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IL SORPASSO Al FORNELLI Cucina sempre meno italiana: gli stranieri verso la maggioranza ^_x^_^_x II re della Carbonara? Un tunisino Assandri, Feltri e Galeazzi ALLE PAGINE 12 E 13
La cucina è sempre meno italiana Sorpasso dei lavoratori stranieri Nei ristoranti e negli alberghi lavorano sempre più immigrati E per la prima volta la quota nazionale di neo-assunti va in minoranza GIACOMO GALEAZZI ROMA Parla sempre più straniero la ristorazione italiana. Tra tre mesi, nel settore-simbolo del «made in Italy», avverrà lo storico sorpasso. Nei servizi di ristorazione la «globalizzazione trova la più evidente realizzazione», documentano le elaborazioni dell'Ufficio Studi della Camera di Commercio di Monza e Brianza su dati Unioncamere-Ministero del Lavoro (sistema informativo Excelsior 2015). Da anni una crescita inarrestabile Le cifre del mercato del lavoro straniero in Italia crescono nei ristoranti e negli alberghi fino a raggiungere una soglia mai raggiunta, superando il numero di ingressi italiani. Il personale non qualificato immigrato assunto entro dicembre supererà la quota italiana, atte
Mestieri sempre meno italiani Tra i lavori per cui la quota dei neoassunti stranieri è superiore alla media ci sono anche i conciatori di pelle e pellicce (29,6% delle nuove assunzioni), pittori e decoratori (25%), falegnami e operai del legno (13,6%). Dai dati emerge che gli italiani scelgono sempre meno i mestieri (specialmente quelli legati alla ristorazione) che impegnano anche nei weekend e nelle festività. Così entro la fine del 2015 oltre 52mila posti di lavoro andranno a stranieri.
1240 addetti È il numero di immigranti che verrà assunto dai ristoranti italiani entro dicembre. Cioè standosi al 51,2%, con 1240 immigrati assunti su un totale di 2420 addetti. Quindi, il 51% della quota totale di per la prima volta, tra fornelli e tavoli dei addetti che ristoranti, gli stranieri occuperanno la maggioranza dei posti di lavoro. Già ora un ammonta a 2420 17,1% la nuovo pasticcere, gelataio, aiuto cuoco su quattro è straniero. Un inarrestabile trend di percentuale I crescita che riguarda tutte le attività della cuochi, 9,1% fra ristorazione. Le più recenti statistiche addetti alla fotografano un boom di assunzioni non preparazione, stagionali nei comparti « ristorazione, servizi cottura e turistici e accoglienza». In cucina ai fornelli distribuzione e in sala tra i tavoli L'internazionalizzazione dei cibi. 16,6% della ristorazione italiana riguarda cuochi in camerieri, alberghi e ristoranti (17,1%), addetti alla preparazione, cottura e distribuzione di cibi 34,7% spostamento (9,1%), camerieri (16,6%), spostamento merci 48,3% merci (34,7%), pulizia (48,3%), mansioni pulizia, 28,3% commerciali (28,3%). Il boom di as sunzioni di stranieri (51,7%) riguarda soprattutto mansioni commerciali «i mestieri di supporto in cucina a cuochi e camerieri, lavando le stoviglie, il pentolame, mantenendo pulite le attrezzature, predisponendo gli ingredienti da lavorare e verificandone la disponibilità in dispensa». Mansioni faticose, poco retribuite ma necessarie.
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Qui sopra l'albanese Ardit Grembi del ristorante La Badessa che ha preparato i piatti gustati da Bono DARIO NAZZARO/REPORTERS DARIO NAZZARO/REPORTERS
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Qui TORINO I tortelli ripieni dell'albanese Ardit "Le specialità le abbiamo studiate"Tanti chef giovani, che provengono dalle scuole alberghiere
Reportage FAÌRIZIO AS SANDRI TORINO FAÌRIZIO AS SANDRI TORINO I tortelli ripieni di seirass e l'agnello in doppia impanatura di nocciole rigorosamente piemontesi mangiati da Bono tra le note di musica sacra del ristorante «La Badessa», specializzato in piatti dei monasteri italiani e piemontesi, erano preparati dalle sapienti mani di Ardit Grembi, albanese di 27 anni. A sfornare le 30 pizze che gli U2 hanno regalato ai fan asserragliati fuori dalle prove del concerto è stato, invece, Dani Pastiu. Quand'è arrivato dalla Transilvania, Ro
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mania, 20 anni fa non parlava una parola di italiano e ha iniziato come lavapiatti. Ora gestisce una pizzeria, dopo una lunga e faticosa gavetta. Viaggiando tra le cucine della città, non è difficile trovare stranieri a capo della «brigata», nel gergo l'insieme del personale che lavora tra i fornelli e il lavello. Chi riesce a guadagnarsi una posizione di comando in cucina, quasi sempre, è già integrato. «Sono qui da 10 anni, sono venuto in Italia da ragazzo per imparare la vostra cucina: dopo la formazione professio
frequentato l'alberghiero qui». La titolare del ristorante, Valentina Bottiglieri, racconta: «Gli italiani spesso non vogliono fare questo lavoro. Sto cercando un aiuto pizzaiolo per il fine settimana: è un inferno. Tra gli italiani c'è chi non vuole lavorare al sabato, chi mi chiede di iniziare tardi e finire presto, chi non si presenta ai colloqui. E chi esce dall'alberghiero spesso non è pronto per il lavoro». Al «Porto di Savona», locale storico con cucina piemontese, un cuoco è colombiano, gli stranieri sono anche in sala e
nale, ho lavorato in vari ristoranti», racconta Ardit Grembi. Ha anche brevettato l'agnello cotto con il té alle erbe delle montagne albanesi. L'aiuto cuoco, Alexandre Farcas, è rumeno: «Non sono venuto qui per mia scelta, ma seguendo la mia famiglia. Ho
al lavandino. Sarker Jewel è il lavapiatti, arriva dal Bangladesh e per venire in Italia ha dovuto pagare un « intermediario». «Questo è il mio primo lavoro in regola», racconta da «Lentini» Santanu Chuwhury, 50 anni, indiano.
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Un lavapiatti italiano? « Resistono al massimo una settimana», racconta Roberto Rossetto, direttore del ristorante. «In quasi tutte le cucine ci sono stranieri», conferma Maria Luisa Coppa delFAscom, che rappresenta gli imprenditori di categoria: «Da un lato ci sono lavori, come il lavapiatti, che gli italiani spesso non vogliono più fare, ma bisogna migliorare la formazione perché anche gli stranieri possano accedere ai livelli più elevati». Giulio Ferrari, titolare di cinque ristoranti, ha 150 dipendenti: «Almeno uno su quattro è straniero, arrivano
Sarker Jewel lavapiatti Per venire in Santanu Chuwhury aiuto cuoco Ita lia no dovuto paga re u n intermediario. Da due anni e mezzo faccio il lavapiatti Anche se sono russa, in 10 anni qui ho imparato la vostra cucina e non sbaglio un abbinamento Irina Ermakova cameriera È la prima volta che faccio un lavoro in regola. Per 5 anni non ho avuto neppure i documenti
da 14 Paesi e fanno tutti i lavori». Il fenomeno è meno diffuso, forse, nei ristoranti stellati. Al «Cambio» di stranieri immigrati in cucina non ce ne sono, così come da «Magorabin». Ma non è una preclusione: «In questo preciso momento no, ma in passato ho avuto un cameriere colombiano», racconta Marcello Trentini, lo chef. La strada non è sempre facile. «Da Michele» o alle «Tre Galline» gli unici due stranieri sono i lavapiatti, mentre da « Berbel» lo chef Nicola Di Tarsia non fa mistero di preferire gli italiani: «Per preparare e servire piatti tipici della tradizione la condizione è avere la cultura italiana, bisogna sapere cos'è il peperone di Carmagnola: in sala e in cucina prediligo gli italiani». Non la pensano così al «Porto di Savona», dove Florin Blaj, cameriere, ha imparato alla perfezione l'abbinamento dei vini. «Se nelle mense aziendali gli stranieri occupano senza distinzioni posizioni che vanno dal lavapiatti al capocuoco, nei ristoranti è più difficile», osserva Antonio Caputi della Cgil. Un problema, poi, riguarda i diritti sul lavoro. « Abbiamo pochissime vertenze da parte di stranieri in cucina - dice Mohammad Reza Kiavar, dell'ufficio immigrazione Cisl -: spesso non fanno valere i loro diritti».
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Qui ROMA La Carbonara numero uno la prepara il tunisino Nabil Vincitore con il Gambero Rosso. E ci sono gli assi della pizza Nabil Hadj Hassen, il cuoco tunisino di «Roscioli», insieme con Uddin Mohammed Jasim FRANCESCHI DI TOMMASO/OLYCOM
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soprattutto perché l'idea di essere impiegati nella ristorazione si è molto nobilitata. Io alla "Gatta Mangiona" ho due pizzaioli e due cuochi egiziani perché gli italiani faticano a reggere i ritmi, non vogliono lavorare ogni sabato sera perché devono portare la fidanzata a La perfetta rosolatura del ballare e roba del genere. Adesso guanciale è una questione ho questo ragazzo italiano che ha tunisina. Se Pamatriciana vada erano soprattutto egiziani, che Il problema è che potrebbe essere sfumata con vino bianco, e se il lavoravano di più e talvolta un pochino tardi visto che già sugo con la cipolla sia sacrilego venivano pagati di meno ma, sette anni fa, nel 2008, il oppure no, è materia soprattutto, allora agli italiani Gambero Rosso consegnò il pareva umiliante raccontare in bangladese e forse la notizia premio per la miglior Carbonara giro di essere pizzaioli o aiuto del giorno è che alla di Roma a Nabil Hadj Hassen, cuochi, faceva molta più scena «Gatta Mangiona», dove si tunisino, cuoco di « Roscioli», a sforna una delle pizze più celebri dire di essere ragionieri. Fa due passi da Campo de' fiori, e al ridere, ma era così». Il fenomeno di Roma, un ragazzo italiano sta secondo posto si piazzò il è cresciuto rapidamente, è entrando nelFelitario club degli bangladese Ajit Ghosh diventato andazzo, ma adesso egiziani, costituito da due delP«Arcangelo» al quartiere qualcosa sta cambiando, dice pizzaioli e due cuochi. Infatti ci Prati. Il «New York Times» Casa, «un po' per la crisi, e si furono tempi in cui si scriveva, prende il lavoro che c'è, e fra l'esotico e il
Reportage MATTIA FELTRI ROMA MATTIA FELTRI ROMA
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millenaristico, che i migliori interpreti della margherita e della quattro stagioni non venivano più da Napoli ma dal Nord Africa. Il titolare della «Gatta Mangiona», Giancarlo Casa, racconta che «è dagli Anni 70 che gli stranieri sono entrati nella ristorazione romana. All'epoca
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impazzì e ci scrisse sopra corrispondenze dal sapore epocale. Perché, in effetti, non si trattava più della sola e per quanto mitologica pizza, ma di piatti della tradizione romana che ogni turista immagina cucinati dalla nonna del ristoratore secondo le procedure dei tempi di Rugantino. Stiamo parlando di due cuochi di Roma a un passo dalla canonizzazione, e non solo per questioni gastronomiche. Nabil, 51 anni, da 10 star di «Roscioli», è in Italia da quasi 30 anni, l'ha girata da Sud a Nord, e ha cominciato da lavapiatti per cui, ancora oggi, dice che «la base della cucina è saper lavare i piatti». Peccato che i ragazzi non ne abbiano nessuna voglia, «i ragazzi escono da costosissime scuole di cucina e non sanno fare niente di niente, non sanno nemmeno impugnare un coltello, sbattono contro una realtà a cui sono totalmente impreparati». Nabil, dice Valerio Capriotti, collaboratore dei « Roscioli», «sabato ha preparato 92 piatti di pasta. Un discreto decente piatto di amatriciana,
importante come quello di Gli italiani, aggiunge Capriotti di «Roscioli», «anche i più volenterosi, si spaventano per la mancata corrispondenza fra le loro conoscenze teoriche e la mole di lavoro che gli è richiesta, qualità compresa». E non ci vogliono particolare capacità intuitive per realizzare che il mondo non si divide fra italiani e stranieri, ma fra chi sa preparare una Carbonara e chi no.
Ho insegnato il cacio e pepe ad Arif, che è del Bangladesh: non avendo pretese artistiche o convinzioni tramandate in famiglia, ha imparato perfettamente Leonardo Vignoli Chef di «Cesare al Casaletto» (Villa Pamphih) J piatti di pasta Tanti ne ha fatti i" una sera i' cuoco tunisino Nabil Hadj Hassen
più o meno sono capaci di farlo tutti. Sapete che significa, per capacità, concentrazione, sforzo fisico, sangue freddo, fare novantadue piatti di pasta all'altezza delle aspettative? Sono imprese a cui gli italiano sono spesso meno pronti». E infatti le cose sono andate più o meno così da «Cesare al Casaletto» (Villa Pamphili), celebrato come un sacro custode della tradizione romana. Ma anche lì gricia e cacio e pepe sono in mani bangladesi, quelle di Arif Hossain, 32 anni, e dei suoi tre aiuti e compatrioti. «Gli ho insegnato come si fa e paradossalmente, non avendo delle pretese artistiche, o delle convinzioni tramandate in famiglia, Arif ha imparato perfettamente», dice il titolare, lo chef Leonardo Vignoli. Chiunque mangi da lui pensa di imbattersi nelle sapienti mani di una sorà Lella, e invece sono le mani di Arif la cui qualità di partenza, dice Vignoli, è di essere « affidabile per impegno, serietà, disponibilità. Arif ha capito, come ogni grande cuoco, che bisogna essere puntuali nell'orario d'ingresso ed elastici nell'orario di uscita, ed è un'apertura mentale che un italiano ha sempre più di rado. Gli stranieri che vengono qui e riescono a imparare un lavoro, specie se
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