Tariffa Ridotta Editoriale - Autorizzazione n° DCB/ACBNE/02/05/PD del 12/05/05.
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00111514
9!BM CF>:RO VPT! 5!;E ; F:P TPSQ!
ISBN 978-88-13-30071-5
2010
E 37,00
E U R O P E O , S T O R I C O , C O M PA R AT O
ANNO IX - N. 1 GENNAIO-GIUGNO 2010
ANNO IX - 1/2010
ISSN 1720-5816
ANNO IX - N. 1 GENNAIO-GIUGNO 2010
INDICE SOMMARIO (1/2010)
Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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S. Wu, Il codice penale della Repubblica Popolare Cinese: un nuovo codice repubblicano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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G. Ajani, Il diritto penale cinese in trasformazione . . . . . . . . . . . . . .
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S. Vinciguerra, Impressioni di un penalista italiano alla lettura del codice penale cinese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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L. Picotti, Offensività ed elemento soggettivo del reato nel codice penale della Repubblica Popolare Cinese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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49
A. Rossi, I reati contro l’economia nella sistematica del codice penale della Repubblica Popolare Cinese: uno sguardo di insieme . . . . . . . . . .
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67
M. Pelissero, Limiti penali alla libertà di manifestazione del pensiero nel codice penale cinese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Il codice penale della Repubblica Popolare Cinese (traduzione di S. Wu, revisore della traduzione e curatore dell’edizione S. Vinciguerra) . .
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SEZIONE PENALISTICA M. Mona, Il rapporto fra diritto penale federale e diritto penale cantonale in Svizzera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il codice penale della Repubblica popolare cinese
SEZIONE STORICA
Il codice penale bavarese del 1813 Il codice penale per il Regno di Baviera (1813). Parte Prima: Sui crimini e delitti (traduzione di D. Provolo e F. Pavesi). Libri II e III . . . . . . .
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EDITORIALE
In questo numero la sezione penalistica si apre con un interessante studio del prof. Mona dell’Università di Berna sui rapporti fra il diritto penale federale ed il diritto penale cantonale in Svizzera. Questo studio non solo ci fa conoscere un aspetto dell’ordinamento elvetico che generalmente ignoriamo, ma offre anche lo spunto per riflettere sulle applicazioni possibili del nostro art. 116 u. co. cost. (introdotto dall’art. 2 l. cost. n. 3/2001), rimasto finora inattuato. La rimanente e maggior parte della sezione penalistica è dedicata al codice penale della Repubblica Popolare della Cina. L’impegno personale e l’ottima conoscenza della lingua italiana di Shenkuo Wu, dottorando in diritto penale nell’Università di Verona sotto la guida del prof. Lorenzo Picotti, hanno offerto ai giuristi italiani la possibilità di conoscere ciò che finora ignoravano ed a me di continuare nel metodo a cui mi sono attenuto in questi venti anni di studio del diritto penale straniero e comparato, cioè di promuovere e pubblicare le traduzioni dei codici stranieri effettuate dalla lingua originale, evitando sempre la traduzione della traduzione. Com’è consuetudine, scritti di presentazione illustrano il codice tradotto. Oltre allo stesso Wu, il quale svolge anche alcune interessanti considerazioni sui problemi che ha incontrato nel suo lavoro di traduttore, Ajani ha sottolineato il probabile carattere di transizione che presenta questo codice; io ne ho tracciato una panoramica nell’ottica della cultura penalistica europeo occidentale; Picotti si è soffermato sull’offensività dei reati e sull’elemento soggettivo di essi, Rossi sui reati economici e Pelissero sui limiti penali alla libertà di manifestazione del pensiero. Essi hanno acconsentito a pubblicare le considerazioni che svolsero quando il codice cinese venne presentato a Colleghi e Studenti nell’Aula Magna dell’Università di Torino il 3 maggio u.s. Li ringrazio per la collaborazione che hanno offerto in quell’occasione ed a questo numero della Rivista. Nella sezione storica sono pubblicati il secondo ed il terzo libro del codice bavarese del 1813, il primo libro del quale è apparso nel n. 2/2009 della Rivista.
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Martino Mona Associato di diritto penale e filosofia del diritto nell’Università di Berna Dott. iur., lic. phil., LL.M. (Harvard)
IL RAPPORTO FRA DIRITTO PENALE FEDERALE E DIRITTO PENALE CANTONALE IN SVIZZERA Sommario: I. Introduzione. – II. La ripartizione delle competenze secondo la Costituzione federale. – III. La ripartizione delle competenze secondo il codice penale: A) Introduzione. – IV. segue: B) La riserva propria di competenza nell’art. 335 cpv. 1 c.p. – V. segue: C) La riserva impropria di competenza nell’art. 335 cpv. 2 c.p. – VI. Osservazioni conclusive.
I. Introduzione. – L’art. 123 cpv. 1 dell’attuale Costituzione federale svizzera rinvia alla Confederazione il compito di codificare il diritto penale svizzero 1. Questo articolo discende dall’art. 64-bis della vecchia Costituzione (di seguito: v. Cost.), introdotto con un referendum nel 1898 e che ampliò la competenza federale al diritto penale sostanziale, prima limitata ad alcuni settori del diritto civile. L’art. 64-bis v. Cost. rappresentò la base su cui fu avviata la codificazione del diritto penale svizzero da Carl Stooss poi sfociata nel codice penale del 1937. Fino all’entrata in vigore del codice penale federale la situazione era assai composita e complessa dato che i Cantoni avevano un proprio codice penale spesso ispirato da modelli molto diversi fra di loro 2. In generale, lo sviluppo fu da un concetto federalista, nel quale il diritto penale era considerato affare dei soli Cantoni, a una struttura più centralistica, nella quale i
1 Art. 123 cpv. 1 Cost.: «La legislazione nel campo del diritto penale e della procedura penale compete alla Confederazione». Vedi Hans Vest, St. Galler Kommentar BV, 2a ed., Zurigo, 2008, Art. 123 n. 2, e Stefan Trechsel, Viktor Lieber, Schweizerisches Strafgesetzbuch. Praxiskommentar, Zurigo, 2008, Art. 335 n. 1. 2 Paolo Bernasconi, Federalismo e diritto penale in Svizzera: dalla tradizione al diritto europeo, in Dir. Pen. XXI Sec., I, 2, 2002, 313 ss. (314).
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Cantoni perdevano, in misura sempre più consistente, competenze in favore della Confederazione. La codificazione a livello federale era tuttavia allo stesso modo influenzata dall’idea di tener conto delle particolarità cantonali. Era dunque compito del legislatore di regolamentare unicamente quella parte del diritto penale da far valere per l’intera Svizzera 3. Tutto ciò ha condotto alla situazione presente, nella quale la maggior parte delle fonti del diritto penale sostanziale risiede nel diritto federale, ma nella quale il diritto cantonale continua ad avere un ruolo relativamente importante 4. Mentre per il diritto penale sostanziale vale la preminenza del diritto federale, nell’ambito della procedura penale, invece, dominano ancora le leggi cantonali. Anche questa situazione è da ricondurre all’art. 64-bis v. Cost., il quale stabiliva espressamente che il diritto di procedura penale dovesse rimanere ai Cantoni 5. Di conseguenza esistono oggi complessivamente ventisei diverse leggi cantonali e tre leggi federali specifiche di procedura penale 6. Per ridurre questa frammentazione giuridica, spesso sconcertante anche per un giurista svizzero, e per accrescere l’efficacia della repressione penale e allo stesso modo aumentare uguaglianza e certezza giuridica è stato approvato un diritto di procedura penale unificato che entrerà in vigore nel 2011 7. Questo corrisponde alla prescrizione dell’art. 123 Cost. che fu accettato nel 2000 con grande maggioranza da popolo e Cantoni e che trasferisce la competenza in materia di procedura penale alla Confederazione 8. II. La ripartizione delle competenze secondo la Costituzione federale. – Il principio della preminenza del diritto federale su quello cantonale è stabilito nell’art. 49 cpv. 1 della Costituzione 9. L’art. 3 della Costituzione, a sua volta, stabilisce che i Cantoni sono sovrani, «per quanto la loro sovranità non sia li-
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Ivan Oukhtomsky, Die Abgrenzung zwischen schweizerischem und kantonalem Strafrecht. Die Vorbehalte in Art. 335, Abs. 1 StGB, Zurigo, 1946, 56. 4 Vedi Günter Stratenwerth, Schweizerisches Strafrecht, AT I, 3a ed., Berna, 2005, § 4 n. 17. 5 Art. 64-bis v. Cost.: «La Confederazione ha il diritto di far leggi in materia di diritto penale. L’ordinamento dei tribunali, la procedura giudiziaria e l’amministrazione della giustizia restano di competenza dei Cantoni». 6 Hans Vest, St. Galler Kommentar BV, 2a ed., Zurigo, 2008, Art. 123 n. 1. 7 Vedi Paolo Bernasconi, Federalismo e diritto penale in Svizzera: dalla tradizione al diritto europeo, in Dir. Pen. XXI Sec., I, 2, 2002, 313 ss. (315). 8 Vedi Hans Vest, St. Galler Kommentar BV, 2a ed., Zurigo, 2008, Art. 123 n. 1; vedi anche Botschaft zur Vereinheitlichung des Strafprozessrechts vom 21. Dezember 2005, BBl 2005, 1085 ss. (1085). 9 Art. 49 cpv. 1 Cost.: «Il diritto federale prevale su quello cantonale contrario».
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mitata dalla Costituzione federale ed esercitano tutti i diritti non delegati alla Confederazione». Per il caso in cui emerga un conflitto fra diritto federale e diritto cantonale la Costituzione prevede l’invalidità del diritto cantonale 10. Conformemente a ciò, il Tribunale Federale ha stabilito che i Cantoni possono emanare solo prescrizioni che non contraddicano senso e spirito (Sinn und Geist) delle prescrizioni federali 11, che non pregiudichino lo scopo delle leggi federali 12 e che rispettino i diritti fondamentali 13. Benché la Costituzione sia orientata a un’unificazione del diritto penale svizzero, non definisce questo termine 14. Secondo l’opinione dominante, l’art. 123 della Costituzione riconosce alla Confederazione una competenza legislativa in ordine al così detto «diritto penale essenziale» (Kernstrafrecht). In linea di principio si tratta di quella parte del diritto penale che di solito è raccolta in un codice penale e che comprende quelle norme dalla cui protezione penale dipende la pace sociale 15. Da un lato, il diritto penale federale dovrebbe regolare le inosservanze la cui repressione era tradizionalmente già affidata al diritto cantonale 16. Dall’altro lato, tuttavia, dovrebbero essere elevate a legge federale solo quelle norme cantonali che appartengono al diritto penale essenziale 17. Per questo tipo di diritto penale è dunque in vigore una competenza federale concorrente con efficacia derogatoria: i Cantoni non sono autorizzati a legiferare nei settori nei quali la Confederazione ha già legiferato in modo definitivo 18. A tal proposito deve rilevarsi che l’ambito del diritto penale «essenziale»
Ulrich Häfelin, Walter Haller, Schweizerisches Bundesstaatsrecht, 6a ed., Zurigo, 2005, n. 1175; vedi Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 12; vedi anche Decisione del Tribunale Federale (di seguito, DTF) 115 Ia 234, 272 s. consid. 12a e 12b. 11 DTF 123 I 313, 316 consid. 2b. 12 DTF 125 II 56, 58 consid. 2b; vedi Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 12. 13 Vedi DTF 117 Ia 472, 477 ss. consid. 3. 14 Vedi Walther Burckhardt, Kommentar der Schweizerischen Bundesverfassung vom 29. Mai 1874, 3a ed., Berna, 1931, 585 s. 15 Vedi Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 3 e riferimenti. 16 Vedi Walther Burckhardt, Kommentar der Schweizerischen Bundesverfassung vom 29. Mai 1874, 3a ed., Berna, 1931, 593 s. 17 Vedi Vital Schwander, Das Schweizerische Strafgesetzbuch, 2a ed., Zurigo, 1964, n. 91 («klassisches Strafrecht»); vedi anche Stefan Trechsel, Schweizerisches Strafgesetzbuch Kurzkommentar, 2a ed., Zurigo, 1997, Art. 335 n. 1. 18 Vedi DTF 113 Ia 309, 311 consid. 3a; vedi anche DTF 115 Ia 234, 272 s. consid. 12a. 10
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non è immutabile 19, il che vale anzitutto quando nuove forme di criminalità esigono nuove fattispecie 20. Viene da pensare alla fattispecie della discriminazione razziale dell’art. 261-bis c.p. in vigore dal 1995 21. L’esempio dell’omissione di soccorso (Unterlassung der Nothilfe) dimostra, a sua volta, che anche una fattispecie lasciata inizialmente al diritto penale cantonale può essere attribuita alla competenza della Confederazione. Dopo una prima fase, in cui per ragioni politiche non aveva fatto parte del diritto penale federale, l’obbligo di prestare soccorso è stato introdotto nell’art. 128 del codice penale con la riforma del 1989 in quanto ci si è resi conto che simile obbligo appartiene anch’esso al diritto penale «essenziale» 22. Accade poi non di rado che la Confederazione elimini disposizioni penali per affermare che un certo comportamento non è più punibile a livello federale e ancor meno a livello di diritto penale cantonale 23. In questo modo venne per esempio abolito nel 1989 su tutto il territorio svizzero il reato di adulterio. Simili casi non vanno però intesi come una restrizione delle competenze federali né tantomeno come un uso limitato, da parte della Confederazione, della competenza a essa attribuita 24. In realtà, la Confederazione esercita la propria competenza decriminalizzando in modo definitivo un certo comportamento e non sorge affatto una competenza di altro tipo. III. La ripartizione delle competenze secondo il codice penale: A) Introduzione. – Con l’entrata in vigore del codice penale svizzero la Confederazione non
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Vedi Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 5; vedi anche Hans Schultz, Die eigenmächtige Heilbehandlung: eine kantonalrechtliche Lösung?, in Zeitschrift für die gesamte Strafrechtswissenschaft (di seguito: ZStrR) / Rivista penale svizzera (di seguito: RPS), 107, 1990, 281 ss. (292). 20 Vedi Hans Schultz, Die eigenmächtige Heilbehandlung: eine kantonalrechtliche Lösung?, in ZStrR/RPS, 107, 1990, 281 ss. (292 s.). 21 Vedi Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 5. 22 Vedi Hans Schultz, Die eigenmächtige Heilbehandlung: eine kantonalrechtliche Lösung?, in ZStrR/RPS, 107, 1990, 281 ss. (293) e Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 5. 23 Vedi Hans Schultz, Die eigenmächtige Heilbehandlung: eine kantonalrechtliche Lösung?, in ZStrR/RPS, 107, 1990, 281 ss. (292). 24 In questo senso però Hans Schultz, Die eigenmächtige Heilbehandlung: eine kantonalrechtliche Lösung?, in ZStrR/RPS, 107, 1990, 281 ss. (292); vedi anche Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 5
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ha unificato l’intero diritto penale essenziale e anzi nell’art. 335 c.p. ha rimesso ai Cantoni la competenza per un diritto penale complementare 25. Proprio perché chiamato a puntualizzare l’ambito del diritto penale cantonale ancora ammissibile l’art. 335 c.p. si vide attribuire un grosso significato politico. Esso descrive la competenza dei Cantoni nel senso di una riserva propria (echter Vorbehalt) e di una riserva impropria (unechter Vorbehalt) in questi termini 26: cpv. 1: Ai Cantoni rimane riservata la legislazione sulle contravvenzioni di polizia, che non sono regolate dalla legislazione federale. cpv. 2: Essi possono comminare sanzioni per le violazioni delle disposizioni cantonali in materia di amministrazione e di procedura. Con questo articolo il codice penale regola l’ordine delle competenze tra Confederazione e Cantoni 27, ma nulla dice circa il ruolo della parte generale del codice penale. È indiscusso che i Cantoni siano autorizzati a emanare specifiche disposizioni generali per il proprio diritto penale 28. La parte generale del codice penale federale non vale automaticamente anche per il diritto penale cantonale 29. Così il Tribunale Federale ha ritenuto ammissibile, ad esempio, una responsabilità penale delle persone giuridiche in deroga alla regola contraria allora vigente nel codice penale federale 30. Sebbene la maggioranza dei Cantoni rinvii alla parte generale del codice penale federale 31, essi rimangono in ogni modo liberi di prevedere delle eccezioni 32. Fanno a loro volta eccezione a questa regola quelle disposizioni della parte generale che hanno contenuto di rilievo costituzionale come i principi nulla poena sine lege 33 e nulla poena sine culpa 34.
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Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 5. 26 Vedi anche Stefan Trechsel, Viktor Lieber, Schweizerisches Strafgesetzbuch. Praxiskommentar, Zurigo, 2008, Art. 335 n. 2 s. 27 Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 3. 28 Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 6. 29 DTF 69 IV 4, 11 consid. 3; DTF 71 IV 46, 51 consid. 4; vedi anche Stefan Trechsel, Viktor Lieber, Schweizerisches Strafgesetzbuch. Praxiskommentar, Zurigo, 2008, Art. 335 n. 15. 30 DTF 101 Ia 107, 109 ss. consid. 4. 31 Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 6 e riferimenti. 32 Stefan Trechsel, Viktor Lieber, Schweizerisches Strafgesetzbuch. Praxiskommentar, Zurigo, 2008, Art. 335 n. 15; vedi OGer LU, 19.12.1985, LGVE 1986 I Nr. 46 (Verjährung). 33 Vedi DTF 118 Ia 305, 318 s. consid. 7. 34 Vedi DTF 103 Ia 225, 227 s.
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Poiché dal punto di vista del diritto federale anche il diritto penale dei comuni è da considerarsi diritto penale cantonale, l’art. 335 c.p. attribuisce competenza legislativa penale anche ai Comuni, sempre che questi ultimi siano a loro volta a ciò autorizzati secondo il diritto cantonale 35. In quanto competenti a emanare specifiche norme penali, i Cantoni possono dunque trasferire simile competenza ai Comuni 36. IV. segue: B) La riserva propria di competenza nell’art. 335 cpv. 1 c.p. a) Preliminare. – L’art. 335 cpv. 1 c.p. descrive una riserva propria di competenza a favore dei Cantoni. La Confederazione, rinunciando alla propria competenza legislativa assoluta nell’ambito dei reati bagatellari 37, delega ai Cantoni una competenza che originariamente non avevano 38. Questa potestà legislativa è limitata da un canto all’ambito delle contravvenzioni e, dall’altro, è ammessa solo a proposito di materie che non sono regolate dalla Confederazione e che dunque non costituiscono già oggetto di legislazione federale 39. b) Diritto penale contravvenzionale. – Il concetto di «contravvenzione» è da determinarsi unicamente in modo formale con la definizione nell’art. 103 c.p. come un reato per cui è comminata la pena della multa 40. Per quel che riguarda l’art. 335 cpv. 1, i Cantoni possono dunque prevedere, nell’ambito delle proprie leggi penali, solo la multa quale misura punitiva massima del proprio apparato penale 41. In generale, le norme penali dell’art. 335 cpv. 1 sono da annoverare nell’ambito del diritto penale di polizia 42. A differenza di quest’ultimo non sono limitate alle infrazioni di poco conto o ai disturbi alla quiete
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DTF 96 I 24, 29. Hans Schultz, Einführung in den Allgemeinen Teil des Strafrechts, vol. I, 4a ed., Berna, 1982, 75. 37 Stefan Trechsel, Viktor Lieber, Schweizerisches Strafgesetzbuch. Praxiskommentar, Zurigo, 2008, Art. 335 n. 3; vedi anche Wolfgang Beckmann, Das Bagatelldelikt und seine Behandlung im Strafgesetzbuch der Schweiz, Baden-Baden, 1982, 81. 38 Vedi Ulrich Häfelin, Walter Haller, Schweizerisches Bundesstaatsrecht, 6a ed., Zurigo, 2005, n. 1158. 39 Vedi DTF 125 I 369, 375 consid. 4a. 40 Vedi DTF 69 IV 4, 7 ss.; Stefan Trechsel, Viktor Lieber, Schweizerisches Strafgesetzbuch. Praxiskommentar, Zurigo, 2008, Art. 335 n. 5; vedi anche Ivan Oukhtomsky, Die Abgrenzung zwischen schweizerischem und kantonalem Strafrecht. Die Vorbehalte in Art. 335, Abs. 1 StGB, Zurigo, 1946, 47. 41 Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 9. 42 Vedi Günter Stratenwerth, Schweizerisches Strafrecht, AT I, 3a ed., Berna, 2005, § 4 n. 21. 36
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pubblica 43, bensì hanno come oggetto anche tutte quelle fattispecie che devono essere lasciate ai Cantoni sia per la particolarità del contesto locale sia per l’assenza di una specifica esigenza di una normativa unitaria 44. In più, secondo il Tribunale Federale, unitamente alla «contravvenzione», ai Cantoni è concesso prevedere misure privative della libertà in senso ampio al di là della punizione 45, purché sia mantenuto il rispetto del principio di proporzionalità 46. Non è ancora chiaro, tuttavia, quali condotte il legislatore cantonale possa sanzionare con proprie previsioni penali essendo la contravvenzione definita dallo stesso codice penale svizzero ed essendo dunque, in senso formale, regolata dalla Confederazione. Non è pertanto possibile stabilire il perimetro della legislazione penale cantonale ammissibile tramite un’analisi del termine «contravvenzione», bensì solo esaminando il contenuto della norma cantonale e chiarendo la questione più generale di quando si possa dire che una materia specifica non sia già oggetto della legislazione federale. c) Oggetto della legislazione federale. – Dato che la questione della legislazione autonoma dei Cantoni si pone fondamentalmente solo a proposito di quelle condotte che attualmente non sono regolate dalla Confederazione, l’appartenenza all’insieme indistinto delle materie che non costituiscono specifico oggetto del legislatore nazionale non è ancora sufficiente a definire la competenza cantonale 47. Una condotta può essere inclusa nell’ambito della competenza federale non solo nel caso in cui essa sia presa in considerazione da una norma penale nazionale ma anche quando non è recepita dalla legge penale o è stata cancellata dal codice penale perché deve rimanere impunita 48. È quindi da chiarire se il legislatore federale non ha regolato una condotta perché ha ritenuto inopportuna l’uniformazione del diritto in quel par-
43 Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 8 e riferimenti. 44 DTF 115 Ia 234, 273 s. consid. 12bb; vedi Ernst Hafter, Das eidgenössische Strafrecht und die Vorbehalte zugunsten der Kantone im Sinne des Art. 335 des Schweizerischen Strafgesetzbuches, in ZSR, 58, 1939, 1a-54a (12a ss.); vedi anche Ivan Oukhtomsky, Die Abgrenzung zwischen schweizerischem und kantonalem Strafrecht. Die Vorbehalte in Art. 335, Abs. 1 StGB, Zurigo, 1946, 56 s. 45 DTF 69 IV 183, 185 s.; vedi anche Stefan Trechsel, Viktor Lieber, Schweizerisches Strafgesetzbuch. Praxiskommentar, Zurigo, 2008, Art. 335 n. 7. 46 Günter Stratenwerth, Schweizerisches Strafrecht, AT I, 3a ed., Berna, 2005, § 4 n. 21. 47 Günter Stratenwerth, Schweizerisches Strafrecht, AT I, 3a ed., Berna, 2005, § 4 n. 21 e Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 10. 48 Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 10.
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ticolare ambito, oppure se non voleva fosse punita nemmeno dal legislatore cantonale 49. In quest’ultimo caso si parla di «silenzio qualificato» (qualifiziertes Schweigen) del legislatore 50. Questa evenienza ricorre quando il codice penale regola le offese al bene giuridico in maniera compiuta attraverso un sistema chiuso di norme 51. La competenza cantonale non è dunque limitata solo per quel che riguarda il tipo di sanzione ma anche nella sostanza stessa 52. Pertanto, i Cantoni non possono «completare» il diritto penale federale discostandosi dagli elementi tipici del fatto e dando così vita a fattispecie «allargate» 53. In tal senso si è pronunciato il Tribunale Federale secondo il quale, per esempio, ai Cantoni non è consentito eliminare l’elemento del danno dalla fattispecie tipica della sottrazione di una cosa mobile e che dunque il semplice furto d’uso (furtum usus) di una bicicletta non può essere sanzionato penalmente dai Cantoni e deve rimanere esente da sanzione su tutto il territorio federale 54. Se invece il legislatore federale non regola, globalmente o solo in parte, una determinata materia, i Cantoni possono emanare norme penali contravvenzionali secondo le proprie convinzioni ed esigenze regionali 55. Posta questa premessa, la possibilità concreta di dar luogo a legislazione cantonale deve essere vagliata per ogni caso specifico con riferimento al testo costituzionale e all’ordinamento giuridico penale complessivo 56. Uno sguardo alla casistica mostra che diversi ambiti di materie sono regolati in maniera compiuta dal legislatore e pertanto, in relazione ad essi, una legi-
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DTF 71 IV 46, 47; vedi anche DTF 117 Ia 472, 474 consid. 2b; DTF 116 IV 19, 20 consid. 1; vedi anche Ernst Hafter, Das eidgenössische Strafrecht und die Vorbehalte zugunsten der Kantone im Sinne des Art. 335 des schweizerischen Strafgesetzbuches, in ZSR, 58, 1939, 1a54a (17a e 45a). 50 Vedi DTF 129 IV 276, 279 s. 51 DTF 89 IV 94, 95 s. E 4a; vedi anche DTF 129 IV 276, 279 s. 52 DTF 115 Ia 234, 274 consid. 12bb; vedi Philipp Thormann, Die Übertretungen im Strafrecht des Bundes und der Kantone, in ZStrR/RPS, 61, 1946 e Hans Schultz, Einführung in den Allgemeinen Teil des Strafrechts, vol. I, 4a ed., Berna, 1982, 75; vedi anche Hans Vest, St. Galler Kommentar BV, 2a ed., Zurigo, 2008, Art. 123 n. 6. 53 Vedi Stefan Trechsel, Viktor Lieber, Schweizerisches Strafgesetzbuch. Praxiskommentar, Zurigo, 2008, Art. 335 n. 8 (questo vale soltanto per l’art. 335 cpv. 1 c.p.). 54 DTF 70 IV 129, 132 s.; vedi anche la critica in Jean Graven, Le vol d’usage de bicyclette, in ZStrR/RPS, 59, 1945, 324-348 (338 ss.). 55 DTF 89 IV 94, 96; vedi anche DTF 115 Ia 234, 273 s. consid. 12bb; vedi anche Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 10 e riferimenti. 56 Vedi Yvo Hangartner, Die Kompetenzverteilung zwischen Bund und Kantonen, Berna, 1974, 101 ss.
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slazione cantonale è da ritenersi inammissibile. Questo è il caso per i reati contro l’onore e la sfera personale riservata (artt. 173 ss. c.p.) 57, i reati contro l’integrità sessuale (art. 187 ss. c.p.) 58 ed i reati relativi alla circolazione stradale 59. Non costituiscono invece oggetto specifico del diritto federale e possono conseguentemente ritenersi oggetto di normazione cantonale contravvenzionale le materie che ricadono nell’ambito dei reati contro il patrimonio (art. 137 ss. c.p.) 60. Nei lavori parlamentari fu poi tolta dal testo originario di legge federale la fattispecie contravvenzionale dello sfruttamento della credulità tramite cartomanzia, analisi dei sogni, evocazione degli spiriti ecc. che fu dunque lasciata nella competenza dei Cantoni 61. Di fatti, questo tipo di sfruttamento della credulità è, per esempio, ancor oggi punibile con multa nel Canton Berna secondo l’art. 9 del codice penale cantonale 62. I Cantoni hanno anche il diritto di punire con delle norme specifiche cantonali l’accattonaggio, comportamento che non è punibile a livello federale 63. Anche a proposito dei crimini o dei delitti contro la tranquillità pubblica (art. 258 ss. c.p.), normati dal diritto penale federale, non si tratta di un sistema chiuso di norme. Piuttosto sono state codificate solo alcune fattispecie che il legislatore ha elevato a crimine o a delitto in considerazione del loro particolare significato 64. I Cantoni hanno, pertanto, il diritto di punire l’atto di camuffarsi durante le manifestazioni politiche per le quali occorre un’autorizzazione 65. Per l’interpretazione dell’art. 335 cpv. 1 c.p. è poi opportuno ricordare che l’originario progetto parlamentare del codice penale prevedeva una lista molto ampia di contravvenzioni che nel corso dei lavori parlamentari sono state cancellate e attribuite all’ambito di competenza cantonale 66. Questa soluzione
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Vedi DTF 71 IV 102, 106 s. consid. 3. Vedi DTF 68 IV 40, 41 ss. 59 Vedi DTF 104 IV 288, 291 s. consid. 3b. 60 DTF 72 IV 53, 54 s. consid. 2. 61 Ivan Oukhtomsky, Die Abgrenzung zwischen schweizerischem und kantonalem Strafrecht. Die Vorbehalte in Art. 335, Abs. 1 StGB, Zurigo, 1946, 60. 62 Gesetz betreffend die Einführung des Schweizerischen Strafgesetzbuches (EG StGB), tit. 1, art. 9. 63 DTF 70 IV 193, 197 s. 64 Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 19. 65 DTF 117 Ia 472, 474 ss. consid. 2b. 66 Hans Schultz, Die eigenmächtige Heilbehandlung: eine kantonalrechtliche Lösung?, in ZStrR/RPS, 107, 1990, 281 ss. (294); vedi Ernst Hafter, Das eidgenössische Strafrecht und die Vorbehalte zugunsten der Kantone im Sinne des Art. 335 des Schweizerischen Strafgesetzbuches, in ZSR, 58, 1939, 1a-54a (10a). 58
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scaturì, in primo luogo, da esigenze di opportunità politica al fine di non offrire ai sostenitori dell’autonomia allargata dei Cantoni alcun facile pretesto per polemizzare in vista del referendum popolare confermativo del codice penale 67. Mentre il progetto parlamentare aveva previsto una competenza centralistica accentuata, nel corso dei lavori legislativi si cambiò così nuovamente il rapporto tra diritto federale e cantonale a favore di quest’ultimo 68. d) Autonomia cantonale e non punibilità. – Da questi presupposti sembra chiara la conclusione che i Cantoni possono introdurre nuove forme di punibilità in quei settori che non sono ancora oggetto della legislazione federale. Non hanno invece il diritto di abolire la punibilità per quei comportamenti dichiarati punibili a livello di diritto penale federale, per la semplice ragione che un tale comportamento è necessariamente già oggetto della legislazione federale e dunque è sottratto alla competenza dei Cantoni. Tuttavia, non è evidente quale possa in realtà essere il significato del principio che la parte generale del codice penale federale non vale automaticamente anche per il diritto penale cantonale e che i Cantoni sono autorizzati a emanare specifiche disposizioni e di prevedere delle eccezioni per la parte generale del proprio diritto penale 69. Questo significherebbe che un Cantone è libero di stabilire, ad esempio, che una giustificazione a causa di uno stato di necessità esimente avviene non solamente se il soggetto attivo del reato salvaguarda l’interesse preponderante 70 ma già quando salvaguarda un interesse almeno equivalente. Significherebbe anche che un Cantone può prevedere un’eccezione per la parte generale del proprio diritto penale in quanto, contrariamente al codice penale federale, dichiara impunibile la complicità 71 o l’errore evitabile sull’illiceità 72 per le fattispecie del diritto penale cantonale. Dall’altro lato, i Cantoni sono liberi di stabilire la regola che le contravvenzioni di diritto cantonale sono punibili anche se commesse per negligenza 73, discostandosi così dal principio contrario del diritto penale federale. Per quanto a mia conoscen-
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Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 11. 68 Ernst Hafter, Das eidgenössische Strafrecht und die Vorbehalte zugunsten der Kantone im Sinne des Art. 335 des Schweizerischen Strafgesetzbuches, in ZSR, 58, 1939, 1a-54a (3a). 69 Vedi Stefan Trechsel, Viktor Lieber, Schweizerisches Strafgesetzbuch. Praxiskommentar, Zurigo, 2008, Art. 333 n. 15. 70 Vedi art. 17 c.p. 71 Vedi art. 25 c.p. 72 Vedi art. 21 c.p. 73 Vedi per esempio per il Canton Berna: Gesetz betreffend die Einführung des Schweizerischen Strafgesetzbuches (EG StGB), tit. 1, art. 3.
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za, la dottrina e giurisdizione svizzera non hanno mai approfondito questa problematica e anzi non sembrano neppure averla percepita. L’approccio si distingue piuttosto per una tendenza molto federalista che idealizza l’autonomia dei Cantoni nell’ambito della parte generale del loro diritto penale e conclude molto cautamente che sarebbe certamente utile e auspicabile se i Cantoni non si discostassero troppo dalla parte generale del diritto penale federale 74. V. segue: C) La riserva impropria di competenza nell’art. 335 cpv. 2 c.p. a) Preliminare. – Secondo l’art. 335 cpv. 2 c.p. i Cantoni possono comminare sanzioni per le violazioni delle disposizioni cantonali in materia di amministrazione e di procedura. Si tratta di una riserva impropria 75 perché secondo la Costituzione i Cantoni hanno in ogni modo la competenza in materia di amministrazione e, almeno fino al 2011, anche in materia di procedura e a questa è semplicemente aggiunta la competenza di punire le infrazioni delle proprie norme amministrative o procedurali 76. Se i Cantoni hanno la competenza di regolare una certa materia di amministrazione e di procedura, devono – questo è l’argomento – anche avere il potere di stabilire delle prescrizioni penali a difesa delle loro leggi 77. Mentre i Cantoni possono prevedere norme contravvenzionali secondo l’art. 335 cpv. 1 c.p. solo se il legislatore federale non ha regolato la materia o se l’ha solo regolata in parte, le norme penali dei Cantoni nell’ambito del diritto amministrativo e procedurale cantonale sono in linea di principio illimitate secondo l’art. 335 cpv. 2 c.p. L’unica condizione è che i Cantoni devono avere la competenza per la materia in questione 78. b) Il diritto penale amministrativo dei Cantoni. – Le fattispecie penali che
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Vedi per esempio Ernst Hafter, Lehrbuch des Schweizerischen Strafrechts, Allgemeiner Teil, 2a ed., Berna, 1946, 34 s. 75 Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 23 e riferimenti. 76 Vedi Stefan Trechsel, Viktor Lieber, Schweizerisches Strafgesetzbuch. Praxiskommentar, Zurigo, 2008, Art. 335 n. 3; vedi anche Günter Stratenwerth, Schweizerisches Strafrecht, AT I, 3a ed., Berna, 2005, § 4 n. 22. 77 Vedi Walther Burckhardt, Kommentar der Schweizerischen Bundesverfassung vom 29. Mai 1874, 3a ed., Berna, 1931, 593; vedi anche Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 23. 78 DTF 129 IV 276, 279 s.; vedi anche Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 24 e riferimenti.
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servono alla realizzazione di determinazioni legali amministrative sono considerate diritto penale amministrativo 79. La previsione di comportamenti da parte del diritto penale amministrativo dei Cantoni, la cui violazione vuole essere sanzionata, deve essere contenuta in un decreto amministrativo 80. Una norma sanzionatoria di natura amministrativa emanata dai Cantoni trova applicazione quando le normali sanzioni amministrative non sono ritenute sufficienti 81. La competenza dei Cantoni in ordine al diritto amministrativo è di vasta portata e comprende tra l’altro la materia della sanità 82, dell’educazione, della polizia e della protezione antincendio. Può così accadere che una norma sanzionatoria cantonale sia considerata antigiuridica ai sensi del cpv. 1 dell’art. 335 c.p. nel caso in cui la materia sia completamente disciplinata dal diritto federale, che tale norma possa però in ultima analisi essere consentita secondo il cpv. 2 dell’art. 335 c.p. nel caso in cui sia posta a tutela di una previsione enunciata in un decreto amministrativo cantonale 83. Questo può essere esemplificato con la seguente sentenza del Tribunale Federale (Decisione del Tribunale Federale, di seguito DTF, 129 IV 276). Qui si poneva il problema se sono consentite previsioni penali cantonali in materia di sicurezza in caso d’incendi (Feuerschutz). Era da decidere se il ricorrente era stato correttamente condannato dal Tribunale cantonale di Appenzello esterno al pagamento di una multa in seguito all’infrazione contro la legge cantonale antincendio poiché nella sua cucina era scoppiato un incendio che aveva causato considerevoli danni materiali nel suo appartamento 84. Il Tribunale Federale, da un lato, ritiene che la legge federale abbia esaustivamente disciplinato la causazione degli incendi negli artt. 221 e 222 c.p. cosicché non rimane spazio per previsioni cantonali complementari di fattispecie penali in caso di trasgressione delle norme in materia d’incendio. Stante il cpv.
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79 Ernst Hafter, Das eidgenössische Strafrecht und die Vorbehalte zugunsten der Kantone im Sinne des Art. 335 des Schweizerischen Strafgesetzbuches, in ZSR, 58, 1939, 1a-54a (24a); vedi in extenso Günter Stratenwerth, Schweizerisches Strafrecht, AT I, 3a ed., Berna, 2005, § 2 n. 39 ss. 80 DTF 115 Ia 234, 274 s. consid. 12cc. 81 Vedi Ernst Hafter, Lehrbuch des Schweizerischen Strafrechts, Allgemeiner Teil, 2a ed., Berna, 1946, 36; vedi anche Hans Vest, St. Galler Kommentar BV, 2a ed., Zurigo, 2008, Art. 123 n. 4. 82 Vedi Hans Schultz, Die eigenmächtige Heilbehandlung: eine kantonalrechtliche Lösung?, in ZStrR/RPS, 107, 1990, 281 ss. (295). 83 Vedi DTF 115 Ia 234, 274 s. consid. 12cc. 84 DTF 129 IV 276, 276 s.
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1 dell’art. 335 c.p. in questo caso non è prevista una legislazione integrativa cantonale. La causazione di un incendio è punibile secondo il codice penale federale quando il fuoco determina danni a persona diversa dall’autore oppure quando causa un pericolo all’incolumità pubblica 85. Nel caso in questione si è verificato soltanto un danno nell’appartamento del ricorrente e non un pericolo per l’incolumità pubblica. Non sarebbe dunque consentita la punizione del ricorrente per mezzo di norme penali cantonali. Dall’altro lato, tuttavia, il Tribunale Federale rileva che il ricorrente non è stato punito per aver causato un incendio ma piuttosto per la mancata osservanza degli obblighi cautelari. Ciò corrisponde alla violazione di una previsione di diritto amministrativo cantonale sulla lotta contro gli incendi che prevede che è punito con multa chi viola la legge cantonale sulla prevenzione degli incendi. Tale disposizione penale serve ad assicurare l’osservanza delle disposizioni sulla prevenzione degli incendi e degli obblighi generali di cautela. Dato che in questo ambito la competenza spetta ai Cantoni e trattasi di norma penale cantonale posta a tutela dell’osservanza di una disposizione amministrativa, la norma si può sussumere sotto il cpv. 2 dell’art. 335 c.p., non interviene direttamente nel campo del diritto penale riservato alla Confederazione ed è dunque lecita 86. c) Diritto di procedura penale cantonale. – Secondo il cpv. 1 dell’art. 123 Cost. la Confederazione ha potestà legislativa anche a proposito del diritto processuale penale. Si tratta anche qui di una competenza concorrente con efficacia derogatoria. I Cantoni rimangono dunque autorizzati a legiferare almeno finché non subentra la legislazione federale nel 2011 87. Vista la libertà di legiferare di cui ancora godono i Cantoni, le leggi cantonali sull’ordinamento giudiziario a proposito del processo civile e penale e sulla tutela dell’ordinamento amministrativo prevedono, pertanto, tutta una serie di pene nei confronti delle parti, dei periti, dei testimoni e di altre persone 88. Applicando l’art. 335 cpv. 2 c.p. i Cantoni possono in questo modo imporre condotte desiderate nell’ambito procedurale come, per esempio, l’obbligo di testimonianza 89. In questi casi non ha mai la precedenza la norma in bianco
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DTF 129 IV 276, 280 s. DTF 129 IV 276, 279 s. 87 Vedi Hans Vest, St. Galler Kommentar BV, 2a ed., Zurigo, 2008, Art. 123 n. 8. 88 Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 28; vedi anche Ernst Hafter, Lehrbuch des Schweizerischen Strafrechts, Allgemeiner Teil, 2a ed., Berna, 1946, 36 s. 89 Vedi DTF 117 Ia 491, 493. 86
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dell’art. 292 del codice penale federale (disobbedienza a decisioni dell’autorità) 90. d) Sanzioni. – Se ai Cantoni spetta la competenza legislativa in ordine al diritto amministrativo e procedurale, essi sono liberi in base al cpv. 2 dell’art. 335 di determinare il tipo di sanzione penale a tutela del loro diritto 91. Questo campo rappresenta un diritto penale proprio dei Cantoni cosicché sono consentite non soltanto pene per le contravvenzioni ma anche pene per delitti (Vergehen) (pena detentiva fino a tre anni) 92. I Cantoni possono dunque prevedere proprie fattispecie di delitto 93. Non è, tuttavia, chiaro ed esplicito perché i Cantoni siano limitati alle fattispecie di delitto e non possano anche prevedere delle fattispecie di crimini (Verbrechen) (pena detentiva di oltre tre anni). Probabilmente si suppone implicitamente che, in ogni caso, una fattispecie di crimine non rispetterebbe il principio di proporzione. Infine, si deve inoltre ricordare che i Cantoni hanno la libertà legislativa di prevedere sanzioni amministrative di diritto disciplinare secondo le specifiche necessità regionali da soddisfare 94. VI. Osservazioni conclusive. – Con questo ordinamento giuridico si accettano sanzioni e tendenze procedurali penali disparate e diverse secondo i Cantoni. In generale, ciò è considerato un prezzo accettabile da pagare per conservare elementi di federalismo anche nel diritto penale. Dato che da questo punto di vista è riconosciuto che con questo sistema si riesce a tener conto in modo ragionevole delle attuali peculiarità nei diversi Cantoni, la critica si limita a dettagli di natura tecnica. È però da indagare su due aspetti: 1) La portata dell’autonomia cantonale per quel riguarda la parte generale del loro diritto penale. 2) Il dato di fatto
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Vedi Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 28 e riferimenti; vedi anche Stefan Trechsel, Viktor Lieber, Schweizerisches Strafgesetzbuch. Praxiskommentar, Zurigo, 2008, Art. 335 n. 13 91 Stefan Trechsel, Viktor Lieber, Schweizerisches Strafgesetzbuch. Praxiskommentar, Zurigo, 2008, Art. 335 n. 12; vedi anche Hans Schultz, Die eigenmächtige Heilbehandlung: eine kantonalrechtliche Lösung?, in ZStrR/RPS, 107, 1990, 281 ss. (295) e riferimenti. 92 Stefan Trechsel, Viktor Lieber, Schweizerisches Strafgesetzbuch. Praxiskommentar, Zurigo, 2008, Art. 335 n. 12; Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 27. 93 Günter Stratenwerth, Schweizerisches Strafrecht, AT I, 3a ed., Berna, 2005, § 4 n. 22 e riferimenti. 94 Roland Wiprächtiger, Art. 335, in Niggli, Wiprächtiger (curatori), Strafrecht II. Art. 111-392 StGB, Basler Kommentar, 2a ed., Basilea, 2007, n. 25.
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che il cpv. 2 dell’art. 335 c.p. è relativamente poco delimitato in quanto la definizione dell’ammissibilità della competenza cantonale dipende dalla ripartizione federale che assegna ai Cantoni competenze di ampia portata. L’effetto del principio di autonomia per la parte generale e del cpv. 2 dell’art. 335 c.p., e dunque del diritto amministrativo, sul diritto penale dovrebbe essere precisato non soltanto alla luce del sistema federale ma anche tenendo conto dei possibili eccessi sanzionatori. In Svizzera questo problema è rimasto teorico perché i Cantoni fino ad oggi si sono autolimitati. In ogni Federazione con tendenze autonomiste il potenziale del cpv. 2 dell’art. 335 c.p. potrebbe però essere sfruttato da membri della Federazione per differenziarsi e separarsi rispetto al governo centrale ed alle altre regioni.
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IL CODICE PENALE DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE
Shenkuo Wu Dottorando di ricerca in diritto penale nell’Università di Verona
IL CODICE PENALE DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE UN NUOVO CODICE REPUBBLICANO Sommario: 1. Uno sguardo storico al diritto penale cinese dal 1949 al 2010: A) 1949-1979. – 2. segue: B) 1.2.1980-1997. – 3. segue: C) 1.3.1998-2010. – 4. Osservazioni sul contenuto del codice penale del 1997. – 5. Riflessi tecnici e linguistici sulla traduzione. Metodi e difficoltà: A) I criteri orientativi. – 6. segue: B) Difficoltà non facilmente superabili. – 7. Spunti per una cultura comparatistica più estesa.
1. Uno sguardo storico al diritto penale cinese dal 1949 al 2010: A) 19491979. – Nel territorio cinese il diritto penale ha assunto una fisionomia nuova dopo lo spartiacque segnato dall’anno 1949. Al tempo della fondazione della Repubblica Popolare Cinese, venne abrogato il codice penale emanato nel 1935 dalla Repubblica Cinese e l’autorità politica cominciò a occuparsi della ricostruzione dell’ordinamento penale. Infatti, sin nei primi anni ’50, furono promulgate alcune norme di carattere penale. L’Ordinanza contro i fatti anti-rivoluzionari e l’Ordinanza temporanea sui fatti contro la moneta dello Stato del 1951, nonché l’Ordinanza contro le corruzioni del 1952 rappresentarono i primi interventi in materia penale. D’altro canto, la stessa autorità politica non trascurò del tutto l’importanza di redigere un codice penale vero e proprio. Così, su iniziativa dell’ex Comitato Legale del Governo Popolare Centrale, fino al 1954, furono preparate due bozze a tal proposito: la Bozza dello schema del codice penale della Repubblica Popolare Cinese (per complessivi 157 articoli) e la Bozza dei principi direttivi del codice penale della Repubblica Popolare Cinese (per complessivi 76 articoli). Tuttavia, a causa di una serie di movimenti politici di natura distruttiva – come l’Anti-destri, le Quattro pulizie e la Grande rivoluzione culturale – l’assai lungo cammino preparatorio del codice ha visto la possibilità di giungere ad un buon risultato solo dopo l’assestamento, nel 1978, della politica nazionale di Riforma ed apertura. Invero, la XXXVIII bozza del codice penale fu presentata nell’anno successivo all’organo legislativo dello Stato e fu approvata al-
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l’unanimità dalla Seconda Sessione della Quinta Assemblea Popolare Nazionale il 1o luglio 1979 ed entrò in vigore il 1o giugno 1980. Data la sua nascita nel periodo storico comunista, il codice penale del ’79 era caratterizzato da connotazioni politiche che si vedevano soprattutto nei suoi contenuti. Il codice era composto di due Parti (Disposizioni generali e Diposizioni speciali), per un totale di 192 articoli. La Parte I, composta di 89 articoli, riguardava: Principi fondamentali, compito e ambito di operatività del codice penale (Titolo I), Reati (Titolo II), Pene (Titolo III), Applicazione concreta delle pene (Titolo IV) e Disposizioni supplementari (Titolo V). La Parte II, composta di 103 articoli, a sua volta, riguardava: Reati contro la rivoluzione (Titolo I), Reati contro la sicurezza pubblica (Titolo II), Reati contro l’economia socialista (Titolo III), Reati contro i diritti personali e i diritti democratici dei cittadini (Titolo IV), Reati contro il patrimonio (Titolo V), Reati contro l’ordine dell’amministrazione sociale (Titolo VI), Reati contro il matrimonio e la famiglia (Titolo VII) e Reati contro gli uffici pubblici (Titolo VIII).
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2. segue: B) 1.2.1980-1997. – Data l’evidente semplicità del codice penale del ’79, insufficiente a contrastare la nuova criminalità, l’organo legislativo ha emanato, durante il periodo 1980-1996, numerose norme penali al fine di modificare, integrare e perfezionare il codice penale. A ben vedere, queste norme potevano provenire da due fonti normative: leggi penali da un lato e leggi extrapenali dall’altro. Quanto alla prima categoria di fonti, il Comitato Permanente dell’Assemblea Popolare Nazionale ha emesso 25 leggi penali speciali concernenti materie assai ampie (quali, la Decisione punitiva sui reati di dirottamento di aeromobili, la Decisione punitiva sui reati contro la legge sulle società, la Decisione punitiva sui reati contro il diritto sull’opera dell’ingegno, la Decisione punitiva sui colpevoli dei reati di sottrazione o sequestro delle donne o dei bambini, la Disposizione punitiva complementare sui reati di organizzazione o di trasporto del passaggio illegale di frontiera, la Decisione punitiva sui reati contro l’Amministrazione Finanziaria, ecc.). Queste leggi, oltre a modificare le pene edittali per alcune ipotesi criminose (con l’aumento della pena detentiva e la differenziazione quantitativa della multa), avevano il merito di completare la disciplina codicistica: con l’affermazione della giurisdizione universale, la previsione di nuove circostanze aggravanti, l’aggiunta dell’istituto della liberazione condizionale in tempo di guerra, nonché l’introduzione di nuove fattispecie incriminatrici.
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Nell’ambito della seconda categoria di fonti, cioè quella tradizionalmente definita come «diritto penale complementare», si è assistito all’emanazione, prima del 1997, di 107 leggi non penali, che però contenevano 130 articoli di norme incriminatrici: si pensi alla Legge sulle ferrovie, alla Legge sulla protezione dell’ambiente, alla Legge sulla qualità dei prodotti industriali, alla Legge sulla sicurezza dello Stato, e così via. Queste disposizioni avevano, in sintesi, creato nuove fattispecie penali o prevedevano ipotesi aggravanti per alcuni reati oppure, ancora, chiarivano elementi costitutivi di determinati reati. Sennonché, la rapidissima evoluzione sociale e lo status dell’ordinamento penale allora vigente hanno reso necessaria una modificazione complessiva del codice penale del ’79 al fine di ottenere una maggiore organicità e sistematicità. Così, dopo un decennio di preparazione, il 14 marzo 1997, la Quinta Sessione dell’Ottava Assemblea Popolare Nazionale ha approvato il nuovo codice penale, entrato in vigore il 1o ottobre 1997, di cui si illustreranno di seguito i contenuti. 3. segue: C) 1.3.1998-2010. – Il cammino legislativo non è però da considerare terminato. Infatti, fino ad oggi, il Comitato Permanente dell’Assemblea Popolare Nazionale ha già introdotto sette modifiche al codice penale del ’97. È necessario evidenziare che dopo il primo intervento integrativo del 1998 (Decisione contro la frode, il trasferimento illecito e la compravendita illegale in materia di valute estere), il legislatore penale cinese ha voluto far ricorso allo (letteralmente, «Novella») quale canale unistrumento normativo c.d. co ed esclusivo per le modificazioni del codice penale, anzi, dell’intera disciplina penale sostanziale, aprendo in tal modo una nuova epoca nell’evoluzione del diritto penale cinese. Infatti, per effetto delle sette Novelle introdotte dallo stesso Comitato – dalla Novella (I) a quella (VII): 25.12.1999, 31.8.2001, 29.12.2001, 28.12.2002, 28.2.2005, 29.6.2006, 28.2.2009 – sono stati inseriti nel codice penale circa 30 nuovi reati: si pensi al finanziamento dell’attività terroristica di cui alla Novella (III), alla bancarotta fraudolenta di cui alla Novella (VI), alla rivelazione abusiva delle informazioni personali di cui alla Novella (VII), ecc. Inoltre, le medesime Novelle hanno previsto svariate modificazioni alle preesistenti fattispecie penali, concernenti il soggetto attivo (art. 163), l’oggetto materiale del reato (art. 127), le modalità d’azione (art. 125 co. 2o), la consumazione (art. 145) nonché le circostanze aggravanti o attenuanti (art. 188 co. 1o). Infine, l’impatto delle stesse Novelle coinvolge anche il trattamento sanzionatorio: si è aumentata la pena edittale massima (artt. 168 e 312) oppure si è
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diminuita la pena edittale minima (art. 145) o sono state previste sanzioni differenti in base alle diverse qualità dei soggetti agenti (art. 120 co. 1o).
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4. Osservazioni sul contenuto del codice penale del 1997. – Concentrandoci sui contenuti del codice penale del ’97, per effetto dell’amplissima modificazione decisa dall’Ottava Assemblea Popolare Nazionale, il codice penale cinese ha conosciuto un’evidente dilatazione: esso è tuttora composto di due Parti (Disposizioni generali e Diposizioni speciali), alle quali si aggiungono le Disposizioni supplementari e due Allegati, per un totale di 452 articoli. La Parte I, composta oggi di 101 articoli, riguarda Compito, principi fondamentali e ambito di operatività del codice penale (Titolo I, artt. 1-12), Reati (Titolo II, artt. 13-31), Pene (Titolo III, artt. 32-60), Applicazione concreta delle pene (Titolo IV, artt. 61-89) e Disposizioni integrative (Titolo V, artt. 90-101). La Parte II, composta oggi di 350 articoli, concerne Reati contro la sicurezza dello Stato (Titolo I, artt. 102-113), Reati contro la sicurezza pubblica (Titolo II, artt. 114-139), Reati contro l’economia del mercato socialista (Titolo III, artt. 140-231), Reati contro i diritti personali e i diritti democratici dei cittadini (Titolo IV, artt. 232-262.2), Reati contro il patrimonio (Titolo V, artt. 263-276), Reati contro l’ordine dell’amministrazione sociale (Titolo VI, artt. 277-367), Reati contro gli interessi della difesa dello Stato (Titolo VII, artt. 368-381), Reati di corruzione (Titolo VIII, artt. 382-396), Reati contro gli uffici pubblici (Titolo IX, artt. 397-419) e Reati contro i doveri militari (Titolo X, artt. 420-451). A ben guardare, il nuovo codice mostra, rispetto al testo del 1979, gli apprezzabili sforzi compiuti dal legislatore verso una serie di valori essenziali di cui si dirà qui di seguito. 4.1. L’unitarietà e l’esaustività. Il legislatore ha innanzitutto raccolto tutte le prescrizioni di natura penale facenti parti delle leggi penali e del diritto penale complementare, vigenti prima del 14 marzo 1997, trasformandole nelle disposizioni del nuovo codice. Successivamente ha creato un nuovo Titolo VIII (Reati di corruzione) in base alla «Bozza della legge contro la corruzione» presentata dalla Procura Popolare Suprema e alla «Disposizione punitiva complementare sui reati di corruzione» (1988), introducendo l’appropriazione illecita di beni statali, l’appropriazione illecita di beni confiscati ed altri reati nuovi in tale materia. È stato poi inserito nel codice penale anche il nuovo Titolo X (Reati contro i doveri militari) in base alla «Bozza di Ordinanza sulle Sanzioni dei Reati Contro i Doveri Militari» presentata dal Comitato Militare Centrale, costruendo così la prima disciplina penale in materia militare. Infine, è stato previsto un numero elevato di nuove fattispecie incriminatri-
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ci a tutela dell’economia del mercato socialista e della sicurezza/solidarietà dello Stato e della società: così, oltre ad introdurre il nuovo Titolo VII (Reati contro gli interessi della difesa dello Stato), il legislatore ha esteso, rispettivamente, il Titolo III (Reati contro l’economia del mercato socialista) a otto Capi e il Titolo VI (Reati contro l’ordine dell’amministrazione sociale) a nove Capi, prevedendo il riciclaggio, la violazione dei segreti commerciali, l’accesso abusivo ai sistemi informatici o telematici ed altri reati nuovi. 4.2. La legalità e le funzioni garantistiche. In tale prospettiva, l’art. 3 del codice del ’97 ha proclamato solennemente il principio di legalità, abrogando definitivamente l’istituto dell’analogia previsto dal codice del ’79. Inoltre, il legislatore del 1997, al fine di garantire una tutela più solida nei confronti dei minori e delle donne, ha eliminato l’applicabilità ad essi – stabilita dal codice del ’79 – della pena di morte con due anni di sospensione (oggi prevista nell’art. 48), affermando esplicitamente nell’art. 49 che «Non si applica la pena di morte né a chi nel momento in cui ha commesso un reato non aveva compiuto i diciotto anni, né a chi era in gravidanza durante il processo». Per garantire l’esercizio efficace della legittima difesa, lo stesso legislatore ha introdotto modificazioni rilevanti circa l’ambito di operatività dell’istituto e i criteri di valutazione dell’eccesso di difesa. In particolare, il nuovo art. 20 co. 3o, riguardo alla c.d. legittima difesa speciale, ha fortemente rafforzato tale istituto nei confronti dei reati estremamente gravi. Infine, l’organo legislativo ha posto un accento eccezionale sulla tutela dei diritti dei cittadini, avendo previsto numerose fattispecie penali volte alla protezione dei diritti personali, democratici, lavorativi, patrimoniali e famigliari. In tale spirito, il successivo passo è stato rappresentato dalla Novella (VII) (2009), la quale ha, tra l’altro, affermato per la prima volta nell’intero ordinamento cinese il diritto alla protezione delle informazioni personali. 4.3. L’internazionalità e la modernità. Nei confronti della c.d. globalizzazione della comunità internazionale, il legislatore penale cinese non ha indugiato ad adeguarsi a questa tendenza. Prima di tutto, oltre ad estendere l’operatività del codice penale nei confronti dei reati commessi all’estero dai cittadini cinesi (art. 7), il codice del ’97 ha confermato esplicitamente la giurisdizione universale per i reati previsti dalle convenzioni internazionali (art. 9). Quanto al tema della responsabilità penale della persona giuridica, il legislatore del ’97 ha contemplato un istituto ad hoc rubricato Reati dell’ente (Capo IV, Titolo II, Parte I), prevedendo l’ambito applicativo dell’istituto (art. 30) e il doppio binario sanzionatorio a tal proposito (art. 31).
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Inoltre, per rendere più umanitaria la disciplina penale, da un lato, l’organo legislativo ha posto notevole attenzione al problema della riforma della pena di morte, così chiarendo ulteriormente l’operatività di essa, ma vietando in modo assoluto l’applicazione della stessa a determinati soggetti (minori, donne in gravidanza) ed ampliando la possibilità di convertire la sospensione della pena di morte nell’ergastolo o nella reclusione, nonché riducendo il numero dei reati suscettibili di pena capitale. Inoltre, il legislatore del ’97 ha dilatato l’operatività delle pene non detentive. Così, rispetto al codice penale del ’79, le ipotesi criminose soggette all’applicabilità della pena del controllo pubblico sono aumentate da 23 a 109, mentre quelle soggette alla pena della multa sono cresciute da 23 a 180. Un’ultima notazione va fatta sulla modifica del Titolo I, Parte II del codice penale, che ha sostituito la rubrica originaria del Titolo «Reati contro la rivoluzione» con «Reati contro la sicurezza dello Stato», eliminando il requisito della finalità antirivoluzionaria in questa materia e trasferendo negli altri Titoli i reati sostanzialmente ordinari. 5. Riflessi tecnici e linguistici sulla traduzione. Metodi e difficoltà: A) I criteri orientativi. – A questo punto, spostiamo l’attenzione sulla traduzione. Per quanto riguarda il metodo che ho seguito in questo lavoro, due sono stati i criteri orientativi che ho seguito: mantenere il più possibile i caratteri originari delle disposizioni legislative, da un lato, e facilitare quanto più possibile la lettura del testo italiano, dall’altro. a) Con riferimento al primo criterio: esempio 1
letteralmente CAPO III REATO COLLETTIVO
traduzione CAPO III
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CONCORSO NEL REATO
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Quanto alla rubrica del Capo III, Titolo II, Parte I che letteralmente significa «reato collettivo», la scelta più immediata sarebbe quella di impiegare la denominazione dell’istituto corrispondente del codice Rocco, cioè «concorso di persone nel reato». Tuttavia, per ragioni di fedeltà all’originalità linguistica, viene impiegata l’espressione «concorso nel reato». esempio 2
Art. 171. Chiunque intenzionalmente pone in vendita o acquista oppure trasporta le monete contraffatte, qualora la quantità delle monete coinvolte sia apprezzabile, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta; se la quantità delle monete coinvolte è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan ....
All’art. 171, il legislatore cinese ha impiegato due aggettivi particolari: » da un lato e « » dall’altro. A prima vista, sono soltanto due sino« nimi, anche nel contesto cinese, ma ai sensi dell’Interpretazione sull’applicazione delle norme penali in materia di contraffazione delle monete, emanata dal Tribunale Popolare Supremo nel 2000, «la quantità delle monete coinvolte è apprezzabile» se «il valore delle monete contraffate va da quattromila yuan fino a meno di cinquantamila yuan», mentre «la quantità delle monete coinvolte è rilevante» se «il valore delle monete contraffate va da cinquantamila yuan fino a meno di duecentomila yuan». Pertanto, al fine di salvaguardare i caratteri originari della traduzione, è stata applicata la distinzione fra i due termini sulla base della lettura sistematica con un’altra disposizione ed essi sono stati tradotti con due sinonimi italiani. Lo stesso caso si presenta in tanti articoli successivi. b) Con riferimento al secondo criterio, un’attenzione particolare è stata rivolta all’operatività della sanzione della multa: esempio 3
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Art. 165. Directors and managers of state-owned companies or enterprises who, in order to gain illegal benefits, make use of their job opportunity to conduct for themselves or others business similar to that conducted by companies or enterprises to which they attach, shall, in cases involving a large amount, be punished with imprisonment or criminal detention for less than three years, with a fine or a separately imposed fine; ...... Art. 165. L’amministratore o il direttore di una società statale o di un’impresa statale che, sfruttando le proprie funzioni, gestisce per sé o per altri affari equivalenti a quelli del proprio ente, qualora i profitti illeciti siano rilevanti, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa; ......
Infatti, se consideriamo la traduzione in lingua inglese, non si comprende cosa significhi «with a fine or a separately imposed fine». Questo evidente equivoco nasce dalla traduzione letterale, che non considera con adeguata attenzione la particolarità linguistica cinese. La struttura della frase è stata dunque rivista, abbandonando la traduzione letterale che è «è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto, applicando la multa congiuntamente o separatamente». 6. segue: B) Difficoltà non facilmente superabili. – In fase di traduzione sono state riscontrate altre difficoltà dovute alla vaghezza delle prescrizioni normative (esempio 4), o alla divergenza fra il contesto sociale cinese e quello italiano (esempio 5), oppure alle nozioni giuridiche diverse da quelle italiane (esempio 6). esempio 4
Art. 168, comma 3. L’incaricato della società statale, dell’impresa statale o dell’ente dei servizi pubblici che, abusando per motivi privati delle proprie funzioni, commette taluno dei reati di cui ai commi 1o e 2o, è punito ai sensi del primo comma con pena aggravata.
Infatti, sovente è lo stesso legislatore del ’97 che impiega locuzioni vaghe ed espressioni tecnicamente non giuridiche. È stato pertanto necessario cercare una traduzione in grado di esplicitare il nucleo del significato dei precetti ori» di cui all’art. 294 e ginari. Di questo tenore sono le locuzioni « quella di « » dell’art. 423. 26
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esempio 5
CAPO III REATI CONTRO LA REGOLAMENTAZIONE DI FRONTIERA (O DI CONFINE)
⠦⦬
FRONTIERA
CONFINE
In alcuni casi il contesto sociale cinese ha reso difficoltosa la traduzione. Si pensi alla rubrica del Capo III, Titolo VI, Parte II del codice penale del ’97: è di tutta evidenza il dubbio sull’uso parallelo dei termini «frontiera» e «confine». In realtà, nell’ambito della sovranità della Repubblica Popolare Cinese esistono due Zone Amministrative Speciali, cioè Hongkong e Macao e i controlli presso i «confini» tra esse e la Cina continentale sono paragonabili a quelli sulla «frontiera» vera e propria (cioè verso Stati esteri). Per tale motivo sono stati utilizzati due termini contigui ma distinti, al fine di evidenziare questa particolarità politica, evitando di limitare i fatti penalmente rilevanti. esempio 6 䱕⊖⑪Ἤ㢊䏘傓┷匓⏑㎾㥱盨⪫ⳇ愙匓⼚䞭傓奵䞭盨㝘匓檿Ѧⴢᾷ匓檿䞭 䱕⊖⑪Ἤ㢊 䏘傓⌯ⱹ盨┘ῷ悤 ῷ悤㌿儮⋸悤 ⋸悤⨭傃dd Art. 67. È confessione volontaria quella del colpevole che, dopo aver commesso il reato, si sottopone volontariamente alla giustizia e confessa il proprio fatto criminoso. Per il colpevole suddetto, la pena può essere diminuita o ridotta......
䱕䞧ἲ⑪⊔㢊梇㷾㐁䪪ΰ㌿儮⊟㛢㷾梇㷾⎎⩣ΰΰ忔匓䙚䞭盨⨭ 䱕䞧ἲ⑪⊔㢊 ἲ⾝ἴ㠲㡈セ⌺ѥ㐁アѥ䳊⍟㌿儮⎎⩣㙨㷤㡬⍒Ѧ⊠㠲㳝㍼ѥ⃗惚厫䞭盨ῷ ῷ 拶⨭傃Ѧ Art. 238. Chiunque sequestra illecitamente una persona o in altri modi la priva illecitamente della libertà è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici. Se vi sono state percosse o ingiurie, la pena viene aggravata.
䱕⊖⑪㢊 䱕⊖⑪㢊䏘傓⌯ⱹ⊠㠲㡕㷾嫭ⳃ䞭ῷ拶 ῷ拶⨭傃ѥῷ悤 ῷ悤⨭傃厫䞭盨⾽ぼ⡑㷾 㷾 ⳃ⌺䞭杹⿏⊮⍍⨭⌺傃Ѧ ⳃ⌺䞭杹⿏⊮ Art. 62. Al colpevole deve essere inflitta una tra le pene edittali qualora si siano verificate le situazioni previste da questo codice per cui la pena viene aggravata o diminuita.
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䱕⊖⑪ἲ㢊䏘傓⌯ⱹ⊠㠲㡕㷾嫭ⳃ䞭⋸悤 䱕⊖⑪ἲ㢊 ⋸悤⨭傃厫䞭盨⾽ぼ⡑㷾ⳃ⌺ἴ 㷾ⳃ⌺ἴ⍍ ⨭⌺傃Ѧ Art. 63. Al colpevole deve essere inflitta una pena inferiore alla pena edittale minima qualora si siano verificate le situazioni previste da questo codice per cui la pena viene ridotta.
Un’altra difficoltà è dovuta al divario fra le nozioni giuridiche. A titolo esemplificativo, basti considerare le espressioni «essere diminuita», «essere ridotta» e «essere aggravata», le quali comportano degli equivoci specie riguardo alla differenza tra «diminuita» e «ridotta». A tal proposito, deve farsi, però, riferimento alle disposizioni di cui agli artt. 62 e 63, ai sensi delle quali si comprende che le citate locuzioni significano, rispettivamente, «essere diminuita entro l’intervallo edittale», «essere ridotta al di sotto della pena edittale minima» e «essere aggravata entro l’intervallo edittale». 7. Spunti per una cultura comparatistica più estesa. – Sul piano dei rapporti fra l’ordinamento penale italiano e quello cinese si rileva un substrato di legami bilaterali sempre più stretti a livello politico, economico e culturale. Basti pensare, da un lato, alla delegazione italiana partecipante all’Esposizione Universale aperta il 1o maggio a Shanghai e l’Anno Culturale Italo-Cinese che si svolgerà, su iniziativa del Ministero degli Esteri della Cina, in Italia dal prossimo settembre al fine di celebrare il quarto decennio del reciproco riconoscimento ufficiale. D’altro lato, il «villaggio globale» e le frequenti circolazioni delle persone, dei capitali e dei beni, moltiplicano anche le forme di criminalità di natura organizzata e transnazionale. Tutto ciò, come ha detto il prof. Picotti in occasione del XVIII Congresso Internazionale dell’AIDP di Istanbul, esige una reazione di politica criminale comune ed armonica. In questo contesto vi sono concrete prospettive per la futura cooperazione tra l’Italia e la Cina in molti settori, dalla criminalità informatica a quella organizzata, dal riciclaggio all’evasione fiscale, dalla tutela dei diritti umani alla cooperazione giudiziaria nell’ambito penale e così via. Tendendo conto del proverbio cinese «conoscere, poi vincere», appare assai importante creare una cultura comparatistica più estesa sulla scia del brillante impegno appena menzionato. Questa cultura di sicuro ci aiuterà ad approfondire i caratteri distintivi dei sistemi penali, per scoprire i denominatori comuni e cercare un efficace approccio nella prospettiva di armonizzazione. 28
Gianmaria Ajani Ordinario di diritto privato comparato nell’Università di Torino
IL DIRITTO PENALE CINESE IN TRASFORMAZIONE Sommario: 1. Diritto penale ed ideologia. – 2. La ricodificazione del 1997. – 3. Conclusioni.
1. Diritto penale ed ideologia. – Il sistema sanzionatorio che, nella cultura giuridica occidentale, è definito come «diritto penale», è stato, nei secoli, al centro delle fonti del diritto cinese imperiale. Letto, già alla fine del XIX secolo, come uno dei tratti più significativi ed evidenti della lontananza dell’Impero cinese dalla cultura giuridica dell’occidente, con la caduta dell’Impero e l’inizio della modernizzazione dello Stato, avviata negli anni ’20 e ’30 del XX secolo, il legislatore repubblicano ha posto mano ad un esteso programma di riforma del diritto e della procedura penali. Come è noto, le difficoltà politiche interne, l’occupazione militare giapponese di parte del territorio ed il conflitto bellico impedirono al programma di riforma giuridica di consolidarsi 1. Con la presa del potere da parte del Partito Comunista, la riforma generale del diritto penale doveva tornare necessariamente in primo piano. «Necessariamente», in quanto nella neonata Repubblica Popolare, così come già avvenuto in Unione Sovietica, il diritto penale, inteso come sistema di sanzioni e disincentivi a comportamenti ritenuti politicamente non accettabili, veniva a trovarsi al centro del programma di totale trasformazione del rapporto fra Stato, diritto, cittadini. Coerentemente con l’ideologia, e ad imitazione di quanto già avvenuto in Unione Sovietica nel 1917, il nuovo potere aveva dichiarato la incompatibilità fra i principi del nuovo ordine e le regole adottate anteriormente al 1949. L’immenso vacuum legislativo che derivava dalla discontinuità fra vecchio e
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2007.
Cfr.: G. Ajani, A. Serafino, M. Timoteo, Diritto dell’Asia orientale, UTET, Torino,
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nuovo ordinamento, richiedeva l’assunzione immediata di nuove fonti, una urgenza sentita in modo particolare in ambito penalistico, tale da non consentire di attendere i tempi lunghi tipici della elaborazione di un nuovo codice. Così, già a partire dal 1950, con una indifferenza verso il principio di gerarchia delle fonti caratteristica del momento rivoluzionario, norme sanzionatorie a contenuto politico venivano poste in essere, quale la Risoluzione sulla soppressione delle attività contro-rivoluzionarie, adottata congiuntamente dal potere esecutivo e dalla Corte Suprema del popolo 2. Il rifiuto teorico e pratico del principio «borghese» di legalità doveva, al contempo, favorire l’adozione di misure restrittive della libertà personale entro fonti di diritto amministrativo, prive come tali delle garanzie costituzionali poste a limite della norma penale. Affermata immediatamente, attraverso la legislazione speciale, la tutela dei principi politici ed economici del nuovo ordine, era possibile mettere mano al progetto di ricodificazione. In ciò, i dirigenti del Partito e dello Stato apparivano influenzati dalla particolare coincidenza di due fattori: l’esempio dell’Unione Sovietica, dove il regime staliniano aveva dato nuovo significato ad un sistema organizzato di fonti del diritto «socialista», e l’esperienza del governo repubblicano, che aveva portato ad un effimero compimento il progetto di codificazione tentato negli ultimi anni dell’Impero. Così, prima ancora della formazione delle nuove istituzioni del potere legislativo, già nel 1950 il Comitato affari legislativi del governo comunista licenziava una prima bozza di codice penale, composta da 157 articoli. I tempi, tuttavia, non erano ancora maturi, e si dovette attendere la adozione della prima Costituzione della Repubblica popolare (1954), per vedere la produzione di un disegno più articolato, ad opera della Commissione legislativa dell’Assemblea Nazionale del Popolo. Il progetto giunse ad una ventiduesima redazione nel 1957, quando fu dichiarato pronto per l’adozione «sperimentale». Ancora una volta, tuttavia, l’alternanza fra la scelta del formalismo giuridico, da un lato, e l’esaltazione del nichilismo giuridico e della supremazia dell’opportunità politica sul diritto, determinò l’accantonamento del progetto. E così fu nuovamente nel 1963, quando la trentatreesima versione della Bozza di codice penale fu sottoposta al Comitato permanente dell’Ufficio politico del Partito ed al Presidente Mao per una valutazione politica: le prime avvisaglie del decennio di nichilismo giuridico causato dall’avvio della rivoluzione culturale erano or-
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Per una rassegna delle fonti del diritto penale cinese adottate negli anni ’50 e ’60, v. J. Cohen, The Criminal Process in the PR of China: 1949-1963, Cambridge Mass., 1978.
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mai alle soglie. Il progetto fu nuovamente accantonato, se non dimenticato, per più di un decennio 3. La fine dell’epoca maoista, e l’inizio – dopo la breve fase (1977-1979) di transizione segnata dalla nomina del delfino di Mao, Hua Guofeng, alla carica di Presidente del Partito – del nuovo corso di graduale apertura all’iniziativa economica voluta da Deng Xiaoping, portò all’ordine del giorno la questione del riassetto delle fonti del diritto: nel 1979 vedeva infine la luce il primo codice penale della Repubblica popolare. Il testo, adottato nel contesto della rivalutazione del formalismo giuridico, mostrò peraltro da subito la sua forte dipendenza dai modelli sovietici (codice penale della RSFSR del 1926 e del 1960). Un testo breve (192 articoli), segnato dalla vaghezza di molte sue formule, che ne rendevano difficile la concreta applicazione da parte dei tribunali. Un codice promulgato al termine di una gestazione troppo lunga, nel quale non trovavano una disciplina molti dei reati che sarebbero da lì a poco divenuti oggetto delle «campagne anti-crimine» lanciate da Deng Xiaoping. Un codice, in breve, ancora segnato dall’enfasi rivoluzionaria 4 indebitato con una struttura di organizzazione dell’economia che stava rapidamente mutando, proprio a partire dall’anno della sua adozione, e di conseguenza incapace di dare risposte alle nuove esigenze dell’economia «socialista di mercato». L’urgenza di prevenire e sanzionare le nuove fattispecie di reato generate dalla apertura dell’economia determinò un processo di intensa produzione legislativa di norme di contenuto penalistico, inserite in una miriade di fonti, di diverso livello, esterne al codice, quando non in aperta contraddizione con alcuni suoi principi, primo fra tutti il principio di irretroattività della legge penale, previsto dall’art. 9 cod. pen.) 5. Contemporaneamente, continue emende del testo, adottate nel ventennio successivo alla sua adozione, tentarono di mantenerne la funzione al passo con la trasformazione dell’ordinamento. In sintesi, anche il diritto penale degli ultimi due decenni del secolo scorso entrò, al pari di tutti gli altri settori del diritto cinese, in una fase di «riforma permanente», caratterizzata dalla coesistenza di fonti di diverso livello, emende della Costituzione, interpretazioni-guida della Corte Suprema. Oltre a ciò, la trasformazione della dottrina giuridica, che ha lentamente abbandonato lo stile esegetico dell’epoca maoista e l’affermarsi di una generazione di giovani
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Cfr. Jianfu Chen, Chinese Law: Context and Transformation, Leiden Boston, 2008, 263. Indicativi, in tal senso, gli articoli dedicati ai «reati contro-rivoluzionari», introdotti da una norma definitoria estremamente vaga (art. 90), e specificati in dodici diverse fattispecie. 5 È il caso, ad es., della Risoluzione del Comitato permanente dell’Assemblea Nazionale (1982), che prevedeva gravi sanzioni per che avesse messo a rischio l’economia nazionale. 4
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giuristi in grado di studiare all’estero e di comunicare con gli osservatori esterni, hanno prodotto un nuovo modo, senza dubbio più critico che in passato, di guardare alla norma penale, alla sua funzione ed alle sue applicazioni, nella società cinese che ha superato il conflitto di classe (e le relative discriminazioni in ambito penalistico) ed è entrata nella fase del «socialismo di mercato ed onnipopolare». 2. La ricodificazione del 1997. – Nel 1997, ad un anno dal varo di un’ampia revisione del codice di procedura penale, veniva promulgato il secondo codice penale della Repubblica popolare. Il nuovo corso dell’economia e la trasformazione dell’ideologia vi hanno trovato ampio riconoscimento: il codice raccoglie, infatti, buona parte degli interventi di settore adottati per legislazione speciale nel corso degli anni ’80 e ’90. Il diritto penale commerciale è così divenuto uno dei momenti più significativi del codice del 1997, nel quale appaiono evidenti la rilevante estensione delle fattispecie e la severità delle sanzioni (se pur nel consueto, ampio, margine di discrezionalità riconosciuto al giudice fra minimo e massimo della pena edittale). All’interno dei delitti economici, ripartiti in delitti di sabotaggio dell’ordine e dell’economia di mercato socialista, delitti che offendono il patrimonio, e delitti di peculato e corruzione, si segnalano per estensione quelli relativi alla tutela penale dei diritti di proprietà intellettuale: contraffazione del marchio registrato (art. 213), vendita di merci con marchio registrato o contraffatto (art. 214), falsificazione o fabbricazione illecita di segni di altrui marchio registrato, o vendita di tali segni (art. 215), contraffazione di altrui brevetti (art. 216), violazione del diritto d’autore (art. 217) e vendita di copie in lesione del diritto d’autore (art. 218), diffusione ed appropriazione illecita di segreti commerciali (art. 219). Nella categoria dei delitti qualificati come di pericolo per l’ordine economico, inoltre, sono comprese anche alcune fattispecie che, se confrontate con il diritto penale di altri ordinamenti, costituiscono dei semplici reati contro il patrimonio. Rientrano in tale nozione i delitti di peculato e di corruzione, capaci di incidere sulla regolarità delle procedure amministrative e giudiziarie e sulla trasparenza della pubblica amministrazione 6. Seppur recente, ed ispirata dalla volontà di riportare entro il codice una materia che, nel ventennio di distanza dall’adozione del primo codice, era stata oggetto di ampia produzione legislativa speciale, la ricodificazione del 1997 (per un’analisi di dettaglio della quale, si rinvia ai numerosi contributi conte-
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Cfr.: G. Ajani, A. Serafino, M. Timoteo, op. cit., 344.
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nuti in questo volume) non ha rappresentato il punto di definitiva sistematizzazione del diritto penale. Al pari di altri settori dell’ordinamento, quali il diritto commerciale e societario, o il diritto amministrativo, la continua trasformazione del sistema ha immediatamente sollecitato la produzione di emende e l’adozione di nuove leggi di natura penalistica. Un dato è, peraltro da segnalare: diversamente dai tempi anteriori, il legislatore pare ora preferire l’opera di accrescimento entro al sistema del codice penale: con una scadenza pressoché biennale, varie novelle (ed emende) sono così intervenute, a far data dal 1999 7. 3. Conclusioni. – Al pari di altri settori dell’ordinamento della Repubblica popolare, il diritto penale vigente presenta, al contempo luci ed ombre. Fra le prime sono senz’altro da menzionare la transizione verso una più nitida distinzione fra misure del diritto penale e misure del diritto amministrativo portanti sulla restrizione della libertà della persona 8, e l’imponente sforzo della dottrina per fornire al legislatore una sistematizzazione della materia tale da ricomprendere, entro il codice, gli esiti di un ventennio di produzione giurisprudenziale e normativa tumultuosa e poco ordinata. L’osservatore occidentale privo della conoscenza della lingua cinese deve accontentarsi delle (ancora) rare pubblicazioni dottrinali prodotte in lingua inglese o tedesca: tali pubblicazioni rappresentano solitamente solo l’aspetto superficiale di un dibattito dottrinale che è ormai ricco ed approfondito, sovente segnato da un approccio critico a certe scelte del legislatore o delle corti giudicanti. Ed è proprio la considerazione della crescente influenza della dottrina giuridica che ci consente di individuare i tratti ancora problematici del diritto penale cinese. Della estesa previsione della sanzione capitale per una ampia fattispecie di delitti si sa molto: il tema è al centro del confronto politico fra il governo della Repubblica popolare e governi stranieri od organizzazioni non governative internazionali. Di recente (2006) una modifica alla Legge sull’organizzazione giudiziaria, ha assegnato alla Corte Suprema la competenza di revisione su tutti i casi di condanna alla pena di capitale: pur senza intervenire sul dato sostanziale (la pena di morte rimane, nel codice, prevista da un ampio numero di articoli, e fra questi sono da includere fattispecie previste dal Capo
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E si veda, in questo volume, il contributo di Wu Shenkuo, al n. 4.1. Sulla restrizione della libertà personale tramite sanzione amministrativa (in particolare, assegnazione a campi di lavoro), cfr. R. Pereenboom, China Modernizes: Threat to West of Model for the Rest?, New York, 2007, 94 ss. 8
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dedicato alla protezione della sicurezza statale, del tutto analoghi a quelli già previsti, quali «delitti contro-rivoluzionari» nel precedente codice del 1979), tale intervento di riforma ha corretto una prassi decisamente poco uniforme di determinazione della sanzione capitale fra le diverse giurisdizioni provinciali della Repubblica popolare. Infine, è da registrare che le questioni di maggior problematicità relative alla norma penale nel diritto della R.P. di Cina sono, come è facile immaginarsi, «esterne» rispetto al codice. Risiedono nel codice di procedura penale, e nelle forme del processo in relazione ai diritti di difesa, nel diritto costituzionale e nella resistenza degli interpreti più adesivi rispetto all’ideologia verso le proposte di riconoscimento giudiziario diretto della norma costituzionale 9. In conclusione, il diritto penale cinese pare ancora oggi frenato, nel suo lento cammino verso un adeguamento agli standards del diritto penale internazionale, da due fattori. L’uno, figurativamente, si trova «a monte», essendo rappresentato dalla scarsa effettività delle norme costituzionali di tutela incondizionata dei diritti fondamentali (adottate da ultimo nel 2004, con legge di emenda della Costituzione del 1982), l’altro «a valle», essendo rappresentato da un sistema istituzionale (forme del processo, esecuzione della pena, ruolo dell’avvocatura) che appare sì in trasformazione, ma con un andamento lento, quando non contradditorio 10.
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Come è noto, il diritto della Repubblica popolare, al pari degli ordinamenti che in passato si ispiravano ai modelli organizzativi di tipo sovietico, non ammette la presenza di un controllo giudiziario di costituzionalità, che appare lesivo del principio di sovranità del popolo. 10 E il riferimento è qui, in particolare, al ruolo dell’avvocatura; emancipatosi dagli stringenti controlli del passato, per un certo periodo gli avvocati cinesi hanno potuto e saputo condurre cause importanti per la tutela di diritti fondamentali. Più di recente, tuttavia, si nota come la funzione di libera tutela di diritti, in modo particolare nei settori dei diritti dei lavoratori e dei consumatori, stia subendo notevoli restrizioni e impedimenti.
Sergio Vinciguerra Ordinario di diritto penale nell’Università di Torino
IMPRESSIONI DI UN PENALISTA ITALIANO ALLA LETTURA DEL CODICE PENALE CINESE Sommario: 1. Qualche considerazione preliminare di metodo. – 2. La sistematica del codice e la tipologia dei beni-interessi tutelati. – 3. Legalità affievolita. – 4. Severità e premialità nella disciplina delle sanzioni. – 5. Il principio di colpevolezza e la struttura delle fattispecie. – 6. La dimensione della responsabilità penale.
1. Qualche considerazione preliminare di metodo. – Prima di addentrarci nell’esame di questo ordinamento penale così diverso dal nostro è utile qualche riflessione sulle chiavi di questa lettura. Di alcune non possiamo liberarci perché orientano il nostro pensiero al punto da identificarsi con la nostra cultura giuridico-penale, che senza di esse non possiamo neppur dire che esiste. Vi sono poi i principi di civiltà giuridica a cui la comunità degli Stati attribuisce valore universale. Infine, la coscienza di questi fattori condizionanti la nostra analisi suggerisce anche di non trascurare un altro ordine di valutazioni, vale a dire la coerenza dell’ordinamento considerato con i principi fondanti dello Stato a cui appartiene (anche se non li condividiamo e non vorremmo che regolassero la nostra vita): si tratta, in altre parole, della coerenza dell’ordinamento con la forma di governo. In sintesi, raffronto con l’ordinamento penale di appartenenza del comparatista, coerenza interna dell’ordinamento analizzato e la sua conformità ai principi di civiltà giuridica correnti, se debitamente coniugati, consentono la ricostruzione di un quadro a più dimensioni: cioè, la riproduzione di una realtà vista da differenti angoli prospettici in modo da ridurre l’incidenza degli insopprimibili apporti soggettivi del comparatista e da lasciare emergere anche le ragioni altrui. Passo ora ad applicare questo metodo, cominciando dalla struttura del codice per passare poi all’esame di alcuni principi che ne ispirano la disciplina,
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fiducioso che il lettore scuserà incompletezze, imprecisioni, omissioni o peggio in cui gli avverrà di imbattersi in questo scritto, nato dopo una prima lettura del codice cinese. Una prima lettura, unicamente delle norme del codice, perché nulla sappiamo (per ora!) delle applicazioni che ne danno i giudici né del processo penale in cui ciò avviene né del grado di pubblicità delle sentenze: pubblicità indispensabile al controllo democratico del loro operato.
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2. La sistematica del codice e la tipologia dei beni-interessi tutelati. – Il codice è diviso in due parti, denominate, rispettivamente, «disposizioni generali» a valere per tutti i reati e «disposizioni speciali» recanti l’elenco dei reati (echi sistematici russi e tedeschi, dunque). A sua volta, ciascuna parte è articolata in titoli e capi. Com’è noto, la parte speciale offre sempre una panoramica dei valori a cui una società attribuisce un’importanza fondante al punto da proteggerli ricorrendo alle sanzioni più severe di cui dispone quali sono appunto le sanzioni penali. Ovviamente, data l’indole di questo lavoro, è possibile concentrare l’attenzione soltanto sui beni-interessi di categoria enunciati come rubriche dei dieci titoli in cui è divisa la seconda parte e nei quali le fattispecie criminose sono distribuite secondo un ordine razionale che, se non sempre raggiunto, è almeno perseguito. Accanto ai reati contro la sicurezza dello Stato (titolo I) vi sono i reati contro la sicurezza pubblica (titolo II), tra i quali parecchie fattispecie sono simili a quelle previste nel nostro codice come delitti contro l’incolumità pubblica. I reati contro il patrimonio (titolo V) – costituiti da fatti consistenti nella sottrazione di beni, descritta tipizzandone modalità esecutive – sono preceduti dai reati contro la persona (titolo IV): più precisamente, come si esprime la rubrica, dai «reati contro i diritti personali e i diritti democratici dei cittadini», sebbene le norme individuino poi il soggetto passivo nella «persona». Il riferimento ai «cittadini» è con ogni probabilità la ricaduta nell’ordinamento penale della statuizione costituzionale e politica che attribuisce la cittadinanza a «tutte le persone in possesso della nazionalità della Repubblica Popolare di Cina» (art. 33 cost.). L’associazione ai diritti personali dei diritti democratici per designare cumulativamente l’offensività di reati che colpiscono beni-interessi i quali presentano un’intima connessione con la nostra natura di esseri umani (come la vita, l’integrità fisica, la libertà personale, la riservatezza, l’inviolabilità del domicilio e così via) fa emergere la connessione di questi diritti con il sistema po-
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litico (definito «democratico») e lascia supporre la loro dipendenza dall’attribuzione che ne fa il soggetto in cui questo sistema si esprime, cioè lo Stato. In altre parole, i diritti della persona esistono in capo ad essa, perché lo Stato glieli attribuisce e non perché sono connaturati alla sua identità così intimamente che lo Stato, in quanto somma di persone, si limita a rispettare, rispettando così se stesso. Anche nell’Europa Occidentale è stato lungo il cammino per invertire l’impianto, porre nella scala dei valori la persona sopra lo Stato e sottrarre ai diritti personali ogni connotazione pubblica, come pure per inserire nei codici penali la «libertà» entro le rubriche di titoli e capi che individuano i beni giuridici di categoria conferendo così ad essa il risalto che merita (ma il codice cinese non vi è ancora arrivato). Per limitarci all’Italia, abbiamo dovuto attendere il codice penale del 1859 (rimasto in vigore fino al 1890), perché la libertà apparisse nella rubrica della terza sezione di un capo (il primo) nel terzo titolo (concernente i reati contro la pubblica amministrazione) del secondo libro. Soltanto nel 1890 il codice Zanardelli dedicherà ai «delitti contro la libertà» un intero titolo (il secondo del secondo libro) articolato in sei capi. Nel codice cinese, la libertà compare come elemento del fatto in vari reati in quanto oggetto materiale di condotte criminose e forse la si può considerare anche un oggetto giuridico specifico, ma non c’è il messaggio politico che trasmette la rubrica di un titolo o di un capo. L’equivalente dei nostri delitti contro la pubblica amministrazione è contenuto in due distinti titoli recanti, rispettivamente, i reati commessi da soggetti muniti di qualità pubblica (titolo IX, rubricato «reati contro gli uffici pubblici») ed i reati commessi sia da soggetti pubblici sia da privati, raccolti nel titolo VIII, sotto la rubrica «reati di corruzione». In esso sono presenti, però, anche reati paragonabili al nostro peculato prima della riforma del 1990 (data la previsione di fatti di appropriazione e distrazione di beni pubblici da parte di soggetti muniti di qualità pubblica: v. artt. 382, 384) ed alla nostra concussione (art. 385), oltre che reati di privati, come quello di «chiunque commette appropriazione illecita di beni pubblici» (art. 383). Il titolo VI, rubricato «reati contro l’amministrazione sociale», è un lungo titolo «magazzino», articolato in ben nove capi, che ospita dai reati contro la giustizia a quelli contro i beni culturali, dai reati contro l’ambiente a quelli di prostituzione e così via. Attrae l’attenzione del penalista occidentale il titolo III concernente i «reati contro l’economia del mercato socialista» (artt. 140-231), che detta una disciplina penale dell’attività economica la cui ampiezza non ha riscontro nella codicistica penale dell’Europa occidentale per non parlare dell’esperienza italia-
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na, in cui, com’è noto, i reati economici sono dispersi nelle leggi riguardanti le singole specie di attività economica. A concentrare l’attenzione del legislatore cinese sui reati economici è stata probabilmente l’importanza che per il sistema politico riveste l’assetto dell’economia, così diverso nei suoi assi portanti rispetto a quello dominante nel resto del mondo. Un’importanza consacrata anche nella costituzione, quando afferma che «lo Stato ... sanziona penalmente le attività criminali ... che turbano l’economia socialista ...» (art. 28 cost.): quell’economia il cui funzionamento è essenziale «per assicurare la serena costruzione socialista», come conclude l’art. 2 del codice penale nel definirne lo scopo. Ma, se riflettiamo sul fatto che nelle norme incriminatici dei reati economici la parola «concorrenza» non compare mai, ci rendiamo conto che siamo lontani dall’economia di mercato. Il rilievo sistematico dato alla scissione della tutela penale secondo che l’offesa agli interessi protetti sia recata da un privato o da un soggetto qualificato è presente anche al termine della parte speciale, che si conclude con un titolo concernente i reati degli appartenenti alle forze militari dello Stato contro gli interessi militari dello Stato (titolo X), preceduto nel titolo VII dai reati dei privati contro questi medesimi interessi. Il codice cinese si allinea così all’indirizzo seguito nelle codificazioni penali dei Paesi comunisti di non considerare l’ordinamento penale militare un ordinamento separato e di farne, quindi, oggetto di previsione nel codice penale comune. Il significato politico di questa scelta è trasparente, ma essa non presenta un collegamento inscindibile con la dottrina comunista dello Stato. Lo dimostra il fatto che viene seguita anche nelle codificazioni postcomuniste, perché denota l’idea del servizio militare come un servizio dello Stato-Amministrazione al pari di tanti altri e, quindi, meritevole di tutela nel diritto penale comune, ovviamente con le modalità richieste dalle sue specificità, come avviene, per esempio, riguardo alla giustizia. 3. Legalità affievolita. – Secondo il programma tracciato in apertura di questo breve scritto, passiamo ora ad esaminare i principi ispiratori del codice penale cinese. Il principio di legalità è affermato esplicitamente negli artt. 3 e 13 ed implicitamente nella costituzione (v. l’art. 37 1 ed il combinato disposto degli artt.
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1 «La libertà personale dei cittadini della Repubblica Popolare della Cina è inviolabile. ... La detenzione illegale oppure la soppressione o la restrizione della libertà personale dei cittadini tramite altri mezzi è proibita ...».
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58 2 e 62 3). Dobbiamo constatarne, però, la diversità e la minore capacità di garanzia rispetto a come lo intendiamo noi, sebbene si tratti di una diversità coerente con la forma di governo della Repubblica Popolare Cinese. In uno Stato la cui volontà si esprime per bocca dei rappresentanti del partito unico nelle assemblee, negli organi di governo e negli altri organi esecutivi (intermedi, subordinati o dipendenti, magistratura compresa) non serve un principio di legalità caratterizzato, come da noi, dalla riserva assoluta di legge e di una legge che sia, nel suo contenuto, completa e determinata, perché non esiste la necessità di assicurare maggior peso all’atto normativo alla cui formazione hanno contribuito anche le minoranze e le opposizioni politiche, dal momento che esse non hanno voce. Basta una riserva relativa che lasci ampi varchi agli apporti di fonte amministrativa e di fonte giudiziaria, in cui la direttiva politica del partito unico può spiegarsi agevolmente senza gli ostacoli che frappone la durata e la complessità del procedimento legislativo. Numerosi articoli del codice penale inseriscono fra gli elementi costitutivi dei reati la «violazione delle disposizioni statali», la cui definizione contenuta nell’art. 96 lascia intendere quanto ampio è l’apporto delle fonti secondarie nelle fattispecie criminose che le richiamano 4. Secondo l’art. 96, infatti, «per
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«Il Congresso Nazionale del Popolo ed il suo Comitato Permanente esercitano il potere legislativo dello Stato». 3 «Il Congresso Nazionale del Popolo esercita le funzioni ed i poteri seguenti: ... (3) emanare e modificare le leggi fondamentali concernenti i reati ...». 4 Gli artt. 135, 135.1, 137 puniscono la trasgressione alle disposizioni statali sulla sicurezza; l’art. 163 co. 2o, l’illecito arricchimento dell’incaricato di un ente economico in violazione delle disposizioni statali; l’art. 184 co. 1o, l’illecito arricchimento dell’incaricato di banche o altre istituzioni finanziarie in violazione di tali disposizioni; l’art. 185.1 ult. co., l’utilizzo di fondi da parte di istituzioni previdenziali in violazione di esse e così pure: l’art. 186 co. 1o e 2o (il rilascio di prestiti da parte di istituzioni finanziarie), l’art. 190 (la costituzione all’estero di riserve da parte di enti), l’art. 222 (la pubblicità di prodotti), l’art. 253.1 co. 1o (la divulgazione di informazioni personali conosciute per ragioni di ufficio), l’art. 285 co. 1o e 2o (l’ingresso in un sistema informatico), l’art. 286 co. 1o e 2o (le alterazioni del funzionamento di tale sistema informatico), l’art. 288 co. 1o (l’abusiva installazione e utilizzo di una stazione radio), l’art. 337 (la causazione di epidemie animali o vegetali), gli artt. 338 e 339 (la causazione di inquinamento ambientale), l’art. 344 (il taglio o la distruzione di piante tutelate), l’art. 350 co. 1o (il trasporto di sostanze destinate alla produzione di stupefacenti), l’art. 355 co. 1o (la fornitura a consumatori di stupefacenti di farmaci narcotici o psichiatrici idonei a creare la dipendenza), l’art. 385 u. co. (la percezione di proventi da parte del pubblico ufficiale), l’art. 389 co. 2o (la dazione al pubblico ufficiale di proventi), l’art. 391 co. 1o (la dazione di proventi ad istituzioni per ottenerne vantaggi), l’art. 393 (la dazione di proventi ad istituzioni da parte di enti per il medesimo fine), l’art. 395 co. 2o (l’omessa denuncia da parte del pubblico ufficiale dei propri depositi all’estero), l’art. 396
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violazione delle disposizioni statali, si intende in questo codice la violazione delle leggi o delle decisioni emanate dall’Assemblea Popolare Nazionale o dal proprio Comitato Permanente, oppure dei regolamenti, dei provvedimenti amministrativi, delle decisioni od ordinanze emanati dal Consiglio di Stato», cioè il Governo (v. art. 85 cost., che lo definisce il più alto organo di amministrazione dello Stato). Il richiamo alle «disposizioni statali» non soltanto dischiude ampi varchi agli apporti di fonte secondaria, come ho detto, ma rende indeterminata la norma incriminatrice data la genericità del richiamo anche quando riguarda le leggi. Vi sono poi norme incriminatici in cui il richiamo alle fonti esterne è limitato alle leggi ed ai regolamenti 5 ed altre nelle quali esso riguarda esclusivamente atti del Consiglio di Stato 6, altre ancora (in tema di regime delle pene) nelle quali il rinvio è fatto a leggi, regolamenti e disposizioni emanate dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Consiglio di Stato 7. Anche in questi casi, la genericità del rinvio connota con una forte indeterminatezza le norme incriminatrici che lo prevedono. Contribuiscono ad accrescere l’indeterminatezza delle norme incriminatici anche gli apporti di fonte giudiziaria resi possibili da una tecnica redazionale caratterizzata dal largo impiego di elementi suscettibili di una valutazione accentuatamente discrezionale, che rende imprevedibile la decisione del giudice. Il primo varco è dischiuso in via generale dall’art. 13, che, insieme con il principio di legalità, contiene la definizione di reato come fatto offensivo dei beni-interessi di categoria rubricati nei titoli della seconda parte del codice e conclude con la clausola di riserva secondo la quale non v’è reato quando «le situazioni sono manifestamente lievi e provocano danni non gravi». Si può di-
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(l’attribuzione a dipendenti di beni pubblici), l’art. 405 co. 2o (il rilascio di certificazioni relative ad operazioni di import-export). 5 Nell’art. 180 co. 3o la tipologia delle informazioni interne usate nell’insider trading è definita rinviando alle disposizioni delle leggi e dei regolamenti e lo stesso avviene nell’ultimo comma di questo articolo circa le persone che sono ritenute in possesso di informazioni interne, nell’art. 225 circa gli atti di commercio ivi puniti e nell’art. 405 co. 1o circa il rilascio delle fatture, la detassazione o il rimborso d’imposta per l’esportazione da parte dell’incaricato dell’autorità fiscale. 6 Nell’art. 330 u. co., le malattie infettive vengono individuate rinviando, oltre che alla legge sulla prevenzione e cura delle malattie infettive, alle disposizioni assunte al riguardo del Consiglio di Stato e nell’art. 331 la diffusione di germi patogeni è punita se commessa violando le disposizioni del Dipartimento Sanitario del Consiglio di Stato. 7 Nella disciplina della privazione dei diritti politici (art. 58), della sospensione della pena con messa alla prova (art. 77) e della liberazione condizionale (art. 86).
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scutere se questa clausola codifica il principio di offensività oppure se dà rilievo solo (o in unione con esso) ad altri fattori, come la colpevolezza e il danno risarcibile, ma bisogna riconoscere che, anche per l’assenza di criteri direttivi, il potere conferito al giudice può sconfinare facilmente nella disparità di trattamento, eludendo così gli scopi del principio di legalità ed affievolendo il principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge 8. In quest’ordine di idee si collocano le molte fattispecie in cui la pena è scalettata secondo che il fatto sia grave o particolarmente grave, secondo che la quantità delle cose oggetto materiale della condotta sia rilevante o particolarmente rilevante (un esempio per tutti: v. l’art. 285 co. 2o e, rispettivamente, l’art. 186) e le fattispecie in cui la scalettatura è articolata tra fatto semplice, fatto grave e fatto particolarmente grave (art. 363). In quest’ultimo caso, tenendo conto della clausola di riserva dell’art. 13, bisogna concludere che il fatto semplice è qualcosa di meno del fatto grave e qualcosa di più del «fatto manifestamente lieve che provoca un danno non grave»: un bel rompicapo! Vi sono poi molti casi nei quali la misura della multa è rimessa all’arbitrio del giudice, perché le norme incriminatrici non la stabiliscono né gli artt. 52 e 53 ne indicano i limiti edittali a cui fare riferimento per colmare la lacuna. Questa rimessione all’arbitrio giudiziario avviene sia nei confronti della persona fisica (v., per esempio, gli artt. 322, 324, 358 co. 2o, 359 co. 1o e 2o) sia nei confronti degli enti (v., per esempio, l’art. 186 co. 3o ed il secondo comma degli artt. 187, 188, 189 e 191). Da questo quadro si trae l’impressione che nel codice penale cinese manca la valutazione legislativa della gravità del reato (cioè quella che il legislatore esprime nella fattispecie astratta del reato secondo il principio di proporzione) e che tale valutazione è rimessa, caso per caso, all’apprezzamento concreto del giudice, da compiere nell’osservanza di tale principio, come prescrive l’art. 5. 4. Severità e premialità nella disciplina delle sanzioni. – La multa è una pena definita accessoria nell’art. 34, al pari della privazione dei diritti politici e della confisca dei beni, ma, a norma del capoverso di tale articolo, può essere inflitta anche autonomamente. E di questo principio si trova applicazione nella parte speciale. 8 Anche da noi i giudizi di «tenuità» (per esempio, quello richiesto dall’art. 62 n. 4 c.p.) fanno registrare valutazioni discordanti che lasciano l’imputato nelle mani del giudice e non in quelle della legge. Va osservato, inoltre, che la clausola di esclusione dell’art. 13 ha una portata diversa da quella che si attende il lettore occidentale, perché nel codice si incontrano casi di punibilità a discrezione di reati lievi (cioè, di fatti che a norma dell’art. 13 non sono reato): v. artt. 37 e 67 co. 1o.
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Accanto alle pene accessorie sono definite pene principali, dall’art. 33, il controllo pubblico (una sorta di libertà vigilata) (artt. 38-41), l’arresto (artt. 42-44), la reclusione e l’ergastolo (artt. 45-47), la morte (artt. 48-51). Nella parte speciale si ricorre con frequenza alla pena di morte. Essa è comminata in trenta articoli 9 oltre che in undici articoli per i reati militari 10. Talora questi articoli si riferiscono anche a più fatti. «Non si applica la pena di morte né a chi nel momento in cui ha commesso un reato non aveva compiuto i diciotto anni, né a chi era in gravidanza durante il processo» (art. 49). Di regola, la comminazione della pena di morte è legata alla previsione generica della «particolare» gravità del fatto (v., per esempio, l’art. 370 co. 1o), che attua la regola dettata nella prima parte del codice («la pena di morte si applica soltanto ai reati estremamente gravi»: art. 48 co. 1o). Spesso, come avviene tra gli altri nell’art. 370, alla gravità così connotata è connessa una progressione di pene alternativamente previste che va dalla reclusione pari o superiore a dieci anni alla morte, passando per l’ergastolo: un intervallo edittale troppo ampio perché la previsione legale sia un argine efficace all’esercizio del potere. Né è migliore il risultato a cui approda il criterio dettato per concentrare la scelta sulla pena di morte nei reati contro la sicurezza dello Stato, la cui formulazione non aggiunge nulla a ciò che si desumerebbe da una generica previsione di gravità («Salvi i reati di cui agli artt. 103 comma 2o, 105, 107 e 109, chiunque commette un reato previsto in questo titolo può essere punito con la pena di morte a condizione che il reato sia estremamente dannoso nei riguardi dello Stato e del popolo e le circostanze siano estremamente gravi»: art. 113). Viene sanzionata con la pena di morte non soltanto l’offesa alla vita, all’incolumità personale o collettiva ed alla sicurezza dello Stato, come negli ultimi anni della sua vigenza avveniva nell’Europa Occidentale, ma è sanzionata anche l’offesa ad interessi amministrativi dello Stato: per esempio, è prevista per il contrabbando (art. 151 co. 4o c.p.), per la frode fiscale (art. 205) e per il falso nummario (art. 170), verso il quale anche le codificazioni europeo-occidentali del primo Ottocento ebbero analogo rigore poi scomparso nel corso del
V. artt. 113 co. 1o, 115 co. 1o, 119 co. 1o, 121, 125 co. 1o, 127, 141, 151 co. 4o, 170, 199, 205, 206 co. 2o, 232, 234 co. 2o, 236 co. 3o, 238 co. 2o, 239 co. 2o, 240 co. 1o, 263, 264, 289, 292 co. 2o, 295, 317 co. 2o, 328 co.1o, 347 co. 2o, 358 co. 2o, 369 co. 1o, 370 co. 1o e 3o, 383 co. 1o. 10 V. artt. 421, 422, 423, 424, 426, 430 co. 2o, 431 co. 2o, 433 co. 2o, 438 co. 1o, 439 co. 1o, 446. 9
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secolo (v., per esempio, l’art. 132 code pénal del 1810 ed i §§ 92 e 94 codice penale asburgico del 1803). Due sono le specie di pena di morte: la pena di morte ad esecuzione immediata e quella ad esecuzione sospesa temporaneamente (per due anni) Questo tempo di attesa rende possibile la conversione della pena di morte «in reclusione pari o superiore a quindici anni e pari o inferiore a venti anni se il condannato ha dimostrato notevoli meriti penali» (art. 50) durante il biennio di sospensione. L’istituto del «merito penale» connota con forti accenti di premialità il sistema sanzionatorio penale cinese anche nella fase di irrogazione della pena e non soltanto nella sua esecuzione. Nel caso della pena di morte, più che ad una concessione al movimento mondiale per la sua abolizione 11, l’istituto del «merito» sembra ispirato dallo scopo di coniugare l’interesse dello Stato alla scoperta ed al perseguimento dei reati con l’interesse del condannato o dell’imputato a conseguire vantaggi premiali. In via generale, secondo l’art. 68, «qualora il colpevole segnali il fatto criminoso altrui che successivamente sia verificato reale o fornisca delle informazioni importanti per effetto delle quali vengono perseguiti altri reati oppure consegua altri meriti penali, la pena può essere diminuita o ridotta 12; quando si tratti di merito penale significativo, la pena può essere ridotta o esclusa. – Nel caso di concorso tra la confessione volontaria ed il merito penale significativo dopo aver commesso un reato, la pena deve essere ridotta o esclusa». Mentre rispetto alla pena di morte il merito opera, dunque, come fattore di conversione, rispetto alle altre pene opera anche quale fattore di esclusione o quale fattore mitigante nell’ambito della stessa specie di pena. Il merito, e così pure il pentimento conseguente a rieducazione e riabilitazione, opera altresì quale requisito per il condono delle pene principali parzialmente espiate (e, quindi, ne è esclusa la morte), nel qual caso sussiste anche in presenza delle situazioni di «merito penale significativo» enunciate nell’art. 78 13, e quale requisito per ottenere la liberazione condizionale (art. 81).
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Molto intenso, com’è noto. Si veda, ancora di recente, il Documento per l’abolizione della pena di morte nel mondo, in Dir. Pen. XXI Secolo, 2009, 218 con presentazione del Collega prof. Canestrari (215). 12 La diminuzione avviene antro l’intervallo edittale, la riduzione al di sotto del minimo di esso (v. artt. 29 co. 2o, 62 e 63). 13 Impedire l’altrui attività criminosa grave; segnalare il fatto criminoso altrui che si è successivamente accertato essere reale; proporre un’invenzione o un’innovazione tecnica rilevante; salvaguardare la vita altrui nell’attività produttiva o quotidiana, sottoponendosi a pericolo letale;
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Il quadro della premialità è completato dalla confessione. «È confessione volontaria quella del colpevole che, dopo aver commesso il reato, si sottopone volontariamente alla giustizia e confessa il proprio fatto criminoso. Per il colpevole suddetto, la pena può essere diminuita o ridotta. Se trattasi di un reato lieve, la pena può essere esclusa. – È trattata come confessione volontaria anche quella di una persona sospetta sottoposta alle misure giudiziarie coattive, di un imputato o di un condannato sottoposto all’esecuzione della pena, che rende una confessione veritiera del proprio fatto criminoso di cui l’autorità giudiziaria non è a conoscenza» (art. 67). Anche la confessione resa dopo la condanna può, dunque, modificare la misura della pena. 5. Il principio di colpevolezza e la struttura delle fattispecie. – Molto precisa, almeno in linea di principio, è la disciplina dell’elemento soggettivo del reato imperniata sul principio di colpevolezza. Dei reati si risponde per dolo (art. 14); per colpa (definita nelle due forme di colpa senza e con previsione) se ne risponde solo nei casi espressamente previsti dalla legge (art. 15), senza spazio alla responsabilità oggettiva per elementi essenziali del reato o per condizioni di punibilità o eventi aggravatori. Secondo l’art. 16, non si risponde di eventi dovuti a cause irresistibili o imprevedibili. Però, questa linearità della previsione di parte generale è offuscata dalla struttura delle fattispecie di reato. Quando «gravità», «particolare gravità», «rilevanza», «particolare rilevanza» sono fattori da cui dipende una pena maggiore o diversa, che cosa deve volere e rappresentarsi l’agente? basta che voglia e si rappresenti gli elementi concreti del fatto che commette, i quali sono obiettivamente gravi, rilevanti ecc., o deve anche essere consapevole, darne mentalmente una valutazione di gravità, rilevanza, ecc. e volerne l’attuazione? Vi sono poi fattispecie dolose in cui sono previsti elementi strutturati in una forma che corrisponde a quella delle nostre condizioni obiettive di punibilità e rispetto ai quali non è agevole individuare il criterio di imputazione. Due esempi. Nell’art. 138 è punito «il responsabile diretto di un ente che, in piena consapevolezza del pericolo della struttura di una scuola ... omette di adottare le misure necessarie o di comunicare tempestivamente la situazione di pericolo ... qualora dal fatto derivi un incidente grave ai danni delle persone ...».
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mostrare comportamenti significativi durante un’attività nei confronti di calamità naturali o di incidente grave; contribuire altrimenti in modo rilevante a favore dello Stato e della società.
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In presenza di una formulazione siffatta, il penalista italiano resta in dubbio su come deve essere imputato questo evento. Se cioè esso va imputato per dolo (almeno eventuale) oppure per colpa – come suggerirebbe il modello francese della mise en danger délibérée de la personne d’autrui (v. art. 121-3 code pénal) a cui questa fattispecie sembra ispirarsi – sebbene manchi nell’art. 138 l’espressa previsione della responsabilità colposa richiesta dall’art. 15 co. 2o, oppure se questo evento è da considerare estraneo alla fattispecie, secondo l’indirizzo presente nella common law e secondo il quale non tutto il fatto si deve proiettare nel dolo ma soltanto i suoi elementi essenziali perché chi agisce vuole ordinariamente anche le conseguenze normali o naturali della propria azione 14. Un altro esempio è offerto dall’art. 167 nel quale è punito «il responsabile generale diretto di una società statale ... che, contraendo o eseguendo un contratto, si inganna per grave trascuratezza dei propri doveri, qualora si verifichi una perdita rilevante per gli interessi dello Stato ...». Qui l’incertezza interpretativa investe oltre che l’evento anche la condotta. L’errore dell’agente dovuto a negligenza dev’essere consapevole e voluto o basta che sia colposo? La formulazione della norma depone per questa seconda alternativa, ma ne risulta una previsione implicita di responsabilità colposa, non espressa come, invece, richiede l’art. 15 co. 2o e nel codice vi sono parecchie norme che danno attuazione a questo principio parlando direttamente di colpa senza ricorrere a perifrasi 15. Qualche dubbio lascia al lettore italiano anche la responsabilità penale degli enti prevista negli artt. 30 e 31, che la fondano sui seguenti principi: a) l’ente non risponde in via generalista di qualunque reato, ma solo dei reati per i quali la legge prevede espressamente la sua responsabilità 16; b) l’ente è autore del reato; c) l’ente è punito con la multa; d) con l’ente sono puniti anche il responsabile generale diretto ed il responsabile diretto. Nel codice cinese manca quell’elemento presente nelle codificazioni europeo occidentali, che i tedeschi denominano «fatto di collegamento» (Anknüpfungstat) tra ente e reato e che l’Ordnungswidrigkeitengesetz individua nella violazione di un dovere inerente all’attività dell’ente attribuibile ad una persona che agisce per l’ente (art. 30 OWiG) 17. Analogamente, il code pé-
Sul punto, v. Vinciguerra, Diritto penale inglese comparato. I principi, 2a ed., 2002, 280. V. il secondo comma degli artt. 115, 119 e 124, gli artt. 233, 234, 324 co. 3o, il secondo comma degli artt. 369 e 370, il primo comma degli artt. 398 e 432. 16 È prevista, se non ho sbagliato il conto, in 68 articoli del codice. 17 Sul punto, v. nella nostra letteratura il recente lavoro di Jäger, Sanzionabilità penale e amministrativa degli enti in Germania, in Dir. Pen. XXI Secolo, 2008, 281. 14 15
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nal parla di reati commessi per conto delle personnes morales dai loro organi o rappresentanti (art. 121-2) ed il nostro d.lgs. n. 231/2001 di reati commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente (art. 5 co. 1o). La mancanza nel codice cinese di questo nesso di collegamento unita all’affermata autoria dell’ente lascia supporre che sia stato seguito l’identification model di matrice anglosassone, secondo il quale la directing mind and will dell’ente va ricercata nell’appartenenza dell’autore del reato al management. A costui si richiede che agisca con l’elemento soggettivo richiesto per il reato. Ma – si chiede il lettore italiano – poiché accanto al responsabile generale diretto è sempre menzionato anche il responsabile diretto, questi può essere un soggetto non appartenente al management, può essere cioè un inferior servant? Nell’affermativa, il codice cinese avrebbe costruito la responsabilità penale dell’ente unendo la vicarious liability alla corporate liability della doctrine of identification. La responsabilità vicariale renderebbe possibile che l’ente risponda anche del reato commesso dal dipendente non manager purché egli abbia agito con mens rea (intention o recklessness) cioè con l’elemento soggettivo richiesto per il reato. Ma l’insistenza con cui il codice parla di reato «commesso» dall’ente non significa forse che è stata seguita la dottrina della personal liability, la quale implica la diretta responsabilità penale della corporation per la violazione dei doveri imposti ad essa senza che occorra individuare una persona fisica colpevole? 18 Speriamo di avere la possibilità di dare una risposta a queste domande nel futuro dei nostri studi. 6. La dimensione della responsabilità penale. – Concludiamo questa breve panoramica con un cenno alla dimensione che nel codice cinese è riservata alla libertà di agire senza incorrere in reati. A questo scopo occorre portare l’attenzione sui quattro istituti che delimitano il perimetro di un ordinamento penale segnandone i confini esterni. Com’è noto, due di essi riguardano la struttura dei reati (il tentativo ed il concorso di persone nel reato) e due la validità e l’efficacia della norma penale, rispettivamente, nello spazio e nel tempo. Tutti e quattro rispondono ad un disegno espansivo rispetto ai canoni seguiti nell’Europa Occidentale. 18
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Per un’esposizione di queste problematiche, v., nella nostra letteratura, Vinciguerra, Diritto penale inglese comparato. I principi, cit., 213 ss. e 221 ss. ed ivi bibliografia e sentenze.
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Il tentativo è definito ricorrendo al principio illuministico del commencement d’exécution («è reato tentato iniziare a commettere un reato ma senza successo a cagione di fattori non voluti dal reo»: art. 23 co. 1o). Ma la norma non dice che ciò debba avvenire con atti esterni e questa precisazione, superflua quando non sono punibili gli atti preparatori, non lo è quando tali atti sono punibili, come avviene nel codice cinese. Secondo l’art. 22 co. 1o, «è reato preparato predisporre i mezzi o porre le condizioni al fine di commettere un reato» ed a queste ultime sono riconducibili anche gli atti interni, come la progettazione del reato che l’autore conserva chiusa in un cassetto. Il riferimento agli atti esterni contribuirebbe a definire meglio il confine tra gli atti preparatori e gli atti di tentativo. Con la consueta preoccupazione di non precludere alcuna possibilità per valutare in concreto la proporzione della pena al fatto, il legislatore cinese ha stabilito che la pena del reato tentato varia, a discrezione del giudice, tra quella del reato consumato ed il minimo edittale di esso (art. 23 co. 2o), mentre il reato preparato può essere punito come il reato consumato o non essere punito (art. 22 co. 2o): in entrambi i casi, passando per tutte le alternative intermedie possibili. Quando poi consideriamo che il reato interrotto (in cui sono aggregati due istituti corrispondenti alla nostra desistenza ed al nostro recesso attivo: v. art. 24 co. 1o) se «privo di danno» è esente da pena (art. 24 co. 2o), dobbiamo constatare che l’autore del reato preparato è trattato più severamente di chi desiste o recede: ma che egli sia più pericoloso di costoro non convince. Nel concorso di persone nel reato, la cui struttura è imperniata sulla differenziazione seguita in molte legislazioni tra le forme di partecipazione variamente denominate, a cui viene riconnesso un diverso trattamento sanzionatorio (il codice cinese distingue fra reo principale e complice: v. artt. 26 e 27; nella parte speciale compaiono anche le figure del partecipante attivo e del partecipante ordinario: v. i reati contro la sicurezza dello Stato), l’area di punibilità subisce un allargamento per effetto della punizione prevista per l’istigazione non accolta (art. 29 co. 2o), paragonabile a quella dell’incitement nell’ordinamento inglese. La validità ed efficacia della norma penale nello spazio, regolata negli artt. 6 a 10, muovendo dal principio di territorialità lo allarga e lo supera, pervenendo a definire un’area assai ampia di responsabilità penale. A determinare la responsabilità penale è sufficiente che il reato sia stato commesso in territorio cinese solo parzialmente: basta, cioè, che vi siano avvenuti la condotta o l’evento se poi il reato è stato consumato all’estero (art. 6 co. 3o). È generalizzata la responsabilità secondo la legge cinese per i reati commessi a bordo delle navi e degli aeromobili anche quando si trovano nelle acque
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territoriali straniere. Ignoro se la Repubblica Popolare Cinese aderisce a convenzioni internazionali che escludono questa ipotesi, ma è un’eventualità non considerata nel codice, il cui art. 9 19 sembra riferirsi agli apporti normativi di fonte internazionale che allargano l’area della giurisdizione cinese e non a quelli che la restringono. Nei confronti dei pubblici ufficiali e dei militari la legge penale cinese ha validità ed efficacia universale senza limitazioni (art. 7 co. 2o), che (in funzione della gravità del reato desunta dalla misura della pena) sono, invece, previste per gli altri cittadini (art. 7 co. 1o), la cui punizione è peraltro obbligatoria come per i militari ed i pubblici ufficiali. Invece, lo straniero che delinque all’estero è punibile a discrezione dell’Autorità con il limite della doppia punibilità e della gravità del reato desunta dalla misura della pena (art. 8). Anche la disciplina della validità ed efficacia della norma penale nel tempo segna uno scostamento dai principi generalmente riconosciuti. Infatti, pur essendo la disciplina dell’art. 12 imperniata sull’irretroattività, sulla retroattività della norma abrogatrice e della norma più favorevole (comma 1o), oppone il limite del giudicato anche nei riguardi della norma abrogratice (art. 12 u. co.). Nell’esperienza occidentale quest’ultima è, invece, incondizionatamente retroattiva, mentre sono discordanti le risposte circa il limite del giudicato alla retroattività della norma più favorevole: per esempio, questo limite è previsto nei codici penali francese (art. 112-1 co. 3o) e tedesco (§ 2 co. 3o), ma non nel codice della Federazione Russa (art. 10) 20 e nel codice spagnolo (art. 2 co. 2o). Per concludere, siamo di fronte ad un sistema punitivo funzionale ad una forma di governo che ignora il pluralismo e nel quale non è ancora avvenuto il passaggio dall’economia pianificata all’economia di mercato. L’impressionante crescita del pil che si registra in Cina ogni anno non è accompagnata da una distribuzione della ricchezza prodotta paragonabile a quella dei paesi occidentali e con il tempo ciò potrebbe stimolare una convergenza di interesse fra i nuovi ricchi ed i molti poveri verso una maggiore libertà di impresa, capace di provocare rivolgimenti della forma di governo che cambierebbero il volto dell’ordinamento giuridico cinese, compreso quello della giustizia penale. Ma, fra quanto tempo?
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«Questo codice si applica ai reati previsti dalle convenzioni internazionali di cui la Repubblica Popolare Cinese è uno Stato firmatario o uno Stato membro, qualora, ai sensi degli obblighi convenzionali da essa assunti, la Repubblica Popolare Cinese eserciti la giurisdizione». 20 La traduzione italiana del codice russo è pubblicata in Dir. Pen. XXI Secolo, 2007, 17.
Lorenzo Picotti Ordinario di diritto penale nell’Università di Verona
OFFENSIVITÀ ED ELEMENTO SOGGETTIVO DEL REATO NEL CODICE PENALE DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE Sommario: 1. Premessa. – 2. Offensività ed elemento soggettivo del reato: una prima approssimazione alla parte generale del codice. – 3. I «compiti» del codice penale e l’esigenza di offensività nei suoi artt. 1 e 2 e nell’art. 28 Cost. cinese. – 4. Il principio di legalità formale e l’offesa «in concreto» degli interessi protetti di fronte alle clausole di esiguità e di astensione dalla pena. – 5. Offesa e commisurazione in concreto della pena. – 6. Sull’elemento soggettivo del reato. – 7. Spunti di analisi dell’elemento soggettivo nella parte speciale. – 8. Conclusioni.
1. Premessa. – Innanzitutto desidero esprimere un ringraziamento veramente molto sentito all’amico prof. Sergio Vinciguerra, che è stato promotore di questa iniziativa. E non solo dell’incontro odierno ma, prima, dell’idea di proporre a Shenkuo Wu di tradurre in italiano il Codice penale cinese, sostenendone l’impegno sul piano scientifico e finanziario, quindi di assicurarne la pubblicazione. In secondo luogo, e soprattutto, grazie a Shenkuo Wu, dottorando nel corso di Dottorato di Ricerca in «Diritto ed economia dell’impresa. Discipline interne ed internazionali» (di cui sono coordinatore presso l’Università degli Studi di Verona), che sta scrivendo la sua tesi sulla tutela penale della privacy nell’epoca di Internet, con particolare riferimento all’Italia ed alla Cina, ed ha voluto dedicare – con il mio entusiastico consenso ed appoggio quale suo tutor – una parte del suo tempo anche a questa intrapresa, davvero molto importante e significativa. E l’ha fatto con grande maestria, rispetto alla sua giovane età ed alla sua conoscenza della lingua e del diritto penale italiani, con cui ha dovuto continuamente confrontarsi per riuscire in una buona traduzione, consapevole delle specificità dei due ordinamenti. Infine, saluto tutti gli amici della scuola torinese, a partire dal Prof. Gianmaria Ajani, che è stato per lunghi e fecondi anni di lavoro ottimo collega e soprattutto Direttore di Dipartimento all’Università degli Studi di Trento, ed ho rivisto con particolare piacere in questa occasione, dato anche il comune interesse scientifico per l’esperienza giuridica cinese; nonché i colleghi Alessandra
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Rossi e Marco Pelissero, con cui abbiamo spesso dialogato su tanti temi, non solo di diritto penale e con cui possiamo proseguire insieme il confronto su nuovi argomenti. Devo però preliminarmente ammettere anche un certo disagio nell’affrontare, necessariamente per singoli punti frammentari, una realtà assai complessa come è quella del sistema penale cinese, di cui non possediamo tutte le coordinate. Abbiamo oggi il testo italiano del codice, ed è già il primo passo essenziale per la sua conoscenza, ma non abbiamo ancora accesso – per insuperabili ragioni linguistiche – alla dottrina e, soprattutto, alla giurisprudenza. Per cui possiamo solo tentare un lavoro «a prima lettura», con evidenti rischi di approssimazione, se non improvvisazione di proposte interpretative del tutto personali o prive di riscontro nell’effettiva realtà del diritto vivente cinese: e di questo chiedo anticipatamente venia. Ma credo sia comunque significativo intraprendere il confronto con una realtà giuridica e sociale molto importante, che non è così lontana come spesso è sentita, oggi certamente più vicina di tante altre, che offre forti stimoli per una riflessione di ampio respiro, dato il rilievo peculiare che occupa nella storia passata e recente, ed anche in prospettiva futura. Prendo, dunque, spunto dalle parole finali di Shenkuo Wu sull’importanza della comparazione fra i nostri ordinamenti, per sottolineare come essa si realizzi in modo assai efficace attraverso il confronto diretto e personale, come quello che avviene in questa occasione, in cui è possibile individuare in «contraddittorio» alcune linee di fondo del sistema ed indirizzare così anche i successivi indispensabili approfondimenti delle sue molteplici fonti e dei suoi differenti «formanti».
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2. Offensività ed elemento soggettivo del reato: una prima approssimazione alla parte generale del codice. – Limitandoci per ora alla mera lettura «frammentaria» del testo del codice, due temi mi sembrano significativi per cogliere alcune coordinate caratterizzanti del sistema: quello dell’offensività e quello dell’elemento soggettivo del reato. Dei molti aspetti da toccare al riguardo, potrò però svilupparne solo alcuni, confidando siano comunque utili per un primo percorso di lettura della parte generale. Muovo dalle norme di apertura, che intendono proclamare le finalità complessive del codice, quasi a fondarne la «legittimazione» sostanziale, indicandone espressamente i compiti (cfr. infra, n. 3). Tali disposizioni lasciano emergere la base politico-sociale dell’esigenza di offensività, che sembra connotare in modo molto forte il codice stesso.
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Pur andando probabilmente interpretata in termini diversi da quelli con cui noi la intendiamo sul piano dogmatico, si tratta di una categoria senz’altro confrontabile con la nostra, da tempo oggetto di ampio dibattito anche in prospettiva comparata, sia per la possibile tensione con il principio di legalità formale (cfr. infra, n. 4), sia per le ricadute pratiche che può avere ai fini dell’applicazione e della commisurazione della pena (cfr. infra, n. 5). Anche a proposito dell’elemento soggettivo del reato, i termini del raffronto appaiono comparabili, visto che esso si articola in una bipartizione fra dolo e colpa, con esclusione esplicita della responsabilità oggettiva, e in definizioni simili a quelle correnti nel nostro ed in molti altri ordinamenti contemporanei (cfr. infra, n. 6). Ma bisognerebbe verificare come queste categorie «vivano» nell’applicazione giurisprudenziale e nelle concrete problematiche della parte speciale: approfondimento impossibile in questa sede, salvo segnalarne il bisogno ed operare qualche veloce richiamo a singole fattispecie incriminatrici, che mi sono sembrate rilevanti specie per l’esemplificazione delle questioni attinenti all’elemento soggettivo (cfr. infra, n. 7). 3. I «compiti» del codice penale e l’esigenza di offensività nei suoi artt. 1 e 2 e nell’art. 28 cost. cinese. – Il codice penale cinese si apre, con l’art. 1, enunciando il compito dichiarato non solo di «punire i reati», ma anche di «proteggere il popolo» sotto il profilo della Costituzione e dell’esperienza di lotta contro i reati nonché le altre «situazioni» concrete. È così enunciato un esplicito fondamento politico del diritto penale, a fianco di quello giuridico, che colloca lo stesso codice vicino al «popolo» da cui promana la sua legittimazione, in quanto sottolinea lo scopo di protezione dalle offese che possono minacciarlo. È un fondamento che nel codice del 1997 – come ha sottolineato Wu – appare formulato diversamente da quello già contenuto nel codice del 1979: ma permane enfaticamente il rinvio alla radice «materiale» ed alla funzione politico-sociale del potere di punire, accanto a quella più propriamente giuridicopositiva di «punire i reati». Nell’art. 2 l’esigenza di tutela si sviluppa in modo più articolato, associando specificamente la prospettiva formale delle previsioni normative a quella materiale degli «interessi» da proteggere. Da un lato, le «pene» sono esplicitamente definite quali mezzi per combattere i reati oggetto del codice; dall’altro vengono elencate – seppur in termini generici – le categorie di «interessi» sostanziali da proteggere contro le relative offese, facendosi rinvio a nozioni forti, su cui è evidente la ricerca di un consenso sociale condiviso.
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Sono perciò menzionati, in primo luogo, la «sicurezza dello Stato», la «dittatura democratica del popolo» ed il «sistema socialista», che rimane sempre presente nella Costituzione e nelle leggi cinesi, come rilevava nella sua introduzione il collega Ajani, benché oggi l’accento si sposti sempre di più dal sistema socialista all’economia di mercato. In un gradino subito successivo si colloca la tutela dei beni sia «statali», che «collettivi», in specie «dei lavoratori». Quindi vengono menzionati quelli dei «privati» e dei «cittadini» in generale. È poi da rimarcare l’indicazione esplicita – quale oggetto di tutela penale – dei «diritti personali» e «democratici», nonché degli «altri diritti» dei cittadini. Infine segue, a mo’ di chiusura, il richiamo dialettico al «mantenimento dell’ordine sociale e dell’ordine economico», da un lato, ed allo scopo più dinamico di «assicurare la serena costruzione socialista», dall’altro [corsivi aggiunti]. Insomma, in questa non chiara gerarchia sembrano riflettersi i tratti propri di un diritto in transizione, in cui si intende offrire protezione ai beni ed ai diritti dei privati – personali, democratici, dei cittadini in genere – ma si mantiene contemporaneamente il richiamo alla «costruzione del socialismo», alla «dittatura democratica del popolo», all’«ordine socialista» ed «economico», pur se – progressivamente – ormai aperto al mercato. Gli articoli di apertura del codice si preoccupano dunque di enunciare un messaggio politico-culturale, che va al di là di un preciso contenuto normativo e regolamentare: e mi sembrano piuttosto da collegare al contenuto dell’art. 28 della Costituzione della Repubblica popolare cinese del 1982, quale risultante dall’emendamento del 15 marzo 1999. La norma è da richiamare non solo perché non si rinvengono (per quanto mi consta) altre disposizioni costituzionali espressamente riferibili al diritto penale, ma anche perché essa ha, per il suo stesso rango, la forza e lo scopo di sancire un fondamento giuridico-costituzionale del potere di punire e, dunque, del codice penale, attraverso il richiamo alla finalità generale di reprimere le «minacce» portate agli interessi essenziali dello Stato e della collettività: «Lo Stato mantiene l’ordine pubblico e reprime i tradimenti e le altre attività criminali [soppresso: «e controrivoluzionarie] che minacciano la sicurezza dello Stato; sanziona penalmente le attività criminali che minacciano la pubblica sicurezza e destabilizzano l’economia socialista come pure le altre attività criminali» [corsivi aggiunti]. Abbandonata la preoccupazione per le «attività controrivoluzionarie» – affiancate alle «attività criminali» tout court nella formulazione della Costituzione del 1982 – l’ambito della materia penale strettamente intesa dovrebbe resta-
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re in qualche modo circoscritto alla protezione delle esigenze essenziali dello Stato, della società e della collettività, contro i pericoli di offesa alle condizioni primarie della vita pubblica ed economica. Ma in realtà questa esigenza oggettiva di offensività dei reati sfuma con la menzione – ben più soggettiva o leggibile in chiave politica – dei «tradimenti», che vengono parimenti indicati quale oggetto di repressione statale, a fianco delle «altre» attività criminali: formula assai generica, che viene mantenuta in funzione di chiusura rispetto alle minacce ai predetti beni essenziali dello Stato e della collettività. La norma costituzionale si occupa infine anche del destino dei criminali, che non solo vanno «puniti», ma anche «rieducati» (art. 28, ultima parte, Costituzione cinese cit.). Dunque repressione e riabilitazione, come sintesi delle moderne funzioni del diritto penale, secondo un approccio che può essere condiviso sul presupposto che gli stessi «interessi protetti» mediante l’incriminazione e persecuzione dei reati che li minacciano, in conformità con l’esigenza di oggettiva offensività, siano effettivamente essenziali e come tali riconoscibili dall’intera società e collettività, non certo imposti da meri imperativi dello Stato: solo se l’offensività è riferita ad un oggetto o, meglio, interesse «riconoscibile» come meritevole di protezione anche da parte di chi ha violato i precetti giuridico-penali, possono porsi le basi per un effettivo percorso riabilitativo e risocializzante. 4. Il principio di legalità formale e l’offesa «in concreto» degli interessi protetti di fronte alle clausole di esiguità e di astensione dalla pena. – La piena affermazione del principio di legalità penale, di cui ha parlato il Prof. Vinciguerra e che Shenkuo Wu ha giustamente sottolineato come un’importante novità portata dalla riforma codicistica del 1997, si è avuta con il dichiarato abbandono della possibilità, prima esistente, di estendere analogicamente le norme penali oltre i casi da esse espressamente previsti. Oggi l’art. 3 del codice penale cinese stabilisce chiaramente, ed addirittura in modo ridondante – perché ripete in negativo, quale divieto, quanto inequivocabilmente già affermato in termini positivi – che «qualunque fatto che sia espressamente previsto come reato dalla legge va condannato e punito, qualunque fatto che non sia espressamente previsto come reato dalla legge non va né condannato né punito (...)» [corsivi aggiunti]. Viene così abbandonato un connotato proprio dei regimi penali autoritari, che si era manifestato nell’esperienza «rivoluzionaria» dell’Unione Sovietica per molto tempo e, quindi, sotto il regime nazista in Germania con la famigerata riforma del § 2 del codice penale, che sancì la via dell’arbitrio giudiziale e
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della strumentalizzazione politica del diritto penale, quale mezzo di repressione di ogni forma di opposizione o di dissenso. La svolta che si è avuta nella Repubblica popolare cinese va dunque vista con favore, anche se il principio non trova (per ora) un fondamento di rango costituzionale: per cui potrebbe, in ipotesi, essere derogato da una formulazione non tassativa di singole norme, che lascino al giudice la possibilità di sanzionare «casi analoghi» rispetto a quelli descritti; ovvero rinviino a fonti subprimarie, in grado di svuotare l’esigenza di legalità e di riserva di legge, come già esemplificato dal Prof. Vinciguerra. Alla luce di tale premessa, va esaminata altresì la possibile tensione dialettica emergente fra legalità formale ed offensività materiale, già oggetto di ampio dibattito nel nostro ed in altri ordinamenti penali, specie di matrice politica socialista. Sul punto l’art. 13 del codice penale cinese, collocato in apertura del Capo I (dedicato al reato ed alla responsabilità penale) del Titolo II (dedicato al «Reato in generale»), definisce nella sua prima parte il reato stesso alla stregua del contenuto di offesa che presenta per gli interessi protetti, ancora una volta elencati in modo essenziale, con un chiaro fine retorico piuttosto che con concreti effetti sul piano della disciplina giuridica. Secondo detta norma, infatti, è reato: «Qualunque fatto che compromette la sovranità, l’integrità del territorio e la sicurezza dello Stato, offende l’unità dello Stato, sovverte il regime della dittatura democratica del popolo e il sistema socialista, pregiudica l’ordine sociale e l’ordine economico, viola i beni dello Stato o quelli collettivi dei lavoratori, viola i beni privati dei cittadini, infrange i diritti personali, democratici e gli altri diritti dei cittadini» od infine – con una clausola di chiusura indeterminata e generale – «comunque offende la società» [corsivi aggiunti]. Riaffermata solennemente, ancora una volta, l’esigenza «sostanziale» di offensività, la qualifica giuridico-penale del fatto come reato è però poi espressamente subordinata alla decisiva condizione che «la legge lo sanzioni penalmente» [corsivo aggiunto]. Non può, tuttavia, concludersi che il codice ricada così in una nozione meramente formale di reato. Infatti, alla rilevanza «materiale» dell’offesa è pur sempre attribuita una importante funzione sul piano applicativo: quella di escludere dalla punibilità i fatti che – nelle circostanze concrete – siano «manifestamente lievi» o provochino «danni non gravi» [corsivi aggiunti]. Dunque, senza che vi sia deroga al principio di legalità formalmente inteso ed alla sua funzione garantista, la clausola in bonam partem limita la punibilità in ragione dell’«esiguità» o «tenuità» dell’offesa, di cui si assume l’oggettiva graduabilità.
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Chiara è, così, la diversità dall’esperienza di molti codici penali dei paesi già socialisti dell’Europa orientale, in cui il riferimento non era ad un’offesa oggettivamente graduabile, ma piuttosto alla mancanza o meno di concreta pericolosità oggettiva del fatto o soggettiva del reo. Da segnalare, infine, è l’esigenza di coordinamento tra l’esaminato art. 13 e l’art. 37 del codice penale cinese, che apre il Capo I (dedicato alle «Specie di pena) del successivo Titolo III (dedicato alle pene in generale). Infatti, è anche qui stabilita la possibilità per il giudice di astenersi dall’irrogazione della pena, quando non appaia «necessario» perché «si sono verificate circostanze lievi» (...). Non si tratta di ipotesi di totale irrilevanza del fatto, dato che la stessa norma precisa come «al colpevole possa essere inflitto il rimprovero» (che è la prima delle possibili misure alternative alla sanzione penale: cfr. art. 37 cod. pen. cinese) ovvero altre sanzioni o provvedimenti di carattere non penale, quali l’ordine al reo «di dichiarare il proprio pentimento, di esprimere le proprie scuse, di adempiere al risarcimento» ovvero la sua sottoposizione «alla sanzione od alla misura amministrativa irrogata dall’autorità competente». Si tratta, quindi, d’una disciplina di carattere generale, diretta a garantire che il ricorso alla pena avvenga secondo un criterio di extrema ratio in concreto, attribuendo al giudice un’ampia discrezionalità valutativa, alla condizione preliminare che sul piano oggettivo il reato presenti «circostanze lievi». La questione riguarda allora la correlazione fra le esaminate ipotesi di «esiguità» o «tenuità» del reato, di cui all’art. 13 – che sembrerebbero comportare la mera non applicazione della pena – e quelle che si possono definire di «depenalizzazione» in concreto, di cui all’art. 37, che invece sono esplicitamente correlate all’applicazione di misure alternative o di sanzioni amministrative. I due ambiti sono certamente prossimi, ma non necessariamente coincidenti. L’art. 13 sembra valorizzare elementi specifici della struttura del reato, per stabilirne la minima offensività in concreto – se «le circostanze sono manifestamente lievi o i danni non gravi» – fermo restando che si tratta di fatti formalmente riconducibili all’incriminazione penale, dato che il legislatore presuppone pur sempre che le circostanze siano tipiche ed i danni, comunque, sussistano. L’art. 37, muovendo dalla differente prospettiva della disciplina sanzionatoria affidata al potere discrezionale del giudice, riguarda ipotesi in cui, pur sussistendo (parimenti) il fatto di reato, la presenza di più generiche «circostanze lievi» consente di escludere l’applicazione della pena in senso stretto, sostituendola con altre misure o sanzioni «alternative».
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Sembrerebbe, in definitiva, delinearsi un rapporto di genus ad speciem fra le due previsioni, accettabile perché la notevole discrezionalità attribuita al giudice soprattutto da quest’ultima disposizione di carattere più generale è comunque in bonam partem, salve le necessarie riserve sui contenuti e le garanzie che devono accompagnare anche le misure e le sanzioni alternative alla pena in senso stretto, potenzialmente invasive o limitative di diritti fondamentali, pur diversi dalla libertà personale.
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5. Offesa e commisurazione in concreto della pena. – Il ruolo centrale dell’offesa nell’ambito degli elementi del reato traspare anche nella disciplina della commisurazione della pena, cui è dedicato il Capo I del Titolo IV, concernente l’«Applicazione concreta delle pene». Infatti l’art. 61, con cui si apre, ne stabilisce inequivocabilmente la preminenza quale parametro commisurativo, disponendo che «La commisurazione della pena deve essere effettuata ai sensi delle relative disposizioni di questo codice, con riferimento al fatto di reato, alla natura del reato, alle circostanze del reato e alla gravità del danno sociale del reato» [corsivi aggiunti]. È evidente la differenza rispetto allo schema dell’art. 133 del nostro codice penale, che vede una prima parte riguardare i diversi elementi oggettivi e soggettivi del «fatto» di reato – fra cui vengono menzionati anche l’intensità del dolo ed il grado della colpa, assieme alla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa – ed una seconda parte specificamente riferita («altresì») alla «capacità a delinquere» del reo. La scelta del legislatore cinese appare orientata, dunque, in chiave strettamente oggettiva. L’esigenza di «proporzione», che pervade fortemente il codice – tanto da essere enunciata quale autonomo principio generale nell’art. 5 (secondo cui «L’entità della pena deve essere proporzionata al reato realizzato dal colpevole e alla responsabilità da lui sostenuta»), per poi riemergere nella parte speciale quale «graduazione» normativa di diversi livelli di gravità dell’offesa in singole fattispecie di reato – viene accolta espressamente anche quale criterio ispiratore della commisurazione giudiziale della pena: ma solo con riferimento al «fatto», alla «natura», alle «circostanze», alla «gravità del danno sociale che il reato esprime. Viceversa non viene in rilievo il reo, né per quanto concerne i motivi dell’azione, né per quanto concerne la sua personalità e la sua vita giudiziaria, privata e sociale. E neppure viene richiamato espressamente l’elemento soggettivo del reato, benché gli si possa probabilmente riconoscere un qualche rilievo nell’ambito della «natura» (ad es. dolosa o colposa) e delle «circostanze» (an-
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che soggettive) del fatto, in conformità con il ricordato principio di proporzione alla «responsabilità» del reo, oltre che al reato come tale (art. 5 cit.). Le ragioni di questa forte prevalenza dell’approccio oggettivistico vanno ricondotte, come emerge dall’intervento di Shenkuo Wu, alle finalità della riforma del 1997, che ha inteso connotare il codice in chiave di maggiore legalità e certezza, rispetto ai precedenti arbitri soggettivistici consentiti da una disciplina troppo elastica, che aveva aperto la strada ad un’utilizzazione strumentale della discrezionalità giudiziale (specie contro i nemici politici). L’esigenza di garantire maggiore certezza giuridica ha così portato a sbarrare ogni apertura verso una soggettivizzazione vista come pericolosa per l’applicazione sicura della legge penale. Nondimeno, se si esaminano le successive disposizioni del codice riguardanti l’applicazione delle pene, si nota la presenza di una serie di istituti, diversamente articolati e non sempre, per noi, di facile interpretazione – come ha sottolineato il collega Vinciguerra – che portano a dar rilievo proprio alla persona ed alla soggettività del reo, soprattutto con riferimento all’adempimento di determinate condizioni od a comportamenti successivi alla commissione del reato ed alla condanna. Si considerino la «confessione volontaria» ed il «merito penale» (artt. 67 e 68 cod. pen. cinese), che per la «volontarietà» della sottoposizione alla giustizia penale ed i comportamenti collaborativi consentono di ridurre od anche escludere totalmente la pena, nel caso di reati lievi o se il merito è «significativo». Mentre la «sospensione della pena» (artt. 72-77 cod. pen. cinese), condizionata a comportamenti espressivi di «pentimento», ha l’effetto che non sia più eseguita la pena stabilita, dopo l’esaurimento del necessario periodo di prova, sempre che per la società non sia pericoloso applicare la sospensione e non vi sia pericolosità del reo. Il «condono della pena» (artt. 78-80 cod. pen. cinese) richiede a sua volta che il condannato, obbedendo seriamente alle disposizioni impartitegli e sottoponendosi all’educazione ed alla riabilitazione, «dimostri reale pentimento oppure consegua meriti penali». Le medesime condizioni sono sostanzialmente richieste per la «liberazione condizionale» (artt. 81-86 cod. pen. cinese), che si applica a condannati anche per gravi reati, con un periodo di prova uguale alla durata della pena non espiata o a dieci anni in caso di ergastolo, sempre che non vi sia pericolosità. In conclusione, il sistema sembra viaggiare su due binari «susseguenti», piuttosto che paralleli: prevalenza di una prospettiva oggettiva, imperniata sull’offesa, nella definizione del reato e nell’applicazione e commisurazione in
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concreto della pena; soggettivizzazione in fase di esecuzione, in relazione ai comportamenti successivi del condannato, che possono portare all’esclusione o comunque sospensione o cessazione anticipata della pena.
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6. Sull’elemento soggettivo del reato. – Per quanto riguarda l’elemento soggettivo del reato, tecnicamente inteso quale requisito d’imputazione e rimprovero del fatto commesso al soggetto agente – e dunque in un’accezione diversa da quella della «soggettiva» rilevanza della personalità del reo, di cui sopra si è parlato – il sistema penale cinese non sembra a prima vista discostarsi da quello del nostro codice, condiviso del resto nell’esperienza di molti altri ordinamenti contemporanei. La tradizione giuridica cinese, anche prima delle codificazioni successive alla rivoluzione del 1949, era in effetti già orientata ai modelli offerti dagli ordinamenti di civil law, per l’intenso e continuo interscambio con l’occidente e l’Europa continentale in specie. Basti menzionare – a prescindere dai viaggi di Marco Polo – l’opera di Matteo Ricci, il gesuita italiano che già a partire dal 1552 promosse un profondo e costante scambio culturale con la Cina. La vicinanza alle codificazioni penali europee emerge dunque su molti piani, non ultimo – per quanto riguarda la teoria e la sistematica del reato – nell’accennata bipartizione fra dolo e colpa, le cui esplicite ed abbastanza chiare definizioni contenute nel vigente codice della Repubblica popolare non sono distanti dalle nostre. Eppure, come risulterà dalla seguente analisi, i punti di divaricazione non sono affatto secondari. 6.1. Il dolo. – Il dolo rappresenta anche per l’ordinamento penale cinese la forma comune d’imputazione del reato, visto che in questo caso «il colpevole deve sempre rispondere penalmente» (art. 14 cod. pen. cinese). Nella sua essenza consiste nella «consapevolezza e volontà» del fatto tipico, al pari che nella tradizione dell’Europa continentale. Ma sul piano definitorio è concepito quale attributo («doloso») del reato, che si ha quando questo è commesso «con la consapevolezza che tale fatto provocherebbe una conseguenza socialmente dannosa e con la volontà esplicita o implicita del suo verificarsi». Il suo oggetto è dunque indicato come «conseguenza socialmente dannosa», termine più ampio dell’evento naturalistico in senso stretto, in quanto imperniato su un elemento valutativo («dannosità sociale») definito in termini non strettamente giuridico-positivi, che consentono una delimitazione più elastica della stessa nozione di «conseguenza» penalmente rilevante. Si può, così, ravvisare un raccordo con la nozione materiale di offensività del reato, di cui si è sopra parlato. Mentre attraverso l’espressa menzione di una possibile «volontà implicita», accanto a quella «esplicita», sufficiente ad
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integrare il dolo, il legislatore cinese non solo ammette la possibilità di una sua «intensità» minimale – probabilmente corrispondente a quella del nostro dolo eventuale – ma sembra altresì rimandare all’elastica «consapevolezza che tale fatto provocherebbe una conseguenza socialmente dannosa», da cui potrebbe ricavarsi circolarmente la predetta «volontà implicita» degli effetti dell’azione volontariamente realizzata. Ipotesi che sembra confermata dai riscontri ricavabili dall’analisi di alcune norme della parte speciale (cfr. infra n. 7.1). 6.2. La colpa. – Nei reati colposi, che sono invece punibili solo se la legge espressamente lo prevede (art. 15, comma 2, cod. pen. cinese), manca del tutto la «volontà della conseguenza», non però quella della condotta. Per cui, nelle situazioni in cui la «conseguenza socialmente dannosa» si è effettivamente verificata, si ravvisa la colpa sia quando il soggetto che doveva «prevedere che la sua condotta [la] avrebbe provocata [...] non l’ha prevista per negligenza», sia quando «avendola prevista, era certo di riuscire ad evitarla» (art. 15, comma 1): tanto che ha agito egualmente. Sembra definita espressamente, con quest’ultima formula, la «colpa con previsione», che rientra dunque tra le ipotesi comuni di colpa, anche se logicamente si colloca ai confini con il dolo eventuale (o meglio: con quella forma meno intensa di dolo in cui è implicita la volontà degli effetti), senza configurare però una specifica circostanza aggravante, qual è prevista nel nostro ordinamento dall’art. 61 n. 3 c.p. Del resto, il sistema delle circostanze aggravanti è ben diverso, nel codice penale cinese, rispetto a quello esistente nel nostro, non basandosi su previsioni di parte generale, ma soltanto su specifiche – ed invero numerose – ipotesi della parte speciale, in cui compaiono frequentemente graduazioni assai sottili (in conformità con il menzionato principio di proporzione di cui all’art. 5) fra fattispecie «particolarmente gravi», «gravi in modo rilevante» ovvero «ragguardevole» o semplicemente «gravi», riferite ad uno stesso fatto-base, come ben esemplificavano il prof. Vinciguerra e Shenkuo Wu, affrontando i relativi problemi linguistici di traduzione. Infine, si ha una netta distinzione normativa della colpa dalla responsabilità oggettiva, menzionata nell’art. 16, secondo cui «Non costituisce reato il fatto che ha oggettivamente cagionato un evento dannoso, quando questo evento è riconducibile a cause irresistibili o imprevedibili e non a dolo o colpa» [corsivi aggiunti]. Il costante riferimento all’evento o, meglio, alla «conseguenza socialmente dannosa» del fatto, per definire l’oggetto della colpa, oltre che del dolo, sembrerebbe far escludere l’esistenza di reati colposi di mera condotta. Ma come si è detto con riguardo al dolo, la nozione di «conseguenza social-
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mente dannosa» è così elastica e di contenuto parzialmente valutativo, da non essere in realtà coincidente con il concetto di «evento» in senso naturalistico: per cui occorrerebbe una più analitica verifica delle singole fattispecie incriminatrici, che si potrà però soltanto approssimare nel paragrafo seguente.
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7. Spunti di analisi dell’elemento soggettivo nella parte speciale. – Pur senza aver potuto compiere una ricerca esaustiva, mi sembrano da segnalare alcuni punti emersi dalla lettura della parte speciale, con riferimento a questioni che attengono all’elemento soggettivo e, in specie, alla distinzione fra responsabilità per dolo e responsabilità per colpa (infra n. 7.1.) nonché, in misura minore, a talune peculiari formulazioni del requisito doloso (infra n. 7.2). 7.1. Sulla distinzione fra imputazione dolosa e colposa. – Innanzitutto, va sottolineato che i principali casi di responsabilità per colpa sono effettivamente rappresentati da reati di evento o che presentano «conseguenze» esplicitamente qualificate «gravi» o «particolarmente gravi», secondo la graduazione di cui si è già detto, che compare anche in moltissimi altri reati. Rilievo che non supera le perplessità sulla scarsa tassatività di tale tecnica di formulazione normativa. Cito solo due settori: i «Reati contro la sicurezza pubblica» (artt. 114 ss., collocati nel Titolo II della Parte Seconda del codice dedicata alle «Disposizioni Speciali») ed i reati contro la vita e contro l’integrità personale, collocati nel Titolo IV nell’ambito dei «Reati contro i diritti personali e i diritti democratici dei cittadini» (artt. 232 ss.). 7.1.1. – Nel primo gruppo troviamo una serie di fattispecie che stabiliscono esplicitamente la responsabilità per colpa, in alternativa a quella per dolo. Si veda per esempio l’art. 115, che al primo comma punisce – con la reclusione superiore a dieci anni o con l’ergastolo o la pena di morte – «chiunque commette incendio, inondazione, esplosione, avvelenamento con sostanze tossiche o radioattive ovvero con germi patogeni o con altre sostanze oppure altri fatti pericolosi, con la conseguenza del danno grave al corpo o della morte oppure della perdita grave di beni pubblici e privati». Nel capoverso è invece prevista la ben minore pena della reclusione, superiore a tre e inferiore a dieci anni, per «chiunque commette il fatto del primo comma per colpa». Se in tal caso «le circostanze sono lievi, la pena è la reclusione pari o inferiore a tre anni o l’arresto». Una struttura simile presentano anche l’art. 119, che punisce – con la medesima pena della reclusione pari o superiore a dieci anni o con l’ergastolo o la pena di morte – chi «danneggia mezzi di traffico, impianti di traffico, di elettricità o di gas o altri impianti combustibili-esplosivi, avendo cagionato conse-
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guenze gravi»; e l’art. 124, che sanziona – con la reclusione pari o superiore a tre e inferiore a sette anni – chi «danneggia un impianto radiotelevisivo o un impianto pubblico di telecomunicazione, ponendo in pericolo la sicurezza pubblica», ma con una pena maggiore «se dal fatto deriva una conseguenza grave». In riferimento ad entrambe le ipotesi le pene sono però ben inferiori, se il fatto è commesso «per colpa» ed ulteriormente minori se – in tal caso – «le circostanze sono lievi». Per cui si può passare dalla pena di morte a quella del mero arresto, in relazione a fatti descritti con identica formulazione del loro nucleo oggettivo di base, a seconda del diverso elemento soggettivo (dolo o colpa) o della diversa gravità delle «conseguenze» o, ancor più genericamente, delle «circostanze». 7.1.2. – Nel secondo gruppo, la distinzione fra ipotesi dolose e colpose di omicidio (rispettivamente ex art. 232: «chiunque intenzionalmente uccide un altro uomo» ed ex art. 233: «chiunque per colpa cagiona la morte di altri»), nonché di lesioni personali (rispettivamente ex art. 234: «chiunque con dolo cagiona una lesione alla persona altrui» ed ex art. 235: «chiunque per colpa cagiona ad altri un danno grave al corpo») è simile a quella corrente anche nel nostro ordinamento, essendo chiaro il riferimento ad eventi consumativi naturalistici, causalmente connessi con la condotta del reo, ma in forza di un differente elemento soggettivo. Eppure emergono, nelle ipotesi di lesioni personali, profili di indeterminatezza, laddove la norma rimanda alla diversa «gravità» delle conseguenze, che nella fattispecie base sono riferite «al corpo» della vittima, ma alla stregua delle «disposizioni integrative» contenute nel Titolo V della parte generale sono estese anche a danni diversi da quelli fisici: infatti, oltre al danno che determina «effetti di menomazione degli arti o deturpazione dei lineamenti» (n. 1) ovvero «effetti di invalidità dell’udito, della vista o di altre funzioni organiche» (n. 2), sono da considerare le altre «conseguenze gravi alla salute umana» (n. 3), compresa evidentemente anche quella psichica o attinente alla sfera morale ed intellettiva. Non è poi chiaro – come del resto si verifica anche nel nostro ordinamento – se ai fini del dolo richiesto per le lesioni personali volontarie (art. 234 cod. pen. cinese) si debba richiedere anche la previsione e, soprattutto, la volontà della concreta gravità di tali conseguenze e se in mancanza si debba applicare la fattispecie colposa di cui all’art. 235. 7.1.3. – L’incertezza maggiore nella distinzione fra responsabilità per dolo o per colpa riguarda però la questione di come debba essere interpretata e di quanto sia rispettata, nella prassi, la regola secondo cui la responsabilità per colpa dovrebbe ravvisarsi soltanto nei casi espressamente previsti (art. 15, comma 2, cod. pen. cinese).
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Da un lato, come sottolineava il collega Vinciguerra e come emerge dalla parte speciale del codice, molte disposizioni fanno rinvio a «violazioni» di norme statali, non statali ed anche di altre fonti secondarie o di diversa natura, aventi funzione specificamente preventiva rispetto alle conseguenze dannose che consumano il reato ovvero regolano attività anche di per sé lecite, che però possono cagionarle. Parrebbe quindi configurabile una sorta di colpa specifica – pur non menzionata nella definizione di cui all’art. 15, comma 1, cod. pen. cinese – o addirittura «presunta» rispetto a tali conseguenze od eventi, benché si tratti di reati che dovrebbero essere puniti solo a titolo di dolo, mancando una previsione esplicita della punibilità per colpa. La questione si pone per l’ampia definizione di dolo offerta dall’art. 14, comma 1, cod. pen. cinese (riportata sopra sub par. 6.1), alla cui stregua potrebbe considerarsi implicita la volontà dell’evento o della «conseguenza socialmente dannosa» già nella «violazione consapevole» delle menzionate disposizioni secondarie, riguardanti per l’appunto specifiche cautele preventive da osservare o divieti o modalità da rispettare nello svolgimento di determinate attività. Ed analoga estensione della responsabilità per dolo, a scapito di quella per colpa, potrebbe ipotizzarsi anche con riferimento ai reati sopra esaminati (sub nn. 7.1.1. e 7.1.2.). Si consideri, innanzitutto, il reato punito dall’art. 134 (collocato nell’esaminato Titolo II dedicato ai «Reati contro la sicurezza pubblica»), che non prevede espressamente un’ipotesi di commissione per colpa affiancata a quella per dolo (come invece si verifica negli artt. 115, 119 e 124 sopra esaminati sub n. 7.1.1), ma punisce invece, con la reclusione inferiore a tre anni o con l’arresto, «chiunque, violando disposizioni riguardanti la sicurezza nello svolgimento dell’attività produttiva od operativa, procura un grave incidente recando danni alle persone o un’altra conseguenza grave». Se poi «le circostanze sono particolarmente gravi», la pena è della reclusione superiore a tre e inferiore a sette anni. È facile ritenere che di fronte alla prova della «consapevolezza» del fatto base (violazione delle disposizioni in materia di sicurezza nell’attività produttiva), sia considerata sostanzialmente implicita anche la «volontà» di procurare un incidente grave o altra «conseguenza grave, allorché questa si verifica in forza di un accertato nesso causale con la violazione predetta, e dunque vi sia un’imputazione del reato a titolo di dolo. La stessa conclusione può valere con riferimento al reato di cui al secondo comma, che punisce – con la reclusione inferiore a cinque anni o con l’arresto
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– «chiunque, ordinando coattivamente ad altri di svolgere un lavoro rischioso in violazione delle relative discipline, procura un grave incidente con danni delle persone o un’altra conseguenza grave». Anche in questo caso, il criterio della «volontà implicita» potrebbe portare ad un’imputazione a titolo di dolo per la mera consapevolezza delle «violazioni» realizzate con la condotta. Si veda, come ulteriore esempio, tratto dai «Reati contro la sanità pubblica» – collocati sorprendentemente nel Capo V del Titolo VI della Parte seconda del codice, dedicato ai «Reati contro l’ordine dell’amministrazione sociale» – l’art. 330, che punisce con la reclusione inferiore a tre anni o con l’arresto «qualora dal fatto derivi la diffusione delle malattie di primo grado o il pericolo grave della diffusione» (...), «chiunque, violando le disposizioni della Legge sulla prevenzione e cura delle malattie infettive, commette uno dei fatti di cui ai numeri 1)-4)», vale a dire: «1) fornitura delle acque destinate all’alimentazione non conforme ai requisiti sanitari previsti dallo Stato; 2) rifiuto di procedere, conformemente ai requisiti sanitari proposti dall’autorità sanitaria, al trattamento sanitario di acque, sostanze ed escrementi inquinati da germi patogeni di malattie infettive; 3) permettere a malati infettivi, portatori di germi patogeni o malati infettivi sospetti di occuparsi di un lavoro idoneo alla diffusione di malattie infettive, cosa vietata dall’autorità sanitaria del Consiglio di Stato o aiutarli in ciò; 4) rifiutare l’esecuzione dei provvedimenti preventivi e di controllo adottati dall’autorità sanitaria». Se poi la «conseguenza» dei medesimi fatti «è particolarmente grave», la pena è la reclusione pari o superiore a tre e pari o inferiore a sette anni. Ancora una volta, la consapevolezza del fatto base di violazione delle prescrizioni cautelari potrebbe far ritenere sussistente la «volontà implicita» delle conseguenze descritte dalla norma incriminatrice e, dunque, una responsabilità a titolo di dolo. Fattispecie con struttura analoga si rinvengono anche nell’ambito di quelle incriminatrici della «produzione o vendita di merci contraffatte o alterate» (contenute invece nel Capo I del Titolo III della Parte Seconda del codice, dedicato ai «Reati contro l’economia del mercato socialista»), fra cui si veda, ad esempio, l’art. 143 che punisce – con la reclusione pari o inferiore a tre anni e con la multa pari o superiore al 50% e inferiore al 200% del valore della vendita o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta – «chiunque produce o mette in vendita prodotti alimentari non conformi agli standard sanitari (...) qualora il fatto sia idoneo a cagionare un grave avvelenamento di sostanze alimentari o altre malattie in ambito alimentare». E «se la conseguenza è particolarmente grave» è prevista la ben più severa pena della reclusione pari
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o superiore a sette anni con la multa suddetta, e perfino l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni. In definitiva, si profila una possibile sovrapposizione fra titolo doloso e struttura invece sostanzialmente colposa della condotta, ogni qualvolta vi sia «consapevolezza» della mera violazione delle norme di disciplina che regolano l’attività svolta. 7.2. Su alcune peculiari formulazioni del requisito doloso. – Dalla lettura della parte speciale emergono anche molti casi, in cui la previsione del dolo appare qualificata da particolari formulazioni, che sembrano richiedere requisiti aggiuntivi o specializzanti, rispetto a quelli generali stabiliti dall’art. 14 cod. pen. cinese. In un primo gruppo di reati si possono raccogliere i casi in cui il legislatore aggiunge l’esigenza che determinate condotte siano intenzionalmente commesse, in un altro quelli in cui il reo deve agire con la consapevolezza di determinate circostanze. In un ultimo gruppo, invece, possono confluire le molte ipotesi in cui compaiono locuzioni finalistiche, quali «con lo scopo di ...», «con la finalità di ...», «per ...», ecc. Senza dilungarmi ancora con tutta una serie di esemplificazioni, considererei unitariamente – nonostante la diversità di sfumature – i primi due gruppi di fattispecie, distinguendoli però dal terzo. Nei primi, infatti, emerge la comune necessità di evitare imputazioni a titolo di dolo eventuale o, addirittura, di colpa mascherata come dolo, cui si può pervenire attraverso l’esaminata applicazione del criterio della «volontà implicita». Si consideri il paradigmatico esempio dell’art. 144, collocato nell’importante Capo I dedicato ai «Reati di produzione o vendita di merci contraffatte o alterate» del menzionato Titolo III che raccoglie i «Reati contro l’economia del mercato socialista». La norma in questione punisce «chiunque aggiunge sostanze non alimentari tossiche e dannose nei generi alimentari da lui prodotti o messi in vendita oppure intenzionalmente mette in vendita prodotti alimentari inquinati da sostanze non alimentari tossiche e dannose». È chiaro che – in mancanza di diretta commissione dolosa della prima condotta, già in sé illecita, di «aggiunta» delle sostanze tossiche – per quella normativamente alternativa di «messa in vendita», che invece corrisponde ad una comune attività commerciale in sé lecita, il legislatore esige l’esplicita volontà di operare con i prodotti cui siano state aggiunte tali sostanze, per legittimare la medesima incriminazione e pena.
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Analoghe considerazioni valgono per le molte altre fattispecie che incriminano attività di «messa in vendita», «messa in commercio», ecc. di prodotti o sostanze pericolose o illecite o frutto di contraffazione, ecc.: come nel caso dei successivi artt. 145, 146, 147, 148, che ripetono sostanzialmente la medesima formulazione: «chiunque produce [apparecchi medici o materiali igienico-sanitari non conformi agli standard nazionali o settoriali a tutela della salute umana, ecc.] oppure pone intenzionalmente in commercio [gli apparecchi medici od i materiali igienico-sanitari anzidetti, ecc.]». Nell’ultimo gruppo, invece, la formulazione rimanda alla classica struttura delle c.d. fattispecie a dolo specifico, su cui già da tempo mi sono soffermato, e per cui rinvio alla mia precedente trattazione di carattere generale, per la dimostrazione che non si tratta tanto di una particolare forma di configurazione dell’elemento soggettivo del reato (inteso tecnicamente quale requisito di imputazione e rimprovero del fatto tipico all’agente), quanto di una peculiare tecnica di tipizzazione dello stesso fatto costitutivo del reato: il nesso teleologico deve infatti qualificare la condotta tipica come strumento di perseguimento del fine esplicitamente descritto dal legislatore, rimandando all’esistenza oggettiva dell’interesse dell’agente, che verrebbe soddisfatto dal suo conseguimento, pur se non necessario alla consumazione formale del reato. Così, nell’ambito dei «Reati di contrabbando» – collocati nel Capo II del già menzionato Titolo III dedicato ai «Reati contro l’economia del mercato socialista» – l’art. 152 richiede esplicitamente lo scopo di procurare profitti ovvero di diffusione per punire chi «contrabbanda film, videocassette, cassette, immagini, scritture o altri oggetti osceni», laddove il precedente art. 151 prescinde da tali requisiti finalistici, riguardando però il contrabbando di merci o cose in sé pericolose, illecite od abusivamente procurate o prodotte: quali «armi, munizioni, materiali nucleari o monete contraffatte» (comma 1) ovvero «beni culturali, ori, argenti o altri metalli preziosi dei quali lo Stato vieta l’esportazione, oppure (...) animali preziosi o prodotti derivati dagli stessi per i quali lo Stato vieta l’importazione e l’esportazione» (comma 2). È dunque evidente la necessità che solo con riferimento ai particolari oggetti di cui all’art. 152 la tipicità (ed offensività) del fatto di contrabbando sia integrata solo con lo svolgimento di attività di rilievo economico-commerciale, strumentali al perseguimento di «profitti» o comunque proiettate alla «diffusione» sul mercato o fra un numero indeterminato di persone dei predetti oggetti, restando altrimenti in una dimensione «privata» penalmente irrilevante rispetto allo specifico interesse giuridico protetto dalla legge. 8. Conclusioni. – Gli innumerevoli spunti di riflessione, che ha stimolato la
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possibilità di «accesso» linguistico al codice penale cinese, sono dunque estremamente significativi. Proprio dal raffronto con la diversa, ma confrontabile realtà dell’ordinamento cinese, è emersa l’occasione di riconsiderare problematiche di fondo comuni anche al nostro diritto penale, talora risolte in modo diverso, talaltra in termini analoghi, comunque sempre capaci di far riesaminare limiti od opportunità delle scelte – anche tecniche e sistematiche, oltre che politico-criminali in senso stretto – operate dal legislatore cinese, ovvero anche dal nostro. Manca ancora, come rilevato, la possibilità di riferimento alla dottrina ed alla prassi, in cui si determina la realtà del «diritto vivente». Ma proprio per questo abbiamo ulteriori motivi per proseguire su questa strada di «comparazione dal vivo» con l’ordinamento cinese. Ed anche per questo ribadisco la mia sincera gratitudine a Shenkuo Wu, per la traduzione e la lettura così attenta del codice, che ha saputo offrirci.
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Alessandra Rossi Associato di diritto penale nell’Università di Torino
I REATI CONTRO L’ECONOMIA NELLA SISTEMATICA DEL CODICE PENALE DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE UNO SGUARDO DI INSIEME Sommario: 1. Considerazioni generali di politica criminale sulla struttura delle fattispecie. – 2. Analisi di alcune ipotesi di parte speciale.
1. Considerazioni generali di politica criminale sulla struttura delle fattispecie. – L’analisi delle fattispecie genericamente rapportabili al diritto penale dell’economia si presenta particolarmente interessante nella sistematica del codice penale cinese, stante la massiva «presenza» nel complesso normativo di cui è causa (circa un terzo dei reati si può ricollegare al «diritto penale dell’economia») e considerate alcune peculiarità che, connotando le ipotesi in parola con caratterizzazioni «tipiche» dei reati economici, le rendono omogenee, sia in punto «ambiti di tutela», sia in punto «struttura», con le parallele disposizioni di altri reati del nostro Paese, aprendo orizzonti comparativi meritevoli di approfondimento. 1.1. Va in prima istanza evidenziato come molti tra i più classici settori di riferimento trovino considerazione penale attraverso la previsione di disposizioni rapportabili al diritto societario, dei mercati finanziari, bancario, tributario, ambientale, degli alimenti, dell’urbanistica, della proprietà industriale e della proprietà intellettuale. Per contro, altri due settori di spicco nella sistematica, il diritto penale delle procedure concorsuali ed il diritto penale del lavoro, non sono stati oggetto di particolare attenzione, posto che ben poche ipotesi appaiono direttamente inerenti le due materie. La produzione è, come appena indicato, copiosa, variegata e tale che, pur notandosi qualche mancanza di sistematicità rapportabile alle scelte di «collocazione» di alcune ipotesi in «titoli» non del tutto conferenti, ovvero ad alcune modalità formative dei disposti suscettibili di «migliorie», consente comunque di definire il diritto penale dell’economia della Repubblica popolare cinese un moderno e sufficientemente preciso «mosaico» a più tessere, con tratti di complessità, di minuzia, di intrecci normativi.
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L’oggettività giuridica si colora di tonalità tutte particolari: accanto alla considerazione dei principali beni specifici e consolidati nella loro tradizione di matrice personale e patrimoniale, di valenza singola e comunque derivanti da interessi microeconomici, se ne prospettano altri più sofisticati e maggiormente recenti, che derivando invece da interessi macroeconomici trovano di conseguenza espressa protezione quali «beni funzionali», di valenza collettiva, connessi all’organizzazione economica complessiva. Ricevono così tutela sia «situazioni» endoaziendali, con attenzione particolare agli interessi propri dei soci, degli azionisti, della stessa società da «abusi» degli organi gestori, sia «situazioni» extra aziendali, con attenzione particolare, nel rispetto dei principi di trasparenza e correttezza operativa, ai «terzi», al pubblico (ad esempio degli investitori o dei risparmiatori privati), ma altresì – ed in maniera decisamente pregnante – alle autorità (statali-amministrative) pubbliche di controllo. Su questa linea, una tutela particolarmente rafforzata è evidenziabile in tutte le ipotesi che si connotano, rispettivamente, per essere realizzabili da soggetti rapportabili allo «Stato», ovvero per essere realizzabili contro lo Stato, inteso anche quale Stato imprenditore. A livello oggettivo, si riscontrano ipotesi di danno ed ipotesi di pericolo, con evento naturalistico o di mera condotta, mentre non costituisce certo un dato significativo la formulazione delle fattispecie quali reati ad antigiuridicità speciale. Sia il dolo, sia la colpa (e cfr. al riguardo gli artt. 14 e 15) connotano l’elemento soggettivo delle ipotesi in parola; si nota, però, una netta prevalenza per la costruzione quali reati dolosi, mentre le ipotesi colpose vedono solitamente la colpa «graduata» verso l’alto, con il richiamo alla «grave trascuratezza» (così, ad esempio, nell’art. 167, che punisce il «responsabile generale diretto di una società statale e di una impresa statale o di un ente dei servizi pubblici che, contraendo o eseguendo un contratto, si inganna per grave trascuratezza dei propri doveri, qualora si verifichi una perdita rilevante per gli interessi dello Stato»). Le risposte sanzionatorie si palesano particolarmente afflittive, con livelli elevati di quantum. Inoltre, costituisce una opzione ricorrente l’aggravamento drastico delle pene in particolari situazioni di «gravi perdite» o «rilevanti quantità» di oggetti materiali. Si è voluto, quindi – e per la prima volta nella «storia» economico-normativa cinese – determinare un impulso forte verso una visione etica degli affari, contemporaneamente predisponendo, proprio attraverso le tipologie di pene, un deciso controllo sociale della criminalità economica, in precedenza – giova ribadirlo – negletta nelle valutazioni normative e sostanzialmente «accettata», se non addirittura «legittimata» nel suo concreto estrinsecarsi. Si tratta di una scelta di campo del tutto sottoscrivibile, che costituisce
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un importante passo nel percorso riformista della materia fisiologicamente e patologicamente considerata, anche in un’ottica di respiro internazionale, nel quadro di creazione ed adesione a rinnovate regole inerenti i rapporti commerciali. 1.2.1. I modelli di fattispecie si caratterizzano per un inquadramento quantitativamente non irrilevante dei reati come «a soggettività ristretta», ove la qualifica propria viene a creare uno specifico disvalore della condotta, introducendo una peculiare modalità di lesione o di messa in pericolo delle oggettività giuridiche. Nelle fattispecie di parte speciale relative i soggetti attivi-persone fisiche sono evidenziabili, per citarne alcuni (ovviamente con la variabile del tipo di reato e dell’ambito «economico» in cui questo venga in concreto perpetrato), per ciò che concerne i reati economici qui in considerazione definibili genericamente ed «universalmente» societari, finanziari, fallimentari, bancari, essenzialmente negli amministratori, nei responsabili generali diretti, nei responsabili diretti, nei dirigenti, negli incaricati di società o di banche, nei sindaci, nei fondatori e negli azionisti. Il rapporto con i «nostri» amministratori, direttori generali, sindaci, liquidatori, soci conferenti, tipici destinatari delle ipotesi di riferimento, come con il «nostro» imprenditore commerciale (quale autore primario di reati fallimentari), è di immediata evidenza. La categoria è posta alla base dell’elaborazione dogmatica finalizzata alla miglior individuazione del destinatario del precetto nel diritto penale dell’economia, come genus comprendente non solo i reati nei quali è espressamente richiesta, già a livello di formulazione della fattispecie, appunto una particolare qualifica in capo al soggetto attivo, ma altresì tutti i reati che, a prescindere dall’espresso richiamo normativo in tal senso, comunque presuppongono una particolare posizione personale dell’autore, quale espressione di una imprescindibile relazione con il bene protetto. La categoria si apre, quindi, sia ai reati omissivi, che si innestano su un rapporto specifico dei soggetti con il bene che in forza di un obbligo giuridico/posizione di garanzia essi sono tenuti a salvaguardare, sia a quei reati d’azione comuni che, ove commessi nell’ambito dell’esercizio dell’impresa, appaiono legati ad una particolare posizione funzionale presente nell’organizzazione aziendale. Nel sistema penale societario italiano si segnala al riguardo il reato di cui all’art. 2636 cod. pen., Illecita influenza sull’assemblea, che, pur apparentemente a soggettività allargata, essendo ascrivibile a «chiunque», in realtà punendo chi «con atti simulati o fraudolenti, determina la maggioranza in assemblea», risulta realizzabile solo da soggetti «logicamente» intranei alla compagine sociale; analogamente, il codice penale cinese costruisce, tra le altre, quale ipotesi apparentemente comune in-
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serita tra i «Reati contro la regolamentazione delle società e delle imprese», l’art. 160, che, pur individuando il proprio soggetto attivo in «chiunque», presuppone tuttavia, per la realizzazione effettiva, una particolare posizione nella società di costui, posto che è punito chi «distribuendo azioni od obbligazioni di una società o di una impresa, occulta fatti importanti o simula contenuti importanti nella dichiarazione di invito all’acquisto, o nel certificato di acquisto, o nei metodi di raccolta delle obbligazioni». Ancora in relazione ai soggetti attivi-persone fisiche, si segnalano positivamente alcune ipotesi a concorso necessario, che in quanto tali presuppongono per la realizzazione la compresenza operativa di più persone. La scelta si palesa corretta considerata la complessità delle modalità che concretamente vengono a caratterizzare fatti di reato economici, che non di rado possono essere perfezionati soltanto attraverso apporti diversificati nel tipo e nella natura, propri di più soggetti societari, oltretutto spesso con tempi commissivi «variabili» e modulati sulla peculiarità degli apporti in parola. 1.2.2. Anche nella Repubblica popolare cinese la risposta dell’ordinamento a specifiche forme di criminalità soprattutto economica risulta rivolta non soltanto alle persone fisiche, ma altresì alle persone giuridiche, intese come «organismi a struttura articolata», che esprimono ed esternano un proprio indirizzo strategico. La generale opportunità di un intervento sanzionatorio direttamente nei confronti di detti soggetti per fatti di reato realizzati nel loro contesto operativo risulta infatti – ed ormai da tempo in molti Paesi – qualificata da positiva valutazione, stante la certezza della «partecipazione criminosa» agli illeciti di riferimento, non di rado con il sopravanzare dell’illegalità dell’impresa sulle illegalità dei singoli, con contenuti trascendenti gli scopi di questi e pertinenti gli obbiettivi criminosi della societas, nel quadro delle sue autonome scelte di politica aziendale. Di conseguenza, «colpire» accanto al reo anche l’ente per e con il quale egli delinque o delle cui strutture egli si avvale per delinquere è una opzione coerente. Un ruolo significativo per il superamento degli ostacoli di carattere dogmatico è stato rivestito dalla teoria organicistica della società, che ha opportunamente qualificato gli enti non come mere proiezioni delle persone fisiche, ma, all’opposto, come autonome realtà, in quanto tali dotate di volontà (collettiva) manifestata per mezzo dei propri organi-persone fisiche, così giungendosi a ricomprendere nel più classico concetto di «azione» quella posta in essere dall’ente per il tramite di chi abbia agito per suo conto ed a sua utilità, ovvero nel più classico concetto di «omissione» quella azione doverosa omessa dall’ente per il tramite di chi abbia omesso di agire (sempre per suo conto ed a sua utilità).
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L’art. 30 del codice penale cinese è dedicato all’individuazione della responsabilità penale diretta de «la società, l’impresa, l’ente che svolge servizi pubblici, l’organo dello Stato e l’associazione ... per un fatto socialmente dannoso da essi commesso, se la legge lo prevede come reato dell’ente». La pena (art. 31) è della multa. Ancora, ai sensi dell’art. 31 vengono puntiti, salvo che sia diversamente stabilito espressamente, anche il responsabile generale diretto ed il responsabile diretto, ipotizzandosi, così, un «concorso di persone» (giuridiche e fisiche) nel reato di riferimento. Al riguardo si nota – e su detta opzione alcune perplessità vanno prospettate – la mancanza di qualsivoglia richiamo specifico ai rapporti intercorrenti tra soggetto persona fisica, soggetto persona giuridica e reato: nessun legame rapportabile all’interesse od al vantaggio dell’ente – e così diversamente da ciò che il legislatore italiano presuppone nell’art. 5 del d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231 – viene infatti ipotizzato per spiegare e «giustificare» la base logico-giuridica della responsabilità di ambedue i soggetti. Va posto all’attenzione del gentile Lettore il coinvolgimento di soggettipersone giuridiche «pubbliche» quali destinatari dei reati dell’ente: si tratta di una particolarità degna di nota, posto che, di regola, nei complessi normativi dedicati alla responsabilità penale o penale-amministativa diretta degli enti, gli enti pubblici sono considerati «immuni»; per fare un cenno comparatistico, anche la normazione italiana di cui al d. lgs. 231 del 2001 espressamente esclude (all’art. 1) dal proprio ambito operativo gli enti pubblici, salvo, come noto, che si tratti di «enti pubblici economici» che agiscano iure privatorum. Il richiamo (di cui, come appena accennato, all’art. 31) a soggetti individuati nei responsabili generali diretti e nei responsabili diretti si pone sulla linea di politica criminale di considerare penalmente coinvolti nel reato sia soggetti «apicali», quali risultano essere nella sistematica di diritto civile dell’economia i responsabili generali diretti, sia soggetti «sottoposti», quali risultano essere i responsabili diretti, esattamente come si è previsto, sempre per seguire il percorso comparatistico con il nostro sistema interno, rispettivamente nell’art. 5, lett. a) e lett. b) del d. lgs. 231 del 2001. 1.3.1. Secondo una modalità formativa dei disposti peculiare del diritto penale dell’economia, anche le ipotesi di cui al codice penale cinese si presentano ricche di elementi normativi extrapenali propri dei diversi settori giuridicoeconomici considerati, ove gli specifici termini trovano ontologicamente prima ed opportuna sede e sono spesso oggetto di disposizioni definitorie. Risulta, per meglio spiegarsi, diffuso e frequente anche nel diritto penale dell’economia cinese il ricorso alla formulazione della condotta e dell’oggettività materiale attraverso l’utilizzo della tecnica del rinvio al diritto civile del-
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l’economia. Certamente si tratta di una tecnica che – giova evidenziarlo in un contesto parzialmente critico – talora rende il «momento» penale operativo in chiave esclusivamente sanzionatoria, quale «rinforzo» del precetto civilistico, innestato nella fattispecie penale con il centrale compito appunto di condotta del reato o di qualificazione del’oggetto materiale di essa. Tuttavia, non si può negare che in alcune fattispecie le regole giuridiche civilistiche «di supporto» concorrano inevitabilmente a connotarne l’essenza, costituendo il substrato sul quale può intervenire il disposto penale, che risulta «per forza» – e di conseguenza – permeato anche da una componente sanzionatoria. Alcuni elementi normativi delle fattispecie penali, inoltre, necessitano talora di qualificazione civilistica pura, risultando appunto opportuno a tutto campo il momento definitorio civilistico e palesandosi impensabile altrimenti l’operatività della norma penale medesima, che su questo si fonda nella sua repressione di comportamenti illeciti. Emblematica si presenta al riguardo la disposizione di cui all’art. 180, che punisce condotte di insider trading (e sulla quale v. infra), che espressamente rinvia per la corretta individuazione delle «persone che sono in possesso di informazioni interne», nonché dell’oggetto materiale del reato (appunto, le informazioni interne) alle rispettive definizioni «secondo le disposizioni delle leggi – extrapenali, aggiunta mia – e dei regolamenti». 1.3.2. L’adozione del sistema casistico caratterizza alcune modalità comportamentali: emblematiche risultano non poche ipotesi di cui ai «Reati contro la regolamentazione delle società e delle imprese», ai «Reati contro l’amministrazione finanziaria», ai «Reati di frode finanziaria», ai «Reati contro l’imposizione fiscale» ed ai «Reati contro l’ordine del mercato». Al riguardo, è opportuno prospettare qualche perplessità, posto che detto sistema – come noto, ben presente in «analoghe» disposizioni «italiane», ove i reati fallimentari appaiono i protagonisti incontrastati e che «curiosamente» vede allineata ad esse proprio la disposizione di cui all’art. 162, ult. comma, del codice penale cinese dedicata al diritto penale del fallimento – comporta la pratica impossibilità di prevedere e ricondurre a singoli casi, pur moltiplicando questi ultimi, tutte le possibili e mutevoli situazioni che la materia economica in continua evoluzione pone innanzi all’interprete e che soltanto con formule a contenuto più accentuatamente generico ed astratto possono esser comprese nella previsione normativa. Pertanto è inevitabile conseguenza di tale sistema la frequente possibilità di sperequazioni nel giudizio, possibilità non disgiunta dalla difficoltà di sussumere il fatto concreto sotto una od altra delle fattispecie normative. Con la conseguenza che il legislatore si trova spesso costretto ad inserire nell’elenco una condotta «residuale» di chiusura che, in quanto tale, permetta la sussunzione di quelle concrete modalità non diretta-
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mente sussumibili sotto le condotte appunto specificamente elencate con modalità casistiche. Ancora, merita una riflessione la tecnica «del rinvio» a quanto disposto in altre norme che il legislatore cinese assume per la qualificazione di condotte penalmente rilevanti; e qui, nuovamente, il pensiero corre a disposti di settore di cui alla normazione italiana. L’uso si presenta con maggiore frequenza allorquando si vogliano estendere norme incriminatrici dettate per un soggetto determinato ad altre persone fisiche o giuridiche: ne derivano talora difetti di coordinamento, con le criticità che accrescono allorquando si incontrano rinvii plurimi, rimbalzanti da norma a norma. Si tratta per certo di un mezzo per legiferare in fretta, ma non è altrettanto certo che detta modalità formativa si traduca in un mezzo per legiferare bene, quando non sia circondata da opportune cautele. 2. Analisi di alcune ipotesi di parte speciale. – Stante la ricordata massiva presenza di fattispecie rapportabili al diritto penale dell’economia nel codice penale cinese si presenta impossibile una analisi completa delle ipotesi di cui è causa. Le successive considerazioni saranno pertanto dedicate ad un flash su reati scelti tra i più «classici» (e cioè quelli avanti indicati come «societari, bancari, finanziari, fallimentari» e già «sezionati» nelle loro caratteristiche soggettive ed oggettive, strutturali e sanzionatorie comuni), al fine anche di proseguire nei cenni comparatistici che hanno caratterizzato alcuni passi di cui al paragrafo precedente. 2.1. Come già prospettato, il Capo III del Titolo III (rubricato «Reati contro l’economia del mercato socialista») ricomprende i «Reati contro la regolamentazione delle società e delle imprese». Sono fattispecie particolarmente interessanti, posto che vengono a costituire la summa delle considerazioni generali avanti prospettate: si tratta di reati a soggettività ristretta, realizzabili sia da persone fisiche, sia da persone giuridiche, spesso a concorso necessario, che si presentano ricchi di elementi normativi extrapenali, sono costruiti con condotte attive ed omissive, attraverso talora il sistema casistico e con non pochi rinvii «da norma a norma». Le modalità comportamentali considerate si inseriscono temporalmente sia nella fase prodromica alla costituzione della società, punendosi appunto falsità ed occultamenti fraudolenti di dati veritieri per l’ottenimento dell’atto di costituzione attraverso l’inganno all’autorità amministrativa a ciò demandata (art. 158), sia nella fase operativa della società, sia infine nella fase liquidatoria (art. 162, 1o comma). Circa le fattispecie realizzabili nella fase operativa della società, particolare
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attenzione viene dedicata alla tutela del capitale sociale (artt. 158, 159, 162, 1o comma, 169) con il pensiero che corre alle corrispondenti ipotesi di cui alla normazione italiana (cfr. gli artt. 2626 e ss. cod. civ.). Il capitale sociale risulta tutelato come istituzione, con protezione complessiva della sua integrità sia nell’iniziale momento della costituzione, sia in occasione di successivi aumenti o riduzioni, quale strumento tecnico per consentire la raccolta e la conservazione nel tempo dei valori patrimoniali essenziali per assicurare il perseguimento dell’oggetto sociale, in uno con la tutela della garanzia dei creditori. Vengono così sanzionate operazioni di formazione fittizia del capitale sociale (artt. 158 e 159), di indebita restituzione dei conferimenti (art. 159), nonché in relazione alla fase di liquidazione, operazioni realizzate in pregiudizio ai creditori (art. 162, 1o comma). Il «famoso» falso in bilancio/false comunicazioni sociali è considerato nell’art. 161. Secondo una tipica formulazione (cfr. gli artt. 2621 e 2622 cod. civ. italiano), anche nel falso in bilancio cinese il legislatore ha previsto una ipotesi a soggettività normativamente predefinita, ascrivibile al responsabile generale diretto ed al responsabile diretto ed ha adottato la previsione della duplicità delle condotte penalmente rilevanti: la condotta attiva punisce il «fornire agli azionisti ed al pubblico» bilanci falsi, ottenuti anche attraverso l’occultamento di fatti rilevanti, mentre la condotta commissiva mediante omissione punisce l’omissione di informazioni soggette per legge alla pubblicazione. La fattispecie si ricollega all’ipotesi di cui all’art. 162, 2o comma, la quale, punendo l’occultamento o l’intenzionale soppressione di «atti contabili, libri contabili o bilanci», ovviamente veritieri nei loro contenuti, completa opportunamente la tutela proprio nel prevedere dette particolari e diverse modalità comportamentali altrettanto pericolose e finalizzate all’impedimento dell’acquisizione e della conoscibilità di informazioni societarie reali. È nota l’importanza che le ipotesi di «infedeltà patrimoniale» rivestono nella sistematica dei reati societari; e va ricordato che nel nostro Paese soltanto con la riforma dei reati societari di cui al d. lgs. 11 aprile 2002, n. 61, a sessant’anni di distanza dall’entrata in vigore della codificazione civile, le fattispecie in parola sono state finalmente considerate (cfr. gli artt. 2634 e 2635 cod. civ.). Particolare attenzione è ad esse dedicata dal legislatore cinese (cfr. gli artt. 163, 1o e 2o comma, 164, 165 e 166), che appunto prevede sia l’infedeltà patrimoniale – ove scopo dell’incriminazione è la tutela dei beni sociali contro atti di disposizione dei titolari del potere che, agendo a vantaggio proprio, cagionino danni patrimoniali all’ente amministrato o pregiudichino gli interessi dello Stato – sia l’infedeltà a seguito di dazione di utilità – ove viene punito il soggetto intraneo alla compagine sociale che, «sfruttando le proprie funzioni,
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costringe taluno a dargli denaro o un’altra cosa, o, ricevendo illecitamente da taluno denaro o un’altra cosa, gli procura vantaggi», o che «in violazione delle disposizioni statali, nella sua attività economica riceve per sé provvigioni o commissioni a qualsiasi titolo». E, trattandosi di ipotesi di cosiddetta «corruzione privata», anche il soggetto corruttore è espressamente punito, ai sensi dell’art. 164. 2.2. Tra i «Reati contro l’amministrazione finanziaria» (Capo IV del Titolo III – ipotesi realizzabili solitamente da persone fisiche e persone giuridiche) un cenno meritano gli artt. 180, 181 e 182, norme che si inquadrano tra le ipotesi tipiche di insider trading e di market abuse, punendo appunto sia l’abuso di informazioni privilegiate, sia la manipolazione del mercato. Le norme sono assai minuziose nella individuazione delle modalità comportamentali e particolarmente precise nella considerazione di molte ipotesi, anche assai sofisticate in punto realizzazione. L’adozione del sistema casistico costituisce la linea portante delle fattispecie di cui è causa. Si rinvengono nella prima disposizione le modalità di realizzazione di insider trading che qualificano la rilevanza penale in pressoché tutti i complessi normativi, italiano compreso, a ciò demandati: lo sfruttamento diretto dell’informazione, realizzato attraverso l’acquisto, la vendita od il compimento di transazioni su titoli o su futures prima della diffusione delle informazioni; la rivelazione a terzi di dette informazioni con conseguente esplicito suggerimento del compimento delle indicate operazioni (il tipping); il tuyautage, consistente nell’implicito suggerimento al compimento delle operazioni di cui è causa, senza rivelazione delle informazioni. Anche gli artt. 181 e 182, n. 1 si allineano con le modalità comportamentali che solitamente connotano le ipotesi di manipolazione del mercato, posto che rispettivamente puniscono la simulazione e la diffusione di «informazioni false che influenzano la transazione di titoli o di futures, turbando il mercato di titoli o di futures» e la «manipolazione del prezzo di una transazione di titoli o di futures, turbando il mercato di titoli o di futures»: il pensiero corre alle corrispondenti fattispecie di aggiotaggio previste dalla normazione italiana (cfr. gli artt. 2637 cod. civ. e 185 d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 e succ. mod.), come noto qualificate da condotte (diffusione di notizie false o realizzazione di operazioni simulate o altri artifizi) e da oggetti materiali (strumenti finanziari quotati o non quotati) sostanzialmente analoghi. 2.3. Pure i «reati bancari» sono inseriti nel Capo IV. Le molte disposizioni rapportabili al settore in parola considerano un fascio di interessi di varia natura. Accanto ad una ratio comune a pressoché tutte le fattispecie volte alla protezione del credito e del risparmio e quindi della pubblica economia sotto
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il profilo dell’attività bancaria e creditizia, trovano tutela il patrimonio, le forme, l’organizzazione, la trasparenza e la funzionalità degli apparati amministrativi bancari. Sono così puniti infedeltà (anche nello specifico della distrazione di fondi del proprio ente o dei clienti – cfr. l’art. 185) ed eccessi di potere degli organi degli istituti di credito; illecite concessioni di prestiti – i cosiddetti falsi interni (artt. 186 e 189); mendaci bancari ed avalli di titoli di credito non conformi alle leggi di riferimento (art. 188); falsificazioni di titoli di credito e di mezzi di pagamento (art. 189); usura (art. 175); riciclaggio (art. 191). Anche in riferimento a dette modalità comportamentali il codice penale cinese prende in considerazione, quali soggetti responsabili, persone fisiche – individuate normativamente nell’incaricato di una banca, di una società, di un’impresa, nel responsabile generale diretto e nel responsabile diretto – e persone giuridiche. Particolare interesse suscitano le fattispecie relative ai comportamenti di abusivismo, sia riferito all’esercizio abusivo di attività bancaria ed all’abusiva attività finanziaria (art. 174), sia riferito all’abusiva raccolta del risparmio dal pubblico (artt. 176 e 187): si tratta di ipotesi che nuovamente consentono l’individuazione di un notevole parallelismo con le fattispecie italiane (artt. 130 e 131 d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385). Va posto all’attenzione che la «generica» condotta di abusivismo bancario e finanziario oltre a prevedere nello specifico la costituzione appunto abusiva di una banca commerciale (nonché di «una borsa valori, una borsa merci,una società di titoli, un futures broker, una società assicuratrice o un’altra istituzione finanziaria») «senza il permesso dell’autorità competente», punisce altresì la contraffazione, la alterazione o la cessione della licenza di gestione di una banca commerciale (nonché degli istituti ora elencati). Del pari, va evidenziato che la raccolta abusiva del risparmio tra il pubblico è punita sia in quanto tale, sia allorquando caratterizzata dalla omessa compilazione «dei registri obbligatori, allorquando la quantità dei fondi coinvolti sia rilevante o vi sia una perdita grave». Riceve considerazione penale anche la raccolta non abusiva, ma fraudolenta, dal pubblico di capitali, effettuata allo scopo di appropriarsi illecitamente di essi (art. 192). 2.4. In conclusione, un cenno agli artt. 162, ult. comma e 168, uniche disposizioni di diritto penale delle procedure concorsuali presenti nella codificazione qui allo studio. Come già accennato, si nota uno scarso interesse del legislatore alla considerazione penale di condotte «fallimentari» che trovano invece sede in pressoché tutte le normazioni di altri Paesi: mancano infatti le più classiche modalità comportamentali definibili «bancarotta patrimoniale, documentale, preferenziale», posto che le condotte qualificanti le ipotesi ora indi-
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cate risultano «anomale» nella sistematica più comune di cui alla materia. Per contro, sono evidenziabili ipotesi rapportabili al ricorso abusivo al credito di cui all’art. 218 legge fall. italiana, inserite però tra i reati «bancari»: il pensiero corre, in prima battuta, all’art. 193, «coaduivato» nella tutela e nella repressione tra gli altri dall’art. 194 della codificazione penale cinese. Si tratta di fattispecie assi minuziose nella individuazione casistica delle condotte e delle oggettività materiali, entrambe realizzabili da «chiunque». L’art. 162, ult. comma – disposizione che vede richiamati quali soggetti attivi sia la società e l’impresa, sia il responsabile generale diretto ed il responsabile diretto – incentra il proprio disvalore nella simulazione del dissesto, ottenuta attraverso l’occultamento di propri beni, l’assunzione di debiti simulati, il trasferimento o la diposizione in qualsivoglia altro modo di propri beni, provocandosi così «gravi danni agli interessi di creditori o di altre persone». Si tratta di una ipotesi di reato fallimentare societario, che si può, seppur con tutte le variabili del caso, rapportare e parametrare alla fattispecie di bancarotta fraudolenta societaria di cui all’art. 223, cpv. n. 2 della normazione di settore italiana, fattispecie che, punendo l’aver cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società, è incentrata sulla preordinazione dolosa appunto del fallimento, la dichiarazione del quale è provocabile anche simulando una insolvenza non esistente nella realtà, ma idonea a determinare fatti lesivi per gli interessi dei creditori sociali. L’abuso per «motivi privati delle proprie funzioni» costituisce il fil rouge dell’art. 168. In detta disposizione la massima tutela degli interessi dello Stato è di immediata evidenza e costituisce la ratio esistenziale di essa. Il legislatore cinese, infatti, non ha previsto analoga rilevanza penale allorquando non siano «in gioco» interessi dello Stato, posto che soltanto soggetti «pubblici» risultano i destinatari del disposto: l’ipotesi è a soggettività ristretta preindividuata normativamente nell’«incaricato di una società statale, di una impresa statale o di un ente dei servizi pubblici». Va evidenziato che mentre la precedente disposizione fallimentare si caratterizza per essere formulata attraverso il sistema casistico delle modalità comportamentali, con la previsione «inevitabile» di una condotta residuale «di chiusura», l’ipotesi qui all’esame è invece costruita come ipotesi direttamente «a forma libera», posto che appunto punisce il cagionare «il fallimento od il deficit grave del proprio ente» con qualsivoglia comportamento che determini «una perdita grave per gli interessi dello Stato».
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Marco Pelissero Ordinario di Diritto Penale nell’Università di Genova
LIMITI PENALI ALLA LIBERTÀ DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO NEL CODICE PENALE CINESE 1. Il diritto penale costituisce una importante cartina di tornasole per valutare il livello di democrazia di un ordinamento ed il diritto penale politico ne costituisce uno dei settori più sensibili, tanto più se le fattispecie penali interferiscono con il diritto fondamentale di libera manifestazione del pensiero. Il fatto che il codice penale cinese si muova nel particolare contesto di un ordinamento fondato sul partito unico incide in modo significativo sui limiti penali alla libertà di manifestazione del pensiero e di dissenso. Costituisce certamente un elemento da valutare positivamente l’inserimento nel 2004 nella Costituzione della Repubblica popolare cinese del vincolo al rispetto dei diritti umani di tutti i cittadini, senza condizioni e subordinazioni alla ideologia politica: questa esplicita presa di posizione a favore del rafforzamento delle garanzie individuali è essenziale per lo sviluppo dei diritti umani in un Paese noto per la sistematica violazione di alcuni di tali diritti. Si tratterà, però, di capire nel prossimo futuro quanto la riforma costituzionale sia in grado di interagire con il sistema delle norme penali in action. Ad una analisi delle norme del codice penale cinese, la questione dei limiti alla libertà di manifestazione del pensiero si pone in termini alquanto preoccupanti, soprattutto per i penalisti occidentali che non nutrono particolari simpatie per i reati di opinione. Comincerò l’analisi prendendo in considerazione alcune fattispecie di parte speciale, perché – come scriveva Pisapia nel 1948 – «la parte speciale è il vero diritto penale di cui la parte generale non rappresenta che l’introduzione e la premessa»; è nella parte speciale che si giocano le scelte fondamentali di un sistema penale. Passerò in un secondo momento a considerare alcune norme di parte generale di interesse ai fini della definizione dei limiti alla libertà di manifestazione del pensiero. 2. L’art. 105, comma 1 c.p. cinese tra i delitti contro la sicurezza dello Stato punisce «chiunque organizza, dirige o compie attività dirette a sovvertire il re-
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gime o l’ordinamento socialista» con pene variamente graduate in relazione al ruolo di maggiore o minore preminenza del contributo del soggetto nel compimento del fatto: la possibilità, nei casi più gravi, di applicare l’ergastolo segnala il particolare disvalore che il legislatore cinese ha inteso attribuire a questo reato. Ora, questa fattispecie ricorda, sotto certi aspetti, il delitto di associazione sovversiva previsto all’art. 270 c.p. italiano: sebbene non si tratti di un reato associativo, ma di un delitto di attentato, è implicito, nella descrizione delle condotte di organizzazione e di direzione, l’elemento della realizzazione plurisoggettiva del fatto; accumuna la fattispecie cinese a quella italiana l’obiettivo finale di eversione del sistema. Se riflettiamo sulle discussioni a cui ha dato luogo la presenza ingombrante dell’art. 270 c.p. dopo l’entrata in vigore della Costituzione e sui tentativi di relegittimazione della fattispecie nel contesto di un diritto penale rinato al rispetto delle libertà democratiche, non posso non evidenziare che è in ragione della presenza dell’elemento della violenza, quale elemento di connotazione del disvalore d’azione, che la fattispecie ha mostrato la propria vitalità. Non può allora non preoccupare l’assenza di questo elemento nella fattispecie prevista dall’art. 105 c.p. cinese, in base alla quale diventa penalmente rilevante anche la più pacifica delle condotte diretta a sovvertire il regime o l’ordinamento socialista. A fondare, però, il sistema di bavaglio alla libertà di manifestazione del pensiero non sta tanto questa fattispecie, quanto il reato previsto dal secondo comma dell’art. 105, che incrimina «chiunque, tramite la divulgazione di notizie false, la diffamazione o in altri modi, istiga altri a compiere attività dirette a sovvertire il regime o l’ordinamento socialista: qui il legislatore colpisce condotte di istigazione anche rispetto a delitti di attentato, secondo una progressiva anticipazione della punibilità ben nota al codice Rocco che, nell’ambito dei delitti contro la personalità dello Stato, non rinuncia a punire l’istigazione, anche privata (art. 302 c.p.), rispetto ai delitti di attentato. La stessa tipizzazione del fatto si muove nella logica della più ampia criminalizzazione del dissenso, in quanto la condotta istigatoria, lungi dal delimitare la rilevanza penale ai fatti connotati dal pericolo concreto di realizzazione dell’obiettivo sovversivo finale, è tipizzata secondo modalità estremamente vaghe e facilmente manipolabili, come la diffusione di notizie false o la diffamazione, ed una clausola di chiusura che consente di attribuire rilevanza a qualunque altra modalità in cui si esprima l’istigazione. L’intenzione del legislatore di reprimere qualunque forma di dissenso che possa in qualche modo intaccare il regime, lo spinge a colpire in modo più severo chi, «tenendo rapporti con istituzioni, organizzazioni o individui stranieri» commette i reati di cui all’art. 105 o chi (organizzazione, istituzioni o indi-
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viduo, straniero o cinese) offre finanziamenti per la commissione di questi reati: in tal modo anche i fiancheggiatori di condotte di istigazione alla sovversione sono attratti nell’area di rilevanza penale. Sono presenti altre fattispecie a formulazione estremamente generica che limitano la libertà di manifestazione del pensiero. L’art. 278 punisce chiunque istiga la massa ad opporsi violentemente all’esecuzione delle leggi o dei regolamenti: anche qui sarebbe estremamente interessante capire come viene interpretato il requisito della violenza, che diventa la chiave di volta dei limiti di liceità del dissenso rispetto alle posizioni assunte dal potere politico. L’art. 290 è funzionale alla repressione dello sciopero, in quanto si incrimina il turbamento dell’ordine sociale da parte di più persone riunite in circostanze gravi con interruzione dell’attività lavorativa, produttiva, commerciale, scolastica o scientifica dalla quale derivi una conseguenza grave: la fattispecie descrive forme di sciopero di protesta che si connotano come forme di manifestazione della libertà di pensiero. Non a caso anche il codice Rocco, nella visione corporativa dei rapporti tra datori di lavoro e lavoratori, reprimeva le svariate forme di sciopero, contrattuale, politico, di solidarietà o di protesta (artt. 502 ss. c.p.), non solo perché si trattava di fatti che attentavano all’ordinamento corporativo, al cui interno doveva trovare composizione ogni conflittualità tra datori di lavoro e lavoratori, ma anche perché tali condotte manifestavano un pensiero dissonante rispetto al regime (emblematica la repressione dello sciopero e della serrata per fini politici nell’art. 503 c.p.). Credo che sostanzialmente analoga sia la ratio sottostante all’art. 290 c.p. cinese: sebbene la formulazione della norma non contempli espressamente l’elemento «politico», non di meno il ricorso a termini generici («turbamento dell’ordine sociale») o quantitativo-indeterminati («conseguenza grave») non garantisce affatto una affidabile selettività rispetto ai fatti offensivi dell’ordine pubblico materiale. Uno strumento particolarmente forte per la repressione del dissenso è costituito dall’art. 291 che punisce, con pene diversificate in relazione al ruolo di membro principale o di mero partecipe, il fatto di più persone riunite che «turbano l’ordine in una stazione, in una banchina, in un aeroporto civile, in un centro commerciale, in un parco, in un cinema, in un teatro, in una fiera, in uno stadio o in un altro luogo pubblico oppure bloccano il traffico o turbano l’ordine del traffico, impedendo al pubblico ufficiale incaricato della sicurezza sociale di esercitare i suoi uffici». Si tratta di una norma costruita su un disvalore d’evento del tutto privo della capacità di denotare in termini precisi i fatti penalmente rilevanti, in grado di attrarre al suo interno qualunque forma di protesta collettiva realizzata in uno dei luoghi pubblici o aperti al pubblico indicati dalla fattispecie.
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Il diritto di riunione, il cui esercizio è funzionale all’esercizio in forma collettiva della libertà di manifestazione del pensiero, è limitato da altre due fattispecie: «qualora si svolga una riunione o una manifestazione o una contestazione pubblica, senza richiedere l’autorizzazione occorrente per legge o non avendola ottenuta oppure non la svolga secondo le prescrizioni dell’autorità concernenti i tempi di inizio e di fine, il luogo e l’itinerario ed opponendosi all’ingiunzione di scioglimento dell’autorità, il responsabile della riunione o della manifestazione o della contestazione pubblica e il responsabile diretto sono puniti, qualora si rechi turbativa grave all’ordine sociale, con la reclusione inferiore a cinque anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici» (art. 296); «chiunque, mediante molestia o disturbo o in altri modi, interrompe una riunione o una manifestazione o una contestazione pubblica lecitamente svolte, qualora si verifichi una confusione nell’ordine pubblico, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici» (art. 298). Mi sembra che le due norme puniscano, da un lato, le manifestazioni di dissenso al regime e, dall’altro lato, le contestazioni a manifestazioni regolarmente autorizzate dal regime. Sono assenti i delitti di vilipendio delle istituzioni ed è presente solo il vilipendio della bandiera tipizzato, secondo modalità ben più pregnanti di quanto non faccia il nostro art. 292 c.p., solo nella forma del vilipendio materiale, consistente nel fatto di chi «a scopo di vilipendio, pubblicamente brucia, distrugge, scribacchia, deteriora, calpesta la bandiera nazionale o l’emblema nazionale». Mi chiedo, però, se alcune condotte di vilipendio particolarmente gravi non possano rilevare come attentato diretto alla sovversione del regime o dell’ordinamento socialista attraverso le fagocitanti fattispecie di cui all’art. 105. Ci sono poi altre due disposizioni interessanti sotto il profilo della incidenza sulla libertà di manifestazione del pensiero in relazione all’esercizio del culto. L’art. 251 incrimina «l’incaricato di un organo dello Stato che priva illecitamente i cittadini della libertà religiosa oppure offende i costumi delle minoranze etniche». Il senso di questa norma ed il suo ambito di applicazione stanno tutti in questo elemento ad illiceità speciale («illecitamente»), in quanto la rilevanza penale del fatto del dipendente pubblico che priva un cittadino della libertà religiosa è definita dalla disciplina extrapenale che fissa i limiti alla libertà di esercizio del culto. In prospettiva di limitazione della libertà religiosa si colloca anche l’art. 300 che incrimina chiunque, per ostacolare l’esecuzione delle leggi o dei regolamenti, organizza e utilizza un culto vietato.
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3. Queste fattispecie di parte speciale si collocano all’interno di un complesso di norme di parte generale che si rivelano strumenti estremamente pericolosi di contrazione della libertà di manifestazione del pensiero. Il sistema sanzionatorio si fonda sulla presenza di pene principali e pene accessorie, che possono essere utilizzate anche come pene principali (artt. 32 ss.). Tra le pene principali mi interessa segnalare il controllo pubblico, assimilabile quanto a contenuto alle sanzioni della libertà controllata o della libertà vigilata, previste dal sistema penale italiano. Se non che, se già nel nostro sistema queste sanzioni presentano un contenuto indeterminato, in quanto è attribuito all’autorità giudiziaria il compito di definire in concreto le prescrizioni che ne definiscono l’effettivo contenuto sanzionatorio, l’art. 39, n. 2 c.p. cinese prevede che chi è assoggettato alla pena del controllo pubblico non possa esercitare i diritti di espressione, pubblicazione, riunione, associazione, manifestazione e contraddittorio pubblici. Si tratta di una sanzione particolarmente afflittiva in funzione di esclusione del soggetto dal contesto sociale e dalla possibilità di esprimere opinioni, realizzata attraverso la previsione del controllo diffuso sul soggetto da parte della comunità di riferimento. L’art. 40 prevede, infatti, che al termine del controllo pubblico, l’autorità dell’esecuzione deve darne avviso al condannato e al gruppo del suo posto di lavoro o abitativo. Il senso di questa norma può essere ricavato dall’art. 76 che, nel disciplinare la sospensione della pena, attribuisce il controllo sul soggetto sotto sospensione all’autorità di pubblica sicurezza, a cui assicura collaborazione l’ente presso cui il condannato lavora o l’organizzazione alla quale lo stesso appartiene. Mi sembra che il modello di disciplina proponga un controllo diffuso da parte del gruppo di appartenenza del soggetto, una sorta di grande fratello che si avvale del meccanismo della delazione, un controllo tentacolare per assicurare l’effettività della esclusione del soggetto dalla manifestazione pubblica delle proprie opinioni. I soggetti appartenenti al gruppo abitativo o di lavoro diventano così depositari di funzioni di controllo pubblico. Non meno incisiva sulla libertà di manifestazione del pensiero è la pena accessoria della privazione dei diritti politici, che comporta la privazione dei diritti di elettorato attivo e passivo, di espressione, pubblicazione, riunione, associazione, manifestazione e contraddittorio pubblico (art. 54, nn. 1 e 2), con una durata che può arrivare a dieci anni, secondo la gravità del reato, e che in alcuni casi è anche perpetua. È significativo che questa pena accessoria sia obbligatoria in caso di condanna per delitti contro la sicurezza dello Stato, ossia proprio in riferimento a quei delitti di natura politica che possono essere commessi dai dissidenti. Ci troviamo di fronte ad una sorta di bando, con la diffe-
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renza che l’esclusione del condannato dal contesto di riferimento non è fisica, ma sociale. Ugualmente preoccupante è la disciplina del condono e della liberazione condizionale della pena. L’art. 78 dispone che, qualora il condannato al controllo pubblico, all’arresto, alla reclusione o all’ergastolo, obbedendo seriamente alle relative disposizioni e sottoponendosi all’educazione e alla riabilitazione, dimostri reale pentimento oppure consegua meriti penali, possa essere applicato il condono della pena. Tra i meriti penali rilevanti ai fini del condono, l’art. 78, comma 1, n. 6 prevede il contributo rilevante a favore dello Stato e della società. Sulla stessa linea si muove la disciplina della liberazione condizionale, nella quale la messa in libertà è condizionata alla dimostrazione del reale pentimento o al conseguimento di meriti penali (art. 81). Ora, in presenza di una condanna per reati di opinione, cosa significherà il contribuire in modo rilevante a favore della società o dello Stato? Il rischio, peraltro nemmeno troppo nascosto, sta nella previsione di un meccanismo complessivo che sollecita una abiura rispetto alle proprie opinioni.
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4. Il senso complessivo delle norme di parte generale e di parte speciale del codice penale cinese, nella parte in cui interagiscono con la libertà di manifestazione del pensiero, mi fa venire in mente quanto ha scritto qualche anno fa il sociologo Alessandro Dal Lago in ordine al meccanismo di esclusione che porta alla costruzione delle non-persone: «una non persona non è tale per qualche caratteristica intrinseca o naturale, ma perché socialmente considerata tale in seguito ad un processo di esclusione o di vera e propria rimozione sociale». Ora, è vero che la sanzione penale introduce sempre meccanismi di selezione escludente, tanto più in un sistema che prevede la pena di morte, ma quando la pena, in ragione del suo contenuto, viene ad incidere in modo così drastico sui diritti fondamentali della persona, diventa uno strumento che costruisce al suo interno delle non-persone: per un verso, l’apparato repressivo e sanzionatorio nega loro i diritti fondamentali della libertà di manifestazione del pensiero e di partecipazione alla discussione pubblica; per altro verso, la riammissione alla status di persona è condizionato alla abiura delle proprie idee. C’è da sperare che l’inserimento all’interno della Costituzione cinese di un espresso impegno a favore del rispetto dei diritti umani possa sollecitare una interpretazione evolutiva, rispettosa di tali diritti, di norme penali che, con i loro contorni amplissimi ed indeterminati, oggi appaiono gravare come una spada di Damocle sulla libertà di manifestazione del pensiero in Cina.
IL CODICE PENALE DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE (*) traduzione di Shenkuo Wu revisore della traduzione e curatore dell’edizione Sergio Vinciguerra
(*) Testo vigente al 30 giugno 2010. Il codice fu approvato dalla Seconda Sessione della Quinta Assemblea Popolare Nazionale il 1o luglio 1979, modificato dalla Quinta Sessione dell’Ottava Assemblea Popolare Nazionale il 14 marzo 1997 e successivamente modificato dalle Novelle I - VII (1999-2009). La nota in calce ad un articolo è redazionale.
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Il codice penale della Repubblica Popolare Cinese INDICE Parte Prima Disposizioni Generali
Titolo I
Compito, principi fondamentali e ambito di operatività del codice penale (artt. 1-12)
Titolo II Capo I Capo II Capo III Capo IV
Dei reati Reato e responsabilità penale (artt. 13-21) Reato preparato, reato tentato e reato interrotto Artt. 22-24 Concorso nel reato (artt. 25-29) Reato dell’ente (artt. 30-31)
Titolo III Capo I Capo II Capo III Capo IV Capo V Capo VI Capo VII Capo VIII
Delle pene Delle specie di pene (artt. 32-37) Controllo pubblico (artt. 38-41) Arresto (artt. 42-44) Reclusione ed ergastolo (artt. 45-47) Pena di morte (artt. 48-51) Multa (artt. 52-53) Privazione dei diritti politici (artt. 54-58) Confisca dei beni (artt. 59-60)
Titolo IV Capo I Capo II Capo III Capo IV Capo V Capo VI Capo VII Capo VIII
Applicazione concreta delle pene Commisurazione della pena (artt. 61-64) Recidiva (artt. 65-66) Confessione volontaria e merito penale (artt. 67-68) Concorso di reati (artt. 69-71) Sospensione della pena (artt. 72-77) Condono della pena (artt. 78-80) Liberazione condizionale (artt. 81-86) Termine di prescrizione del reato Artt. 87-89
Titolo V
Disposizioni integrative (artt. 90-101) Parte Seconda Disposizioni Speciali
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Titolo I
Reati contro la sicurezza dello Stato (artt. 102-113)
Titolo II
Reati contro la sicurezza pubblica (artt. 114-139)
Titolo III Capo I Capo II Capo III Capo IV Capo V Capo VI Capo VII Capo VIII
Reati contro l’economia del mercato socialista Reati di produzione o vendita di merci contraffatte o alterate (artt. 140-150) Reati di contrabbando (artt. 151-157) Reati contro la regolamentazione delle società e delle imprese (artt. 158-169.1) Reati contro l’amministrazione finanziaria (artt. 170-191) Reati di frode finanziaria (artt. 192-200) Reati contro l’imposizione fiscale (artt. 201-212) Reati contro la proprietà intellettuale (artt. 213-220) Reati contro l’ordine del mercato (artt. 221-231)
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Titolo IV
Reati contro i diritti personali e i diritti democratici dei cittadini (artt. 232-262.2)
Titolo V
Reati contro il patrimonio (artt. 263-276)
Titolo VI Capo I Capo II Capo III Capo IV Capo V Capo VI Capo VII
Capo IX
Reati contro l’ordine dell’amministrazione sociale Reati contro l’ordine pubblico (artt. 277-304) Reati contro la giustizia (artt. 305-317) Reati contro la regolamentazione di frontiera (o di confine) (artt. 318-323) Reati contro la regolamentazione dei beni culturali (artt. 324-329) Reati contro la sanità pubblica (artt. 330-337) Reati contro la tutela dell’ambiente e delle risorse naturali (artt. 338-346) Reati di contrabbando, vendita, trasporto o produzione di stupefacenti (artt. 347-357) Reati di organizzazione, costrizione, induzione, ospitalità o intermediazione della prostituzione (artt. 358-362) Reati di produzione, spaccio o diffusione di oggetti osceni (artt. 363-367)
Titolo VII
Reati contro gli interessi della difesa dello Stato (artt. 368-381)
Titolo VIII
Reati di corruzione (artt. 382-396)
Titolo IX
Reati contro gli uffici pubblici (artt. 397-419)
Titolo X
Reati contro i doveri militari (artt. 420-451)
Capo VIII
Disposizioni supplementari Art. 452 Allegato I Allegato II
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Il codice penale della Repubblica Popolare Cinese PARTE PRIMA Disposizioni Generali Titolo I Scopo, principi fondamentali e ambito di operatività del codice penale
Art. 1. Il presente codice è finalizzato a punire i reati e a proteggere il popolo, sotto i profili della Costituzione, delle concrete esperienze della lotta contro i reati e delle altre situazioni concrete. Art. 2. Il compito del codice penale della Repubblica Popolare Cinese è di combattere qualunque reato mediante le pene per difendere la sicurezza dello Stato, il regime della dittatura democratica del popolo e il sistema socialista, per tutelare i beni statali e quelli collettivi dei lavoratori, per salvaguardare i beni privati dei cittadini, per proteggere i diritti personali, i diritti democratici e gli altri diritti dei cittadini, per mantenere l’ordine sociale e l’ordine economico, per assicurare la serena costruzione socialista. Art. 3. Qualunque fatto che sia espressamente previsto come reato dalla legge va condannato e punito, qualunque fatto che non sia espressamente previsto come reato dalla legge non va né condannato né punito. Art. 4. Chiunque commette un reato ha pari posizione nei confronti dell’applicazione della legge. A nessuno è permesso avere privilegi fuori dalla legge. Art. 5. L’entità della pena deve essere proporzionata al reato realizzato dal colpevole e alla responsabilità da lui subita. Art. 6. Chiunque commette un reato nel territorio della Repubblica Popolare Cinese è punito secondo questo codice, salve le eccezioni stabilite dalla legge. Chiunque commette un reato sulle navi o sugli aeromobili della Repubblica Popolare Cinese è punito secondo questo codice. Il reato si considera commesso nel territorio della Repubblica Popolare Cinese quando la condotta o l’evento è ivi avvenuto. Art. 7. Il cittadino della Repubblica Popolare Cinese che commette fuori dal territorio della Repubblica Popolare Cinese un reato previsto da questo codice, è punito secondo il medesimo; mentre colui che commette un reato per il quale questo codice stabilisce la reclusione pari o inferiore a tre anni quale pena edittale massima, può essere non perseguito. Il pubblico ufficiale o il militare della Repubblica Popolare Cinese che commette fuori dal territorio della Repubblica Popolare Cinese un reato previsto da questo codice, è punito secondo il medesimo.
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Art. 8. Lo straniero che commette, fuori dal territorio della Repubblica Popolare Cinese, un reato nei confronti della Repubblica Popolare Cinese o di un cittadino della medesima, per il quale questo codice stabilisce la reclusione pari o superiore a tre anni quale pena edittale mini-
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ma, può essere punito secondo il medesimo, tranne quando la legge dello Stato in cui è commesso il reato non lo punisce. Art. 9. Questo codice si applica ai reati previsti dalle convenzioni internazionali di cui la Repubblica Popolare Cinese è uno Stato firmatario o uno Stato membro, qualora, ai sensi degli obblighi convenzionali da essa assunti, la Repubblica Popolare Cinese eserciti la giurisdizione. Art. 10. Chiunque ha commesso fuori dal territorio della Repubblica Popolare Cinese un reato per cui è penalmente responsabile a norma di questo codice, benché sia stato giudicato all’estero, può essere ancora perseguito secondo questo codice; qualora egli sia stato punito all’estero, la pena può essere esclusa o ridotta. Art. 11. La responsabilità penale dello straniero, il quale gode dei privilegi e delle immunità diplomatiche, trova soluzione attraverso i canali diplomatici. Art. 12. Se un fatto è stato commesso dopo la fondazione della Repubblica Popolare Cinese e prima dell’entrata in vigore di questo codice e non era previsto come reato dalla legge allora vigente, la legge applicabile è quella vigente in quel tempo. Se esso era previsto come reato dalla legge allora vigente e deve essere perseguito secondo le disposizioni di cui al Capo VIII, Titolo IV, Parte Prima di questo codice, la responsabilità penale viene regolata secondo la legge allora vigente. Ciò nonostante, si applica questo codice quando quest’ultimo non lo prevede come reato ovvero lo punisce con pena più favorevole. Continuano ad essere efficaci le sentenze definitive pronunciate secondo la legge vigente prima dell’entrata in vigore di questo codice. Titolo II Dei reati Capo I Reato e responsabilità penale Art. 13. Qualunque fatto che compromette la sovranità, l’integrità del territorio e la sicurezza dello Stato, offende l’unità dello Stato, sovverte il regime della dittatura democratica del popolo e il sistema socialista, pregiudica l’ordine sociale e l’ordine economico, viola i beni dello Stato o quelli collettivi dei lavoratori, viola i beni privati dei cittadini, infrange i diritti personali, democratici e gli altri diritti dei cittadini, oppure comunque offende la società, è reato allorché la legge lo sanziona penalmente, salvi i casi in cui le situazioni sono manifestamente lievi e provocano danni non gravi. Art. 14. Reato doloso è il fatto commesso con la consapevolezza che tale fatto provocherebbe una conseguenza socialmente dannosa e con la volontà esplicita o implicita del verificarsi dell’evento. Nel caso dei reati dolosi il colpevole deve rispondere penalmente. Art. 15. È reato colposo il fatto dannoso commesso da chi deve prevedere che la sua con-
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dotta provocherebbe una conseguenza socialmente dannosa ma non l’ha prevista per negligenza, ovvero, avendo previsto tale conseguenza, era certo di riuscire ad evitarla, sebbene si sia verificata. Nel caso dei reati colposi il colpevole risponde penalmente allorché la legge lo prevede. Art. 16. Non costituisce reato il fatto che ha oggettivamente cagionato un evento dannoso, quando questo evento è riconducibile a cause irresistibili o imprevedibili e non a dolo o colpa. Art. 17. È penalmente responsabile chiunque ha compiuto i sedici anni e commette un reato. È penalmente responsabile chi, nel momento in cui ha commesso il reato di uccisione dolosa, lesione personale avente come conseguenza la morte o un danno grave al corpo, stupro, rapina, spaccio di stupefacenti, incendio, esplosione o, avvelenamento, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i sedici. A colui che, nel momento in cui ha commesso un reato, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto anni, la pena deve essere diminuita entro l’intervallo edittale o ridotta al di sotto del minimo di esso. Allorché la pena non viene applicata per non aver compiuto i sedici anni, deve essere ordinato ai familiari o tutori del medesimo minore di metterlo sotto controllo; qualora sia necessario, egli viene sottoposto ad un trattamento di rieducazione da parte del governo. Art. 18. Non è penalmente responsabile il malato di mente quando viene confermato tramite procedura legale il fatto che, nel momento in cui ha cagionato l’evento dannoso, non aveva la capacità di intendere o di volere, ma deve essere ordinato ai suoi familiari o tutori di metterlo sotto controlli rigorosi e trattamenti medici; qualora sia necessario, egli viene sottoposto coattivamente a trattamenti medici da parte del governo. È penalmente responsabile il malato di mente che abbia commesso un reato negli intervalli di lucidità. È penalmente responsabile il malato di mente che, nel momento in cui ha commesso un reato, non aveva perso completamente la capacità di intendere o di volere, sennonché la pena può essere diminuita entro l’intervallo edittale o ridotta al di sotto del minimo di esso. È penalmente responsabile l’ubriaco che abbia commesso un reato. Art. 19. Quando i sordomuti o i ciechi commettono un reato, la pena può essere diminuita entro l’intervallo edittale o ridotta al di sotto del minimo di esso ovvero esclusa.
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Art. 20. Non è penalmente responsabile chi ha esercitato la difesa legittima, cioè quando il fatto viene commesso per difendere l’interesse dello Stato o un interesse pubblico, ovvero i propri o altrui diritti personali, beni e altri diritti contro un’offesa attuale, benché il fatto comporti un danno all’autore della medesima offesa. È penalmente responsabile chi ha commesso una difesa evidentemente sproporzionata cagionando un danno grave, ma la pena deve essere ridotta o esclusa. Non è penalmente responsabile chi ha commesso una difesa contro un’attuale violenza fisica, uccisione dolosa, rapina, stupro, sequestro di persona e altri reati violenti gravemente dannosi dell’integrità fisica, con la conseguenza della morte o della ferita dell’autore dell’offesa illegale.
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Art. 21. Non è penalmente responsabile chi ha commesso il fatto dannoso per esservi stato costretto dalla necessità di salvare l’interesse dello Stato o un interesse pubblico, ovvero i propri o altrui diritti personali, beni e altri diritti da un pericolo attuale. È penalmente responsabile chi ha commesso il fatto di cui al primo comma in modo sproporzionato, cagionando un danno eccessivo, ma la pena deve essere ridotta o esclusa. La disposizione del primo comma di questo articolo non si applica a chi abbia un particolare dovere d’ufficio o professionale. Capo II Reato preparato, reato tentato e reato interrotto Art. 22. È reato preparato predisporre i mezzi o porre le condizioni al fine di commettere un reato. In caso di reato preparato, la pena può essere diminuita entro l’intervallo edittale o ridotta al di sotto del minimo di esso o esclusa rispetto al reato consumato. Art. 23. È reato tentato iniziare a commettere un reato ma senza successo a cagione di fattori non voluti dal reo. In caso di reato tentato, la pena può essere diminuita entro l’intervallo edittale o ridotta al di sotto del minimo di esso rispetto al reato consumato. Art. 24. È reato interrotto desistere volontariamente dal reato o impedire volontariamente ed efficacemente l’evento del reato nel momento della commissione dello stesso. In caso di reato interrotto privo di danno, la pena deve essere esclusa; in caso di reato interrotto con danno, la pena deve essere ridotta. Capo III Concorso nel reato Art. 25. Concorso nel reato è il concorso di due o più persone nel reato con dolo comune. Non c’è concorso nel reato quando il reato viene commesso da due o più persone con colpa comune; i rei rispondono rispettivamente dei propri reati commessi allorché devono assumerne la responsabilità penale. Art. 26. È reo principale chi organizza o dirige il gruppo criminale nell’attività criminosa ovvero chi ha un ruolo dominante nel concorso nel reato. È gruppo criminale l’organizzazione criminale relativamente stabile costituita da più di due persone allo scopo di commettere insieme reato. Risponde di tutti i reati commessi dal gruppo criminale il membro principale che organizza o dirige il gruppo criminale. Salva la disposizione di cui al terzo comma, il reo principale risponde di tutti i reati a cui ha partecipato o di tutti i reati da lui organizzati o diretti. Art. 27. È complice chi ha un ruolo secondario o supplementare nel concorso nel reato. Per il complice, la pena deve essere diminuita entro l’intervallo edittale o ridotta al di sotto del minimo di esso o esclusa.
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Art. 28. Per chi partecipa al reato sotto minaccia, la pena deve essere ridotta o esclusa secondo le situazioni che lo riguardano. Art. 29. Chiunque istiga altri a commettere reato è punito in base al proprio ruolo nel concorso nel reato. Se trattasi di istigazione verso un minore di diciotto anni, la pena deve essere aggravata. Se l’istigato non ha commesso il reato, la pena per l’istigatore può essere diminuita entro l’intervallo edittale o ridotta al di sotto del minimo di esso. Capo IV Reato dell’ente Art. 30. La società, l’impresa, l’ente che svolge servizi pubblici, l’organo dello Stato e l’associazione devono essere soggetti a responsabilità penale per un fatto socialmente dannoso da essi commesso, se la legge lo prevede come reato dell’ente. Art. 31. Nel caso di reato dell’ente, questo è punito con la multa e sono puniti anche il responsabile generale diretto e il responsabile diretto, salvo che la Parte Seconda di questo codice o altre leggi dispongano altrimenti. Titolo III Delle pene Capo I Delle specie di pene Art. 32. Le pene si distinguono in pene principali e pene accessorie. Art. 33. Le pene principali sono: 1) il controllo pubblico; 2) l’arresto; 3) la reclusione; 4) l’ergastolo; 5) la morte. Art. 34. Le pene accessorie sono: 1) la multa; 2) la privazione dei diritti politici; 3) la confisca dei beni. La pena accessoria può essere inflitta anche autonomamente. Art. 35. Allo straniero che ha commesso un reato si può infliggere, in maniera autonoma o addizionale, l’espulsione dal territorio dello Stato.
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Art. 36. Oltre alle sanzioni penalmente inflitte, ogni reato obbliga il colpevole al risarcimento qualora il reato abbia cagionato un danno patrimoniale alla vittima.
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La responsabilità civile per il risarcimento è garantita da privilegio qualora il colpevole non riesca a pagare pienamente con i propri beni il risarcimento e la multa, oppure quando allo stesso è inflitta la confisca dei beni. Art. 37. Qualora non vi sia necessità di infliggere la pena nel caso di reato per il quale si sono verificate situazioni lievi, la pena può essere esclusa, benché al colpevole possa, in base alle circostanze del reato, essere inflitto il rimprovero oppure essere ordinato di dichiarare il proprio pentimento, di chiedere scusa, di adempiere al risarcimento, oppure egli può essere sottoposto alla sanzione od alla misura amministrativa irrogata dall’autorità competente. Capo II Controllo pubblico Art. 38. La durata del controllo pubblico è pari o superiore a tre mesi e pari o inferiore a due anni. La pena del controllo pubblico viene eseguita dalla Pubblica Sicurezza. Art. 39. Nel corso dell’esecuzione della pena, il condannato al controllo pubblico deve obbedire alle disposizioni seguenti: 1) osservare le leggi e i regolamenti e sottoporsi ai controlli; 2) non può esercitare i diritti di espressione, pubblicazione, riunione, associazione, manifestazione e contraddittorio pubblici; 3) notificare le proprie attività ai sensi delle disposizioni dell’autorità dell’esecuzione; 4) obbedire alle disposizioni dell’autorità dell’esecuzione riguardo alle visite private; 5) non può né lasciare la propria città o contea, né cambiare l’abitazione senza l’autorizzazione dell’autorità dell’esecuzione. Il condannato al controllo pubblico ha il diritto di ricevere il compenso adeguato al proprio lavoro. Art. 40. Nel momento dell’esaurimento del controllo pubblico, l’autorità dell’esecuzione deve annunciare in tempo al condannato e al collettivo del suo posto di lavoro o abitativo l’esaurimento del controllo pubblico. Art. 41. La durata del controllo pubblico decorre dal giorno dell’esecuzione della sentenza di condanna; nel caso in cui il condannato sia stato sottoposto alla detenzione giudiziaria prima dell’esecuzione della sentenza, la durata effettiva viene ridotta di due giorni per ogni giorno di detenzione. Capo III Arresto Art. 42. La durata dell’arresto è pari o superiore a un mese e pari o inferiore a sei mesi. Art. 43. La pena dell’arresto viene eseguita dalla Pubblica Sicurezza nello stabilimento più vicino al condannato.
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Nel corso dell’esecuzione, il condannato all’arresto può tornare a casa per uno o due giorni ogni mese; in caso di lavoro, al condannato può essere attribuito il compenso in proporzione al proprio contributo. Art. 44. La durata dell’arresto decorre dal giorno dell’esecuzione della sentenza di condanna; nel caso in cui il condannato sia stato sottoposto alla detenzione giudiziaria prima dell’esecuzione della sentenza, la durata effettiva viene ridotta di un giorno per ogni giorno di detenzione. Capo IV Reclusione ed ergastolo Art. 45. La durata della reclusione è pari o superiore a sei mesi e pari o inferiore a quindici anni, salvi i casi di cui agli artt. 50 e 69. Art. 46. La pena della reclusione o dell’ergastolo è scontata in carcere o in altri stabilimenti a ciò destinati; chiunque abbia capacità lavorativa deve partecipare al lavoro e sottoporsi all’educazione e alla riabilitazione. Art. 47. La durata della reclusione decorre dal giorno dell’esecuzione della sentenza di condanna; nel caso in cui il condannato sia stato sottoposto alla detenzione giudiziaria prima dell’esecuzione della sentenza di condanna, la durata effettiva viene ridotta di un giorno per ogni giorno di detenzione. Capo V Pena di morte Art. 48. La pena di morte si applica soltanto ai reati estremamente gravi. Nel caso in cui al colpevole debba infliggersi la pena di morte, se non vi sia necessità di esecuzione immediata, ad esso può applicarsi la pena di morte con due anni di sospensione dell’esecuzione. La pena di morte deve essere autorizzata dal Tribunale Popolare Supremo, salve quelle irrogate dal medesimo. La pena di morte con due anni di sospensione dell’esecuzione può essere inflitta o autorizzata dal Tribunale Popolare Superiore. Art. 49. Non si applica la pena di morte né a chi nel momento in cui ha commesso un reato non aveva compiuto i diciotto anni, né a chi era in gravidanza durante il processo. Art. 50. Nel caso della pena di morte con due anni di sospensione dell’esecuzione, la pena di morte viene convertita, dopo l’esaurimento dei due anni, in ergastolo se in quel periodo il condannato non ha commesso un reato doloso; la pena di morte viene convertita in reclusione pari o superiore a quindici anni e pari o inferiore a venti anni se il condannato ha dimostrato notevoli meriti penali; la pena di morte viene eseguita con l’autorizzazione del Tribunale Popolare Supremo se il condannato ha commesso un reato doloso durante quel periodo.
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Art. 51. La sospensione dell’esecuzione della pena di morte decorre dal giorno in cui viene pronunciata la sentenza di condanna. La reclusione nella quale è stata convertita la pena di mor-
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te tramite la sospensione dell’esecuzione della pena medesima decorre dal giorno in cui cessa l’esecuzione di quest’ultima. Capo VI Multa Art. 52. Nel caso della multa, la sua entità deve essere determinata in base alle circostanze del reato. Art. 53. Il pagamento della multa deve essere effettuato in una o più soluzioni entro il termine stabilito dalla sentenza. Nel caso in cui non venga effettuato il pagamento, quest’ultimo viene eseguito coattivamente. Se il condannato non riesce ad effettuare il pagamento totale, il Tribunale Popolare deve provvedere all’esecuzione coattiva del pagamento ogniqualvolta si accorga che i beni del condannato siano idonei all’esecuzione. Qualora il pagamento diventi effettivamente difficoltoso a causa di accadimenti insuperabili, esso può essere ridotto o escluso. Capo VII Privazione dei diritti politici Art. 54. Per privazione dei diritti politici si intende l’interdizione dell’esercizio dei diritti: 1) di elettorato attivo e di elettorato passivo; 2) di espressione, pubblicazione, riunione, associazione, manifestazione e contraddittorio pubblico; 3) di essere incaricato di pubblici uffici negli organi dello Stato; 4) di essere incaricato di uffici direttivi nelle società statali, nelle imprese statali, negli enti che svolgono servizi pubblici e nelle associazioni popolari. Art. 55. La durata della privazione dei diritti politici è pari o superiore ad un anno e pari o inferiore a cinque anni, salve le disposizioni di cui all’art. 57 di questo codice. Nel caso del controllo pubblico con la pena accessoria della privazione dei diritti politici, la durata di quest’ultima è uguale a quella della pena principale; i termini iniziali decorrono dallo stesso momento. Art. 56. A chi si rende colpevole di reati contro la sicurezza dello Stato deve infliggersi in maniera addizionale la pena della privazione dei diritti politici; a chi si rende colpevole dei reati di uccisione dolosa, stupro, incendio, esplosione, avvelenamento, rapina e di altri gravi reati in danno dell’ordine sociale, può essere inflitta in aggiunta alla pena della privazione dei diritti politici. Nel caso dell’irrogazione autonoma della privazione dei diritti politici, si devono applicare le disposizioni di cui alla Parte Seconda di questo codice. Art. 57. Al condannato alla pena di morte o all’ergastolo deve essere inflitta la privazione perpetua dei diritti politici. Quando la sospensione dell’esecuzione della pena di morte viene convertita in reclusione, oppure l’ergastolo viene convertito in reclusione, la durata della pena della privazione dei diritti
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politici deve essere convertita in quella pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 58. La pena della privazione dei diritti politici decorre dal giorno in cui è stata esaurita la pena della reclusione o dell’arresto, oppure è iniziata la liberazione condizionale; inoltre essa opera anche durante l’esecuzione della pena principale. Il condannato alla pena della privazione dei diritti politici deve obbedire alle leggi, ai regolamenti ed alle disposizioni cautelari emanate dal dipartimento della pubblica sicurezza del Consiglio di Stato e sottoporsi ai controlli; egli non può esercitare nessuno dei diritti indicati dall’art. 54 di questo codice. Capo VIII Confisca dei beni Art. 59. La confisca dei beni è l’espropriazione parziale o totale dei beni personali del colpevole. In caso di confisca totale dei beni, al colpevole e ai suoi familiari a carico devono essere garantite le esigenze materiali minime. In caso di confisca dei beni, non possono essere confiscati i beni presenti o futuri dei familiari del colpevole. Art. 60. Su richiesta del creditore, il pagamento del debito con i beni confiscati deve essere effettuato qualora sia necessario pagare debiti leciti assunti dal colpevole prima della confisca dei beni. Titolo IV Applicazione concreta delle pene Capo I Commisurazione della pena Art. 61. La commisurazione della pena deve essere effettuata ai sensi delle relative disposizioni di questo codice, con riferimento al fatto di reato, alla natura del reato, alle circostanze del reato e alla gravità del danno sociale del reato. Art. 62. Al colpevole deve essere inflitta una tra le pene edittali qualora si siano verificate le situazioni previste da questo codice per cui la pena viene aggravata o diminuita. Art. 63. Al colpevole deve essere inflitta una pena inferiore alla pena edittale minima qualora si siano verificate le situazioni previste da questo codice per cui la pena viene ridotta. Al colpevole può essere inflitta una pena inferiore alla pena edittale minima qualora ciò sia stato autorizzato dal Tribunale Popolare Supremo in base alle condizioni speciali del caso benché non si siano verificate le situazioni previste da questo codice per cui la pena viene ridotta.
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Art. 64. Tutti i beni illecitamente ottenuti dal colpevole devono essere espropriati o restituiti; i beni leciti della vittima devono essere restituiti tempestivamente; i beni illeciti e i beni personali volti a commettere il reato devono essere confiscati. I beni confiscati e le multe devo-
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no essere trasmessi all’erario dello Stato e non devono essere distratti né se ne deve disporre arbitrariamente. Capo II Recidiva Art. 65. È recidivo chi, dopo essere stato condannato ad una pena pari o superiore alla reclusione, nei cinque anni dal momento in cui è stata scontata la pena o è stata esercitata la grazia, commette un altro reato suscettibile di una pena pari o superiore alla reclusione; la pena deve essere aggravata, tranne che nei reati colposi. Per il colpevole sottoposto alla liberazione condizionale, il termine di cui al comma precedente decorre dall’esaurimento della liberazione condizionale. Art. 66. È comunque punito come recidivo il colpevole di un reato contro la sicurezza dello Stato, che dopo aver scontato la pena o usufruito della grazia, commette in qualunque momento un altro reato contro la sicurezza dello Stato. Capo III Confessione volontaria e merito penale Art. 67. È confessione volontaria quella del colpevole che, dopo aver commesso il reato, si sottopone volontariamente alla giustizia e confessa il proprio fatto criminoso. Per il colpevole suddetto, la pena può essere diminuita o ridotta. Se trattasi di un reato lieve, la pena può essere esclusa. È trattata come confessione volontaria anche quella di una persona sospetta sottoposta alle misure giudiziarie coattive, di un imputato o di un condannato sottoposto all’esecuzione della pena, che rende una confessione veritiera del proprio fatto criminoso di cui l’autorità giudiziaria non è a conoscenza. Art. 68. Qualora il colpevole segnali il fatto criminoso altrui che successivamente sia verificato reale o fornisca delle informazioni importanti per effetto delle quali vengono perseguiti altri reati oppure consegua altri meriti penali, la pena può essere diminuita o ridotta; quando si tratti di merito penale significativo, la pena può essere ridotta o esclusa. Nel caso di concorso tra la confessione volontaria ed il merito penale significativo dopo aver commesso un reato, la pena deve essere ridotta o esclusa. Capo IV Concorso di reati Art. 69. Salvi i casi in cui viene inflitta la pena di morte o l’ergastolo, qualora il colpevole abbia commesso più reati anteriormente alla pronuncia della sentenza di condanna, la durata della pena deve essere determinata in considerazione delle diverse situazioni concrete ed è pari o inferiore alla durata complessiva delle pene per i singoli reati e pari o superiore a quella più grave fra le pene; però, la durata massima della pena non può superare rispettivamente tre anni, un anno o venti anni per quanto riguarda la durata della pena del controllo pubblico, dell’arresto o della reclusione.
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Se concorrono le pene accessorie, esse si applicano tutte distintamente e per intero. Art. 70. Qualora, dopo la pronuncia della sentenza di condanna e prima dell’esecuzione completa della pena, si accerti che il condannato ha commesso anteriormente alla pronuncia della sentenza di condanna un reato non giudicato, la pena da infliggere deve essere determinata ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 69 di questo codice con riferimento alla pena precedente e a quella nuova per il reato scoperto. La parte della pena precedente eseguita deve essere detratta dalla pena stabilita dalla nuova sentenza. Art. 71. Qualora, dopo la pronuncia della sentenza di condanna e prima dell’esecuzione completa della pena, il condannato commetta un altro reato, la pena da infliggere deve essere determinata ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 69 di questo codice con riferimento alla parte non eseguita della pena precedente e a quella inflitta per il nuovo reato. Capo V Sospensione della pena Art. 72. Si può applicare la sospensione della pena nei confronti del condannato alla pena dell’arresto o della reclusione pari o inferiore a tre anni, qualora in base alle circostanze del reato e ai comportamenti del colpevole espressivi di pentimento non sia pericoloso per la società applicare la sospensione della pena. Art. 73. Il periodo di prova della sospensione della pena dell’arresto è pari o superiore alla durata della pena stabilita dalla sentenza e pari o inferiore ad un anno, ma comunque non può essere minore di due mesi. Il periodo di prova della sospensione della pena della reclusione è pari o superiore alla durata della pena stabilita dalla sentenza e pari o inferiore a cinque anni, ma comunque non può essere meno di un anno. Il periodo di prova della sospensione della pena decorre dal giorno in cui la sentenza diventa definitiva. Art. 74. La sospensione della pena non si applica al recidivo. Art. 75. Il condannato che ha ottenuto la sospensione della pena deve rispettare le disposizioni seguenti: 1) obbedire alle leggi e ai regolamenti e sottoporsi ai controlli; 2) notificare le proprie attività ai sensi delle disposizioni dell’autorità dell’esecuzione; 3) obbedire alle disposizioni dell’autorità dell’esecuzione riguardo alle visite private; 4) non può né lasciare la propria città o contea, né cambiare l’abitazione senza il permesso dell’autorità dell’esecuzione.
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Art. 76. Durante il periodo di prova della sospensione della pena, la Pubblica Sicurezza è l’autorità competente ai controlli a cui assicura collaborazione l’ente presso cui lavora o l’organizzazione alla quale appartiene il condannato; se non si sono verificate le situazioni di cui all’art. 77 di questo codice, dopo l’esaurimento del periodo di prova la pena stabilita non viene più eseguita e ciò deve essere reso pubblico.
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Art. 77. Qualora il condannato sottoposto alla sospensione della pena commetta un altro reato durante il periodo di prova, oppure avvenga che egli abbia commesso, prima della pronuncia della sentenza, un reato non giudicato, la sospensione della pena deve essere revocata e la pena da infliggere deve essere determinata ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 69 di questo codice con riferimento alla pena precedente e a quella nuova per l’altro reato. Qualora il condannato sottoposto alla sospensione della pena, durante il periodo di prova, violi gravemente le leggi, i regolamenti o le disposizioni emesse a tal proposito dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Consiglio di Stato, la sospensione della pena deve essere revocata e la pena anteriormente stabilita deve essere eseguita. Capo VI Condono della pena Art. 78. Qualora il condannato al controllo pubblico, all’arresto, alla reclusione, o all’ergastolo, durante l’esecuzione della pena, obbedendo seriamente alle relative disposizioni e sottoponendosi all’educazione e alla riabilitazione, dimostri reale pentimento oppure consegua meriti penali, può essere applicato il condono della pena; il condono della pena deve essere applicato quando si tratta di uno dei seguenti meriti penali significativi: 1) impedire l’altrui attività criminosa grave; 2) segnalare il fatto criminoso altrui che si è successivamente accertato essere reale; 3) proporre un’invenzione o un’innovazione tecnica rilevante; 4) salvaguardare la vita altrui nell’attività produttiva o quotidiana, sottoponendosi a pericolo letale; 5) mostrare comportamenti significativi durante un’attività nei confronti di calamità naturali o di incidente grave; 6) contribuire altrimenti in modo rilevante a favore dello Stato e della società. La durata effettiva della pena ai fini del condono della stessa non può essere meno di metà della pena anteriormente stabilita, quando si tratta del condannato al controllo pubblico, all’arresto o alla reclusione e, nei confronti del condannato all’ergastolo, non può essere meno di dieci anni. Art. 79. Per attivare la procedura del condono della pena, occorre che l’autorità dell’esecuzione consegni l’Atto del condono al Tribunale Popolare Medio o a quello più alto. Il Tribunale Popolare deve procedere al giudizio tramite un collegio e quest’ultimo pronuncia l’ordinanza del condono qualora si sia verificato il pentimento o il merito penale. Il condono della pena non deve essere applicato al di fuori della procedura legale. Art. 80. Qualora la pena dell’ergastolo sia stata convertita in quella della reclusione, agli effetti del condono della pena la durata della pena della reclusione decorre dal giorno in cui è emanata l’ordinanza del condono della pena. Capo VII Liberazione condizionale Art. 81. Qualora il condannato alla reclusione che ha scontato una parte della pena pari o
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superiore alla metà di essa, oppure il condannato all’ergastolo che ha scontato un periodo pari o superiore a dieci anni, obbedendo seriamente alle relative disposizioni e sottoponendosi all’educazione e alla riabilitazione, dimostri reale pentimento oppure consegua meriti penali, può essere applicata la liberazione condizionale se non è pericoloso per la società. Se vi sono situazioni particolari, i limiti relativi alla pena espiata possono essere esclusi con l’autorizzazione del Tribunale Popolare Supremo. Non si applica la liberazione condizionale nei confronti del recidivo o del condannato alla reclusione pari o superiore a dieci anni o all’ergastolo per reati violenti quali uccisione dolosa, esplosione, rapina, stupro, sequestro di persona e così via. Art. 82. Si procede alla liberazione condizionale ai sensi dell’art. 79 di questo codice. La liberazione condizionale non deve essere applicata al di fuori della procedura legale. Art. 83. Il periodo di prova della liberazione condizionale è uguale alla durata della pena non espiata quando si tratta del condannato alla reclusione; oppure è di dieci anni nei confronti del condannato all’ergastolo. Il periodo di prova della liberazione condizionale decorre dal giorno in cui inizia tale liberazione condizionale. Art. 84. Il condannato sottoposto alla liberazione condizionale deve obbedire alle disposizioni seguenti: 1) osservare le leggi e i regolamenti e sottoporsi ai controlli; 2) notificare le proprie attività ai sensi delle disposizioni dell’autorità dell’esecuzione; 3) obbedire alle disposizioni dell’autorità dell’esecuzione riguardo alle visite private; 4) non può né lasciare la propria città o contea, né cambiare l’abitazione senza il permesso dell’autorità dell’esecuzione. Art. 85. Durante il periodo di prova della liberazione condizionale, la Pubblica Sicurezza è l’autorità competente ai controlli; se non si sono verificate le situazioni di cui all’art. 86 di questo codice, dopo l’esaurimento del periodo di prova la pena anteriormente stabilita viene considerata già eseguita e ciò deve essere reso pubblico. Art. 86. Qualora il condannato sottoposto alla liberazione condizionale commetta un altro reato durante il periodo di prova, la liberazione condizionale deve essere revocata e la pena da infliggere deve essere stabilita ai sensi dell’art. 71 di questo codice. Quando durante il periodo di prova si accerti che il condannato ha commesso, prima della pronuncia della sentenza, un reato non giudicato, la liberazione condizionale deve essere revocata e la pena da infliggere deve essere stabilita ai sensi dell’art. 69 di questo codice. Se il condannato sottoposto alla liberazione condizionale, durante il periodo di prova, violi gravemente le leggi, i regolamenti o le disposizioni emanate al riguardo dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Consiglio di Stato, la liberazione condizionale deve essere revocata a norma della procedura legale e deve essere eseguita la pena anteriormente stabilita.
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Capo VIII Termine di prescrizione del reato Art. 87. Il reato non è più perseguibile se decorre il termine: 1) di cinque anni nel caso di reato la cui pena edittale massima sia la reclusione inferiore a cinque anni; 2) di dieci anni nel caso di reato la cui pena edittale massima sia la reclusione pari o superiore a cinque e inferiore a dieci anni. 3) di quindici anni nel caso di reato la cui pena edittale massima sia la reclusione pari o superiore a dieci anni; 4) di venti anni nel caso di reato la cui pena edittale massima sia l’ergastolo o la pena di morte. Se occorre perseguire il reato dopo il decorso di venti anni, si deve ottenere l’autorizzazione della Procura Popolare Suprema. Art. 88. Il termine di prescrizione del reato è illimitato qualora il colpevole si sottragga all’indagine o al giudizio dopo che la Procura Popolare, la Pubblica Sicurezza o la Sicurezza dello Stato ha iniziato l’indagine giudiziaria oppure dopo che il Tribunale Popolare ha assunto la causa. Il termine di prescrizione del reato è illimitato anche qualora la vittima del reato abbia presentato la denuncia entro il termine di prescrizione, ma il Tribunale Popolare, la Procura Popolare o la Pubblica Sicurezza che avrebbero dovuto assumere la causa non l’abbiano assunta. Art. 89. Il termine di prescrizione del reato decorre dal giorno in cui è stato commesso il reato; esso decorre dal giorno in cui è stata conclusa la condotta del reato quando si tratti di reato reiterato o di reato permanente. Se entro il termine di prescrizione il colpevole commette un altro reato, il termine di prescrizione del primo decorre dal giorno in cui è stato commesso il secondo reato. Titolo V Disposizioni integrative Art. 90. Le Assemblee Popolari delle Regioni o Province autonome etniche, qualora non sia possibile applicare pienamente le disposizioni di questo codice, possono adottare in campo penale misure alternative o supplementari in aderenza alle caratteristiche politiche, economiche e culturali delle proprie etnie, fermo restando il rispetto dei principi fondamentali posti da questo codice. Queste misure devono essere trasmesse, per l’approvazione, al Comitato Permanente dell’Assemblea Popolare Nazionale. Art. 91. Per beni pubblici, si intendono in questo codice: 1) i beni dello Stato; 2) i beni degli enti collettivi dei lavoratori; 3) i beni delle donazioni sociali o delle fondazioni speciali dedite all’aiuto dei poveri o ad altri benefici pubblici. Vengono considerati beni pubblici anche i beni privati conservati, gestiti o trasportati da or-
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gani dello Stato, da società statali, imprese statali, imprese collettive o da associazioni popolari. Art. 92. Per beni privati dei cittadini, si intendono in questo codice: 1) i redditi legittimi, depositi, case private e altri materiali quotidiani del cittadino; 2) i materiali produttivi legittimamente appartenenti al cittadino o alla sua famiglia; 3) i beni legittimi degli imprenditori autonomi e delle imprese private; 4) le quote partecipative, le azioni, le obbligazioni e altri beni legittimamente appartenenti al cittadino. Art. 93. Per pubblico ufficiale, si intende in questo codice la persona che esercita un’attività pubblica negli organi dello Stato. Viene considerata pubblico ufficiale la persona che esercita un’attività pubblica in società statali, imprese statali, imprese collettive, enti dei servizi pubblici o associazioni popolari, oppure che viene designata da un organo dello Stato, da una società statale, da un’impresa statale o da un ente che svolge servizi pubblici ad esercitare l’attività pubblica in una società non statale, in un’impresa non statale, in un ente che svolge servizi pubblici o associazione popolare, ovvero che comunque esercita l’attività pubblica a norma delle leggi. Art. 94. Per funzionario giudiziario, si intende in questo codice l’incaricato nell’ambito giudiziario di funzione relativa all’indagine, all’accusa, al giudizio o al controllo. Art. 95. Per danno grave al corpo, si intende in questo codice uno dei seguenti danni: 1) quello con effetti di menomazione degli arti o deturpazione dei lineamenti; 2) quello con effetti di invalidità dell’udito, della vista o di altre funzioni organiche; 3) quello con conseguenze gravi alla salute umana. Art. 96. Per violazione delle disposizioni statali, si intende in questo codice la violazione delle leggi o delle decisioni emanate dall’Assemblea Popolare Nazionale o dal proprio Comitato Permanente, oppure dei regolamenti, dei provvedimenti amministrativi, delle decisioni od ordinanze emanati dal Consiglio di Stato. Art. 97. Per membro principale, si intende in questo codice il criminale che svolge la funzione di organizzazione, coordinamento, direzione nell’ambito del gruppo criminale o del reato commesso da più persone riunite. Art. 98. Per procedibilità a querela, si intende in questo codice quella della vittima. Se la vittima non riesce a proporre la querela per essere stata sottoposta alla coazione o alla minaccia, può presentarla la Procura Popolare o il suo prossimo congiunto. Art. 99. Quando si impiegano le locuzioni quali «pari o superiore a», «pari o inferiore a» ed «entro», viene compreso il numero indicato successivamente. Art. 100. Chi è stato penalmente sanzionato è tenuto a comunicare all’ente relativo il proprio precedente penale al momento di entrare nell’esercito o in un posto di lavoro.
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Art. 101. La Parte Prima vincola le altre leggi contenenti disposizioni penali, salvo che eventuali leggi dispongano altrimenti.
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PARTE SECONDA Disposizioni speciali Titolo I Reati contro la sicurezza dello Stato Art. 102. Chiunque, tenendo rapporti con uno Stato straniero, compie atti idonei a menomare la sovranità, l’integrità del territorio o la sicurezza della Repubblica Popolare Cinese, è punito con l’ergastolo o con la reclusione pari o superiore a dieci anni. Chiunque, tenendo rapporti con istituzioni, organizzazioni o individui stranieri, compie il reato di cui al primo comma, è punito come in esso previsto. Art. 103. Chiunque organizza, dirige o compie attività dirette a compromettere l’integrità del territorio e l’unità dello Stato, è punito con l’ergastolo o con la reclusione pari o superiore a dieci anni se egli è il membro principale o il suo fatto è grave; la pena è la reclusione pari o superiore a tre e pari o inferiore a dieci anni se egli è partecipante attivo; la pena è la reclusione pari o inferiore a tre anni o l’arresto o il controllo pubblico o la privazione dei diritti politici, se egli è partecipante ordinario. Chiunque istiga altri a compiere attività dirette a compromettere l’integrità del territorio e l’unità dello Stato, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o il controllo pubblico o la privazione dei diritti politici; la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni, se egli è membro principale o se il suo fatto è grave. Art. 104. Chiunque organizza, dirige o compie una rivolta armata o un’insurrezione armata, è punito con l’ergastolo o con la reclusione pari o superiore a dieci anni se egli è membro principale o se il suo fatto è grave; la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni se egli è partecipante attivo; la pena è la reclusione pari o inferiore a tre anni o l’arresto o il controllo pubblico o la privazione dei diritti politici, se egli è partecipante ordinario. Chiunque promuove una rivolta armata o un’insurrezione armata tramite istigazione, minaccia, induzione o corruzione nei confronti di incaricati degli organi dello Stato, impiegati delle forze armate, poliziotti popolari o miliziani, è punito secondo il primo comma, ma la pena è aggravata. Art. 105. Chiunque organizza, dirige o compie attività dirette a sovvertire il regime o l’ordinamento socialista, è punito con l’ergastolo o con la reclusione pari o superiore a dieci anni, se egli è il membro principale o il proprio fatto è grave; la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni, se egli è partecipante attivo; la pena è la reclusione pari o inferiore a tre anni o l’arresto o il controllo pubblico o la privazione dei diritti politici, se egli è partecipante ordinario. Chiunque, tramite la divulgazione di notizie false, la diffamazione o in altri modi, istiga altri a compiere attività dirette a sovvertire il regime o l’ordinamento socialista, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o il controllo pubblico o la privazione dei diritti politici; la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni, se egli è membro principale o se il suo fatto è grave. Art. 106. Chiunque, tenendo rapporti con istituzioni, organizzazioni o individui stranieri,
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commette i reati di cui agli artt. 103, 104 e 105 di questo titolo, è punito con la pena aggravata ai sensi delle rispettive disposizioni. Art. 107. Qualora un’istituzione, un’organizzazione o un individuo straniero o cinese offra finanziamenti all’organizzazione o all’individuo cinese affinché quest’ultimo commetta i reati di cui agli artt. 102, 103, 104 e 105 di questo titolo, il responsabile diretto è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o il controllo pubblico o la privazione dei diritti politici; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni. Art. 108. Chiunque passa ad una parte nemica e tradisce la patria, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; qualora le circostanze siano gravi oppure il colpevole commetta il fatto suddetto coinvolgendo impiegati delle forze armate, poliziotti popolari o miliziani, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo. Art. 109. L’incaricato di un organo dello Stato che, nell’esercizio delle proprie funzioni, abbandonando il proprio posto di lavoro, si trasferisce verso un paese straniero oppure, essendo per servizio già all’estero, passa ad una parte straniera, è punito, qualora dal fatto derivi un pericolo per la sicurezza della Repubblica Popolare Cinese, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o il controllo pubblico o la privazione dei diritti politici; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni. Il pubblico ufficiale che, essendo in possesso di segreti dello Stato, commette il reato di cui al primo comma, è punito ai sensi del comma precedente con la pena aggravata. Art. 110. È punito con la reclusione pari o superiore a dieci anni o con l’ergastolo; se le circostanze sono lievi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni, chiunque commette una delle due condotte di cui ai numeri 1) e 2), avendo compromesso la sicurezza dello Stato: 1) partecipare all’organizzazione di spionaggio o assumere compiti provenienti dall’organizzazione di spionaggio o dagli agenti dell’organizzazione stessa; 2) indicare ai nemici l’obiettivo del bombardamento. Art. 111. Chiunque sottrae, raccoglie o acquista segreti dello Stato o informazioni strategiche a favore di istituzioni, organizzazioni o individui stranieri, oppure fornisce loro le cose suddette, è punito con la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo; se le circostanze sono lievi, la pena è la reclusione pari o inferiore a cinque anni o l’arresto o il controllo pubblico o la privazione dei diritti politici. Art. 112. Chiunque, in tempo di guerra, fornisce alla parte nemica armamenti ovvero materiali militari, è punito con la reclusione pari o superiore a dieci anni o con l’ergastolo; se le circostanze sono lievi, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni.
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Art. 113. Salvi i reati di cui agli artt. 103 comma 2o, 105, 107 e 109, chiunque commette un reato previsto in questo titolo può essere punito con la pena di morte a condizione che il reato
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sia estremamente dannoso nei riguardi dello Stato e del popolo e le circostanze siano estremamente gravi. Chiunque commette un reato previsto in questo titolo può essere punito congiuntamente anche con la confisca dei beni. Titolo II Reati contro la sicurezza pubblica Art. 114. Chiunque offende la sicurezza pubblica mediante incendio, inondazione, esplosione, avvelenamento con sostanze tossiche o radioattive ovvero con germi patogeni oppure in altri modi pericolosi, è punito, qualora non vi sia una conseguenza grave, con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 115. Chiunque commette incendio, inondazione, esplosione, avvelenamento con sostanze tossiche o radioattive ovvero con germi patogeni o con altre sostanze oppure altri fatti pericolosi, con la conseguenza del danno grave al corpo o della morte oppure della perdita grave di beni pubblici e privati, è punito con la reclusione pari o superiore a dieci anni o con l’ergastolo o la pena di morte. Chiunque commette il fatto del primo comma per colpa, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono lievi, la pena è la reclusione pari o inferiore a tre anni o l’arresto. Art. 116. Chiunque danneggia treni, automobili, tram, navi, aeromobili, in modo idoneo a creare pericoli di perdita o distruzione di treni, automobili, tram, navi, aeromobili ma senza conseguenze gravi, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 117. Chiunque danneggia tratte di tram, ferrovie, ponti, gallerie, strade, aeroporti, vie di navigazione, fari, segnali del traffico, oppure commette altri simili fatti idonei a cagionare pericoli di perdita o distruzione di treni, automobili, tram, navi, aeromobili ma senza conseguenze gravi, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 118. Chiunque danneggia impianti di elettricità o di gas o altri impianti combustibiliesplosivi, in modo che i fatti siano idonei a comportare pericoli per la sicurezza pubblica, ma privi di conseguenze gravi, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 119. Chiunque danneggia mezzi di traffico, impianti di traffico, di elettricità o di gas o altri impianti combustibili-esplosivi, avendo cagionato conseguenze gravi, è punito con la reclusione pari o superiore a dieci anni o con l’ergastolo o la pena di morte. Chiunque commette il fatto anzidetto per colpa, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni; se le circostanze sono lievi, la pena è la reclusione pari o inferiore a tre anni o l’arresto. Art. 120. Chiunque organizza o dirige un’organizzazione terroristica, è punito con la reclu-
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sione pari o superiore a dieci anni o con l’ergastolo; i partecipanti attivi sono puniti con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; gli altri partecipanti sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o il controllo pubblico o la privazione dei diritti politici. Chiunque commette il reato anzidetto e altri reati quali uccisione dolosa, esplosione o sequestro di persona, è punito secondo la disciplina del concorso di reati. Art. 120-1. Chiunque finanzia un’organizzazione terroristica o un individuo che compie attività terroristiche, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la privazione dei diritti politici e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e la multa oppure la reclusione pari o superiore a cinque anni e la confisca dei beni. Qualora un ente commetta il fatto di cui al comma precedente, l’ente è punito con la multa mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del comma precedente. Art. 121. Chiunque, con violenza, minaccia o in altri modi, dirotta un aeromobile, è punito con la reclusione pari o superiore a dieci anni o con l’ergastolo; qualora si verifichi un danno grave al corpo, la morte di un essere umano o un danneggiamento grave all’aeromobile, la pena è la morte. Art. 122. Chiunque, con violenza, minaccia o in altri modi, dirotta una nave o un’automobile, è punito con la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni; se vi è una conseguenza grave, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo. Art. 123. Chiunque, compiendo violenza al personale di un aeromobile in volo, pone in pericolo l’aeromobile, è punito, se non vi è una conseguenza grave, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se vi è una conseguenza grave, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni. Art. 124. Chiunque danneggia un impianto radiotelevisivo o un impianto pubblico di telecomunicazione, ponendo in pericolo la sicurezza pubblica, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni; se dal fatto deriva una conseguenza grave, la pena è la reclusione pari o superiore a sette anni. Chiunque commette per colpa il fatto di cui al primo comma, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni; se le circostanze sono lievi, la pena è la reclusione pari o inferiore a tre anni o l’arresto.
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Art. 125. Chiunque illecitamente produce, vende, acquista, trasporta, spedisce o conserva armi da fuoco, munizioni o materiali esplosivi, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo o la morte. Chiunque illecitamente produce, vende, acquista, trasporta o conserva sostanze tossiche o radioattive, germi patogeni o altre sostanze simili, ponendo in pericolo la sicurezza pubblica, è punito ai sensi del primo comma. Qualora un ente commetta taluno dei reati previsti dai commi precedenti, l’ente è punito
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con la multa mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 126. L’ente è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo, qualora un ente delegato alla produzione od alla vendita di armi da fuoco commetta taluno dei fatti indicati nei numeri 1)-3) in violazione delle norme in materia di tali armi: 1) produrre armi da fuoco in quantità maggiore di quella dovuta, o distribuire per la vendita illecita armi da fuoco non conformi alle specie stabilite; 2) produrre per la vendita illecita armi da fuoco senza codice oppure con il codice copiato o falso; 3) vendere illecitamente armi da fuoco o vendere nel territorio dello Stato armi da fuoco prodotte per l’esportazione. Art. 127. Chiunque sottrae o sottrae con violenza armi da fuoco, munizioni o materiali esplosivi, oppure sostanze tossiche o radioattive, germi patogeni o altre sostanze simili, ponendo in pericolo la sicurezza pubblica, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo o la morte. Chiunque rapina armi da fuoco, munizioni o materiali esplosivi, oppure sostanze tossiche o radioattive, germi patogeni o altre sostanze simili, ponendo in pericolo la sicurezza pubblica, ovvero sottrae o sottrae con violenza armi da fuoco, munizioni o materiali esplosivi da organi dello Stato, dal personale militare o di polizia o da un miliziano, è punito con la reclusione pari o superiore a dieci anni o con l’ergastolo o la morte. Art. 128. Chiunque, in violazione delle disposizioni concernenti armi da fuoco, illecitamente detiene o conserva armi da fuoco o munizioni, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto, o il controllo pubblico; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Colui che, possedendo legalmente per ragioni d’ufficio armi da fuoco, le noleggia o le presta illecitamente, è punito ai sensi del primo comma. Colui che, possedendo legalmente armi da fuoco, le noleggia o le presta illecitamente, qualora dal fatto derivi una conseguenza grave, è punito ai sensi del primo comma. Qualora un ente commetta taluno dei reati di cui ai commi 2o e 3o, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 129. Colui che, possedendo legalmente per ragioni d’ufficio armi da fuoco, le smarrisce e non comunica tempestivamente il fatto, qualora dal fatto derivi una conseguenza grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Art. 130. Chiunque si introduce illecitamente in luoghi pubblici o in mezzi pubblici di trasporto, portando indosso armi da fuoco, munizioni, coltelli proibiti, oppure materiali esplosivi, infiammabili, radioattivi, tossici o caustici e ponendo in pericolo la sicurezza pubblica, è punito,
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qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o il controllo pubblico. Art. 131. Il dipendente aeroportuale o viaggiante che, in violazione delle relative discipline, procura un grave incidente aereo, è punito, qualora dal fatto derivi una conseguenza grave, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se avviene la caduta dell’aereo o la morte di un essere umano, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 132. Il ferrotranviere che, in violazione delle discipline relative, procura un incidente ferroviario, è punito, qualora dal fatto derivi una conseguenza grave, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o l’arresto; se si verifica una conseguenza particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 133. Chiunque, in violazione delle norme in materia di traffico, procura un incidente grave, è punito, qualora si verifichi un danno grave al corpo o la morte di un essere umano o una perdita grave di beni pubblici o privati, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se il colpevole fugge dopo l’incidente o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni; se per la sua fuga si verifica la morte di taluno, la pena è la reclusione pari o superiore a sette anni. Art. 134. Chiunque, violando disposizioni riguardanti la sicurezza nello svolgimento dell’attività produttiva od operativa, procura un grave incidente recando danni alle persone o un’altra conseguenza grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Chiunque, ordinando coattivamente ad altri di svolgere un lavoro rischioso in violazione delle relative discipline, procura un grave incidente con danni delle persone o un’altra conseguenza grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni. Art. 135. Qualora un ente cagioni un incidente grave con danni delle persone o un’altra conseguenza grave a causa delle apparecchiature o delle condizioni lavorative non conformi alle disposizioni statali sulla sicurezza, il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 135-1. Qualora un ente, nell’organizzazione dell’attività a grande affluenza di persone, cagioni un incidente grave ai danni delle persone o un’altra conseguenza grave a causa della violazione delle disposizioni sulla sicurezza, il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni.
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Art. 136. Chiunque, in violazione delle disposizioni concernenti i materiali esplosivi, infiammabili, radioattivi, tossici o caustici, cagiona un incidente grave con conseguenza grave du-
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rante la produzione, la conservazione, il trasporto o l’utilizzo, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se la conseguenza è particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 137. Qualora un ente che richieda una concessione edilizia o che organizzi una progettazione edile o che costruisca in manufatto o che abbia la funzione di ispezione, in violazione delle disposizioni statali, scadendo nei criteri di qualità della costruzione, cagioni un incidente riguardante la sicurezza, il responsabile diretto è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa; se vi è una conseguenza particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa. Art. 138. Il responsabile diretto di un ente che, in piena consapevolezza del pericolo della struttura di una scuola o delle costruzioni scolastiche accessorie, omette di adottare le misure necessarie o di comunicare tempestivamente la situazione di pericolo, è punito, qualora dal fatto derivi un incidente grave ai danni delle persone, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se vi è una conseguenza particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 139. Qualora un ente, in violazione delle norme sulla vigilanza anti-incendio, rifiuti di adottare misure consone dopo averne ricevuto l’ordine dell’autorità di detta vigilanza, il responsabile diretto è punito, se v’è una conseguenza grave, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se v’è una conseguenza particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 139-1. Se l’incaricato della funzione di comunicazione, dopo un incidente riguardante la sicurezza, omette di comunicarlo o lo comunica ingannevolmente, penalizzando le misure di salvaguardia, è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Titolo III Reati contro l’economia del mercato socialista Capo I Reati di produzione o vendita di merci contraffatte o alterate Art. 140. Il produttore o il distributore che altera o contraffa merci, trattando le merci contraffatte come fossero autentiche oppure trattando le merci imperfette come quelle perfette o trattando le merci prive della qualità dovuta come quelle qualificate, qualora il valore della vendita sia pari o superiore a cinquantamila e inferiore a duecentomila yuan, è punito con la reclusione pari o inferiore a due anni e con la multa pari o superiore al 50% e pari o inferiore al 200% del valore della vendita o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se il valore della vendita è pari o superiore a duecentomila e inferiore a cinquecentomila yuan, la pena è la reclusione pari o superiore a due anni e pari o inferiore a sette anni e la multa suddetta; se il valore della vendita è pari o superiore a cinquecentomila e inferiore a due milioni di yuan,
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la pena è la reclusione pari o superiore a sette anni e la multa suddetta; se il valore della vendita è pari o superiore a due milioni di yuan, la pena è la reclusione di quindici anni e la multa suddetta o la reclusione di quindici anni con la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo con la confisca dei beni. Art. 141. Chiunque produce o pone in commercio medicinali contraffatti in modo particolarmente pericoloso per la salute umana, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e con la multa pari o superiore al 50% e pari o inferiore al 200% del valore della vendita o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se dal fatto deriva la lesione grave alla salute umana, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa suddetta; se dal fatto deriva la morte di una persona o una lesione particolarmente grave alla salute umana, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa suddetta o la reclusione pari o superiore a dieci anni con la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo con la confisca dei beni o la pena di morte e la multa suddetta o la pena di morte con la confisca dei beni. Per i medicinali contraffatti qui menzionati, si intendono le sostanze mediche o non mediche previste dalla Legge sull’Amministrazione dei Medicinali come medicinali contraffatti o trattate dalla medesima legge come fossero medicinali contraffatti. Art. 142. Chiunque produce o pone in commercio medicinali alterati, è punito, qualora dal fatto derivi una lesione grave alla salute umana, con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e con la multa pari o superiore al 50% e pari o inferiore al 200% del valore della vendita; se la conseguenza è particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa suddetta o la reclusione pari o superiore a dieci anni con la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo con la confisca dei beni. Per i medicinali alterati qui menzionati, si intendono le sostanze mediche previste dalla Legge sull’Amministrazione dei Medicinali come medicinali alterati. Art. 143. Chiunque produce o mette in vendita prodotti alimentari non conformi agli standard sanitari, è punito, qualora il fatto sia idoneo a cagionare un grave avvelenamento di sostanze alimentari o altre malattie in ambito alimentare, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e con la multa pari o superiore al 50% e pari o inferiore al 200% del valore della vendita o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se la conseguenza è particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a sette anni con la multa suddetta o la reclusione pari o superiore a sette anni con la confisca dei beni o l’ergastolo con la multa suddetta o l’ergastolo con la confisca dei beni.
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Art. 144. Chiunque aggiunge sostanze non alimentari tossiche e dannose nei generi alimentari da lui prodotti o messi in vendita oppure intenzionalmente mette in vendita prodotti alimentari inquinati da sostanze non alimentari tossiche e dannose, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore al 50% e pari o inferiore al 200% del valore della vendita o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se dal fatto derivano un avvelenamento grave di sostanze alimentari o altre malattie in ambito alimentare gravemente lesivi della salute umana, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa suddetta; se dal fatto deriva la morte di una persona o una lesione particolarmente grave della salute umana, la pena viene irrogata ai sensi dell’art. 141 di questo codice.
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Art. 145. Chiunque produce apparecchi medici o materiali igienico-sanitari non conformi agli standard nazionali o settoriali a tutela della salute umana oppure pone intenzionalmente in commercio gli apparecchi medici od i materiali igienico-sanitari anzidetti, è punito, qualora dal fatto derivi il pericolo grave di lesione della salute umana, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore al 50% e pari o inferiore al 200% del valore della vendita; se dal fatto deriva una lesione grave alla salute umana, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa suddetta; se la conseguenza è particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa suddetta o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo con la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni. Art. 146. Chiunque produce apparecchi elettronici, contenitori a pressione, prodotti esplosivi o infiammabili o altri prodotti non conformi agli standard nazionali o settoriali a tutela della sicurezza della persona o del patrimonio oppure pone intenzionalmente in commercio i prodotti anzidetti, è punito, qualora dal fatto derivi una conseguenza grave, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e con la multa pari o superiore al 50% e pari o inferiore al 200% del valore della vendita; se la conseguenza è particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e la multa suddetta. Art. 147. Chiunque produce pesticidi, medicinali per animali o fertilizzanti contraffatti oppure pone intenzionalmente in commercio pesticidi, medicinali per animali, fertilizzanti o semi contraffatti o privi dell’efficacia dovuta oppure tratta pesticidi, medicinali per animali, fertilizzanti o semi privi della qualità dovuta come quelli autentici, è punito, qualora dal fatto derivi una perdita rilevante dell’attività produttiva, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore al 50% e pari o inferiore al 200% del valore della vendita o l’arresto e la multa suddetta o la multa suddetta; se la perdita dell’attività produttiva è grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa suddetta; se la perdita dell’attività produttiva è particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a sette anni e la multa suddetta o la reclusione pari o superiore a sette anni con la confisca dei beni o l’ergastolo con la multa suddetta o l’ergastolo con la confisca dei beni. Art. 148. Chiunque produce cosmetici non conformi agli standard sanitari oppure pone intenzionalmente in commercio cosmetici non conformi agli standard sanitari, è punito, qualora dal fatto derivi una conseguenza grave, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore al 50% e pari o inferiore al 200% del valore della vendita o con l’arresto e la multa suddetta. Art. 149. Chiunque produce o pone in commercio le merci di cui agli artt. 141-148 di questo Capo, senza aver integrato i reati da essi previsti, è punito, qualora il valore della vendita sia pari o superiore a cinquantamila yuan, a norma dell’art. 140 di questo Capo. Chiunque produce o pone in commercio merci di cui agli artt. 141-148 di questo Capo, avendo integrato taluno dei reati da loro previsti e allo stesso tempo il reato previsto dall’art. 140 di questo Capo, è punito ai sensi della disposizione più grave. Art. 150. Qualora un ente commetta taluno dei reati previsti negli artt. 140-148 di questo Capo, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi dei rispettivi articoli.
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Capo II Reati di contrabbando Art. 151. Chiunque contrabbanda armi, munizioni, materiali nucleari o monete contraffatte, è punito con la reclusione pari o superiore a sette anni e la multa o con la reclusione pari o superiore a sette anni e la confisca dei beni; se le circostanze sono lievi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Chiunque contrabbanda beni culturali, ori, argenti o altri metalli preziosi dei quali lo Stato vieta l’esportazione, oppure contrabbanda animali preziosi o prodotti derivati dagli stessi per i quali lo Stato vieta l’importazione e l’esportazione, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o superiore a cinque anni e la multa. Chiunque contrabbanda piante rare o prodotti derivati dalle stesse oppure altre merci o cose per le quali lo Stato vieta l’esportazione, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e la multa. Chiunque commette taluno dei reati di cui ai commi 1o e 2o, è punito, qualora le circostanze siano particolarmente gravi, con l’ergastolo e la confisca dei beni o con la morte e la confisca dei beni. Qualora un ente commetta taluno dei reati di cui a questo articolo, l’ente è punito con la multa mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi dei rispettivi commi di questo articolo. Art. 152. Chiunque, allo scopo di procurare profitti o per la diffusione, contrabbanda film, videocassette, cassette, immagini, scritture o altri oggetti osceni, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa, o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa o l’ergastolo e la confisca dei beni; se le circostanze sono lievi, la pena è la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o l’arresto e la multa, o il controllo pubblico e la multa. Chiunque, sottraendosi al controllo doganale, introduce all’interno del territorio dello Stato rifiuti solidi, liquidi o aeriformi, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con la multa; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e la multa. Qualora un ente commetta taluno dei reati di cui ai precedenti commi, è punito con la multa mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi dei commi precedenti.
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Art. 153. Chiunque contrabbanda merci o cose fuori dei casi di cui agli artt. 151, 152 e 347, è punito, secondo la gravità delle circostanze, ai sensi delle disposizioni seguenti: 1) qualora i dazi evasi sulle merci o le cose contrabbandate siano pari o superiori a cinquecentomila yuan, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa pari o superiore al 100% e pari o inferiore al 500% dei dazi evasi o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni; se le circostanze sono particolarmente gravi, il colpevole è punito ai sensi dell’art. 151 comma 4o; 2) qualora i dazi evasi sulle merci o le cose contrabbandate siano pari o superiori a centocinquantamila e inferiori a cinquecentomila yuan, la pena è la reclusione pari o superiore a tre
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anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore al 100% e pari o inferiore al 500% dei dazi evasi; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa suddetta o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni; 3) qualora i dazi evasi sulle merci o le cose contrabbandate siano pari o superiori a cinquantamila e inferiori a centocinquantamila yuan, la pena è la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore al 100% e pari o inferiore al 500% dei dazi evasi o l’arresto e la multa suddetta. Qualora un ente commetta il reato di cui al primo comma, è punito con la multa mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni. Chiunque prima di essere perseguito ha commesso più volte contrabbando, è punito con riferimento al cumulo dei dazi evasi sulle merci o le cose contrabbandate. Art. 154. È punito ai sensi dell’art. 153 e nei limiti quantitativi in esso indicati chiunque commette taluno dei fatti indicati nei numeri 1) e 2): 1) porre in vendita abusivamente, senza l’autorizzazione della dogana ed il successivo pagamento dei dazi dovuti, all’interno del territorio dello Stato materie prime, accessori, prodotti finali, apparecchiature o altre attrezzature di montaggio, con importazione approvata, riguardanti la lavorazione di materie prime, l’assemblaggio per il commercio od il commercio compensato; 2) porre abusivamente in vendita all’interno del territorio dello Stato merci o cose soggette a riduzione o esenzione dei dazi, senza l’autorizzazione della dogana ed il successivo pagamento dei dazi dovuti. Art. 155. Sono considerati reati di contrabbando i fatti indicati nei numeri 1) e 2) e l’autore di taluno di essi è punito ai sensi delle rispettive disposizioni di questo Capo: 1) acquistare illecitamente e direttamente da privati cose delle quali lo Stato vieta l’importazione oppure acquistare illecitamente e direttamente da privati altre merci o cose clandestinamente entrate in quantità apprezzabile; 2) trasportare, acquistare o spacciare, entro mari interni, acque territoriali, fiumi o laghi di confine, in quantità apprezzabile e senza giustificazione legale cose delle quali lo Stato vieta l’importazione e l’esportazione, oppure merci o cose delle quali lo Stato limita l’importazione e l’esportazione. Art. 156. Chiunque, tenendo rapporti con il colpevole dei reati di contrabbando, gli fornisce crediti, capitali, conti correnti, fatture fiscali o attestazioni, oppure gli fornisce trasporti, stoccaggi, spedizioni o altri vantaggi, è punito a norma del concorso nel reato con riferimento ai reati di contrabbando. Art. 157. Chiunque dà scorta armata al contrabbando, è punito ai sensi dell’art. 151 comma 1o e 4o con la pena aggravata. Chiunque, con violenza o minaccia, resiste all’attività anti-contrabbando, è punito, con riferimento al reato di contrabbando e al reato di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale previsto dall’art. 277, a norma del concorso di reati.
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Capo III Reati contro la regolamentazione delle società e delle imprese Art. 158. Chiunque, nel richiedere la registrazione della società, ingannando l’autorità della registrazione societaria mediante documenti probatori falsi o in altri modi fraudolenti destinati alla dichiarazione falsa dei capitali registrati, ottiene la registrazione della società, qualora i capitali registrati falsamente siano rilevanti o vi sia una conseguenza grave oppure vi siano altre circostanze gravi, è punito, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore al 1% e pari o inferiore al 5% dei capitali registrati falsamente o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Art. 159. I fondatori o gli azionisti di una società che, in violazione delle disposizioni della Legge sulle Società, investono fraudolentemente omettendo la consegna di denaro o di beni mobili o immobili oppure omettendo il trasferimento di diritti patrimoniali oppure ritirano i propri investimenti dopo la costituzione della società, qualora gli investimenti falsi o ritirati siano rilevanti o vi sia una conseguenza grave o vi siano altre circostanze gravi, sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore al 2% e pari o inferiore al 10% degli investimenti falsi o ritirati o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o l’arresto. Art. 160. Chiunque, distribuendo azioni od obbligazioni di una società o di un’impresa, occulta fatti importanti o simula contenuti importanti nella dichiarazione di invito all’acquisto, o nel certificato di acquisto, o nei metodi di raccolta delle obbligazioni, qualora la quantità delle azioni o delle obbligazioni sia rilevante o vi sia una conseguenza grave o vi siano altre circostanze gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore all’1% e pari o inferiore al 5% dei capitali raccolti o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto. Art. 161. Qualora una società o un’impresa che ha l’obbligo di rendere pubbliche le informazioni fornisca agli azionisti e al pubblico bilanci falsi o bilanci in cui sono occultati fatti importanti oppure ometta di pubblicare altre informazioni importanti soggette per legge alla pubblicazione, se dal fatto deriva un danno grave agli interessi degli azionisti o di altre persone o vi sono altre circostanze gravi, il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta.
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Art. 162. Qualora una società o un’impresa, nel periodo della liquidazione, occulti propri beni o compili dichiarazioni false nell’elenco beni-debiti o nell’elenco dei beni o distribuisca
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propri beni prima di pagare i debiti, ledendo gravemente gli interessi dei debitori o di altre persone, il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta. Art. 162-1. Chiunque occulta o intenzionalmente sopprime atti contabili, libri contabili o bilanci, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta. Qualora un ente commetta il fatto di cui al precedente comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del comma precedente. Art. 162-2. Qualora una società o un’impresa, occultando propri beni o assumendo debiti simulati ovvero trasferendo o disponendo in altri modi di propri beni, simuli il dissesto, procurando danni gravi agli interessi di creditori o di altre persone, il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta. Art. 163. L’incaricato di una società, di un’impresa o di un altro ente che, sfruttando le proprie funzioni, costringe taluno a dargli denaro o un’altra cosa o, ricevendo illecitamente da taluno denaro o un’altra cosa, gli procura vantaggi, è punito, qualora il valore del denaro o della cosa sia apprezzabile, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se il valore del denaro o della cosa è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e la confisca dei beni può essere inflitta congiuntamente. L’incaricato di una società, di un’impresa, o di un altro ente che, in violazione delle disposizioni statali, nella sua attività economica riceve per sé provvigioni o commissioni a qualsiasi titolo, è punito ai sensi del comma precedente. Colui che esercitando un’attività pubblica in una società statale, in un’impresa statale o in altri enti statali o viene designato dagli enti suddetti ad esercitare l’attività pubblica in una società non statale, in un’impresa non statale o in altri enti, commette il fatto di cui ai commi precedenti, è punito ai sensi degli artt. 385 e 386 di questo codice. Art. 164. Chiunque dà denaro o un’altra cosa all’incaricato di una società, di un’impresa, o di un altro ente per ottenere vantaggi indebiti, è punito, qualora il valore del denaro o della cosa sia apprezzabile, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se il valore del denaro o della cosa è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Se il corruttore confessa volontariamente il fatto di corruzione prima del perseguimento, la pena può essere ridotta o esclusa. Art. 165. L’amministratore o il direttore di una società statale o di un’impresa statale che, sfruttando le proprie funzioni, gestisce per sé o per altri affari equivalenti a quelli del proprio
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ente, qualora i profitti illeciti siano rilevanti, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa; se i profitti sono particolarmente rilevanti, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Art. 166. L’incaricato di una società statale o di un’impresa statale o di un ente dei servizi pubblici che, sfruttando le proprie funzioni, commette taluno dei fatti indicati nei numeri 1)-3): 1) affidare la gestione di affari lucrosi a propri parenti o amici; 2) acquistare merci dall’ente gestito da propri parenti o amici ad un prezzo manifestamente maggiore di quello del mercato oppure vendere merci del proprio ente all’ente gestito da propri parenti o amici ad un prezzo manifestamente minore di quello di mercato; 3) acquistare merci di qualità inferiore al dovuto dall’ente gestito da propri parenti o amici; qualora dal fatto derivi una perdita rilevante per gli interessi dello Stato, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa; se dal fatto deriva una perdita particolarmente rilevante per gli interessi dello Stato, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa Art. 167. Il responsabile generale diretto di una società statale o di un’impresa statale o di un ente dei servizi pubblici che, contraendo o eseguendo un contratto, si inganna per grave trascuratezza dei propri doveri, qualora si verifichi una perdita rilevante per gli interessi dello Stato, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se avviene una perdita particolarmente rilevante per gli interessi dello Stato, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 168. L’incaricato di una società statale o di un’impresa statale che, abusando per motivi privati delle proprie funzioni, cagiona il fallimento o il deficit grave del proprio ente, qualora dal fatto derivi una perdita grave per gli interessi dello Stato, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se dal fatto deriva una perdita particolarmente grave per gli interessi dello Stato, la pena è la reclusione pari o superiore a tre e pari o inferiore a sette anni. L’incaricato dell’ente dei servizi pubblici che, commettendo il fatto di cui al primo comma, procura una perdita grave per gli interessi dello Stato, è punito ai sensi del primo comma. L’incaricato della società statale, dell’impresa statale o dell’ente dei servizi pubblici che, abusando per motivi privati delle proprie funzioni, commette taluno dei reati di cui ai commi 1o e 2o, è punito ai sensi del primo comma con pena aggravata. Art. 169. Il responsabile generale diretto di una società statale, di un’impresa statale o di un’autorità di vigilanza che, abusando per motivi privati delle proprie funzioni, converte in quota partecipativa beni statali ad un prezzo sottovalutato oppure li vende ad un prezzo sottovalutato, procurando una perdita grave per gli interessi dello Stato, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se vi è una perdita particolarmente grave per gli interessi dello Stato, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni.
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Art. 169-1. L’amministratore, il sindaco o il dirigente di una società quotata in borsa che, sfruttando le proprie funzioni, determina la medesima società a compiere uno dei fatti indicati nei numeri 1)-6),: 1) fornire gratuitamente fondi, merci, servizi o altri beni a un altro ente o ad una persona fisica;
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2) fornire o ricevere, in condizioni manifestamente indebite, fondi, merci, servizi o altri beni; 3) fornire fondi, merci, servizi o altri beni a un ente o ad una persona fisica che è manifestamente insolvente; 4) prestare garanzia a un ente o ad una persona fisica che è manifestamente insolvente oppure prestare garanzia ad un ente o ad una persona fisica senza giustificazione; 5) rinunciare a crediti o assumere debiti senza giustificazione; 6) ledono in altri modi interessi della società quotata in borsa; qualora vi sia una perdita grave per gli interessi della medesima, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa; se vi è una perdita grave per gli interessi della medesima, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. L’azionista maggioritario o l’effettivo socio maggioritario di una società quotata in borsa che determina l’amministratore, il sindaco o il dirigente della medesima a commettere il fatto di cui al comma precedente, è punito ai sensi di tale comma. Qualora l’azionista maggioritario o l’effettivo socio maggioritario di una società quotata in borsa che commette il reato di cui al comma precedente sia un ente, l’ente è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti a norma del primo comma. Capo IV Reati contro l’amministrazione finanziaria Art. 170. Chiunque contraffa monete è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan; qualora vi sia alcuna delle circostanze indicate dai numeri 1)-3), la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa suddetta, o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni, o l’ergastolo e la multa suddetta, o l’ergastolo e la confisca dei beni, o la pena di morte e la multa suddetta, o la pena di morte e la confisca dei beni: 1) il colpevole è il membro principale del gruppo criminale di contraffazione di monete; 2) la quantità delle monete coinvolte è particolarmente rilevante; 3) vi sono altre circostanze particolarmente gravi. Art. 171. Chiunque intenzionalmente pone in vendita o acquista oppure trasporta le monete contraffatte, qualora la quantità delle monete coinvolte sia apprezzabile, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta; se la quantità delle monete coinvolte è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan; qualora la quantità delle monete coinvolte sia particolarmente rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni. L’impiegato di banche o di altre istituzioni finanziarie che acquista le monete contraffatte oppure che, sfruttando le proprie funzioni, scambia monete con quelle contraffatte, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e con la multa pari o
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superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan; se la quantità delle monete coinvolte è rilevante o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni; se le circostanze sono lievi, la pena è la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a diecimila e pari o inferiore a centomila yuan o l’arresto e la multa suddetta o la multa suddetta. Chiunque, dopo aver contraffatto monete, le mette in commercio o le trasporta, è punito a norma dell’art. 170 di questo codice con pena aggravata. Art. 172. Chiunque detiene o spende le monete contraffatte essendone consapevole, qualora la quantità delle monete coinvolte sia apprezzabile, è punito o con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a diecimila e pari o inferiore a centomila yuan ovvero con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se la quantità delle monete coinvolte è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan; qualora la quantità delle monete coinvolte sia particolarmente rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni. Art. 173. Chiunque altera monete, qualora la quantità delle monete coinvolte sia apprezzabile, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a diecimila e pari o inferiore a centomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se la quantità delle monete coinvolte è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan. Art. 174. Chiunque, senza il permesso dell’autorità competente, abusivamente costituisce una banca commerciale, una borsa valori, una borsa merci, una società di titoli, un futures broker, una società assicuratrice o un’altra istituzione finanziaria, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan. Chiunque contraffa, altera o cede la licenza di gestione o l’atto abilitativo di una banca commerciale, una borsa valori, una borsa merci, una società di titoli, un futures broker, una società assicuratrice o un’altra istituzione finanziaria, è punito a norma del primo comma. Qualora un ente commetta taluno dei reati previsti dai commi precedenti, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma.
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Art. 175. Chiunque, allo scopo di usura, ottiene un fondo da un’istituzione finanziaria e lo cede a un altro soggetto, richiedendo un interesse maggiorato, è punito, qualora i profitti illeciti siano ragguardevoli, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore al 100% e pari o inferiore al 500% dei profitti illeciti, o l’arresto e la multa suddetta; se i profitti illeciti sono rilevanti, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa pari o superiore al 100% e pari o inferiore al 500% dei profitti illeciti.
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Qualora un ente commetta il reato di cui al primo comma, l’ente è punito con la multa mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni o l’arresto. Art. 175-1. Chiunque, in modo fraudolento, ottiene prestiti, accettazione di titoli di credito, lettere di credito, lettere di garanzia o altri vantaggi finanziari da una banca o da un’altra istituzione finanziaria, qualora dal fatto derivi una perdita grave a una banca o a un’altra istituzione finanziaria o vi siano altre circostanze gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa; se dal fatto deriva una perdita particolarmente grave a una banca o ad un’altra istituzione finanziaria o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Qualora un ente commetta il reato di cui al precedente comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del comma precedente. Art. 176. Chiunque raccoglie illecitamente depositi dal pubblico o raccoglie depositi dal pubblico in maniera occulta, turbando l’ordine finanziario, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se i depositi raccolti sono rilevanti o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan. Qualora un ente commetta il reato di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti in virtù del comma precedente. Art. 177. Chiunque contraffa o altera atti finanziari, commettendo uno dei fatti indicati nei numeri 1)-4): 1) contraffare o alterare una cambiale, una tratta bancaria o un assegno; 2) contraffare o alterare un atto probatorio di ricevimento su delega, una ricevuta di bonifico, una ricevuta di deposito o un altro atto operativo bancario; 3) contraffare o alterare una lettera di credito o atti o documenti accessori della medesima; 4) contraffare una carta di credito; è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni: Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 177-1. Chiunque turba l’amministrazione delle carte di credito, commettendo uno dei fatti indicati nei numeri 1)-4):
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1) detenere o trasportare intenzionalmente carte di credito contraffatte oppure detenere o trasportare intenzionalmente carte di credito in bianco in quantità apprezzabile; 2) detenere illecitamente carte di credito altrui in quantità apprezzabile; 3) ottenere carte di credito mediante carte d’identità false; 4) vendere, acquistare o fornire carte di credito contraffatte od ottenute mediante carte d’identità false; è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a diecimila e pari o inferiore a centomila yuan ovvero con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se la quantità delle carte di credito è rilevante o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan. Chiunque sottrae, acquista o fornisce illecitamente informazioni su una carta di credito altrui, è punito ai sensi del comma precedente. L’incaricato di una banca o di un’altra istituzione finanziaria che, sfruttando le proprie funzioni, commette il reato di cui al precedente comma, è punito con pena aggravata. Art. 178. Chiunque contraffa o altera titoli del debito pubblico o altri titoli emessi dallo Stato, qualora la quantità dei titoli coinvolti sia apprezzabile, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se la quantità dei titoli coinvolti è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni con la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan; se la quantità dei titoli coinvolti è particolarmente rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa suddetta o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni. Chiunque contraffa o altera azioni oppure obbligazioni di società o imprese, qualora la quantità dei titoli coinvolti sia apprezzabile, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a diecimila e pari o inferiore a centomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se la quantità dei titoli coinvolti è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni con la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan. Qualora un ente commetta taluno dei reati di cui ai commi precedenti, è punito con la multa mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti in virtù dei rispettivi commi. Art. 179. Chiunque, senza il permesso dell’autorità competente, distribuisce azioni od obbligazioni di una società o di un’impresa, qualora la quantità delle azioni o delle obbligazioni coinvolte sia rilevante o vi sia una conseguenza grave oppure vi siano altre circostanze gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore all’1% e pari o inferiore al 5% dei capitali illecitamente raccolti o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o l’arresto.
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Art. 180. Qualora la persona che è in possesso di informazioni interne concernenti la tran-
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sazione di titoli o di futures ovvero che ottiene illecitamente le informazioni suddette, prima della pubblicazione delle informazioni riguardanti la distribuzione o la transazione di titoli o di futures ovvero prima della pubblicazione di altre informazioni che influenzano in modo rilevante il prezzo della transazione di titoli o di futures, acquisti o venda titoli o compia transazione di futures riguardante le informazioni interne ovvero riveli le informazioni suddette oppure suggerisca esplicitamente o implicitamente ad altri di compiere le transazioni suddette, è punita, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore al 100% e pari o inferiore al 500% dei profitti illeciti o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore al 100% e pari o inferiore al 500% dei profitti illeciti. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto. La tipologia delle informazioni interne viene definita secondo le disposizioni delle leggi e dei regolamenti. Qualora le circostanze siano gravi, è punito ai sensi del primo comma l’incaricato di una borsa valori, di una borsa merci, di una società di titoli, di un futures broker, di una società di gestione dei fondi, di una banca commerciale, di una società assicuratrice o di un’altra istituzione finanziaria oppure l’incaricato di un’autorità competente o di un’associazione di settore che, in violazione delle relative disposizioni, sfruttando informazioni segrete da lui ottenute al di fuori delle informazioni interne in ragione delle sue funzioni, svolge la transazione di titoli o di futures concernente le informazioni suddette oppure suggerisce esplicitamente o implicitamente ad altri di compiere le transazioni relative. Le persone che sono in possesso di informazioni interne vengono definite secondo le disposizioni delle leggi e dei regolamenti. Art. 181. Chiunque simula e diffonde informazioni false che influenzano la transazione di titoli o di futures, turbando il mercato di titoli o di futures, qualora vi sia una conseguenza grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a diecimila e pari o inferiore a centomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta. L’incaricato di una borsa valori, di una borsa merci, di una società di titoli, di un futures broker, di un’associazione settoriale di titoli, di un’associazione settoriale di futures o di un’autorità competente che intenzionalmente fornisce informazioni false oppure contraffa, altera o sopprime i registri delle transazioni, inducendo investitori ad acquistare o vendere titoli o futures, qualora vi sia una conseguenza grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a diecimila e pari o inferiore a centomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan. Qualora un ente commetta uno dei reati di cui ai commi precedenti, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto. Art. 182. Qualora le circostanze siano gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa chiunque manipola il mercato di titoli o di futures, commettendo uno dei fatti indicati nei numeri 1)-4):
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1) agendo da solo o con altri, manipola il prezzo di una transazione di titoli o di futures ovvero la quantità della suddetta transazione mediante compravendite continue o congiunte a vantaggi finanziari riguardanti azioni o futures oppure vantaggi ricavati da informazioni; 2) in complicità con altri, compie reciprocamente una transazione di titoli o di futures in tempo, prezzo o modo precedentemente determinato, influenzando il prezzo di una transazione di titoli o di futures ovvero influenzando la quantità della transazione suddetta; 3) svolge una transazione di titoli tra conti correnti effettivamente gestiti dalla medesima persona ovvero effettua con se stesso quale controparte la compravendita di futures, influenzando il prezzo della transazione di titoli o di futures ovvero la quantità della transazione suddetta; 4) manipola in altri modi il mercato di titoli o di futures. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto. Art. 183. L’incaricato di una società assicuratrice che, sfruttando le proprie funzioni e denunciando un sinistro non accaduto, consegue per sé l’indennizzo dell’assicurazione, è punito ai sensi dell’art. 271 di questo codice. Qualora l’incaricato di una società assicuratrice statale o colui che viene designato dall’ente suddetto ad esercitare un’attività pubblica in una società assicuratrice non statale commetta il fatto di cui al primo comma, è punito a norma degli artt. 382 e 383 di questo codice. Art. 184. È punito ai sensi dell’art. 163 di questo codice l’incaricato di banche o di altre istituzioni finanziarie che, nell’esercizio dell’attività finanziaria, costringe taluno a dargli denaro o un’altra cosa o riceve illecitamente da taluno denaro o un’altra cosa, procurando vantaggi al soggetto suddetto, oppure, in violazione delle disposizioni statali, riceve per sé provvigioni o commissioni a qualsiasi titolo. Se l’incaricato delle istituzioni finanziarie statali o chi viene delegato dalle istituzioni finanziarie statali ad esercitare un’attività pubblica in istituzioni finanziarie non statali commette i fatti di cui al primo comma, è punito a norma degli artt. 385 e 386 di questo codice. Art. 185. L’incaricato di una banca o di un’altra istituzione finanziaria che, sfruttando le proprie funzioni, distrae fondi del proprio ente o dei clienti, è punito ai sensi dell’art. 272 di questo codice. Se l’incaricato delle istituzioni finanziarie statali o chi viene delegato dalle istituzioni finanziarie statali ad esercitare un’attività pubblica in istituzioni finanziarie non statali, commette i fatti di cui al primo comma, è punito a norma dell’art. 384 di questo codice.
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Art. 185-1. La banca commerciale, la borsa valori, la borsa merci, la società di titoli, il futures broker, la società assicuratrice o un’altra istituzione finanziaria che, in violazione delle proprie obbligazioni, utilizza arbitrariamente in situazioni gravi fondi di clienti o altri beni detenuti a titolo di delega o di trust, sono puniti con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a trentamila e pari o inferiore a trecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan.
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Qualora un’istituzione di gestione dei fondi della previdenza sociale o dei fondi per abitazioni o un’altra istituzione di gestione di fondi pubblici ovvero una società assicuratrice, una società di gestione dei fondi assicurativi o una società di gestione dei fondi di investimento mobiliari, utilizzi i fondi in violazione delle disposizioni statali, il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 186. L’incaricato di una banca o di un’altra istituzione finanziaria che rilascia prestiti in violazione delle disposizioni statali, qualora la quantità dei prestiti sia rilevante o vi sia una perdita grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a diecimila e pari o inferiore a centomila yuan; se la quantità dei prestiti è particolarmente rilevante o vi è una perdita particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan. L’incaricato di una banca o di un’altra istituzione finanziaria che, in violazione delle disposizioni statali, rilascia prestiti a persone collegate, è punito ai sensi del primo comma con pena aggravata. Qualora un ente commetta taluno dei reati di cui ai commi precedenti, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti a norma dei rispettivi commi. Le persone collegate sono individuate in base alla Legge sulle Banche Commerciali ed alle altre normative finanziarie. Art. 187. L’incaricato di una banca o di un’altra istituzione finanziaria che raccoglie i fondi dei clienti senza compilare i registri obbligatori, qualora la quantità dei fondi coinvolti sia rilevante o vi sia una perdita grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan; se la quantità dei fondi coinvolti è particolarmente rilevante o vi è una perdita particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 188. L’incaricato di una banca o di un’altra istituzione finanziaria che rilascia ad altri, in violazione delle relative disposizioni, una lettera di credito, una lettera di garanzia, un titolo di credito, un certificato di depositi o una certificazione di capacità finanziaria, qualora le circostanze siano gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 189. L’incaricato di una banca o di un’altra istituzione finanziaria che, nell’esercizio di affari concernenti titoli di credito, eseguendo accettazione, pagamento o avallo nei confronti di titoli di credito non conformi alle disposizioni della Legge sui Titoli di Credito, procura una perdita grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se la perdita è particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma.
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Art. 190. Qualora una società, un’impresa o un altro ente, in violazione delle disposizioni statali, conserva all’estero valuta di riserva oppure vi trasferisce valuta di riserva, se tale valuta è apprezzabile, l’ente è punito con la multa pari o superiore al 5% e pari o inferiore al 30% della valuta di riserva coinvolta, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se la valuta di riserva è rilevante o vi sono altre situazioni gravi, l’ente è punito con la multa pari o superiore al 5% e pari o inferiore al 30% della valuta di riserva coinvolta, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o superiore a cinque anni. Art. 191. Qualora alcuno dei fatti indicate nei numeri 1)-5): 1) fornire un conto corrente illecito; 2) convertire beni in denaro o in titoli di credito; 3) trasferire capitali mediante bonifico o altri mezzi simili; 4) trasferire capitali all’estero; 5) dissimulare e mascherare in altri modi la provenienza e la natura criminosa dei profitti illeciti e dei loro frutti; siano commessi per dissimulare o mascherare la provenienza e la natura criminosa di profitti illeciti e dei loro frutti provenienti da reati relativi a stupefacenti o ad associazioni di natura criminosa o ad attività terroristiche o contrabbandi o corruzione ovvero da reati contro l’amministrazione finanziaria o da reati di frode finanziaria, i profitti illeciti e i frutti suddetti vanno confiscati, mentre il colpevole è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore al 5% e pari o inferiore al 20% della somma coinvolta o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa suddetta. Se un ente commette il reato di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni. Capo V Reati di frode finanziaria Art. 192. Chiunque, allo scopo di appropriarsi illecitamente di capitali, li raccoglie dal pubblico in modi fraudolenti, qualora la quantità dei capitali raccolti sia apprezzabile, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta; se la quantità dei capitali raccolti è rilevante o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan; se la quantità dei capitali raccolti è particolarmente rilevante o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan o l’ergastolo e la confisca dei beni.
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Art. 193. Chiunque, per scopo di appropriazione illecita, commette frode su prestiti delle banche o delle altre istituzioni finanziarie mediante taluno dei fatti indicati nei numeri 1)-5):
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1) simulazione di attrarre capitali o attrarre progetti o comunque di altri fattori richiesti per l’erogazione del credito; 2) uso di un falso contratto; 3) utilizzo di certificati, attestazioni o altri simili documenti di natura falsa; 4) uso di un falso certificato di proprietà quale garanzia o avvalersi di un bene avente un valore minore per garantire un prestito di valore maggiore; 5) impiego di altri modi fraudolenti; qualora la quantità dei prestiti coinvolti sia apprezzabile, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta; se la quantità dei prestiti coinvolti è rilevante o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan; se la quantità dei prestiti coinvolti è particolarmente rilevante o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan o l’ergastolo e la confisca dei beni. Art. 194. Chiunque compie una frode concernente titoli di credito, commettendo uno dei fatti indicati dai numeri 1)-5): 1) utilizzo intenzionale di una cambiale, una tratta bancaria o un assegno contraffatti o alterati; 2) utilizzo intenzionale di una cambiale, una tratta bancaria o un assegno nulli; 3) utilizzo intenzionale di una cambiale, una tratta bancaria o un assegno esigibili da altri; 4) il traente di assegno che, emettendo assegno allo scoperto, oppure compiendo un falso, froda altrui beni; 5) il traente di cambiale o di tratta bancaria che, emettendo cambiale o tratta bancaria allo scoperto, oppure compiendo un falso nel momento di emetterla, froda altrui beni; qualora la quantità dei profitti illeciti sia apprezzabile, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta; se la quantità dei profitti illeciti è rilevante o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan; se la quantità dei profitti illeciti è particolarmente rilevante o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni. Chiunque utilizza un atto probatorio di ricevimento su delega, una ricevuta di bonifico, un certificato di deposito o altri atti operativi bancari, è punito a norma del primo comma. Art. 195. Chiunque, compie una frode concernente lettere di credito, commettendo uno dei fatti indicati nei numeri 1)-4): 1) utilizzo di lettera di credito o di atti o documenti accessori contraffatti o alterati; 2) utilizzo di lettera di credito nulla; 3) frode in lettera di credito altrui; 4) commette in altri modi frode concernente lettere di credito;
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è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o l’arresto e la multa suddetta; se i profitti illeciti sono rilevanti o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan; se i profitti illeciti sono particolarmente rilevanti o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni. Art. 196. Chiunque compie una frode concernente carte di credito, commettendo uno dei fatti indicati dai numeri 1)-4): 1) utilizzo di una carta di credito contraffatta o di una carta di credito ottenuta con una carta d’identità falsa; 2) uso di una carta di credito nulla; 3) impiego di una carta di credito esigibile da altri; 4) effettua uno scoperto in malafede; qualora i profitti illeciti siano ragguardevoli, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta; se i profitti illeciti sono rilevanti o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan; se i profitti illeciti sono particolarmente rilevanti o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni. Per scoperto in malafede di cui al primo comma si intende il fatto che il portatore della carta di credito, allo scopo di illecita appropriazione, effettua uno scoperto oltre la quota o il termine previsti e rifiuta di restituire i fondi dopo un richiamo della banca emittente. Chiunque sottrae una carta di credito e la utilizza, è punito ai sensi dell’art. 264 di questo codice. Art. 197. Chiunque commette una frode mediante l’uso di titoli di debito pubblico o di altri valori mobiliari emessi dallo Stato contraffatti o alterati, qualora i profitti illeciti siano ragguardevoli, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta; se i profitti illeciti sono rilevanti o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan; se i profitti illeciti sono particolarmente rilevanti o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni.
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Art. 198. Chiunque commette frode assicurativa mediante alcuno dei fatti indicati nei numeri 1)-5): 1) il contraente dell’assicurazione che, falsificando l’oggetto dell’assicurazione, consegue l’indennizzo;
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2) il contraente dell’assicurazione o l’assicurato o il beneficiario che, simulando cause di un sinistro o sopravvalutando la perdita, consegue l’indennizzo; 3) il contraente dell’assicurazione o l’assicurato o il beneficiario che, simulando un sinistro non accaduto, consegue l’indennizzo; 4) il contraente dell’assicurazione o l’assicurato che, cagionando intenzionalmente un sinistro sulle cose assicurate, consegue l’indennizzo; 5) il contraente dell’assicurazione o il beneficiario che, cagionando intenzionalmente la morte, la mutilazione o la malattia all’assicurato, consegue l’indennizzo; qualora la quantità dei profitti illeciti sia apprezzabile, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a diecimila e pari o inferiore a centomila yuan; se la quantità dei profitti illeciti è rilevante o vi sono le altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan; se la quantità dei profitti illeciti è particolarmente rilevante o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni con la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o la reclusione pari o superiore a dieci anni con la confisca dei beni. Qualora per i fatti di cui ai numeri 4) e 5) siano integrati anche altri reati, il colpevole è punito secondo la disciplina del concorso di reati. Qualora un ente commetta il reato di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se la somma coinvolta è rilevante o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni; se la somma coinvolta è particolarmente rilevante o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni. Qualora il perito o il testimone del sinistro o chi stima le cose coinvolte presenti intenzionalmente una documentazione falsa atta a favorire l’altrui frode assicurativa, è punito a titolo di concorrente nel reato di frode assicurativa. Art. 199. Chiunque commette uno dei reati di cui agli artt. 192, 194 e 195, qualora i profitti illeciti siano particolarmente rilevanti e dal fatto derivi una perdita particolarmente grave per gli interessi dello Stato e del popolo, è punito con l’ergastolo e la confisca dei beni o con la morte e la confisca dei beni. Art. 200. Qualora un ente commetta taluno dei reati di cui agli artt. 192, 194 e 195, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se i profitti illeciti sono rilevanti o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni; se i profitti illeciti sono particolarmente rilevanti o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo. Capo VI Reati contro l’imposizione fiscale Art. 201. Il contribuente che, mediante inganno od occultamento dei fatti, effettua una dichiarazione d’imposta falsa od omette di effettuarla, se l’imposta evasa è apprezzabile e rappresenta una quota pari o superiore al 10% rispetto all’imposta dovuta, è punito con la reclusione
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pari o inferiore a tre anni e la multa, o con l’arresto e la multa; se l’imposta evasa è rilevante e rappresenta una quota pari o superiore al 30% rispetto all’imposta dovuta, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. L’intermediario incaricato del pagamento d’imposta che, nei modi indicati nel primo comma, omette di versare o versa meno dell’imposta dovuta, qualora l’imposta evasa sia apprezzabile, è punito a norma del comma precedente. Chiunque ha commesso più volte i reati previsti in questo articolo prima di essere perseguito, è punito con riferimento al cumulo dell’imposta evasa. Chiunque, avendo commesso il fatto di cui al primo comma, paga l’imposta e la penalità dovute dopo il richiamo dell’autorità fiscale, può non essere punito se è già stato sanzionato in via amministrativa; salvo che l’autore, nei cinque anni precedenti il fatto, sia stato punito per mancato pagamento dell’imposta o sia stato sanzionato in via amministrativa più di una volta da parte dell’autorità fiscale. Art. 202. Chiunque, con violenza o minaccia, rifiuta di pagare l’imposta, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore al 100% e pari o inferiore al 500% dell’imposta non pagata; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa suddetta. Art. 203. Il contribuente che, omettendo di pagare l’imposta dovuta, trasferisce od occulta le sue proprietà, in modo tale che l’autorità fiscale non riesca a ricuperare l’imposta non pagata, è punito, qualora l’imposta suddetta sia pari o superiore a diecimila e inferiore a centomila yuan, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore al 100% e pari o inferiore al 500% dell’imposta non pagata o con l’arresto e la multa summenzionata o con la multa suddetta; se l’imposta non pagata è pari o superiore a centomila yuan, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa pari o superiore al 100% e pari o inferiore al 500% dell’imposta non pagata. Art. 204. Chiunque, tramite falsa dichiarazione d’esportazione o in altri modi fraudolenti, si appropria del rimborso d’imposta per l’esportazione, qualora il rimborso sottratto sia apprezzabile, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore al 100% e pari o inferiore al 500% del rimborso sottratto o con l’arresto e la multa suddetta; se il rimborso sottratto è rilevante o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa suddetta; se il rimborso sottratto è particolarmente rilevante o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa suddetta o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni. Il contribuente che, dopo il pagamento d’imposta, si appropria del rimborso con i modi fraudolenti di cui al primo comma, è punito ai sensi dell’art. 201 di questo codice; se il rimborso sottratto è maggiore dell’imposta pagata, il colpevole risponde della differenza a norma del primo comma.
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Art. 205. Chiunque emette ingannevolmente fatture per l’IVA o altre fatture destinate alla detassazione o al rimborso d’imposta per l’esportazione è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta; se l’imposta che risulta falsata è apprezzabile o vi sono altre
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circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan; se l’imposta che risulta falsata è rilevante o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni. Chiunque commette i fatti di cui al primo comma, frodando l’imposta in quantità particolarmente rilevante e in circostanze particolarmente gravi e procurando di conseguenza una perdita particolarmente grave per gli interessi dello Stato, è punito con l’ergastolo e la confisca dei beni o con la morte e la confisca dei beni. Qualora un ente commetta il reato del presente articolo, è punito con la multa mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se l’imposta che risulta falsata è apprezzabile o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se l’imposta che risulta falsata è rilevante o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo. Per emettere ingannevolmente fatture per l’IVA o altre fatture destinate alla detassazione o al rimborso d’imposta per l’esportazione, si intende emettere ingannevolmente fatture in favore di altri o emettere ingannevolmente fatture per sé o incaricare altri ad emettere ingannevolmente fatture a proprio vantaggio o intermediare l’emissione ingannevole di fatture. Art. 206. Chiunque contraffa fatture per l’IVA o vende fatture per l’IVA contraffatte, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con il controllo pubblico e la multa suddetta; se la quantità delle fatture è apprezzabile o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan; se la quantità delle fatture è rilevante o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni. Chiunque contraffa fatture per l’IVA e le vende, qualora la quantità delle fatture sia particolarmente rilevante, qualora le circostanze siano particolarmente gravi e qualora l’ordine economico venga gravemente danneggiato, è punito con l’ergastolo e la confisca dei beni o con la morte e la confisca dei beni. Qualora un ente commetta il reato di cui al presente articolo, è punito con la multa mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con controllo pubblico; se la quantità delle fatture è apprezzabile o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se la quantità delle fatture è rilevante o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo. Art. 207. Chiunque vende illecitamente fatture per l’IVA, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con il controllo pubblico e la multa suddetta; se la quantità delle fatture è apprezzabile, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a
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dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan; se la quantità delle fatture è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa suddetta o l’ergastolo e la confisca dei beni. Art. 208. Chiunque acquista illecitamente fatture per l’IVA o acquista fatture per l’IVA contraffatte, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta. Chiunque acquista illecitamente fatture per l’IVA o acquista fatture per l’IVA contraffatte e le emette ingannevolmente o le pone in vendita, è punito rispettivamente ai sensi degli artt. 205, 206 e 207 di questo codice. Art. 209. Chiunque contraffa o produce arbitrariamente fatture destinate alla detassazione o al rimborso d’imposta per l’esportazione oppure vende fatture contraffatte o arbitrariamente prodotte e destinate alla detassazione o al rimborso d’imposta per l’esportazione, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore a ventimila e pari o inferiore a duecentomila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se la quantità delle fatture è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan; se la quantità delle fatture è particolarmente rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a sette anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan o la reclusione pari o superiore a sette anni e la confisca dei beni. Chiunque contraffa o produce arbitrariamente altre fatture fuori dei casi di cui al primo comma oppure vende altre fatture contraffatte o arbitrariamente prodotte fuori dei casi di cui al primo comma, è punito con la reclusione pari o inferiore a due anni e la multa pari o superiore a diecimila e pari o inferiore a cinquantamila yuan o con l’arresto e la multa suddetta o con il controllo pubblico e la multa suddetta o con la multa suddetta; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a due anni e pari o inferiore a sette anni e la multa pari o superiore a cinquantamila e pari o inferiore a cinquecentomila yuan. Chiunque vende illecitamente fatture destinate alla detassazione o al rimborso d’imposta per l’esportazione, è punito ai sensi del primo comma. Chiunque vende illecitamente altre fatture fuori dei casi di cui al terzo comma, è punito ai sensi del secondo comma. Art. 210. Chiunque sottrae fatture per l’IVA o altre fatture destinate alla detassazione o al rimborso d’imposta per l’esportazione, è punito ai sensi dell’art. 264 di questo codice. Chiunque si appropria in modo fraudolento di fatture per l’IVA o di altre fatture destinate alla detassazione o al rimborso d’imposta per l’esportazione, è punito ai sensi dell’art. 266 di questo codice. Art. 211. Qualora un ente commetta taluno dei reati previsti negli artt. 201, 203, 204, 207, 208 e 209 di questo Capo, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi dei rispettivi articoli.
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Art. 212. Qualora la multa o la confisca dei beni venga inflitta per i reati di cui agli artt.
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201-205, l’autorità fiscale, prima dell’esecuzione della pena, deve ricuperare l’imposta evasa o il rimborso d’imposta per l’esportazione fraudolentemente sottratto. Capo VII Reati contro la proprietà intellettuale Art. 213. Chiunque, senza il permesso del proprietario di un marchio registrato, impiega un marchio identico al marchio registrato per la stessa categoria di prodotto, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Art. 214. Chiunque pone in vendita i prodotti abusando del marchio registrato di cui egli è conoscenza, è punito, se il valore della vendita è apprezzabile, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa; se il valore della vendita è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Art. 215. Chiunque contraffa o produce abusivamente i marchi registrati altrui oppure pone in vendita i marchi registrati contraffatti o abusivamente prodotti, è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Art. 216. Chiunque impiega abusivamente il brevetto altrui, è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa. Art. 217. Chiunque, a scopo di lucro, commette taluno dei fatti indicati nei numeri 1)-4) ai danni del diritto dell’opera d’ingegno: 1) senza il permesso dell’avente diritto all’opera dell’ingegno, riproduce e distribuisce opere letterarie, opere musicali, film, programmi televisivi o video ovvero programmi informatici o altre opere simili; 2) pubblica libri di cui altri hanno il diritto esclusivo di pubblicazione; 3) senza il permesso del produttore di audio o di video, riproduce e distribuisce audio o video da lui prodotti; 4) riproduce e pone in vendita opere artistiche con la firma altrui falsificata; è punito, qualora i profitti illeciti siano ragguardevoli o vi siano altre circostanze gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa; se i profitti sono rilevanti o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Art. 218. Chiunque, a scopo di lucro, intenzionalmente pone in vendita prodotti derivati dai fatti di cui all’art. 217 di questo codice, è punito, qualora i profitti illeciti siano rilevanti, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa. Art. 219. Chiunque cagiona una perdita grave all’avente diritto ai segreti commerciali, commettendo uno dei fatti indicati nei numeri 1)-3):
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1) si procura dall’avente diritto segreti commerciali, mediante sottrazione, induzione, minaccia o altri modi abusivi; 2) rivela i segreti commerciali ottenuti nei modi di cui al numero precedente o ne fa uso o permette che altri ne faccia uso; 3) in violazione dell’accordo tra le parti o della richiesta dell’avente diritto riguardante segreti commerciali, li rivela o ne fa uso o permette che altri ne faccia uso; è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa; se vi è una conseguenza particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni con la multa. Chiunque, essendo o dovendo essere consapevole che i segreti commerciali derivano dai fatti di cui al primo comma, li rivela o ne fa uso o permette che altri ne faccia uso, è punito per violazione di segreti commerciali. Per i segreti commerciali di cui al presente articolo si intendono le informazioni tecniche o commerciali non rese pubbliche che, avendo un valore utile ed essendo protetti dall’avente diritto con misure di sicurezza, possono recargli vantaggi economici. Per l’avente diritto di cui al presente articolo si intendono il proprietario dei segreti commerciali o colui che ne usufruisce con il permesso del proprietario suddetto. Art. 220. Qualora un ente commetta alcuno dei reati previsti dagli artt. 213-219, punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti rispettivamente ai sensi di questi articoli del presente Capo. Capo VIII Reati contro l’ordine del mercato Art. 221. Chiunque, simulando e diffondendo fatti falsi, cagiona danno all’altrui reputazione commerciale o produttiva, qualora vi siano danni gravi ad altri ovvero altre circostanze gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a due anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa. Art. 222. Chi intende pubblicizzare i propri prodotti, l’agente pubblicitario o il distributore di pubblicità che, non osservando le disposizioni statali, commette falsa propaganda su merci o servizi mediante la pubblicità, è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a due anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa. Art. 223. I partecipanti ad una gara d’appalto che, concordando i prezzi sulla medesima gara, ledono interessi del committente o di altri partecipanti all’appalto, sono puniti, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa. Il partecipante a una gara d’appalto e il committente che, concordando nei rapporti reciproci per la medesima gara, ledono interessi leciti dello Stato, del collettivo o dei cittadini, sono puniti ai sensi del primo comma.
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Art. 224. Chiunque, a scopo di appropriazione illecita, froda beni alla controparte commettendo taluno dei fatti indicati dai numeri 1)-5): 1) stipula il contratto a nome di un ente simulato o di un’altra persona a sua insaputa;
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2) utilizza in garanzia titoli di credito contraffatti, alterati o nulli o altri certificati di proprietà falsi; 3) essendo privo della capacità di dare esecuzione al contratto, induce la controparte a stipulare un contratto o induce la medesima a proseguire nel contratto mediante l’esecuzione di un contratto di valore minore o il proseguimento parziale del contratto; 4) fugge dopo aver ricevuto dalla controparte merci, pagamenti, prepagamenti o beni in garanzia; 5) in altri modi froda beni alla controparte; è punito, qualora il valore dei beni sia apprezzabile, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o l’arresto e la multa o con la multa; se il valore dei beni è rilevante o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa; se il valore dei beni è particolarmente rilevante o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa o l’ergastolo e la confisca dei beni. Art. 224-1. Chiunque organizza o dirige l’attività di vendita a multilivello e che, a titolo di promozione delle merci o di fornitura dei servizi, chiede ai partecipanti di acquisire la qualifica di associato tramite il pagamento di una tangente o l’acquisto di merci o di servizi oppure in altri modi, costituendo un gruppo gerarchico, inducendo o costringendo i partecipanti a procacciare nuovi membri, mediante compenso o redistribuzione dei guadagni sulla base del numero dei membri nuovi da essi procacciati, ingannando sui beni e turbando l’ordine economico e sociale, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e la multa. Art. 225. Chiunque, in violazione delle disposizioni statali, turbando l’ordine del mercato, commette taluno dei fatti indicati dai numeri 1)-4): 1) porre in commercio, senza l’autorizzazione dovuta, merci per le quali sia richiesto, per le leggi e per i regolamenti, uno speciale permesso o una speciale abilitazione o licenza da parte dell’autorità; 2) mettere in vendita licenze di importazione o di esportazione, certificati di origine o altre licenze commerciali o documenti di autorizzazione previsti da leggi o regolamenti; 3) gestire illecitamente, senza il permesso dell’autorità competente, affari concernenti titoli, futures o assicurazioni oppure gestire illecitamente affari di pagamento dei capitali; 4) compiere altri commerci illeciti idonei a turbare gravemente l’ordine del mercato; qualora vi siano circostanze gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa pari o superiore al 100% e pari o inferiore al 500% dei profitti illeciti o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa suddetta; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e la multa suddetta o la reclusione pari o superiore a cinque anni e la confisca dei beni. Art. 226. Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringe altri ad acquistare o vendere merci oppure ad offrire o ricevere servizi, qualora vi siano circostanze gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa. Art. 227. Chiunque contraffa biglietti di autocorriera o di treni oppure di navi o altri cou-
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pon di valore, qualora il valore dei coupon coinvolti sia apprezzabile, è punito con la reclusione pari o inferiore a due anni e la multa pari o superiore al 100% e pari o inferiore al 500% del valore dei coupon coinvolti o con l’arresto e la multa suddetta o con il controllo pubblico e la multa suddetta o con la multa suddetta; se il valore nominale dei coupon coinvolti è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a due anni e pari o inferiore a sette anni e la multa suddetta. Chiunque commette bagarinaggio di biglietti autentici di autocorriera o di treni o di navi, se le circostanze sono gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore al 100% e pari o inferiore al 500% del valore dei coupon coinvolti o con l’arresto e la multa suddetta o con il controllo pubblico e la multa suddetta o con la multa suddetta. Art. 228. Chiunque, in violazione delle norme in materia di terreni, illecitamente cede o pone in vendita l’uso di un terreno a scopo di lucro, qualora le circostanze siano gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa pari o superiore al 5% e pari o inferiore al 20% del prezzo dell’uso del terreno illecitamente ceduto o venduto o con l’arresto e la multa suddetta o con la multa; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni con la multa pari o superiore al 5% e pari o inferiore al 20% del prezzo dell’uso del terreno illecitamente ceduto o venduto. Art. 229. L’incaricato di un’organizzazione intermediaria dedita ad affari concernenti la stima, l’autenticazione, la certificazione, la contabilità, la revisione contabile di proprietà o il servizio legale che, intenzionalmente fornisce atti probatori falsi, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa. Il soggetto suddetto che, costringendo taluno a dargli denaro o un’altra cosa o ricevendo da taluno illecitamente denaro o un’altra cosa, commette il reato di cui al primo comma, è punito con la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa. Il soggetto di cui al primo comma che, per grave trascuratezza dei propri doveri, fornisce atti probatori non corrispondenti in misura rilevante alla realtà, cagionando una conseguenza grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa. Art. 230. Chiunque, in violazione delle disposizioni della Legge sull’Ispezione delle Merci Importabili ed Esportabili, evadendo le ispezioni delle merci, abusivamente pone in vendita o utilizza le merci importate e per le quali è dovuta l’ispezione dell’autorità senza sottoporle alla medesima, oppure abusivamente esporta le merci per le quali è dovuta l’ispezione dell’autorità senza il suo benestare, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o l’arresto e la multa o con la multa. Art. 231. Qualora un ente commetta alcuno dei reati previsti negli artt. 221-230, l’ente è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti rispettivamente ai sensi di tali articoli di questo Capo. Titolo IV Reati contro i diritti personali e i diritti democratici dei cittadini
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Art. 232. Chiunque intenzionalmente uccide un altro uomo è punito con la pena di morte o
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con l’ergastolo, o la reclusione pari o superiore a dieci anni; se le circostanze sono lievi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 233. Chiunque per colpa cagiona la morte di altri, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni; se le circostanze sono lievi, la pena è la reclusione pari o inferiore a tre anni. Qualora questo codice disponga altrimenti, si applica la disposizione richiamata. Art. 234. Chiunque con dolo cagiona una lesione alla persona altrui, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico. Chiunque commette il fatto di cui al primo comma, è punito, qualora si verifichi un danno grave al corpo, con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se avviene la morte oppure un danno al corpo dovuto a modalità particolarmente crudeli, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni, o l’ergastolo, o la pena di morte. Qualora questo codice disponga altrimenti, si applica tale disposizione. Art. 235. Chiunque per colpa cagiona ad altri un danno grave al corpo, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Qualora questo codice disponga altrimenti, si applica la disposizione ivi indicata. Art. 236. Chiunque, con violenza, minaccia o in altri simili modi, si congiunge carnalmente con una donna, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Chiunque commette il fatto anzidetto nei confronti di una minore di quattordici anni, è punito a titolo di stupro e la pena è aggravata. Qualora si verifichi taluna delle situazioni indicate nei numeri 1)-5), la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo o la pena di morte: 1) il fatto è commesso in circostanze gravi; 2) il fatto è commesso su più vittime; 3) il fatto è commesso in luogo pubblico; 4) il fatto è commesso da più di una persona a turno; 5) si verifica un danno grave al corpo o la morte della vittima o altre conseguenze gravi. Art. 237. Chiunque, con violenza, minaccia o in altri modi, commette atti di libidine o ingiuria su una donna, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto. Qualora si commetta il fatto di cui al primo comma insieme con altri oppure in luogo pubblico e davanti al pubblico, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni. Chiunque commette atti di libidine su un bambino, è punito ai sensi dei commi precedenti con pena aggravata. Art. 238. Chiunque sequestra illecitamente una persona o in altri modi la priva illecitamente della libertà è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici. Se vi sono state percosse o ingiurie, la pena viene aggravata. Chiunque, commettendo il reato di cui al primo comma, cagiona un danno al corpo, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se è cagionata la morte del sequestrato, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni. Se è cagionata la me-
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nomazione fisica o la morte mediante violenza, il colpevole è punito ai sensi degli artt. 234 e 232 di questo codice. Chiunque, allo scopo di chiedere la restituzione di prestiti, illecitamente trattiene o sequestra una persona, è punito ai sensi dei commi precedenti. L’incaricato di un organo dello Stato che, sfruttando le proprie funzioni, commette taluno dei reati di cui ai commi precedenti, è punito a norma di essi con pena aggravata. Art. 239. Chiunque sequestra altri allo scopo di estorcere beni oppure sequestra altri come ostaggi, è punito con la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa o con la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o con l’ergastolo e la multa o con l’ergastolo e la confisca dei beni; se le circostanze sono lievi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa. Chiunque, commettendo il reato di cui al primo comma, cagiona la morte della persona sequestrata oppure la uccide, è punito con la morte e la confisca dei beni. Chiunque sottrae infanti al fine di estorcere beni, è punito a norma dei commi precedenti. Art. 240. Chiunque commette tratta di donne o bambini, è punito con la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa; la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa o l’ergastolo e la confisca dei beni, se si verifica una delle situazioni indicate dai numeri 1)-8); se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la morte e la confisca dei beni: 1) il colpevole è membro principale di un gruppo criminale dedito alla tratta di donne o bambini; 2) il numero delle donne o dei bambini coinvolti è pari o superiore a tre; 3) è stuprata una donna coinvolta; 4) si induce, con inganno o violenza, una donna coinvolta alla prostituzione, oppure la si pone in vendita ad altri per costringerla alla prostituzione. 5) donne o bambini sono sequestrati, con violenza, minaccia o narcotici, al fine di porli in vendita; 6) vengono sottratti infanti al fine di porli in vendita; 7) sono arrecati un danno grave al corpo, la morte o altre conseguenze gravi alle donne, ai bambini o ai loro parenti; 8) le donne o i bambini sono esportati all’estero. Per tratta di donne o bambini, si intende qualsiasi attività svolta al fine di porre in vendita, di sottrarre, sequestrare, acquistare, vendere, trasportare o trasferire donne o bambini.
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Art. 241. Chiunque acquista donne o bambini, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico. Chiunque acquista una donna e la costringe a congiunzione carnale, è punito ai sensi dell’art. 236 di questo codice. Chiunque, dopo aver acquistato donne o bambini, li priva della libertà personale o la limita illecitamente, oppure cagiona lesioni personali, commette ingiuria o altri reati, è punito a norma delle relative disposizioni di questo codice. Chiunque, dopo aver acquistato donne o bambini, commette i reati di cui al secondo e terzo comma, è punito secondo la disciplina del concorso di reati.
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Chiunque, dopo aver acquistato donne o bambini, li pone in vendita, è punito ai sensi dell’art. 240 di questo codice. Può non essere punito chiunque, dopo aver acquistato donne o bambini, non impedisce alle donne di tornare al proprio luogo di abitazione oppure non maltratta i bambini e non impedisce ad altri di liberarli. Art. 242. Chiunque usa violenza o minaccia nei confronti degli incaricati dell’organo dello Stato per impedire loro di liberare le donne o i bambini comprati, è punito ai sensi dell’art. 277 di questo codice. Il membro principale che comanda altri nell’impedire agli incaricati dell’organo dello Stato di liberare le donne o i bambini anzidetti, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; altri partecipanti che usano violenza o minaccia sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 243. Chiunque, simulando un fatto di reato, sporge denuncia contro taluno al fine di incolparlo, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico; se si verifica una conseguenza grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Qualora l’incaricato di un organo dello Stato commetta il reato di cui al primo comma, la pena è aggravata. Le disposizioni dei commi precedenti non si applicano all’ipotesi in cui si effettua la denuncia non con l’intenzione di maldicenza, bensì per errore o per un fatto che non sussiste. Art. 244. Qualora un ente lavorativo, in violazione delle norme sulla disciplina del lavoro, costringa i dipendenti al lavoro limitandone la libertà personale, il responsabile diretto, è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa. Art. 244-1. Qualora un ente, in violazione delle norme sul lavoro, impieghi un minore di sedici anni per un lavoro manuale eccessivamente pesante oppure per un lavoro in posizione sopraelevata o minerario o per un lavoro in luogo esplosivo, infiammabile, radioattivo, tossico o comunque pericoloso, il responsabile diretto è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Qualora dal fatto di cui al comma precedente derivi un incidente per il quale la legge prevede un reato, si applica la disciplina del concorso di reati. Art. 245. Chiunque perquisisce illecitamente il corpo o il domicilio altrui oppure s’introduce illecitamente nel domicilio altrui, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Il funzionario giudiziario che, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, commette il fatto di cui al primo comma, è punito con pena aggravata. Art. 246. Chiunque, con violenza o in altri modi, ingiuria un altro davanti a terzi oppure simula un fatto notorio contro l’altrui reputazione e lo comunica a più persone, è punito, qualora
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le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici. I fatti di cui al primo comma sono procedibili a querela, salvo i casi di danni gravi all’ordine sociale o agli interessi dello Stato. Art. 247. Il funzionario giudiziario che tortura il sospetto o l’imputato oppure commette violenza sul testimone per ottenere la sua testimonianza, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Se ha cagionato una menomazione fisica o la morte, egli è punito a norma dell’art. 234 o dell’art. 232 di questo codice con pena aggravata. Art. 248. L’incaricato della custodia in carcere, in campi detentivi, campi d’arresto o altri stabilimenti simili che percuote o maltratta fisicamente la persona custodita, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Se dal fatto deriva un danno al corpo o la morte, viene applicato rispettivamente l’art. 234 o l’art. 232 mentre la pena è aggravata. L’incaricato della custodia che, ordina a una persona custodita di percuotere o di maltrattare fisicamente un’altra persona custodita, è punito ai sensi del primo comma. Art. 249. Chiunque istiga all’odio o alla discriminazione fra le etnie è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 250. Qualora vengano pubblicati nella stampa materiali discriminatori o ingiuriosi nei confronti delle minoranze etniche, se le circostanze sono gravi e vi è una conseguenza grave, il diretto responsabile è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni, o l’arresto, o il controllo pubblico. Art. 251. L’incaricato di un organo dello Stato che priva illecitamente i cittadini della libertà religiosa oppure offende i costumi delle minoranze etniche, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a due anni o con l’arresto. Art. 252. Chiunque viola l’altrui libertà di corrispondenza, mediante occultamento, soppressione oppure apertura illecita di lettere, è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a un anno o con l’arresto. Art. 253. L’incaricato dei servizi postali che apre abusivamente lettere o telegrammi oppure li occulta o sopprime, è punito con la reclusione pari o inferiore a due anni o l’arresto. Se al fatto di cui al primo comma si accompagna il furto, il colpevole è punito a norma dell’art. 264 di questo codice con pena aggravata.
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Art. 253-1. L’incaricato degli organi dello Stato oppure degli enti finanziari, di telecomunicazione, di trasporto, di educazione, di medicina ovvero degli altri enti che, in violazione delle disposizioni statali, mette in vendita od offre illecitamente ad altri le informazioni personali dei cittadini ottenute per ragioni del proprio ufficio o dei propri servizi, è punito, qualora le circo-
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stanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa. Chiunque sottrae o procura illecitamente in altri modi le informazioni suddette, è punito, qualora le circostanze siano gravi, ai sensi del comma precedente. Qualora un ente commetta alcuno dei reati di cui ai due commi precedenti, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti a norma dei rispettivi commi. Art. 254. L’incaricato di un organo dello Stato che, abusando per motivi privati dei poteri inerenti alle proprie funzioni, commette vendette contro accusatori, ricorrenti, esprimenti censure o segnalanti, è punito con la reclusione pari o inferiore a due anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a due anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 255. Il dirigente di società, di imprese, di enti dei servizi pubblici, di organi dello Stato o di altre associazioni che opera vendette contro contabili o statistici i quali svolgono per legge le proprie funzioni e ne ricusa le attività in contrasto con la Legge sulla Contabilità o con la Legge sulla Statistica, è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Art. 256. Chiunque, nel periodo in cui si svolgono elezioni dei rappresentanti popolari o dei dirigenti degli organi dello Stato, turba le elezioni o impedisce ai cittadini o ai rappresentanti popolari di esercitare il loro diritto di voto e di elettorato mediante violenza, minaccia, inganno, corruzione, contraffazione dei documenti elettorali, falsa dichiarazione dei voti elettorali o in altri modi, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con la privazione dei diritti politici. Art. 257. Chiunque, con violenza, turba l’altrui esercizio della libertà di matrimonio, è punito con la reclusione pari o inferiore a due anni o con l’arresto. Se dal reato di cui al primo comma deriva la morte della vittima, la pena è la reclusione pari o superiore a due anni e pari o inferiore a sette anni. Il reato di cui al primo comma è procedibile a querela. Art. 258. Chiunque contrae un altro matrimonio, essendo coniugato, oppure intenzionalmente contrae matrimonio con una persona coniugata, è punito con la reclusione pari o inferiore a due anni o l’arresto. Art. 259. Chiunque intenzionalmente coabita o contrae matrimonio con la persona coniugata con un militare in servizio attivo, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o l’arresto. Colui che, sfruttando il proprio ufficio o la propria autorità, si congiunge carnalmente con la moglie di un militare in servizio attivo, è punito a norma dell’art. 236 di questo codice. Art. 260. Chiunque maltratta un membro della famiglia, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a due anni o con l’arresto o con il controllo pubblico.
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Se dal fatto di cui al primo comma deriva un danno grave al corpo o la morte della vittima, la pena è la reclusione pari o superiore a due anni e pari o inferiore a sette anni. Il reato di cui al primo comma è di procedibilità a querela. Art. 261. Chiunque, avendo obblighi di assistenza nei confronti di anziani, minori, malati o altri soggetti incapaci di provvedere a se stessi, rifiuta di assisterli, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o con il controllo pubblico. Art. 262. Chiunque sottrae un minore di quattordici anni alla famiglia o al tutore, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto. Art. 262-1. Chiunque, con violenza o minaccia, organizza la mendicità da parte di handicappati o di persone minori di quattordici anni, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Art. 262-2. Chiunque organizza persone minorenni per furto, truffa, sottrazione violenta, ricatto o altri illeciti contro l’amministrazione della sicurezza sociale, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre e pari o inferiore a sette anni e la multa. Titolo V Reati contro il patrimonio Art. 263. Chiunque, mediante violenza, minaccia o in altri modi, rapina beni pubblici o privati, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa; la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa o l’ergastolo e la confisca dei beni o la morte e la multa o la morte e la confisca dei beni, quando avviene una delle situazioni indicate nei numeri 1)-8): 1) la rapina è commessa a domicilio; 2) la rapina è commessa nei mezzi pubblici di trasporto; 3) la rapina è commessa alle banche o alle altre istituzioni finanziarie; 4) una rapina è commessa più volte oppure i beni rapinati sono di rilevante valore; 5) dal fatto deriva un danno grave al corpo o la morte; 6) la rapina è commessa spacciandosi come personale militare o di polizia; 7) la rapina è commessa portando con sé armi da fuoco; 8) sono rapinati materiali militari o materiali destinati ad eventi gravi, calamità naturali o alla previdenza.
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Art. 264. Chiunque sottrae beni pubblici o privati di valore apprezzabile oppure sottrae più volte beni pubblici o privati, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa; se il valore dei beni coinvolti è rilevante o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a
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tre anni e pari o inferiore a dieci anni con la multa; qualora il valore dei beni coinvolti sia particolarmente rilevante o vi siano altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa o l’ergastolo e la confisca dei beni; la pena è l’ergastolo con la confisca dei beni o la pena di morte con la confisca dei beni quando si verifica una delle situazioni indicate nei numeri 1) e 2): 1) sono sottratti beni di valore particolarmente rilevante per gli enti finanziari; 2) sono sottratti beni culturali preziosi in circostanze gravi. Art. 265. Chiunque, a scopo di profitto, si connette abusivamente all’altrui rete telematica o riproduce il codice di telecomunicazione altrui oppure intenzionalmente procede all’uso delle apparecchiature o degli strumenti che si connettono illecitamente all’altrui rete telematica o che riproducono il codice di telecomunicazione altrui, è punito ai sensi dell’art. 264 di questo codice. Art. 266. Salvo che la legge disponga diversamente, chiunque commette truffa per procurare beni pubblici o privati, è punito, se il valore dei beni coinvolti è apprezzabile, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa; se il valore suddetto è rilevante o vi sono le altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni con la multa; se il valore suddetto è particolarmente rilevante o vi sono le altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa o l’ergastolo e la confisca dei beni. Art. 267. Chiunque sottrae con violenza beni pubblici o privati di valore apprezzabile, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa; se il valore dei beni coinvolti è rilevante o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni con la multa; qualora il valore dei beni coinvolti sia particolarmente rilevante o vi siano altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa o l’ergastolo e la confisca dei beni. Chiunque, portando con sé strumenti di violenza, commette il fatto di cui al primo comma, è punito a norma dell’art. 263 di questo codice. Art. 268. Qualora più persone riunite sottraggano con violenza beni pubblici o privati, se il valore dei beni coinvolti è apprezzabile oppure vi sono altre circostanze gravi, il membro principale o il partecipante attivo è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa; se il valore dei beni coinvolti è rilevante oppure vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa. Art. 269. Chiunque, dopo aver commesso il reato di furto, truffa o sottrazione violenta, usa violenza o minaccia per assicurarsi il possesso di beni illeciti o per resistere alla cattura o per distruggere le prove del reato, è punito ai sensi dell’art. 263 di questo codice. Art. 270. Chiunque si appropria di un bene altrui di cui ha il possesso a titolo di deposito e
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rifiuta di restituirlo, è punito, qualora il valore del bene sia apprezzabile, con la reclusione pari o inferiore a due anni o con l’arresto o con la multa; se il valore del bene è rilevante o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a due anni e pari o inferiore a cinque anni con la multa. Chiunque si appropria di un bene altrui dimenticato o di un bene sepolto e rifiuta di presentarlo, è punito, qualora il valore del bene sia apprezzabile, ai sensi del primo comma. Il reato previsto da questo articolo è procedibile a querela. Art. 271. L’incaricato di una società, di un’impresa o di un altro ente che, sfruttando le proprie funzioni, si appropria di beni del proprio ente, è punito, qualora il valore dei beni coinvolti sia apprezzabile, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o l’arresto; se il valore dei beni coinvolti è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni con la confisca dei beni. Se colui che esercita un’attività pubblica in una società statale, in un’impresa statale o in un altro ente statale o che viene designato dagli enti suddetti ad esercitare un’attività pubblica in una società non statale, in un’impresa non statale o in un altro ente non statale, commette il fatto di cui al primo comma, è punito ai sensi degli artt. 382 e 383 di questo codice. Art. 272. L’incaricato di una società, di un’impresa o di un altro ente che, sfruttando le proprie funzioni, distrae una somma apprezzabile di fondi dal proprio ente per utilizzo personale o per prestarli ad altri senza restituirli entro tre mesi oppure distrae una somma apprezzabile di fondi del proprio ente e la destina ad un’attività commerciale o distrae fondi dal proprio ente e li destina ad un’attività illecita, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; nel caso in cui distrae una somma rilevante dai fondi del proprio ente o distrae una somma apprezzabile dai fondi del proprio ente e rifiuta di restituirli, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Se colui che esercita l’attività pubblica in una società statale, in un’impresa statale o in un altro ente statale o che viene designato dagli enti suddetti ad esercitare un’attività pubblica in una società non statale, in un’impresa non statale o in un altro ente non statale, commette il fatto di cui al primo comma, è punito ai sensi dell’art. 384 di questo codice. Art. 273. Qualora un ente distragga fondi destinati a calamità naturali, eventi gravi, prevenzione di inondazioni, sovvenzioni dei militari, aiuti in favore dei poveri, immigrazioni o previdenza, se le circostanze sono gravi e vi è una perdita grave per gli interessi dello Stato e del popolo, il responsabile diretto è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 274. Chiunque estorce beni pubblici o privati, è punito, qualora il valore dei beni coinvolti sia apprezzabile, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico; se il valore dei beni coinvolti è rilevante o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni.
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Art. 275. Chiunque danneggia con dolo beni pubblici o privati, qualora il valore dei beni coinvolti sia apprezzabile oppure vi siano altre circostanze gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con la multa; se il valore dei beni coinvolti è rilevante o vi
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sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 276. Chiunque, per ragione di vendetta o per altri motivi personali, attenta all’attività produttiva, distruggendo macchine o altre apparecchiature oppure sopprimendo animali produttivi o comportandosi in altri modi, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Titolo VI Reati contro l’ordine dell’amministrazione sociale Capo I Reati contro l’ordine pubblico Art. 277. Chiunque usa violenza o minaccia ad incaricati di un organo dello Stato per impedire loro di compiere atti di ufficio, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la multa. Chiunque usa violenza o minaccia ai rappresentanti popolari dell’Assemblea Popolare Nazionale o delle Assemblee Popolari locali per impedire loro di compiere atti di ufficio, è punito ai sensi del primo comma. Chiunque, durante calamità naturali o situazioni di emergenza, usa violenza o minaccia ad incaricati della Croce Rossa per impedire loro di compiere atti di ufficio, è punito ai sensi del primo comma. Chiunque, non usando violenza o minaccia, impedisce ad incaricati della Pubblica Sicurezza dello Stato o della Pubblica Sicurezza di compiere atti di ufficio, è punito ai sensi del primo comma quando si è verificata una conseguenza grave. Art. 278. Chiunque istiga la massa ad opporsi violentemente all’esecuzione delle leggi o dei regolamenti, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici; quando si verifica una conseguenza grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 279. Chiunque a scopo di profitto commette condotte fraudolente spacciandosi per incaricato di un organo dello Stato di cui non ha la qualifica, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Chiunque a scopo di profitto commette condotte fraudolente spacciandosi per un poliziotto popolare di cui non ha la qualifica, è punito ai sensi del comma precedente, ma la pena è aggravata. Art. 280. Chiunque contraffa, altera, mette in commercio oppure sottrae, sottrae con violenza o distrugge atti, documenti o sigilli di organi dello Stato, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti poli-
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tici; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Chiunque contraffa sigilli di società, imprese, enti dei servizi pubblici o associazioni popolari, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o il controllo pubblico o la privazione dei diritti politici. Chiunque contraffa o altera carte di identità dei cittadini è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici; se le circostanze sono lievi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 281. Chiunque illecitamente produce o mette in commercio uniformi, targhe o altri simboli o strumenti esclusivi delle forze di polizia, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, l’ente è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 282. Chiunque sottrae, raccoglie o acquista segreti dello Stato, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Chiunque tiene atti, documenti o altri materiali riconducibili ai segreti dello Stato di primo e secondo grado e rifiuta di indicare le loro fonti e destinazioni, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico. Art. 283. Chiunque produce o vende intercettatori sonori o fotografici ovvero altre apparecchiature destinate allo spionaggio, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico. Art. 284. Chiunque, utilizzando illecitamente apparecchiature destinate all’intercettazione sonora o fotografica, cagiona una conseguenza grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a due anni o con l’arresto o con il controllo pubblico.
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Art. 285. Chiunque, in violazione delle disposizioni statali, si introduce in un sistema informatico o telematico destinato agli affari di Stato, alla difesa dello Stato oppure alle alte tecnologie, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Chiunque, in violazione delle disposizioni statali, si introduce in un sistema informatico o telematico diverso da quelli di cui al primo comma o si procura con altri mezzi tecnici i dati conservati, trattati o trasmessi dal medesimo sistema ovvero effettua una manipolazione illecita sul medesimo sistema, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Chiunque fornisce programmi o strumenti esclusivamente destinati all’accesso al sistema informatico o telematico ovvero alla manipolazione illecita del medesimo sistema oppure intenzio-
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nalmente fornisce programmi o strumenti a chi compie illeciti accessi al sistema informatico o telematico o manipolazione illecita del medesimo sistema, qualora le circostanze siano gravi, è punito ai sensi del comma precedente. Art. 286. Chiunque, in violazione delle disposizioni statali, compiendo operazioni di cancellazione, modificazione, aggiunzione, impedimento al funzionamento di un sistema informatico o telematico, cagiona il malfunzionamento del sistema suddetto, qualora vi sia una conseguenza grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se vi è una conseguenza particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni. Chiunque, in violazione delle disposizioni statali, compie operazioni di cancellazione, modificazione, aggiunzione ai dati o programmi applicativi che sono conservati, trattati o trasmessi in un sistema informatico o telematico, è punito, qualora vi sia una conseguenza grave, a norma del primo comma. Chiunque, intenzionalmente producendo o diffondendo virus informatici o altri programmi distruttivi, interrompe il funzionamento del sistema informatico o telematico, è punito, qualora vi sia una conseguenza grave, a norma del primo comma. Art. 287. Chiunque, con l’uso del computer, commette reati di frode finanziaria, furto, appropriazione di beni pubblici, distrazione di fondi pubblici, sottrazione di segreti dello Stato o altri reati, è punito a norma dei rispettivi articoli. Art. 288. Chiunque, in violazione delle disposizioni statali, abusivamente installa o utilizza una stazione radio, oppure occupando abusivamente la frequenza della radio, rifiuta di dismetterla dopo l’ordine dell’autorità, qualora il fatto ostacoli lo svolgimento normale della radio e provochi una conseguenza grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, l’ente è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 289. Qualora più persone riunite, compiendo percosse, danneggiamenti e rapine, cagionino la menomazione fisica o la morte altrui, i colpevoli sono puniti a norma degli artt. 234 e 232 di questo codice. Se vengono distrutti o rapinati beni pubblici o privati, oltre che con il risarcimento o la restituzione, il membro principale è punito a norma dell’art. 263 di questo codice. Art. 290. Qualora più persone riunite turbino l’ordine sociale in circostanze gravi, cagionando l’interruzione dell’attività lavorativa, produttiva, commerciale, scolastica o scientifica con una perdita grave, il membro principale è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni; gli altri partecipanti attivi sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici. Qualora più persone riunite si introducano nella sede di un organo dello Stato, cagionando l’interruzione dell’attività funzionale di tale organo con una perdita grave, il membro principale è punito con la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni; gli altri partecipanti attivi sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici.
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Art. 291. Qualora più persone riunite turbino l’ordine in una stazione, in una banchina, in un aeroporto civile, in un centro commerciale, in un parco, in un cinema, in un teatro, in una fiera, in uno stadio o in un altro luogo pubblico oppure blocchino il traffico o turbino l’ordine del traffico, impedendo al pubblico ufficiale incaricato della sicurezza sociale di esercitare i suoi uffici, il membro principale è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o con il controllo pubblico. Art. 291-1. Chiunque colloca cose simulanti sostanze esplosive, tossiche o radioattive o cose simulanti germi patogeni o altre sostanze, oppure simula falsi allarmi esplosivi, bio-chimici, radioattivi o altre false informazioni terroristiche o intenzionalmente diffonde informazioni terroristiche fittizie, turbando gravemente l’ordine sociale, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o con il controllo pubblico; se a causa del fatto si verifica una conseguenza grave, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni. Art. 292. Quando si svolge una rissa, il membro principale o il partecipante attivo sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico; la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni quando si verifica una delle situazioni indicate nei numeri 1)-4): 1) si partecipa più volte a risse; 2) la rissa, coinvolgendo numerose persone e dimostrandosi pericolosa su vasta scala, comporta un grave impatto sociale; 3) la rissa si svolge in luogo pubblico o in un’arteria di grande traffico con la conseguente turbativa grave dell’ordine sociale; 4) si partecipa alla rissa con armi o armi improprie. Chiunque, partecipando ad una rissa, cagiona un danno grave al corpo o la morte, è punito rispettivamente ai sensi degli artt. 234 e 232 di questo codice. Art. 293. È punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o con il controllo pubblico chiunque turba l’ordine sociale, commettendo uno dei fatti indicati nei numeri 1)-4): 1) percuotere altri per il piacere di farlo in circostanze gravi; 2) scacciare, fermare, oltraggiare altri in circostanze gravi; 3) pretendere coattivamente un bene altrui o pubblico oppure danneggiare o impossessarsi di beni pubblici o privati per il piacere di farlo in circostanze gravi; 4) provocare molestie in luogo pubblico con conseguente turbativa grave dell’ordine del luogo pubblico.
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Art. 294. Chiunque organizza, dirige o assiste come partecipante attivo ad un’associazione di natura criminale che, usando la violenza, la minaccia o altri mezzi simili, svolge sistematicamente attività illecite o criminali ai fini di perseguire una posizione localmente dominante, di sopraffare e pregiudicare la massa e di turbare gravemente l’ordine sociale o economico, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; gli altri partecipanti sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o il controllo pubblico o la privazione dei diritti politici. Il membro dell’associazione mafiosa estera che procaccia membri nuovi nel territorio della Repubblica Popolare Cinese è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni.
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Chiunque ha commesso uno dei due reati anzidetti e altri reati, è punito secondo la disciplina del concorso di reati. L’incaricato di un organo dello Stato che dà protezione ad un’associazione di natura criminale oppure consente ad essa di commettere attività illecite o criminali, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con la privazione dei diritti politici; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 295. Chiunque indica ad altri il metodo per commettere un reato, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o con il controllo pubblico; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è l’ergastolo o la morte. Art. 296. Qualora si svolga una riunione o una manifestazione o un contraddittorio pubblico, senza richiedere l’autorizzazione occorrente per legge o non avendola ottenuta oppure non la si svolga secondo le prescrizioni dell’autorità concernenti i tempi di inizio e di fine, il luogo e l’itinerario ed opponendosi all’ingiunzione di scioglimento dell’autorità, il responsabile della riunione o della manifestazione o del contraddittorio pubblico e il responsabile diretto sono puniti, qualora si rechi turbativa grave all’ordine sociale, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici. Art. 297. Chiunque, in violazione delle disposizioni di legge, partecipa a una riunione o a una manifestazione o a un contraddittorio pubblico con armi o coltelli proibiti o con materiali esplosivi, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici. Art. 298. Chiunque, mediante molestia, o disturbo o in altri modi, interrompe una riunione o una manifestazione o un contraddittorio pubblico lecitamente svolte, qualora si verifichi una confusione nell’ordine pubblico, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici. Art. 299. Chiunque, a scopo di vilipendio, pubblicamente brucia, distrugge, scribacchia, deteriora, calpesta la bandiera nazionale o l’emblema nazionale, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici. Art. 300. Chiunque, per ostacolare l’esecuzione delle leggi o dei regolamenti, organizza e utilizza una società segreta o un culto vietato oppure diffonde superstizioni, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a sette anni. Chiunque, al fine di ingannare la gente, organizza e utilizza una società segreta o un culto vietato oppure diffonde superstizioni, qualora dalle circostanze derivi la morte di una persona, è punito ai sensi del primo comma. Chiunque, organizzando e utilizzando una società segreta o un culto vietato oppure diffondendo superstizioni, commette uno stupro o una truffa, è punito ai sensi dell’art. 236 e, rispettivamente, dell’art. 266 di questo codice. Art. 301. Qualora più persone riunite compiano atti osceni, il membro principale o colui
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che ha partecipato più volte, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o con il controllo pubblico. Chiunque istiga un minore a partecipare ad atti osceni compiuti in presenza di più persone riunite è punito a norma del primo comma con pena aggravata. Art. 302. Chiunque sottrae o vilipende un cadavere è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico. Art. 303. Chiunque, a scopo di lucro, riunisce più persone in gioco d’azzardo oppure si procura professionalmente proventi dal gioco d’azzardo, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa. Chiunque gestisce una bisca è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa. Art. 304. L’incaricato dei servizi postali che, con grave inosservanza dei propri doveri, intenzionalmente ritarda la consegna della posta, qualora si verifichi una perdita grave di beni pubblici o di interessi dello Stato e del popolo, è punito con la reclusione pari o inferiore a due anni o con l’arresto. Capo II Reati contro la giustizia Art. 305. Il testimone, il perito, il cancelliere o l’interprete che, nel corso di un procedimento penale, intenzionalmente commette falsa testimonianza, perizia, registrazione o interpretazione riguardo a circostanze importanti del fatto, allo scopo di far incolpare un innocente o di occultare le tracce di un reato, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 306. Il difensore o il patrocinatore che, nel corso di un procedimento penale, distrugge o falsifica le prove oppure aiuta le parti in giudizio a distruggere o a falsificare le prove oppure costringe o induce il testimone a rendere una testimonianza mendace, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Non v’è falsificazione delle prove se il difensore o il patrocinatore non ha intenzionalmente falsificato la testimonianza mendace o le altre prove mendaci che ha offerto, presentato o citato.
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Art. 307. Chiunque, usando violenza, minaccia o corruzione, impedisce al testimone di rendere la testimonianza oppure lo induce a rendere una testimonianza mendace, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Chiunque aiuta le parti in giudizio a distruggere le prove o le falsifica, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Qualora il funzionario giudiziario commetta i reati previsti nei commi primo e secondo, la pena è aggravata.
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Art. 308. Chiunque compie vendetta contro un testimone, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 309. Chiunque, con la partecipazione di più persone, reca molestia o disturbo in un tribunale oppure percuote il funzionario giudiziario, qualora si verifichi una grave turbativa all’ordine del tribunale, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la multa. Art. 310. Chiunque intenzionalmente offre al colpevole di un reato ospitalità o beni per aiutarlo a sottrarsi alle ricerche dell’autorità oppure rende una falsa attestazione a favore del colpevole, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Chiunque commette il fatto di cui al primo comma, avendo precedenti rapporti con il colpevole, è punito secondo la disciplina del concorso nel reato. Art. 311. Chiunque, essendo consapevole del reato di spionaggio altrui, rifiuta di dare collaborazione alla Pubblica Sicurezza dello Stato che gli richiede informazioni o prove al riguardo, qualora le circostanze siano gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico. Art. 312. Chiunque intenzionalmente ricetta, trasferisce, acquista o mette in vendita i prodotti di un reato e i loro frutti ovvero li maschera od occulta in altri modi, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 313. Chiunque, essendo in grado di dare attuazione a sentenze od ordinanze del Tribunale Popolare, la rifiuta, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con la multa. Art. 314. Chiunque occulta, trasferisce, mette in vendita o sopprime i beni sottoposti a pignoramento o sequestro o congelamento da parte dell’autorità giudiziaria, qualora le circostanze siano gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con la multa. Art. 315. Qualora le circostanze siano gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni il detenuto che commette uno dei fatti indicati nei numeri 1)-4),: 1) percuote l’incaricato della custodia; 2) organizza l’attività di altri detenuti contro l’ordine penitenziario; 3) ostacola l’ordine penitenziario con la partecipazione di più persone; 4) percuote o maltratta fisicamente un altro detenuto oppure istigano altri a percuotere o maltrattare fisicamente un altro detenuto. Art. 316. Chiunque, essendo legalmente detenuto quale condannato, imputato o sospetto, evade è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto.
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Chiunque tenta di far evadere in maniera violenta condannati, imputati o sospetti nel corso del loro trasferimento, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a sette anni. Art. 317. Nel caso di evasione dallo stabilimento penale, il membro principale che la organizza o il partecipante attivo è punito con la reclusione pari o superiore a cinque anni; gli altri partecipanti sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto. Nel caso di evasione violenta dallo stabilimento penale o si cerchi di far evadere in maniera violenta i detenuti dallo stabilimento penale con più persone riunite, il membro principale o il partecipante attivo sono puniti con la reclusione pari o superiore a dieci anni o con l’ergastolo; se le circostanze sono particolarmente gravi, sono puniti con la pena di morte; gli altri partecipanti sono puniti con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Capo III Reati contro la regolamentazione di frontiera (o di confine) (**) Art. 318. Chiunque organizza l’attività di altri diretta a oltrepassare illecitamente la frontiera (o il confine) dall’una o dall’altra parte, è punito con la reclusione pari o superiore a due anni e pari o inferiore a sette anni e la multa; la pena è la reclusione pari o superiore a sette anni e la multa o la reclusione pari o superiore a sette anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa o l’ergastolo e la confisca dei beni quando si verifica una delle situazioni indicate dai numeri 1)-7): 1) agisce come membro principale del gruppo criminale dedito al passaggio illegale di frontiera (o di confine); 2) si organizza più volte il passaggio illegale di frontiera (o di confine) oppure organizza il passaggio illegale di frontiera (o di confine) da parte di numerose persone; 3) cagiona un danno grave al corpo o la morte; 4) priva o limita la libertà personale; 5) resiste all’ispezione con violenza o minaccia; 6) il profitto illecito è rilevante; 7) vi sono altre circostanze gravi. È punito secondo la disciplina del concorso di reati chiunque, compiendo il fatto di cui al primo comma, commette un’uccisione dolosa o lesione personale o stupro o tratta di donne o bambini o altri reati nei confronti degli organizzati oppure commette un’uccisione dolosa, lesione personale o altri reati nei confronti del personale della perquisizione. Art. 319. Chiunque, simulando esportazione di servizi lavorativi o affari commerciali ed economici o altre cause, ottiene fraudolentemente passaporti, visti o altri documenti per l’espatrio funzionali all’altrui passaggio illegale di frontiera (o di confine), è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa.
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(**) Sul significato di questa alternativa, v. la spiegazione che ne dà Wu al n. 5 dell’articolo qui pubblicato a p. 17 ss.
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Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 320. Chiunque fornisce ad altri passaporti, visti o altri documenti di frontiera contraffatti o alterati oppure pone in vendita passaporti, visti o altri documenti di frontiera, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e la multa. Art. 321. Chiunque trasporta taluno che compie un passaggio illegale di frontiera (o di confine), è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa; la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa quando si verifica uno dei fatti indicati nei numeri 1)-4): 1) si compiono più volte trasporti o si trasportano numerose persone; 2) si impiegano navi, automobili o altri mezzi di trasporto privi delle necessarie condizioni di sicurezza in modo che si crea il pericolo di conseguenze gravi; 3) i profitti illeciti sono rilevanti; 4) vi sono altre circostanze particolarmente gravi. Chiunque, compiendo il trasporto di chi compie il passaggio illegale di frontiera (o di confine), cagiona un danno grave al corpo o la morte oppure resiste alla perquisizione con violenza o minaccia, è punito con la reclusione pari o superiore sette anni e la multa. Chiunque, compiendo il fatto di cui al primo comma, commette un’uccisione dolosa o lesione personale o stupro o tratta di donne o bambini o altri reati nei confronti dei clandestini oppure commette un’uccisione dolosa, lesione personale o altri reati nei confronti del personale della perquisizione, è punito secondo la disciplina del concorso di reati. Art. 322. Chiunque, in violazione delle norme in materia di frontiera (o di confine), oltrepassa clandestinamente la frontiera (o il confine), qualora le circostanze siano gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a un anno e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa. Art. 323. Chiunque danneggia con dolo un cippo o un pilastro di frontiera o un segnale permanente di misurazione, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Capo IV Reati contro la regolamentazione dei beni culturali Art. 324. Chiunque danneggia con dolo beni culturali preziosi tutelati dallo Stato oppure beni culturali denominati unità culturale tutelata dallo Stato o unità culturale tutelata dalla Provincia, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa. Chiunque danneggia con dolo bellezze naturali famose o luoghi di valenza storica, qualora le circostanze siano gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa. Chiunque danneggia per colpa i beni culturali preziosi tutelati dallo Stato oppure i beni cul-
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turali denominati come unità culturale tutelata dallo Stato o unità culturale tutelata dalla Provincia, qualora si verifichi una conseguenza grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Art. 325. Chiunque, in violazione delle norme a tutela dei beni culturali, arbitrariamente vende o regala agli stranieri beni culturali preziosi da lui collezionati e dei quali lo Stato vieta l’esportazione, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto e gli si può infliggere congiuntamente anche la multa. Qualora un ente commetta il reato di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 326. Chiunque, a scopo di lucro, pone in vendita beni culturali dei quali lo Stato vieta il commercio, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque e pari o inferiore a dieci anni e la multa. Qualora un ente commetta il reato di cui al primo comma, l’ente è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 327. Qualora un museo statale o una biblioteca statale o un altro ente statale, in violazione delle norme a tutela dei beni culturali, arbitrariamente pone in vendita o regala ad un ente non statale o ad una persona beni culturali tutelati dallo Stato, l’ente è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Art. 328. Chiunque trae illecitamente dal terreno residui delle culture antiche o delle camere funerarie antiche dotate di valori storici o artistici o scientifici, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono lievi, la pena è la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o l’arresto e la multa o il controllo pubblico e la multa; la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa o l’ergastolo e la confisca dei beni o la morte e la multa o la morte e la confisca dei beni, quando si verifica una delle situazioni indicate nei numeri 1)-4): 1) si scavano residui delle culture antiche o delle camere funerarie qualificate come unità culturali tutelate dallo Stato o come unità culturali tutelate dalla Provincia; 2) agisce come membro principale del gruppo criminale dedito all’escavazione illecita di residui delle culture antiche o di camere funerarie antiche; 3) è commessa più volte l’escavazione illecita di residui delle culture antiche o di camere funerarie antiche; 4) nel commettere l’escavazione illecita di residui delle culture antiche o di camere funerarie antiche, sono sottratti beni culturali preziosi od è cagionato un danneggiamento grave a beni culturali preziosi. Chiunque commette l’escavazione illecita di fossili umani o di fossili di vertebrati tutelati dallo Stato e dotati di valore scientifico, è punito ai sensi del primo comma.
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Art. 329. Chiunque sottrae con violenza o sottrae archivi di proprietà dello Stato, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto.
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Chiunque, in violazione della Legge sugli Archivi, arbitrariamente pone in vendita o cede archivi di proprietà dello Stato, qualora le circostanze siano gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Chiunque, commettendo uno dei reati di cui ai commi precedenti, realizza altri reati previsti da questo codice, è punito ai sensi della disposizione più severa. Capo V Reati contro la sanità pubblica Art. 330. Chiunque, violando le disposizioni della Legge sulla Prevenzione e Cura delle Malattie Infettive, commette uno dei fatti di cui ai numeri 1)-4): 1) fornitura delle acque destinate all’alimentazione non conforme ai requisiti sanitari previsti dallo Stato; 2) rifiuto di procedere, conformemente ai requisiti sanitari proposti dall’autorità sanitaria, al trattamento sanitario di acque, sostanze ed escrementi inquinati da germi patogeni di malattie infettive; 3) permettere a malati infettivi, portatori di germi patogeni o malati infettivi sospetti di occuparsi di un lavoro idoneo alla diffusione di malattie infettive, cosa vietata dall’autorità sanitaria del Consiglio di Stato o aiutarli in ciò; 4) rifiutare l’esecuzione dei provvedimenti preventivi e di controllo adottati dall’autorità sanitaria; qualora dal fatto derivi la diffusione delle malattie di primo grado o il pericolo grave della diffusione, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se la conseguenza è particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Le malattie infettive vengono individuate dalla Legge sulla Prevenzione e Cura delle Malattie Infettive e dalle disposizioni al riguardo del Consiglio di Stato. Art. 331. L’incaricato dell’esperimento, conservazione, detenzione e trasporto di germi patogeni che, violando le disposizioni al riguardo del Dipartimento Sanitario del Consiglio di Stato, cagiona la diffusione di germi patogeni, qualora la conseguenza sia grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se la conseguenza è particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 332. Chiunque, violando le disposizioni relative alla quarantena di frontiera, cagiona la diffusione di malattie infettive riconducibili alla quarantena o il pericolo grave della diffusione, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 333. Chiunque organizza l’attività di vendita del sangue di altre persone, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa; se con violenza o minaccia costringe altri a vendere il proprio sangue, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa.
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Chiunque commettendo i fatti di cui al primo comma, cagiona una lesione personale, è punito a norma dell’art. 234 di questo codice. Art. 334. Chiunque, in violazione degli standard previsti dallo Stato, raccogliendo o fornendo sangue oppure producendo o fornendo prodotti ematici, pone in pericolo la salute umana, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa; se egli cagiona danni gravi alla salute umana, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni; quando si verifica una conseguenza particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa o l’ergastolo e la confisca dei beni. Quando un ente autorizzato dallo Stato alla raccolta o alla fornitura di sangue oppure alla produzione o fornitura di prodotti ematici, violando le disposizioni relative, omette di eseguire gli esami oppure, violando altre disposizioni operative, cagiona un danno alla salute umana, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o l’arresto. Art. 335. L’incaricato dei servizi medici che, per grave trascuratezza dei propri doveri, cagiona la morte di un paziente o un danno grave alla sua salute, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Art. 336. Chiunque, senza la qualifica professionale di medico, svolge illegalmente l’attività di cura, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa; quando si verifica un danno grave alla salute di un paziente, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa; quando si verifica la morte di un paziente, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa. Chiunque, senza la qualifica professionale di medico, svolge arbitrariamente un’operazione di ripristino delle funzioni riproduttive o una falsa operazione di sterilità o un’operazione di aborto o un’operazione di estrazione della spirale intrauterina, qualora le circostanze siano gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa; quando si verifica un danno grave alla salute di una paziente, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa; quando si verifica la morte di una paziente, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa. Art. 337. Chiunque, in violazione delle disposizioni statali concernenti la prevenzione delle epidemie di animali o di piante oppure la quarantena di animali o di piante, procura un’epidemia grave di animali o di piante oppure espone al pericolo di tale epidemia, qualora le circostanze siano gravi, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti a norma del primo comma. Capo VI Reati contro la tutela dell’ambiente e delle risorse naturali
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Art. 338. Chiunque, in violazione delle disposizioni statali, emettendo, versando o trattan-
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do rifiuti radioattivi o rifiuti contenenti germi patogeni di malattie infettive o sostanze tossiche o altri rifiuti pericolosi nel terreno, nell’acqua o nell’aria, cagiona un inquinamento ambientale grave, qualora si verifichi una perdita grave ai beni pubblici o privati o una lesione o la morte di persone, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Art. 339. Chiunque, in violazione delle disposizioni statali, versa o pone in deposito o tratta rifiuti importati all’interno del territorio dello Stato, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa; quando si verifica un inquinamento ambientale grave che importa una perdita grave ai beni pubblici o privati o un danno grave alla salute umana, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa; se vi è una conseguenza particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa. Chiunque, senza l’autorizzazione del dipartimento competente del Consiglio di Stato, abusivamente importa quali materie prime rifiuti solidi, se avviene un inquinamento ambientale grave che importa una perdita grave ai beni pubblici o privati o un danno grave alla salute umana, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa; se vi è una conseguenza particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa. Chiunque, a titolo di utilizzazione delle materie prime, importa rifiuti solidi, liquidi o aeriformi non idonei ad essere utilizzati quali materie prime, è punito ai sensi dell’art. 155 commi 2o e 3o di questo codice. Art. 340. Chiunque, in violazione delle norme a tutela delle risorse ittiche, effettua la pesca in una zona interdetta o durante un periodo vietato o con l’ausilio di mezzi o in modi proibiti, è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la multa. Art. 341. Chiunque illecitamente cattura o uccide animali selvatici preziosi o in via di estinzione fortemente tutelati dallo Stato oppure illecitamente acquista o trasporta o vende animali selvatici rari o in via di estinzione fortemente tutelati dallo Stato o prodotti derivati dagli stessi, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa. Chiunque, in violazione delle norme concernenti la caccia, l’effettua in una zona interdetta o durante un periodo vietato o con l’ausilio di mezzi o in modi proibiti, se le circostanze sono gravi e vi è un danno alle risorse di animali selvatici, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la multa Art. 342. Chiunque possiede un terreno coltivato o boschi e, in violazione delle norme in materia di terreno, li utilizza in modo diverso, qualora la quantità del terreno coltivato o di boschi sia apprezzabile e vi sia la distruzione rilevante del terreno coltivato o dei boschi, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa.
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Art. 343. Chiunque, in violazione delle disposizioni della Legge sulle Risorse Minerali, senza la licenza di estrazione del minerale, estrae arbitrariamente materiali oppure estrae arbitrariamente materiali in una zona programmata dallo Stato o in una zona strategica per l’economia pubblica o in una zona altrui oppure estrae abusivamente materiali minerari per i quali lo Stato ha previsto un’estrazione speciale e non cessa il prelievo dopo l’ordine di fermo lavori, cagiona una distruzione delle risorse minerarie, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa; quando si verifica una distruzione grave delle risorse minerarie, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Chiunque, in violazione delle disposizioni della Legge sulle Risorse Minerali, estraendo materiali minerari in modi distruttivi, cagiona una distruzione grave delle risorse minerarie, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa. Art. 344. Chiunque, in violazione delle disposizioni statali, taglia illecitamente o distrugge alberi pregiati o altre piante fortemente tutelate dallo Stato oppure illecitamente acquista, trasporta, tratta o vende alberi pregiati ovvero altre piante fortemente tutelate dallo Stato o i prodotti derivati dagli stessi, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre e pari o inferiore a sette anni e la multa. Art. 345. Chiunque taglia clandestinamente alberi di una foresta o di un bosco, qualora la quantità di alberi sia apprezzabile, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa; se la quantità è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa; se la quantità è particolarmente rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a sette anni e la multa. Chiunque, in violazione delle disposizioni della Legge sulle Foreste, taglia alberi di una foresta o di un bosco avendo l’autorizzazione ma superando la quantità consentita, qualora la quantità di alberi sia apprezzabile, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa; se la quantità è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Chiunque intenzionalmente acquista o trasporta alberi derivati dai fatti di cui ai commi precedenti, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Chiunque, in aree naturali statali protette, taglia alberi di una foresta o di un bosco o taglia alberi di una foresta o di un bosco avendo l’autorizzazione ma superando la quantità consentita, è punito con la pena aggravata. Art. 346. Qualora un ente commetta taluno dei reati previsti negli artt. 338-345 di questo Capo, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi dei rispettivi articoli.
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Capo VII Reati di contrabbando, vendita, trasporto o produzione di stupefacenti Art. 347. Chiunque contrabbanda, pone in vendita, trasporta o produce stupefacenti, deve, a prescindere dalla quantità, rispondere comunque penalmente e subire sanzioni penali. È punito con la reclusione di quindici anni e la confisca dei beni o con l’ergastolo e la confisca dei beni o con la pena di morte e la confisca dei beni chiunque contrabbanda, pone in vendita, trasporta o produce stupefacenti, quando si verifica una delle situazioni indicate nei numeri 1)-5): 1) contrabbanda, pone in vendita, trasporta o produce oppio in quantità pari o superiore a mille grammi oppure eroina o metanfetamina in quantità pari o superiore a cinquanta grammi o altri stupefacenti in quantità rilevante; 2) si comporta come membro principale del gruppo criminale dedito all’attività di contrabbando, vendita, trasporto o produzione degli stupefacenti; 3) essendo armato, contrabbanda, pone in vendita, trasporta o produce stupefacenti; 4) resiste, con violenza, alla perquisizione, all’arresto o alla cattura in circostanze gravi; 5) partecipa allo spaccio internazionale organizzato di stupefacenti. Chiunque contrabbanda, pone in vendita, trasporta o produce oppio in quantità pari o superiore a duecento e inferiore a mille grammi oppure eroina o metanfetamina in quantità pari o superiore a dieci grammi e inferiore a cinquanta grammi o altri stupefacenti in quantità apprezzabile, è punito con la reclusione pari o superiore a sette anni e la multa. Chiunque contrabbanda, pone in vendita, trasporta o produce meno di duecento grammi di oppio oppure meno di dieci grammi di eroina o metanfetamina o altri stupefacenti in poca quantità, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni con la multa. Qualora un ente commetta alcuno dei reati di cui ai commi 2o, 3o e 4o, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti a norma dei rispettivi commi. Quando si contrabbandano, si pongono in vendita, si trasportano o si producono stupefacenti per mezzo di un minore oppure si istiga un minore a compiere i fatti suddetti o si vendono ai minori stupefacenti, la pena è aggravata. Chiunque prima di essere perseguito ha commesso più volte i reati previsti in questo articolo, è punito con riferimento alla quantità degli stupefacenti accumulata. Art. 348. Chiunque, detiene illecitamente oppio pari o superiore a mille grammi, oppure eroina o metanfetamina pari o superiore a cinquanta grammi, o altri stupefacenti con quantità rilevante, è punito con la reclusione pari o superiore a sette anni e la multa, o l’ergastolo e la multa; chiunque detiene illecitamente oppio pari o superiore a duecento grammi e inferiore a mille grammi, oppure eroina o metanfetamina pari o superiore a dieci grammi e inferiore a cinquanta grammi, o altri stupefacenti con quantità apprezzabile, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa, o l’arresto e la multa, o il controllo pubblico e la multa, tuttavia, se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni con la multa. Art. 349. Chiunque accorda protezione all’autore di contrabbando, tratta, trasporto o pro-
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duzione di stupefacenti oppure occulta, trasferisce o maschera stupefacenti o profitti derivati da reati concernenti gli stupefacenti, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. L’incaricato anti-droga o un altro incaricato di un organo dello Stato che copre l’autore di contrabbando, tratta, trasporto o produzione di stupefacenti oppure accorda protezione all’autore suddetto, è punito a norma del primo comma con pena aggravata. Chiunque, tenendo precedenti rapporti con il colpevole, commette il fatto di cui al primo comma, è punito a norma del concorso nel reato con riferimento al reato di contrabbando, tratta, trasporto o produzione di stupefacenti. Art. 350. Chiunque, in violazione delle disposizioni statali, illecitamente trasporta o porta con sé anidride acetica o etere dietilico o cloroformio o altre sostanze per la produzione di stupefacenti all’interno del territorio o esporta le sostanze suddette oppure, in violazione delle disposizioni statali, illecitamente vende o acquista tali sostanze, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa; se la quantità delle sostanze è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa. Chiunque intenzionalmente offre le sostanze suddette a chi produce stupefacenti, è punito a titolo di complice nella produzione di stupefacenti. Qualora un ente commetta taluno dei reati di cui ai commi precedenti, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti in virtù dei rispettivi commi. Art. 351. Qualora si coltivi illecitamente papavero da oppio o canapa o piante destinate a ricavare stupefacenti, le piante devono essere eliminate. Il colpevole è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa quando si verifica una delle situazioni indicate nei numeri 1)-3): 1) si coltivano più di 500 e meno di 3000 papaveri da oppio oppure si coltivano in quantità apprezzabile altre piante destinate a ricavarne stupefacenti; 2) dopo l’intervento della Pubblica Sicurezza sono nuovamente coltivate piante destinate a ricavarne stupefacenti; 3) si rifiuta di eliminare le piante destinate a ricavare stupefacenti. Chiunque coltiva più di 3000 papaveri da oppio oppure coltiva altre piante destinate a ricavarne stupefacenti in quantità rilevante, è punito con la reclusione pari o superiore a cinque anni e la multa o con la reclusione pari o superiore a cinque anni e la confisca dei beni. La pena può essere esclusa per colui che coltivando papaveri da oppio o altre piante destinate a ricavarne stupefacenti le elimina volontariamente prima del raccolto. Art. 352. Chiunque illecitamente vende, acquista, trasporta, porta con sé o detiene semi o piantine produttive di papavero da oppio o di altre piante destinate a ricavarne stupefacenti, è punito, qualora la quantità degli oggetti suddetti sia apprezzabile, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa.
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Art. 353. Chiunque induce o istiga altri anche con l’inganno al consumo di stupefacenti, è
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punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Chiunque costringe altri al consumo di stupefacenti, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa. Qualora si induca o si istighi anche con l’inganno o si costringa un minore al consumo di stupefacenti, la pena è aggravata. Art. 354. Chiunque dà ospitalità a chi consuma stupefacenti, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa. Art. 355. L’incaricato della produzione, del trasporto, della conservazione o dell’utilizzo di farmaci narcotici o psichiatrici controllati dallo Stato che, in violazione delle disposizioni statali, fornisce a consumatori di stupefacenti farmaci narcotici o psichiatrici idonei a creare la dipendenza, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Se sono fornite le sostanze suddette a chi contrabbanda o vende stupefacenti oppure le si fornisce, a scopo di lucro, a consumatori di stupefacenti, il colpevole è punito a norma dell’art. 347 di questo codice. Qualora un ente commetta il fatto di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 356. Se colui che è stato condannato per aver commesso contrabbando, vendita, trasporto, produzione o illecita detenzione di stupefacenti, reitera alcuno dei reati previsti in questo Capo, la pena è aggravata. Art. 357. Per stupefacenti si intendono in questo codice oppio, eroina, metanfetamina, morfina, mariuana o cocaina o altri farmaci narcotici o psichiatrici controllati dallo Stato e idonei a creare dipendenza. La quantità di stupefacenti viene stabilita con riferimento alla quantità complessiva coinvolta nel contrabbando, nella vendita, nel trasporto, nella produzione o nell’illecita detenzione di stupefacenti invece della quantità pura. Capo VIII Reati di organizzazione, costrizione, induzione, ospitalità o intermediazione della prostituzione Art. 358. Chiunque organizza o costringe alcune persone a prostituirsi, è punito con la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa; la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa o l’ergastolo e la confisca dei beni quando si verifica una delle situazioni indicate nei numeri 1)-5): 1) si organizzano persone a prostituirsi in circostanze gravi; 2) si costringe una minore di anni quattordici a prostituirsi; 3) si costringono più persone a prostituirsi o le si obbligano a prostituirsi più volte; 4) si stupra una donna e poi la si costringe a prostituirsi;
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5) si cagiona alla persona costretta a prostituirsi un danno grave al corpo, la morte o altre conseguenze gravi. Quando si verifica una delle situazioni di cui ai numeri 1)-5) e le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è l’ergastolo e la confisca dei beni o la morte e la confisca dei beni. Chiunque favorisce l’organizzazione della prostituzione, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa. Art. 359. Chiunque induce altri a prostituirsi, dà ospitalità all’altrui prostituzione o svolge intermediazione fra le parti avente ad oggetto la prostituzione, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa, o con il controllo pubblico e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e la multa. Chiunque induce una minore di quattordici anni a prostituirsi, è punito con la reclusione pari o superiore a cinque anni e la multa. Art. 360. Chiunque, essendo consapevole di avere la sifilide, la gonorrea o altre gravi patologie sessualmente trasmissibili, si esibisce nella prostituzione oppure commette sfruttamento della prostituzione, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa. Chiunque commette sfruttamento della prostituzione nei confronti di una minore di quattordici anni, è punito con la reclusione pari o superiore a cinque anni e la multa. Art. 361. Colui che, occupandosi del settore alberghiero, di ristorazione, di divertimento o di taxi oppure di un altro settore simile ed essendo favorito dalle condizioni del proprio ente lavorativo, organizza altre persone a prostituirsi oppure costringe o induce altre persone a prostituirsi o dà ospitalità all’altrui prostituzione o svolge intermediazione fra le parti avente ad oggetto la prostituzione, è punito a norma degli artt. 358 e 359 di questo codice. Il responsabile principale di taluno degli enti suddetti che commette il fatto di cui al primo comma, è punito con pena aggravata. Art. 362. Colui che, occupandosi del settore alberghiero, di ristorazione, di divertimento o di taxi oppure di un altro settore simile, quando la Pubblica Sicurezza svolge l’attività di repressione della prostituzione, informa chi svolge attività le relative illecite, qualora le circostanze siano gravi, è punito a norma dell’art. 310 di questo codice. Capo IX Reati di produzione, spaccio o diffusione di oggetti osceni
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Art. 363. Chiunque, a scopo di lucro, produce, riproduce, pubblica, spaccia o diffonde oggetti osceni, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni e la multa o la reclusione pari o superiore a dieci anni e la confisca dei beni o l’ergastolo e la multa o l’ergastolo e la confisca dei beni. Chiunque fornisce ad altri un codice di autorizzazione con cui altri pubblicano scritture
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oscene, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa; chiunque intenzionalmente fornisce ad altri un codice di autorizzazione per consentire loro di pubblicare scritture oscene, è punito ai sensi del primo comma. Art. 364. Chiunque diffonde scritture, film, video, immagini o altri oggetti osceni, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a due anni o con l’arresto o con il controllo pubblico. Chiunque organizza pubblici spettacoli di film, video o altri simili oggetti osceni, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa. Chiunque produce o riproduce film, video o altri simili oggetti osceni e poi dà spettacoli con questi oggetti, è punito ai sensi del secondo comma con la pena aggravata. Chiunque diffonde oggetti osceni tra i minori di diciotto anni, è punito con pena aggravata. Art. 365. Chiunque organizza pubblici spettacoli osceni, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni e la multa. Art. 366. Qualora un ente commetta taluno dei reati previsti negli artt. 363, 364 e 365 di questo Capo, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti a norma dei rispettivi articoli. Art. 367. Per oggetti osceni, si intendono in questo codice libri, riviste, film, videocassette, cassette, immagini di carattere erotico o altri oggetti simili che descrivono concretamente congiunzioni carnali o propagandano esplicitamente la pornografia. Non sono oggetti osceni le opere scientifiche concernenti le informazioni fisiologiche o mediche. Non sono oggetti osceni le opere di letteratura o d’arte aventi valore artistico che hanno contenuti erotici. Titolo VII Reati contro gli interessi della difesa dello stato Art. 368. Chiunque, in maniera violenta o fraudolenta, impedisce al personale militare di esercitare legittimamente le proprie funzioni, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la multa. Chiunque con dolo impedisce alle forze armate di svolgere le operazioni militari cagionando gravi conseguenze, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto. Art. 369. Chiunque distrugge armamenti, opere o mezzi di comunicazione militari, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico; qualora si tratti di armamenti, opere o mezzi di comunicazione militari importanti, la pena è la reclusione
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pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo o la morte. Se il reato è commesso in tempo di guerra, la pena è aggravata. Chiunque commette per colpa il reato di cui al primo comma, è punito, qualora vi sia una conseguenza grave, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se vi è una conseguenza particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Chiunque commette uno dei reati di cui ai commi precedenti in tempo di guerra, è punito con pena aggravata. Art. 370. Chiunque, con piena consapevolezza, fornisce alle forze armate armamenti od opere militari privi della qualità dovuta, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo o la morte. Se il fatto di cui al comma precedente è dovuto a colpa e comporta conseguenze gravi, la pena è la reclusione pari o inferiore a tre anni o l’arresto; se il fatto comporta conseguenze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Qualora un ente commetta il reato di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 371. Qualora più persone riunite si introducano in una zona militare proibita, turbando gravemente l’ordine della zona suddetta, il membro principale è punito con la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni; il partecipante attivo è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici. Qualora più persone riunite turbino l’ordine della zona militare controllata in circostanze gravi, in modo tale da paralizzare nella zona suddetta l’attività d’ufficio e da provocare un grave pregiudizio, il membro principale è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni; il partecipante attivo è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici. Art. 372. Chiunque, al fine di procurare vantaggio, commette condotte fraudolente in nome di un militare di cui lui non ha la qualifica, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 373. Chiunque istiga militari a fuggire dalle forze armate o impiega militari fuggitivi avendone piena consapevolezza, è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico.
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Art. 374. Chiunque, sfruttando le proprie funzioni per motivi privati durante il reclutamento per il servizio militare, dichiara abili coscritti non abili o trasporta gli stessi, è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni.
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Art. 375. Chiunque contraffa, altera o mette in commercio ovvero sottrae o sottrae con violenza atti, documenti o sigilli delle forze armate, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico o con la privazione dei diritti politici; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Chiunque illecitamente produce o mette in commercio uniformi delle forze armate, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa. Chiunque contraffa, sottrae, acquista, vende ovvero illecitamente fornisce o utilizza targhe o altri simboli esclusivi delle forze armate, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con il controllo pubblico e la multa o con la multa; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Qualora un ente commetta taluno dei reati di cui ai commi 2o e 3o, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi dei rispettivi commi. Art. 376. Il militare di complemento che, in tempo di guerra, si oppone al reclutamento o all’addestramento militare oppure se ne sottrae, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Il cittadino che, in tempo di guerra, si oppone al servizio militare oppure se ne sottrae, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a due anni o con l’arresto. Art. 377. Chiunque, in tempo di guerra, intenzionalmente fornisce alle forze armate informazioni false sul nemico, è punito, se ciò comporta conseguenze gravi, con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se le conseguenze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo. Art. 378. Chiunque, in tempo di guerra, diffonde o comunica notizie simulate, menomando la resistenza delle forze armate di fronte al nemico, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto o con il controllo pubblico; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 379. Chiunque, in tempo di guerra, dà intenzionalmente ospitalità o beni a un disertore, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Art. 380. Qualora un ente, in tempo di guerra, rifiuti o ritardi l’esecuzione di un contratto militare in circostanze gravi, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se vi è una conseguenza grave, il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o superiore a cinque anni. Art. 381. Chiunque, in tempo di guerra, rifiuta l’espropriazione militare, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto.
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Titolo VIII Reati di corruzione Art. 382. Commette appropriazione illecita di beni pubblici il pubblico ufficiale che, sfruttando le proprie funzioni, si impossessa illecitamente dei beni pubblici mediante appropriazione, sottrazione, fraudolenza o altri comportamenti simili. È punito altresì a titolo di appropriazione illecita di beni pubblici il delegato al controllo ed alla gestione dei beni statali da un organo dello Stato o da una società statale o da un’impresa statale o da un ente dei servizi pubblici o da un’associazione popolare che, sfruttando le proprie funzioni, s’impossessa illecitamente di beni statali tramite appropriazione, sottrazione, fraudolenza o altri comportamenti simili. Chiunque, tenendo rapporti con i soggetti di cui ai due commi precedenti, partecipa all’appropriazione illecita di beni pubblici, è punito secondo la disciplina del concorso nel reato. Art. 383. Chiunque commette appropriazione illecita di beni pubblici, è punito a norma di quanto previsto nei numeri 1)-4) in base alle diverse circostanze: 1) qualora il valore dei beni pubblici sia pari o superiore a centomila yuan, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo ai quali può anche aggiungersi la confisca dei beni; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la morte cui si aggiunge la confisca dei beni; 2) qualora il valore dei beni pubblici sia pari o superiore a cinquantamila e inferiore a centomila yuan, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni cui può anche aggiungersi la confisca dei beni; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è l’ergastolo cui si aggiunge la confisca dei beni; 3) qualora il valore dei beni pubblici sia pari o superiore a cinquemila e inferiore a cinquantamila yuan, la pena è la reclusione pari o superiore ad un anno e pari o inferiore a sette anni; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a sette e pari o inferiore a dieci anni. A condizione che il valore dei beni pubblici sia pari o superiore a cinquemila e inferiore a diecimila yuan e che il colpevole tenga comportamenti di pentimento e restituisca effettivamente i beni pubblici, la pena può essere ridotta o non essere irrogata, ma in questo caso l’ente lavorativo o l’autorità competente deve infliggere al colpevole sanzioni amministrative; 4) qualora il valore dei beni pubblici sia minore di cinquemila yuan e le circostanze siano relativamente gravi, la pena è la reclusione pari o inferiore a due anni o l’arresto; se le circostanze sono di particolare tenuità, il suo ente lavorativo o l’autorità competente gli infligge sanzioni amministrative in considerazione delle diverse circostanze concrete. Chiunque prima di essere perseguito ha commesso più volte l’appropriazione illecita di beni pubblici, è punito con riferimento al valore accumulato dei beni pubblici.
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Art. 384. Commette distrazione di fondi pubblici il pubblico ufficiale che, sfruttando le proprie funzioni, distrae fondi pubblici per uso personale, destinandoli ad un’attività illecita, oppure distrae una somma apprezzabile di fondi pubblici, destinandola ad un’attività commerciale, o distrae una somma apprezzabile di fondi pubblici, non restituendola entro tre mesi. Egli è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, è punito con la reclusione pari o superiore a cinque anni. Nel caso in cui distragga una somma rilevante di denaro pubblico e rifiuti di restituirla, è punito con la reclusione pari o superiore a dieci anni o con l’ergastolo.
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Se sono distratti fondi o materiali destinati a calamità naturali, ad eventi gravi, alla prevenzione di inondazioni, alle sovvenzioni dei militari, agli aiuti in favore dei poveri, alle immigrazioni o alla previdenza, la pena è aggravata. Art. 385. Commette corruzione il pubblico ufficiale che, sfruttando le proprie funzioni, costringe taluno a dargli denaro o un’altra cosa oppure riceve illecitamente denaro o un’altra cosa da taluno, procurandogli vantaggi. È punito a titolo di corruzione il pubblico ufficiale che, in violazione delle disposizioni statali, riceve per sé nell’attività economica provvigioni o commissioni a qualsiasi titolo. Art. 386. Il colpevole di corruzione è punito a norma di quanto previsto nell’art. 383 di questo codice in base alla somma della corruzione ed alle circostanze del fatto. Nel caso in cui si costringa taluno a dare denaro o un’altra cosa, la pena è aggravata. Art. 387. Qualora un organo dello Stato, una società statale, un’impresa statale, un ente dei servizi pubblici o un’associazione popolare costringa taluno a dare ad essi denaro o un’altra cosa oppure riceva illecitamente da taluno denaro o un’altra cosa, procurandogli vantaggi, se le circostanze sono gravi, l’ente è punito con la multa mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto. Qualunque ente suddetto che, fuori dai bilanci contabili, riceva clandestinamente nell’attività economica provvigioni o commissioni a qualsiasi titolo, è punito per corruzione a norma di quanto previsto nel comma precedente. Art. 388. È punito a titolo di corruzione il pubblico ufficiale che, sfruttando le proprie funzioni o la propria posizione gerarchica, costringe taluno a dargli denaro o un’altra cosa oppure riceve da taluno denaro o un’altra cosa, procurandogli vantaggi indebiti mediante atti d’ufficio di un altro pubblico ufficiale. Art. 388-1. I parenti prossimi o le altre persone intime di un pubblico ufficiale che costringono taluno a dare loro denaro o un’altra cosa o ricevono da taluno denaro o un’altra cosa, procurandogli vantaggi indebiti mediante atti d’ufficio del medesimo pubblico ufficiale oppure mediante atti d’ufficio di un altro pubblico ufficiale per effetto dell’autorità o della posizione gerarchica del pubblico ufficiale suddetto, qualora il valore del denaro o dell’altra cosa sia apprezzabile o vi siano altre circostanze relativamente gravi, sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa; se il valore del denaro o dell’altra cosa è rilevante o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa; se il valore del denaro o dell’altra cosa è particolarmente rilevante o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a sette anni e la multa o la reclusione pari o superiore a sette anni e la confisca dei beni. Il pubblico ufficiale in congedo, il suo parente prossimo o la persona intima del medesimo pubblico ufficiale che, sfruttando la precedente autorità o la precedente posizione gerarchica del medesimo pubblico ufficiale, commette i fatti di cui al primo comma, è punito a norma del comma precedente. Art. 389. È corruzione dare denaro o un’altra cosa a un pubblico ufficiale per ottenere vantaggi indebiti.
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Si è puniti a titolo di corruzione anche quando nell’attività economica, violando le disposizioni statali, si dia ad un pubblico ufficiale una somma apprezzabile di denaro od un’altra cosa di valore apprezzabile oppure provvigioni o commissioni a qualsiasi titolo. Non rientra in questo caso l’ipotesi in cui si è costretti per ragioni di estorsione a dare denaro o un’altra cosa ad un pubblico ufficiale, non avendo ottenuto vantaggi indebiti. Art. 390. Il colpevole di corruzione è punito con la reclusione o con l’arresto; se egli ha conseguito vantaggi indebiti in circostanze gravi o ha provocato grave danno agli interessi dello Stato, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono particolarmente gravi, il colpevole è punito con la reclusione pari o superiore a dieci anni o con l’ergastolo alle quali si può aggiungere anche la confisca dei beni. Se prima di essere perseguito il corruttore rende confessione volontaria del proprio fatto, la pena può essere ridotta o esclusa. Art. 391. Chiunque, per ottenere vantaggi indebiti, dà denaro o un’altra cosa ad un organo dello Stato, ad una società statale, ad un’impresa statale, ad un ente dei servizi pubblici o ad un’associazione popolare oppure in violazione delle disposizioni statali dà provvigioni o commissioni a qualsiasi titolo agli enti suddetti, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Qualora un ente abbia commesso il reato di cui al primo comma, è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti ai sensi del primo comma. Art. 392. Chiunque commette mediazione di corruzione presso un pubblico ufficiale, è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Qualora prima di essere perseguito il colpevole di cui al primo comma renda confessione volontaria del proprio fatto, la pena può essere ridotta o esclusa. Art. 393. Qualora un ente, allo scopo di ottenere vantaggi indebiti, dia denaro o un’altra cosa ad un pubblico ufficiale oppure, in violazione delle disposizioni statali, gli dia provvigioni o commissioni in circostanze gravi, l’ente è punito con la multa, mentre il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto. Se costoro si procurano profitti illeciti, sono puniti ai sensi degli artt. 389 e 390 di questo codice. Art. 394. Il pubblico ufficiale che, nell’attività interna d’ufficio o nel contatto con l’estero, riceve regali che in virtù delle disposizioni statali egli deve consegnare allo Stato e omette di consegnarli, è punito, qualora il valore dei regali sia apprezzabile, ai sensi degli artt. 382 e 383 di questo codice.
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Art. 395. Qualora i beni o le spese del pubblico ufficiale siano manifestamente maggiori dei suoi redditi leciti con una differenza rilevante, gli si può ordinare di indicare l’origine dei redditi. Se egli non riesce a spiegare i propri redditi, si considera la suddetta differenza quale reddito illecito ed egli è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se la differenza suddetta è particolarmente rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni. La differenza suddetta va sottoposta a confisca.
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Il pubblico ufficiale deve denunciare i propri depositi all’estero secondo le disposizioni statali. Se egli omette di denunciarli e la somma dei depositi è apprezzabile, egli è punito con la reclusione pari o inferiore a due anni o con l’arresto; se le circostanze sono lievi, egli è sottoposto a misura amministrativa dal proprio ente lavorativo o dall’autorità superiore. Art. 396. Qualora un organo dello Stato, una società statale, un’impresa statale, un ente dei servizi pubblici o un’associazione popolare, violando le disposizioni statali, in nome dell’ente attribuisca collettivamente i beni statali a dipendenti, il responsabile generale diretto e il responsabile diretto sono puniti, se il valore dei beni statali coinvolti è apprezzabile, con la reclusione pari o inferiore a tre anni e la multa o con l’arresto e la multa o con la multa; se il valore dei beni statali coinvolti è rilevante, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni e la multa. Qualora un organo giudiziario o amministrativo, violando le disposizioni statali, in nome dell’ente attribuisca collettivamente a dipendenti i beni confiscati da consegnare allo Stato, la pena è inflitta ai sensi del primo comma. Titolo IX Reati contro gli uffici pubblici Art. 397. Salvo che la legge disponga diversamente, l’incaricato di un organo dello Stato che abusa delle proprie funzioni od omette i propri doveri, con danni gravi ai beni pubblici ed agli interessi dello Stato e del popolo, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Salvo che la legge disponga diversamente, l’incaricato di un organo dello Stato che, sfruttando le proprie funzioni per motivi privati, commette il reato di cui al primo comma, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 398. L’incaricato di un organo dello Stato che, in violazione della Legge sui Segreti dello Stato, rivela con dolo o per colpa segreti di Stato, è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Chiunque non ha la qualifica di incaricato dell’organo dello Stato e ha commesso il fatto di cui al primo comma, è punito ai sensi del medesimo comma in considerazione delle circostanze concrete. Art. 399. Il funzionario giudiziario che, abusando per motivi privati delle proprie funzioni, intenzionalmente sottopone a perseguimento penale un innocente ovvero intenzionalmente fa sottrarre al perseguimento penale l’autore del reato oppure intenzionalmente procede a giudizio penale non conformemente al fatto e alle leggi, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni. Il funzionario giudiziario che intenzionalmente procede a giudizio civile o amministrativo non conformemente al fatto e alle leggi, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la re-
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clusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni. Il funzionario giudiziario che, nell’esecuzione di una sentenza o di un’ordinanza, per trascuratezza grave dei propri doveri o con abuso del proprio ufficio, omette di adottare le misure cautelari giudiziarie dovute o di eseguire i propri doveri oppure adotta illecitamente misure cautelari giudiziarie o misure coattive dell’esecuzione, procurando una perdita grave agli interessi delle parti o delle altre persone, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se vi è una perdita particolarmente grave agli interessi delle parti o delle altre persone, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni. Qualora il funzionario giudiziario che, avendo ricevuto denaro o un’altra cosa, ha commesso uno dei due fatti di cui ai due commi precedenti, sia punibile anche agli effetti dell’art. 385 di questo codice, egli è punito a norma della disposizione più severa. Art. 399-1. L’incaricato delle funzioni arbitrali che, nell’attività arbitrale, procede intenzionalmente ad un arbitrato contrario al fatto e alle leggi, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 400. Il funzionario giudiziario, che arbitrariamente libera un sospettato o un imputato o un condannato, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni. Il funzionario giudiziario che, trascurando gravemente i propri doveri, procura l’evasione di un sospettato o di un imputato o di un condannato, è punito, qualora si verifichi una conseguenza grave, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; quando si verifica una conseguenza particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 401. Il funzionario giudiziario che, sfruttando le proprie funzioni per motivi privati, applica il condono della pena o la liberazione condizionale o l’esecuzione provvisoria aperta della pena a un condannato che non soddisfa le condizioni per l’applicazione del condono della pena o della liberazione condizionale o della esecuzione provvisoria aperta della pena, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 402. Il pubblico ufficiale della pubblica amministrazione che, abusando delle proprie funzioni per motivi privati, omette di denunciare all’autorità giudiziaria un reato da riferire per legge, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; quando si verifica una conseguenza grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni.
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Art. 403. L’incaricato dell’autorità competente che, abusando delle proprie funzioni per motivi privati, acconsente alle richieste non conformi alle disposizioni delle leggi di costituzione societaria o di una società per distribuire azioni od obbligazioni o per essere quotata in borsa o
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di essere registrata, qualora si verifichi una grave perdita di beni pubblici o degli interessi dello Stato e del popolo, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto. Qualora un’autorità superiore ordini all’autorità competente ed a propri incaricati di compiere il fatto di cui al primo comma, il responsabile generale diretto è punito a norma del comma precedente. Art. 404. L’incaricato dell’autorità fiscale che, abusando delle proprie funzioni per motivi privati, omette di imporre un tributo oppure impone meno del tributo dovuto, qualora si verifichi una perdita grave per gli interessi dello Stato, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; quando si verifica una perdita particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni. Art. 405. L’incaricato dell’autorità fiscale che, violando le disposizioni delle leggi e dei regolamenti, nell’espletamento delle proprie funzioni concernenti il rilascio delle fatture, la detassazione o il rimborso d’imposta per l’esportazione, sfrutta le proprie funzioni per motivi privati, è punito, qualora si verifichi una perdita grave agli interessi dello Stato, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni; se la perdita è particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni. Altri incaricati di un organo dello Stato che, violando le disposizioni statali, nell’espletamento delle proprie funzioni concernenti il rilascio di dichiarazioni sulle merci esportate o di certificati per la cancellazione di cambio straniero o di altri certificati per il rimborso dell’imposta per l’esportazione, sfruttano le proprie funzioni per motivi privati, sono puniti, qualora si verifichi una perdita particolarmente grave per gli interessi dello Stato, con la reclusione pari o superiore a cinque anni. Art. 406. L’incaricato di un organo dello Stato che, stipulando o eseguendo un contratto, si è ingannato per grave trascuratezza dei propri doveri, qualora si verifichi una perdita rilevante per gli interessi dello Stato, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; quando si verifica una perdita particolarmente rilevante per gli interessi dello Stato, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 407. L’incaricato dell’autorità forestale che, violando le disposizioni della Legge sulle foreste, rilascia un certificato di legnatico con la quota maggiore di quella annuale autorizzata oppure rilascia indiscriminatamente certificati di legnatico con violazione delle disposizioni al riguardo, qualora le circostanze siano gravi e vi sia un danno grave delle foreste, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Art. 408. L’incaricato di un organo dello Stato preposto alla tutela dell’ambiente che, per grave trascuratezza dei propri doveri, cagiona un grave inquinamento ambientale con danni rilevanti dei beni pubblici e privati, oppure con danni eccezionali della vita o salute umana, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Art. 409. L’incaricato dell’autorità sanitaria preposta alla prevenzione delle malattie infettive che, per grave trascuratezza dei propri doveri, cagiona la propagazione o diffusione di una malattia infettiva, è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto.
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Art. 410. L’incaricato di un organo dello Stato che, sfruttando le proprie funzioni per motivi privati e violando le norme in materia di terreni, dà abusivamente l’autorizzazione all’esproprio di un terreno o l’autorizzazione a possederlo oppure cede ad un prezzo sottovalutato l’uso di un terreno statale, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se dal fatto deriva una perdita particolarmente rilevante per lo Stato o per la collettività, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 411. Il doganiere che, sfruttando le proprie funzioni per motivi privati, consente il contrabbando, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni. Art. 412. L’incaricato dell’Ispettorato commerciale dello Stato che, sfruttando le proprie funzioni per motivi privati, falsifica i risultati dell’ispezione, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se vi è una conseguenza grave, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni. Il soggetto suddetto che, con grave trascuratezza dei propri doveri, omette di ispezionare oggetti per i quali v’è obbligo di ispezione o ritarda la compilazione del certificato d’ispezione o consegna un certificato d’ispezione errato, cagionando una grave perdita per gli interessi dello Stato, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Art. 413. L’incaricato dell’organo di quarantena su animali o piante che, sfruttando le proprie funzioni per motivi privati, falsifica i risultati della quarantena, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se vi è una conseguenza grave, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni. Il soggetto suddetto che, con grave trascuratezza dei propri doveri, omette di compiere la quarantena su oggetti con obbligo di quarantena o ritarda la compilazione del certificato della quarantena o consegna un certificato della quarantena errato, cagionando una grave perdita per gli interessi dello Stato, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Art. 414. L’incaricato di un organo dello Stato che deve perseguire i reati concernenti merci alterate o contraffatte che, sfruttando le proprie funzioni per motivi privati, omette di adempiere ai propri doveri, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto. Art. 415. L’incaricato di un organo dello Stato con la funzione di rilasciare passaporti, visti o altri documenti di frontiera che intenzionalmente fornisce documenti di frontiera a chi intende valicare illegalmente la frontiera (o il confine) oppure l’incaricato della polizia di frontiera, della dogana o di altri organi dello Stato che lascia passare chi intende valicare illegalmente la frontiera (o il confine), sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni.
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Art. 416. L’incaricato di un organo dello Stato della liberazione di donne e di bambini soggetti a tratta o sequestrati che, ricevendo la richiesta di liberazione da parte dei familiari delle
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vittime o la segnalazione di altre persone, rifiuta di liberare donne e bambini soggetti a tratta o sequestrati, è punito, qualora vi sia una conseguenza grave, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto. L’incaricato suddetto che, sfruttando le proprie funzioni, impedisce la liberazione, è punito con la reclusione pari o superiore a due anni e pari o inferiore a sette anni; se le circostanze sono lievi, la pena è la reclusione pari o inferiore a due anni o l’arresto. Art. 417. L’incaricato di un organo dello Stato del perseguimento dei reati che ne informa gli autori o li favorisce o li aiuta a sottrarsi alla sanzione, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, le pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 418. L’incaricato di un organo dello Stato che, sfruttando le proprie funzioni per motivi privati, durante un concorso per un pubblico ufficio favorisce un esaminando o favorisce nell’iscrizione uno studente è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Art. 419. L’incaricato dell’organo dello Stato che, con grave trascuratezza dei propri doveri, cagiona la distruzione di beni culturali preziosi o la loro cessione a terzi, è punito, qualora vi sia una conseguenza grave, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Titolo X Reati contro i doveri militari Art. 420. Qualora un militare, violando i propri doveri, commetta un fatto lesivo degli interessi militari dello Stato, viene sanzionato per legge con le pene dei reati contro i doveri militari. Art. 421. Il militare che, in tempo di guerra, rifiuta di eseguire ordini militari con pregiudizio alle operazioni militari, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se ci sono danni gravi allo scontro o alla battaglia, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo o la morte. Art. 422. Il militare che, intenzionalmente occulta informazioni militari o dà informazioni militari false oppure rifiuta di comunicare ordini militari o comunica ordini militari falsi, con pregiudizio alle operazioni militari, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se ci sono danni gravi allo scontro o alla battaglia, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo o la morte. Art. 423. Il militare che, durante il combattimento, temendo di perdere la propria vita, volontariamente abbandona le proprie armi e si arrende al nemico, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo. Chiunque, dopo la resa al nemico, collabora con esso, è punito con la reclusione pari o superiore a dieci anni o con l’ergastolo o con la pena di morte. Art. 424. Il militare che, durante il combattimento, se ne sottrae, è punito con la reclusione
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pari o inferiore a tre anni; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se dal fatto deriva la perdita grave del combattimento o della battaglia, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo o la morte. Art. 425. Il comandante e il militare incaricato della guardia o del servizio che abbandonano il proprio posto o trascurano i propri doveri al riguardo, cagionando una conseguenza grave, sono puniti con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; quando si verifica una conseguenza particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Chiunque, in tempo di guerra, commette il reato di cui al primo comma, è punito con la reclusione pari o superiore a cinque anni. Art. 426. Il militare che, con violenza o minaccia, impedisce ad un comandante o ad un militare incaricato della guardia o del servizio di esercitare le proprie funzioni, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni; se dal fatto deriva un danno grave al corpo o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è l’ergastolo o la morte. Se il fatto è commesso in tempo di guerra, la pena è aggravata. Art. 427. Il militare che, abusando del suo ufficio, istiga i subordinati a commettere fatti contro le loro funzioni, con pesanti conseguenze, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 428. Il comandante che, in violazione degli ordini, tenendo un atteggiamento esitante, partecipa negativamente il combattimento, è punito, qualora dal fatto derivi una conseguenza grave, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni; se le conseguenze del combattimento o della battaglia sono gravi ovvero vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni. Art. 429. Qualora una forza armata in stato di pericolo, durante il combattimento, chieda assistenza ad altri reparti e questi nella possibilità di farlo si rifiutino di prestarla, cagionando una perdita grave alla forza richiedente, il comandante è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni. Art. 430. Il militare che, nell’esercizio delle proprie funzioni, abbandonando il proprio posto, si trasferisce verso un paese estero oppure trovandosi per servizio già all’estero, passa a una parte straniera, qualora da ciò derivi offesa agli interessi militari dello Stato, è punito con la reclusione pari o superiore a cinque anni. Chiunque commette il reato di cui al primo comma per mezzo di aeromobili o di navi oppure in altre circostanze gravi, è punito con la reclusione pari o superiore a dieci anni o con l’ergastolo o con la morte.
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Art. 431. Il militare che sottrae, raccoglie o acquista segreti militari, è punito con la reclusione inferiore a cinque anni; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni.
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Il militare che sottrae, raccoglie o acquista segreti militari per una persona, un’istituzione, un’organizzazione stranieri, è punito con la reclusione pari o superiore a dieci anni o con l’ergastolo o con la morte. Art. 432. Il militare che, in violazione di leggi o regolamenti sui segreti di Stato, rivela con dolo o per colpa segreti militari, è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni. Il militare che in tempo di guerra commette il fatto di cui al primo comma, è punito con la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo. Art. 433. Il militare che, in tempo di guerra, diffonde o comunica notizie false, menomando la resistenza delle forze armate di fronte al nemico, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni e, se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Il militare che diffonde o comunica notizie false, menomando la resistenza delle forze armate di fronte al nemico, è punito con la reclusione pari o superiore a dieci anni o con l’ergastolo; se le circostanze sono particolarmente gravi, gli si può infliggere la pena di morte. Art. 434. Il militare che, in tempo di guerra, mutilandosi, si sottrae al servizio militare, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 435. Il militare che, in violazione della disciplina sui servizi militari, si sottrae alle forze armate, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Il militare che, in tempo di guerra, commette il reato di cui al primo comma, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 436. Il militare che in circostanze gravi viola la disciplina sull’uso degli armamenti, cagionando un incidente da cui deriva un danno grave al corpo o la morte o un’altra conseguenza grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; quando si verifica una conseguenza particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 437. Il militare che, in violazione della disciplina sugli armamenti, ne altera arbitrariamente la distribuzione, cagionando una conseguenza grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; quando si verifica una conseguenza particolarmente grave, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a sette anni. Art. 438. Il militare che commette un furto o una sottrazione violenta di armamenti o di materiali militari, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo o la morte.
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Il militare che commette un furto o una sottrazione violenta di armi da fuoco o di munizioni o di materiali esplosivi, è punito a norma dell’art. 127 di questo codice. Art. 439. Il militare che, abusivamente pone in vendita o trasferisce armamenti, è punito con la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni; se gli armamenti sono rilevanti o vi sono altre circostanze particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo o la morte. Art. 440. Il militare che, in violazione di un ordine, abbandona gli armamenti, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se gli armamenti sono importanti o rilevanti o vi sono altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni. Art. 441. Il militare che smarrisce gli armamenti, non segnalando tempestivamente il fatto o tenendo un altro comportamento grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto. Art. 442. Il militare che, in violazione delle relative disposizioni, abusivamente pone in vendita o trasferisce beni immobiliari delle forze armate, è punito, qualora le circostanze siano gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni o con l’arresto; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a tre anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 443. Il militare che, abusando della propria autorità, maltratta un subordinato in circostanze notorie, qualora si verifichi un danno grave al corpo o un’altra conseguenza grave, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni; quando si verifica la morte, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni. Art. 444. Il militare che agendo da responsabile diretto, durante il combattimento abbandona un militare ferito o malato, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni. Art. 445. Il militare incaricato dei servizi medici in tempo di guerra che, avendo la piena possibilità, rifiuta di prestare il servizio medico nei confronti di un militare gravemente ferito o malato, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni o con l’arresto; se dal fatto deriva una mutilazione grave o la morte, oppure vi sono le altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni. Art. 446. Il militare che, in tempo di guerra, commette saccheggio o strage nei confronti dei civili della zona dell’operazione militare, è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni; se le circostanze sono gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni e pari o inferiore a dieci anni; se le circostanze sono particolarmente gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a dieci anni o l’ergastolo o la morte.
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Art. 447. Il militare che libera arbitrariamente un prigioniero di guerra è punito con la reclusione pari o inferiore a cinque anni; qualora liberi arbitrariamente un prigioniero di guerra importante oppure liberi arbitrariamente più prigionieri di guerra o vi siano altre circostanze gravi, la pena è la reclusione pari o superiore a cinque anni.
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Art. 448. Il militare che maltratta un prigioniero di guerra è punito, se le circostanze sono gravi, con la reclusione pari o inferiore a tre anni. Art. 449. In tempo di guerra, al militare condannato alla pena della reclusione pari o inferiore a tre anni può essere applicata, qualora egli non presenti pericolosità sociale, la sospensione della pena; se il militare beneficiando della sospensione della pena compie atti meritori, la condanna originale può essere revocata e può essere considerato che non ha commesso il reato. Art. 450. Per il militare si intende in questo Capo un ufficiale o un incaricato dei servizi civili o un soldato o uno studente iscritto al registro militare della Forza Armata della Liberazione del Popolo Cinese o della Polizia Armata del Popolo Cinese ovvero una persona di complemento o un altro soggetto simile che esegue un compito militare. Art. 451. Per tempo di guerra si intende in questo Capo il periodo in cui lo Stato ha dichiarato lo stato di guerra oppure la forza armata ha ricevuto l’ordine di combattimento o vi è un attacco nemico improvviso. Si considera tempo di guerra anche il periodo in cui la forza armata esegue l’ordine dello stato d’emergenza o fronteggia violenze improvvise. Disposizioni supplementari Art. 452. Questo codice entra in vigore l’1 ottobre 1997. Le Ordinanze, Disposizioni e Decisioni emanate dal Comitato Permanente dell’Assemblea Popolare Nazionale, che sono elencate nell’Allegato I, sono inserite in questo codice ovvero non sono più applicabili e vengono abrogate dalla data della sua entrata in vigore. Le Disposizioni e Decisioni emanate dal Comitato Permanente dell’Assemblea Popolare Nazionale che sono elencate nell’Allegato II, sono conservate; le loro disposizioni concernenti sanzioni o misure amministrative continuano ad avere efficacia; le loro disposizioni concernenti la responsabilità penale sono inserite in questo codice e le sue disposizioni sono applicate dalla data della sua entrata in vigore. Allegato I Le seguenti Ordinanze, Disposizioni e Decisioni emanate dal Comitato Permanente dell’Assemblea Popolare Nazionale sono inserite in questo codice ovvero non sono più applicabili e sono abrogate dalla data della sua entrata in vigore: 1. Ordinanza Provvisoria della Repubblica Popolare Cinese sui Reati contro i Doveri Militari. 2. Decisione Punitiva sui Gravi Reati contro l’Economia. 3. Decisione Punitiva sui Gravi Reati contro la Polizia. 4. Disposizione Punitiva Complementare sui Reati di Contrabbando. 5. Disposizione Punitiva Complementare sui Reati di Corruzione. 6. Disposizione Punitiva Complementare sui Reati di Rivelazione dei Segreti dello Stato. 7. Disposizione Punitiva Complementare sui Reati di Cattura e di Uccisione degli Animali Selvatici Preziosi o in Via di Estinzione Fortemente Tutelati dallo Stato. 8. Decisione Punitiva sui Reati di Vilipendio alla Bandiera Nazionale o all’Emblema Nazionale.
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Il codice penale della Repubblica Popolare Cinese
9. Decisione Punitiva sui Reati di Estrazione Illecita dal Terreno di Residui delle Culture Antiche o delle Camere Funerarie Antiche. 10. Decisione Punitiva sui Reati di Dirottamento di Aeromobili. 11. Disposizione Punitiva Complementare sui Reati di Uso Abusivo del Marchio Registrato. 12. Decisione Punitiva sui Reati di Produzione o Commercio delle Merci Alterate o Contraffatte. 13. Decisione Punitiva sui Reati contro il Diritto dell’Opera dell’Ingegno. 14. Decisione Punitiva sui Reati contro la Legge sulle Società. 15. Decisione sui Trattamenti dei Detenuti Penali e non Penali che Evadono o Commettono di Nuovo un Reato. Allegato II Le seguenti Disposizioni e Decisioni emanate dal Comitato Permanente dell’Assemblea Popolare Nazionale sono conservate; le loro disposizioni concernenti sanzioni amministrative o misure amministrative continuano ad avere efficacia; le loro disposizioni concernenti la responsabilità penale sono inserite in questo codice e le sue disposizioni sono applicate dalla data della sua entrata in vigore. 1. Decisione contro gli Stupefacenti. 2. Decisione Punitiva sui Colpevoli dei Reati di Contrabbando, Produzione, Spaccio o Diffusione di Oggetti Osceni. 3. Decisione Punitiva sui Colpevoli dei Reati di Sottrazione o Sequestro delle Donne o dei Bambini. 4. Decisione Punitiva contro la Prostituzione e lo Sfruttamento della Prostituzione. 5. Disposizione Punitiva Complementare sui Reati di Evasione dell’Imposta o di Rifiuto dell’Imposta. 6. Disposizione Punitiva Complementare sui Reati di Organizzazione o di Trasporto del Passaggio Illegale di Frontiera. 7. Decisione Punitiva sui Reati contro l’Amministrazione Finanziaria. 8. Decisione Punitiva sui Reati di Emissione Ingannevole, Contraffazione o Vendita Illecita delle Fatture per l’IVA.
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IL CODICE PENALE BAVARESE DEL 1813
IL CODICE PENALE PER IL REGNO DI BAVIERA (1813) traduzione di Debora Provolo e Francesca Pavesi *
* Secondo un’avveduta politica legislativa, questo codice, come altri coevi, disciplinava nella sua prima parte il diritto sostanziale e nella seconda il processo. La traduzione che pubblichiamo è una novità nella nostra letteratura giuridica, perché non consta che sia mai stata fatta prima d’ora, neppure nell’Ottocento, ed è limitata alla prima parte del codice. Di essa la dott. Provolo ha tradotto i primi due libri e la dott. Pavesi il terzo libro. In questo numero della Rivista terminiamo la pubblicazione iniziata nel n. 2/2009.
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Il Codice Penale per il Regno di Baviera (1813) INDICE Libro Secondo Dei crimini e della loro punizione (artt. 142-366)
Titolo Primo
Dei crimini privati
Capo I
Dei crimini contro la vita altrui (artt. 142-177)
Capo II
Delle lesioni ed altri maltrattamenti alla persona (artt. 178-208)
Capo III
Del danno alla proprietà mediante sottrazione, appropriazione indebita, rapina ed estorsione (artt. 209-243)
Capo IV
Del danneggiamento della proprietà (artt. 244-255)
Capo V
Della lesione dei diritti altrui mediante truffa (artt. 256-294)
Capo VI
Della lesione dei diritti altrui mediante infedeltà (artt. 295-298)
Titolo Secondo Dei crimini pubblici o contro lo Stato Capo I
Dei crimini contro l’esistenza e la sicurezza delloStato in generale. Alto tradimento e tradimento della Patria (artt. 299-308)
Capo II
Dell’offesa alla Maestà e altri crimini contro l’onore dello Stato (artt. 309-314)
Capo III
Crimini contro l’Autorità (artt. 315-331)
Capo IV
Crimini contro la pace giuridica pubblica nello Stato (artt. 332-336)
Capo V
Crimini contro la buona fede pubblica (artt. 337-348)
Capo VI
Crimini contro la proprietà dello Stato e altra proprietà pubblica (artt. 349-350)
Capo VII
Dei crimini particolari dei Funzionari Statali e dei Dipendenti Pubblici (artt. 351366) Libro Terzo Dei delitti e della loro punizione (artt. 367-459)
Titolo Primo
Dei delitti privati
Capo I
Dei delitti contro la persona (artt. 367-378)
Capo II
Della lesione alla proprietà mediante sottrazione, appropriazione indebita o danneggiamento (artt. 379-386)
Capo III
Della lesione dei diritti altrui mediante truffa ed illecita usurpazione (artt. 387397)
Capo IV
Della lesione dei diritti altrui mediante infedeltà (artt. 398-403)
Titolo Secondo Dei delitti contro lo Stato Capo I
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Dei delitti contro l’onore dello Stato (artt. 404-410)
Capo II
Dei delitti di resistenza all’Autorità (artt. 411-419)
Capo III
Dei delitti contro la pace giuridica pubblica nello Stato (artt. 420-424)
Capo IV
Delitti contro la buona fede pubblica (artt. 425-431)
Capo V
Delitti contro la proprietà pubblica (artt. 432-436)
Capo VI
Delitti specifici dei funzionari statali e dei pubblici dipendenti (artt. 437-459)
Il Codice Penale per il Regno di Baviera (1813)
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LIBRO SECONDO DEI CRIMINI E DELLA LORO PUNIZIONE TITOLO PRIMO DEI CRIMINI PRIVATI Capo I DEI CRIMINI CONTRO LA VITA ALTRUI A) Dell’Uccisione in Generale Art. 142. Chi, con azione od omissione antigiuridica, cagiona intenzionalmente la morte di una qualunque persona, è colpevole del crimine di uccisione intenzionale. Art. 143. Per considerare mortale in senso giuridico una lesione o una ferita, non viene richiesto altro che la certezza che la stessa nel caso ha cagionato come causa efficiente l’avvenuta morte della vittima. In conseguenza non ha alcuna influenza sull’apprezzamento giuridico della mortalità di una lesione o ferita, se la stessa in altri casi con l’ausilio della scienza è già stata eventualmente guarita o no; se nel caso il suo esito mortale avrebbe potuto essere impedito mediante tempestivo, adeguato ausilio della scienza; se essa abbia causato la morte direttamente oppure solo per mezzo di altre cause incidentali dalla stessa rese tuttavia efficaci; se, infine, essa sia mortale in generale oppure se abbia cagionato la morte soltanto a causa della particolare costituzione della vittima oppure a causa delle circostanze fortuite nelle quali essa le è stata arrecata. Nella misura in cui però, in uno o nell’altro dei casi da ultimo menzionati, sia da giudicare un’uccisione soltanto colposa, il giudice deve decidere secondo i principi generali su colpa e intenzione antigiuridica. Art. 144. Se alla lesione arrecata antigiuridicamente ad una persona ne è seguita la morte, ma è fondata la certezza o la verosimiglianza 1) che la stessa è morta per una causa già esistente al momento della lesione non resa efficace solo mediante la lesione stessa o 2) che la lesione arrecata, la quale per la sua natura non avrebbe cagionato la morte, sia divenuta mortale soltanto per una causa sopraggiunta più tardi, come per esempio medicamenti sicuramente nocivi, trattamento chirurgico dannoso e simili; se il suo intento era nondimeno rivolto all’uccisione, allora l’autore deve essere giudicato non secondo le disposizioni contro l’uccisione compiuta intenzionalmente, bensì deve essere punito secondo le disposizioni contro il tentativo prossimo (art. 60); se lo stesso era diretto solamente alla lesione personale, secondo le disposizioni contro le lesioni corporali compiute intenzionalmente (capo II) e, se il suo intento non era rivolto né all’una né all’altra, e tuttavia la sua intrapresa è stata punibile, per lesione corporale colposa. Art. 145. Il criminale non beneficia di presunzioni semplici sulla possibile non mortalità della lesione, bensì il maltrattamento o la lesione provati sono da considerare come l’effettiva causa produttiva della morte ad essi seguita, se l’esame della fattispecie avvenuto con le dovute modalità non fornisce nessun determinato elemento di fatto da cui con certezza o con grande verosimiglianza deve essere presunto che il danneggiato sia morto per altra causa già prima esistente o soltanto sopraggiunta (art. 144).
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Oltre a ciò per le lesioni ed i maltrattamenti antigiuridici alla persona (artt. 178 ss.) trovano applicazione analogica i principi contenuti negli artt. 143-145. B) Delle Singole Specie di Uccisione I. Dell’assassinio in generale Art. 146. Un omicida, il quale ha deciso con premeditazione o eseguito con ponderazione l’uccisione da lui cagionata, deve essere punito con la morte come assassino. II. Dell’assassinio qualificato Art. 147. La pena di morte deve essere aggravata se l’assassinio è stato perpetrato: I. su una persona della famiglia reale; II. su consanguinei in linea ascendente o discendente, su fratelli e sorelle germani, sul coniuge, sul padre adottivo, sul tutore o sul proprio padrone presso il quale il criminale stava a vitto e servizio al momento dell’uccisione; III. su una persona gravida; IV. se fu commesso per interesse personale nell’intento di conseguire, di mantenere o di assicurare così un vantaggio patrimoniale diretto o indiretto; V. se fu compiuto con inganno dell’assassinato o altrimenti con impiego di artifizio fraudolento; oppure VI. se l’assassinato fu crudelmente ucciso con ricercata tortura; e infine VII. se l’uccisione è stata compiuta con veleno. Del veneficio in particolare Art. 148. Se taluno ha propinato ad altri del veleno in una quantità pericolosa per la sua vita e dopo di ciò l’avvelenato è morto, egli è da considerare come autore del veneficio, se non può essere accertata con sicurezza e precisione un’altra causa più prossima dell’avvenuta morte. Intenzione nel veneficio Art. 149. Chi, con intenzione antigiuridica, ha propinato ad altri del veleno, a causa del quale costui è morto, non può valersi della scusa che il suo intento non è stato diretto all’uccisione, bensì soltanto alla produzione di una lesione. Avvelenamento di sorgenti d’acqua e simili Art. 150. Chi ha avvelenato sorgenti d’acqua, merci vendibili al pubblico e in generale quelle cose per mezzo delle quali un numero indeterminato di persone può perdere la salute o la vita, con l’intenzione di ledere altri nella salute o nella vita, subisce la pena di morte, quand’anche nessuno fosse stato con ciò danneggiato. III. Dell’omicidio semplice
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Art. 151. Chi, senza ponderazione e premeditazione, nel ribollente impeto della collera, decide e commette contro altri un’azione pericolosa per la vita, è colpevole, nel caso di avvenuta morte della vittima, di un omicidio semplice e deve essere condannato alla pena della reclusione a tempo indeterminato.
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Circostanza attenuante Art. 152. Se l’ucciso stesso, mediante offese e ingiurie illecite, ha eccitato alla collera l’omicida oppure se l’omicida al momento del fatto si è trovato senza sua colpa nello stato dell’ebbrezza (se questo non elide del tutto l’imputabilità), allora la pena (art. 151) deve essere ridotta alla reclusione da otto a dodici anni. IV. Dell’omicidio nelle zuffe Art. 153. Se più vengono alle mani tutti insieme in zuffe o risse e taluno vi perde la propria vita, il giudice deve procedere alla punizione dei partecipanti secondo le seguenti disposizioni. Art. 154. I. Se è dimostrabile che l’ucciso ha ricevuto la lesione mortale solo da un partecipe, questi solo deve essere punito come omicida. Se II. l’ucciso ha ricevuto da diversi partecipi ferite tali che sono mortali non soltanto per il loro concorso, bensì per sé singolarmente, tutti gli autori di tali ferite sono da punire come omicidi. Art. 155. Se le ferite, inferte da diversi partecipi, furono mortali non singolarmente, bensì per il loro concorso, contro gli autori delle stesse deve essere applicata la pena della reclusione da otto a dodici anni e questa pena è da quantificare per quanto possibile secondo l’estensione e l’importanza della lesione da imputare a ciascun individuo. Art. 156. Se I. sull’ucciso sono presenti in parte ferite mortali, in parte ferite non mortali, gli autori delle ultime devono essere puniti secondo la natura e l’estensione delle ferite arrecate in conformità alle disposizioni contro la lesione personale (capo II). Se al contrario II. non vi è piena certezza circa i partecipi ai quali siano da imputare le ferite mortali o non mortali, tutti devono essere puniti secondo le disposizioni contro la lesione personale e devono andare esenti da giudizio per le ferite mortali. La pena dei rimanenti partecipi deve essere commisurata secondo i principi generali sulla colpa e sulla compartecipazione. V. Dell’infanticidio 1) Nozione e pena Art. 157. Una madre che intenzionalmente toglie la vita al proprio figlio neonato vitale illegittimo deve essere condannata alla reclusione a tempo indeterminato. Art. 158. Se tale infanticida ha vissuto pubblicamente come meretrice o la stessa ha già subito una pena per gravidanza e parto occultati nelle circostanze stabilite negli artt. 160-165, la pena deve essere aggravata dalla riduzione in catene. L’infanticidio reiterato ha per conseguenza la pena di morte. Art. 159. È da considerare un neonato un bambino che non ha ancora tre giorni di età.
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Il Codice Penale per il Regno di Baviera (1813) 2) Pena per imperfetta nozione del crimine a) se la fattispecie è completa ma non è provato l’intento omicida
Art. 160. Se è raggiunta piena certezza che il bambino è nato vivo e con la maturità vitale e che lesioni od omissioni mortali hanno causato la sua morte, ma la madre non è confessa di un intento omicida o questo non è provato, essa deve essere condannata alla reclusione da dodici a sedici anni, se ella ha intenzionalmente occultato la propria gravidanza ed il proprio parto e dall’indagine non risultano particolari ragioni a fondamento della verosimiglianza che nonostante ciò la morte del figlio sia derivata senza la di lei volontà. b) se manca un elemento di fattispecie, ma aa) l’intento omicida è certo Art. 161. Se la vitalità o la nascita da vivo del bambino non sono accertati fino alla completa certezza, bensì soltanto fino alla verosimiglianza; però l’intento omicida ed il maltrattamento pericoloso per la vita sono fuor di dubbio, la criminale è punita con la reclusione da otto a dodici anni. bb) l’intento omicida è incerto Art. 162. Se la vitalità e la nascita del bambino vivo sono pienamente certe, ma è raggiunta soltanto la verosimiglianza che le lesioni od omissioni mortali siano la causa della sua morte; né la madre è confessa di un intento omicida o questo non è provato, costei deve essere nondimeno condannata alla casa di lavoro da quattro a otto anni, se ha intenzionalmente occultato la propria gravidanza ed il proprio parto e se dall’indagine non risultano particolari ragioni che la scusano dell’uccisione intenzionale. Art. 163. Se la nascita del bambino vivo e la sua maturità come pure che lo stesso non è morto di morte naturale sono accertati solo fino alla verosimiglianza e se la madre non è confessa della prava intenzione o questa non è provata, allora ella deve essere condannata per l’occultamento della gravidanza e del parto alla casa di lavoro da uno a quattro anni, se particolari circostanze agli atti non la scusano dal sospetto di un intento omicida. Art. 164. Se, in caso di gravidanza occultata, una donna ha partorito un figlio di cui v’è prova che era morto, non maturo, ed ha nascosto il feto o lo ha portato via di nascosto, ella ha contro di sé la verosimiglianza dell’aborto volontario del proprio feto, se non risulta il contrario da elementi di fatto agli atti e deve essere condannata alla casa di lavoro da uno a due anni. cc) se manca del tutto il cadavere dell’infante
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Art. 165. Se è pienamente provato che una persona ha partorito clandestinamente, ma l’infante non viene trovato e la madre persiste nel rifiuto di dichiarare dove ha portato il figlio oppure è dimostrato che ella con operazioni intenzionali ne ha distrutto il corpo o l’ha altrimenti
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sottratto alla possibile indagine giudiziaria, deve essere condannata alla reclusione da otto a dodici anni. 3) Della gravidanza e parto occultati, quando il figlio è nato morto o è morto di morte naturale Art. 166. Una madre che v’è prova abbia messo al mondo un figlio integro morto oppure del cui figlio messo al mondo vitale v’è prova che sia deceduto per morte naturale dopo la nascita, deve essere punita per gravidanza e parto occultati solo allorché mediante questo stesso occultamento è stata colposamente cagionata la nascita da morto o il decesso del figlio. Cosa è da intendere per gravidanza e parto occultati? Art. 167. La gravidanza è da ritenere occultata se una donna, consapevole di aver avuto un concubinato illegittimo, ha notato su di sé i segni del concepimento e durante tutto il tempo della propria gravidanza non ha rivelato questo stato né ai propri genitori o tutori, né ai propri padroni o a un medico o ad una levatrice o ad un’altra donna rispettabile o infine all’autorità stessa. Art. 168. Il parto è occultato se la donna con disposizione intenzionale ha partorito senza l’assistenza di un’altra persona oppure in presenza solo di quelle persone che sono state d’accordo con lei nell’intenzione antigiuridica. Art. 169. Una donna, che ha partorito nel settimo mese di gravidanza e che fino ad allora ha occultato la propria gravidanza, non può eccepire di non aver potuto ottenere alcuna assistenza a causa dell’inaspettata sorpresa del parto. Art. 170. Una donna, che inizialmente confessa la propria gravidanza, ma poi partorisce clandestinamente e nasconde il figlio morto oppure lo porta via di nascosto, è da considerare come quella che occulta la propria gravidanza ed il proprio parto. Se però ella entro ventiquattro ore rivela l’avvenuto parto ed esibisce il figlio non va punita secondo le disposizioni contro gravidanza e parto occultati, ma soltanto fin dove le è altrimenti addebitabile una colpa. VI. Dell’uccisione del figlio durante il parto Art. 171. Una madre che ha commesso maltrattamenti mortali sul proprio figlio con intento omicida durante il parto stesso, ancora prima di averlo messo completamente al mondo, deve essere condannata secondo le disposizioni contro l’infanticidio (artt. 157 ss.). VII. Uccisione nel grembo materno e procurato aborto del feto Art. 172. Se una madre, che ha partorito un figlio prematuro o morto, ha precedentemente utilizzato con intenzione antigiuridica mezzi esterni o interni che possono causare un parto troppo prematuro oppure la morte del feto nel grembo materno, è assoggettata alla pena della casa di lavoro da quattro a otto anni.
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Art. 173. Della stessa pena si rende partecipe I. ogni altro che ha compiuto tale condotta (art. 172) su una gestante. Se però II. tale condotta è avvenuta contro la volontà della madre, il criminale deve essere punito già per il mero impiego senza risultato di mezzi abortivi con la pena comminata nell’art. 172; e III. se nel contempo la madre è stata per questo messa in pericolo di vita oppure è stato cagionato un danno permanente alla sua salute, deve essere punito con la reclusione da sedici a venti anni. Se infine IV. ne è derivata la morte della madre, allora l’agente è punito con la morte. VIII. Della messa da parte e dell’abbandono di persone in stato di bisogno Art. 174. I genitori che separano da sé e pongono in stato di bisogno il proprio figlio il quale, a causa della giovane età, di malattia o debolezza, è impossibilitato a provvedere a sé, come pure altre persone che tengono questa condotta su bambini, ammalati o debilitati, alla cura dei quali sono tenuti, si rendono colpevoli del crimine di abbandono nei casi seguenti. Art. 175. Se l’abbandono è avvenuto con questa modalità, in un luogo ed in circostanze tali per cui non poteva assolutamente essere temuto alcun pericolo per la vita dell’abbandonato, se nonostante ciò l’abbandonato ha perso la vita, il criminale è punito con la casa di lavoro da uno a quattro anni. Art. 176. Se l’abbandono avvenne in modo pericoloso per la vita dell’abbandonato, ma in tal guisa, in luogo ed in circostanze tali per cui era da prevedere il suo sollecito salvataggio, se non con certezza, almeno verosimilmente, il criminale deve essere condannato alla casa di lavoro da uno a quattro anni e, se l’abbandonato ha perso così la vita, alla casa di lavoro da quattro a otto anni. Art. 177. Se l’abbandono è avvenuto in modo tale, in un luogo ed in circostanze tali per cui il salvataggio dell’abbandonato non poteva essere ritenuto verosimile, devono essere applicate, secondo che ebbe o meno luogo la morte dell’abbandonato, le disposizioni contro l’uccisione consumata o tentata. Capo II DELLE LESIONI ED ALTRI MALTRATTAMENTI ALLA PERSONA A) Della Lesione Personale e del Maltrattamento I. In generale Art. 178. Chi, senza l’intento di uccidere, ma con intenzione antigiuridica, aggredisce violentemente altri, lo maltratta fisicamente oppure ne danneggia la salute mediante ferimento, lesione o in qualunque altro modo, deve essere ritenuto colpevole del crimine di lesione personale nei casi seguenti.
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II. Maltrattamento fisico premeditato 1) Primo grado Art. 179. Chi assale altri perfidamente o con decisione premeditata gli arreca altrimenti un maltrattamento fisico, deve essere condannato alla casa di lavoro da uno a quattro anni, se la lesione così cagionata ha causato una malattia di un mese o più lunga oppure se ha reso il danneggiato inabile alle proprie occupazioni o all’esercizio della propria professione per uno o più mesi. 2) Secondo grado Art. 180. È applicata la casa di lavoro da quattro a otto anni, se il danneggiato, per mezzo dell’atto violento premeditato, non è divenuto del tutto o per sempre inabile all’esercizio della propria professione, ma è stato mutilato in una parte del proprio corpo, sfigurato oppure privato insanabilmente dell’uso di uno dei suoi arti. 3) Terzo grado Art. 181. Se però per la lesione l’offeso è divenuto del tutto invalido all’esercizio della propria professione e non esiste alcuna fondata probabilità del suo ristabilimento; parimenti quando l’offeso è privato dell’uso della parola, della vista, delle proprie braccia, mani o piedi; ovvero a causa di mutilazione o lesione è divenuto incapace alla procreazione della propria stirpe, l’autore che ha arrecato tale lesione con atto violento premeditato, deve subire la pena della reclusione da dodici a sedici anni. Art. 182. La stessa pena trova applicazione se il danneggiato a cagione di violento maltrattamento è caduto in stato di frenesia, nella pazzia, nell’idiotismo e in altra simile malattia di mente. 4) Quarto grado Art. 183. Chi senza intento di uccidere, ma con l’intenzione di nuocere, ha propinato del veleno a taluno e così ha causato un danno transitorio o permanente alla salute del corpo o della mente, deve essere condannato alla reclusione da sedici a venti anni; se però il veleno fosse accidentalmente rimasto senza effetto oppure avesse provocato soltanto un malessere che passa rapidamente, deve essere condannato alla reclusione da otto a dodici anni. Circostanze aggravanti Art. 184. Nei confronti di colui che, mediante maltrattamento fisico premeditato (artt. 179183), usa violenza sui propri genitori o altri consanguinei in linea ascendente, sul proprio tutore o padre adottivo, sul proprio maestro o padrone oppure in genere contro persone verso le quali è tenuto a particolare rispetto, la pena ordinaria deve essere aggravata mediante un’aggiunta esterna e non deve essere inflitta in grado inferiore al grado intermedio della durata stabilita.
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Il Codice Penale per il Regno di Baviera (1813) III. Degli atti di violenza e delle lesioni non premeditati
Art. 185. Se una delle predette violenze o lesioni (artt. 179-182) è avvenuta senza premeditata decisione nell’ebbrezza, in una zuffa oppure altrimenti nell’impeto della collera, la durata della pena detentiva stabilita negli artt. 179-182 deve essere applicata soltanto nel grado minimo ed anche questo deve essere diminuito fino alla metà secondo le circostanze. B) Della Lesione alla Persona mediante Abuso allo scopo di Atti di Libidine 1. Violenza carnale. Nozione Art. 186. È colpevole di violenza carnale chi costringe ad atti di libidine contro la sua volontà una persona di sesso femminile, mediante violenza fisica o mediante minacce, che sono connesse ad un pericolo attuale e imminente per la vita e l’incolumità individuale; parimenti colui che, per voluttà contro natura, commette un tale atto di violenza contro una persona di sesso maschile. Questo crimine deve essere ritenuto consumato non appena la congiunzione fisica ha effettivamente luogo. 1) Primo e più basso grado Art. 187. La pena di questo fatto è la casa di lavoro da quattro a otto anni, congiunta con punizione corporale annuale e imprigionamento nel carcere di correzione (art. 14 n. 3). 2) Secondo grado Art. 188. Se però la violenza carnale è stata commessa su una persona minore di dodici anni o se la persona violentata, a causa della perpetrata violenza o a cagione della congiunzione carnale stessa, ha subito un qualunque pregiudizio alla propria salute, il criminale è punito con la reclusione da otto a sedici anni. 3) Terzo grado Art. 189. Se la persona violentata è morta per i maltrattamenti, il criminale deve essere punito con la morte. II. Degli atti di libidine non forzati involontari Art. 190. Chi, mediante fraudolenta narcotizzazione dei sensi, mette una persona nell’incapacità di respingere le sue bramosie e in questa condizione abusa della stessa per soddisfare la propria voluttà, è punito con la casa di lavoro da uno a quattro anni.
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Art. 191. La pena della casa di lavoro aggravata da uno a quattro anni deve essere inflitta a colui che ha usato o sedotto un fanciullo o una fanciulla minore di dodici anni per fini di libidine contro natura.
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C) Crimini contro la Libertà Personale I. Detenzione illegale Art. 192. Chi con prava intenzione detiene in proprio potere una persona contro la sua volontà e mediante imprigionamento o in qualsiasi altro modo le impedisce l’uso della libertà personale, si rende colpevole di un crimine se l’offeso è stato privato della propria libertà per ventiquattro ore intere. Art. 193. Un tale malfattore deve essere punito con la casa di lavoro di un anno. Tuttavia, se l’offeso si è trovato in potere del criminale più a lungo di ventiquattro ore, la pena principale prestabilita è da prolungare del doppio del tempo di durata della privazione della libertà. Se la durata della pena detentiva commisurata secondo tale proporzione eccede la misura massima della pena della casa di lavoro stabilita nell’art. 16, si deve infliggere la reclusione. Art. 194. Se l’offeso, oltre alla privazione della libertà, ha subito altri particolari maltrattamenti per il luogo, per la modalità della detenzione oppure in qualsiasi altro modo, la pena detentiva meritata deve essere aggravata mediante punizione corporale o altre aggiunte, secondo l’entità e la natura dei maltrattamenti. Art. 195. Lo stesso ha luogo se il criminale ha commesso tale condotta contro i propri genitori oppure contro altre persone nei confronti delle quali è tenuto ad un particolare rispetto. Art. 196. Ogni suddito è autorizzato ad arrestare ed a tenere in custodia presso di sé persone folli, fanciulli smarriti, vagabondi, mendicanti, criminali fuggiaschi o colti sul fatto o altre persone sospette. Chi tuttavia tiene in proprio potere questa persona più a lungo di ventiquattro ore, senza informare di ciò la più vicina autorità oppure anche, in entrambi i primi casi, i congiunti degli arrestati, va punito con misure di polizia. II. Ratto. Nozione Art. 197. È colpevole di ratto chi con violenza o inganno cattura senza averne diritto una persona contro la sua volontà al fine di condurla con sé fuori dai confini dello Stato ovvero di farla condurre via da altri; come pure chi ha tenuto questa condotta su una persona prima che abbia compiuto il quindicesimo anno d’età con la sua volontà, ma senza il consenso dei suoi genitori o tutori. 1) Primo e più basso grado Art. 198. Secondo la gravità del loro intento antigiuridico, i colpevoli del pericolo oppure del pregiudizio ai quali il rapito è stato esposto o assoggettato, devono essere puniti con la casa di lavoro da quattro a otto anni, salva la disposizione contenuta nell’art. 200.
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Il Codice Penale per il Regno di Baviera (1813) 2) Secondo e terzo grado
Art. 199. Una pena più grave è dovuta nei casi seguenti: cioè quando I. il rapito è stato impiegato nei servizi navali o di guerra di una potenza estera, il criminale deve essere condannato alla reclusione da otto a dodici anni, e II. quando il rapito è stato condotto in regioni lontane del mondo, per servire come schiavo o come servo, il criminale deve essere condannato alla reclusione a tempo indeterminato; tutto ciò salvo quanto disposto subito qui di seguito. Aggiunta accrescitiva Art. 200. Se è dimostrabile che il tempo in cui l’offeso nei casi degli artt. 198 e 199 n. I è stato privato della sua libertà è maggiore della durata delle pene ivi disposte, la durata della pena deve essere prolungata dell’eccedenza. Se alla fine della durata della pena la persona rapita non è stata ancora rintracciata o non è ancora tornata in libertà, finché ciò non è avvenuto, il criminale deve continuare ad essere trattenuto nel suo luogo di pena ed anche il ricorso per la grazia non deve essere autorizzato prima. III. Rapimento. Nozione Art. 201. Si rende colpevole del crimine di rapimento chi mediante inganno, artifizio o violenza cattura una persona contro la sua volontà e la conduce via con sé nell’intento di disonorarla con atti di libidine o di costringerla al matrimonio oppure di consegnarla ad altri per tale scopo. A questi è da ritenere equiparato anche colui che, nell’intento predetto, mediante coercizione o artifizio, trattiene in proprio potere tale persona lontana dal suo luogo di residenza contro la sua volontà. Art. 202. Il rapimento di una persona minore di dodici anni, benché con il suo consenso, viene punito come rapimento contro la volontà del rapito. Pena Art. 203. I. Se il criminale, dopo aver eseguito il prelevamento o la cattura, non aveva tuttavia ancora realizzato il proprio scopo, deve essere punito con la casa di lavoro da uno a quattro anni, secondo il grado dell’inganno, della violenza o dei maltrattamenti e secondo la condizione della persona rapita. II. Se invece è stata consumata la congiunzione carnale con la persona rapita, deve aver luogo la pena della casa di lavoro da quattro a otto anni. D) Dell’Abuso della Legittima Autorità Privata per Maltrattamenti alla Persona
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Art. 204. Chi abusa della autorità privata su un’altra persona, che gli spetta legittimamente, per maltrattarla oppure per altri scopi illeciti, deve essere punito secondo le disposizioni che seguono.
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1) Mediante abuso del diritto di correzione Art. 205. Chi abusa del proprio diritto di correzione tanto da ledere il sottoposto nella salute è assoggettato, nei casi stabiliti dagli artt. 179-182, alle pene previste per legge contro la lesione personale e oltre a ciò, se la lesione appartiene alle classi menzionate negli artt. 180, 181 e 182, deve essere privato della legittima autorità in virtù della quale gli spettava il diritto di correzione. Nondimeno il giudice deve ogni volta valutare se costui abbia oltrepassato i limiti soltanto per un impeto non meditato ovvero se abbia avuto di mira proprio una lesione della salute e sia dunque da punire in conformità all’art. 185 o invece secondo le disposizioni contro l’atto di violenza premeditato (artt. 179-182). 2) Mediante seduzione ad atti di libidine Art. 206. I genitori ed altri consanguinei in linea ascendente che si congiungono carnalmente con i loro figli o con altri discendenti oppure che per voluttà abusano altrimenti degli stessi, devono essere incapaci di tutti gli uffici e titoli pubblici, essere privati di tutti i diritti dei genitori, essere in modo assoluto incapaci di successione legittima o testamentaria nel patrimonio di questi loro figli e oltre a ciò devono essere puniti con la pena aggravata della casa di lavoro da due a sei anni. Art. 207. I fratelli e le sorelle germani legittimi, che praticano gli uni con gli altri atti di libidine, come pure il patrigno e la matrigna o i genitori adottivi, i tutori, i maestri di scuola, i precettori che abusano dei loro sottoposti per atti di libidine, devono, insieme con l’incapacità a tutti gli uffici e titoli pubblici, essere puniti con la casa di lavoro da uno a quattro anni. Del lenocinio nei casi sopra stabiliti Art. 208. Il lenocinio in tutti i casi prestabiliti (artt. 206 e 207) è assoggettato alle stesse pene del soddisfacimento della propria voluttà, a condizione che da parte di colui a favore del quale è avvenuto il lenocinio sia stato effettivamente consumato l’atto di libidine avuto di mira. Capo III DEL DANNO ALLA PROPRIETÀ MEDIANTE SOTTRAZIONE, APPROPRIAZIONE INDEBITA, RAPINA ED ESTORSIONE A) Furto. Nozione e Natura del Furto Art. 209. È un ladro chi si impossessa scientemente ed arbitrariamente di un bene mobile altrui senza il consenso dell’avente diritto, ma senza violenza contro una persona, al fine di averlo antigiuridicamente come proprietà. Art. 210. Il furto è consumato non appena il ladro ha portato per sé via dal suo posto la cosa oppure se n’è altrimenti impadronito. Non fa alcuna differenza se voleva tenere la cosa per sé oppure cederla ad altri, se ne ha o meno effettivamente tratto il godimento voluto.
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Art. 211. L’illecita sottrazione di una cosa propria dal possesso dell’usufruttuario, del creditore pignoratizio o di colui il quale esercita il diritto di ritenzione sulla cosa, l’accettazione di un indebito e simili, non sono da condannare come furto, bensì secondo la diversità dei casi come ragion fattasi, truffa e simili. Art. 212. Chi, invece, trova una cosa perduta e, al fine di appropriarsene antigiuridicamente, rifiuta di restituirla al proprietario o a chi l’ha persa a lui presentatisi oppure non denuncia il suo ritrovamento all’autorità entro otto giorni né lo rende noto al pubblico, è colpevole del furto. Art. 213. Un erede che sottrae alcunché dall’eredità giacente o ancora indivisa in danno dei coeredi, legatari o creditori dell’eredità, come pure i comproprietari o i soci che in danno degli altri partecipanti commettono una sottrazione sulla cosa o sulla cassa comune, sono colpevoli del furto. Della pena del furto Art. 214. Il furto diviene un crimine I. per l’entità dell’ammontare (art. 215) oppure II. per la natura della condotta stessa (artt. 216 ss.). I. Furto semplice Art. 215. Se il ladro ha sottratto la somma di venticinque fiorini in valuta del Regno bavarese o più, deve essere condannato alla casa di lavoro per un anno e questa durata della pena deve essere prolungata di tanti trimestri, quante volte il valore della somma sottratta contiene in sé la somma di cinquanta fiorini; senza però che la durata della pena possa eccedere gli otto anni. II. Furto qualificato Art. 216. Senza riguardo per la somma, il furto è un crimine I. a causa della particolare inviolabilità della proprietà sottratta; II. a causa dell’elevata occasione di sottrazione, che espone la cosa al ladro, in generale o per la sua particolare situazione; III. a causa della particolare premeditazione e pericolosità del ladro. 1) Per la particolare inviolabilità della proprietà Art. 217. Per particolare inviolabilità della proprietà sottratta sono aggravati: 1) la sottrazione di cose che sono consacrate al servizio religioso; 2) il furto su denari o cose che appartengono alla proprietà dello Stato o ai beni inalienabili della Casa reale, oppure 3) al patrimonio di un’opera pia, di un ospedale, di un ricovero di mendicità, di un orfanotrofio, di un brefotrofio e simili; parimenti 4) su tutte le cose depositate sotto la protezione dell’autorità; infine 5) il furto perpetrato nelle pubbliche strade sul bagaglio dei viaggiatori oppure sulle merci trasportate dai vetturini o dai messi oppure sulle cose affidate alla posta pubblica.
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2) Per la particolare occasione Art. 218. Con riguardo alla particolare occasione sono qualificati 1) un furto commesso durante incendio o inondazione, in imminente pericolo di guerra e in altre simili calamità; 2) i furti nei mercati, in luoghi pubblici o in una folla; 3) i furti su bestiame al prato o al pascolo, su alveari, su legname nei boschi o in pubblici depositi di legna, sui Bleichstücke e altre cose simili che non possono essere sufficientemente custodite; 4) le sottrazioni notturne di frutti dell’albero, di terra o dell’orto; infine 5) le sottrazioni commesse dalla servitù contro il padrone o la padrona di casa. La punizione del furto di selvaggina è regolata secondo disposizioni speciali. Art. 219. Per servitù (art. 218 n. 5) si intendono: 1) tutti i servitori propriamente tali; 2) i garzoni e apprendisti; 3) i lavoratori giornalieri che sbrigano il loro lavoro nella casa stessa; 4) tutte le altre persone che prestano servizio per salario o vitto e, perciò, entrano ed escono dalla casa. Pena dei furti qualificati di prima e seconda classe Art. 220. Un furto qualificato di prima e seconda classe (artt. 217-219) è punito con la casa di lavoro da uno a tre anni e allorché il valore di quanto sottratto ammonta a più di venticinque fiorini, la durata del periodo di pena è prolungata secondo le stesse proporzioni del furto semplice (art. 215): senza che però la durata della pena possa essere estesa oltre otto anni. 3) Furto premeditato pericoloso Art. 221. I furti sono qualificati a causa della particolare premeditazione o pericolosità: 1) se il ladro si è unito con uno o più per l’esecuzione di questo crimine; oppure 2) si è introdotto con l’intenzione di rubare in un’abitazione o in un altro edificio altrui e là nottetempo ha commesso il furto; 3) se il ladro si è introdotto in una casa o in un altro edificio su di una scala o è altrimenti penetrato attraverso un’entrata diversa da quelle usuali; 4) se egli, per poter rubare, ha aperto a forza o sfondato con violenza edifici o luoghi di conservazione oppure ha aperto con grimaldelli o chiavi false, a ciò procuratisi intenzionalmente, ovvero con le chiavi vere, da lui prima sottratte di nascosto o prese con inganno; 5) quando la sottrazione è stata commessa mediante violazione del sigillo dell’autorità; e infine 6) se il ladro si era munito di armi per eventualmente difendersi. Cosa è da intendersi per armi Art. 222. Qui e in altre parti di questo codice, per armi si intende ogni strumento con cui può essere arrecata una lesione corporale pericolosa per la vita. Pena dei furti premeditati pericolosi Art. 223. I furti qualificati della summenzionata terza classe (art. 221) devono essere puniti, ammonti la sottrazione a poco o tanto, con la casa di lavoro da quattro a otto anni.
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Il Codice Penale per il Regno di Baviera (1813) Concorso di più circostanze aggravanti
Art. 224. Se in un stesso furto concorrono più fattori aggravanti, la punibilità deve essere quantificata secondo le seguenti disposizioni: I. se concorrono fattori aggravanti della prima classe (art. 217) con fattori aggravanti della seconda classe (art. 218), la pena della casa di lavoro (art. 220) deve essere commisurata fra i tre ed i sei anni ed inasprita con punizione corporale; II. se invece un caso aggravato della terza classe (art. 221) è congiunto con uno o più fattori aggravanti della prima o seconda classe, la pena sale alla reclusione da otto a dieci anni; III. se nello stesso furto ricorrono due o più circostanze aggravanti menzionate nella terza classe (art. 221), si deve applicare la reclusione da dieci a dodici anni; qualora infine IV. due o più circostanze aggravanti della terza classe (art. 221) concorrano con una o più circostanze aggravanti della prima e seconda classe (artt. 217, 218), il criminale è punito con la reclusione da dodici a quindici anni. Del furto reiterato Art. 225. Se il ladro ha commesso più furti ancora impuniti devono essere applicate le disposizioni generali sul concorso dei reati (artt. 108 ss.) e se lo stesso dopo una precedente punizione ha commesso di nuovo un furto, devono essere applicate le disposizioni generali sulla punizione della recidiva (artt. 111-117). In caso di prima recidiva, un piccolo furto punito con misure di polizia (art. 380) è punito come delitto a norma dell’art. 379. Circostanze attenuanti nel furto Art. 226. Il risarcimento o la restituzione del bene rubato non operano alcuna attenuazione della pena ordinaria, eccetto nei casi seguenti. Se il ladro stesso, prima di essere stato posto sotto indagine, volontariamente e senza pregiudizio antigiuridico di un terzo, ha effettuato la restituzione o il risarcimento, ciò gli torna utile per i furti semplici e aggravati di prima e seconda classe, in quanto, ma non oltre, la somma restituita non viene computata nell’aumento proporzionale dell’ordinaria durata della pena stabilito negli artt. 215 e 220. Art. 227. Chi invece dopo la commissione di un furto semplice o aggravato di prima e seconda classe, prima di essere divenuto in altro modo noto all’autorità come autore, volontariamente si autodenuncia e restituisce la totalità dei beni sottratti od il loro intero valore, deve essere punito, nel caso dell’art. 220, non più severamente che con il carcere da sei mesi ad un anno e, nel caso dell’art. 215, con il carcere da otto giorni a tre mesi. Quando contro il furto non si deve procedere d’ufficio
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Art. 228. Le sottrazioni che vengono commesse tra coniugi o fratelli o tra figli e genitori, tra parenti, che convivono nella medesima società familiare, oppure da giovani contro i loro tutori, genitori adottivi o precettori, devono essere inquisite dall’autorità e punite soltanto su previa denuncia del derubato o di colui al quale essi sono sottoposti in famiglia.
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B) Appropriazione Indebita dell’Affidatario 1) Nozione Art. 229. Chi ha una cosa in possesso o in custodia per conto di altri e se ne appropria antigiuridicamente, è colpevole di appropriazione indebita dell’affidatario. Art. 230. Questo fatto è da ritenere consumato non appena il possessore ha scientemente negato la cosa a lui affidata a chi ha diritto di rivendicarla ovvero ha in tutto o in parte ceduto o consumato la stessa o tenuto un’altra condotta a cui soltanto il proprietario può essere legittimato. L’appropriazione indebita su cose che sono state poste sotto sigillo od in un contenitore chiuso, è consumata mediante la rottura del sigillo o l’apertura del contenitore, avvenute con l’intenzione di appropriarsene indebitamente. 2) Pena Art. 231. Vetturini, artigiani, operai ed altre persone che commettono questa appropriazione indebita sulle cose loro affidate per il trasporto, la consegna, la lavorazione, come pure i creditori pignoratizi sul pegno dato ad essi, devono essere puniti come ladri comuni (art. 215). Art. 232. Contro messi pubblici, contro procuratori, amministratori, contabili privati, depositari, tutori, curatori e domestici deve essere applicata la pena della prima e seconda classe dei furti qualificati previsti per legge (art. 220). C) Della Rapina. Definizione della Nozione Art. 233. Chi, al fine di eseguire una sottrazione, usa violenza o mediante maltrattamenti per vie di fatto ovvero mediante minaccia per la vita e l’incolumità individuale, è colpevole di rapina, abbia o meno raggiunto il proprio avido proposito. Art. 234. Chi ha usato violenza ad una persona e in questa situazione ha commesso una sottrazione sulle sue cose, non può eccepire di aver commesso il maltrattamento non per causa della rapina, bensì in stato di collera, per vendetta o altre simili cause e di aver usato la condizione di impotenza del violentato come occasione per la sottrazione solo a causa di un avido intento sorto in lui successivamente. Art. 235. Chi, provvisto intenzionalmente di armi, ha commesso soltanto un furto (art. 221 n. 6) e dopo che è stato sorpreso sul fatto si è effettivamente servito di queste armi per spaventare o per maltrattare, deve essere punito come rapinatore. Lo stesso vale per chiunque altro che, sorpreso a rubare, ha violentemente messo le mani su una persona per porre al sicuro il bene sottratto. Se, invece, un ladro, che prima non era volontariamente provvisto di armi, colto sul fatto si difende soltanto per la sicurezza della propria persona, ciò influisce sulla punizione solo fin dove trovano applicazione le disposizioni contro le lesioni personali o l’uccisione.
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Il Codice Penale per il Regno di Baviera (1813) Pena. Rapina di primo grado
Art. 236. Una rapina che è stata commessa senza violenta manomissione, mediante semplici minacce, senza impiego di armi mortali, è punita con la reclusione da otto a dodici anni. Di secondo grado Art. 237. La pena è la reclusione da dodici a sedici anni, se la rapina è stata perpetrata mediante semplici minacce senza impiego di armi mortali, ma il rapinatore o 1) al contempo ha fatto irruzione, si è introdotto in un’abitazione o è penetrato di notte in una dimora, oppure 2) se aveva cercato di rendersi irriconoscibile mediante maschere, annerimento del viso, barba finta e simili ovvero, infine, 3) se la rapina è stata commessa in associazione concordata con uno o più complici. Di terzo grado Art. 238. Se invece il rapinatore ha minacciato con armi mortali oppure se la rapina è stata perpetrata mediante violenta aggressione e maltrattamento per vie di fatto di una persona, il rapinatore è punito con la reclusione a tempo indeterminato. Se con ciò concorrono una o più delle circostanze aggravanti indicate nell’art. 237, il malfattore è punito con la riduzione in catene. Di quarto grado Art. 239. Con la morte devono essere puniti: 1) i rapinatori dai quali una persona è stata torturata per estorcerle la rivelazione degli averi nascosti; 2) se una persona, a cagione dei maltrattamenti commessi su di lei, è stata messa in pericolo di vita, è stata mortalmente ferita o mutilata oppure ha subito un danno permanente incurabile alla propria salute. Delle bande di rapinatori e dei loro capi Art. 240. I comandanti e i capi di una banda di rapinatori devono essere puniti con la morte, se dalla banda sono state commesse rapine del terzo o quarto grado, altrimenti devono essere condannati alla pena delle catene. Per quanto riguarda i restanti compartecipi di una banda di rapinatori e la punizione dei complici o favoreggiatori, devono essere applicate le disposizioni generali su bande, complici, favoreggiatori e così via. D) Estorsioni
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Art. 241. Deve essere punito come un rapinatore chi, mediante maltrattamenti per vie di fatto oppure mediante minaccia all’incolumità personale o alla vita, ha costretto taluno a sottoscrivere, redigere o consegnare un documento, che ha per contenuto l’acquisizione di diritti o l’estinzione di obbligazioni; ovvero l’ha costretto alla cancellazione di una posta debitoria, alla restituzione di un certificato di debito, al rilascio di una quietanza, al fine di procurarsi in questo modo, a danno di costui o di un terzo, un vantaggio antigiuridico.
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Art. 242. Chi tenta di estorcere per sé un vantaggio antigiuridico mediante timore di futuri maltrattamenti oppure mediante minaccia di calunnie, azioni in giudizio o denunce, di prestare o non prestare una testimonianza e di altre simili inquietanti molestie, deve non solo essere privato del profitto ottenuto, ma incorrere anche nella pena della casa di lavoro da uno a quattro anni, secondo l’entità della malvagità dimostrata, la gravità della minaccia e la rilevanza del profitto avuto di mira. Se però costui ha minacciato verbalmente o per iscritto di morte o di incendio e così ha estorto per sé un profitto, deve essere punito come un rapinatore. Art. 243. Chi invece con lettere minatorie di incendio o collocandone tracce tenta di perpetrare estorsioni su interi territori e regioni, deve essere condannato ad almeno dieci anni di reclusione e questa pena deve essere aumentata fino alla reclusione a tempo indeterminato in proporzione all’effettiva imminenza del pericolo. Capo IV DEL DANNEGGIAMENTO DELLA PROPRIETÀ A) Del Danneggiamento Illecito in Generale Art. 244. L’intenzionale distruzione antigiuridica o il danneggiamento della proprietà, se connessi con un pericolo comune ancorché remoto, sono puniti come crimine secondo le seguenti disposizioni, altrimenti come delitto, secondo le disposizioni del Libro Terzo. B) Delle singole Specie I. Deterioramento di generi alimentari per cagionare una pubblica carestia Art. 245. A chi ha distrutto scorte di viveri e di altri generi di necessità e con ciò ha cagionato una pubblica carestia di queste cose, deve essere inflitta la pena della casa di lavoro da quattro a otto anni. II. Diffusione di pesti bovine Art. 246. Chi, per danneggiare animali altrui, ha avvelenato pascoli, prati, stagni; chi intenzionalmente, per vendetta o per interesse personale, ha diffuso una peste bovina, deve subire la riduzione in catene. III. Dell’incendio Art. 247. Chi con intenzione antigiuridica incendia la proprietà altrui o la sua proprietà, con pericolo per i suoi abitanti o per abitazioni altrui, diviene colpevole del crimine di incendio, anche se il fuoco ha provocato solo danni lievi o è stato estinto appena dopo scoppiato. Primo e più elevato grado dell’incendio Art. 248. Se l’incendio è stato provocato su abitazioni o altri luoghi di residenza di persone
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ovvero su edifici o cose vicini ad abitazioni e luoghi di residenza di persone e il fuoco poteva a questi comunicarsi; se tale fatto è avvenuto in città, borghi, villaggi, ovvero anche soltanto in luoghi di residenza di persone che sono isolati ma abitati, il malfattore deve subire la pena di morte, se con ciò si verifica al contempo una o un’altra delle sottoindicate circostanze aggravanti. Cioè I. se una persona a causa del fuoco ha perso la vita o ha subito danno con pericolo di vita; II. se l’incendio si è propagato così estesamente, che due o più abitazioni di persone sono state ridotte in cenere; III. se il fuoco è stato appiccato o è scoppiato in un momento in cui gli abitanti di solito dormono; oppure quando ciò è accaduto IV. in quei luoghi di riunione ove un elevato numero di persone fu esposto al pericolo di subire danni; V. se l’incendio fu commesso durante un’altra calamità, nel corso di una rivolta, nel pericolo di un’inondazione o di guerra o in altri pericoli; VI. se è stato commesso su edifici in cui sono custodite scorte di polvere da sparo o su luoghi nelle cui vicinanze si trovano tali scorte; VII. se il fuoco fu appiccato affinché con il favore dello stesso potesse essere commesso, dall’incendiario o da altri, assassinio, rapina, furto o un altro grave crimine; VIII. se il criminale ha appiccato il fuoco in città, borghi, villaggi siti in luoghi differenti, sebbene lo stesso sia scoppiato soltanto in un luogo; IX. se il criminale si è reso colpevole in tempi diversi di più incendi. Secondo grado Art. 249. Un incendio che è stato commesso su abitazioni e luoghi di residenza di persone, ma senza la presenza di una delle circostanze aggravanti enumerate nel precedente art. 248 e se questo fatto è inoltre avvenuto in città, borghi, villaggi o su luoghi di residenza di persone isolati ma abitati, deve essere punito con la riduzione in catene e, in caso di minore punibilità, con la reclusione, ma non sotto i sedici anni. Terzo grado Art. 250. Chi con intenzione antigiuridica appicca l’incendio su boschi o su campi di grano non ancora raccolti, sebbene senza pericolo per persone e per luoghi ove risiedono persone, deve essere punito con la reclusione da otto a dodici anni. Quarto grado Art. 251. Chi, con intenzione antigiuridica, dà fuoco ad edifici od a luoghi di conservazione, isolati e disabitati, a scorte di legna separate, a frutti della terra, del prato o dell’orto raccolti e che si trovano all’aperto, dal cui incendio non c’è verosimilmente da temere alcuna propagazione del fuoco né alcun pericolo per luoghi di residenza di persone abitati, subisce la pena della casa di lavoro da uno a quattro anni. Incendio di cosa propria
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Art. 252. Chi con intenzione antigiuridica dà fuoco alla sua proprietà con pericolo per gli abitanti della stessa ovvero con pericolo per abitazioni altrui, deve essere punito come ogni altro incendiario secondo i diversi casi (artt. 248 ss.). Se questa condotta avvenne senza pericolo per le persone o la proprietà altrui, nell’intento
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di commettere una truffa contro le casse per l’indennizzo degli incendi o per frodi simili, trova applicazione la pena prevista dalla legge per la truffa qualificata (art. 263). Degli effetti del pentimento operoso Art. 253. Chi, dopo aver appiccato l’incendio, mosso da pentimento, ha portato via o eliminato i materiali incendiari prima dello scoppio del fuoco non sottostà ad alcuna sanzione penale, salvo la pena e la vigilanza di polizia. Se, dopo essere scoppiato, il fuoco è stato immediatamente estinto dallo stesso incendiario o per sua disposizione e così tutti i danni sono stati evitati, costui deve essere condannato, in caso di incendi del quarto e terzo grado, al carcere da uno a sei mesi; per incendi del secondo e primo grado da uno a tre anni nella casa di lavoro. Se egli, con il suo pentimento operosamente dimostrato, ha prevenuto soltanto l’ulteriore propagazione del fuoco, ma non ha evitato tutti i danni, ciò non gli torna utile se non per il fatto che è punito con la riduzione in catene nei casi dell’art. 248 (ad eccezione del primo), nel caso di incendi del secondo grado, invece, al massimo con la reclusione a tempo indeterminato. IV. Provocata inondazione Art. 254. Chi, al fine di cagionare un’inondazione, perfora o altrimenti danneggia vasche o dighe con pericolo comune per la vita e la proprietà, deve essere giudicato al pari di un incendiario. V. Collocamento di mine di polvere da sparo Art. 255. Chi colloca una mina di polvere da sparo, allo scopo di far saltare in aria un luogo ove risiedono persone, deve essere punito con la pena di morte se sono già stati fatti preparativi per l’accensione della stessa, altrimenti con la riduzione in catene, salvo ciò che è disposto nell’art. 58 sul tentativo non punibile. Capo V DELLA LESIONE DEI DIRITTI ALTRUI MEDIANTE TRUFFA A. Della Truffa in generale. Nozione Art. 256. Chi, al fine di arrecare danno ad altri ovvero di procurare a se stesso un vantaggio illecito, scientemente e intenzionalmente fa credere o rappresenta fatti falsi per veri, nega o sopprime in modo illecito fatti veri oppure si avvale scientemente anche di una truffa altrui, a proprio vantaggio o in danno di un terzo, è punito per truffa consumata, se da ciò è derivato un danno effettivo o se la condotta fraudolenta è stata commessa con i fattori aggravanti menzionati negli artt. 265, 266, 269, 270, 271, 278, 280 a 294. Art. 257. Il semplice nascondere la verità è truffa, 1) se con ciò si approfitta dell’errore di altri al fine di indurlo ad una azione, omissione o promessa per lui pregiudizievole; 2) se taluno in modo illecito occulta, distrugge, rende inservibili o altrimenti sopprime documenti validi in
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pregiudizio dei diritti altrui; 3) se taluno, richiesto dall’autorità di rendere una testimonianza, tace o nega quanto è a sua conoscenza. B. Della Truffa in Danno della Proprietà altrui 1) Truffa semplice Art. 258. Le frodi con cui altri viene leso o nel proprio patrimonio attuale o nel patrimonio futuro giuridicamente atteso, sono crimini, se il loro ammontare raggiunge la somma di 25 fiorini, nel qual caso sono punite come furto comune secondo l’art. 215, tranne che in presenza di circostanze aggravanti. Art. 259. Una truffa, commessa nella conclusione o nell’esecuzione di un contratto bilaterale, diretto a reciproco vantaggio, ha per conseguenza, insieme con gli effetti pregiudizievoli stabiliti nelle leggi civili, la punizione di polizia secondo la natura delle circostanze, salvo quanto disposto nell’art. 263 n. IV circa la falsa misura ed il falso peso. Per contro l’art. 258 resta pienamente applicabile in caso di vendita fraudolenta di una cosa non più esistente oppure già validamente ceduta, di una merce di tutt’altra specie e materia rispetto a ciò per cui è stata spacciata, di un oggetto su cui l’acquirente non poteva conseguire alcun diritto di proprietà certo, a causa di diritti dissimulati di un terzo o per altre ragioni giuridiche. Art. 260. In caso di contratti che originariamente tornano a vantaggio o a lucro dell’altra parte, come donazioni, contratti di comodato (commodata), prestiti, il promittente che inganna altri mediante fraudolenta negazione o riduzione dei vantaggi contrattuali è giudicato soltanto secondo le leggi civili. Dell’usura truffaldina Art. 261. La trasgressione delle prescrizioni legislative relative agli interessi ha soltanto conseguenze di diritto privato o di polizia, se è avvenuta in modo non occulto. Contratti usurari camuffati devono invece essere puniti come frodi comuni. Art. 262. Un contratto usurario è detto camuffato quando la vera proporzione degli interessi rispetto al capitale non può essere direttamente riconosciuta dal contratto stesso con precisione e chiarezza. 2) Frodi qualificate per legge del primo e più basso grado
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Art. 263. Sono puniti secondo le disposizioni contro il furto qualificato della prima e seconda classe (art. 220): I. la truffa contro una fondazione costituita per scopi di pubblica utilità o religiosi e morali; II. i domestici per una truffa contro i padroni; III. la truffa dei tutori, curatori, procuratori, amministratori, contabili privati, depositari, soci, periti tecnici o arbitri, nei rapporti negoziali che dipendono dalla loro particolare fedeltà; IV. chi nel proprio mestiere si serve di falsa misura e peso o vende merce non autentica o contraffatta mediante abuso di timbri pubblici o di altri marchi della pubblica autorità; V. chi ha confermato solennemente, mediante giura-
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mento prestato avanti al tribunale, una promessa valida od altra obbligazione gravante su di lui di future azioni od omissioni ma ha rotto tale promessa giurata con consapevolezza e volontà; VI. truffatori che approfittano per proprio interesse personale dei pregiudizi e della superstizione del popolo mediante presunti esorcisti, cavatori di tesori sotterrati, indovini, alchimisti e simili. Art. 264. Chi abusa della religione, di una funzione religiosa o di cose consacrate mediante la religione quale mezzo per compiere una truffa, deve essere non solo punito come ladro qualificato secondo l’art. 220, ma anche essere prima esposto pubblicamente. 3) Frodi qualificate per legge di secondo grado Art. 265. Secondo le disposizioni contro il furto premeditato pericoloso devono essere puniti con la casa di lavoro da quattro a otto anni, senza considerare se il danno ha avuto luogo o meno, I. coloro la cui truffa è connessa con un pericolo per la salute o la vita altrui; commercianti, merciai, panettieri, birrai, osti, che alterano con cose nocive generi alimentari vendibili presso di loro, se non trovano applicazione le più severe disposizioni contro il veneficio a causa del provato intento dell’uccisione o del danno alla salute e di un effettivo danno avvenuto; II. coloro che si sono uniti per la commissione in comune di più frodi; III. giocatori di professione che al contempo barano, insieme con i loro complici; detentori di false lotterie e i loro collettori; in generale pure IV. chi, a causa di truffa reiterata, si mostra come truffatore esperto, abituale ovvero si dedica ad un tipo di truffa tale che comprende una quantità indefinita di frodi da reiterare più volte. Continua. Falsificazione di documenti Art. 266. Nello stesso modo deve essere punito V. chi falsamente rilascia a nome altrui o fabbrica, contraffa fraudolentemente scritture private quali: testamenti, contratti, certificati di debito, cambiali, quietanze, registri commerciali e simili, modifica, aggiunge, cancella fraudolentemente qualcosa in uno di tali validi documenti ovvero scientemente fa anche uso di un documento falso. Art. 267. Chi sopprime documenti validi in danno di altri (art. 257 n. 2) ovvero chi, al fine di ingannare un terzo, dichiara scientemente fatti o circostanze falsi nei documenti rilasciati in nome proprio o controfirmati, deve essere punito come truffatore comune secondo l’art. 258. Art. 268. Come punire i falsificatori di documenti pubblici è disposto in questo Libro, titolo II, capo V. Continua. Falso giuramento in cause civili Art. 269. VI. Chi in giudizio ha scientemente prestato falso giuramento dichiarativo (assertorio) come testimone o perito tecnico in una causa altrui o come parte in una propria causa o come procuratore per il rappresentato, tutore per un minore, qualunque sia nel resto il tipo di giuramento che egli vuole; così pure, chi ha incaricato, subornato o altrimenti commissionato lo spergiuro di prestare il falso giuramento: costoro devono non solo essere assoggettati alla pena
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disposta nell’art. 265, ma anche divenire per sempre incapaci di tutti i titoli, cariche statali e onorifiche, come pure di prestare testimonianza o giuramento e prima di essere condotti al luogo di pena devono essere esposti pubblicamente. Art. 270. Le formule di asseverazione dei mennoniti usate in sostituzione del giuramento; così pure le asserzioni o dichiarazioni fatte riguardo ad un giuramento già prestato sono, rispetto alla pena del falso giuramento (art. 269), da considerare equiparate al giuramento stesso. Art. 271. Fuori dei casi stabiliti nell’art. 270 la violata asserzione sostitutiva del giuramento deve essere punita a norma dell’art. 263, ciò che vale anche quando il giuramento, alla cui prestazione la persona si era dichiarata disposta, è stato ammesso come prestato dalla parte avversa. Art. 272. Il giuramento estimatorio (iuramentum in litem) in cause civili, come anche ciascun giuramento, dichiarato per iscritto od oralmente, contenuto in una asserzione soltanto privata, non ammette alcuna indagine per falso giuramento. Della bancarotta penalmente punibile in particolare 1) Assuntore fraudolento di debiti Art. 273. Chi è incorso in fallimento ed è provato che ha ingannato i creditori mediante occultamento in mala fede della propria insolvibilità già sussistente ovvero, nell’assunzione di nuovi debiti ipotecari, mediante disconoscimento o fraudolento occultamento di ipoteche più vecchie e più pesanti, deve essere punito come assuntore fraudolento di debiti secondo le disposizioni contro la truffa comune, a norma dell’art. 258. Art. 274. Chi, avendo prospettive di miglioramento del proprio stato definite verosimili in modo dimostrabile, utilizza il proprio restante avere senza rivelare le proprie condizioni patrimoniali, è esente dalla pena del contraente fraudolento di debiti, se la sua prospettiva è stata vanificata senza sua colpa per circostanze non prevedibili. Speranze indefinite che non si fondano su alcuna base di verosimiglianza non meritano alcuna considerazione. Assuntori di debiti per spavalderia e per colpa Art. 275. Gli assuntori di debiti per spavalderia e per colpa devono essere puniti con misure di polizia secondo la natura delle circostanze. 2) Bancarottieri truffaldini a) di primo grado
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Art. 276. Chi, in caso di fallimento imminente o aperto, senza ricercare un vantaggio per se stesso, mediante azioni truffaldine favorisce singoli creditori prima degli altri, è punito come truffatore comune.
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b) di secondo grado Art. 277. Chi, in caso di fallimento imminente o aperto, per frodare i propri creditori, si rende colpevole di un’appropriazione indebita o di una truffa, tiene nascosti per sé moneta o valori ovvero li trafuga, occulta crediti attivi o ne accetta di nascosto il pagamento ovvero adduce anche finti creditori, deve essere punito, secondo l’art. 263, come truffatore qualificato di primo grado, se la condotta non merita una pena ancora più severa, per violato giuramento del debitore sullo stato del proprio patrimonio o per falsificazione di documenti. c) di terzo grado Art. 278. Chi, al fine di arricchirsi antigiuridicamente con danno dei propri creditori, mediante azioni fraudolente si presenta come insolvibile, deve essere punito con la casa di lavoro da quattro a otto anni, oltre a ciò deve essere dichiarato incapace di tutti i titoli, cariche statali e onorifiche e al futuro esercizio del commercio o professione di cui ha abusato per commettere la truffa. Art. 279. Chi, in prossimità di un fallimento imminente, ha trafugato, distrutto, reso inservibili i propri libri contabili e altri documenti, da cui poteva essere valutato lo stato patrimoniale e il rapporto dello stesso rispetto ai debiti; commercianti, i cui registri commerciali vengono trovati in condizione tale che da essi non è possibile valutare il rapporto dei debiti rispetto ai crediti: costoro hanno contro di sé la presunzione di bancarotta fraudolenta (art. 278). C) Della Truffa contro la Persona o l’Altrui Stato Personale in generale Art. 280. Una truffa che ha come scopo il compimento di un più grave crimine già specificamente indicato, deve essere condannata secondo le particolari disposizioni su questo crimine, e precisamente, a seconda che lo scopo della truffa sia raggiunto o meno, in base ai principi del fatto consumato o del tentativo. Altrimenti, le frodi che mettono in pericolo o ledono la persona o l’altrui stato personale, devono essere punite secondo le disposizioni che seguono. 1) Con riferimento al matrimonio Art. 281. Chi ha indotto fraudolentemente una persona al matrimonio con sé e poi l’ha abbandonata di nascosto, deve essere condannato da uno a tre anni di casa di lavoro aggravata e, se alla base vi era uno scopo di profitto personale, la durata di questa pena deve essere prolungata al più a otto anni in proporzione al danno cagionato o al lucro conseguito, in conformità agli artt. 220 e 263. 2) Truffa contro lo stato di famiglia Art. 282. La truffa riguardo ai diritti di famiglia di una persona, quando è stata commessa mediante supposizione o scambio di un infante, deve essere punita con la casa di lavoro aggravata da uno a tre anni inflitta al trasgressore e, se con ciò è stato al contempo cagionato un danno al patrimonio o è stato conseguito un lucro, la durata di questa pena deve essere prolungata
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al più a otto anni in proporzione al danno causato o al lucro ottenuto, in conformità agli artt. 220 e 263. Art. 283. Chi, come membro della famiglia, si è reso egli stesso colpevole di una condotta di cui al precedente art. 282, viene nel contempo privato di tutti i benefici giuridici della parentela nei riguardi di coloro contro i quali è stata commessa la truffa. 3) Truffa contro il buon nome, calunnia Art. 284. Chi scientemente e falsamente incolpa altri di una condotta che in questo codice è dichiarata un crimine o un delitto, è colpevole di calunnia (Calumnie). a) Pena ordinaria della calunnia Art. 285. In tutti i casi di calunnia, il calunniatore deve essere obbligato alla ritrattazione giudiziale, a richiesta dell’offeso è resa nota pubblicamente la dimostrata falsità della divulgazione e inoltre deve essere punito come poi segue (artt. 286 ss.). b) Particolari specie e pene della calunnia aa) calunnia extragiudiziale Art. 286. Una calunnia commessa oralmente o per iscritto mediante divulgazione extragiudiziale o insinuazioni nascoste, quando ha per contenuto il rimprovero di un crimine per cui è comminata la casa di lavoro, la reclusione o una pena ancora più grave; del pari, quando essa è avvenuta in uno scritto diffuso pubblicamente del quale non si è fatto conoscere il vero autore, deve essere punita con la casa di lavoro da uno a tre anni inflitta al suo autore, come pure a colui che consapevole l’ha ulteriormente diffusa. Art. 287. Chi intraprende intenzionalmente una condotta punibile in guisa tale che così altri può esserne falsamente creduto l’autore, come quando vagabondi, truffatori e simili si attribuiscono falsamente il nome altrui; quando un pasquinante appone ai suoi scritti diffamatori il nome altrui ovvero contraffa un manoscritto altrui; quando taluno commette una condotta illecita con il pretesto dell’incarico o dell’ordine ricevuto: contro costoro la pena della calunnia (art. 286) deve essere aggravata, se il fatto non importa di per se stesso una pena più severa, per la qual ragione essa è aggravata come pena principale e deve essere applicata congiuntamente con le conseguenze dell’art. 285. bb) Calunnia giudiziale mediante falsa denuncia
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Art. 288. Chi, al fine di ottenere indagine e pena su un innocente, lo incolpa dinanzi all’autorità di un crimine ovvero falsamente adduce motivi di sospetto non veri che possono causare un’indagine contro di lui, tale falso denunziante deve essere condannato I. da tre a sei anni di casa di lavoro se per il crimine imputato è stabilita la reclusione o una pena ancora più severa; II. alla casa di lavoro da uno a tre anni se per il crimine imputato è prevista la casa di lavoro.
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cc) Calunnia giudiziale mediante falsa testimonianza non giurata Art. 289. I testimoni non giuranti che in cause penali testimoniano falsamente contro un accusato sono puniti, seconda la diversità del crimine a cui si riferisce la testimonianza, come falsi denuncianti, a norma dell’art. 288. dd) Calunnia giudiziale mediante falsa testimonianza giurata Art. 290. Chi in una indagine ha prestato un falso giuramento come denunciante, testimone o perito, è assoggettato alla pena del falso giuramento (art. 269 s.), se non trova applicazione una pena più severa nei casi seguenti (art. 291). Art. 291. Chi, al fine di portare un innocente alla pena, ha giurato il falso in una causa penale deve essere punito: I. con la reclusione da otto a dodici anni, se per il crimine imputato è prevista la pena della casa di lavoro; II. da dodici anni a venti anni di reclusione, se per il crimine imputato è stabilita la pena della reclusione; III. con la reclusione a tempo indeterminato, se il crimine imputato poteva avere per conseguenza la riduzione in catene o la pena di morte e, se l’accusato ha subito la morte, con la riduzione in catene. Art. 292. Se un innocente è stato punito con la morte, a causa di falsa, spergiura testimonianza di più d’uno, gli spergiuri che si sono intesi fra di loro per tale testimonianza, come pure il terzo dal quale questi falsi testimoni sono stati prodotti, sono puniti con la morte. ee) Calunnia giudiziale mediante falsificazione di documenti Art. 293. Chi in una indagine si rende colpevole di una falsificazione di documenti o dell’utilizzo di documenti consapevolmente falsi, deve essere condannato secondo le disposizioni contro il falso giuramento in cause penali (artt. 290 e 291). Art. 294. Chi scientemente e con prava intenzione sopprime o distoglie un documento su cui un accusato può fondare la propria giustificazione o almeno la domanda della diminuzione di pena oppure altri mezzi di prova della non colpevolezza o della minore punibilità, deve essere considerato al pari di colui che commette un falso giuramento contro l’accusato (artt. 290 e 291). Capo VI DELLA LESIONE DEI DIRITTI ALTRUI MEDIANTE INFEDELTÀ Dell’infedeltà dei tutori e curatori Art. 295. Tutori e curatori che con intenzione antigiuridica agiscono in pregiudizio delle persone sottoposte alle loro cure, devono essere incapaci di tutti i titoli, le cariche statali e onorifiche e oltre a ciò devono essere condannati al carcere da otto giorni a tre mesi, se l’infedeltà da essi commessa non integra al contempo truffa, appropriazione indebita o altro più grave crimine.
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Art. 296. Gli avvocati che hanno prestato giuramento di fedeltà, i quali in accordo antigiuridico con la controparte agiscono a favore di questa e in danno della propria parte, incorrono, sia o meno da ciò derivato un danno effettivo, insieme con la perdita dell’esercizio della professione, nell’incapacità di tutti titoli, cariche statali e onorifiche, e inoltre nel carcere da sei mesi ad un anno, se il loro fatto non integra un crimine ancora più grave. Dell’infedeltà dei coniugi mediante bigamia Art. 297. Un coniuge che, durante il matrimonio ancora ininterrotto e valido, contrae un nuovo matrimonio con una persona diversa, deve essere condannato alla casa di lavoro da uno a quattro anni; ma, se ha nascosto il proprio stato matrimoniale alla persona con cui ha contratto il secondo matrimonio, alla casa di lavoro da quattro a otto anni. Art. 298. Se entrambe le parti sono già sposate, la pena comminata nell’art. 297, è aggravata da un’aggiunta esterna. TITOLO SECONDO DEI CRIMINI PUBBLICI O CONTRO LO STATO Capo I DEI CRIMINI CONTRO L’ESISTENZA E LA SICUREZZA DELLO STATO IN GENERALE. ALTO TRADIMENTO E TRADIMENTO DELLA PATRIA Del tradimento dello Stato in generale Art. 299. Un suddito che infedelmente, con intenzione antigiuridica, intraprende contro lo Stato una delle condotte stabilite nelle seguenti disposizioni, diviene colpevole di tradimento dello Stato. 1) Primo grado o alto tradimento
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Art. 300. Il primo e più alto grado del tradimento dello Stato è detto alto tradimento e viene commesso: I. Mediante aggressioni alla sicurezza personale del Capo dello Stato, nei seguenti due casi: 1) quando un suddito ha effettuato un’aggressione alla sacra persona del Re, al fine di ucciderlo, imprigionarlo o consegnarlo al potere del nemico, ovvero 2) quando, al fine di eseguire uno o l’altro dei predetti misfatti, è stata eccitata una rivolta, o è stata conclusa una cospirazione interna o un’alleanza con stranieri. II. Mediante aggressione all’indipendenza dello Stato, sui presupposti seguenti: 1) quando un suddito, al fine di incorporare o sottomettere il Regno ad uno Stato straniero o di favorire il piano di un Governo straniero a ciò diretto, ha ordito un complotto, concluso un’unione con stranieri o eccitato una rivolta o con il medesimo intento ha preso parte a tali unioni proditorie;
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2) quando un suddito ha espressamente istigato lo Stato nemico ad una guerra scoppiata contro il Regno o, con scopo ostile, vi ha dato causa, pretesto o occasione. III. Mediante attentato alla Costituzione, quando un suddito, al fine di mutare la vigente Costituzione dello Stato mediante rivoluzione violenta ovvero al fine di allontanare il legittimo sovrano dal governo o per detronizzare la famiglia reggente o per modificare il regime costituzionale della successione al trono, ha aderito ad una cospirazione o altra unione proditoria, ha eccitato una rivolta ovvero per attuare tale scopo ha commesso un’aggressione per via di fatto contro una persona della casa reale. Pena Art. 301. Un tale malfattore deve essere decapitato e prima di essere giustiziato deve essere esposto per una mezz’ora dall’aiuto carnefice, con una tavola sul petto e sul dorso che reca l’iscrizione «alto traditore», per il resto come disposto nell’art. 5 e 6. Sulla sua tomba viene eretta una colonna infame. La sua famiglia deve cambiare il proprio nome. 2) Tradimento dello Stato di secondo grado Art. 302. È colpevole di tradimento dello Stato in secondo grado il suddito: I. il quale, al fine di distaccare in qualche modo una parte dello Stato dall’intero, ha eccitato una rivolta ovvero ha aderito ad una cospirazione interna o ad un’intelligenza con stranieri; II. che in una guerra sorta senza il suo intervento, ha consegnato al nemico proditoriamente città, fortezze, varchi o altri posti di difesa o ha cagionato tale consegna o la presa degli stessi; III. che, dopo l’intervenuto stato di guerra, è passato al nemico e ha portato le armi contro la propria Patria o i suoi alleati; IV. che in qualsivoglia maniera, in una guerra, ha sostenuto il nemico intenzionalmente e volontariamente con consigli e con atti, ha servito il nemico come spia, comunicato allo stesso piani d’operazione o piante di fortezze, ha rivelato magazzini, lo ha sostenuto mediante invio di truppe, armi, approvvigionamenti, munizioni, ha sobillato alla sommossa, alla diserzione, alla fuga o ad altra infedeltà. Pena Art. 303. Ai traditori dello Stato della seconda classe deve essere inflitta la pena di morte semplice. Dell’autodenuncia di un cospiratore Art. 304. Chi, coinvolto in un’associazione proditoria, prima del suo effettivo prorompere e prima che l’autorità statale ne abbia ricevuto notizia in altro modo, denuncia sé ed i propri correi, ha di che sperare nella grazia. 3) Tradimento dello Stato di terzo grado Art. 305. Chi, senza avere di mira un tradimento della prima o seconda classe (artt. 300 e
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302), commette una delle seguenti condotte è colpevole del tradimento di terzo grado e deve essere punito con la perdita della libertà da otto a sedici anni. Cioè I. un suddito, che, per favorire o per un vantaggio dato o promesso, ha condotto in danno dello Stato un affare di Stato a lui commissionato con uno Stato straniero; II. un funzionario dello Stato o un altro suddito, che svela o consegna dispacci, documenti o segreti dello Stato, che si riferiscono alla sua costituzione, ai suoi diritti o pretese; III. chi intenzionalmente sopprime o falsifica documenti o altri mezzi di prova di diritti e pretese dello Stato; IV. chi intenzionalmente sposta o rende altrimenti incerti i confini dello Stato. 4) Tradimento dello Stato di quarto grado Art. 306. Come traditore di quarto grado deve essere punito con la perdita della libertà da due a otto anni: I. chi, per una pretesa giuridica reale o presunta verso lo Stato, il sovrano o sudditi come lui, ha sollecitato l’intercessione o l’intervento di una potenza straniera; II. chi scientemente ed intenzionalmente contravviene ai trattati stabiliti tra la Baviera ed altre Potenze ovvero offende personalmente in modo pubblico mediante condotte criminose i capi di Stati stranieri, i loro ambasciatori o delegati, se l’offesa in sé non appartiene ad una specie punibile per crimine; III. chi mediante truffa o subdola mistificazione ha indotto un suddito dello Stato all’emigrazione; IV. chi ha segretamente arruolato dei sudditi al servizio militare di un comandante supremo di un’armata straniera ovvero ha prestato il proprio aiuto e assistenza ad un tale arruolatore non autorizzato per la realizzazione del proprio scopo, se una tale condotta non ha integrato il crimine del ratto. Punizione dei complici e del tentativo Art. 307. La punizione dei complici in un alto tradimento o in un tradimento dello Stato, come pure il tentativo di una delle condotte stabilite nelle precedenti disposizioni, devono essere giudicati secondo le disposizioni generali. Dell’istigazione a condotte di tradimento dello Stato Art. 308. Al tentativo prossimo deve essere ascritto quando taluno in una folla pubblicamente riunita ha istigato in forma orale ad una rivolta in tradimento dello Stato ovvero quando questa istigazione è avvenuta mediante la diffusione di saggi scritti, stampati o non stampati. Se l’istigazione ha effettivamente avuto per conseguenza il crimine, l’istigatore è colpevole come autore del crimine consumato. Capo II DELL’OFFESA ALLA MAESTÀ E ALTRI CRIMINI CONTRO L’ONORE DELLO STATO A) Offesa alla Maestà
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Art. 309. Chi, con offesa intenzionale del dovuto timore reverenziale verso la dignità del Capo dello Stato, offende con avvilente disprezzo mediante parole o azioni la di Lui sublime in sommo grado persona, è colpevole del crimine di lesa Maestà.
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1) Lesa Maestà di primo grado Art. 310. Chi, senza scopo di alto tradimento, ma scientemente ed intenzionalmente mette in modo oltraggioso le mani sulla sacra persona del Re; chi minaccia il proprio Sovrano di maltrattamento alla persona, chi ha eccitato una rivolta contro il Sovrano stesso, al fine di estorcere allo stesso una decisione ovvero di render vani i suoi supremi ordini, deve essere punito con la morte. 2) Lesa Maestà di secondo grado Art. 311. Chi I. in luoghi pubblici davanti ad una folla riunita, o II. in scritti o immagini diffuse pubblicamente, mira a screditare la persona del Sovrano o le sue azioni di governo mediante calunnia, scherno sprezzante od oltraggiose invettive; III. chi consapevolmente fa tali pasquinate su incarico di altri ovvero intenzionalmente dà ad esse ulteriore diffusione; infine IV. chi abusa del nome del Monarca per la perpetrazione di una condotta contraria alla legge, costoro devono essere condannati alla pubblica scusa dinanzi all’effige del Sovrano e alla casa di lavoro aggravata da uno a quattro anni, se la natura delle condotte non integra un crimine più grave. Art. 312. Chi si rende colpevole di uno dei predetti crimini contro la sposa del Re, è punito come offensore alla Maestà. B) Offesa personale alla Famiglia Reale I. All’erede al trono Art. 313. Chi si rende scientemente ed intenzionalmente colpevole di un’offesa alla persona dell’erede al trono, deve essere punito nel grado che di più si avvicina della pena della lesa Maestà. II. Di altri membri della famiglia Art. 314. Contro colui che commette scientemente ed intenzionalmente un’azione punibile contro la persona di altri membri della famiglia reale, devono essere applicate le pene stabilite nel titolo I. dei crimini privati, secondo la diversità dei casi, ma aggravate. Capo III CRIMINI CONTRO L’AUTORITÀ A) Della Disobbedienza e della resistenza alle Autorità in generale I. Della resistenza semplice Art. 315. Chi commette violenza contro una persona dell’autorità nell’esercizio del suo potere d’ufficio; chi si oppone con violenza ai suoi ordini o disposizioni oppure cerca di costringe-
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re la stessa ad un atto dell’ufficio o di impedirglielo ovvero di vendicare in modo violento un provvedimento dell’autorità nei confronti della propria persona, è colpevole nei casi che seguono del crimine di insubordinazione. Art. 316. Questo crimine deve essere punito: I. con la casa di lavoro da quattro a otto anni, se la violenza è avvenuta mediante maltrattamento della persona per vie di fatto, e precisamente in concordata associazione di più soggetti ovvero per mezzo di appostamento notturno o mediante l’uso di armi; II. con la casa di lavoro da due a quattro anni, se è avvenuto il maltrattamento per vie di fatto, ma senza le sopra menzionate circostanze aggravanti. Art. 317. Chi si oppone con violenza ad un provvedimento dell’autorità nella persona di un suo dipendente o di un militare da essa comandato, deve essere punito come se la sua violenza fosse stata rivolta direttamente contro la persona stessa dell’autorità. Art. 318. Ciascuna autorità, per il mantenimento della propria immagine, è autorizzata a far condurre un ribelle immediatamente in carcere da uno a due giorni, salve le pene per l’insubordinazione stabilite nell’art. 316. II. Della sommossa o tumulto Art. 319. Quando si è pubblicamente assembrata una folla di almeno dieci persone, allo scopo di resistere con violenza ad un’autorità, di conseguire con la forza o estorcere all’autorità un provvedimento o la revoca di un provvedimento emanato ovvero al fine di vendicarsi sulla stessa per un atto d’ufficio; sussiste nei casi seguenti il crimine della sommossa o tumulto. 1) Tumulto di primo grado Art. 320. Se i tumultuanti, persistendo nel loro assembramento, mediante schiamazzi, oltraggi o minacce hanno dichiarato ostinata resistenza contro l’ordine dell’autorità che interviene, del suo pubblico dipendente o del militare sopravvenuto, ma la pace è stata nuovamente ristabilita senza impiego effettivo della coercizione militare e prima ancora che sia stata commessa violenza alle persone o cose da parte dei criminali; devono essere puniti I. i capi e gli istigatori, con la casa di lavoro da quattro a otto anni; II. i comuni partecipanti armati, con la casa di lavoro da due a quattro anni, i non armati invece, che hanno preso parte con minacce o parole oltraggiose, con la casa di lavoro da uno a due anni, e nel caso della partecipazione di grado più tenue, con il carcere o la punizione corporale, secondo la natura delle circostanze. 2) Tumulto di secondo e più elevato grado
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Art. 321. Se però la pervicacia e l’entità della sommossa hanno reso necessario l’effettivo impiego della forza militare ovvero la folla assembrata ha commesso effettivi atti di violenza su persone o cose, per quanto riguarda i partecipanti comuni, devono essere condannati I. alla pena di morte coloro che hanno commesso assassinio, omicidio, rapina o incendio o che hanno violentemente prestato aiuto o istigato a questi crimini commessi da altri; alla pena della reclusione da dodici a venti anni coloro che hanno maltrattato per vie di fatto persone dell’autorità, i loro pubblici dipendenti o militari comandati, che hanno compiuto saccheggio in abitazioni, ne-
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gozi o altri luoghi ovvero che hanno violentemente prestato aiuto o istigato a questi crimini commessi da altri; III. alla reclusione da otto a sedici anni, coloro i quali hanno commesso violenza mediante apertura forzata, violenta invasione, demolizione, su edifici pubblici oppure su abitazioni o altri fondi di persone dell’autorità o devastazioni sugli stessi; IV. alla casa di lavoro da quattro a otto anni, coloro che hanno preso parte alla rivolta con armi o armati di qualsivoglia strumento mortale o, conoscendo lo scopo, hanno dato tali strumenti ad un partecipe; V. alla casa di lavoro da due a quattro anni coloro che hanno partecipato disarmati con minacce o parole oltraggiose; infine VI. al carcere da sei mesi a due anni o alla punizione corporale tutti i restanti partecipi. Pena dei capi Art. 322. Istigatori e capi del tumulto di grado più elevato devono I. essere puniti con la morte, se è avvenuto un assassinio, omicidio, rapina o incendio, essi stessi possano o meno aver espressamente istigato a tali crimini; II. con la reclusione a tempo indeterminato o, secondo le circostanze, con la riduzione in catene, se nel tumulto è stato commesso uno dei crimini indicati nell’art. 321 n. II. III. In altri casi diversi da quelli predetti gli istigatori ed i capi sono puniti con la pena della reclusione da sedici a venti anni. Della punizione della sommossa con legge marziale Art. 323. Le precedenti disposizioni non vengono applicate quando la durata e la crescente entità del pericolo hanno reso necessaria la proclamazione della legge marziale; nel qual caso chiunque, dopo proclamata la legge marziale, viene catturato nella sommossa, è condannato a morte semplicemente dopo procedimento sommario dinanzi alla corte marziale, senza riguardo per il tipo e l’entità della sua partecipazione. III. Aggiunte alle precedenti disposizioni 1) Incitamenti sediziosi Art. 324. Chi ha incitato ad una sommossa in modo chiaro e determinato, a voce o per iscritto, mediante scritti stampati o non stampati, affissi o altrimenti divulgati, se da ciò è effettivamente nato un tumulto, è punito come suo autore o capo. 2) Turbativa della quiete pubblica mediante abuso o pretesto della religione Art. 325. Chi istiga alla violazione di doveri civici contro l’Autorità, contro le leggi dello Stato o i diritti dei concittadini con il pretesto della religione; chi, per interesse personale o per altri scopi privati, cerca di reclutare seguaci per indirizzi religiosi fraudolentemente sostenuti, con il cui esercizio l’ordinamento civile è incompatibile, deve essere condannato come sobillatore alla casa di lavoro da uno a tre anni, se la sua condotta non integra un crimine più grave. I fanatici privi di malizia devono essere corretti con l’insegnamento oppure resi inoffensivi mediante interventi della polizia di sicurezza. Art. 326. I predicatori che, in discorsi o scritti pubblici, mediante invettive o accuse piene
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d’odio cercano di destare o sostenere l’odio religioso tra le comunità religiose ammesse o tollerate nello Stato, devono essere destituiti dall’ufficio. B) Ribellione contro Giustizia e Polizia I. Ostacolo alla cattura Art. 327. Chi ostacola l’Autorità nella cattura di un accusato, lo nasconde presso di sé, gli è di aiuto nella fuga, è punito come favoreggiatore secondo le disposizioni generali (artt. 85 s.), se la condotta non integra un crimine più grave. II. Procurata evasione del detenuto 1) Per mezzo di soggetti diversi dal detenuto stesso e dalle di lui guardie Art. 328. Chi libera intenzionalmente dal luogo di pena, dal carcere o altrimenti dal potere dell’autorità, un detenuto che è stato privato della propria libertà per la pena o per la sicurezza, deve essere punito, se la modalità e le circostanze della liberazione non integrano un crimine più grave, senza aver riguardo se il detenuto è stato nuovamente catturato o meno, I. con la casa di lavoro da quattro a sei anni se la persona liberata era detenuta per un crimine capitale; e II. con la casa di lavoro da uno a quattro anni se un detenuto è stato liberato dalla casa di lavoro o se è stato liberato dal carcere un accusato di un crimine per cui è comminata la reclusione. 2) Liberazione per mezzo di guardie carcerarie e simili Art. 329. Le guardie carcerarie, i guardiani, i carcerieri ed altri pubblici dipendenti che contravvenendo al dovere d’ufficio causano intenzionalmente l’evasione di un detenuto, sono assoggettati, insieme con le pene disposte nell’art. 328, alla destituzione dal servizio. 3) Liberazione in proprio del detenuto Art. 330. Un detenuto che con violenza alla persona o mediante altri crimini realizza o ha tentato di realizzare la propria liberazione, è assoggettato alle pene che la legge stabilisce per tali crimini. III. Rimpatrio della persona bandita
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Art. 331. Coloro che sono stati banditi dallo Stato regio con una sentenza resa in giudizio e che rimpatriano con un qualsivoglia pretesto, devono essere pubblicamente esposti per tre giorni di mercato, collocati in casa di lavoro da tre a quattro anni e dopo aver subito la pena devono essere nuovamente banditi. Contro coloro che nonostante ciò vengono di nuovo colti entro i confini territoriali si deve procedere secondo le disposizioni sulla recidiva.
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Capo IV CRIMINI CONTRO LA PACE GIURIDICA PUBBLICA NELLO STATO I. Turbativa della pace pubblica Art. 332. Se dieci o più persone, in seguito a mutuo accordo o antigiuridica intenzionale organizzazione di un terzo, congiuntamente irrompono con violenza in dimore altrui, abitazioni o altri fondi e possedimenti e ciò accade per vendetta o per farsi illegittima ragione da sé ovvero per turbare o per togliere il pacifico possesso di beni immobili o l’esercizio di un diritto, ciò è denominata violazione della pace pubblica. Art. 333. Tale violazione della pace pubblica, se con ciò sono stati perpetrati atti di violenza sulle persone, deve essere punita: I. per gli istigatori e i capi con la casa di lavoro da tre a sei anni, II. per i comuni partecipi armati con la casa di lavoro da uno a tre anni, III. per i comuni partecipi non armati con il carcere da sei mesi ad un anno o con la punizione corporale. Se non sono stati commessi effettivi atti di violenza sulle persone, I. gli istigatori e i capi sono puniti con la casa di lavoro da uno a tre anni; II. i comuni partecipi armati con il carcere da sei mesi ad un anno; III. i comuni partecipi non armati con il carcere da tre a sei mesi o con la punizione corporale. Art. 334. Contro colui che, in occasione di una violazione della pace pubblica, commette un crimine per cui è comminata una pena più grave, trova applicazione la pena aggravata di questo più grave crimine. Art. 335. Un atto di violenza che viene commesso direttamente sulle persone da una folla intenzionalmente riunita (art. 332), senza assalto o irruzione in fondi o abitazioni, come pure ogni crimine perpetrato sotto la forma di una violazione della pace pubblica (art. 332), che per sé ha una pena più mite di quella della violazione della pace pubblica, è punito come violazione della pace pubblica. II. Turbativa della pace religiosa Art. 336. Chi irrompe violentemente in una chiesa o in altro luogo di riunione religiosa al momento del servizio religioso; chi maltratta per vie di fatto l’addetto al culto durante l’esercizio delle sue funzioni ovvero cerca di impedire mediante coercizione e violenza celebrazioni religiose, deve essere punito con la casa di lavoro da due a sei anni, se questo fatto non integra un crimine più grave. Capo V CRIMINI CONTRO LA BUONA FEDE PUBBLICA A) Falsificazione di Documenti Pubblici Art. 337. Chi I. produce documenti falsi mediante imitazione della sottoscrizione regia ovvero mediante imitazione o abuso del grande o piccolo regio sigillo dello Stato o di un sigillo dei
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Ministeri segreti dello Stato; chi falsifica i documenti autenticati con regia sottoscrizione o con un tale sigillo ovvero fa uso scientemente e con intenzione antigiuridica di tali documenti contraffatti o falsificati, deve subire la pena della reclusione da dodici a venti anni. II. La medesima contraffazione o falsificazione di quei documenti che sono stati prodotti, rilasciati, autenticati da altri uffici statali o autorità pubbliche o formati con il loro intervento; come pure il consapevole uso antigiuridico di tali documenti falsi o falsificati, ha per conseguenza la reclusione da otto a dodici anni. B) Truffa riguardo al Sigillo dello Stato Art. 338. Chi fabbrica o fa fabbricare per sé o per altri, senza incarico pubblico, il grande o piccolo regio sigillo dello Stato o il sigillo di uno dei Ministeri segreti dello Stato ovvero prende scientemente in illegittimo possesso un tale sigillo autentico o contraffatto, deve essere condannato alla casa di lavoro da uno a quattro anni, se di ciò non è stato fatto alcun dimostrabile abuso. C) Truffa mediante Usurpazione di un Ufficio Pubblico Art. 339. Chi usurpa mediante truffa l’esercizio di un ufficio pubblico a lui non conferito deve essere punito con la casa di lavoro da uno a quattro anni, con riserva di pena più severa se con ciò è stata commessa una falsificazione di pubblici documenti o un altro crimine più grave. D) Violazione della Buona Fede Pubblica da parte di Pubblici Dipendenti Art. 340. I funzionari pubblici che si rendono colpevoli di una truffa mediante intenzionale fabbricazione, falsificazione o soppressione di verbali d’ufficio o riguardo ad altri documenti o atti appartenenti al proprio ufficio, siano o meno da ciò sorti danni e qualunque sia lo scopo che perseguono, devono, insieme con la destituzione dal servizio, essere condannati alle pene comminate nell’art. 337, secondo la diversità dei presupposti ivi stabiliti. E) Falsificazioni Nummarie I. Prima classe Art. 341. Chi falsifica o imita senza autorizzazione moneta nazionale o estera circolante nel Regno come denaro deve essere punito quale falsario in base alle disposizioni che seguono, secondo che la moneta non vera contraffatta sia di poco valore ovvero dello stesso o maggior valore intrinseco dei tipi di moneta autentici. 1) Primo grado
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Art. 342. Il criminale che ha messo in circolazione le monete false da lui fabbricate deve essere punito con la reclusione da otto a dodici anni. Se però le monete false sono state fabbricate senza stampo appositamente fabbricato, solo mediante fusione in una forma impressa con monete vere, il falsario deve essere punito con la casa di lavoro da quattro a otto anni.
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2) Secondo grado Art. 343. Se la moneta fabbricata con intento fraudolento non è stata ancora messa in circolazione, il falsario è punito con la casa di lavoro da quattro a otto anni; ma, nel secondo caso menzionato nell’art. 342, è punito con la casa di lavoro da uno a quattro anni. II. Falsificazione nummaria di seconda classe Art. 344. Chi mediante tosatura o altri mezzi deprezza del loro valore intrinseco monete vere circolanti nel Paese; chi, mediante fraudolento certificato, dà a monete di metallo false o fuori corso l’apparenza di monete vere correnti ovvero dà a tipi di monete di poco valore l’apparenza esteriore di monete di più elevato valore e spende o fa spendere tali monete nell’uno o nell’altro modo falsificate, deve pagare a titolo di pena il valore quadruplo dell’utile che si può dimostrare ricavato e oltre a ciò deve essere punito secondo le disposizioni contro la truffa qualificata di primo grado (art. 263). Dei partecipi alla falsificazione nummaria Art. 345. Chi, dopo la falsificazione nummaria commessa, in accordo con il falsario, ha ricevuto dallo stesso monete non autentiche o falsificate per diffonderle pubblicamente, deve essere punito come il falsario. Nondimeno gli deve essere computata a titolo di pena soltanto la somma che egli ha diffuso come propria quota. Art. 346. Chi impartisce consiglio ed insegnamento al falsario per l’esecuzione del crimine; chi scientemente e in accordo con il criminale gli ha fabbricato o procurato i necessari stampi, strumenti, materiali, è punito come il falsario stesso. F) Falsificazione di Titoli di Credito Art. 347. Chi realizza una falsificazione con riguardo a titoli di pegno od obbligazionari emessi da una cassa pubblica (obbligazioni dello Stato), di qualunque tipo e somma possano essere, deve essere punito I. con la reclusione da dodici a venti anni, se il crimine è stato commesso mediante fraudolenta contraffazione di tale obbligazione; II. con la reclusione da otto a dodici anni, se lo stesso è stato perpetrato mediante conversione del titolo di credito in una somma più elevata. Art. 348. Le disposizioni contro la partecipazione alle falsificazioni di moneta (artt. 345 e 346) devono essere applicate anche contro analoghi partecipi al crimine stabilito nell’art. 347. Capo VI CRIMINI CONTRO LA PROPRIETÀ DELLO STATO E ALTRA PROPRIETÀ PUBBLICA I. Sottrazione di beni pubblici Art. 349. Una sottrazione di denari pubblici o di altri beni appartenenti allo Stato è punita come furto qualificato secondo l’art. 220.
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Il Codice Penale per il Regno di Baviera (1813) II. Danneggiamento della proprietà pubblica
Art. 350. Chi si rende colpevole di un crimine su di un bene appartenente alla proprietà dello Stato, deve essere punito secondo le disposizioni sul danneggiamento della proprietà privata; nondimeno tale qualità del bene colpito è da considerare come circostanza aggravante. Capo VII DEI CRIMINI PARTICOLARI DEI FUNZIONARI STATALI E DEI DIPENDENTI PUBBLICI I. Disposizioni generali 1) Per i crimini comuni Art. 351. Se un funzionario statale o un pubblico dipendente è stato punito con la reclusione o la casa di lavoro per un crimine comune, alla pena ordinaria è sempre congiunta la destituzione dal servizio. 2) Per i crimini nell’esercizio dell’ufficio in senso proprio Art. 352. Se un funzionario pubblico I. abusa dell’ufficio a lui affidato per il compimento di un crimine comune, la particolare pena per ciò stabilita deve essere aggravata e congiunta alla destituzione dal servizio. Chi II. all’infuori del caso menzionato contravviene intenzionalmente ai propri doveri d’ufficio e precisamente nell’intento o di procurare così a se stesso un vantaggio ovvero di arrecare danno allo Stato o a un altro suddito, deve essere punito con la destituzione dal servizio e, in caso di colpevolezza del grado più basso, con la dimissione dal servizio. Art. 353. Se superiori gerarchici o alte autorità consapevolmente e intenzionalmente permettono che avvengano crimini dei propri subordinati nell’esercizio dell’ufficio, devono essere puniti come i subordinati stessi. II. Della violazione del rapporto di subordinazione Art. 354. I subordinati che nei rapporti d’ufficio si dimostrano disobbedienti verso i loro superiori, quando si rendono colpevoli del crimine di insubordinazione (art. 315 s.), insieme con l’aggravamento della pena ordinaria per questo crimine, devono attendersi la destituzione dal servizio. III. Della corruzione
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Art. 355. Un funzionario pubblico che, mediante l’accettazione di un dono o di un qualsivoglia vantaggio, si fa indurre ad un’azione od omissione che contraddice alle leggi dello Stato, ai diritti di altri o altrimenti al suo indubitato dovere d’ufficio, è colpevole del crimine di corruzione. L’accettazione del dono o vantaggio è da ritenere avvenuta non appena il funzionario si dichiara pronto all’accettazione di quanto promesso ovvero non ha denunciato, al tribunale o ai
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suoi superiori nell’ufficio, ciò che è stato dato a lui o ad un suo congiunto da una parte o da un postulante, al più tardi entro tre giorni dopo che ne ha avuto conoscenza. Art. 356. Questo criminale deve essere punito con la destituzione dal servizio. Tuttavia, questa pena non ne esclude una più grave, quando la violazione del dovere del funzionario integra al contempo un altro crimine. IV. Dell’oppressione dei sudditi 1) In generale Art. 357. Chi abusa del potere d’ufficio attribuitogli per opprimere o maltrattare i sudditi a scopi privati, per odio, per parzialità o interesse personale, deve essere punito con la destituzione dal servizio, salve anche le altre pene eventualmente meritate. Art. 358. È assoggettato alla medesima pena chiunque mediante minaccia del potere d’ufficio cerca di estorcere un qualunque illegittimo vantaggio privato. 2) Mediante abuso del potere punitivo Art. 359. Giudici e autorità di polizia che abusano del potere loro affidato tanto da sottoporre consapevolmente un innocente ad un procedimento di indagine, devono essere destituiti dal loro ufficio e, secondo la diversità delle accuse sostenute, devono essere sottoposti alle pene stabilite per la falsa denuncia (artt. 288 e 394). Se l’accusato ha subito al contempo il carcere, alla destituzione dal servizio deve essere congiunta la pena della detenzione illegale (artt. 193 e 371), se questa pena supera per gravità quella stabilita per la falsa denuncia. Art. 360. Se un giudice inferiore ha eseguito una pena nei confronti di un innocente in contrasto con la sentenza pronunciata da un’istanza superiore ovvero mediante falsi verbali e altre simili falsità ha provocato la sentenza di condanna contro un innocente, costui deve essere sottoposto, insieme con la destituzione dal servizio, alla casa di lavoro aggravata da quattro a otto anni e, se la pena inflitta all’innocente eccede gli otto anni della casa di lavoro, deve essere sottoposto alla stessa pena inflitta o eseguita. V. Dell’infedeltà nell’ufficio 1) Pregiudizio dei proventi dello Stato Art. 361. Un funzionario statale che nella determinazione o riscossione di imposte e tributi pubblici pregiudica intenzionalmente lo Stato ovvero nell’amministrazione delle casse a lui sottoposte reca allo stesso pregiudizio mediante antigiuridico parziale favoreggiamento di altri, deve, insieme con il risarcimento del danno cagionato, essere destituito dal proprio ufficio. Se però tale infedeltà è avvenuta per lucro o vantaggio sperato o ricevuto, egli è inoltre punito con la pena del carcere da uno a due anni.
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Il Codice Penale per il Regno di Baviera (1813) 2) Appropriazione indebita di denaro affidato a) Primo grado
Art. 362. Chi si appropria infedelmente di denari o di cose aventi un valore pecuniario, che gli sono sottomesse in ragione di un pubblico ufficio per la custodia, l’amministrazione o la consegna ad un’altra autorità; siano i denari o le cose affidate proprietà dello Stato o di privati, sia o meno questa appropriazione indebita avvenuta nell’intento e speranza di futura restituzione, è destituito dal proprio servizio e punito secondo le disposizioni contro il furto qualificato di prima e seconda classe (art. 220). b) Secondo grado Art. 363. Se il funzionario ha cercato di nascondere l’ammanco mediante falsificazione dei conti, non ha messo in conto poste in entrata o non le ha registrate come residui, ha messo in conto come uscite pagamenti non effettuati, deve essere punito, insieme con la destituzione dal servizio, secondo le disposizioni contro i furti qualificati di terza classe (art. 223). c) Terzo grado Art. 364. Un funzionario che è fuggito e ha portato con sé in tutto o in parte la cassa a lui affidata, sottostà alla pena detentiva da otto a dodici anni, unitamente alla pubblica esposizione. d) Appropriazione di denari pubblici non affidati Art. 365. Chi, mediante abuso del proprio potere d’ufficio, per il proprio privato vantaggio si appropria di denari pubblici a lui non affidati, deve essere destituito dal servizio e punito secondo le disposizioni contro il furto qualificato di prima e seconda classe (art. 220). Dei dipendenti indiretti dello Stato Art. 366. Le precedenti disposizioni penali vigono non soltanto per i funzionari diretti dello Stato, bensì anche per i funzionari indiretti.
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LIBRO TERZO DEI DELITTI E DELLE LORO PENE TITOLO PRIMO DEI DELITTI PRIVATI Capo I DEI DELITTI CONTRO LA PERSONA I. Mediante lesione personale Art. 367. Chi aggredisce taluno in modo perfido oppure gli infligge con risoluzione premeditata un maltrattamento fisico, se la persona offesa ha subito solo percosse o altri maltrattamenti e lesioni lievi, deve subire la pena del carcere da uno a sei mesi. Art. 368. Se però il fatto premeditato è realizzato in concorso preordinato di più persone ovvero con appostamento notturno ovvero con armi, il reo è condannato alla reclusione da sei mesi a due anni, sempre che il fatto non costituisca un crimine a causa dell’entità del pregiudizio da esso arrecato. Art. 369. Trovano anche qui applicazione gli stessi fattori aggravanti ed attenuanti che l’art. 184 e l’art. 185 prescrivono riguardo al crimine di lesione personale. II. Mediante abbandono Art. 370. L’abbandono di una persona indifesa (art. 174) è un delitto, se viene realizzato in un luogo ed in circostanze tali che non si possa assolutamente temere alcun pericolo per la vita della persona abbandonata, anche se questa è rimasta in realtà illesa, il reo è sottoposto alla pena della reclusione da sei mesi ad un anno. III. Delitti contro la libertà della persona Art. 371. La privazione antigiuridica della libertà (art. 192), quando non dura almeno ventiquattrore e non ha come conseguenza un maltrattamento fisico qualificato come crimine in questo codice, è punita con la pena della reclusione da un mese ad un anno e, qualora questa condotta sia tenuta nei confronti di genitori o di altre persone verso i quali l’offensore è tenuto ad un particolare rispetto, la durata della pena è aumentata secondo il principio dell’art. 195. IV. Delitti riguardo al matrimonio ovvero all’attività sessuale fuori del matrimonio Art. 372. Se un matrimonio viene dichiarato invalido da un tribunale civile, perché i genitori hanno costretto il loro figlio a contrarlo per mezzo di violenta costrizione o continue minacce, i genitori sono puniti con la reclusione da uno a tre mesi. Art. 373. Chi istiga con l’inganno una persona a contrarre, con sé o con un terzo, un matri-
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monio invalido per la legge, è condannato, su ricorso o denuncia dell’ingannato, alla reclusione da sei mesi ad un anno. Art. 374. Una persona non sposata che consapevolmente sposa un’altra persona la quale vive ancora in un matrimonio valido e durevole, deve essere punita con la reclusione da sei mesi ad un anno. Art. 375. La seduzione al rapporto sessuale dietro promessa di matrimonio non mantenuta dal seduttore è punita con la reclusione da uno a sei mesi. Art. 376. Chi seduce al rapporto sessuale una persona dietro promessa di matrimonio e si rifiuta di mantenere la propria parola, a seguito dell’insorgere di una gravidanza, deve essere punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se la donna in stato di gravidanza viene punita per aver abortito ovvero nei casi stabiliti dagli artt. 160-165. Art. 377. Chi, per appagare il proprio desiderio sessuale, abusa di una persona folle, demente, dormiente oppure pesantemente ubriaca, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni. Art. 378. Il rapporto sessuale con una fanciulla minore di dodici anni va ritenuto, dal lato di questa, come atto osceno non volontario e il seduttore è punito con la reclusione da sei mesi a due anni, sempre che tale condotta, per la violenza o le minacce perpetrate, non integri il crimine di violenza carnale. Capo II DELLA LESIONE ALLA PROPRIETÀ MEDIANTE SOTTRAZIONE, APPROPRIAZIONE INDEBITA O DANNEGGIAMENTO I. Del furto Art. 379. Il furto è un delitto, quando il valore del bene sottratto ammonta alla somma di cinque fiorini in moneta del regno bavarese, ma non raggiunge la somma di venticinque fiorini e non presenta alcuno dei requisiti prescritti negli artt. 216, 217, 218, 221 e 225. Art. 380. La pena prevista per questo delitto è il carcere da un mese ad un anno. Un primo furto semplice il cui valore non supera la somma di cinque fiorini è punito con misure di polizia. Art. 381. Le sottrazioni commesse da chi viene sorpreso in casa (art. 219 n. IV) per pura bramosia di alimenti o bevande, quando si sia proceduto con una misura di polizia, devono essere punite come delitti con la reclusione da otto giorni a sei mesi o secondo le circostanze con una punizione corporale. II. Appropriazione indebita di beni affidati
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Art. 382. L’appropriazione indebita di beni affidati è punita come delitto secondo le pre-
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senti norme, quando il valore del bene appropriato supera la somma di cinque fiorini in moneta del regno bavarese, ma non raggiunge la somma di venticinque fiorini, anche se tale condotta è stata commessa da persone diverse da quelle menzionate nell’art. 232. III. Del danneggiamento non consentito 1) In generale Art. 383. La distruzione intenzionale antigiuridica o il danneggiamento di proprietà altrui, se il danno ammonta a cinquanta fiorini o più, vengono puniti come delitti, in quanto non siano qualificati come crimini nel Libro II di questo codice ai sensi degli artt. 246, 247, 252 e 254. Art. 384. Se tale danneggiamento è commesso per pura protervia, l’agente è punito con il carcere da otto giorni a due mesi oppure, secondo il carattere della persona e le circostanze, con una punizione corporale. Ma, se tale condotta è tenuta per desiderio di vendetta, maligno interesse personale o altri simili moventi, l’agente è punito con la reclusione da uno a sei mesi, nella misura in cui le norme seguenti non dispongano diversamente in determinati casi. 2) Particolari modalità di danneggiamento Art. 385. Chi 1) intenzionalmente guasta, distrugge, danneggia alberi da frutta, piante, frutta in un campo, in giardini oppure nei prati; 2) fa ammalare, uccide o altrimenti causa al proprietario la perdita di animali che servono all’agricoltura o all’allevamento; 3) danneggia in qualsiasi modo granaglie, fieno, legna e altre simili scorte accumulate, che trova incustoditi; 4) distrugge o rende inservibili aratri ed altri attrezzi agricoli; 5) rompe, demolisce o altrimenti rade al suolo in tutto o in parte strutture private che servono alla sicurezza della proprietà terriera, la recinzione di campi, boschi, giardini: sia che il valore del danneggiamento raggiunga la somma stabilita dall’art. 383 sia che non la raggiunga, costoro sono puniti, nel caso di pura protervia, con il carcere da quattordici giorni a tre mesi oppure, secondo il carattere della persona e le circostanze, con una punizione corporale; se però il danneggiamento è stato commesso per vendetta o altro movente paragonabile, sono puniti con il carcere da tre a nove mesi. Art. 386. Chi intenzionalmente distrugge ovvero rende irriconoscibili i segni stabiliti per delimitare il confine fra terreni, se ciò viene fatto riempiendo i fossati di delimitazione, disfacendo i confini del campo, dissotterrando, rovesciando, abbattendo pietre o alberi di confine, non sopporta soltanto i costi per la ridefinizione del confine ed i rimborsi di tutti i costi relativi al processo ed alle controversie nate dall’incertezza del confine, ma è anche punito con il carcere e cioè, quando questa condotta è tenuta per pura protervia, da uno a tre mesi, quando è tenuta per interesse egoistico, desiderio di vendetta e simili, da sei mesi a due anni.
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DELLA LESIONE DEI DIRITTI ALTRUI MEDIANTE TRUFFA ED ILLECITA USURPAZIONE I. Della truffa 1) In danno della proprietà altrui Art. 387. La truffa avente ad oggetto l’imbroglio ad un’altra persona nel suo patrimonio (art. 258) è un delitto, qualora lo stesso superi il valore di cinque fiorini in moneta del regno bavarese, ma non raggiunga la somma di cinquantacinque fiorini, e non presenti alcuno dei fattori aggravanti menzionati nel secondo libro di questo codice agli artt. 265-272. Art. 388. Tali frodi sono punite con il carcere da un mese ad un anno e secondo le circostanze con la perdita temporanea dell’attività nell’esercizio della quale l’abuso è stato commesso. Art. 389. Chi, con una persona che non può liberamente disporre dei propri beni senza il consenso del suo tutore oppure di colui che ha su di essa la patria potestà, conclude di nascosto un negozio per essa svantaggioso, è punito con il carcere fino a tre mesi, se dal negozio non è derivata una truffa particolare. Art. 390. Alla stessa pena è sottoposto chi è soggetto a patria potestà o a curatela e, tacendo fraudolentemente o approfittando di questa sua condizione, istiga un’altra persona a concludere con lui un negozio giuridico. 2) Della truffa sulla persona altrui a) sullo stato di famiglia Art. 391. Una truffa, mediante la quale taluno attribuisce a se stesso o ad altri in un’altra famiglia i diritti dello stato di famiglia o della parentela, è soggetta alla pena del carcere da sei mesi ad un anno e, qualora tale condotta sia stata tenuta da un membro stesso della famiglia, è soggetta alle conseguenze sfavorevoli previste dall’art. 283. b) sullo stato civile Art. 392. Una truffa consistente nel modificare, negare o porre in dubbio l’altrui stato civile è punita con il carcere da uno a tre mesi. c) sulla buona reputazione
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Art. 393. La calunnia (art. 284) mediante esternazioni extragiudiziali ovvero insinuazioni riservate, è punita, se non ricorrono i casi qualificati come crimini dall’art. 286, con il carcere da un mese ad un anno, fatta salva quella prevista nell’art. 285 come pena generale per la diffamazione.
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Art. 394. Chi, al fine di provocare un’indagine oppure una pena nei confronti di un innocente, lo denuncia falsamente al tribunale per una condotta che, ai sensi di questo codice, deve essere punita come delitto ovvero in tale questione rende una testimonianza falsa, sebbene non sotto giuramento, è condannato, a causa di tale calunnia o di tali false testimonianze, al carcere da tre mesi ad un anno. Chi ha reso una testimonianza falsa, non sotto giuramento, a vantaggio di un imputato è punito con il carcere e, precisamente, se il fatto per il quale è imputato costituisce un crimine, da sei mesi ad un anno, altrimenti da uno a sei mesi. Disposizione generale Art. 395. Se una delle truffe premeditate integra, per lo scopo, il modo in cui è stata commessa, il mezzo impiegato, un tipo di truffa sanzionato più gravemente, allora ci si limita alla condanna alla pena più grave tra quelle attribuite. II. Usurpazione non autorizzata Art. 396. Chi, in maniera non autorizzata e con l’intenzione di danneggiare qualcuno oppure di procurare in tal modo un vantaggio a sé o ad un terzo, apre a forza, legge, copia, fa aprire, leggere o copiare lettere, certificati, atti, libri contabili ed altri simili documenti, è punito con il carcere da due giorni ad un mese e, quando si abusa del segreto carpito per realizzare un danno, la durata del carcere è prolungata al massimo fino a sei mesi. Art. 397. Disposizioni più precise riguardo al modo in cui la proprietà di un’opera dell’ingegno è posta sotto speciale tutela della legge, sono contenute nel codice civile. Chi invece si rende colpevole di una violazione di legge tramite sottrazione o truffa va condannato alla pena per quel crimine o delitto. Chi rende pubblica, tramite riproduzione a mezzo stampa o in altro modo, un’opera scientifica o artistica senza il consenso dell’autore, del suo erede o di altra persona che ha ottenuto i diritti d’autore, senza averla rielaborata in una forma particolare, è punito, insieme con il risarcimento del danno, secondo le prerogative della stampa oppure, in loro mancanza, secondo le disposizioni contenute nelle norme penali di polizia. Capo IV DELLA LESIONE DEI DIRITTI ALTRUI MEDIANTE INFEDELTÀ Dell’infedeltà in generale Art. 398. Chi agisce intenzionalmente in contrasto con il proprio obbligo in una situazione in virtù della quale egli è tenuto ad una particolare fedeltà e dedizione, è punito, a causa di questa infedeltà, ai sensi delle norme seguenti, se la sua condotta non integra nello stesso tempo truffa, appropriazione indebita o altro più grave reato.
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Il Codice Penale per il Regno di Baviera (1813) I. Fuori dei rapporti familiari 1) Dei procuratori
Art. 399. Procuratori, amministratori, direttori (negotiorum gestores), depositari, soci che in tale qualità agiscono intenzionalmente a danno di altri, sono puniti con il carcere da otto giorni a tre mesi. 2) Degli avvocati Art. 400. Gli avvocati che intenzionalmente danno consigli pregiudizievoli alla parte da essi assistita o che a scopo di lucro intenzionalmente rallentano i processi ad essi affidati, sono puniti insieme con il carcere da otto giorni a tre mesi con la sospensione e, in presenza di circostanze, con la perdita totale dell’esercizio, qualora tale condotta non integri il crimine della prevaricazione. II. All’interno delle relazioni familiari Art. 401. La violazione della fedeltà coniugale mediante adulterio viene punita, solo su ricorso o denuncia della parte offesa, con il carcere I. per la moglie da uno a tre mesi II. per il marito da otto giorni ad un mese. Art. 402. Se un uomo sposato commette adulterio con una donna sposata con un altro, la pena del carcere prevista dall’art. 401 è aumentata. Art. 403. In caso di recidiva, la pena prevista dalla legge è raddoppiata; ma non supera un anno di carcere. TITOLO SECONDO DEI DELITTI CONTRO LO STATO Capo I DEI DELITTI CONTRO L’ONORE DELLO STATO I) Offesa al rispetto dovuto al monarca Art. 404. Chi, fuori dei presupposti stabiliti nell’art. 311, con diffamazione, bestemmie, parole ingiuriose o altre condotte inequivocabili mostra disprezzo e discredito verso il monarca o il governo, è condannato a fare pubblica scusa davanti al ritratto del re e al carcere da sei mesi ad un anno o, secondo le circostanze, ad una punizione corporale. II. Oltraggio a pubblico ufficiale
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Art. 405. Chi offende intenzionalmente il sentimento di rispetto dovuto alla dignità della
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carica pubblica in sé, mediante oltraggio ad un funzionario dello Stato, con parole o atti screditanti, è colpevole di oltraggio a pubblico ufficiale. È considerata oltraggio a pubblico ufficiale soltanto l’offesa ad un funzionario pubblico arrecata durante l’esercizio della sua funzione pubblica o in una situazione in cui il reo avesse a che fare con lo stesso per una questione d’ufficio ovvero per vendetta contro un provvedimento dell’autorità ovvero, infine, quale resistenza ad ordini o comandi dell’autorità. Art. 406. Chi commette tale oltraggio nei confronti di un pubblico funzionario di prima o seconda classe o che fa parte del collegio del re o che è uno dei suoi commissari, è sottoposto alla pena del carcere da tre a nove mesi e, nello stesso tempo, secondo le circostanze, della scusa solenne, se non è già prevista una pena più grave per l’offesa di per sé, nel qual caso la pena è aumentata ed è applicata insieme con la scusa solenne. Art. 407. Gli oltraggi perpetrati nei confronti di altri funzionari statali devono essere puniti con il carcere da uno a sei mesi e, nello stesso tempo, secondo le circostanze, con la scusa solenne, salvo l’aggravamento previsto dall’art. 406. Art. 408. L’uso della forza o di maltrattamenti violenti durante, in occasione o a causa del compimento di un atto d’ufficio vanno giudicati secondo le disposizioni di legge sulla resistenza (artt. 315 e 411). III. Offesa al rispetto dell’autorità 1) Mediante violazione di patenti, prescrizioni, ecc. Art. 409. Chi strappa, sottrae, danneggia, imbratta, o altrimenti maltratta prescrizioni, patenti e pubblici avvisi sottoscritti dall’autorità e affissi per essere resi di pubblico dominio, in caso di semplice protervia, è sanzionato con una punizione corporale o con il carcere da due a quattordici giorni; se però tale azione è commessa per vendetta o con l’intenzione di mostrare disprezzo per l’autorità o per impedire che la prescrizione venga conosciuta e rispettata, è punito con il carcere da uno a tre mesi. 2) Mediante violazione del sigillo Art. 410. Chi rompe, stacca, danneggia consapevolmente ed intenzionalmente un sigillo del tribunale o un altro sigillo dell’autorità, con cui siano tenuti chiusi cose o scritti, è punito con il carcere da uno a tre mesi, se la sua condotta, per lo scopo perseguito o per altre circostanze, non integra un reato più grave. Capo II DEI DELITTI DI RESISTENZA ALL’AUTORITÀ I. Resistenza semplice Art. 411. Chi si rende colpevole di resistenza ad una persona che rappresenta l’autorità
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(art. 315) per mezzo di minacce pericolose ma senza maltrattamento violento, è punito con il carcere da sei mesi a due anni. Se però la resistenza è commessa solo mediante parole ingiuriose o altri atti screditanti, trovano applicazione le norme sull’oltraggio a pubblico ufficiale (artt. 406 e 407). Art. 412. Chi, con un’antigiuridica insubordinazione nei confronti dell’autorità pubblica, rifiuta di aprire la propria abitazione ad un’autorità o ai suoi pubblici dipendenti, cosicché debba essere aperta con la forza, deve essere punito con il carcere da due a otto giorni. II. Del tumulto o sommossa Art. 413. Il tumulto o la sommossa (art. 319) sono puniti come semplici delitti, se le persone radunate si disperdono subito dietro ordine dell’autorità o dei pubblici dipendenti oppure si piegano all’obbedienza, nel qual caso I. l’istigatore e il capo sono puniti con il carcere da sei mesi ad un anno; II. i semplici partecipi per contro sono puniti con il carcere da uno a tre mesi o con una punizione corporale. Art. 414. Chi ha incitato ad una sommossa verbalmente o per iscritto, con scritti stampati o non stampati, affissi o altrimenti divulgati, viene comunque punito, se in seguito a ciò non ha luogo nessun tumulto, con il carcere da tre a sei mesi. Art. 415. Gli artigiani che, per far valere le proprie proteste, concordano l’interruzione della loro attività, incitano a tale accordo o minacciano di ciò l’autorità; gli operai artigiani o i lavoratori di fabbrica di diversi mestieri o fabbriche che, per presunte proteste nei confronti dell’autorità o dei loro padroni, concordano l’interruzione del loro lavoro o minacciano di compiere tale interruzione, sono puniti con il carcere da uno a sei mesi o con una punizione corporale e, se da ciò deriva una sommossa, coloro che hanno provocato o prima incitato all’accordo, sono puniti come promotori della sommossa. Art. 416. La medesima pena deve essere impiegata nei confronti di coloro che, con proposito antigiuridico, mediante profezie superstiziose, diffusione di false notizie su imminenti carestie e simili, causano il pericolo di una sommossa popolare. Art. 417. I fondatori di sette, che tentano di diffondere le loro opinioni religiose, di per sé incolpevoli, con un mezzo non consentito; che predicano, in luoghi pubblici, aizzano i loro seguaci all’ostilità nei confronti di quanti la pensano diversamente o allontanandoli dal contatto sociale con gli altri o tentando, contro un divieto dell’autorità, di differenziare sé ed i propri correligionari attraverso segni distintivi esteriori, sono puniti come sobillatori con il carcere da uno a sei mesi. III. Liberazione dei detenuti
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Art. 418. Chi libera intenzionalmente un criminale dalla casa di lavoro oppure un imputato, sospettato di aver commesso un crimine punito con la casa di lavoro, dal carcere o altrimenti dal potere dell’autorità, è punito con il carcere da uno a sei mesi e, se colui che è stato liberato
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era in carcere per un delitto, con il carcere da quattro giorni ad un mese o, secondo le circostanze, con una punizione corporale. Art. 419. Secondini, guardiani, dipendenti del tribunale o altri dipendenti pubblici, i quali intenzionalmente cagionano, contro il loro dovere d’ufficio, l’evasione di uno di tali detenuti, sono soggetti, oltre alla pena stabilita dall’art. 418, alla dimissione dal servizio. Un’evasione determinata per colpa è punita con il carcere da due ad otto giorni e, in caso di recidiva, oltre al carcere della durata doppia, con la dimissione dal servizio. Capo III DEI DELITTI CONTRO LA PACE GIURIDICA PUBBLICA NELLO STATO I. Esercizio privato delle proprie ragioni in generale Art. 420. Chi, aggirando le vie giudiziarie, salvo i casi previsti come eccezioni dalla legge, fa valere arbitrariamente nei confronti di altri dei suoi diritti veri o presunti, è colpevole di esercizio non consentito delle proprie ragioni ed è punito con una pena pecuniaria da dieci a cento fiorini o con il carcere da tre giorni ad un mese. II. Offesa alla sicurezza personale tramite esercizio delle proprie ragioni Art. 421. Chi, al fine di farsi giustizia da sé, a fronte di un’offesa reale o presunta oppure al fine di dare arbitrariamente attuazione ad un preteso diritto, aggredisce violentemente l’altrui persona, soggiace alla pena del carcere da uno a sei mesi, se l’atto di violenza non integra un reato più gravemente punibile. III. Disturbo della pace domestica 1) Senza armi Art. 422. Coloro che, per vendicarsi, per dare arbitrariamente attuazione ad un diritto affermato, per perturbare o privare del pacifico possesso di beni immobili o dell’esercizio di un preteso diritto, sebbene disarmati, fanno violentemente irruzione o comunque entrano arbitrariamente in altrui case, abitazioni e altri immobili, sono puniti, se non è realizzato un reato più grave, con il carcere da quattordici giorni a tre mesi. 2) Con armi Art. 423. Chi, provvisto di armi, ovvero in concorso preordinato con più persone, per qualche scopo prestabilito, entra o irrompe in case, abitazioni o altri immobili (art. 422) oppure li aggredisce violentemente per entrarvi, soggiace alla pena del carcere da tre a sei mesi. II. Turbativa del servizio religioso Art. 424. Se nei confronti di un ministro del culto, durante lo svolgimento della sua funzio-
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ne oppure nei confronti della stessa comunità riunita, vengono commessi oltraggi non violenti, verbali o di altro tipo, con turbativa del servizio religioso, l’autore è sottoposto al carcere da uno a sei mesi ed a rendere in tribunale pubblica scusa, che deve essere resa alla comunità nella persona di uno dei suoi ecclesiastici. Capo IV DELITTI CONTRO LA BUONA FEDE PUBBLICA I. Frode con riguardo ad atti pubblici Art. 425. La redazione fraudolenta o la falsificazione di passaporti, itinerari di viaggio, certificati, attestati ufficiali, come anche l’utilizzo consapevole degli stessi, è punito con il carcere da sei mesi a due anni e chi si serve di un passaporto falso viene trattato come un vagabondo. II. Delitti riguardanti il sigillo pubblico Art. 426. Chi fabbrica o fa fabbricare per sé o per altri, senza un incarico pubblico, il sigillo ufficiale di un’autorità pubblica diversa da quelle previste nell’art. 338 ovvero consapevolmente acquisisce il possesso non consentito di un siffatto sigillo autentico o contraffatto, se da ciò non è derivato alcun dimostrabile impiego abusivo, è soggetto al carcere da sei mesi ad un anno. Se tale ipotesi si verifica con timbri e altri segni con i quali merci, misure, pesi e simili vengono contrassegnati, ha luogo la pena del carcere da tre a sei mesi. III. Offesa alla fede pubblica ad opera di un funzionario pubblico Art. 427. Un funzionario pubblico, che con proposito fraudolento, rilascia in affari ufficiali un attestato o un certificato falsi, è punito con la dimissione dal servizio e con il carcere da sei mesi ad un anno. IV. Dei delitti monetari Art. 428. Chi, senza un accordo con i falsificatori di moneta, ma intenzionalmente, cambia o rimette in circolazione monete non autentiche o false, deve pagare, come pena, quattro volte il valore delle monete che è dimostrato siano state messe in circolazione e, inoltre, deve essere punito con il carcere da sei mesi ad un anno. Chi rimette fraudolentemente in circolazione monete false, che egli stesso ha ricevuto in pagamento, deve pagare, come pena, due volte il valore delle monete false messe in circolazione. Art. 429. Chi, senza un accordo con un falsificatore di moneta, ma senza incarico dell’autorità competente, fabbrica un conio o altri strumenti per la fabbricazione di monete oppure li consegna ad altri rispetto all’autorità che lo ha incaricato, deve essere sottoposto al carcere da uno a sei mesi.
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Art. 430. Colui presso il quale sono trovati un conio, forme od altri strumenti per la fabbri-
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cazione di monete, senza che egli possa dimostrare la causa incolpevole del possesso, deve essere privato di quegli strumenti e sottoposto inoltre alla pena del carcere da uno a sei mesi. Art. 431. Chi introduce e diffonde a scopo di lucro tipi di monete screditate o comunque cattive è punito con il pagamento di una somma pari a quattro volte il valore corrente di tali monete. Capo V DELITTI CONTRO LA PROPRIETÀ PUBBLICA I. Usurpazione antigiuridica di benefici utili Art. 432. Chi usurpa consapevolmente benefici utili dello Stato deve essere punito con un risarcimento pari a quattro volte l’utilità sottratta allo Stato. II. Evasione di tributi pubblici Art. 433. Chi fraudolentemente sottrae allo Stato imposte e tributi ad esso dovuti, va condannato a pagare una somma pari a quattro volte il valore del lucro previsto, se il fatto, per le circostanze ad esso collegate, non costituisce un reato più grave. Delitti contro i sigilli, la frode delle maggiorazioni, dei pedaggi e dei dazi doganali, vanno puniti secondo le specifiche prescrizioni presenti in materia. III. Danneggiamento di beni pubblici 1) In generale Art. 434. Chi, in modo antigiuridico e intenzionale, danneggia beni che appartengono alla proprietà dello Stato, deve risarcire ogni volta una somma pari a quattro volte il danno; inoltre viene punito secondo le norme sul danneggiamento della proprietà privata (art. 383), se però questa caratteristica del bene danneggiato è considerata circostanza aggravante. 2) Su vie e strade in particolare Art. 435. Se mediante il danneggiamento o la distruzione di vie o ponti, intenzionalmente provocati, viene interrotta la comunicazione con una strada o da ciò è insorto un pericolo o un danno per i viaggiatori, deve essere disposto il carcere da sei mesi a due anni. Art. 436. Danneggiamenti compiuti su indicatori delle miglia, indicazioni stradali, segnali di avvertimento, su viali o in giardini pubblici, su monumenti all’onore, statue o altri simili beni pubblicamente esposti, vanno puniti con il carcere da otto giorni a sei mesi o, secondo la natura delle circostanze, con una proporzionata punizione corporale.
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Capo VI DELITTI SPECIFICI DEI FUNZIONARI STATALI E DEI PUBBLICI DIPENDENTI A) Del Delitto Comune Art. 437. Se un funzionario pubblico si rende colpevole di un delitto doloso comune, alla pena principale che deve espiare possono essere allo stesso tempo associate la degradazione o anche la dimissione dal servizio, secondo la qualità e la gravità del reato. B) Della Violazione di specifici Doveri d’Ufficio I. Norma generale 1) Sui delitti intenzionali contro l’ufficio Art. 438. I funzionari pubblici che, non per fini egoistici o per arrecare danno ad un suddito, ma intenzionalmente agiscono in modo contrario ad un loro dovere d’ufficio, I. se, in conseguenza di tale violazione del proprio dovere, si è verificato comunque un danno dello Stato o di un suddito, vanno puniti con la dimissione dal servizio o, secondo le circostanze, con la degradazione. Se però II. la condotta contraria ai doveri non ha avuto come conseguenza alcun danno, il colpevole, se le sanzioni disciplinari inflittegli sono risultate infruttuose, nel primo caso di recidiva, va deferito al tribunale e punito in questa sede con la degradazione e, se sussistono anche circostanze aggravanti, con la dimissione dal servizio. Per il resto trova anche qui applicazione la disposizione dell’art. 353. 2) Per colpa o per immoralità Art. 439. Un funzionario che, nell’esercizio del suo ufficio, commette negligenze ovvero per trascuratezza o per leggerezza trascura i doveri d’ufficio a cui è tenuto ovvero con una condotta inadeguata si dimostra indegno del proprio ufficio, se, dopo che gli sono state inflitte per tre volte sanzioni disciplinari, si rende di nuovo colpevole di tale delitto, va deferito al tribunale e punito con la degradazione o con la dimissione dal servizio. II. Violazione del rapporto di subordinazione Art. 440. I sottoposti ai funzionari pubblici, che si rendono colpevoli, mediante insubordinazione ai loro superiori, del delitto di resistenza (art. 411), devono attendersi, oltre ad un aggravamento della pena ordinaria prevista per quel delitto, la dimissione dal servizio. Se tale disobbedienza non è associata ad una resistenza violenta, ma ad un oltraggio al pubblico ufficiale (art. 405), allora ha luogo la degradazione oltre all’aggravamento della pena ordinaria. Gradi inferiori della disobbedienza hanno come conseguenza solo sanzioni disciplinari. III. Violazione del segreto d’ufficio
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Art. 441. Chi rivela antigiuridicamente ad altre persone fatti di cui egli ha conoscenza solo
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in ragione del suo rapporto d’ufficio, se ciò è commesso per favorire antigiuridicamente una persona, senza volere con ciò procurarsi un vantaggio ovvero arrecare un pregiudizio ad altri o allo Stato, è punito con il carcere da uno a sei mesi. Se, invece, ciò è commesso per scopo egoistico ovvero se tramite ciò viene arrecato danno allo Stato o ad un suddito, allora devono essere applicate, oltre alla condanna al carcere da sei mesi ad un anno, la degradazione o, secondo la gravità del delitto, la dimissione dal servizio. Art. 442. Le pene precedenti vanno inoltre inflitte specialmente nei confronti di persone impiegate negli archivi o negli uffici di registrazione, con riguardo alla rivelazione di documenti e atti ad esse affidati; come anche a coloro che comunicano, senza permesso dell’autorità competente, atti ad essi pervenuti in ragione del loro rapporto d’ufficio ovvero predisposti o prodotti con un proprio atto d’ufficio. IV. Della corruzione 1) Dal lato del corruttore Art. 443. Chi, per indurre un pubblico dipendente ad abusare del proprio potere d’ufficio ovvero per procurare il suo favore in affari d’ufficio per sé o per un terzo, si impegna, dà, promette o fa dare allo stesso funzionario o ai suoi dipendenti un qualche regalo o qualcosa che rappresenta pur sempre un’utilità, è per questo colpevole del delitto di corruzione e viene punito secondo le norme seguenti. Art. 444. Che quanto offerto sia accettato o meno dal funzionario e che il proposito del corruttore venga realizzato o meno, I. il regalo va devoluto alla cassa dei poveri ed il corruttore è condannato a pagare due volte il valore dell’utilità offerta o data ovvero, se quanto dato o promesso non si possa quantificare in denaro, è condannato ad una pena pecuniaria da cinquanta a trecento fiorini a vantaggio della cassa dei poveri. Ma se lo stesso II. ha indotto, mediante la corruzione, il funzionario statale a compiere un’azione o un’omissione comunque contrarie alle leggi dello Stato, ai diritti altrui o ai suoi indubitabili doveri d’ufficio, egli incorre inoltre nel carcere da uno a sei mesi. Art. 445. Ogni impiegato pubblico è tenuto, pena la perdita di un mese della sua retribuzione, a denunciare, entro tre giorni al massimo, colui che si è reso colpevole di corruzione nei suoi confronti. Anche la testimonianza resa sotto giuramento da parte del funzionario che non si è fatto corrompere basta per condannare l’offerente alla pena stabilita dall’art. 444 n. I, sebbene sia supportata solo dall’uno o dall’altro specifico indizio e se non esiste altrimenti alcuna obiezione rilevante contro l’attendibilità di colui che ha reso la testimonianza. 2) Dal lato del funzionario statale Art. 446. Se un funzionario pubblico realizza la corruzione anche da parte sua, accettando il regalo (art. 355), qualora non si renda colpevole di un abuso del potere d’ufficio, è punito con la dimissione dal servizio. Alla medesima pena è sottoposto colui che, per un atto d’ufficio già compiuto, senza pro-
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messe antecedenti, ha percepito un qualche compenso, alla cui accettazione non era stato autorizzato dall’autorità superiore. Art. 447. I superiori d’ufficio, in virtù della propria grave responsabilità, devono essere rigorosi riguardo all’incorruttibilità dei loro sottoposti e, se vengono a conoscenza di qualcosa contrario a ciò, sono tenuti a denunciarlo alla sede competente. Art. 448. Colui che ha corrotto il funzionario, se ne fa una denuncia al tribunale o ai superiori del corrotto prima che l’accaduto venga risaputo per altra via, va condannato non soltanto alle pene stabilite dall’art. 444, ma anche alla restituzione del regalo fatto. L’atto d’ufficio già compiuto a vantaggio del corruttore rimane poi valido solo se di per sé è compiuto in conformità alle leggi ed ai doveri d’ufficio. V. Dell’oppressione dei sudditi Art. 449. Chi favorisce, per interesse privato, una persona rispetto ad altre; chi opprime i sudditi per un fraintendimento dello zelo dovuto, li carica di oneri riguardo ai loro doveri, impone o innalza la determinazione o la riscossione delle imposte più di quanto essi sono tenuti a prestare e simili, deve risarcire ai danneggiati il danno subito e inoltre va punito secondo la disposizione dell’art. 438. VI. Delitti con riguardo all’abuso del potere punitivo o in occasione del suo esercizio Art. 450. I funzionari che, eccedendo consapevolmente i limiti del loro ufficio, arbitrariamente emettono sentenze penali che appartengono alla cognizione di un’altra autorità o agiscono, contrariamente alla cognizione del tribunale superiore, con un comportamento tenuto in pregiudizio dello Stato o di un suddito, sono puniti con la dimissione dal servizio e con il carcere da sei mesi ad un anno. Art. 451. Giudici ed inquirenti che, con un imputato in stato di arresto, senza impedimenti urgenti ed insuperabili, rinviano il primo interrogatorio dello stesso di più di quarantotto ore; i direttori di istituti penitenziari che sconvenientemente trattengono un detenuto nel luogo di pena oltre la durata di essa; giudici che comunicano una sentenza emessa nei confronti di un arrestato dopo più di ventiquattro ore; giudici e direttori di carceri che trattengono antigiuridicamente in carcere un arrestato per più di ventiquattrore da quando è stata resa nota la sentenza penale; sono puniti con una sanzione di dieci fiorini per ogni giorno di inosservanza e, oltre a ciò, se tale ritardo è durato tre giorni, con la degradazione o, secondo le circostanze, con la dimissione dal servizio. Art. 452. Se risulta che tale ritardo (art. 451) è stato commesso intenzionalmente, per odio, desiderio di vendetta, interesse egoistico o altrimenti per interesse privato non consentito, si applicano allo stesso tempo le norme sulla detenzione non autorizzata (artt. 193 e 371).
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Art. 453. Gli inquirenti, che maltrattano un imputato ovvero, in caso di consentite sanzioni per disobbedienza, omettono di osservare le disposizioni di legge, sono puniti con una somma
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pari al valore della loro retribuzione da uno a tre mesi oltre alla censura e, in caso di recidiva, con la degradazione o, secondo le circostanze, con la dimissione dal servizio. Se però, tramite questi maltrattamenti, è stata estorta una confessione all’imputato, ha luogo già la prima volta la dimissione dal servizio, a cui va associata una pena detentiva da sei mesi a due anni, se a seguito di tale confessione è stato punito un innocente. Art. 454. Dipendenti del tribunale, sorveglianti e guardie carcerarie che, con protervia e cattiveria, maltrattano un imputato, sono puniti con il carcere da otto giorni a tre mesi e, in caso di recidiva, da tre a sei mesi oltre alla dimissione dal servizio. Art. 455. Gli inquirenti che, contrariamente ai loro doveri d’ufficio, non indagano su un crimine loro denunciato o dopo le indagini rilasciano arbitrariamente e antigiuridicamente dei sospetti senza una sentenza, sono puniti con la degradazione o, secondo le circostanze, con la dimissione dal servizio. VII. Dell’infedeltà d’ufficio Art. 456. Chi, senza l’intenzione di appropriarsi indebitamente del capitale, mette a frutto a proprio vantaggio i denari affidatigli o in altro modo li utilizza per la propria utilità personale, deve risarcire tre volte l’intero lucro ottenuto dall’utilizzo del denaro ed essere dimesso dal proprio ufficio. Se però quell’intenzione non risulta con piena certezza dai fatti sussistenti (per es. da un non sospetto riconoscimento di debito della cassa), si applica la disposizione dell’art. 362. Art. 457. Chi senza il permesso delle autorità competenti prende a prestito una somma dalle casse a lui sottoposte solo mediatamente è punito con la dimissione dal servizio. Art. 458. Un funzionario che, per un diritto vero o presunto, fa arbitrariamente proprio denaro a lui affidato, è sottoposto, oltre al risarcimento dell’intero danno, al carcere da uno a tre mesi. Dei dipendenti indiretti dello Stato Art. 459. Tutte le disposizioni sopra previste valgono non solo per i funzionari diretti dello Stato, ma anche per quelli indiretti.
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