Responsabile: Dott. Massimo Valsecchi
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Newsletter
N. 2 febbraio 2009
D.ssa Giuseppina Napoletano
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La presente newsletter e le edizioni precedenti sono reperibili nel sito della Regione del Veneto al seguente indirizzo: http://www.regione.veneto.it/Servizi+alla +Persona/Sanita/Prevenzione/Stili+di+vit a+e+salute/Malattie+viaggiatori+interna zionali/Newsletter.htm Nel sito del Dipartimento di Prevenzione ULSS 20 all’indirizzo: http://prevenzione.ulss20.verona.it/viagn ews.html
Supporto tecnico: Andrea Comin
LA POLIOMIELITE Un giovane pakistano di 22 anni, residente a Melbourne in Australia, decide di partire per il Pakistan il 13 marzo 2007 per far visita ai parenti e per riprendersi fisicamente dopo aver sviluppato un’infezione da herpes zoster nel precedente mese di febbraio. Durante l’infanzia era stato vaccinato per la poliomielite con 3 dosi di vaccino orale (Sabin). Il 22 giugno 2007 inizia a manifestare febbre alta, nausea, vomito e dolore alla schiena e alle gambe. Il 24 giugno nota debolezza agli arti inferiori, in particolare alla gamba sinistra. Il giovane non viene ospedalizzato e dopo diversi giorni tutti i sintomi, ad eccezione del dolore, si risolvono. Il 2 luglio ritorna a Melbourne. Il 3 luglio il dolore aumenta e ricompare la debolezza agli arti inferiori accompagnata da tremori alle braccia. Il giovane non riferisce sintomi sistemici né disfunzioni alla vescica e all’intestino. Il 6 luglio viene ricoverato al Box-hill Hospital di Melbourne: gli esami emato-chimici risultano nelle norma; all’esame neurologico la sensibilità e i riflessi agli arti superiori e inferiori risultano normali, mentre viene rilevata una diminuzione della forza a livello della gamba sinistra e del braccio destro. Il giorno seguente la Risonanza Magnetica effettuata risulta altamente suggestiva per poliomielite, pertanto il paziente viene isolato in camera singola. La PCR per panenterovirus su feci, siero e tampone faringeo risulta negativa, ma i campioni vengono inviati successivamente al Centro di Referimento Nazionale per la Polio, per la coltura. A causa del pregresso herpes zoster il paziente viene comunque trattato con acyclovir (10 mg/kg per 3/die) per trattare una possibile mielite causata da VZV. Dopo 5 giorni dall’invio dei campioni viene isolato nelle feci il virus della poliomielite tipo 1. Il paziente viene messo in quarantena per un totale di 34 giorni, ossia dopo che 2 campioni di feci, prelevati a distanza di una settimana uno dall’altro, risultano negativi. Il Servizio Igiene Pubblica di Melbourne, intanto, aveva vaccinato tutte le persone venute a contatto con il caso indice. Non sono stati riportati casi secondari. Vi sono stati dei dubbi sulla diagnosi di poliomielite a causa dell’età del paziente, della sua storia vaccinale e dell’iniziale negatività della PCR per panenterovirus.
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Tuttavia precedenti vaccinazioni non escludono una poliomielite: una ridotta sieroconversione dopo somministrazione del vaccino per la poliomielite è stata descritta nelle regioni ancora oggi endemiche per la patologia. Il paziente in questione inoltre era stato vaccinato durante l’infanzia con il vaccino orale, ma non aveva ricevuto una dose booster di vaccino prima del viaggio. Fino a che la poliomielite non sarà completamente eradicata in tutto il mondo, anche le regioni polio-free rimangono a rischio di importazione della patologia. La poliomielite deve dunque essere sospettata in pazienti con paralisi flaccida acuta o con una patologia febbrile indeterminata dopo un viaggio in zone endemiche. Né precedenti vaccinazioni durante l’infanzia, né un singolo campione di feci negativo per PCR enterovirus escludono una poliomielite.
La Malattia La poliomielite (dal greco πολιός, grigio e μυελός, midollo), una volta denominata "paralisi infantile", o più comunemente "polio", è una malattia virale acuta, altamente contagiosa, con manifestazioni diverse, le più gravi di tipo neurologico irreversibile.
Fig. 1 Stele egizia con immagine di persone con arti artrofici
La malattia è nota sin dall’antichità: ci sono stele egizie che riportano l’immagine di giovani individui con arti atrofici o dotati di bastoni d’appoggio, i quali rappresentano molto probabilmente pazienti con esiti di poliomielite (Fig. 1). Grazie all’avvento dei vaccini antipolio di Salk (IPV, nel 1955) e di Sabin (OPV, nel 1961) l’incidenza della malattia è diminuita drasticamente nei Paesi occidentali. In seguito sono state segnalate epidemie di polio soltanto in comunità che rifiutano le vaccinazioni. Ai nostri tempi l’aspetto più rilevante di resistenza alle vaccinazioni riguarda le periodiche epidemie che colpiscono le comunità Amish presenti in Europa ed America. Questo gruppo religioso aderisce ad una confessione di stampo cristiano protestante anabattista, nata in Svizzera nel '500 e stabilitasi negli Stati Uniti d'America dal 1700. Rifiutano ogni ritrovato moderno, incluse le vaccinazioni, e vivendo in comunità chiuse concentrano soggetti immunologicamente vulnerabili in aree geografiche dove l'assenza di soggetti vaccinati rende dei tutto libera la circolazione degli agenti patogeni. In Olanda una prima epidemia di polio, nel 1978, coinvolse 110 casi con un morto e 80 paralisi permanenti. Da questo focolaio il contagio si diffuse prima in Canada (11 casi) e poi negli Stati Uniti (10 casi) tramite membri della stessa comunità. Con le stesse modalità, nella stesso comunità olandese, fra il settembre dei 1992 e il febbraio dei 1993, si sviluppò una seconda epidemia con 71 casi e furono riportati due decessi e 59 paralisi.
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Eziologia I poliovirus sono virus a RNA, appartengono al genere enterovirus, famiglia dei picornavirus. Esistono tre sierotipi patogeni diversi: • Tipo I Brunhilde; • Tipo II Lansing; • Tipo III Leon. L’infezione da parte di uno dei sierotipi conferisce un’immunità tipo-specifica per tutta la vita, ma non crociata con gli altri sierotipi. La maggior parte delle forme paralitiche è causata dal tipo 1 (Fig 2).
Fig. 2 Immagine di polio virus
Il virus è relativamente resistente al calore al pH acido; è stabile per settimane a 4°C. È inattivato dall’essiccamento, dalla luce ultravioletta, dal calore, dalla formaldeide, dal cloro.
Modalità di trasmissione L’uomo è l’unico ospite e serbatoio naturale del virus della poliomielite. Il contagio avviene per via oro-fecale, attraverso l’ingestione di acqua o cibi contaminati dal virus o tramite la saliva e le goccioline emesse con i colpi di tosse e gli starnuti da soggetti ammalati o portatori sani. Il poliovirus si moltiplica nella mucosa orofaringea, nell’intestino e nei tessuti linfatici sottostanti e può diffondersi anche attraverso le feci, ben prima che i sintomi della malattia siano evidenti. La malattia può colpire persone di tutte le età, ma principalmente si manifesta nei bambini piccoli sotto i tre anni (Fig. 3).
Fig. 3 Bambino con i segni della malattia
Periodo contagiosità Il virus è presente a livello orofaringeo e fecale generalmente già prima dell’inizio dei sintomi. Persiste di solito nell’orofaringe fino a una settimana dopo l’inizio dei sintomi e nelle feci per diverse settimane.
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Distribuzione geografica Nel 1998 l’OMS ha dato il via ad un programma di eradicazione mondiale della poliomielite cercando di ripetere il successo ottenuto contro il vaiolo nel 1979. Eradicata in Europa e nell’Emisfero Occidentale, persistono focolai in Africa, nel Sud Est Asiatico e nel Sub-continente Indiano dove si trovano ancora casi di paralisi infantile. I quattro Paesi che riportano il maggior numero di casi sono l’India, il Pakistan, l’Afghanistan e la Nigeria.
Clinica Incubazione: Il periodo di incubazione in media è tra 6 e 20 giorni, ma può variare tra 3 e 35 giorni. Forma inapparente: La maggior parte delle persone infettate (90-95%) non mostra alcun sintomo (forma inapparente), ma elimina il virus attraverso le feci disseminandolo nell’ambiente. Forma febbrile: Circa il 4-8% delle infezioni si manifestano come una sindrome simil-influenzale o gastro-enteritica (forma abortiva), praticamente non distinguibile da altre malattie virali, che si risolve nel giro di qualche giorno. Forma meningitica: Nell'1-2% dei casi può comparire un quadro di meningite asettica, non paralitica, che dopo alcuni giorni è seguita da completo recupero.
Forme paralitiche Forma spinale: Meno dell’1% delle infezioni evolve in poliomielite paralitica. La malattia ha spesso andamento bifasico: la prima parte corrisponde alla viremia e alla sindrome simil-influenzale; dopo circa 3 giorni le condizioni del paziente migliorano, ma dopo altri 2-5 giorni compaiono perdita dei riflessi osteotendinei e debolezza muscolare. Di solito la paralisi si manifesta dopo 10-15 giorni dall’inizio della sintomatologia. La compromissione dei moto-neuroni può essere focale o generalizzata; la paralisi è flaccida. La distribuzione della paralisi è tipicamente asimmetrica, colpendo alcuni muscoli e risparmiandone altri. Una o due settimane dopo l’insorgenza dei sintomi, compare l’atrofia muscolare. Il recupero dipende dal danno neuronale e può essere completo, parziale o nullo. La mortalità della poliomielite paralitica è del 2-5% nei bambini ed oltre il 15-30% negli adulti (la pericolosità dell'infezione aumenta con l'età in cui si ha il primo contatto col virus).
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Fig. 4 Bambini con esiti di forma paralitica
Forma bulbare: La forma rappresenta circa il 20% dei casi di poliomielite paralitica ed è più comune negli adulti. In questi casi il virus non trova alcuna resistenza naturale alla sua diffusione nell’organismo e la malattia raggiunge il tronco cerebrale, dove si trovano i neuroni che controllano i muscoli respiratori, i muscoli della deglutizione, l’innervazione del cuore. Clinicamente si presenta con disfagia, disfonia e dispnea. La poliomielite paralitica bulbare può dare gravi disturbi neurovegetativi, fino al coma ed è associata ai più alti tassi di mortalità, fino al 75%. Forma post-vaccinica: L'OPV, essendo un virus vivo attenuato, può causare in una minima percentuale di casi (1 caso su 2,6 milioni di dosi somministrate) la forma paralitica della malattia (VAPP - Vaccine-associated paralytic poliomyelitis).
Diagnosi Un dato significativo è la presenza di un focolaio epidemico noto di poliomielite. Nelle forme neurologiche, l’esame del liquido cefalo-rachidiano può mostrare pleiocitosi linfocitica e un aumento della protidorrachia. È possibile isolare il virus dalle feci, dall’orofaringe e dal liquor. Un aumento di 4 volte del titolo di IgG o la presenza di IgM, durante la fase acuta sono diagnostici.
Terapia Non esistono trattamenti specifici, ma sono essenziali le terapie di supporto nelle forme neurologiche gravi. Se compaiono problemi respiratori, il paziente va ricoverato in terapia intensiva con l’ausilio della ventilazione meccanica.
I VACCINI IPV L'IPV è un vaccino trivalente e produce immunità contro tutti i tipi di poliovirus. È costituito da virus ucciso e pertanto non si può replicare nell’organismo e non si trova nelle feci dei vaccinati. Gli svantaggi rispetto al vaccino orale sono il costo maggiore, la modalità di somministrazione (per via parenterale) e la durata dell'immunità che è di alcuni anni ma non permanente. L’IPV stimola la produzione anticorpale sistemica contro i virus, ma l'immunità gastrointestinale è scarsa: le persone vaccinate con IPV che vengano in contatto con il virus selvaggio (ad esempio durante un viaggio) si possono infettare, senza ammalarsi, e possano trasmettere l’infezione ad altre persone (al rientro dal viaggio). I due grandi vantaggi rispetto al vaccino orale consistono nell'efficacia iniziale dell’IPV (l'immunità raggiunge il 90% già dopo la seconda dose di vaccino) e nell’impossibilità che si sviluppino forme di poliomielite post-vaccinica. Si può somministrare a 2 mesi, con richiamo a 4 mesi, a 6-12 mesi e prima di cominciare la scuola, di solito verso i 5 anni.
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OPV L'OPV è un vaccino orale che impiega ceppi di poliovirus vivo e attenuato, anch'esso trivalente. È stato per 30 anni il vaccino scelto per le vaccinazioni di massa. L’OPV stimola la produzione di anticorpi circolanti ma anche di Ig (immunoglobuline) secretorie (delle mucose), che impediscono l’eliminazione del virus selvaggio con le feci. Inoltre il virus attenuato viene liberato nell’ambiente con le feci dei vaccinati, sostituendo nell’ambiente circostante il virus selvaggio e infettando altri individui (vaccinazione inapparente), che sono poi protetti da successive infezioni. È meno costoso e somministrabile per via orale. Gli svantaggi consistono nelle necessarie attenzioni da osservare nella conservazione del vaccino, che va mantenuto a temperature di refrigerazione di 0 °C. In rari casi, può verificarsi una reversione del poliovirus nella sua forma aggressiva e, a seconda di diverse variabili quali la quantità di revertenti, la loro permanenza nell'organismo e le condizioni immunologiche del soggetto, l'infezione può dare una forma paralitica post-vaccinica ( VAPP). Nei Paesi poveri l’OPV si somministra all’età di 2 mesi, 4 mesi, e 6 mesi con un dose supplementare a 4 anni. I casi di VAPP si verificano più spesso dopo la prima somministrazione; la copertura completa si raggiunge alla terza dose. La contemporanea presenza di una gastroenterite virale alla somministrazione del vaccino, ne impedirebbe l’azione. Per ovviare a questo problema, nei Paesi dove l’igiene è scarsa e la circolazione degli altri enterovirus è maggiore, viene somministrata una quarta dose supplementare.
Fig. 5 Somministrazione dell'OPV
La vaccinazione anti-polio in Italia In Italia, per legge dal 1999, il primo ciclo di vaccinazione antipolio, con qualsiasi tipo di IPV (singolo o in combinazione), veniva iniziato nel corso del terzo mese di vita, a partire dal compimento della ottava settimana. La seconda dose di IPV veniva somministrata entro il quinto mese di vita, non prima che fossero trascorse sei settimane dalla somministrazione della prima. Il ciclo veniva continuato con la somministrazione di una dose di OPV nel corso dell'undicesimo-dodicesimo mese di vita. La somministrazione della terza dose della vaccinazione antipolio con OPV aveva lo scopo di rafforzare l'immunità mucosale individuale e di gruppo anche in soggetti non vaccinati. Il ciclo di base della vaccinazione antipolio veniva completato con la somministrazione di una dose di OPV nel corso del terzo anno di vita, e comunque non prima che fossero trascorsi dodici mesi dalla somministrazione della terza dose di vaccino antipolio. Il 30.05.02, è stato siglato un accordo fra Conferenza Stato-Regioni e il Ministero della Salute sulle modifiche al calendario della vaccinazione antipolio che ha previsto, in Italia, il passaggio alla sola somministrazione di vaccino inattivato (IPV).
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L’accordo, modificato per decreto ministeriale il 15.07.05, prevede: • una prima dose di vaccino inattivato potenziato nel corso del terzo mese di vita; • una seconda dose di vaccino inattivato potenziato nel corso del quinto mese di vita; • una terza dose di vaccino inattivato potenziato fra l’undicesimo e il dodicesimo mese di vita; • una quarta dose di vaccino inattivato potenziato nel corso del quinto anno di vita. Il Ministero della salute comunque assicura il mantenimento di una scorta di vaccino attivo (OPV), in caso di emergenza.
La vaccinazione anti-polio nei viaggiatori Se l’individuo è già vaccinato, può fare un richiamo con IPV; se non è vaccinato può fare un ciclo di IPV con 3 dosi ( tempo 0, 1-2 mesi, 6-12 mesi). L’OPV è sconsigliato per evitare le forme di polomielite post-vaccinica.
Bibliografia Stewardson AJ, Roberts JA, Beckett CL, Prime HT, Loh PS, Thorley BR, Daffy JR. Imported case of poliomyelitis, Melbourne, Australia, 2007 Emerg Infect Dis. 2009 Jan;15(1):63-5. CDC. Progress toward interruption of wild poliovirus transmission-worldwide, January 2005-March 2006. MMWR 2006;55:458-62.
CDC. Progress toward global eradication of poliomyelitis, January 2003-April 2004. MMWR 2004;53:532-5.
ULTIMI AGGIORNAMENTI 11 febbraio 2009
Filippine. EBOLA-RESTON Nel 1989 un’epidemia di un’infezione del virus Ebola-Reston (ER), variante dei virus Ebola africani, è stata osservata negli Stati Uniti (Reston, Virginia) in macachi importati dalle Filippine. È stata pertanto condotta un’inchiesta epidemiologica nelle Filippineche ha appurato che il virus ER è stato la causa della morte nelle scimmie selvagge della specie esportata negli Stati Uniti. Nel 1992 in Italia furono osservati dei casi da virus ER in scimmie provenienti dalle Filippine. Nel 1996 negli Stati Uniti ci fu un’ulteriore epidemia di ER, sempre nelle scimmie importate. Tra il 1989 e il 1996 sono stati registrati 25 casi umani da virus ER ( 24 asintomatici e uno con forma influenzale benigna) in soggetti che avevano avuto contatti con scimmie malate. Nel 2008 il virus ER è stato isolato nei maiali di allevamento nelle Filippine. Non si è certi che il virus abbia esercitato sui suini un effetto patogeno, né si conoscono le circostanze tramite le quali i maiali si sono infettati. Nel 2009 anticorpi anti-ER sono stati isolati in soggetti che erano stati a contatto con maiali. Ora si è certi che il virus ER può essere trasmesso all’uomo sia dalla scimmia sia dal maiale: è comunque necessaria una stretta vigilanza per monitorare l’evoluzione del virus ER.
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12 febbraio 2009
Francia. COWPOX Il Ministero della Sanità francese riporta 5 casi di infezione cutanea, causati dal virus cowpox. Questi casi sono dovuti con ratti acquistati in stabulario. La stato di salute dei soggetti infetti non è preoccupante e l’evoluzione è favorevole. I ratti sono stati acquistati a dicembre 2008 nel nord della Francia, dipartimenti di Oise, Nord, Pas-da-Calais e Loiret.
Cowpox Il cowpox appartiene alla famiglia dei Poxviridae e al genere Orthopoxvirus. Reservoir del virus Il reservoir è costituito da roditori selvatici. In Europa la sieroprevalenza più elevata dell’infezione è stata osservata nei topi di campagna e negli scoiattoli.
Trasmissione all’uomo Attraverso il contatto con animali infetti, portatori di lesioni contenenti il virus, soprattutto topi acquistati in stabulario. La contaminazione per l’uomo può avvenire anche attraverso gatti a loro volta contaminati dai topi. Non sono ancora stati osservati casi di contaminazione interumana.
Geografia Negli ultimi anni casi di cowpox sono stati osservati negli Stati Uniti, in Brasile e in numerosi paesi europei ( Regno Unito, Francia, paesi bassi, Germania, Finlandia, Svezia, Polonia, Ucraina, Russia). Potere patogeno Il potere patogeno è relativamente debole nell’uomo, ad eccezione dei casi in immunodepressi.
Clinica La lesione umana è simile a quella del vaiolo. Nell’immunodpresso l’evoluzione regionale e generale è simile a quella del vaiolo con molteplicità di lesioni focali o infezione generalizzata. L’estensione della lesione può avvenire anche su terreno eczematoso.
23 febbraio 2009
Repubblica Democratica del Congo. EBOLA Secondo il Ministero della sanità del Paese, l’epidemia da virus ebola del Kasia Occidentale ( nelle regioni di Mweka e Luebo) è terminata. L’ultimo caso risale al primo gennaio e non sono stati registrati nuovi casi nei 42 giorni seguenti ( 2 volte la durata massima dell’incubazione). Bilancio finale: 32 casi ( confermati, probabili, sospetti), 15 decessi
23 febbraio 2009
Africa australe. COLERA Zimbabwe L’epidemia continua. Al 18 febbraio il totale dei casi registrati dall’inizio dell’epidemia, agosto 2008, era di 79.613 di cui 3.731 mortali (tasso di letalità 4,6%). Tutte le province del Paese sono interessate dall’epidemia. Dal mese di gennaio il tasso di letalità ha iniziato a diminuire, ancorché rimanga elevato, intorno al 3%.
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L’epidemia si è estesa ai Paesi vicini, nelle regioni confinanti con lo Zimbabwe.
Africa del Sud: 4.000 casi, 21 decessi Mozambico: 4.132 casi , 52 decessi Zambia: 2.000 casi, 28 decessi Malawi: 1.478 casi, 40 decessi
2 marzo 2009
Sudan. POLIOMIELITE La recente epidemia di poliomielite (WPV 1) che ha interessato il Sudan richiede una pronta sorveglianza anche per i Paesi confinanti dove il virus si è diffuso. I Paesi interessati sono l’Etiopia, il Kenya e l’Uganda; in tali zone è importante monitorare tutti i casi di paralisi flaccida acuta e intervenire con una massiccia campagna di vaccinazione. È anche opportuno informare i viaggiatori verso queste aree del rischio di contrarre la poliomielite e di valutare la possibilità di effettuare dove necessario un richiamo della vaccinazione di tipo Salk.
5 marzo 2009
Malaria. SVEZIA dalla Thailandia Due turisti svedesi, rispettivamente di 27 e 67 anni sono stati ricoverati a febbraio 2009 nell’ospedale di Stoccolma con diagnosi di malaria da P. falciparum. Entrambi avevano soggiornato per 2 settimane in Thailandia ed avevano pernottato nel Khao Sok National Park, rinomata destinazione turistica. Nessuno dei due aveva effettuato profilassi antimalarica. I pazienti sono stati trattati con derivati dell’artemisinina e sono stati dimessi senza sequele.
Nota degli autori Il rischio di contrarre la malaria in Thailandia, ad eccezione delle zone al confine con la Cambogia e il Mnyanmar, è molto basso per cui riteniamo corrette le linee guida svedesi che non consigliano di effettuare una profilassi antimalarica in quanto il rischio da effetti collaterali gravi da farmaco è più alto rispetto a quello di contrarre la malaria da P. falciparum. Durante un counselling per viaggio è quanto mai opportuno ricordare ai viaggiatori che si recano in Thailandia che esiste la possibilità di contrarre la malaria: per questo motivo, oltre che a consigliare vivamente una profilassi primaria contro le punture di zanzara anopheles (repellenti, abiti lunghi e chiari e zanzariera), è di fondamentale importanza raccomandare, in caso da febbre > 37,5° dopo 8 giorni dalla partenza e fino a 2 mesi dopo il ritorno, di rivolgersi il più presto possibile presso un centro specializzato nella diagnosi e cura della malaria.
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