Bollettino n° 2
Numero 2, luglio 2003
Bollettino della Rete Europea sulla Sordità Genetica (GENetic DEAFness): meccanismi patogeni, diagnosi clinica e molecolare, impatto sociale
COMITATO EDITORIALE Caporedattore: Christina Fasser (RETINA International, Zurich) - CH Comitato: Patrizia Ceccarani (Lega del Filo D’Oro ONLUS, Osimo) - I Manuela Mazzoli (U.O.A. Otochirurgia, Padova) - I Vanessa Migliosi (International Federation of Hard of Hearing Young People, Trento) - I Vibeke Leth (Danish Association for Cochlear Implanted Children, Skaevinge) - DK Milon Potmesil (The Palacky University, Pedagogical Faculty, Department of Special Education, Olomuc) - CZ
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Sezione 1 – ANGOLO DELLA RICERCA: Correlazione genotipo fenotipo connexina 26 (Van Camp G.) Sezione 2 - ULTIME NOTIZIE: Il database GENDEAF sull’otosclerosi (Declau F., Van de Heyning P., Van Camp G.) Sezione 3 - ANGOLO DELL’ASSOCIAZIONE: Comportamento comunicativo di bambini con deficit di sviluppo dei sistemi di comunicazione (Potmesil M.) Sezione 4 - MISCELLANEA : Impianti cocleari in bambini in Danimarca (Leth V.) Sezione 5 - LETTERE Sezione 6 - INCONTRI ED EVENTI
Bolletino n° 2
SEZIONE 1 – L’ANGOLO DELLA RICERCA
CORRELAZIONE GENOTIPO FENOTIPO CONNEXINA 26
Van Camp G. Studio multicentrico In uno studio d’equipe molto recente, usando i dati di pazienti di Anversa, Iowa, Madrid e Padova, è apparsa chiara l’esistenza di una forte correlazione genotipo-fenotipo per il deficit uditivo autosomico recessivo provocato dalle mutazioni GJB2 (connexina 26). Alcune mutazioni, principalmente quelle non inattivanti, danno vita a un fenotipo significativamente meno grave rispetto agli omozigoti 35delG anche quando sono presenti in eterozigosi composta con 35delG. Sulla base di un totale di 277 mutanti, lo studio è stato in grado di identificare diverse mutazioni più lievi, incluse V37I, L90P e la mutazione splice IVSI+1g>A. Ancora più importante è il fatto che sia stato rilevato un chiaro suggerimento che anche molte altre mutazioni missense danno un fenotipo più lieve. Tuttavia queste scoperte devono essere confermate in uno studio più allargato. Noi proponiamo di avviare un studio d’equipe multicentrico per rifinire e confermare questa correlazione genotipo -fenotipo e di identificare il fenotipo associato alla maggior parte delle mutazioni del gene GJB2.
Introduzione In diverse popolazioni, le mutazioni GJB2 sono causa di un’ampia porzione di sordità non sindromica prelinguale e l’analisi della mutazione di questo gene è ampliamente accettata come test diagnostico genetico. Il deficit uditivo (HI) nei pazienti con gene GJB2 varia da lieve a profondo. Questa variazione è stata attribuita generalmente a geni modificatori sconosciuti. Poiché le pubblicazioni precedenti descrivevano le caratteristiche audiometriche di un numero relativamente piccolo di pazienti, la mancanza di dati statisticamente importanti può essere il motivo per cui non è stato finora possibile stabilire una chiara correlazione genotipo-fenotipo. Studio preliminare Un’equipe formata da gruppi di ricerca di Antwerp (Guy Van Camp, Kym Crins), Padova (Alessandra Murgia, Eva Orzan), Madrid (Ignacio del Castello, Felipe Moreno) e Iowa (Richard Smith) ha eseguito uno studio preliminare. I dati sono stati raccolti fra 277 persone con deficit uditivo e senza alcun legame tra loro, isolando due mutazioni del gene GBJ2 per verificare una possibile correlazione genotipo-fenotipo. L’analisi statistica ha rivelato che gli omozigoti 35delG presentano maggiori HI (deficit uditivi) rispetto agli eterozigoti composti 35delG/non-35delG. Le persone con due mutazioni non-35delG presentano minori deficit uditivi (HI). Un gradiente simile di deficit uditivo (HI) è stato osservato nel caso in cui le mutazioni venivano classificate come inattivanti (cioè mutazioni stop, frame shift) o non-inattivanti (cioè mutazione missense). E’ stato dimostrato che il genotipo del gene GJB2 ha un impatto importante sul grado di deficit uditivo (HI) e che specifici genotipi GJB2 sono associati a deficit udivo meno grave rispetto ai genotipi omozigoti 35delG (vedi fig.1). Una pubblicazione con questi risultati è stata da ta in visione. Una copia del manoscritto è disponibile per i partecipanti allo studio.
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Fig. 1. PTA0.5-4 kHz (dB HL) per pazienti omozigoti 35delG cofrontati con i sottogruppi di pazienti con specifici genotipi GJB2 che hanno dimostrato ipoacusia significativamente meno grave degli omozigoti 35delG. Il test dell’esatta probabilità di Fisher è stato eseguito per i gruppi dicotomizzato intorno al PTA più alto per gli omozigoti non 35 del G. Il numero di ossevazioni (n), il valore della mediana (dB HL) ed il p-valore sono indicati per ogni sottogruppo. I p-valori singnificativi sono indicati in grassetto.
Studio multicentrico con il supporto di GENDEAF Questi risultati preliminari sono stati discussi alla conferenza sullo stato dell’arte della rete tematica GENDEAF (www.gendeaf.org) tenutasi a Milano nei giorni 8-10 Maggio 2003. I risultati preliminari sono stati valutati e giudicati interessanti e importanti ed è stato deciso che era necessario un grande studio multicentrico internazionale per confermare ed estendere i risultati dello studio preliminare. GENDEAF sosterrà questo studio pubblicizzandolo sul suo sito web. I membri di GENDEAF presenti all’incontro di Milano hanno accettato di partecipare allo studio. Anche se per la maggior parte i gruppi fanno parte della struttura GENDEAF, i gruppi che non ne fanno parte sono liberi di partecipare alle stesse condizioni dei gruppi GENDEAF. Qualsiasi gruppo proveniente da qualsiasi paese è libero di partecipare. Finalità e risultati anticipati dello studio Lo studio preliminare dimostra chiaramente la possibilità di identificare specifici genotipi GJB2 lievi in base ai dati audiometrici di un numero relativamente piccolo di pazienti. Lo scopo principale dello studio di follow-up multicentrico è quello di raccogliere dati dal maggior numero di persone possibile con sordità legata al gene GJB2. I dati aggiuntivi renderanno possibile affinare e confermare la correlazione preliminare genotip o-fenotipo ed estenderla a genotipi aggiuntivi. Questi dati saranno utili per valutare le opzioni di riabilitazione fra le persone con sordità legata al gene GJB2. Si prega di notare che la correlazione genotipo-fenotipo non è perfetta e che, oltre la natura della mutazione, anche altri fattori influenzano il deficit uditivo. Questi altri fattori possono dar vita a casi eccezionali come quello del singolo paziente con deficit uditivo lieve e due mutazioni 35delG (i dati più in basso nella colonna sinistra della figura 1).
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Criteri per il reclutamento dei pazienti Si prega di adottare i criteri sottoesposti per verificare se la vostra raccolta di pazienti può essere usata: • •
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In ogni regione o paese sono identificabili almeno 10 pazienti con deficit uditivo neurosensoriale e con mutazioni del gene GJB2 biallelico, con un’etnia uniforme. Non è escluso alcun paese, regione o etnia. Il test genetico deve comprendere almeno l’analisi delle mutazioni della sequenza codificante completa del gene GJB2. E’ anche accettabile che la completa analisi di mutazione venga effettuata solo se il genera mutazione 35delG sia presente su un allele, per rilevare il secondo allele. In questo caso rileverete solo eterozigoti composti con 35delG su un allele e non riscontrerete mai i portatori di altre mutazioni che non siano 35delG. Questo non è un problema. L’analisi della mutazione della comune mutazione splicing, o la delezione upstream Cx30 è valida, ma non assolutamente necessaria per questo studio. La tecnica usata per lo screening della mutazione (SSCP, gel denaturante, DHPLC, analisi dell’eteroduplex, sequenziamento del DNA) non è molto importante, ma l’esatta natura della mutazione deve essere confermata dal sequenziamento del DNA. Il gruppo dei pazienti non è composto solo di casi di ipoacusia grave o profonda. Se fosse questo il caso, ci potrebbe essere un vizio metodologico che falserebbe i risultati dello studio. Il vostro campione dovrebbe contenere anche casi lievi o moderati. I casi lievi o moderati dovrebbero costituire almeno il 10% di tutti i casi. Non escludete dalla raccolta i casi che aderiscono a questo criterio perché ciò potrebbe compromettere lo studio. La raccolta dei pazienti non è solo composta di omozigoti 35delG, devono essere presenti anche una o più mutazioni. Se il deficit uditivo è progressivo, vi preghiamo di fornire tutte le audiometrie. Se il deficit uditvo non è progressivo e sono disponibili audiometrie di diverse date, vi preghiamo di fornire la prima audiometria effettuata dopo i 5 anni.
Raccolta dati e analisi I dati dei pazienti andrebbero inviati via e-mail a Rik Snoeckx (
[email protected] ), Università di Anversa). Siete pregati contattare Rik prima di spedire i dati. I dati verranno analizzati da Rik, sotto la supervisione di Guy Van Camp (Università di Anversa) e con l’aiuto dell’esperto in statistica Patrick Huygen (Università di Njimegen). Ai partecipanti sarà fornito, attraverso il sito web di GENDEAF, un foglio di calcolo Excel da usare come modello. E’ probabile che alcuni gruppi genetici che si occupano di effettuare l’analisi della mutazione, come servizio per gli audiologi, possano disporre di informazioni sulla mutazione riguardanti molti pazienti ma non disporre di dati audio metrici e clinici per tutti i pazienti. Ottenere i dati audiometrici e clinici può richiedere molto tempo. Se questo è il caso potrebbe essere consigliabile, limitare lo sforzo per ottenere informazioni audiologiche da quei campioni che forniscono maggiori informazioni. Perciò, in una situazione come questa, è consigliabile contattare Rik Snoeckx ad Anversa prima di iniziare a raccogliere i dati.
Quali informazioni sono necessarie? (vi preghiamo di riempire il foglio di calcolo Excel!) • • • • • •
Informazioni del ricercatore (nome, organizzazione e indirizzo e-mail) Numero identificativo unico del paziente che permetta sempre di risalire al paziente. Inviate i dati in forma anonima, non comunicate mai i nomi. Etnia. Sesso (M/F) Data di nascita (g-m-a) per evitare duplicati. Data dell’audiometria (g-m-a) 4
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Genotipo GJB2 (nomenclatura secondo le definizioni del sito web sulla sordità da gene Connexin, http://www.crg.es/deafness/). Le mutazioni andrebbero separate da una barra ( es. 35delG/35delG). Descrivete le mutazioni sia al livello nucleotide che aminoacido. Nel caso in cui la nomenclatura possa creare confusione (come nel caso della mutazione 313del 14 che è stata descritta anche come 310del114, 311del114, 312del114 e 314del114) andrebbero forniti su richiesta anche gli elettroferogrammi di sequenziamento. Indicate quale tecnica diagnostica è stata usata (SSCP, DGGE, PCR allele specifico, sequenziamento, altro). Le soglie (dB) per l’audiometria standard del tono puro a 125, 250, 500, 1000, 2000, 4000, 8000 Hz. Le misure fuori scala andrebbero codificate come 120 dB HL. Indicate se il deficit uditivo (HI) è familiare (FA) o sporadico (S). Nel caso di famiglie fratelli e sorelle colpiti da disabilità multiple, andrebbero segnalati i dati di una sola persona non udente. Per evitare pregiudizi di selezione, fornite i dati della persona sorda con il numero identificativo più basso indipendentemente dall’audiometria. Andrebbe anche fornita la data di nascita di altri membri della famiglia affetti per prevenire che venga inserito più di un componente portatore di disabilità multiple. Tecnica audiometrica (audiometria del tono puro, BERA, COR, VOR, “altro” con breve descrizione). Dovrebbe essere descritta nel dettaglio spec ialmente la tecnica audiometreica adottata per lo screening dei bambini di età inferiore ai 2 anni. Andrebbero compilati diversi audiogrammi dello stesso paziente se il deficit uditivo è documentato audiometricamente come progressivo. Se il deficit uditivo non è progressivo, fornite solo l’audiogramma effettuato nell’età più giovane (>5 anni). Altre caratteristiche cliniche.
Pubblicazione dei risultati I risultati saranno pubblicati in una rivista internazionale. Si tratterà di un documento riconosciuto dal progetto GENDEAF. Tutti i ricercatori che avranno fornito un reclutamento di pazienti conforme ai criteri faranno parte del consorzio e saranno coautori di questa pubblicazione. Per ogni gruppo che fornisce i dati saranno inclusi due coautori. Potranno essere aggiunti altri coaturi nel caso di gruppi che dispongano di un insieme di dati eccezionalmente grande. Ciò verrà valutato alla fine della raccolta dei dati. La partecipazione a questa meta-analisi d’equipe non preclude le pubblicazioni di gruppi individuali sulla base dei loro dati. In altre parole, potete pubblicare la vostra analisi sulla base dei vostri campioni nel modo in cui vorrete e partecipare comunque allo studio, poiché si tratta di una meta-analisi.
Scadenza La raccolta di dati terminerà il 30 Marzo 2004 . Oltre questa data non si accetteranno altri dati. Seguirà un’analisi dei dati e i risultati, in forma di una prima bozza di documento, saranno inviati a tutti i partecipanti prima dell’estate 2004.
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SEZIONE 2 – ULTIME NOTIZIE
IL DATABASE
GENDEAF SULL’OTOSCLEROSI
Declau F.1, Van de Heyning P.1, Van Camp G. 2 1
Department of Otorhinolaryngology, Head & Neck Surgery, University of Antwerp, Belgium Department of Genetics, University of Antwerp, Belgium
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E’ in fase di sviluppo la compilazione di un database multicentrico europeo sull’otosclerosi, come parte del consorzio GENDEAF. Il database avrà lo scopo di raccogliere i dati clinici di un maggior numero di pazienti colpiti da otosclerosi. L’otosclerosi è un disturbo del labirinto osseo e delle staffe che colpisce solo gli esseri umani1. E’ il caso più importante di ipoacusia trasmissiva progressiva cronica negli adulti e causa importante di ipoacusia neurosensoriale progressiva. L’ipoacusia trasmissiva si sviluppa allorché i foci ostosclerici invadono la giunzione stapedovestibolare (finestra ovale) o la regione della finestra rotonda e interferiscono con il movimento libero della staffa. Benché l’ipoacusia neurosensoriale non possa essere corretta, la microchirurgia della staffa è risultata essere un mezzo efficace per ripristinare la conduzione ossiculare normale e per migliorare la soglia uditiva. I criteri diagnostici per l’otosclerosi consistono in una ipoacusia trasmissiva che si ritiene non legata ad altre cause note come la disfunzione della tuba di Eustachio, traumi o colesteatoma congenito. L’otorinolaringoiatra deve tener presente l’esame obiettivo, l’audiometria tonale, gli esami fatti durante il ricovero nonché la storia medica e chirurgica. L’età di insorgenza dell’otosclerosi varia dalla 1° alla 4° decade di vita e si presenta più comunemente durante la terza. Il 90% delle persone affette sono al di sotto dei 50 anni al momento della diagnosi1. “L’otosclerosi istologica” si riferisce al processo della patologia senza sintomi clinici o manifestazioni che possono essere rilevati soltanto sezionando l’osso temporale in fase di autopsia. “L’otosclerosi clinica” si riferisce alla presenza di otosclerosi in una sede in cui provoca ipoacusia trasmissiva interferendo con il movimento della staffa o della membrana della finestra rotonda2. L’otosclerosi viene generalmente accettata come patologia ereditaria sulla base di analisi di segregazione consistenti in maggioranza di eredità dominante autosomica con penetranza ridotta (25-40%)3;4. L’otosclerosi clinica ha una prevalenza dello 0.3% fra gli adulti di razza bianca e rappresenta la causa più comune di deficit uditivo all’interno di questa popolazione. Anche l’otosclerosi istologica ha una prevalenza del 3,5% fra i bianchi adulti2. L’otosclerosi rappresenta un gruppo eterogeneo di patologie ereditarie in cui possono essere coinvolti diversi geni che regolano l’omeostasi ossea della capsula otica. Si ipotizza che in risposta a vari difetti del gene, l’inibizione fisiologica del turnover osseo nella capsula otica venga ignorata a causa di una maggior suscettibilità a fattori ambientali e ciò provocherebbe una displasia ossea localizzata nota come otosclerosi1. Sono stati considerati molteplici e diversi fattori ambientali nell’eziologia dell’otosclerosi, incluse cause infettive come il virus 5 della rosolia, gli ormoni (legati alla pubertà, alla gravidanza e alla menopausa)6 e fattori nutrizionali (assunzione di fluoruro)7. Il 50% dei pazienti colpiti da otosclerosi presentano familiarità positiva, sporadica per i restanti 50%. Il primo gene responsabile dell’otosclerosi deve ancora essere clonato. Tuttavia a tutt’oggi sono stati identificati tre loci genetici, OTSC1 [OMIM 166800]8 , OTSC2 [OMIM 605727] 9 e OTSC 6
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[OMIM 605727] 10, supportando l’ipotesi che le mutazioni in ognuno dei numeri dei geni possono essere in grado di provocare il fenotipo dell’otosclerosi. Tale eterogeneità genetica11 è stata ben dimostrata per l’ipoacusia neurosensoriale non sindromica. L’OTSC1 è stato mappato nel cromosoma 15q25-q26 in una famiglia indiana in cui l’ipoacusia esordì durante l’infanzia e la penetranza apparve essere completa. Il locus OTSC2 è stato mappato a una regione 16 cM sul cromosoma 7 in una grande famiglia belga. Più recentemente, il locus OTSC3 è stato mappato sul cromosoma 6 in una grande famiglia cipriota. L’intervallo definito OTSC3 copre la regione HLA consistente in associazioni riportate tra gli antigeni HLA-A/HLA-B e l’otosclerosi12. La ricerca assume efficacia se applicata in famiglie numerose con almeno 12 casi positivamente identificati di otosclerosi, così da permettere la ricerca di un genoma all’interno di ogni famiglia. Tuttavia tali famiglie sono rare. Poiché l’età d’insorgenza dell’otosclerosi è tardiva, non sono solitamente disponibili per lo studio generazioni multiple di soggetti. Pertanto, è stato difficile identificare grandi famiglie con un numero sufficiente di persone affette tale da fornire una forza statistica adeguata a un’analisi del linkage genetico. Potrebbero essere impiegati metodi non parametrici (cioè coppia di figli affetti o un solo componente affetto), ma partendo dall’assunto di eterogeneità genetica sarebbero necessarie centinaia di coppie affette da otosclerosi per ottenere una forza statistica sufficiente. Le famiglie più piccole possono solo essere utili allo studio genetico se sono presenti pazienti con otosclerosi associata ad anomalie cromosomiche o ad altre anomalie specifiche. L’approccio a un gene candidato, anche quando possibile, richiederebbe molto lavoro dato il gran numero di geni candidati con un gran numero di esoni. Anche quando l’analisi del DNA degli esoni non rivela mutazioni, può essere impossibile escludere un gene. Una mutazione in un introne può interferire con lo splicing (saldatura) del mRNA oppure una mutazione in un intensificatore remoto (remote enhancer) può ridurre l’espressione di un gene. Inoltre, la diagnosi dell’otosclerosi è difficile a causa della differenziazione fra otosclerosi clinica e istologica: i membri non affetti clinicamente non possono essere considerati non affetti geneticamente a causa della limitata penetranza e dell’espressione variabile. Una suscettibilità genetica può essere più difficile da riconoscere quando la penetranza è ridotta, le caratterictiche sindromiche sono sottili e, occasionalmente, tutti i consaguinei e/o i bambini possono essere non affetti. Inoltre nei membri familiari affetti unicamente da ipoacusia percettiva, non riusciamo a discriminare questi individui con otosclerosi cocleare da quelli con altri tipi di ipoacusie genetiche. Lo scopo del database sull’otosclerosi del progetto GENDEAF è quello di esplorare più in profondità il fenotipo otosclerotico. Sottili differenze fenotipiche altrimenti non visibili, possono diventare statisticamente rilevanti in un gran numero di pazienti. La loro identificazione può condurre alla scoperta di nuovi geni coinvolti nella sequenza del metabolismo osseo anomalo nel labirinto umano. Non appena viene identificato un gene otosclerotico potremmo identificare le correlazioni genotipo-fenotipo. Da altri geni della sordità si conosce che diverse mutazioni nello stesso gene possono provocare simili fenotipi di gravità variante. Anche la variabilità negli esiti di trattamento dopo l’intervento chirurgico o la terapia al fluoruro può essere il risultato non solo delle differenze nella pratica e tecnica chirurgica utilizzate ma anche della natura del disturbo sottostante. Lo screening di un gran numero di pazienti rende possibile intraprendere dei processi clinici che mettono in confronto diversi trattamenti. L’identificazione di una suscettibilità genetica ci permetterebbe di analizzare i possibili fattori ambientali che prevengono l’espressione dell’otosclerosi clinica in quei soggetti portatori del gene mutato e tuttavia conservano un buon udito. Noi cerchiamo anche i geni modificatori che determinano il rischio che l’otosclerosi istologica diventi clinica.
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Speriamo che l’elaborazione di un database europeo sull’otosclerosi ci condurrà a una migliore comprensione dei diversi tipi di otosclerosi: ciò risulterà estremamente utile non solo per i medici praticanti ma anche per i loro pazienti. I medici clinici che curano pazienti con otosclerosi sono gentilmente invitati a partecipare. Per ottenere informazioni più dettagliate, si può contattare il coordinatore del database al segue nte indirizzo: mailto:
[email protected] . Bibliografia 1. 2.
Declau,F., Van De Heyning,P.H. (1996) In: Martini A, Read A, and Stephens,D. (eds), Genetics and hearing impairment. Whurr Publishers,pp. 221-235. Declau,F., Van Spaendonck,M., Timmermans,J.P., Michaels,L., Liang,J., Qiu,J.P., and Van de Heyning .P. (2001) Prevalence of otosclerosis in an unselected series of temporal bones. Otol.Neurotol., 22,596-602.
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Van Den Bogaert.K., Govaerts,P.J., De Leenheer,E.M., Schatteman,I., Verstreken,M., Chen,W., Declau,F., Cremers,C.W., Van De Heyning,P.H., Offeciers,F.E., Somers,T., Smith,R.J., and Van Camp,G. (2002) Otosclerosis: a genetically heterogeneous disease involving at least three different genes. Bone, 30,624-630.
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2003. URL: http://dnalab-
Nota: Per termini specifici consultare il sito web: http://www.gig.org.uk/glossary.htm
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SEZIONE 3 – L’ANGOLO DELL’ASSOCIAZIONE
COMPORTAMENTO COMUNICATIVO DI BAMBINI CON DEFICIT DI SVILUPPO DEI SISTEMI DI COMUNICAZIONE
Potmesil M. Lo standard e la qualità della comunicazione influenzano direttamente e in gran parte la maggior parte delle funzioni che sono di importanza vitale per un essere umano, oltre alla capacità di trovare una collocazione adeguata nella vita e nella società. Se adottiamo questa affermazione come regola generale valida per tutti gli esseri umani, allora è ovvio che essa sia altrettanto valida per i bambini con sistemi di comunicazione deficitari. Crediamo che si dovrebbe cercare di esplorare le possibilità di sviluppare abilità communicative in ogni singolo caso e con tutti gli sforzi, per innalzare la qualità, facilitare l’istruzione e in seguito l’autoaffermazione dei bambini disabili. Qui proseguiamo un lavoro pubblicato in passato e che trattava di attività pedagogiche e diagnostiche legate a persone pluriminorate e sordocieche. Questa volta presentiamo i risultati pedagogici pubblicati di uno studio sperimentale che hanno portato alla proposta di un metodo che possa servire per descrivere il comportamento comunicativo fra i bambini disabili. Dobbiamo ammettere che questo lavoro è nato con lo scopo di aiutare i pedagogisti, gli educatori e, ultimi ma non di minor importanza, i genitori dei bambini con menomazione della vista e dell’udito. In seguito il metodo ha dimostrato di essere anche un mezzo per descrivere le fasi iniziali dello sviluppo della comunicazione nei bambini che soffrono di altre disabilità, anche se la prevalenza è caduta su quelli con deficit delle abilità di comunicazione. Facciamo qui riferimento a quelle disabilità che solitamente sono accompagnate da deficit delle abilità di comunicazione o quelle che provocano direttamente questo deficit di comunicazione. Alcuni esempi delle suddette disabilità sono: Funzioni cognitive: anomalie comportamentali, ritardo mentale. Menomazioni sensoriali deficit uditivi, sordocecità. Menomazioni neurologiche : CP, afasia, aprassia, disartria, distruzione progressiva del muscolo, disfonia. Distrurbi emotivi: mutismo elettivo, psicosi infantile. Menomazioni organiche: laringectomia, glossectomia. Altri: autismo, ADHD. Il nostro scopo è stato quello di proporre una tecnica e allo stesso tempo uno strumento pratico che ci permetta di analizzare e descrivere il comportamento comunicativo di un bambino disabile: 1) documentare il livello di sviluppo delle caratteristiche individuali che creano un processo comunicativo, 1.2) documentare l’osservazione in modo semplice e con tranquillità, 1.3) ottenere un risultato che sia facilmente leggibile/spiegabile e non ambiguo, per una successiva interpretazione. Attenersi alle condizioni suddette dovrebbe non solo facilitare una graduale documentazione degli stati attuali delle caratteristiche individuali di comunicazione, ma anche facilitare la descrizione delle influenze reciproche su queste caratteristiche. Gli scopi dell’aiuto che stiamo descrivendo qui sono ovvie: offrire uno strumento che funga da osservatorio per avvicinare la comunicazione – un fenomeno così difficile – alla distanza più ravvicinata possibile con il fine di poterla diagnosticare in modo obiettivo e, allo stesso tempo, offrire un aiuto che, usato in diversi luoghi, possa assicurare compatibilità di risultati e permettere lo spostamento più facilitato di un bambino tra scuole diverse. In vista del fatto che abbiamo cercato di mettere in atto l’uso di attrezzature tecniche, per usare questo ausilio non è necessario affidarsi solo al computer, ma si può usare anche un’analisi registrata su nastro video (digitalizzata). Effettivamente, entrambe le modalità possono essere complementari perché mentre si usa il computer la descrizione può essere fatta nel nastro video. I dati vengono salvati come file singolo. Il vantaggio consiste nel fatto che un file digitalizzato consente un numero infinito di ripetizioni ed un 9
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accesso molto veloce e preciso. Tuttavia la descrizione suddetta non implica che l’uso sarà limitato alle strutture tecniche di una particolare istituzione. Si ricorda che una possibilità che non diventa obsoleta ed è sempre affidabile, è l’uso di carta e penna, modo tradizionale di documentare. Abbiamo suggerito nove caratteristiche. Crediamo che per loro tramite saremo in grado di descrivere il comportamento comunicativo nel migliore dei modi. Abbiamo cercato di analizzare/decomporre l’atto comunicativo in caratteristiche principali e di suggerire come queste caratteristiche possano essere valutate e descritte. 1. Inizio dell’atto comunicativo 2. Il processo dell’atto comunicativo 3. La fine dell’atto comunicativo 4. Uso di uno strumento consapevole per la fase espressiva 5. Uso di uno strumento consapevole per la fase recettiva 6. Uso del feedback per confermare/controllare la comprensione 7. Negoziazione con un partner della comunicazione 8. Abilità nella comunicazione a tre 9. Conversione della comunicazione in interazione Uso pratico e implicazioni della metodologia suggerita Se dobbiamo considerare alcuni modi pratici su come usare il nostro prodotto nella pratica pedagogica, dobbiamo concentrarci su quelle attività e competenze dei pedagogisti e degli educatori che sono strettamente connesse con l’educazione finalizzata alla comunicazione e allo sviluppo delle caratteristiche individuali nonché alle abitudini di comportamento comunicativo di un bambino o di un cliente. Riteniamo che il metodo da noi suggerito dovrebbe anche influenzare – in modo positivo – alcune competenze pedagogiche. Queste ultime sono elencate nella sezione seguente. Crediamo che sia importante denominare queste competenze, descriverle e offrirle al lettore affinché possa riflettere sulle proprie competenze. Uno dei prerequisiti importanti è la capacità di creare un’atmosfera che offra al bambino (soprattutto nelle fasi iniziali) un senso di sicurezza, protezione, rispetto e fiducia. Crediamo che questo sia uno dei prerequisiti di base per un avvio di successo verso la comunicazione. Un altro prerequisito importante consiste nel riconoscere il momento giusto non solo per l’inizio di questo tipo di educazione, ma anche per il lavoro educativo dal punto di vista del programma giornaliero del bambino, considerandone la stanchezza, la capacità di concentrazione e la necessità di cambiare le attività in relazione alla sua età, al suo tipo di disabilità, al suo stato fisico attuale e alle sue capacità. Naturalmente, insisteremmo soprattutto sul principio di regolarità nel tempo poiché la regolarità nel programma quotidiano di un bambino è uno dei fattori che, nella maggior parte dei casi, influenza enormemente il successo del lavoro educativo sia a casa con la famiglia che all’interno dell’istituzione. Anche se non è sempre evidente, si suppone che una delle competenze dei pedagogisti sia quella di cercare occasioni nel comune programma quotidiano di un bambino da usare per lo sviluppo delle sue capacità comunicative. Una delle caratteristiche più importanti sembra essere la creatività, supportata almeno da una conoscenza teorica di base. Un genitore o uno specialista con questi requisiti dovrebbe essere in grado non solo di cercare queste occasioni, ma anche di crearle di proposito e quindi influenzare positivamente i prerequisiti per il raggiungimento di un progetto individuale. La capacità di stimare una distanza adatta tra i partecipanti coinvolti nella comunicazione necessita di una certa esperienza. Va ricordato che il genitore o il pedagogista non solo debbono disporre delle informazioni che riguardano i bisogni del bambino in relazione alle sue condizioni di vista e di udito, ma anche di quelle che riguardano la sua capacità di gestire lo spazio dal punto di vista dell’orientamento. Bisogna tenere in considerazione questi requisiti speciali per modificare le condizioni e, quindi, raggiungere uno degli 10
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scopi: educare il bambino, se possibile, a riconoscere la distanza da se stesso e mantenerla o, almeno, rispettarla. Un prerequisito simile consiste nell’atteggiamento che si ha nello scegliere la posizione giusta e nell’insegnare come trovarla , scegliere il posto in relazione alle condizioni esterne e posizionarsi. Qui stiamo parlando della prontezza da parte di un genitore o di un educatore di scegliere le condizioni esterne adatte per la comunicazione con un bambino in modo da rispettarene il tipo e il grado della menomazione. Ciò è connesso con la valutazione delle qualità d’illuminazione e acustiche del luogo e sempre in considerazione al tipo e al grado di menomazione. Considerando il futuro sviluppo sociale di un bambino, suggeriamo che entrambi i partecipanti al processo comunicativo siano a conoscenza dello scopo e del processo dell’interpretazione, qualora questo è necessario a causa delle condizioni d’udito del bambino. Ciò significa fornire al bambino la sensazione che per alcune situazioni è possibile o necessario richiedere un interprete, insegnargli come collaborare con quest’ultimo fornendo (in base alle possibilità e alle capacità) il feedback sulla comprensione delle informazioni interpretate. Questo processo sembra essere abbastanza semplice. Tuttavia, dal punto di vista della comunicazione e dell’educazione del comportamento comunicativo esso è uno dei più difficili. La capacità di descrivere il fenomeno con tutte le sue conseguenze e portare almeno alcune informazioni metodologiche di base può richiedere una ricerca indipendente. La descrizione del comportamento comunicativo è importante anche per creare una strategia che in seguito conduca allo sviluppo di altre strategie di comunicazione e quindi alla massima indipendenza del bambino (cliente). Qui abbiamo in mente non solo le forme della comunicazione, ma anche la scelte e lo sviluppo del “vocabolario”. A parte i termini vocabolario passivo e attivo vorremmo sottolineare il metodo scelto per lo sviluppo del vocabolario di un bambino e i legami metodologici tra i modi comunicativi individuali. CONCLUSIONE Crediamo che la tecnica propos ta sarà usata non solo dagli educatori specialisti, ma anche nelle famiglie e in altre istituzioni non educative. Oggi possiamo vedere che il diritto basilare dei bambini all’istruzione viene applicato nelle istituzioni di assistenza sociale, nei centri di cura giornalieri e in quelle istituzioni che si prendono cura dei bambini con disabilità gravi o multipli. Non dovremmo dimenticare le famiglie. Sono i genitori dei bambini disabili che, grazie ai molti anni d’influenza delle attività culturali, sono sempre più coinvolti nell’educazione fisica e intellettuale dei loro bambini e che prendono parte sempre più attiva alle attività legate a questo argomento.
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SEZIONE 4 - MISCELLANEA
IMPIANTI COCLEARI IN BAMBINI IN DANIMARCA
Leth V. Criteri e traguardi Il 1992 è l’anno in cui il primo bambino danese ha ricevuto un impianto cocleare (IC) all’età di tre anni. Il bambino era diventato sordo in seguito a una meningite, ma subito dopo tre bambini non udenti congeniti hanno ricevuto l’impianto cocleareall’eta di 2 e 3 anni e nell’estate del 1995, il quinto bambino, mia figlia Cecilie, ha ricevuto il suo impianto due mesi dopo che le era stata diagnosticata la Sindrome di Usher di tipo 1 all’età di 6 anni. Da allora è salito a circa 150 il numero totale dei bambini che hanno ricevuto un IC (sappiamo che il 3% soffriva della Sindrome di Usher) e oggi a tutti i bambini non udenti congeniti d’età inferiore ai cinque anni e a tutti quelli affetti da sordità acquisita viene offerto un IC. Ai bambini non udenti congeniti che hanno più di cinque anni, l’IC viene offerto solo in particolari circostanze. Finora ciò si è verificato nel caso in cui ai bambini venisse diagnosticata una Sindrome di Usher e altri sindromi come la CHARGE che può provocare anche problemi alla vista. Sono due gli ospedali in Danimarca (a Gentofte vicino Copenhagen e a Aarhus nello Jutland) che eseguono questo tipo di intervento sui bambini e l’intervento e la riabilitazione vengono pagati dal governo. Il criterio generale è stato quello che a parte l’età massima, i bambini che non potevano usufruire di un normale apparecchio acustico potessero ricevere un IC. Quest’ultimo criterio è stato ormai reso più elastico e in futuro anche i bambini con difficoltà d’udito potranno, in casi specifici, essere operati e tra loro rientreranno anche i bambini colpiti da Sindrome di Usher di tipo 2 e quelli con la Sindrome di Pendred. Recentemente il primo bambino (16 anni) con la Sindrome di Pendred è stato accettato per essere sottoposto ad intervento. Da quando è stato operato il primo bambino la comunità dei non udenti ha assunto un atteggiamento molto negativo nei confronti dell’IC e si è battuta con energia contro di esso. I genitori che avevano sottoposto i propri figli all’intervento venivano considerati cattivi genitori che non sapevano accettare la sordità dei loro figli e i nostri figli non erano accettati dai loro compagni. Per liberarci di tutte le accuse provenienti dal mondo dei non udenti, nel 1996 decidemmo di costituire la nostra organizzazione denominandola DeCIbel. Questo fatto ci offrì l’opportunità di prodigare le nostre risorse a beneficio dei nostri figli e di supportare quei nuovi genitori che avevano bisogno di informazioni riguardo all’IC prima di decidere di ricorrervi. Dei primi 5 bambini che hanno ricevuto un IC nel periodo che va dal 1992 al 1995, uno non porta l’IC e dipende totalmente dalla lingua dei segni, due hanno sviluppato appieno la capacità di parlare e comprendere la lingua danese anche se in ambienti rumorosi i loro genitori ricorrono ai segni di sostegno e due bambini utilizzano la lingua dei segni come lingua principale ma capiscono la lingua parlata più di quanto possano esprimersi. Malgrado la mancanza della lingua parlata l’IC rappresenta un grande beneficio perché li aiuta a comprendere ciò che accade intorno a loro. Si sentono sicuri nel traffico, amano la musica e giocano tra di loro e inoltre l’IC permette loro di prendere parte attiva nella vita familiare. Dal 1995, anno dell’aumento degli impianti in età pediatrica, la maggior parte dei bambini hanno sviluppato il linguaggio a un livello tale da permetter loro di integrarsi nei normali asili per l’infanzia e nelle scuole. Il successo dei due bambini che hanno sviluppato la lingua parlata può essere legato al fatto che fossero molto piccoli al momento dell’intervento. Tuttavia, nel caso di nostra figlia abbiamo sperimentato che la carenza di sviluppo di tale abilità può anche essere ascritto a problemi tecnici del dispositivo trapiantato come la perdita nello strato di silicone degli 12
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elettrodi, guarnizioni rotte ecc. Alcuni di questi difetti non possono essere calcolati secondo la FDA (Amministrazione per il Cibo e i Farmaci) statunitense che finora ha registrato più di 240 diversi problemi tecnici negli Stati Uniti e in molti di questi casi i difetti erano incalcolabili. La FDA prevede un 2% di reinterventi in futuro e l’Australia ne calcola un 4%.
SEZIONE 5 - LETTERE
Cara Patrizia, È da tanto tempo ch io, Fiorenzo ed i miei genitori cerchiamo qualche cosa e qualcuno che ci aiuti concretamente a capire, imparare il massimo, specialmente per il futuro. Questo Progetto che ci propone credo ci aiuti a migliorare, a trovare la via da seguire. La prego di fornirci il materiale in italiano se possibile, con qualche suggerimento per il futuro. La ringrazio pure da parte della mia famiglia. Roberta
Cara Roberta, ero certa che il Bollettino “Gendeaf News” sarebbe stato di tuo interesse, difatti ha ricevuto il consenso generale di molte persone affette dalla Sindrome di Usher. Con questo notiziario vogliamo stabilire una collaborazione ed uno scambio di informazioni tra il personale medico, i ricercatori, i pazienti e le loro famiglie, e ci auguriamo di accrescere la consapevolezza sulle cause della sordità ereditaria e sulle sindromi ad essa associate, al fine di costruire una base per le cure future e per migliorare i programmi riabilitativi. Sarà mia premura tenerti aggiornata sulle iniziative svolte nell’ambito del Progetto GenDeaf. Un cordiale saluto Patrizia Ceccarani
SEZIONE 6 – INCONTRI ED EVENTI
ANNUNCI – INCONTRI Conferenza Internazionale sullo screening, la diagnosi e gli interventi sui bambini neonati, 27-29 Maggio, 2004 Villa Erba, Cernobbio (Lago di Como), Italia 9° Conferenza Internazionale sull’uso del computer come ausilio tecnico per le persone con bisogni particolari, 7-9 Luglio 2004
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