Anno XXXV - N° 5 (339)
E L A I C E SP
Maggio 2005
Mensile della Parrocchia «S. Giuseppe Operaio» • Via Martiri della Resistenza, 19 - Piacenza • Tel. 0523/753109 • C.C.P. n. 14037295 • Direttore responsabile: Don Giancarlo Conte, parroco • Stampa-tipografia «Grafiche Lama» Le Mose • Tiratura: 3.300 copie • Autorizzazione Tribunale di Piacenza N. 473 • Spedizione in a.p. - 70% - Filiale di Piacenza
Don Giancarlo, 50 anni con Gesù Lettera al Parroco
1955
2005
Il nostro abbraccio Carissimo Don, stavolta tocca a noi scrivere a te. La lettera del parroco diventa la lettera al parroco. Questo spazio, che da sempre è il tuo pulpito di carta, ti viene espropriato. Scusaci, ma dobbiamo dirti alcune cose importanti. Cinquant’anni sono una vita. Cinquant’anni da prete sono una vita dedicata agli altri, a tutti gli altri. E questi “altri” da quasi 34 anni siamo noi, comunità parrocchiale di San Giuseppe Operaio. Siamo la tua famiglia. Ci sei venuto incontro con la tua tonaca nera e con il Vangelo in mano. Hai colto e interpretato il nostro desiderio di sentirci in una compagnia, di diventare qualcosa di più di semplici abitanti delle stesse strade, degli stessi palazzi. Ci hai chiamato a guardare all’Altissimo come fonte della nostra sempre imperfetta fratellanza. E ci hai condotto a “impastarci” gli uni con gli altri nella quotidianità. È bello festeggiare un operaio del Vangelo che raggiunge il 50° di servizio permanente effettivo. Ti abbiamo espropriato anche le pagine interne. Anzi, le abbiamo dovute moltiplicare. Vi troverai le tracce del nostro affetto. Ciascuno ha trovato una sua nota: chi più squillante, chi più sommessa. Comunque sono tutte parole genuine. Prevediamo il tuo commento: avete un po' esagerato... Può darsi. Ma abbiamo un'attenuante: nemmeno tu ti sei mai risparmiato. E' il grazie dei tuoi parrocchiani. Al quale uniamo una preghiera al Signore: che ti ricompensi con abbondanza per la tua opera tra di noi.
La Comunità parrocchiale
Promessa mantenuta
È il mattino di sabato 4 giugno 1955. Duomo di Piacenza immerso nel silenzio. Poi preghiere in latino. Lassù, nel presbiterio alla sommità della scalinata, alcuni giovani prendono la loro vita e la regalano a Dio. Hanno tra i 22 e i 26 anni. Vestiti di bianco, sono arrivati qui dopo studi severissimi (tutti i giorni sveglia alle 5 e 20...) e un lungo ritiro finale nel silenzio. Secondo il rito, si stendono a terra quando il vesco-
Il messaggio del Vescovo
Dio ti ha scelto
vo Umberto Malchiodi impone loro le mani. Massima austerità, gioia tutta interiore. Sorrisi solo alla fine, quando i familiari si accostano ai preti novelli per il bacio delle mani. Tra i consacrati - 24 in tutto - uno si chiama don Giancarlo Conte e spicca per l’altezza. Quel prete novello è il nostro Don di oggi. Quanta strada, da allora. Aveva fatto una promessa grande, cinquant’anni fa. L’ha mantenuta in pieno.
“No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi!” (Novo millennio ineunte)
Carissimo don Giancarlo, nel giorno in cui celebri solennemente il 50° anniversario di ordinazione sacerdotale, voglio esserti vicino e innalzare un inno di ringraziamento e di lode al Signore insieme a tutte le persone che ti vogliono bene, in particolare alla comunità parrocchiale di San Giuseppe Operaio. Dio stesso ti ha scelto ad essere pastore secondo il suo cuore (Ger 3,15) affidandoti il compito bello e impegnativo di aiutare tanti ragazzi, giovani e adulti a conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché fossero ricolmi di tutta la pienezza di Dio ( cf Ef 3,1). A immagine di Gesù Buon Pastore, continua a offrire, senza riserve, la tua vita per il bene di tutti i tuoi parrocchiani. Prego il Signore perché, per intercessione di Maria Santissima e di San Giuseppe, ti benedica, ti conceda grazia, sapienza e salute. Fraternamente in Cristo
Ti benedico di cuore Al reverendo Don Giancarlo Conte che ricorda 50° anniversario ordinazione presbiterale Sommo Pontefice esprime fervidi auguri et mentre invoca su di lui ulteriori favori celesti per una crescente fedeltà at Cristo Sommo et eterno sacerdote et generoso servizio ecclesiale gli invia di cuore implorata benedizione apostolica estensibile at quanti prendono parte sua spirituale letizia. Cardinale Angelo Sodano Segretario di Stato di Sua Santità
+ Luciano Monari, vescovo
P R E G H I E R A
Venerdì 3 giugno ore 21 in chiesa Ora di Adorazione
Il telegramma del Papa
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F E S T A
Domenica 5 giugno ore 16 Concelebrazione solenne
Dopo la Messa nel campo vicino alla chiesa festa e rinfresco per tutti
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Tappe di vita
TREVISO
MILITARE
16 giugno 1930, a Treviso nasce Giancarlo Conte. E’ l’undicesimo figlio di Angelo e Maria Conte.
Originario di Venezia, Angelo Conte era militare di carriera: raggiunse il grado di colonnello. E’ morto nel ‘57 a 67 anni.
La famiglia Conte si trasferisce a Piacenza nel 1936. L’abitazione è nel “casermaggio” di via Benedettine.
TRASFERITI
LA FAMIGLIA Il fratello Ubaldo racconta
Giancarlo, sacerdote già per gioco! M i è stato dato il compito di raccontare mio fratello bambino. Essendoci tra noi solo un anno di differenza, non posso ricordare il Giancarlo piccolo, ma un po’ più grandicello sì. Aveva un carattere molto buono e direi anche abbastanza sottomesso (cosa che può oggi sem-
teatrino dei burattini e se lui Pinuccia e Liliana non volevano partecipare e non ridevano, erano piccole sberle. Quando nel 1959 Giancarlo fu vittima di un grave incidente stradale con la lambretta, vedendolo tutto ingessato all’ospedale, la prima cosa che mi dissi fu “mi dispiace averlo picchiato da
Sarmato, 1944: nel gruppo dei chierichetti il futuro Don è il secondo da destra brare strana…) in particolare nei miei confronti che allora ero vivace e prepotente. Mentre lui e le sorelle più piccole rimanevano a casa e giocavano tranquillamente assieme, io uscivo con mia madre in modo che non potessi disturbarli.
Da bambino aveva l’hobby di preparare altarini e “celebrare” Messe. E se noi fratelli non partecipavamo si arrabbiava pure ... Posso affermare che è nato “prete”. Sin da piccolo il suo gioco preferito era l’ altarino per celebrare la messa. Si arrabbiava, e la sua autorità emergeva, quando noi fratelli non sempre eravamo disponibili a seguirlo in questa sua passione o quando non lo ascoltavamo mentre pretendeva di farci catechismo. A casa nostra c’era una sala dove lui “celebrava”. Usava dei rocchetti di legno vuoti su cui infilava le candeline, il piviale era un asciugamano bello che lui prendeva di nascosto dalla mamma. Io ero l’organista: suonavo la musica con un pettine ricoperto di carta velina che con il soffio vibrava e mandava il suono. Io, invece, mi divertivo col
piccolo, perché non faceva le cose che volevo io”.
Da sfollati, diceva sempre: mi sogno anche di notte un pezzo di pane bianco
Da ragazzi, prima di “sfollare” a Sarmato per la guerra, risiedevamo a Piacenza e la nostra parrocchia era il Duomo. Facevamo entrambi i chierichetti, ma mentre io, terminato il Vespro, correvo al cinema Sant’Antonino, lui si fermava per aiutare il sacrestano a riordinare la sagrestia. Insomma, la chiesa era proprio il suo posto preferito. Allora noi si abitava al “Casermaggio militare” di via Benedettine di cui il papà
Mio zio, nemico delle perdite di tempo Ho lavorato un po’ in segreteria e ho visto quanto è rigoroso. Come mamma, ho poi apprezzato il suo amore per i bambini
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crivere un pensiero in occasione del 50° anniversario di sacerdozio di don Giancarlo è per me motivo di grande emozione, non solo perché è il mio parroco, ma perché è anche mio zio. Fin da piccola ho conosciuto, attraverso i racconti di mia mamma, la sua vocazione avvenuta in età giovanile, quando da bambino, attorniato dai suoi numerosi fratelli, preparava in casa l’altare per la Messa, e anche tutte le tappe della sua missione sacerdotale, rivolta soprattutto ai ragazzi. Ho avuto la possibilità di conoscerlo come “datore di lavoro” quando, appena diplomata, lavorai alcuni mesi in segreteria parrocchiale. Mi resi subito conto che il lavoro doveva essere svolto bene e presto, e non erano ammessi errori né perdite di tempo. Quanti momenti di agitazione allora provai! Col passare del tempo, però, capii che il lavoro svolto bene e con precisione è un servizio per il prossimo, a cui siamo chiamati a dare il meglio di noi stessi. Conobbi in quel periodo la sua grande capacità organizzativa e la sua fiducia nella Provvidenza. Appena sposata arrivai proprio in S. Giuseppe Operaio e sia io che mio marito abbiamo ricevuto un grande sostegno dal Don, soprattutto nei numerosi incontri da lui tenuti per noi genitori in occasione dei Sacramenti dei nostri figli, ma anche nelle omelie e in altri momenti quando ci ha spesso esortati a rimanere fedeli a Gesù sempre, anche quando i figli crescono, dandoci preziosi consigli nel campo educativo. Nella nostra famiglia lo consideriamo il don Bosco di Piacenza, per l’attenzione, lo sguardo premuroso e l’impegno che ha sempre avuto e ha ancora verso i bambini e i giovani. Trovo che questa sia l’impronta più grande della sua vocazione, e ringrazio il Signore per la Sua chiamata e il don per la sua risposta che rimane fedele nel tempo. Giovanna Montanari-Losi
era responsabile, ma pur essendoci un grandissimo cortile per giocare, non potevamo andarci a nostro piacere, perchè dovevamo attendere fino alle 5 del pomeriggio, quando i soldati chiudevano i magazzini e se ne andavano. Di colpo si sentiva un gran vocio: eravamo noi che finalmente avevamo la…libera uscita. Le nostre vite sono state vissute in modo un po’ parallelo e su questo probabilmente ha influito sia la differenza di carattere che l’ambiente militare in cui siamo cresciuti. Nei suoi confronti mi sentivo più grande, perciò gli amici miei non erano i suoi; finite le elementari ho frequentato l’avviamento professionale, lui le scuole medie; a 16 anni io lavoravo, lui proseguiva gli studi. D’estate invece a Sarmato facevamo tutti e due la campagna del pomodoro. Giancarlo era molto appassionato alla lettura, già allora doveva sapere a fondo il perché delle cose, aveva innata la curiosità di sapere, tanto che scherzosamente lo chiamavamo “l’ingegnere”; io, al contrario, preferivo i giochi, gli amici e qualche piccola mascalzonata. Durante la guerra – quando eravamo a Sarmato - il pane (nero) non bastava mai. Andavamo, così, nei campi dopo la mietitura a spigolare e lui diceva sempre che sognava un pezzo di pane bianco anche di notte. Quando ha terminato il liceo non ci ha meravigliato molto il fatto che volesse entrare in seminario, al Collegio Alberoni. Con il tempo i nostri caratteri si sono, per così dire, ribaltati: lui ha acquisito il carattere energico e un po’ severo di nostro padre (colonnello), mentre io mi sono un po’ intimidito. Concludendo: lo ammiro come uomo e come “prete” per l’impegno profondo che ha messo in questi 50 anni nel prodigarsi per gli altri trascurando anche se stesso, per come ama e segue i bambini ed i giovani e per come - nonostante incomprensioni, stanchezze e difficoltà inevitabili in un percorso così lungo - ha tenuto fede alla sua scelta di vita. Ubaldo Conte
Maria, una donna votata ai figli
(p.v.) Le madri dei preti perlomeno molte di loro vivono una specie di vocazione “aggiuntiva”. Si ritrovano un figlio che nella vita decide di far da tramite tra Dio e un pezzo di umanità, e in qualche modo cooperano a quest’avventura. Per questo è giusto ricordare qui la signora Maria, la mamma del don. Tanti di noi ne ricordano il sorriso, là al Boselli 21 trasformato nel quartiere generale della parrocchia nascente. Giovani e fanciulli le invadevano fisicamente i pochi metri quadrati di quella che avrebbe dovuto essere casa sua: lezioni di catechismo, riunioni di gruppi, preparazioni di campeggi... Beninteso, era suo figlio a ordinare quelle invasioni vocianti. E comunque, lei aveva messo nel conto che di “privato” nella vita le sarabbe bastato il minimo. Anche di spazio. Era nata a Gubbio, in Umbria. Il padre aveva fama di anticlericale. Eppure un fratello si è fatto prete. Poi ci ha pensato il suo Giancarlo a fare il bis . Quattordici-figli-quattordici. Con la guerra intorno, con continui trasferimenti in giro per l’Italia quando i superiori ordinavano il cambio sede al marito militare. E lei, Maria, sempre paziente. Ci voleva una gran forza. Una parte di quella forza le è venuta dal Signore. Pregava tanto. Tre corone di rosario ogni giorno. Quando ci ha lasciato, a 83 anni, al funerale don Aldo Corbelletta disse di lei: “Ha riempito la sua vita, non l’ha buttata via”. È stato profondamente vero.
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GINNASIO
Giancarlo frequenta il liceo ginnasio “Gioia”. Suo compagno di banco è Piergiorgio Bellocchio, che fonderà la rivista “Quaderni Piacentini”.
Per sfuggire ai bombardamenti, la famiglia Conte si trasferisce a Sarmato. Qui Giancarlo diventa Delegato Aspiranti di Azione Cattolica.
SFOLLATI
Gli anni di Sarmato
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on Giancarlo ha celebrato la sua prima Messa solenne nella Chiesa parrocchiale di Sarmato, giovedì 9 giugno 1955 festa del “Corpus Domini”. Questa celebrazione è ancora viva nella memoria di molti ed è ricordata anche per la benedizione dell’allora Casa di riposo di san Rocco in costruzione.
La scelta di andare in seminario tenuta riservata. Giancarlo disse solo: “Presto partirò...” E a tutti sembrò naturale immaginare per dove La famiglia del colonnello Conte - composta dai genitori e 9 figli - non era originaria di Sarmato e da poco non risiedeva più in paese. Perché dunque questa prima Messa a Sarmato? La ragione è da ricercarsi nel periodo che va dagli anni della guerra al 1954, quando la famiglia Conte sfollò a Sarmato, per sfuggire ai bombardamenti della città, e fu costretta a rimanervi ancora per diversi anni, perché la loro casa era stata distrutta dalle bombe. Il loro rifugio fu nella “casa San Giovanni Bosco” (Oratorio parrocchiale e casa del catechismo) ivi ospitati dall’Arciprete don Giuseppe Spagnoli.
L’ingresso in seminario avviene nel 1948, con la “camerata” 76ª, composta da 20 seminaristi. In totale all’Alberoni i seminaristi erano 54.
ALBERONI
La Vocazione
E un un amico amico capì capì il il segreto segreto E “Lo so, so, vai vai aa farti farti prete!” prete!” “Lo Il Don con Don Giuliano Borotti, arrivato “curato” a Sarmato nell’agosto ‘45 Ed è nell’oratorio che Giancarlo e i suoi fratelli hanno trovato i loro amici sarmatesi, tra cui Paolino Fornaroli, Nino Fugazza, Mino e Carlo Anselmi, Pietro ed Emilio Boledi, Paolo e Antonio Manfredi, Paolo Cammi, Renato Sbruzzi, Lino Chitti, Roberto Horak, Fausto Pastorelli, Nanda e Marina Scotti, Bianca e Francesca Boledi, i fratelli Barbieri, i fra-
telli Dimitri, Mario Guasconi, le sorelle Gualla, Letterina Piroli, Tonino Gobbi, Antonio Giocoli e sorelle, Riboni, Peroni, Buttafava, Bergonzi, Mazzoleni e tanti altri che lo ricordano come un ragazzo speciale, socievole, amante del gioco, particolarmente corretto nei rapporti con gli altri. Con il curato don Giuliano Borotti ha svolto il compito di Delegato Aspiranti
dell’AC, aiutando anche nel catechismo e nel servizio all’altare. La sua predilezione per i campeggi estivi è nata qui a Sarmato, con don Giuliano, in quei primi spartani campeggi del 1947 e 48 a Casaldonato e a Brugneto di Ferriere. Appena prima di entrare in seminario disse ad un amico che presto sarebbe partito. L’amico,
Seminarista a rischio espulsione Ripubblichiamo alcuni brani dell’articolo che Don Aldo Corbelletta, nel frattempo scomparso, scrisse in occasione del 25° di ordinazione di Don Giancarlo. Don Corbelletta era nel 1980 parroco del Corpus Domini
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i siamo conosciuti sui banchi di scuola d’esame ai primi di luglio del 1948. Eravamo nella sala colonne della Curia Vescovile. Giancarlo Conte era un concorrente per la borsa di studio
Era entrato in Collegio dopo aver frequentato tutta la scala dell’Azione cattolica: fanciullo, aspirante, junior, delegato aspiranti di Sarmato. Era perciò perfettamente “ortodosso”. Non avevamo quasi nulla in comune; eppure legammo in
C’erano gli esercizi spirituali: cinque giorni di silenzio assoluto. Lui pensò che, se non poteva parlare, avrebbe potuto almeno fischiare: per fortuna il suo amico Aldo lo avvisò che con le regole non si scherzava Don Aldo Corbelletta - è stato amico fraterno del nostro Don sin dagli anni del Seminario. Gli è stato vicino soprattutto nei momenti del dolore (morte della mamma) e delle gioie pastorali.
In paese chiedevano al papà se era contento di avere un figlio prete. E lui rispondeva: “Chi dà un figlio a Dio, ha un passaporto per il Paradiso” La sua vocazione è maturata in un clima, in cui ha giocato un ruolo predominante la famiglia fortemente credente, la parrocchia, la guida spirituale dell’ Arciprete e l’esempio trascinante del giovane curato don Giuliano. Nello stesso periodo a Sarmato è maturata anche la vocazione dell’amico Marco Ferrari, anch’egli qui sfollato da Milano con la famiglia costituita da 9 fratelli, ora Vescovo ausiliare di quella Diocesi. La prima Messa di don Giancarlo a Sarmato era quindi fortemente motivata. Concludo con un aneddoto riguardante il colonnello Conte: a chi gli chiedeva se era contento che il figlio si facesse prete, rispondeva: “Chi dà un figlio a Dio, ha un passaporto sicuro per il Paradiso”. Auguri, don Giancarlo, da Sarmato, dai tuoi amici e da chi ti ricorda e ti vuole bene! Silvio Barbieri
COLLEGIO ALBERONI, 1948 del Collegio Alberoni in borghese. Aveva già frequentato la prima liceo al “M.Gioia”. Vorrei ricordare solo alcuni episodi della sua avventura all’inizio della vita di Collegio Alberoni. Riflettono in proiezione tutto il suo stile futuro.
avendo capito, esclamò: “Vai a farti prete !” Ma l’unica risposta fu un sorriso, senza conferme, né smentite. Giancarlo non parlò della sua vocazione agli amici di vita e di gioco, ma a tutti sembrava naturale che sarebbe diventato prete.
maniera profonda. Lui figlio di un colonnello; io di un montanaro; lui juventino, io “torinese”, lui bartaliano sfacciato, io coppista arrabbiato. Al gioco del calcio lui portiere, io attacsegue a pag. 8
Noi ragazzi chiamati da Dio L’augurio di Mons. Marco Ferrari, amico del Don a Sarmato e ora Vescovo ausiliare a Milano
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o conosciuto Don Giancarlo quando ancora non era “Don”. Era semplicemente un ragazzo di dodici anni. Io ne avevo due in meno, e anche adesso… è così. Ci siamo conosciuti a Sarmato dove le nostre famiglie erano sfollate, la sua da Piacenza, la mia da Milano. Chi era Giancarlo quando l’ho conosciuto, pensate, sessant’anni fa!? Lungi da me il pensiero di descriverlo. Mi permetto solo sostare un momento, con uno sguardo sintetico. Era un ragazzo intelligente, vivace, fantasioso, capace di
scherzare e… di fare scherzi, mai annoiato, sempre interessato, capace di proporre e di trascinare: era un ‘leader’! Una persona così, con tale ✝ Marco Ferrari segue a pag. 8
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Tappe di vita l’estate, da colAPPENNINO Durante legiale, don Giancarlo con l’amico Aldo Castagnoli assiste i ragazzi di Veano e Bicchignano e li porta in gita.
Dopo l’ordinazione, ancora un anno di teologia. Poi, nell’estate del 1956, il primo incarico: curato a Pianello
PIANELLO
1963 don SS.ma TRINITA’ Nel Giancarlo passa alla SS.ma Trinità: qui trascorrerà gli anni di grande fermento del Concilio Vaticano II.
Franco Carlappi, l’ex chierichetto ora sindaco
Pianello Il campeggio-lampo “ del neo curato
Gli anni di
La testimonianza di Mons. Molinari
L’arrivo in Val Tidone avvenne ad estate inoltrata. Ma don Giancarlo organizzò subito una vacanza in tenda: la prima di una serie lunghissima
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i siamo conosciuti 54 anni fa. Lui, collegiale dell’ Alberoni; io giovane parroco in montagna, a Ferriere. Scosso nella salute dalle fatiche scolastiche, bisognoso di aria buona e di riposo, mi venne affidato dai suoi superiori. Ci conoscemmo, ci stimammo e subito siamo diventati amici. Già allora manifestò quella che sarebbe stata la “passione qualificante” della sua vita e ministero sacerdotale: i ragazzi e la gioventù. Non ho dimenticato il convegno dei ragazzi della zona organizzato da lui, ancora collegiale, sul monte Carevolo. Poi io fui trasferito a Pianello e lui è arrivato al sacerdozio. Pianello, per volere del Vescovo, è stato il suo primo campo di lavoro pastorale, e per parecchi anni. Qui la sua “passione qualificante” ebbe modo di esprimersi pienamente. Arrivato a Pianello ai primi di agosto dell’anno 1956, benchè le vacanze fossero già inoltrate, non volle rinunciare a dare vita a un campeggio per i ragazzi. Ebbe come sede Grondone, e fu il primo di innumerevoli altri: a Brugneto, a Rompeggio, e poi a Vigo di Fassa. Li preparava alla lunga, per mesi, meticolosamente. E li dirigeva magistralmente: con polso sicuro e fermo, ma senza pesanti autoritarismi. I ragazzi ne tornavano migliorati e contenti, con il grande desiderio di ripetere l’esperienza. Degno di nota: le sue premure per i ragazzi e i giovani non si limitavano ad un gruppo, più o meno consistente, di privilegiati: teneva costantemente sotto gli occhi l’elenco di tutti i ragazzi e i giovani della parrocchia, con l’indicazione della data di nascita. E si preoccupava di quelli che giravano al
largo. Ancora oggi sa a memoria l’anno di nascita dei... ragazzi di 50 anni fa. E come non ricordare i tabelloni con i grafici che segnavano l’andamento delle presenze al catechismo? Quella linea che saliva o scendeva la teneva d’occhio, come il medico segue il grafico della temperatura dell’ammalato. Per temperamento e per educazione era portato ad un certo rigorismo. Ma la evidente rettitudine dei suoi intendimenti, il suo spendere e spendersi in un
lavoro instancabile e senza tregua, lo rendevano accettabile. Poi, il passar degli anni e il mutar dei tempi hanno portato un equilibrato addolcimento. Venuto il momento di lasciare Pianello ha sofferto il distacco: troppi cari ricordi e troppe persone care lasciava perché il trasferimento fosse indolore. Noi che gli vogliamo bene gli auguriamo tanta forza, tanto entusiasmo, tanta costanza e… tanti anni di vita e tanta grazia da poter realizzare pienamente ogni suo ideale.
Il suo modello era Don Bosco
Don Conte lo conobbi 49 anni fa, quando fu nominato curato a Pianello. Io all’epoca avevo 10 anni, ero chierichetto e frequentavo regolarmente la parrocchia. Il suo arrivo fu all’insegna della novità per tutti noi. Ricordo la benevola irruenza di questo giovane prete, sempre entusiasta, creativo e dinamico. Un prete che amava stare con i ragazzi e si ispirava alla figura del grande don Bosco. Guidava la comunità con grande attenzione, organizzava al meglio le attività e sapeva parlare di Gesù in modo semplice e chiaro, tanto ai piccoli che ai grandi. Seppe rafforzare l’aggregazione tra i giovani offrendoci opportunità nuove: fu lui a istituire l’abitudine dei campeggi estivi nelle nostre valli, da Grondone a Brugneto, e a dare nuovo impulso all’oratorio. Era intransigente sì, don Giancarlo, ma innanzitutto con sé stesso e da vero trascinatore qual è sempre stato ha educato diverse generazioni all’amore per la Chiesa. Credo che il Don sappia fare breccia specialmente nel cuore dei più giovani perché crede profondamente in quello che fa e sa trasmettere entusiasmo. Per questo l’incontro con lui a Pianello ha davvero segnato la mia vita!” a cura di Annalisa Gobbi
Don Luigi Molinari
UNA “BAMBINA” RICORDA
“Ci fece costruire le fiaccole per la processione”
L Don Giancarlo con i genitori e i fratelli appena ordinato prete. Sotto, il primo campeggio a Grondone
a prima esperienza da curato per Don Giancarlo avviene nella verde cornice delle nostre colline. L’arrivo del giovane e ‘vulcanico’ prete nella piccola comunità di Pianello a metà degli anni ‘50 è ricordato ancora oggi con grande affetto da quelli che furono i ‘suoi’ bimbi di allora. “Ho ancora negli occhi la finestra sul campetto della parrocchia da cui si affacciava spesso mentre giocavamo, le corse in Vespa giù a Piacenza e la tonaca che svolazzava dietro di lui che era costantemente indaffarato, mai fermo.” Loredana Zilioli Blesi aveva 11 anni all’epoca: “Confesso che non ero assidua frequentatrice della parrocchia prima che lui arrivasse. Noi bimbi non eravamo abituati ad avere un prete così attivo e attento alle esigenze dei più piccoli. Don Giancarlo è stato per noi una figura di riferimento decisiva. Ci sapeva coinvolgere, ci faceva lavorare, usava la fantasia per stimolarci a partecipare con gioia a messa e catechismo. Aveva creato addirittura una mini biblioteca per noi, preparava con cura i tempi forti come quelli di avvici-
namento al Natale e alla Pasqua; un anno ci fece costruire le fiaccole per la processione. Erano certamente molto artigianali, ma comunque un segno del nostro vivere attivamente dentro la Chiesa.” “Tutti portiamo nel cuore quei sette anni del Don a Pianello, io ad esempio ho voluto che fosse lui a sposarmi a distanza di molti anni. Era benvoluto perché sapeva stare con la gente e lavorare per la gente senza sosta. Da lui noi ragazzi abbiamo ricevuto anche qualche ‘lavata di testa’, tutte meritate, ma anche il ricordo della sua severità è prezioso perchè ci ha aiutato a crescere.” “I campeggi infine sono stati il suo forte: io ho partecipato ai tre di Brugneto, due di Rompeggio e poi a otto di quelli dolomitici a Vigo di Fassa. In tutti questi campeggi mia mamma è stata la cuoca e quando pochi giorni fa a 96 anni è morta, don Giancarlo è salito a Pianello per il suo funerale. Questo gesto ci ha commossi tutti”. a cura di Annalisa Gobbi
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DOLOMITI
Avviati durante gli anni di Pianello, i campeggi a Vigo di Fassa decollano quando il “don” svolge il suo servizio in città. Vigo e don Giancarlo diventano un binomio.
‘67 al ‘73 l’incarico primario è CATTEDRA Dal quello di insegnante di religione: un anno al liceo Scientifico, il resto alle Magistrali. In parallelo, è collaboratore in Santa Teresa.
FONDATORE
Nell’ottobre 1971 il vescovo Manfredini nomina don Giancarlo parroco di San Giuseppe Operaio: allora gli abitanti della neo parrocchia erano 5 mila.
Per suor Lucia Facchinetti resta indimenticabile ...
Quella settimana in onore della “Madonna Pellegrina” e ritorno, con il pensiero e con il cuore, agli anni di servizio pastorale trascorsi a Pianello Val Tidone, mi balzano nitide le figure del parroco don Luigi Molinari e del curato Don Giancarlo Conte. Nella mia semplice prestazione - in particolare a favore dei ragazzi e dei giovani – ho avuto la fortuna di essere vicina a don Giancarlo e di collaborare alla Sua missione apostolica per ben tutti quegli anni. Una vocazione sacerdotale (al dire di Giovanni Paolo II) è sempre un grande mistero d’amore e dono per tutti…mistero di elezione divina…”Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” (Gv. 15,16). Scelto e mandato… don Giancarlo giunge a Pianello val Tidone – fresco di ordinazione sacerdotale – nell’estate del 1956. Alto, nobile di portamento, deciso, capace, attento ai bisogni delle persone…erano tutte doti che lo rendevano simpatico e degno figlio del colonnello (come bonariamente si diceva…) La sua passione per Cristo e per le anime, il senso del bello, il rispetto per le celebrazioni (in particolare per la S.Messa). Era pure viva e palese la devozione che don Giancarlo nutriva per Maria, la vergine Santa. Ricordo con commozione la settimana in onore della “Madonna Pellegrina” (la piccola madonna di Fatima) e le varie celebrazioni mariane in particolare nel mese di maggio. Tutto ciò servì a favorire un vero risveglio spirituale nella comunità ecclesiale. Apostolo indefesso, si prodigava per il bene di tutti: conoscitore di anime, amante dei giovani, accompagnatore spirituale, guida saggia per quanti erano chiamati alla scoperta di un progetto d’amore in un via di
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L’altare fatto con le coperte al Mercatello e al Lago Nero
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riuniti in cerchio e avevamo accennato con la mano il desiderio di ricevere Gesù. E si pregava guardando le fronde che ci sovrastavano fra le quali filtravano i primi raggi di sole, respirando a
tamente ci insegnava, come continua a fare oggi, a contemplare il suo Figlio. E Lei, Don, giovane prete magro, alto, con la talare nera, spezzava il pane pronunciando le parole di Gesù che ci aiutava
he bello celebrare l’Eucaristia sui nostri monti! Si usciva dalle tende ancora un po’ assonnati, certamente agghindati in modo un poco strano (allora giacche a vento e pantaloni non solo non erano firmati, ma proprio erano rari!) ciascuno piegava in modo preciso la sua coperta di lana che, sovrapposta alle altre, andava a formare la base per il piano delUna delle tante partenze per i “campi” sui monti. l’altarino da campo. In alto, le tende del campeggio a Casaldonato (1959) Poi i bimbi più a vivere con entusiasmo la belfondo la purezza dell’aria e i piccoli sparivano fra gli albelezza dei nostri giovani anni. freschi odori della natura, ri per raccogliere qualche Insieme, come allora, rinmentre si percepiva la presenfiore, alcuni riempivano con graziamo il Signore e a Lei, za nascosta di tanti piccoli l’acqua del ruscello uno o caro Don, rivolgiamo con tutto animali dalle voci amiche. due vasetti, altri accendevano il cuore il nostro augurio di Forse allora non pensavale candeline e aiutavano il Bene. mo a quanta Maria SS.ma don a ordinare i paramenti fosse in nostra compagnia, ma necessari. Le ostie venivano Giusy Beccacini-Solinas questa Madre dolcissima cercontate quando già eravamo
speciale consacrazione… con Suor Luisa Picchioni, Suor Silvia Scotti, ecc. ci vorrebbe Suor Laura Pelizza (figlia spirituale di don Giancarlo) deceduta il 15 maggio 1996, a 49 anni e segnalata da lui stesso, tra i “Piccoli santi di oggi della Chiesa piacentina”) per ben definire e inquadrare la sua opera quale promotore e animatore vocazionale in tutta la zona. Risulta chiaro che un sacerdote “conquistato da Cristo”, più facilmente conquista altri alla decisione di correre la stessa avventura di donazione d’amore.
Fu guida per chi era chiamato alla via della consacrazione Personalmente, ringrazio il Padre di avermi fatto incontrare Don Giancarlo, per lui serbo profonda e affettuosa riconoscenza… con lui ho sperimentato l’incontro vivo con la Parola e con il Pane Eucaristico da cui nasce lo stimolo alla santità; a lui devo il mio senso pastorale ed ecclesiale. Nel 50° anniversario della sua ordinazione sacerdotale porgo il mio fervido augurio e quello della mia comunità, augurio che si fa preghiera viva imploratrice – in Cristo – di grazie e di ogni dono spirituale per la realizzazione piena del suo ministero sacerdotale in Cristo Gesù a gloria della Trinità santa e a bene del gregge a Lui affidato. Auguri don Giancarlo…. Mi senta vicina e mi voglia ancora benedire. Con devota gratitudine e affetto. Suor Lucia Facchinetti Canetra di Castel S. Angelo (Rieti)
Gli anni della
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Ss.ma Trinità
I ricordi di un ex giovane “arruolato” a 16 anni come capo-aspiranti
La testimonianza di Mons. Antonio Tagliaferri
Fu il motore della Crociata della Bontà Tredicimila bambini e ragazzi coinvolti
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Don Giancarlo è sempre stato un gran prete e un ‘genio’ dell’organizzazione”. Don Antonio Tagliaferri lo ha avuto come curato alla SS.Trinità dall’ottobre del ’63 all’ottobre del ’68, in quelli che furono cinque anni di incredibile sviluppo edilizio e demografico nella periferia sud di Piacenza. “Quando arrivò Don Giancarlo la nostra parrocchia stava crescendo a ritmi vertiginosi. Avevamo già completato la costruzione della cripta e della casa parrocchiale, la popolazione della zona aumentava sempre più, una vera città nella città. Il lavoro da fare era tantissimo, l’organizzazione una priorità. Basti pensare che in quei primi anni ’60 celebravamo mediamente 500 battesimi all’anno e avevamo ‘squadre’ di comunicandi e cresimandi che superavano le 300 unità.” “In questo scenario in pieno movimento, con una mole colossale di impegni e di gente da seguire, Don Giancarlo fu davvero l’uomo giusto al posto giusto. Si buttò anima e corpo nelle varie attività, in particolare nell’Azione Cattolica, e diventò uno dei protagonisti più entusiasti delle Crociate della Bontà che nel ‘66 e nel ‘68 coinvolsero quasi 13.000 ragazzi in tutta la città. Fu un’esperienza meravigliosa che lasciò segni grandi a Piacenza e che vide Don Giancarlo attivissimo, in prima linea al fianco di quei ragazzi a cui dedicava tutto sé stesso.” Il Don lascerà la SS.Trinità alla vigilia di quell’ondata inarrestabile che va sotto il nome di ’68, ma non prima di aver lasciato un’impronta significativa anche nella storia di quella parrocchia. Annalisa Gobbi
Quando soffiava il ventoQuando del ’68 A soffiava il
quello di gruppo perché magari vevo 16 anni quando avevamo disertato il triduo a San don Giancarlo arrivò Giovanni Bosco, preferendo il alla SS.ma Trinità ed festival di San Remo. La sua franero iscritto all’Azione Catchezza e le sue impulsività ce lo tolica: non ha perso tempo facevano uno di noi con qualcosa per farsi conoscere! A me in più e soprattutto uno che ci in particolare ha chiesto di amava tanto! guidare gli aspiranti minori, di soli 5 anni più giovani di me. Alla normale insicurezContestai la Chiesa. za dei giovani della mia Lui mi rispose con una età, io ne aggiungevo busta di ritagli di giornale un’altra buona dose caratper dimostrarmi che teriale e la proposta mi i vescovi stavano coi poveri allarmò oltre che sorprendermi. Quando proponeva le vacanze Il Don mi rassicurò cona Vigo si preoccupava di rendere quistando così la mia fidule quote accessibili a tutti, ma se cia: nei miei ricordi di adointuiva che ci fossero difficoltà lescente, questo incarico, è economiche, trovava qualche stato forse il primo riconomodo per dire che aveva bisogno scimento esplicito che della tua presenza e quindi non stavo entrando nel mondo era necessario che tu pagassi. degli adulti, ero in grado di Ho un ricordo particolare assolvere compiti di reanche del Don storico: negli anni sponsabilità! della contestazione giovanile e Il secondo momento delle rivendicazioni sociali, ebbi a forte della conoscenza con criticare la Chiesa che a mio avviil Don è stato in quell’inverQuando prendeva sottobraccio qualcuno... so non faceva scelte decise per i no 63-64 quando con altri poveri e contro le dittature. Dopo alcuni giorni il Don mi diede amici coetanei ci condusse a Vigo facendoci dormire sul una busta contenente ritagli di giornali con interventi delle pavimento come fossimo sul tavolato di un rifugio, facendogerarchie ecclesiali a favore di classi emarginate e contro i ci lavare 3-4 volte nella stessa bacinella di acqua calda e soprusi che si verificavano nelle zone più periferiche del facendoci divertire tantissimo slittando sulla neve avvolti nei mondo: non mi sono più addentrato con lui in questo terrenostri buffi ed improvvisati abbigliamenti invernali. In questa no, anche perché nelle sue omelie lui le scelte di campo le occasione cominciò a conoscere i nostri nomi e ...sopranfaceva! nomi. Era inimmaginabile che un prete del genere non avesOggi, quasi sessantenne e con tre figli, ripensando a se ascendente sui giovani! quegli anni con altri ex giovani, giudichiamo positivamente Questo non vuol significare che i nostri rapporti fossero anche la pedagogia che ha guidato il Don: regole chiare sempre piani e idilliaci, anzi…quanti “picci” ci siamo presi! espresse con franchezza e convinzione, delegare le Quando prendeva sottobraccio qualcuno e lentamente lo responsabilità, infondere fiducia e rimproverare quando tirava in disparte e piegando la testa verso di lui gli sussurnecessita, concedere molto tempo ai giovani e… lasciarsi rava qualcosa…erano guai! E questo era il modo soft del guidare dal buon Dio, così come ha fatto questo dinamico “piccio”; poi c’era quello più perentorio, quasi militare, con Don! voce decisa e senza possibilità di contradditorio; oppure Gianni Parisi
Il “sogno” di Don Giancarlo nelle attività per i giovani
Il bar Acli, le adunanze e il cenone con pausa-adorazione quentava la parrocchia), cambiò completamente aspetto. Arrivò il juke-box, furono messi i “dondoli”, una stanza fu attrezzata con ping-pong, fu occupato uno spazio esterno: in Coi dirigenti della Crociata per annunciarla pochissimo tempo fu creato un col megafono in tutti i quartieri ambiente accogliente e con onosco Don Giancarlo dall’ottobre taglio decisamente giovanile: nacque del 1963 quando, giovane curato, l’Oratorio. I risultati non tardarono ad arriarrivò alla “Trinità” dopo l’espevare. Il bar parrocchiale, sino ad allora rienza a Pianello V.T. Bastarono poche snobbato dai più, divenne punto di ritrovo settimane per capire di che pasta fosse abituale per decine di giovani. Al momento “l’uomo”. delle varie adunanze, diversi “nuovi” parteL’interesse ai nostri problemi, il suo cipavano alle riunioni di A.C. o delle ACLI dinamismo e la sua allegria, la sua progetcon soddisfazione del Don che si preoccutualità, la fermezza sulle decisioni prese, pava, sopprattutto, della nostra formazione la fiducia nella Provvidenza ed anche i spirituale. suoi “picci” personali o di gruppo, ci conArrivarono poi le riunioni congiunte tagiarono e coinvolsero noi giovani nell’ ragazzi e ragazze, con i “raggi” e le ore di attuazione delle sue iniziative. adorazione meticolosamente preparate : ma Il bar ACLI (ritrovo abituale per chi freanche il cineforum, su temi e problemati-
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che di interesse giovanile cui seguivano partecipati dibattiti, condotti dal compianto Don Zermani; i cenoni di fine anno con l’immancabile “stacco” di mezzanotte per la visita al Santissimo. L’associazionismo cattolico lo ha sempre visto promotore convinto e partecipato e sotto la sua guida, molti giovani e ragazzi si sono temprati e formati cristianamente. In quell’ambito si formarono amicizie vere e fraterne che durano ancora oggi, segno evidente che il terreno per la semina era stato preparato bene. Discorso particolare merita Vigo. Sin dai primi campeggi (con la mitica “600” caricata all’inverosimile) il Don si e’ sempre preoccupato di portare tutti i ragazzi in vacanza, anche quelli meno abbienti, superando ogni problema e preferendo sempre l’unità del gruppo alle difficoltà Rinaldo Busca segue a pag. 8
Vigo di Fassa
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VIGO, SCUOLA DI COMUNITÀ
Dal 1962 tremila ragazzi sulle Dolomiti con il Don
A B
l chiaaaror deeel mattin! Grido di battaglia sparato a tutto volume per dare la sveglia a grandi e piccini. Alcuni grandi, a volte, furono tentati di manomettere l’impianto.
aciccia. Sedicenne di Pianello. Nel primo viaggio verso Vigo, luglio ’62, lancia una bottiglietta dal treno e centra l’elmetto di un militare di guardia ai binari. Solo la diplomazia del Don salva la comitiva dall’accusa di nascondere un pericoloso terrorista.
C D E F G I
iampedie. Salirlo a piedi è il battesimo di ogni esordiente. Nei momenti più critici, si avverte una certa invidia per i “signori” che ti passano sopra in funivia. Ma non si può dirlo. ispensa. Stanza del tesoro ad ingresso molto selezionato. Ogni tanto qualche ardito la violava nottetempo.
rba. Quella del pendio che viene giù da Santa Giuliana. Scivolo naturale creato apposta per la prova-coraggio di centinaia di bambini.
ontana. Come lavabo collettivo open-air ha garantito risvegli istantanei a schiere di giovanotti. iangiBar. L’unico bar monoposto dell’universo, con clientela quasi esclusivamente minorenne. Dedicato a Giangi, primo... barista.
ncendio. Pagina da brivido. Con tante stufe a Kerosene e tutto quel legno, è già un miracolo che l’incendio sia stato uno solo. Dev’essere stato San Domenico Savio a proteggerci.
L
egna. Ah che spettacolo vedere il Nonno che la tagliava, e l’ordine millemetrico della catasta che ne nasceva!
ALFABETO SEMISERIO Don Giancarlo è sinonimo di Vigo. E Vigo è sinonimo di vacanze indimenticabili. Vacanze piene di avventura, di divertimento, di riflessione, di preghiera, di amicizia. In quella casa bianca che una mano benedetta sembra aver posato lì apposta ci sono passate più di tremila persone. Molti ci sono andati da bambini e poi hanno passato il testimone ai figli. Sta arrivando anche qualche nipote. La scintilla scoccata nel settembre 1959, quando il Don scoprì la casa e iniziò a trafficare per farne il regno dei suoi ragazzi, ha mosso un’energia inesauribile. L’alfabeto semiserio di questa pagina vuole essere un modo per “ripassare” al volo una storia cara a tutti, e più di tutti a chi l’ha iniziata. (p.v.) peggio. Gli educatori sono il “governo”. Il capo del “governo” non è mai cambiato dal 1962 ad oggi.
ltimo (giorno). Camere svuotate, distese di valigie sul piazzale, la malinconia di ogni incantesimo che finisce. Ancora un sorriso, prego, c’è la foto di gruppo. ajolet. Una colonna di roccia per ricordarle tutte. Guardavamo incantati quei “puntini” che la scalavano e ogni volta ci domandavamo: ma come faranno? aino. Portarlo era un onore. A un certo punto però veniva voglia di dividerlo con qualcun altro.
te salutato da “Nonno Titta da Vigo” quando i due si rivedevano dopo qualche tempo. La risposta era inevitabile: “come si sta al
Cremlino?” Una scena da Peppone e don Camillo. Due uomini che il destino ha fatto incontrare, due uomini che si stimavano profondamente e che avevano caratteristiche in comune: la rettitudine e l’amore per gli altri (specie se più piccoli e/o deboli). Riveliamo questo piccolo aneddoto perché don Giancarlo lo abbiamo conosciuto entrambi da adolescenti quale curato in Santissima Trinità (calzoni corti ed inizio di peluria sotto il mento lui, trecce lunghe e gonna
N P
erza. La marcia preferita dal don nei viaggi Piacenza-Vigo. La quarta veniva dimenticata per tratti plurichilometrici. E che sarà mai? Ognuno ha il suo stile di guida!
E
eve. Bellissima e basta. Poi c’era sempre qualcuno che te la infilava nel “coppino”, ma che vuoi che sia.
arlamento. Vero piccolo emiciclo naturale. Luogo di discussioni chiave per la vita del cam-
cenette. Avete presente l’allegria allo stato puro di 70-80 bambini e ragazzi? Avete presente il Giangi che imita il don e le sue “Oh Madonna santa”?. Se la riposta è no, vi siete persi qualcosa.
cco “l’uomo del Vaticano”, così il nostro Don veniva bonariamen-
M
O
ifugi. Arrivarci insieme, riposarsi dopo la fatica, ripartire con il desiderio di tornarci. E quando si diventa grandi accorgersi che era anche un allenamento alla vita, non solo una gita di montagna.
Quelle battute con il “nonno” “Tu Vaticano”. “E tu Cremlino”
esse al campo. Gardeccia, Baita Segantini, Val S.Nicolò! La bellezza del creato come aiuto a cercare il Creatore, il raccogliersi a cerchio attorno all’altare come desiderio di riconoscersi fratelli.
bliquo. . Caratteristica primaria del campo. O ne tenevi conto o il pallone finiva in paese. Matematico.
Q R S T U V Z
uoist (Michel). Le sue preghiere ci hanno aiutato a dire le nostre. tante sue parole sono diventate la “Parola di Vita” appesa in refettorio.
scozzese a pieghino lei), sotto la sua guida siamo cresciuti, ci siamo conosciuti e sposati sul prato di Vigo. (Vedi foto a fianco). Possiamo affermare, avendo vissuto la sua evoluzione da curato a parroco, che i nuovi impegni parrocchiali non l’hanno distolto dalla sua missione fondamentale: essere prete. Un prete un po’ alla don Bosco e un po’ alla Domenico Savio. Un prete capace di recitare, nel suo intimo,
Si chiamava Guido Dacchiesa (nella foto a destra), era proprietario della casa di Vigo, per tutti noi fu solo e semplicemente il “nonno”. Le sue convinzioni politiche - era iscritto al Partito comunista - crearono con don Giancarlo il feeling tipico dello schema don Camillo-Peppone.
una preghiera quando sente il suono di una autoambulanza; un prete che riuscirebbe ancora a giocare a pallone con i suoi ragazzi nel campetto di Vigo, vestito con quella sua lunga tonaca nera (anche se, guardandola meglio, a volte ci sembra …bianco-nera). Alberta e Gianfranco Dadati
Gli anni di
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Santa Teresa
Un combattente armato di entusiasmo
Quel suo “caratteraccio” e il sorriso negli occhi
D
a bambina a Pianello mi sembrava un prete molto alto; l'altro giorno vedendolo passare in processione con gli altri sacerdoti piacentini mi sono accorta che è ancora molto alto. Insomma gli anni non lo hanno rimpicciolito. Né si è sopito il temperamento forte e combattivo. Nella mia vita Don Giancarlo è stato una presenza; compagno di scuola della mia mamma, curato in Valtidone; il Don nelle giornate indimenticabili di Vigo, poi in Santa Teresa per un periodo parrocchiale molto complesso; ha celebrato il matrimonio "bilingue" di mia sorella e battezzato Chiara, mia figlia. In una serata particolarmente difficile ha ascoltato la testimonianza del mio dolore e della delusione. Vederlo attento a pochi passi da me mi ha dato coraggio. Lo stimo molto: mi sembra uno dei pochi sacerdoti realmente entusiasti del proprio ministero che ho conosciuto. Mi ha trasmesso cose buone. Gli sono riconoscente e gli voglio bene. Carla Chiappini
segue da pag. 3 cante puro. In politica avevamo sottolineature differenti: lui ricevette il titolo di De Gasperi, io venni chiamato Di Vittorio… Quando indossò la veste da prete per la prima volta, si andò a specchiare: si coprì la faccia con le mani, diventò rosso, ma, in fondo, nella talare ci stava dentro bene. (...) Ricordo la prima mattina. Erano iniziati i cinque giorni di esercizi spirituali: silenzio assoluto sempre! Si usava la voce solo per pregare o cantare pregando. In camera, solo. Pensò: “non posso parlare? Mi farò una fischiatina…”. Guarda cosa combina ‘sto disgraziato. Bussai alla porta. Aprii. Rimasi secco: basco verde in testa (ricordo dell’adunata memorabile dei trecentomila giovani di Azione Cattolica), senza veste, con la raccolta dei francobolli in mano. Scoppiai a ridere sonoramente…e gli dissi che ce n’era abbastanza per essere espulso nel giro di quarantotto ore. Rimase secco lui! Gli dissi che aveva ragione lui, ma che le regole indicavano un comportamento un tantino diverso. (...) Insieme avevamo davvero un
I Questa foto si riferisce al campeggio dell’estate 1972 a Vigo e ritrae il gruppo dei 20 ragazzi di S.Teresa con il loro curato Don Renzo Salvi. Don Giancarlo e Don Renzo erano diventati grandi amici, ma Don Renzo purtroppo morì a soli 47 anni di leucemia il 4 maggio del ‘94, quando era parroco a Podenzano. Nel suo testamento - nell’elenco dei sacerdoti che lui ringrazia perchè gli “hanno insegnato ad essere prete” cita anche il Don. Il mattino che morì, Don Giancarlo subito avvertito corse a Podenzano e salito in camera dove ormai giaceva immobile nel suo letto, notò sul comò un grande quadro con questa fotografia. (Nel gruppo si riconoscono le autrici dei due articoli qui accanto: Carla Chiappini è al centro inginocchiata; Olga Chiappini è alla destra del Don).
l Don : una bella faccia, con occhi che ti guardano dritto dentro; che a volte vedono ciò che ancora io non so. Hanno visto in me una bambina generosa, mi hanno accompagnata nel mio lungo viaggio oltralpe, benedetto il mio sì ad un ragazzo francese. Occhi che hanno sorriso ai nostri 4 figli quando ci siamo ritrovati per qualche ora a condividere cene estive. Il Don: un caratteraccio, che a dire il vero mi piace. Esigente e generoso nello stesso tempo, che si fa voler bene da tutti, nonostante tutto. Qualche urlataccia a Vigo a ragazzetti che la meritavano. E poi di nuovo quel sorriso negli occhi. Il Don: il coraggio di fare, il coraggio di dire. E il suo essere profondamente prete. Con affetto
Don Aldo Corbelletta ideale grande: diventare operai a tempo pieno per il regno di Dio e la sua giustizia. La nostra era una passione condivisa da tutti i compagni, ma che assume per ciascuno caratteristiche proprie. Io ero cotto per gli autori francesi, lui preferiva gli italiani. Se c’era una simpatia comune era per Don Primo Mazzolari, un prete scomodo. E capitò il fattaccio. Il fratello di Giancarlo, Ubaldo, durante una visita, gli consegnò un numero della rivista “l’ Europeo”. Conteneva un articolo di Nicola Adelfi intitolato: “Dal Po all’Arno i cattolici di sinistra aspettano cieli e terre nuove”. Giancarlo me lo passò sotto banco; lo lessi d’un fiato e mi parve una boccata d’aria di primavera. Ne parlammo insieme entusiasti e preoccupati. I nomi sono noti: Mazzolari, Rossi, Rossetti, La Pira. Il nostro direttore, padre Miscia, s’impossessò in maniera misteriosa della rivista e fummo processati...Davvero solo la saggezza di padre Miscia salvò tutti, soprattutto Giancarlo, che era l’imputato principale. (...)
Seminaristi dell’Alberoni. Il Don è il settimo da sinistra in piedi
Olga Chiappini segue da pag. 6
segue da pag. 3
Mons. Marco Ferrari
ricchezza di doti, se avesse preso una piega sbagliata, sarebbe potuto diventare pericoloso, invece ha preso la via giusta dell’Amore a Dio e al prossimo, ed è diventata una persona ‘preziosa’. Ricordo un incontro con lui al Collegio Alberoni, un mese prima che venisse consacrato Prete, dove, mentre ricordavamo gli anni vissuti insieme e i propositi di bene che germinavano nel nostro cuore (nel frattempo anch’io ero diventato Seminarista a Milano), ho sentito un don Giancarlo che, restando ovviamente il Giancarlo vivace di sempre, era però profondamente unificato nel Signore che lo chiamava e lo mandava nel Suo Nome. E così è cominciata la sua avventura di Prete a Pianello, a Piacenza SS.Trinità, e poi in via Boselli per iniziare la nuova Parrocchia di S.Giuseppe Operaio, che – ormai da diversi anni – è nella nuova sede ed è provvista di tutte le strutture necessarie (compresa la “benedetta” residenza di Vigo di Fassa), e soprattutto è alimentata pastoralmente come “Popolo santo di Dio”. Bravo don Giancarlo! Hai vissuto cinquant’anni così: mai stufo, mai disamorato (eppure anche a te non sono mancate le prove!), ma sempre interessato, sempre innamorato del Signore che desideravi conoscere e far conoscere, amare e far amare. Che vita bella don Giancarlo! Non dico vita facile, ma vita piena, ricca di significato, destinata a ciò che più conta per la vita di ogni uomo: il primato di Dio! Con i miei fratelli che ti conoscono e ti apprezzano (in particolare con Pietro che ti è molto amico), esprimo il grazie al Signore e la gioiosa condivisione per i tuoi cinquant’anni di Sacerdozio, e dico col Salmista e con te “Benediciamo insieme il Signore, insieme esaltiamo il Suo Nome” E’ così! Ed è per questo che vorremmo tanto che qualche ragazzo e giovane si accorgesse e arrivasse a dire nel suo cuore: “Si, una vita così ha ancora significato, è ancora, e ancor più di prima, necessaria alla vita degli uomini” E’ per questo che, pensando in sequenza fugace tutta la tua vita, e vedendo ciò che il Signore ha operato in te e con te, con lo stile genuino e fresco che ho imparato da te, mi permetto aggiungere in modo popolare: Viva don Giancarlo! Con la mia fraterna benedizione.
Rinaldo Busca economiche dimostrandoci come la “Provvidenza” vede e provvede. Da allora ho avuto tante occasioni di confronto e collaborazione con Lui, prima come giovane educatore di A.C. in parrocchia e a Vigo, successivamente come suo parrocchiano da più di trent’anni. Oggi, quarant’anni dopo, Lui è sempre lo stesso, anche se gli impegni e le responsabilità sono quelle di una parrocchia di 9000 anime. Lo stesso dinamismo, la stessa allegria e lo stesso amore con i giovani; fermezza nelle decisioni; capacità di rapportarsi alle diverse esigenze nella spiegazione della parola; richiami verso gli educatori che non danno esempio ; disponibilità’ verso i parrocchiani. Se non fosse per i suoi capelli bianchi, che ne indicano da tempo l’appartenenza agli …anta, si direbbe che è ancora giovane come quando l’ho conosciuto. E allora, dal profondo del cuore, grazie Don per il tuo convinto ed esemplare impegno sacerdotale, per l’attenzione ai piccoli ed agli anziani, per non aver perso tempo in chiacchiere ed aver guardato alla concretezza delle cose, per aver difeso i più deboli ed aver aiutato i bisognosi, per il tuo impegno verso le associazioni, i fidanzati e le famiglie, grazie per Vigo e per Pieve, per averci testimoniato che l’amore verso i fratelli è autentico vangelo. L’augurio è che il buon Dio Ti mantenga ancora per molto tempo fra noi, perchè abbiamo bisogno di un prete “giovane” che ci sostenga nella Fede.
Gli anni di San Giuseppe Operaio Su un pullman per Taizè l’incontro con il Don
Il Boselli 21 “travolto” dal Don
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E tu sarai la mia prima parrocchiana
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Grazie per Vigo, e per il catechismo ai bambini che ancora si ricordano di noi, soprannominate le tre “bamboccie”
I
n quel lontano 1970, in un pulman pieno di giovani in viaggio verso Taizè, dopo le presentazioni di ognuno, un prete mi avvicina e guardandomi con affetto mi dice: “Ciao, tu sei la mia prima parrocchiana. Presto verrò nel tuo quartiere dove nascerà la parrocchia di San Giuseppe Operaio”. E’ iniziato così per me un lungo cammino insieme a don Giancarlo che con forza e energia per tanti anni ha camminato con passo sicuro sui sentieri impervi di una parrocchia povera, grande e difficile. Con amorevole autorità seguiva noi giovani, con autorità fatta di coerenza, credibilità, abilità e desiderio di stare con ognuno di noi in uno stile che anche nel dissenso non alterava il legame d’amore. Con lui ho imparato a camminare con passo sicuro sui sentieri più impervi delle montagne che non avevamo mai visto. Vigo di Fassa mi ha spalancato un mondo dove io contemplando la bellezza di spazi immensi e di montagne innevate, ho imparato ad apprezzare la bellezza del creato riconoscendo e contemplando Colui che vi ha dato origine. La mia adolescenza, passata all’ombra del campanile (che non c’era) di questa mia amata parrocchia è ricca di ricordi belli, tante cose poi le ho anche dimenticate, ma inalterato per me resta il rispetto e l’amore per quest’uomo che da sempre mi ha insegnato il coraggio e l’amore per la vita.
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Le tre bamboccie di 1ª media in macchina con me”. E’ così che comincia la nostra avventura con don Giancarlo nel lontano aprile del 1971: partivamo per le vacanze di Pasqua a Vigo di Fassa. Le tre bamboccie siamo noi: Rosetta, Donatella e Lalla che il Don ha individuato nelle sue perlustrazioni in quella che sarebbe stata la nuova parrocchia. Nei sopralluoghi al n. 21/f di via Borselli 21 da lui definito “il Vaticano” ci ha incontrato e convinto a dare inizio a quella meravigliosa esperienza che è un soggiorno a Vigo di Fassa. Grazie Don per averci dato quella opportunità e per aver creduto in noi al punto di inserirci nel progetto che portava alla nascita di San Giuseppe Operaio: non la dimenticheremo mai anche perché da lì è partita la nostra vita in parrocchia, che per una di noi continua ancora insieme al marito e ai figli. Grazie per le tante Messe in quel piccolo asilo ogni domenica trasformato in chiesa dove noi cantavamo facendo parte (come tu dicevi) del coro della “Cappella… Si stona”. Grazie per averci assunto come lettrici della Passione di nostro Signore la domenica delle Palme alla Messa delle 8. Grazie per averci dato l’opportunità di fare catechismo a dei vivacissimi bimbi di 1ª elementare che ancora oggi incontrandoci si ricordano di noi con affetto e stima. Sei stato una figura grande Don nelle nostra infanzia, adolescenza, giovinezza: quante volte ci hai rimproverato e ripreso perché “ci volevi bene” come un padre. Grazie per averci sposato nella chiesa “ancora in costruzione” e soprattutto per aver fatto sì - con i tuoi insegnamenti che i nostri matrimoni siano ancora oggi vissuti cristianamente. Grazie perché continui ad essere presente nei momenti importanti della nostra vita: “ho sentito la tua presenza ed il tuo appoggio quando ho avuto l’esperienza meravigliosa dell’adozione di mio figlio”; “hai impartito i sacramenti ai miei figli e stai dando anche a loro l’opportunità di ripetere le forti esperienze di Vigo e del catechismo”. Sei stato per noi un grande maestro: ti vogliamo bene.
Donatella Bergonzi-Luppi
Rosetta, Donatella, Lalla e famiglie
Gli anziani ricordano: la vitalità del Don contagiò giovani e vecchi “Il Don è davvero un dono grande che il Signore ha fatto a questa comunità, dall’inizio e fino ad oggi”. Maura Buttafava comincia così a raccontare di quando conobbe don Giancarlo, di quei primi anni di vita della parrocchia di San Giuseppe Operaio, anni da pionieri, tempi diversi nei quali il futuro si costruiva con pochi mezzi e tanta umanità. “Ricordo bene il suo arrivo nell’ormai lontano 1971. Fino ad allora la zona del Boselli 21 e delle Case Minime era stata parte integrante della parrocchia di Nostra Signora di Lourdes. Dopo la morte di don Armando Borella però le cose erano cambiate, ci sentivamo un po’ lontani e ‘isolati’, c’era bisogno di un nuovo inizio”. “Don Giancarlo lo abbiamo accolto con autentica gioia ed entusiasmo e lui da parte sua ci ha messo subito il cuore in questo quartiere che conosceva anche realtà difficili, di povertà ed emarginazione. Con il suo carattere forte e la sua vitalità ha saputo coinvolgere vecchi e giovani, ha avviato tante iniziative e dato nuovo impulso alla comunità. Allora la nostra chiesa era una stanza dell’asilo che io, la signora Gandolfi e l’Irene Persi cercavamo di rendere il più accogliente possibile occupandoci dei fiori e di riordinare. Poco dopo iniziai ad andare al campeggio di Vigo come
1971, in una stanza d’asilo nasce San Giuseppe Operaio a cura di Annalisa Gobbi cuoca, portando con me anche figli e nipotini. Quanti ricordi, quante giornate meravigliose. I ragazzi erano trascinati dall’energia del Don che sapeva creare momenti di memorabile allegria ma anche spazi importanti di preghiera. Se li portava lassù e a chi aveva problemi economici diceva ‘Non preoccuparti di
pagare, qualcuno ci penserà’.” La parola che per Maura riassume il cammino fatto insieme in tutti questi anni è ‘Grazie’. “Ringrazio il Don per essersi speso senza riserve nel far crescere la parrocchia di San Giuseppe, per il suo esserci sempre nei momenti più belli come in quelli del bisogno, in mezzo a noi”.
Nelle foto: in alto, il Don con una pecorella al collo nel 1954 nell’orto del Collegio Alberoni; al centro, i bambini di Prima Comunione in processione verso la chiesa di N.S. di Lourdes, nel 1972; in basso, una delle prime messe nella chiesetta ricavata nei locali dell’Asilo
In quel lontano ’71 che ha visto iniziare la storia c’era anche Mario Buttò con la sua famiglia. “Come dimenticare la chiesetta dell’asilo, uno spazio che via via si allungava, che provava ad espandersi ma non riusciva più a contenere un popolo in crescita costante e nemmeno l’infaticabile spirito di iniziativa del nostro Don.” “Posso dire che Don Giancarlo è un grande parroco, uno di quelli che non si tira mai indietro per il bene della sua comunità, che mette al centro di tutto il rapporto con la gente. In tanti anni da vicepresidente dell’Acli di San Giuseppe ho avuto modo di conoscere e apprezzare questo prete che a volte fa un po’ il burbero, ma poi ti sorprende con gesti di attenzione e tenerezza inattesi. segue a pag. 10
Trentaquattro anni sempre ‘in prima linea’ per don Giancarlo, con uno sguardo di speciale affetto per i piccoli ma senza dimenticare una parola per gli anziani, i pilastri preziosi, la memoria storica della comunità. “Quante preoccupazioni per la nascente chiesa, quante lotte, quanti debiti, da non dormirci la notte forse..ma nonostante i mille pensieri il Don non ha mai trascurato la Carità, il sostegno ai poveri della Parrocchia, fin dai primi anni ‘70”. Luisa Gasparini si sente parte viva della realtà di San Giuseppe e per questo ringrazia Don segue a pag. 10
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La riflessione del Giangi, uno dei ‘cofondatori’ della nostra comunità
Don, educatore per eccellenza
sacrificio e nella fatica; le gioie gnuno di noi, ripensando dell’amicizia e la condivisione alla propria infanzia e gio- L’ho conosciuto a 7 anni, delle esperienze dello spirito. vinezza conserva il ricordo da chierichetto. A San Certamente pensando a quei di un “prete”, di “quel prete” che Giuseppe Operaio e a Vigo tempi mi si affaccia subito agli poco o tanto ha rappresentato negli ha plasmato il nostro senso occhi della mente il carattere del anni più significativi della nostra Don: una personalità forte che si crescita umana e spirituale. Ciò è di responsabilità. Poi è venuimponeva su tutti, che suscitava vero anche per coloro che in segui- to il tempo delle divergenze: obbedienza, che manifestava con to hanno allentato i propri legami ma anche questo è vita la stessa intensità l’amore alla con la Chiesa, ma che conservano Chiesa e al mondo giovanile. pur sempre una impronta che il Negli anni di una giovinezza più matura ha saputo Signore ha impresso attraverso la presenza di qualche suo ministro. Quando ho aperto gli occhi alla vita il infondere in noi il senso della responsabilità, in poche Don veniva ordinato. Il primo incontro risale all’età parole, ci ha dato fiducia al punto di affidare ad un picdi sette anni quando, in veste di chierichetto nella colo gruppo di giovani educatori il peso della gestione parrocchia della SS.Trinità cominciai a conoscerlo completa dell’esperienza di Vigo. Ricordo quel periodo per il suo carattere dinamico e determinato. Non è come una bellissima avventura che mi assorbì complemio costume adulare alcuno nè desidero farlo in que- tamente in quanto a tempo, energia e fantasia. Negli anni della vita parrocchiale in S. Giuseppe sta occasione con le brevi righe che seguono. Devo dire, ad ogni modo, che la presenza del Don nella mia Operaio devo dire che il Signore è stato veramente vita è stata certamente significativa: una di quelle molto buono con me conducendomi di esperienza in presenze di cui il Signore si è servito per farsi cono- esperienza, fino a vivere il cammino neo-catecumenale che tuttora mi sostiene nella mia vita umana e spirituascere, per plasmare la storia della vita. Al pari di tanti altri ragazzi miei coetanei il Don ha le, e questo perché oltre 25 anni fa il Don ritenne utile rappresentato l’educatore per eccellenza. Nei tanti avviare in parrocchia anche questa esperienza. Negli ultimi anni il mio rapporto personale con il Don anni di vita comunitaria a Vigo di Fassa mi ha trasmesso un grande senso di amore per il creato: le ha conosciuto anche momenti di critica e di divergenze, montagne, i cieli stellati, le praterie fiorite, l’aria nella verità. Anche questo è vita, perché tutto concorre tersa, i falò, le notti in tenda…. Tutto questo fu lo al bene di coloro che amano il Signore. Grazie Don! scenario in cui è nato ed è andato crescendo il gusto della vita semplice, essenziale; la soddisfazione nel Giancarlo Figoli
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Celso e Giangi in una foto degli anni ‘70 su una “ferrata” delle Dolomiti
La Parrocchia come fontana del villaggio Il Don ha tirato su tanta “acqua” buona: e ora siamo una famiglia di famiglie
Maura Buttafava col marito Alberto e Irene Persi
Da pag. 9
Gli anziani ricordano ...
segue Mario Buttò Indimenticabili le estati spensierate che abbiamo passato al turno degli anziani di Pieve, tant’è che bonariamente rimprovera a me e mia moglie di aver affittato in seguito una casetta in quelle zone: “Mario, tu e tua moglie dovete tornare a casa davvero, cioè alla casa di Pieve”- ci ripete spesso come un vero pastore che non vuole disperdere il suo gregge! Ancora oggi mi occupo del Bar dell’Acli in cripta e non mancano i momenti di confronto con Don Giancarlo. Con lui sono cresciuti i nostri nipoti, con lui continuiamo a sentirci parte di una famiglia ‘allargata’.” segue Luisa Gasparini Giancarlo: “Dal momento in cui ha messo piede nel quartiere è stato una vera guida e un maestro per noi tutti. Ho capito subito che da questo prete, capace di autorevolezza e affetto, c’era tanto da imparare. Ancora adesso mi stupisco per come sa ottenere ascolto dai bimbi, per come sa battersi con costanza mantenendo vive in parrocchia anche le esperienze più piccole, come quella del “Gruppo del Giovedì”. A volte ci ritrovavamo in piena estate ad essere solo in tre o quattro per l’incontro. ‘Don non perda tempo prezioso per noi, faremo un’altra volta’ ma lui immancabilmente era lì con la solita energia e la disponibilità piena. “In trent’anni e più ha fatto crescere diverse generazioni di giovani, sempre avendo come riferimento l’amato don Bosco, si è fatto strenuo promotore dell’Azione Cattolica in parrocchia, ha curato la sua ‘creatura’ Vigo per il bene dei tanti ragazzi che sono saliti lassù fra le Dolomiti e continuano a farlo. Ne è passato di tempo da quel ’71 pieno di promesse, oggi molte si sono realizzate e per questo ringraziamo il Signore e il nostro Don, sempre dinamico e attento, sempre proiettato avanti con la sua comunità nel cuore e nei pensieri.”
L
e ricorrenze importanti della vita, siano esse felici come in questo caso o infelici, sono sempre tappe importanti e significative della vita, riti simbolici che suggeriscono riflessioni, invitano a fare esami di coscienza sul passato e progetti per il futuro e, se vissuti nella fede, ci fanno percepire la presenza di Dio tanto che a Lui si elevi la nostra preghiera di ringraziamento e di lode. In questo spirito prendere parte alla festa del Don significa rendere grazie al Signore che lo ha benedetto fin qui e chiedergli nella preghiera di continuare a farlo fino alla fine dei suoi giorni. Per esprimere un pensiero personale possiamo dire che conoscendo don Giancarlo da 1971, data di fondazione della parrocchia, abbiamo sempre visto in lui un prete contento di essere parroco.
Certo un parroco fortunato! Chiamato dal compianto Mons. Manfredini a fondare ‘ex novo’, a iniziare e costruire una parrocchia; senza legami, né vincoli con tradizioni precedenti è stato chiamato a trasformare questo quartiere sud della città che si andava via via costruendo, in una comunità dove la parrocchia potesse essere la fontana del villaggio cui tutti possono attingere acqua che disseta. E di acqua il Don ne ha cavata tanta dal pozzo: l’acqua della Parola, del pane e del vino, dei sacramenti, ma anche l’acqua dell’amicizia, l’acqua delle vacanze per i ragazzi, l’acqua della carità
per chi era ed è in difficoltà, l’acqua della fiducia data, l’acqua della correzione fraterna, l’acqua del servizio gratuito chiesto a tanti uomini e donne di buona volontà. Così facendo ha “tirato su” questa comunità, l’ha fatta nascere e crescere proprio come due sposi “tirano su” la loro famiglia, la fanno nascere e crescere. Sì, con il suo ministero sacerdotale don Giancarlo ha costruito qui in mezzo a noi la Chiesa che è una famiglia di famiglie. Dicevamo all’inizio della gioia di essere parroco: una vocazione vissuta con serenità dove non saranno certamente mancati i momenti di stanchezza, di buio, di difficoltà come non mancano nelle nostre famiglie. Una missione a cui si è dato e che lo ha rigenerato, come succede a tutti coloro che si dedicano a qualcosa che vale. Silvio e Silvana Bisotti
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Quando un prete ti “segna” la vita
Tre volte come un padre vviso ai lettori: scriverò parole di parte. Sento don Giancarlo come un padre e mi sembra bello dirlo qui, davanti a tutti. Lui lo sa già: gliel’ ho confidato in una email di auguri nel giorno del suo onomastico, un giorno che in me che ora vivo lontano risveglia il ricordo (e la nostalgia) della serata in cui noi giovani ci raccoglievamo a cena per fare un po’ di festa al nostro Don. E non dev’essere casuale che questo ricordo più di altri abbia dato il profilo di una speciale "paternità" all’amicizia maturata in oramai tanti anni. Quelle serate del 4 novembre, che cominciavano con la messa e proseguivano davanti a una pastasciutta, avevano il segno di una familiarità profonda. Infatti, le serbiamo nel cuore anche adesso che siamo dispersi. Padre, dunque. Nella fede prima di tutto. Sembra ovvio. Un prete, in fondo, che prete è se non trasmette la fede? Ma è ovvio anche che ci sono preti di diverse categorie, o di diverse specie, o - se l’espressione suona più adatta - con diversi carismi. Bene: a me, a noi, è stato dato di incontrare un prete con il carisma dell'instancabilità. Un prete che dopo 50 anni è appassionato della sua missione così come lo era all’inizio. Vale la pena cogliere l’occasione di questo doppio comQuando tornavo a pleanno di don trovarlo, mi ripeteva Giancarlo (metsempre: “Dai, spo- tiamoci pure i 75 anni di età) per sati”. Finchè un giorno ha celebrato riflettere sul dono grande che il mio matrimonio un sacerdozio operoso realizza nella Chiesa e nella società. Da una parte egli chiama all’Infinito, all’incontro con Dio. Dall’altra semina Umanità, o almeno la voglia di portare un infinitesimo contributo a migliorare le relazioni tra le persone. Il sacerdote è un credente che più inten-
A
Per me come per tanti il Don è stato messaggero di fede. Ero entusiasta di lui. Perfino troppo. Tanto che una volta mi ammonì: "Attento, non credere in me, io potrei tradirti. Credi in Gesù, lui non tradisce mai"
samente e credibilmente dei suoi fratelli irradia la luce del Signore. Traggo di proposito questa immagine da un libro che, all’epoca in cui iniziai a frequentare San Giuseppe Operaio, notai nello studio del Don e mi colpì per il titolo: è Un incontro difficile di Arturo Paoli, un missionario capace di scuotere il quieto vivere di noi cristiani. Ma il sacerdote è anche un uomo che desidera per gli altri uomini tutto ciò che già qui sulla terra anticipa il regno di Dio: più altruismo, più giustizia, più pace, più cura (e meno rapina) dei beni comuni affidati a noi dal Creatore. Per tutto ciò, per "introdurre la luce di Dio nel mondo", Don Giancarlo da 50 anni spende la sua vita. Giorno dopo giorno, nelle solennità che riempiono la chiesa e nel deserto estivo in cui tutto il mondo sembra voltare Il terzo legame forte le spalle sono queste pagia l l ’ a l t a r e , ne: qui il Don mi ha nella letizia fatto scrivere i primi di un battearticoli, e poi il giorsimo o di un nalista è diventato il matrimonio mio mestiere come nella disperazione di un funerale, nel suscitare la fede dei bambini come nel tentare di convertire il paganesimo di tanti adulti, ecco, noi abbiamo visto all’opera - ed è proprio il caso di ripetere le parole che il papa ha appena usato per presentare se stesso un vero lavoratore della vigna del Signore. Mi chiedo cosa pensava, cosa sperava, cosa progettava quel Don Giancarlo che a 25 anni, disteso in segno di somma obbedienza sulla pietra antica di secoli del Duomo, votava la sua esistenza alla Chiesa di Gesù. Sarà stato semplicemente felice o avrà avuto anche
Vigo, agosto 1976: i giovani-adulti al camposcuola fanno la “piramide” con il Don.
Pietro Visconti segue a pag.12
Metto il Don tra le persone capaci di voler bene davvero, al di là del loro carattere
Dio mi chiamava altrove, lui mi ha aiutato a capirlo
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ricordi sono tanti e cari. Ed ogni volta che incontro un volto di quei primi e vecchi tempi riaffiorano alla memoria episodi ed esperienze vive che hanno contribuito a tessere legami belli e profondi. E’ vero che in tante altre parrocchie sono possibili esperienze analoghe, è vero che anche altri sacerdoti hanno contribuito alla nostra crescita, è vero che si può arrivare ad amare la Chiesa attraverso diverse vie, è infine vero che i luoghi dell’incontro con il Signore possono essere i più vari. Però in quegli anni a noi è stato concesso di incontrare proprio lui, il nostro don Giancarlo. Non credo che sia casuale, “era scritto”. Ogni volta che un prete incrocia sulla propria strada un gruppo di giovani e non teme di avvicinarli, di cercarli, di guidarli, di amarli allora succede qualcosa di grande.
Tutti noi abbiamo conosciuto anche i limiti del Don, le sue durezze, i suoi modi bruschi e burberi. E chi tra noi gli era più vicino ne ha sofferto un po’. Ma lungo il tempo la vita ci ha insegnato che la ferita appartiene necessariamente ad ogni relazione e si impara a riconoscere quali persone ci vogliono bene davvero, aldilà del loro carattere. E io il Don lo metto tra questi, tra coloro che mi hanno guardato con gli occhi di Dio, tra coloro che hanno saputo allontanarmi da sé perché io diventassi autonoma nel gestire la mia vita di donna di fede, di donna laica. In particolare desidero ringraziarlo per quella volta che mi ha proposto di partecipare ad un campo estivo di Azione Cattolica. Io non ero così contenta di andarci come unica giovane della nostra parrocchia, ma lui mi ha fisicamente
accompagnata (in pullmino!) a Veano e mi ha lasciata là. Confesso che in quel momento ho percepito un distacco da lui e dagli altri giovani. Ma quei giorni hanno segnato una svolta della mia vita. Da lì è iniziato un cammino nuovo, ho conosciuto la Chiesa più grande, quella che supera i confini parrocchiali e che fa amare anche la parrocchia di un amore più appassionato. Lui aveva capito che in quel momento il Signore mi chiamava altrove e, con il suo tipico modo, mi ha aiutata a rispondere. Don, grazie e tanti auguri. Ora tocca a me chiedere al Signore di concederLe ciò di cui in questo momento Lei ha più bisogno. Un abbraccio. Maria Rosa Caviglioni
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La prima maestra racconta
Asilo
L’ un servizio a tutto il quartiere Dopo una settimana i bambini aumentarono da 10 a più di 30. E tanti giovani ci aiutavano: facevano gli autisti, i muratori, gli imbianchini ... uando nell’agosto del 1971 il “Don” mi chiamò per assumermi come insegnante per l’asilo della Parrocchia, fece di me, allora diciannovenne appena diplomata, la maestra più felice d’Italia. Il compito che mi aspettava non era semplice, prima di me c’erano le Suore, che trasferite nel nuovo Asilo parrocchiale di N.Signora
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segue da pag. 11
ta, serviva un’altra insegnante ed arrivò Cecilia, amica e collega, ed insieme si lavorava al meglio; formammo due classi di trenta bambini ciascuna. Eravamo poveri, mancava materiale didattico, i locali erano da ristrutturare, ma il “Don” non si fermava di fronte alle difficoltà, chiedeva a chi poteva dare, ricordo che diceva: “l’Asilo è di tutti!”; sì l’Asilo San Giuseppe - questo era il suo nome già dalla fondazione - era proprio di tutti; tanti giovani ci aiutavano in
questa impresa quasi pioniera. Ricordo ancora i nomi di alcuni di loro: Luigi, Carlo, Celso, Giangi e tanti altri; chi faceva l’autista del pulmino, chi il muratore, chi l’imbianchino ed insieme si vedeva l’Asilo cambiare aspetto. Una cosa in particolare ricordo: il Don c’era sempre, ma ci lasciava la nostra autonomia nell’agire. Cresceva così il servizio sociale importante ed indispensabile per tutti i parrocchiani, era l’asilo di tutti che diventava la Chiesa di tutti nei giorni festivi; costituiva
inoltre il luogo di ritrovo per i giovani quando i bambini tornavano in famiglia. E’ stata la mia prima esperienza professionale, ma sicuramente quella che ho vissuto con più entusiasmo. Ora che l’asilo San Giuseppe è stato demolito per lasciare il posto alle nuove residenze abitative, quando da parrocchiana vedo il don con i suoi capelli bianchi, per me è sempre il Don dell’Asilo San Giuseppe di tanti anni fa. Carla Vincini-Pinotti
di Lourdes, avevano lasciato Don Giancarlo con l’asilo senza personale insegnante ed ausiliario. La struttura era poverissima: durante la settimana era asilo ed il sabato e festivi diventava Chiesa. Insieme a me nell’avventura vi era una cuoca-bidella tuttofare; dopo la prima settimana i bambini frequentanti passarono da poco più di una decina ad oltre tren-
Pietro Visconti
paura? Sognava un’animata parrocchia di città o una pieve isolata di campagna? Quale gregge avrà immaginato più adatto alle sue qualità di pastore? Oppure si sarà detto che un prete, se vuole proprio avere preferenze, deve dirigerle a chi è lontano dall’ovile? Di qualunque genere siano stati gli interrogativi nell’animo del Don prete novello, conosciamo la risposta che ne è venuta. Certo Don Giancarlo non ha avuto paura di aprire le porte a Cristo né di esortare il suo piccolo popolo a fare altrettanto. Si è affidato tanto alla tradizione. La tonaca nera come divisa permanente, anche adesso che pure i vescovi sono passati al clergyman. Tante processioni. Il mese di maggio. L’Azione Cattolica riferimento privilegiato nel campo dell’associazionismo. L’obbedienza ferrea alla gerarchia. Ma in parallelo con questo ancoraggio forte, il Don si è anche costruito strumenti nuovi. Vigo è il "gioiello" più famoso. Su piani diversi, hanno tuttavia una loro importanza altre invenzioni pastorali. Esempi? Gli anniversari di matrimonio trasformati nel rinnovo delle promesse nuziali. L’ apertura della parrocchia alle invocazioni di aiuto dei missionari nei paesi poveri. I "ritiri" dei bambini del catechismo. E anche questo giornalino, che come un diario scandisce i tempi della vita parrocchiale con una regolarità che forse non ha pari nel suo genere. E’ accaduto negli anni di aver sentito definire don Giancarlo un "militare". Facile etichetta, per il figlio di un colonnello. Ma solo etichetta, appunto. Don Giancarlo è stato ed è tuttora un sacerdote creativo. Il dna da "militare" certo non gli manca. Gli serve, casomai, a dare efficienza alla sua fantasia pastorale. E non credo che guasti. Si è mai lamentato qualcuno di trovare le sedie in chiesa perfettamente allineate? E c’è stato forse qualcosa di inopportuno - faccio un altro esempio meno macchiettistico - nel pianificare la gigantesca questua casa per casa quando si trattò di raccogliere i soldi per la chiesa nuova? Non fu anche quello un modo di domandare, se vogliamo brutalmente come in tutte le faccende che toccano il portafogli: ehi, amico, ti interessa o no che il
Signore abbia un tetto, una presenza, qui dove abiti e cresceranno i tuoi figli? In tanti, nel caso specifico, risposero di sì, che gli interessava eccome. L’ho dichiarato all’inizio che avrei detto tutto il
Il Don dà “istruzioni” ai ragazzi di Vigo. Sullo sfondo, la “baita” bene possibile di quest’uomo chiamato Don. Ma dire bene di una persona non obbliga al panegirico. Obbliga alla sincerità. C’è tra noi chi ha avuto divergenze anche dolorose con lui, chi ne ha sperimentato il lato più ruvido, chi ha cercato una sintonia senza trovarla. In proposito mi viene in mente una sera d’estate nel cortile dell’asilo, trent’anni fa. Lui prete alla guida di una parrocchia povera di mezzi ma ricchissima di giovani generosi, un "segno" di fervore additato ad esempio da molti. Io nella parte di uno di quei giovani. Scena classica: il Don e il giovane, cioè io, camminano avanti e indietro e parlano e parlano. A un certo punto devo aver detto qualcosa tipo: "Don, lo sa che lei per me è un maestro?". E lui mi ha subito ammonito: "Tu però stai attento a non credere in me, perché potrei tradirti. Credi in Gesù, lui non ti tradirà mai".
Cosa voglio dire ricordando quest’episodio? Che don Giancarlo ha dato alla causa del Vangelo talmente tutto se stesso, che nella donazione ci sono finite dentro anche le sue imperfezioni. Ma che ha anche sempre tenuto ben presente di essere un umile messaggero del Grande Annuncio, non il mittente. Questa consapevolezza si fa più viva quando, come accadde in quel colloquio nel cortile dell’asilo, la stima umana nei suoi riguardi rischia di oscurare la domanda cruciale: "Credete voi che io sia il Figlio di Dio?". E’ questa la provocazione che a don Giancarlo preme far risuonare nei nostri cuori. Ed è per indurci a rispondere "sì" che lui predica, consacra pane e vino, visita ammalati, chiama a sé i bambini, consola chi è nel dolore, insomma fa il prete a tempo più che pieno. Sono andato per le lunghe. Volevo anche dire - più brevemente - che il Don mi è padre, oltre che nella fede, in altre due dimensioni importanti della mia vita. E’ il padre della mia famiglia. Da giovanotto, quando tornavo a Piacenza e venivo a trovarlo, non so quante volte mi ha raccomandato: "Sposati, dai". Ha celebrato il mio matrimonio con l’intensità liturgica che avevo già colto quando all’altare si erano presentate coppie di amici. Ha commentato il Vangelo della casa costruita sulla roccia con il tono di chi davvero trepida perché nasca un’unione solida. Quando poi è arrivato Tommaso, ha voluto mettere la foto tra i nuovi parrocchiani di quell’anno. Eppure Tommaso è nato a Bologna ed è cresciuto (e cresce) a Roma. In un certo senso l’ha fatto parrocchiano ad honorem. Per me quel gesto è suonato così: caro Pietro, sei andato via da San Giuseppe Operaio ma resti uno dei nostri. Infine, il Don mi è stato padre nel mestiere di giornalista. I primi articoli me li ha fatti scrivere lui su questo giornalino. La prima presentazione al settimanale diocesano è opera sua. Morale: non ci fosse stato lui, forse avrei fatto un altro lavoro. Non so se sarebbe stato meglio o peggio. Comunque un fatto è certo: questo articolo sarebbe stato più corto.
I suoi Curati
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I ricordi di don Francesco Gandolfi,
primo “vice” nel ‘75
Un pastore ai 100 all’ora “
…E non ti interessa la questione operaia?”. Così esordì Mons. Manfredini alludendo alla possibilità (che a me sarebbe stata carissima) di vivere in Belgio presso la Comunità dei preti operai di Padre Loew. Eravamo negli anni settanta (75 per la precisione) ed il Vescovo pensava alle nostre destinazioni come preti novelli. La bella proposta non ebbe seguito per la malattia di mio padre, ma mi ritrovai in quel di San Giuseppe… Operaio. Appunto!. Mi sorpresi faccia a faccia con un prete accogliente ma
Mi colpiva il dinamismo di don Giancarlo: per me esprimeva il desiderio di arrivare sempre in tempo a sostenere tutti sbrigativo; nero con la veste e pallido in viso; i capelli folti, abbastanza curati e non ancora brizzolati. Chiamò un gruppo di ragazzi e ragazze e dopo un’affrettata preghiera in chiesa, salimmo al primo piano dell’ Asilo San Giuseppe per la prima cena. Ero, come si dice in questi casi, un po’ perso ed anche un po’ fuori di me. Sembravo il curato di Bernanos (e ciò mi poteva anche gratificare per un precedente così illustre) alla sua prima esperienza parrocchiale. Si parlava e si rideva. Non ricordo cosa ho mangiato. Tutti s’aspettavano che dicessi qualcosa di interessante. E sì, qualcosa, tra un boccone e l’altro, devo aver detto ma non di..interessante o per lo meno non per quel momento. Forse ho deluso un
Quanti gruppi! Era un umanità in “subbuglio” che assimilava il ritmo del suo pastore po’!. “Ah, cominciamo bene!” devono aver concluso i giovani commensali, allontanandosi nel buio della rotonda di via Boselli, non senza aver prima augurato la buona notte. Poi… fu un tuffo, una full immersion in una umanità ancora non ben distinta. Vedevo, specie la domenica, una folla di persone: anziani, bimbi, giovani e non, maschi e femmine, allegri o tristi o indifferenti a tutto. Dentro a questa umanità spiccava questo parroco che percepivo seguito, stimato ed ammirato dai più. E mi stupivo che un uomo di chiesa, della nostra chiesa piacentina, avesse tanto successo e fosse altrettanto ammirato ed ascoltato. Le sue omelie: così pacate nei toni e vere nei contenuti;
mai al di sopra della concretezza. Gli uditori privilegiati, i bimbi: si trasformava e loro con lui. C’era sintonia e si creava un’immediata fantasia con vicendevole meraviglia. E mi stupivo. Forse il suo dinamismo? Non era mai fermo, infatti. Instancabile, con i turbo ai piedi. Non camminava, correva. L’auto era un missile. Sospinta tra le vie (non tutte asfaltate) della parrocchia o, se necessario, dentro la piana dell’Adige, andata e ritorno in giornata, ansimando verso Vigo di Fassa al Campeggio San Domenico Savio. Credo che tale dinamismo esprimesse il desiderio di arrivare in tempo a sostenere tutti. Nessuno infatti doveva sentirsi o restare solo. Anche l’istituzione di innumerevoli gruppi è sembrato essere la modalità entro cui la sua persona si poneva in un rapporto più diretto per dialogare. Quasi un espediente di immediatezza. Anche i singoli parrocchiani potevano confrontarsi gli uni con gli altri, creando occasioni
Don Francesco, primo a destra, all’altare con il Vescovo Manfredini, don Giancarlo e il cerimoniere del Vescovo mons. Domenico Ponzini
di forte solidarietà e approfonditi legami. Personalmente ho potuto formarmi a questa atmosfera amicale entro cui le persone si educano ad ascoltarsi. Facendo emergere, innanzitutto, le domande sul religioso che viveva in loro come nostalgia, in seguito, ho sperimentato la soddisfazione di intrecciare vita e fede sco-
prendo da me stesso le risposte opportune. E si differenziavano dunque i gruppi d’ascolto, a seconda dell’età e degli interessi o anche dello stato civile. Pensiamo ai gruppi giovanili, ai gruppi di famiglie e, per non tacere delle aggregazioni così particolari dei ragazzi. Eri veramente sommerso da una umanità variegata, emergente e in subbuglio. Aveva assimi-
lato lo stesso ritmo del pastore, quel gregge! E così, dentro a quella vita restai per alcuni anni. Non troppi, in verità! Mi ritorna spesso tale ricordo non disgiunto dal quel mio primo “datore di lavoro” che ora ha i capelli bianchi, ancora la veste nera, la fretta di andare e conservato un cuore bambino. Don Francesco Gandolfi
Daniele Piccoli, curato dal ‘78 all’82
“CUSTI SI’ CA L’E’ UN PRÉT” arissimi amici di San Giuseppe Operaio, mi metto al lavoro, in questo sabato che giá di buon mattino si preannuncia molto caldo, per mandarvi alcune riflessioni in occasione del 50º di messa del don.
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I preti giovani mi chiedevano: “Ma come fai a resistere con il colonnello?”. Eppure, non è stato per niente difficile, anzi Un italiano poco ortodosso, il mio ma spero sufficiente per trasmettere la mia testimonianza di "vita comune" vissuta a San Giuseppe Operaio con Don Giancarlo, il Don, dal 1º agosto 1978 (soggiorno estivo dei ragazzi a Roncovero) alla sera del 20 febbraio 1982, quando son partito per il Brasile. Una notte fredda e di nevischio. Dopo Roncovero, Mons. Manfredini infatti mi chiamó e volle sapere come era andata la mia esperienza.
La definizione più efficace del Don è in questa frase che mio padre diceva sempre quando ci incontravamo a Tollara Da quel colloquio, intravvidi che il Boselli 21 sarebbe diventato il mio nuovo indirizzo! Ho messo tra virgolette la "vita comune" perché, quando iniziai di fatto l´esperienza pastorale in San Giuseppe ai primi di
ottobre, noi due facemmo un patto: tutte le mattine, prima della messa delle 7, avremmo letto insieme un pezzetto del libro di Dietrich Bonhoeffer, “La Vita Comune”, come di fatto abbiamo fatto. In quel libro, abbiamo trovato ispirazione per vivere quei 3 anni e cinque mesi a San Giuseppe. “Vita comune”, un fardello pesante e lieve allo stesso tempo. Fate un pó voi, che conoscete il don e gli state vicino da molti piú anni che non io. Io, che aprivo le finestre; lui, che le chiudeva; io, "curato"; lui, il Don!! Io sudato per i termosifoni al massimo, lui con la veste e una maglia il 15 agosto. Eppure, son stati anni belli. Lo dico sul serio. Ho un ottimo ricordo. Non ci ho trovato niente di impossibile.
Alcuni preti giovani mi guardavano con certa compassione: “Come fai a resistere col colonnello?” Anche dal mio "cubicolo", un pezzetto di quel cor-
In politica, quasi mai la vedevamo allo stesso modo. Ma la sua passione mi ha contagiato ridoio che dava sul terrazzino verso il cortile asfaltato dell’asilo dove i giovani giocavano al pallone e i ragazzi si concentravano, il sabato pomeriggio, prima di andare a catechismo nelle case. Il letto era nascosto in un armadio/scrivania/libreria. Quando si apriva, occupava tutto lo spazio disponibile. Per dare l´impressione di maggior profonditá, avevo applicato al muro un grande poster adesivo con monti, boschi e mucche olandesi al pascolo! Veramente, le mucche esistevano solo per la Sabrina Daniele Piccoli segue a pag. 14
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Don Gian Luca, l’attuale curato, invita a festeggiare il Don
Felice di stare con la gente “Ecco, è questo che vorrei imparare da lui, io che ho 49 anni di sacerdozio in meno” inquant’ anni di sacerdozio, cinquant’anni che è diventato prete, cinquant’anni di messa… sono tutte espressione che in questi giorni ricorrono e che fanno riflettere. Si potrebbero dire tante cose, si potrebbero trovare tantissimi aneddoti sui campeggi, sulla vita di tutti i giorni… ma credo che la cosa più importante sia ringraziare il Signore. Ringraziare perché un Suo servo per cinquant’anni ha dato la vita, si è speso per la causa del Vangelo rimanen-
C
do ancorato alla barca di Pietro. Nel cuore ho questo sentimento di gratitudine verso Dio, perché è un segno tangibile della Sua fedeltà, del Suo amore per noi e del Suo non abbandono. Il nostro segno di gratitudine verso il Don? Esserci nel giorno della sua festa, fare festa con lui, pregare con lui e per lui, ringraziare con lui il Signore. Un altro pensiero mi si affaccia nel cuore, da sacerdote anche io e con 49 anni di sacerdozio in meno: ringrazio doppiamente il Signore per
l’opportunità che mi da tutti i giorni di imparare e scoprire l’identità di un prete della gente, mangiato dalla gente ma che è felice. Questo mi interessa imparare e diventare, essere sempre felice di stare con la gente. La festa è il luogo di incontro più bello e più naturale all’uomo, non manchiamo alla Messa di domenica 5 giugno, è davvero un momento privilegiato per stare insieme al Don e dirgli il nostro grazie.
Don Gigi Bavagnoli, per due anni collaboratore prima dell’ordinazione
Doppio incontro: da bambino e da seminarista Il Don è stato il prete della mia fanciullezza a Pianello La vita del Don ha incrociato la mia due volte: una ai miei inizi, perché il suo primo ministero da curato l’ha fatto a Pianello accompagnando la mia fanciullezza (dalla scuola materna alla scuola elementare) e poi nella mia infanzia da prete, perché ho passato in san Giuseppe gli ultimi due anni da seminarista fino alla mia ordinazione. I miei ricordi più vivi sono quelli dell’infanzia, di un prete giovane e dinamico, con un sacco di iniziative, con una passione per noi ragazzi, che si traduceva in mille incontri, in mille occasioni di pregare e di stare insieme. Così il mio ricordo va al primo campeggio a Vigo (avevo terminato la 4ª elementare) con le mucche che pascolavano attorno a noi e una montagna incantata, le preghiere alla sera a santa Giuliana, il pane abbrustolito al Ciampedie, la fontana d’acqua gelida davanti alla casa e il lavaggio dei piedi nel lago di Braies. Forse è per questo che ho imparato, e oggi lo so bene, che la fede e la vita, il pane e l’Eucaristia vanno insieme, e stanno bene insieme. Da seminarista ricordo del Don il suo desiderio di conoscere la situazione della parrocchia, di far lavorare tutti (e del lavoro ce n’era davvero) per fare della parrocchia nata da pochi anni un polo di aggregazione, soprattutto per i ragazzi e per i giovani. E poi le messe nella chiesettina e il trasporto panche, il gruppo giovanissimi, e poi ancora Vigo, d’estate e d’inverno, e anche a Pasqua da diacono con la 126 rossa piena di pane da portare su. E il Don che arrivava sempre, a vedere che tutto funzionasse, con il suo desiderio forte di accompagnare il cammino di ognuno dei suoi ragazzi: perché, anche se ce li affidava, erano sempre i suoi. Auguri, Don: non perdere la voglia di giocarti nelle cose che mi hai sempre dimostrato. Le parole affettuose non occorrono, né a me né a te, tanto meno si possono scrivere adesso. Buona strada. Don Gigi Bavagnoli
Don Gian Luca Barocelli segue da pag. 13
Daniele Piccoli
e l´Eugenia, le figlie di Enrico e Marisa! Di questi 3 anni e mezzo potrei raccontare molti episodi e aneddoti dai piú svariati protagonisti: il don, la mamma del don, che ho avuto il piacere di cono-
Quando fu eletto Woytjla esclamò: “Oh Madonna, un papa nero” scere e che viveva ancora con noi in quei primi mesi, la morte improvvisa di papa Luciani (all´offertorio della messa delle 7, quando sono entrato nella cappella e gli sussurrai all´orecchio: “é morto il Papa, lui si é lasciato cadere sulla seggiola, esclamando: "Madonna, il Papa no"!); la gente, cioé, le vecchiette delle minime, fate voi. Mi ricordo anche l´elezione di Giovanni Paolo II, altra "Madonna, un Papa nero!"; le segretarie, i vari "galoppini" di turno, i giovani tutto-fare, l´asilo che si smontava e dismontava tutti i sabati per diventare una specie di chiesa; le grida dei bambini sotto di noi, e quelle delle maestre; le cuoche; il maggiolino bianco ed il pulmino arancione, per finire con Vigo, la casa, i turni, il "nonno", il Tatele, il Ciampedie e la Cima 12. Poi venne la Chiesa nuova col "paraboloide" di Gabba e la Festa di Settembre, la cuccagna, il tiro alla fune, la balera prestataci dai comunisti di Gossolengo, che non sapevamo come montarla; la messa al campo… Preferisco rimanere sugli elementi che identificavano, in quegli anni l´esperienza pastorale in San Giuseppe Operaio. Una parrocchia molto viva, strapiena fino all´inverosimile di bambini, adolescenti e giovani; gruppi di tutti i tipi; le famiglie; i catechisti; l´ACR ed i giovani; le comunitá Neocatecumenali; incontri e disincontri. Non c´era molto tempo da perdere, nemmeno per litigare tra noi due, perché le cose da fare
incalzavano. Un´ altra caratteristica importante: una parrocchia tra la gente, la gente del Boselli 21, delle Minime e di via Zanetti. Una casa uguale alle altre, tra la gente piú umile del quartiere. Anche dopo la mia partenza per il Brasile, lui mi chiamava “il curato in missione”. Abbiamo sempre mantenuti i contatti, col don e con la gente. Ogni mio ritorno in Italia, una pastasciutta, lá in casa mia, a Tollara, ci voleva. Pure in questi ultimi anni ci siamo sempre incontrati. Per mia mamma, era il massimo poter fare la pastasciutta per il don. Le sembrava poco, una pastasciutta, ma il don ci vá matto! Mi ricordo che Guglielmino, quando siamo venuti insieme - allora aveva 5 anni - gli é rimasto impresso: “quell´uomo alto, dai capelli bianchi con una vestona nera, lunga lunga, chi é?” mi ha domandato, quando ci é venuto a trovare a Tollara.
I comunisti di Gossolengo ci prestarono la balera, e non sapevamo come montarla Finisco, ricordando un´altra dimensione del don: la sua “grinta politica”. Il suo idolo: Aldo Moro. Erano i tempi della DC di Zaccagnini, di Bettino Craxi prima di “mani pulite”. Fate voi! Non sempre avevamo le stesse idee, - anzi, quasi mai! - ma questa passione per la politica mi ha contagiato. Lo rispetto molto per questo; leggo ancora oggi le sue riflessioni sulla Libertà o sul Giornalino. Don Giancarlo avrebbe potuto fare il politico, come pure il giornalista. Ma ha fatto il prete e, mio papá, che la sapeva lunga, diceva sempre: “custi sì ca l´è un pret!” Bene, avrei ancora tante cose da raccontare, ma lascio lo spazio a qualcun altro perché, immagino, di spazio per tutti ce ne vorrá molto.
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Don Paolo Camminati, il curato rimasto più a lungo a fianco del Don
Dieci anni visto da vicino D opo mio padre, mia madre, i miei fratelli e la buon’anima della mia nonna Maria, il don è la persona con la quale ho convissuto per più tempo.
1993-2003: come in tutti gli intrecci di vita ci sono stati alti e bassi, sole e nuvole. E a volte gliene ho pure dette Anche se nei primi tempi in parrocchia la frequenza non è stata continua e se dei 120 mesi tra-
scorsi in San Giuseppe, più di 20 li ho passati a Vigo di Fassa, “di fatto”, dall’ottobre 1993 all’ottobre 2003, abbiamo convissuto. Si, siamo stati una coppia, “di fatto”. Come tutti gli intrecci di vita ci sono stati degli alti e bassi, delle nuvole e del sole, degli schiacciamenti e delle elevazioni, dei momenti tesi e dei momenti sereni. Ci sono cose, e non
Entusiasmo, decisione, curiosità: questo mi piace molto di lui sono poche, che mi piacciono del don, come ci sono cose che mi piacciono meno, ma siccome sto scrivendo per festeggiare il suo anniversario mi sento tranquillo nel lasciare da parte le seconde. Ci sono stati momenti, e forse ci saranno, in cui gliele ho
dette, questo basta. E poi, scusate, perché dovrei dirle a voi? Entusiasmo, decisione e curiosità. Queste le cose che mi piacciono del don. Evviva la sintesi. Non credo di dire una novità, anche se credo di dire una cosa un po’ scomoda, ma la maggior parte dei problemi che vivono i giovani è causata dagli adulti. L’entusiasmo è una delle caratteristiche positive che un giovane apprezza in un adulto e, purtroppo, una delle prime – se non la prima – che si
Mi ha dato fiducia, mi ha spinto a prendermi responsabilità, ha avuto pazienza: provo per lui molta riconoscenza rammarica di non trovare. La voglia di buttarsi, di giocarsi senza risparmio, di sperare, desiderare e, perché no, di sognare, sono elementi che rendono autorevole un adulto agli occhi dei giovani. Poi si può sbagliare, ci mancherebbe, ma quanti errori vengono perdonati o perlomeno ridimensionati quando si percepisce che sono accompagnati di una buona dose di entusiasmo e di voglia di fare. Sfido chiunque a negare che questa non è una caratteristica del don. A volte travolgente, tanto da creare
imbarazzo, ma mai indifferente. Non so quanto gli costi, non so che prezzo abbia pagato e debba pagare, e dovrà pagare, ma un’altra
La voglia di giocarsi senza risparmio rende un adulto autorevole di fronte ai giovani. Lui questa voglia ce l’ha caratteristica apprezzabile del don è la decisione. Tutti sanno che giungere ad una decisione è difficile, purtroppo però tanti si dimenticano che è ancora più difficile sostenerne le conseguenze. Negli anni in cui ho vissuto in San Giuseppe ho visto un uomo che ha dovuto decidere, anche su cose molto delicate, e lo ha fatto con serietà, assumendosi le sue responsabilità, e questo, più o meno consapevolmente, è un agire educativo. C’ho messo un po’ di tempo ma poi ho capito: se trovavo un articolo interessante che volevo fargli leggere dovevo farne una fotocopia altrimenti non lo rivedevo più; se incontravo un libro che apriva la mente dovevo suggerirglielo altrimenti, se glielo passavo, diventava un involontario regalo (a proposito forse se facessi passare la sua biblioteca forse troverei….); con i film non ci sono riuscito, purtroppo (piccolo rimprovero?) lui non va al cinema e guarda poco la televisione. Insomma la curiosità di conoscere, sapere, approfondire è un bell’aspetto della personalità del don. Apparentemente vuole farti sapere che, almeno per l’età che ha, ne sa più di te, ma in realtà vive come se gli mancasse sempre qualcosa e questa è una benedetta povertà in un essere umano. E lui, questa povertà, ce l’ha. Ci sono altre cose legate
al nostro rapporto personale che potrei raccontare, la responsabilità che mi ha invitato ad assumermi, la fiducia che mi ha accordato, la pazienza che ha avuto e altre, ma sono cose troppo nostre per dirle a tutti. E se qualcuno non sarà d’accordo con queste mie parole, poco male. Auguro loro di incontrare persone per cui spenderle, con riconoscenza, come ho fatto io per il don. “...e se c’è ancora luce grazie a Dio sul silenzio mio
se troppo ho immaginato e camminato ma con occhi da sorprendere e un cuore per comprendere se mai tutto quel che ho avuto. E se dovrò cucirmi addosso anch’io lo strappo al velo di un addio però confesso che ho vissuto” (A. Branduardi).
Con l’augurio che questa possa essere la confessione per la tua (quanto mi costa questo dare del Tu!) festa. don Paolo Camminati
Hanno collaborato a San Giuseppe Oltre a quelli di cui pubblichiamo testimonianze in queste pagine, hanno prestato servizio a San Giuseppe Operaio molti altri preti e seminaristi. Ricordiamo i loro nomi. CURATI: Angelo Bertolotti, Angelo Bisioni, Alessandro Cavallini, Fabio Galli, Ezio Molinari. PRETI COLLABORATORI: Graziano Battistella, Luigi Bearesi, Renato Braghieri, Giovanni Capra, Vincenzo Centenari, Francesco Ciceri, Massimiliano Curti, Mario Dosi, Giampiero Esopi, Alfredo Kitambala, Giulio Montenet, Luigi Muratori, Agostino Sangalli, Angelo Sesenna, Mario Tambini, Giuseppe Testa. SEMINARISTI: Gian Luca Barocelli, Gigi Bavagnoli, Angelo Bisioni, Paolo Camminati, Pietro Cesena, Renzo Corbelletta, Giovanni Cigala, Luigi Fuschi, Giulio Signora, Matteo Sozzi, Giuseppe Tosca, Gaetano (scalabriniano), Isaia (Capoverde), Joseph (libanese), Silvano Casciotti, Stefano Segalini.
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GRAZIE PER I TUOI “NO” ALLA TV SPAZZATURA Andare controcorrente a costo di apparire “scomodo”: anche così don Giancarlo si preoccupa del vero bene di tutti noi, soprattutto di quello dei più piccoli aro Don, nel giorno del tuo invidiabile 50° di intenso e fedele matrimonio con Dio e la sua Chiesa permettimi di unirmi ai tanti tuoi primi parrocchiani non solo con gli auguri ma anche con qualche riflessione. Un interminabile grazie al Signore per averci donato e plasmato un pastore così testardo e tenace, che ha sempre trasmesso spunti, Il Don a Pieve con quasi tutti i suoi pronipoti, durante uno degli speranze, ottimismo ultimi convegni annuali dei fratelli Conte e convinzione in tutte minuti) con estrema semplicità porti ai tuoi ragazzi le le iniziative intraprese, anche le più avversate e dispagine del Vangelo.Fa molto bene anche agli adulti cutibili. sentirsi piccoli tra i più piccoli. Grazie per il coraggio dimostrato a più riprese Ora Don da amico, quasi coetaneo, ricordando le quando, per il bene di tutti, soprattutto i piccoli, hai tante volte che fianco a fianco abbiamo faticato e tra alzato il tono e sei andato controcorrente criticando alti e bassi siamo sempre usciti da tante difficoltà, e condannando tutti coloro che in nome di una falsa permettimi di rivolgerti un ulteriore invito. cultura e di un falso modernismo favorivano il “tutto Se vuoi (tutti e due abbiamo i capelli bianchi!): le è lecito!” vedi soprattutto certa stampa e TV spazzatue residue energie, tutte, e sono ancora tante, inditura. rizzale al riavvicinamento dei giovani alla comunità Grazie per come sempre sei stato e sei faro e parrocchiale, dove possano assimilare e acquisire calore per migliaia di bambini: quando ti ricordo ti valori forti e veri, sui quali poi formare la propria vedo in mezzo ai tuoi piccoli, sovrastandoli con la tua famiglia. alta statura, con la mano appoggiata sulla spalla del Vorrei concludere con la stupenda riflessione del più piccolo, stupenda figura del nostro don Bosco Papa morente che con tanta tenacia e pazienza ha piacentino. cercato i giovani, sempre e ovunque “vi ho cercato Grazie per aver indirizzato migliaia di piacentini tutta la vita, ora siete venuti a trovarmi”. alle vacanze più spontanee che si possano godere In fondo anche tu sei il nostro piccolo grande nello stupendo angolo dolomitico di Vigo di Fassa Papa. (anche se, nel tragitto qualche motore ne ha fatto le Lunga vita, Don! spese). Piero Delledonne Grazie per come, con le tue omelie (a volte di 25
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L’educazione al servizio Per 15 anni animatore del Circolo Acli. Ora aiuto un prete di campagna: anche ricordando l’insegnamento del Don Caro don Giancarlo, ringrazio Dio, unitamente ai miei cari, per averle fatto dono di questi 50 anni di sacerdozio, evento che celebra non solo la fedeltà ad una lontana chiamata ma anche un instancabile lavoro ricco di frutti nella vigna del Signore. Sono riconoscente al Signore per averla avuta come parroco dal lontano 1974, quando mi trasferii, già marito e padre nella giovanissima parrocchia di san Giuseppe Operaio. In questa comunità ho potuto continuare un cammino di Fede, iniziato in una famiglia profondamente cristiana, all’ombra del campanile di Carpaneto. Devo a lei, e la ringrazio di cuore, il mio passaggio da quella che era una fede interiormente vissuta a una Fede più partecipata, fatta di piccole e umili testimonianze. Lei mi chiamò a vivere in seno alla Comunità una stimolante esperienza di gruppo – il circolo Acli – che mi portò a
conoscere tanti amici e con loro, per più di 15 anni a collaborare in una delle tante attività parrocchiali. Come lei sa (merito del suo insegnamento al Servizio) oggi vivo le festività in una piccolissima parrocchia di campagna, collaborando con un caro sacerdote, anziano ma tanto giovane dentro, a rendere bello e partecipato il giorno del Signore. Sappia tuttavia, che sono sempre un suo parrocchiano disponibile nella ferialità a dare il mio modesto contributo, anche se nei limiti delle possibilità e compatibilmente agli impegni familiari. Di nuovo le rinnovo i miei più sentiti auguri e preghiere, unitamente ai familiari per tanti anni ancora di sacerdozio nella comunità di San Giuseppe Operaio. Alfredo Ferranti
Specializzato nel “tradurre” il Vangelo E non è cosa da poco!!! Per cinquant’anni e oltre ha creduto, ha vissuto, si è nutrito di questa vocazione con tutte le sue forze, con la caparbietà che tutti gli riconosciamo, con la serenità di colui che sa di essere sulla strada giusta per arrivare a Dio, e compiere il suo Santo Viaggio.
L’ho conosciuto nel ‘74. Tornato a casa dissi a mia moglie: “Ecco un prete che prega davvero”. E’ vero che poteva fare carriera militare (noi l’abbiamo spesso chiamato “colonnello!”) oppure il giornalista di professione (da tempo scrive sui giornali le sue meditazioni, storie di vita, e memorie di personaggi) ma è vero che la tonaca è stata la “tentazione” più forte, il suo vero “abito”. Quando l’ho conosciuto nel ’74 durante una Messa all’ Asilo san Giuseppe, tornando a casa dissi a mia moglie: “Ho conosciuto un prete che prega”. Questa certezza non l’ho mai perduta. Un sacerdote, il Don, che ha amato la Chiesa riconoscendone l’Autorità nei suoi Pastori e praticando l’obbedienza quale atto d’Amore a Dio Padre che lo ha chiamato, consacrato e voluto prete per sempre.
Semplice coi bambini, critico con gli adulti, provocatorio con i giovani: il suo imperativo è far amare la Parola di Gesù a tutti La mia ammirazione è anche dopo questi anni per la sua capacità, ma direi volontà, di tradurre il messaggio evangelico in relazione alle persone che ha di fronte durante le celebrazioni Eucaristiche, vale a dire: semplice se di fronte a bambini o persone anziane, critico e stimolante di fronte ad un pubblico adulto, a volte provocatorio alla presenza di giovani. Sempre comunque chiaro ed efficace. Da allora e fino ad oggi ho avuto con il Don rapporti veri, fatti a volte di silenzi o di esternazioni anche critiche ma sempre nel rispetto di ciascuno come persona e per i ruoli specifici nell’ambito ecclesiale per l’uno e sociale per l’altro. Oggi sento di ringraziarlo con tutto l’affetto che ho nel cuore ed augurargli che possa continuare a vivere con serenità e libertà e tanto Amore la Vocazione di Sacerdote donando a ciascuno di noi, sempre e comunque, i Doni dello Spirito. Mario Tondini
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Riccardo Gabba, progettista e generosissimo direttore dei lavori
La sfida della chiesa nuova “Nascerà con i soldi dei poveri” chiani i quali dovevano emigrare nelle chiese vicine. Ma lo spirito innato del “Don”, certo che la provvidenza ci avrebbe aiutato, ha sciolto gli indugi ed ha deciso di iniziare la progettazione con il beneplacito del Vescovo. Nel 1976 è stata completata la parte progettuale approvata prima dal Consiglio Pastorale Parrocchiale, poi dalla Commissione Diocesana, infine dalla Commissione Centrale d’Arte Sacra a Roma.
ll’inizio degli anni ‘70, il nostro indimenticabile Vescovo Mons. Enrico Manfredini ha scelto un giovane “Curato” della Santissima Trinità con l’incarico di far nascere una nuova parrocchia alla periferia sud della città, zona di sicuro sviluppo, accomunando ritagli di altre parrocchie confinanti. Data la
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Le autorità ascoltarono con stupore questa frase di don Giancsrlo. Eppure, con la campagna dei mattoncini e tante altre iniziative, il concorso finanziario popolare fu alla fine molto consistente caratteristica della zona senza strade, poche case in costruzione ed inoltre un quartiere ultra popolare (Villa Grilli) abitato da famiglie povere, c’era da rimanere sbigottiti e sconfortati. Sono convinto che un po’ di smarrimento l’avrà provato il prete designato, don Giancarlo Conte, sempre determinato, ma presto ha avuto il sopravvento il forte carattere e l’innata facoltà organizzativa. Rimboccate le maniche, sono comparsi, come per miracolo, l’asilo-chiesa
(capacità 100 persone stipate) gruppi di collaboratori e attività parrocchiali; il tutto animato da grande entusiasmo, supportato dallo stimolo del nuovo parroco. Il resto è storia vissuta. La parrocchia è cresciuta velocemente, il quartiere si completava, sono nate le nuove strade, le illuminazioni, i condomini, ecc… e la Chiesa! Alla novella parrocchia era stato dato in dotazione un appezzamento di terreno di mq. 5000, dono del cardinale Samorè per erigere la futura chiesa, dico futura perché non c’era alcuna prospettiva di realizzarla per mancanza di finanziamento. L’asilo-chiesa di via Boselli, era ormai insufficiente a contenere i parroc-
Una delle prime Messe nella cripta. In alto, il card. Samorè, che donò il terreno per la chiesa nuova, durante la posa della prima pietra Era commovente vedere le vecchiette portare ogni mese le loro 500 lire in segreteria
Sandro Busca, impegnato nel sindacato
Cattolici e impegno sociale dal Don la spinta alla coerenza iù di quarant’anni di esempio di vita e di insegnamento, come uomo e come prete. Da don Giancarlo ho imparato cose importanti, di valore, fondamentali per la mia condotta da cristiano, che hanno segnato profondamente la mia impostazione ideale ed orientato i miei riferimenti culturali per il cammino intrapreso nell’impegno sociale. E’ stato gratificante ed entusiasmante avere nel
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Don un faro che mi ha sempre tracciato la via giusta da seguire ed ha contribuito a far sviluppare in me una coscienza critica, libera ed autonoma.
segreteria. Sono state organizzate cene benefiche, concerti lirici, aste dei quadri, tombole, banchi di beneficenza, ed altre attività che hanno permesso a chi lo desiderava di portare il proprio contributo alla costruzione della nuova chiesa, il tutto dietro la regia del Don. La raccolta capillare delle piccole offerte mensili ha permesso di finanziare la maggior parte dei lavori. Esse si sono sommate a
Sopra ogni altra cosa è stato un prezioso amico e consigliere nei momenti delicati della mia adolescenSandro Busca segue a pag. 22
Contemporaneamente scattava la campagna di sensibilizzazione della Comunità parrocchiale con un discreto successo che ci ha permesso, integrato da un primo e modesto contributo statale, di posare la prima pietra domenica 20 marzo 1977 ed iniziare i lavori di un primo lotto (cripta) il 21 luglio 1978. In occasione della cerimonia di posa della prima pietra alla presenza delle Autorità civili e religiose, don Giancarlo, nel suo intervento, ha espresso con un po’ di trepidazione la sua convinzione che “questa Chiesa nascerà con i soldi dei poveri”, fra lo stupore delle autorità abituate a concepire l’esecuzione di opere similari con il supporto di massicci finanziamenti. I fatti gli hanno dato ragione. Con l’inizio dei lavori si sono incrementate le offerte e don Giancarlo ne ha organizzato la raccolta nell’ambito parrocchiale, lanciando lo slogan “operazione Chiesa Nuova”: volontari raccoglievano, nella zona loro assegnata, offerte mensili anche modeste, ma costanti. Era commovente vedere le vecchiette portare ogni mese il loro contributo di 500 lire in
qualche offerta significativa “una tantum” e a sempre modesti contributi statali, in un clima di autentico entusiasmo. Sono grato a don Giancarlo per la fiducia che mi ha accordato sia nell’ambito progettuale che nella conduzione dei lavori. Ho condiviso con lui le preoccupazioni, le ansie, le umiliazioni e le soddisfazioni; gli sono riconoscente per le lezioni di equilibrio, sia nei momenti critici che in quelli gioiosi. Ricordo con piacere le quasi quotidiane visite in cantiere di S.E. il Vescovo Monsignor Manfredini, per il Suo sostengo morale dispiaciuto di non poter aiutare finanziariamente. Pur nel suo equilibrio, in occasione della prima messa concelebrata col Vescovo, con don Antonio Tagliaferri e don Ettore Cogni, in cripta la domenica 16 dicembre 1979, una intensa commozione ha inchiodato don Giancarlo all’altare di fronte alla nuova chiesa, tanto grande quanto gremita. Era la sua gente che gli rinnovava l’impegno a “camminare insieme”. Riccardo Gabba
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Le missioni tra i terremotati (p.v.) Don Giancarlo ha guidato gruppi di volontari nelle zone terremotate del Friuli e dell’Irpinia. Sono state esperienze di forte impatto umano per molti giovani della parrocchia. Portare una testimonianza di amicizia più ancora che un aiuto pratico, accostarsi a popolazioni tragicamente ferite e circondate da lutti e macerie, cercare un “perché” là dove la vita di un popolo era stata sconvolta da una furia cieca: ecco il senso di quelle missioni. Accorrere a Pradielis e San Gregorio Magno è stato per il Don uno dei modi per educare alla fratellanza. Lo stesso meccanismo è scattato
QUELLA FOTO FUORI-LINEA
più di recente, quando il terremoto ha colpito San Giuliano, in Abruzzo, e un’intera classe di bambini è rimasta uccisa. Da San Giuseppe Operaio è partito di nuovo qualcuno per
portare un abbraccio (e il risultato di una colletta) a chi aveva perso tutto: capomissione era lo stesso prete delle altre volte, con i capelli candidi ma con la stessa generosità.
Pradielis (Friuli), luglio 1976: il Don legge l’Unità (unico giornale che arrivava lassù) in una pausa delle attività di soccorso ai terremotati. Quanti commenti scherzosi su questa foto, così clamorosamente in controtendenza rispetto al cliché del Don superdemocristiano! Ma del resto, don Camillo non parlava e discuteva con i comunisti quasi altrettanto che con il Gesù crocifisso? E così il Don doveva ben conoscere il pensiero dei “compagni”. Per di più, come si può notare, l’azione di “spionaggio” si svolge sotto la stretta sorveglianza di una Madonnina: più ortodossa di così !
Dalla parte di chi cerca aiuto Sette “segni caratteristici” per un identikit scherzoso. Ma il più importante è un altro: quando un “povero” soffre, tu, Don, ti fai ambasciatore del suo bisogno
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aro Don Giancarlo, ti conosciamo ormai da una trentina d’anni e abitiamo in parrocchia da quando siamo sposati, cioè da quasi ventisette anni. Come descriverti in tutti questi anni? Bè, ci proveremo. Caratteristiche fisiche: come novello Don Camillo, ti vediamo da sempre con la tua lunga toga piena di bottoni (quanti!, ma li slacci tutti la sera?) cha avanzi deciso a lunghi passi, o, al contrario, a piccoli passi, meditante, con una mano sulla guancia. I capelli, bianchi (ma li hai mai avuti di un altro colore?). Segni caratteristici: * Concretezza. Un esempio: un’auto serve per trasportare persone e cose: il resto non va nemmeno preso in considerazione: come dimenticare la mitica Golf bianca e i viaggi a tavoletta a Vigo? * Attenzione. Non ti scappa niente: nel bene e nel male. Tu pensi tutto. * Precisione nei dettagli. Chi dimenticherà mai le cresime, le comunioni, gli anniversari e ogni celebrazione dove ogni particolare è previsto, dal numero di panca (che dramma per le famiglie numerose o con molti parenti) all’accordo con Nostro Signore perché non piova (se non occorre). * Semplicità. Sei una delle persone che invitiamo volentieri a pranzo: ti va bene tutto, non dipendi dal cibo, ami la conversazione. Insomma non occorre concentrarsi per fare bella figura, per crea-
re piatti che stupiscano ogni volta, possiamo goderci lo stare insieme. * Capacità comunicativa. Frotte di famiglie emigrano da altre parrocchie per sentire la tua omelia: non è solo masochismo (vista la durata delle tue prediche domenicali), ci dev’essere dell’altro… E anche i tuoi scritti sui vari giornali sono di immediato impatto e buon senso. * Determinazione. Forse qualcuno potrebbe usare un sinonimo, ma ricordiamo sempre che “solo chi non fa, non sbaglia”. E tu, Don, di robe, ne fai un sacco! * Coinvolgimento. Sai sempre cosa chiedere e a chi chiederlo: tu sai quando
è il momento giusto per riuscire a “tirare dentro” qualcuno (ed è un gran dono). Fin qui abbiamo scherzato. Quello di te, Don, che noi apprezziamo veramente di più è l’essere sempre dalla parte del “povero”, di chi soffre, dell’anziano solo, del malato, del bambino. Ti abbiamo sentito tante volte prendere le difese di chi onestamente cerca aiuto e ti sei sempre fatto da tramite con chi l’aiuto lo poteva dare. Discretamente. Per questo tante persone si fidano di te. Insomma, Don, grazie per essere ancora a San Giuseppe Operaio. Stefania e Paolo Dosi
Tariku Dosi nel giorno della sua Cresima
Quel salmo per proteggerci dalla malattia n Don-papà dal cuore grande. Così ho imparato a conoscere Don Giancarlo. Sotto una scorza schiva e prudente, a poco poco si è rivelato un cuore tenero e generoso. Sono infiniti i motivi per cui potrei e dovrei ringraziarlo. Da come ha “cresciuto” mio marito, all’apporto sapiente e determinante nell’educazione dei miei cinque ragazzi. Ma ora, mi piace sottolineare l’aspetto umano-paterno che ho scoperto in lui e che per tanto tempo non avevo sospettato. Non dimenticherò mai, caro Don, come sei stato “sentinella” nel vegliare su di noi all’annuncio della malattia di Giampi. Non dimenticherò mai il salmo “Proteggimi o Dio, in te mi rifugio” che mi hai fatto proclamare con apparente indifferenza la veglia della notte di Pasqua 2004. Non dimenticherò quando, vulnerabilissima e improvvisamente sola, ho cercato una figura forte, sicura, carismatica che potesse incoraggiarmi e tu ci sei stato. Hai vinto la tua naturale riservatezza, mi hai telefonato, rassicurandomi: “Non ti capiterà nulla di male”. Sei stato per noi mano tesa e, sono sicura, non solo per noi. Non so se possiamo permetterci di dirtelo; tu sei il nostro parroco, a te spetta incoraggiare, consolare, assistere: ma non arrenderti mai. E’ tanto il bene che hai seminato, non potrai mai essere deluso.
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Mariangela Illari Angelillo
I BAMBI I N
i ragazzi Dalle Alpi alle Ande una voce si espande: Don sei grande! &
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Caro don Giancarlo,
Caro Don,
so che il 5 giugno è la tua festa. Ti ringrazio che sei amico dei bambini e tutti ti vogliono bene, Grazie dell’affetto che ci dai, quando siamo all’oratorio, quando leggi i Vangeli, quando leggono i chierichetti, grazie perché parli bene per Gesù.
sono 50 anni che fai il prete, io ne ho visti solo 10 ma posso affermare che sei un grande, sia come spirito, sia come vecchiaia (stavo scherzando!). Sei grande anche se le tue prediche (o meglio le prediche di Gesù) sono un po’ lunghe; a me piacciono perché: primo, riesci a farti capire da tutti, grandi o bambini che siano, secondo, fai riflettere sul modo di vivere la vita in modo da seguire fino in fondo la strada di Gesù, terzo, perché riesci a rendere una predica seria in una “lezioncina” divertente che sicuramente richiama di più l’attenzione di noi piccoli. Una cosa che mi diverte, di te è quando, mentre ci parli, ci prendi la mano e la stritoli! Devo dire che sei un prete eccezionale, che ci parli di Gesù in modo da fare capire a tutti le sua parola e non ti dimentichi di nessuno. Sei grande “Don”! Laura Amodeo (5ª elem.) la tua giornalista
Filippo Sallusti (2ª elem.)
Carissimo Don,
oggi vorrei ringraziarti perché, in questi lunghissimi anni, fra letture e gite sei riuscito a farmi capire quanto sia bello pregare e andare in chiesa. Sei riuscito a farmi capire che le cose che ti fanno felice non sono quelle “concrete”, ma ci sono altre cose che ti possono rendere felice, come l’amore, l’amicizia e l’altruismo, che al contrario dei video game portano la pace. Noi siamo delle pecore e tu sei il vice-pastore che ci guida e ci fa evitare gli ostacoli che possono compromettere il nostro cammino di fede. Mi ricordo quella volta che siamo andati a benedire le case, Durante questa esperienza - oltre ad avermi fatto imparare la preghiera per benedire le persone a memoria mi ha “cambiato” non nel senso che benedire le case ti cambia la vita, ma nel senso che tra tutte le esperienze sono riuscito a cambiare. Un caloroso abbraccio da Paolo Tagliaferri (5ª elem.) tuo chierichetto
Carissimo Don Giancarlo, ti voglio tanto bene perché ami molto i bambini e le loro famiglie. Quando mi incontri mi sorridi e mi chiedi come sto. A me piace andare a catechismo perché imparo tante cose belle su Gesù. All’oratorio mi diverto a giocare con le mie amiche. Grazie perché a Pieve Stadera ci fai imparare tante cose importanti per la nostra vita. Io sono molto contenta di fare la Prima Comunione. Auguri da Alice Perotti (3ª elem.)
Pieve, la cresima, le sue sgridate e le sue gentilezze il Don visto dai ragazzi di prima e seconda media piacevoli, quindi la fede mi aiuta a superare i momenti difficili. Lorenzo. Mi piace perchè sa stare con i giovani. So che mi tiene in considerazione e pensa anche a me. Gabriele Mi ha convinto a diventare chierichetto, è preciso, e se c’è qualcosa che sbaglio me lo fa capire, ma è pronto a perdonarmi, come un papà buono. E’ un bravo organizzatore, infatti per noi ragazzi ha dato vita al Gr.Est. e ai soggiorni estivi a Vigo e a Pieve. Michele Il Don mi piace quando ci aiuta nel nostro cammino di fede, come quando organizza i ritiri a Pieve e crea i momenti di riflessione.Alessandro Mi ha aiutato a vivere il mio cammino di fede e, aiutandomi, mi ha fatto capire che non sempre ci sono cose
Voglio dire che il Don è stato molto paziente ed ha avuto molta volontà con noi cresimati per prepararci a un buon cammino fede e sa comprendere le nostre esigenze. Arianna E’ buffo quando fa gli esempi con i nomi inventati,
ha una gran fantasia. Pur avendo una considerevole età ci capisce, ci consola e ci aiuta nella vita. Alex Mi piace perchè ci sa capire e ci esorta a stare nella chiesa. Sa parlare bene ed è molto vicino ai ragazzi. Paola E’ come un bambino che deve sollevare una roccia: e cerca di farci prendere la giusta via. Anche se a volte può essere noioso, ci sta aiutando e spesso ci accompagna nella vita. Andrea Mi piace molto quando il Don cerca di capirci, anche se a volte non ci prende. Francesco Il Don mi ha fatto capire che la Messa è molto importante; è gentile, mi ha offerto la cioccolata. Luca Il Don mi piace perchè ci aiuta nel nostro cammino di fede e cerca sempre di aiutarci. Un suo pregio è quello di saperci ascoltare. Risolve i nostri problemi. Per me averlo conosciuto è stata una fortuna perchè sa capire i giovani (noi) e ci induce a continuare sempre a frequentare la Chiesa per avvicinarci sempre di più a Gesù. E’ come un papà buono che ti indica la strada giusta e ti aiuta a prendere le decisioni giuste e anche se sbagli non ti sgrida, anzi ti capisce e ti fa ritrovare la tua strada. E’ per tutto questo che mi piace! Fabiola
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Un’educatrice ripercorre il suo cammino
I N A V I GIO
Preghiera, silenzio e un po’ di allegria e penso al nos t r o Don, dapprima si affollano tantissimi momenti, frasi e gesti dell'oggi e di ciò che è stato appena ieri, ma subito dopo affiorano prepotenti, fino a prevalere su tutto il resto, i ricordi della mia infanzia in parrocchia, che più di altri sono impressi nella memoria in modo per me quasi indelebile.
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La “tecnica” di don Giancarlo per educare alla fede è esigente ma anche coinvolgente Per cominciare, il catechismo all'asilo. Certamente non un posto fantastico, ma che dava l'idea di una chiesa in fieri, che stava crescendo grazie a tanti volonterosi parrocchiani ma soprattutto a un prete ostinato. E poi le messe in cripta, perchè la chiesa nuova non era ancora pronta, ma la stavamo costruendo lentamente, perfino noi bambini mattoncino dopo mattoncino, per arrivare a ricevere quello d'oro, secondo un marketing d'altri tempi che sotto sotto non aveva altro che il grande desiderio di un giovane parroco di dare una dimora dignitosa al Signore in un altrettanto giovane quartiere in espansione, per tentare di creare un faro per i molti naviganti sperduti nel mare della nostra periferia.
Tra i ricordi, l’assalto festoso alle ostie non consacrate, nelle prove della Prima Comunione
a Veano, poi soprattutto a Pieve, tappe fondamentali per un percorso di crescita di quella fede bambina, così incerta ma già consapevole di una gioia dispensata a tutti a piene mani. Perchè è proprio questo che nella mia storia ha distinto significativamente il Don: l'attenzione costante per i bambini ed i ragazzi, sulla via tracciata dal suo amatissimo Don Bosco, attenzione che purtroppo sempre meno parrocchie hanno e che senza vanto ci ha resi un po' precursori rispetto ad altre realtà cittadine, per non dire diocesane, dove il dopo-cresima è sinonimo di fuggi-fuggi generale dei preadolescenti. Se oggi abbiamo gruppi giovanili per ciascuna età e che arrivano a coinvolgere persone fino ai trent'anni e oltre, come me, è anche perchè qualcuno in queste realtà ha creduto fin dall'inizio.
Oggi nei gruppi ci sono persone over- 30: vuol dire che il lavoro costante dà frutto Proprio di recente ho incontrato un'amica che, cresciuta nella nostra parrocchia ma trasferitasi fuori città dopo essersi sposata, lamentava la scarsa preparazione del figlio di 9 anni, che tra pochi giorni riceverà la Prima Comunione, confrontandola con la preparazione che avevamo invece ricevuto noi alla stessa età: una preparazione fatta di estrema chiarezza, nel contempo esigente ma alla portata di tutti, semplice ma mai banale, allegra ma
E ancora la 1ª confessione e poi la 1ª comunione con altri 129 coetanei e i molti ritiri, prima
Chiara Cappa segue a pag. 22
La prova-pullmino Tre mini dialoghi nel giro di pochi mesi: ecco come con il Don si diventa adulti senza quasi accorgersene...
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aggio 1993, preparativi della Festa del Ciao dell’ ACR. Maurizio e Alberta chiedono di poter utilizzare il pullmino per andare a Sarmato. Alberta: “Avremmo bisogno del pullmino per andare a prendere del polistirolo a Sarmato”. Don: “Chi lo guida?” Alberta: “Maurizio”. Don: “Assolutamente no, ci vogliono anni di patente per guidare il pulmino. Enrico (che passava di lì), tieni (gli dà le chiavi). Vai tu. Enrico: “Ma Don c’è la Messa…” Don: “E’ questa la tua Messa! Va in pace fratello!” • Luglio 1993. Qualche giorno prima della partenza per Vigo. Don: “Bronzini mi devi fare il responsabile del 3° turno. Io non posso fermarmi perché ho problemi alla gola. Vengo su il primo giorno, imposto il turno e poi scendo”. Maurizio: “Ma Don, io ho vent’anni e i ragazzi più grandi ne hanno 17. Non mi sembra il caso”. (….) • Vigo estate 1993. 3° turno. Don: “Bronzo, carica 15 ragazzi sul pullmino e parti per il Lago di Bries. In due/tre giri dovremmo farcela. Tieni, queste sono le chiavi. Hai la patente, vero?” E’ proprio vero che si diventa adulti e non ci si accorge nemmeno di esserlo diventati! Maurizio Bronzini
Imitarti nella passione, ecco la nostra promessa
Sei un sacerdote zelante, di antica virtù ' facile dirti grazie, caro don, solo per quello che hai fatto per la tua gente, per la tua e nostra parrocchia di San Giuseppe Operaio. Bisogna avere un po' di tempo, pescare nel fiume dei ricordi e la tua tonaca svolazzante c'è sempre, dagli anni del catechismo in su. Il rischio è forse solo quello di lasciare un elenco incompleto, per la parzialità della memoria, per l'abbondanza delle voci e per la riservatezza con cui hai saputo custodire tanti passaggi del tuo ministero sacerdotale. Mi basta solamente osservare che tutto ciò che si fa e si vede in San Giuseppe porta la tua impronta oppure è cresciuto con il tuo favore. Vorrei allora dirti grazie per come hai fatto tutto quello che hai fatto. E' questo il senso delle parole di San Giovanni della Croce. Grazie per la passione per Dio e per l'uomo che riem-
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pie ancora la tua vocazione. Davvero lo zelo per la Sua casa ha divorato le tue giornate e questa è stata per me, e per tanti altri una guida sicura ed una testimonianza affidabile. Credo che per questa virtù antica del sacerdote, lo zelo, ti sia stato anche molto perdonato. Mi piacerebbe che nel tuo bilancio potessi pensare che la comunità che hai creato e per la quale non ti sei risparmiato ti assomigliasse in questa passione per il vangelo. Grazie per l'obbedienza che ti è costata fatica, grazie per la pazienza spesa per stare con i tuoi amati bambini, per tutto quello che hai pensato e fatto per i giovani, per aver saputo ascoltare con discrezione gli adulti e gli anziani. Mi immagino quante persone e quante storie piegate dalla vita sono passate attraverso il tuo studio e ne sono uscite confortate. Grazie per aver voluto essere il parroco di tutti noi. Fabio Polledri
I N A V I GIO “
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a prima parola che mi viene in mente pensando al Don è: fiducia. La fiducia che sa infondere nella sua gente, la fiducia che sa ispirare ai bimbi ma soprattutto la fiducia che ha riposto in me chiamandomi ad essere catechista e poi educatrice a Vigo”. Camilla fa parte del gruppo di diciottenni guidato da Chiara e Ivano, tutti chiamati dal Don ad essere catechisti ed educatori dei giovanissimi nonostante la giovane età. Camilla, come gli altri amici del gruppo, ripercorre le tappe del rapporto con don Giancarlo partendo dall’infanzia: “quando sei piccola lo vedi come un instancabile e carismatico maestro, crescendo tutto si fa più complesso…a volte ci possono essere contrasti ma con lui si può sempre parlare.
Ora che non sono più un bambino ho capito che è sempre utile confrontarmi con lui, anche quando non condivido appieno le sue posizioni.” Michele è arrivato a San Giuseppe dopo diversi anni vissuti in un’altra parrocchia
coetanei che non frequentano i gruppi lui non li dimentica, non perde occasione per cercarli e invitarli a ritornare. L’esperienza di catechista mi ha aiutato a parlare con lui, a discutere sulle questioni importanti.”
orgoglioso e felice di essere bambino, perché con lui i bambini sono sempre al centro della comunità. Fa di tutto per rendere felici i piccoli, combatte per i ragazzi dell’oratorio, non si tira mai indietro. Noi giovani, che pure a volte siamo
Le voci dei diciottenni Estate 2004, il turno dei giovanissimi a Vigo
cittadina: “Stimo don Giancarlo perché ha a cuore ogni persona della parrocchia. A volte i suoi modi sembrano un po’ forti ma secondo me questo è un sintomo che lui ci tiene a noi. Anche i nostri
“E’ bello vedere come sa catturare l’attenzione dei piccoli, pendono letteralmente dalle sue labbra e tu ti domandi ‘perché io invece non riesco mai a farmi ascoltare così?’ dice Luca. “Lui sa farti sentire
un po’ critici nei suoi confronti, non smetteremo mai di ringraziarlo per le opportunità che ci ha offerto, come Vigo, e per come ha saputo comunicarci la fede sin da piccoli.” Secondo Rossella “il Don ha
Mi piacciono le prediche del Don anche quando sgrida un po’ la gente: lo fa per scuoterla L’estate scorsa a Vigo ho potuto conoscerlo meglio, mi ha aiutata a formarmi come educatrice, anche le sue critiche e i rimproveri sono stati preziosi perché hanno stimolato me e i miei compagni a dare il meglio senza riserve.” Per Matteo “il Don sa farti riflettere sulle cose veramente importanti. Per questo mi piacciono le sue prediche, anche quando sgrida un po’ la gente che ha di fronte per ‘scuoterla’.
Dà il passo, guida la fila, è visibile più che mai: il mio “grazie” al Don è legato a questa immagine
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uno ‘stile’ che sa tenere i ragazzi vicini alla parrocchia.
A volte i suoi modi sembrano un po’ forti. E’ un sintomo che lui a noi ci tiene proprio Qualche incomprensione è inevitabile ma se hai bisogno di un consiglio, di sostegno e di aiuto, lui c’è sempre. Mi sento di dirgli grazie per tutte le iniziative che mette in campo per farci stare dentro la Chiesa e per la fiducia che ha in noi.” Giulia oltre ad essere educatrice dà anche una mano in segreteria, e quest’ultima esperienza le ha fatto conoscere meglio il Don: “Sa gestire una parrocchia grande e impegnativa con incrollabile entusiasmo e determinazione, anche se a volte è un po’ insistente. E’ attento ad ogni particolare, conosce tutte le famiglie e spesso le contatta personalmente. Del Don mi piace la voglia di continuare a imparare e a informarsi. E’ una persona colta e aperta, legge tantissimo e si aggiorna, la sua scrivania è regolarmente ricoperta di libri e giornali.”
Noi giovani, che pure a volte lo critichiamo, non smetteremo mai di ringraziarlo per come ha saputo comunicarci la fede fin da piccoli
Un maglione rosso mai stanco di salire a chiara immagine di un maglione rosso vivo, che si contrappone alla consueta e rassicurante abitudine di una veste nera, la netta sensazione di una guida che ti sta portando su, sempre più su verso una meta a tutti chiara e già più volte raggiunta, ma che in questa occasione porta con sé qualcosa di speciale, una storia antica fatta di anni di campi in montagna coi ragazzi, fatta di storie ancora vive nella memoria di un vecchio (a volte anche lui ama definirsi così, forse soprattutto perché è ben consapevole di quanto questa condizione lo carichi di viva saggezza) che ha dedicato la vita ai giovani e ai bambini, che ha fatto loro conoscere il gusto della montagna, della fatica, del sudore e dell’impegno che ci vogliono per raggiungere tutte le vette delle Dolomiti, ma soprattutto tutte le vette della vita. Un maglione rosso che dà il passo, che domina la fila, che dona sicurez-
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za, ma che soprattutto è visibile, come lo è sempre stato in tutte le occasioni e in tutte la prove che la vita gli ha richiesto, con una disponibilità e un’accoglienza che lo contraddistinguono e una memoria storica su un quartiere che è nato intorno alla “sua” parrocchia, e che con grande capacità ha saputo rendere “nostra”, la trasmissione di quel senso di appartenenza che fa lottare per la riuscita, per la continuità e la crescita. Un maglione rosso che si ferma su un prato e ricorda, racconta, rivive una vita intensa ed emozionante, un maglione rosso che accoglie e ascolta assorto la montagna, forse con tanta nostalgia per i
tempi andati, ciò nondimeno con una chiara gratitudine per esserci anche in questi tempi, ma soprattutto con una certa soddisfazione e un vivace compiacimento in volto per avere ancora una volta tenuto botta!!!!! Grazie Don! Roberta Pinotti
Per Umberto “il Don è attento anche ai più piccoli dettagli, sa leggere dentro le cose e appena vede che ti stai allontanando è lì pronto a stimolarti a partecipare e ad impegnarti in prima persona.” Anche Ivano e Chiara, gli educatori che da diversi anni seguono questi giovani con passione e impegno, hanno qualcosa da dire su Don Giancarlo: “Il Don è un vero comunicatore. Sa come far passare il messaggio della fede e lo fa anche attraverso l’umorismo, la capacità di giocare con i bambini, il contatto fisico con la gente – afferma Ivano - Chi non ha ricevuto una pacca sulla spalla, un buffetto, una ‘calorosa’ stretta di mano dal Don?”. “Il Don è una ricchezza grande per la parrocchia – aggiunge Chiara – molto di quanto si fa lo si deve al suo instancabile spirito di iniziativa. Inoltre è un vero pastore per la gente, le sue omelie sono sempre curate, la Parola viene spiegata e resa ‘concreta’. Quando predica sa prendere spunto dalla sua enorme esperienza e la gente si sente veramente interpellata.” a cura di
Annalisa Gobbi
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AZIONE CATTOLICA
In missione per l’eternità Caro Don, hai detto un “sì” generoso e fedele. Non ti saranno mancate le sofferenze. Noi preghiamo che il Signore ti ricompensi.
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i compiono cinquant’anni dalla tua ordinazione e grazie è la parola giusta, la sintesi più vera che si possa pronunciare. Gli adulti di Azione cattolica, sentono di dover dire grazie al Signore per averti permesso di rispondere alla vocazione: i disegni di Dio sono misteriosi. Evidentemente il Signore aveva fatto un progetto sulla creatura Giancarlo: il progetto dura da cinquant’anni perché Giancarlo ha detto “sì”. Quindi grazie al Don per il suo “sì” generoso, ribadito, fedele! Un “sì” talvolta certamente faticoso, forse in qualche occasione accompagnato da sofferenza perché il dolore non sarà mancato. Un “Sì” difficile perché fare il prete è difficile anche se riteniamo sia una delle più belle ed esaltanti avventure che possano capitare ad un uomo. Avventura “in aeternum” per definizione, ossia per sempre, definitivamente. Un prete non va in pensione. segue da pag. 17
za quand’egli era “curato” alla SS.ma Trinità. Un’amicizia tra pari, base vera che aiuta a migliorarci e a crescere in un clima di maggiore serenità. Un padre affettuoso dai tratti semplici, comprensivo sempre disponibile all’ascolto, al “pronto intervento”, al soccorso. Un prete molto operativo, concreto, senza troppi peli sulla lingua soprattutto nei confronti dei parrocchiani ma in generale verso tutto il popolo cristiano. In particolare nei confronti di coloro che ricoprono posti di responsabilità in politica, nelle Istituzioni, nell’economia. E’ sempre stato fermo sostenitore che i cattolici non sono una “realtà a parte” della comunità: essi hanno una missione precisa, quella di assumersi responsabilità, quindi rischiare in prima persona (per il Don il rischio è il “suo mestiere” ancora oggi) e rinnovare il loro servizio alla società. Su questo versante ha sempre rotto ogni indugio e dato la carica a tutti, parrocchiani e non. Le sue forti ed appassionate omelie mi trascinavano; suonavano per me come una sveglia, un’iniezione di nuovo vigore etico e politico che mi confermavano nelle mie motivazioni all’impegno nel Sindacato. In diverse occasioni mi ha
Sentiamo, don, che la tua “grazia di stato” l’hai vissuta con altissimo impegno: con una sorta di testardaggine: tu sei prete, sacerdote del Signore in modo assoluto, radicale, senza mezze misure. Lo abbiano visto in tante occasioni, toccato con mano quotidianamente: lo si vede dal tuo modo di procedere nello svolgimento del Ministero: qualche volta si fa fatica a capire. La spiegazione ci viene se ci ripetiamo che tu sei il sacerdote-pastore di questo popolo qui, in San Giuseppe Operaio, dove il Signore ti ha chiamato. A noi resta il compito di rendercene conto e che in qualche occasione ci pensiamo. I difetti? Nel popolo di Dio c’è di tutto. Chi può misurare o giudicare? “Chi è senza peccato…” Di certo c’è la riconoscenza che dobbiamo al Signore e a te. Pregheremo: la preghiera è ciò che ci resta da fare nella circostanza perché il Signore continui a tenerti e tenerci d’occhio: noi non mancheremo di pregare chiedendo ai santi Giuseppe e Giovanni Bosco - oltre che a Maria Santissima nostra Madre - di intercedere perché il tuo procedere continui: diremo ancora per molto tempo. Grazie Don! Gli adulti di Azione Cattolica
Sandro Busca
Una tonaca nera nel campo del Signore
C’era una volta un grande campo: si chiamava San Giuseppe Operaio. Il suo custode e coltivatore era tale don Giancarlo, un uomo vestito sempre di nero, una lunga tonaca, che lo rendeva ben riconoscibile anche da lontano. Perché quest’uomo era un segno, un riferimento, una guida. E non era un semplice uomo, era un uomo di Dio. E non era nemmeno solo: molte persone gli erano vicine con affetto, stima, riconoscenza e pazienza e gli davano una mano nel lavoro, perché coltivare e custodire il campo avuto in assegnamento era piacevole ma faticoso. Così tanti genitori piantarono nel campo numerosi semi, che a poco a poco diventarono piantine e tutti - genitori, don Giancarlo, educatori, fedeli - a loro modo contribuivano a farle crescere, innaffiando, curando, potando quando necessario. Sempre con amore e per amore. Alcune piantine seccarono, talune durarono qualche stagione in più, altre diventarono grandi alberi, bellissimi fiori. Si raccolsero frutti, si ripiantarono semi per anni e anni….. E tutti vivranno eternamente nella gioia perché tutto dipende da Qualcuno che trascende l’intera parrocchia. Grazie, Signore, per questa parrocchia, per questo parroco. Solari Alberta
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fatto comprendere che occorre essere orgogliosi ed ambiziosi di fare il sindacalista nella consapevolezza di sapere che si lavora per gli altri, di rispondere alle attese degli altri, soprattutto di chi è in condizioni di debolezza nel lavoro, nella società. Mi ha sempre spinto a guardare la realtà con un approccio positivo, non per essere ottimisti “a prescindere” – atteggiamento oltre che sbagliato anche controproducente - ma per la consapevolezza che fa bene guardare “oltre” e “verso”, perché ciò aiuta a superare ansia ed insicurezza e a costruire risposte giuste ai bisogni degli altri. Mi ha raccomandato l’umiltà, di sapermi rimettere in discussione, la sobrietà
negli stili di vita, di trasmettere fiducia, speranza, di affermare con coerenza i valori che muovono i cattolici all’impegno sociale. Ancor più oggi, in una società che privilegia la libertà ed il benessere individuale rispetto alla solidarietà collettiva. Uno sprone quindi a far fruttificare i talenti che ciascuno di noi possiede, con generosità, sapendo reggere le situazioni difficili con equilibrio, con fermezza, nella consapevolezza di doverseguire con coerenza la strada in salita dell’onestà e della verità. Per me, caro “Don”, Lei sarà sempre un grande maestro, un prete eccezionale, un esempio da imitare. Grazie “Don” .
Chiara Cappa
non frivola, in cui c'era posto per la preghiera nel deserto come per le battute del Don, che adesso mi fanno sorridere ma che da piccola mi facevano sbellicare, posto per il canto con le braccia alzate a lode del Signore, così come per l'assalto festoso alle ostie non consacrate, nelle prove per la prima Comunione. Ma tutto questo a un insaziabile seguace di Cristo non bastava: occorreva un punto di ristoro, un luogo fuori dall'ordinario dove rinfrancare anima e corpo. Ed ecco che il Don inventa Vigo. Lo so che è una realtà nata molto prima di me, ma per me, come è ovvio, Vigo è arrivato dopo tutto quanto ho detto sopra. E come per tutti coloro che ci sono stati almeno una volta, arriva come un vento impetuoso (forse il vento dello Spirito?) a sconvolgere l'ordinario, a mostrare che si può davvero fare esperienza del Regno di Dio già qui, sulla terra. Non posso quindi che dire grazie a quest'uomo perennemente di nero vestito ma ormai bianco per l'età, tra l'altro portata benissimo, per il fedele attaccamento a Vigo che ha trasmesso a tutti i giovani e non più giovani della parrocchia. Quella stessa fedeltà che ormai mezzo secolo fa lo portò a consacrare al Suo Signore tutta la propria vita...
Gli anni di San Bonico
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Il nostro Prof. ritrovato A San Bonico ci sono due coniugi che - a suo tempo hanno avuto entrambi il Don come insegnante di religione: lui allo Scientifico, lei alle Magistrali. Ora lo hanno come parroco. Ecco la loro testimonianza. obbiamo confessarlo: a scuola ci siamo trovati entrambi, anche se in istituti diversi, con don Giancarlo sulla cattedra. Sia chiaro: si parla di ben oltre trent’anni fa e quindi nel fatto che siamo qui da marito e moglie con tre figli al seguito, il Don nulla ci azzecca. O almeno così risulta a noi. Perché su quel che combinava e combina il nostro professore di religione - e soprattutto come credo che ben pochi possano avere granitiche certezze. È questione di rapporti: i suoi con il Principale sembrano essere molto stretti e lo sanno giusto loro due cosa combinano: ogni tanto a noi è solo concesso di vederne i risultati. Anche perché don Giancarlo è sempre stato uno che va per le spicce. Pochi giri di parole e dritto all’obiettivo: c’è sempre troppo da fare, troppo di cui preoccuparsi, troppo per fermarsi. E quando si ferma, va evidentemente a rapporto dal
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Lo abbiamo conosciuto in cattedra: ci sapeva fare, un filo ci ha unito nonostante le occasioni di incontro fossero poi diventate rare Principale. Il nostro professore, lo abbiamo ritrovato in pianta stabile a San Bonico, ma per tutti questi anni sono bastate rade e fuggevoli
occasioni di incontro per tener saldo il filo del ricordo e dell’affetto. Il che, visto con
E rieccolo spuntare a San Bonico: siamo tornati sotto le sue “amorevoli grinfie” il senno del poi, è un chiaro segno che questo lungo uomo d’indubbio fascino (eccellente affabulatore oltre che di bella presenza nemmeno troppo sciupata dagli anni e dagli affanni: altro segno evidente di un eccellente rapporto con Lui) sapesse fare anche l’insegnante di religione come si conviene: dottrina e calore, principi e comprensione paterna, confronto e rispetto reciproco. Altrimenti sarebbe finito come altri nella categoria dei dimenticati o dei detestati. E c’è da dire che l’allora ben più giovane don Giancarlo, sulle prime non fosse esattamente in testa alla classifica di gradimento: apparentemente più professore che pastore. Non aveva esattamente il phisyque du role dell’insegnante di religione standard (troppo atletico, troppo alto) e nemmeno la tradizionale rassegnazione al martirio connesso alle intemperanze degli scolari, altrettanto tradizionalmente poco inclini a dare importanza a quella che per loro era (è?) comunque una materia di studio, e non una preziosa occasione di crescere e confrontarsi con la religione e gli inevitabili dubbi che porta con sé. Adesso, sicuramente, la sua voce è capace di assumere tonalità più dolci e rotonde di allora, anche se lo stile è sempre quello. All’inizio, si diceva, perché questo prete sempre di corsa alla fine è piaciuto a
noi e ai nostri compagni, abbiamo capito e apprezzato e ci siamo affezionati a questo manager di anime, tanto da averlo visto andar via dalla cattedra con non poco rimpianto. Adesso ce lo siamo riguadagnato. Anzi, siamo tornati La recente bella celebrazione degli anniversari di sotto le sue Matrimonio, iniziativa che risale ai tempi di Don amorevoli grinGiovanni Pancini, e che Don Giancarlo ha voluto contifie. Certi che nuare a valorizzare sempre più continuerà ad andare per le spicce, ad inventarsi mille e un sistema per coinvolgerti nei disegni che la Divina Provvidenza gli ha sicuraCaro don Giancarlo, mente affidato, a spiazzarti siamo molto felici e lieti di questo traguardo che Dio le ha dato di raggiungere. con iniziative e decisioni a Nei momenti felici e in quelli tristi ci è sempre stato di consorpresa. Ma anche ad forto con la sua preziosa parola; il suo esempio ci ha fatto comavvolgerti con il suo paterprendere quanto bene c’è dentro il suo cuore. nale e sempre meno burbeAnche nella sua fermezza è stato per noi una guida. Tutti ro affetto. E ci accorgiamo noi della parrocchia di San Bonico ci scusiamo se qualche volta che è un vero peccato che i l’abbiamo un po’ delusa. In avvenire ci sarà modo di miglioranostri figli non lo abbiano re perché vogliamo festeggiare ancora tanti anni del suo belliscome insegnante a scuola: simo sacerdozio. ma comunque anche loro ce Pregheremo per lei, perché resti sempre in Dio. l’hanno intorno. Di don Auguri vivissimi che Maria Santissina Madre della Chiesa la protegga sempre. Giancarlo non ci si libera nemmeno cambiando geneMarcellina Mazza Benedetti razione. Gianni e Maria Pia Cogni
Un dono alla parrocchia
ALBUM di FAMIGLIA
Don Giancarlo insieme a fratelli e sorelle, in un’immagine recente. Da sinistra, in piedi: Nino, il Don, Pinuccia; seduti: Liliana, Ubaldo, Dante e Rosetta. Gli altri fratelli e sorelle, nel frattempo scomparsi, erano: Mario e Clara.
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Grazie per l’oratorio Occasione e per le Messe “speciali” di crescita I G R U P P I G I O VA N I
aro don Giancarlo, anche se sono passati solo pochi anni da quando ti conosciamo, ci sentiamo di ringraziarti per tutto quello che hai fatto per la nostra piccola comunità, anche se a volte è stato un po’ faticoso, da parte nostra, abituarci al nuovo ritmo. Sappiamo che ogni tua azione è stata mossa da una reale attenzione nei nostri confronti. Con te sono state attuate diverse iniziative mai realizzate prima nella nostra parrocchia. Ne ricordiamo alcune: il gruppo per i giovani adulti e quello per i giovanissimi; la catechesi per gli adulti; soprattutto la nostra crescita spirituale, base fondamentale per l’esistenza di una comunità cristiana. Ci auguriamo perciò che tu continui ad essere con la passione che ti ha sempre contraddistinta - il nostro pastore, interessato a far crescere la conoscenza e l’amore a Gesù.
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Elisabetta e Ilenia
Un pastore deciso ’ dal 2001 che Don Giancarlo è anche parroco di San Bonico. Subentrato a Don Giovanni Pancini, si è trovato in una nuova dimensione a contatto con una piccola comunità. La popolazione ha accolto con amicizia il nuovo pastore ed ha apprezzato il rinnovamento dei locali della canonica e dell’oratorio, così pure la sua attenzione verso i bambini e i giovani. Don Giancarlo si è trovato con situazioni da risolvere e con il suo carattere deciso ha compiuto alcune innovazioni, secondo il proprio stile di prete pratico e poco incline a concessioni estetiche. E’ un lavoratore, generoso verso chi gli chiede aiuto. Ha dimostrato di essere volentieri coinvolto nei problemi del paese sottoposti al Comune e al Quartiere ed ha istituito la catechesi per gli adulti e per i giovani, mantenendo nella parrocchia alcuni momenti religosi legati alla tradizione. M.Grazia Rainieri-Pozzoli
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’ proprio il caso di dire: 50 anni e non li dimostra, e tutti diranno che di anni ne hai almeno una ventina in più. Lo so che hai superato i settanta, ma io intendevo i 50 anni di sacerdozio. E proprio non li dimostri se teniamo conto della passione, dell’entusiasmo, del fervore, della volontà, della bravura, dello spirito giovane e battagliero che ancora oggi ti animano nello svolgimento della tua missione. Cinquant’anni di ministero sacerdotale vissuti con una frenetica intensità sia come uomo che come sacerdote. Giovanni Paolo II l’ha detto e Benedetto XVI l’ha ripetuto, che non bisogna aver paura. Ebbene tu sei stato un precursore di queste memorabili parole, le hai concretizzate da sempre, affrontando scelte a dir poco coraggiose. Sei partito da niente o quasi e hai creato la chiesa di San Giuseppe Operaio, la bellissima struttura di Vigo, la Casa della Gioventù a Pieve Stadera. A San Bonico hai ristrutturato in modo razionale e sapiente la canonica e realizzato il cortile e l’oratorio per i ragazzi.
Se dovessi essere costretto a lasciare San Bonico per altri incarichi, non dimenticare la nostra comunità: ti vogliamo bene
Aver fatto questo è veramente tanto, ma l’opera migliore che hai attuato, secondo me, è
quella di aver creato intorno a questa realtà una comunità cristiana viva, pronta a recepire quello di cui la tua persona è permeata e cioè un amore profondo per la chiesa fatta di persone. Questi ambiziosi traguardi li hai raggiunti perché sei armato da una fede solida come una roccia, da un carattere semplice ma arguto e da una perso-
nalità forte e sicura. E penso che un buon contributo sia stato dato anche dal legame profondo e vero tra il tuo essere uomo, il tuo essere cristiano, il tuo essere prete e il tuo essere pastore. Se queste e tante altre tue innegabili qualità ti portassero in futuro ad occupare posizioni di maggior prestigio e quindi essere costretto a lasciare San Bonico, ti prego di non dimenticare la nostra comunità perché ti stima e ti vuole bene. Se accadesse questo, ci mancherebbero tanto le tue Messe. Sì, perché - come già più volte ti ho detto - le messe celebrate dal don sono messe speciali. Si ascoltano con grande piacere, ti mettono in armonia con Dio e in pace con le persone che ti stanno intorno. E mi devi credere se ti dico che noi tutti di san Bonico siamo molto contenti di avere come parroco un prete-pastore. Con la speranza di essere ancora insieme a celebrare il tuo 60° di sacerdozio, ti auguro un futuro costellato da tante soddisfazioni e tanti avvenimenti belli da vivere insieme. Un grosso grazie e fraterni auguri. Domenico Grassi
“La Madre Celeste ti assista sempre” arissimo don Giancarlo, ringraziamo e benediciamo in questo giorno benedetto lo Spirito del Signore Risorto che ti ha consacrato con l’unzione e ti ha mandato per portare ai giovani e a tutti il lieto messaggio di salvezza. E possiamo cantare oggi con Maria, la Madre celeste: l’anima mia magnifica il Signore e il mio Spirito esulta in Dio, mio salvatore. Grandi cose ha fatto in te l’Onnipotente e Santo è il suo nome. Cinquant’anni di vita sacerdotale, di sì al Signore e di risposta: “parla Signore, il tuo servo ascolta”, sono una grazia e dono totale al Signore. Gioioso e buon anniversario! Che Dio ti benedica e Maria, nostra Madre, ti assista sempre. Felice anniversario.
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Don Alfredo Kitambala