LA SINDROME PREMESTRUALE Cristina De Rose, Emilia Costa Dipartimento Neurologia e Psichiatria Sapienza Università di Roma INTRODUZIONE “...la donna durante un lungo periodo della sua vita, deve considerarsi un essere abnorme. Non ho bisogno di rammentare ai medici la grande influenza che la mestruazione e la gravidanza hanno sulla vita psichica...questi due stadi, senza rappresentare una vera malattia, tuttavia disturbano notevolmente l’equilibrio mentale...”(Paul Moebius).
La vita psicosessuale della donna si caratterizza in fasi distinte, le quali costituiscono momenti fisiologici e psicologici specifici che normalmente non comportano psicopatologia. Tali fasi sono associate a modificazioni psiconeuroendocrine che determinano nella donna un particolare vissuto legato più alla cultura di appartenenza che al determinismo biologico specifico di ogni fase. Ciò non dimeno, possono esistere problemi, disturbi e sintomi inerenti tali modificazioni, nelle diverse fasi della vita psicosessuale femminile. L’eziologia delle alterazioni psichiche di queste fasi è comunque molto eterogenea, come pure le conseguenti espressioni psicopatologiche e cliniche. In particolare, il vissuto di ciascuna donna in merito ad esse, può produrre modificazioni biopsichiche nelle stesse. Ne risulta pertanto che fattori neuro-ormonali e vissuti psicologici, nei diversi contesti individuali e socioculturali, si influenzano a vicenda, modellando le fasi stesse. Le osservazioni compiute nell’ambito dell’antropologia culturale, così come nella storia della psichiatria, dimostrano infatti chiaramente che il “disagio psichico” da sempre può esprimersi con modalità diverse nel tempo, costituendo quello che Hacking definisce “malattia mentale transitoria”. Con tale denominazione l’autore intende tutti quei disturbi psicopatologici che compaiono in un dato momento storico e in un dato luogo per poi “scomparire”, tanto che da filosofo si interroga sulla effettiva “realtà” di queste entità, tra cui lo stesso annovera la Sindrome premestruale. 1
Ancora oggi un approccio scientifico al fenomeno mestruale ed ai disturbi ad esso correlati deve fare i conti con la tradizione culturale, che ha fatto delle mestruazioni oggetto di credenze mitiche, superstiziose, religiose, che per lungo tempo le ha fatte considerate causa di impurità e addirittura di pericolo. Disturbi dell’umore e del comportamento collegati al ciclo mestruale sono descritti da secoli, ma solo nel 1931 uno studio di G. Frank ha descritto una entità clinica, la “tensione premestruale”, che si manifesta nella fase luteinica del ciclo, nei 7-10 giorni precedenti le mestruazioni. La prima descrizione della “sindrome premestruale” (PMS), risale però agli anni Sessanta, quando questa espressione venne utilizzata per definire l’insieme dei sintomi fisici e psichici correlati alle fasi del ciclo. Tali sintomi, che possono essere più precisamente distinti in fisici, comportamentali e affettivi, interferiscono con il normale andamento della vita, presentandosi ciclicamente in relazione coerente e preddittiva con le mestruazioni.
CARATTERISTICHE EPIDEMIOLOGICHE Diversi studi epidemiologici rilevano una percentuale abbastanza elevata (40%) di disturbi in relazione al ciclo mestruale. In una review di Milewicz e Jedrzejuk si legge che l’85-97% delle donne in età fertile riferisce sintomi fisici e disturbi psichici di varia entità prima delle mestruazioni, solo nel 3-10% dei casi, tuttavia, questi assumono rilevanza clinica, configurandosi come PMS. Nella maggiorparte dei casi la sindrome si manifesta progressivamente tra i 15 e i 25 anni (in media ci si rivolge allo specialista intorno ai 35 anni) e sembra esistere una predominanza nelle donne che svolgono un’attività lavorativa “esterna” rispetto alle casalinghe. I sintomi tendono ad aggravarsi con il progredire dell’età fino alla menopausa. A tal proposito è stato osservato che, nei casi di maggiore severità, anche dopo la fine dell’età fertile le donne, una volta arrivate alla menopausa, sembrano presentare un rischio maggiore di soffrire di vampate di calore, umore depresso, difficoltà nel sonno e ridotto desiderio sessuale. Questo dato sembrerebbe deporre a favore della probabile esistenza di una vulnerabilità neurobiologica, sia alle aumentate fluttuazioni ormonali associate alla sindrome, sia alla successiva carenza estrogenica postmenopausale. In realtà è verosimile che 2
esistano diversi sottogruppi di donne, con più specifiche vulnerabilità neurobiologiche e alterazioni endocrine, che confluiscono poi nell’epifenomeno della PMS.
IPOTESI ETIOLOGICHE Molti studi, nel corso degli anni, hanno tentato di mostrare la specificità e l’ eziologia della sindrome premestruale, associando ad essa le più svariate sintomatologie. Il menarca precoce, e la conseguente esperienza precoce del dolore mestruale, come pure le scarse informazioni e l’atteggiamento negativo della madre nei confronti della mestruazione, sembrano influire sulla sintomatologia premestruale. A questo proposito appare interessante notare come spesso le madri di donne che lamentano una PMS ne hanno sofferto a loro volta, tanto da ipotizzare l’esistenza di fattori genetici implicati nel determinismo di tale entità clinica. Schematicamente è possibile distinguere le cause della PMS in biologiche, psicologiche e socioculturali. Per quanto riguarda i fattori biologici, alcune ipotesi considerano la PMS sostanzialmente legata ad uno squilibrio tra estrogeni e progesterone, o ad una carenza relativa di progesterone, altre ad iperprolattinemia, a deficit di vitamine (A e/o B), a riduzione di oppioidi endogeni. L’osservazione meglio documentata al riguardo è comunque la diminuzione della concentrazione di serotonina in fase premestruale. Ulteriori osservazioni riguardano: Concentrazioni di melatonina più basse nelle donne con PMS Una diminuzione di beta-endorfine in fase luteale Un’alterata produzione di neurotrasmettitori mediata dalla iperprolattinemia funzionale. Queste osservazioni sembrerebbero avvalorare l’ipotesi della esistenza di una sorta di vulnerabilità biologica (parrebbe più spiccata per la serotonina e la melatonina) che si estrinsecherebbe nella fase premestruale. I cambiamenti ormonali, in tale 3
ottica, non sarebbero pertanto la causa della sindrome, quanto piuttosto svolgerebbero un ruolo di sincronizazzione. Per quanto concerne gli studi sulla personalità, si é messo in evidenza una tendenza, nelle donne con PMS, alla somatizzazione dell’ansia, unitamente ad una ridotta capacità di socializzazione. La sindrome si accompagna spesso a bassa autostima, tendenza alla passività e alla richiesta di aiuto, instabilità emotiva e insoddisfazione affettiva. Le donne che soffrono di PMS hanno frequentemente un atteggiamento reattivo nei confronti delle mestruazioni che possono considerar una “malattia”. In passato, è stata anche descritta una “caratteropatia mestruale” con aumento dell’aggressività e, in alcuni casi, addirittura una “psicosi mestruale”, determinata dal processo somatico mestruale. Infine, le più recenti ipotesi psicosociali che valutano l’importanza delle credenze e delle aspettative della donna rispetto alle sue mestruazioni, correlandole a fattori situazionali e relazionali, pongono l’accento su come risulti riduttivo ascrivere la sofferenza femminile a puro biologismo, ignorando totalmente l’influenza che le esperienze reali hanno sui vari momenti della vita di una donna.
QUADRO CLINICO E PROBLEMI DIAGNOSTICI Dal punto di vista clinico la sindrome premestruale, essendo un’entità nosologica complessa a patogenesi multifattoriale, si caratterizza per una notevole eterogeneità sintomatologica. Schematicamente risulta infatti possibile distinguere sintomi fisici, comportamentali ed affettivi. I primi più frequentemente comprendono dolentia mammaria, emicrania, dolori muscolari o articolari, sensazione di gonfiore, aumento ponderale. Più complessi e articolati i disturbi inerenti la sfera psichica che nella maggiorparte dei casi rientrano nello spettro ansioso-depressivo. In genere si evidenzia una marcata labilità affettiva con improvvisi sentimenti di tristezza, rabbia, irritabilità e, spesso, aumento dei conflitti interpersonali. Di frequente riscontro, inoltre, la presenza di vissuti di autosvalutazione, unitamente al timore di “perdere il controllo della situazione”; sono poi molto comuni la facile faticabilità, con diminuito interesse per le attività usuali, e la difficoltà di concentrazione. Sul 4
versante comportamentale, si assiste ad un aumento della quota di impulsivita’, alterazione della condotta alimentare con marcato aumento dell’appetito e spesso desiderio di cibi specifici, ipersonnia o insonnia. Tutti questi sintomi possono presentarsi variamente associati tra loro, dando luogo, conseguentemente, a molteplici quadri clinici, anche in relazione agli eventuali diversi eventi stressanti della vita della donna. In termini di comorbidità, inoltre, il periodo premestruale sembrerebbe esercitare una influenza negativa nelle donne affette da altri disturbi psichici; sono infatti stati rilevati: Aggravamento di disturbi depressivi e ansiosi Riacutizzazione delle cosiddette psicosi atipiche Aggravamento di attacchi di panico e bulimia In particolare, il rapporto tra sindrome premestruale e disturbi affettivi è ancora oggi oggetto di studio in ambito clinico, biologico, prognostico e terapeutico e sono stati evidenziati diversi punti di contatto tra le due condizioni cliniche. Circa il 65% delle donne con Depressione Maggiore riferisce infatti di soffrire di PMS e, per contro, in circa l’80% delle donne con PMS è possibile rilevare, nella storia clinica, almeno un episodio depressivo maggiore. La sindrome premestruale sembra inoltre costituire un fattore di rischio per l’ insorgenza di depressione nel puerperio. Dal punto di vista diagnostico, il DSM IV TR ha stabilito dei criteri per la diagnosi del disturbo disforico premestruale. Tali criteri, che devono risultare confermati dalle registrazioni giornaliere comparative di almeno due cicli sintomatici consecutivi, comprendono: Nel corso della maggior parte dei cicli dell’anno precedente, cinque o più dei seguenti sintomi sono quasi sempre presenti durante l’ultima settimana della fase luteale. Sono migliorati nel corso dei primi giorni della fase follicolare e sono stati completamente assenti durante la prima settimana dopo le mestruazioni (uno dei sintomi deve essere tra i primi quattro citati): 1.Umore depressivo spiccato, senso di disperazione o idee di svalutazione 2.Tensioni, spiccata ansia, impressione di essere bloccata, tesa, nervosa 5
3.Spiccata labilità emozionale (per esempio spiccato senso di tristezza, voglia di piangere, ipersensibilità al rifiuto) 4.Collera o irritabilità spiccata e persistente o aumento dei conflitti interpersonali 5.Diminuzione dell’interesse per le attività consuete 6.Difficoltà soggettive a concentrarsi 7.Letargia, rapido affaticamento o mancanza di energia 8.Spiccate modificazioni dell’appetito, iperfagia, voglia imperiosa di certi alimenti 9.Ipersonnia o insonnia 10.Impressione di essere sopraffatta o di perdere il controllo La sindrome premestruale disforica interferisce notevolmente con il lavoro o l’attività scolastica, le attività sociali abituali e le relazioni con gli altri. La sindrome premestruale disforica non corrisponde solo all’aggravamento di un altro disturbo come una depressione grave, o un disturbo di panico, un disturbo distimico o della personalità (benché possa aggiungersi a ciascuno di questi disturbi) Un’ulteriore classificazione per diagnosticare la sindrome premestruale è stata elaborata dall’ American College of Obstetricians and Gynecologists secondo la quale ai fini diagnostici risulta essenziale che la donna riporti uno o più sintomi affettivi e fisici, durante i cinque giorni, o più, che precedono il ciclo, in ciascuno dei tre mesi precedenti la consultazione. Va in ogni caso tenuto presente che tali classificazioni, ponendo l’accento sulla gravità della PMS, sulla fasicità e sulle differenziazioni da altri disturbi psicofisici, potrebbero tuttavia comportare una sottostima della dimensione reale del problema.
CENNI DI TERAPIA Come precedentemente descritto, la PMS deriva dalla interazione di fattori biologici, psicologici e sociali, di conseguenza, il trattamento deve integrare interventi terapeutici con interventi psicologici, educativi e di sostegno, questi
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ultimi volti ad aiutare la donna nel recuperare il danno che la sindrome può aver provocato a lei e alle sue relazioni interpersonali. Nell’ambito della terapia sintomatica, gli antidepressivi trovano impiego nelle forme caratterizzate da un’importante componente psichica e comportamentale. In particolare, l’utilizzo di serotoninergici (fluoxetina, paroxetina, sertralina), sembra dare risultati soddisfacenti anche nel trattamento a lungo termine, diversamente dalle benzodiazepine, utili esclusivamente nella fase sintomatica del ciclo. Controverso risulta invece l’impiego dei contraccettivi orali: infatti, anche se alcune donne traggono beneficio dalla terapia con estroprogestinici o esclusivamente progestinici, occorre tener presnte che queste sostanze possono provocare un peggioramento dei sintomi della PMS, in particolare nelle forme depressive.
BIBLIOGRAFIA Costa E., Sindrome premestruale in Psicopatologia della donna, in Manuale di Psichiatria e Psicoterapia, a cura di N. Lalli. Liguori Editore 1999 ACOG (American College of Obstetricians and Gynecologists), “Premestrual Syndrome”. ACOG Pratice Bulletin, 2000
Menditto A, Menditto P. “Ansia, sindrome premestrualee disturbi ginecologici”, Carocci Editore, Roma, 2009 Milewicz A., Jedrzejuk D, “Premestrual syndrome: from etiology to treatment”, Maturitas 55S: S47-S54, 2006
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