SCUOLAINTERATENEO DI SPECIALIZZAZIONE PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA SECONDARIA SIS
RELAZIONE FINALE PER L’ESAME DI STATO
Italia e Germania tra le due guerre: una ricerca cooperativa
ANNO ACCADEMICO 2005/2006
Specializzando:
Stefania Bombino.
Classe di concorso: A043/A050 Libretto N° 267431 Scuola sede di tirocinio: Istituto Comprensivo “Di Nanni”, Scuola Secondaria di Primo Grado, Plesso “Europa Unita”. Docente accogliente: prof. Teresa Leo Supervisore: prof. Carla Gatti
INDICE Parte prima I. Le teorie di riferimento……………………………………………………………………Tav. I I. 1. Modello teorico didattico-metodologico……………………………pp. 1-2 I. 2. Scelta delle modalità dell’intervento didattico e degli strumenti da privilegiare …pp. 2-4 I. 3.Ruolo e significato dei contenuti prescelti in relazione alla disciplina e alle sue caratteristiche.. pp. 5-6 Parte seconda II. Il progetto………………………Tav. II II. 1. Scelta dei contenuti in relazione alla programmazione dell’insegnante titolare e ai prerequisiti degli studenti… p. 7 II. 2. Contesto di indirizzo e di classe in cui si inserisce l’intervento didattico……pp. 7-9 II. 3. Progetto dell’intervento didattico e sue finalità …………pp. 9-11
Parte terza III. Analisi del processo………………………………Tav. III III. 1.Svolgimento dell’intervento didattico e modifiche………………pp. 12-14 III. 2.Analisi critica dei risultati………………………… ……………pp. 14-16 III. 3.Aspetti relazionali sperimentati………………………… ………pp. 16-20 III. 4.Riflessione critica ………………………………………………pp. 21-22 Parte quarta IV.Conclusioni: aspetti metacognitivi……………………………………pp. 23-25 Bibliografia……………………………pp. 26-27 Appendice I…………………………pp. 28-38 Agende di lavoro……………………pp. 29-38 Allegato n° 1: documenti 1-6 Allegato n° 2 Allegato n° 3 Allegato n° 4 Allegato n° 5 Allegato n° 6 Allegato n° 7 Allegato n° 8 Allegato n° 9 Appendice II……………………pp. 39-74 Intervento didattico: Italia e Germania tra le due Guerre…… ……pp. 40-74
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PARTE PRIMA: LE TEORIE DI RIFERIMENTO I. 1. Modello teorico didattico-metodologico.
Ho impostato il mio intervento seguendo, inizialmente, un principio didattico fondato sui risultati dell’apprendimento, cioè una didattica per contenuti basata sulla Lezione Frontale. Dal punto di vista metodologico ho dunque privilegiato un contesto sociale di lavoro apparentemente individuale (io spiego, ciascuno ascolta) ma con frequenti aperture al confronto diretto tra i singoli e me, potenzialmente utile per l’intero gruppo (verifiche formative orali ogni trenta minuti di spiegazione). Il codice comunicativo che ho utilizzato in questa fase è stato esclusivamente verbale, e le operazioni mentali richieste ai ragazzi sono state prettamente di tipo logico-deduttivo. Le strategie che ho tentato di applicare per il raggiungimento degli obiettivi cognitivi sono state sostanzialmente il sommario in itinere, la sottolineatura vocale di concetti particolarmente importanti o difficili, il confronto ripetuto tra quanto avevo presentato e l’efficacia di ricezione della classe (comunicazione bidirezionale). Gradualmente, però, ho cercato di familiarizzare con la metodologia didattica cui la classe era più abituata. Così ho privilegiato un modello didattico Modulare, fondato sull’integrazione dei risultati dell’apprendimento (“Didattica per contenuti”) con il successo formativo degli studenti (competenza) espresso attraverso comportamenti misurabili (“Didattica per obiettivi”)1. La parte relativa alla “Didattica per contenuti” viene condotta secondo il modello di insegnamento tradizionale della lezione frontale, presentata sia in apertura sia in conclusione della lezione [con particolare riferimento alla presentazione di fonti iconografiche; cfr. Parte Terza: Analisi del processo, pp. 12-13]. La fase operativa affidata all’esecuzione autonoma dei ragazzi segue un modello di ‘Didattica per obiettivi’, intesa cioè a determinare quei comportamenti degli alunni (performances o competenze) traducibili in prestazioni misurabili e riconducibile alla ‘zona di sviluppo prossimale’ dell’allievo. Per questo motivo si utilizzerà un lavoro impostato secondo il Cooperative Learning per mezzo di ‘gruppi informali’2, per incoraggiare i ragazzi, mediante la collaborazione reciproca, a sviluppare uno stile esplicativo ottimista3 e per promuovere un’interdipendenza positiva. Il contesto sociale di lavoro rappresentato dal gruppo assicura una buona partecipazione delle parti, ed è un buon modo per iniziare a stimolare i soggetti a rendersi reciprocamente utili. Inoltre, viene così ad attivarsi una modalità di peer tutoring, in cui il tutor, che è un compagno più esperto, porta alla luce proprio quella 1
A. Ingravalle, Panorama di metodologie didattiche, in “SIS. Quaderni didattici”, Torino 2003, pp. 2-7.
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Sul Cooperative Learning cfr: D.W. Johnson – R.T. Johnson – E.J. Holubec, Apprendimento cooperativo in classe, Trento 1996; M. Martinelli, In gruppo si impara. Apprendimento cooperativo e personalizzazione dei processi didattici, Torino 2004; A. Calvani, Elementi di didattica. Problemi e strategie, Roma 2000, p. 153. 3 “Riuscire a vedere sempre il lato positivo delle cose ed interpretare le avversità come accidentali, limitate e non dipendenti da sé”, in Cinque stili di apprendimento (più uno), Ce.Se.Di – Riflettere sul lavoro scolastico, Stili, 20022003.
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zona di sviluppo prossimale del tutee, cioè quel potenziale che rimarrebbe occulto senza un’adeguata interazione con soggetti esterni4. I. 2.Scelta delle modalità dell’intervento didattico e degli strumenti da privilegiare. Il codice comunicativo che ho utilizzato in queste occasioni è stato sia di natura puramente verbale e testuale (libro di testo, fonti documentarie) sia figurativo (il manifesto pubblicitario, le tavole di fumetto, l’immagine sulla pagella scolastica) e visivo (il filmato), privilegiando uno stile cognitivo di tipo sia visuale5 sia verbale6. Si è fatto ripetutamente riferimento all’analisi di fonti storiche sia di tipo documentario scritto sia iconografico (tanto primarie quanto secondarie) poiché, in linea con quanto costituisce l’intento di fondo di questo intervento didattico, “le fonti possono costituire un valido strumento di lavoro didattico solo all’interno di una concezione dell’insegnamento della disciplina storica basato sempre meno sul ‘venire a sapere’ un certo numero di eventi, argomenti e fenomeni, e sempre più sull’acquisizione di abilità tecniche e concettuali”7. Le operazioni mentali privilegiate sono state sia di tipo Logico-induttivo (con attività predisposte per ciascun gruppo, chiamato a rispondere a specifiche domande) ma anche imitativo (per la natura stessa dell’attività di gruppo) e logico-deduttivo (per i miei interventi frontali). Le strategie previste dai gruppi per risolvere efficacemente il lavoro affidato loro si fondano essenzialmente sullo skimming (per cogliere il significato globale del testo da analizzare) e sullo scanning (per individuare i particolari passi del testo utili alla risposta), contribuendo così ad assecondare gli stili di apprendimento sistematico8, analitico9, riflessivo10. Naturalmente, il tentativo di favorire diversi stili di apprendimento nei ragazzi è conseguenza del fatto che “la predisposizione verso certe modalità piuttosto che altre non è considerata come ‘innata’ e ‘fissa’, ma come una costruzione risultante dall’esperienza che i singoli hanno fatto fino a quel momento e che può essere modificata se essi lo ritengono opportuno”11. Seguendo questo modello operativo, sul piano del rinforzo delle funzioni di elaborazione insisto nel far utilizzare alla classe diversi codici (verbale, testuale, figurativo, visivo) e diversi procedimenti logici (quello di tipo induttivo tipico del Cooperative Learning e quello di tipo deduttivo proprio della Lezione Frontale). In merito all’uso del Cooperative Learning ho adottato per ogni lezione così svolta un’A g e n d a d i l a v o r o [cfr. Appendice I] elaborata sul tema da trattare nel giorno (Argomento), relativamente al quale sono esplicitati: 4
A. Calvani, 2000, p. 153. “Preferenza per l’immagine, le figure dei libri, le rappresentazioni grafiche, le raffigurazioni in genere, con tendenza ad usarle per imparare” in Cinque stili…, 2002-2003. 6 “Preferenza per la parola detta o scritta, testi, riproduzioni sonore, con tendenza ad imparare per lettura e ripetizione” in Ibidem. 7 A. De Bernardi (a cura di), Ricerca e didattica. Uso delle fonti e insegnamento della storia, Milano 1985. 8 “Approccio alla formulazione di ipotesi con un procedere metodico di raccolta di indizi e del loro collegamento seguendo delle regole” in Ibidem. 9 “Partire dai dettagli per costruire man mano il quadro generale, avendo a cura la descrizione minuziosa dei particolari” in Ibidem. 10 “Nel cercare una risposta chiedersi quale sia la rilevanza degli elementi disponibili e sceglierli con attenzione, piuttosto che utilizzare i primi che vengono alla mente” in Ibidem. 11 Ibidem. 5
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gli o b i e t t i v i interni (cui mira l’insegnante) ed esterni (quelli che devono essere raggiunti e/o realizzati dai ragazzi) la p r a s s i , ovvero la modalità secondo cui è organizzato il lavoro dei gruppi ed i relativi Argomenti assegnati a ciascuno, oltre ad una suddivisione dei tempi destinati ad ogni fase del lavoro e cioè: *Brainstorming. *Raccolta dei dati sulla base dei materiali forniti o indicati dall’insegnante. *Lavoro per g r u p p i d i e s p e r t i : (in genere) cinque gruppi di tre persone a cui è assegnato lo studio di una parte dell’Argomento del giorno, secondo una traccia fornita dall’insegnante. *Resoconto nei g r u p p i - c a s a : (in genere) tre gruppi di cinque persone, ognuna proveniente da un differente gruppo di esperti. Ciascun esperto ha il compito di esporre agli altri la parte dell’Argomento del giorno che ha affrontato nel proprio gruppo: ciascuno dovrebbero apprendere direttamente dal ‘compagno-esperto’ una parte dell’argomento affrontato. *Feed-back sulla comprensione dell’argomento per mezzo di domande rivolte dall’insegnante a ciascun gruppo-casa: non possono rispondere gli ‘esperti’ su quella specifica parte dell’Argomento. *Riflessione autovalutativa dei gruppi: ciascun gruppo, dopo il feed-back, attua con il docente un processo di ‘auto-revisione’ mirato ad individuare i comportamenti positivi e negativi interni ad esso. Sia durante sia al di fuori dei momenti attivi di Cooperative Learning gli alunni partecipano alla vita di classe (domande, richieste all’insegnante) seguendone un sistema di ruoli assegnati a rotazione, che ne regola gli interventi e molta parte della gestione e coordinazione della vita di classe, contribuendo a responsabilizzare e coinvolgere ciascuno di loro12. L’impostazione di fondo del Cooperative Learning è stata da me seguita anche con riferimento alla presentazione di fonti multimediali e audiovisive: in questi casi, lavoro con la classe come se fossimo un grande gruppo di esperti: vediamo tutti insieme gli stessi filmati e li commentiamo subito oralmente. 12
Il Cooperative Learning è fondato sulla compresenza (con durata settimanale e a rotazione in ordine alfabetico tra tutti i membri della classe) di quattro figure chiave, con ruoli ben definiti: • A n i m a t o r e : Dà la parola – Richiama al silenzio – Incoraggia ad andare avanti nel lavoro. • R i c e z i o n i s t a : Prende nota degli assenti e, se l’insegnante è d’accordo, li scrive sul registro di classe – Controlla che all’inizio dell’ora la lavagna sia pulita e fornita di gesso – Prima di uscire, controlla che non ci sia carta per terra e che l’aula sia in ordine – Porta il registro di classe durante gli spostamenti – Esegue eventuali incarichi assegnati dall’insegnante. • S e g r e t a r i o : Svolge il ruolo di ‘promemoria’ per compagni e docenti – Organizza la comunicazione di compiti ed altre informazioni importanti ai compagni assenti – Raccoglie i buoni mensa, ne scrive l’elenco e lo consegna all’insegnante accompagnatore – Distribuisce e raccoglie compiti e fogli – Si occupa di raccogliere i soldi – Controlla le firme sul diario. • C r o n o m e t r i s t a : Chiede all’insegnante il tempo assegnato per ciascuna attività [cfr. Agenda di lavoro] e ne segnala il prossimo scadere – Segnala ai docenti quando l’ora di lezione sta per terminare – Richiama i compagni a rientrare tempestivamente dopo l’intervallo. I quattro Ruoli sono affissi in classe accanto alla lavagna, su singole schedine monografiche cui è abbinato il nome del facente funzione del momento (su cartoncino mobile allegato alla scheda). L’intero ‘sistema-cartellone’ è governato da un responsabile affiancato da due supplenti, i cui nomi figurano accanto agli altri. La suddivisione e la rotazione dei ruoli mirano alla responsabilizzazione ed al coinvolgimento di ogni membro della classe.
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I. 3.Ruolo e significato dei contenuti prescelti in relazione alla disciplina e alle sue caratteristiche. L’orientamento verso una didattica per obiettivi organizzata secondo agende di lavoro affidate a gruppi informali è intimamente legata alla epistemologia della ricerca storica: così come lo storico si avvale di fonti dirette e indirette per elaborare una lettura contestualizzata e coerente di un dato periodo indagando su un corpus di indizi, così ho tentato di guidare la classe ad una analoga scoperta del significato storico (Alla ricerca della storia) sia attraverso la ricerca strutturata del dato storico sul libro di testo (agende di lavoro con domande specifiche per ogni gruppo), sia per mezzo di strumenti “indiretti” (le fonti iconografiche, letterarie e filmiche) intesi come corpus indiziario da ricondurre ad unità. L’intento è stato mostrare come ogni traccia del passato possa essere per noi, oggi, fonte o documento e come sui documenti si fondi il lavoro dello storico. Oltre a fornire una macro-suddivisione tra fonti scritte, fonti iconografiche e fonti multimediali (distinguendo tra primarie e secondarie) si è scelto di avvalersi del modello laboratoriale del Cooperative Learning come congeniale a riproporre - in modo semplificato e strutturato nel lavoro per gruppi di esperti – la dinamica del processo indiziario e di ricerca che caratterizza il lavoro dello storico. Tutto ciò alla luce del fatto che “Il passato in quanto tale non esiste al di fuori della ricostruzione storica: esso in sostanza recupera una propria consistenza epistemologica solo all’interno delle operazioni conoscitive e tecniche che lo storico mette in atto nella sua attività di ricerca”13. Il mio scopo è stato tentare, attraverso una serie diversificata di strumenti selezionati da me, di permettere ai ragazzi la ricostruzione del proprio quadro d’insieme di una data realtà storica (naturalmente a partire da una serie di dati stabili e oggettivi di riferimento!). Al tempo stesso ho tentato di fornire quegli strumenti operativi propri della ricerca storica (la sistematicità, l’analiticità, la riflessività) indispensabili al procedere della ricerca dello storico, ma altrettanto utili a sviluppare diversificate strategie di apprendimento nei ragazzi, che ne avrebbero così guadagnato un ventaglio di sistemi procedurali tra cui scegliere quello più adeguato al contesto conoscitivo in atto. Gli strumenti utilizzati sono stati: • • • • •
il libro di testo in uso alla classe [M.G. Francone – M. L. Longo – I. Zambonin (a cura di), Storia: idee, fatti, protagonisti, vol. 3°, Torino 2001, ricco di apparato documentario]; fonti e materiali iconografici tratti dal libro di testo e da testi aggiuntivi scelti da me (B. Mantelli, I fascismi europei: 1919-1945, Torino 2004; F. Repetto, Opinione pubblica, media e potere nel Novecento, Torino 2004); fumetti (Art Spiegelman, Maus, Einaudi, Torino 2000; Inguine Mah!gazine, n° 5, Anno 2 2004, Roma); pagelle scolastiche del periodo fascista (www.torinoinguerra.it); visione di alcuni Cinegiornali dall’archivio storico on-line dell’Istituto Luce (www.luce.it/archivio); 13
A. De Bernardi (a cura di), 1985.
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visione di un documentario della BBC sul Nazismo (1939: Il Nazismo, di Jhon Brident, 1997, Prestito CE.SE.DI).
PARTE SECONDA: IL PROGETTO II. 1.Scelta dei contenuti in relazione alla programmazione dell’insegnante titolare e ai prerequisiti degli studenti. Il mio intervento didattico è stato pensato per una scuola secondaria di primo grado, in particolare per una classe III. Esso è stato svolto sul finire del I quadrimestre (dal 12 dicembre 2005 al 6 febbraio 2006), inserendosi nella programmazione annuale stabilita dalla docente accogliente per quel periodo dell’anno14. Prerequisiti indispensabili allo svolgimento del mio intervento didattico sono stati lo studio della Prima Guerra Mondiale e della Rivoluzione Russa, che ho accertato per mezzo di una verifica sommativa orale (aggiuntiva rispetto a quella scritta già sostenuta dalla classe con la prof.ssa Leo, mio docente accogliente). II. 2.Contesto di indirizzo e di classe in cui si inserisce l’intervento didattico. La classe in cui ho realizzato il mio intervento didattico può definirsi di livello medio, vivace e collaborativa: gli allievi partecipano alle lezioni di Storia con interesse e in modo generalmente attivo, anche se a volte un po’ dispersivo! Da quanto mi riferisce la prof.ssa Leo il contesto sociale di appartenenza degli studenti è complessivamente discreto, così come il livello culturale delle famiglie. In classe è presente un ragazzo in situazione di Handicap (autistico) che non partecipa all’attività didattica (trascorre parte delle ore scolastiche in un’aula individuale attrezzata per lui). Quando è presente in aula, è quasi sempre accompagnato da un’insegnante di sostegno, alla quale in genere detta dei testi di fantasia che questa trascrive con pennarelli colorati su grandi fogli. La presenza del ragazzo è avvertita dal resto degli studenti in negativo: tra la classe e lui non ci sono relazioni comunicative, né un suo coinvolgimento ai momenti di ilarità che spontaneamente si creano nel corso delle lezioni. La natura del suo handicap impedisce al ragazzo di instaurare relazioni affettive o comunicative con il resto della classe e con gli altri insegnanti: malgrado risponda in genere positivamente agli stimoli della sua insegnante di sostegno, spesso egli comunica con persone non presenti o si immedesima nel suo animale preferito (il cavallo). Tra le attività di sostegno proposte per lui figura l’Ippoterapia (equitazione). Questa attività sembra l’unica in grado di ri-unire il soggetto con il resto della sua classe: infatti, in alcuni momenti dell’anno, il resto dei ragazzi partecipa con lui ad una lezione di equitazione. Mi sono stati indicati anche due casi di dislessia (con ritmi di apprendimento lenti e difficoltà nei processi logico-analitici15) ed un caso di manifesto disinteresse allo studio (con conseguenti gravi lacune nella preparazione di base16). 14
Rispetto ai tempi previsti dalla prof.ssa Leo ho potuto usufruire di 3 ore aggiuntive (frutto di una supplenza del docente sulla sua stessa classe) da dedicare ad un approfondimento sul Nazismo e in preparazione alla Giornata della Memoria.
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Il clima di classe è generalmente collaborativo, agevolato sia nella responsabilizzazione individuale sia nella gestione della vita di classe, dall’adozione del metodo di Cooperative Learning (spesso utilizzato dalla prof.ssa Leo) e dalle figure di riferimento da esso proposte [Cfr. Parte prima: le teorie di riferimento, pp. 12]; la disposizione dei ragazzi (19) in aula è per coppie di banchi, ciascuna delle quali ospita un abbinamento misto maschio/femmina, proposto dall’insegnante di Italiano e variato mensilmente, ma costante nell’associazione per genere opposto e per disomogeneità di rendimento della coppia. Il tempo delle lezioni si avvia gradualmente quando la maggior parte degli studenti ha preso posto in aula (lo fanno autonomamente), in genere con un richiamo all’attenzione da parte del docente. All’avvio della lezione, durante le spiegazioni del docente, la classe si dimostra generalmente attenta in maniera omogenea (fatta eccezione per uno dei ragazzi che a volte sembra assente, ma raramente disturba). Il docente ricorre più spesso a richiami collettivi all’attenzione e più raramente a richiami individuali: usa segnali verbali e alcuni visivi, con esiti sempre soddisfacenti. Durante la lezione gli studenti sembrano generalmente attenti, solo a tratti comunicano tra di loro (tra vicini di banco), e conducono i loro interventi in modo generalmente pertinente all’argomento proposto. Il rapporto emotivo tra il docente e la classe è molto forte e fondato sulla reciproca lealtà; l’insegnante adotta con i ragazzi un approccio di tipo formale (seguendo una chiara distinzione di ruoli), che però non ne nasconde il forte senso empatico. Il senso di partecipazione anche agli aspetti di vita familiare dei ragazzi emerge chiaramente durante gli spazi di dialogo che si aprono spontaneamente durante le lezioni, soprattutto nelle ore di compresenza con la prof.ssa di Matematica. Il comportamento del docente di lettere è sempre sensibile alle richieste di attenzione dei ragazzi ed equilibrato nel concedere spazi di discussione non sempre pertinenti al programma disciplinare (comunicazione bidirezionale), giusto, severo ma non rigido nel far rispettare la consegna dei compiti da svolgere a casa e le norme che disciplinano la vita di classe e scolastica nel suo complesso. Gli studenti ricambiano con un atteggiamento fiducioso (chiedono se non capiscono), rilassato (non temono l’insegnante e non vivono i momenti di verifica valutativa o di recupero 15
Rispetto a queste ragazze ho cercato sempre di verificare, con qualche domanda, che fossero al passo con il resto della classe, operazione semplificata dalla loro spontanea partecipazione alle lezioni. Purtroppo la scuola non è in grado di offrire strumenti compensativi (supporti tecnologici) in classe, per cui mi sono limitata all’attuazione di misure dispensative nel processo di valutazione (differenziata e individualizzata), quanto più possibile orientata alla verifica formativa orale. Cfr. Cosa devono sapere e cosa possono fare gli insegnanti, in G. Stella, La dislessia, Bologna 2004, pp. 69-86. 16 Preferirei fare riferimento ad uno stato di ‘disagio scolastico’ inteso come atteggiamento negativo nei confronti dell’esperienza scolastica, vissuto come caduta della motivazione verso l’apprendimento. Il successo scolastico, svuotatosi di valore agli occhi degli stessi adolescenti che dovrebbero beneficiarne, viene sublimato con il raggiungimento di obiettivi extra-scolastici che strutturano i ‘compiti di sviluppo’ legati alla costruzione del concetto di sé. Il disagio scolastico è una sindrome di malessere psicologico causato da un’esperienza scolastica insoddisfacente da vari punti di vista. Tra i vari fattori: scarso sentimento scolastico, una percezione negativa di sé che deriva sia dal confronto con gli insegnanti sia dal confronto con i compagni. Cfr. Adolescenti, scuola, lavoro, in A. Palmonari, Gli adolescenti, Bologna 2001, pp. 82-90. In questo caso ho prestato particolare attenzione all’osservazione, al coinvolgimento diretto e alla verifica degli eventuali progressi della persona in oggetto. Infatti non sembrano sussistere condizioni endogene che giustifichino le difficoltà di apprendimento di E.: in questo caso esse andranno presumibilmente ricondotte a cause ambientali, cioè a fattori che riguardano l’ambiente educativo e relazionale o quello scolastico di riferimento.
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individualizzato in modo ansioso), partecipe alle lezioni (numerosi e spontaneamente chiedono la parola), sollecito nel raccogliere i richiami all’attenzione o al silenzio.
II. 3. Progetto dell’intervento didattico e sue finalità. L’intervento didattico che ho deciso di attuare ripercorre, a grandi linee, la situazione dell’Europa dopo la Prima Guerra Mondiale: in particolare mi sono soffermata sulle condizioni della Germania e dell’Italia, per poi presentare il graduale avvento, rispettivamente, del Fascismo e del Nazismo17. E’ stato dunque inevitabile, svolgendosi la parte conclusiva delle mie lezioni in concomitanza della Giornata della Memoria, introdurre il tema delle persecuzioni razziali contro gli ebrei fino alla Soluzione Finale (dal Progetto Eutanasia per il mantenimento della purezza della razza ariana rispetto alle tare genetiche di natura mentale o fisica, allo sterminio di massa di oppositori politici, ebrei, slavi, Testimoni di Geova, omosessuali, zingari). Il taglio che ho dato alle mie lezioni ha volutamente insistito nel sottolineare il ruolo dei nuovi mezzi di comunicazione di massa (oltre alla stampa la radio, il cinema, la pubblicità) nel processo di ascesa politica del Regime Fascista e di quello Nazista, precisamente per la portata decisiva del loro controllo nella diffusione amplificata della propaganda ideologica (Totalitarismo). Al tempo stesso, si è inteso fornire una lettura di questo periodo storico secondo un’angolazione di genere, per segnalare come le aperture emancipazioniste che si erano manifestate all’inizio del Novecento (azione dei movimenti suffragisti ed emancipazionisti – con richiamo al diritto del cittadino al libero sviluppo della propria individualità, anche politica, e alla valorizzazione della ‘differenza’ femminile, con richiamo al concetto di maternità biologica e maternità sociale18) siano state congelate nei regimi di tipo totalitario. Nel mio percorso didattico ho fatto un uso ripetuto di fonti iconografiche (manifesti pubblicitari, pagelle scolastiche, tavole di fumetto19), multimediali (cinegiornali dell’Istituto Luce on line, documentari storici20) e letterarie (documenti storici riportati dal libro di testo; A. Wiewiorka, Auschwitz spiegato a mia figlia, Torino 1999); quasi tutte le lezioni hanno seguito il metodo del Cooperative Learning per gruppi informali [Cfr. Parte Prima: le teorie di riferimento, pp. 1-2]. Il fine ultimo di questo percorso (oltre a quello puramente didattico-disciplinare) è stato di guidare i ragazzi nel riconoscimento dei nessi di causa-effetto tanto su un piano puramente “storico” quanto su un piano essenzialmente “morale”, per indurli a riflettere preventivamente sulla portata delle proprie azioni o mancate-azioni. Il fine ultimo di questa riflessione voleva essere il riconoscimento della differenza tra democrazia e dittatura, tra uguaglianza (sessuale, “razziale”, politica) e discriminazione. Nella preparazione delle due verifiche sommative scritte cui ho sottoposto la classe, ho seguito un’organizzazione di tipo semi-strutturato sul modello delle tipologie di esercizi utilizzate dall’insegnante. Per ogni esercizio ho esplicitato il
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Cfr. Intervento Didattico: Appendice II, pp. 39-74. A. Bravo – A. Foa – L. Scaraffia, I fili della memoria. Uomini e donna nella storia dal 1900 a oggi, Roma-Bari 2002, pp. 20-23. 18
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Cfr. Appendice I, Allegati nn° 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8. Cfr. Appendice I, Allegato n° 9.
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punteggio, fornendo poi un punteggio totale e la ripartizione dei voti21, che sono stati poi discussi con la classe (ricerca dell’intersoggettività)22. La verifica mira a certificare il raggiungimento dei seguenti obiettivi (ripartiti tra i vari esercizi): 1. 2. 3. 4.
Conoscenza di eventi storici – nello spazio e nel tempo Capacità di stabilire relazioni e confronti Comprensione dei fondamenti e delle strutture della vita politico-sociale Conoscenza e padronanza del linguaggio disciplinare e dei suoi strumenti Nel definire il punteggio degli esercizi ho assegnato valutazioni maggiori a quelle domande che prevedevano risposte aperte (anche se limitate nella lunghezza): perché credo che siano quelle che rispecchiano meglio la mappa cognitiva dell’allievo e le sue eventuali modificazioni e, al tempo stesso, permettano di vagliare “la capacità di far uso di processi di analisi, sintesi, critica, invenzione”23. Al tempo stesso, ho tentato di mantenermi consapevole della distinzione tra misurazione e valutazione del processo di apprendimento, per poter arrivare ad una valutazione olistica che tenesse conto, soprattutto, dei progressi e delle difficoltà individuali. In questo senso ho inteso la valutazione come processo bidirezionale, dialogico e aperto al teach-back proveniente dagli studenti24. L’esito della verifica ha generalmente confermato la suddivisione dei singoli allievi nelle fasce di livello individuate dall’insegnante, ma in alcuni casi con risultati corrispondenti alla soglia minima di inclusione.
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Cfr. Appendice II, pp. 66-74. G. Armellini, Tesi sulla valutazione, 2005, p. 4. 23 “Quanto più le operazioni valutate sono complesse, tanto meno oggettivo può essere l’apprezzamento” in Ibidem. 24 Idem, 2005, p. 6. 22
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Appendice I
SIS 2005-2006
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PARTE TERZA: ANALISI DEL PROCESSO III. 1. Svolgimento dell’intervento didattico e modifiche. Il mio intervento didattico si è articolato in 8 incontri con la classe, per un totale di 20 ore. La più sostanziale tra le modifiche da me apportate al mio percorso di insegnamento riguarda il modello didattico-metodologico di riferimento: inizialmente fondato su una didattica per contenuti ma subito dopo il primo incontro modificato secondo una didattica modulare [cfr. Parte prima: le teorie di riferimento, p. 1]. Questo cambiamento è stato frutto di una esplicita richiesta della classe, abituata a condurre le lezioni di Storia secondo il metodo del Cooperative Learning. La parte finale del mio primo incontro, infatti, è stata da me riservata ad un confronto in merito alla lezione presentata. I ragazzi, per alzata di mano e numerosi, hanno dato un giudizio sostanzialmente positivo in merito alla mia chiarezza espositiva, ma hanno lamentato la noia e la pesantezza di un intervento frontale (e in particolare dei miei sommari in itinere), sottolineando la loro abitudine (e la voglia) di giocare un ruolo più attivo durante le lezioni. Un altro cambiamento importante da me apportato ha riguardato l’analisi di fonti documentarie dirette25: dalle verifiche formative orali condotte con la classe al termine del lavoro di Cooperative Learning ho dovuto riconoscere che la mia richiesta di una lettura autonoma del documento storico (seppure guidata da una griglia di domande) è stata troppo complessa per i gruppi di esperti che hanno dovuto affrontarla. Così, ho deciso di non rinunciare del tutto al confronto con il documento dell’epoca, ma ho modificato il mio approccio: presento e spiego ai diversi gruppi di esperti la fonte storica che dovranno analizzare e rispondo ai loro dubbi, domande, curiosità; lascio poi a loro il compito di presentare i documenti agli altri compagni nei gruppi casa. Nella fase di verifica formativa orale al termine del lavoro dei gruppi mi riservo sempre qualche domanda sull’analisi delle fonti documentarie: i risultati sono soddisfacenti, ed il miglioramento rispetto alla mia prima impostazione del lavoro su di esse è evidente. Dopo un solo tentativo rinuncio invece all’idea di far analizzare autonomamente ai gruppi26 le fonti iconografiche27, la cui comprensione da parte dei ragazzi mi sembra ancora più difficoltosa. Non vorrei però rinunciare alla presentazione di documenti visivi (il manifesto pubblicitario e la pagella scolastica del periodo fascista28) e decido dunque di guidarne la lettura negli spazi di intervento frontale che mi ritaglio sempre durante (all’inizio o alla fine) il lavoro di Cooperative Learning. Considero infatti che l’analisi di fonti iconografiche coeve al periodo storico di riferimento sia essenziale al mio intento di mostrare (alcuni) degli strumenti d’elezione della Propaganda di regime in una società di massa (poiché giudico il tema di scottante attualità). Al tempo stesso ho dovuto tentare di organizzare in maniera più semplice le mie Agende di Lavoro, troppo articolate nelle numerose domande per i diversi gruppi di esperti: infatti, in più di un’occasione ho dovuto modificare i tempi di svolgimento dell’Agenda perdendo spesso il momento autovalutativo dei gruppi e in un caso anche l’esposizione nei gruppicasa29! Così ho deciso di limitarmi a 4/5 domande per gruppo (inizialmente ne avevo rivolte 25
Faccio riferimento ad alcuni testi documentari riportati sul libro di testo, in particolare relativamente al periodo fascista. Cfr. Appendice I, Allegato n° 1: doc. 1 “Il programma dei fasci di combattimento”; doc. 2 “L’adesione al fascismo tra le fila dell’esercito”; doc. 3, B. Mussolini: “L’aula sorda e grigia”; doc. 4, G. Matteotti: “I brogli elettorali e le intimidazioni fasciste”; doc. 5, B. Mussolini: “A me la colpa!”; doc. 6 “Catechismo fascista”. 26 Secondo una serie di domande preparate da me nell’Agenda di Lavoro. 27 “La cura dell’olio di ricino”, vignetta fascista, dal libro di testo; cfr. Appendice I, Allegato n° 2. 28 Appendice I, Manifesti pubblicitari: Allegato n° 3, Altoparlanti Safar. Allegato n° 4, Baci Perugina. Allegato n° 7, Pagella scolastica del 1932. 29 Cfr. Allegato II, Lezione n° 3, pp. 51-53. In questo caso ho fatto presentare da ogni gruppo di esperti al resto della classe il proprio argomento, sulla base di domande rivolte da me, unificando la mia verifica formativa con l’azione dei gruppi casa.
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anche 8/9) e in questo modo riesco a portare a termine la programmazione prevista dall’Agenda di Lavoro in tutte le sue parti. Anche il confronto con le fonti multimediali e audiovisive ha dovuto essere guidato con cura particolare. Infatti, per quanto riguarda la visione dei Cinegiornali30 dell’Istituto Luce presentati nel laboratorio di informatica, mi è subito chiaro che i ragazzi non hanno alcuna autonomia nella lettura critica dell’immagine: non individuano il messaggio propagandistico che attraversa i diversi aspetti – sociale, politico, culturale – della vita del cittadino: dalla colonia estiva, alla scuola, al dopolavoro, al divertimento e all’informazione. Dunque è necessario che guidi direttamente i ragazzi alla lettura dei filmati, ponendo loro domande precise31 sia quando ridicolizzano il messaggio propagandistico riconoscendolo inefficace (i bambini che cantano “Duce tu sei la luce”) sia quando non sono in grado di procedere alla decodifica del messaggio (filmato su “L’Artiglio”). In queste occasioni, quando li guido a leggere ‘dietro le righe’ si meravigliano di come fosse ben nascosto il messaggio (a questo proposito mostro loro un documento del 1932, guidando la classe ad una decodifica dell’immagine riprodotta su una pagella di quarta elementare: dai fucili con la baionetta in canna, alle tabelle nere con i simboli imperiali romani – l’aquila e il fascio. Mostro il richiamo della sagoma del fucile con quella del fascio, spiegando che questa analogia permette un processo di identificazione inconscia tra regime e impero romano. Faccio notare come tra le materie di insegnamento ci sia ‘cultura fascista’. Riprendo il concetto di propaganda e chiedo ai ragazzi se può essere applicato in questo caso e, se si, perché). III. 2. Analisi critica dei risultati. Per quanto riguarda la risposta della classe al percorso storico compiuto insieme, devo ammettere di essere in alcuni casi rimasta sorpresa dalla profondità di ricezione dei temi affrontati, ma anche da quanto alcuni di essi siano rimasti loro estranei (forse perché non adeguatamente calibrati da parte mia): ad esempio la classe è in grado di riconoscere il carattere etico della legge sull’aborto prima dell’avvento del Fascismo, ma non coglie a pieno il mutamento di prospettiva che lo trasforma da reato contro il costume e la morale a reato contro lo Stato; invece, tutti commentano con irruenza le limitazioni sociali imposte alla donna dal fascismo. In questo caso credo di aver presentato loro sia qualcosa di molto vicino alla propria percezione (la condizione femminile) sia qualcosa di ancora estraneo (la funzione della maternità). Allo stesso tempo ho l’impressione che sfugga ancora ai ragazzi (in alcuni casi) la capacità di istituire legami di tipo causale tra i fatti storici presentati: in particolare questo mio dubbio emerge in relazione alla difficoltà che la classe mostra nel riconoscere un nesso tra la debolezza della Repubblica di Weimar e l’entrata in scena di forze dell’estrema sinistra (Lega di Spartaco) e destra (Partito Nazionalsocialista) in Germania. Infatti, nella verifica formativa orale alla fine della lezione su questo tema, solo pochi si offrono di rispondere, e lo fanno con incertezza: in questo caso, però, il lavoro di Cooperative Learning era stato preceduto da una mia (troppo) breve introduzione frontale ai nuovi temi da affrontare, mentre in genere tento sempre (per ogni nuovo argomento di studio) di esplicitarne approfonditamente i legami di tipo causale tra gli eventi che lo precedono e lo seguono. Questo risultato insoddisfacente mi conferma nel pensiero che le due metodologie didattiche (d. per contenuti e d. per obiettivi) debbano e possano affiancarsi come strumenti didattici complementari.
30
Appendice I, Allegato n° 9. Sono stati visti: “Orvieto. Un saggio della scuola femminile di educazione fisica”; “Roma. I bimbi dell’ATAG in festa di luce e di sole sulle rive del Tevere”; “Spezia. Cantiere del Muggiano. Il varo dell’Incrociatore Diaz”; “Come l’’Artiglio’ ha potuto recuperare l’oro dell’’Egypt”; “Roma. Innalzamento del monolite Mussolini”; “Roma. Il duce passa in rivista 300 pattuglie ciclistiche del dopolavoro giunte da tutte le regioni d’Italia”. 31 Esempio: “Che cosa cantano i bambini della colonia estiva?”, “Perché?”, “Secondo voi i bambini capiscono il significato di quello che stanno dicendo?”, “Secondo voi la colonia estiva gratuita è di aiuto alle famiglie?”, “Secondo voi i genitori dei bambini presenti alla colonia estiva potrebbero essere favorevoli al governo che l’ha istituita?”.
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Per quanto riguarda la percezione della classe nei confronti della società civile all’epoca della Germania Nazista (con particolare riferimento al caso degli ebrei e delle persecuzioni razziali) devo sforzarmi in più occasioni di far cogliere ai ragazzi la loro prospettiva di osservatori di eventi storici già accaduti, dunque la loro possibilità di guardare e rileggere il passato dal punto di vista di un lettore che abbia già concluso la lettura di un libro (il quale, pertanto ne conosce già la vicenda). Scelgo questa similitudine per tentare di rispondere alla meraviglia dei ragazzi per come gli ebrei si siano lasciati censire spontaneamente – e poi deportare – senza opporsi32. In questo caso, oltre a sottolineare come il progetto di sterminio sia tenuto segreto (mentre loro, oggi, ne sono al corrente), ho la necessità di ricondurre i ragazzi ad osservare le cose secondo l’ottica visuale della popolazione civile ebrea, che malgrado le leggi razziali, risponde ancora come fanno i cittadini di fronte ad un richiamo dello Stato (farsi registrare, radunarsi in un luogo). E’ dunque necessario riprendere brevemente alcuni elementi di educazione alla cittadinanza per illustrare i legami (diritti e doveri) che legano cittadino e Stato. Infine, la visione del documentario sul Nazismo33 mi spinge ad intervenire durante il filmato interrompendolo (e non alla fine, come avevo pensato) per precisare subito alcune affermazioni interpretabili secondo diversi livelli di lettura: Laddove viene detto che gli Slavi polacchi vengono salvati o inviati nei campi di lavoro in base al colore degli occhi e dei capelli, i ragazzi non ci credono, e mi interrogano con esempi concreti: Andrea - “Se io fossi un polacco biondo e con gli occhi azzurri diventerei tedesco, altrimenti verrei deportato?” [Si]; Fabio - “Se sono un ebreo polacco biondo e con gli occhi azzurri mi salvo?” [No]; Martina - “Se fossi una polacca bellissima mi salverei?” [Forse si, ma solo se non sei ebrea]. Laddove viene presentata l’ideatrice del programma “Fede e Bellezza” per la politica rurale nazista, nel momento in cui dice: “Nessun uomo politico sarà mai amato come Hitler […] quelli furono anni bellissimi”, prima che si confondano troppo intervengo, dicendo che quella donna (come altri uomini) è rimasta nazista fino alla fine della sua vita, e che ci sono state persone che hanno negato l’esistenza dei centri di sterminio. III. 3. Aspetti relazionali sperimentati. Dal punto di vista relazionale ho tentato di pormi rispetto alla classe come osservatore/ascoltatore attento e disponibile alle richieste comunicative degli studenti (comunicazione bidirezionale). Ho tentato di seguire le indicazioni (esplicite ed implicite) che il gruppo-classe - anche in modo inconsapevole - mi ha fornito, per modellare la mia azione didattica e relazionale sulle istanze che ho avvertito. Mi sono presentata alla classe come una studentessa che si prepara a diventare un’insegnante e ho dichiaro ai ragazzi di essere alla mia prima esperienza di insegnamento: per questo, mi sono scusata in anticipo con loro nel caso in cui avessi sbagliato qualcosa. Ho anche richiesto alla classe di aiutarmi nel farmi capire che cosa eventualmente non andasse bene nelle mie spiegazioni (se sono poco chiara, se parlo troppo velocemente, se uso termini troppo difficili). Dopo essermi presentata, ho chiesto ai ragazzi di ricordarmi i loro nomi perché avrei voluto impararli per non confonderli. Durante lo svolgimento delle mie lezioni ho sempre cercato di suscitare l’interesse dei ragazzi per gli argomenti con qualche domanda o con momenti di brainstorming, lasciando 32
Cfr. Appendice II, Lezione n° 6, pp. 57-59.
33
J. Brident, 1939: Il Nazismo, BBC 1997. Prima dell’inizio del filmato ho presentato brevemente alla classe i
contenuti del documentario, invitando i ragazzi a prestare attenzione agli aspetti che più li avrebbero colpiti per discuterne insieme al termine della visione.
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aperti spazi di dialogo sia con me sia tra di loro. Mi sono impegnata nel rispondere sollecitamente alle loro domande e richieste di spiegazioni ulteriori, incoraggiandone ed accogliendone sempre gli interventi (anche quando necessitavano di ulteriori precisazioni) per consolidare il senso di autostima ed autoefficacia degli studenti. Ho tentato di utilizzare un linguaggio comprensibile a tutti gli allievi, preoccupandomi di individualizzare la situazione di apprendimento nei casi più delicati [cfr. Parte seconda: il progetto, p. 8]. Gradualmente mi sono lasciata andare a qualche osservazione ironica sia nei miei confronti sia nei confronti della classe (nel suo complesso), cercando sempre di decodificare la reazione del gruppo (in genere divertita). Da parte loro, i ragazzi hanno mostrato di non avere timori nel chiedere spiegazioni o nel fare osservazioni rispetto agli argomenti trattati in classe e di apportare (a volte) contributi costruttivi attingendo alle proprie esperienze personali (in genere familiari). L’atteggiamento della classe durante le mie spiegazioni è stato costantemente attento e omogeneo. Nel tentativo di instaurare con i ragazzi un clima relazionale confidenziale e orientato alla reciproca fiducia, ho tentato di non dimenticare alcuni (in particolare) degli assiomi sulla comunicazione di Watzlawick34, dal primo: “è impossibile non comunicare” (tentando di prestare ascolto anche al silenzio di E.), al terzo: “la natura della comunicazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti” (per cui in una relazione comunicativa entrambi i partner sono causa ed effetto di ciò che accade nella comunicazione, dunque stava a me il primo passo per instaurare in classe un clima positivo), al quarto, secondo cui: “gli esseri umani comunicano sia con il linguaggio numerico che con quello analogico” (tentando da parte mia di evitare messaggi incongruenti tra i due codici, per lanciare chiaramente un segnale di disponibilità verso le esigenze comunicative dei ragazzi).35 Per attuare il mio intento propositivo ho seguito un percorso di o s s e r v a z i o n e della classe, e di me, e della relazione tra me e la classe, che mi aiutasse a comprenderne meglio le rispettive nature. Si tratta di un’operazione che ho praticato in modo del tutto istintivo, guidata in primo luogo dall’interrogativo “ma cosa si aspetteranno loro-studenti da me?” e tentando di comportarmi in qualità di docente come io-studente avrei apprezzato, senza mai dimenticare però che ogni gruppo-classe ha una storia a sé e caratteristiche sue proprie: dunque la mia risposta doveva necessariamente cambiare in base al contesto di riferimento (che avrei dovuto individuare e riconoscere tramite l’osservazione, possibile solo interrogandomi sulla realtà con cui misurarmi ma anche su come avrei reagito, con quali strategie, strumenti, atteggiamenti, benefici/costi emotivi). In un certo senso, in questo tentativo di rispecchiare il benessere della classe36, prima di tutto c’è il mio, perché non avrei saputo pormi altrimenti che così, e perché in questo consiste il mio sentirmi a mio agio nel mio ruolo. Forse potrei definirlo (senza alcuna pretesa di scientificità o compiutezza!) il mio “metodo empatico” di approccio all’insegnamento. Il processo di (auto)osservazione è utile anche nel comprendere (e migliorare) la r e l a z i o n e in atto sia tra il docente e gli allievi sia all’interno del gruppo-classe: mi riferisco al clima emotivo della classe come carattere di fondo indispensabile al passaggio (da parte 34
P. Watzlawitk, J.H. Beavin, La Pragmatica della comunicazione umana, Roma 1971. Idem, Istruzioni per
rendersi infelici, Milano 2000. M.L. Iori-A. Migliore, Imparare a insegnare. I ferri del mestiere, Milano 2001, pp. 155175. 35
R. Minello, Processi e metodologie dell’insegnamento, 2002, pp. 1-16.
36
Essere specchio del benessere di qualcuno richiede una propria condizione di benessere, tale da permettere un
rispecchiamento per riconoscersi, secondo la teoria del rispecchiamento materno di D. W. Winnicott.
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dell’insegnante) e all’acquisizione (da parte dello studente) delle conoscenze, capacità, competenze trasmesse dalla scuola. Il clima emotivo della classe dipende, a mio parere, essenzialmente da due fattori: la relazione tra docente e allievi e la relazione tra gli allievi. In entrambi i casi è compito del docente promuovere una relazione didatticamente ed emotivamente soddisfacente tra tutte le parti coinvolte nel processo di insegnamento, al fine di stimolare e agevolare l’apprendimento degli studenti; in questo senso, ritengo che anche la didattica giochi un ruolo “emotivamente” importante nella costruzione del clima di classe [cfr. di seguito, p. 19]. Per quanto riguarda la relazione tra docente e allievi riveste grande importanza la capacità di ascolto dell’insegnante, che dovrebbe essere indirizzata non principalmente verso la propria voce, ma verso quella (a volte silenziosa) degli studenti. Per l’aspetto più propriamente didattico credo siano molto adatte le lezioni dialogate, soprattutto quando procedono assecondando un processo di apprendimento di tipo logicoinduttivo, nel quale cioè i ragazzi apprendono a partire da un’esperienza concreta del concetto da assimilare, ricavandone poi le regole generali di applicazione. Naturalmente, per una relazione più propriamente emotiva, non andrebbero mai trascurati neppure quegli spazi di dialogo non strettamente disciplinari e non finalizzati all’apprendimento che inevitabilmente si aprono tra gli studenti durante le lezioni, ed ai quali credo che il docente dovrebbe tentare di partecipare e non (solo) rigidamente sanzionare come non pertinenti all’apprendimento. Ma neppure andrebbero tralasciati segnali evidenti di disinteresse e scarsa partecipazione all’attività scolastica o di classe, sui quali è sempre necessario interrogarsi sia in relazione alla propria azione didattica, sia in relazione alle proprie attitudini relazionali, sia in relazione alla persona del singolo allievo (naturalmente senza spingersi verso analisi para-psicologiche, ma eventualmente riportandole all’attenzione di altri colleghi e, se ritenuto necessario dal consiglio di classe, di un esperto). Nel miglioramento della relazione tra i membri del gruppo-classe, inoltre, credo che possa giocare un ruolo importante la scelta del Cooperative Learning; dunque credo che le scelte didattiche dell’insegnante siano in profonda sintonia con il suo atteggiamento relazionale nei confronti della classe: una didattica più orientata all’operatività dell’allievo rispetto a quella del docente, non può che spostare l’accento da un ruolo direttivo del docente ad un ruolo più indipendente dello studente, per il quale l’insegnante rimane a disposizione come punto di riferimento nei momenti di difficoltà o di dubbio. Un simile ridimensionamento dei ruoli non può che fondarsi sulla fiducia reciproca, costruita all’interno di una relazione educativa più libera ed attenta alle esigenze dello studente [frutto dell’azione consapevolmente condotta dal docente]. Un aspetto che invece non avevo considerato consapevolmente ma sul quale mi ha invitato a riflettere il percorso di (auto)osservazione che ho svolto in classe, è relativo all’importanza del s e t t i n g anche in ambito scolastico (oltre che psicanalitico37): un setting “esterno” può essere ravvisato nell’insieme di regole e comportamenti ammessi che la classe ed il docente negoziano come presupposto imprescindibile per la convivenza reciproca (dal rispetto del docente per gli studenti a quello degli studenti per il docente e di tutti gli studenti per ciascun compagno, dalla puntualità nell’osservazione delle scadenze relative all’esecuzione dei compiti a casa fino alle verifiche in classe, alle regole più elementari di gestione della classe durante le lezioni); un setting “interno” può a mio parere ricondursi ad un clima di classe orientato al benessere degli studenti, creato dall’insegnante con un atteggiamento non intimidatorio nei loro confronti, attento alle loro richieste (di qualunque tipo) e orientato a
37
I concetti di (auto)osservazione e setting interno/esterno, sono tratti dalle lezioni di Metodologia della ricerca
psicologica tenute dalla prof.ssa C. Uccelli durante il corso SIS di Pedagogia Sperimentale, a.a. 2005-2006.
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tentare di instaurare un rapporto personale di fiducia da parte di ogni studente verso il docente38. Ho dunque tentato di perseguire uno stile comunicativo empatico39 e assertivo40, impegnandomi nell’accettazione positiva nell’altro41. Fisicamente ho istintivamente adottato una prossemica della distanza personale e sociale42. Nel corso degli incontri il gruppo-classe ha dimostrato buon interesse e partecipazione per la parte operativa delle lezioni (lavoro nei gruppi di esperti e nei gruppi casa secondo il Cooperative Learning). Il mio intervento specifico, dunque, si è rivolto verso quegli allievi che mi sono sembrati in difficoltà nel prendere parte al generale clima partecipativo della classe. In particolare, ho scelto di non mostrare un atteggiamento ostile verso E., ma di incoraggiarlo (in maniera molto discreta, mai apertamente!) a farmi sentire la sua voce. Inizialmente questo coinvolgimento ha causato da parte dei compagni il tentativo di dispensarlo dall’incarico assegnatogli (“Ma chi, lui? Lui no!”). Mi ha fatto invece estremamente piacere notare che E., una volta iniziato un compito, abbia poi mostrato l’intenzione e la capacità di portarlo fino a compimento (anche se con una certa timidezza e con alcune forti esitazioni legate a quanto gli resta da recuperare). In questo particolare caso, credo che l’effetto Pigmalione che ho tentato consapevolmente di ottenere con E. abbia dato buoni risultati, poiché l’aspettativa che ho riposto nella possibilità di miglioramento del processo di apprendimento di un allievo si è auto-adempiuta43. L’approccio relazionale che ho tentato di instaurare con la classe è stato dunque orientato a coinvolgere tutti gli studenti nell’attività didattica, con particolare riferimento a quei soggetti che dimostrano debolezze di carattere relazionale o (specificamente) cognitive. Il fine ultimo del mio intervento, al di là dello specifico contenuto disciplinare che ovviamente vorrebbe essere raggiunto, è stato di stimolare il senso di autostima ed autoefficacia di tutti gli studenti. Al tempo stesso il mio scopo è stato tentare di guidare la classe ad una gestione del tempo e del lavoro scolastico rispettosa dei tempi e delle esigenze individuali di ognuno, favorendo un clima di collaborazione reciproca tra gli studenti e di rispetto di tutti verso tutti. In particolare, ho tentato di promuovere l’accettazione, da parte del gruppo classe, della partecipazione alla vita di classe anche di coloro che se ne erano (o se ne sono sentiti) esclusi. III. 4. Riflessione critica.
38
Tanto più se si pensa che da un’inchiesta recente relativa alla percezione di alcune figure di riferimento (intese
come risorsa) per gli adolescenti, risulta che (all’interno di una mappa di Todd), gli insegnanti vengono collocati al primo posto! 39
Empatia: capacità di mettersi nei panni dell’altro, pensare e sentire “come se” si fosse l’altro, mantenendo nel
contempo il contatto con se stesso e con le proprie emozioni. In R. Minello, 2002, pp. 1-16. 40
Consiste nel dire le cose con chiarezza attraverso l’uso del messaggio in prima persona. In Ibidem.
41
Presuppone una visione alterocentrica della vita, secondo la quale si da per scontato che ogni persona è diversa
dall’altra. In Ibidem. 42
F. Tessaro, Gestione di gruppi di adolescenti in apprendimento, s.d., p. 6.
43
Approccio sistemico della circolarià della comunicazione, III Assioma della Comunicazione di Watzlavitk (op.
cit.). Indubbiamente la mia attenzione è stata sollecitata da meccanismi mentali inconsci legati a dinamiche di scissione e proiezione legate al mio vissuto.
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Complessivamente gli obiettivi generali e cognitivi del mio intervento didattico possono considerarsi raggiunti44. Più delicato, invece, è analizzare i risultati delle due verifiche sommative scritte in rapporto alle Capacità45 e alle Competenze46 che ho inteso promuovere: non tutti gli studenti hanno raggiunto questi due obiettivi, e non tutti li hanno raggiunti con uno stesso livello di compiutezza. Nel complesso però le due verifiche hanno registrato un miglioramento dei risultati (passando da tre a una insufficienza) e un sostanziale rispecchiamento delle fasce di livello in cui sono suddivisi gli studenti della classe. Riconsiderando l’intero percorso che ho svolto con la classe posso ritenermi soddisfatta dell’iter relazionale che ho compiuto con essa; per quanto riguarda le richieste cognitive che ho rivolto ai ragazzi credo che avrei dovuto essere (non più superficiale ma) meno esigente rispetto all’accuratezza verso il dettaglio, e più accorta nell’impostare schemi riassuntivi dei concetti principali di ogni lezione. Infatti, la classe non prende autonomamente appunti e rischia così di non avere un quadro riassuntivo scritto di riferimento delle attività svolte in classe (soprattutto nei gruppi-casa). Alla fine del mio intervento didattico resto invece ancora più convinta dell’utilità e della necessità di condurre (anche) un percorso di lettura dell’immagine visiva (statica o dinamica) poiché essa, più della parola scritta o parlata, ha la potenzialità (a volte strisciante) di trasmettere messaggi subliminali non criticamente decodificati dai ragazzi: il rischio è che ne subiscano inconsapevolmente il contenuto. I Mezzi di Comunicazione di Massa richiedono anche da parte della scuola un’azione di Media Education47, preparando le nuove generazioni a decodificare i messaggi televisivi e multimediali e fornendo gli strumenti per un inserimento sociale critico e attivo, che oggi impone di padroneggiare la cultura dell’immagine. Con riferimento ad U. Eco e alla sua dicotomia tra ‘apocalittici’ e ‘integrati’, è necessario percepire con consapevolezza la portata ambivalente e le potenzialità dei mezzi di comunicazione di massa (comunicazione unidirezionale) e dei nuovi media (interattività)48 poiché essi oggi costituiscono per i ragazzi un mezzo di socializzazione prevalente. 44
Obiettivi Generali: comprendere il panorama europeo ed italiano al termine della Prima Guerra Mondiale, al fine di
illustrarne le conseguenze tragiche e le conflittualità irrisolte; riconoscere nella crisi interna allo stato italiano le premesse per la svolta autoritaria del regime fascista; padroneggiare i concetti di democrazia e regime autoritario. Sapere / Conoscenze: riconoscere i conflitti latenti tra gli stati e all’interno dei singoli stati alla fine della Prima Guerra Mondiale; definire in particolare la situazione interna dell’Italia alla fine della Grande Guerra; conoscere i nuovi partiti (comunista, popolare, fascista) e movimenti (nazionalismo); conoscere principi e strumenti del regime fascista e nazista. 45 Saper fare / Capacità: riflettere sulla crisi economica e sociale del dopoguerra (per le masse operaie e contadine, per i ceti medi) e su come essa sia all’origine della nascita dei partiti di massa e del nazionalismo autoritario; analizzare caratteristiche e strumenti del regime fascista; usare fonti dirette (documenti, filmati) e indirette (manifesti, pubblicità) per riconoscere l’uso della propaganda ideologica. 46 Saper essere / Competenze: distinguere tra dittatura e democrazia, uguaglianza e discriminazione; utilizzare in modo paradigmatico alcune fonti documentarie per verificarne la deformazione, volontaria o involontaria, soprattutto per quanto riguarda i mass-media; riconoscere la peculiarità della finzione filmica e letteraria in rapporto alla ricostruzione storica. 47 “La Media Education comprende lo studio della storia, della creatività, dell’uso e della valutazione dei media come arti pratiche e tecniche; così come del ruolo svolto dai media nella società, del loro impatto sociale, delle implicazioni che derivano dalla comunicazione, dalla partecipazione e dalla modificazione di percezione che i media comportano; nonché dell’accesso ai media e del lavoro creativo che con essi si può svolgere. […] La M.E. è intesa come quel particolare ambito delle scienze dell’educazione e del lavoro educativo che consiste nel produrre riflessione e strategie operative in ordine ai media, intesi come risorsa integrale per l’intervento formativo”. P.C. Rivoltella, Media Education, Roma 2001, pp. 23, 37. 48 “I mezzi di comunicazione di massa sono agenti di controllo sociale molto forti: pochi individui emettono messaggi rivolti a moltitudini di uomini. La questione è se questo processo venga impiegato a favore di gruppi ristretti o contro gli interessi generali. I media tendono a servire gli interessi ‘forti’ , legittimandone il potere. Possono così
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PARTE QUARTA: ASPETTI METACOGNITIVI DELL’ATTIVITA’ SVOLTA La SIS, grazie all’attività di tirocinio attivo, ha rappresentato per me la prima occasione per confrontarmi concretamente con l’attività di insegnamento svolta in classe. Nell’idea di insegnamento che avevo maturato prima di iniziare questo biennio formativo, ammetto di non aver considerato la complessità dinamica degli elementi didattici, docimologici, pedagogici, sociologici e psicologici coinvolti nel processo di insegnamento e apprendimento. Ho sempre considerato con attenzione prioritaria gli aspetti legati al contenuto disciplinare oggetto dell’insegnamento, considerando che gli aspetti relazionali e di gestione della classe potessero essere affrontati e guidati con concreto buon senso e disponibilità. Oggi, quasi al termine di questo percorso di formazione come docente, conservo ancora la percezione dell’importanza fondamentale che la disponibilità relazionale riveste nel rapporto tra docente e allievo/i, ma arricchita da un panorama più ampio di riferimenti e approfondimenti metodologici e scientifici sull’argomento. In particolare considero mi sia stato molto utile confrontarmi con la molteplice complessità e varietà delle possibili metodologie didattiche e con la necessità della loro individualizzazione, anche se non posso non biasimare una presentazione esclusivamente teorica del panorama proposto, troppo spesso sconosciuto o non applicato dai docenti (e dunque non sperimentabile nel corso del tirocinio). Nel mio caso, ho avuto la fortuna di poter osservare e applicare attivamente una didattica per obiettivi fondata sul metodo del Cooperative Learning perché praticato dalla mia docente accogliente (ma la prof.ssa Leo è una delle poche insegnanti della sua scuola ad applicarlo). Anche il panorama di riferimento offerto in ambito docimologico mi è stato utile per conoscere la varietà di prove somministrabili e le diverse capacità di rilevamento del processo di apprendimento che ognuna offre49, sempre tenendo presente la distinzione tra misurazione e valutazione, su cui non avevo mai riflettuto prima. Oggi credo però che l’agognata oggettività della valutazione (che pensavo possibile raggiungere) resti un’ideale a cui tendere, al quale conformarci in misura ‘sufficientemente buona’ ma chimerica, soprattutto alla luce del fatto che la valutazione tocca le conoscenze ma anche le capacità e le competenze, spesso difficili da vagliare e delle quali ignoravo l’inclusione nel processo di valutazione50. Mi è mancato, invece, sia dal punto di vista didattico sia pedagogico, un approccio panoramico e indicativo rispetto agli allievi in condizione di handicap: malgrado l’istituzione dell’indirizzo specialistico relativo al sostegno (individualizzato, necessario e miratamente professionalizzato soprattutto in rapporto ad handicap fisici o psichici gravi), è stata del tutto assente rispetto alla formazione dei docenti disciplinaristi una guida alla gestione delle disabilità lievi, alla loro ricaduta sulla didattica disciplinare quotidiana (personalizzazione) e alla valutazione di questi allievi. In particolare, nel caso dell’indirizzo linguistico-letterario, mi sembra doveroso offrire per lo meno un confronto sul tema della dislessia51. L’approccio psicologico mirato sullo studio dell’adolescenza, dei suoi compiti di sviluppo e del funzionamento degli schemi cognitivi che sottendono all’apprendimento credo sia imprescindibile per chiunque svolga un lavoro educativo e, nel mio caso, è stato illuminante in relazione alla scelta di una metodologia didattica di riferimento, ricomponendo il quadro
divenire strumento di riproduzione sociale e/o vero e proprio apparato ideologico di Stato”. L. Fischer, Sociologia della scuola, Bologna 2003, p. 85. 49 Prove Strutturate: Vero / Falso; Completamenti; Corrispondenze; Scelte multiple; Intervista e colloquio strutturato. Prove semistrutturate: Domande strutturate; Saggi brevi; Rapporti di ricerca; Riassunti; Colloquio libero o semistrutturato. Prove non strutturate: Riflessione parlata; Tema. 50 Nel solco di queste considerazioni si inserisce una possibile riflessione su alcuni aspetti portati in luce, in Italia, dalla Riforma Moratti. 51 G. Stella, La dislessia, Bologna 2004.
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del processo di apprendimento tramite Cooperative Learning alla zona di sviluppo prossimale studiata da Vygotskij. La complessità del processo di insegnamento e la sua tangenza con i temi di studio propri delle scienze sociali è stata in parte oggetto dell’intervento didattico che ho proposto durante il mio tirocinio attivo (relativamente ai mezzi di comunicazione di massa), trovando importanti spunti di riflessione nello studio sociologico dei sistemi scolastici tanto da un’angolatura funzionalista quanto da una conflittualista.52 È un punto d’osservazione che ho trovato positivamente sensibilizzante in relazione al contesto sociale di riferimento in cui la scuola è immersa. Credo però che, in sintonia con la mia naturale inclinazione iniziale, mi sia stato utile trovare un nome per quel sentimento di partecipazione e comprensione dell’altro vivibile nella relazione anche in ambito scolastico. Credo nella necessità di un atteggiamento empatico e nella possibilità di sviluppare una professionalità relazionale intesa come capacità di gestire l’incontro con l’altro e la fatica e la sofferenza emotiva che lo accompagnano, accettandone l’incertezza e il non sapere53. Mi conforta trovare sostegno all’idea che ciò che determina la qualità della formazione e della crescita dell’altro, non dipenda dal contenuto che viene trasmesso, ma dalla modalità relazionale che viene promossa. Se ogni percorso di conoscenza è un’impresa emotiva, allora il soggetto, per apprendere, deve confrontarsi con i sentimenti di confusione, inadeguatezze e rabbia che si attivano nell’incontro con l’oggetto di conoscenza: compito del docente diviene allora esercitare un’azione di contenimento, di decodifica e conoscenza di questi vissuti dell’allievo, rendendoli introiettabili. Così viene rivalutata la portata conoscitiva dell’errore e della possibilità di apprendere dall’esperienza che esso offre54: ma non è quanto emerge da una didattica che privilegi operazioni mentali di tipo logico-induttivo e secondo metodi didattici cooperativi? Secondo queste linee guida mi è stato utile integrare e arricchire la mia preparazione disciplinare alla luce di più vasti ambiti di riferimento, al fine di valorizzare le persone (studenti) e non isolarsi in un’incomunicabile separazione tra esperienze di apprendimento ed esperienze di vita.
52
Dalla teoria del Capitale Umano alla teoria della Corrispondenza di Bowles e Gintis, a quella Credenzialista, alla Concezione della Stratificazione Sociale di Davies e Moore, alla teoria della Riproduzione di Bordieu e Passeron, fino all’idea della scuola come apparato ideologico di Stato di Althusser. 53 “Educatore – dice Freud – può essere soltanto chi sa immedesimarsi nella vita psichica infantile”. G. BlandinoB. Granirei, Le risorse emotive nella scuola, Milano 2002. 54 Ibidem.
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APPENDICE I
Agende di lavoro Allegato n° 1: doc. 1 doc. 2 doc. 3 doc. 4 doc. 5 doc. 6 Allegato n° 2 Allegato n° 3 Allegato n° 4 Allegato n° 5 Allegato n° 6 Allegato n° 7 Allegato n° 8 Allegato n° 9
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AGENDE DI LAVORO Lezione n° 2:L’ascesa del fascismo al potere: dai fasci di combattimento al delitto Matteotti [3 unità orarie] AGENDA: IL FASCISMO IN ITALIA [1° parte] ARGOMENTI: •L’avvento del fascismo in Italia: Mussolini e i fasci di combattimento Lo squadrismo La marcia su Roma Il delitto Matteotti Il Regime OBIETTIVI: Sapere: conoscere le principali tappe dell’avvento al potere del fascismo conoscere l’organizzazione del regime fascista e gli strumenti alla base della sua politica del consenso [1° e 2° parte]. Saper fare: Essere in grado di analizzare e comprendere gli strumenti di controllo di un regime totalitario. Analizzare criticamente fonti dirette (documenti di testo, filmati dei Cinegiornali Luce) e indirette (il manifesto pubblicitario, fotografie) del periodo [2° parte]. TEMPI - PRASSI: 15’Assegnazione paragrafi Cap. 2, Unità 2 [1° parte: pp. 60-67]: 5 gruppi, ciascuno di 4 persone. 30’Lettura e risposta alle domande per gruppi di esperti. 30’Spiegazione nei gruppi-casa. 20’Verifica formativa di acquisizione dei contenuti [cioè domande sulla comprensione dell’argomento]. 15’Auto-valutazione da parte dei singoli gruppi. ASSEGNAZIONE COMPITI: studiare da pag. 60 a pag. 67 (compresa). N.B.: I numeri di pagina abbinati al lavoro di ogni gruppo di esperti fanno riferimento al libro di testo usato in classe.
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•MUSSOLINI E I FASCI DI COMBATTIMENTO[p. 60] DOCUMENTO n° 1: Il programma dei Fasci Gruppo I: 1. Che cosa sono i Fasci di combattimento e quando vengono fondati? 2. Documento p. 60: Quali elementi si riconoscono nel programma politico dei Fasci di combattimento? Considerate le proposte politiche, sociali, militari e finanziarie. 3. Tra quali elementi della popolazione i Fasci di combattimento trovano i maggiori consensi? E perché? 4. Perché il fascismo, tra i propri simboli del potere, sceglierà di utilizzare la “camicia nera”? 5. Quali risultati ottengono i fascisti alle elezioni del 1919? 6. Che cos’è una forma di governo autoritaria? 7. I proprietari terrieri e gli industriali daranno il loro appoggio al movimento fascista: per quali ragioni? 8. Che cosa sono le “squadracce”? •LO SQUADRISMO[pp. 61-62] DOCUMENTO n° 2: L’adesione al fascismo tra le file dell’esercito Gruppo II: 1. Come e dove avvengono, tra 1920 e 1921, le aggressioni degli squadristi fascisti? – Per comprendere meglio la nascita dello squadrismo fascista vi è utile leggere il primo e l’ultimo capoverso del paragrafo precedente (“Mussolini e i fasci di combattimento”). 2. Contro chi sono dirette le aggressioni squadriste? Indicate in quali zone d’Italia si concentrano le violenze fasciste. 3. Con quale modalità di azione agisce il fascismo nei confronti degli avversari politici? Per rispondere considerate anche la didascalia dell’immagine a p. 62. 4. Qual è l’atteggiamento delle forze dell’ordine nei confronti delle azioni degli squadristi? Per rispondere considerate anche il Documento p. 62. 5. In che modo si pone Giolitti nei confronti del movimento fascista? 6. Che cosa accade al movimento dei Fasci di combattimento nel 1921? 7. Che cosa sono i “blocchi nazionali” e che risultati ottengono alle elezioni del 1921? Elencate le posizioni dei liberali, dei socialisti e dei popolari. 8. Tra quali elementi delle classi sociali e politiche italiane Mussolini viene guardato come l’”uomo forte”? che cosa significa questa affermazione? 9. Osserva l’immagine del bambino vestito da Ardito fascista: sarà uno degli strumenti della Propaganda del Regime [2° parte]. •LA MARCIA SU ROMA[p. 63] DOCUMENTO n° 3: L’aula sorda e grigia. Gruppo III: 1. Che cos’è e quando avviene la Marcia su Roma? In quale contesto socio-politico la potete collocare? 2. Come reagisce il re Vittorio Emanuele III? 3. A chi viene affidato il nuovo governo? Chi ne fa parte? 4. Perché la Marcia su Roma e gli eventi che ne derivano segnano la fine del sistema politico democratico in Italia? Per rispondere leggete con attenzione anche il Documento p. 63.
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5. Con quali provvedimenti Mussolini mostra di governare in modo autoritario? 6. Che cos’è il Gran Consiglio del Fascismo? 7. Che cos’è la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale? Perché, secondo voi, è un’emanazione del potere autoritario di Mussolini? 8. Quale legge elettorale viene emanata nel 1923? Sapreste dire in che modo modifica il sistema proporzionale “puro”? (che abbiamo visto con la nascita del Partito Popolare). 9. Osservate la fotografia di Mussolini durante la Marcia su Roma e analizzate il linguaggio analogico della sua figura (cioè la posa del corpo, lo sguardo, l’espressione del viso): quale messaggio intende esprimere, secondo voi? • IL DELITTO MATTEOTTI[pp. 64-65] DOCUMENTO n° 5: L’accusa di Giacomo Matteotti; Mussolini: a me la colpa! IMMAGINI E DIDASCALIE del libro di testo (Allegato n° 2). Gruppo IV: 1. Come si presentano i fascisti alle elezioni del 1924? E che risultati ottengono? Per rispondere a questa domanda dovrete leggere l’ultimo periodo del paragrafo precedente (“La Marcia su Roma”). 2. In quale clima si era svolta la campagna elettorale? Da che cosa era stato alterato il risultato delle elezioni? 3. Chi è Giacomo Matteotti? Quali accuse muove al partito fascista? Per rispondere dovrete leggere anche il Documento p. 64. 4. Che cos’è la secessione dell’Aventino? Che cosa chiede ed in risposta a che cosa? 5. Perché il governo guidato da Mussolini non cade? 6. Quale evento segna il passaggio dal sistema parlamentare alla dittatura di Mussolini? 7. Come si esplicita, da parte di Mussolini, l’avvento di un regime personale e totalitario? Per rispondere analizzate con attenzione il Documento p. 65: quali dichiarazioni contiene il discorso di Mussolini? Per comprenderlo a pieno, osservate anche la vignetta a p. 61: “Effetti della cura dell’olio di ricino” e tentate di spiegarla. • IL REGIME [pp. 65-67] DOCUMENTO n° 5: Il controllo sulla stampa. Gruppo V: 1. Date la definizione di “regime totalitario”. 2. Cos’è il calendario fascista? 3. Quali provvedimenti furono presi nei confronti dei partiti di opposizione politica e dei loro leader? 4. Quali provvedimenti furono presi nei confronti dei sindacati e dei lavoratori? 5. Quali strumenti giuridici e di polizia sorvegliano sul dissenso politico (attività antigovernative)? 6. La propaganda [= Opera e azione esercitate sull’opinione pubblica per diffondere determinate idee] durante il periodo fascista e in tutti gli altri tipi di regime totalitario, mira in primo luogo al controllo dei mezzi di comunicazione di massa. Considerate le indicazioni di Regime in merito alla carta stampata. Documento pp. 66-67: quali valori propone all’opinione pubblica italiana? Per mezzo di quali strumenti? 7. Come cambia in sistema di rappresentanza politica a livello comunale? 8. Il “Codice Rocco” porta ad un inasprimento delle pene connesse a quali reati? Che cosa reintroduce in Italia? Secondo voi esiste un collegamento tra le due novità introdotte? 9. Cos’è la Camera dei Fasci e delle Corporazioni? Il sistema della lista unica che cosa comporta?
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Lezione n° 3:Il fascismo al potere: la propaganda e l’ideologia di regime [3 unità orarie]. AGENDA: IL FASCISMO IN ITALIA [2° PARTE] ARGOMENTI: • -
Il fascismo in Italia: L’autarchia nazionale e l’educazione delle masse Donna e famiglia durante in fascismo – la gioventù fascista I nuovi mezzi di comunicazione di massa: la radio e il cinema La ricerca del consenso + “Italiani tutti fascisti?” Dal Concordato ai contrasti con il Vaticano OBIETTIVI: Sapere:conoscere l’organizzazione del regime fascista e gli strumenti alla base della sua politica del consenso.
-
Saper fare:
essere in grado di analizzare e comprendere gli strumenti di controllo di un regime totalitario. Analizzare criticamente fonti dirette (documenti di testo, filmati dei Cinegiornali Luce) e indirette (il manifesto pubblicitario, fotografie) del periodo. TEMPI – PRASSI: 10’Assegnazione paragrafi Cap. 2, Unità 2 [2° parte: pp. 67-73]: 5 gruppi, ciascuno di 4 persone. 20’Lettura e risposta alle domande per gruppi di esperti. 25’Spiegazione nei gruppi-casa. 15’Verifica formativa di acquisizione dei contenuti [cioè domande sulla comprensione dell’argomento]. 10’Auto-valutazione da parte dei singoli gruppi. OSSERVAZIONI: studiare da pag. 67 a pag. 73.
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L’AUTARCHIA NAZIONALE E L’EDUCAZIONE DELLE MASSE: [pp. 67-68]
Gruppo I: 1. Qual è l’ambizione economica del governo fascista? 2. Che cos’è la “battaglia del grano” e quando venne intrapresa? 3. Quale fu il risvolto negativo della “battaglia del grano”? 4. Quali interventi predispone il Governo fascista nel suo piano delle opere pubbliche? A partire da quale anno? 5. Che cos’è l’IRI e quando venne istituito? Quali conseguenze ebbe per lo Stato? 6. Quali sono i valori a cui vuole educare la popolazione il Regime fascista (con la sua politica culturale)? 7. Come viene organizzata ed educata la gioventù italiana? • DONNA E FAMIGLIA DURANTE IN FASCISMO – LA GIOVENTÙ FASCISTA DOCUMENTO n° 6: Catechismo Fascista [pp. 68-69] Gruppo II: 1. Come doveva essere la famiglia fascista? 2. Qual è l’ideale di donna fascista? 3. Quale atteggiamento mostra il regime nei confronti delle donne? Ne agevola l’inserimento nella società? 4. In che modo l’Opera Nazionale Dopolavoro organizza il tempo libero delle famiglie? 5. Perché i regimi totalitari (come il fascismo) istituiscono delle organizzazioni giovanili (di fatto) obbligatorie? 6. Quali attività svolgono i ragazzi della Gioventù Italiana del Littorio? 7. Perché, secondo voi, il libro di testo intitola “Catechismo Fascista” il brano tratto da “Il primo libro del Fascista”? • I NUOVI MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA: LA RADIO E IL CINEMA[pp. 70-71] Gruppo III: 1. Quando viene fondato l’Istituto Luce? La sigla significa: L’Unione Cinematografica Educativa: secondo voi, a quali valori doveva educare? 2. Che cosa sono i Cinema itineranti? 3. Prima degli spettacoli cinematografici venivano proiettati i Cinegiornali: che funzione avevano? Sapreste paragonarli ad un attuale, libero mezzo di comunicazione di massa? 4. Che genere di film venivano prodotti a Cinecittà? Perché? 5. Che cosa sono i film d’evasione? 6. In che modo la Radio di Regime può influenzare l’opinione pubblica, dal momento che poche famiglie possedevano l’apparecchio radiofonico? 7. Che tipo di notizie politiche trasmetteva la radio? •
LA RICERCA DEL CONSENSO + “ITALIANI TUTTI FASCISTI?”[p. 71 e p. 73] Gruppo IV: 1.Con quali metodi in governo fascista cerca di ottenere il consenso della popolazione italiana? 2.Che cosa si intende per “adunate oceaniche” e slogan di regime? 3.Quali mezzi di comunicazione di massa controlla il fascismo? 4.Perché il regime incoraggia l’interesse per le notizie sportive?
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5. Che cosa favorisce il turismo di massa? Provate a dare una definizione di questa espressione. 6. Cos’è l’Opera Nazionale Dopolavoro? 7. Considerare il brano a p. 73: “Italiani tutti fascisti”: indicate quali vantaggi e quali gravi svantaggi derivavano dal possedere o meno la tessera di iscrizione al Partito Fascista. Secondo voi, si può dire che aderire al Partito Fascista fosse una libera scelta, dettata da profonde convinzioni politiche? •
DAL CONCORDATO AI CONTRASTI CON IL VATICANO: [p. 72]
Gruppo V: 1. 2. 3. 4. 5.
Che cos’è la “questione romana”? In che modo essa aveva influenzato la vita politica italiana? Perché Mussolini vuole risolvere la “questione romana”? Che cosa sancisce il Concordato firmato con i Patti Lateranensi nel 1929? Quale fu l’atteggiamento del regime nei confronti dell’Azione Cattolica?
Lezione n° 5: L’avvento del Nazismo in Germania [2 unità orarie]. AGENDA: IL NAZISMO IN GERMANIA / HITLER AL POTERE ARGOMENTI: •
Il Nazismo in Germania: Unità 2, Capitolo 3
-
La repubblica di Weimar La Lega di Spartaco L’inflazione e la crisi Hitler L’ideologia nazista La ripresa economica e politica OBIETTIVI: Sapere:conoscere l’organizzazione del regime nazista e i meccanismi della sua ascesa politica; conoscere gli i principali bersagli dell’ideologia nazista.
-
Saper fare:
essere in grado di analizzare e comprendere gli strumenti di controllo di un regime totalitario. Analizzare criticamente fonti dirette (documenti di testo) e indirette (fotografie) del periodo e ricavare informazioni di tipo storico da un filmato (documentario storico). TEMPI – PRASSI:
10’Assegnazione paragrafi Cap. 2, Unità 3 [2° parte: pp. 74-79]: 6 gruppi, di cui 5 composti da 3 persone e uno composto da 4 persone. 20’Lettura e risposta alle domande per gruppi di esperti. 25’Spiegazione nei gruppi-casa.
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15’: Verifica formativa di acquisizione dei contenuti [cioè domande sulla comprensione dell’argomento]. 10’ Auto-valutazione da parte dei singoli gruppi. OSSERVAZIONI: studiare da pag. 74 a pag. 79. Il capitolo 6 dell’Unità 6 viene presentato oralmente in classe, accompagnato dalla lettura di brani tratti dal libro di Annette Wieviorka, Auschwitz spiegato a mia figlia, Einaudi, Torino 1999 e da alcune tavole dal fumetto di Art Spiegelman, Maus, Einaudi, Torino 2000. E’ inoltre proposta la visione del documentario storico di J. Brandt, Il Nazismo: 1939,BBC 1997. •
LA REPUBBLICA DI WEIMAR
[p. 77]
Gruppo I: 1.
Quale spaccatura interna determina il crollo dell’Impero tedesco? 2. Come muore l’impero e come nasce la repubblica di Weimar? 3. Su quali forze politiche si fonda il nuovo stato repubblicano? 4. Che struttura ebbe il nuovo stato repubblicano? •
[p. 75]
LA LEGA DI SPARTACO
Gruppo II: 1.Quali forze sociali rifiutano la resa della Germania alla fine della Prima Guerra Mondiale? 2.Che cos’è la Lega di Spartaco? E perché si chiama così? 3.Che cosa voleva ottenere la Lega di Spartaco? 4.Che cos’è la “settimana di sangue”? e come reagirono i moderati? •
L’INFLAZIONE E LA CRISI
[p. 76]
Gruppo III: 1. Perché la Germania si trovava in una situazione finanziaria disastrosa? 2. Che cos’è l’inflazione? 3. Quali classi sociali sono più duramente colpite dall’aumento dei prezzi? 4. Perché la Germania chiede di rinviare il pagamento dei danni di guerra alla Francia? E la Francia come reagisce? 5. Quale fu, in Germania, il riflesso politico di questa situazione? •
HITLER
[P. 77]
Gruppo IV: 1. Perché i conservatori accettarono la Repubblica di Weimar? 2. Che posizione assume la destra nazionalista di fronte alla Repubblica di Weimar? Con quali mezzi la destra conduceva la sua battaglia politica? 3. Chi fondò Il Partito Nazista? quando, e con quale programma politico? 4. Come è organizzato il Partito Nazionalsocialista? Notate delle somiglianze con il Fascismo? 5. Che cos’è il putsch di Monaco?
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L’IDEOLOGIA NAZISTA
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[p. 78]
Gruppo V: 1.Che ruolo ha il partito nazista e cosa chiede? 2.Che cos’è la razza ariana secondo Hitler e che ruolo dovrebbe avere? 3.Che cos’è lo spazio vitale? 4.Quali responsabilità erano attribuite da Hitler al popolo ebreo e perchè? 5.Che cos’è l’antisemitismo? Perché è alla base dell’idea del complotto bolscevicocapitalista? •
LA RIPRESA ECONOMICA E POLITICA
[p. 79]
Gruppo VI: 1. Che cosa riuscì ad ottenere il governo democratico? 2. Che cosa permise all’economia germanica di risollevarsi? 3. Che cos’è il trattato di Locarno? 4. Il clima politico degli anni Venti è favorevole al Partito Nazionalsocialista? Motivate la vostra risposta.
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO • Libro di testo adottato dalla classe: M.G. Francone – M. L. Longo – I. Zambonin (a cura di), Storia: idee, fatti, protagonisti, vol. 3°, Torino 2001. • Testi di riferimento per la didattica, la sociologia e la psicologia: P. Watzlawitk, J.H. Beavin, La Pragmatica della comunicazione umana, Roma 1971 D.W. Johnson – R.T. Johnson – E.J. Holubec, Apprendimento cooperativo in classe. Migliorare il clima emotivo e il rendimento, Trento 1996. G. Bertagna, Per un vocabolario di base. 1-2-3, in “Scuola e Didattica”, n° 1, Anno XLVI, 1 settembre 2000; n° 2, Anno XLVI, 15 settembre 2000; n° 3, Anno XLVI 1 ottobre 2000. A. Calvani, Elementi di didattica. Problemi e strategie, Roma 2000. P. Watzlawick, Istruzioni per rendersi infelici, Milano 2000. M.L. Iori-A. Migliore, Imparare a insegnare. I ferri del mestiere, Milano 2001. A. Palmonari, Gli adolescenti, Bologna 2001. P.C. Rivoltella, Media Education. Modelli, esperienze, profilo disciplinare, Roma 2001.
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G. Blandino-B. Granirei, Le risorse emotive nella scuola, Milano 2002. R. Minello, Processi e metodologie dell’insegnamento, 2002. Cinque stili di apprendimento (più uno), Ce.Se.Di – Riflettere sul lavoro scolastico, Stili, 2002-2003. G. Domenici, Manuale della valutazione scolastica, Roma 2003. L. Fischer, Sociologia della scuola, Bologna 2003. A.Ingravalle, Panorama di metodologie didattiche, in “SIS. Quaderni didattici”, Torino 2003. M. Martinelli, In gruppo si impara. Apprendimento cooperativo e personalizzazione dei processi didattici, Torino 2004. C. Pontecorvo-A.M. Ajello-C. Zucchermaglio, Discutendo si impara. Interazione scociale e conoscenza a scuola, Roma 2004, pp. 73-96. G. Stella, La dislessia, Bologna 2004. G. Armellini, Tesi sulla valutazione, 2005. F. Tessaro, Gestione di gruppi di adolescenti in apprendimento, s.d.. •
Testi di riferimento per approfondimenti disciplinari:
P. Ortoleva – M. Revelli, Storia dell’età contemporanea, Milano 1991. A. Giardina – G. Sabbatucci – V. Vidotto, Manuale di storia. L’età contemporanea, vol. 3, Roma-Bari 1994. Art Spiegelman, Maus, Einaudi, Torino 2000. A. Bravo – A. Foa – L. Scaraffia, I fili della memoria. Uomini e donna nella storia dal 1900 a oggi, Roma-Bari 2002. B. Mantelli, I fascismi europei: 1919-1945, Torino 2004. F. Repetto, Opinione pubblica, media e potere nel Novecento, Torino 2004. La storia. L’età dei totalitarismi e la seconda guerra mondiale, vol. 13, Utet, Novara 2004. Inguine Mah!gazine, n° 5, Anno 2 2004, Roma. •
Sitografia: www.torinoinguerra.it www.luce.it/archivio
•
Filmati: J. Brident, 1939: Il Nazismo, 1997, Prestito CE.SE.DI.
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