Nessun uomo è un’isola, compiuta in se stessa... (John Donne 1624)
Trimestrale dellʼAssociazione Anffas “Villa Gimelli” di Rapallo Onlus • Anno XIV n. 3 - 2010
Educare oggi, nel terzo millennio
Tariffa Associazioni senza fini di lucro - Poste Italiane SpA - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Genova
VEDIAMO INSIEME ALCUNE ISTRUZIONI PER L’USO ANCHE ALLA LUCE DELLE NUOVE TECNOLOGIE
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i è capitato più volte di intercettare verso le ore 18 su Telepace la trasmissione “Educare: istruzioni per l’uso” del Prof. Ezio Aceti, colto e paziente, un simpatico peripatetico moderno, nel senso che fa lezione passeggiando in continuazione. La sua esposizione viene piacevolmente interrotta da un violinista d’eccezione, Mario Trabucchi, ogni 15 minuti con una melodia rilassante. L’argomento che tratta è talmente di bruciante attualità e di interesse universale che confesso di averlo seguito con attenzione e con la speranza di trovare finalmente una ricetta valida e utilizzabile nel confuso e difficile rapporto educativo con i ragazzi di oggi. Educare i giovani è sempre stato l’impegno per eccellenza della classe adulta ed oggi più che mai occorre educare e formare la gioventù che sarà domani la classe dirigente e operativa del nostro Paese. Non solo perché domani saranno i giovani di oggi ad assisterci quando saremo vecchi, come con una frase un po’ ruvida si espresse un Onorevole di cui non ricordo il nome: “sono quelli che cambieranno il pannolone alla nostra generazione di adulti”, ma perché dovranno gestire una società diversa, multietnica, certamente più complessa e con ancor meno risorse di quella attuale. Il Prof. Aceti affronta il tema dell’educazione dei bambini e dei giovani con la sua lunga
esperienza professionale ed umana di insegnante, preside e psicologo, evidenziando il loro sentire a fronte dei mutamenti del loro corpo nei passaggi delicati dall’infanzia all’adolescenza e dall’adolescenza alla gioventù. Secondo il Prof. Aceti è una realtà palpabile la scarsa conoscenza dei ragazzi e delle ragazze sul cambiamento del proprio corpo, le loro oscillazioni umorali, o le tempeste ormonali. Individua tre componenti essenziali che caratterizzano il cambiamento: la componente fisica, la componente affettiva, la componente personale e sociale.
“... da tempo educare non significa più solo imparare a leggere, scrivere e far di conto, ma imparare a vivere in una società in continuo mutamento, diversificata, dove si incontrano quotidianamente e si scontrano opinioni e culture diverse, tradizioni e civiltà contrastanti...”
Tutti gli psicologi, gli insegnanti ed i genitori si sono cimentati nello studiare e interpretare questo delicato periodo della vita dei ragazzi, cercando di comprendere, spiegare, arginare le reazioni talvolta disordinate e confuse dell’adolescenza. Sulla componente fisica il Prof.Aceti sottolinea come sia aumentata in modo esponenziale in questi ultimi anni l’attenzione per il proprio corpo. Il proliferare di palestre, la chirurgia estetica, i tatuaggi, le diete per mantenersi in forma. I concorsi di bellezza vanno ben oltre la necessaria ed utile attenzione alla propria salute e al proprio decoro, e diventa un’aspirazione (ormai quasi realizzata) all’eterna giovinezza, da perseguire con un accanimento talvolta esagerato. Aiutare gli adolescenti a capire che la bellezza e la perfezione esteriore sono importanti ma non determinanti per la felicità personale e la propria realizzazione è un compito assai difficile sia per i genitori che per l’educatore e per chiunque interloquisca nei vari ruoli con i giovani. Sappiamo dai mass-media che i regali più ambiti dalle adolescenti per il compleanno e per Natale non sono più un bel vestito, un viaggio, un gioiello, ma una seduta dal chirurgo estetico per rifarsi il naso, o il seno, o i glutei. E’ dovuta intervenire una legge del Governo per evitare questi scempi e questi pericoli per le adolescenti il cui corpo non è ancora completamente sviluppato prima dei 18 o 20 anni.Bastava un minimo di buon senso dei genitori! La componente affettiva assume un aspetto particolare in quanto in questi anni di transizione i ragazzi, maschi o femmine, iniziano a guardare fuori dalla famiglia, cercano l’affetto nell’amica o nell’amico del cuore, preparandosi incon-
di Rosina Zandano
sciamente a separarsi dai genitori, a svezzarsi dalle coccole per consolidare la propria identità, per sentirsi grandi, per entrare nel mondo esterno. E’ il periodo delle grandi emozioni per i nuovi impulsi del proprio corpo, per l’attrazione verso l’altro sesso o lo stesso sesso. Emozioni offerte anche dalle nuove tecnologie: telefonini, videogiochi, internet, face book, ecc. Per esempio che cosa rappresenta il computer oggi nella vita di molti ragazzini, specie i più fragili? Certamente non solo uno strumento di ricerca, di studio, di conoscenza, ma quasi sempre è vissuto come il “primo compagno” che serve a placare l’ansia della solitudine, la curiosità dell’esistenza umana, del sesso, sia etero che omo. Poiché il ragazzino, l’adolescente tante volte si sente solo, incompreso, depresso. Gli adulti devono stare molto attenti perché se questo atteggiamento è sottovalutato il ragazzo può arrivare persino al suicidio. E’ di pochi giorni fa la notizia di un ragazzino di 12 anni che si è buttato dal quinto piano lasciando ai genitori un biglietto: “scusatemi ma non sono più in grado di avere un rendimento meritevole a scuola”. Si dovrebbero davvero ascoltare di più i nostri figli. Ho detto “ascoltare” anche quando non parlano e non comunicano più con i genitori, dedicare più tempo ai loro momenti di irritazione o di stanchezza senza acconsentire sempre, purché ci lascino in pace, a tutte le loro richieste: dai giocattoli sempre più sfiziosi e tecnologici, alle uscite in discoteca sempre così pericolose, ai motorini, al pezzo firmato. Certo è faticoso, ma se vogliamo aiutarli a crescere bene dobbiamo essere genitori più presenti ed insegnanti più attenti ed intuitivi. Ed ecco la componente sociale. La scuola, il gruppo, l’attrazione verso l’altro sesso, una voragine di emozioni, di sentimenti e di attrazioni. Ciascuno di questi elementi apre spazi di riflessioni, confronti, esperienze personali vissute direttamente o verificate ed apprese. Sono d’accordo con il Prof. Aceti sulla grandissima importanza che il gruppo, la scuola, lo sport, i rapporti sociali assumono per l’adolescente in ordine alla sua formazione. Il gruppo per l’adolescente ha la funzione primaria di non farlo sentire solo, di essere protetto, di sentirsi importante, di trovare un modello in cui potersi identificare, un leader che ahimé non è quasi mai positivo. Che fare? Purtroppo conosciamo le conseguenze di queste aggregazioni che si formano talvolta per noia, per sfogare l’aggressività, per cattive inclinazioni e anche per sete di potere, di prestigio e di denaro. segue pag 2
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Per i genitori non c’è molto da fare perché oramai l’adolescente crede di aver trovato il suo mondo, la sua autonomia, il suo modello.Tuttavia un buon genitore deve continuare a cercare il dialogo e dare il buon esempio, a trasmettere valori perché, con l’età adulta, il ragazzo diventato uomo, supportato dalla famiglia, dalla scuola e dal lavoro, si riappropria del suo discernimento, indispensabile strumento per ritrovare l’equilibrio psico-fisico ed il senso di responsabilità. “Educare” ai nostri giorni ha superato il rituale significato di “fair play” e cioè un insieme di buone maniere, un galateo che tanto era considerato ed apprezzato nei secoli scorsi e che ora rappresenta un’interpretazione riduttiva e superficiale del termine. “Educare” vuol dire formare, vuol dire che l’educazione deve partire dal cuore dell’educatore ed arrivare al cuore dell’educando. Inoltre da tempo educare non significa più solo imparare a leggere, scrivere e far di conto e cioè combattere l’analfabetismo (piaga del secolo scorso), ma imparare a vivere in una società in continuo mutamento, diversificata, dove si incontrano quotidianamente e si scontrano opinioni e culture diverse, tradizioni e civiltà contrastanti ed inoltre esempi non edificanti di personaggi famosi che balzano ripetutamente alla ribalta dell’informazione in campo politico, sociale, umano, religioso, televisivo, ecc… creando mode e stili tutt’altro che corretti ed esemplari. Partiamo dalla scuola dove si deve “formare” l’uomo, il cittadino, anche se a mio avviso è ancora la famiglia il primo luogo deputato alla “educazione” del bambino. Nella mia lunga esperienza di lavoro come insegnante e di volontaria nel settore della disabilità, ho potuto constatare quanta importanza abbia la famiglia anche nell’educazione dei ragazzi portatori di disabilità intellettiva e relazionale. Pur nelle loro specificità si nota quanta influenza, nel bene e nel meno bene, abbia la famiglia sul ragazzo disabile. L’ambiente familiare può essere di grande aiuto in uno sviluppo sereno della sua personalità e delle sue autonomie, oppure rendere più com-
plicato il lavoro di riabilitatori e psicologi con minori acquisizioni e benessere per il ragazzo disabile. Certo tra le notizie quotidiane che ci assalgono tramite i mass-media (giornali, televisione, internet) non manca mai l’episodio di violenza che ha per teatro la scuola, la famiglia, la strada, la nostra società.
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Talvolta si tratta di extracomunitari, talvolta di italiani, ma le motivazioni sono sempre le stesse: mancanza di educazione, sopraffazione del più debole, aggressività facile, diversità di valori culturali, usi e costumi, sete di potere e di denaro. Sulla scuola ritorna sovente Don Antonio Mazzi sul settimanale Gente, commentando non solo le “infamità” che avvengono nelle classi per opera di ragazzini violenti ed incoscienti, ma anche impreparati ad interpretare correttamente il rapporto con gli altri, e soprattutto con le ragazze coetanee ed in questo i media non aiutano, anzi propongono modelli esclusivamente negativi. Ricordiamo, per rinfrescarci la memoria, il caso della dodicenne della scuola di Salò che ha subito ripetutamente violenza in classe ed il commento della docente di filosofia Roberta De Monticelli al San Raffaele di Milano: “il professore distratto e vile di Salò rappresenta tutti noi che abbiamo rinunciato a intervenire, denunciare il marcio che ci circonda”. Don Mazzi continua così: “Questa ragazza violata e sorpresa, (non difesa dal suo insegnante che ha finto di non vedere), rappresenta tutti noi, il nostro povero Paese umiliato e sfigurato dalla vergogna… indice del profondo malessere della scuola italiana e del quale Salò è una nuova, brutta puntata”. Anche la psicoterapeuta Maria Rita Parsi definisce “l’omertà dei professori di Salò un fatto gravissimo”. E’ chiaro che non si vuole condannare tutta la categoria dei docenti che hanno un compito veramente difficile, ma sottolineare che gli insegnanti di Salò, pur essendo al corrente delle ripetute violenze a cui la ragazzina era costretta, non abbiano denunciato il fatto alle autorità competenti. Prova evidente che non solo è venuta meno la competenza educativa ma anche l’onestà intellettiva e morale dei docenti. E’ una ennesima conferma che i giovani non hanno più nessuno che ricordi loro che esistono regole precise nei comportamenti mentre occorre insegnare e ribadire che è indispensabile acquisire “quell’autodisciplina necessaria per chi vuole diventare grande”. Dovrebbe esser chiaro a tutti oramai, ma spe-
cialmente a chi ha la missione di insegnare, che a fronte dei diritti ci sono dei doveri ineludibili. Senza queste regole, perché l’educazione è fatta anche di regole, non esiste vita civile. Non è facile in uno scenario complesso come quello che stiamo vivendo dare delle “istruzioni per l’uso”, cioè una chiave per migliorare questa degradata vita sociale dove tutti cercano di arraffare dei benefici dimenticandosi che il vivere civile incomincia dal rispetto delle piccole cose come salire su un bus senza pagare il biglietto, buttare per terra o sotto il sedile il cartoncino vuoto della bibita o del gelato invece
che nel bidone della spazzatura. Educare non vuol dire solo insegnare la “Storia della nostra Italia” a chi viene da fuori, ma noi stessi dobbiamo dare l’esempio del rispetto della “cosa pubblica”, del bene comune, come non deturpare i monumenti, i muri dei palazzi, i vagoni dei treni e dei tram. Ricominciamo dalle piccole cose e non stanchiamoci di ripeterle. Attualmente la scuola ha un compito ancor più difficile poiché non è più riconosciuta come unico luogo di apprendimento con quell’aura di sacralità che le conferivano le passate generazioni. Talvolta è vista come un luogo di socializzazione o di servizio sociale dove i genitori depositano i figli mentre sono al lavoro e non di rado i ragazzi ripropongono moduli comportamentali propri di altri ambienti di socializzazione, quali lo stadio o la discoteca. Gli stessi docenti, fatte le dovute eccezioni, non appaiono più come i depositari del sapere, poiché ci sono altre fonti di informazione. Inoltre nell’attuale società il sapere pare solo mirato alla conquista del denaro e del potere personale. C’era un tempo in cui le famiglie se il figlio era rimproverato dagli insegnanti lo punivano (un pomeriggio non usciva con gli amici), oggi invece il giustificazionismo ad oltranza delle famiglie rende praticamente nulla l’azione educativa degli insegnanti. Quante volte dai giornali si apprende che i “bulli” sono alunni di buona famiglia e dal discreto profitto scolastico, ma si sentono sicuri dell’impunità anche per gravi episodi di aggressività verso i compagni, per atti vandalici (vedi l’allagamento del prestigioso liceo classico “Parini” di Milano) e gravi violazioni ai fondamentali doveri di vita civile. E’ di ieri (per chi legge giovedì 9 settembre c.a.) che Il Secolo XIX riportava questo titolo: “Noi ragazzini per bene con il vizio del furto”, in cui ragazzi di una famiglia bene di Genova, padre dirigente di banca, madre professoressa, si divertivano per gioco, per noia, per incoscienza a fare il “tiro al bersaglio con l’arrosto da 25 €uro al chilo, usare le carte di credito (degli altri) per comprarsi il gelato, o sabotare le automobili per collezionare tappini”.
Nei giorni in cui la Liguria per non citare il resto d’Italia s’accorge d’avere in casa uno stuolo di mini teppisti che per diletto, per esibizionismo confessano ai carabinieri allibiti che li hanno pescati con le mani nella marmellata e cioè sulle ruote delle macchine depredate di coprivalvole rispondono con una smorfia spiazzante: “ma che problema c’è? Si vabbé, siamo noi quelli che lo fanno in giro da un po’ ”. Qualcuno di loro chiede perdono e promette di non farlo più. Ottiene il perdono giudiziale. Ma lo faranno ancora? Dice il criminologo Francesco Bruno esperto di grandi delitti, dal mostro di Firenze ai serial stupratori, per chiudere con questi “cretinetti” di quartiere: “alla banale sciocchezza della prima volta di solito si aggiunge qualcosa di più la seconda volta e ancora qualcosa di più la terza, finché finiranno in vere e proprie baby-gang nel degrado e nella violenza”. Sempre nella stessa pagina il cronista riporta il colloquio con Don Franco Martini, il salvatore di piccoli teppisti spezzini, novello Don Bosco: “A La Spezia un ragazzino tredicenne dallo sguardo fuggente maneggia parecchi soldi, comanda una ventina di ragazzi, è guardato dai compagni come un vero capo.A quel punto non comunicano più con
VERIFICHE STRAORDINARIE DELL’INPS
Molte persone con disabilità (grave, meno grave ma stabilizzata e incontrovertibile) stanno ricevendo in questo periodo una lettera raccomandata dell’INPS che chiede di inviare, entro 15 giorni, la documentazione sanitaria relativa al proprio stato invalidante, per valutarne la persistenza e la sussistenza. Tale operazione rientra nel Piano straordinario di verifica sulle invalidità civili previsto dall’articolo 10 del Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78 (la cosiddetta “Manovra correttiva”), in via di conversione in questi giorni. Verranno effettuate 100.000 verifiche nel 2010, e altre 500.000 controlli nei due anni successivi, a carico degli invalidi civili, ciechi civili e sordi. Nel caso in cui riceviate tale raccomandata, l’Associazione ANFFAS invita a contattare l’Assistente Sociale Fabrizia Galli dal lunedì al giovedì ore 9-13, per concludere la pratica il più presto possibile. Fabrizia Galli i genitori. A sedurli è il potere del denaro”. Che può fare la famiglia che di solito come quella di Genova ignora i poco edificanti “trastulli” del figlio? Si cerca di ragionare e se è nella scuola che i giovani, dall’asilo all’università, passano la maggior parte della giornata ed i primi venti anni di vita, cerchiamo di renderla migliore. Alla scuola compete perciò l’obbligo non solo di trasmettere cultura, ma l’obbligo fondamentale di educare e di formare dei buoni cittadini. Se e quando si riscontrano comportamenti inammissibili dal punto di vista educativo, la scuola ha il dovere di reagire con la dovuta energia e le famiglie debbono collaborare e non giustificare a oltranza gli errori dei figli. I Governi dovrebbero fare maggiori investimenti sui giovani attraverso una politica più attenta alla scuola con strutture adeguate, con docenti preparati e ben retribuiti, consapevoli di rappresentare per l’allievo non solo il depositario del sapere, ma anche un modello di comportamento. Il Prof. Aceti che ha ispirato le nostre riflessioni invita i docenti a non usare mai le parolacce come fanno i ragazzi solo per farsi accettare ed abbassarsi ai loro livelli: “se sapessero come gli adolescenti vedono il mondo degli adulti, i docenti non userebbero che risposte rassicuranti e garbate”. Infatti tanti comportamenti sbagliati sono il frutto dell’insicurezza e fragilità dei giovani che cercano nell’adulto verità, onestà e giustizia, non solo sicurezza e coerenza. Vorrei concludere ricordando ai giovani che sono e saranno i protagonisti del futuro della nostra nazione, che in questo mondo occidentale, laico e multietnico anche se poco edificante, siamo intrisi di quei principi cristiani che da duemila anni nutrono le coscienze, ispirano le leggi e le costituzioni degli stati, attenuano le ingiustizie, sostengono la fratellanza tra gli uomini. Se li osserviamo troviamo gli strumenti basilari per una buona educazione da praticare e da trasmettere e per un vivere civile in una società multietnica ed oramai senza confini. Con questi principi la condanna alla lapidazione di un essere umano come punizione di un crimine pur gravissimo, è lontana anni luce dalla nostra concezione di vita.
ANFFAS
LEGISLAZIONE
I certificati medici diventano telematici
a cura di Roberto De Lorenzis Consulente del Lavoro
LE NUOVE NORMATIVE RICHIESTE DALL’INPS CUI DEVONO ATTENERSI DIPENDENTI E DATORI DI LAVORO
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om’è noto ogni assenza dal lavoro deve essere tempestivamente comunicata al datore di lavoro, secondo tempi e modalità stabiliti dalla contrattazione collettiva o dal regolamento aziendale. Fino ad oggi nel caso in cui l’assenza sia dovuta a malattia il lavoratore dovrà inoltre spedire (o consegnare) il certificato medico sia al datore di lavoro che all’INPS entro due giorni dal rilascio; se il giorno di scadenza del termine è festivo la scadenza è prorogata al primo giorno seguente non festivo. La trasmissione è ammessa anche a mezzo corrispondenza ordinaria ma solo la raccomandata con ricevuta di ritorno potrà garantire sulla data d’invio (che fa fede per il rispetto del termine) e consentire da cautelarsi da eventuali smarrimenti. Il datore di lavoro deve conservare il certificato per 10 anni e, in caso di richiesta, esibirlo all’INPS. Il ritardo nella trasmissione del certificato di inizio (o di prosecuzione) della malattia al datore di lavoro comporta il rischio di vedersi contestare come ingiustificata l’assenza mentre nei confronti dell’INPS comporta la perdita dell’indennità per i giorni di ritardo (escludendo comunque i due giorni a disposizione per l’invio). Non si terrà conto del ritardo nel solo caso in cui il lavoratore sia in grado di giustificarlo per motivi “seri ed apprezzabili”, ad esempio nel caso in cui il lavoratore ammalato non abbia familiari o conoscenti che possano provvedere alla spedizione del certificato. Durante la malattia il dipendente ha diritto ad assentarsi dal lavoro ricevendo comunque un trattamento economico nella misura stabilita dalla legge a carico dell’INPS, eventualmente integrata a carico del datore di lavoro se previsto dal contratto collettivo. Il certificato medico ha lo scopo di garantire il godimento di questo diritto ma anche quello di consentire l’effettuazione delle visite di controllo, deve pertanto riportare con esattezza l’indirizzo presso cui è reperibile il lavoratore, indispensabile per la regolare effettuazione delle visite di controllo eventualmente disposte dall’INPS o richieste dal datore di lavoro. La mancata o inesatta indicazione di questo dato sul certificato medico comporta la perdita dell’indennità di malattia a carico dell’INPS e, di conseguenza, dell’eventuale integrazione della stessa a carico
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del datore di lavoro, per tutte le giornate attestate dalla certificazione carente. Il lavoratore, pertanto, deve controllare che l’indicazione dell’indirizzo riportata dal medico sia corretta e completa ed eventualmente provvedere alla integrazione o correzione: l’indirizzo sarà normalmente quello della residenza del lavoratore ma potrà essere anche un luogo differente (es. abitazione di parenti) purché ciò sia espressamente specificato. La mancanza o incompletezza dell’indirizzo comporta., come detto, la perdita della prestazione previdenziale a meno che l’INPS non sia ugualmente in grado di procurarsi il dato ricavandolo, per esempio, da certificati precedenti di cui sia in possesso, per aver effettuato in precedenza visite di controllo o perché riportato sulla busta di spedizione del certificato stesso. La decorrenza della malattia coinciderà normalmente con la data di rilascio del certificato medico, o dal giorno precedente in caso di dichiarazione in tal senso resa dal lavoratore. Nel caso in cui il lavoratore dichiari invece di essere ammalato da una data anteriore di oltre un giorno non si potrà applicare la regola appena esposta e la malattia avrà inizio dalla data del certificato medico. Il meccanismo, in funzione da anni, è stato completamente rivoluzionato dalla entrata in vigore dell’obbligo di trasmissione telematica dei certificati medici che elimina l’onere della trasmissione cartacea del certificato all’INPS ed al datore di Il lungo iter normativo iniziato con la Finanziaria per il 2005, che ha previsto la trasmissione on line del certificato di malattia da parte del medico curante, dopo un lungo percorso costellato da diversi provvedimenti, si è concluso con il decreto interministeriale del 26 febbraio 2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n° 65 del 19 marzo 2010, entrato in vigore dal 3 aprile 2010. Secondo la nuova disciplina il medico (dipendente o convenzionato con il Ssn) è tenuto a trasmettere il certificato di malattia all’INPS attraverso il SAC (Sistema Accoglienza Centrale, gestito dal ministero dell’Economia), rilasciando al lavoratore copia cartacea del certificato di malattia, che contiene i dati della diagnosi, e dell’attestato di malattia, privo di diagnosi, per il datore di lavoro. L’INPS provvede ad inviare l’attestato di malattia al datore di lavoro della persona ammalata a mezzo posta elettronica certificata. I datori di lavoro ed i lavoratori avranno
inoltre accesso ai dati disponibili sul sito internet dell’INPS digitando il PIN loro assegnato. Il nuovo servizio esonera il lavoratore dall’obbligo di trasmettere certificato ed attestazione della malattia, rispettivamente all’INPS ed al datore di lavoro, entro due giorni. In capo al lavoratore resta comunque l’obbligo di comunicare tempestivamente al datore di lavoro la propria assenza secondo quanto previsto dal contratto collettivo di lavoro applicato (in genere non oltre la prima giornata di assenza). La nuova procedura è obbligatoria dal 2
luglio u.s. ma il mancato utilizzo non è ancora sanzionato ed è ragionevole pensare che verrà concessa qualche proroga; non tutti i medici, infatti, hanno ancora richiesto l’abilitazione (al 31 agosto manca all’appello circa il 30%) e, al momento di andare in stampa, nella regione Liguria la nuova procedura non risulta ancora attivata. Il cambiamento è epocale e, dopo una inevitabile fase di assestamento, contribuirà a rendere più facile e veloce tutto il meccanismo con indubbio vantaggio per il lavoratore e per la pubblica amministrazione e con sicuro aggravio di compiti per i medici di famiglia e per i datori di lavoro.
IL SINDACALISTA DEI PROFESSIONISTI
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ul Liguria Business Journal di luglio/agosto 2010 è apparso un interessante articolo firmato da Silvano Balestreri che intervista il Consulente del Lavoro e Presidente di Confprofessioni Liguria, Roberto De Lorenzis, da tempo nostro valido collaboratore sulle pagine di “Penisola” e come Revisore dei Conti dell’Associazione Anffas Villa Gimelli. In Italia i liberi professionisti sono quasi quattro milioni, danno lavoro a un milione e mezzo di dipendenti e producono il 12,5% del Prodotto Interno Lordo. La Confprofessioni è un organismo che riunisce le principali organizzazioni di settore suddivise in quattro comparti d’area: economia e lavoro (dottori commercialisti, esperti contabili, consulenti del lavoro), diritto e giustizia (avvocati, notai), ambiente e territorio (ingegneri, architetti, geologi), sanità e salute (medici, psicologi, dentisti, veterinari). Nelle parole del Dott. De Lorenzis gli obiettivi della Confederazione: “Lo scopo di Confprofessioni, che riunisce le associazioni sindacali dei professionisti, è quella di legittimare i loro interessi. L’azione della Confederazione mira alla qualificazione e alla promozione delle attività intellettuali nel contesto economico e sociale, proponendosi come fattore per lo sviluppo e il benessere del Paese e contribuendo, assieme alle istituzioni politiche e alle altre forze sociali, alla crescita culturale ed economica della società”. L’obiettivo della sua mission è trasformare Confprofessioni Liguria da associazione sindacale di qualche migliaia di liberi professionisti a soggetto istituzionale che partecipi alle consultazioni con Regione, Provincia, Comune e Università nel confronto per elaborare le strategie della ripresa e del rilancio economico e produttivo della Liguria. “Penisola” augura al Dott. De Lorenzis successo e fortuna nel perseguimento di questo ambizioso progetto. (f.g.)
ANFFAS
Vittoria delle persone con disabilità e delle loro famiglie
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iportiamo con grande soddisfazione la notizia dell’ottimo risultato della manifestazione del 7 luglio 2010 indetta a Roma da FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle persone con Disabilità) e FISH (Federazione Italiana Superamento dell’Handicap), a cui aderisce l’ANFFAS, contro la proposta di elevare dal 74% all’84% la percentuale di invalidità necessaria per l’assegno agli invalidi parziali.
“Nel testo approvato definitivamente dalla Commissione Bilancio del Senato, è scomparso qualsiasi riferimento restrittivo all'indennità di accompagnamento. Il Senatore Azzollini, relatore di Maggioranza in Commissione Bilancio, aveva confermato l'abrogazione dell'innalzamento della percentuale di invalidità necessaria per l'assegno agli invalidi parziali. Si torna al 74%. Un buon risultato che premia l'azione di molte settimane: interlocuzioni, contatti politici, documenti tecnici e di proposta, comunicazione, sensibilizzazione e mobilitazione di una base estremamente diffusa e motivata” (dal comunicato stampa Fish e Fand). Il comunicato stampa del Presidente Nazionale ANFFAS Roberto Speziale sottolinea l’importanza memorabile di questa giornata per le persone con disabilità e le loro famiglie:“La giornata del 7 luglio 2010, per il movimento italiano delle persone con
SUPERARE IL LIMITE DI 20 ALUNNI PER CLASSE in presenza di studenti con disabilità rappresenta una cattiva prassi
In un comunicato stampa del 4 agosto u.s. il Presidente dell’ANFFAS Onlus Nazionale, Roberto Speziale, esprime forte perplessità riguardo a segnalazioni che giungono dal territorio di Ortona (CH) in cui sembrerebbe siano state costituite classi con un numero di oltre 24/25 alunni e che in ciascuna di esse ci siano uno o più alunni con disabilità. Questo contravverrebbe il D.P.R. 81/2009, che indica in 20 il numero massimo degli alunni che di norma dovrebbero comporre le classi che accolgono alunni disabili. ANFFAS Onlus si impegna a collaborare con le autorità scolastiche per verificare l’effettiva situazione nel territorio abruzzese e a porre eventualmente in essere tutti gli atti in suo potere per ripartire gli alunni in un maggior numero di classi. (F.G.)
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disabilità e loro genitori e familiari rimarrà nella storia. Nel testo approvato definitivamente dalla Commissione Bilancio del Senato sono scomparse le "assurde e controproducenti modifiche" previste nel comma 1 dell'art. 10 del DL 78/2010 in merito ad invalidità civile ed indennità di accompagnamento. Tutto rimane, quindi, apparentemente come prima. Ma in realtà non è assolutamente così!! Infatti questo attacco forte ai diritti fondamentali delle persone con disabilità è stato ed è l'epilogo di un andamento che negli ultimi anni ha caratterizzato, nel nostro Paese, le scelte politiche sia di destra che di sinistra. Il fatto che non deve passare inosservato è che, anche con la connivenza di certa stampa e certa televisione, il "subdolo" messaggio che si è voluto dare, mascherandosi dietro la sacrosanta necessità di contrastare il fenomeno dei "falsi invalidi", è che
la disabilità rappresenta un costo sociale insostenibile ed una spesa inutile ed improduttiva, altro che "problema sociale non privato di cui lo "stato" "in primis" si deve fare carico". Anffas, come sempre non intende fare "ideologia" o "dietrologia", ma solo restare sui fatti e nel merito delle questioni e dire la nostra con chiarezza e coraggio. Il movimento delle persone con disabilità e di chi le rappresenta, che continua ormai da anni a richiedere e rivendicare l'applicazione di fondamentali diritti e l'avanzamento dell'intero sistema secondo quanto previsto da paradigmi scientifici, culturali e normativi (ultima la Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità ratificata dall'Italia con l. 18/09), si è trovato costretto, in maniera particolarmente eclatante in questi giorni ma purtroppo già in diversi altri contesti, a reagire in maniera forte affinchè non si tornasse indietro, togliendo in maniera indiscriminata e discriminatoria "pezzi" di diritti, e quindi di qualità di vita, ad un gran numero di persone del nostro Paese. La strada per l'inclusione sociale, la non discriminazione e le pari opportunità delle persone con disabilità e delle loro famiglie è ancora quindi tutta da percorrere e sfortunatamente, sembra, tutta in salita. Anffas quindi, proseguirà tale battaglia e desidera ripartire da qui, per rilanciare la necessità di una piattaforma forte e concreta della quale di seguito sintetizziamo i
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principali punti: 1) attuazione e monitoraggio della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità e del relativo Protocollo Opzionale 2) applicazione dell'art. 14 della L. 328/2000 che prevede l'attivazione del Progetto Individuale per le persone con disabilità 3) applicazione dell'art. 24 della L. 328/2000 che prevede il riordino del sistema degli accertamenti e relative provvidenze 4) emanazione del Livelli Minimi delle Prestazioni Sociali e dei Livelli Essenziali di Assistenza 5) revisione dei criteri e delle modalità per la compartecipazione al costo 6) ripristino ed aumento del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali. Su ognuno di questi punti la nostra attenzione e sollecitazione sarà costante ed incessante ed il nostro impegno sarà portato avanti in tutte le sedi e luoghi possibili, aule dei Tribunali comprese”. L’ANFFAS Villa Gimelli si riconosce nelle parole del Presidente Speziale e si impegna come sempre ed ancor di più nella difesa dei diritti delle persone con disabilità, con forza e determinazione.
Stelle d’estate a Santa Margherita
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n luglio sfolgorante di eventi quello a Santa Margherita Ligure, divenuto ormai solo un bel ricordo d'estate.
A parlarcene è l'amico, collaboratore del nostro periodico, Marco Delpino, giornalista ed editore, ideatore, promotore e direttore artistico di Tigulliana Events, il contenitore di eventi e premi che fa capo all'ANPAI, Associazione Nazionale Poeti ed Artisti d'Italia.
In questo ambito si è svolta la rassegna Tigulliana Incontri 2010, caffè letterario che anche quest'anno ha portato a Santa Margherita personaggi di spicco della cultura e dell'informazione. In parte gli incontri si sono svolti all'aperto ed in parte nella splendida Villa Durazzo. Don Gallo, un provocatore illuminato dalla fede, ha dato il via al ciclo di incontri all'aperto ed ha ricevuto il Premio Internazionale “Golfo del Tigullio” per i 50 anni della Comunità San Benedetto al Porto. Tema dell'incontro è stato “Come in terra così in cielo”. Don Gallo è spesso ospite a Santa Margherita dove recentemente ha partecipato ad un evento della Tigulliana Estate insieme al mitico Moni Ovadia. Entrambi gli incontri sono stati scoppiettanti ed hanno affascinato il folto pubblico presente. Il secondo personaggio è stata la scrittrice Camilla Salvago Raggi, nobile per rango ed anche per l'uso della “penna”, che ha parlato dello scrivere al femminile ed ha ricevuto il premio “Gente di Liguria”. A concludere gli eventi sul palco all'aperto in Via Caprera è stato Gigi Moncalvo, uno scrittore senza guinzaglio, premiato con il
di Giuliana Chiesa De Marco
Premio Internazionale “Golfo del Tigullio” per l'informazione e che ha parlato sul tema de “I lupi e gli Agnelli”. Villa Durazzo ha ospitato Magdi Cristiano Allam, premio “Golfo del Tigullio” per la cultura nell'ambito del dibattito “Tra Fede e impegno civile”. Magdi Cristiano Allam, un giornalista e scrittore che dimostra il coraggio delle proprie idee, già vice direttore del Corriere della Sera è nato in Egitto e si è laureato in sociologia all'università La Sapienza di Roma. Nel 2009 è stato il vincitore assoluto per la narrativa edita, alla 13a edizione del Premio letterario Internazionale “Il Molinello” a Rapolano Terme con il libro “Grazie Gesù” edito da Mondadori Sempre a Villa Durazzo si è svolto l'ultimo degli incontri, il dibattito sul tema “Il prezzo del petrolio” in collaborazione con l'Istituto Bruno Leoni con la partecipazione di Massimo Nicolazzi, Francesco Forte, Marco Macciò e Carlo Stagnaro. Gli incontri sempre ad alto livello non hanno deluso le aspettative degli affezionati che da anni seguono le iniziative messe in atto da Marco Delpino che promette per il prossimo luglio altre stelle.
ANFFAS LIGURIA SANREMO
IL RAGAZZO CHE DISEGNAVA GANGSTER
“Il ragazzo che disegnava gangster” è il titolo del nuovo cortometraggio interamente prodotto dall’Anffas Onlus Sanremo. Il film, della durata di un quarto d’ora circa, ha visto come protagonisti i ragazzi disabili che frequentano quotidianamente il centro diurno e fa parte delle moltissime iniziative e attività che l’ANFFAS di
Sanremo sta portando avanti con passione e volontà, coinvolgendo più di 20 persone disabili. La pellicola è stata selezionata tra i venti finalisti del prestigioso “Festival internazionale del cinema nuovo”, concorso di cortometraggi interpretati esclusivamente da disabili di comunità, centri diurni o residenziali e associazioni di volontariato, che si terrà a Gorgonzola (MI ) dal 13 al 16 ottobre. L’idea è nata all’interno del laboratorio di animazione e videoterapia con l’intento di partecipare con un cortometraggio al Festival del Cinema Nuovo di Gorgonzola (MI), pubblicizzato anche sulle reti Mediaset, che ospita in concorso opere interamente interpretate da ragazzi disabili di centri semiresidenziali o residenziali. Il filmato sarà presentato successivamente nella Città dei Fiori e distribuito in dvd. La storia ha come protagonista Marco (interpretato magistralmente da Marco Pingiotti), un
GITA ALLE TERME
giovane down che attraverso la magica visione di un grande maestro del cinema vuole girare un “gangster movie”. Le riprese sono durate circa tre settimane e l’ANFFAS ha fruito della preziosa collaborazione dell’Associazione Sanremo Cinema che ha fornito i mezzi tecnici e le sale del Teatro dell’Albero di San Lorenzo al mare. Tra gli attori che hanno recitato con passione a fianco dei ragazzi dell’ANFFAS, sotto la direzio-
A CAVALLO CON IL TAXI...
Il 9 Giugno è stata un giorno particolarissimo per i 26 ragazzi disabili del Centro Anffas Sanremo. Il Radio Taxi Sanremo da anni collabora con Anffas Onlus Sanremo per il trasporto dei ragazzi disabili da casa al centro e viceversa.Alcuni tassisti si sono nel tempo affezionati ed hanno instaurato un rapporto di amicizia con gli utenti e gli operatori. Per trascorrere una giornata di divertimento insieme, il Presidente del Radio Taxi Alessandro Nolli, insieme ad alcuni collaboratori, ha quindi organizzato presso il Ranch “L’Eucaliptus” sito in Via Valloni, una gita nella natura insieme ai cavalli. I gestori del maneggio Veronica Dadakova (istruttrice di Pet–Therapy e di Ippoterapia per disabili lievi) e Manuel Ferrigato hanno aiutato i ragazzi a montare e ad accudire i cavalli. I 26 ragazzi del Centro Anffas sono stati accompagnati dalla Direttrice del Centro Dott.ssa Irene Bellone, dall’educatrice Dott.ssa Vera Graglia, dall’animatore Riccardo Di Gerlando e dagli operatori Piera Cavicchia, Rina Maccario, Milena Zunino e Maria Teresa Artusio. All’evento sono stati invitati l’Assessore ai Servizi Sociali, dott. Gianni Berrino, ed il Direttore dell’Unità Operativa Disabili, dott. Gianluca Lisa, che per impegni pregressi non hanno potuto partecipare.
GENOVA
Martedì 31 agosto l'Anffas onlus Sanremo ha trascorso una magnifica giornata presso le splendide Terme di Pigna (IM). La giornata è stata interamente offerta dal Lions Sanremo Host. Un'azione grande, grandissima, che ha permesso ai 25 ragazzi disabili dell'associazione sanremese di trascorrere un giorno ricco di divertimento, svago e relax. Assieme ai ragazzi accompagnati da educatori, operatori e volontari, la partecipazione straordinaria del Presidente Lions Sanremo Host Enzo Benza, dell'associato Lions Emanuele Ghiringhelli, della Presidente Leo Club Sanremo Elisa Panizzi e dell'associata Maria Pia Crovara. La presidente Anffas Sanremo Marisa Ricca Ormea e gli operatori del Centro Anffas ringraziano tutto lo staff del Lions Sanremo Host per questa bellissima e indimenticabile giornata che ha regalato ai ragazzi qualcosa in più di un semplice sorriso.
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ne di Riccardo Di Gerlando, ricordiamo Franco D’Imporzano, Loredana De Flaviis, Franco La Sacra e Marisa La Vella. Al corto, scritto dallo stesso Di Gerlando in collaborazione con l’educatrice Vera Graglia ed il coordinamento di Irene Bellone, hanno partecipato anche Paola Giordano, Piera Cavicchia, Rina Maccario, Giancarlo e Manuel Pidutti, Marco Di Gerlando e Lorenzo Barberis.
JUDO, CHE PASSIONE!
Nell’autunno 2006 ha avuto inizio la collaborazione fra la Cooperativa Sociale “Genova Integrazione” a marchio ANFFAS, il maestro di judo Pino Tesini del Judo Club Genova e la UISP Area Discipline Orientali di Genova. Con il maestroTesini si sono organizzati due progetti riguardanti il Judo inteso, nel pensiero della UISP, come metodo educativo oltre che come attività motoria sportiva. Il primo dei progetti riguarda, tuttora, un gruppo di 15 persone disabili frequentanti i nostri presidi diurni che, accompagnati da tre nostri educatori, si recano una volta alla settimana presso un palazzetto dello sport del territorio genovese per imparare appunto la pratica del judo. L’aspetto importante è la presenza sul “tatami” (tappeto sul quale si svolge l’attività del judo) degli operatori, i quali si sono trovati fianco a fianco con i nostri “ragazzi” a confrontarsi con l’apprendimento di esercizi, tecniche e cadute. La loro presenza è stata d’altra parte preziosa nel consentire la mediazione necessaria fra le persone disabili, tutte con patologie di rilievo che si associano alla disabilità intellettiva, e i mastri. Il secondo progetto ha riguardato alcuni bambini frequentanti il nostro ambulatorio che nel tempo extrascolastico hanno preso parte a un corso di judo bisettimanale con il maestro Tesini finalizzato a favorirne il passaggio nel gruppo dei loro pari. Questo progetto è durato due anni e ha portato tre dei ragazzi a proseguire nel corso pomeridiano dei bambini; altri hanno dovuto invece interrompere la frequenza perché gli impegni scolastici e di riabilitazione rendevano già molto gravosa la settimana. L’attività sportiva è sempre stata presente all’interno dei nostri presidi (nuoto, basket...), considerato l’importante ruolo della corporeità nella riabilitazione e nella percezione di sè, ma in effetti il progetto di judo ha dato risultati inattesi e molto ampi. Perchè il judo? Perchè è un’attività del corpo, ricca e articolata, che nasce all’interno di un pensiero e di una filosofia e che ne favoriscono l’aspetto educativo. Umberta Cammeo - Direttore Sanitario
VILLA GIMELLI
Special Olympics - tutti in pole position S
i sono svolti a Monza dal 28 giugno al 4 luglio i XXVI Giochi Nazionali Estivi “Special Olympics Italia”, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. I 1500 atleti in gara provenienti da tutta Italia, assieme a 1000 volontari e circa 2000 genitori, hanno presenziato festosi alla cerimonia di apertura dei Giochi che si è svolta nella suggestiva cornice dell’Autodromo di Monza, già teatro di tante battaglie della “Rossa di Maranello”, e che per l’occasione ha visto in “pole position” proprio questi ragazzi così “speciali”. All’interno degli immensi spazi del circuito è stato pronunciato con grande pathos il “Giuramento dell’Atleta”: “Che io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze”. Importanti anche le parole di saluto del Presidente di Special Olympics Italia, Angelo Moratti, che ha voluto sottolineare come questi “atleti che gareggiano dimostrando il loro coraggio, ma soprattutto le loro fantastiche abilità, siano una risorsa importantissima per la nostra società” e ha ringraziato “atleti, familiari e volontari protagonisti di questa indimenticabile manifestazione, svolta da sempre all’insegna dell’integrazione e dei sani valori dello sport”. Anche il Presidente dell’Autodromo di
Monza, Enrico Ferrari, dopo aver assistito alla cerimonia di apertura dei Giochi ha espresso parole di commosso elogio: “Pensavo che solo il “circus” della Formula 1 potesse dare il "rombo" giusto agli spettatori seduti sulla tribuna di fronte ai box, invece il "rombo" del vostro entusiasmo ha superato tutti i decibel in fatto di emozioni”. Poi il via alle competizioni, sei giorni di gare appassionanti cui partecipavano anche tanti ragazzi liguri in rappresentanza dell’ANFFAS di La Spezia, dell’ANFFAS di Genova e delle società sportive Olimpia Recco, Ariosto Genova e Asdo Savona. Ad accompagnare i ragazzi di Recco impegnati nelle prove di nuoto e ginnastica, una nostra conoscenza, la valida Consigliera dell’ANFFAS Villa Gimelli Rosanna Garaventa, che ci racconta così le sue emozioni:“Appena arrivati i ragazzi appaiono un po’ spaesati, ma dopo il primo giorno, grazie soprattutto ai numerosi volontari e ai tecnici che li accompagnano con affetto durante le gare, si ambientano alla perfezione e partecipano con vera gioia alla festa collettiva…stanno così bene con i nuovi amici che alla fine della settimana non vorrebbero più andare via”. Riportiamo anche alcune dichiarazioni dei veri protagonisti, gli atleti in gara, raccolte sul sito www.specialolympics.it. Dice
SPECIAL OLYMPICS È UN PROGRAMMA INTERNAZIONALE DI ALLENAMENTI E COMPETIZIONI ATLETICHE PER PERSONE CON DISABILITÀ INTELLETTIVA. Le attività sportive, praticate insieme a chi possiede pari abilità, consente loro di migliorare la qualità della vita, mettendoli in condizione di raggiungere il massimo dell’autonomia possibile. Fondato da Eunice Kennedy (sorella di JFK) nel 1968, oggi Special Olympics è riconosciuto dal CIO (Comitato Olimpico Internazionale) ed organizza ogni anno circa 16.000 eventi cui partecipano 3.000.000 di atleti in tutto il mondo. Special Olympics Italia è presente in tutte le regioni e offre la possibilità a circa 10.000 atleti nazionali di praticare, tra gli altri, sport quali: atletica leggera, bocce, calcio, ciclismo, equitazione, ginnastica, golf, nuoto, pallacanestro, sci, tennis e tennis tavolo.
Annamaria: “Questa vacanza è stata meravigliosa perché mi ha dato la possibilità di conoscere altre persone, volontari e amici. Ho scoperto il valore dell’amicizia e poi ho vinto e non me l’aspettavo, quindi mando un forte abbraccio a tutti dicendo che vi voglio bene, grazie”. Replica Mariangela: “Questa vacanza mi ha dato l’impressione di avere delle opportunità, non solo nello sport, ma anche nel campo delle amicizie. Mi sento più felice e soddisfatta”. Stesse sensazioni che accompagnano fami-
PISCINA ESTIVA: UNA BELLA ESPERIENZA… PER TUTTI
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rmai l’attività della piscina estiva sta volgendo al termine e come sempre il bilancio è positivo. I ragazzi si sono divertiti, hanno preso il sole e spesso un buon caffè al bar. Ma quello che volevo sottolineare con piacere è come tutto l’ambiente ci abbia considerato in maniera del tutto naturale e con reale simpatia. Se non mi stupisce il fatto che tutto il personale della S.S. Rapallo Nuoto sia sempre disponibile e allegro con noi, così come gli abituali frequentatori della piscina che ormai si intrattengono scambiando spesso due chiacchiere coi nostri ragazzi al bar, abbiamo potuto piacevolmente constatare come anche i bambini ed i ragazzini che frequentano la piscina non dimostrino alcun “disagio”, anzi accettino volentieri i giochi che tante volte i nostri ragazzi richiedono. Spesso poi aiutano noi operatori in piccole mansioni, come ad esempio porgerci le ciabatte o azionare la doccia; sono piccole cose, qualcuno potrebbe dire “ci mancherebbe altro”, invece credo che sia un aspetto importante da cogliere perché vuol dire che in questi ragazzini c’è la sensibilità di capire che è importante “accettare” tutti.
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Viviamo in una società in cui ci viene instillata in maniera martellante la “cultura” del “più forte”, del “più bello”, del “più intelligente”, mentre il valore di una società civile si dovrebbe misurare nel modo in cui si sa rapportare con i più deboli, e non parlo solamente dei diversamente abili. L’andare in piscina fa parte di un progetto di inserimento, ma questa parola non può essere letta solo dal punto di vista del diversamente abile; è un insegnamento che interessa anche i ragazzi “normodotati” perché, come avviene per l’inserimento scolastico, anche in acqua si trovano a rapportarsi con chi ha delle difficoltà, e davanti a queste difficoltà devono ogni giorno “scegliere” da che parte stare. Così, nel nostro piccolo, in piscina vediamo con piacere come tanti ragazzi attraverso
di Francesco Grandi
liari, tecnici e dirigenti dello Special Olympics, come risalta dalle parole di commiato del Vicepresidente Alessandro Palazzotti: “La speranza è che nei vostri cuori rimanga il nostro amore!”. Il prossimo appuntamento con una delle più belle feste dello sport nazionale è fissato dal 5 all’11 giugno 2011 a La Spezia, con i nostri “cugini” dell’ANFFAS in prima linea nell’organizzazione dell’evento e noi tutti pronti a tifare per i nostri ragazzi “speciali”. di Giovanni Sala
I ragazzi dell’Associazione ANFFAS Villa Gimelli frequentano da anni la piscina comunale di San Pietro di Novella, gestita dal 1974 con zelo e precisione dalla società sportiva Rapallo Nuoto, che da sempre ci è stata amica e ci ospita con grande disponibilità. L'impianto rimane aperto al pubblico per circa 330 giorni all'anno dalle 9,00 alle 21,00 (dalle 10,00 alle 20,00 in estate) e le presenze annue hanno toccato quota 150.000 (tel 0185/263003 – www.rapallonuoto.it). Fondata il 30 novembre 1971, la S.S. Rapallo Nuoto del Presidente Alessandro Martini ha molti collaboratori di prestigio: tra gli altri ricordiamo Angelo Angiollieri, ex nuotatore della Nazionale Italiana che riveste il ruolo di responsabile del settore tecnico nuoto, direttore di impianto e coordinatore corsi nuoto, Mario Sinatra, allenatore della squadra femminile di pallanuoto che milita in serie A1 e si è aggiudicata il titolo di Campione d’Italia giovanile e Luca Piciafuoco, allenatore della squadra maschile di pallanuoto (serie C).
semplici gesti come quelli descritti prima sappiano fare loro questi valori di reale integrazione… e vedendo queste cose ogni tanto
mi vien da pensare che forse il futuro ci riserverà una società un po’ migliore.
VILLA GIMELLI
A Traversella... la vacanza è sempre più bella! CRONACA DI UNA ESTATE ALL’INSEGNA DELL’ALLEGRIA, DELLA NATURA E DELLA BUONA CUCINA
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l sole, con i suoi caldi raggi, si è fatto spazio allontanando le ultime timide nubi e annunciando l’arrivo dell’estate; con essa è giunto finalmente il sospirato momento delle vacanze e anche quest’anno, per trovare un po’ di fresco e relax, abbiamo scelto Traversella. Appena saliti sul pulmino il sorriso è apparso sul viso dei nostri ragazzi, la solita allegra “banda” composta da Anna, Antonio, Enrico, Fabio, Giuseppe, Luisa, Luisella, Nadia, Nenne, Roberta, Roby e Sandra. Con loro gli operatori Alberto, Mario, Stefania e Vanda e la coordinatrice Minutillo. Arrivati a destinazione ad attenderci c’erano “Mamma Rosa” e Samuela, che con affetto e simpatia gestiscono la struttura creando la stessa atmosfera che si potrebbe respirare a casa. I ragazzi hanno subito ritrovato il proprio posto letto e si sono divertiti un mondo a disfare i bagagli insieme a noi. La cucina quest’anno era affidata all’Albergo Le Miniere, che ci ha deliziato il palato con un menu sempre vario e a volte ci ha viziato con torte e leccornie di vario genere, soprattutto quando l’occasione era quella di festeggiare il compleanno di Nenne e l’onomastico di Anna. Al pomeriggio e alla sera si dava poi inizio alle danze con musica di ogni genere, dal pop al latinoamericano, per arrivare poi a dilettarci in lunghe sfide al karaoke. Alberto si è dilettato a preparare una sala proiezioni in piena regola dove si potevano vedere i film sul grande schermo, rivivendo l’atmosfera di particolare coinvolgimento che soltanto il cinema sa creare. Insomma, non ci si è mai annoiati, tra uno scherzo, una scaramuccia e le immancabili sfide verbali tra genoani e sampdoriani, il tempo è scorso veloce e spensierato. C’erano poi le gite organizzate, sicuramente la parte più divertente del programma! Ogni giorno per noi era una scoperta e un’e-
mozione nuova, come in occasione della gita al Lago di Meugliano e a quello di Alice. Il Lago di Meugliano, situato a 750 metri di altitudine, si presenta circondato da migliaia di conifere e le sue rive sono percorse da un comodo sentiero che permette di godere appieno dell’aria pulita e di una vista incantevole. I nostri ragazzi erano davvero senza parole osservando le meraviglie della natura. Un’altra bella giornata è stata quella in cui abbiamo visitato Chamonix, paesino di montagna molto caratteristico, con le sue case dai tetti spioventi fatti apposta per non far fermare la neve d’inverno… ma Luisella, che della neve è letteralmente innamorata, sperava di vederla comunque anche con queste temperature e noi la prendevamo simpaticamente in giro. Non poteva mancare l’appuntamento gastronomico per gustare l’ottima “polenta concia” tipica di queste zone, che abbiamo mangiato con soddisfazione in un ristorante tipico nel paesino di Fondo. Ma la gita che ci ha appassionato maggiormente è stata senza dubbio la visita alla fattoria! Mucche, tori, maiali, galline, cavalli… le due signorine che gestiscono l’azienda ci hanno mostrato tutti gli animali con pazienza e disponibilità. Enrico si è divertito a inseguire le galline, mentre Fabio che impazzisce per i cavalli ha spiegato ai suoi amici come ci si prende cura di questi nobili animali.Altri si sono appassionati alla mungitura delle mucche e a osservare le altre piccole mansioni quotidiane della vita di campagna. Il pomeriggio è finito in maniera molto “dolce”, visto che abbiamo potuto partecipare tutti assieme alla preparazione del gelato, utilizzando i prodotti genuini della fattoria e gustandoci poi a casa il frutto del nostro lavoro… Insomma, se proprio bisogna trovare una nota negativa a questa vacanza, bisogna dire che questa bella avventura è finita troppo presto… Traversella, arrivederci al prossimo anno!
Mostra dei lavori alla Lega Navale Nei giorni 25 e 26 settembre si è svolta presso i locali della Lega Navale Italiana – sede di Rapallo – una mostra di lavori dei ragazzi dell’Anffas Villa Gimelli. La collaborazione con gli amici della Lega Navale ha permesso di far conoscere a un vasto pubblico la realtà del nostro centro e la bella oggettistica prodotta all’interno dei laboratori di ceramica, falegnameria e bricolage. Un evento ben riuscito grazie soprattutto all’interessamento del Presidente della Lega Navale Paolo Muscas e del Consigliere Vincenzo Annibale e che speriamo diventerà un appuntamento fisso nel calendario delle manifestazioni della nostra Associazione.
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di Stefania Carta
di Francesco Grandi
Microstorie
Quando la guerra non faceva sconti a nessuno
di Emilio Carta
LA STORIA DEL COMANDANTE SAMMARGHERITESE LUIGI GALLIANO DA BORSANERISTA PER FORZA ALLA VITA DI MARE
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uando il mare era salato, e non parliamo del romantico mondo della vela, la carriera a bordo, conclusi gli studi nautici, beninteso, iniziava con la qualifica di mozzo. Poi, se eri bravo, dopo qualche mese passavi “giovanotto” e, col passare del tempo, allievo di coperta sino via via scalare tutti i gradi del comando. Luigi Galliano, oggi ottantatreenne, ricorda come fosse ieri la data del suo primo imbarco: “Era il 20 aprile 1950 e partii da Genova sulla Lisa Parodi diretto a Rotterdam per caricare carbone e da qui in Grecia, nel Peloponneso, dove gli uomini scaricavano col solo aiuto delle cuffe, le ceste”. Una vita in discesa, dunque? Tanto facile non direi anche se, sinceramente, non mi ritengo un tipo da interviste per il semplice motivo che la mia vita è stata del tutto normale, senza particolari fatti da rimarcare o da raccontare che possano interessare ad altri. Quando ero giovane c'era la guerra e per sbarcare il lunario e mettere qualcosa nella pancia, si andava sul Monte a tagliare i pini che servivano per alimentare il fuoco della nostra fabbrica di sale che poi ogni giorno veniva venduto a chi si incaricava di portarlo dove era maggiormente richiesto. Poi per un certo tempo ho lavorato per i tedeschi che stavano scavando delle gallerie nel parco dell'Hotel Bristol. A quel tempo noi eravamo sfollati in collina e per andare sul posto di lavoro dovevo alzarmi molto presto perchè per arrivarci dovevo fare parecchi chilometri a piedi. Mia madre mi preparava un panino di farina gialla preso con le tessere o comprato a borsa nera con dentro un po' di lardo come companatico e doveva bastarmi per tutto il giorno. Fortunatamente il mio capo che era un giovanottone italiano che mi aveva preso in simpatia, durante la giornata mi mandava nel giardino dove c'erano molti aranci e, ..arrangiati, mi diceva. E io sapevo quello che dovevo fare... E poi, finita la guerra che successe? Mio padre venne colpito da infarto e in casa le bocche da sfamare erano tante. A risolvere la situazione furono i marinai dei dragamine inglesi con tutto il ben di Dio che avevano a bordo. Io parlavo un po’ di inglese avendo già fatto due anni di Istituto Nautico e ne approfittai per fare i miei commerci e soddisfare i bisogni delle mia famiglia, composta da mio padre gravemente ammalato, mia madre, mia sorella di 10 anni, mio fratello di 5 e dalla mia vecchia nonna, la mamma di mia madre. Quando capitava e riuscivo a trovare qualche mezzo di trasporto andavo a Camogli per assistere a qualche lezione. Va bene, Comandante, ma poi lei ha preso la via del mare.…. Sì, a 22 anni mi imbarcai sulla Lisa Parodi dove restai ben 21anni. Girai un po’ dappertutto: dopo l’Olanda e la Grecia, la Tunisia e il Marocco per caricare fosfato. Poi passai sulle navi passeggeri e in particolare restai a bordo dell’Homeric e della Flaminia per una decina d’anni, ma la mia carriera in marina fu stroncata dall'irruzione nella mia vita di una persona ricca e, come tale, abituata ad ottenere a qualsiasi prezzo tutto quello che voleva. Ed io capitai nel momento in cui lui voleva alle sue dipendenze una persona che confacesse ai suoi desideri. Comandante, si spieghi meglio per favore Questo signore, per il suo cinquantesimo compleanno aveva deciso di regalarsi uno yacht,e non uno yacht normale per quei tempi, ma una
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costruzione in acciaio di 36 metri fatta nel miglior cantiere inglese, il Camper&Nicholson, considerato il non plus ultra dei cantieri della categoria. E naturalmente, nella sua megalomania, anche il Comandante necessariamente doveva essere super… La scelta cadde su di me non per meriti speciali, ma perchè l'armatore aveva deciso che al comando del suo yacht dovesse esserci un Capitano di Lungo Corso, e in quel periodo con quel titolo a casa c'ero solo io...essendo tutti gli altri al momento imbarcati (anche se, a dire il vero, a quel tempo ad avere quella qualifica eravamo proprio in pochi.) Così lei è passato da una nave passeggeri ad uno yacht? Sì, così il mio armatore poteva pavoneggiarsi con i suoi amici che avevano barche più piccole dicendo: il mio Comandante é un Capitano di Lungo Corso... E cosi la mia carriera in marina, iniziata con tanto entusiasmo e con altrettanti sogni di avventure a tutte le latitudini...finì miseramente in questo modo, un po’ inglorioso se vogliamo, ma con notevoli vantaggi economici e soprattutto, cosa molto importante per me, con la possibilità di essere spesso vicino alla famiglia e poterne seguire più facilmente da vicino i problemi. Ma, oltre a questo, non posso né devo onestamente omettere di ricordare tutti i vantaggi, i favori, le gentilezze e gli aiuti di ogni genere che ho avuto dall'Ing. Alexandri e dalla sua famiglia durante tutto il periodo del nostro rapporto durato ben 14 anni. Possibile che dei suoi viaggi non rammenti nulla di emozionante o dei contrattempi? Naturalmente sì, trattandosi a volte di viaggi abbastanza impegnativi come raggiungere a ponente Barcellona, Marbella, Gibilterra, Tangeri o Siviglia o, a levante, Il Pireo, Istanbul, Odessa. Ma navigare nel Mediterraneo durante l'estate è quasi sempre gradevole e privo di spiacevoli imprevisti. Suvvia non faccia il modesto a oltranza Beh, l'attraversamento del Golfo del Leone spesso è da prendere con le pinze...soprattutto per navi passeggeri o in zavorra; non pericolosissimo, intendiamoci, ma parecchio fastidioso dato che provoca malesseri ed anche un bel po’ di paura.. E parlo d'estate, perchè d'inverno la musica cambia parecchio. Non per niente gli inglesi, che di mare se ne intendono, considerano il Golfo del Leone anche più pericoloso della Guascogna. Più di tutti però sono temibili i viaggi per il Nord America, perchè in genere il Nord Atlantico d'inverno è una ...brutta bestia. E' successo anche a me che, trovandomi un bel po’ a nord delle Azzorre, diretti in Virginia, a Norfolk, in mezzo ad uno "storm"(tempesta) un po' maleducato e con la nave in zavorra, facendo a mezzogiorno il punto nave con parecchia difficoltà a causa delle condizioni del cielo, mi ritrovai con la nave diverse miglia indietro rispetto al punto del giorno prima. E non è stata quella l'unica volta. E’ capitato anche a me d’inverno di vedere i sorci verdi in Atlantico su una vecchia Liberty. Ma il Pacifico è davvero così tranquillo? E' abbastanza onesto, ma quando si forma qualche tifone sono veramente guai grossi. Facendo viaggi dal Golfo Persico a San Francisco in California per circa un anno, l'ho attraversato un bel po’ di volte e quasi sempre impunemente. Una sera, dopo aver attraversato lo Stretto di Malacca, aver superato l'isola di Okinawa e trovandoci ormai a sud del Giappone, quasi improvvisamente un'oscurità minacciosa da levante pareva annunciare qualcosa di sinistro. E in brevissimo tempo un vento violentissimo ci assalì creando una sinfonia di fischi infernale, mentre la
Un’immagine degli anni Ottanta del Comandante Luigi Galliano durante la navigazione
La petroliera Vidol
Luigi Galliano in una foto degli anni Cinquanta
notte in un baleno si era fatta profonda, creando un'oscurità paurosa e totale mentre un piovasco, chiamiamolo così, di una intensità mai vista si abbatté sulla nave e i vetri del ponte di comando sembravano vacillare e sul punto di cedere e sbriciolarsi da un momento all'altro. Fortunatamente resistettero. E in quel momento noi, piccoli uomini rinchiusi nello scafo d'acciaio della grande nave, ci ricordammo del Padreterno e lo ringraziammo di cuore...cosa che normalmente i marinai non fanno, anzi sono più propensi a bestemmiare piuttosto che a recitare giaculatorie. E il mare? Erano onde mostruose che, sfidando spavaldamente la prua della nave, quasi consapevoli della loro forza, sfogavano tutta la loro potenza sul resto dello scafo che era quello di una petroliera di oltre 80.000mila tonnellate, con la pancia piena di crudo. Lo scafo sopportò egregiamente e pazientemente gli assalti sempre più violenti reagendo con vibrazioni composte quasi ci fosse qualcuno che si divertisse a fargli il solletico. E l'uomo? Costretto a rimanere inerte davanti a questi eventi contro cui nulla può fare si rassegna, non avendo alternative mormora ancora una preghiera se è credente o si a incavola fuori misura prendendosela con tutti i santi che sono in paradiso.. Ma a nulla serve, vale solo il buon senso e la tranquillità che viene dalla fiducia nei mezzi costruiti dall'uomo che con la sua tecnica, intelligenza, esperienza e caparbietà nell'affrontare i problemi, sempre o quasi riesce a sconfiggere tutti i suoi nemici, perchè è lui il più forte. Sono riflessioni fatte a freddo, s’intende, perché per la verità, quando ci si è nel bel mezzo...beh..ci
sta anche qualche timore, è del tutto umano. Momenti terribili in cui è difficile valutare la complessità della situazione tanto che ad un certo momento non si riesce più a stabilire col nostro io, se dentro di noi c'è paura, panico, terrore, o semplicemente niente di tutto questo; può spuntare, sorprendentemente, un senso innaturale di tranquillità che viene forse dal profondo di noi stessi, convinti al momento della nostra immortalità, che nasce dal profondo come reazione alle forze della natura che tentano di sopraffarci.... E la lotta prende forma di sfida fra le terrificanti forze della natura ed i mostri costruiti dall' uomo. Ed è l'uomo che, fortunatamente, forte della tecnica prodotta dalla sua intelligenza, esce quasi sempre vincente da queste sfide. Poi la tempesta si placa quasi improvvisamente, le cataratte del cielo hanno fortunatamente esaurito le loro riserve ed il mare adesso spinge le sue onde, ancora spaventosamente alte, ma in modo più educato e mansueto, tanto che lo scafo ormai scorre liscio come sulle acque di un lago ... L'incubo è finito. E' durato circa 24 ore ma sono sembrate un'eternità!! Ora sono seduto su una poltrona e, dopo tanti anni che non riesco più a contarli, sfoglio il quaderno di navigazione di quel tempo che racconta e ricorda con aridi numeri quei momenti, per dirla con un eufemismo, un po' “scomodi”. Meno male che non aveva nulla da raccontare della sua vita! Sono passati tanti anni, ormai sono vecchio ed i ricordi, anche quelli non troppo piacevoli, sono solo immagini rimaste impresse nel cervello, immagini forse un po' sbiadite, ma ancora presenti e che porteremo con noi fino al momento dell’”E' finita la festa...” e possiamo concludere con un “Lodato Gesù Cristo” che fin qui ci ha permesso di arrivare. Mi lasci dire ancora una cosa. Ringrazio l’Anffas e i genitori che in passato, nell’indifferenza totale delle istituzioni, hanno creato questa splendida realtà. Sono persone benemerite come lo è anche la recente costituzione dell’Associazione “Dopo di noi” per assicurare a questi ragazzi una vita dignitosa e nel calore anche quando i genitori non ci saranno più.
Storie di mare
USS Williamsburg: una nave, una storia L
di Carlo Gatti
UN TEMPO SI DICEVA: “OGNI NAVE HA IL PROPRIO DESTINO, COME UNA PERSONA, ED È SCRITTO DA QUALCHE PARTE”
a nave (al maschile, se militare, al femminile negli altri casi), nasce sullo scalo di costruzione, si muove sulla parabola dei sette mari, raggiunge il massimo splendore con la notorietà bellica o commerciale. Poi, con molta umiltà, restringe il suo raggio d’azione e infine, con la tristezza nel cuore, si mette in rotta per l’ultimo porto di destinazione. Ancora un sussulto arriva quando il suo fascino, sempre più rugoso e démodé, attira l’attenzione di un lugubre soggetto dello shipping: il demolitore navale, che promette di gestire il suo ultimo scorcio di vita nel modo più indolore. Nella fossa comune, infatti, il suo “corpo” è diviso in tante parti che saranno riciclate e torneranno a vivere e a navigare con altri nomi e sotto altre bandiere. Nel cimitero del cantiere, ultimo testimone della sua esistenza, restano i ricordi di una vita breve o lunga, scialba o gloriosa. Non c’è dubbio! All’ipotesi di una vita lunga e gloriosa è collegata la storia della USS Williamsburg che resiste al tempo da ben 80 anni, e ancora rifiuta le insistenti avances del demolitore, nell’attesa d’essere ancora una volta acquistata e rimessa in ordine, per riprendere il mare in quel punto della sua parabola esistenziale che si era fatalmente interrotta. La USSWilliamsburg fu varata nel 1930, venne sequestrata nel 1941 dalla Marina Militare. Trasformata in nave da guerra, pattugliò per tutto la Seconda guerra mondiale le coste dell’Islanda. Nel 1945,Truman fece ritornare la nave alla sua precedente struttura di yacht che divenne così la sua Casa Bianca navigante, sulla quale il Presidente disponeva di due pianoforti che amava suonare nella sua suîte e nella sala da pranzo.A bordo non mancavano le attrezzature necessarie per la pesca e le barche di servizio per le battute. Nel 1948, il Presidente Truman trascorse a bordo ben 17 weekends, e non mancarono le occasioni per ospitare famosi Capi di Stato.
Squadroon. Tra gli altri illustri personaggi che firmarono il “Guest Book” di quel periodo si ricordano: Joseph Stalin, il Primo ministro inglese Clement Atlee, il Presidente del Messico Aleman, il Primo Ministro francese. Truman lo usò, inoltre, per le sue visite di Stato a Cuba, Portorico e alle Isole Vergini. Quando negli anni ‘60, Truman ne decise la vendita, il suo successore Eisenhower, scelse per la Williamsburg una dignitosa vita come nave oceanografica. Nel 1972 fu trasformata in “ristorante galleggiante” a Filadelfia. Nei primi anni ’80, fu acquistata
da un'Associazione che voleva trasformarla in Museo. Ma alla fine fu venduta al Cantiere Valdettaro di La Spezia (oggi scomparso), che aveva già curato il restauro dell' «Istranka», lo yacht del maresciallo Tito e del «Pacha III» di Carolina di Monaco.. (come ci riferisce V. Zaccagnino) Oggi, la nave presidenziale americana, utilizzata dal 1945 al 1953 da Harry Truman e
A sinistra W. Churchill e Truman
Winston Churchill era particolarmente affezionato alla Williamsburg e nel 1952 si presentò a bordo con l’uniforme del RoyalYacht
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La Williamsburg alle Grazie - Spezia
In questa foto di gruppo scattata sulla “Casa Bianca Galleggiante” sono riconoscibili i più importanti personaggi politici dell’epoca.
Dwight Eisenhower, è solidamente ormeggiata alle Grazie-La Spezia con un look dimesso e trasandato. Del suo glorioso passato è rimasto soltanto il nome e lo shape che guardano tuttora, con aria di sfida, il passaggio di tante sorelle più giovani alle quali vorrebbe raccontare la sua inimitabile storia. A bordo della “Casa Bianca” navigante vennero prese importantissime decisioni politiche che ancora oggi fanno sentire il proprio peso: - La politica mondiale dopo il lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki - L’esame dei risultati della Conferenza di Potsdam. - La preparazione della Campagna presidenziale del 1948. - La pianificazione della strategia americana durante la Guerra di Corea. - La destituzione da comandante in capo in Corea del Generale Douglas MacArthur. Ogni nave ha la sua storia, dicevamo, ma se la Williamsburg potesse parlare, forse potrebbe raccontarci di tanti e tanti segreti non ancora svelati dai nostri libri di storia.
L’idea
Valorizziamo il patrimonio storico rapallese speranza
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elle ridenti vallate di Santa Maria del Campo e di San Massimo esiste da secoli un patrimonio storico che tutto il mondo ci invidia e che necessita di una concreta VALORIZZAZIONE sostenuta da un impegno economico pluriennale, visto non solo quale conservazione del patrimonio storico della città ma soprattutto come risorsa economica derivante da un programma serio nell’ambito del turismo religioso. Nella vallata di San Massimo oltre alla Chiesa Parrocchiale e alle varie edicole mariane abbiamo il Monastero di Valle Christi e l’Ospedale di San Lazzaro in Bana, così nella vallata di Santa Maria la Chiesa Parrocchiale, l’Oratorio di Nostra Signora del Suffragio, edicole mariane, il Santuario di Nostra Signora di Caravaggio e il Cenobio di San Tommaso. Ne ricordiamo tre:
MONASTERO DI VALLE CHRISTI – Il 29 aprile 1204 l’Arcivescovo di Genova, Ottone Ghillini, esprime parere favorevole alla costruzione di un monastero di monache di clausura in località San Massimo su terreni di proprietà di Attilia Malfante, vedova del Console Angelerio De’ Mari assassinato nel 1187 dai seguaci di Lanfranco DellaTurca. Così scrive l’Arcivescovo: “dilectis sibi in Christo filiabusTybe e Altilie de Mari”. Nota importante, il Monastero non doveva sostituire i diritti della Parrocchia di Rapallo, né di quelle circostanti, pagando inoltre un canone annuo di “quattro soldi” per la Diocesi di Genova, al Capitolo della Cattedrale e all’Arciprete di Rapallo. Il Monastero dipendeva direttamente dalla Santa Sede con il vantaggio di non dover pagare tasse alla Curia Genovese. Il “Libro Rosso” del Comune di Rapallo annota che le prime religiose che presero possesso del Monastero erano dell’ordine Cistercense, derivazione di quello Benedettino. Infatti il Monastero è dedicato a “Santa Maria in Valle Christi” e può essere collegato ai cenobi benedettini di Altavalle, Chiaravalle, Valle Chiara e Valleverde.Alcuni “frammenti” storici: dal 1212 vi soggiorna per due anni la nobile Carenzia Visconti, parente del futuro Pontefice Gregorio X, proveniente da Piacenza; il 5 luglio 1240 Gregorio da Romania,delegato di Papa Gregorio IX, sollecita l’ingresso di una nuova consorella e dal documento si apprende il nome
Il Monastero di Valle Christi
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delle tre Suore, Ermella, Giulia e Divizia, che vengono chiamate “fondatrici”; il 9 aprile 1264 un atto notarile cita nove religiose di Valle Christi oltre la Badessa Beatrice; il 15 novembre 1529 il Sacerdote di Rapallo Giovanni Barlaro legava “libras octo Januinorum ad guarnimentum et ornatum reliqua Sancti Blasii”. Nel Monastero era venerata la reliquia di San Biagio, donata alle monache da un capitano genovese al seguito di Gaspare Spinola nella vittoriosa spedizione in Dalmazia del 1380. Attualmente la reliquia è conservata nella Chiesa Parrocchiale dei SS. Gervasio e Protasio i Rapallo. Ulteriori “frammenti” ci notificano che nei secoli XIV e XV le monache erano proprietarie dell’ospedale dedicato a San Bartolomeo in Ruta e nello stesso periodo abbiamo il passaggio delle suore Cistercensi alle suore Benedettine: nel 1537 Mons. Agostino Giustiniani scriveva negli Annali della Storia di Genova: “Il Monastero di Val de Christo, altre volte di monache cistercensi, et al presente di Santa Chiara osservanti”; il Pontefice Clemente VII in data 19 gennaio 1531 trasferisce le suore in Genova ed il Pontefice PioV in data 3 ottobre 1568 ne sancisce la chiusura. Il convento viene successivamente venduto all’asta “con li beni e claustro” a Nicolò Bardi, per arrivare ai nostri giorni di proprietà del Comune di Rapallo. Oggi si rendono necessari lavori conservativi e vi è urgenza di un programma gestionale per la creazione del Museo cittadino abbinato a Scuole Archivistiche e di Biblioteconomia. Così potremo salvare uno dei monumenti nazionali (dal 1903), fra le più importanti testimonianze della storia rapallese.
OSPEDALE DI SAN LAZZARO – Lungo la riva sinistra del torrente Santa Maria il curioso incontra, all’inizio di una breve salita, una modesta casa di campagna e l’attenzione viene richiamata da un affresco che ricopre la parete prospiciente l’attuale sede carrozzabile. Si tratta dell’antico Ospedale costruito per accogliere i lebbrosi e dedicato a San Lorenzo, commissionato nel IX Secolo da Giacomo Aste, il quale mise a disposizione il terreno in località Bana, nella Parrocchia di San Massimo. Ad un primo periodo di fertile attività seguì una fase di abbandono a causa della morte del fondatore e della successiva dipartita del figlio Tommasino, che fece decidere Giovanni De Barbieri di Rapallo ad
di Umberto Ricci*
Cenobio di San Tommaso
offrire la somma di trenta lire necessarie per i lavori di restauro per la nuova riapertura. Le notizie storiche successive alla riapertura citano ricoverati nell’Ospedale Nietta del fu Antonio Pellerano di Camogli e due figli,Angelina vedova di Oberto Baliano e Caterina vedova di Ruffino, entrambe di Rapallo. Nel 1480 superando il numero dei posto a disposizione, con atto notarile fu costituita una corporazione con statuto che fissava un contributo di accoglienza per il ricovero di venti lire per i malati di Rapallo e Recco e di venticinque lire oltre ad una “mina” di grano per gli altri. Lo statuto fu approvato dall’Arcivescovo di Genova Mons. Paolo Fregoso il quale nel 1484 concesse il patronato su San Lazzaro aTommasino D’Aste e Giovanni De Barbieri.Ai citati succedette nel 1561 Battista D’Aste. Ma la chiusura era prossima con l’inizio della vertenza fra i protettori e l’Ospedale genovese del Pammatone a causa della decisione del Pontefice Sisto IV riguardante l’unione di tutti gli ospedali minori della Diocesi al Pammatone stesso. In un testamento del 2 gennaio 1505 di un concittadino rapallese si elargi-
va la somma “in reparacione hospitalis Sancti Lazzari”, ma il decesso dell’ultimo discendente della famiglia D’Aste portò gli amministratori del Pammatone ad incorporare i beni e trascurare il lazzaretto, portandolo ad un graduale abbandono. Nella primavera del 1582 Mons. Francesco Bossio, durante la visita pastorale constatava la non funzionalità dell’edificio e ordinava “domus hospitalis instauretur…… per adminastrotores hospitalis Pammatoni Genuae cui asseritur unitum”. Oggi, l’unico “frammento” è l’affresco posto all’esterno della casa di campagna, costituito da quattro scomparti riproducesti altrettante figure, mentre un quinto è definitivamente cancellato. Da sinistra chi guarda riconosce San Giacomo, poi San Lazzaro al quale era stato intitolato l’ospedale, rappresentato da una figura dai lunghi capelli biondi protetti da un copricapo azzurro,con abiti di foggia del‘400,che risulta contagiato dalla lebbre per i segni che presenta sulle braccia e per il sonaglio a tre tavolette quadrangolari che tiene nella mano sinistra. Successivamente troviamo la Vergine col Bambino fra le braccia, mentre nel quarto scomparto è raffigurato San Biagio. L’autore dell’ope-
ra, secondo lo storico rapallese Arturo Ferretto, potrebbe essere il pittore Giovanni Barbagelata di Santa Maria del Campo in Rapallo. CENOBIO DI SAN TOMMASO – I ruderi dell’antico monastero di San Tommaso, di stile romanico, si trovano su di un piccolo poggio nella valle prospiciente il monastero di Valle Christi. Lo storico rapallese Arturo Ferretto nella sua funzione di Direttore del Regio Archivio di Genova, sulla base di documenti dell’Archivio stesso ha fissato la data di fondazione del monastero al 1160 a seguito del documento di vendita di terre di proprietà dei coniugi Giulia e Giovanni Malocello in data 4 febbraio 1161; segnandone i confini, cita i terreni di Bafigo e quelli della Chiesa di San Tommaso. Alcuni “frammenti” storici: 3 febbraio 1230, il Pontefice Gregorio IX prende sotto la sua protezione le suore benedettine di San Tommaso di Genova, seguendo la decisione del predecessore Alessandro III, indicando fra i beni anche il San Tommaso in Rapallo; 15 giugno 1164, un documento cita la Badessa Belenda ed una suora di San Tommaso in Genova, di nome Anna di Albocapite (Arbocò) di origine di Sant’Andrea di Foggia. Nel dicembre del 1209 in un atto di vendita di un terreno sulla collina di Costaguta viene citata la priora Anna; 12 marzo 1221 il Sacerdote Rubaldo viene nominato cappellano; 27 marzo 1247, il Sacerdote Lanfranco viene incaricato di “guidare” la rettoria della Chiesa per un periodo di 15 anni per un affitto di 40 soldi, oltre le terre sul poggio, l’orto con una fontana, le terre di Beogano, i castagneti, i prati ed i canneti di Cassottana, le terre di Spretorio (Spotà). Nello stesso atto viene usata la denominazione di San Tommaso del Poggio; 27 maggio 1451, il Pontefice Nicolò V convalidava la cessione in affitto di terre ai fratelli Giudice che avevano riparato il tetto della Chiesa. L’atto in oggetto era stato deciso dalla Badessa Marietta Grillo e dal Capitolo formato da nove suore. In fase successiva le terre passarono a Bartolomeo Quaquaro di Santa Margherita Ligure per lo stesso reddito annuo superiore ai 20 fiorini d’oro. L’atto reca la data del 25 febbraio 1455; 1465, il Pontefice Callisto III incarica di “guidare” la rettoria il Canonico Masino Fieschi; 1468, la Curia genovese interviene per confermare l’appartenenza del Cenobio di San Tommaso di Rapallo al Cenobio di San Tommaso in Genova a causa dei tentativi intesi ad usurpazioni in atto. Crisi di vocazioni e perdita di alcuni privilegi porteranno il Cenobio ad un graduale degrado ed al successivo abbandono ed al riguardo citiamo due date: 1582, durante la visita apostolica di Mons. Francesco Bossio si visitò la Chiesa e così relazionò: “Nell’Oratorio di San Tommaso, altre volte Chiesa del Monastero di San Tommaso in Genova, essendo che da molti anni non è stata celebrata Messa, né avendo redditi, eretta ivi una croce, si converta in uso profano, si venda ed il prezzo si impieghi ad arbitrio dell’Arcivescovo”; 4 novembre 1597, l’Arcivescovo di Genova Mons. Matteo Rivarola, al termine della Sua visita pastorale, decide la chiusura del Cenobio e la vendita dei beni il cui ricavato servirà per i restauri della Chiesa Parrocchiale di Santa Maria del Campo. Oggi, il Cenobio è proprietà dell’Amministrazione Comunale di Rapallo e si rende necessaria una migliore utilizzazione, quale la campagna di “conoscenza” dei ruderi. Un “triangolo” di storia racchiuso in una zona che riporta lo storico a molteplici fatti guerreschi ma superati dai fatti di “farsi prossimo” di alcune Congregazioni religiose che hanno fatto della terra di Rapallo una fucina di amore per la città. * Cultore di Storia locale
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Salute
Cura degli anziani e residenze protette: nuovi metodi alternativi
INTERVISTA A MAURIZIO ZARRI, DIRETTORE SANITARIO DELLA CLINICA VILLA SAN PIETRO DI GENOVA di Gloria Barbetta
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ome si affronta la sofferenza in una casa di cura per anziani, molti dei quali non autosufficienti? Quali sono le frontiere e i limiti di una vita da trascorrere all’interno di una residenza protetta, dove le pareti bianche possono apparire più strette dei muri della propria casa e nella quale molti ospiti sanno che sono destinati a restare lì per sempre? La maniera per fare sentire qualcuno a casa parte dalla consapevolezza del proprio sé, dei ruoli e dei confini che pazienti e personale che opera nella casa di riposo devono mantenere. A Villa San Pietro, residenza protetta situata in salita superiore San Rocchino a Genova, le giornate trascorrono come in una sorta di appartamento più o meno open, nel quale i pazienti, alcuni dei quali affetti da importanti disturbi psichici, girano liberamente nei saloni comuni, così come negli uffici e negli studi medici, piuttosto che nella palestra e in giardino. Obiettivo è farli sentire davvero a casa: la proprietaria della clinica, Silvana Mantelli con l’equipe di medici e operatori sanitari, ci prova costantemente con grande convinzione: “Abbiamo deciso di dedicarci alla cura di persone anziane in un modo alternativo, ben sapendo che se la salute in qualche modo regge, tutti noi diventiamo vecchi - afferma la proprietaria della struttura - E’ giusto sapere di potere contare su uno stile di vita dignitoso a qualunque età: essere circondati da affetto oltre che da cure mediche, tradizionali e innovative al tempo stesso”. Il dottor Maurizio Zarri, direttore sanitario della clinica, lascia spazio ad una visione olistica della medicina e della cura delle persone: i pazienti a Villa San Pietro possono scegliere di essere seguiti anche attraverso terapie alternative, che in Italia sono ancora piuttosto nuove: la riflessologia plantare, le medicine energetiche, il supporto della psicoterapia e del counseling, l’omeopatia, la mesoterapia, la fitoterapia e le tecniche di immaginazione creativa e rilassa-
mento, usate anche all’Istituto Riza di Medicina psicosomatica, presieduto dal noto psichiatra e scrittore Raffaele Morelli. Dottor Zarri, come si fa a rendere viva la quotidianità di persone che da anni si trovano sedute su una sedia a rotelle e abitano in una casa di cura come Villa San Pietro? Zarri: “La parte che va rinforzata sempre in ogni struttura di questo tipo per vivacizzare i vari momenti della giornata degli anziani ospiti è strettamente connessa ad un percorso di animazione, che va cambiato e aggiornato costantemente affinché si spezzi, almeno in parte, la routine dettata anche dai ritmi della malattia, che affligge i pazienti spesso da numerosi anni. La parte delle emozioni, il supporto psicologico sono aspetti da valutare e tenere presenti sempre più. Quando i parenti dei ricoverati, dei pazienti privati quanto meno, sono d’accordo, cerchiamo di portare avanti cure basate anche sulla fitoterapia e sui rimedi omeopatici. La legge in Italia consente solo l’utilizzo delle terapie tradizionali per i ricoverati in regime di convenzione con Asl e comuni invece sarebbe bene fare come si fa già da tempo all’estero, laddove viene rispettata maggiormente la volontà dei cittadini nella scelta degli strumenti terapeutici. E’ quanto accade ad esempio in Francia, in Svizzera dove ci sono anche i contributi dello Stato per fronteggiare la spesa sanitaria”. Com’è cambiata la percezione del dolore nel corso degli anni per i
pazienti ricoverati a Villa San Pietro? Zarri: “Molti sono rassegnati, alcuni vengono considerati ipocondriaci anche dai famigliari, altri mantengono uno spirito combattivo fino alla fine. I pazienti a volte riescono a fare sentire in colpa i propri congiunti, che li hanno ricoverati nella struttura: questi aspetti poi si riversano sul personale che lavora nella residenza protetta”. Argomenti all’ordine del giorno sui quali concorda anche Stefania Dagnino, la caposala, che col dottor Zarri spiega: “La cosa peggiore in assoluto per i malati è la gestione della parte emotiva, il progetto di vita che per alcuni ricoverati viene meno. Qui il progetto di vita è legato a come passare le ore della giornata, tra le operazioni di routine, il lavarsi la mattina, la colazione e l’attesa dei vari pasti. Alcuni anziani preferiscono isolarsi, chiudendosi nella propria camera e il nostro tentativo è sempre quello di coinvolgerli in una vita sociale, pur nel rispetto dei loro silenzi, della loro privacy”. Il silenzio per un anziano ha un suono e un significato particolare: come si può preservare la privacy di una persona ricoverata in una struttura come Villa San Pietro? Zarri e Dagnino: “Le persone vanno rispettate nella propria individualità: bisogna lasciare loro il diritto di stare soli in alcuni momenti, purché non diventi una sorta di fuga, di isolamento ed estraniamento dalla realtà. Quanto al progetto di vita, conta molto la collaborazione dei parenti e stiamo valutando di optare per forme di volontariato per allestire attività extra-sanitarie, compatibilmente coi fondi a disposizione”. E per ottimizzare la non sempre semplice convivenza tra pazienti, operatori sanitari e parenti “si cerca di mediare le varie esigenze e richieste, gli stimoli che arrivano da più fronti e non è sempre facile” concludono il direttore sanitario e la caposala.
In breve...
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GIORNATA DELLA SOLIDARIETÀ 2010
Domenica 19 settembre si è svolta la gita sociale dei ragazzi dell’ANFFAS Villa Gimelli, che si sono recati a Rivarolo Canavese in occasione dell’annuale “Giornata della Solidarietà”, organizzata come sempre dai nostri amici della “Comunità La Torre” Anffas di Rivarolo, in collaborazione con varie associazioni e gruppi di volontariato locale. Una giornata di vita comunitaria all’insegna del divertimento e della socializzazione, cominciata con la sfilata della banda General Vincent di San Benigno e proseguita, dopo i saluti delle numerose autorità presenti, con la Santa Messa. Dopo un ricco pranzo ghiotto di specialità gastronomiche la festa è proseguita con vari spettacoli, una ricca pesca di beneficenza e l’esposizione di alcuni lavori eseguiti dai ragazzi della Comunità. In serata il ritorno a casa, stanchi ma soddisfatti per la bellissima giornata passata insieme ai tanti amici che incontriamo sempre con piacere. Grazie dell’accoglienza!
NASCE “NEW LIFE RESUSCITATION”
Mercoledì 28 luglio presso la Casa della Cultura di Villa Queirolo a Rapallo è stato presentato il centro di formazione “New Life Resuscitation”, alla presenza del Sindaco di Rapallo Mentore Campodonico, del Presidente della Croce Bianca di Rapallo Fabio Mustorgi e del Presidente dei Volontari del Soccorso Piergiorgio Brigati. Il Direttore del “New Life Resuscitation” Emanuele Sartori ha presentato al pubblico presente il Centro di Formazione studi ed aggiornamento, che nasce dall’unione di consolidate realtà già impegnate da decenni nella formazione, con lo scopo primario di diffondere la cultura e l’organizzazione della rianimazione cardiopolmonare. Il C.D.F. coinvolge medici ed infermieri di diverse discipline e personale laico attivamente impegnati nel settore della rianimazione cardiopolmonare. La formazione degli operatori sanitari, del
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personale impegnato istituzionalmente nelle emergenze e della popolazione in generale è considerata come uno strumento di fondamentale importanza; il gruppo di istruttori del CDF New Life, sta diffondendo nella realtà ligure e in altre regioni d’Italia le linee guida IRC (Italian Resuscitation Council) per la rianimazione cardiopolmonare. Il Centro intende inoltre: Diffondere su tutto il territorio le linee guida internazionalmente accettate per la pratica della RCP (rianimazione cardiopolmonare); Elaborare e/o adattare alle realtà locali programmi di addestramento alla rianimazione destinati a tutti i potenziali utenti, dal semplice cittadino alle figure professionali sanitarie; Promuovere e coordinare attività di studio, aggiornamento e ricerca; Promuovere e diffondere la formazione di una coscienza pubblica, sensibilizzando l'attenzione delle istituzioni e dei sistemi di informazione alla pratica della RCP e ai problemi ad essa connessi; Promuovere la lotta alla morte cardiaca improvvisa e diffondere la cultura dell'emergenza sanitaria nella società civile, attraverso programmi di informazione e formazione alle manovre di Primo Soccorso. SEGRETERIA 393.1834727 – 347.8173663 www.centrinewlife.it
NUOVO DIRETTIVO DEL LIONS CLUB S. MARGHERITA LIGURE PORTOFINO ANNO SOCIALE 2010/2011 Presidente: Giuseppe (Pino) D’Asta - Past President: Marina Ricci Mortola - Vice Presidente: Emanuele Quacquaro -
Ho visitato la Cervara qualche anno fa in compagnia dell’attuale proprietario in un terso mattino di maggio. L’ho rivista una sera al tramonto in un succedersi di tonalità dolcissime, in un trionfo di sfumature di colori e di luci. Lo splendore riacquistato dell’Abbazia di San Gerolamo al Monte di Portofino oltre al panorama mozzafiato che sfida l’alternarsi dell’eterna bellezza del giorno e della notte, tra il mare azzurro ed il verde scuro del monte di Portofino, offre tra le aiuole rifatte secondo i canoni rinascimentali, i fiori di capperi, il profumo dei caprifogli, l’agrumeto e il mirto, uno scenario di grande suggestione e enorme fascino che lascia una traccia profonda nell’animo e nella mente. Il privilegio di aver visitato la Cervara insieme al proprietario dottor Mapelli che se ne è “innamorato a prima vista”, e si vede nella cura amorevole con cui ha fatto emergere il parco e l’antica Abbazia benedettina costruita nel 1361, mi ha arricchito di preziose notizie storiche che legano al territorio ed alla storia d’Italia questa gemma non sufficientemente apprezzata e conosciuta dal pubblico. Il Papa PioVII prigioniero di Napoleone Bonaparte vi fece una sosta nel faticoso ed umiliante viaggio verso Avignone. La Cervara dichiarata monumento nazionale nel 1912, con le intelligenti opere di restauro fatte eseguire dal proprietario apre al pubblico i suoi spazi inediti: la sala degli affreschi, il salone storico, il giardino dei semplici. Può essere visitata dai privati, dalle scuole con visite guidate, prenotandosi al numero verde 800.652.110 (www.cervara.it) ( R. Z.)
Segretario: Gian Luigi Cademartori Cerimoniere: Renata Neirotti - Tesoriere: Ines Celada - CoTesoriere: Giovanni Battista Valle - Censore: Luigi Costa Consiglieri: Alessandro Hubner Ermenegildo Fior - Adalberto Gigli Paolo Pendola - Giuseppe Valvo Giacomo (Mino) Queirolo - Responsabile informatico: Giuseppe (Pino) Romano Comitato Soci: Presidente: Luigi Costa Massimo Busco Responsabile eventi: Gabriella Oriani Leo Advisor: Giuseppe Valvo Soci: Marco Arecco - Giovanni Arena Giuliano Benazzi - Giuseppe Bo - Giovan Battista Figari - Laura Gelmini - Carlo Gennaro - Emanuele Giraudini - Franco Lorenzi - Fulvio Rodolfo Magliocco Giusepe Orsi - Pier Angelo Paladini Officer Distrettuali: Marina Ricci Mortola (Delegato della IV Circoscrizione zona A) - Massimo Busco (Scambi Giovanili) -
DA LEGGERE…
L’Angelo senza voce di Giuliana Chiesa De Marco Ed. Albatros - € 12,90
Villa Castalia, facciata in rosso genovese scolorito dal tempo, è bella e preziosa; si trova al centro del grande parco, ricco di piante e sentieri popolati da statue in marmo e pietre antiche. Qui le vite dei suoi abitanti si intrecciano con l'aura di poeticità romantica che caratterizza questo luogo incantato e magico. Lo sfondo è uno dei migliori per mettere in scena storie di passioni celate e di turbamenti interiori che solo la voce silente di una guida è in grado di svelare e sciogliere. Giuliana Chiesa De Marco al suo esordio con “L'Angelo senza voce” ascolta la voce delle cose e la traduce nelle affascinanti storie di questo libro.
A cura di Francesco Grandi
Gian Luigi Cademartori (Comitato Congressi e Manifestazioni)
ANNO XIV - N. 3 2010
Trimestrale della ASSOCIAZIONE ANFFAS “VILLA GIMELLI” Onlus di Rapallo
DIRETTORE EDITORIALE Rosina Zandano
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HANNO COLLABORATO: Gloria Barbetta, Stefania Carta, Giuliana Chiesa De Marco, Roberto De Lorenzis, Fabrizia Galli, Carlo Gatti, Francesco Grandi, Umberto Ricci, Giovanni Sala, Rosina Zandano
www.villagimelli.it