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ANNO LII - N. 212
martedi' 29 luglio 2014
SPECIALE PESCA L'Economia e la politica della pesca nel mondo FRANCIA: NELL'OCEANO INDIANO IL CETRIOLO DI MARE BERSAGLIO DELLA PESCA ILLEGALE PER DELIZIARE L'ASIA 25 luglio 2014 – Juan de Nova (Francia) (AFP) – Ha un aspetto poco appetitoso ma essiccato, si vende caro in Asia: il cetriolo di mare, disinquinante delle lagune, e' il bersaglio dei pescatori, anche in spazi protetti come le Isole Sparse nell'Oceano Indiano. Dal nome scientifico "oloturia", il cetriolo di mare e' un animale dal corpo flessibile e cilindrico, che di solito misura da 10 a 30 cm. Vive posato sui fondali marini e si nutre filtrando l'acqua. Inghiotte detriti, grandi sedimenti, li digerisce e li rimette come sedimenti piu' fini e piu' omogenei. Svolge dunque un ruolo importante nel processo biologico dei fondali marini e dell'ossigenazione degli oceani. Secondo il Ministero d'Oltremare, i prezzi all'ingrosso di questi animali varia da 50 a 400 dollari il chilo, a seconda della specie pescata. L'oloturia di sabbia, di alta qualita', puo' superare i 1.000 dollari al chilo al mercato di Hong-Kong. Nella zona del Canale di Mozambico, il cetriolo di mare e' pescato da tutti i paesi: Madagascar (geograficamente il piu' vicino alle Sparse), il Mozambico, il Kenia e la Tanzania. Se la pirateria e' diminuita nel nord del canale, al contrario "la pesca illegale, specie la pesca all'oloturia, e' aumentata recentemente nei fondali che confinano con l'isoletta di Juan de Nova e l'arcipelago delle Gloriose", afferma all'AFP la Marina nazionale. (…) Dopo vari mesi di osservazione e di numerose segnalazioni di pesca illegale dalla polizia di stanza sulle isole e il CROSS di La Reunion, le autorita' hanno deciso di intervenire. Il 29 marzo scorso, la fregata di sorveglianza Nivose, con tre motoscafi e un elicottero hanno intercettato nella laguna di Juan de Nova, una piccola isola francese nel Canale del Mozambico, cinque pescherecci provenienti dal Madagascar, con 112 persone a bordo. Tre praticavano la pesca artigianale e due, piu' grandi, sembravano avere una vocazione quasi industriale. Quasi una tonnellata di cetrioli di mare e' quindi stata ributtata in mare, mentre c'era una notevole attrezzatura subacquea, che dimostrava una filiera organizzata. Alle navi e ai loro equipaggi e' stato ordinato di lasciare le acque francesi. Secondo un tale che conosce il dossier, i cinesi, spesso stabiliti direttamente nel Madagascar, forniscono l'equipaggiamento, ma lasciano andare per mare i malgasci. Per costoro, merita rischiare: la domanda e' molto forte in Asia e soprattutto in Cina, primo mercato mondiale, dove il cetriolo di mare e' una prelibatezza popolare soprattutto nel periodo del Capodanno cinese. (…) L'oloturia era gia' menzionata nelle loro antiche leggende e il commercio praticato almeno dal XIV secolo con l'India, l'Indonesia e le Filippine. Inoltre, secondo la medicina tradizionale ha numerose virtu': forza muscolare, immunita', contro artrosi, anemia, impotenza, ecc.
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"Circa 20.000 tonnellate di prodotto secco e' destinato ogni anno ai consumatori cinesi", e un chilo di oloturie pescato produce un po' meno di 100 grammi di prodotto secco. [portale – a cura di agra press (g)] MADAGASCAR: LA PESCA TRADIZIONALE UN VERO PERICOLO 19 luglio 2014 – In molte regioni, la pesca tradizionale e' fonte di reddito, di fronte alla poverta'. Irregolarita' sono purtroppo accertate. Utilizzazione di equipaggiamenti fuori norma. E' una delle pratiche dei pescatori tradizionali che e' stata evidenziata, nel quadro di un'inchiesta su questo tipo di pesca effettuato in diciotto regioni. Presenta impatti negativi sulle risorse alieutiche. Data la situazione, il ministero della Pesca e delle risorse alieutiche prevede di dare maggior attenzione alla pesca tradizionale. "I pescatori tradizionali non sono ben attrezzati. Il materiare spesso non risponde alle norme richieste. Le reti utilizzate, per esempio, raccolgono anche i pesci piccoli. La gestione sostenibile non e' piu' rispettata", ha detto Ahmad, ministro della Pesca e delle risorse alieutiche, ieri durante il seminario sulle indagini. Sovvenzioni e inquadramenti sono necessari per risolvere il problema. I risultati dell'indagine effettuata nel 2012-2013 saranno utilizzati per costruire una strategia per lo sviluppo del settore. La ripetizione del Progetto per le comunita' di pescatori (PACP) nella regione Sud occidentale, finanziato dalla Banca Africana per lo sviluppo in altre regioni, e' stata sollecitata dal ministro. Questo progetto infatti ha contribuito a migliorare il tenore di vita dei beneficiari. (…) La creazione di due attivita' che generano reddito, quali la coltura delle alghe e la coltura di cetrioli di mare figurano tra i risultati del progetto, oltre al collegamento con le istituzioni di microcredito. Secondo il coordinatore del progetto, Armand Colin Ratsimisija, queste filiere hanno attratto le mogli dei pescatori, in quanto assicurano redditi fissi. (…) La creazione di riserve marine, relative al progetto, ha anche consentito di migliorare la produzione. Secondo statistiche ufficiali, lo sbarco complessivo della pesca tradizionale, tutte le specie insieme, e' di 17.500 tonnellate. I pesci occupano il 57% di questa produzione, i molluschi sono al decimo posto col 33%, i cetrioli di mare e i crostacei rappresentano rispettivamente il 6% e il 5%. Rispetto a queste cifre, il rappresentante della BAD, Adelkrim Bendjjebour, ha sottolineato che la pesca tradizionale deve essere sviluppata. Intende mantenere il suo sostegno. "La BAD e' sempre stata fedele e pronta a intervenire, dopo aver dimostrato che i risultati sono necessari allo sviluppo del settore pesca e del settore economico", ha detto. [Lantoniaina Razafindramiadana, quotidiano – a cura di agra press (g)] NORVEGIA: PROGETTO PER CREARE UN MANGIME PER PESCI DALL'ANIDRIDE CARBONICA CATTURATA 15 luglio 2014 – Un progetto che trasforma l'anidride carbonica catturata in mangime per pesci d'allevamento sara' presto testato in Norvegia. Il progetto prevede la produzione di acidi grassi Omega-3 da alghe che saranno coltivate in un corso d'acqua ricco di CO2 presso un impianto per la realizzazione di test. Attualmente l'olio per l'acquacoltura viene ricavato da pesce di scarso valore, o da krill catturato nelle acque dell'Antartide. Ma la nuova tecnica potrebbe assorbire i gas responsabili del surriscaldamento globale, fornendo al tempo stesso mangime per pesce in modo sostenibile. Il pesce costituisce la seconda maggiore esportazione della Norvegia, dopo il petrolio e il gas, valutata, nel 2013, in piu' di 10 miliardi di dollari. I fiordi producono circa il 60% del salmone dell'Atlantico allevato in tutto il mondo. Il business registra una costante crescita, in conseguenza del crescente appetito mondiale per l'acquacoltura, che non sembra mostrare segni di rallentamento. Infatti, le
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ultime previsioni indicano che, nei prossimi due anni, il pesce d'allevamento superera' il tradizionale pesce selvatico. Tuttavia, una delle principali sfide poste dalla continua crescita del settore e' quella di avere una fornitura disponibile di grassi Omega-3. Generalmente, il pesce accumula questi composti chimici ingerendo alghe, fitoplancton, o prede durante la crescita. I pesci d'allevamento, coltivati in gran numero all'interno di reti, non riescono ad accumulare acidi grassi Omega-3, che pertanto devono essere integrati nel loro mangime. Ma il settore del pesce d'allevamento non e' il solo a guardare con interesse agli Omega3. Questi acidi grassi sono, infatti richiesti anche nella produzione di integratori per la salute umana e nell'industria farmaceutica. Di conseguenza, il prezzo e' aumentato sensibilmente, mentre l'offerta fatica a tenersi al passo con la domanda. Negli ultimi anni, il krill, catturato nelle gelide acque al largo dell'Antartide, e' oggetto di un crescente interesse da parte dei pescherecci, che ha generato forti preoccupazioni per la sostenibilita' della specie. Un consorzio norvegese, formato da alcune delle maggiori compagnie ittiche del paese sta, oggi, sviluppando il progetto Omega-3, sostenuto con un milione di dollari dal governo. L'impianto sara' realizzato presso il Technology Centre Mongstad, il piu' grande complesso al mondo per le tecnologie concernenti la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica. Il centro Mongstad, costruito grazie a una joint-venture tra il governo e diverse compagnie private, ha avuto una storia movimentata. Si compone di due impianti per la cattura di CO2, in grado di rimuovere 80.000 tonnellate di gas da una raffineria vicina, e circa 20.000 tonnellate da una centrale elettrica a gas. Lo scorso anno, il governo norvegese aveva annunciato che avrebbe cancellato l'istallazione di un impianto su vasta scala per la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica, facendo riferimento a ritardi e a costi crescenti. Tuttavia, i sostenitori del progetto Omega-3 ritengono che Mongstad sia il luogo perfetto per testare la nuova tecnologia. "Abbiamo una vasca che raccoglie CO2 e massa algale, mista ad acqua marina, a una temperatura di circa 25 gradi C", ha dichiarato Svein Nordvik, della CO2BIO, la compagnia destinata a gestire il progetto. "Vi sono altri metodi e altre tecniche, ma al Mongstad abbiamo il vantaggio di avere CO2 pura, acqua marina e un corso d'acqua, pertanto l'opportunita' di sviluppare questa tecnica sara' certamente migliore, rispetto a qualsiasi altro luogo". L'acqua calda vedra' l'alga crescere rapidamente. Questa verra', poi, raccolta, essiccata e lavorata per estrarne l'olio che contiene. Secondo i sostenitori della nuova tecnologia, una tonnellata di CO2 produrra' una tonnellata di massa algale dalla quale ritengono di poter ottenere, attualmente, circa 300400 chili di olio. La loro speranza e' quella di riuscire a migliorare questo risultato nell'arco dei cinque anni del progetto pilota. Saranno, poi, in grado di capire se il processo sia economico o meno. "L'anidride carbonica rappresenta un problema per il clima, e potremo utilizzarla per produrre mangime", ha dichiarato Nordvik. "Oggi, la maggior parte dell'olio Omega-3 viene prodotto in Peru' e in altri paesi, e questa situazione non e' sostenibile. (…) Il problema degli Omega-3 ha attirato l'attenzione anche degli scienziati inglesi. All'inizio di quest'anno, hanno annunciato un piano teso a coltivare una varieta' geneticamente modificata di camelina, che dovrebbe produrre un olio ricco di acidi grassi. [Matt McGrath, portale – a cura di agra press] FRANCIA: GOVERNO ACCUSATO DI AVER MENTITO SU QUESTIONE PESCA D'ALTURA 9 luglio 2014 - La Francia ha ignorato deliberatamente i propri dati scientifici per opporsi al progetto europeo di divieto della pesca d'altura? Otto organismi non governativi
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pongono la questione in un comunicato pubblicato martedi' 8 luglio, avvalendosi di due rapporti inediti dell'Istituto francese di ricerca per lo sfruttamento del mare (Ifremer). Secondo le ONG - tra cui Bloom, Greenpeace, il WWF o la Fondazione GoodPlanet - i dati di Ifremer sulla pesca profonda mostrano che i danni ambientali della sciabica sono tanto elevati quanto e' invece debole il numero dei dipendenti di questa attivita'. I quantitativi sbarcati dalla pesca d'altura rappresentano appena l'1% della pesca francese. "Nel 2012, solo 12 pescherecci con la sciabica frequentavano profondita' superiore a 600 metri, oltre il 10% . E solo 10 navi hanno operato sopra gli 800 metri, oltre il 10%", sostengono le ONG. "Il numero delle navi che svolgono una pesca con la sciabica in acque profonde e' basso", conclude ancora il rapporto dell'Ifremer, citato dalle ONG. Queste indicano che la posizione ufficiale francese, portata a Bruxelles dal segretario di Stato per i trasporti, il mare e la pesca, Frederic Cuvillier, e' in contrasto con i dati prodotti dall'Ifremer. "Un eventuale divieto di alcuni attrezzi di pesca, indiscriminatamente, avrebbe gravi conseguenze socio-economiche e non sarebbe accettabile", aveva spiegato la commissaria europea alla pesca, Maria Damanaki, durante il Consiglio europeo del 17 luglio 2012 dedicato alla proposta di divieto della pesca d'altura. Cuvillier non ha risposto alle domande di Le Monde. (…) In una lettera aperta a Segolene Royal, le associazioni chiedono che la Francia riconsideri la sua posizione sulla pesca d'altura per il prossimo Consiglio europeo, previsto il 16 luglio. Soprattutto perche', dall'inizio dell'anno, gli interessi economici rappresentati dalla pesca d'altura hanno ancora perso importanza. (…) [Stephane Foucart, quotidiano - a cura di agra press (g)] RUSSIA: PAESE AUMENTERA' LA PRODUZIONE ITTICA 8 luglio 2014 – La Russia prevede di aumentare in misura significativa la produzione ittica nelle acque territoriali della Norvegia, della Groenlandia e delle Isole Faroe, secondo Ilya Shestakov, responsabile dell'Agenzia Federale Russa per l'Attivita' Ittica (Rosrybolovstvo). Nel primo caso, il Rosrybolovsto ha gia' chiesto a Elizabeth Aspaker, ministro della Pesca della Norvegia, di aumentare la quota nazionale relativa alle catture di haddock, per l'anno in corso, come riporta Eugene Gerden. Negli ultimi anni, le relazioni di questi paesi in materia ittica sono state piuttosto complesse, a causa di numerosi divieti sulle forniture di salmone norvegese alla Russia (imposti dal governo di Mosca), cosi' come del conflitto dei due paesi, relativo alla pesca nelle acque territoriali dell'isola di Spitzbergen. Tuttavia, e' possibile che il conflitto sia stato risolto, nel corso dei recenti colloqui intercorsi tra il ministro della Pesca della Norvegia e il Rosrybolovstvo. Allo stesso tempo, il governo russo ha gia' raggiunto un accordo con il governo della Groenlandia sulla produzione di persico dorato e di halibut nelle acque della Groenlandia, e in particolare nelle zone occidentali e orientali. In cambio, la Russia dara' alla Groenlandia delle quote concernenti la cattura di merluzzo e di haddock, nella zona economica esclusiva russa. Infine, il Rosrybolovstvo ha firmato un pacchetto di accordi con il governo delle Isole Faroe, che prevede la produzione di sgombro e di blue whiting, una varieta' di pesce simile al merluzzo, nelle sue acque territoriali. In cambio, i pescatori delle Isole Faroe potranno catturare merluzzo, haddock, platessa, cosi' come gamberi, nella zona russa. [portale – a cura di agra press] STATI UNITI: UNA RIPRESA DEL TONNO ROSSO GRAZIE AL POTERE DEI PESCATORI 8 luglio 2014 – La stragrande maggioranza degli americani non ha mai visto un tonno rosso nuotare nell'Oceano Atlantico. Per molti di noi, tutti i tonni sono uguali – carne di
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pesce in pezzi, schiacciata in piccole scatole facilmente accessibili nei supermercati. In un contesto simile, immaginare una scarsita' di tonno sarebbe quasi impossibile – in un unico negozio e' possibile vedere interi ripiani pieni di tonno! Tuttavia non tutto il tonno e' uguale. E mangiare il pesce in scatola non e' il modo migliore per sperimentare questa particolare proteina. Il tonno rosso e' speciale, persino maestoso. Carl Safina, nel suo libro Song for the Blue Ocean, ne ha dipinto un bellissimo ritratto: "Chiudete gli occhi. Pensate pesce. State immaginando mezza tonnellata di muscoli laminati che nuota nel mare alla velocita' che voi raggiungete in automobile? State immaginando un pacifico guerriero capace di uccidervi senza volere con un colpo di coda? Questo tonno gigante mette a dura prova il concetto di pesce". Allo stesso modo, mette a dura prova il concetto di marineria. A gennaio 2013, un tonno rosso si vendeva in Giappone per 1,7 milioni di dollari. Una somma che rende un'uscita di pesca lunga un mese proficua anche se se ne pesca un singolo esemplare. Il valore di mercato ha portato a un sovra sfruttamento e questo ha portato, come sempre, a un declino della popolazione. I pregiati muscoli rossi profondi del tonno rosso dell'Atlantico sono costruiti per la velocita' e la forza, e per dar loro la capacita' di migrare dall'Oceano Atlantico del Nord, al Mar Mediterraneo al Golfo del Messico in primavera, dove i profondi canyon del nord del Golfo forniscono loro l'unica zona di riproduzione ad oggi conosciuta. Il tonno rosso viene ampiamente protetto dall'attivita' di pesca nel Golfo proprio per questo motivo, ma deve comunque affrontare un labirinto di ami innescati su lenze lunghe svariate miglia (conosciute come palangari) che servono a pescare altre specie importanti a livello commerciale, come il tonno pinna gialla e il pesce spada. Nel suo viaggio, il tonno rosso puo' rimanere accidentalmente impigliato alle lenze incustodite della flotta commerciale La legge proibisce a questi pescatori di tenere e vendere le catture accessorie (per timore che peschino "accidentalmente" il prezioso pesce piu' spesso), e centinaia di questi maestosi viaggiatori vengono uccisi annualmente come scarti quando vengono nel Golfo per riprodursi. Uno studio pilota finalizzato a risolvere questo problema ha sostituito i tradizionali palangari non sorvegliati, con un nuovo metodo chiamato pesca "green stick", ottenendo risultati promettenti e che ha permesso ai pescatori di continuare a catturare altre specie eliminando le interazioni accidentali con il tonno rosso – vantaggioso sia per i pesci che per i pescatori. Sostituire l'intera flotta di palangari con questa nuova attrezzatura potrebbe inaugurare una nuova era di pesca, che promuove e sostiene la ripresa del tonno rosso senza compromettere il sostentamento dei pescatori. Tuttavia, sostituire l'attrezzatura, un peschereccio e l'esperienza di una vita comporta dei costi, e i pescatori che hanno deciso per la transizione volontaria al nuovo metodo hanno bisogno di aiuto. Ed e' qui che entra in gioco la BP. La migrazione annuale del tonno rosso nel Golfo e la posa delle uova della primavera del 2010 si sono sovrapposte al disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon della BP. Poiche' le leggi e le politiche che governano le fuoriuscite di petrolio negli Stati Uniti possiedono una rigida filosofia del "chi lo rompe, lo aggiusta", i progetti di ripresa del tonno rosso sono particolarmente adatti ad essere sovvenzionati. Se ancora non sappiamo in che modo l'esposizione al petrolio abbia danneggiato la popolazione di tonno rosso, perdere un intero anno di riproduzione sarebbe devastante per la popolazione di tonno rosso dell'Atlantico gia' in calo. Assicurarsi che centinaia di adulti in eta' da riproduzione sopravvivano ai futuri viaggi verso il golfo, potrebbe dopotutto mitigare parte di quella perdita. Se si considerano i risultati dello studio pilota, una transizione dell'intera flotta verso metodi di pesca piu' puliti, potrebbe permettere ai pescatori di catturare il tonno pinne gialle e il pesce spada, evitando il tonno rosso, gli squali, le tartarughe e altre specie interessate che vengono issate a bordo con le attuali attrezzature. Bobby Nguyen, che ha fatto da collegamento con un pescatore vietnamita del sud della Louisiana, che ha partecipato allo studio di transizione alle nuove attrezzature, la mette in questi termini:
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"La nostra sfida e' il conflitto tra una comunita' che pesca da generazioni e la necessita' di permettere la ripresa del tonno rosso. Vogliamo contribuire a questo impegno senza perdere i nostri mezzi di sostentamento e la nostra identita' culturale, e questa transizione verso una piu' recente attrezzatura ci permette di pescare ma anche di ridurre il nostro impatto sulle catture accessorie di tonno rosso, tartarughe, squali e altre specie. E' una soluzione vincente per i pesci, i pescatori e i consumatori, che sostanzialmente si godono un buon prodotto della Louisiana – il tonno pinna gialla – che poche persone sanno che abbiamo". Come si sostituisce l'insostituibile? La nostra risposta per quanto riguarda il tonno rosso e' di dare alla popolazione l'occasione di una ripresa e ai pescatori l'opportunita' di contribuire alla sua attuazione. [Kara Lankford, periodico – a cura di agra press (gin)] FRANCIA: PRODOTTI DEL MARE, RICONQUISTARE LA FIDUCIA 3 luglio 2014 – Assise sulla pesca a Lorient. A dicembre, i pescatori dovranno apporre il luogo di pesca e il mezzo usato. Non e' sicuro che il consumatore ci vedra' piu' chiaro. (…) Dibattito appassionante a Lorient, mercoledi', nel quadro dell'Assise sulla pesca organizzata da Infomer (Gruppo Ouest-France). Dopo la crisi della carne di cavallo, venduta per manzo, tutto il settore agroalimentare e' sconquassato. La diffidenza della clientela ha accresciuto ulteriormente le difficolta' della filiera dei prodotti del mare. Per tentare di ridare fiducia, societa' come Fleury Michon hanno investito somme importanti. "Prima per migliorare la qualita' del prodotto", spiega Jean-Sebastien Tamisier, direttore ricerca e sviluppo del gruppo con sede in Vandea. Per migliorare l'immagine del surimi, Fleury Michon ha "rimosso polifosfati, sorbitolo e glutammato che rientravano nella sua composizione". E per compensare, l'azienda ha "usato pesci di miglior qualita' catturati col marchio pesca sostenibile, poi ha introdotto aromi naturali (gusto di granchio)". Un notevole sforzo accompagnato da informazioni al consumatore sugli imballaggi. Tuttavia non abbastanza per rilanciare le vendite. "L'atto dell'acquisto di un prodotto del mare per la maggior parte non supera i 17 secondi". Un po' poco per leggere in dettaglio le etichette. Anche, quando i nuovi regolamenti imporranno l'etichettatura, dal 13 dicembre, i luoghi di pesca precisi e il tipo di mezzo utilizzato, dobbiamo interrogarci sull'efficacia della misura. Tutti i partecipanti al dibattito dell'Assise della pesca convengono sulla necessita' di migliorare la tracciabilita' dei prodotti, ma la complessita' non appare il modo migliore per fare chiarezza. (…) I pescatori, moltiplicano le iniziative per andare verso una pesca rispettosa della risorsa. Con un certo successo. Numerose specie hanno ritrovato un livello di rendimento massimo sostenibile. Questi passi saranno sufficienti a convincere il consumatore? (…). [Jean-Pierre Buisson, quotidiano – a cura di agra press (g)] STATI UNITI: LA NUOVA VIA DEI GAMBERETTI VERSO LE NOSTRE TAVOLE 2 luglio 2014 – In un magazzino a sud di Boston, a chilometri di distanza dal vivace porto della citta', James Tran, un progettista di semiconduttori, sta incubando un prodotto improbabile: gamberetti. Tran, che due anni fa ha dato vita alla Sky8 Shrimp Farm, fa parte di un numero crescente di piccoli allevatori altamente tecnologizzati che in America fanno a gara per soddisfare l'appetito apparentemente insaziabile del paese per gli scampi, senza devastare l'ambiente, utilizzare sostanze chimiche nocive o dipendere da fornitori esteri, accusati di violazioni dei diritti dei lavoratori. "Continuare a procurarci i gamberi come abbiamo sempre fatto e' un pio desiderio", ha affermato Tran (…). I suoi parenti in Vietnam si dedicano al tradizionale allevamento dei gamberetti nelle acque costiere, quel tipo di acquacoltura spesso collegato a problemi ambientali, di sicurezza alimentare e del lavoro. Ma a Sky8, i gamberi crescono in serbatoi
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in vetroresina dotati di sistemi avanzati di controllo del ricircolo, della filtrazione e della temperatura. "Penso che la nostra industria decollera' abbastanza rapidamente", ha affermato. Gli americani amano i gamberetti, che nel 2002 hanno superato il tonno in scatola come prodotto ittico piu' consumato pro capite negli Stati Uniti. Gli americani hanno consumato una media di 3,8 libbre (circa 1,72 kg) di gamberi nel 2012, il doppio rispetto a trent'anni fa, secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). Ma l'amore della nazione per questi crostacei e' accompagnato da costi sociali e ambientali pesanti. La maggior parte dei gamberi importati dagli Stati Uniti proviene da allevamenti in America Latina e nel Sud-Est asiatico, dove esperti di diritti ambientali e umani hanno da tempo individuato violazioni dei diritti dei lavoratori, condizioni di lavoro pericolose, danni agli ecosistemi e l'utilizzo di ormoni e antibiotici. Dallo scorso anno, una malattia batterica ha colpito allevamenti di gamberetti in tutta l'Asia e in Messico, paralizzandone la produzione. Secondo notizie diffuse recentemente, sulle barche che forniscono farina di pesce agli allevamenti di gamberetti in Thailandia si lavora in condizione di schiavitu'. Anche la pesca di gamberetti e' incorsa in problemi gravi. Gli stock sono sotto pressione in tutto il mondo. La Cina, una volta uno dei principali esportatori di gamberetti, ora li importa per soddisfare la domanda crescente. Le autorita' regolatrici americane hanno annullato la stagione di pesca di quest'anno nel golfo del Maine dopo che una ricerca ha indicato che il sovra sfruttamento e il riscaldamento delle acque avevano spinto gli stock di gamberetti ai minimi storici. Tali crescenti preoccupazioni stimolano una nuova generazione di allevatori di gamberi, come Tran, che stanno sviluppando modi per ridurre l'impatto ecologico. Anche se statistiche ufficiali non sono ancora disponibili, il numero di piccoli allevamenti di gamberetti al coperto negli Stati Uniti e' cresciuto da appena due ad almeno 22 negli ultimi cinque anni, con decine di altri in cantiere, secondo RDM Aquaculture, che fornisce attrezzature e know-how agli ultimi arrivati in questo settore. Alcune aziende acquicole vengono avviate da imprenditori come Tran, altre da agricoltori che desiderano diversificare dalle colture e dagli allevamenti indifferenziati.(…) La nuova ondata di gamberetti nell'allevamento americano rientra negli sforzi di governo e industria, che puntano ad aumentare la qualita' dell'acquacoltura e ad invertire una percezione pubblica poco positiva nei confronti del pesce d'allevamento, dovuta in parte a controversie passate riguardanti prodotti oceanici allevati. Nel complesso, nel 2011, gli agricoltori americani costituivano lo 0,8% della produzione mondiale dell'acquacoltura, secondo l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura. I funzionari del settore della pesca stimano che raddoppiare la produzione dell'acquacoltura americana possa creare 50.000 posti di lavoro e piu' di 1 miliardo di dollari in reddito per gli agricoltori. Alla Sky8 Shrimp, che e' gestita da quattro dipendenti, ci vogliono circa tre mesi per allevare lotti di 40.000 larve di gamberetti, che si nutrono di farina di pesce e alghe fino ad arrivare alla dimensione favorita da dettaglianti e ristoranti. (La Sky8 Shrimp sta sviluppando un mangime privo di farina di pesce.) L'azienda utilizza serbatoi di acqua dell'oceano Atlantico, filtrata e riutilizzata ad ogni raccolto. Niente antibiotici, ne' ormoni ne' pesticidi, secondo i test effettuati presso la Sky8 lo scorso anno dalla Food and Drug Administration, che disciplina il settore dei gamberi. Il rischio che i gamberetti possano fuggire e danneggiare gli stock selvatici e' minimo. Una simile attenzione ai dettagli comporta dei costi. Tran spedisce fino a 1300 libbre (circa 590 kg) di gamberetti freschi al mese agli acquirenti locali di alto livello a 15 dollari a libbra, vale a dire il doppio del prezzo a cui possono arrivare i gamberetti surgelati importati. Eppure, spiega che la Sky8 sta avendo difficolta' a soddisfare la domanda di rivenditori e ristoranti locali di alto livello. "Abbiamo un disperato bisogno di espandere la nostra capacita'", ha spiegato. "Sono veri e propri pionieri. Tanto di cappello", ha affermato Michael Rubino, che dirige il programma di acquacoltura del NOAA. "Siamo ad un punto di svolta, l'acquacoltura nella percezione del pubblico sta diventando, da parte del problema, parte della soluzione", ha spiegato. I gamberetti, per molto tempo una prelibatezza negli Stati Uniti, sono diventati
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piu' popolari negli anni '70 (…). La crescita dell'allevamento di gamberetti in Asia aveva notevolmente ampliato la produzione di gamberetti globale, riducendo i prezzi e contribuendo a portare i gamberetti al grande pubblico. Nonostante i tentativi americani di rilanciare l'allevamento di gamberetti di natura commerciale risalgano anch'essi ai primi anni '70, l'industria ha avuto difficolta' a competere con le importazioni di gamberetti a basso costo. Inoltre, i primi allevamenti di gamberetti erano in bacini d'acqua all'aria aperta o vicino alla costa, e, talvolta, rilasciavano effluenti in habitat oceanici sensibili. Messa in difficolta' dalla concorrenza spietata delle importazioni a basso costo e dalle preoccupazioni legate alle malattie, la produzione in questi primi allevamenti di gamberetti e' diminuita a partire dai primi anni 2000. Ma ora la situazione sta cambiando. Il prezzo medio dei gamberetti importati negli Stati Uniti durante il primo trimestre dell'anno e' stato del 45% piu' alto rispetto allo scorso anno, secondo i dati della rivista specializzata Undercurrent News. Secondo la Darden Restaurants, che a maggio ha accettato di vendere la catena Red Lobster per 2,1 miliardi di dollari, l'aumento dei costi dei gamberetti potrebbe aumentare le spese della catena di 30 milioni di dollari per il 2014 rispetto allo scorso anno. Gli esperti dicono inoltre che e' sempre piu' in aumento la richiesta da parte dei consumatori di maggiore sostenibilita' e trasparenza alimentare – anche se gli allevatori di gamberi americani potrebbero dovere lottare per convincere il cliente medio che valga la pena andare alla ricerca di gamberetti nostrani a prezzi piu' elevati. "Quando si parla di cibo, tutto ruota intorno a due cose: questo rendera' la mia vita piu' facile e il mio cibo meno costoso?" spiega Harry Balzer, capo analista del settore alimentare presso l'NPD Group, societa' di ricerche di mercato. "Ma vogliamo essere in buona salute. Non v'e' mai stato un momento in cui non abbiamo desiderato essere in buona salute". Tra i mulini a vento dell'Indiana, a 600 miglia dal mare, Karlanea Brown e suo marito, Darryl, allevano gamberetti dal 2009 per integrare il loro reddito da coltivazione di mais e soia. Ora, la signora Brown (…) gestisce corsi sull'allevamento di gamberetti, sul finanziamento e sul marketing in un grande fienile. Finora, la loro azienda, RDM Aquaculture, ha contribuito ad avviare 14 allevamenti di gamberetti, guidate da persone provenienti da percorsi di vita diversi: agricoltori, banchieri, un tecnico dei telefoni, un ex direttore di pompe funebri. Almeno altri sei allevamenti di gamberetti diverranno operativi nel corso del prossimo anno, ha spiegato la Brown. "Gli Stati Uniti non dovrebbero importare gamberetti quando e' possibile allevarli qui da noi", ha affermato la Brown. (…) Chad Axley di Elgin, in Minnesota, ha aperto il suo allevamento di gamberetti lo scorso anno per integrare il reddito proveniente dal suo allevamento di bovini che era in difficolta'. "Ho pensato che avesse senso fare qualcosa che nessun altro stava facendo", ha affermato Axley. Per poter avviare la loro Northern Tide Farm si e' resa necessaria una ricerca dettagliata su mansioni non familiari, come regolare i livelli di ossigeno nell'acqua, ha spiegato Axley. Ora, con otto vasche, l'azienda vende fino a 400 libbre (circa 180 kg) di gamberi al mese, che Axley raccoglie con una rete gigante. Ora sta costruendo la sua nona vasca e ha capito la maggior parte dei trucchi. C'e' solo un problema, pero': li hanno capiti anche i gamberetti. "Hanno imparato a correre verso l'altro lato e nascondersi", ha raccontato Axley. "Ora devo mettere delle trappole". [Hiroko Tabuchi, quotidiano – a cura di agra press (gin)]
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