1 Diana-Urania Galetta (Professore associato di diritto amministrativo nella Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano)
NOTAZIONI CRITICHE SUL NUOVO ART. 21-OCTIES DELLA LEGGE N. 241/90 1. Genesi e sviluppo della previsione: quello che va e quello che resta.- 2. Irregolarità o regola del raggiungimento dello scopo? (Il vizio resta, quindi non è irregolarità). - 3. Segue. Provvedimenti vincolati, vizio palese e valutazione del giudice: riflessioni critiche, anche sulla scelta di “imitare” il modello tedesco del § 46 VwVfG. - 4. L’integrazione dei contenuti obbligatori della comunicazione di avvio del procedimento e la scarsa coerenza del legislatore. - 5. I dubbi di legittimità costituzionale della previsione. - 6. Le possibili soluzioni alternative (per ora scartate dal legislatore).
1. Genesi e sviluppo della previsione: quello che va e quello che resta. Il 25 gennaio 2005 la Camera dei deputati ha approvato, dopo cinque anni di estenuanti “navette” parlamentari, il disegno di legge n. 3890/B, recante “Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa”. Il disegno di legge in questione ha vissuto una storia parlamentare alquanto “sofferta”1, ed è stato - come noto - bersaglio di vivaci critiche da parte della dottrina2. In particolare, molto dibattuta è stata, sin dal principio, quella parte della legge che ha inserito nella L. 241/90 un Capo IV-bis, in intitolato “Efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo. Revoca e recesso”. E, all’interno di questo capo, suscita preoccupazione soprattutto quella previsione, che nell’originaria proposta di legge presentata l'8 marzo 2000 d'iniziativa del deputato Prof. Vincenzo Cerulli Irelli, era la previsione ex art. 9,
sulla “Annullabilità del
provvedimento amministrativo” (ora art. 21-octies della novellata L. 241/90). La previsione originaria recitava come segue: “E' annullabile il provvedimento viziato per incompetenza, adottato in violazione di norme imperative, o viziato per eccesso di potere. E, ai commi 3 e 4,
proseguiva affermando che “Non è annullabile il provvedimento adottato in
violazione di norme sul procedimento o sulla forma il cui contenuto non avrebbe potuto essere
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L’originario d.d.l., n. 6844-A, approvato dalla Camera dei Deputati, una prima volta, il 25 ottobre 2000 decade a causa dello scadere della legislatura. Il disegno di legge, temporaneamente messo da parte, viene quindi ripreso e “ritoccato” ed è approvato dal Consiglio dei Ministri il 7 marzo 2002. Il nuovo d.d.l., ora n. S. 1281, viene approvato una prima volta dal Senato il 10.04.2003 e trasmesso alla Camera, per la sua definitiva approvazione. La Camera, tuttavia, lo approva con modifiche, in data 14.01.2004 (n. C. 3890) e lo trasmette nuovamente al Senato per la definitiva approvazione. Ma il Senato, ancora una volta, modifica il d.d.l. varandone una nuova versione, che viene approvata in data 21.07.2004 (S. 1281-B). Questa è la versione definitiva che è stata infine approvata, il 25 gennaio scorso, dalla Camera dei Deputati. 2 A questo proposito si vedano, in particolare, i contributi pubblicati sul Dossier dell’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Amministrativo, Osservazioni sul d.d.l. A.S.. n. 4860, inviato alla Commissione Affari costituzionali del Senato, in Bollettino dell’AIPDA, 2000/12, p. 1 ss.
2 diverso da quello in concreto adottato”. “Resta salva la facoltà di regolarizzazione, anche in pendenza di ricorso giurisdizionale”. La previsione in oggetto è stata, come noto, modificata più volte nel corso del suo iter parlamentare. In particolare, è apparsa e scomparsa, nel comma 1, la riduzione dell’area di annullabilità per violazione di legge alla sola ipotesi di violazione di norme imperative3. Parimenti, è apparso e scomparso, nelle diverse versioni della norma, il riferimento alla possibilità di una successiva “regolarizzazione”, anche in corso di giudizio,
del vizio
della forma o del
procedimento. Quello che è rimasto, invece, nella sostanza invariato, nel passaggio da una versione all’altra della previsione è quell’idea di fondo che possa
esservi
un
amministrativo che, pur essendo viziato nella forma o nel procedimento,
provvedimento non debba essere
comunque annullato poiché il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso “da quello in concreto adottato”.
2. Irregolarità o regola del raggiungimento dello scopo? (Il vizio resta, quindi non è irregolarità). Ai sensi del nuovo art. 21-octies, comma 2, alinea 1,
della L. 241/90, intitolato
all’annullabilità del provvedimento “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”4. La previsione in esame evoca, in maniera del tutto palese, quella nozione di irregolarità cui ha fatto più volte riferimento la dottrina, con riguardo ai c.d. vizi minori del provvedimento amministrativo. In particolare, il problema che la norma vorrebbe risolvere è quello di un provvedimento amministrativo, che sia corretto nella sostanza, ma sia venuto alla luce affetto da una qualche anomalia, sotto il profilo della forma o del procedimento. Questione, questa, che era stata già affrontata dalla dottrina più autorevole, facendo appunto riferimento al concetto di “irregolarità”5. 3
A questo riguardo mi sia consentito di rinviare alle considerazioni da me svolte in D.U. GALETTA, L’annullabilità del provvedimento amministrativo per vizi del procedimento, Milano, 2003, p. 87 ss. 4 L’evidenziazione in grassetto è di chi scrive. 5 “Così come per ogni atto giuridico, anche per il provvedimento amministrativo possono presentarsi fattispecie anormali, cioè aventi … dei tratti difformi dallo schema (o fattispecie) normativo astratto”: con queste parole GIANNINI apriva, nel 1970, il capitolo IV del suo Diritto amministrativo, intitolato, appunto, alla anormalità dei provvedimenti. E proseguiva osservando come queste cosiddette “anormalità minori … di regola non comportano vizio”. Questa autorevole dottrina individuava, perciò, la categoria dell’irregolarità come “… una sorta di inosservanza di legge, ma di minor conto e perciò innocua, per cui non porterebbe ad invalidità dell’atto” e la identificava nelle due distinte categorie dell’irregolarità procedimentale e dell’irregolarità del provvedimento. M. S. GIANNINI, Diritto amministrativo, 1970, vol. I, p. 609, 645 ss. Prima di lui F. CAMMEO, Corso di diritto amministrativo, Padova, 1960, p. 596, che faceva tuttavia riferimento al concetto di “imperfezione”.
3 Come noto, tuttavia, il riconoscimento e la individuazione di un’area di patologia del provvedimento amministrativo riconducibile al concetto di c.d. irregolarità non sono mai stati pacifici in dottrina. Vi è stato, infatti, chi ha negato del tutto la configurabilità stessa di questa categoria, sul presupposto che non possano sussistere difformità dallo schema legale che non abbiano influenza sulla legittimità del provvedimento6. E, più, in generale, questa nozione è stata intesa ed interpretata dalla dottrina in molti molto diversi7. In materia di “anormalità procedimentali” viene peraltro in questione anche un diverso principio, di formazione giurisprudenziale: la
c.d. “regola
del raggiungimento dello scopo”,
mutuata dalla previsione ex art. 156, comma 3, c.p.c.8. La regola del raggiungimento dello scopo presuppone, diversamente dall’irregolarità,
che
l’invalidità dell’atto sussista in astratto, ma che essa venga reputata in concreto irrilevante,
in
ragione del fatto che, da un’indagine operata ex post da parte del giudice, rispetto a quel singolo caso, emerge che lo scopo dell’atto è stato comunque raggiunto, nonostante il vizio riscontrato9. Viceversa, l’irregolarità si ricollega al più generale principio di strumentalità delle forme10. Con la conseguenza che l’atto da essa inficiato non appare
in effetti riconducibile ad
alcuna ipotesi di invalidità, poiché vi è un contrasto con il testo, ma non con lo spirito della norma, la quale non ne risulta, perciò, sostanzialmente violata. Lo stesso Giannini precisava, infatti, come l’irregolarità rappresentasse un’applicazione del principio di conservazione del provvedimento “… rimessa alla prudenza del giudice” e come essa andasse riferita a quelle ipotesi in cui la violazione della norma non comportasse conseguenze rispetto alla valutazione degli interessi o alla cura dell’interesse concreto o, ancora, alla tutela di situazioni giuridiche soggettive altrui11. Al di là dell’apparenza, tuttavia, la previsione dell’art. 21-octies, comma 2, non si può ricondurre - ad avviso di chi scrive - alla nozione di irregolarità, così come essa è stata intesa dalla dottrina prevalente. Qui non vi è, ne vi può essere, alcuna valutazione di una “non invalidità” del provvedimento perché è stato violato il testo ma non lo spirito della norma12. Il provvedimento è e resta affetto da un vizio di legittimità.
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Così G. GUARINO, Atti e poteri amministrativi, Milano, 1994, p. 243. Non è tuttavia questa la sede per diffondersi su questo punto. Per il che si rinvia, in particolare, al noto contributo monografico di A. ROMANO TASSONE, Contributo sul tema dell'irregolarità, Milano, 1987, passim. Si veda anche D.U. GALETTA, L’annullabilità del provvedimento amministrativo per vizi del procedimento cit., p. 159 ss. 8 Che recita “La nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”. V. G. CORSO, voce Validità (diritto amministrativo), in EdD, Milano, 1993, vol. XLVI, p. 95 s. 9 Cfr. sul punto A. ROMANO TASSONE, Contributo sul tema dell'irregolarità cit., in particolare p. 64 s. 10 A questo proposito si rinvia alla comunicazione al Convegno di Copanello del luglio 2002 di M. OCCHIENA, Formalismo e sostanzialismo nella teoria dell’attività amministrativa, passim. 11 Così M. S. GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 1981, p. 428 s. 12 Si è peraltro già sottolineato altrove, come appaia oltremodo difficoltoso individuare delle ipotesi in cui sia possibile escludere, a priori ed in astratto, che un vizio dell’atto tale non è, poiché il conflitto concerne unicamente la forma, ma non lo spirito della norma, la quale non ne risulta, perciò, “sostanzialmente” violata. Sul 7
4 Il legislatore della riforma è intervenuto, cioè, soltanto avuto riguardo alle conseguenze connesse all’invalidità del provvedimento viziato nella forma o nel procedimento. Ma non, invece, con riguardo alla qualificazione del vizio da cui detto provvedimento risulti affetto: trattasi, cioè, pur sempre, di un provvedimento affetto da una illegittimità sotto il profilo della violazione di legge e che potrebbe astrattamente condurre al suo annullamento. Sicché le ipotesi ex art. 21-octies, comma 2, mi pare che possano e debbano, piuttosto, ricondursi alla diversa regola del raggiungimento dello scopo, intesa però, qui, in un senso più ampio13. Entrambi gli alinea del comma 2 (anche il secondo alinea, di cui si dirà meglio nel prosieguo) fanno infatti riferimento al concetto di contenuto del provvedimento, che non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Di talché, più che allo scopo dell’atto strictu sensu inteso, si fa qui riferimento ad un diverso concetto: all’idea della finalità di interesse pubblico che giustifica l’emanazione del provvedimento finale.
3. Segue. Provvedimenti vincolati, vizio palese e valutazione del giudice: riflessioni critiche, anche sulla scelta di “imitare” il modello tedesco del § 46 VwVfG. La previsione dell’art. 21-octies, comma 2, alinea 1 si riferisce, in generale, a tutti i vizi relativi a norme sulla forma o sul procedimento, ma limita il suo ambito di applicazione alle sole ipotesi di provvedimenti vincolati: diversamente da quanto è dato rilevare, invece, con riguardo alle prime versioni della norma in esame. Il che, tuttavia, mi pare un successo affatto limitato. Delle ragioni sostanziali che inducono, infatti, a ritenere non condivisibile la tesi di fondo propugnata dai fautori di questa “formula ridotta” della previsione e, cioè, che le garanzie procedimentali possano reputarsi
meno importanti in presenza di
provvedimenti di natura
vincolata, già si è detto diffusamente altrove14. Ci si limiterà perciò qui a ribadire che - essendo l’atto amministrativo, anche se vincolato, dell’Amministrazione15 -
anche
pur sempre una manifestazione di potere
in vista dell’adozione di un atto amministrativo vincolato sarà
pur sempre necessario espletare un’attività procedimentale, finalizzata alla sua emanazione16. E
punto si rinvia perciò a D.U. GALETTA, L’annullabilità del provvedimento amministrativo per vizi del procedimento cit., p. 170 s. 13 In questo senso si è già espresso anche A. ROMANO TASSONE. Prime osservazioni sulla legge di riforma della legge n. 241/1990, in questa Rivista, p. 7. 14 Sul punto v. diffusamente in D.U. GALETTA, L’annullabilità del provvedimento amministrativo per vizi del procedimento cit., p. 93 ss. e dottrina ivi richiamata. 15 L’Amministrazione, una volta riscontrata la sussistenza dei requisiti e presupposti previsti in astratto dalla norma, procederà ad adottare un provvedimento di contenuto corrispondente al potere esercitato, per generare gli effetti giuridici stabiliti dalla norma. 16 Cfr. sul punto R. VILLATA, L’atto amministrativo, in AA. VV., Diritto amministrativo, Bologna, 2001, 3^ ediz., vol. II, p. 1450. Sull’importanza della partecipazione come estrinsecazione del principio di buona
5 questa attività procedimentale,
prodromica all’emanazione del provvedimento finale, viene
comunque a rappresentare una garanzia essenziale per la posizione giuridica del privato17. Al di là di questa prima notazione critica generale - che qui, ovviamente, si intende ribadire - risulta , tuttavia, ancor più problematica, a mio parere, la circostanza che, ai sensi del comma 2, alinea 1, della previsione in esame, è il giudice a dovere effettuare la valutazione se “per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Partendo, infatti, dall’ovvia considerazione, che non esiste alcuna coincidenza reale tra l’idea di provvedimento vincolato e quella di una facilità nel rilevare la correttezza del suo contenuto dispositivo18, ci si domanda cioè - a tacer d’altro - in che modo una verifica di tal fatta possa essere operata dal giudice amministrativo nazionale, senza che il suo giudizio, da giudizio di semplice legittimità rischi di sconfinare in un’indagine sul c.d. merito amministrativo. Senza volere tuttavia immaginare pericolose fughe in avanti del giudice amministrativo nazionale - che potrebbe volere sfruttare le indubbie potenzialità espansive della previsione - il rischio che mi pare più reale è quello che la previsione in parola resti lettera morta. Se è infatti vero che il sistema tedesco (che è servito evidentemente da modello di riferimento per questa previsione19) contiene - come ormai noto - una previsione simile a quella qui in commento (il § 46 VwVfG), la diversità di fondo sta proprio nella struttura particolare del sistema di giustizia amministrativa tedesco che consente, di fatto, al giudice di
ripercorre le
tappe del procedimento amministrativo, alla ricerca della ipotetica “einzig richtige Entscheidung”. Anche al di là, perciò, delle molte possibili notazioni critiche sul fatto che la similarità tra le due previsioni è - per troppi versi - solo apparente20, cioè che vale la pena qui di sottolineare ancora è che nel sistema tedesco “Il procedimento del Tribunale sostituisce … il procedimento
ammministrazione si rinvia alle recenti osservazioni di M.A. SANDULLI, La comunicazione di avvio del procedimento tra forma e sostanza, in Foro amm./TAR, 2004, p. 1595 ss. (1596). 17 Su questo punto cfr., in particolare, A. LUCE, Il procedimento amministrativo e il “diritto di partecipazione” nella legge n. 241/90, in Dir. proc. amm., 1996, p. 552 ss. 18 Su questo aspetto della questione si è diffusa la dottrina più autorevole, che ha sottolineato la difficoltà di tracciare una linea di demarcazione netta fra attività discrezionale, da un lato, ed attività vincolata, dall’altro. Cfr. E. CASETTA, Riflessioni in tema di discrezionalità amministrativa, attività vincolata e interpretazione, in Dir. econ., 1998, p. 506. V. altresì le interessanti pagine di M. S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione concetti e problemi, Milano, 1939. V. anche G. CORSO, L’attività amministrativa, Torino, 1999, p. 131; G. GUARINO, Atti e poteri amministrativi cit., p. 327 ss.; nonchè, infine, F. NICOSIA, Potere ed eccesso di potere nell'attività amministrativa non discrezionale, Napoli, 1991, p. 85 s., che fa riferimento anche alla nota prospettazione di KELSEN, secondo la quale il rapporto di vincolo tra un grado superiore ed uno inferiore dell'ordinamento non sarebbe mai completo (p. 86). In secondo luogo, come diretta conseguenza di ciò, risulta difficile esaurire tutte le possibili manifestazioni dell’attività amministrativa all’interno di queste due categorie dogmatiche. 19 Così si desume chiaramente dalla lettura delle relazioni allegate alle diverse versioni del d.d.l. 20 Per il che si rinvia necessariamente a D.U. GALETTA, L’annullabilità del provvedimento amministrativo per vizi del procedimento cit., passim.
6 dell’Amministrazione”21. Al punto che il giudice amministrativo tedesco - in una fattispecie di vizio consistente nella mancata audizione della parte, in un procedimento amministrativo con cui si negava la dispensa dal servizio militare -,
è arrivato ad affermare che,
essendo scopo
dell’audizione unicamente quello di fare esporre alla parte il proprio punto di vista su tutti i fatti rilevanti al fine della decisione, “…il procedimento giurisdizionale, e precisamente la trattazione orale nella fase di discussione del merito, offre ancora alla parte un’ampia possibilità in questo senso”22. Vi è di più. Il sistema tedesco di tutela contro gli atti amministrativi illegittimi, pur con tutte le sue ombre23, si caratterizza - a differenza di quello italiano - per la necessità del previo espletamento di un ricorso in via amministrativa, come presupposto per potere adire il giudice24. E questa circostanza, unitamente al fatto che esiste una norma specifica di disciplina delle modalità tramite cui l'Amministrazione può sanare successivamente taluni vizi procedimentali25, ha quale effetto quello di ridurre sensibilmente le ipotesi di ricorso alla previsione sull'irrilevanza del vizio ex § 46 VwVfG, che gioca affatto un ruolo del tutto secondario26. Normalmente, infatti, il vizio del procedimento viene sanato dall'Amministrazione già nel corso del procedimento di ricorso in via amministrativa, che va inquadrato
fra i procedimenti
amministrativi e non fra quelli
giurisdizionali27. Sicché, la questione neppure arriva davanti al giudice28. Oppure, ai sensi del § 87, comma 1, alinea 2, n. 7 VwGO, il vizio viene sanato dall’Amministrazione, su sollecitazione 21
Così H. HILL, Das fehlerhafte Verfahren und seine Folgen im Verwaltungsrecht, Heidelberg, 1986, p. 117. La traduzione è di chi scrive. Nello stesso senso cfr., fra i tanti, W. KNIPPEL, Rechtsfolgen fehlerhafter Anhörung im Verwaltungsverfahren, Bergisch Gladbach-Köln, 1987 p. 95; P. KREBS, Kompensation von Verwaltungsverfahrensfehlern durch gerichtlichen Rechtsschutz? Zur Problematik des § 46 VwVfG des Bundes und der Länder, in DVBl., 1984, p. 113; R. WAHL, Das Verwaltungsverfahren zwischen Verwaltungseffizienz und Rechtsschutzauftrag, in DÖV, 1982, p. 934. A questo proposito si vedano, in particolare, fra le più recenti, le seguenti sentenze del Bundesverwaltungsgericht, tutte pubblicate in Rechtsprechungssammlung „Buchholz“ - Sammlung der Rechtsprechung des Bundesverwaltungsgerichts,: BVerwG, 08.06.2000, n. 12/00, BVerwG, 06.08.1998, n. 773/97; BVerwG, 27.01.1998, n. 51/97; BVerwG, 12.11.1997, n. 49/96; BVerwG, 03.04.1997, n. 4/97; BVerwG, 08.08.1994, n. 73/94; BVerwG, 12.07.1993, n. 114/92; BVerwG, 22.06.1993, n. 257/92; BVerwG, 25.03.1993, n. 12/93; BVerwG, 05.06.1992, n. 81/92; BVerwG, 04.02.1991, n. 7/91; BVerwG, 15.02.1990, n. 36/88; BVerwG, BVerwG, 14.06.1988, n. 105/88; BVerwG, 29.03.1988, n. 39/88; BVerwG,18.12.1987, n. 9/86. Nonchè, in particolare, BVerwG, 21.04.1982, n. 57/80. 22 BVerwG, 21.04.1982, n. 57/80, cit. alla nota precedente. La traduzione è di chi scrive. 23 Sul punto si rinvia, per tutti, all'esaustiva trattazione di F. HUFEN, Fehler im Verwaltungsverfahren, BadenBaden, 1998, 3^ ediz, che si caratterizza per i numerosi spunti critici e, più in generale, di riflessione che offre su questa complessa problematica. 24 Sul punto si rinvia a D.U. GALETTA, L’annullabilità del provvedimento amministrativo per vizi del procedimento cit., p. 19 ss., 42 ss. 25 Il § 45 VwVfG, su cui si rinvia all’op. cit. alla nota precedente, p. 27 ss. 26 Osserva infatti J. BECKER , La sanatoria dei vizi formali del procedimento amministrativo tedesco, in V. PARISIO (a cura di), Vizi formali, procedimento e processo amministrativo, Milano, 2004, p. 20, che “Nella prassi dei procedimenti della giustizia amministrativa il § 46 ha avuto sinora soltanto un ruolo subordinato”. 27 Così K. STERN, Procedimento amministrativo e tutela giurisdizionale in Germania. Separazione e intersezione, in M. A. SANDULLI (a cura di), Il procedimento amministrativo in Europa. Atti del Convegno di Milano, Milano, 2000, p. 23. 28 Cfr. W. KNIPPEL, Rechtsfolgen fehlerhafter Anhörung im Verwaltungsverfahren cit., p. 112 s.
7 del giudice, prima che si giunga alla trattazione orale della causa. O, comunque, al più tardi, dopo la discussa novella della Genehmigungsverfahrensbeschleunigungsgesetz29 del 1996, il vizio viene sanato dall'Amministrazione entro il termine di conclusione del procedimento giurisdizionale. In tutte queste ipotesi, comunque, non ci sarà bisogno di fare ricorso alla previsione sull'irrilevanza del vizio ex § 46 VwVfG30. Ben diversa appare, invece, la situazione nel nostro ordinamento nazionale, dove la tutela contro gli atti amministrativi illegittimi si caratterizza per l'assenza - a far data dalla legge istitutiva dei TAR del 197131 - della regola del previo espletamento del ricorso in via amministrativa e per la mancanza, anche in prospettiva, di previsioni normative atte a consentire la sanatoria di vizi del procedimento, da parte dell'Amministrazione, in corso di giudizio32.
4. L’integrazione dei contenuti obbligatori della comunicazione di avvio del procedimento e la scarsa coerenza del legislatore. La previsione di gran lunga più contraddittoria e discutibile è, tuttavia, a mio avviso, quella introdotta ex novo in questa versione della norma: quel comma 2, alinea 2, che si riferisce solo ad un’ipotesi di vizio specifica, la violazione di legge per mancata comunicazione di avvio del procedimento e che introduce la regola che, ove l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, il provvedimento, anche se discrezionale, non sarà comunque annullabile. Tanto per cominciare,
la norma risulta in netta contraddizione con quella contenuta nel
precedente art. 8 della L. 241/90, quello relativo a “Modalità e contenuti della comunicazione di avvio del procedimento”. Detta norma è stata infatti integrata, ad opera del disegno di legge in parola, inserendo, tra i contenuti obbligatori della comunicazione di avvio33,
alla lettera c-bis)
l’indicazione della data entro la quale deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell’amministrazione. Ma, soprattutto, alla lettera c-ter), la precisazione che nei procedimenti ad iniziativa di parte deve essere indicata la data di presentazione della relativa istanza. Con il che sembrerebbe venire sconfessata quella giurisprudenza che si era orientata nel senso di ampliare l’ambito di esclusione dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento
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GenBeschlG, del 12 settembre 1996, in BGBl., I, p. 1354 ss. 30 A questo proposito si rinvia a F. HUFEN, Fehler im Verwaltungsverfahren cit., p. 595 ss. 31 Come noto, infatti, l’art. 20 della legge 06.12.1971, n. 1034, ha eliminato la necessità del previo ricorso in via amministrativa per gli atti amministrativi c.d. non definitivi. 32 Su questo punto si rinvia al prossimo par. 6. 33 Quelli già indicati in precedenza sono : a) l'amministrazione competente; b) l'oggetto del procedimento promosso; c) l'ufficio e la persona responsabile del procedimento; d) l'ufficio in cui si può prendere visione degli atti.
8 oltre le ipotesi previste dall’art. 7 della L. 241/9034 : non si può, infatti, non ricordare, qui, come il Consiglio di Stato, nella nota sentenza n. 2823/2001 della V sezione35, avesse incluso fra le ipotesi in cui
“… appare pacifica l’inapplicabilità dell’obbligo di comunicazione di avvio del
procedimento” l’ipotesi costituita
“...
dai procedimenti amministrativi ad istanza di parte,
nell’ambito dei quali la previsione di un autonomo obbligo di comunicazione realizzerebbe una evidente duplicazione di attività, con aggravio dell’amministrazione, non compensato da particolari utilità per i soggetti interessati”36. E come la stessa dottrina avesse considerato l’ipotesi di esclusione della rilevanza della violazione dell’obbligo di comunicazione di avvio per il caso di procedimenti avviati ad istanza come l’eccezione che destava meno preoccupazioni. E, invece, è proprio a questa ipotesi che fa ora espressamente riferimento l’art. 8, comma 2, lett. c-ter! Si sarebbe portati perciò a dire, di primo acchito,
che
emerge dal disegno di legge
approvato dal Parlamento una forte volontà del legislatore di garantire un’applicazione il più possibile estensiva dell’obbligo di comunicazione d’avvio. Ma, se così è, allora non è possibile non rilevare la contraddizione di fondo del legislatore che riforma la 241 che, mentre da un lato rafforza il contenuto e conferma l’amplissimo ambito di applicazione della comunicazione di avvio del procedimento, dall’altro lato afferma che
“Il
provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Ci resta, perciò, solo da sperare che si tratti di uno scherzo del legislatore: una previsione che impone una c.d. probatio diabolica all’Amministrazione e che rimarrà, perciò, come tale, lettera morta.
Soprattutto laddove si abbia a che fare con provvedimenti
amministrativi
caratterizzati da ampia discrezionalità.
5. I dubbi di legittimità costituzionale della previsione. Ma, al di là di tutte le critiche generali sino a qui espresse, c’è un problema di fondo che mette in forse il felice permanere in vita di questa norma e per la cui soluzione mi parrebbe necessario un intervento chiarificatore dello stesso legislatore. Trattasi della nota questione, se possano esistere nel nostro ordinamento norme rispetto alla violazione delle quali la posizione
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E di cui già si è dato conto in D.U. GALETTA, L’annullabilità del provvedimento amministrativo per vizi del procedimento cit., p. 163 ss., 179 ss., cui ci si permette, perciò, di rinviare nuovamente. In questo stesso senso si è espressa già M.A. SANDULLI, La comunicazione di avvio del procedimento tra forma e sostanza, in Foro amm./TAR, 2004, p. 1603 s. 35 Cons. Stato, sez. V, 22.05.2001, n. 2823, in Giornale dir. amm., 2001, p. 1245 ss. 36 Punto 6 della motivazione della sent. cit. alla nota precedente.
9 giuridica vantata dal cittadino risulti priva di tutela37: perché questa situazione rappresenterebbe un’inaccettabile limitazione del diritto d’azione, che pone seri problemi di contrasto con le previsioni contenute negli articoli 24 e 113 della nostra Costituzione. Tentando di riassumere qui, brevemente,
le osservazioni altrove già svolte38, è nel
collegamento fra il primo comma dell'art. 24 Cost. e le previsioni dei commi 2 e 3 dell’art. 113 Cost., che va cercata la risposta al quesito, se sia o meno costituzionalmente compatibile una previsione
normativa,
che abbia quale effetto quello
di limitare la possibilità
di ottenere
l’annullamento di un provvedimento amministrativo affetto da vizi procedimentali riconducibili all’ipotesi di violazione di legge. Ai sensi, infatti, dell’art. 113 Cost., comma 3, “La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa”. Il che, se da un lato ha il significato di istituire una riserva di legge in materia, dall’altro lato ha anche il significato di individuare una tutela giurisdizionale precipua nei confronti degli atti amministrativi illegittimi: la tutela di annullamento, per l'appunto39. E, se è pur vero che il legislatore non risulta vincolato ad apprestare sempre la stessa forma di tutela, da un esame della giurisprudenza costituzionale in materia si desume che, per soddisfare le esigenze che emergono dalla lettura dell’art. 113 Cost. (e, in particolare, dal combinato disposto dei suoi commi 2 e 3), il legislatore, ogniqualvolta decida di fare venire meno la tutela giurisdizionale “ordinaria” di annullamento,
deve
contemporaneamente predisporre
un’idonea tutela alternativa rispetto all’annullamento giurisdizionale del provvedimento amministrativo illegittimo. Tutela alternativa che non ci è dato, invece, rinvenire in alcuna delle previsioni dell’approvato disegno di legge di riforma della L. 241/90.
6. Le possibili soluzioni alternative (per ora scartate dal legislatore). Nella originaria previsione della norma in tema di annullabilità del provvedimento compariva un comma 4, ai sensi del quale era fatta salva “.... la facoltà di regolarizzazione, anche in pendenza di ricorso giurisdizionale”. La previsione è tuttavia (a mio parere, inspiegabilmente) sparita nelle successive versioni della norma. Eppure, la possibilità di un’applicazione generalizzata dell’istituto della sanatoria del dell’Amministrazione, in corso di giudizio,
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meritava
farsi luogo ad
provvedimento,
ad opera
senz’altro di essere presa in seria
A questo proposito cfr. le osservazioni di F. FRACCHIA, Vizi formali, semplificazione procedimentale, silenzio-assenso e irregolarità, in Dir. economia, 2002, p. 453 ss. V. anche F. SAITTA, L’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento: profili sostanziali e processuali, in Dir. amm., 2000, p. 484 s. e dottrina ivi richiamata, in particolare alla note n. 116 e 117. 38 D.U. GALETTA, L’annullabilità del provvedimento amministrativo per vizi del procedimento cit., p. 209 ss. 39 A questo proposito si vedano le sentenze Corte Cost., 02.07.1966, n. 83, in Giur. cost., 1966, p. 1074 ss., in particolare p. 1081 e 27.12.1974, n. 284, in Giur. cost., 1974, p. 2953 ss., punto 3 della motivazione.
10 considerazione dal legislatore. Poiché essa si prospettava - ad avviso di chi scrive - quale valida alternativa all’accolto principio dell’irrilevanza dei
vizi procedimentali40.
L’istituto della sanatoria successiva, anche in corso di giudizio, dei vizi del procedimento amministrativo, ad opera di quella stessa Amministrazione che abbia emanato il provvedimento, mi pare, infatti, una soluzione praticabile, in via generalizzata, per tutti quei vizi attinenti alla fase procedimentale e sempre che lo slittamento temporale non abbia l’effetto di pregiudicare le finalità degli adempimenti medesimi41. Nell’ipotesi, infatti, in cui il vizio del provvedimento amministrativo consista in una mancanza relativa alla fase procedimentale, dell’interesse del ricorrente
sia ha, a mio parere,
la soddisfazione
“… solo ed esclusivamente mediante la
rinnovazione, in modo legittimo, del procedimento stesso”42. Il che, tuttavia, non necessariamente implica, che la rinnovazione debba avvenire nel corso di un nuovo procedimento amministrativo. Non mi pare, infatti,
che “L’immagine del giudizio come parentesi fra due distinti segmenti
dell’unitario svolgimento dell’azione amministrativa”43 debba necessariamente essere preservata. Se davvero si vuole avere un approccio non formalistico, ma sostanzialistico (come sostengono i fautori della previsione qui commentata), mi pare, cioè, di poter concludere che la sostanza del problema, quello che davvero appare importante, è che si ponga effettivamente rimedio al vizio rinnovando, pur in corso di giudizio, le fasi del procedimento viziate44. Mi pare, viceversa, assai discutibile la scelta operata dal legislatore in favore della “irrilevanza” di questi vizi. Poiché i vizi in parola non vengono in alcun modo cancellati o sanati: essi restano ma, tuttavia, non consentono all’interessato di usufruire della tutela giurisdizionale “ordinaria” di annullamento, né di fare ricorso ad altre forme di tutela alternative.
40
Come già si era tentato di argomentare in D.U. GALETTA, L’annullabilità del provvedimento amministrativo per vizi del procedimento cit., p. 200 ss., 236 ss. 41 A questo proposito si vedano, da ultimo, le riflessioni di I. MARINO, Giudice amministrativo, motivazione degli atti e “potere” dell’Amministrazione, in Foro amm./TAR, 2003, p. 353 s. 42 Come faceva osservare - seppur ad altro proposito - Cons. giust. amm., sentenza 25.01.1989, n. 1, in Cons. Stato, 1989, I, p. 63 ss. Nello stesso senso si veda, più di recente, TAR Basilicata, 28.11.2001, n. 965, in Foro amm./TAR, 2002, p. 243 ss. 43 Così M. LIPARI, I principi generali dell’istruttoria nel processo amministrativo dopo la legge 205/2000. Le trasformazioni del giudizio e gli indirizzi della giurisprudenza, in Dir. proc. amm., 2003/1, p. 87. 44 A questo proposito si vedano le interessanti riflessioni di S. COGNETTI, Quantità e qualità della partecipazione, Milano, 2000, in particolare p. 61 ss.