DEL POPOLO
La polpetta che ha conquistato il mondo Pagina 2
Impariamo a marinare carni e pesci Pagina 3
Il finocchio porta una ventata di freschezza nel piatto Pagina 6
Budino, dolce ricordo della nostra infanzia Pagina 7
Alpe Adria Cooking a Udine con la polese Sonja Perić
Pagina 8
L’ANTIPASTO di Fabio Sfiligoi
cucina
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Polpo, raffinato essere marino
An no IV
• n. 2
8 200 • Sabato, 23 febbraio
È nata la bibbia della cucina dalmata Un manuale di cucina a largo spettro e non un semplice ricettario: è questo l’obiettivo che si è posto Aldo Ivanišević, 57 anni, originario di Zara, autore del libro “La cucina dalmata”, progetto mastodontico visto che conta 1.400 pagine e circa 4.000 ricette. Perché un manuale a largo spettro? Innanzitutto è uno spaccato dettagliato della “cultura” gastronomica della Dalmazia, non la solita raccolta di ricette condita da foto della preparazione. Il libro di Ivanišević propone illustrazioni interessanti e utili (1.300 circa), offre al lettore i testi di canzoni tipiche che accompagnavano pranzi, “marende”, cene, segnala opinioni e tutta una serie di particolari raccolti fra gli amanti del buon boccone “dalmata”: giornalisti, pubblicisti, esperti, appassionati, cuochi. Leggendolo si ha come l’impressione di tornare indietro nel tempo, seduti in ottima compagnia attorno ad un tavolo rustico, di legno, imbandito di ogni ben di Dio, a gustare gli antichi e genuini sapori di una volta, accompagnati da un bicchiere di quell’ottimo vino dalmata (bianco o rosso che sia), fatto di uve forti che dopo esser state accarezzate da roventi raggi di sole ti danno un nettare capace di abbatterti se non si fa attenzione. E nell’aria gli aromi tipici del Mediterraneo e il salmastro del nostro mare Adriatico... Ivanišević non nasconde di essersi ispirato alla “bibbia” della cucina dalmata realizzata una settantina di anni fa da
Dika Marjanović, volume quest’ultimo giunto all’undicesima ristampa e che ancor oggi riscontra ampio successo, nonostante sia passato tanto tempo. La necessità di un aggiornamento in tutti i segmenti della cucina dalmata (fortemente segnata dai cambiamenti storici che hanno percorso il territorio nei secoli, sorte condivisa con Quarnero e Istria) è stato il motivo che ha spinto Ivanišević a gettarsi “anima e core” in questo progetto, durato, come rileva lo stesso autore, 25 anni e almeno 20.000 ore lavorative. Racconta di come la cucina dalmata per ricchezza possa ambire a venir affiancata alle “grandi” del panorama internazionale come quella italiana, francese o spagnola, “solo che non avendo un grande mercato alle spalle, non è mai stata valorizzata al punto giusto”. A mio modo di vedere una dichiarazione forte, forse non del tutto condivisibile, fermo restando che le basi di una cucina importante ci sono e il riferimento va principalmente alle tradizioni della cucina dalmata dalle quali poi, con fantasia e nuove tecniche, si può arrivare a offrire proposte culinarie innovative, più vicine al trend del momento. La Dalmazia ha la fortuna di poter disporre di prodotti di grande qualità, già riconosciuti, come ad esempio l’olio d’oliva, il vino, il pesce, i crostacei, i frutti di mare, il prosciutto, l’ottima carne dell’entroterra... Un’altra ricchezza è rappresentata dalle diversità
che incontriamo proprio all’interno della cucina dalmata, differenze di preparazioni e ingredienti che non possono far altro che esser fonte di arricchimento gastronomico. Ogni zona ha la sua peculiarità, il suo piatto tipico, i suoi sapori, e alla fine a giovarne non può che esserne tutto l’insieme. Nel libro di Ivanišević viene dato ampio spazio a questa realtà. Si tratta di un capitolo di 200 pagine circa a cui l’autore ha dato il titolo “Sulle tracce del ricordo” e nel quale vengono descritte le ricette specifiche del territorio (sono comprese quattro contee), andando da villaggio a villaggio, da isola a isola. A questo proposito mi ha colpito una ricetta che probabilmente non ha uguali al mondo. Si tratta del “brodo de grote”, dove “grota”, dal dialetto fiumano, sta a rappresentare la pietra che si trova in mare, per dirla in dialetto dalmata la “stina”. Ci servono 1-2 chili di “grote de mar”, una cipolla, mezzo decilitro di olio extravergine d’oliva, dai due ai cinque spicchi d’aglio (a piacere), prezzemolo, sale e pepe. L’autore consiglia per questa ricetta (veniva preparata in passato quando c’era carenza di pesce) di procurare delle pietre di mare bucate (più fori ci sono meglio è), magari con sopra del muschio di mare. È ovviamente importantissimo che vengano estratte da una zona di mare non inquinata.
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Sabato, 23 febbraio 2008
HAMBURGER Simbolo del fast food capace di evolversi grazie all’alta cucina
La «polpetta» che ha conquistato «Pljeskavica», il mondo la versione nostrana A cura di Basilio Gioffi
D
i solito non ne parliamo in termini positivi. Anzi. l’hamburger è il simbolo per antonomasia del fast food e di un’alimentazione scorretta specie fra i più giovani. Viene indicato, in abbinamento con altri cibi e bevande, come causa di un’obesità precoce. Solo a nominarlo i cultori del “buon mangiare” rispondono con un “vade retro” che non ammette repliche. Eppure, anche questa “polpetta schiacciata” fatta sulla griglia può rappresentare un’alternativa gastronomica per chi non ne abusa. Come dire, un hamburger ogni tanto, non fa male a nessuno, specie se preparato con materie prime scelte e non realizzato “in serie”, come su una catena di montaggio e con ingredienti di dubbia provenienza. E poi se questi cambiano, l’hamburger può rappresentare una curiosa novità e magari diventare un pianeta tutto da scoprire in mano a quegli chef che riescono a scomporre e riproporre in maniera diversa anche i piatti più inimmaginabili. Non vuole essere un inno ad uno dei più tradizionali simboli del “made in USA” (importato anche dalle nostre parti come tante cose), ma solo un tributo a quello che in effetti resta un fenomeno della società moderna. Del resto ha compiuto cinquant’anni il Whopper, l’hamburger simbolo della catena americana “Burger King”. Oltre undici milioni di clienti al giorno in settanta Paesi, quasi due miliardi e mezzo di dollari di fatturato per l’avversaria storica di McDonald’s, che ha scelto di improntare la sua offerta sull’“Have it your way”, a modo vostro. Oltre alle ricette codificate, infatti, si possono scegliere i vari ingredienti con cui farcire l’hamburger. L’origine si perde nella notte dei tempi, se pensiamo che l’avo più diretto è probabilmente la carne alla tartara, da Tartaria, vasta regione pianeggiante dell’Asia centrale, abitata da una popolazione nomade, i tartari appunto, che erano usi frollare la carne cruda sotto le selle dei cavalli. Dall’Asia centrale l’abitudine di mangiare questo tipo di carne frollata si diffuse nella Russia degli zar, dove era molto apprezzata in particolare dai marinai tedeschi provenienti dal porto di Amburgo. Nella città anseatica il rituale della carne macinata si diffuse a tal punto che prese il nome di hamburger (da Hamburg, nome tedesco di Amburgo) e così poi si diffuse negli Stati Uniti, ad opera degli immigrati tedeschi.
Dalla prima pagina In una pentola capiente preparate alla veloce un soffritto con olio, cipolla, aglio e prezzemolo. Depositate le pietre e copritele con dell’acqua. Lasciata bollire per almeno mezz’ora, togliete le pietre e filtrate il brodo. Potete servirlo con del riso lessato oppure “arricchirlo” con del succo di limone o del vino bianco. Ivanišević nella raccolta delle ricette si è trovato in lieve difficoltà perché spesso è andato incontro a diverse varianti dello stesso piatto. L’esempio più lampante è la “pastizzada”, forse il piatto dalmata più caratteristico: la ricetta di base è breve, ma poi con tutte le varianti, nel libro arriva ad occupare due pagine e mezza. La stessa formula è stata usata per il pesce al succo di limone. Al lettore viene data la possibilità di scegliere tra un chilo di pesce azzurro o bianco. Poi ci sono gli altri ingredienti: mezzo decilitro di olio extravergine d’oliva, uno-due limoni e sale. Una volta pulito, il pesce va coperto con olio e succo di limone e con una grattata di buccia di limone. A fuoco lento, va lasciato cuocere fino a che non diventa morbido. Volendo si potrebbe preparare un soffritto di aglio o cipolla. Si può servire sia caldo che freddo, durante la cottura si può aggiungere del vino bianco secco, il pesce può venir condito con del timo e chi preferisce, verso la fine della cottura, può aggiungere della panna da cucina. Un piatto, tante varianti. L’ultimo capitolo del libro è dedicato alla cucina creativa. Ampio spazio è stato dato agli chef di nuova generazione nati nei migliori ristoranti della Dalmazia, risultato questo del boom fatto registrare dal turismo da qualche anno a questa parte. Un altro asso nella manica che questa bella regione può calare nella promozione della sua cucina.
All’inizio l’hamburger era venduto come un cibo “ricercato”; il mitico ristorante newyorkese “Delmonico’s” già nel 1836 aveva in menu un hamburger steak, che veniva venduto al doppio del prezzo degli altri tagli pregiati di carne. La diffusione fu però tale che, già a fine Ottocento, l’hamburger era diventato un fenomeno di massa e veniva venduto per le strade sotto forma di panino; nacquero quindi i primi fast food ante litteram e sui banconi si cominciarono a trovare le prime varianti come il doppio hamburger o il cheeseburger, che pare sia stato inventato nel 1924 dal giovane chef Lionel Sternberger in un piccolo ristorante a Pasadena in California. Quando, nel secondo dopoguerra, il venditore di frullatori Ray Kroc e i fratelli McDonald aprirono le porte dei primi colorati, asettici, nuovissimi locali, fu una rivoluzione: la “polpetta” uscì dai menù quotidiani di case, scuole, ospedali, mense, per diventare, opportunamente ritoccata, il simbolo stesso del nuovo ordine alimentare: rapido e economico. La qualità complessiva col tempo subì progressivi assestamenti al ribasso e così per coprire in qualche modo i difetti del super-sandwich comparirono salse, formaggi, e qualsiasi altro elemento in grado a dare un contributo in questo senso.
Carne Trito grossolano di carne di manzo per la ricetta originale - in alternativa, si utilizzano tonno, pollo, maiale e seitan (vegetariano) - a cui mischiare estratto di carne e rosso d’uovo, aglio e cipolla, sal Worcestershire. Può essere cotto griglia o fritto.
La versione “nostrana” dell’hamburger si identifica con la “pljeskavica”, che a seconda dei territori di preparazione, cambia ricetta e ingredienti. Il panino “americano” viene sostituito dalla “lepinja”, più bassa, mentre tra le salse da aggiungere spicca l’ajvar e il formaggio morbido “kajmak”. Scalogno, cipolla, peperoni grigliati, invece, sono le verdure preferite da abbinare. Poi la “pljeskavica” può essere ripiena con formaggio, oppure nell’impasto si aggiunge della pancetta affumicata per renderla ancor più saporita. La versione bosniaca (per quattro persone) prevede 600 grammi di carne di agnello tritata, 100 grammi di cipolla, due spicchi d’aglio, mezzo cucchiaino di pepe, due cucchiaini di condimento “Vegeta”, mezzo cucchiaino di sale, olio. In un contenitore mettete tutti gli ingredienti (l’aglio schiacciato e la cipolla tritata finemente) e lavorate bene per un po’. Per evitare che la “pljeskavica” si attacchi alla griglia e per tenerla più morbida in cottura è bene aggiungere al composto un po’ di acqua minerale. Date forma alle nostre “polpette” schiacciate e mettete a cuocere sulla griglia o in una padella con un filo d’olio. Con lo stesso composto possono venir preparati anche gli altrettanto noti “čevapčići.” La versione croata comprende 600 grammi di carne di vitello, 200 grammi di carne di maiale (petto), entrambe tritate, 100 grammi di cipolla finemente tritata, mezzo bicchiere di olio, paprica piccante e sale e pepe q.b.. Passate la carne per due volte al tritacarne e quindi aggiungete gli ingredienti stando attenti a non esagerare con pepe e paprica piccante. Lavorate per un po’ e lasciare riposare il composto per un’ora in frigo. Poi il procedimento è lo stesso come nella prima versione. La “pljeskavica” cambia ancora nella versione serba. Ecco gli ingredienti: 700 grammi di carne di maiale, 300 grammi di carne di manzo, 100 grammi di cipolla tritata, due peperoncini piccanti nostrani tagliati finemente, uno spicchio d’aglio, un cucchiaino di pepe, un cucchiaino di condimento “Vegeta”, sale e olio. Tritate i due tipi di carne e quindi aggiungete il resto degli ingre-
Insalata La lattuga croccante può essere arricchita (o sostituita) da
Hamburger sorpresa Ingredienti: 600 grammi di polpa di manzo tritata Quattro cucchiai di pasta di olive Due cucchiai di capperi dissalati Due cucchiai di aceto di vino Un pizzico di peperoncino secco in polvere Sale La carne tritata degli hamburger tende ad assorbire i condimenti e a risultare piuttosto pesante. In questa ricetta la presenza dell’aceto e del peperoncino la rende più digeribile. Tritate i
di olive. Dividete la carne in otto parti, schiacciate e ponete al centro un ottavo del composto di olive e capperi. Coprite con un’altra parte di carne e premete bene, in modo da racchiudere il ripieno all’interno. Procedete così con le altre sei parti di carne rimaste e condite ognuna con una spruzzata di aceto e un pizzico di peperoncino. Fate scaldare una piastra e cuocetevi gli hamburger tre minuti per parte.
foglie di spinaci appena scottate, rondelle di cipolla, pomodoro, ceo, ma anche funghi, peperoni, ed erbe aromatiche come basilico, prezzemolo e origano. D’obbligo una bella porzione di patatine fritte.
Salsa Le tre salse base sono maionese, ketchup e senape, in proporzioni variabili. La maionese può essere arricchita con giardiniera di verdure, cipolla e aglio tritati finissimi, più una vinaigrette fatta con olio, aceto bianco, zucchero, sale e pepe.
Pane Consistenza morbida e fragrante per il panino ideale. La miscela tiepida di latte, acqua, burro e lievito va impastata con farina, zucchero, sale e un uovo. Doppia lievitazione prima di infornare. A piacere semi di sesamo o papavero.
Hamburger de luxe e in versione innovativa Al di là delle catene internazionali e dell’hamburger noto a tutti (che spesso e volentieri è solo un lontano parente di quello gustoso e succoso proposto nelle foto che troviamo nei locali), ci sono gli hamburger d’autore, con i prodotti ittici a farla da grandi protagonisti. Ricordiamo l’hamburger di calamari, servito con gnocchi al vino bianco con ricci. Oppure l’hamburger di scampi o quello di triglia con finocchi e salsa wasabi. Il padre della nuova cucina francese Paul Bocuse spadella le uova nello champagne in lieve ebollizione, lasciando il tuorlo morbidissimo e riducendo il liquido di cottura con
poca crema di latte. Uova e salsa decorano l’hamburger alla piastra. Da Madrid a Valencia, nei “Fast Good” aperti dal superchef catalano Ferran Adrià si gustano cinque varietà di hamburger, preparati con carne biologica e pane fresco. A scelta, lattuga, rucola, pomodori, gorgonzola, salsa chimichurri, menta, pesto d’olive. Il talentuoso Reiner Becker, chef-patron del londinese “Zuma” a Knightsbridge, firma il suo hamburger con la carne tenerissima e gustosa di wagyu (kobe), il mitico manzo giapponese allevato con cura assoluta e massaggiato con la birra.
Sontuoso, il DB Royale double truffle burger, messo a punto da Daniel Bouloud, celebre chef francese con ristoranti a New York. All’interno, carne brasata, foie gras, verdure e tartufo nero. Si serve appoggiato su una fetta di parmigiano grigliato. L’americano Homaro Cantu, chef tecnologico e visionario del ristorante “Moto”, Chicago, ha ideato l’hamburger in fotocopia: una volta cotto e fotografato, la stampa avviene su carta commestibile Aromi polverizzati di carne, salse e verdure, fatti aderire all’ostia, assicurano profumo e un ricordo di sapore.
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Sabato, 23 febbraio 2008
TECNICHE IN CUCINA
Come ammorbidire e insaporire carni e pesce
Tutti i segreti della marinatura A
lcuni metodi di cottura tendono a disidratare o comunque sottoporre i cibi a temperature molto elevate, che potrebbero danneggiarne la consistenza oppure il sapore; alcuni alimenti, inoltre, sono tendenzialmente piuttosto duri (come ad esempio alcuni tagli di carne), secchi oppure hanno bisogno di essere privati di elementi aromatici sgradevoli (è il caso della selvaggina). Marinare i cibi prima di cucinarli è un metodo interessante per risolvere questi problemi e allo stesso tempo dare più gusto a quello che si cucina. Si tratta di un procedimento piuttosto semplice che però richiede alcune precauzioni e soprattutto una certa programmazione da fare in anticipo.
Gli ingredienti Una marinata tipica è composta da tre tipi di ingredienti: acidi (ad esempio vino, birra, aceto, o succo di limone), oli (essenzialmente olio extravergine d’oliva) e aromi (spezie ed erbe). In alcuni casi possono essere aggiunte anche salse di vario genere (salsa di soia, salsa yogurt, salsa Worcester). Esempio: Olio extravergine di oliva, 90 ml Vino rosso, 50 ml Aglio, due spicchi tagliati a pezzetti Prezzemolo, timo, salvia e rosmarino Pepe nero tritato grossolanamente. Questo esempio mostra una marinata “tipica” per della carne rossa da preparare alla piastra oppure alla griglia. Le proporzioni e il tipo di ingredienti possono variare a seconda della pietanza da preparare, e devono adattarsi sia alle caratteristiche del cibo sia al risultato finale che si vuole ottenere.
Come marinare Prendete un recipiente piuttosto ampio, che contenga agevolmente i cibi da marinare e la marinata stessa. Non utilizzate contenitori in metallo o in plastica leggera, potrebbero cedere sostanze dannose ai cibi, specialmente se a contatto con sostanze acide. Ceramica, porcellana, vetro e pyrex sono tutti materiali adatti alla marinata. Mettete il recipiente coperto in frigorifero per il tempo necessario e toglietelo appena prima di cucinare; se utilizzate ingredienti congelati scongelateli appena prima di marinarli. È importante che i cibi siano completamente coperti dalla marinata.
Come agiscono Gli acidi scompongono le proteine presenti negli alimenti, rendendoli più teneri e sensibili all’influenza di altri sapori, gli oli trattengono il sapore naturale e l’acqua, impedendo la disidratazione sia prima sia durante la cottura, mentre gli aromi aggiungono sapore ai cibi. Le salse sono una combinazione degli elementi precedenti: una salsa molto elaborata (come la salsa barbecue americana) potrebbe costituire una marinata senza bisogno di altre aggiunte. Se il sapore della salsa manca di qualcosa o è sbilanciato, si può correggerlo, tenendo conto delle sue caratteristiche (ad esempio la citata salsa barbecue tende ad essere dolciastra, quindi andrebbe “corretta” con delle spezie piccanti o un aceto aromatico). Alcuni tipi di olio funzionano anche da aromi: è il caso dell’olio di oliva, che si rivela la scelta più interessante per una marinata. Se pensate di cucinare la pietanza al forno, potete utilizzare la marinata anche come fondo di cottura, purché gli ingredienti resistano bene al calore (da scartare quindi le salse che contengono zuccheri, i quali caramellizzano già a basse temperature). Vino rosso corposo, olio d’oliva, salsa al pomodoro ed erbe aromatiche sono ottimi se usati come fondo di cottura.
Igiene Non lasciate mai i cibi a marinare fuori dal frigorifero e comunque non superate i tempi sopra indicati. Dato che la carne o il pesce crudi rilasciano fluidi organici che possono diventare terreno di coltura per dei batteri, usate la marinata come fondo solo per cotture prolungate o comunque ad alta temperatura: vanno bene per una cottura al forno o sulla griglia, ma non per saltare i cibi in padella. Se dovete cuocere i cibi in maniera rapida o a bassa temperatura scolateli dalla marinata prima della cottura ed eventualmente sciacquate velocemente con acqua corrente.
Quanto marinare Non marinate i cibi troppo a lungo o diventeranno flaccidi e fragili, compromettendo la cottura; in generale, più un cibo è duro più dovrebbe essere lasciato marinare. Di seguito sono riportate alcune tempistiche ottimali a seconda del tipo di alimento: - carni rosse (manzo, agnello): da 4 a 6 ore - carne di maiale: da 2 a 4 ore - pollame: da 2 a 4 ore - pesci interi: 1 o 2 ore - bistecche di pesce (ad esempio tonno): da mezz’ora a un’ora - selvaggina: 4 - 8 ore o anche di più, a seconda del tipo di carne. Alcune carni, come quella di lepre o di cinghiale possono richiedere anche diversi giorni: chiedete indicazioni più precise al negoziante da cui la acquistate, dato che le condizioni cambiano notevolmente a seconda della provenienza dell’animale (selvatico o d’allevamento) - verdure: da mezz’ora a 1 ora.
Noce di cervo in marinata al vino rosso Ingredienti: Una noce di cervo (1,7 kg cca) Patate (1,7 kg) 250 grammi di pancetta a fette sottili Aceto Olio extravergine Marinata: sei foglie di alloro, due cipolle bianche, un cucchiaio di bacche di ginepro, vino rosso Per la marinata: mondate e fate a pezzi le cipolle, unitele alla noce di cervo con l’alloro e il ginepro, coprite con il vino e fate marinare in frigo per una notte. Poi togliete la carne, avvolgetela nelle fette di pancetta, legatela con spago da cucina, mettetela in una pirofila con gli aromi della marinata, irrorate d’olio e infornate a 200°C per 30’. Aggiungete infine le patate, pelate e sbollentate in acqua con due cucchiai di aceto per 2’, quindi allungate con il liquido della marinata, rimettete a cuocere in forno per altri 40’ circa, poi servite.
Filetti di sgombro marinati Ingredienti: Quattro sgombri (800 grammi circa) Un ciuffetto di rucola Peperoncino fresco, piccante Limone Olio extravergine d’oliva Sale Pepe in grani Sfilettate gli sgombri senza privarli della pelle. Sistemate gli otto filetti in un piatto profondo, cospargeteli con buccia di limone grattugiata, pepe macinato, irrorateli d’olio e lasciateli marinare per 2 ore prima di cuocerli sulla griglia ben calda, girandoli una sola volta; salateli e accomodateli nel piatto da portata. Sminuzzate la rucola, poi raccoglietela in una padella con il peperoncino piccante liberato dai semi, ridotto a rondelle, e circa 80 grammi d’olio; scaldate questo condimento a fuoco medio, finché l’olio inizierà a sfrigolare, quindi versatelo sui filetti di sgombro e serviteli subito, con una guarnizione a piacere. Gli sgombri si possono gustare subito, appena conditi con l’olio caldo, oppure lasciarli insaporire nel condimento finché quest’ultimo non si sarà raffreddato, quindi portarli in tavola preferibilmente come antipasto.
Scampi marinati al finocchio Ingredienti: 12 code di scampi medio-grossi Finocchio (400 grammi) 300 grammi di lattughini misti Olio extravergine d’oliva Tre limoni Basilico Sale fino Pepe bianco in grani Sgusciate a crudo le code di scampo, mettetele in un largo piatto, irroratele con il succo di un limone, insaporitele con un pizzico di sale, una macinata di pepe e con le barbine del finocchio; coprite il piatto con pellicola trasparente, mettetelo in frigorifero, lasciando mari-
nare le code di scampo per circa un’ora. Intanto pelate a vivo i due limoni rimasti, in modo da ottenere degli spicchi senza pellicine. Al momento di servire, lavate e sgocciolate bene i lattughini, sistemateli in un piatto da portata e, su questo letto verde, disponete le code marinate, gli spicchi di limone e il finocchio spuntato e ridotto in dadolata. Emulsionate tre cucchiaiate del liquido della marinata con l’olio d’oliva, aggiungete un mazzetto di foglie di basilico tritate e, con questa salsina, condite scampi e verdura. Servite subito.
Sella di capriolo in marinata al sale Ingredienti: 600 grammi di sella di capriolo Una costa di sedano Una carota Una cipolla Alloro Rosmarino Olio extravergine di oliva Marinata: un cucchiaio di bacche di ginepro, un cucchiaio di pepe nero in grani, un chiodo di garofano, un pugno di sale grosso, mezza stecca di cannella Preparate la marinata: pestate grossolanamente in un mortaio le bacche di ginepro, il pepe, il chiodo di garofano e la cannella, poi mescolateli con il sale grosso. Massaggiate con questo battuto la carne, mettetela in un contenitore sigillato con pellicola trasparente e lasciate marinare in frigo per una notte. Dopodiché lavate bene la sella per liberarla dalla marinata e fatela affumicare: mettete 6 foglie di alloro, 6 rametti di rosmarino e una manciata di segatura di legno non trattato sul fondo di una pentola alta e stretta all’interno della quale avrete posto un cestello da cottura a immersione usato al contrario, cioè “a ponte”, in modo che, appoggiandovi sopra la carne, questa resti ben separata dalla segatura. Accendete quindi il fuoco sotto la pentola e, dal momento in cui la segatura comincia a fare fumo, lasciate affumicare il capriolo per 5’, poi giratelo, spegnete il fuoco, coprite con un coperchio e infine lasciatelo riposare nella pentola per altri 5’. Nel frattempo, mondate la cipolla, la carota, il sedano e tagliateli a listerelle sottili (julienne). Riuniteli quindi in una pirofila insieme alla carne affumicata, irrorate tutto con un filo di olio e infornate a 250°C per 20’ circa.
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cucina
Sabato 23 febbraio 2008
POLPO
Sabato 23 febbraio 2008
Il suo mimetismo è eccezionale e nel mondo subacqueo non ha pari
Quel trasformista del mare abile e astuto come Ulisse Simbolo virile dalle straordinarie virtù afrodisiache A cura di Fabio Sfiligoi
L
o spunto per dedicare questo spazio al polpo arriva dopo un incontro con un sub quarnerino, noto cacciatore di questo mollusco. È stato così perseverante nell’elogiarne i pregi che è riuscito a convincere anche uno scettico come il sottoscritto. E poi era già da tempo che ci pensavo perché sono molti i ristoranti che lo offrono, specie come antipasto nella sua versione essiccata e affumicata. Una prelibatezza. Questo mollusco cefalopode si distingue chiaramente dai suoi simili calamaro e seppia perché dotato di otto tentacoli invece di dieci. Dei due tipi di polpo, quello di scoglio e quello di sabbia, il primo ha la carne più prelibata e gustosa e si distingue dal secondo per una doppia fila di ventose sui tentacoli. Viene venduto sia fresco sia surgelato (più sta in congelatore meglio è; il freddo contribuisce a renderlo più morbido) e sebbene i polpi venduti singolarmente generalmente non superino il chilogrammo, non è raro per i pescatori trovare esemplari di cinque-sei chili. Dal punto di vista nutrizionale, come molti molluschi è ricco di tessuto connettivo e quindi può risultare di difficile masticazione e digestione; inoltre contiene una quantità ridotta di proteine rispetto ai pesci. Il pregio è il ri-
amico di squagliarsela in qualche fessura della roccia. A braccia distese, un polpo medio può misurare intorno ai cinquanta centimetri di lunghezza, ma è facile incontrarne di molto più grossi. Un polpo di grosse dimensioni è indubbiamente una bestiaccia impressionante, se vista attraverso il vetro di una maschera subacquea, ma è una bestiaccia che difficilmente può diventare realmente pericolosa.
Intelligenza mostruosa e indole mite Anche perché il polpo ha un’indole mite e un’intelligenza superiore a qualsiasi pesce. Da tempo immemorabile la tentacolare scaltrezza del polpo è il simbolo stesso di una forma particolare di intelligenza. Quella che i Greci chiamavano Metis, dal nome di una dea particolarmente dotata di sale in zucca. Il celebre naturalista Oppiano di Anazarbo, autore dell’Alieutica, il più importante trattato sulla pesca dell’antichità, sostiene che il vero uomo di mondo deve prendere a modello le abitudini di questo mollusco dalle mille risorse. Capacità di adattamento, accorta prudenza, abilità nel mimetizzarsi negli ambienti e nelle
Il celebre naturalista Oppiano di Anazarbo, autore dell’Alieutica, il più importante trattato sulla pesca dell’antichità, sostiene che il vero uomo di mondo deve prendere a modello le abitudini del polpo, mollusco dalle mille risorse dotto apporto calorico, dovuto a una bassissima percentuale di grassi e a un alto contenuto acquoso, che ne fanno un cibo saziante e indicato per una dieta ipocalorica, a patto di non condirlo con olio ma preferire limone, aceto e spezie. Contiene una discreta percentuale di alcuni minerali, come calcio (144 mg/100 g), fosforo (189 mg) e potassio (93 mg).
Caratteristiche Il corpo ha forma di sacco rotondeggiante alla base dei quale sporge il capo, al cui centro si apre la bocca. Intorno alla bocca si allarga il mantello, da dove partono a raggiera otto tentacoli molto robusti che si assottigliano nella parte terminale. Lungo la faccia inferiore di ogni tentacolo corrono due file di ventose discoidali, che servono all’animale per fare presa sul fondo o su qualsiasi oggetto gli capiti a tiro. Gli occhi, abbastanza piccoli e lievemente sporgenti, sono piuttosto distanziati tra loro, ma sistemati in modo da avere una perfetta visione sia di fianco, sia davanti. Non ci sono pinne di alcun tipo e la propulsione è assicurata dai tentacoli e dal sifone, un apparato quest’ultimo che serve al polpo per irrorare le branchie e per spostarsi “a reazione” quando il getto d’acqua diventa violento e veloce. La bocca è a forma di becco di pappagallo, cioè è un doppio robustissimo rostro con cui il polpo riesce a scardinare le difese degli altri molluschi di cui si ciba e bucare persino il carapace dei crostacei. Come difesa personale, l’animale possiede una ghiandola che secerne inchiostro, cioè un liquido denso e nero che si spande rapidamente nell’acqua impedendo la visibilità per il tempo sufficiente al nostro
situazioni più diverse, imprevedibilità delle mosse, velocità nell’afferrare al volo le occasioni. E soprattutto mai abbassare la guardia. Proprio come fa il polpo confondendosi con i fondali per trarre in inganno la preda. Che realizza la situazione solo quando è ormai in trappola. Non a caso Odisseo, al secolo Ulisse, l’uomo più furbo di tutti i tempi, veniva paragonato proprio al testone più scaltro di tutti i mari. E il grande storico Plutarco raccomandava a tutti quelli che rincorrevano il successo e la fama di tenersi in esercizio con la pesca del polpo. La pelle di questo cefalopode è normalmente liscia e ricoperta di muco, che lo rende viscido. Il colore è generalmente grigiastro. Tuttavia, il polpo può apparire grinzoso e pieno di protuberanze, come il grigio può diventare verde, viola, rosso cupo, marroncino o nero, secondo il tipo di fondale in cui si trova e i colori predominanti che lo circondano. Il suo mimetismo è eccezionale e nel mondo subacqueo non ha pari. È animale solitario, che ama vivere per conto suo, a meno che non sia nell’epoca degli amori. Allora, trovato il partner giusto, per un po’ di tempo vive in compagnia e si abbandona a struggenti amplessi, fatti di contorcimenti, di carezze sensuali e così via. Un groviglio di tentacoli che può far pensare a chissà quali lotte abissali, mentre in effetti non è altro che una manifestazione di estrema dolcezza.
Che buongustaio! I nemici più accaniti del polpo sono la cernia e la murena, che lo attaccano con furia. Il polpo si difende duellando, gonfiandosi per
Fin dall’antichità al polpo vennero attribuite straordinarie virtù afrodisiache. Nel Dipnosofisti di Ateneo i dotti presenti al banchetto, commiserando un uomo divenuto impotente, asserivano: “Al quale neanche il polpo è capace di dar aiuto”. Si pensava che mangiare il polpo avrebbe scatenato sogni osceni e lussuriosi, e questa convinzione durò così a lungo che ancora nel Cinquecento Rabelais ne parlava. Forse la fama afrodisiaca del polpo era dovuta alle sue sembianze: perché quando si muove sui fondali marini col sacco piegato all’indietro ha un aspetto pigro, ma una volta cotto appare livido e ben eretto poggiato sulla sua corona di tentacoli. Anche in una lettera di Cicerone possiamo ritrovare questo simbolismo, sembrare più grosso ed incutere più timore. E intanto cerca di battere in ritirata, cerca uno speco che lo possa ingoiare e nascondere, dove gli antagonisti non lo possano raggiungere. La cernia e la murena mirano ai tentacoli, tentano di amputarli a morsicate. Il polpo fa di tutto per guadagnare tempo, in attesa dell’attimo propizio per eclissarsi in un buco. A sua volta, il polpo è l’avversario più temibile dell’aragosta e dell’astice, che attacca di sorpresa e che immobilizza per mezzo delle sue otto braccia possenti. Anche quella è una lotta all’ultimo sangue. Dopo aver reso impotente la sua vittima, il polpo buca il carapace con il rostro e inietta nel crostaceo un veleno paralizzante. Dopo di che, con calma, succhia la polpa e lascia intero l’involucro. Roba da buongustai, insomma. Ma la raffinatezza del polpo non finisce qui. Sapete che cosa fa i quando vuole gustare il contenuto di una di quelle conchiglie bivalve di cui va pazzo? Il furbastro si mette davanti al mollusco con un sassolino tenuto in un tentacolo, proprio come se lo tenesse delicatamente tra
Il pregio della carne di polpo è il ridotto apporto calorico, dovuto a una bassissima percentuale di grassi e a un alto contenuto acquoso, che ne fanno un cibo saziante e indicato per una dieta ipocalorica le dita di una mano. Il mollusco, accorgendosi del pericolo, si chiude su se stesso, ma non può resistere così in eterno, perché deve respirare. Ed allora, sperando di farla franca, dopo un po’ di tempo, quando non ce la fa più a trattenere il respiro, si decide a socchiudere le sue valve quel tanto che basta per far passare un po’ d’acqua fresca. Il polpo ne approfitta e, veloce come un lampo, dimostrando una mira e una prontezza di riflessi degne di Guglielmo Tell, scaglia il sassolino tra le valve semiaperte, impedendone la chiusura totale. Dopo di che il gioco è fatto e alla conchiglia non rimane scampo, perché al nostro golosone quella sottile fessura sarà sufficiente per scardinare in quattro e quattr’otto tutto il guscio.
Ingredienti: 200 grammi di scalogno Due dl di brodo vegetale g 50 grammi di polpo lessato 20 grammi di lattuga pulita Due cucchiaini di olio extravergine d’oliva Sale Pepe bianco Mettete a scaldare il brodo vegetale. Sbucciate lo scalogno, affettatelo molto sottile e ponetelo a rosolare, molto dolcemente, con un cucchiaino di olio. Quando il soffritto avrà preso colore, bagnate con il brodo vegetale e lasciatelo cuocere a fuoco molto basso per circa mezz’ora. Aggiustate di sale e passate al frullatore fino a ottenere una crema omogenea. Nel frattempo, tagliate a listerelle il cuore di lattuga e a pezzetti il polpo, uniteli alla crema ben calda che condirete con il cucchiaino di olio rimasto e una macinata di pepe bianco. Volendo, decorate con prezzemolo.
La scheda Caratteristiche organolettiche Carni pregiate soprattutto degli esemplari più piccoli. Di buon interesse commerciale. Commercializzato fresco, congelato, essiccato.
Particolarità Per togliere la “nervatura” ai tentacoli, che renderebbe la carne meno tenera, i pescatori sbattevano più volte a terra l’animale fino a distenderne completamente le braccia. Ora questo procedimento viene effettuato con degli appositi macchinari. Se viene tenuto a lungo nel freezer, la temperatura bassa contribuisce ad ammorbidire il tessuto connettivo.
Come riconoscere se è fresco Per riconoscerne la freschezza si deve osservare il colore del mollusco; più la colorazione è viva e intensa, nelle sue varie sfumature, più è garantita la freschezza.
quando l’oratore allude ad un polpo tutto tinto di porpora presentato in tavola camuffato da testa di Giove. Un’altra conferma alle supposte qualità afrodisiache del polpo la rintracciamo in una lettera di Boccaccio (1339 ca.) spedita da Napoli a Francesco de’ Bardi, che da poco aveva lasciato la città partenopea per rientrare a Firenze. La missiva scritta in un idioma inventato dallo scrittore, simile al napoletano, aveva lo scopo di informare il Bardi che era il probabile padre di un bellissimo bambino generato da una certa signorina. Nelle righe si narrava che per festeggiare la nascita alcuni compari avevano comprato il più bel polpo del mercato. Una volta che il mollusco era stato regalato alla puerpera, costei l’aveva mangiato con gran voracità, dimostrando così anche il suo eccellente appetito sessuale.
Crema di scalogno e polpo
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Pulizia e trattamento Aprire lateralmente la sacca ed eliminarne il contenuto; togliere gli occhi e la bocca, a forma di becco, utilizzando la punta di un coltellino o delle forbici, togliere la pelle che si elimina facilmente dopo la bollitura passando il polpo sotto l’acqua fredda. Strofinare con energia anche i tentacoli del polpo tenendoli sotto il getto d’acqua corrente per eliminare ogni residuo di sabbia dalle ventose. Al momento dell’acquisto del polpo, informarsi se è già stato battuto dal pescivendolo in modo da rompere le fibre e rendere la carne più tenera; in caso contrario bisogna snervarlo battendolo con un batticarne per almeno 10 minuti. In alternativa, è possibile aumentare leggermente il tempo di cottura.
Amante del bianco Il fatto di non avere ossa permette al polpo di “colare” letteralmente da un pertugio all’altro attraverso fessure così sottili da ritenere impossibile una sua fuga da quella parte. Il passaggio da una cavità all’altra è talmente incredibile che spesso si ha la sensazione di assistere a un miracolo o a un esperimento di materializzazione. Il polpo, infatti, si schiaccia, si allunga, si stira e si allarga a piacimento, come probabilmente nessun’altra creatura marina è in grado di fare. Va matto per il colore bianco. Quando lo vede va in solluchero, si entusiasma, perde ogni prudenza. Gli piace al punto che cerca di circondarsi di bianco, persino nella sua casa. Così capita che un buchetto insignificante nella sabbia abbia una corona di sassolini bianchi, oppure che una crepa in uno scoglio sia chiusa da ghiaia o pezzi di coccio bianchi. Ebbene, siate certi che quei buchi e quelle crepe corrispondono ad altrettante abitazioni di polpi in vena di civetteria. Un altro sintomo della presenza certa di un polpo nella zona è dato da un accumulo innaturale di gusci di molluschi bivalve sotto un sasso o contro la parete di uno scoglio che termina con una piccola grotta tra la parete stessa e il fondo. Di solito, è il polpo che erige un simile mucchio di rifiuti vicino alla porta di casa. Il ghiottone, dopo essere stato a caccia, si trascina la preda fin nella sala da pranzo, la gusta con calma e poi si sbarazza della parte non commestibile, gettandola.
Carpaccio di polpo
Polpo alla marinara Ingredienti: Un polpo di un chilogrammo circa 700 grammi di patate Un decilitro di olio extravergine d’oliva Prezzemolo tritato q.b. Tre spicchi d’aglio Pepe q.b. Pulite e lavate il polpo. Lessatelo finché la carne non sarà morbida (un’ora-un’ora un quarto, meglio provare), tagliate il polpo ottenendo dei pezzi non troppo grandi. Nell’acqua di cottura fate bollire le patate precedentemente private della buccia: tagliatele a cubetti. In una pentola scaldate l’olio d’oliva, quindi aggiungete l’aglio tritato grossolanamente. Imbiondire leggermente. Con l’aiuto di un mestolo mettete nella pentola a strati prima i pezzetti di polipo e poi le patate con l’acqua. Continuate in alternanza fino all’esaurimento degli ingredienti. Fate cuocere per un breve tempo, il piatto non ha bisogno di una lunga cottura perché gli ingredienti sono stati già cotti in precedenza; è sufficiente il tempo necessario per far amalgamare i sapori. Prima di servire aggiungete il prezzemolo e il pepe. Non mescolate il composto, scuotetelo e servite. Da consumarsi preferibilmente con il cucchiaio.
Ingredienti: Un polpo da un chilo Una cipolla Due foglie d’alloro Una stecca di sedano Un bicchiere di vino bianco Succo di 1 limone Olio extravergine d’oliva Due limoni per decorazione Sale e pepe in grani q.b Pulite bene il polpo asportando gli occhi e il rostro. Ripulite le viscere all’interno della testa e sciacquate
il tutto accuratamente. Portate a bollore una pentola d’acqua a cui avrete aggiunto la cipolla divisa a metà, la carota pulita e tagliata in due, le foglie d’alloro e il sedano: aggiungete anche il vino bianco. Fate bollire finche non è cotto (ci vorrà circa un’ora comunque verificate la cottura con la forchetta; le punte devono penetrare facilmente nella carne). Una volta cotto, scolate bene il polpo e mettetelo in un sacchetto di plastica da freezer, comprimetelo bene e avvolgetelo con della carta trasparente, come un salame: ponetelo in frigorifero per 14 ore. Trascorso il tempo, togliete il polpo dal frigorifero, togliete la carta e il sacchetto e tagliatelo a fette molto sottili. Disponete le fette su di un piatto da portata e condite con olio, pepe in grani e limoni. Finite il piatto decorando con delle fettine di limone e servite in tavola il carpaccio di polpo. Potete accompagnare il piatto con del radicchio rosso tagliato a listarelle e condito ugualmente con olio, pepe in grani e limone.
Zuppetta di polpo, vongole e tartufi di mare Polpette di polpo con porro selvatico Ingredienti: 320 grammi di sedano rapa mondato 200 grammi di polpo lessato 200 grammi di carote mondate 200 grammi di finocchi mondati 200 grammi di vongole 200 grammi di tartufi di mare Due dl di vino bianco secco 100 grammi di cipolla Una confezione di pasta sfoglia pronta Un tuorlo Aglio, prezzemolo Olio d’oliva, sale In una casseruola preparate un soffritto con la cipolla tritata, lo spicchio di aglio vestito (con la buccia) e unitevi le vongole e i tartufi spurgati. Bagnateli con il vino, copriteli e lasciateli aprire. Infi-
ne aggiungete un po’ di prezzemolo tritato, scolateli, filtrate il fondo di cottura, emulsionatelo con un po’ di olio e tenetelo da parte. Cuocete il sedano rapa e i finocchi ridotti a pezzi in un velo di olio, unite infine le carote a dadini e lasciate cuocere finché queste ultime non risulteranno appassite. Al termine distribuite le verdure in 4 ciotole da forno individuali, unitevi i frutti di mare con il guscio, il polpo a tocchetti e condite con il fondo di cottura,emulsionato e un pizzico di sale. Tirate la pasta sfoglia, ricavatene 4 dischi poco più grandi dell’apertura delle ciotole e spennellatene la circonferenza con il tuorlo. Coprite le ciotole con i dischi facendo aderire ai bordi il lato spennellato. Spennellate con il tuorlo anche la superficie e infornate a 180 °C per 15’ circa.
Ingredienti: Un chilo di polpo lessato Due chili di porro selvatico Mezzo chilo di patate Due dl di olio Tre spicchi d’aglio 50 grammi di farina 100 grammi di pangrattato Un ciuffetto di prezzemolo Sale e pepe q.b. Tre dl di acqua 100 grammi di farina Due uova, alloro Olio extravergine d’oliva Pulite bene il polpo asportando gli occhi e il rostro. Ripulite le viscere all’interno della testa e sciacquate il tutto. Mettete a lessare in acqua fredda con una foglia di alloro e una di prezzemolo. Fate bollire finche non è cotto (meglio verifi-
care). Fatte sgocciolare il polpo, tagliatelo a pezzettotni e passatelo al tritacarne. Incorporate la farina in tre dl di acqua fredda, mettete sul fuoco (moderato) a ottenere una massa densa. Lasciamo raffreddare un po’ e quindi aggiungiamo l’uovo, il polpo tritato, gli odori, sale e pepe, un po’ di olio d’oliva e una manciata di pangrattato. Lavorate il composto, formate delle polpette e schiacciatele un po’. Passatele in farina, uovo e pangrattato e quindi mettete a friggere in olio caldo, fino a che non saranno dorate da entrambe le parti. Dopo averlo pulito, tagliate il porro a rondelle. A parte pulite le patate e tagliatele a cubetti. Mette insieme a lessare. Una volta cotte le verdure, sgocciolatele e passatele in casseruola con un po’ di olio d’oliva. Regolate di sale e pepe e servite con le polpette.
6 cucina VERDURE
Sabato, 23 febbraio 2008
Nel Medioevo era considerato una delle nove erbe sacre
Finocchio, ventata di freschezza nel piatto Come è nato il verbo «infinocchiare»
I
l finocchio, presente sulle bancarelle dei nostri mercati, è una pianta mediterranea, nota fin dall’antichità principalmente per i suoi semi e l’aroma, più che per la sua “consistenza”. Il suo sapore, simile a quello dell’anice, veniva utilizzato per insaporire cibi o addirittura per coprirne i difetti. Oltre ad aromatizzare carni e pietanze con il finocchio si confeziona un eccellente liquore carminativo e diuretico. I frutti di finocchio pestati ed uniti ad argilla verde ventilata servono per preparare un dentifricio che rinfresca l’alito e rinforza le gengive. Gli antichi romani apprezzavano molto il finocchio, e lo mangiavano sia per il buon sapore che per la credenza tradizionale che fosse utile nel controllare l’obesità. Anche il nome originario greco per il finocchio derivava dalla parola “maraino” che significa dimagrire. Questa credenza resistette fino ai tempi dell’erborista Culpepper che scrisse del finocchio: “Tutte le parti della pianta sono molto usate in beveraggi o brodi per far dimagrire le p ersone troppo grasse”. Ci potrebbe essere qualche fondamento a questa credenza, poiché i semi sono conosciuti come un leggero soppressore dell’appetito. I Puritani masticavano i semi durante i periodi di digiuno rituale religioso per resistere alla fame. Il finocchio era considerato una delle nove erbe sacre per curare le malattie nel Medioevo. Si credeva anche che tenesse lontani gli spiriti maligni, motivo per il quale veniva infilato nelle serrature e appeso alle porte, soprattutto alla vigilia di Ferragosto. Carlo Magno era un grande estimatore delle proprietà curative del finocchio, che anche oggi è usato come rimedio per le coliche, come rinfrescante dell’alito e come digestivo. Nel 812 dichiarò che il finocchio era essenziale in ogni giardino imperiale.
Varietà
I tavernieri lo usavano per beffare i clienti...
Esistono due specie: quello dolce, di cui si mangia la grossa guaina a grumolo bianco, che si sviluppa alla base; quello amaro o selvatico di cui si utilizzano soprattutto i germigli o le foglioline aromatizzanti.
epatico - agisce sul fegato e sui sistemi di disintossicazione grazie alla sua abilità di tonificare, rafforzare, disintossicare e guarire il fegato. Il finocchio è simile all’anice nel suo effetto calma la bronchite e la tosse. Si usa come ingrediente per dare sapore dolce ai rimedi per la tosse.
Acquisto
Il finocchio in cucina
Controllate le guaine che devono essere carnose, sode e compatte; la parte costituita dalle foglioline deve apparire fresca.
È un alimento molto usato, e anche i semi si usano per insaporire piatti. Il suo sapore dolce lo rende un’aggiunta rinfrescante a una vasta gamma di piatti. Si possono usare tutte le parti del finocchio. Tagliate le foglie e aggiungetele all’ultimo momento all’insalata di patate, condimenti, salsine, o besciamella. Il bulbo può essere mangiato crudo in insalate varie, aggiungendo sapore e croccantezza. Può anche essere aggiunto a stufati o soffritto in padella come una cipolla per aggiungere sapore alla salsa per la pasta. Alla maniera tradizionale si fa soffriggere leggermente in olio d’oliva, condito solo con un po’ di pepe nero macinato fresco e sale, è un contorno leggero e saporito per gli arrosti. I semi sono da usare quando si vuole ottenere il sapore più pungente. I semi sono comunemente usati in salsicce, sott’aceti, piatti di agnello, anatra, o maiale e come ingrediente importante nei piatti al curry e nel pane speziato. Provate i semi combinati con olive tritate e pomodori secchi come ingredienti nel pane rustico fatto in casa. Il sapore del finocchio si mischia bene con il pesce, sia fresco che sott’olio. Usate le foglie e la radice in stufato per pesci dal sapore delicato, o usate i semi soffritti e tritati come condimento da barbecue per il salmone.
Conservazione Eliminando le costole verdi più grosse e mettendolo in sacchetti a cui praticherete dei piccoli fori, si può conservare al fresco per una decina di giorni, senza che perda sapore. Potete anche surgelarlo, dopo averlo ridotto a spicchi e sbollentato, lasciandolo coperto con l’acqua di cottura.
Come trattarlo Eliminate la base dell’ortaggio, poi le guaine nel punto in cui diventano tubolari. Per pulirlo meglio ed anche per la cottura o la preparazione di insalate, tagliate il finocchio a spicchi. Una volta lavato, se dovete cuocerlo, fatelo in acqua e succo di limone così eviterete di farlo annerire.
Proprietà Il finocchio è uno degli ortaggi meno calorici essendo sprovvisto del tutto di lipidi e amido: è ricco di acqua e contiene oli essenziali che lo rendono molto diuretico e digestivo. Inoltre stimola l’appetito, allevia i crampi mestruali e la nausea, è utile nei problemi della menopausa. Ottimo diuretico: disintossica l’organismo stimolando la produzione di urina e l’eliminazione delle tossine attraverso l’urina - aiuta a sciogliere i calcoli renali. depurativo - purifica il sangue;
Curiosità I venditori usano distinguere i finocchi in maschi e femmine: non c’è nulla di scientifico in questo, fanno semplicemente riferimento alla forma che, nel caso del maschio è tondeggiante, nella femmina più allungata.
Finocchi ripieni
La “Foeniculum volgare” era conosciuta nel Mediterraneo fin dall’antichità per il suo uso alimentare, aromatizzante e curativo. Maratona, nome della pianura in riva all’Egeo dove gli Ateniesi sconfissero i Persiani nel 490 a.C., significa in greco “campo di finocchi”. Plinio oltre a consigliare questa pianta per curare la vista e mantenersi giovani, gli attribuiva molte virtù terapeutiche: “le foglie stimolano l’appetito sessuale” e “in qualunque forma il finocchio aumenta lo sperma”. A Roma, i gladiatori considerati un simbolo di virilità si alimentavano anche con il finocchio per accrescere il loro vigore. Discoride e Galeno consigliavano alle puerpere di mangiarne il fusto per favorire la produzione di latte. Durante il Medioevo, Carlo Magno decretava la presenza negli orti imperiali di questa pianta dalle qualità taumaturgiche. Presso la Scuola Salernità si insegnava che “Semen cum vino sumptum veneris moves actus, atque senes eius gustu juvenescere dicunt” (il seme del finocchio bevuto col vino eccita i piaceri di Venere e si dice che ridesti nei vecchi il giovanil vigore). Ha sempre origini medioevali il verbo “infinocchiare”, derivato dal gambo di finocchio offerto dai tavernieri ai clienti per non far distinguere la qualità del vino servito.
Ingredienti: Un chilo di finocchi teneri 50 grammi di olive verdi 50 grammi di olive nere Un cucchiaio di capperi sott’aceto Un mazzetto di prezzemolo Tre carciofini sott’olio Un cucchiaino di pasta d’acciughe Aceto di vino Olio d’oliva, sale
Mondate i finocchi, lessateli in acqua bollente salata e scolateli lievemente al dente. Nel frattempo snocciolate le olive e tritatele finemente con i carciofini e i capperi. Unite al trito la pasta d’acciughe, poco aceto, olio, sale e prezzemolo tritato. Tagliate a metà i finocchi e guarniteli con la salsa preparata.
Tortiera di finocchi
Insalata di finocchi con noci e arance Ingredienti: Quattro finocchi teneri Due arance Sei noci Olio d’oliva Un pizzico di sale Un pizzico di pepe Togliete ai finocchi le foglie più dure. Tagliateli a fettine sottili, lavatele, asciugatele e mettetele in un’insalatiera. Conditele con un po’ d’olio, un pizzico di sale e uno di pepe. Sbucciate le arance al vivo, tagliatele a fettine e unitele ai finocchi. Unite anche le noci sgusciate e spezzettate. Mescolate e servite.
Ingredienti: Quattro finocchi teneri 100 grammi di formaggio parmigiano grattugiato Un bicchiere di panna Una noce di burro Un cucchiaio di farina Mezzo bicchiere di latte Sale Fate bollire i finocchi in acqua salata e nel frattempo preparate la besciamella come d’uso, aggiungendo alla stessa il parmigiano grattugiato e la panna. Disponetee in una tortiera i finocchi ben scolati e ricoprteli con la besciamella. Cuocete in forno moderato per circa mezz’ora.
Finocchi alla mozzarella Ingredienti: Un chilo di finocchi 200 grammi di mozzarella Quattro uova 30 grammi di burro Un bicchiere di panna Formaggio grattugiato Prezzemolo Sale, pepe Lessate i finocchi ben mondati in acqua salata. Scolateli, asciugateli il più
possibile e, una volta tiepidi, tagliateli a spicchi sottili. In una pirofila lasciate sciogliere il burro, disponetevi i finocchi, mescolate e fate dorare. Ricopriteli con la mozzarella a fettine e cospargete un po’ di prezzemolo tritato. In una terrina sbattete le uova con la panna, il formaggio grattugiato, il sale, il pepe e versate il tutto sui finocchi. Mettete la pirofila in forno preriscaldato a 160 gradi e ritirate appena le uova sono morbidamente rapprese. Servite subito.
cucina 7
Sabato, 23 febbraio 2008
DESSERT
A questa famiglia appartengono creme caramel, bavaresi, flan...
Budino: dolce gioia d’infanzia U
no dei dessert per cui andavamo matti da bambini è senz’altro il budino. Niente di meglio per le nostre madri, zie o nonne: bastava prendere la “magica” bustina, versare il contenuto nel latte e il gioco era fatto. Probabilmente accade anche oggi, ma avete mai pensato a realizzare un budino senza bustina? Il budino è composto da una parte liquida, generalmente costituita da latte, da zucchero e da vari ingredienti o aromi che gli danno il gusto desiderato: frutta, cioccolato, nocciole, liquori, vaniglia ed altri ancora. A questi si uniscono spesso degli ingredienti che servono a legare il composto, cioè a renderlo più corposo e solido. I leganti sono frequentemente farina di grano, fecola di patate, semolino, riso, uova, gelatina animale (nota come colla di pesce). Per prepararlo si seguono tecniche diverse a seconda della tipologia.
Le creme caramel Nei budini che derivano dalla famiglia delle creme caramel si sbattono insieme a freddo uova, latte, zucchero, ed eventuali altri ingredienti quali amaretti, rhum, cacao, vaniglia. Si pone sul fuoco lo stampo in cui il budino andrà cotto, vi si versa dentro dello zucchero che si farà caramellare coprendo fondo e pareti. Si travasa il composto di latte e uova nello stampo e si cuoce a bagnomaria sino a che si sia rappreso. Si lascia quindi rafreddare, dal momento che il dolce si gusta rigorosamente freddo. A questa famiglia appartengono la creme caramel, il bonet, la crema rovesciata e le loro variazioni sul tema. Nei primi due il legante e costituito da uova, mentre nella crema rovesciata e costitituito da panna.
I bavaresi Nei budini che derivano dalla famiglia dei bavaresi la base è costituita da crema inglese: si porta ad ebollizione il latte con lo zucchero e vi si scioglie la colla di pesce precedentemente ammollata, cioè ammorbidita. Si sbattono i tuorli e gli altri ingredienti, incorporando da ultimo il latte zuccherato. Quindi si mette in casseruola il composto e lo si cuoce senza far bollire, mescolando a lungo. Una volta cotto si lascia intiepidire mescolando di tanto in tanto, quindi si versa in uno stampo imburrato e si pone in frigo per ore, sino a che sia completamente freddo e ben rappreso. La preparazione segue le stagioni e vede l’aggiunta, a seconda di quanto è disponibile, di ingredienti diversi: frutta fresca o candita, confettura o marmellata, cioccolato o aromi diversi dalla vaniglia, caffè e cosi via. A questa famiglia appartengono bavarese, panna cotta e i budini casalinghi, inclusi quelli che si comprano in preparati liofilizzati in busta. Questi ultimi permettono di preparare budini in gusti semplici quali vaniglia o cacao. Tuttavia il gusto resta non paragonabile a quello del dolce fresco. Questo anche considerando che tutti gli ingredienti, ad eccezione del latte che va aggiunto fresco da chi prepara il dolce, sono liofilizzati ed hanno quindi perso molte delle loro proprietà nutrizionali.
I flan Sono probabilmente tra le forme più antiche di budino, dal momento che ci sono riportate ricette dell’antica Roma di dolci a base di creme con uova, miele e latte, cotte e legate da farina. Tuttavia le ricette piu comuni dell’epoca, molto probabilmente di derivazione greca, erano salate e quelle dolci erano un’eccezione. Dal momento che gli alimenti a base di uova erano considerati ricostituenti e molto salutari, le preparazioni ebbero fortuna e si diffusero, durante il medioevo, in tutta l’Europa, tanto che si ritrovano spesso nei ricettari anche molto antichi, datai addirittura 1475.
Le creme in tazza Chiude la famiglia dei budini quella delle creme in tazza: semplici creme che vengono tenute ben legate e di una certa consistenza e presentate in formine, come fossero budini. Anche questo tipo di preparazione è molto antica. Le creme in tazza possono essere quelle classiche come crema pasticcera, crema frangipane, crema di tapioca oppure essere passati di alcuni frutti, come le castagne. Possono anche essere a base di cereali (cui si accompagnano solitamente canditi), come il riso o più raramente il grano cotto.
Un modo originale per servire il budino
Budino agli amaretti Ingredienti: 100 grammi di biscotti amaretti Mezzo litro di latte Una fialetta di essenza di vaniglia 200 grammi di zucchero Quattro uova Un cucchiaio di farina Un bicchierino di kirsch Due fogli di colla di pesce Per ungere lo stampo: Burro Mettete ad ammorbidire la colla di pesce. Nel frattempo pestate gli amaretti col batticarne fino a ridurli in polvere. Ponete sulla fiamma il latte, in una casseruola, con l’essenza di vaniglia e lo zucchero; portatelo ad ebollizione, quindi toglietelo dal fuoco. Sgusciate le uova dividendo gli albumi dai tuorli. Mettete i tuorli in una terrina con la farina: mesco-
late con un cucchiaio di legno per stemperare tutti i grumi, poi sbattete con una frusta per un istante. Unite gli amaretti in polvere e ammorbidite il composto con il kirsch. Infine diluite il tutto con il latte, nel quale avrete già fatto sciogliere la colla di pesce ben strizzata e mescolate adagio, amalgamando bene gli ingredienti. Ungete di burro uno stampo rotondo da budino con il foro centrale, versatevi il composto e pareggiate la superficie con il dorso di un cucchiaio. Cuocete a bagnomaria per un’ ora. Poi, non appena il budino si sarà intiepidito, mettetelo nel freezer per tre ore. Al momento di servire capovolgete il dolce su un piatto, immergendo prima lo stampo, per qualche istante, nell’acqua bollente.
Budino al caffè Ingredienti: Mezzo litro di latte Quattro tuorli d’uovo Quattro cucchiai di zucchero Due cucchiai di farina Un cucchiaio di caffé solubile Un cucchiaio di cacao amaro Mezzo bicchierino di liquore Montate a neve i tuorli d’uovo con lo zucchero, poi aggiungete farina e cacao mescolando con un cucchiaio di legno. Unite poco alla volta il latte bollente dopo avervi sciolto il caffè solubile. Fate bollire il composto ottenuto per dieci minuti circa, mescolando. Lasciate intiepidire, poi versate in uno stampo spennellato con il liquore. Servite freddo.
Budino bianco e nero Ingredienti: Tre bicchieri di latte 100 grammi di farina 150 grammi di zucchero 50 grammi di burro Un pizzico di sale Una bustina di vanillina 100 grammi di cioccolato fondente. Stemperate nel latte la farina, lo zucchero, il burro, il sale e la vanillina. Portate al fuoco
e, sempre rimescolando, fate addensare a fiamma dolce. Appena raggiunge il bollore versate metà della crema in uno stampo da budino. Incorporate alla metà rimasta il cioccolato fondente grattugiato e amalgamate bene. Versate questa crema sulla precedente e fate rassodare in frigo per quattro ore. Servire il budino guarnito con panna montata.
Budino al cocco Budino al limone Ingredienti: Tre uova 4 dl di latte di cocco 75 grammi di zucchero Noce di cocco grattugiata per guarnire Scaldate il forno a 150°C. Sistemate le formine in una pirofila e riempite la pirofila di acqua. Mescolate bene le uova con il latte di cocco e lo zucchero. Versate il composto nelle formine e cuocete i budini a bagnomaria al centro del forno per circa 50 minuti. I budini sono cotti quando a una leggera pressione del dito non cedono pur risultando morbidi. Sfornate i budini e lasciateli raffreddare completamente. Al momento di servire, staccate i budini dalle formine con l’ausilio di un coltello. Capovolgeteli nei piatti e guarniteli con gocce di ciccolato e la noce di cocco grattugiata.
Ingredienti: Due limoni 150 grammi di mandorle Sei uova 50 grammi di zucchero a velo Un bicchierino di liquore Burro, farina
Fate cuocere in acqua per circa un’ ora i limoni, passateli sotto il getto dell’acqua fredda e poi al setaccio. Tostate le mandorle, privatele della pellicina, tritatele e unitele ai limoni. Incorporate i tuorli, il liquore, le chiare montate a neve e lo zucchero. Versare il composto in uno stampo imburrato e infarinato, infornate per 30 minuti circa e servite freddo.
Budino alla menta Ingredienti: Un litro di latte 100 grammi di burro 100 grammi di zucchero 100 grammi di farina Mezzo bicchiere di sciroppo alla menta Una scorza di limone Portate ad ebollizione il latte, poi toglietelo dal fuoco. Mettete quindi sulla fiamma una casseruola smaltata e fatevi sciogliere il burro: incorporate lo zucchero e, mescolando con un cucchiaio di legno, lasciatelo sciogliere; unite la farina, continuando a mescolare per evitare grumi. Diluite con poco latte, ammorbidendo un po’ il composto, poi versate la menta.Non appena questa sarà amalgamata unite il rimanente latte, poco per volta, sempre mescolando, e la scorza di limone. Lasciate raffreddare fino a che il composto non accennerà a bollire, quindi toglietelo dal fuoco. Eliminate la scorza di limone e versate la crema in uno stampo da budino dalle pareti scannellate che avrete precedentemente bagnato. Scuotete un po’ lo stampo per eliminare eventuali vuoti d’aria formatasi all’interno e fate raffreddare; in frigorifero per tre ore. Al momento di servire immergete un attimo lo stampo in acqua bollente per far scivolare fuori piu facilmente il budino; asciugatelo e capovolgete il dolce su un piatto di servizio.
8 cucina
Sabato, 23 febbraio 2008
IL RISTORANTE DEL MESE
Umago: «Vili», tutto in uno ristorante, taverna, konoba di Sostene Schena
Q
uando siamo in giro per l’Istria, capita a volte di trovarsi di fronte a un’insegna “Ristorante-konoba”. Al turista che ha appena imparato la differenza tra konoba, gostiona, buffet o ristorante, viene da chiedersi: che cosa troverò? Ebbene quando passerete per Umago, davanti a “Vili”e vedrete ben tre scritte “ristorante, taverna, konoba”… non abbiate dubbi: potete entrare tranquilli perché troverete un bel ristorante (anche se con pareti in classica pietra d’Istria e un grande caminetto); l’accoglienza è otti-
Alpe Adria Cooking a Udine
Al festival dell’alta cucina anche la polese Sonja Perić Anche quest’anno Udine Fiere ospiterà la manifestazione Alpe Adria Cooking, evento professionale dedicato al mondo della ristorazione e dell’ospitalità che unisce sotto il suo marchio Tech & Food Expo (9-12 marzo) e il Festival di alta cucina (10-12 marzo). L’intera kermesse è nata nel 2005, da un’idea di tre amici chef friulani – Emanuele Scarello, Andrea Canton e Paolo Zoppolatti, tutti aderenti all’associazione dei giovani ristoratori europei (JRE), desiderosi di creare un’occasione di dialogo e confronto sulle nuove tendenze dell’arte culinaria nelle regioni dell’AlpeAdria, terre di frontiera fertili di idée, ma spesso isolate dai grandi eventi. In questi anni, sono saliti sul palco di Alpe Adria Cooking grandi stelle del firmamento culinario internazionale come Heinz Beck, Joel Robuchon, Pierre Gagnaire, Santi Santamaria, ma anche le nuove leve dell’alta ristorazione italiana, che hanno mostrato la vitalità e la spinta alla ricerca all’interno delle cucine delle ultime generazioni. A partire dal 2007, l’organizzazione è stata presa in carico da Udine Gorizia Fiere Spa, che ha arricchito il valore professionale dell’evento affiancando al Festival lo spazio fieristico Tech & Food Expo, dedicato alla tecnologia, al design, alle nuove frontiere del sistema food, ai prodotti esclusivi del mondo della ristorazione Da lunedì 10 a mercoledì 12 marzo, nell’ambito del Festival di Alta Cucina animeranno le cucine di Udine Fiere, poste direttamente sul palco,celebrity-chef e giovani promesse della ristorazione italiana ed internazionale, che presenteranno le loro ultime creazioni e innovazioni tecniche costantemente ripresi da telecamere che riprodurranno le immagini su grandi schermi. Fra i relatori di quest’anno c’è grande attesa per i francesi Didier Elena (Ristorante “Les Crayeres”, Reims) - uomo di punta della “génération Ducassè” e Flora Mikula (Ristorante “Les Saveurs de Flora”, Parigi) - brillante autrice di una cucina al femminile ispirata dai suoi viaggi. E una donna rappresenterà la Croazia in genere e in particolare l’Istria. Si tratta di Sonja Perić, proprietaria del rinomato ristorante polese “Valsabbion”, una delle innovatrici della cucina croata moderna. Vedremo se Sonja Perić lascerà a Udine il segno come lo ha lasciato nella gastronomia istriana, una carriera, la sua, profondamente segnata dallo stage di due settimane trascorso nelle cucine di “El bulli”, il ristorante di Ferran Adrià con tre stelle Michelin (il massimo). A rappresentare la Slovenia, invece, sarà Jure Tomič. Una pagina importante del Festival anche quest’anno verrà scritta dall’arte pasticcera: grande attesa per la partecipazione del maestro catalano del dessert Jordi Roca, l’anima “dolce” dei celebri fratelli Roca (Ristorante “El Celler de Can Roca” - Girona). (fas)
Ambiente Atmosfera Servizio Qualità Vino Prezzo Rapporto q/p Giudizio finale
89 89 91 91 80 82 87 91
La scheda
ma come l’ambiente, i tavoli con stoviglie adeguate e… un altro caminetto (ecco forse svelato il motivo delle due insegne “konoba e taverna”). D’estate quest’ultimo particolare potrebbe non essere molto interessante, ma nella cosiddetta bassa stagione (così è considerato qui l’inverno) il caminetto diventa un punto importantissimo non solo per la socialità ma anche come punto di cottura. Dalla sopa istriana alle carni o al pesce sulla griglia o sotto la “peka” (la caratteristica campana che non manca in una buona konoba) il caminetto e le sue brace sono sempre al centro delle attenzioni. Anche in stagione il focolare è comunque un “punto di cottura” importante e, a volte, per soddisfare i cliente due caminetti sono anche pochi. Vili Šaina, a differenza di molti ristoratori che tengono aperto solo d’estate e “lavorano” sulla clientela di passaggio, ha capito che si può rima-
nere sulla cresta dell’onda solo se si resta aperti tutto l’anno e si dà alla clientela il massimo. E non si può dire che finora non ci sia riuscito tant’è che è citato spesso tra i primi dieci ristoranti della Croazia e lo si capisce dalla frequenza assidua di una certa clientela fatta di buongustai (non solo italiani), che vengano qui sia per mangiare il pesce (ottimo il polipo sotto la “peka”) che per gustare la carne (vi consigliamo lo stinco). Due i cuochi impegnati dietro i fornelli (lo chef è Stjepan Tabak assieme a Miriana Kovačić). Il vino (parliamo di quello sfuso e istriano naturalmente) è scelto con oculatezza ma per i più esigenti c’è un’ottima carta dei vini (compreso l’italiano Villa Sandi) e i prezzi sono accessibili. Per coloro che alla sera, dopo aver mangiato e ben bevuto, non se la sentono di tornare a casa con la loro auto, Vili sta sistemando un piccolo albergo… che sia degno del ristorante.
Nome: “Vili”. Località: Umago. Gestione: Vili Šaina. Indirizzo: Savudrijska Cesta bb – 52470 Umago. Sito Internet: www.taverna-vili.com/ e.mail:
[email protected] Tipo di locale: ristorante. Coperti: 80 all’interno e 80 all’esterno. Aperto dalle 11 alle 24. Chiuso: mai. Ferie: 15 giorni a gennaio e 15 a ottobre. Numeri di telefono: +38552-752145 anche fax. Lingue parlate: italiano, inglese e tedesco. Pagamento: anche credit card (tutte). Prenotazione: consigliabile. Distanze: 12 dal confine croato, 40 da Rabuiese; 12 da Buie; 85 da Pola; 90 da Abbazia. Per arrivarci: dal confine di Rabuiese seguite la direzione Koper (Capodistria) e quindi Umago. Se arrivate da Buie seguite la direzione Umago. Arrivati al primo semaforo voltate verso Salvore per circa 2 chilometri sulla Savudrijska Cesta (Strada per Salvore) e non vi sfuggiranno i cartelli a destra e a sinistra che vi indicano il ristorante “Vili”. Se arrivate invece da Salvore in direzione Umago troverete il ristorante, naturalmente, sulla destra. Il parcheggio è sufficiente.
Breganze, 13.esima edizione della «prima»
Il torcolato vola sempre più in alto
Appuntamenti
Forse è prima volta che accade ma c’è un vino, il Torcolato di Breganze doc, che sta appassionando il mondo dell’enogastronomia. È un avvenimento, un fenomeno che, nel mondo del vino, non ha riscontro in nessuna parte d’Italia. La zona di Breganze, (in provincia di Vicenza), pochi anni fa, pressoché sconosciuta dal punto di vista vinicolo, ha trovato la strada del successo attraverso un vino dolce, il Torcolato, che ha trascinato sulla ribalta enologica mondiale non solo gli altri vini locali ma anche molti prodotti genuini e autoctoni della Pedemontana bassanese. E dire che questo vino si produceva a Breganze già 500 anni fa, facendo appassire l’uva vespaiola “torcolada”, cioè attorcigliata a spaghi appesi nelle soffitte. Tredici anni fa, per la prima
«Oleum Olivarum» a Crassizza
Anno IV / n. 2 23 febbraio 2008
Il 15 e 16 marzo, con il patrocinio della Città e dell’Ente turistico buiese, la CI di Crasizza ospita l’11.esima edizione di “Oleum olivarum”, rassegna dei produttori di olio extravergine d’oliva, alla quale viene abbinata una fiera del settore e un concorso di pittura dedicato all’olivicoltura. Degli altri appuntamenti in Istria da segnalare la rassegna del vino del 15 marzo a Dignano, la mostra del vino di Gallignana del 24 marzo e l’inizio a Salvore delle Giornate istriane dell’asparago a partire dal 27 marzo (dureranno fino al 6 maggio).
La nostra pagella
volta il vino fu presentato ufficialmente in piazza, dove la pigiatura avvenne sotto gli occhi della gente e questa “Prima del Torcolato” è diventata ora un “cult”, a cui partecipano vitivinicoli italiani, esperti e giornalisti da tutto il mondo. È un vino corposo e versatile, che non teme gli abbinamenti più impegnativi, anche al di fuori del dessert; di un bel colore giallo oro carico, ricco di fragranze che richiamano il miele e l’uva passa. In questi ultimi anni è nata anche la “Strada del Torcolato” il cui presidente non poteva che essere quel Fausto Maculan, ormai da tutti conosciuto come il factotum, il deus ex machina delle fortune del Torcolato e dei vini di Breganze. (sos)
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat edizione: CUCINA Redattore esecutivo: Fabio Sfiligoi / Impaginazione: Tiziana Raspor Collaboratori: Basilio Gioffi e Sostene Schena. Foto: archivio. Il supplemento esce con il sostegno finanziario della Regione Istriana, Assessorato alla Comunità nazionale italiana e altri gruppi etnici. La pubblicazione del presente supplemento viene supportata finanziariamente dall’Unione Italiana di Fiume e l’Università Popolare di Trieste.