SCHERMA E TURISMO La disciplina sportiva della scherma ben si coniuga con il patrimonio culturale ereditato, confermando in maniera inequivocabile come sport e turismo sia stato ed è un binomio vincente per la promozione del territorio. Una gara di scherma produce un considerevole indotto economico per la comunità ospitante, per il fatto che coinvolge, considerati gli alti numeri delle presenze mediamente per tre giorni, l’attività alberghiera e della ristorazione. E’ una dinamica secondaria rispetto all’evento sportivo, ma non meno importante perché genera occasioni di promozione turistica dei luoghi producendo reddito a sostegno dell’occupazione. L’obiettivo posto in essere dal Circolo Scherma Flaiano con questa sezione, è quello di promuovere visibilità allo straordinario patrimonio storico-culturale presente in Abruzzo, in particolare della Provincia di Pescara, con il progetto “Scherma e Turismo” suddiviso per itinerari tematici: 1. 2. 3. 4. 5. 6.
La via delle chiese fuori le mura La via dei castelli La via delle aree archeologiche La via dei centri storici minori e dei prodotti eno-gastronomici e dell’artigianato La via della montagna “ Maiella e Gran Sasso” La via del mare “spiaggia, trabocchi e ponte del mare”. Come prima applicazione del progetto, nell’anno schermistico 2011/212 sul primo itinerario
verrà organizzato un trofeo itinerante con gare da svolgersi antistanti le chiese. La sezione prende avvio con il primo itinerario ricadente nella Provincia di Pescara, a breve distanza dal capoluogo e facilmente raggiungibile considerato l’ottimo sistema stradale che vi conduce. DIECI CHIESE FUORI LE MURA Questi dieci splendidi esempi di chiese abbaziali sono distribuiti su due ambiti territoriali della Provincia di Pescara, sulla sinistra e destra orografica del fiume Aterno-Pescara; tali chiese sono indicate “fuori le mura” perché ubicate all’esterno del centro storico di appartenenza. Esse rappresentano le varie scuole di maestranze insediatesi in Abruzzo intorno al XII secolo: A• • B• • C• • • •
SCUOLA DI SAN LIBERATORE Abbazia di San Liberatore a Maiella, nel Comune di Serramonacesca; Chiesa di San Giovanni e San Vincenzo, nel Comune di Turrivalignani; SCUOLA VALVENSE Chiesa di Sant’Angelo, nel Comune di Pianella Chiesa di Santa Maria del Lago, nel Comune di Moscufo SCUOLA CAUSARIENSE Abbazia di San Clemente a Casauria, nel Comune di Castiglione a Casauria; Chiesa di Santa Maria di Cartignano a Bussi Abbazia di San Bartolomeo a Carpineto della Nora Chiesa di San Tommaso a Caramanico
D- SCUOLA BORGOGNONA • Chiesa di Santa Maria D’Arabona, nel Comune di Manoppello • Chiesa di Santa Maria in Piano, nel Comune di Loreto Aprutino.
Scuola di San Liberatore
Abbazia di San Liberatore a Maiella, nel Comune di Serramonacesca 1 L’antica abbazia di San Liberatore è figlia della “Sacra Madre”: la Majella; essa è situata nel paese di Serramonacesca, posto alle pendici del Monte Piano di Taricca nei pressi del fiume Alento. Prototipo della più importante corrente architettonica del medio evo abruzzese, in precedenza nel sec. IX sorgeva qui un'abbazia dell'ordine Benedettino Cassinese che la tradizione ricollega a Carlo Magno e che andò distrutta a seguito del terremoto del 990. Successivamente, nel 1007, se ne iniziò la ricostruzione con piani assai grandiosi per opera del monaco Teobaldo da Montecassino, che in dodici anni provvide anche ad arredare il nuovo tempio con eccezionale ricchezza. La sua opera fu poi continuata da Desiderio di Montecassino e si protrasse fino al 1080 circa. La chiesa fu ulteriormente trasformata nel '500 con l'aggiunta in facciata di un portico, oggi crollato. L'edificio (completamente restaurato tra il 1960, il 1971e il 1995) tutto in pietra chiara della Majella, è a pianta basilicale, con tre navate divise da pilastri rettangolari reggenti archi a tutto sesto e tre absidi semicircolari. La facciata è a quattro spioventi, ornati da fregi ed archetti pensili ciechi. Nella parte inferiore si aprono i tre portali, collocati presumibilmente nel 1080; quello mediano, di eleganti e semplici forme romaniche, è stato ricomposto durante i restauri. Nella parte superiore sono state riaperte tre monofore, occluse durante gli interventi del XVI secolo. La torre campanaria di San Liberatore si erge alla destra del portico, su pianta quadrata in quattro ordini nettamente separati. Sopra la zona basamentale, che comunicava con la chiesa, gli altri ordini sono rinforzati agli spigoli da larghe sporgenze che si collegano nei coronamenti con arcature cieche sormontate da leggerissime cornici composte di dentelli, tortiglioni ed ovoli. Ogni ordine ha sui lati quattro finestre, monofore nel basso, bifore nel mezzo e trifore in alto, tutte dello speciale tipo usato nei primitivi campanili dalle maestranze lombarde. Sulle colonnine divisorie un minuscolo capitello sostiene un enorme pulvino a stampella, che raggiunge sul suo lato massimo la lunghezza del muro. La scuola d'artefici che si esercitò a San Liberatore ebbe scarsi modelli da imitare e nelle comici, nei capitelli, nelle mostre, nei coronamenti, sfidando talvolta un certo senso di monotonia, non potè distaccarsi dalle forme rimaste da secoli al servigio degli artisti italiani; creò però un elemento architettonico capace di piegarsi ad ogni esigenza decorativa, chiamato dal Gavini "cornice benedettina". Così apparvero qui, forse per la prima volta in Abruzzo, il campanile di tipo "lombardo" ed il capitello cubico completo, sia ricoperto della "cornice benedettina", sia gravato del pulvino mensoliforme. L'interno della chiesa è diviso in tre navate da sette arcate per lato, su pilastri a sezione rettangolare. Presso il terzo pilastro destro si trova l'ambone nelle consuete forme abruzzesi, a cassa quadrata su colonne. Nella parte terminale della navata centrale è stato ricomposto il prezioso pavimento in "opus sectile", a disegno geometrico, risalente al 1275. Nell'abside vi sono resti di affreschi del XII e XIII secolo. All'inizio della navata destra sono stati riportati, su pannelli, alcuni affreschi cinquecenteschi provenienti dall'abside mediana. Essi raffigurano: San Benedetto in Cattedra, Carlo Magno e Babaco Olivesi con in mano carte di donazione e l'abate Teobaldo che offre il modello della chiesa. Dalla piccola porta che si apre nella navata sinistra, che anticamente comunicava con la sacrestia e il monastero andati distrutti, si possono osservare le murature all'esterno e le absidi di grandiosa architettura, tutte in pietra della Majella accuratamente lavorata.
s.liberatore - le tre absidi
interno con pulpito sulla destra
facciata con torre campanaria
particolare della pavimentazione
Chiesa di San Giovanni e San Vincenzo, nel Comune di Turrivalignani 2 Ogni anno, in corrispondenza della prima domenica dopo Pasqua, in occasione dei festeggiamenti in onore di San Vincenzo Martire, gli abitanti del piccolo comune di Turrivalignani e delle località limitrofe si recano nella chiesa cimiteriale intitolata ai Santi Giovanni e Vincenzo, situata a circa 1,5 Km dal centro abitato. A circa un chilometro dal centro storico di Turrivalignani, sorge l’antica chiesa medioevale di San Giovanni e San Vincenzo, risalente alla prima metà del sec. XII, dedicata ai santi omonimi. La facciata restaurata non presenta alcun motivo degno di nota. L'ingresso, posto sul fianco destro dell'edificio, è molto semplice e privo di decorazioni scultoree, a doppia arcata a tutto sesto. La costruzione è in pietra, ornata alla sommità da una serie di arcatelle che poggiano su capitelli a forma di "T", probabilmente per indicare il toponimo Turrivalignani. La parte posteriore, nella zona centrale, presenta una sola abside semicircolare con esile finestrella ornata da motivi scultorei di arcatelle a tutto sesto. L'interno molto semplice e di pianta basilicale, è a tre navate divise da pilastri di forme diverse e con archi disuguali. Due pilastri posti sui gradini, che danno accesso all'altare sopraelevato, hanno la particolare forma a "T". Anche l'altare a forma di parallelepipedo è molto semplice. In fondo alla navata destra una scalinata immette nella cripta, al centro della quale si trova un rudimentale altare in pietra con la statua di San Vincenzo.
vista laterale con ingresso
interno
Scuola Valvense
Chiesa di Sant’Angelo, nel Comune di Pianella 3 Ubicata fuori dell'abitato su di un rilievo collinare, si trova la chiesa di Sant'Angelo, conosciuta anche come Santa Maria Maggiore. La sua origine è antichissima; sembra infatti che sia stata costruita intorno agli anni 331-340 d.C., sui resti di un antico tempio dedicato a Vesta. Dedicata fin dalla sua fondazione all'Assunta, la chiesa è stata oggetto di molti restauri e trasformazioni; attualmente presenta una facciata in laterizio con motivi di stile romanico e sculture in pietra. Il bellissimo portale, di epoca posteriore, presenta stipiti riccamente ornati da figure vegetali ed animali. L'architrave è lavorato a bassorilievo con la Madonna in trono tra i Santi ed i Patriarchi. Al di sopra si apre la lunetta ogivale al cui interno esistono tracce di un'antica pittura raffigurante la Vergine che allatta il Bambino. Nello spazio superiore si apre un grande rosone risalente alla fine del XII secolo, riccamente decorato con otto colonne a raggiera. A destra, incorporato nella chiesa, si erge il campanile rimasto presumibilmente incompiuto, con i piani inferiori segnati da cornici romaniche alleggerite da finestre circolari e archi voltate. L'interno, ove nel 1967-68 è stato ripristinato il livello originario del pavimento, è a tre navate, che mostrano chiaramente i caratteri dell'arte benedettina; fu completato nel 1182 quando i maestri di Casauria, dopo la morte dell'Abate Leonate, si diressero in varie località della regione a prestare la loro opera. Le navate sono divise da colonne successivamente trasformate in pilastri per consolidare e rafforzare la costruzione. Nella loro parte terminale, tre absidi semicircolari recano testimonianze ai pitture del XII, XIV e XV secolo. Altri affreschi sono visibili sui pilastri e sulle colonne; in una nicchia, un affresco molto rovinato porta la data del 1493. A ridosso della parete di sinistra, si trova l'interessante ambone, opera del maestro Acuto, al quale fu commissionato dall'abate Roberto nel 1182. La cassa, quadrata, poggia su due tozze colonne con capitelli differenti; i tre architravi sono finemente decorati con "palme ed aeroterio". Il pulpito consta di quattro pannelli raffiguranti l'aquila, il leone, l'angelo ed il toro, simboli degli Evangelisti. Sul prospetto della tribuna sporge il leggio a forma di capitello svasato.
Chiesa di Santa Maria del Lago, nel Comune di Moscufo 4 La chiesa di Santa Maria del Lago sorge fuori dal centro storico di Moscufo e molto probabilmente risale all’ VIII secolo, poiché questo sacro edificio preesisteva all'affresco del "Giudizio Universale" attribuito all'anno 1000. Oltre agli affreschi vi sono altri fatti che fanno risalire la chiesa a quell'epoca, tra cui l'assenza del campanile, l'antichità della vasca sul sagrato e alcune pitture e sculture. Due colonnati sorreggono gli archi di pieno centro che dividono l'aula in tre navate terminate da absidi e nell'abside centrale si ammira il Giudizio Universale. L'ornamento principale della chiesa è il suo ambone, che fu finito nel 1159 da Nicodemo, il quale curò l'abbellimento della chiesa; l'ambone si erge addossato al pilastro sinistro della navata centrale. E’ di travertino, sostenuto da quattro colonne di calcare disposte in quadrato ed unite tra loro mediante archi che sorreggono
l'impalcatura. Le pareti laterali presentano sporgenze su cui poggiano leggii e intorno agli archi corrono intrecci di foglie, viticci, spine, figure umane morse da animali. Tra i bassorilievi spiccano i cicli di S. Giorgio e di Giona. Sul sagrato c'è una grande e rozza vasca monolitica, la cui funzione originale è discussa; secondo alcuni si tratterebbe di una vasca battesimale, altri ritengono che servisse ai fedeli per lavarsi le mani prima di entrare nel luogo sacro (l'antico "cantharus"). Questo costume comunque decadde e le vasche furono sostituite da piccoli recipienti portatili collocati su mensole o tavolette vicino all'ingresso, in cui i fedeli bagnavano la punta delle dita; poco dopo si diffusero le acquasantiere. Il restauro più recente risale al 1960-61, eseguito per isolare il cimitero dalla chiesa. La facciata ha riacquistato il frontone semplice con la parte mediana sopraelevata rispetto alle pareti laterali lievemente inclinate. Nell'alto della facciata è stato riproposto il rosone semplice al posto di quello quadrilobato non originario; è stata sostituita la porta d'ingresso, rinnovati tutti i tetti, abbassato e cambiato il pavimento con mattoni fabbricati appositamente sulla forma dei mattoni primitivi. Il portale ad arco a tutto sesto è ornato di molte figure a bassorilievo,tra cui rose, grappoli, simboli dei quattro Evangelisti e l'agnello con la croce, emblema dei benedettini. Un’ epigrafe ricorda il restauro: LABENTEM HANC AC PENE DIRUTAM S.MARIAE IN LACU REGIAM ECCLESIAM IN OPPIDO MOSCUFI A FUNDAMENTIS RESTAURAVIT ABBAS D.IOAN.BABTISTA MAZZACARA NEAPOLITANUS DEBITI DEI DOMIB.NITORIS MEMOR A.REP.SAL. MDCCXXX111
facciata principale
particolare delle absidi
interno con l’ambone
Scuola Causariense
Abbazia di San Clemente a Casauria, nel Comune di Castiglione a Casauria 5 L’Abbazia sorge lontana dal centro storico di Castiglione a Casauria, nei pressi del fiume Pescara e dell’antica Interpromium, città marruccina. L'origine del suo nome è controversa: per alcuni deriva da Casa Aurea, secondo altri, invece, da Casa Urli, da Urios, il Giove portatore dei venti. L'abbazia fu costruita nell'871 dall'Imperatore Ludovico II, in ringraziamento a Dio per la sua liberazione dalla prigionia nel Ducato di Benevento. Dedicata alla Santissima Trinità, fu nobilitata con le reliquie del papa San Clemente Martire. Il nuovo monastero si arricchì molto presto grazie alle donazioni dell'Imperatore e successivamente di quelle di Carlo Magno e Carlo il Grosso. Saccheggiato e distrutto dai Saraceni nel 916, fu ricostruito dopo il Mille,s otto Berengario e nuovamente saccheggiato, a seguito della conquista normanna nella zona. Agli inizi del XII secolo, con il ritrovamento delle ossa di San Clemente, l'abbazia rifiorì e, sotto l'abate Leonate, dal 1152 raggiunse il massimo splendore; in questo periodo fu redatto il famoso "Chronicon Casauriense", scritto dal monaco Giovanni e miniato dal frate Rustico. E' una raccolta di memorie antiche attualmente custodita nella Biblioteca Nazionale di Parigi, donata dai monaci a Carlo VIII in occasione della sua discesa in Italia alla conquista del regno di Napoli. Dopo Leonate e il suo successore Ioele, il monastero decadde; nel XIV secolo, dopo aver subito gravissimi danni nel terremoto del 1348, la badia fu data in commenda dalla Curia Romana. Alla fine del XVIII secolo la chiesa divenne proprietà regia e la maggior parte dei suoi beni furono venduti per ordine di Ferdinando IV. Nel 1818 la badia fu sottratta alla giurisdizione ecclesiastica e nel 1850 fu annessa al vescovato di Diano per poi essere concessa ai Riformati di San Francesco. Soppressi gli ordini religiosi, la costruzione fu assegnata al municipio di Castiglione a Casauria. L'edificio sorge all'interno di un vasto giardino, in cui sono raccolti frammenti architettonici e scultorei romani e medievali. Presenta una pianta basilicale, a croce commissa, con transetto poco sporgente ed abside semicircolare unica. Da Casauria si diffuse una scuola di cultori ed architetti portatori di nuove regole stilistiche che per un lungo periodo rimasero tipiche dell'edificazione religiosa abruzzese ed ebbero risonanza anche fuori della regione. La chiesa è preceduta da un monumentale portico a tre archi, di cui il mediano più largo a tutto sesto ed i laterali a sesto acuto poco accentuato, poggianti su pilastri con semicolonne addossate. I capitelli, finemente intagliati, sono arricchiti con figure e motivi ornamentali vegetali. Anche gli archivolti sono impreziositi con decorazioni di grande varietà. Nell'alto della facciata, al di sopra di un attico coronato da una cornice ad archetti, ci sono quattro bifore, due ad archi ogivali e due architravate, forse provenienti dal distrutto monastero e qui collocate in occasione dei restauri del 1448. Nel portico, coperto da volte a crociera costolonate, si aprono tre portali: il mediano, architravato, è fiancheggiato da semi colonne che reggono archi sporgenti concentrici a ferro di cavallo. Nella lunetta vi sono raffigurati pregevoli bassorilievi di scuola francese, raffiguranti San Clemente seduto con alla sua destra i Santi Fabio e Cornelio ed alla sua sinistra l'abate Leonate che presenta il modello della chiesa da lui rifatta. Nel grosso architrave sono raffigurate, in ordine di successione, storie relative alla fondazione dell'abbazia. Negli stipiti, sotto ricchi capitelli con animali, sono scolpite, entro nicchie, quattro figure incoronate rappresentanti, forse, i principi ed i sovrani protettori o benefattori del monastero. I grandi battenti bronzei della porta,gli unici di questo tipo esistenti in Abruzzo, risalgono ed lavori promossi dall'abate Ioele nel 1192. I battenti sono suddivisi in 72 formelle quadrate, separate da cornici a borchie. Nelle formelle sono rappresentati motivi geometrici di vario disegno, i castelli soggetti all'abbazia, figure di monaci. Oggi, molte di queste formelle sono state sostituite da copie in legno. I portali laterali hanno lunette a pieno sesto; nella destra la Madonna con il Bambino, nella sinistra San Michele. L'interno, lungo 48 metri, riproduce un tipo di transizione dal romanico al gotico cistercense; è a croce latina con lati poco sporgenti diviso in tre navate e con un unica abside semicircolare, secondo la tradizione romanica. L'intonaco è stato rimosso per mostrare la differenza di manufatto tra il IX ed il XII secolo. Le navate sono divise da arcate ogivali su pilastri rettangolari ad eccezione del primo ed il terzo a sinistra che sono cruciformi. La parte anteriore della navata centrale è notevolmente più alta della rimanente ed è illuminata da tre monofore per lato; i pilastri sono in pietra ben tagliata e levigata. Nella controfacciata appare un loggiato a tre archi ogivali; questa parte dell'edificio è frutto dell'ampliamento del XII secolo. La seconda parte della navata centrale, più bassa, è separata dalla prima da un arco trasversale a tutto sesto e fiancheggiata da pilastri ed archi in pietra rustica, non intonacata, originariamente risalente al IX secolo. Presso il pilastro cruciforme destro, si trova lo splendido ambone. Fu realizzato, nel 1180, da frate Giacomo da Popoli. Ha forma di cassa quadrangolare, poggiante su quattro colonne, dagli eleganti capitelli a rigogliose foglie di palma. Sopra, i quattro architravi con bellissimi intrecci ai tralci, tra palmette e frutti finemente intagliati, reggono i davanzali. Quello destro è spartito in tre riquadri da eleganti cornici; in ognuno si trova un grande rosone a forte rilievo, con rami o alberelli intrecciati.
Nella faccia anteriore l'antico leggio è sostenuto da un'aquila che puntagli artigli su un libro aperto appoggiato sul dorso di un leone accovacciato, il quale, a sua volta, ha un volume sulle zampe anteriori: rappresentano i simboli degli Evangelisti Giovanni e Marco. Di fronte al pulpito si trova il candelabro per il cero pasquale, nel quale la parte superiore, assai più ricca e impreziosita da mosaici, appare alquanto più tarda. Nel presbiterio sopra l'altare, ricavato in un sarcofago paleocristiano del IV-V secolo, vi è il ciborio, in stucco e a quattro colonne architravate con copertura piramidale. Sopra gli architravi, decorati a foglie di palma, poggiano quattro frontoni completamente rivestiti di intagli a bassorilievo, di grande fantasia decorativa, ricca di simboli e motivi arabeggianti. Dalle navate laterali si scende nella cripta, divisa in due navate trasversali di nove campate ciascuna, da rocchi di colonne e capitelli romani parzialmente interrati nel pavimento, che reggono volte a crociera, La cripta è conclusa da un'abside, corrispondente alla muratura originaria del IX secolo, inglobata entro una seconda abside più esterna, corrispondente al muro perimetrale della ricostruzione del XII secolo. Nella navata di sinistra si può osservare il sarcofago quattrocentesco del Vescovo di Penne, Berardo Napoleoni.
facciata principale
particolare del portale
interno
particolare dell’oratorio
interno
cripta
Chiesa di Santa Maria di Cartignano, nel Comune di Bussi sul Tirino 6 La chiesa di Santa Maria di Cartignano risale all' XI secolo ed è legata alla storia della colonizzazione benedettina. Il documento più antico è un atto di donazione del 1021 nel quale si fa menzione di una cella di san Benedetto, ossia una piccola chiesa di campagna. Questa ed altri possedimenti in territorio valvense vennero, ad opera dell'imperatore Arrigo II, confermati al monastero di Montecassino. Sorge sulla strada che conduce a Capestrano, fuori dal centro abitato di Bussi.
Costruita nel 1020 dai Benedettini, con annesso monastero, fu ristrutturata nel XII secolo. Lungamente abbandonata e sommersa dai detriti, la chiesa è stata restaurata a rudere, evitando quindi il completo degrado. Pur avendo perduto gli antichi splendori, conserva ancora elementi architettonici di grande pregio. La facciata culminate con il campanile a vela, presenta un unico portale a semplici blocchi di pietra, ai lati del quale si aprono caratteristiche finestrelle romaniche. L’interno è diviso in tre navate da forti pilastri. Tutta l’abside fu affrescata nel 1237 dal Maestro Armanino da Modena. Questo importante affresco, salvato in tempo dalla distruzione, si trova ora al Museo Nazionale Abruzze sede L'Aquila. Nel centro dell'abside è collocato l'antico altare a forma di parallelepipedo; altri due altarini si trovano sul muro fondale, al termine delle navatelle laterali.
particolare interno
vista laterale
Abbazia di San Bartolomeo a Carpineto della Nora
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La fondazione del paese di Carpineto della Nora si fa risalire al 962 d.C., anno in cui iniziò la costruzione dell’importante Cenobio Benedettino; sembra infatti che il primo nucleo di abitazioni fosse formato dai coloni che lavorarono per l’erezione dell’importante Monastero. La storia di questo paese è stata scritta da un monaco del Cenobio, tale Alessandro, che per lungo tempo abitò nel Monastero. Dall’interessante documento, risalente al XII secolo ed ora conservato in una biblioteca di Napoli, si rileva che la costruzione del Cenobio fu voluta dal nobile Bernardo, figlio di Linduno Conte di Penne. Questi, gravemente malato, pensò di dedicarsi ad opere di bene e, dietro consiglio dell’Arcivescovo di Benevento, decise di costruire un Monastero, scegliendo quale luogo più adatto un’isola che si trovava tra il fiume Nora ed il fiume Rivo. Il territorio era allora chiamato Colle Lecina, per la presenza di fitti boschi di elce. Inizialmente Bernardo fece costruire una cappella votiva in onore di Martino Vescovo; successivamente iniziò la costruzione del Monastero in onore di San Bartolomeo. L'abbazia dista circa un chilometro dal centro storico di Carpineto della Nora. Sull'organismo originario fu edificata alla fine del XII secolo una nuova chiesa, poi modificata nel XIII secolo. Andata in rovina, è stata recentemente restaurata. L'edificio, che riproduce nello schema la basilica di S. Clemente a Casauria, ha le caratteristiche tipiche delle costruzioni optiche Benedettine. Nella facciata un portico a due arconi, uno acuto e l'altro a tutto sesto, più sopra due semplici finestre rettangolari. Sulla sinistra rimangono tracce della primitiva torre campanaria andata distrutta. Il portale d'ingresso è ricco di motivi scultorei,ed al centro dell'architrave si trova l'Agnus Dei. Il prospetto posteriore è abbellito dal rosone a ruota; al di sopra da una monofora si erge il campanile a vela a due luci ogivali. L'interno si presenta molto spoglio; è diviso in tre navate con pilastri e arcate a tutto sesto in blocchi di pietra. Le finestre delle navate, grazie alla loro disposizione, illuminano abbastanza l'interno ed il chiarore è aumentato dal colore bianco della pietra che riveste gli archi, le volte ed i pilastri. Anche in questa chiesa, come in S. Clemente a Casauria, S .Maria del Lago e in tutte le altre costruzioni della stessa epoca, la copertura del tetto delle navate è a capriata lignea, intervallata da mattonelle dipinte con motivo a losanghe. Le tre navate terminano con absidi sopraelevate, comunicanti tra loro per mezzo di arcate ogivali. Due scalinate poste sotto le due absidi laterali danno accesso alla cripta di aspetto catacombale con ambulacri stretti. Le volte sono a botte, sostenute da massicci pilastri quadrati. L'accesso all'abside centrale è dato da un arco triangolare ogivale della facciata. Questo arcone immette nella zona presbiteriale dove sorge l'originale altare di pietra sopraelevato da due gradini.
I resti del monastero sono stati messi in luce nel 1985 dalla Soprintendenza dell'Aquila, in quanto un terrapieno, formatosi nel tempo, li aveva sepolti completamente.
vista complessiva del complesso
il campanile a vento
Chiesa di San Tommaso, frazione San Tommaso del Comune di Caramanico Terme 8 Sulla SP 66 a circa sei km da Caramanico Terme, nella frazione di San Tommaso, sorge l'antica chiesa di San Tommaso Apostolo. Secondo alcune fonti, la primitiva costruzione, che sorgeva nel luogo di un antico empio romano, fu iniziata nel 45 d.C. ad opera di un certo Antimo Antiocheno. Certo è che fu realizzata nel 1202 dai monaci di Casauria per poi passare ai Celestini dal 1669 al 1806. Successivamente, nel periodo della soppressione degli ordini religiosi, fu abbandonata. La costruzione è di tipo romanico con un'imponente facciata a blocchi di pietra che porta evidenti segni di ristrutturazioni e rifacimenti. Nella parte bassa si aprono tre magnifici portali; quello centrale, del 1202, è più ampio e più ricco di decorazioni scultoree: nella lunetta sono ravvisabili tracce di una sinopia raffigurante la Vergine col Bambino, preparazione di un affresco rinascimentale mai più completato. La torre campanaria, a ripiani, risale al XVIII secolo. Nell'interno, ai lati dell'ingresso centrale, sono state recuperate due belle colonne, un tempo nascoste nella muraglia. Il pavimento è su tre piani diversi, rialzati da gradinate che conducono nella zona presbiteriale più alta. Sui pilastri figurano affreschi e pitture del XIII e del XIV secolo. Sulla parete absidale, pitture rinascimentali e iscrizioni sulla storia della chiesa; una di queste tratta della distruzione causata dal terremoto del 1706 e della successiva ricostruzione. Una scalinata conduce alla caratteristica cripta rettangolare nel cui centro si apre un pozzo con limpida acqua sorgiva.
particolare del bassorilievo
Scuola Borgognona
Chiesa di Santa Maria D’Arabona, nel Comune di Manoppello 9 II monumento più importante è senz'altro Santa Maria d'Arabona, la più antica chiesa cistercense d'Abruzzo, costruita nel 1208 secondo lo stile gotico-cistercense e mai completata. La chiesa, il cui nome deriverebbe dall'esistenza in loco di un tempio pagano dedicato alla Dea Bona, ebbe grande splendore per tutto il XIII secolo, fu poi abbandonata e affidata, nel 1587, ai Frati Minori Conventuali, che l'ebbero in beneficio fino al XVIII secolo. Abbandonata dai Frati, fu acquistata, insieme all'annesso monastero, dal Barone Zambra e donata ai Salesiani nell'anno 1978. Oggi la chiesa si presenta addossata all'ex edificio abbaziale; l'esterno, slanciato in altezza ed innervato da potenti contrafforti, ha una forma affine alle abbazie laziali. L'ingresso si apre nel braccio sinistro del transetto, a fianco del campanile, Anche l'interno della costruzione rivela, nella sua semplicità, lo stile architettonico dell'Ordine Cistercense. Questa chiesa però non fu completata secondo lo schema a pianta latina; la sua costruzione, infatti, fu bruscamente interrotta e chiusa da provvisorie muraglie: si presenta quindi mutilata nella parte che doveva essere completata a facciate. Nella parete absidale, tra le finestre, vi sono tre affreschi votivi: l'immagine di Santa Elisabetta, Cristo Crocifisso e la Vergine col Bambino che ha in braccio un cagnolino. Sotto quest'ultimo affresco si legge il nome dell'artista: Antonio De Adria e la data 1373.
Al centro dell'abside vi è un semplice altare in pietra ornato a fioroni in rilievo; sulla parete di sinistra è stato addossato l'artistico tabernacolo a forma di prisma, sormontato da una piramide e riccamente ornato. Accanto, il candelabro del cero pasquale, poggiante su una base con tre figure di animali; il fusto della colonna è avvolto da un tralcio di vite e il capitello è riccamente scolpito, con uva e uccelli. La parte terminale è a forma di coppa con rilievi tutt'intorno. Ai lati dell'abside si aprono due cappelle per parte; in quella di sinistra si trova un affresco del 1450 che raffigura la Deposizione, San Sebastiano e Sant'Antonio di Padova; la cappella di destra, invece, contiene un moderno sarcofago in pietra dove sono raccolte le spoglie del giovane Dino Zambra, morto nel 1944.
facciata principale
panoramica interna
Chiesa di Santa Maria in Piano, nel Comune di Loreto Aprutino 10 Fuori dal centro storico di Loreto Aprutino, sorge la chiesa abbaziale di Santa Maria in Piano, la cui denominazione deriva dal sito in cui è collocata. Fu eretta infatti in una zona disseminata di templi, su un sacrario dedicato alla Pia Lana. Le sue origini, incerte ed antichissime, si fanno risalire al V secolo, quando un decreto del 408 dell'Imperatore Onorio sancì la soppressione dei templi pagani. Tale origine trova conferma nel rinvenimento, sotto il pavimento della chiesa, di tombe il cui corredo funerario sarebbe attribuibile a quell'epoca. Quel materiale è andato distrutto, ma ne resta comunque testimonianza negli scritti del tempo. La prima notizia certa della sua esistenza ce la fornisce, nell'864, un documento dell'Abate di Montecassino, Bertario o Bertaride, diretto a Suabilo, Gastaldo dei Marsi. Andata distrutta a seguito di un incendio nel 1168, la chiesa fu ricostruita interamente nel 1280 con l'aggiunta della profonda aula gotica, divisa in campate da arconi trasversali a sesto acuto. Nel 1559-60, la chiesa venne restaurata dall'Abate G.B. Umbriani, patrizio di Capua, il quale fece costruire l'abside e aggiunse un portico rialzato a quattro arcate a tutto sesto,con un piano superiore dotato di finestre centinate entro una mostra rettangolare architravata. Lo stesso Abate fece restaurare la torre campanaria, opera dei maestri lombardi e risalente al XV secolo. Lel esene d'angolo, le arcatelle di collegamento, le finestre della cella campanaria e le scodelline policrome sono simili ai motivi usati in altri campanili risalenti allo stesso periodo, costruiti in varie località d'Abruzzo. L'Abate volle adornare
di marmi l'altare maggiore e costruì nel centro della chiesa un sepolcro per sé e per la sua famiglia. Dopo aver arricchito di rilievi il portale di pietra ad arco acuto, vi fece scolpire il proprio stemma nobiliare. Il resto del complesso comprende tra l'altro il chiostro fatto costruire nel 1160 dall'Abate di San Bartolomeo di Carpineto, andato distrutto. All'interno si trova un ricco altare barocco intagliato e dorato, risalente al XIV secolo e proveniente dalla chiesa di Santa Caterina di Cordano, andata distrutta anch'essa. L'interno della chiesa, a navata unica, richiama i motivi delle chiese di Borgogna, presenta un pavimento in cotto a due colori ed è suddiviso in campate mediante quattro arcate ogivali impostate su semi colonne in laterizio; la copertura è con travi a vista. Le pareti erano tutte dipinte con affreschi del XIV e del XV secolo di scuola umbra e marchigiana, di cui oggi nelle campate di destra rimangono numerosi resti. L'opera più nota è il "Giudizio Particolare" situato sulla parete di fondo, che traduce la visione dell'oltretomba di Alberico dai Settefrati, monaco cassiniano vissuto nel XII secolo. La "Visione" è conservata nel codice 239 dell'Archivio dell'Abbazia di Montecassino. Gli altri affreschi rimasti risalenti al XIV secolo, ci riportano alle esili architetture giottesche e si riferiscono per lo più a episodi della vita di San Tommaso. Altre pitture di notevole rilievo sono: l'effige di Santa Lucia che porta la data del 1407, Cristo che risorge, le immagini di Sant'Antonio e San Nicola, l'incoronazione della Vergine tra gli apostoli e Cristo che benedice santi e sante in adorazione. L'importanza della chiesa di Santa Maria in Piano è dovuta principalmente a questi affreschi, considerati le più interessanti e antiche opere pittoriche dell'Abruzzo.
facciata principale
Il progetto “Scherma e Turismo”, con i sei itinerari tematici didattico-divulgativi e la classificazione in scuole delle dieci chiese fuori le mura, è un’idea dell’arch.tto Piero Pandolfi ed ha esclusivamente finalità dirette alla promozione turistica del patrimonio culturale del territorio della Provincia di Pescara, rivolta ai familiari che accompagnano gli atleti provenienti da ogni parte d’Italia in occasione di gare schermistiche. Le foto, di semplice rappresentazione dello stato di fatto, sono state rilevate da internet e la loro divulgazione non ha assolutamente scopo di lucro ovvero di carattere commerciale, ma unicamente quella di raffigurare gli edifici religiosi per finalità di promozione ed informazione turistica del territorio della provincia di Pescara, in occasione, come già indicato, di gare correlate all’attività sportiva della scherma. I testi sono stati rilevati da “PESCARD”, itinerarti turistici della Pprovincia di Pescara – progetto IASM/FESR Provincia di Pescara n. 741, su autorizzazione degli autori per la loro completa trascrizione.