BOLLETTINO GENNAIO FEBBRAIO 2003
LA PAROLA DEL RETTORE DELLA VITA NON SI FA MERCATO Nelle pagine interne del nostro Bollettino riferiamo dell’inaugurazione della “Casa della mamma e del Bambino. Pensiamo che sia il modo migliore per richiamare il messaggio che anche quest’anno i vescovi italiani hanno inviato per la giornata della vita. “ La vita - scrivono i vescovi - è un dono fuori commercio. Nobile, sicuramente, è il desiderio di divenire madre e padre. Ma questo non può avvenire a ogni costo. Un figlio esige e merita di nascere da un atto d’amore: dall’incontro e dal dono totale e reciproco di un uomo e una donna, uniti in un autentico e stabile amore sponsale. Il figlio stesso è dono, amore, incontro e relazione. Nasce, in altri termini, da un atto del tutto gratuito, sottratto a ogni logica utilitaristica o mercantile, perché l’amore non cerca il tornaconto personale. Così accade con i figli che, nati da un libero gesto creativo di una foto coniugi Oreglia p. Giuliano Temporelli
sposa e di uno sposo, sono a loro volta esseri liberi: liberi della libertà spirituale che deriva dall'essere, in ogni caso, primordialmente figli di Dio. C’è in alcuni la tendenza, sia pure spesso inconsapevole, a considerare i figli che devono nascere come degli "oggetti" di cui si sente il bisogno per poter esaudire un proprio desiderio. Si potrebbe persino dire che il movente non è troppo diverso da quello che ci può spingere a sentire il bisogno di un’automobile o di una bella vacanza. Il figlio viene così pensato, da subito, come un oggetto che sarà posseduto da chi lo avrà "prodotto"; una merce alla stregua di altre merci.” Ma della vita non si può fare mercato! Questa affermazione non è arbitraria, né una mera esortazione più o meno accettabile; è un fondamento decisivo della nostra società. Negandola, si insinua che gli
esseri umani possano, tutto sommato, essere cose da possedere. “Come cristiani – concludono i vescovi - siamo chiamati ad annunciare con forza e coraggio l’illuminante verità dell’amore del Padre che ci ha riscattati donandoci la vita nel suo Figlio. La vita umana non ha prezzo perché siamo stati comprati "a caro prezzo" (1Cor 7,23) dal Signore. "Ecco, tutte le vite sono mie" (Ez 18,4), dice Dio per riaffermare che ogni vita viene da lui e a lui anela. La comunità cristiana, "popolo della vita", guardando ogni persona con l’occhio di Dio proclama il Vangelo della vita non solo ai credenti ma a tutti e "gioisce di poter condividere con tanti altri il suo impegno, così che sempre più numeroso sia il "popolo per la vita" e la nuova cultura dell'amore e della solidarietà possa crescere per il vero bene della città degli uomini. “
TUTTI I VENERDI' DI QUARESIMA ORE 15,30 : VIA CRUCIS (partendo dal Santo Sepolcro) ORE 16
- SANTA MESSA
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CONOSCIAMO LA BIBBIA I VANGELI parte 2a
I SINOTTICI Dei quattro Vangeli tre sono detti “sinottici”: Matteo, Marco e Luca; essi infatti impiegano uno schema sostanzialmente identico, al punto che li si può leggere su colonne parallele “con un sol colpo d’occhio”. Lo schema riguarda l’attività di Gesù e prevede: predicazione di Giovanni il Battista; battesimo di Gesù e sua tentazione nel deserto; ministero di Gesù in Galilea; viaggio dalla Galilea verso la Giudea; ministero breve a Gerusalemme, durante il quale è messo a morte, risorge, appare ai suoi, è assunto in cielo. Solo Matteo e Luca hanno premesso a questo schema una introduzione riguardante il cosidetto “vangelo dell’infanzia” di Gesù. Pur impiegando uno schema comune, ogni evangelista ha caratteristiche e contenuti propri: tradizioni diverse cui ha attinto, destinatari mirati cui indirizza il suo scritto, quindi prospettive teologiche ed ecclesiali specifiche. Marco, considerato dai più il racconto evangelico più antico (collocato in genere prima del 70 dopo Cristo), si rivolge ai cristiani di origine pagana. Il testo è attraversato da una domanda: Chi è Gesù? Ad essa risponde fin dall’inizio con una affermazione perentoria: Gesù è il Cristo (Messia) atteso dagli Ebrei e il Figlio di Dio (cfr. Mc. 1,1). Questa tesi iniziale viene provata nel corso della narrazione, mettendo il lettore a contatto diretto con i gesti compiuti da Gesù, in particolare le molte guarigioni e l’accoglienza dei peccatori, attraverso cui svela progressivamente il mistero della sua persona: Servo sofferente e Figlio di Dio. Marco, più degli altri, è il vangelo del primo annuncio e insieme dell’itinerario del credente per arrivare alla fede piena in Gesù e alla condivisione della sua vita. Marco è il vangelo della “sequela”, del cammino del discepolo dietro e con il Maestro. Il Vangelo di Matteo è opera di un autore palestinese che scrive per cristiani di origine ebraica probabilmente intorno all’anno 80 d.C.. Egli dà molto spazio alle parole di Gesù, raccogliendole i cinque grandi discorsi: della montagna (Cfr. Mt. 5-7), apostolico (Cfr. Mt. 10), in parabole (Cfr. Mt. 13), comunitario (Cfr. Mt. 18), escatologico (Cfr. Mt. 24-25). Con essi Matteo propone l’insegnamento di Gesù per la vita della comunità cristiana. Il suo è per eccellenza il Vangelo della Chiesa. Più degli altri insiste sul compimento nella persona di Gesù delle profezie dell’Antico Testamento: non si deve aspettare più il Messia, perché è già venuto ed è Gesù di Nazaret; in Lui le promesse fatte a Davide e ad Abramo si compiono (cfr. Mt. 1,1); la legge e la parola dei profeti in Lui trovano pienezza e compimento (cfr. Mt. 5, 17-18), perché con Lui si inaugura il Regno di Dio.
Il Vangelo di Luca si deve a un cristiano di provenienza pagana, un colto ellenista che si rivolge ad ambienti cristiani di cultura greca. Egli chiama Gesù “il Signore”: il titolo che la Chiesa attribuì al Cristo risorto e glorificato, lo stesso che l’Antico Testamento dava a Dio. Senza attenuare le esigenze di Gesù Maestro e della sua chiamata, Luca testimonia soprattutto, con delicata finezza, la misericordia di Dio che si fa uomo per comunicare agli uomini la sua Grazia, a cominciare dal perdono (cfr. Lc. 15). Peculiare è la sua sottolineatura della destinazione universale della salvezza in Cristo. In questa direzione vanno le parole di Simeone (cfr. Lc. 2,22), la genealogia di Gesù fatta risalire fino ad Adamo (cfr. Lc. 3,38), l’interesse di Gesù per i non ebrei, come il samaritano assunto a simbolo dell’amore cristiano (cfr. Lc. 10,37), l’annuncio che “il perdono dei peccati e la conversione dei peccatori saranno predicati a tutte le genti” (Lc. 24,47). I vescovi italiani La gioia non è un lusso. E’ una necessità. Abbiamo bisogno della gioia con la stessa urgenza Con cui abbiamo bisogno di mangiare e di bere. Molti passi della Bibbia rivelano che Dio vuol renderci possibile la gioia, e ce la vuole donare. L’ansia, le preoccupazioni e la tristezza feriscono la vita. La gioia la risana. Una giornata senza gioia è una giornata perduta. Una vita senza gioia non è vita. Viviamo allora nella gioia Oggi e tutti i giorni della nostra vita.
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CONOSCIAMO LE RELIGIONI IL FIGLIO DI DIO SI E’ FATTO UOMO Da 2000 anni i seguaci di Gesù portano il suo Vangelo in tutto il mondo testimoniando l’amore di Dio per ogni uomo. * Nelle pagine seguenti di questa rubrica, dedicata alle religioni del mondo, tenterò di presentare la religione che è alla nostre radici, che ha alimentato la nostra storia, che impregna di sé la nostra cultura : il cristianesimo. Per i motivi suddetti dovrò dedicare più spazio pur cercando di semplificare al massimo. Ha senso presentare il cristianesimo a lettori che sono, probabilmente, tutti cristiani ? Che hanno frequentato da bambini lunghi anni di catechismo ? Non c’è il rischio di ripetere cose che già tutti sanno ? Voglio pensare di no. Abituati a viverci dentro, a considerare il cristianesimo patrimonio acquisito, non ci siamo mai chiesti come viene vista la nostra religione da chi la osserva dall’esterno ? Come giudica la nostra fede un non cristiano ? Cosa accomuna il cristianesimo alle altre fedi e che cosa lo distingue da esse ?
Se un non cristiano ci chiedesse di parlargli di ciò che crediamo e che dovremmo vivere, sapremmo rispondergli ? Nel giorno di Pentecoste la gente convenuta a Gerusalemme chiedeva agli apostoli : “ Che cos’è tutto questo ?” Queste pagine dunque si prefiggono tale scopo: rispondere all’interrogativo : “Che cos’è il cristianesimo ? IL CRISTIANESIMO VISTO DAL DI FUORI Il cristianesimo è una religione fra le altre. Ha avuto origine in Asia dove si sono sviluppate le principali religioni dell’umanità ( buddismo, islamismo, confucianesimo, induismo ) e più precisamente in Palestina. E’ antico ( oltre 2.000 anni di esistenza ) ma non è la religione più antica. Se infatti l’islamismo è sorto sei secoli dopo, Buddha è nato sei secoli prima di Gesù e l’ebraismo ( da cui il cristianesimo deriva ) aveva già quasi 2.000 anni quando i primi cristiani hanno iniziato a portare nel mondo il Vangelo. I cristiani hanno anche loro i libri sacri : i quattro vangeli, gli Atti degli Apostoli, diverse lettere scritte dai discepoli alle comunità cristiane fondate in varie città greche, in Asia minore e a Roma. Proprio come i mussulmani che hanno come libro sacro il Corano, gli Indù che hanno i Veda ecc.. I cristiani hanno i loro sacerdoti ( come gli indù, gli scintoisti ) , hanno i loro riti, le loro regole, le loro feste annuali , come tutte le altre religioni. Ma il cristianesimo si presenta anche come una religione nettamente diversa dalle altre. Uno dei primi discepoli così scriveva ad una comunità di ebrei convertiti : “ Dio, che aveva parlato già nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio…” (Ebr. 1, 1-2 ) . Ecco, qui sta la convinzione fondamentale dei cristiani. Ciò che distingue la loro religione dalle altre. Sono convinti che Dio stesso ha voluto farsi conoscere, ha voluto far sapere di aver scelto uno dei tanti popoli della terra ( popolo ebreo ) per farlo suo portavoce. Ma non si è limitato a parlare ai profeti , ha voluto mandare suo Figlio che si è fatto uomo lui stesso. Con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito ad ogni uomo, è venuto a condividere tutto della nostra vita tranne il peccato “ ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo” ( “Gaudium ed Spes n. 22 ).
CHIAMARE DIO NOSTRO PADRE Il Figlio quindi è nostro fratello e ci ha detto di chiamare Dio “Abbà” cioè papà . Questa è la grande novità del cristianesimo. La vita, le leggi dei cristiani sono regolate da un’altra convinzione fondamentale che è quella che Pietro annunciava alle folle di Gerusalemme :” Gesù di Nazareth, uomo accreditato da Dio per mezzo di miracoli, prodigi e segni, fu consegnato a voi, voi l’avete inchiodato sulla croce e l’avete ucciso. Ma Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. E dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire “ ( Atti 2, 23-33 ). Gesù dunque è vivo anche oggi ; ha inviato sui suoi discepoli lo Spirito che li guida. I cristiani così regolano la loro vita nella convinzione che lo Spirito Santo che è in loro, li unisce a Gesù vivente, fa loro comprendere sempre più a fondo il mistero dell’amore di Dio e dell’amore fra gli uomini, dona loro la speranza nella Resurrezione. Sì, i cristiani credono in una vita eterna di felicità per chi ha cercato nella propria vita di essere buono e fedele allo Spirito che è in lui. Ogni legge, ogni scelta, ogni sofferenza, ogni progresso va visto in questo messaggio che Dio è Luce, è Creatore, è Padre ; il suo progetto è progetto d’amore su tutti gli uomini e su ciascuno perché possiamo vivere scoprendo la nostra figliolanza in Gesù e la nostra fratellanza fra di noi. Le opere d’arte che cercano di ritrarre le sembianze di Gesù e che comunque rispecchiano la cultura del proprio tempo non sono che una pallida immagine di Gesù. Se voglio scoprire il volto del Figlio di Dio lo trovo soprattutto nel volto di ogni fratello che mi passa accanto. Lo specifico dunque del Cristianesimo è il rapporto di Figliolanza con Dio e di conseguenza di fratellanza con ogni uomo.
MILLE VOLTI PER UN UOMO Sono migliaia le immagini di Gesù che ci sono nelle Chiese, sui libri d’arte, nelle vecchie cappellette, agli incroci delle stradini di campagna. E sono tutte diverse, perché mai nessuno ha dipinto dal vero il volto di Gesù e neppure ce l’ha descritto. Se si entra in una chiesa costruita all’epoca bizantina ( V-IX sec. d.C.), vedrai dei magnifici mosaici in cui Gesù è raffigurato in una posizione rigida, austera, con occhi molto grandi che incutono un certo timore : gli artisti bizantini vedevano in Gesù soprattutto il Giudice che scruta il cuore degli uomini, dividendo i buoni dai cattivi. Ma se si entra in una chiesa costruita nel 1700 o nel 1800, apparirà un Gesù dal volto dolce e triste, spesso in atteggiamento di offrire agli uomini il proprio cuore. Gli artisti di quell’epoca, infatti, vedevano soprattutto Gesù come il Dio che ama e perdona, che è vicino a tutti con la dolcezza del suo amore. Chi aveva ragione, i bizantini o gli artisti del 1700 ? Avevano ragione gli uni e gli altri. Infatti è impensabile che con una pittura o con la scultura, o anche con un’intera enciclopedia, si possa delineare in maniera completa la figura di Gesù che è il Figlio di Dio. Neppure i vangeli hanno la pretesa di dirci tutto di lui. Tuttavia, benché in maniera incompleta e personale, anche noi dobbiamo dare la nostra riposta all’amico non cristiano che ci chiede :” Chi è Gesù”. Sr. Franca Stoppa
Non importa se oggi piove oppure brilla il sole, se ho del tempo libero per me, oppure mi attendono molti impegni. Di una cosa posso essere certo: questo girono l’ha fatto il Signore. Quindi è un giorno del tutto speciale, qualcosa di prezioso. Un dono per me. Voglio rallegrarmi per questo giorno E accettarlo con gratitudine dalle mani di Dio.
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CONOSCIAMO IL SACRO MONTE GESU’ INCHIODATO SULLA CROCE (Cappella 37°) Ripresa dei lavori - Ubicazione dell’edificio Grazie dunque alla cospicua somma offerta dal Pretore Tornielli, possono finalmente avere inizio i lavori per erigere la cappella dell' Inchiodazione. Il 1° marzo 1632 i fabbriceri del Sacro Monte, Marco Morondi e Giorgio d’Adda, stipulano l’accordo con i “fabri e mastri cementari” Antonio Ronco, Zanolo Graulo, Bartolo Viana e Antonio Cunaccia, per la costruzione dell’edificio dell’ Inchiodazione alla Croce “ che dovrà essere eseguita conformemente al disegno di Giovanni d’Enrico. Viene così documentato che il progettista è il d’Enrico, che con ogni probabilità dovette preparare il disegno vari anni prima, come già si è detto. Anche alcuni dei mastri costruttori sono figure note nel loro campo in area valsesiana: Antonio Ronco di Alagna nel 1619-20 aveva eretto il portico della
chiesa plebana di S.Martino a Roccapietra e nel 37-38 costruirà la cappella di S.Antonio ed il battistero nella vecchia parrocchiale di S.Gaudenzio a Varallo; Zanolo Graulo di RivaValdobbia appartiene ad una famiglia di capimastri e così Bartolo Viana di Campertogno. Antonio Cunaccia, lapicida di Fervento, nel 1624 aveva eseguito le parti in pietra lavorata nell’oratorio di S.Rocco a Civiasco. Il luogo ove erigere la cappella, già scelto dal vescovo Bascapè tra la Salita al Calvario e la cappella gaudenziana di Gesù in Croce, anzi, già indicato verso il 1576-1580 nella prima planimetria della Raccolta Ferrari dell’Ambrosiana di Milano, e poi segnato da una croce, notata da monsignor Volpio nel 1628, non era libero. Vi si trovavano la scalea di accesso al Calvario e la cappella della Madonna tramortita, come ben si vede nelle varie planimetrie del “Libro dei Misteri” e della Raccolta Ferrari dell’Ambrosiana e come si scorge anche nelle xilografie che illustrano le guide del Sacro Monte del tardo Cinquecento e del primo Seicento. E ben leggendo la più antica guida del 1513-14, si deve constatare che mentre il capitolo XV si riferisce alla scena del primitivo Calvario, così come si presentava anteriormente alla realizzazione del capolavoro gaudenziano, il capitolo XVI riguarda appunto l’episodio della Madonna tramortita: “Ivi da canto ce la sconsolata E intemerata vergine Maria Se con Giovani ognun qua mirare fiata A pianto moverase in compagnia Vedere la matre in terra colocata Acompagnata luna laltra Maria Piangendo la morte del caro figliolo Quivi cascata per estremo dolo.” Evidentissima è nella planimetria generale del Sacro Monte all’inizio del “Libro dei Misteri” la situazione. A mezzogiorno della cappella del Calvario si incontra a piano terra il piccolo sacello quadrato con la didascalia “Qui la M(adonn)a Tramortita”. Poi una lunga rampa di scale rettilinea la collega alla porticina d’ingresso sul lato sud, alla cappella gaudenziana del Golgota. La stessa situazione si incontra nelle due successive planimetrie della zona centrale del Monte alle carte 258 e 259, in cui si nota anche che l’accesso al sacello della Madonna tramortita era rivolto verso mezzogiorno. Nella seconda di queste due planimetrie viene inserito dall’Alessi un ambiente quadrato ad occupare lo spazio tra la Tramortita ed il Calvario, per porvi il mistero di Gesù che porta la Croce, in alternativa con altra soluzione prevista di una cappella circolare, addossata alla facciata del Calvario. Giovanni d’Enrico si trova innanzi tutto nella condizione di dover rivoluzionare il percorso. Fino a quel momento per accedere alla cappella del Calvario si saliva da una scalea, che partendo dalla cappella della Spogliazione delle vesti sulla Piazza Maggiore (attuale Pietà), fiancheggiava la base della grande cappella gaudenziana sul lato sinistro (sotto l’attuale lato sinistro della loggia). Si accedeva alla cappella dalla porticina di sinistra, e dopo aver percorso tutta l’aula, tra le statue e gli affreschi, si usciva dalla porticina del lato destro (quello di mezzogiorno) scendendo quindi immediatamente la lunga rampa che portava alla cappelletta della Tramortita. Ora, con l’erezione, prima della Salita al Calvario, e poi con la progettazione di quella dell’ Affissione alla Croce, si deve invertire il percorso. Si deve cioè, poco oltre alla Salita al Calvario, creare una nuova scalea in sostituzione della preesistente, posta quasi sul ciglio del Monte, per raggiungere e realizzare al di sopra della cappella della Tramortita, un’area, una vasta piattaforma, sorretta da poderosi muraglioni e voltoni in pietra (dello stesso genere di quelli sottostanti all’attuale Basilica, iniziata nel 1614), per costruire così l’ampio pavimento dell’erigenda cappella dell’Affissione allo stesso livello del gaudenziano Calvario. Viene così eliminato l’antico mistero dello Spasimo o della Tramortita. Per questa stessa ragione nel giro di pochi anni la gaudenziana Spogliazione delle vesti ai piedi del Calvario e sulla Piazza Maggiore, non avrà più ragione di essere (anzi, avrebbe creato solo confusione) e verrà riutilizzata
con il nuovo gruppo scultoreo di Giovanni d’Enrico, nell’attuale Pietà, mentre le statue lignee di Gaudenzio verranno trasferite nella Salita al Pretorio allora eretta ai piedi della Scala Santa. Il d’Enrico poi rivolge la facciata della nuova cappella verso occidente, come quella gaudenziana del Calvario, anteponendole un atrio o vestibolo, un po’ meno elevato della cappella stessa, con un’ampia arcata nella parte più a destra a cui giunge la nuova scalea a vari gradoni, come si deduce dalle antiche planimetrie del Sacro Monte, e con due successive finestre: una al centro e l’altra a sinistra. Quest’atrio, quasi una galleria, viene a costituire lo spazio riservato ai pellegrini per osservare la scena interna dell’Inchiodazione, e contemporaneamente dà accesso alla cappella del Calvario, evitando che i visitatori per passare dall’una all’altra, debbano esporsi alle intemperie. La situazione è perfettamente riconoscibile tanto nelle planimetrie del Sacro Monte, ad incominciare da quella dell’architetto Mazzone (1772) per passare poi a quelle ottocentesche del Marchini (1816) e del Cusa (1857) e ad un disegno di Lorenzo Lovere del luglio 1847, che ritrae l’esterno del complesso del Calvario come si presentava allora. Ma per avere a disposizione un ampio spazio in cui sviluppare tutta la scena con le croci a terra, il Cristo disteso, i soldati a cavallo, gli sgherri, la folla, tra cui le pie donne, le dimensioni dell’aula devono superare quelle della contigua cappella gaudenziana, tanto da essere tra le maggiori, se non la maggiore in assoluto, di tutte le cappelle del Sacro Monte. Inoltre, avendo la cappella del Calvario, la porticina di accesso quasi a metà della parete di destra, non poteva trovarsi sullo stesso asse della nuova costruzione, perché altrimenti i pellegrini avrebbero dovuto entrare e percorrere anche parte dell’Inchiodazione per accedere all’interno del Calvario, contrariamente a tutte le disposizioni vescovili ed al criterio invalso già fin dal “Libro dei Misteri”, di separare nettamente la zona riservata ai fedeli da quella della scena figurata, come ampiamente spiegato dal Longo in un suo studio riguardante le visite del Bascapè nel 1604. Per questa ragione la nuova cappella del d’Enrico viene eretta, pur fiancheggiando il Calvario, un po’ arretrata rispetto a questa, che viene così a spiccare maggiormente sul lato di facciata come un corpo avanzato, mentre sul lato tergale, verso la Chiesa Vecchia (attuale Casa del Pellegrino), il nuovo volume dell’Inchiodazione sporge di alcuni metri, e date le sue dimensioni, viene a sopravanzare anche in altezza la preesistente costruzione gaudenziana. Tutta la nuova fabbrica, che prende luce diretta solo da sud per mezzo di una piccola finestra, è poi coronata da un cornicione ad unghie (a voltine con piccola vela), quasi firma inconfondibile di Giovanni d’Enrico, come già aveva fatto nei palazzi da lui eretti sulla Piazza dei Tribunali, nel Palazzo di Pilato e nella ariosa loggia di collegamento tra il Palazzo di Pilato e Casa Valgrana; coronamento di sobria eleganza e di raffinato gusto ancora prettamente rinascimentale. Casimiro Debiaggi
4 SPECIALE “ CASA DELLA MAMMA E DEL BAMBINO” a cura di Laura Bazzan Inaugurata da Mons. Corti la nuova struttura
DA VALBUSAGA PACE E VITA Infiocchettata come un enorme pacco regalo, decorata con tanti palloncini colorati a forma di pupazzo o di fiori e soprattutto circondata da tanta, tantissima gente. Così si è presentata al vescovo Renato Corti la nuova Casa della mamma e del bambino,
giunto a Valbusaga dopo aver presieduto nella chiesa parrocchiale di Borgosesia la preghiera annuale in occasione della Giornata per la vita, per dare la sua benedizione all’opera. Ma i veri protagonisti della cerimonia sono stati i bambini: innanzitutto Miriam, a cui è toccato l’onore del taglio ufficiale del nastro, e poi altri ancora, alcuni in braccio alle loro mamme, altri invece in grado già di parlare e di camminare. In un angolo del salone i volontari avevano preparato un grande fiore, composto da 39 vasetti di primule, tanti quanti i bambini nati a Valbusaga: alcuni con i fiori rosa per indicare le bimbe, altri col fiore blu per i maschietti. Al centro anche 4 vasetti con i fiori bianchi per indicare i quatto bimbi che, per cause naturali, non ce l’hanno fatta a vivere. Alla festa c’erano alcuni di questi bimbi che hanno incastrato personalmente il vasetto di fiori con la targhetta che indicava il proprio nome mentre il coro “Verdi speranze” di Bolzano Novarese, composto anch’esso da bambini, intonava alcune canzoni. Una giornata di festa quindi, per suggellare il coronamento di un sogno: quello di «una casa grande, funzionale, calda, capace di accogliere un maggior numero di donne e di bambini in difficoltà», così come ha precisato la presidente dell’associazione, l’assistente sociale Laura Castellani, durante il suo discorso inaugurale. Tra le autorità che hanno preso la parola, il parroco di Borgosesia don Ezio Caretti, che ha evidenziato il rapporto che l’associazione ha e che deve avere in misura sempre maggiore con la parrocchia e la città, la superiora provinciale suor Battistina Ferraris delle Sorelle della carità di Santa Giovanna Antida che ha offerto allo staff la collaborazione fissa di una delle sue religiose, mentre il sindaco di Borgosesia Corrado Rotti si è detto stupito per la serietà e l’alacrità con cui sono stati condotti i lavori di costruzione. Sono inoltre intervenuti Giuseppe Garrone, responsabile regionale e membro del direttivo nazionale dei Centri di aiuto alla vita, che ha ricordato ai presenti l’impegno dei fondatori e la sensibilità dimostrata nei confronti delle tematiche a sostegno della vita fin dall’inizio del loro impegno in questo campo, e monsignor Gian Franco Troya, rettore del Santuario reale “Madonna delle Grazie” di Racconigi e cappellano reale onorario, che si è congratulato in particolare con don Gianni Remogna, che ha definito l’“anima del gruppo”. In conclusione il vescovo Corti, che ha sempre appoggiato e sostenuto l’opera dei volontari borgosesiani, ne ha sottolineato l’importanza per il territorio a favore della diffusione di una cultura della vita. Madrine della casa sono state Graziella Rastelli e Giancarla Travaini mentre i padrini Cesare Ponti e Remo Travaini. Al termine rinfresco e bevande per tutti, grazie anche ai ragazzi dell’istituto alberghiero di Varallo. Tutti i presenti hanno poi potuto visitare la struttura, che è disposta su due piani e composta da 11 camere per le ospiti, cucina, salone, 12 bagni e terrazzo. Laura Bazzan
Breve storia della casa Dieci anni fa nasceva, da un piccolo gruppo di “appassionati della vita”, l’associazione “Casa della mamma e del bambino”, per permettere a tanti bambini di nascere e alle loro mamme, segnate da vite difficili, di progettare con serenità il proprio futuro. In tempi rapidi venne
ristrutturata una casa rurale da destinare all’accoglienza e nel 1993, con l’inaugurazione ufficiale, prese il via l’attività. Il sogno di una casa più grande e funzionale, che fosse in grado di accogliere una maggior numero di mamme in difficoltà, fu accarezzato nell’aprile del 1996. Durante un’assemblea straordinaria fu spiegato ai soci che un benefattore avrebbe devoluto una notevole offerta ma, se accettata, avrebbe dovuto essere usata esclusivamente per la costruzione di una nuova struttura. L’assemblea diede parere favorevole e iniziò così l’avventura della costruzione della nuova casa. I lavori sono iniziati nel 2000: fu il vescovo Renato Corti a benedire la “prima pietra” che ora è incastonata in ricordo di quel giorno sul fronte della casa. Il sogno si è dunque realizzato grazie ai tanti che credono nell’aiuto alla vita nascente. In questi anni la Casa di Accoglienza di Valbusaga ha ospitato molte donne, ciascuna con il suo passato, ciascuna con la sua personalità, le sue esigenze, la sua sensibilità. Donne straniere, da poco arrivate in Italia, con un bambino nel grembo, donne raccolte dalla strada che scappano da chi vuole sfruttare il loro corpo, donne vittime della violenza dei loro compagni, donne di cui qualcuno ha approfittato in maniera sleale o più semplicemente donne illuse da uomini troppo immaturi per prendersi la responsabilità di un figlio. Tutte ci hanno insegnato qualcosa. Ci fu una donna musulmana, appena uscita dal carcere perché incinta, una signora dolce, materna e riservata, che ha subito sedato la nostra apprensione e diffidenza con il suo sguardo triste e sofferente. Ci fu una donna zingara, dall'indole franca e schiva, che ci ha fatto ricredere su tanti pregiudizi nei confronti di certe "categorie" di persone. Ci sono state mamme giovani che ci hanno dato l'esempio di un grande coraggio, come quella mamma del sud rimasta incinta a quindici anni, che ha affrontato le voci di paese, la vergogna e l'iniziale rifiuto da parte della sua stessa famiglia, e ci ha dimostrato che non è affatto impossibile per una ragazza giovane allevare bene un figlio, dandogli tutto l'amore di cui necessita. Ci sono state donne che si sono scontrate con problemi di salute durante i mesi di gravidanza, compreso il rischio di malformazione del bambino, e hanno saputo dire con fermezza, pur essendo madri sole, che avrebbero comunque messo al mondo, allevato ed amato il loro figlio indipendentemente dalle sue condizioni di salute. Ci fu una mamma che partorì una bellissima bambina frutto di un rapporto non desiderato, di una violenza. Questa donna ha portato avanti la gravidanza con l'idea di lasciare il figlio ad una famiglia adottiva per timore di non riuscire ad amarlo, ma vivendo con le altre mamme si è accorta che il suo amore per la creatura che cresceva in lei aumentava ogni giorno. Al momento del parto la decisione era ormai presa, ed oggi madre e figlia sono inseparabili. Infine ci sono i tanti bambini di ogni età che sono stati qui, quelli che ci sono nati, quelli che vi hanno imparato un po' di italiano, quelli che hanno fatto i compiti delle vacanze, quelli che ci hanno impiastrato i vetri con le mani appiccicate di gelato e che hanno aperto i doni di Natale che Gesù Bambino ha portato per loro. Chissà se un giorno da grandi torneranno a trovarci.
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BORGOSESIA E DINTORNI
L’Insigne Collegiata Prepositurale dei Santi Pietro e Paolo in Borgosesia lungo i secoli. Premessa A cominciare da questo numero del bollettino e lungo tutto il corso dell’anno propongo una riscoperta e una rivalorizzazione dell’Insigne Collegiata borgosesiana. Questo “lavoro” non ha certamente la pretesa di essere esaustivo, data la grandissima quantità di materiale inerente l’argomento: si pone insomma come un sunto che offra una panoramica generale e guidi il lettore, che diventa visitatore, all’interno di questa nostra Chiesa tanto ricca di opere e memorie del passato quanto, a mio parere, troppo poco conosciuta ed apprezzata dagli abitanti del borgo. Tenendo come punto di riferimento uno scritto del Prof. Carlo Conti, apparso sul bollettino parrocchiale in occasione dei festeggiamenti patronali dell’anno 1945, cominceremo dagli ampliamenti che lungo i secoli hanno visto protagonista l’edificio e seguiteremo, nei prossimi numeri, a “visitare” il presbiterio e tutte le cappelle fino a giungere al maestoso organo che considero un po’ il fiore all’occhiello di questa nostra grande Collegiata. Come ho già scritto in passato da borgosesiano, quale sono, mi dico convinto che, soprattutto in un momento storico come quello presente, dovremmo conoscere ed amare di più la nostra storia, la nostra cultura, i nostri tesori e le nostre tradizioni. Sono tutte cose che sfidando il corso dei secoli e le vicissitudini non sempre favorevoli dei tempi sono giunte fino a noi; esse formano l’eredità preziosa lasciataci da di chi ci ha preceduto nel segno della fede e provengono da un glorioso passato che non dobbiamo e non possiamo dimenticare, e del quale dobbiamo andare fieri: facciamo sì che giungano anche a chi verrà dopo di noi, altrimenti saremo i responsabili della loro perdita. Alcune fonti archeologiche. La chiesa attuale è frutto di innumerevoli ampliamenti, rifacimenti e restauri che hanno interessato l’edificio a partire dal secolo XV fino al XVIII. Si presenta come un’aula a navata unica, contornata da sei cappelle laterali, terminante in un transetto appena accennato, di cui fanno parte altre due cappelle, chiuso da un ampio presbiterio absidato. Va precisato inoltre che, allo stato attuale, non rimangono visibili elementi di costruzioni più antiche. Dal già citato scritto del prof. Conti, che aveva effettuato alcuni sondaggi di scavo, veniamo a conoscenza dell’esistenza di un cimitero riferibile all’età paleocristiana, non meglio specificato, che si estenderebbe sotto il piano stradale della zona circostante la chiesa, e più precisamente di Via Prevosto Bocciolone e per breve tratto dell’attuale Piazza Parrocchiale. Sempre in occasione di alcuni scavi, o sarebbe meglio anche in questo caso dire sondaggi, eseguiti sotto il pavimento della chiesa parrocchiale negli anni quaranta del XX secolo in occasione della posa dell’impianto di riscaldamento vennero in luce tracce di un edificio risalente “all’età paleocristiana”: si tratta di una costruzione absidata esistente nel lato interno sinistro della chiesa, tra l’attuale cappella di San Giovanni ed il transetto, con dimensioni di un quinto dell’attuale navata centrale. Inoltre si rinvennero muraglie massicce con inseriti laterizi romani già sconnesse per la ricostruzione nel 1712 del nuovo presbiterio. Queste sono le scarne informazioni che riguardano gli antichi edifici di culto borgosesiani, dalle quali è comunque possibile giungere ad un’ipotesi piuttosto soddisfacente. Per far ciò è necessario tenere fisso lo sguardo sulla situazione dell’età romana: abbiamo la ragionevole
convinzione che la bassa Valsesia avesse il suo centro nella zona di Seso dov’è testimoniato dai numerosi ritrovamenti un insediamento piuttosto esteso. Risulta quindi facilmente immaginabile che, in un periodo in cui la religione cristiana è già presente sia nella città di Novara, sia nella città di Vercelli, sia nella riviera d’Orta, cioè nel corso del secolo V, anche l’area borgosesiana sia stata oggetto di un’opera di evangelizzazione. Quest’ipotesi, però, potrà avvalorarsi nelle scoperte sopradescritte soltanto nella misura in cui queste potranno essere confermate da ulteriori e più approfondite indagini archeologiche su tutta l’area dell’edificio e sulla zona circostante. È da tenere presente, come già accennato che del periodo successivo e poi del periodo romanico non ci è pervenuto alcun elemento materiale eccezion fatta per parte del campanile del quale si è già trattato in precedenza (si veda bollettino n° 4 anno 78; luglio-agosto 2002, pag. 16). L’unico altro elemento di cui siamo in possesso, del quale peraltro si era persa memoria, è una piccola lastra di marmo, forse una mensa d’altare, che comunque non è possibile datare con sicurezza. La mensa, o presunta tale, si trova murata nel lato destro dell’attuale cappella della Pietà; fu rinvenuta, già nel sito attuale, e quindi rimessa in evidenza durante i restauri che hanno interessato tutta la collegiata negli anni quaranta del novecento. Lo scritto del 1945 ne parla così: “Gli odierni restauri hanno rimesso in luce, di fianco all’altare, lato dell’Epistola, una lastra di marmo di consacrazione della chiesa, che venne posta in evidenza; riprodotta, per euritmia decorativa nel lato evangelo con l’iscrizione in ricordo della Confraternita dei Morti.” Più che una pietra di consacrazione, però, sembrerebbe una mensa d’altare, soprattutto in relazione alle dimensioni: è di forma rettangolare, in marmo bianco, con incise negli angoli e al centro cinque piccole croci; di questo oggetto non vi è alcuna memoria né nei documenti dell’archivio parrocchiale né negli atti delle visite pastorali. Pare inoltre inverosimile che sia sempre stata affissa nella posizione attuale, perché non se ne comprenderebbe la funzione. È forse buona cosa tenere presente un dato che ci deriva da un inventario della chiesa parrocchiale che porta la data del 1763; in questo documento, conservato nell’archivio parrocchiale, si parla, tra l’altro, dei lavori di costruzione di un ambiente interrato da adibire a sepolcro dei prevosti, il quale era posto al centro della navata centrale all’altezza del transetto. Durante lo scavo di questo vano ci si imbattè e conseguentemente si distrusse parte di una costruzione interrata, da cui si trassero fuori “un altare rustico e alcuni avanzi di sedie antiche di pietra”; nel registro dei conti di quell’anno è inoltre segnata la vendita di dette sedie e di un grosso sasso, non meglio specificato. Si potrebbe quindi ritenere che l’altare non sia stato venduto, ma sia stato conservato, cosa questa che porterebbe ad identificarlo con la mensa di cui si diceva poco sopra. Su quali trasformazioni subì l’antico edificio e quali siano state le sue fasi, a cominciare da quella romanica testimoniata dal campanile, nel periodo precedente il XVI secolo non siamo in grado di dire alcunché, sia perché le fonti archivistiche non ci consentono di volgere lo sguardo così indietro nel tempo, sia per l’impossibilità di effettuare un’attenta e sistematica analisi sulle murature antiche probabilmente in parte ancora esistenti sotto gli intonaci esterni dell’edificio. Giacomo Gagliardini
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LA PAGINA DEL PELLEGRINO ANGELI MUSICANTI NELLE CAPPELLE 3a, 5a, 7a, 12a.
Troviamo nella cappella 3a ( la Visitazione) una lunetta con un putto che suona un liuto di forma tondeggiante le cui caratteristiche ricordano il tipico liuto pre-rinascimentale; sono visibili parte del ponticello, la rosetta traforata, 8 legacci sul manico e un tastino sulla tavola armonica, il cavigliere con piroli e, in corrispondenza della rosetta possiamo contare sei corde singole; sulla tavola armonica sono dipinte le venature del legno in modo piuttosto grezzo. In un’altra lunetta è rappresentata una ribeca della quale sono chiaramente visibili le tre corde ma, particolare interessante, il manico e la cassa sono distinti; il cavigliere non è visibile con chiarezza mentre sulla tavola si notano due fori armonici a “C”; lo strumento è suonato con un arco piuttosto corto. Nella cappella 5a ( I magi a Betlemme), a causa dello stato di conservazione dell’affresco non è possibile descrivere con precisione lo strumento a fiato qui rappresentato che è probabilmente un flauto a becco dal canneggio conico e con svasatura all’uscita. Nella cappella 7a (Adorazione dei Pastori) vi sono quattro statue di angioletti musicanti appese per mezzo di grossi ganci infissi nel muro; la statue sono di terracotta e gli strumenti musicali sono di legno. La tradizione tramanda che le statue di questa cappella, o almeno alcune di esse, siano opera di Gaudenzio Ferrari e se davvero, come ipotizzato da Winternitz, egli costruiva anche strumenti musicali, allora quelli di questa cappella potrebbero costituire un documento importantissimo. Analizzando però i quattro strumenti giungiamo alla conclusione che siano effettivamente poco "gaudenziani”. Lo strumento a fiato è uno strumento ad ancia, probabilmente una cianamella, e lo spazio che lo separa dalla bocca era evidentemente riempito dall’ancia ora mancante; la proporzioni dello strumento sono esatte soprattutto nella vasta svasatura finale. Nell’insieme sembra comunque un oggetto troppo semplice rispetto ai fantasiosi strumenti a fiato riccamente decorati che l'artista soleva dipingere ma potrebbe trattarsi di un vero e proprio strumento posto tra le mani del piccolo angelo. Anche la piccola arpa con le corde disposte parallelamente alla cassa armonica, differisce da quelle predilette dal pittore con la mensola e la colonna unite in un unico tratto ricurvo. Il piccolo strumento a pizzico è una mandola di modello decisamente diverso da qualsiasi strumento del genere raffigurato da Gaudenzio Ferrari, mentre assomiglia molto alla mandore illustrata e descritta nel XVII sec. da Mersenne; in tale illustrazione infatti il corpo e il manico sono separati come in un liuto e il cavigliere è piatto e leggermente inclinato all’indietro. Concludendo, sembrerebbe di avere a che fare con una mandore seicentesca che si può indicare con l’equivalente termine italiano “mandola”. Infine, la posizione in cui lo strumento è suonato è decisamente insolita, non solo rispetto alle immagini di liutisti dipinti dal Ferrari, ma anche se la si confronta con moltissime raffigurazioni di suonatori di liuto e strumenti similari del periodo rinascimentale. E’ pertanto possibile che questa statua in origine avesse tra le mani un oggetto differente e che l’attuale strumento sia stato posto in un secondo tempo. All’estrema destra del gruppo un putto suona un violino che, se si potesse provare che è stato costruito o disegnato da Gaudenzio o nel suo tempo, sarebbe un documento di valore inestimabile. Infatti il suo profilo, i bordi aggettivanti e gli angoli smussati lo farebbero inserire nel periodo in cui lavorava Gasparo da Salò (1540 – 1609), o addirittura più tardi. Nonostante ciò vi sono comunque elementi arcaici: i fori armonici a “f” molto stretti, il collo estremamente lungo, il riccio molto grande e la tastiera corta. Concludiamo quindi affermando che, con ogni probabilità, gli strumenti musicali sorretti dai piccoli angeli della cappella dell’Adorazione, non sono opera di Gaudenzio Ferrari. Nella cappella 12a ( Il Battesimo di Gesù) nel primo dei due riquadri è rappresentato un liuto i cui particolari purtroppo non sono visibili; il manico e il cavigliere sono piuttosto stretti rispetto alla cassa armonica, e il suonatore, non ostante la posizione della mano sia perfetta, imbraccia lo strumento in maniera inverosimile. Nel secondo riquadro è rappresentata
un’arpa a dieci corde con queste ultime erroneamente tese dalla mensola alla colonna e quindi non ancorate alla cassa armonica. Marcella Salvoldi
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8 SANTUARI MARIANI IN VALSESIA. LA MADONNA DELLA NEVE DI OTRA (SCOPA). Vogliamo iniziare con questo numero del bollettino, un ideale viaggio alla scoperta dei santuari mariani della Valsesia, che, sparsi nelle più diverse località, costituiscono ancora un patrimonio di fede e di arte tanto prezioso quanto poco conosciuto. I santuari minori della nostra valle sono stati oggetto, in occasione del Giubileo dell’anno 2000, di una mostra itinerante e di una pubblicazione realizzate a cura della Società Valsesiana di Cultura, che hanno avuto il merito di riportare all’attenzione della locale opinione pubblica le vicende storiche e sociali che stanno all’origine di queste costruzioni disseminate sulle nostre montagne. Testimonianze di quella pietà popolare mariana che, proprio in quest’anno dedicato dal papa alla preghiera del Rosario, è opportuno riscoprire, in previsione anche di una possibile presenza della citata mostra presso il nostro santuario, durante la prossima estate, un’iniziativa che ben si collocherebbe nella cornice di quello che è per eccellenza il santuario della Valsesia. E’ opportuno ricordare, prima di percorrere i tanti sentieri dei nostri monti alla scoperta di questi piccoli tesori, che i motivi che ne giustificano l’edificazioni in luoghi impervi, distanti o comunque particolari, sono legati ad antichi racconti di apparizioni, miracoli e prodigi di cui non è più possibile appurare la verità storica, o stabilire con esattezza il periodo in cui tali racconti si sono codificati all’interno di topoi narrativi, più o meno ricorrenti, che si possono del resto riscontrare in moltissimi altri santuari sparsi nell’arco alpino. La prospettiva corretta con cui accostarsi a questi particolari racconti, e con cui anche interpretarli, non è tanto quella storica, che può e deve essere applicata in riferimento alle evidenze materiali del culto e della religiosità (edifici, opere d’arte, celebrazioni), quanto piuttosto quella religiosa – devozionale, il cui interesse è primariamente quello di aiutare i fedeli ad accostarsi al sacro e al divino nel modo più diretto e semplice possibile, veicolando in narrazioni ed immagini i sentimenti di fede e pietà che si voleva in essi suscitare. Ancora oggi la Chiesa non impone di credere ad apparizioni o segni la cui veridicità è stata tuttavia appurata attraverso le più accurate indagini scientifiche, ed accetta di contro quelle tradizioni che,
pur non storicamente provate, non sono in contrasto con la sua dottrina e con la fede che da duemila anni testimonia sulle strade del mondo. I santuari, al di là del loro motivo di fondazione, che rimane un fatto, storico o meno, ormai concluso, continuano ad essere nel tempo luoghi privilegiati di incontro con il Soprannaturale e la loro frequentazione occasione di incontro anche per gli uomini: in questo risiede la loro importanza, un riferimento, internazionale o locale, che anche all’inizio del nuovo millennio è importante non perdere di vista. La prima tappa di questo percorso, la cui sequenza avrà come criterio quello della ricorrenza calendariale delle varie feste celebrate nelle diverse località, inizia dal santuario della Madonna di Otra, nel territorio del comune di Scopa, situato a poca distanza dall’antica pieve di San Bartolomeo, da cui parte ancora la strada che, attraversato il fiume Sesia, conduce in pochi minuti, alla chiesa. Il toponimo della località Otra - oltre deriva proprio dalla sua collocazione sulla sponda opposta a quella su cui sorge l’abitato di Scopa, su una strada che conduce ai pascoli, un tempo frequentati, della Valmala. Come si ricordava in generale a proposito della fondazione dei santuari, anche per questo esiste la memoria, non si conosce fino a che punto storica, di un motivo che abbia giustificato l’erezione dell’edificio in quella precisa località; secondo la tradizione locale, infatti, tre pastorelli, trovarono nel prato di Otra un quadro raffigurante la Vergine che, collocato successivamente nella chiesa parrocchiale, fu ritrovato il giorno seguente nel luogo in cui era stato rinvenuto, dove venne poi edificato l’oratorio, interpretando il trasferimento come desiderio della Madonna di essere onorata in quel preciso sito. La dedicazione della chiesa, consacrata nel 1659, è alla Madonna della Neve, anche se un tempo la principale festa del santuario era celebrata in occasione della Purificazione di Maria – Presentazione al Tempio di Gesù, popolarmente nota come Candelora il 2 febbraio, episodio evangelico che era il soggetto della tela un tempo collocata sull’altare, mentre il quadro miracoloso, raffigurante la Madonna che allatta, era sistemato nella parte superiore dello stesso; attualmente l’altare conserva una moderna opera del religioso gesuita Elisio Sasselli. La ricorrenza era molto sentita dagli abitanti di Scopa e dei paesi vicini che accorrevano numerosi alle celebrazioni, nonostante il rigore dell’inverno, ancora presente nel poco soleggiato pianoro su cui sorge il piccolo santuario: era l’occasione di visite e incontri anche tra gli emigranti, che sarebbero poi ripartiti nella primavera per l’estero e chiedevano la protezione della Vergine. Sono ancora vive nella memoria di diverse persone del posto le solenni feste celebrate nel 1959 in occasione del terzo centenario, concluse con la solenne incoronazione della venerata immagine; con le mutate condizioni sociali del tempo, venne ad assumere sempre più importanza la ricorrenza del 5 agosto, Madonna della Neve, data che ha determinato l’attuale festa annuale del santuario fissata alla prima domenica dello stesso mese. Significativa la scritta riportata sul portale d’ingresso: Tu che ora passi per la via / saluta la Vergine Maria / non scrivere sui muri/ il nome tuo / ma nel cuor scolpisci / il nome suo. Per chi volesse approfondire le tematiche generali relative ai motivi di fondazione dei santuari in Italia: apparizioni, miracoli, e storia si consiglia U. CORDIER, Luoghi Miracolosi d’Italia, Casale Monferrato, Piemme, 1999, volume molto utile per un confronto con i racconti di fondazione dei santuari valsesiani. Per maggiori particolari riguardo al santuario di Otra: AA. VV. Percorsi e Luoghi della Devozione in Valsesia, De Valle Sicida 2000, Borgosesia 2000, pp. 57 – 58, testo di riferimento generale, esauriente ed aggiornato, per le varie località che saranno presentate. DAMIANO POMI
9 A proposito della Società Valsesiana Auto Trasporti… Mi riferisco al gradevole articolo del Sig. Marco Zaquini:”La Via Crucis della Basilica del Sacro Monte era stata fatta per un quartiere di Asmara (Eritrea – Africa)”(cfr. Il Sacro Monte di Varallo n. 6 Anno 78° pag. 13).
In merito alla nota inerente la SVAT di proprietà del Sig. Cesare Baratti di Quarona ed in particolare alla pubblicità di allora, che, come riporta giustamente il Sig. Zaquini reclamizzava:” linea di gran turismo da Milano per Varallo ed Alagna e Fobello con elegantissimi autobus Lancia”, colgo l’occasione per inviare una copia di una cartolina postale dell’epoca con raffigurata proprio una “modernissima Lancia” di quella storica linea. L’interessante cartolina è pubblicata a pag. 83 del mio libro: ”Cartoline dal Sacro Monte di Varallo”, ed. Macchione,1998). Cordiali saluti. Foto pulmann dott. Roberto Azzalin
L’ANGOLO DELLA MEMORIA Mons. Francesco Fasola e il Rosario Nei mesi scorsi il Papa Giovanni Paolo II ci ha offerto una meditazione sul Rosario. Sfogliando il nostro bollettino , quando Mons. Fasola era rettore del Sacro Monte, abbiamo potuto constatare un identico invito a recitare il Rosario. Scegliamo solo un editoriale che può essere riassuntivo dei numerosi richiami su questa preghiera. Il titolo è “La preghiera più raccomandata”. “Il Rosario – vi si legge nel Bollettino del 1945 – è dalla Chiesa vivamente raccomandato. Gli inviti della Chiesa alla pratica del Rosario, negli ultimi tempi, si sono fatti più obbliganti. “Figli miei – pare dica la Chiesa per bocca dei sommi Pontefici – accrescete la vostra preghiera, moltiplicate i vostri rosari !” E la Madonna stessa, riapparendo sulla terra, non ha fatto altro che ripetere i suoi inviti e le sue promesse già comunicati a S. Domenico. In tutte le apparizioni di Lourdes, di Fatima, di Banneux, ecc, ai rosarii dei veggenti ha sorriso con materna compiacenza. E quante volte ha espressamente chiesto che si accrescesse la devozione al suo Rosario ! A Francesco di Fatima l’ha assegnata come condizione indispensabile per guadagnarsi il paradiso. Il “900”. Che giudicato alla superficie, può sembrare cos’ disdegnoso delle umili devozioni del popolo ed in particolare sprezzante del Rosario, ha invece riservato per questa graziosa “corona di lodi a Maria” un’ondata di risvegliato entusiasmo. Infatti, è toccato all’orgoglioso nostro secolo, vedere il Portogallo sollevarsi a nuovo prestigio e proprio col Rosario chiesto dalla Vergine di Fatima, e riportarsi nel novero delle nazioni cattoliche, ben guidato dai suoi governanti e mirabilmente protetto dall’Altissimo. In tutta la cattolicità, dopo il messaggio della Regina del S. Rosario di Fatima, un nuovo fervore di preghiera ha permeato tutte le branchie dell’attività cattolica concretandosi nel “Libro d’oro”, ossia nell’impegno per il rosario quotidiano.Dai santuari della Vergine e dalle associazioni dedicate all’apostolato mariano ( per esempio i Legionari di Maria ) sono partite iniziative veramente belle e feconde a favore del Rosario in famiglia, del Rosario dei piccoli, del Rosario dei malati, ecc. Sono pure stati diffusi molti libri che hanno lo scopo di aiutare le anime nella meditazione dei misteri del Rosario. La pratica del primo sabato del mese, proprio in questo secolo frivolo e miscredente, è stata dalla Madonna elevata a “caparra della nostra salvezza eterna”.
10 CONVIVENZE A VARALLO Sono ormai molti anche a Varallo i giovani che decidono di non sposarsi né in chiesa né in municipio : semplicemente convivono. Si mettono in “prova”. Poi si vedrà… Le ragioni per questa scelta sono molte. La principale è forse quella di una insicurezza circa la tenuta del proprio matrimonio. Preferiscono quindi una scelta nono impegnativa, che quindi potrà rompersi in qualunque momento senza molti traumi. E’ poi vero che queste convivenze, soprattutto quando si sciolgono non lasciano tracce ? Sono davvero utili per fare “domani” una scelta più consapevole ? La risposta a questi interrogativi è stata data nei giorni scorsi ad Armeno durante una “tre giorni” nei quali si è parlato molto di famiglia e di coppia. Ed è stata proprio una giovane coppia , ben preparata, a mettere in discussione queste convivenze, perché lasciano profonde ferite, soprattutto quando ( e questo avviene spesso ) lasciando il proprio convivente decidono di “ sposare l’uomo o la donna della loro vita” , decidono insomma di avere un legame stabile.
A cento anni dalla morte UN PROFESSORE SANTO : CONTARDO FERRINI Un prete amico, don Rino Bricco parroco di Madonna di Campagna in Pallanza, mi ha ha fatto pervenire un libro sulla vita di Contardo Ferrini con l’invito a parlarne sul Bollettino : lo faccio molto volentieri utilizzando il discorso di Papa Pio XII in occasione della Beatificazione del Ferrini. BEATO CONTARDO FERRINI Nacque a Milano il 4 aprile 1859 da famiglia di origine svizzera la quale passava le sue vacanze a Suna (Lago Maggiore), che Contardo considerò sempre come suo domicilio preferito. La prima Comunione fatta a 12 anni, fu l’inizio della sua santità, incentrata nel Mistero Eucaristico. A 17 anni si iscrisse all’università di Pavia e vi conseguì la laurea in giurisprudenza; poi, per due anni, presso l’università di Berlino, si perfezionò nel diritto, distinguendosi anche per la coerenza nella vita cristiana. Tornato in Italia attese all’insegnamento presso le università di Pavia, Messina, Modena e da ultimo ancora a Pavia, riconosciuto da tutti come il più grande esperto di Diritto Romano dell’Italia del tempo. Entusiasta alpinista amò le montagne insieme con l’ascesi spirituale, sempre intento com’era ad impregnare di infinito le cose più semplici della vita ordinaria e anche le vicende del Consiglio municipale di Milano. Morì a soli 43 anni il 17 ottobre 1902 nella sua casa di Suna. Pio XI lo proclamò venerabile e Pio XII beato il 13 aprile 1947. La sua salma riposa nella cripta dell’Università Cattolica del S.Cuore di Milano ed il suo cuore nella chiesa parrocchiale di Suna. E’ modello del laico, aperto alla cultura e capace di fare sintesi nella sua persona tra i valori della fede e quelli della scienza.
DAL DISCORSO IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DI CONTARDO FERRINI DI PIO XII, papa In Contardo Ferrini, come in tutti gli uomini veramente grandi, il lavoro professionale e la vita intima erano congiunti in una indissolubile unità; perciò la sua figura di studioso diviene visibile in tutta la sua pienezza solamente nella luce del santo. La sua coscienza professionale era fin nelle sue più profonde radici illuminata e guidata da una pura fede e da un forte volere di servire la verità in tutte le sue manifestazioni, cercando Dio in ogni cosa e tutto dirigendo al Creatore e Signore secondo la santissima Sua divina volontà. Possono ben essere stati dotti, che abbiano superato il Ferrini nella genialità dello spirito; altri che siano stati più di lui favoriti dalla sorte nelle loro ricerche. Ma nella perfezione e nella nobile purezza del genuino tipo dello studioso e indagatore, egli va certamente annoverato fra i migliori: uomo senza irrequietezza, né violenza, riposante nella ferma e stabile armonia di tutte le sue forze spirituali, risultato di una vita di virtù e di preghiera. In lui tutto era diàfana chiarezza, sicura tranquillità, serena letizia dello spirito, sincera dedizione e inalterato amore per la verità. Esteriormente sobrio e riservato, com’egli era, l’opera di lui però irradiava l’interna, contenuta fiamma dell’uomo che ha dedicato la sua vita alla ricerca del vero e dietro il nobile volto di ogni scienza terrena cerca sempre l’eterna verità di Dio. Questo amore della verità, genuino tratto distintivo dello studioso e del dotto, formava l’eccitamento e l’impulso dominante del suo lavoro; a lei era dedito come a gran Dama con l’affetto e la dedizione di un servitore fedele. Perciò egli nei suoi studi così volentieri risaliva di continuo alle fonti stesse, le esaminava e le scrutava con sapiente cura, affinchè i fatti storici potessero parlare a lui il più possibile scevri da errori. A ciò il Ferrini congiungeva una sana oggettiva umiltà, poiché si considerava dinanzi alla santità del vero non come un vanitoso saccente, ma soltanto come un modesto scolaro, egli che pure con la sua singolare conoscenza delle fonti e della letteratura, con la sua accuratezza e fedeltà nella indagine, con la sua acuta e pronta intelligenza, era divenuto padrone e maestro della sua materia. La sua intima natura si riflette e si manifesta ancor oggi come in uno specchio nel suo stile, virilmente chiaro e lucido, calmo e oggettivo, semplice e schietto, ma animato dalla forza trascinante e irresistibile di un fervido ricercatore del vero ed infaticabile lavoratore. Sì; infaticabile lavoratore fu il nostro Beato. Al suo delicato corpo non usava alcun riguardo; non conosceva sosta né riposo; né mai fu che egli si lasciasse stancare o scoraggiare dal penoso minuto lavoro nello studio di difficili manoscritti; che anzi allora assoggetta se stesso a più rigorosa disciplina. Quale meraviglia che da lui emanasse su quanti lo circondavano una potente forza morale, la forza di coloro che sono puri di cuore e che si sentono portati, sostenuti e mossi dallo Spirito di Dio, la forza che essi attingono dal Divin Redentore nella Santissima Eucarestia? Contardo Ferrini era infatti – e questa è la qualità essenziale dell’animo suo – un santo. Santo, non come sovente se lo figura il mondo: un uomo estraneo alla vita terrena, incapace, inesperto, timido, impacciato. No. Il Ferrini era un santo del suo tempo, del secolo del lavoro vertiginoso, del secolo in cui la mente e la mano dell’uomo tendono a soggiogare tecnicamente e scientificamente la forza operosa di tutto l’universo sensibile. 06
LA MUSICA IN VALSESIA Gli amici del Sacro Monte hanno terminato le loro piacevoli “Conversazioni al caminetto” sullo sviluppo della musica in Valsesia, terra feconda non solo di artisti e di poeti ma anche di musicisti. Nell’ incontro conclusivo di quelle conversazioni, che avevano avuto un carattere di indagine generale sul vasto mondo delle multiformi espressioni della musica, si era espresso l’auspicio che altri appassionati cultori del genere si dedicassero allo studio di argomenti specifici. Pare che qualcosa si muova. SCUOLE DI MUSICA Frattanto continua il mio interesse per le manifestazioni musicali sempre numerose qui in Valsesia. Tra quelle registrate dalla stampa locale (e non son tutte!) spiccano alcune iniziative volte a favorire nei
giovani l’amore per la musica. Eccone alcune: A Grignasco il complesso bandistico cittadino ha organizzato un corso di educazione musicale per bambini e corsi di apprendimento di vari strumenti musicali (flauto, clarinetto, tromba, ecc.). Idem a Romagnano, a Borgosesia, a Quarona e soprattutto a Varallo, dove l’infaticabile maestro della Banda cittadina, Dario Colombo, insegna teoria e pratica musicale non solo ai suoi allievi, ma anche a quelli di Algna e di altri paesi dell’Alta Valle. Naturalmente s’insegna musica nelle scuole elementari e medie, dove alcuni insegnanti, come il maestro Enzo Locatelli a Varallo e in altre località, sanno infondere negli alunni amore ed entusiasmo per la musica in generale, per il canto e per l’apprendimento di alcuni strumenti, come si è piacevolmente constatato nelle recenti manifestazioni natalizie. La musica è coltivata anche nelle scuole superiori, dove si organizzano corsi particolari di grande interesse, come presso il Liceo Scientifico di Borgosesia, dove si sono svolti alcuni incontri su “Storia della voce: da Monteverdi a Morricone” per far conoscere agli studenti le principali linee evolutive della musica fino ai nostri giorni. Al di fuori dell’ambiente scolastico sono stati istituiti altri corsi musicali in favore dei ragazzi. Un bell’esempio è quello di Varallo, dove il sacerdote musicista Don Gian Paolo Zanetti ha organizzato presso l’oratorio un “Corso di chitarra” per i ragazzi del Grim e del Grest invernale allo scopo di apprendere l’accompagnamento di canti moderni, compresi quelli dei raduni giovanili in chiesa. Altro corso è quello organizzato dalla Biblioteca Civica di Romagnano comprendente lezioni per pianoforte, per chitarra e per organo elettronico. Recentissima è l’istituzione di un corso di fisarmonica, aperto a tutti i valsesiani, che dal gennaio 2003 si tiene ad Alagna ogni mercoledì da parte del maestro Giancarlo Salaris. CRONACA Ed ora la rassegna delle principali manifestazioni musicali di questo periodo in Valsesia: Ottobre 2002: 19 - Varallo - Nell’ambito del convegno sul tema “Donna di montagna – Donna in montagna” (di cui si è parlato nel precedente numero di questa rivista), si è tenuto al Teatro Civico un interessante concerto dedicato alle “Voci di donne” ed eseguito dal Trio Cameroni di Milano (formato da voce, chitarra e cori, tastiere, percussioni e cori). L’originale concerto ha proposto al numeroso pubblico un’appassionante serata, nella quale hanno trionfato musica e immagini di epoche e luoghi diversi (dal lontano Medioevo ai nostri giorni, dall’Italia all’America). - Varallo - Concerto conclusivo della stagione autunnale “Musica a Villa Durio” dal titolo: Nomadismi, Migrazioni, Voli dell’anima” con protagonista il “Rhapsodia Trio” di violino, chitarra e fisarmonica. Gli abilissimi esecutori hanno saputo creare un suono originale ed espressivo, capace di legare i diversi brani (classici, tradizionali e di propria composizione in modo del tutto personalizzato, sommamente gradito al numeroso pubblico presente). Novembre 2002: - Serravalle - Presso il Teatro Comunale la “Diego Langhi Big Band” ha eseguito il suo nuovo programma musicale comprendente brani di Duke Ellington, Glenn Miller e George Gershwin, di cui ha presentato anche un esclusivo arrangiamento della famosa “Rapsodia in Blu” che ha trascinato il pubblico a prolungati applausi. - Borgosesia - Sul palco del Teatro Pro Loco, un concerto ricco di atmosfera della solista Jeanne Trevor e gruppo The Simon Rowe Trio, particolarmente apprezzato dal pubblico presente, ha inaugurato la XII edizione di “Blues al femminile”. - Ghemme - Nella chiesa parrocchiale l’Ensemble strumentale “Alta musica” ha proposto il concerto “Musiche di corte tra Medioevo e Rinascimento”, organizzato dalla Fondazione “Amici della Cattedrale” in collaborazione con la Cappella strumentale del Duomo di Novara. L’esecuzione, molto apprezzata, ha suscitato nel numeroso pubblico presente molta curiosità per gli speciali strumenti musicali derivati da quelli antichi. - Borgosesia - Il Teatro Pro Loco ha programmato due concerti sotto un unico titolo “Musica a colori”, per due diverse serate: 15 e 29 novembre. Il primo concerto per pianoforte e violoncello su musiche di Beethoven, Brahms e Shostakovic è stato proposto dal duo Massimo Bianchi (pianoforte) e Francesco Ferrarini (violoncello), che ha offerto al pubblico numeroso e attento un’esecuzione magistrale. Il secondo concerto è stato affidato al duo pianistico Giorgio Sogno e Giorgio Spriano, che ha riscosso un enorme successo. 23 - Varallo - In occasione della festa di S.Cecilia, patrona della musica e dei musicisti, particolarmente sentita nei paesi dove esistono bande musicali, la Banda “Città di Varallo” ha eseguito al Teatro Civico, stracolmo di pubblico, il tradizionale Grande Concerto che, sotto l’attenta direzione del maestro Dario
Colombo, ha presentato un variegato programma, aperto con il famoso “Excelsior Valsesiano” di Michele Brignola e concluso con una piacevole fantasia di melodie russe. Durante l’intervallo sono stati presentati i nuovi allievi della gloriosa Banda cittadina e premiati i più anziani. - Serravalle - Presso il Teatro Comunale ha riscosso un grande successo il “Concerto di solidarietà”, organizzato dal locale Gruppo Alpini in occasione dell’80° anniversario di fondazione della sezione “Valsesiana” dell’Ana. Nell’occasione si sono esibiti i cori: “ Alpin dal Rosa” di Borgosesia, “La Ceseta” di Sandigliano e “Stella Alpina” di Berzonno. - Agnona - Il prestigioso coro “Cantores mundi” del maestro Mino Bordignon, per ricordare il defunto imprenditore Francesco Ilorini Mo, ha eseguito mirabilmente nella chiesa parrocchiale la Missa Papae Marcelli di Pierluigi Palestrina e la Messa a quattro voci a cappella di Claudio Monteverdi. Dicembre 2002: - Scopa - Nella chiesa parrocchiale rassegna corale con la partecipazione del coro Varade del CAI di Varallo, del coro Airone di S.Germano Vercellese e della corale Primavera di Quarona. Serata molto gradita al numeroso pubblico presente. 07 - Grignasco - Strepitoso successo della Banda Cittadina che, magistralmente diretta dal M.° Fabrizio Platini, ha presentato un repertorio completamente rinnovato, durante il quale un pubblico entusiasta ha apprezzato la famosa favola musicale “Pierino e il lupo” di Prokofiev, eseguita dagli alunni della II B della scuola Media, con tastiera, flauti, percussioni e voci che hanno saputo dialogare con tutta la compagine bandistica. 08 - Varallo - “Gaudeta” è il titolo di un bel concerto eseguito nella chiesa di S.Giacomo dal complesso “Triaca Musicale” e il quintetto “Brass Express” che, di fronte a un folto pubblico, ha presentato un programma di musiche della tradizione europea creando una suggestiva atmosfera natalizia. 13 - Romagnano - Circa 500 spettatori hanno vissuto una fantastica serata all’auditorium dell’Istituto S.Cuore prendendo parte al grande Concerto Gospel con la partecipazione del complesso “One a Chord”, gruppo e strumentisti di New Orleans che per la sua vitalità espressiva e la sua profondità spirituale è uno tra i più famosi del mondo. 15 - Ghemme - Si è svolto il concorso per giovani strumentisti delle Bande musicali delle province di Novara e Vercelli. Suddivisi in due categorie (9-13 anni e 14-17 anni), i concorrenti, al termine delle prove, hanno ricevuto un attestato e l’invito a continuare a coltivare la musica bandistica dimostrandosi sempre fieri di far parte della Banda del loro paese. 15 - Quarona - Nell’ambito della manifestazione “Il paese di Natale” il Maestro Giuseppe Radini ha diretto, presso la chiesa parrocchiale, il coro “Cesare Rinaldi” nell’esecuzione di canti natalizi tradizionali di sicuro effetto. 19 - Borgosesia - All’auditorium della scuola Media si è vissuta una meravigliosa serata di musica e riflessione, nella quale il pianista M.° Massimo Bianchi ha presentato e magistralmente eseguito brani di Schumann, Brahms e Schoemberg. 21 - Sizzano - Presso la chiesa di S.Maria la corale “Le voci amiche” di Carpignano e Ghislarengo ha proposto un vasto repertorio delle più note canzoni natalizie deliziando il numeroso pubblico presente. 21- Fara novarese – Nella Chiesa parrocchiale è stato eseguito dal prestigioso coro del Civico istituto musicale “Brera” di Novara un applauditissimo concerto di Natale offerto dal centro Studi “Fara Langobardorum”. 23 – Romagnano – Al Teatro Casa del Popolo è stato tenuto il tradizionale grande Concerto di Natale, offerto dalla Banda musicale cittadina, diretta dal M.° Guerrino Allifranchini. 24 - Sacro Monte - Notte di Natale. La Basilica è strapiena di gente devota. L’organo abilmente suonato dal maestro organista Giuseppe Radini, diffonde pastorali natalizie la cui linea melodica è ben evidenziata dalla tromba dolcemente suonata dal giovane Alessio mentre suor Franca intona con voce limpida e suadente i canti appropriati che tutto il popolo esegue convinto. Il Rettore P.Giuliano celebra con intensa devozione la s.Messa, spiega con eloquio breve e convinto il Vangelo della Natività, distribuisce la Comunione a una marea di fedeli. Alla fine tutti baciano il Bambino e ammirano estasiati il bel presepio valsesiano, mentre l’organo e la tromba suonano e tutto il popolo canta: “ Tu scendi dalle stelle, o Re del Cielo…” Così al sacro Monte, così in tutte le chiese della Valsesia. E tutti augurano “Buon Natale”! 26 - Cravagliana - Doppia festa: S.Stefano, compatrono della parrocchia e festa del Bambino e dei bambini. S.Messa al mattino; S.Messa solenne al pomeriggio con canti natalizi del “Piccolo coro” (che tanto piccolo non è), processione col Bambino portato dai bambini, mentre tutti cantano e pregano per i bambini del mondo; doni della Pro Loco a tutti i bambini presenti e consegnati loro da un gigantesco ma tanto simpatico Babbo Natale.
27 - Alagna - In occasione della festa patronale di S.Giovanni, il gruppo etnico folcloristico Die Walser Im Land ha organizzato uno stupendo concerto di fisarmoniche, rallegrato da musiche, canti e balli di sicuro effetto. 28 - Fobello - Nella chiesa parrocchiale gremita di gente si è effettuato un entusiasmante Concerto augurale della Banda musicale “Città di Varallo” che, sotto l’abile guida del M.° Dario Colombo, ha eseguito un ricco programma di brani di grandissimo effetto. Lo stesso giorno a Mollia concerto di fine anno con il Gruppo Musicale “Archinsieme”. Gennaio 2003: 01 - Varallo - L’Unicef, sezione Valsesia, ha invitato tutti al Teatro Civico a salutare in “stile viennese” il nuovo anno partecipando al “Gran Gala” di Operette, Principesse, violini e champagne: spettacolo musicale molto divertente. 04 - Borgosesia - Al centro Pro Loco gremito di pubblico, si è svolta la finale del concorso canoro “Un palco per voi”, straordinario appuntamento musicale che ha visto esibirsi 14 cantanti dei paesi limitrofi. Il Concorso ha voluto essere il completamento di due selezioni tenute al teatro SOMS di Grignasco. Il giorno seguente, sempre alla Pro Loco, ha riscosso notevole successo la “prima” del nuovo musical “Francesco Principe Servo”, scritto da Fabio Lamanna e Marinella Solinas e messo in scena dalla Compagnia dell’Olmo. 10 Borgosesia - Alla Pro Loco di via Sesone, nell’ambito della rassegna “Note d’inverno”, hanno ottenuto un lusinghiero successo la corale “Aurora montis” di Pratrivero, i “Cantori Alessandro Novali” di Valduggia e il gruppo corale “Bless the Lord” di Agnona, accompagnati da strumenti a percussione, pianoforte, chitarra, tromba e contrabbasso. 17 Borgosesia Serata particolarmente riuscita al Teatro Pro Loco colmo di pubblico che ha partecipato con entusiasmo al Concerto di gala della Banda musicale “Città di Borgosesia” sapientemente diretta dal maestro Giancarlo Aleppo. 19 - Varallo - Duplice manifestazione musicale: religiosa per la festa di s.Gaudenzio in Collegiata, dove la Corale Gaudenziana ha animato con canti appropriati la Messa solenne; popolare per la festa di carnevale intitolata “Il paese delle fiabe” che i ragazzi del Grest hanno rappresentato al Teatro Civico con una animazione musicale di sicuro effetto. 25 Cavallirio - La vigilia della festa patronale di S.Gaudenzio è stata solennizzata dalla gloriosa corale “Cantate Domino” di S.Giacomo Vercellese, formata da 40 voci miste, che ha eseguito brillantemente una dozzina di brani impegnativi che vanno dal Palestrina a G. F. Haendel. 26 Romagnano - All’auditorium dell’Istituto S.Cuore, la compagnia teatrale “Il Veliero” di Borgosesia, costituita da 10 attori, 15 ballerini e un coro, ha presentato con ottimo successo “Cenerentola”, la notissima favola rivisitata in chiave di parodia musicale.
(Vior)
11 CONOSCIAMO LA BIBLIOTECA Curiosità in biblioteca, seguendo le suggestioni di una parola I libri, soprattutto quelli dei fondi antichi della biblioteca, spesso recano segni di proprietà: dai consueti ex libris, a dediche, iscrizioni o sottoscrizioni, ma non avevo ancora trovato una “filastrocca”, come quella riportata sul foglio di guardia di un volume del Fondo “Giorgio Crevaroli”, il “Pomarium latinitatis”, “Auctore P. Francisco Pomey e Societate Iesu”, stampato nel 1691 da Dominicum Gromum, a Parmae e Brixiae: Tito
questo libro è di carta questa carta è di lino questo lino è di terra questa terra è di Dio questo libro è il mio Presumibilmente queste righe, vergate in grafia ottocentesca, furono scritte da “Giuseppe Bertoli nel anno 1828”, magari nel momento in cui prestò in lettura il suo libro a un certo Tito, per rammentargliene la proprietà e ricordargli la successiva restituzione. Mi hanno incuriosita i vari passaggi attraverso cui si “dimostra” la proprietà del libro: la prima affermazione riguarda il materiale di cui è fatto il libro, la carta, nome che in latino designava i fogli ricavati dal papiro. In francese la carta si chiama papier, con una derivazione diretta da papiro, usato anticamente come supporto scrittorio. Consultando la famosa Enciclopédie di D’Alembert e Diderot, presente in biblioteca nella terza edizione, stampata a Livorno nel 1770 e dedicata al Granduca Leopoldo di Toscana, si apprende che furono i Cinesi ad inventare la carta, utilizzando fibre del gelso da carta, dalla Cina passò in Corea e in Giappone, da cui si diffuse in Asia, Africa e giunse fino all’Europa. La carta, meno costosa, sostituì a poco a poco la pergamena. Gutemberg, considerato l’inventore della stampa a caratteri mobili, della sua famosa Bibbia delle quarantadue linee stampò ancora alcune copie in pergamena, oltre a quelle in carta. Molto interessanti le tavole dell’Enciclopédie che mostrano i processi di fabbricazione della carta ed i metodi di stampa. Gli Arabi per produrre la carta, impiegavano come materia prima i cenci, particolarmente di lino, così anche in Europa si produceva carta utilizzando gli stracci, ma la sempre crescente richiesta di questo materiale, allora soprattutto scrittorio, esaurì presto le riserve di stracci. Nel XIX secolo si cominciò ad estrarre la cellulosa dal legno. I legni più comunemente impiegati furono l’abete e il pioppo. Il nostro libro, stampato alla fine del Seicento, era ancora fatto di carta di stracci, e l’autore della filastrocca la definisce carta di lino. Il genere Linum conta circa 90 specie, di cui la più importante, coltivata come pianta tessile e oleifera è il Linum usitatissimum, una pianta annuale la cui coltivazione è molto simile a quella della canapa, richiedendo però terreni soffici, grassi e piuttosto umidi. I fasci di fibre della corteccia del fusto costituiscono i filamenti tessili. In Italia la coltura del lino per fibre un tempo era florida nella Valle Padana (Lombardia, Piemonte, Emilia e Romagna), mentre oggi è molto ridotta. Nel Fondo “Luigi Carrara” sono presenti due cataloghi di mostre allestite presso il “Museo del lino” di Pescarolo ed Uniti, in provincia di Cremona: “La dote, aspetti della condizione femminile nel mondo contadino all’inizio del secolo”, “I cavaléer. La coltura del baco da seta nelle testimonianze dei protagonisti e nei documenti dell’epoca”, che riportano una serie di testimonianze, soprattutto femminili, che ci permettono di conoscere le condizioni di vita delle donne nella campagna cremonese all’inizio del secolo, oltre a notizie sulla coltivazione del lino e la sua lavorazione. Cotone e canapa, con i nobili cugini lino e seta, venivano impiegati per realizzare capi d’abbigliamento e oggetti d’arredamento per la casa, che con il tempo e con l’usura sarebbero diventati stracci e magari utilizzati nella produzione della carta. Sfogliando questi cataloghi si è aperta un’altra interessante strada di ricerca: la dote delle donne valsesiane, la scherpa, argomento già approfondito da Franca Tonella Regis, Alfredo Papale, Rina Dellarole Cesa, in pubblicazioni presenti nella Sezione Locale. Un interessante catalogo, presente nella Sezione Arte, curato da Paolo Venturoli, è dedicato ai tessili nell’età di Carlo Bascapè vescovo di Novara (1593 – 1615), esposti a Novara, nel Palazzo dei Vescovi in una mostra che si protrasse dal 19 novembre 1994 al 19 febbraio 1995. Il lino nell’ Herbario Nuovo di Castore Durante, “medico & cittadino romano”, posseduto dalla biblioteca nel Fondo “Rag. Giovanni Mittino”, nell’edizione veneziana del 1717, stampata presso Michele Herz, recentemente ristampata anastaticamente da Priuli & Verlucca editori, viene
descritto e riprodotto in tre varietà: Lino, Lino salvatico, Lino falso. Vengono descritti tutti gli usi medicamentosi di questa pianta della quale normalmente si pensa l’utilizzo come fibra tessile. Dal seme di lino si produce dunque l’olio di lino che viene utilizzato a scopo medicinale, commestibile e, per la sua proprietà essiccante, serve per pitture e vernici. Tornando alla nostra filastrocca: “Il lino è di terra”, ricordiamo che un tempo la coltura del lino era diffusa nella pianura novarese e vercellese, come si legge nel “Quadro della Valsesia” del canonico Nicolao Sottile, presente in Biblioteca in tutte le sue quattro edizioni (1803, 1804, 1817, 1850). Nella parte terza del libro, ultimo capitolo “Settimo mezzo”, intitolato “Coltura del lino” , il Sottile scrive che il novarese “fecondo, fertile, ricco in tutto, fuorché in uomini ed in armenti, le pingui sue pianure possono produrre una quantità immensa di lino e di canape, mentre le valli da cui è circondato a ponente possono somministrare per filarlo una infinità di braccia soventi oziose per mancanza di lavoro”, concludendo che “una maggior coltivazione di lino, e quindi il commercio del filo e delle tele può convenire al dipartimento dell’Agogna”. Nel Novarese il lino era dunque soprattutto utilizzato come fibra tessile da filare. “La terra è di Dio”: questa proprietà divina del Creato, viene contrapposta alla proprietà individuale dell’oggetto libro, in questo caso tramandato chissà attraverso quali strade, fino a giungere a Giuseppe Bertoli, poi a Giorgio Crevaroli e infine alla Biblioteca Civica di Varallo. Il piccolo viaggio che Giuseppe Bertoli aveva compiuto per compiacersi della proprietà del libro, può oggi essere ripercorso attraverso le opere presenti nei vari Fondi della biblioteca, fissando delle proprie tappe ed assegnando alla storia un’evoluzione differente, nella più ampia e libera creatività. Piera Mazzone Direttore Biblioteca Civica Farinone-Centa di Varallo
IMMAGINI: 1) Foglio di guardia del volume; 2) Da Castore Durante, il lino.
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RISERVA SACRO MONTE Riflessioni sulla valorizzazione turistica del Sacro Monte. Il Consiglio Direttivo della Riserva Naturale Speciale del Sacro Monte di Varallo, recentemente rinnovato dalle figure dei nuovi rappresentanti ha posto tra i suoi primi obiettivi, in perfetta sintonia di intenti con il Comune di Varallo e il Rettore del Sacro Monte , il rilancio turistico del Sacro Monte. Questa necessità si avverte ormai da tempo. L’affluenza di pellegrini al Sacro Monte è andata calando in modo preoccupante negli ultimi anni. Le nuove infrastrutture turistiche, realizzate al Sacro Monte per volontà della Regione ( e con notevoli finanziamenti della Comunità Europea) rendono ancora più attuale l’urgenza di un’adeguata promozione . La Riserva dispone, infatti, oggi di ampi parcheggi, inclusivi di garage coperti per i gestori e gli utenti degli alberghi, di nuovi servizi igienici, di due aree pic-nic, una all’aperto nella piazza di ingresso, l’altra, coperta, nella piazza della Basilica, di un percorso per disabili con elevatore ( di imminente attivazione) di un edificio accoglienza turistica con sala convegni ( nell’immobile denominato “Casina D’Adda” , all’ingresso del Sacro Monte). E’ tutto pronto, dunque, per un nuovo decollo ed un adeguato rilancio. Infine l’ingente investimento regionale e comunitario che ha portato in essere la nuova funivia rende addirittura imperativo questo impegno. L’Amministrazione Comunale, infatti, giustamente, non ha ritenuto opportuno attivare l’impianto a fronte di un prezzo del biglietto talmente alto da scoraggiare e senz’altro colpire ulteriormente un turismo da tempo in calo. Certo un’affluenza molto incrementata numericamente potrebbe cambiare il quadro della situazione e consentire il funzionamento dell’impianto con un biglietto più contenuto. Si tratta di invertire un trend ormai consolidato e di un lavoro che vedrà i suoi frutti nel tempo. Per questa ragione la Riserva sta studiando alcune iniziative di rilancio culturale che facciano conoscere e frequentare il nostro Sacro Monte, come merita, anche da un pubblico qualificato e sensibile alla storia dell’arte. Le prossime iniziative saranno incentrate sull’apertura della cappella della Crocifissione, dopo un prestigioso cantiere durato diversi anni, condotto dalla miglior scuola a livello internazionale nel campo del restauro ovvero l’Istituto Centrale per il Restauro . Abbiamo infatti intenzione di far conoscere sia alla comunità di Varallo, proprietaria del Sacro Monte, che al mondo scientifico e degli addetti ali lavori, quanto è stato realizzato e la nuova immagine della cappella a restauro finito. Stiamo organizzando, inoltre, cicli di incontri e conferenze sul Sacro Monte. Abbiamo in cantiere, ambiziosi progetti di cooperazione con santuari e percorsi devozionali europei, che porterebbero il nostro Sacro Monte ( il più prestigioso dal punto di vista artistico e storico) ad ottenere il ruolo che gli compete in un ambito territoriale molto esteso.
Impegnativo e molto stimolante è il percorso che abbiamo intrapreso e che vogliamo portare avanti, consapevoli che i tempi siano ormai maturi e che su questi obiettivi lavoreremo in team affiancati dal Comune di Varallo , dal Santuario del Sacro Monte e da tutte le persone fisiche e giuridiche che vorranno partecipare a questa sfida.
IL PRESIDENTE DELLA RISERVA Avv. Giuseppe Ragozzi
13 La filosofia di gestione della vegetazione La Riserva Naturale Speciale del Sacro Monte di Varallo, istituita nel 1980dalla Regione per conservare, tutelare e valorizzare il Sacro Monte, opera direttamente, oltre che per la conservazione del patrimonio artistico monumentale del complesso, anche per la manutenzione del patrimonio naturale e ambientale del Sacro Monte. Il personale addetto al settore manutentivo della Riserva opera da anni per garantire la corretta tenuta del parco giardino sito all’interno del recinto sacro. L’aspetto più evidente di questo lavoro consiste nel taglio dell’erba, nella potatura delle siepi, alcune delle quali hanno fogge molto particolari, nella raccolta delle foglie. In realtà già dal 1999 la Riserva ha investito un’attenzione sempre maggiore anche nella manutenzione straordinaria del patrimonio arboreo del Sacro Monte. Sono quindi ormai considerati quasi interventi di routine le potature di rimonda del secco con scadenza annuale, le potature di riduzione e riequilibratura delle chiome, nonchè l’abbattimento degli esemplari deperienti la cui sopravvivenza potrebbe destare preoccupazioni per l’incolumità del pubblico che visita il Sacro Monte. L’intera “filosofia” di gestione della vegetazione del Sacro Monte si fonda su linee guida definite dal piano regolatore speciale, il Piano Naturalistico e d’Intervento della Riserva, redatto dalla Regione e che individua i criteri di intervento da seguirsi sia all’interno del recinto che nell’area esterna inclusa nei confini della Riserva. Obiettivo del Piano Naturalistico è conservare, come le cappelle, anche le piante del Sacro Monte, testimonianza della storia e del gusto che ha improntato nel tempo le scelte effettuate all’interno del recinto. Naturalmente le piante sono soggette ad una vita limitata e, quando la loro sopravvivenza, se vetuste, potrebbe creare dei problemi di incolumità per i visitatori, andrebbero abbattute. Da alcuni anni la Riserva ha perciò sottoposto ad indagini diagnostiche sofisticate, ad opera di ditte molto specializzate nel settore, alcuni alberi monumentali, le cui condizioni di salute apparivano precarie, ma il cui abbattimento avrebbe potuto provocare una sensibile perdita paesaggistica e una modifica della percezione dei luoghi. Ciò per essere sicuri di effettuare una scelta non affrettata, ma suffragata da verifiche attente. Nel 2002 si è però rilevata l’esigenza di una ricognizione globale, di un sistematico aggiornamento del Piano Naturalistico, vecchio ormai quasi venti anni. Si è quindi proceduto, incaricando l’Istituto Regionale Piante da Legna, che aveva redatto originariamente, per volontà della Regione, il Piano del Sacro Monte e che opera analogamente per la quasi totalità dei parchi piemontesi. Sono stati così esaminati e catalogati tutti gli esemplari arborei interni al recinto (di una certa dimensione) e limitrofi, sottoposti ad attente verifiche sulle condizioni fitosanitarie. E’ stato così fornito alla Riserva un piano generale di lavoro, aggiornato allo stato di salute effettiva delle piante, che consentirà di programmare per i prossimi anni interventi mirati e qualificati e di gestire con maggior
conoscenza e competenza il patrimonio vegetale prevenendo, ove possibile, quelle situazioni di emergenza che purtroppo talora si verificano sul territorio. Lo studio dell’IPLA si è avvantaggiato di una prima schedatura delle piante condotto dai guardiaparco della Riserva ed è stato costantemente supportato dalla presenza e dall’esperienza del personale addetto alla manutenzione del verde della Riserva che ha fornito ai tecnici regionali preziose informazioni frutto della sua esperienza e conoscenza diretta del territorio. IL CAPO OPERAIO DELLA RISERVA Davide Martinotti
14 GLI ANDAMENTI TURISTICI AL SACRO MONTE Dalla data di insediamento del personale della Riserva Naturale Speciale del Sacro Monte di Varallo, giornalmente vengono rilevate le presenze al Sacro Monte. Proponiamo al lettore i dati relativi al censimento delle presenze dal 1986 al 2002 ed una estrapolazione di uno studio conoscitivo sul visitatore del Sacro Monte. Criteri di rilevazione presenze. Il numero delle persone giunte in autobus viene ottenuto moltiplicando il numero dei mezzi per 50 individui (media aritmetica riscontrata). L’afflusso degli autobus è concentrato nel periodo che va da Aprile a Settembre e distribuito nell’arco della giornata per il: - 15% tra le ore 8.30 e le ore 10.00 . - 75% tra le ore 10.00 e le ore 11.30 . - 5% tra le ore 11.30 e le ore 113.00. - 5% tra le ore 13.00 e le ore 18.00. Il totale delle persone che giungono in automobile è ottenuto conteggiando le vetture che utilizzano il parcheggio a pagamento più le vetture che sostano lungo la strada carrozzabile e moltiplicando per 3 (media aritmetica delle persone a bordo di singola automobile). L’afflusso delle auto è distribuito nell’arco della giornata per il: - 15% tra le ore 9.00 e le ore 10.00. - 25% tra le ore 10.00 e le ore 13.00 - 15% tra le ore 13.00 e le ore 15.00 - 40% tra le ore 15.00 e le ore 18.00 - 5% nel resto della giornata Il conteggio delle persone giunte a piedi è più difficoltoso dal punto di vista pratico e quindi meno attendibile. Fanno eccezione le comitive grosse di visitatori che giungono a piedi (processioni, gruppi ecc.). I dati sul totale delle presenze rilevate sino al 1997 sono soggetti ad un errore del 5% in più o in meno. L’errore è imputabile a difficoltà oggettive di rilevamento (orario degli arrivi al di fuori dell’orario di servizio del personale di vigilanza; errori di stima delle presenze). Dal gennaio 1999 in poi il margine di errore è molto più alto in quanto il personale addetto al rilevamento è meno presente sul territorio. Ne consegue che anche la stima avrà un margine di errore (non quantificabile) più grande.
PRESENZE AL S.MONTE DAL 1986 AL 2002
140000
120000
100000
80000
60000
40000
20000
0
2002
2001
2000
1999
A PIEDI
1998 1997 1996
1986 1989 1988 1987 1992 1991 1990 1995 1994 1993
IN BUS
IN AUTO
TOTALE
Come si può notare abbiamo avuto un picco positivo di presenze nel 1988 (134.600 visitatori) e quindi un calo più o meno costante sino ad arrivare al 1998 con 88.000 visitatori – portando quindi, rispetto all’’89 un saldo negativo di 42.000 presenze. L’affossamento del 1995 è stato causato dalla chiusura della strada carrozzabile per lavori effettuati in seguito all’alluvione del novembre 1994. Come detto in precedenza, i dati dal 1999 in poi non sono attendibili per incompletezza del dato rilevato.
andamento degli afflussi I fattori determinanti l’andamento delle presenze al s.Monte sono in linea di massima legati a flussi turistici in generale. Principalmente gli elementi che determinano il numero dei visitatori durante l’anno sono: 1) Il tempo atmosferico. 2) Il numero delle festività infrasettimanali durante l’anno (esempio: nel 1999 la maggior parte delle festività cadevano di domenica o sabato: ne consegue un minor numero di presenze totali). 3) Il numero dei “ponti” tra festività infrasettimanali e domenicali. 4) La coincidenza di grandi manifestazioni tenute altrove (esempio i campionati mondiali di calcio) non influisce positivamente sulle presenze al s.Monte. 5) Le manifestazioni che si tengono a Varallo (es. Alpàa) non sembrano influire significativamente sulle presenze al S.Monte. 6) La situazione viaria (pedonali e carrozzabile) per il S.Monte. 7) Le giornate pomeridiane coincidenti con i giorni di mercato a Varallo (periodo primavera-estateautunno) fanno registrare un discreto afflusso al S.Monte. 8) Gli importanti “appuntamenti” esempio congressi che si tengono a Varallo oppure i campionati di canoa in Valsesia ecc. portano un buon aumento delle presenze.
9)
Le funzioni religiose (processioni, festività ecc.) e momenti legati alla religione cattolica (esempio esposizione della S.Sindone a Torino) portano un determinante aumento delle presenze al s.Monte.
Da uno studio eseguito dal dott. Manachino nel 1993 possiamo estrapolare che la fruizione del Sacro Monte è così composta: Età. L’età media del visitatore è di 48 anni. I giovani fino a 25 anni sono il 4.91%, le persone tra i 25 e45 anni sono il 35.91%; quelle tra i 45 e 55 anni sono il 23.42% e quelle con età superiore ai 55 ammontano al 35.76%. Professione. La categoria più rappresentata è quella degli impiegati ed insegnanti (23.5%); seguono i pensionati (21.2%); operai (16.7%); casalinghe (12.3%); commercianti e artigiani (9%); dirigenti e professionisti (7%); studenti (5.5%) disoccupati (2.3%). Titolo di studio Il titolo di studio di coloro che visitano il S.Monte è così ripartito: Licenza elementare 17.5%; media inferiore 30%; media superiore 40.7 %; Laurea 11.6%. Reddito Il 74.05% delle famiglie che visitano il s.Monte ha un reddito inferiore a Lire 3.500.000 mensili; il 2.69 % ha un reddito superiore a Lire 6.500.000 mensili; il 5% ha un reddito inferiore a Lire 1.000.000 mensili. Spese generali per la ricreazione Il 32.8% dei visitatori del s.Monte destinano la parte più consistente delle loro spese ricreative a viaggi e gite; per il 31.9 % a libri, giornali e riviste; per il 7.2% allo sport; per il 7% a cinema, teatro e concerti; per il 3.9% ad hobby; per il 3.5% a ristoranti; per l’1% a musei e mostre; per il 12.8% ad altre attività. Alla luce di questi dati gli utenti del s.Monte sono inclini al viaggio inteso in principal modo come “gita fuori porta”. Meno rilevante è invece la presenza di soggetti frequentatori di mostre e musei (oggetti che per certi versi presentano delle affinità con il s.Monte). Frequenza della visita e località di provenienza. Il 50% dei visitatori giungono al S.Monte una volta sola l’anno. Il 67.4% dei visitatori provengono dal Piemonte ; il 23.3% dei visitatori provengono dalla Lombardia; il rimanente 9.3 % è costituito da visitatori che provengono dalle rimanenti regioni italiane ed una cospicua presenza di turisti stranieri. spesa individuale per la visita Ogni persona, durante la giornata di visita al s.Monte, spende mediamente 21.000 lire. Nella cifra sono compresi: spese di viaggio, pranzo , altre spese (bar, cartoline, ricordi ecc). Il 10% spende più di 50.000 Lire pro-capite; il 5% spende oltre le 70.000 Lire pro-capite; il 25% spende meno di 5.000 Lire pro-capite Finalità della visita. Il 42.6% dei visitatori giungono al s.Monte per finalità religiose; il 28.1% dei visitatori giungono al s.Monte per scopi ricreativi; il 15.2% dei visitatori giungono al s.Monte per finalità artistiche; il 10.1% dei visitatori giungono al s.Monte per finalità ambientali; il 3.9% dei visitatori giungono al s.Monte per altre finalità. INCROCI TRA CARATTERISTICHE. Finalità della visita/ età gli ultracinquantenni hanno indicato per il 32.5% la finalità religiosa, il 16.5% quella artistica, il 9.46% quella ambientale e il 35.8% quella ricreativa. I visitatori aventi un’età inferiore o uguale ai 40 anni hanno indicato: il 42.2% la finalità religiosa; il 28.6% quella artistica; il 37.1% quella ambientale; il 21.7 % quella ricreativa. Finalità della visita/ titolo di studio La motivazione artistica è condivisa per il 48.6% dai diplomati e il 18.1% dai laureati. Il 12.4% delle persone aventi il titolo di studio di scuola elementare indicano la motivazione artistica come scopo della visita.
La motivazione religiosa è espressa dal 9.2% dei laureati e dal 21.4% delle persone con titolo di studio di scuola elementare; inoltre per il 31.6% delle persone con titolo di studio media inferiore e il 37.8% delle persone con titolo di studio media superiore. Finalità della visita/ professione. La finalità religiosa è indicata dal 29.9% dei pensionati, dal 17.3% delle casalinghe, dal 15% degli operai, dal 16% degli impiegati e insegnanti. La finalità religiosa è stata indicata dal 3.1% dei disoccupati, dal 4.4% degli studenti, dal 5.1% dei dirigenti e professionisti , dal 6.8% dei commercianti e artigiani. La finalità artistica è indicata dal: 30% insegnanti, 17.1% operai, 12.4% dirig. e professionisti, 12.4% pensionati, 10.5% commercianti e artig., 8.6% studenti, 6.7% casalinghe e 1% dei disoccupati. La finalità ambientale è indicata dal: 24.3% degli insegnanti e impiegati, dal 22.9% dei pensionati, dal 14.3% delle casalinghe, dal 8.6% dei professionisti o dirigenti, dal 7.1.% degli studenti, dal 7.1 dei commercianti e artigiani, dal 2.9% dei disoccupati. La finalità ricreativa è indicata dal 30% degli impiegati e insegnanti dal 20% degli operai dal 13% dei pensionati, dal 11.3% dei commercianti e artigiani, dal 7.7% delle casalinghe, dal 6.7% dei dirigenti e professionisti, dal 5.2% degli studenti dal 1% dei disoccupati. Finalità della visita/ reddito I visitatori che hanno indicato la visita con finalità religiosa si concentrano per il 65.2% nella fascia di reddito tra 1.200.000 e 3.000.000 di Lire e per il 15% con fascia di reddito sotto le 1.200.00 Lire. La motivazione religiosa raccoglie percentuali più basse per le fasce di reddito sopra i 3.000.000 di Lire. La distribuzione dei redditi più elevati coincide con i fruitori dichiaranti motivazioni artistiche. Coloro che prediligono gli aspetti ambientali si distribuiscono in maniera più omogenea in tutte le fasce di reddito. Problematiche e strutture. Il 54.8% dei visitatori ritengono che le strutture e i servizi offerti al s.Monte sono sufficienti; essi ritengono cioè di non voler ritrovare all’interno del S.Monte altri servizi se non quelli attualmente presenti (1993). La rimanente percentuale (coloro che non si ritengono soddisfatti delle strutture e servizi offerti dal s.Monte) è principalmente suddivisa tra: Il 32.6% dei visitatori che ritengono sia auspicabile un miglioramento del servizio informazioni e visite guidate; il 19.3% dei visitatori che ritengono debba essere potenziata la struttura aree picnic onde migliorare il rispetto delle aree verdi all’interno del s.Monte e la tutela delle opere d'arte; il 24.4% degli utenti del s.Monte che ritengono disagevole il collegamento viario con Varallo. Tra questi il 42.5% lamenta la scarsità di parcheggio, il 20% lamenta un traffico eccessivo, il 15% lamenta la eccessiva tortuosità del tracciato stradale. Alla domanda “…quale può essere la soluzione da adottare al fine di risolvere la situazione viaria ?” hanno risposto: il 48.5% il ripristino della vecchia funivia; il 20.1 % il pullman navetta; il 17.9% un sistema di scale mobili panoramiche; il 13.4% un trenino a cremagliera. Disponibilità a pagare un ingresso al s.Monte. La maggioranza dei visitatori interpellati, facendo una media delle cifre da loro indicate, sono disposti a pagare una cifra pari a 10.700 lire per l’ingresso al s. Monte. Il capo guardia della Riserva
Giorgio Bergamo