NAPOLI ANTICA: FRA STORIA E ARCHEOLOGIA A cura dell’Ufficio Scavi Napoli della Soprintendenza Archeologia della Campania in collaborazione con il Servizio Educativo del Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Parthenope La città ha origine con l’insediamento di Parthenope, che prende il nome da una delle tre sirene che vivevano sul promontorio di Sorrento. Secondo una tradizione successiva ad Omero, queste, sconfitte dall’astuzia di Ulisse, si suicidano gettandosi in mare. Il corpo di Parthenope, trasportato dalle correnti, giunge sul litorale di Napoli, dove viene sepolto e dove la sua tomba diventa luogo di culto. Secondo gli storici antichi, Parthenope è fondata da Cuma, la più antica colonia greca di Occidente, allo scopo di consolidare il controllo del golfo. L’insediamento rimonta probabilmente alla fine dell’VIII-inizi del VII sec. a.C. ed è localizzato sul promontorio di Pizzofalcone e sull’isoletta di Megaride, oggi occupata da Castel dell’Ovo e collegata alla terraferma. Di Parthenope sono noti la necropoli scavata in via Nicotera e alcuni scarichi di materiali ceramici rinvenuti in via Chiatamone e di recente in piazza S. Maria degli Angeli.
Neapolis Intorno alla fine del VI-inizi del V sec. a. C. è fondata, ad opera dei Cumani, Neapolis, “la città nuova”. Parthenope diviene allora Palaepolis, “la città vecchia”. Il nuovo insediamento conosce un rapido sviluppo, favorito dallo stretto legame con Atene, che intorno alla metà del V sec. a.C. invia, sotto il comando dell’ammiraglio Diotimo, un contingente di coloni a rinforzare la compagine urbana. In tale occasione è rinnovato il culto per Parthenope attraverso l’istituzione di giochi. Nel 421 a.C. le popolazioni italiche dell’entroterra conquistano le città di Capua e Cuma, lasciando invece indenne Neapolis, che comunque risentirà fortemente della loro influenza. Durante la II Guerra sannitica, nella seconda metà del IV sec. a.C., Neapolis si allea con i Sanniti e i Tarantini schierandosi contro i Romani, che avevano già conquistato Capua. Vinta da un lungo assedio, può comunque stipulare un trattato favorevole con i vincitori (foedus aequum), che le garantisce il mantenimento di una propria autonomia. Inizia così per la città un periodo di notevole prosperità economica: vede incrementate le sue potenzialità marittime, ospita una flotta militare e commerciale ed è inserita in una fitta rete di scambi, anche grazie allo sviluppo di fiorenti attività produttive. Tale vitalità si protrarrà a lungo nonostante la concorrenza, dall’inizio del II sec. a.C., del porto commerciale di Puteoli (Pozzuoli). Durante la Guerra sociale, Neapolis non si schiera con le città italiche ribellatesi a Roma. Come ricompensa viene trasformata, nel 90 a.C., da città alleata a municipium, anche se tale nuova condizione si rivelerà un limite alla sua autonomia, dovendo essa partecipare in modo più diretto alle vicende di Roma. Schieratasi poi con Mario durante la Guerra civile, nell’82 a.C., a causa della vittoria di Silla, è privata della flotta e del possesso dell’isola di Pithecusae (Ischia), con un conseguente decadimento delle sue attività economiche. Perso il ruolo di sito commerciale e produttivo, dagli inizi del I sec. a.C. e per tutta l’età imperiale Neapolis assume soprattutto un carattere residenziale e culturale. In un periodo compreso tra l’età degli Antonini e quella dei Severi (II-III sec. d.C.), il municipium è tramutato in Colonia Aurelia Augusta Antoniniana Felix Neapolis. La città è ormai considerata solo un centro minore della Campania Felix, a differenza di Capua, che, non avendo mai perduto un ruolo preminente, in età costantiniana assumerà lo statuto di capoluogo della provincia campana. La città vede la nascita di una forte comunità cristiana, come documentato dalle estese catacombe scavate nella collina di Capodimonte. Il IV e il V sec. d.C. coincidono con un ulteriore declino della città. Poiché è forte la minaccia di scorrerie barbariche, l’imperatore Valentiniano III decide di migliorarne le difese. Pertanto, la vecchia cinta muraria greca, che fino ad allora non aveva mai subìto modifiche sostanziali, è consolidata e ampliata a sud, così da inglobare il suburbio sul mare. L’ultimo atto della storia di Neapolis coincide con la fine dell’Impero Romano d’Occidente: Romolo Augustolo, ultimo imperatore, spodestato nel 476 d.C. da Odoacre, re degli Eruli, è relegato nel castrum lucullanum, nell’area di Pizzofalcone. In seguito, presidiata da una guarnigione gota, la città vive drammatiche vicende quando nel 535 scoppia la Guerra greco-gotica: è conquistata dal generale bizantino Belisario e poi nuovamente presa dai Goti. Nel 552, dopo la battaglia dei Campi Lattari, è inserita definitivamente nel dominio bizantino.
La ricostruzione topografica e archeologica L’impianto urbano di Neapolis si legge tuttora nella planimetria del centro storico: le strade che percorriamo, delimitanti isolati lunghi e stretti, sono il “monumento” meglio conservato della città greco-romana, documentando un caso esemplare e rarissimo di permanenza di un impianto urbanistico antico in una città moderna. La continuità di vita nell’area ha determinato una stratificazione plurisecolare che viene disvelata attraverso un’attenta procedura di “archeologia urbana”.
Neapolis si estende sul pianoro del centro storico delimitato a nord da via Foria, a sud da c.so Umberto I, ad est da via Carbonara e ad ovest da via Costantinopoli. La città è protetta da mura in opera quadrata in blocchi di tufo a tratti ancora ben conservate, come in piazza Bellini, piazza Cavour, largo S. Aniello a Caponapoli, piazza Calenda. A una più certa definizione del tracciato delle fortificazioni – che dovevano svilupparsi accompagnando le difese naturali e abbracciando un’area di circa 72 ettari con un perimetro d 3,7 chilometri – si è giunti recentemente, confutando anche l’ipotesi di un loro ampliamento a occidente nella seconda metà del IV sec. a.C. In tale periodo le mura sono interessate solo da interventi di raddoppiamento, seguiti da ulteriori restauri sino alla fine del III sec. a.C. Nel secolo successivo il sistema fortificato perde la sua funzionalità. All’esterno delle mura si dislocano
le necropoli, la più estesa delle quali, all’altezza di Castel Capuano, è databile dalla metà del V agli inizi del II sec. a.C.
L’impianto urbano è organizzato in una maglia perpendicolare di isolati ricavati dall’incrocio di tre platee principali ‒ le attuali Vie Anticaglia, Tribunali, S. Biagio dei Librai, per le quali tuttora si usa spesso la parola romana “decumani” ‒ con strade minori. Nel settore compreso fra via Anticaglia e via S. Biagio dei Librai è riservato probabilmente sin dalla fondazione uno spazio pubblico, che poi sarà occupato dal Foro di età romana: in esso si trovano il tempio dei Dioscuri, inglobato nella chiesa di S. Paolo Maggiore, a via dei Tribunali; il teatro coperto e quello scoperto, conservati fra vico Purgatorio ad Arco, via S. Paolo e vico Giganti; e il mercato, i cui resti sono visitabili nel complesso di S. Lorenzo Maggiore. Il teatro di età flavia, eccezionalmente preservato all’interno dell’edilizia moderna, è in corso di indagine nel comparto urbano compreso fra via Anticaglia, via S. Paolo e vico Cinquesanti.
L’edilizia abitativa è particolarmente evidente nell’area della chiesa della Pietrasanta, ma soprattutto all’interno del grande isolato del Duomo. In generale, i complessi monumentali delle fasi successive al terremoto del 62 d.C. ed all’eruzione del 79 d. C. sono quelli meglio conservati ed in larga parte visitabili: il mercato, il teatro e le terme di vico Carminiello ai Mannesi, una delle poche esposte a cielo aperto.
Il litorale fra Neapolis e Parthenope Dall’età tardo-repubblicana e per tutta l’età imperiale la città conosce un forte sviluppo edilizio anche al di là del perimetro delle antiche mura, a occidente e a meridione verso la fascia costiera. In tali aree, alle terme di I sec. d.C. portate alla luce all’interno del convento di S. Chiara, si possono ora aggiungere gli altri edifici a carattere termale indagati a piazza Municipio e lo straordinario complesso dei Giochi Isolimpici in piazza Nicola Amore: essi saranno oggetto di un progetto di valorizzazione nell’ambito della costruzione delle stazioni Municipio e Duomo della linea della Metropolitana. Anche verso Chiaia e Posillipo, già dal I sec. a.C., il suggestivo paesaggio costiero è costellato di ville d’otium appartenenti ad esponenti dei ceti emergenti di Roma: la famosa villa di Vedio Pollione (Pausilypon) e quella di Lucullo, localizzata sul colle di Pizzofalcone e sull’isola di Megaride, nel sito un tempo occupato da Parthenope. In età augustea il traforo della crypta neapolitana costituirà una fondamentale infrastruttura di collegamento fra Neapolis ed i Campi Flegrei.
Gli scavi archeologici per la linea della Metropolitana In anni recenti le conoscenze su Napoli antica si sono accresciute grazie alle scoperte relative alla fascia costiera fra Parthenope e Neapolis, indagata nel corso della realizzazione delle linee 1 e 6 della Metropolitana. A tali scoperte è stata dedicata la mostra “Stazione Neapolis: i cantieri dell’archeologia”, allestita dal 2005 e tuttora aperta al pubblico nella galleria di collegamento fra la stazione Museo e il Museo Archeologico, la quale rappresenta un fondamentale aggiornamento della sezione “Napoli antica” dello stesso Museo. Lo scavo delle stazioni della linea 1 (“Municipio” in piazza Municipio, “Toledo” in via Diaz, “Università” in piazza Bovio, “Duomo” in piazza Nicola Amore) e della linea 6 della Metropolitana (“Arco Mirelli”, “S. Pasquale”, “Chiaia” in piazza S. Maria degli Angeli, “Municipio”) ha consentito l’esplorazione del paesaggio litoraneo della città antica, sinora scarsamente conosciuto a causa delle elevate profondità dei resti archeologici e della presenza superficiale dell’acqua di falda. Le indagini stratigrafiche hanno sfogliato le pagine della storia dell’insediamento, dalla preistoria e dalla fase greco-romana fino all’età medievale e moderna, rivelando, soprattutto nel caso della Linea 1, resti di varia natura ed importanza per tutti i periodi documentati. Per l’età preistorica, di particolare rilievo appaiono le tracce di lavorazioni agricole risalenti al Neolitico avanzato e all’Eneolitico rinvenute nella stazione “Chiaia” in piazza S. Maria degli Angeli sul colle di Pizzofalcone e nella stazione “Toledo” in via Diaz. Nello scavo della stazione Chiaia, un importante scarico di materiali dell’età del Viceregno spagnolo ha restituito anche ceramiche residuali molto più antiche, di fine VIIIinizi VII sec., di VI e degli inizi del V sec. a.C. Accanto ad esse, sono presenti frammenti di decorazioni architettoniche databili intorno alla metà del VI sec. a.C., pertinenti molto probabilmente ad un edificio sacro che doveva sorgere non molto lontano.
Piazza Municipio: il porto antico Anche se in quantità ridotte, frammenti ceramici dello stesso ambito cronologico di Parthenope sono emersi come elementi residuali nei fondali marini del bacino portuale scoperto in piazza Municipio. L’area della piazza era parte di una grande insenatura costiera estesa fra Castel Nuovo e piazza G. Bovio, il cui utilizzo come porto è ipotizzabile già in età greca anche se è documentato con certezza a cominciare dal III sec. a.C. A tale periodo risale il sistema di dragaggio dei fondali, riconosciuto per la scoperta di grandi fosse intersecantesi nelle quali apparivano solchi sottili, tracce dello strumento utilizzato per lo scavo: forse una ruota dentata montata su una imbarcazione. A tale intervento, finalizzato alla creazione di un porto efficiente, si accompagnano importanti opere edilizie coeve: una rampa, forse di alaggio, e strutture di terrazzamento delle pendici della collina adiacenti la linea di costa. L’indagine ha poi rivelato la successione dei fondali marini da età repubblicana a piena età imperiale, un molo ligneo e sette relitti di imbarcazioni: nella parte centrale del bacino, oltre a resti poco conservati di II sec. a.C. (E, H), due grandi barche ascrivibili alla fine del I sec. d.C. (A, C), abbandonate e fatte affondare accanto ad un molo ligneo; presso lo stesso molo e all’imboccatura del porto altre tre (B, F, G), inabissatesi alla fine del II sec. d.C. probabilmente per una mareggiata.
In età augustea sono costruite grandi infrastrutture marittime in opera cementizia: un molo foraneo a protezione dell’imboccatura del bacino e, nella sua parte più interna, una imponente banchina. A monte di questa si sviluppa una strada, molto probabilmente la via per cryptam, voluta dall’imperatore Augusto per il collegamento fra Neapolis ed i Campi Flegrei. A ridosso della strada, dagli inizi del I sec. d.C. e nel successivo sorgono edifici termali.
Piazza Nicola Amore. Il sito del Santuario dei Giochi Isolimpici Lo scavo della stazione Duomo a piazza Nicola Amore ha restituito consistenza materiale ai dati, già noti da fonti letterarie e testi epigrafici, sul Santuario dei Giochi Isolimpici neapolitano, connesso all’istituzione, nell’anno 2 d.C., degli agoni “Italici, Romani, Augusti, Isolimpici” in onore dell’imperatore Augusto. Il collegamento con Olimpia è confermato dalla scoperta, nell’antico santuario ellenico, di un’iscrizione con il regolamento dei giochi napoletani, inviato evidentemente per evidenziare un rapporto privilegiato fra le due città. A Napoli i giochi si svolgevano ogni quattro anni, inizialmente nel mese di agosto e poi forse a settembre. Il programma prevedeva gare ippiche e atletiche, e diversamente da Olimpia erano disputate competizioni musicali e teatrali.
Il complesso di età imperiale scoperto a piazza Nicola Amore si sovrappone ad un contesto probabilmente pubblico e a carattere sacro impiantato a partire dagli inizi del IV sec. a.C. sul litorale immediatamente esterno al tratto meridionale della fortificazione di età greca. L’area conosce una importante ristrutturazione alla fine dello stesso secolo, quando sono costruiti due grandi edifici separati da una strada, uno dei quali dotato di una sala per banchetti. Essa perderà le sue funzioni intorno alla metà del III secolo, ed al suo interno sono collocate officine ceramiche: di esse sono stati rinvenuti alcuni apprestamenti e numerosissimi scarti di lavorazione di vasi, soprattutto anfore greco-italiche e vernice nera che, come sappiamo dai siti di consumo e dai relitti, circolavano ampiamente nel Mediterraneo occidentale. La connessione del luogo con la pratica degli agoni è attestata dallo scavo per la edificazione, intorno alla metà del II sec. a.C., di un portico identificato come parte di un ginnasio, che si affaccia su un’ampia area battuta corrispondente con buona probabilità alla pista esterna in cui si svolgevano gli allenamenti degli atleti. Essa perdura in età augustea, quando il portico è parzialmente modificato. In un momento di poco successivo il complesso accoglie un tempio in cui è possibile riconoscere il monumento per il culto imperiale, verosimilmente il Caesareum, citato nel regolamento dei giochi neapolitani rinvenuto ad Olimpia. In questa fase l’edificio è costituito da una piccola aula su podio, pavimentata a mosaico; la sua decorazione architettonica, in marmo lunense, è databile nella prima età giulio-claudia. In età domizianea il portico è interessato da una profonda ristrutturazione e
riceve un rivestimento di lastre di marmo in cui sono iscritte in greco le liste dei vincitori delle specialità dei Giochi Isolimpici. Di queste lo scavo ha portato alla luce circa 800 frammenti, che sono stati oggetto di una accurata ricomposizione. L’edificio templare è ricostruito in età antoniniana con un allungamento della pianta, il rifacimento dei muri del podio ed il rimontaggio su di esso della decorazione architettonica più antica; nello stesso periodo il tempio è circondato da un ambulacro.
Le trasformazioni di età tardoantica Gli scavi delle stazioni della linea metropolitana attestano in vario modo anche le trasformazioni della città in età tardoantica e altomedievale, quando Napoli entra a far parte del dominio bizantino. Fra VI e VII sec. d.C. è ricostruita la cinta muraria, come dimostrano i siti di piazza Nicola Amore e piazza G. Bovio: nella prima è emersa una poderosa cortina muraria che riveste quella di età greca, nella seconda una torre che riutilizza decorazioni architettoniche in marmo di un arco onorario degli inizi del III sec. d.C. Agli inizi del V sec. d.C. il progressivo insabbiamento dell’insenatura portuale determina l’avanzamento della linea di costa, con una nuova dislocazione del porto probabilmente ad est, verso piazza
Bovio. Dalla metà del VI secolo gli spazi ormai sottratti al mare vengono occupati da officine artigianali per vetro e metallo, da nuclei di sepolture e da edifici legati alle attività portuali. Nell’VIII e IX secolo tutta la fascia costiera è oggetto di un fenomeno di abbandono e solo in età basso medievale si affermerà una nuova vitalità urbana.