e il 13% secondo Federmeccanica. Il 29 aprile vengono rimossi i blocchi, ma viene proclamato uno sciopero di otto ore. Solo qualche centinaio di lavoratori torna al lavoro. Il 30 aprile parte la trattativa con la FIAT, che apre sulla doppia battuta, ma rifiuta il confronto sul salario. La trattativa viene però subito interrotta, Percorsi di Integrazione
questa volta perché la FIM CISL abbandona il tavolo per protesta contro la presunta aggressione di una sua delegata. Il 3 maggio una delegazione di lavoratori si reca a Roma per chiedere la riapertura della trattativa. Il 4 maggio la trattativa procede “no stop”. A Roma si svolge una manifestazione della FIOM con comizio finale di Gianni Rinaldini. Il giorno seguente la CISL proclama uno sciopero di protesta contro le intimidazioni e la FIAT propone di riprendere i negoziati presso lo stabilimento di Melfi e apre anche sulle questioni salariali. La FIAT propone un aumento di 92 Euro lordi al mese, ma le RSU lo giudicano insufficiente e fanno una controproposta: l’aumento immediato e l’equiparazione totale con gli altri stabilimenti FIAT pari a 165 Euro. Sui turni c’è già la disponibilità dell’azienda a cancellare la doppia battuta: tutti i turni durano una settimana, 15 minuti in più di lavoro al giorno (da 7 h. e 15 a 7 h. e 30) in cambio di 8 giorni di permesso annui. L’8 maggio il confronto si sposta a Roma nella sede di Confindustria. Infine la FIAT dopo un serrato confronto, sigla l’intesa. Il 9 maggio viene siglato l’accordo dopo 15 ore di trattativa. Viene concordato un aumento di 105 Euro lordi mensili e gradualmente le maggiorazioni salariali per i turni notturni raggiungeranno quelle del gruppo. Viene inoltre cancellata la doppia battuta che sarà rimpiazzata da settimane alternate di sei e quattro giorni con due giorni di riposo a scorrimento. Ogni settimana dovrebbe esserci così il cambio di turno. Tra gli altri contenuti c’è poi anche il ripristino della commissione di riconciliazione per regolare i provvedimenti disciplinari: viene stabilito che PAGINA 58
la commissione esaminerà i provvedimenti disciplinari degli ultimi 12 mesi. L’accordo viene sottoposto ai dipendenti della SATA tramite un referendum a cui partecipano 4.831 lavoratori sia della FIAT sia delle aziende terziarizzate, viene approvato dal 77, 4% dei votanti. La protesta e gli scioperi di Melfi sono costate all’azienda la mancata produzione di circa 40.000 vetture.
Alcune indicazioni metodologiche Le fonti Sono stati presi in esame quattro quotidiani nel periodo che va dal 18 aprile, giorno successivo al primo sciopero dei lavoratori dell’indotto al 10 maggio, giorno successivo all’approvazione dell’accordo: La Repubblica, Il Corriere della Sera, La Stampa, La Gazzetta del Mezzogiorno. I criteri di scelta dei quotidiani sono stati i seguenti: La Repubblica e il Corriere della Sera sono stati scelti perché sono i quotidiani nazionali a maggior tiratura, La Stampa in quanto quotidiano del gruppo FIAT e la Gazzetta del Mezzogiorno perché quotidiano locale con un diverso punto di vista sugli eventi rispetto ai quotidiani a tiratura nazionale. Alla Gazzetta del Mezzogiorno si è affiancata quando possibile la lettura della Gazzetta della Basilicata e della Gazzetta di Potenza. Per motivi organizzativi, rispetto a quest’ultimo quotidiano, è stato esaminato il materiale cartaceo dal 18 aprile al 4 maggio e on line dal 5 al 10 maggio. Gli analizzatori Si è scelto di seguire un criterio cronologico ponendo a confronto gli artiPAGINA 59
coli dei diversi quotidiani, giorno dopo giorno, in una sorta di “diario di bordo”. Laddove in uno specifico giorno non siano riportate citazioni da una o più testate ciò significa, nella maggior parte dei casi, che il quotidiano non riportava la notizia, mentre in alcune occasioni, citate, che non è stato possibile reperirla. Successivamente ad una attenta lettura degli articoli riguardanti il caso Melfi sono stati messi in evidenza: 1) I titoli 2) Il posizionamento e lo spazio dedicato ai fatti da ogni quotidiano. Sono state poi estrapolate dagli articoli alcune citazioni significative cercando di far emergere le voci e i punti di vista dei seguenti attori sociali: 1) i protagonisti, cioè gli operai indipendentemente dalla loro appartenenza o meno alle organizzazioni sindacali, 2) i rappresentanti sindacali, sia quelli della base che i dirigenti nazionali, 3) l’azienda, in particolare rispetto alle dichiarazioni di Umberto Agnelli presidente del gruppo che dell’Amministratore delegato Morchio, 4) i rappresentanti dei partiti, parlamentari, senatori e membri del governo, ma anche gli amministratori locali, i consiglieri comunali e provinciali e, in alcuni casi, i rappresentanti della chiesa e le forze dell’ordine. Per evitare un eccessivo schematismo gli attori non vengono sempre esplicitati, ma sono facilmente individuabili dal contesto. Nei pochi casi in cui è stato possibile, sono state riportate alcune considerazioni degli “opinionisti” che hanno commentato i fatti negli articoli di fondo e di spalla dei diversi quotidiani. Percorsi di Integrazione
Si noterà come vi sia stata una sorta di parabola relativa allo spazio destinato alla vicenda. Nei primi giorni si nota una sorta di incredulità (non tutti i quotidiani riportano subito la notizia e, in particolare la Stampa, la affronta soltanto dopo quattro giorni). Gli articoli relativi alla vicenda di Melfi sono stati posizionati durante i primi e gli ultimi giorni in gran parte nelle pagine economiche dei quotidiani. Man mano che i blocchi proseguono si riscontra, infatti, una disponibilità sempre maggiore a dare spazio alla vicenda con un culmine il 27 aprile dopo le cariche della polizia: i titoli hanno conquistato la prima pagina e le pagine interne IN PRIMO PIANO e sono stati dedicati ai fatti di Melfi alcuni articoli di opinione che nel complesso non sono stati però molto numerosi. Alla ripresa e al protrarsi della trattativa corrisponde nuovamente una sorta di “incertezza”: c’è un aggiornamento costante sull’andamento della vertenza, senza che tuttavia venga concesso molto spazio quasi ci si aspettasse una conclusione che però non arriva. Quando arriva, naturalmente, la notizia rimbalza in prima pagina. Per quanto riguarda una valutazione più “politica”, il confronto tra i diversi giornali, lo spazio dedicato ai fatti e lo spazio di parola dato ai diversi attori dai diversi quotidiani dovrebbe far emergere un atteggiamento caratteristico di ogni giornale ed un posizionamento particolare rispetto alla vicenda. Il nome della testata è stato trascritto in maiuscolo, mentre i titoli dei quotidiani sono evidenziati in grassetto (in maiuscolo i titoli veri e propri, in maiuscolo-minuscolo gli occhielli e i sottotitoli). Le citazioni dagli articoli dei quotidiani (eccetto i titoli) sono evidenziate Percorsi di Integrazione
in corsivo, mentre sono stati trascritti in corsivo e tra virgolette tutti i discorsi riportati. È importante ricordare inoltre che le date indicate all’inizio di ogni paragrafo sono quelle di uscita dei quotidiani e che, quindi, si riferiscono alla giornata successiva agli avvenimenti.
La protesta della FIAT di Melfi secondo i quotidiani 18 aprile: LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Un breve articolo nelle pagine interne (ATTUALITÀ): MELFI, NIENTE FORNITURE LA FIAT DECIDE DI FERMARSI Messi in libertà 800 dipendenti. I lavoratori protestano Ieri (17 aprile) alle 7.00, dopo un’ora di attività, le linee sulle quali passano Lancia Ypsilon e FIAT Punto sono state bloccate e l’azienda ha messo in libertà 800 dipendenti. I vertici aziendali, hanno giustificato questa misura legandola al contemporaneo sciopero dei 484 lavoratori ARVIL (magazzino e trasporti) che avrebbe di fatto bloccato la produzione a causa del mancato approvvigionamento di materiali. Caos totale anche per il secondo turno con l’adesione quasi totale dei lavoratori SATA allo sciopero di tre ore proclamato dalla FIOM. E la FIAT risponde mettendo in libertà anche gli addetti del secondo turno (con conseguente perdita di ore di lavoro retribuite). “Dopo dieci anni i lavoratori SATA”, ha commentato il segretario regionale FIOM Giuseppe Cillis, “si sono ribellati all’atteggiamento arrogante dell’azienda. Molti dipendenti, dopo aver ricevuto la notizia della messa in libertà hanno presidiato le stanze della direzione.” PAGINA 60
20 aprile: LA REPUBBLICA Un breve articolo in taglio centrale in Economia: FIAT: SCIOPERO AD OLTRANZA A MELFI CONTRO GLI STOP DELL’AZIENDA. La protesta dei carrellisti ha provocato la messa in libertà dei dipendenti per il terzo giorno. E un sottotitolo precisa: FIM, UILM e FISMIC contrari all’agitazione, ma la FIOM a fianco dei dipendenti, mentre tre box illustrano I nodi della questione: La crisi dell’auto, I turni di lavoro, i bassi salari. CORRIERE DELLA SERA Un articolo in Economia: FIAT RAFFORZA LA SQUADRA. VOCI SULL’ARRIVO DI LEACH. Seguirà forse la Maserati. La FIOM blocca lo stabilimento di Melfi. Articolo ottimista, in cui si accenna al “buon momento che il gruppo sta attraversando… anche se non mancano le aree di difficoltà. A Melfi, per esempio è in corso da qualche giorno un braccio di ferro con i sindacati dopo la messa in libertà del personale a causa della mancata consegna di materiali per la produzione… la FIOM CGIL ha proclamato uno sciopero a oltranza…” l’articolo prosegue parlando della riorganizzazione del gruppo. LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Taglio alto su due pagine: economia e cronaca: MELFI L’INDUSTRIA È IN TILT Per tutta la giornata numerosi incontri si sono svolti all’interno degli stabilimenti fra lavoratori e RSU, poi le proteste davanti alle fabbriche… Il quotidiano riporta le dichiarazioni dei diversi rappresentanti sindacali: “Abbiamo bloccato tutta l’area industriale” dice Giuseppe Cillis segretario regionale della FIOM “e manterremo tale situazione fin quando la FIAT PAGINA 61
non deciderà di incontrarci ed accettare un confronto su tematiche importanti come salario e doppia battuta”… Prima di proclamare lo stato di agitazione l’assemblea dei lavoratori aveva firmato un documento unitario. Ma poche ore dopo sono arrivati i distinguo da parte delle altre sigle sindacali (FIM UILM e FISMIC) che hanno definito l’iniziativa inopportuna. “Siamo di fronte ad una mobilitazione selvaggia che non si registra in nessuno stabilimento SATA e che sta letteralmente sbandando i lavoratori” fanno sapere dalla UILM. Domenico Donvito della FISMIC dichiara: “In nessun altro territorio italiano dove la FIAT è presente sta accadendo tutto questo”. Secondo il commento della Gazzetta del Mezzogiorno: La protesta di SATA e indotto dunque se da una parte è riuscita nell’intento di paralizzare l’intero sistema industriale di Melfi, dall’altra ha reso ancora più insanabile la divisione tra FIOM e le altre sigle. La divisione tra i sindacali è sottolineata anche dal titolo dell’articolo in CRONACA DI POTENZA: FIAT, ORA È SCIOPERO A OLTRANZA Cillis (FIOM): “Andremo avanti fino al confronto con l’azienda”. Le contestazioni su salari e doppie battute. Decisamente critica nei confronti della FIOM la posizione degli altri sindacati di categoria FIM UILM e FISMIC. Il motivo della protesta viene ascoltato anche dalla voce dei diretti interessati: I lavoratori messi in libertà: “Non ci stiamo” LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO descrive la situazione intorno alla fabbrica: L’INTERA AREA INDUSTRIAPercorsi di Integrazione
LE È PIOMBATA NEL CAOS Sono stati circa cento i camion bloccati all’interno e all’esterno dell’area industriale
PER FIAT TRE MESI MEGLIO DEL PREVISTO. Morchio conferma: pareggio nel 2004. Il titolo vola in borsa.
21 aprile: LA REPUBBLICA Una breve “foto-notizia” in Economia titola: IL CASO MELFI ANCORA BLOCCATA SPACCATURA NEL SINDACATO. L’articolo ci dice come: i metalmeccanici della CGIL sollecitano l’apertura di un confronto su salari e turni con la FIAT che, viceversa, dice di essere contraria. Gianni Rinaldini della FIOM dichiara. “Che la FIAT rifiuti il confronto è inqualificabile, non può fare quello che vuole”: Contrariato anche Antonino Ragazzi della UILM: “il comportamento della FIAT è irrazionale: quando mancano i componenti si lavora finché è possibile, non si mandano a casa i lavoratori perché c’è uno sciopero dell’indotto”.
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Prima pagina taglio basso: PARALIZZATE LE VIE DELLA FIAT In serata spostati i blocchi, ma nessuno entra nella fabbrica La situazione ai cancelli della SATA viene così descritta: Sono state ore di tensione. Di trattative. Di cariche annunciate… Ma alla fine in fabbrica non è entrato alcun lavoratore. Un gruppo di senatori lucani su iniziativa del senatore Piero Di Siena (DS) che è stata condivisa anche da Margherita e UDC oltre che da Egidio Ponzo di Forza Italia ha sollecitato un intervento di mediazione da parte del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta: “Perché nello stabilimento lucano della FIAT si riallaccino le normali relazioni sindacali”. Ma, racconta il quotidiano, la FIAT tramite ASSINDUSTRIA locale comunica la propria indisponibilità ad incontrare la FIOM poiché: “non ci sono le condizioni”. Dai titoli del quotidiano lucano veniamo aggiornati sul punto di vista di FEDERMECCANICA e della FIAT: Federmeccanica definisce “illegittimi” i blocchi. L’amministratore delegato della FIAT Giuseppe Morchio sottolinea la difficoltà della sfida in atto: “Si tratta di rilanciare l’industria italiana dell’auto” e su questo impegno sollecita “il sostegno di tutti”. La Regione Basilicata punta a un tavolo nazionale per aprire con il governo un confronto sulle prospettive del polo automobilistico di Melfi. All’interno, in Economia vediamo come l’impatto economico dello sciopero non venga preso in considerazione dall’azienda nei primi giorni:
CORRIERE DELLA SERA Un articolo in Economia: FIAT I CONTI VANNO MEGLIO DEL PREVISTO. A Melfi continuano i blocchi L’articolo ha come tema principale la ripresa economica dell’azienda. La messa in libertà dei lavoratori dello stabilimento di Melfi viene giustificata dall’amministratore delegato Morchio come una iniziativa da contestualizzare all’interno di una fase di “grande impegno e grande sforzo per tutto il gruppo. Quando ci saranno dei risultati le ricadute saranno positive per tutti”. Sotto tre piccoli box riassumono la vicenda e le posizioni in campo: La messa in libertà, FIOM: “Sosteniamo la lotta”, FIM e UILM: “No ai metodi disperati”. LA STAMPA Nessuna notizia sulla vicenda di Melfi. Un articolo in Economia titola: Percorsi di Integrazione
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Morchio: rispettata la tabella di marcia. Nuovi dirigenti alla FIAT Auto I CONTI FIAT? MEGLIO DEL PREVISTO I TITOLI DEL LINGOTTO VOLANO IN BORSA Un altro articolo mette in evidenza come la protesta dei lavoratori di Melfi coinvolga fin da subito la Comunità locale anche a livello istituzionale: FIAT TENSIONE A MELFI. PRESIDIO A OLTRANZA DEI LAVORATORI INTERVIENE LA QUESTURA Ieri sera il Consiglio Regionale ha approvato un ODG in cui si richiede alla Giunta Regionale di intervenire presso il Consiglio dei Ministri. Nella pagina di cronaca di Potenza in taglio alto leggiamo: FIAT SECONDO GIORNO DI PARALISI Due riquadri sotto: LA SOLIDARIETÀ AI LAVORATORI DAI SINDACI DELL’AREA Nella tarda mattinata di ieri davanti ai presidi messi su dai manifestanti c’erano anche i primi cittadini di Lavello, Oppido Lucano e Rapolla. Ma non tutti sono d’accordo: GRUPPI DI OPERAI: NON CAPIAMO I BLOCCHI 22 aprile: LA REPUBBLICA Un articolo in Economia: FIAT MELFI ORAMAI È UNA POLVERIERA E ORA SI FERMA ANCHE MIRAFIORI. Ancora un giorno di stop dello stabilimento. Nessun segnale dall’azienda. Prove di dialogo tra i sindacati La composizione eterogenea degli aderenti alla protesta che viene definita come una Prima vera rivolta dei lavoratori viene raccontata da REPUBBLICA: Accanto alle bandiere della CGIL quelle della FAILMS della UGL e dello SLAI COBAS. Tuttavia non vi sono risposte dalla controparte: Rinaldini (FIOM): “C’è la FIAT che continua a non dire un cavoPAGINA 63
lo di niente, ne sì né no”. La Repubblica dà spazio all’atmosfera esterna alla fabbrica, dove ci sono i blocchi: Quando il pericolo di una repressione aumenta, con gli uomini in divisa in tenuta antisommossa scatta il tam tam e i cellulari chiamano a raccolta “Se ti piace lavorare ti deve piacere anche lottare. Muoviti allora… c’è bisogno di gente che stia dietro al blocco” dice Maria Rosaria pasionaria che lavora al montaggio… LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Due articoli in cronaca: MELFI FIAT ALLA PARALISI APPELLO DI 100 DEPUTATI VERSO UN VERTICE ROMANO Ma il fronte anti-protesta batte la strada del dialogo: Il fronte sindacale anti-protesta tenta un riavvicinamento con la FIOM. Condivise le ragioni del malcontento, ma viene rigettata la scelta di attuare i blocchi. 23 aprile: LA REPUBBLICA Un articolo in Economia: MELFI PARALIZZA IL SISTEMA FIAT E l’azienda tenta di superare il blocco con gli elicotteri La protesta di Melfi diventa nazionale...: per i problemi creati all’azienda per le ferite riapertisi tra le sigle sindacali per i conflitti tra gli stessi lavoratori visto che qualche centinaio di persone ha manifestato contro i blocchi e poco più di 500 operai hanno firmato un documento di protesta per rivendicare il diritto a lavorare. CORRIERE DELLA SERA Un articolo in Economia. Il blocco è finalmente il soggetto dell’articolo: QUARTO GIORNO DI BLOCCO ALLA FIAT. SALE LA TENSIONE C’è una certa incredulità nell’affermare che per il quarto giorno vi sono gli impianti fermi e i lavoratori fuori dai Percorsi di Integrazione
cancelli. L’effetto domino del blocco di Melfi ha una ricaduta sugli stabilimenti di Termini Imerese e Mirafiori con la conseguente “messa in libertà” dei lavoratori. L’articolo segnala come l’azienda abbia convocato i rappresentanti sindacali di FIM UILM e FISMIC, senza peraltro estendere l’invito alla FIOM che nondimeno si dichiara disponibile ad incontrare i vertici. I sindacati comunque sono divisi e la mobilitazione è generale: Già da ieri a Melfi c’è stata una manifestazione promossa da FIM UILM e FISMIC per protestare contro il blocco sostenuto da FIOM SLAI COBAS e UGL. A Melfi intervengono anche il sindaco Ernesto Navazio e il vescovo Gianfranco Todisco che: “ha invitato i sindacati a sedersi attorno a un tavolo per avere una visione d’insieme della vertenza FIAT”. LA STAMPA Un articolo in Economia in taglio basso: VERTENZA MELFI FIAT PRONTA AL DIALOGO Accolta la richiesta di un incontro di FIM UILM e FISMIC ieri in piazza per lavorare. Il blocco promosso dalla FIOM ferma anche Mirafiori, Val di Sangro e Termini Imerese L’articolo mette in evidenza la spaccatura tra i sindacati e in particolare l’accusa rivolta alla FIOM da FIM UILM e FISMIC, di “avere strumentalizzato la protesta dei lavoratori”. Ampio spazio viene dato alle parole di Roberto Di Maulo, segretario generale della FISMIC che, tra le altre cose afferma: “Siamo qui per affermare che lo stabilimento di Melfi della FIAT è un patrimonio importante per la Basilicata. Questi atti non responsabili rischiano di metterne a rischio il futuro”. Secondo Maurizio Sacconi, sottosegretario al Welfare: “La vicenda di Melfi mette a rischio il processo di risaPercorsi di Integrazione
namento dell’intero gruppo FIAT a causa di azioni sindacali della FIOM che dividono i lavoratori sulla base di un cinico impegno politico”. Viene citato l’intervento di Todisco, e quello del presidente della Regione Basilicata Filippo Bubbico: “Chiediamo alla FIAT di rendersi immediatamente disponibile alla riapertura di un confronto… e sollecitiamo le parti sindacali a ricostruire le condizioni di una rappresentanza dei lavoratori”. Giorgio Airaudo della FIOM torinese mette in risalto lo squilibrio tra Nord e Sud: “Mirafiori si ferma perché il modello di riduzione dei costi e di competizione fra Nord e Sud fa sì che si producano a Melfi componenti che potrebbero essere prodotti a Torino, dove si fa la cassa integrazione”. LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Un articolo in prima pagina: S. NICOLA BLOCCATA DAGLI OPERAI Viene messa in rilievo l’iniziativa dei parlamentari per riaprire un tavolo nazionale. E le affermazioni del senatore Di Siena ha collegato la battaglia della FIAT con quella di Rapolla e di Scanzano. Appello al dialogo vengono oltre che dal presidente della Regione Bubbico dai rappresentanti regionali di Verdi, DS, Italia dei Valori e dei sindaci di diversi paesi. I sindacati FIM UILM e FISMIC hanno convocato una manifestazione alternativa e ribadiscono la propria distanza dalla modalità di lotta di FIOM SLAI COBAS FAILMS ALTERNATIVA SINDACALE UGL. Anche la Gazzetta del Mezzogiorno riporta le dichiarazioni di Gianfranco Todisco vescovo di Melfi che afferma: “è spiacevole la divisione tra i sindacati”. PAGINA 64
Nelle pagine interne (ATTUALITÀ) MELFI BLOCCA TUTTA LA FIAT Mancano i pezzi della SATA e si fermano Mirafiori, Termini e Sevel. Braccio di ferro tra azienda e sindacati (spaccati) Il blocco di Melfi ha in pratica chiuso la produzione FIAT 24 aprile: LA REPUBBLICA In prima pagina: Inchiesta MELFI LA LOTTA DEI NUOVI OPERAI Jenner Merletti, inviato di Repubblica, che condividerà il campo con gli operai per diversi giorni, si riferisce al problema del numero spropositato di provvedimenti disciplinari e racconta: Bisogna leggere certe lettere per capire perché i bravi operai di Melfi da cinque giorni bloccano la fabbrica facendo crollare come in un domino la produzione di automobili FIAT in Italia: “Ella addetto alla postazione x causava rallentamento della propria linea provocando una perdita pari a 97 vetture…” Nelle pagine interne: LA CRISI DELLA FIAT TORINO PERIFERIA DELLA FIAT Città in allarme, il Sud detta i ritmi e produce il doppio. LA RABBIA DI MELFI POST MODERNA GESTITI COME NEGLI ANNI 50 A forza di reprimere la fabbrica è scoppiata come una pentola In un articolo di spalla dal titolo TUTTI I RISCHI DI UNA DIVISIONE Luciano Gallino dice: “Produrre in massa gruppi di componenti auto in quel di Melfi … per farli arrivare giusto in tempo a Mirafiori a novecento chilometri di distanza sfida ogni logica della logistica… Dato che in FIAT non mancano dirigenti capaci, l’ipotesi che l’asfissia di Mirafiori sia stata generata da un errore così macroscopico appare quindi poco plausibile… Quella ch’è invece plausibile è l’ipotesi che produrre a Melfi componenti da utilizzare a Mirafiori sia semplicemente un preludio del PAGINA 65
momento in cui le auto oggi assemblate a Mirafiori se ne andranno là dove vengono prodotti i componenti”. CORRIERE DELLA SERA Due articoli in Economia: MELFI, FIAT E SINDACATI: TRATTATIVE NELLA NOTTE Possibile un’intesa separata senza la FIOM. Torino: gravissimo il fermo, perse 12.000 auto Si sottolinea l’eventualità di un’intesa tra i sindacati ad esclusione della FIOM CGIL. E si dà voce all’azienda che lamenta la perdita di 12.000 vetture. Critico nei confronti del “radicalismo antagonista” della FIOM è anche il segretario di Confindustria D’Amato che ha auspicato tuttavia “il ripristino delle corrette condizioni industriali”. L’articolo ribadisce come, malgrado le divergenze sulle strategie, le rivendicazioni che sono alla base della protesta siano condivise da tutte le sigle sindacali. Più in basso l’articolo che titola NELL’EX ISOLA FELICE LA PROTESTA DELLE NUOVE TUTE BLU racconta il “clima da sagra” che si respira davanti alla fabbrica. Giuseppe Cillis, segretario provinciale della FIOM motiva così l’esplosione di una protesta che fino a una settimana fa, nessuno avrebbe mai immaginato, in uno degli stabilimenti europei a maggior tasso di produttività: “Certo è una lotta difficile… ma nulla può essere peggio dell’inferno che abbiamo attraversato negli ultimi anni. Stavolta… è in discussione la dignità dei lavoratori”. Viene riportata la testimonianza di Pina che lavora nella stabilimento di Melfi con il marito: “So bene che sarà dura, ma non avevamo scelta. Abbiamo due figli, uno di 12 anni e l’altro di 6. Il primo nemmeno l’abbiamo visto crescere. Ricordo che un Natale mi disse: Mamma non … famPercorsi di Integrazione
mi un solo regalo non andare più al lavoro!” LA STAMPA Un articolo in Economia punta il dito sulle perdite produttive: VERTENZA MELFI TRATTATIVA NELLA NOTTE A ROMA. In 5 giorni prodotte 12 mila auto in meno accanto a un articolo che parla dei profitti economici del gruppo. “Gravissimi” secondo la FIAT “i danni provocati dalla protesta”. LA FIOM viene descritta come il “convitato di pietra” che non ha voluto accettare alcuna condizione. In un comunicato l’azienda ha ricostruito i passaggi della nascita e dello sviluppo di “uno dei più moderni impianti automobilistici del mondo”, ricordando gli accordi presi dieci anni fa tra sindacato, governo, azienda e… in particolare la firma di tutte le associazioni di tutela dei lavoratori di un contratto sociale nuovo e diverso da quello degli altri stabilimenti del gruppo. LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Una pagina interna riporta un articolo riferito alla partecipazione senza esito dei rappresentanti della FIOM all’incontro con l’azienda titola: FIAT MELFI SCONTRO NELLA NOTTE. Giorgio Caprioli FIM CISL: “La nostra volontà è di coinvolgere anche la FIOM perché vogliano superare comunque una lacerazione che è ingiustificata”, mentre Lello Raffo della FIOM giudica: “inammissibile” la riunione a Roma tra FIAT FIM UILM E FILMIC e se Donvito (FISMIC) dichiara: “La FIAT tratta con i sindacati che vogliono trattare”, non la pensa così il coordinamento dei delegati… fermo nel proposito di non smobilitare i blocchi… Viene descritto clima di confronto aperto tra i delegati: Nel corso della riunione dei dePercorsi di Integrazione
legati ognuno prende la parola… Si discute sul da fare. Una scheda riassume la situazione: Blocco da 5 giorni. Da lunedì scorso l’intera area industriale di San Nicola di Melfi che comprende gli stabilimenti della SATA e le oltre venti fabbriche dell’indotto è completamente bloccata. I lavoratori attraverso cinque presidi nelle zone d’accesso al sito lucano della FIAT consentono solo il passaggio dei camion di fabbriche che non appartengono al polo dell’auto. Viene anche riportata la notizia della manifestazione con i lavoratori degli altri stabilimenti. E il punto di vista dell’azienda: La FIAT parla di danno gravissimo per la rete di vendita. Il Lingotto ricorda “le pesanti conseguenze anche per i lavoratori che avranno riflessi negativi sul loro salario” e sottolinea che il blocco del comprensorio ha avuto anche “pesanti effetti sull’attività economica del territorio … e sta creando forte tensione sociale”. 25 aprile: LA REPUBBLICA Prima pagina: LA RIVOLTA DI MELFI. Continuano i blocchi. Sindacati spaccati E, nelle pagine interne: LA CRISI DELLA FIAT Melfi: la base rifiuta l’accordo. LA FIAT resta bloccata. Quell’Intesa è carta straccia: l’azienda vuole umiliarci Ancora i lavoratori in primo piano: Gli omini piccoli e rassegnati, silenziosi lavoratori della fabbrica integrata che per dieci anni hanno varcato i cancelli a testa bassa ora sfidano la grande azienda e per loro martedì prossimo si fermeranno quattro ore in tutti gli stabilimenti FIAT. LA FIOM dichiara. “Ci volevano far sottoscrivere un atto di umiliazione dei lavoratori di Melfi e questo non è possibile”. Si va avanti nella lotta a oltranza. Gli attivisti della FIOM vengono PAGINA 66
così descritti da Repubblica: LA FIOM è SEDOTTA DAL CONFLITTO LA CONCERTAZIONE è UN IMBROGLIO I metalmeccanici della CGIL: portare i valori no global dentro i luoghi di produzione Sono degli inguaribili nostalgici quelli della FIOM? Melfi aiuterà a dare delle risposte. Giorgio Airaudo della FIOM di Torino dichiara: “Dentro la crisi della FIAT e di Torino la FIOM è cambiata, sono cambiati i delegati: la nuova generazione pensa che le cose si devono decidere con i lavoratori. La REPUBBLICA mette in risalto la presa di distanza di Epifani dalla FIOM: EPIFANI FRENA SULLA LOTTA ESTREMA. L’invito del segretario della CGIL è a: “non proseguire una lotta fine a se stessa” E la posizione dura del Ministro del Welfare Maroni: IL GOVERNO RESTA FUORI È UNA VICENDA CHE RIGUARDA LE PARTI SOCIALI CORRIERE DELLA SERA L’articolo di spalla in prima pagina MELFI EVITARE LO SCACCO (TUTTI INSIEME) (Piero Ichino) affronta il tema a partire dal progetto Saturn: promosso dalla General Motors di Detroit nel 1985 per battere la concorrenza giapponese prevede il coinvolgimento dei lavoratori nell’assunzione della flessibilità. “La FIAT di Melfi ne sarebbe stata la versione italiana ma”, sostiene Ichino, se all’inizio questa scommessa fosse stata fatta propria anche dalla FIOM: “Passano gli anni… la flessibilità e l’alta produttività restano, ma si perde per strada la partecipazione dei lavoratori e la capacità della direzione aziendale di coltivare il coinvolgimento dei sindacati nel progetto”. Secondo Ichino una vittoria dei lavoratori in sciopero sarebbe “una sconfitta per tutto il MezzogiorPAGINA 67
no” perché scoraggerebbe “il lancio di progetti analoghi. All’interno, in Economia: MELFI, ANCORA BLOCCHI STRADALI SCONTRO TRA I SINDACATI. Si riportano le posizioni dei diversi leader sindacali e politici. Rinaldini della FIOM dichiara di essere stato escluso dalla trattativa, mentre Angeletti (UIL) afferma che: “il blocco danneggia i lavoratori”, mentre Pezzotta sostiene che: “la scelta della FIOM è dannosa”. Il Ministro della Attività Produttive Marzano giudica il blocco di Melfi: “inammissibile”, mentre gli operai in sciopero hanno raccolto la solidarietà di PRC e PDCI. Epifani, leader della CGIL per quanto auspichi un atteggiamento diverso da parte dell’azienda è critico sia nei confronti del governo “Mi aspettavo che il governo non avrebbe fatto nulla, è nella loro linea” che nei confronti della stessa FIOM: ”è evidente che non si può andare avanti per un tempo indefinito con un blocco della produzione”. Le divisioni sindacali anche a sinistra vengono rilevate nell’articolo a fianco: E I COBAS FISCHIANO ANCHE I COMPAGNI DI LOTTA DELLA CGIL LA STAMPA Un articolo in apertura delle pagine economiche mette a confronto l’intesa separata con lo sciopero proclamato dalla FIOM: INTESA A MELFI, SCIOPERO DELLA FIOM IN TUTTA LA FIAT Marzano: i blocchi sono illegittimi. L’azienda: non hanno voluto condannare i blocchi. Maroni: non interverrò L’articolo segnala il preambolo all’intesa: “Le parti ritengono che la situazione determinatasi a Melfi, con l’impedimento al lavoro, rischi di compromettere le azioni che FIAT auto sta perseguendo per il proprio risanamento Percorsi di Integrazione
e rilancio…” Viene comunque stabilito che: “a partire dal 4 maggio sarà avviato un confronto per individuare le soluzioni tecniche che, nel rispetto dei livelli di competitività dello stabilimento e di utilizzo degli impianti per i 18 turni finalizzato al consolidamento ed allo sviluppo del comprensorio industriale di Melfi”. LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO IN PRIMO PIANO la cronaca della manifestazione sotto il titolo: FIAT DI MELFI SINDACATO SPACCATO Manifestanti da molte regioni. Solidarietà è stata espressa dagli operai al colosso industriale da tutta Italia. In 10 mila sfilano in corteo per un salario più dignitoso Restano i blocchi La partecipazione articolata e il clima della manifestazione viene così descritta: presenti all’appello i ragazzi del campo base Terzo Cavone, di Scanzano, ma anche i lavoratori di Pomigliano, Termini Imerese, Cassino e altri stabilimenti FIAT... Il corteo è lunghissimo, colorato, pacifico. Tanti gli striscioni e le bandiere… Le migliaia di persone accorse a sostenere i lavoratori camminano tranquille fra motti musiche cori da stadio. … Un furgoncino… nel bel mezzo del corteo offre bibite e panini a prezzi modici a rappresentanti sindacali, sindaci giovani e studenti. Un curioso articolo di spalla titola: Smentita ad un tenace pregiudizio QUESTO È IL MEZZOGIORNO CHE ONORA IL LAVORO: Quando si dice Mezzogiorno per un pregiudizio mezza Italia pensa a un popolo pigro… E invece proprio la vicenda FIAT… conferma che le cose stanno diversamente. E lo conferma la stessa azienda quando accusa i manifestanti di aver determinato, con la protesta di qualche giorno la perdita di 12.000 auto… Percorsi di Integrazione
26 aprile: LA REPUBBLICA In prima pagina: FERMA TUTTA LA FIAT LETTERA A MELFI DA MIRAFIORI Nelle pagine interne: LA CRISI DELLA FIAT. Il governo: garantiremo la produzione. Bertinotti sostiene la protesta. Epifani: ritroveremo l’unità sindacale FIAT FERMI TUTTI GLI STABILIMENTI E sotto: A Melfi tre ore di discussione tra i vertici della FIOM dopo le parole di Epifani E ORA NELLA FABBRICA-CASERMA CRESCE LA PAURA DELLO SCONTRO CORRIERE DELLA SERA La notizia viene posta dal Corriere in prima pagina: MELFI POLIZIA PRONTA A INTERVENIRE Per il blocco in Basilicata fermi anche gli altri impianti FIAT e, nelle pagine interne IN PRIMO PIANO MELFI BLOCCA GLI IMPIANTI FIAT L’articolo annuncia il possibile intervento delle forze dell’ordine alle quali è stato rivolto uno specifico invito da parte del sottosegretario al welfare Maurizio Sacconi mentre anche il questore di Potenza Americo Di Censo non esclude un blitz perché, afferma, “è necessario garantire il diritto di quanti vorranno entrare in fabbrica”, mentre aumenta la presenza di polizia e carabinieri in città. A fronte delle dichiarazioni della questura l’articolo dà spazio alle parole di Fausto Bertinotti segretario di Rifondazione Comunista, che descrive la protesta come “la fine di un regime assolutistico” e quelle del responsabile economico dei DS, Bersani, secondo cui l’azienda ha “premuto parecchio sulle condizioni dei lavoratori” ed ha pertanto la responsabilità di “riprendere un dialogo più costruttivo”, mentre interpreta come un invito alla moderazione rivolto alla FIOM le parole del leader della CGIL Epifani: “In PAGINA 68
questi mesi abbiamo lavorato tutti per ricucire l’unità sindacale e io spero che anche a Melfi riusciremo a ritrovarla.” In realtà i sindacati e lavoratori sono divisi. Infatti dallo stabilimento di Mirafiori viene inviata a Melfi una lettera firmata dai lavoratori, in particolare della FIM: “il nostro lavoro è nelle vostre mani” che esorta i colleghi allo sblocco della situazione, mentre la FISMIC giudica inaccettabile l’effetto domino “dato che l’accordo firmato con l’azienda prevede il superamento della doppia battuta”. A fondo pagina viene riportata la testimonianza di un lavoratore di Melfi, Marco, 33 anni che dice solo il nome perché… “a dirla tutta ho paura delle ripercussioni” e che riassume le pessime condizioni di lavoro degli operai (e le ragioni della protesta) in poche battute: “A Melfi gli orari sono peggiori, si lavora sei giorni su sette con turni anche notturni e si fa la famigerata doppia battuta… due settimane di lavoro consecutive, poi tre giorni di riposo e altri 18 giorni consecutivi… nonostante tutto guadagniamo meno rispetto ai colleghi del gruppo che lavorano al Nord… circa 1.500 Euro all’anno in meno. La busta paga netta raggiunge in media i 1.000 Euro al mese compresi notturni e settimana lavorativa con un giorno in più… Il CORRIERE DELLA SERA mantenendo un atteggiamento equilibrato, dedica all’argomento ancora una pagina intera COME SBLOCCARE IL CONFLITTO TUTTE LE POSIZIONI IN CAMPO dedicando una colonna ad ogni punto di vista. LA FIOM-CGIL che ha indetto per il 27 aprile 4 ore di sciopero nazionale e che lamenta l’eccessiva pressione disciplinare che si è concretizzata in novemila provvedimenti nel giro di tre anni. La tesi della FIOM, riportata dal Corriere è che: “quelle forme di lotta sono state decise dalle Rappresentanze sinPAGINA 69
dacali di Melfi e perciò la FIOM non ha il potere né l’intenzione di revocarle. Viene sottolineato anche la distanza dalla posizione del segretario della CGIL Epifani il cui appello ad allentare il picchettaggio è caduto nel vuoto. FIM-CISL, UIL UILM e FISMIC vanno avanti per la loro strada in durissima polemica con la FIOM che accusano di aver trasformato una vertenza sindacale in una battaglia politica. Sotto: Il governo decide di non intervenire, riporta le dichiarazioni del Ministro del Welfare Roberto Maroni che dichiara: “C’è una decisione della FIAT di firmare l’accordo e una decisione della FIOM di non firmarlo. Non capisco cosa dovrebbe fare il governo in questa condizione, se non convincere la FIAT ad accettare un accordo che non vuole accettare. Neanche in Russia succedevano queste cose…”. Ma, si ricorda, se il governo decide di non intromettersi nella trattativa tra azienda e sindacato non esclude di coinvolgere le forze dell’ordine per tentare di ristabilire la normalità: “la dichiarata intenzione del governo di restare fuori dalla partita non significa tuttavia che il governo non possa fare nulla… Il Ministero dell’Interno ha acceso un faro su quello che sta accadendo a Melfi, dove la rimozione dei blocchi… potrebbe concretizzarsi al più presto”. L’azienda, da parte sua lamenta perdite produttive considerevoli pari a 12 mila auto. La perdita è tanto più grave perché il fermo dello stabilimento lucano colpisce i modelli come Punto, e Lancia Ypsilon più richiesti in questo periodo. Paolo Rebaudengo, responsabile delle relazioni industriali della FIAT addirittura definisce “illegali” i blocchi con la motivazione “che causerebbero un danno sproporzionato al gruppo” ed “ha presentato una serie di esposti alla magistratura chiedendo l’intervento delle forze dell’ordine per rimuovere i presidi”. Percorsi di Integrazione
LA STAMPA Un articolo taglio basso in Economia mette in rilievo la lettera degli operai di Mirafiori: FIAT I BLOCCHI DI MELFI FERMANO ANCHE POMIGLIANO. Appello di un gruppo di operai di Mirafiori. Il nostro lavoro è nelle vostre mani e ne riporta ampi stralci: “A Mirafiori abbiamo pagato e stiamo pagando un prezzo pesantissimo per la crisi della FIAT… i dipendenti di Mirafiori hanno sempre mantenuto un comportamento di attenzione e solidarietà verso i lavoratori degli altri stabilimenti e sollecitano quelli di Melfi a non mettere a repentaglio la produzione di stabilimento come Mirafiori che sono a rischio sopravvivenza”, mentre si ribadisce che a causa dello sciopero il danno per la FIAT è dunque destinato a crescere. LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Un articolo in prima pagina taglio centrale: FIAT ASSEDIO ANCHE SOTTO L‘ACQUA Protesta continua. Oggi arriva Bertinotti, domani sciopero FIOM Nella pagine interne in PRIMO PIANO taglio alto descrive le condizioni concrete della protesta sottolineando i disagi causati dal tempo cattivo: MELFI ASSEDIATO LO STABILIMENTO FIAT nonostante la pioggia i lavoratori continuano a mantenere i blocchi stradali. Confermata la mobilitazione al fianco della RSU dell’azienda SATA da parte di FIOM UGL COBAS E FAILMS Vengono riferite le posizioni del segretario nazionale della CGIL EPIFANI: BISOGNA TROVARE UNA SOLUZIONE critico nei confronti delle scelte della FIOM mentre c’è sintonia tra le dichiarazioni dei segretari provinciali rispettivamente di CGIL e UGL: Giannino Romanilli: Percorsi di Integrazione
“Per quanto ci riguarda le condizioni per ripristinare uno stato di normalità e quindi normali relazioni sindacali passano attraverso l’avvio di una trattativa vera sui punti alla base della protesta” e Fossa: “Occorre assolutamente porre fine alle condizioni di lavoro a cui sono sottoposti i ragazzi della FIAT SATA e, per questo, siamo decisi a continuare sulla strada intrapresa”. 27 aprile: LA REPUBBLICA La Repubblica dedica ai fatti di Melfi un titolo in prima pagina, taglio centrale: LA POLIZIA CARICA GLI OPERAI FIAT Epifani accusa l’azienda. Agnelli: regali alla concorrenza, l’articolo di spalla di Luciano Gallino e quattro pagine interne. Gallino definisce le cariche della polizia Scene da anni ’60 e critica fortemente la politica aziendale della FIAT: Continuando a proiettare quel vecchio film la FIAT; con l’aiuto del governo ha ottenuto un risultato imprevisto: il ritorno della classe operaia… Se vuole continuare a produrre mantenendo entro limiti tollerabili il livello di conflittualità in azienda deve innovare radicalmente il modello di relazioni industriali che applica da ormai mezzo secolo… dovrebbe rendersi conto che il modello militar burocratico di organizzazione aziendale è oggi perdente perché cinesi e indiani russi e brasiliani lo sanno ormai applicare con maggior durezza e pagando salari inferiori. Per affrontare la loro concorrenza bisogna puntare a mobilitare l’intelligenza e le capacità professionali dei lavoratori, piuttosto che accentuare lo sfruttamento della loro forza lavoro. All’interno si paragona la vicenda agli scontri di Battipaglia dove nel 1969 morirono due persone mentre più oltre si racconta il clima di contrapposizione tra gli operai: Uno, tre dieci alla volta quelli seduti a terra vengono afferrati per le braccia. Distesi a PAGINA 70
terra con le braccia alzate per far vedere che opponevano solo resistenza passiva. Le cariche hanno l’obiettivo di far entrare al lavoro chi lo desidera, ma nei 17 pullman dietro ai carabinieri pare non vi siano molte persone: nei primi venti o quindici persone negli altri quattro o cinque e che quei pochi si nascondano dietro le tendine. “Ti ho visto: ci vediamo domenica a messa” dice uno dei manifestanti ad un collega. I pochi dipendenti che volevano entrare dopo le cariche sono tornati a casa. Uno di loro aveva inviato un sms a un compagno: “Non fateci passare, tenete duro, non mollate”. Dopo le cariche Arese e Iveco di Milano scendono in lotta. A Mirafiori hanno scioperato gli operai rientrati in turno dopo due settimane di cassa integrazione. Mobilitazioni anche a Pomigliano e Termini Imerese. Si riporta la testimonianza di uno dei 35 operai che sono entrati: “Perché sono al lavoro? Non potevo dire no ai capi. Sembra che se non vai in azienda in questi giorni domani resterai senza lavoro. Mi hanno consigliato (i capi) di infilarmi in campagna verso sera quando era già buio. In verniciatura, il reparto più delicato, da venerdì scorso c’erano alcuni operai che sono rimasti dentro per tre o quattro turni mangiando e dormendo dove si poteva.” In un piccolo box a fondo pagina la notizia della denuncia degli scontri da parte di Dario Fo e altri 12 intellettuali. In un’intervista Epifani dichiara: “La FIAT deve aprire un confronto trasparente … sui problemi che questa vicenda pone. Non un confronto parziale, escludendo un sindacato come la FIOM”. E alla domanda dell’intervistatore sulle dichiarazioni di Fini secondo il quale la FIOM sta mettendo in seria difficoltà la CGIL risponde: “… vorrei ricordare a Fini che a goverPAGINA 71
nare questa lotta accanto alla FIOM ci sono anche l’UGL, un sindacato che dovrebbe conoscere bene – e moltissimi lavoratori non iscritti al sindacato”. Nelle pagine seguenti la notizia della lettera dell’amministratore delegato Morchio ai dipendenti, le dichiarazioni di Agnelli: BRUTTO CLIMA DA ELEZIONI a cui si affiancano le affermazioni di politici e sindacalisti CGIL CISL E UIL IN CAMPO PER SBLOCCARE IL CASO MELFI. Rinaldini trova forzato il paragone con la crisi della FIAT del 1980: “Vent’anni fa a Mirafiori si lottava contro un piano di ristrutturazione. Qui a Melfi i lavoratori si battono per un trattamento dignitoso”. Anche se si può individuare un elemento comune nel “metodo seguito dalla FIAT che pensa di decidere delle sue crisi in modo unilaterale”. Angeletti dichiara: “Lo Stato deve garantire i diritti di tutti, sia di chi vuole scioperare sia di chi non vuole scioperare”. D’Alema: “In un Paese democratico il fatto che si picchino dei lavoratori che si battono per i propri diritti lo trovo inaccettabile”. Fini: “è gravissimo che l’opposizione solidarizzi con i violenti”. Maroni: “Sulla vertenza in sé il governo non può intervenire. È giusto però garantire il diritto di chi vuole entrare al posto di lavoro”. CORRIERE DELLA SERA La notizia degli scontri è in prima pagina: SCONTRI E CARICHE A MELFI. E dando voce ai diversi attori: EPIFANI: OGGI UNA PROPOSTA UNITARIA. PEZZOTTA: ERRORI DI TUTTI. AGNELLI: REGALI ALLA CONCORRENZA. Entrano in scena i politici: Scontro tra i poli: il segretario DS Fassino sostiene che è la FIAT a sbagliare mentre Fini “giudica gravissima la solidarietà della sinistra con i facinorosi”. Percorsi di Integrazione
Il Corriere della Sera dedica a Melfi ben 4 pagine interne oltre all’articolo di spalla di Massimo Mucchetti che parla di “muro contro muro tra azienda e FIOM, cariche della polizia, spaccature dei sindacati e che fa un resoconto preciso della situazione sottolineando come l’adeguamento iniziale alle condizioni imposte dall’azienda 10 anni fa da parte di lavoratori con un’età media di 26 anni non potesse durare per sempre e come, quindi, la crisi attuale “andasse prevenuta … definendo una scadenza per le condizioni di minor lavoro pattuite con i lavoratori del Mezzogiorno” sostenendo come al di là delle presunte motivazioni politiche di ognuno “tornare ad investire in scioperi sarebbe la peggiore delle soluzioni”. A pagina 10, ancora IN PRIMO PIANO: CARICHE AI CANCELLI, A MELFI IL GIORNO DEGLI SCONTRI. Operai feriti. Colpita una funzionaria di polizia, la cronaca degli scontri avvenuti malgrado la mediazione dei parlamentari Niki Vendola (RC) e Piero Di Siena (DS). Viene messo in evidenza l’atteggiamento fermo, ma pacifico dei manifestanti che affrontano i poliziotti schierati a testuggine con le mani alzate e al grido di “Pace Pace”. Uno alla volta vengono sollevati da terra e portati via. Sempre con le braccia tese, in segno di resa, i manifestanti tornano però a fronteggiare gli agenti al fianco dei loro compagni. Il piano di intervento di circa 450 agenti fatti convergere su Melfi durante la notte dalle zone limitrofe è così descritto: se l’ordine è quello di ripristinare la legalità l’invito è a mantenere l’equilibrio. Il Corriere dedica alla notizia altre due pagine intere. LA MEDIAZIONE DI CGIL CISL E UIL: OGGI LA PROPOSTA Epifani polemico nei confronti della FIAT dichiara: “le modalità con le Percorsi di Integrazione
quali si intende il rapporto con i lavoratori mi sembra improntato a una logica vecchia”, sostenuto da Fassino: “L’azienda dovrebbe fare una riflessione autocritica” e da D’Alema: “Non si bastona chi difende i propri diritti”. In un trafiletto viene riportato l’episodio occorso a Donato De Rosa, sindacalista UILM che si è recato davanti ai cancelli per cercare un confronto con i colleghi in sciopero e ricavandone una serie di insulti: E l’operaio UILM tenta il dialogo, mentre a fondo pagina le condizioni di lavoro degli operai FIAT vengono confrontate con quelle dei colleghi della Volkswagen della Repubblica Ceca, della Renault in Romania, della Peugeot Citroen in Slovacchia e dello stesso Lingotto in Polonia. Nella pagina successiva vengono forniti una serie di dati sull’assetto e le produzioni del gruppo FIAT in Italia, mentre lo stabilimento produttivo di Melfi viene descritto come: IL CUORE DEL GRUPPO INVIDIATO ANCHE DAI GIAPPONESI per la particolare efficienza dell’organizzazione della produzione aziendale e dell’indotto basato sul just in time. Nella pagina ancora seguente vengono riportate le opinioni di Savino Pezzotta, leader della CISL: “FIOM un problema di tutti e non della CGIL” e di Pierluigi Bersani, responsabile economico dei DS: “A questi fatti si arriva per l’incredibile sottovalutazione dei temi del lavoro… Noi DS stiamo cercando di ricucire lo strappo”. LA STAMPA In prima pagina la notizia degli scontri: Cariche della polizia contro i picchetti: una decina di feriti. CGIL CISL e UIL cercano una soluzione SCONTRI A MELFI STABILIMENTI BLOCCATI La Stampa punta comunque sulla crisi dell’azienda Agnelli e Morchio: PAGINA 72
A rischio il risanamento della FIAT. C’è il pericolo che le produzioni finiscano a Est All’interno due pagine in Economia: in alto la grafica racconta LA STORIA DI UNA FABBRICA MODELLO e, più in basso: SCONTRI A MELFI BLOCCATI TUTTI GLI STABILIMENTI FIAT. L’articolo traccia una connessione tra le proteste di Melfi e le recenti mobilitazioni sociali e civili che hanno interessato il Sud e la Basilicata in particolare: qui i ritmi di lavoro sono più duri… ma qui hanno anche visto, negli ultimi mesi, che la politica dl blocco stradale fa vincere… è andata bene a Rapolla dove gli abitanti protestavano contro l’elettrodotto che passava vicino casa … ed è stata un successo la protesta di Scanzano contro la discarica delle scorie nucleari. Venendo allo scontro con la polizia, che peraltro è l’unico quotidiano a non aver paventato nei giorni scorsi, secondo La Stampa è stato: rapido, concitato, non poi così violento. Si sono fatti male una decina di operai. Il quotidiano torinese dedica anche un articolo alle ripercussioni del blocco nella città: TORINO PREOCCUPATA PER MIRAFIORI Appello di Chiamparino: serve la mediazione del governo e un articolo alle dichiarazioni di Umberto Agnelli: AGNELLI: COSÌ REGALIAMO VETTURE ALLA CONCORRENZA, nonché il testo integrale della lettera inviata da Morchio a tutti i dipendenti FIAT e un riquadro in taglio basso che riporta un’intervista ad Angeletti: BASTA SCELTE UNILATERALI Bisogna avviare la trattativa, sbagliato fermare la fabbrica. LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO In prima pagina: FIAT IL LUNEDÌ CALDO DI MELFI LA POLIZIA CONTRO I BLOCCHI. 13 fePAGINA 73
riti. I sindacati: gravissimo. Melfi caso politico. Bertinotti tra i manifestanti. D’Alema inaccettabile quanto accaduto L’articolo di spalla dal titolo Quale la vera posta in gioco. Vinca il lavoro ma anche la FIAT rivendica la necessità di riconoscere accanto alla libertà sindacale anche la libertà di ognuno di fare ciò che vuole anche contro i propri interessi Alle pagine 2 e 3 IN PRIMO PIANO: LA FIOM: SCIOPERO GENERALE. CGIL CISL E UIL cercano una difficile intesa. Sotto il punto di vista della FIAT: Umberto Agnelli preoccupato: Si stanno regalando vetture alla concorrenza. Morchio scrive ai dipendenti: danno gravissimo, a rischio il lavoro fatto Le reazioni dei politici vengono così descritte: Maggioranza per la linea dura A pagina 3 la cronaca degli scontri e la voce dei lavoratori: MELFI È IL GIORNO DEGLI SCONTRI Colpita da una pietra anche la vicequestore I lavoratori: Siamo malpagati, la favola dei mega investimenti è finita Alla pasta e alla brioche ci pensa lo stabilimento della Barilla La FIOM lascia il tavolo delle trattative perché non vuole rimuovere i presidi e chiede che partecipino anche una delegazione dei lavoratori e una dei COBAS Rosa 33 anni racconta: “Dobbiamo per forza accettare quello che ci passano altrimenti ci mandano a casa” dice “non scriva il cognome altrimenti mi possono punire”. Nella CRONACA DI POTENZA altre due pagine piene dedicano spazio alle prese di posizione dei politici lucani. Parlamentari lucani in prima linea per tentare di ricucire lo strappo e riportare la calma a San Nicola. Il senatore Di Siena (DS) sostiene che: Percorsi di Integrazione
“Le cariche della polizia contro i lavoratori della FIAT di Melfi ci riportano ai periodi più bui della nostra Repubblica, ad un clima di pesante intimidazione contro chi sciopera per il lavoro. È l’ennesima conferma che in Italia c’è un governo reazionario che attacca tutti i diritti…”, Giuseppe Molinari della Margherita ribadisce che: “L’uso della forza non aiuta a trovare una soluzione” e Mario Lettieri pure della Margherita chiede che: “Intervenga il Ministro per far cessare la violenza.” Dalle pagine della GAZZETTA DI POTENZA Fausto Bertinotti fa la seguente considerazione: “Questo tentativo di repressione è stato sconfitto dalla vostra unità. LA FIAT non vuole che nella fabbrica che ha eletto a proprio modello vi siano lavoratori che pensano con la propria testa. Quello che è accaduto qui non è successo in altre lotte che si sono svolte nei mesi scorsi. A Scanzano Ionico, ad esempio, in cui sono state bloccate le strade e ferrovie per due settimane non è successo niente del genere. Qui a Melfi invece è accaduto” La Gazzetta del Mezzogiorno dà spazio alle ripercussioni della protesta sui rapporti sociali locali. Scopriamo che Faotico (CISL) e Delicio (UIL): chiudono i rapporti ufficiali con la CGIL e annullano le manifestazioni previste per il Primo Maggio a Potenza 28 aprile: LA REPUBBLICA Due pagine interne: LA CRISI DELLA FIAT SVOLTA PER LA CRISI. A MELFI SINDACATI E FIAT TRATTANO. Dopo la riapertura del tavolo dell’intesa con la partecipazione di FIOM UGL e altre RSU Sembra superata ormai nei fatti l’intesa separata sottoscritta venerdì scorso Viene dato spazio alla testimonianza di Francesco Mobilio, poliziotto e sindacalista: Quelle cariche con un peso al cuore: Gli operai sono nostri Percorsi di Integrazione
fratelli: “Non è facile nemmeno per noi. Un conto sono gli ultrà allo stadio, un conto gli operai…” E UN SEGNALE DA ROMA SBLOCCHERÀ GLI IMPIANTI. Inutili cariche Viene messo in rilievo l’intervento dei vescovi lucani che condannano le cariche, ma anche i metodi della lotta: giusta nei contenuti la lotta che però può diventare distruttiva nei metodi. In taglio basso una intervista a Giuseppe Morchio, amministratore delegato della FIAT: “Il ruolo di Melfi va collocato nel momento che sta vivendo la FIAT auto. L’azienda non è guarita… c’è un’apertura da parte nostra, intesa come disponibilità ad esaminare i problemi. Ma resta il fatto che sono inaccettabili modalità di lotta che producono danni enormi e bloccano il processo di risanamento”. Nelle pagine economiche una intervista a Pierpaolo Barretta segretario CISL secondo il quale la strada da imboccare è quella della Democrazia economica: “Regole e partecipazione, coinvolgimento dei lavoratori nella gestione e nei processi produttivi sono l’unica strada per evitare l’incancrenirsi delle situazioni”. CORRIERE DELLA SERA La notizia in prima pagina titola: SI TORNA A TRATTARE. Morchio: siamo a una svolta e due pagine interne IN PRIMO PIANO vengono dedicate alla vicenda anche il giorno successivo agli scontri. In questa giornata di sciopero nazionale di 4 ore proclamato dalla FIOM il Corriere propone un viaggio tra gli operai degli altri stabilimenti FIAT chiusi a causa dell’effetto domino dovuto al blocco della produzione a Melfi, Cassino, Mirafiori, Arese riportandone le posizioni diverse e sfumate. “UILM e FIM CISL sono i sindacati più rappresentativi a Cassino. Non condividono la linea duPAGINA 74
ra scelta dalla FIOM-CGIL a Melfi”. A Mirafiori si fanno avanti i moderati della FIOM: a Melfi vertenza politicizzata. Solidarietà sì, ma quante incertezze. Da Pomigliano, invece, gli operai arrivano in pullman a sostegno dei colleghi di Melfi facendo anche una tappa per manifestare davanti alla prefettura di Napoli con slogan come: “Via le truppe dall’Iraq, via la polizia da Melfi” o “La FIAT di Melfi non può essere una caserma, diritti per tutti”. E Corrado delle Donne dello SLAI COBAS di Arese considera: “Da noi sono stati chiusi interi reparti per spostare la produzione dove stipendi e condizioni di lavoro sono peggiori. Alla fine la battaglia di chi pretende orari umani e turni sostenibili è anche la nostra”. In seguito all’incontro con i leader confederali (SVOLTA PER MELFI RIPARTE IL NEGOZIATO) l’amministratore delegato FIAT Morchio dichiara: “È stato definito un percorso per far ripartire il confronto. Il dialogo è aperto a tutti”. La condizione posta è stata quella della rimozione dei blocchi contestualmente all’avvio della trattativa, condizione condivisa da CGIL CISL e UIL e accolta immediatamente dall’UGL. La FIOM conferma invece lo sciopero di 4 ore. Il Corriere della Sera dà conto della mancata produzione di 21.000 autovetture. A Gianni Rinaldini, leader della FIOM viene dedicato un articolo: QUEL LEADER MAI STATO METALMECCANICO CHE VUOL FAR PASSARE LA LINEA DURA IN CGIL. Rinaldini ricorda Claudio Sabbatini, leader storico della FIOM, recentemente scomparso che diceva che la riscossa degli operai sarebbe ripartita da Melfi. Il quotidiano dà per scontata una resa della FIOM alle condizioni poste dall’azienda a dispetto della “linea dura” sostenuta dal leader, eredità di Sabbatini, appunto. PAGINA 75
LA STAMPA In prima pagina un piccolo box titola: FIAT RIPRENDE LA TRATTATIVA. Verso la revoca dei blocchi agli stabilimenti di Melfi e rimanda a un articolo in taglio alto in Economia: SVOLTA PER MELFI RIPRENDE LA TRATTATIVA che viene descritta come un anticipo della trattativa fissata per il 4 maggio nell’intesa rifiutata da FIOM UGL e COBAS. Vengono riportate le parole di Morchio: “C’è stata una svolta… sono momenti difficili… c’è un solo obiettivo per tutti noi, quello di rilanciare l’industria italiana dell’auto. La nostra apertura al confronto è importante e significativa, ma naturalmente deve essere contestuale all’eliminazione dei blocchi. Secondo La Stampa la linea dura della FIOM è da attribuire al fatto che “non sembra affatto avere il controllo dei delegati protagonisti della lotta”. LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO In prima pagina titola: TRA FIAT E SINDACATI DISGELO SU MELFI, ma nella CRONACA DI POTENZA apprendiamo come la rimozione dei blocchi non sia un’iniziativa immediata e unanime I BLOCCHI RESTANO E LO SCIOPERO SI FARÀ Spaccatura nell’UGL Giorgio Cremaschi segretario nazionale della FIOM, poco prima dell’incontro con le RSU aveva affermato che “se riapre veramente la trattativa dobbiamo essere disposti alla modifica dell’iniziativa di lotta”. L’UGL, secondo direttive impartite a livello nazionale ha stabilito di abbandonare da subito i presidi. Giuseppe Fossa per facilitare il dialogo e la trattativa con la controparte. Ma alcuni componenti dell’UGL hanno deciso di continuare nella protesta così come si sta svolgendo. Scorrendo l’articolo scopriamo anPercorsi di Integrazione
che che: Nel corso della manifestazione in programma a Torino gli operai indosseranno magliette con la scritta ”Siamo tutti operai di Melfi”. E inoltre vengono riferite alcune voci del dibattito sul caso FIAT MELFI Ottaviano Del Turco dice: “penso sia difficile che i sindacati dei metalmeccanici possano ricomporre la loro unità, per questo ritengo che sia arrivato il momento in cui le confederazioni debbano riassumere sotto la loro responsabilità la ripresa del negoziato”. Radice, coordinatore provinciale della Margherita, esprime: Solidarietà ai lavoratori della SATA come pure Del Noce del PRC che parla di: ”clima cileno”. Cerella e Mollica dei Verdi sostengono: “La nostra presenza insieme a quella di altri parlamentari ha impedito ulteriori atti violenti”, secondo Sabino Altobello dei DS: “le proteste di questi giorni testimoniano un malcontento diffuso da anni e che adesso è esploso… non serve a nessuno continuare a seguire la logica del muro contro muro”, mentre un esponente della federazione locale del Movimento Sociale Fiamma Tricolore afferma: “Bene ha fatto l’UGL a sostenere le lotte dei lavoratori. La Destra di governo ha gettato la maschera rivelando l’antisocialità della sua natura”. Viene riferita anche la testimonianza di un lavoratore che dice: “temiamo ritorsioni”. L’impegno istituzionale per affrontare il caso Melfi viene così riassunto: Montecitorio semideserto analizza il caso FIAT, ma anche il Consiglio Regionale si è concluso con un nulla di fatto. In tarda serata, infatti, per mancanza di numero legale il parlamentino lucano non ha votato l’ordine del giorno sottoscritto in accordo con l’opposizione e in cui si invitava l’azienda ad anticipare l’incontro programmato per il 4 maggio. Percorsi di Integrazione
Anche LA GAZZETTA DI POTENZA dedica alla SATA numerose pagine all’interno: LA FIAT RIAPRE ILNEGOZIATO. Segnali di apertura dalla FIAT CHE A ROMA ha incontrato i vertici di CGIL CISL E UIL. MA la FIOM conferma lo sciopero e con le RSU mantiene i blocchi ai cancelli. Vengono fornite alcune cifre relative alla partecipazione alla manifestazione 20.000 secondo la FIOM 3.000 secondo la questura. Una foto con didascalia: IL RIPOSO DEL GUERRIERO mostra un operaio sdraiato a terra dopo il corteo. 29 aprile: LA REPUBBLICA Un richiamo in prima pagina: A MELFI ANCORA PICCHETTI LA TRATTATIVA RIMANE CONGELATA a fianco al titolo di testa su ALITALIA Una pagina interna: LA CRISI DELLA FIAT FIAT MELFI ANCORA BLOCCATA LA TRATTATIVA RESTA AL PALO. La FIOM affida all’assemblea di oggi la decisione dei presidi. La manifestazione viene definita: IL CORTEO CONTRO IL TEMPO PERDUTO “QUI NIENTE SARÀ PIÙ COME PRIMA” e ampio spazio viene dato alle opinioni degli operai e alla trasformazione del loro atteggiamento dall’apertura della SATA ad oggi. Gli operai: dieci anni fa non conoscevamo la fabbrica ora vogliamo lavorare con dignità Secondo Rinaldini: “La FIAT ha capito che chi è troppo arrogante e prepotente si mette su una strada disastrosa”. La cronaca della manifestazione mette in evidenza la partecipazione, non apprezzata da tutti i politici: Marco Rizzo del PDCI che fa le foto col telefonino e le manda non si sa a chi. Si fa vedere anche Achille Occhetto. Passa il fuoristrada dei COBAS di PomiPAGINA 76
gliano d’Arco – ormai fisso a Melfi – e il commento non si fa attendere: Sono arrivati anche i politici… per dire: vota Antonio La Trippa. CORRIERE DELLA SERA IN PRIMO PIANO in taglio alto: MELFI FALSA PARTENZA PER LA TRATTATIVA. Vengono riportate cifre contrastanti sull’adesione allo sciopero promosso dalla FIOM: 70% secondo il sindacato della CGIL, il 13% secondo Federmeccanica. L’articolo di spalla è dedicato alla crisi interna alla CGIL: E per il leader Epifani si apre la sfida: neutralizzare i massimalisti delle tute blu. La divergenza tra la FIOM e la CGIL si sovrappone alla vertenza in atto Vengono riportate le dichiarazioni di Giorgio Caprioli, CISL: “È in corso un’operazione pesante: il vertice della FIOM sta usando la vertenza di Melfi per mettere in discussione Epifani e la sua linea di unità tra CGIL CISL e UIL” e Guidalberto Guidi, vicepresidente di Confindustria dice che “ormai non ci sono più tre confederazioni, ma quattro”. L’articolo descrive lo scontro alla CGIL come una partita in corso che vede come protagonisti Epifani, il riformista di matrice socialista che vuole l’unità sindacale… e Rinaldini che teorizza l’indipendenza della FIOM e il ritorno al conflitto. LA STAMPA Un piccolo box in prima pagina titola: STAMANE LA FIOM TOGLIE I BLOCCHI A MELFI NEL POMERIGGIO RIPRENDE LA TRATTATIVA e rimanda ad un articolo dal titolo pressoché identico in taglio alto nelle pagine economiche interne. Un piccolo riquadro che si riferisce a quei lavoratori, a sinistra della FIOM, sarebbero per mantenere i blocchi a oltranza, titola: GLI OPEPAGINA 77
RAI RESTANO DIFFIDENTI LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Un articolo in taglio alto IN PRIMO PIANO titola: MELFI IL CORTEO DEI VENTIMILA a fianco degli operai lucani i colleghi di Torino e Bologna e i gonfaloni dei comuni pugliesi. La solidarietà dei colleghi di altri stabilimenti si concretizza anche in contributi economici: Da Termini 25.000 Euro in dono, mentre la questura promulga altre 7 ordinanze di sgombero. L’articolo dà voce ad alcuni giovani lavoratori. Apprendiamo anche che: l’età media dei lavoratori della zona industriale ottomila persone indotto compreso è di 33 anni. Il 21% è rappresentato da donne. Viene messa in evidenza anche la testimonianza di uno dei 35 in fabbrica durante la protesta Io crumiro, ho lavorato per non sconfessare la FIAT Uno di loro accetta di raccontare la sua versione dei fatti, a patto che gli venga garantito l’anonimato. “Se capiscono chi sono – dice riferendosi sia all’azienda che ai colleghi – qui finisce male. Perché sono entrato? Non potevo rifiutarmi. Un dirigente mi ha telefonato chiedendomi di raggiungerlo sul posto di lavoro per risolvere una questione relativa a materiali deperibili. Se non avessi accettato mi è stato detto l’azienda avrebbe perso diverse migliaia di Euro. ”L’intera vicenda rischia di essere strumentalizzata a livello politico. Si poteva chiedere un incontro ai vertici… senza paralizzare il pianeta FIAT”. LA GAZZETTA DI POTENZA titola: IL CUORE OPERAIO PULSA A MELFI e riporta Le voci del dibattito sulla vicenda degli operai di Melfi Salvatore Margiotta della Margherita è sicuro che: “La ripresa della trattativa è la strada giusta per trovare una Percorsi di Integrazione
soluzione alla vicenda”, e secondo Francesco Caruso dei Disobbedienti: “Se si vince questa battaglia si dà un freno all’ondata di precarizzazione del mondo industriale”. Maurizio Bolognetti, esponente dei Radicali ribatte: “ La politica aziendale della FIAT sembra essere ispirata a regole ottocentesche. Dalla doppia battuta all’enorme e singolare numero di provvedimenti disciplinari le condizioni lavorative sono decisamente inaccettabili… sarebbe il caso che la FIAT rendesse moderne anche le politiche aziendali e i rapporti con i lavoratori… Ai sindacalisti chiedo: Dove siete stati negli ultimi dieci anni?” Sostegno ai lavoratori della SATA giunge anche da parte dell’Associazione lucani del Canada e il Forum regionale dei giovani mette in relazione la protesta con la festa dei lavoratori: “L’esempio di fermezza che viene da Melfi ci deve indurre ad avere la massima considerazione per la ricorrenza del Primo Maggio”. 30 aprile: LA REPUBBLICA In taglio basso il titolo è: MELFI PROVA A RIPARTIRE OGGI. GLI OPERAI: ABBIAMO VINTO NOI (Jennifer Meletti) La situazione all’esterno della fabbrica viene descritta come caotica e con atteggiamenti diversi da parte dei lavoratori. Alle 13.35 il primo pullman con dentro tre operai supera quello che era il blocco. Alcuni operai affermano: “La FIAT ha finalmente capito che con noi non si scherza”, “Torneremo al lavoro perché l’abbiamo deciso noi. Abbiamo fatto vedere a tutta Italia che esiste anche la classe operaia di Melfi”. LA FIOM dopo aver tolto i picchetti ha dichiarato uno sciopero di 8 ore e di ulteriori 6 ore per il turno di notte. I pochi che entrano vengono accolti con frasi come: “Ti pagano bene a fare il servo alla FIAT?”. Malgrado le contestazioni Percorsi di Integrazione
degli operai aderenti ai COBAS, contrari alla rimozione dei picchetti (“Dopo dieci giorni di lotta sotto la pioggia e le botte non possiamo accettare le briciole”) la posizione di Gianni Rinaldini è chiara: “La FIAT è stata costretta ad accettare il confronto e se non cambiamo le forme di lotta diranno che siamo noi quelli che non vogliono il negoziato” e Giuseppe Cillis, segretario provinciale della FIOM afferma: “Abbiamo due possibilità: o torniamo in fabbrica perché lo decidiamo noi, e mettiamo a frutto i risultati della lotta, o in fabbrica ci spingono i carabinieri con l’ordinanza del giudice”. CORRIERE DELLA SERA Il Corriere dedica alla vicenda una doppia pagina: IN PRIMO PIANO MELFI FINISCONO I BLOCCHI PARTE LA TRATTATIVA CON LA FIAT Ma continuano gli scioperi. L’articolo mette in luce la posizione paradossale del leader della FIOM: considerato dai più come un ostacolo al negoziato (SUL NEGOZIATO PESA ANCORA LA RIGIDITÀ DELLA FIOM) viene duramente contestato dai COBAS quando propone la rimozione dei blocchi: “Gli operai di Melfi devono guadagnare quanto quelli di Mirafiori” tuona Vincenzo Russo, coordinatore nazionale della FAILMS “se ci concedono questo siamo pronti a togliere i picchetti”. Il conteggio delle “auto perse” è secondo l’azienda pari a 30.000. LA STAMPA Un solo articolo in taglio centrale nelle pagine economiche interne recita: Confronto difficile. Morchio: non pregiudicare il rilancio della FIAT TOLTI I BLOCCHI MELFI SI RIMETTE IN MOTO Trattativa fino a tarda sera, ma la FIOM sciopera ancora Vengono date le stime dei lavoratoPAGINA 78
ri che decidono di rientrare 100 secondo i delegati, 300 secondo la FIAT e viene riportata la posizione di Rinaldini: “Togliere i blocchi, non sospendere le proteste (ma con altre forme di lotta) e riprendere il negoziato”. A trattativa iniziata Morchio precisa: “con la rimozione dei blocchi illegali siamo pronti al confronto con i sindacati. Naturalmente si tratta di non pregiudicare il processo di risanamento e di rilancio della FIAT.” Viene citato anche il commento del presidente di Federmeccanica Alberto Bombassei: “Sono soddisfatto che abbiano rimosso i blocchi: era prevedibile. Penso che l’intervento delle confederazioni abbia sortito effetto. Adesso abbiamo riportato l’unitarietà in quello che era diviso”. LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO In prima pagina l’articolo di spalla titola: Come cancellare i salari tagliati. L’autore, Tito Boeri sostiene che: A Melfi si è consumato il fallimento di un progetto coltivato non solo dalla FIAT, ma soprattutto da chi ha gestito le politiche nel Mezzogiorno in questa legislatura e sul finire di quella precedente: l’idea di decentrare la contrattazione salariale con accordi a livello territoriale anziché azienda per azienda. All’interno un articolo in taglio basso: Perché non ci sono risposte nella trattativa tra FIAT e sindacati. La protesta si trasforma in assemblea permanente per seguire il confronto con l’azienda. Secondo La Gazzetta del Mezzogiorno: Sul disgelo ha pesato la notifica ai vertici sindacali delle sette ordinanze di sgombero emesse dal giudice civile di Melfi. Se non ci fosse stata la ripresa spontanea dei presidi… sarebbe toccato alle forze dell’ordine far rispettare i provvedimenti. Tuttavia l’unanimità dei consensi sulla proposta di Rinaldini segna una svolta nella storia PAGINA 79
sindacale dello stabilimento. Il livello di forza raggiunto va capitalizzato con l’obiettivo di cancellare definitivamente il passato, caratterizzato da soprusi, da 2.500 provvedimenti disciplinari in un anno. Lo hanno denunciato durante gli interventi i delegati sindacali licenziati. E, poco oltre, leggiamo che: la filosofia della fabbrica integrata che sforna una Punto ogni 72 secondi non è più di moda. 1 maggio: LA REPUBBLICA Una pagina interna IL CASO MELFI riferisce la cronaca della giornata del 30 quando operai in tenuta da lavoro si presentano davanti ai cancelli per rientrare, ma alla notizia della sospensione della trattativa decidono diversamente Debbono ancora iniziare a discutere? Allora restiamo qui con voi. E l’articolo prosegue: Succedono cose strane nella lotta degli operai a Melfi. Quando c’erano i blocchi qualcuno entrava… Ora che auto e pullman possono raggiungere i cancelli si è creato un blocco che sembra davvero impermeabile. In merito all’episodio della aggressione (non confermata dalla questura) della delegata vengono citate le parole di Epifani: “rischiamo di tornare al punto di partenza, eventuali intimidazioni vanno condannate”, ma anche la testimonianza di un operaio che sconfessa la sindacalista: L’ho vista sul pullman: nessuna violenza CORRIERE DELLA SERA Un articolo nelle pagine interne: MELFI TENSIONI E TRATTATIVA SOSPESA. La FIM chiede che sia ripristinata l’agibilità sindacale a Melfi, cioè che finisca il clima di intimidazione creato dalle centinaia di persone che stazionano in permanenza davanti ai cancelli, anche dopo la rimozione dei blocchi che ostruivano le vie d’accesso Percorsi di Integrazione
alla fabbrica. La mancata conferma dell’incidente da parte dell’autorità viene definita un giallo, ma viene data voce anche alla sindacalista che denuncia: sul pullman un fotografo, poi le minacce. LA STAMPA Un articolo in Economia: TORNA IN ALTO MARE IL CONFRONTO SULLA FIAT DI MELFI Posizioni distanti, l’azienda apre, la FIOM dice ancora no. Riferendosi all’episodio il quotidiano torinese afferma: secondo fonti della FIAT episodi di intolleranza (se non di vera e propria intimidazione violenta) come quelli denunciati dalla FIM sono all’ordine del giorno. Poco oltre, vengono riportate le condizioni poste dall’azienda sul tavolo della trattativa: La FIAT… ha presentato uno schema per superare la cosiddetta doppia battuta… che comunque si verifica solo due volte l’anno. Sul salario invece la disponibilità dell’azienda resta limitata e comunque legata all’andamento economico di FIAT auto. Secco no, infine alla richiesta di cancellazione dei provvedimenti disciplinari. LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Nelle pagine interne riferisce lo stallo della trattativa: FIAT DI MELFI LA TRATTATIVA È SALTATA. FIM E CISL DENUNCIANO L’AGGRESSIONE A UNA DELEGATA E LASCIANO IL TAVOLO E sotto: IL TAVOLO DELLA FIAT NON STA IN PIEDI Prima erano i blocchi, ora è il clima: fatto sta che a Roma non si tratta LA GAZZETTA DI POTENZA titola in prima pagina: Negoziatori senza negoziato. La FIAT non vuole sentire parlare di soldi e, nelle pagine interne: Percorsi di Integrazione
La cronaca dell’ennesima giornata di passione a San Nicola DESERTO NELLA FABBRICA In pochi varcano i cancelli. Un delegato commenta: “abbiamo tolto i presidi, ma la gente non va a lavorare e questa è la dimostrazione che la nostra è una lotta sentita”. 3 maggio: LA REPUBBLICA In Economia in taglio alto un articolo dedicato alle dichiarazioni del ministro Maroni: MARONI ATTACCA I SINDACATI: “Aerei e Melfi, flop di CGIL CISL e UIL. Scioperi, si cambia”: Maroni torna all’attacco contro i sindacati… Partendo dalle questioni FIAT e ALITALIA il Ministro del Welfare ha voluto fare una decisa apertura ai COBAS: “Quando i sindacati prendono l’impegno di fronte al governo di sospendere i blocchi e poi non riescono a mantenerlo – ha detto riferendosi a CGIL CISL e UIL – si pone un problema di rappresentanza. Il rischio è che il sistema attuale non sia in grado di governare i conflitti”. Dure le risposte dei segretari. Pezzotta: “ Se Maroni vuole il casino lo dica” Sotto risponde in una intervista Giorgio Cremaschi della FIOM: FAREMO REFERENDUM SU OGNI INTESA “Crisi di rappresentanza? Si risolve solo con la democrazia pura”, mentre un trafiletto ci aggiorna: LA VERTENZA Dall’assemblea altre 8 ore di sciopero. LA FABBRICA RESISTE: DOMANI IN PIAZZA DAVANTI ALLA FIAT. Blocchi rimossi ma attività ridotta al minimo. CORRIERE DELLA SERA Un articolo nelle pagine economiche. Alla FIOM definita come la “quarta confederazione” e alla spaccatura con il resto della CGIL viene dedicata un’inchiesta nelle pagine economiche. La FIOM è prossima al Congresso (dal 3 al 5 giugno) le cui PAGINA 80
parole d’ordine sono: “L’indipendenza e il ritorno al conflitto come mezzo principale per le conquiste dei lavoratori” LA STAMPA Un articolo in Economia ribadisce il punto di vista dell’azienda: A Melfi si cerca il dialogo. Ma la FIOM rifiuta le aperture del Lingotto Si conferma la disponibilità dell’azienda a valutare cambiamenti nei turni di notte, ma la scarsa disponibilità ad adeguare i salari in questo frangente difficile per il gruppo torinese, mentre la CISL organizza una manifestazione di protesta contro le intimidazioni. Viene riportata la dichiarazione del Ministro per le Telecomunicazioni Maurizio Gasparri: “Quella di Melfi è una situazione che non può essere sottovalutata né trascurata. Bisogna però fare appello alla responsabilità di tutte le parti. Bisogna recuperare il senso concreto di un confronto tra le parti sociali volto a tutelare quello che è uno dei maggiori investimenti più importanti nel Sud”. LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Una pagina interna IN PRIMO PIANO: Sfiduciati ma determinati: il fronte della tensione resta vivo dopo lo stop al negoziato MELFI LA PROTESTA RESTA e LA FIOM CGIL annuncia sciopero a oltranza L’articolo di spalla (Raffaele Nigro) dal titolo: Basilicata, cultura operaia ma anche cultura dello spirito e della mente fa alcune considerazioni su come è andato mutando l’assetto di una comunità un tempo esclusivamente contadina e terziaria nel giro di dieci anni. Più sotto veniamo a conoscenza della posizione degli agenti delle forze dell’ordine: Vertenza FIAT Una lettePAGINA 81
ra denuncia al questore e al prefetto E LA POLIZIA CHIEDE RINFORZI Non siamo in grado di assicurare la vigilanza 24 ore su 24 nell’area della protesta 4 maggio: LA REPUBBLICA Un articolo breve in taglio basso nelle pagine economiche recita: MELFI PROVE DI DIALOGO TRA I SINDACATI. Mentre viene riportata la testimonianza della sindacalista aggredita E l’operaia racconta l’aggressione. Veniamo aggiornati anche sul conteggio relativo alla mancata produzione: L’azienda: a causa del blocco fino ad oggi abbiamo perso 35.000 vetture. CORRIERE DELLA SERA Un articolo in economia in taglio alto mette in risalto il proseguimento dell’effetto domino: FIAT LO STOP DI MELFI FERMA CASSINO. Non arrivano i ricambi dallo stabilimento lucano. Mentre tornano al lavoro non più di 400 operai su 5.000, l’azienda ribadisce la propria posizione, facendo ricadere ogni responsabilità sui lavoratori: È necessario “ripristinare condizioni di normalità in tempi brevi soprattutto perché l’azienda è impegnata in uno sforzo decisivo di investimenti in tecnologie e nuovi prodotti che non va pregiudicato. Inoltre in serata la FIAT diffonde un comunicato dove dice di ritenere: ormai indispensabile e urgente la piena ripresa dell’attività produttiva” e dichiarandosi disponibile al confronto tra le parti. La trattativa è ferma a causa della manifestazione proclamata dalla FIOM a Roma. Giorgio Caprioli, segretario generale della FIM sostiene che: “esistono i margini per riprendere un discorso comune da parte di tutte le sigle sindacali”. LA STAMPA Percorsi di Integrazione
delegata CISL ma non condivido il blocco della trattativa.
In prima pagina un piccolo riquadro: MARONI: VANNO CAMBIATE LE REGOLE DEGLI SCIOPERI, rimanda alle pagine interne dove viene precisato che il ministro, duramente criticato da Pezzotta (“la colpa del caos è del ministro”) auspica anche la revisione della rappresentanza sindacale. Nella pagina seguente si puntualizza il danno economico dello sciopero: Lo stallo di Melfi penalizza il titolo in borsa. LA FIAT: PERSE 35.000 AUTO. È URGENTE RIPARTIRE: la vertenza dello stabilimento FIAT di Melfi… sta provocando danni a catena al gruppo torinese e a una fetta consistente dell’industria italiana dell’auto. La Stampa lamenta la scarsa produzione: Nonostante da Melfi siano potuti partire i componenti destinati alle altre fabbriche… nello stabilimento lucano le catene di montaggio non si sono rimesse in movimento. Ieri hanno lavorato solo 400 dipendenti. Troppo pochi per far lavorare a pieno ritmo le altre fabbriche. In un riquadro in basso viene poi riportata la testimonianza della delegata CISL: FOTOGRAFATA E MINACCIATA MENTRE ENTRAVO IN FABBRICA
5 maggio: LA REPUBBLICA Una pagina in Economia: MELFI RIPARTIRÀ LA TRATTATIVA. I lavoratori FIOM a Roma. Oggi sciopera la CISL Viene riferita l’opinione di Cesare Romiti secondo il quale il procrastinarsi di questa situazione “È stato un errore, la vertenza andava immediatamente chiusa nello stabilimento, localmente”. Repubblica racconta come per molti operai questa sia la prima vera manifestazione: IN PIAZZA PER LA PRIMA VOLTA: “CI TRATTANO COME BULLONI” Racconta una lavoratrice: “Mi sono scocciata di essere un nulla… io non sono iscritta a nessun sindacato. Pensavo non servisse in una fabbrica così moderna. E invece lunedì 19 aprile ci siamo accorti di essere un nulla. Avevamo fatto due ore di pullman per arrivare a Melfi dal paese, eravamo alla catena da mezz’ora e all’improvviso ci dicono: siete in libertà. E ci hanno mandato via, senza paga. È stata la scintilla che ci ha fatto capire”.
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Un articolo in taglio alto IN PRIMO PIANO segue lo svolgimento delle rivendicazioni operaie: MELFI LA FIOM PROTESTA A ROMA ricordando la posizione dei senatori lucani dell’Ulivo che: In vista di questo appuntamento hanno inviato ieri pomeriggio una lettera ai Ministri della Attività Produttive Antonio Marzano e del Lavoro Roberto Maroni nella quale caldeggiano un incontro con una delegazione di lavoratori della FIAT di Melfi. Nella CRONACA DI POTENZA viene citata la dichiarazione del segretario UILM Regazzi: Solidarietà alla
CORRIERE DELLA SERA Un articolo in Economia racconta: LE TUTE BLU DI MELFI SFILANO A ROMA. LA FABBRICA RIPARTE Ma oggi altri scioperi. Mentre apprendiamo che: Salgono a 37.000 le auto perse. La cronaca della manifestazione riporta le parole di Gianni Rinaldini leader della FIOM, favorevole a dare il via alla trattativa, ma a riprendere i turni di lavoro solo a trattativa iniziata: “Non ci prenderete per sfinimento. Resisteremo un minuto più di voi”. Il leader della UIL Angeletti ha invece diffuso una lettera a tutti i 5.200 dipendenti dello stabilimento che contiene un appello a torna-
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re al lavoro: C’è un solo percorso: rientrare in fabbrica, riprendere il negoziato, affrontare i problemi e risolverli”. Secondo il Corriere si tratta di un “appello inusuale, che segnala l’anomalia di questa vertenza, dove i sindacati fanno fatica a governare la protesta”. Infine contraria ai picchetti, ma solidale con le ragioni della protesta la FIM che ha proclamato uno sciopero di otto ore per la data di oggi.
temperanze verbali e non si sa dove si arriva”. A pochi metri dalla manifestazione, la fabbrica - secondo l’azienda - ha prodotto anche oggi: 140 tra FIAT Punto e Ypsilon e poi pezzi per gli altri stabilimenti. Dati contestati dai delegati: “In fabbrica ci sono 120-140 persone, e in tre giorni sono state prodotte appena 70 autovetture che, più che prodotte, sono state completate”.
LA STAMPA Un articolo in Economia plaude la ripresa della produzione che, però, si sottolinea, non è ancora a pieno regime: MELFI TORNA A PRODURRE Dopo il corteo della FIOM oggi sarà la FIM a scioperare. Il titolo soffre ancora in borsa: A Melfi qualcosa si muove. Dopo due settimane di blocco ieri i macchinari dello stabilimento lucano si sono rimessi in moto. Dal fronte sindacale è arrivato più di un segnale di disponibilità a riprendere le trattative anche se un accordo non è certo ancora all’orizzonte così come è lontano il ritorno della produzione a pieno regime.
6 maggio: LA REPUBBLICA Un breve articolo nelle pagine economiche titola: IL RILANCIO FIAT LA TRATTATIVA RIPARTE A MELFI IMMATRICOLAZIONI IN CRESCITA e ci informa che: L’azienda ha proposto ai sindacati di riprendere il confronto nello stabilimento. Continua il balletto delle cifre: per il Lingotto in mattinata hanno lavorato 600 operai e nel pomeriggio 500 producendo 140 vetture. Fonti sindacali dicono che a varcare i cancelli è stato un numero assai inferiore di lavoratori.
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO FIAT MELFI CONTINUA LO SCIOPERO MA SI CERCANO SOLUZIONI. A Melfi sciopero a oltranza fino alle 14 di domani poi si vedrà La Gazzetta riferisce le parole di Giorgio Caprioli durante le dimostrazioni della FIM: “Nei presidi - ha detto agli oltre 5.000 manifestanti (1.500 per la Polizia) - ci sono anche iscritti della FIM che hanno aderito alle lotte, non lo nascondiamo e per noi non è un problema, il pluralismo è una ricchezza per la nostra organizzazione. Non abbiamo rancore verso nessuno - ha aggiunto Caprioli - ma sugli episodi di intolleranza chiediamo posizioni nette: ricordiamoci tutti che si parte dalle inPAGINA 83
CORRIERE DELLA SERA Un articolo in Economia: SPIRAGLI SU MELFI ORA SI TRATTA. Ieri vertice azienda sindacati a Roma. L’articolo riporta la proposta di Pierluigi Fattori, responsabile delle risorse umane della FIAT che propone ai sindacati di proseguire nello stabilimento con le RSU le tematiche di discussione. Proposta condivisa da Gianni Rinaldini che auspicava dall’inizio la trattativa all’interno della fabbrica. Secondo Lello Raffo, responsabile auto della FIOM: “La FIAT non avrebbe più preclusioni a discutere del salario”. LA STAMPA Una pagina in Economia: VERTENZA MELFI FIAT E SINDACATI TORNANO A TRATTARE. Il quotidiano torinese mette in evidenza gli andamenti economici del gruppo: Percorsi di Integrazione
Balzo delle immatricolazioni ad aprile. Il gruppo batte il mercato e sale in Borsa. Le vendite della casa torinese crescono del 14,5 %. E all’interno: “In assenza di blocchi e scioperi – sottolineano dal Lingotto – si sarebbe potuta incassare una performance ancora più consistente”. In un box sottostante vengono riprese le dichiarazioni del Ministro dell’Interno Pisanu secondo il quale: “Vicende come quelle consumatesi a Melfi in questi giorni con scontri tra manifestanti e polizia lasciano intravedere l’attività di gruppi eversivi che tentano di inserirsi nei conflitti sociali e politici col deliberato proposito di deviarli dal naturale alveo democratico… talvolta i provocatori hanno trovato spazi e compiacenze pericolose in taluni settori sindacali”. LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Titola: MELFI, INCONTRO RSU-FIAT. LO SCIOPERO CONTINUA Esaminate le questioni relative ai turni di lavoro, all’equiparazione salariale, alle condizioni di lavoro e altre questioni collegate ai provvedimenti disciplinari E ci propone un resoconto dettagliato della vertenza: La trattativa tra FIAT e sindacati è approdata a Melfi. Dopo 18 giorni di manifestazioni, blocchi, cariche della polizia, delegati e FIAT si sono trovati di fronte nel centro di formazione dello stabilimento di Melfi. Da una parte ci sono quasi tutti i 64 componenti della RSU dello stabilimento, dall’altra la delegazione dell’azienda, guidata dal capo del personale dello stabilimento. In un clima definito “sereno” dopo le tensioni accumulate in questi giorni azienda e sindacati hanno cominciato l’esame dei quattro punti della trattative: turni di lavoro, equiparazione salariale, condizioni di Percorsi di Integrazione
lavoro e questioni collegate ai provvedimenti disciplinari. Sul salario - a quanto ha fatto sapere il segretario del FISMIC, Roberto Di Maulo: “la FIAT sembra avere accettato il principio fondamentale dell’equiparazione salariale, riconoscendo un’uguaglianza delle maggiorazioni tra i lavoratori di Melfi e quelli degli altri stabilimenti del gruppo. Solo - ha continuato il segretario del FISMIC - che lo fa con tempi biblici con la partenza nel 2005 e l’arrivo nel 2007 e questo è troppo lontano. Occorre per questo lavorare sui tempi, ma il principio dell’equiparazione esiste ed è affermato”. 7 maggio: LA REPUBBLICA Una pagina in economia titola: TRATTATIVA IN SALITA PER MELFI Lo sciopero dei dipendenti FIAT non è sospeso anche se lentamente riprende l’attività. L’articolo riporta i pareri contrastanti dei sindacalisti: Come va la trattativa? “Butta male” dice Lello Raffo della FIOM, “Procede bene” risponde Roberto di Maulo, segretario nazionale FISMIC… Per quanto riguarda i provvedimenti disciplinari Di Maulo riconosce che: “c’è bisogno di un nuovo clima in fabbrica” mentre Raffo giudica “troppo arretrata la proposta della FIAT, che vuole affrontare il problema non in modo generale, ma in termini di casi individuali. CORRIERE DELLA SERA Un trafiletto in economia recita: IL NEGOZIATO MELFI PARTONO PRODUZIONE E TRATTATIVA LA STAMPA Un articolo nelle pagine economiche ci aggiorna: FIAT, A MELFI SI TRATTA SU TURNI E SALARI Alla SATA però gli scioperi continuano. Ieri tra Punto e Ypsilon prodotte in tutto 160 auto PAGINA 84
8 maggio: LA REPUBBLICA Un breve articolo in Economia MELFI TRATTATIVA ALLA SVOLTA PROPOSTO UN AUMENTO DI 92 EURO La grafica ci chiarisce come sul salario l’azienda prevede un aumento pari a un terzo della differenza salariale tra Melfi e gli altri stabilimenti sul lavoro notturno da luglio 2004 e i restanti 2/3 scaglionati al gennaio 2007 per 92 Euro totali, mentre i sindacati chiedono l’aumento immediato e l’equiparazione totale con gli altri stabilimenti FIAT. CORRIERE DELLA SERA Un articolo in Economia sintetizza il nodo della trattativa in corso La FIAT offre 92 Euro al mese entro il 2006 per lo stabilimento lucano. MELFI, SUI SALARI LA TRATTATIVA È A RISCHIO LA STAMPA In Economia dichiara: MELFI 92 EURO IN PIÙ ENTRO LA FINE DEL 2006. Proposta definitiva della FIAT. LA RSU: Non basta. A fianco un box riporta i dati positivi delle vendite: I dati di aprile: Veicoli commerciali crescono le vendite 9 maggio: LA REPUBBLICA Un trafiletto nelle pagine economiche: MELFI L’ACCORDO È PIÙ VICINO Secondo il segretario FIM CISL Bruno Vitali: “Il tavolo si sta sbloccando… L’azienda ha fatto intravedere una disponibilità… il clima è molto migliorato” E il segretario della CGIL Epifani si dimostra molto soddisfatto poiché: “Stanno trattando le RSU cosa che non accadeva da dieci anni”. CORRIERE DELLA SERA In Economia: MELFI VIA AL PAGINA 85
NEGOZIATO SU SALARI E NUOVI TURNI Riferisce le posizioni di alcuni rappresentanti sindacali: Tonino Ragazzi UILM UIL: ”Non vedo novità, la proposta della FIAT (92 Euro entro il 2007 contro le 165 chieste dai sindacati) non va bene”, mentre è “ottimista” Giorgio Santini della CISL. Lello Raffo della FIOM dichiara: “Ci aspettiamo che l’azienda accolga le nostre richieste sia sui tempi che sull’erogazione del salario”. LA STAMPA In Economia: VERTENZA MELFI, TRATTATIVA NO STOP FIATSINDACATI È l’adeguamento dei salari lo scoglio da superare. Maroni ottimista. L’offerta … viene giudicata insufficiente. FISMIC soddisfatta delle proposte fatte, critiche UILM e FIOM Se per Roberto Maroni ci sono le condizioni per arrivare a un accordo, rischio di nuovo ordine sparso tra i sindacati Roberto di Maulo del FISMIC dichiara di considerare LA proposta fatta un punto di equilibrio che soddisfa pienamente le richieste dei lavoratori ottimismo non condiviso dal segretario della UILM Antonino Ragazzi: “Non vedo finora alcuna novità… L’attuale offerta sui salari non va bene per come è costruita” e Giorgio Cremaschi della FIOM: “Sul documento presentato già a Melfi per noi l’accordo non si fa”. 10 maggio: LA REPUBBLICA In Economia titola: FIAT MELFI RAGGIUNTO L’ACCORDO Torniamo al lavoro da vincitori, dichiarano alcuni operai. Via i presidi operai e via i gazebo che per 21 giorni sono stati i luoghi simbolo del blocco alla FIAT. Via anche i musi lunghi e i nervi a fior di pelle… Melfi torna in Italia. I suoi operai sono adesso veri operai FIAT come a Mirafiori, a Pomigliano, a Termini Imerese “SI torna al lavoro da Percorsi di Integrazione
vincitori” “LA FIAT ha dovuto cedere” “Ora siamo operai con la O maiuscola” CORRIERE DELLA SERA Un articolo e un’intervista a Gianni Rinaldini in Economia: VERTENZA MELFI, ACCORDO DA 105 EURO AL MESE. Morchio: ha vinto il senso di responsabilità L’articolo esordisce dichiarando che: “Alla fine sono tutti soddisfatti”. Secondo il Ministro del Welfare Roberto Maroni l’accordo di Melfi “segna la prevalenza della democrazia rappresentativa delle rappresentanze sindacali su quella assembleare dei picchetti”. Alemanno, della destra sociale di Alleanza Nazionale giudica l’intesa una grande vittoria dei lavoratori del mezzogiorno mentre Giorgio Santini della CISL teme conseguenze della vicenda di Melfi che si è dimostrata una situazione ingovernabile. L’amministratore delegato Morchio dichiara: “l’aver colmato definitivamente il divario retributivo tra i lavoratori di Melfi e gli altri dipendenti FIAT ha un costo significativo… ma ora tutti i soggetti interessati potranno lavorare per assicurare un futuro industriale all’auto italiana”. Viene riportata un’intervista a Gianni Rinaldini, segretario della FIOM: INTESA MODELLO PER LE TUTE BLU. Secondo Rinaldini il vero passo falso dell’azienda è stato l’intervento delle forze dell’ordine che “ha avuto esattamente l’effetto opposto”. Rinaldini inoltre ribadisce l’assoluta importanza dei picchetti: “Per quattro anni la FIAT si è ostinata a non aprire le trattative e alla fine i lavoratori sono esplosi”. LA STAMPA Titola in prima pagina: FIAT, ACCORDO PER MELFI. MORCHIO: AVANTI COL RILANCIO. I sindacati: intesa soddisfacente. L’aumento Percorsi di Integrazione
medio a regime sarà di 15 Euro. Cambia da luglio l’organizzazione dei turni Una pagina in economia: ACCORDO SU MELFI MORCHIO: AVANTI CON IL RILANCIO Vertenza chiusa da ieri la SATA è tornata a produrre L’onere è significativo ma compatibile con i progetti I punti principali dell’intesa vengono così riassunti: BUSTA PAGA L’intesa prevede un aumento di 105 Euro lordi al mese e regime nel gennaio 2006 TURNI abolita la doppia battuta. DISCIPLINA viene ripristinata la commissione di riconciliazione per regolare i provvedimenti disciplinari FORMAZIONE Previsti nuovi impegni per contribuire all’ulteriore sviluppo delle competenze. Commenti: Morchio: “è positivo che alla fine abbia trionfato il senso di responsabilità” L’accordo su MELFI RAPPRESENTA UN PUNTO IMPORTANTE PER TUTTI. Per i sindacati che hanno rischiato l’ennesima spaccatura Epifani: “è stata premiata la lotta dei lavoratori grazie all’unità sindacale”. Maroni: “apprezza molto lo sforzo delle parti e invita tutti… a contribuire al piano di rilancio. In un’intervista a lato Rinaldini dichiara: “alla fine la lotta ha pagato” “I blocchi erano inevitabili. La piattaforma era stata presentata quattro anni fa senza esito. Non c’era altra scelta: Chiunque sia andato a Melfi ha potuto verificare che la protesta era una vera e propria rivolta sociale” e Angeletti “I rapporti con l’azienda ora sono corretti”. Secondo Angeletti l’accordo garantisce la competitività di Melfi LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Titola in prima pagina: MELFI INTESA ALLA FIAT, SÌ A 105 EURO E riferisce i commenti dei diversi PAGINA 86
attori: “È una intesa positiva anche se purtroppo è giunta attraverso un percorso complicato e anomalo” commenta Giorgio Santini, segretario confederale della CISL. “Un accordo positivo che tenta di chiarire una vicenda delicatissima che ha lacerato il sindacato: è importante aver ora chiuso insieme”, gli fa eco Bruno Vitali, della FIM. Gianni Rinaldini, segretario generale della FIOM sostiene che: “la lotta dei lavoratori ha pagato: c’è soddisfazione per una diversa struttura delle relazioni sindacali, anche per quanto riguarda la commissione di riconciliazione, che ora esaminerà i provvedimenti presi negli ultimi mesi” e Cillis, sempre della FIOM dice: “È un accordo positivo che parla del futuro e che parte dalla piattaforma dei lavoratori che adesso sarà dai lavoratori votato a scrutino segreto. Inoltre si confermano anche i 640 milioni di investimenti e il ruolo e la missione produttiva di Melfi. Si sono acquisiti diritti, come non succedeva ha concluso - dal 1977”. Secondo Liberato Canadà, segretario regionale della Basilicata della Fim-Cisl: “L’accordo trova le giuste soluzioni alle questioni dei lavoratori… L’intesa - ha continuato - ricon-
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ferma il rilancio produttivo dello stabilimento di Melfi, il rilancio del sistema delle relazioni partecipative, prevede investimenti per la formazione per crescita professionale dei lavoratori e offre le risposte giuste al salario con orari di lavori di diversi che provano a migliorare la condizione di lavoro all’interno e all’esterno della fabbrica…”E tutti sottolineano il passaggio del referendum: “Adesso - ha concluso Canadà - nelle assemblee verranno illustrati i risultati dell’accordo e ci sarà il percorso democratico del consenso dei lavoratori, solo dopo, sulla scorta dell’opinione dei lavoratori, la FIM firmerà l’intesa”. Donvito della FISMIC rivendica: “In questo accordo c’è quanto avevamo già messo in piedi con l’accordo del 24 aprile” e il segretario della UILM del potentino, Vincenzo Tortorelli e i delegati della UILM nella RSU dichiarano: “È un accordo che rilancerà lo stabilimento di Melfi attraverso una modifica strutturale dell’orario di lavoro e dei turni, ma che ha elementi nuovi sotto il profilo delle relazioni sindacali e una risposta positiva dal punto di vista salariale”.
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Bibliografia AA. VV. (1991), Professionalità in transizione, Roma Bonazzi G. (1993), Il tubo di cristallo. Modello giapponese e fabbrica integrata alla FIAT auto. Il Mulino Bologna Bonazzi G.(1997), Storia del pensiero organizzativo, Franco Angeli, Milano Bonazzi G. (1999), Dire fare pensare, Franco Angeli, Milano. Cavazzani A., Fiocco L, Sivini G, (2000) a cura di, Melfi in Time: Produzione snella e disciplinamento della forza lavoro, Consiglio Regionale della Basilicata, Potenza Coriat B. (1991), Ripensare l’organizzazione del lavoro, concetti e prassi del modello giapponese, Dedalo libri , Bari Cersosimo D. (1994), Viaggio a Melfi, la FIAT oltre il fordismo, Donzelli, Roma. Cotesta V, (2000), La fabbrica integrata, Donzelli, Roma. Della Corte Elisabetta (2004), Evasioni Melfi: operai in fuga dalla fabbrica penitenziario e altre storie, Immaginapoli. Fiocco L. (1998), Innovazione tecnologica e innovazione sociale. Le dinamiche del mutamento della società capitalistica. Rubettino, Soveria Mannelli. Fiocco L. (1997), L’effetto Kanban nell’organizzazione del lavoro alla FIAT di Melfi, in “Chaos”, 10. Formez 1995: L’Italia del 2000 la FIAT a Melfi e il futuro del Mezzogiorno, Formez, Napoli. Foucault M. (1993), Sorvegliare e Punire, Einaudi, Torino. Foucault M. (1992), Tecnologie del sé, Bollati Boringhieri, Torino Foucault M. (1977), Microfisica del potere, Ei-
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Nota Oltre al personale della Cooperativa Marcella e del Ser.T., menzionato precedentemente, la ricerca su FIAT di Melfi e tossicodipendenza si è avvalsa, nell’ambito della loro collaborazione con il Comitato di Coordinamento Istituzionale per le Politiche del Lavoro, del contributo tecnico e operativo di: Rossella Ciani Enza Coviello Carmela Salvatore Filippo Vena A loro vanno i nostri sentiti ringraziamenti. Percorsi di Integrazione
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Segnalazioni a cura della Redazione
Regione Basilicata - Ipsia-Itis Melfi Assessorato alla Formazione e Lavoro - Provincia di Potenza - Assessorato alla Sicurezza ed alla Solidarietà Sociale - Unione Europea - FIOMCGIL, FIM-CISL, UILM-FISMIC Fe Der Ser D - Comune di Melfi Azienda Sanitaria Locale 1 Venosa Comitato Interistituzionale di Coordinamento per le Politiche del Lavoro Comitato di Coordinamento del Programma Euridice Transnazionale Cooperativa di Studio e Ricerca Sociale Marcella, scs ONLUS
Euroconferenza Verso un programma europeo su dipendenze da sostanze e mondo del lavoro
Programma dei lavori Prima giornata Ore 8,30 - 10,00 • Registrazione dei partecipanti • Saluti delle Autorità Locali Personalità invitate Alfonso Ernesto Navazio, Sindaco di Melfi Filippo Bubbico, Presidente Regione Basilicata Carlo Chiurazzi, Assessore Sicurezza e Solidarietà Sociale Cataldo Collazzo, Assessore Formazione e Lavoro Edmondo Jannicelli, Direttore Generale Asl Venosa 1 Ore 10,00 - 11,00
Paesi coinvolti: tutti i Paesi Membri dell’Unione Europea Lingue usate: italiano, inglese con traduzione simultanea 11-12 marzo 2005 Comune di Melfi (Potenza) PAGINA 89
Cosa pensano i lavoratori del distretto industriale di Melfi e quelli del resto d’Italia circa la dipendenza da sostanze a cura del gruppo di lavoro Cooperativa Marcella (Giuseppe De Luca) Percorsi di Integrazione
Sono i lavoratori un gruppo vulnerabile alla tossicodipendenza? a cura di Pietro Fundone, responsabile Ser.T. Melfi Il progetto Euridice in Spagna: primi risultati e proposte per il futuro a cura di Joan Chornet, Mancomunitat de la Vall d’Albaida
Coordina: Dipartimento Sicurezza e Politiche Sociali Regione Basilicata Ore 17,30 - 19,30 Meeting ristretto di lavoro riservato ai partner del progetto Euridice Ore 21,00 - Cena
Coordina: Direzione Asl Venosa 1 Seconda giornata Ore 11,00 – Pausa caffé Ore 9,00 – 10,30 Ore 11.30 - 13.30 Tavola rotonda La prevenzione delle dipendenze da sostanze basata su internet Intervengono Guido Maertens, De Sleutel, Belgio Teuvo Peltoniemi, A Clinic Foundation, Finlandia Paolo Deluca, Euridice Europa, Italia Rawaf Salman, Springfield Hospital, Gran Bretagna Arvid Skuttle, Bergen Clinic, Norvegia Testimonianza di uno studente
Il modello di formazione sulla dipendenza da sostanze all’interno del progetto Euridice: una prospettiva europea. Seconda Parte Intervengono Maria do Carmo Tavares, CGTP-IN, Lisbona, Portogallo Tosca Poggi, Ser.T. Lucca e Maria Grazia Pieroni, Procter and Gamble Josianna Azzopardi, Sedqa, Malta Alessandra Meconi, ASL Milano2, Milano Francesco De Biase e Massimo Vellante, Fisac, Napoli
Coordina: Direzione Ipsia, Assessorato al Lavoro ed alla Formazione Regione Basilicata
Coordina: Donato Donnoli, Direttivo Nazionale FeDerSerD
Ore 13,30 - 15,00 Pausa pranzo
Ore 10,30 - 11,00 Pausa caffé
Ore 15,00 – 17,00 Tavola rotonda
Ore 11,00 - 13,00 Tavola rotonda
Il modello di formazione sulla dipendenza da sostanze all’interno del progetto Euridice: una prospettiva europea. Prima Parte Intervengono Nazih Eldin, Local Health Authority, Dublino Irlanda Francesco Cassese ed Antonio Perillo, Ser.T. di Pomigliano d’Arco, Napoli Vanghelis Fousteris, Okana, Atene, Grecia Giovanni Mattiolo, Ser.T. Prato Testimonianza di un lavoratore
È il mondo del lavoro un luogo di prevenzione della dipendenza da sostanze nel programma di salute pubblica dell’UE e delle Organizzazioni internazionali? Intervengono Philip Lazarov, Empasa, Cipro Tom Mellish, ETUC, Londra Cgil-Cisl-Uil, Roma Giusto Catania, Parlamento europeo Giovanni Pittella, Parlamento Europeo Testimonianza di un lavoratore
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Coordina: Pietro Simonetti, Presidente Comitato di Coordinamento Istituzionale Politiche del Lavoro Ore 13,00 - 13,30 Conclusioni Presentazione della missione Europea di Euridice Network, lettura della Dichiarazione Congiunta a cura della Cooperativa Marcella Comitato di Coordinamento del programma Euridice transnazionale • Organizzazione Mondiale della Sanità, Copenhagen • Commissione Europea, Bruxelles • Consiglio d’Europa, Strasburgo • Confederazione Europea dei Sindacati, Bruxelles • Organizzazione Internazionale del Lavoro, Ginevra • Centro Europeo per il Monitoraggio
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della Tossicodipendenza, Lisbona • Undcp-Vienna Coordinamento tecnico • Sisa Visco-Gilardi, Cooperativa Marcella • Roberta Bernasconi, Cooperativa Marcella Coordinate telematiche • Tel. +39 031 938184/Fax +39 031 937734 • E-mail:
[email protected] • Internet: http://www.coopmarcella.it www.euridice-network.org Segreteria locale Gruppo Euridice Melfi (Maresa Mastromartino, Luciana Galella, Rina Lancieri, Sandra Latocca) Tel. 0972.773266 (rif. Maresa Mastromartino)
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Manuale di psicoterapia psicoanalitica breve Il manuale si propone di fornire un inquadramento il più possibile completo come base per un intervento di psicoterapia analitica breve: lo schema di riferimento concettuale – i parametri del processo di valutazione – le strategie e le tecniche di conduzione del trattamento. Gli esempi clinici sono strutturati con lo stesso fine, affinché il lettore possa arrivare ad una comprensione e ad un approfondimento del processo di valutazione e terapeutico e di come si realizzano a livello clinico. Nella prima parte sono presentati da un punto di vista teorico e clinico - lo schema di riferimento concettuale, in particolare l’integrazione del modello psicoanalitico con il modello evolutivo e del ciclo della vita - le aree di indagine per il processo di valutazione: i bisogni specifici del paziente, le potenzialità evolutive e le resistenze al cambiamento Oggetto della seconda parte sono le tecniche e le strategie che permettono al terapeuta due principali finalità: - individuare il bisogno specifico del paziente e, dove possibile, un “focus”
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- divenire l’intermediario tra passato, presente e futuro aiutando il paziente a riconoscere le modalità di autoinganno e le sue aree di risorse Offre quindi una presentazione comprensiva dei concetti di base e delle capacità richieste nel processo di valutazione e di conduzione della psicoterapia breve psicoanalitica. Numerosi esempi clinici illustrano la applicazione dello schema concettuale e dei principi di intervento: di alcuni casi è riportato interamente il percorso clinico in altri l’attenzione è rivolta alle strategie della mediazione utilizzate dallo psicoterapeuta nel suo ruolo di intermediario che rende possibile all’ utente il passaggio da uno stato di disagio e disadattamento ad uno di padronanza e benessere in tempi brevi. I clinici ad orientamento psicoanalitico troveranno una guida per acquisire le competenze necessarie alla pratica della psicoterapia breve nel trattamento di pazienti che presentano un’ampia gamma di manifestazioni sintomatiche e di disturbi emotivi. Per saperne di più: Maria Clotilde Gislon Manuale di psicoterapia psicoanalitica breve, Dialogos Edizioni, 2005.
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Progettare insieme la qualità della vita. Il cittadino protagonista di un’altra globalizzazione Migliorare la qualità della vita significa innanzitutto progettarla. • Come possiamo valorizzare le risorse personali per costruire una rete di alleanze nel sociale? • Cosa significa trasformare il disagio e lo stress in progetti educativi, culturali, politici e sociali? • Come possiamo migliorare e dare nuovo senso alle relazioni con il nostro prossimo? • Che rapporto c’è fra sviluppo economico, tutela dell’ambiente e qualità della vita? • L’etica e la qualità della vita possono influenzare il progresso della tecnologia? • A quali esperienze possiamo fare riferimento per ‘progettare insieme’? Tali interrogativi sembrano segnalare un bisogno che le persone e le organizzazioni non sono ancora in grado di esprimere pienamente: è il bisogno di dare orientamento, prospettiva, coerenza, senso e quindi valore, emozione, vitalità ai progetti, alle azioni, alle esperienze quotidiane. Diversi sono i sintomi di tale bisogno: − siamo schiacciati sempre più sul presente (le recenti indagini sui giovani testimoniano questa tendenza); non è proprio possibile riscoprire il piacere, la capacità di elaborare e realizzare un progetto di vita che abbia senso, che acquisti valore nel tempo, che produca utilità e riconoscimento sociale? − scopriamo ogni giorno di più il cattivo impatto sociale ed ambientale delle nostre abitudini, dei nostri consumi (pensiamo solo ai danni di un certo turismo); non è proprio possibile sviluppare relazioni, interpretare progetti che valorizzino il PAGINA 93
tessuto sociale, che migliorino la qualità dell’ambiente? − sentiamo sempre più il peso di uno sviluppo che non è equo, non è solidale, che non rispetta i valori etico-morali, che non promuove la dignità delle persone; non è proprio possibile sviluppare nuove strategie, nuovi modelli organizzativi, nuove culture in grado di trasformare progressivamente il ruolo dell’economia da valore assoluto a strumento per l’uomo? A queste domande e a questo bisogno cerca di dare risposta il libro “Progettare insieme la qualità della vita”. Nella prospettiva culturale della ”invenzione/innovazione sociale”, il libro si propone di interpretare e valorizzare la spinta verso una nuova progettualità che avvertiamo nella nostra società e che si esprime attraverso esperienze di collaborazione interpersonale, reti di aiuto, testimonianze di cooperazione sociale, movimenti new global, iniziative politiche alternative. Tale prospettiva intende ribaltare alcuni modelli interpretativi consolidati per scoprire che si può fare riferimento a: un cittadino detentore di bisogni, ma anche di risorse; politiche ed interventi sociali capaci di rispondere alla domanda di benessere e sicurezza, ma anche di valorizzare tali risorse; un welfare che, essendo ispirato a principi universalistici, si propone di produrre benessere e sicurezza non solo a livello locale o nazionale, ma planetario; un’attività imprenditoriale orientata non solo da principi economici, ma anche etici, culturali e sociali; una funzione imprenditoriale non delegata a pochi, ma diffusa fra i cittadini; la scoperta e valorizzazione di un ruolo importante del cittadino, quello di imprenditore di welfare a Percorsi di Integrazione
livello planetario. Questo testo può aiutare chi si sente motivato a migliorare la qualità della propria vita, a promuovere progetti di sviluppo equo e sostenibile e rispondere così in modo costruttivo ai problemi della quotidianità e ai continui cambiamenti del nostro tempo. Le esperienze emblematiche, le esemplificazioni e gli strumenti operativi individuati nel libro consentono di delineare alcuni percorsi di lettura per: riconoscere anticipatamente i segni di un mondo che cambia, nelle sue sfide e nelle sue potenzialità, trovando giorno per giorno le motivazioni, gli stimoli, le gioie dell’essere protagonisti della propria vita, ma anche contribuendo a sviluppare una globalizzazione dal volto umano; migliorare le proprie relazioni di vita e valorizzare il proprio ruolo nella comunità e nel mondo, rilanciando l’impegno civile e politico; dare coerenza, legittimazione e senso alle proprie azioni, in rapporto ai valori e ai principi etici di riferimento, fornendo un piccolo, ma importante contributo per migliorare la comunità ed il mondo in cui viviamo; individuare in anticipo la domanda latente di benessere, sicurezza e salute, sviluppando un intervento di prevenzione che riduce la richiesta futura ai servizi e alle politiche di welfare; evidenziare, valorizzare, aggregare, rendere utilizzabili e competenti le risorse individuali e sociali diffuse nel territorio, sviluppando quindi un nuovo fattore produttivo che integra positivamente l’azione dei professionisti nell’ambito delle organizzazioni e dei servizi (in particolare quelli educativi, formativi, sociali, sanitari); inventare, promuovere e sviluppare progetti, imprese, prodotti per il Percorsi di Integrazione
benessere, la sicurezza, la salute, la tutela dei diritti dei cittadini, per un’equilibrata distribuzione della ricchezza a livello locale e mondiale, per la tutela dell’ambiente ed il miglioramento della qualità della vita delle persone, dando senso e coerenza ad un progresso non esclusivamente economico e tecnologico, ma anche sociale e culturale, per contribuire ad uno sviluppo equo, solidale e sostenibile. Il volume potrà essere utilizzato in vari modi: da un lato per stimolare approfondimenti teorici, per attingere a strumenti metodologici, per cogliere alcune idee, per prendere contatto con specifici progetti; dall’altro per inventare nuovi progetti e meglio orientare sperimentazioni innovative, ma anche per valorizzare e mettere in rete esperienze e conoscenze di organizzazioni e cittadini interessati a dare priorità ai valori, ai bisogni, alle risorse, ai diritti delle persone. In questa epoca della globalizzazione siamo sempre più consapevoli di vivere in una dimensione planetaria. Siamo quindi in grado di cogliere le nuove opportunità, ma anche i nuovi problemi del nostro essere cittadini del mondo. Le possibilità offerte dal mercato, dalla tecnologia, dalla rete comunicativa senza più confini ci offrono maggiori autonomie, più ampi ed affascinanti scenari. Cominciamo però anche ad avvertire molti segnali preoccupanti sia a livello planetario che individuale. Il quadro mondiale è rappresentato da: guerre che non si riescono a fermare, dopoguerra difficili da gestire, fame, povertà, terrorismo, inquinamento ambientale, cambiamento del clima, recessione economica. A livello individuale: l’ansia, lo stress, il disagio fanno sempre più parte della nostra esperienza quotidiana e tendono a peggiorare la qualità della vita. PAGINA 94
Tanti sono gli interrogativi. Ciascuno di noi tenta di trovare delle risposte. Molti sembrano negare che vi sia qualche collegamento fra l’evoluzione dell’esperienza personale e lo sviluppo economico e sociale del mondo. Alcuni sembrano attribuire tutte le responsabilità alla globalizzazione, per cui si oppongono ad essa. Numerosi sono i segnali di un impegno verso nuove progettualità che tentano faticosamente di legare il miglioramento della qualità della vita con uno sviluppo mondiale più equo e solidale. Tali segnali sono rappresentati da esperienze di collaborazione interpersonali, reti di aiuto, testimonianze di cooperazione sociale, sinergie fra istituzioni e attori diversi, iniziative politiche alternative, movimenti new global, progetti di finanza etica e di commercio equo e solidale. Il libro “Progettare insieme la qualità della vita” si ispira a questa prospettiva culturale. Migliorare la qualità della vita significa innanzitutto progettarla insieme, al fine di: ➢ dare valore, motivazione, competenza alla persona affinché sia protagonista di una globalizzazione dal volto umano; ➢ fornire nuovi interessi, prospettive, stimoli ad un impegno non solo individuale, ma anche sociale del cittadino, per migliorare ‘insieme’ l’ambiente di vita. ➢ rendere disponibili ed utilizzabili, da tutte le persone interessate, alcuni percorsi, metodologie e strumenti operativi per sviluppare una nuova progettualità orientata al miglioramento della qualità della vita. Questo testo si rivolge a tutti i cittadi-
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ni che, nello svolgimento dei diversi ruoli (in particolare quelli di: genitore, volontario, insegnante, operatore socio-sanitario, animatore culturale, dirigente, imprenditore, amministratore, politico, cooperatore, responsabile di associazione), intendono ‘progettare insieme’ ad altri cittadini, gruppi ed organizzazioni, nuove relazioni, nuovi interventi, nuove opportunità per il miglioramento della qualità della vita e la promozione di uno sviluppo equo, solidale e sostenibile. I progetti emblematici e gli strumenti operativi, individuati nel libro, consentono di delineare alcuni percorsi di lettura e di utilizzo dello stesso, finalizzati a: attivare nuove forme di impegno civile, politico e sociale; valorizzare e potenziare l’intervento individuale di volontariato; orientare i giovani nella dimensione progettuale e dare nuovo senso all’intervento educativo e formativo; sviluppare interventi di prevenzione, diffusi nel territorio, per ridurre la richiesta ai servizi socio-sanitari e alle politiche di welfare; mettere in rete l’azione dei cittadini, dei professionisti, delle istituzioni e dei servizi (in particolare quelli educativi, formativi, sociali, sanitari); promuovere nuovi progetti, imprese, prodotti per uno sviluppo equo, solidale e sostenibile, per la tutela dell’ambiente, per il benessere, la sicurezza, la salute, la tutela dei diritti dei cittadini. Per saperne di più: Walther Orsi, Progettare insieme la qualità della vita. Il cittadino protagonista di un’altra globalizzazione, Angeli Editore
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Note per gli autori
IN REDAZIONE Clelia Boesi e Giuseppe De Luca sono affiancati da: Gabriele Codini, Camillo Valgimigli, Graziella Marcotti, Ernesto Veronesi, Carlo Casti, Carlo De Risi, Antonio Scarlato, Francesco Ripa di Meana, Paola Mandelli, Vincenzo D’Ambrosio, Francesco Bova, Giancarlo Vicinelli, Aldo Visco-Gilardi, Marcella Deluca, Noemi Bermani, Stefano Piovanelli, Carolina Rimoldi, Caterina Gori, Paolo Deluca. SEGRETERIA DI REDAZIONE Sisa Visco-Gilardi, Roberta Bernasconi. DIRETTORE RESPONSABILE Giuseppe De Luca Iscrizione al Tribunale di Como con decreto n. 28/91 in data 11.12.1991 SEDE, REDAZIONE ED AMMINISTRAZIONE 22070 Lurago Marinone (CO) via della Pace 19 - Tel. 031.938184 Fax 031.937734 E-mail:
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EDITORIALE Pag. 1 • Pietro Simonetti La necessità di un piano industriale per la Basilicata ed il Sud Pag. 4 • Giuseppe De Luca Prendere nelle proprie mani le redini della promozione della salute e del benessere psico-fisico
DOSSIER
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Pag. 10 • Pietro Fundone I lavoratori come nuovo gruppo vulnerabile alle dipendenze
Percorsi di Integrazione anno XIII - numero 1 - primavera 2005 quadrimestrale - sped. in abb. post. art. 2, comma 20, lettera c, L. 662/96 - Filiale di Como
Pag. 16 • Luana Franchini Il disagio psicosociale nei luoghi di lavoro
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Pag. 25 • Gruppo di ricerca del progetto Euridice Cosa pensano i lavoratori del distretto industriale di San Nicola di Melfi sulla dipendenza da sostanze e sulle nuove forme di consumo
Pag. 56 • Noemi Bermani La protesta degli operai Sata di Melfi sui giornali
RECENSIONI E SEGNALAZIONI Pag. 89 • Redazione Euroconferenza Manuale di psicoterapia psicoanalitica breve Progettare insieme la qualità della vita. Il cittadino protagonista di un’altra globalizzazione
Cooperativa di Studio e Ricerca Sociale Marcella 22070 Lurago Marinone (CO) via della Pace 19
Pag. 43 • Luana Franchini A Melfi soffia il vento della storia
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IN QUESTO NUMERO
copertina 36
Dossier FIAT Melfi: tossicodipendenze ISSN 1124-8556
e condizioni di lavoro “Il Progetto Euridice”