Punto Omega
Direttore Mario Magnani
Rivista quadrimestrale del Servizio Sanitario del Trentino
Direttore responsabile Alberto Faustini
Nuova serie Anno II/2000 numero 4
Coordinamento redazionale ed editoriale Vittorio Curzel
Registrazi one del Tribunale di Trento n. 1036 del 6.10.1999
Redazione e impaginazione a cura del Servizio Programmazi one e ricerca sanitaria
© copyright 2000 Provincia Autonoma di Trento Tutti i diritti riservati. Riproduzione consen tita con citazione obbligatoria della fonte
Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
Hanno scritto per questo numero: Antonio Autiero Guido Baldessarelli Luisa Berardinelli Claudio Beretta Aboul Kheir Breigh eche Fior enzo Chiasera Riccardo Di Segni Piero Draghi Stefano Forti Andrea Gerosa Ferdinando Ghirardini Antonella Graiff Marco Lanzetta Lucilla Lecchi Stefano Lucchina Luigi Martinelli Renzo Michelini Roberta Nolli Marcella Orrù Vincenza Palermo Antonio Pasciucco Franca Pellini Gabardini Monica Pisetta Florestana Piccoli Sfredda
Francesco Procaccio Ilaria Radaelli Maurizio Ragagni Paolo Rebulla Aleksandr Rudenko Gir olamo Sirchia Roberto Valente Remigio Verlato Progetto grafico Gi ancarlo Stefanati Editing Attilio Pedenzini Stampa Nuove Arti Grafiche Artigianelli – Trento Stampato su carta ecologica Fedrigoni Vellum white
Indirizzo Pr ovinci a Autonoma di Trento Servizio Programmazi one e Ricerca sanitaria Via Gilli, 4 38100 Trento tel. +39.0461.494037 fax +39.0461.494073 e-mail:
[email protected] Sito Internet www.provincia.tn.it/sanita
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Mario Magnani Editoriale Monica Pisetta La situazione in Italia e in Trentino
Antonio Autiero 17 Il problema dei trapianti in prospettiva bioetica 22 Il punto di vista delle religioni A cura di Fiorenzo Chiasera, Florestana Piccoli Sfredda, Riccardo Di Segni, Aboul Kheir Breigheche, Ferdinando Ghirardini, Andrea Gerosa, Marcella Orrù Francesco Procaccio 47 La morte encefalica: una realtà scientifica Vincenza Palermo 54 Aspetti normativi del prelievo e trapianto di organi e tessuti Remigio Verlato 60 La donazione di organi e tessuti: gli ostacoli per una scelta d’amore Maurizio Ragagni 63 Il modello organizzativo del processo di donazione e trapianto di organi e tessuti in Trentino Renzo Michelini 73 La convenzione con Innsbruck Roberto Valente, Antonella Graiff, Piero Draghi, Stefano Forti 78 Realizzazione di reti gestionali e di registri per l’attività di prelievo e trapianto
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anno due numero quattro
Franca Pellini Gabardini 82 Il ruolo delle associazioni 86 Schede a cura di AIDO, ADMO, AIL, ANED Luisa Ber ardinelli, Claudio Beretta, Antonio Pasciucco 92 Il trapianto di rene da donatore vivente Luigi Martinelli 96 Il trapianto cardiaco: un traguardo della chirurgia moderna Lucilla Lecchi, Paolo Rebulla, Girolamo Sirchia 103 Il trapianto di sangue placentare Marco Lanzetta, Roberta Nolli, Ilaria Radaelli, Stefano Lucchina 108 Il trapianto di mano eterologo Guido Baldessarelli 112 Analisi economica dei trapianti: la spesa del Servizio sanitario del Trentino nel 1999
“Serrati gli uni contro gli altri dalla crescita del loro numero e della moltiplicazione dei collegamenti, accomunati dal risveglio della speranza e dell’angoscia per il futuro, gli uomini di domani lavoreranno per la formazione di una coscienza unica e di una conoscenza condivisa”. Pierre Teilhard de Chardin “Punto Omega”, nel pensiero di Teilhard de Chardin, filosofo e teologo vissuto tra il 1881 e il 1955, è il punto di convergenza naturale dell’umanità, laddove tendono tutte le coscienze, nella ricerca dell’unità che sola può salvare l’Uomo e la Terra. “Punto Omega” è anche il titolo scelto per la rivista quadrimestrale del Servizio sanitario del Trentino ideata nel 1995 da Giovanni Martini, poiché le sue pagine vogliono rappresentare un punto di incontro per tutti coloro che sono interessati ai temi della salute e della qualità della vita.
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Editoriale
A
Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
Avviare una riflessione accurata e a tutto campo sulla tematica della donazione e dei trapianti di organo e di tessuto significa por tare in primo piano una questio ne determinante per la sanità trentina e rafforzare l’impegno politico che l’Assessorato alle po litiche sociali e alla salute della Provincia Autonoma di Trento si è assunto in merito. Impegno che, del resto, si è già manifesta to concretamente attraverso al cune, anche impor tanti, azioni compiute in questi ultimi anni. Il dare a questa tematica un’at tenzione prioritaria deriva dal fat to che l’argomento in questione assume valenze particolari e più profonde rispetto ad altre seppur fondamentali tematiche di salu te. Per rendersi conto di tutto questo basta osservare la varie tà, la ricchezza, l’ampiezza e la competenza dei contributi pre senti in questo numero della ri vista, con tutte le conoscenze, le prospettive e i nuovi spunti di ri flessione che possono offrire a ciascuno di noi. La donazione di organi e di tes suti costituisce un gesto estremo di generosità e di solidarietà con il prossimo. L’Assessorato, in qualità di ente deputato alla determinazione delle scelte strategiche di politi ca della salute, in collaborazione con tutte le istanze sociali ed isti tuzionali coinvolte, deve porsi come primario obiettivo la pro mozione di una cultura della do nazione. Questo vale ancor più in una si-
tuazione come quella del Trenti no, dove purtroppo, come dimo strano i dati a disposizione, per cause solo in parte conosciute, la donazione non è diffusamen te praticata e, di conseguenza, abbiamo difficoltà ad assicurare l’offerta quantitativa di organi che consenta corrispettivamente agli utenti trentini di accedere al trapianto. Come è noto, infatti, secondo le regole stabilite dalla normativa nazionale ed interna zionale, a ciascuna Regione vie ne assicurato un numero di or gani per il trapianto uguale o con gruo rispetto a quelli donati dai residenti deceduti. Una cultura della donazione non può che derivare da un convinci mento interiore e non può esse re ottenuta attraverso la persua sione e la coercizione, ma attra verso la conoscenza profonda dei vari aspetti di questa tematica, affinché ciascuno possa trarre la proprie conclusioni e operare le proprie scelte. Ugualmente determinante, poi, è creare le condizioni organizzati ve e operative ottimali per assi curare che la complessa macchi na delle donazioni e dei trapianti possa funzionare nel modo più efficace possibile. Pur essendo indispensabile la presenza di strutture e di attrez zature tecniche adeguate, quel lo che conta di più, alla fine, è, come sempre, il “fattore uomo”, che significa preparazione, impe gno, motivazione e dedizione degli operatori e anche capacità relazionale sia con chi vive la per 3
Editoriale
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dita luttuosa di un proprio caro che con chi sta per ricevere l’or gano donato. Nel caso dei tra pianti, diviene più immediata e imprescindibile che altrove l’esi genza di umanizzazione della sa nità e di centralità della persona, che abbiamo posto come princi pio fondamentale alla base di tutti gli interventi previsti all’in terno del disegno di legge di Pia no sanitario provinciale 2000 2002. Sia con quanto attuato in questi ultimi anni, sia con la progettua lità espressa in merito al tema trapianti nel Piano, l’Assessora to alla politiche sociali e alla sa lute della Provincia di Trento ha intrapreso la strada per favorire l’incremento di questa pratica terapeutica, concentrando sforzi e risorse, sia sul versante della sensibilizzazione della popola zione (come è stato fatto per l’or ganizzazione di una manifesta zione musicale per i giovani in occasione della Giornata nazio nale donazioni e trapianti d’orga no di quest’anno), sia sul lato or ganizzativo-operativo, attraverso l’aumento delle strutture dell’of ferta sul nostro territorio (v. l’isti tuzione della cardiochirurgia, la creazione del secondo punto per il trapianto di cornee presso l’Ospedale di Rovereto, la con venzione con Innsbruck), il per fezionamento dell’organizzazio ne nelle fasi di reperimento e di trapianto d’organo (v. la nomina del Transplant coordinator) e la fornitura di adeguato trattamen to assistenziale in loco per le per
sone trapiantate (v. la realizzazio ne dell’ambulatorio trapianti). Siamo tuttavia consapevoli che l’obiettivo di una copertura ade guata e dell’abbattimento delle liste d’attesa deve avvalersi del la diffusione nella comunità di un comune sentire e dunque di con tributi di pensiero multidiscipli nari e di azioni intersettoriali che formino all’interno e all’esterno del sistema sanitario quella pro pensione alla donazione e che, nel rispetto dei principi universali legati alla considerazione della persona nella sua unicità ed iden tità, possano fugare immotivati dubbi e diffidenze. Questa pubblicazione costituisce un significativo esempio di que sto incontro di prospettive e di punti di vista, che nella loro di versità, ma con il medesimo sen tito coinvolgimento su questa problematica, partecipano insie me alla grande sfida sottesa al si gnificato del titolo della nostra ri vista e scopo principale della stessa: la convergenza di tante esperienze verso una forma di sa pere superiore che conduce al mi glioramento della salute e della qualità della vita degli individui e della collettività.
Mario Magnani Assessore provinciale alle Politiche sociali e alla Salute
La situazione in Italia e in Trentino Monica Pisetta
Una realtà complessa in cui progresso medico-scientifico e sviluppo sociale interagiscono con fattori di carattere culturale e morale
La particolare collocazione della tematica Il tema delle donazioni e dei tra pianti di organo e di tessuto è ca ratterizzato da una complessità tale da generare riflessioni e discussio ni, polemiche e prese di posizione che in alcuni periodi hanno infiam mato il contesto sociale e cultura le. La pratica delle donazioni e dei trapianti non coinvolge solo l’am bito medico-scientifico, ma implica aspetti, riflessioni e pareri multidi sciplinari che si incrociano, spesso concordano, talvolta creano dissen so, conducendo a uno stato delle cose contraddittorio e confuso. Perché succede questo? I trapianti costituiscono una pra tica terapeutica per molti versi di frontiera e per questo motivo molti ravvisano il pericolo (come avviene per quanto riguarda lo sviluppo del l’ingegneria genetica) che l’uomo si comporti da “apprendista stregone”, per usare quella bella e realistica metafora di Goethe che preannun cia grandi pericoli che possono ve Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
rificarsi quando la tecnica si evolve più velocemente della capacità uma na di controllare con il proprio in telletto tali nuove acquisizioni. Tuttavia, nel caso dei trapianti, i positivi risultati raggiunti, così come la loro diffusione e il progres sivo loro perfezionamento, l’acqui sizione di tecniche ormai consoli date e in continua evoluzione, in somma la fuoriuscita definitiva dal l’era pionieristica possono in gran parte stemperare l’esistenza di tale rischio. In Italia, il trapianto ha cominciato ad essere praticato nel 1971 (per quanto concerne il rene), mentre già agli inizi degli anni ‘80 si sono gradualmente diffusi gli in terventi più complessi relativi al cuore, al fegato o multiorgano, pri ma della regolamentazione norma tiva avvenuta nel 1993 con la Leg ge n.578 “Norme per l’accertamen to e la certificazione degli stati di morte”. Inoltre, in attuazione della Legge n.301 “Norme in materia di prelievi ed innesti di cornea”, si sono consolidati i trapianti relativi a questo tessuto. Il punto critico è dunque un al tro e riguarda una caratteristica in trinseca di questa “pratica terapeu tica”, e cioè che le donazioni e i trapianti coinvolgono direttamente la questione fondamentale dell’esi stenza umana, ovvero quella relati va al rapporto e al confine tra la vita e la morte. Il problema dei trapianti riguar da questioni di carattere scientifi co, etico, teologico, religioso, giu ridico e di altra natura, ma tutte queste posizioni sedimentano infi ne –salvo quella relativa alla invio 5
La situazione attuale
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labilità e sacralità del cadavere per motivazioni soprattutto religiose- in un’unica essenziale questione di fondo, a cui si deve dare preventi vamente risposta: si tratta di stabi lire in maniera inequivocabile la definizione dello stato di morte e di fissare criteri che consentano di dire quando essa si verifica effetti vamente. E’ evidente che il discorso è di verso e risulta molto meno proble matico per quelle donazioni che vengono effettuate da persona viva, quali la placenta, il midollo osseo, o lo stesso sangue, dove pertanto è più facile assicurare la disponibili tà alla donazione e dove comunque rimane sempre necessaria la mobi litazione delle associazioni per in formare e sensibilizzare le persone. Nel caso del midollo osseo, poi, la disponibilità dell’individuo tramite la propria iscrizione all’apposito albo, configura una atipicità nella donazione, in quanto questa dispo nibilità ha solo un valore morale, e dovrà essere confermata nel caso (del resto, molto raro) di identifi cazione di una prima compatibilità con un paziente. Sempre in questa tipologia rientra la donazione di un organo (nella fattispecie il rene) da vivi: pur comportando tale espian to effettivamente alcune limitazio ni per il proprio stile di vita e tal volta una percentuale di rischio. La vita, la morte, il cuore che batte Tornando quindi a questo tema cen trale, senza entrare nel merito della questione sia scientifica (la defini zione della morte encefalica come
stato di morte dell’individuo) che etica (l’accettabilità morale di que sta definizione), oggetto di due specifiche relazioni contenute nel la rivista (cfr. Procaccio e Autiero), è doveroso sottolineare che il “nuo vo” concetto di morte (la morte encefalica come morte dell’indivi duo) è stato formulato sulla base delle più avanzate cognizioni scien tifiche e soprattutto in assoluta in dipendenza e in assoluta distinzio ne rispetto a qualsiasi altra consi derazione di qualsiasi ordine. Si trat ta quindi di una definizione prima ria, neutra e circoscritta, sulla cui base è poi stata definita con chia rezza, rigorosamente limitata e ga rantita la possibilità del prelievo di organi e quindi i criteri, i compiti, le attribuzioni e le responsabilità per una pratica sanitaria scientifi camente fondata ed eticamente cor retta. In altri termini, è solo sulla base di queste certezze inconfutabili dal punto di vista medico-scientifico (ovvero del massimo livello cogni tivo attualmente elaborabile e so stenibile nella nostra società), la cui ricerca è stata stimolata dall’inte resse primario dell’uomo di stabili re i confini della propria vita, che è stato possibile giungere ad una de finizione preventiva, obiettiva ed enucleata della morte. Per contro, se tale definizione si fosse fondata su concetti di carattere morale-fi losofico o giuridico, questo sareb be stato un errore estremamente grave, perché tali principi astratti sono sempre potenzialmente discu tibili; il loro compito invece è quello da una parte di giustificare e dal
l’altra di regolamentare l’applicazio ne della definizione scientifica del la morte relativamente alle donazio ni e ai trapianti d’organo. E’ quindi nuovamente da eviden ziare l’indispensabile rigore che ha indotto a separare i requisiti teorici per la definizione di morte dai re quisiti per gli espianti di organo, perché la necessità di raccogliere gli organi per salvare vite umane non deve venire incorporata nella defi nizione di morte. Solo così si do vrebbe accettare che se un ex pa ziente in stato di morte cerebrale assomiglia ad una persona vivente solo per il fatto che il cuore è bat tente a causa della ventilazione ar tificiale che gli viene praticata per tener irrorati gli organi e consenti re un eventuale prelievo, questo non è un motivo per confondere la vita e la morte. L’appropriatezza e la rigorosità di questo discorso, apparentemente ovvio, si scontra con la mancata accettazione, a livello sociale, del fatto che anche un fenomeno appa rentemente chiaro ed immutabile come la morte è culturalmente de terminato e che quindi anche la sua definizione dipende dall’epoca e dal contesto in cui viene formulata. E’ noto che l’evoluzione della scienza biomedica ha dimostrato che, pur essendo in assoluto l’arre sto cardiaco e il conseguente bloc co della funzione circolatoria e re spiratoria protratti per un lasso di tempo il criterio più sicuro per la constatazione di morte, questo da una parte non è sicuramente l’uni co criterio e dall’altra rappresenta spesso l’esito estremo di una morte Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
già precedentemente avvenuta (cfr. Procaccio, pag. 47 e segg.). Ma l’equazione “cuore che batte=persona viva” è dura da can cellare nel vissuto e nell’immagina rio individuali e collettivi, rappre sentando questo organo, in un re taggio millenario di immagini e di parole, nell’arte e nella letteratura, la sede delle funzioni fisiche e im materiali che fanno la vita. E’ que sto che crea dubbi e perplessità, non soltanto a livello del senso comu ne, e consente l’elaborazione di giu stificazioni teoriche, che si confi gurano spesso come “ribellioni” contro un presunto assolutismo del la medicina che pretende di fornire una verità indiscutibile, limitata agli aspetti fisico-materiali, per la pri maria questione della vita e della morte. La “zona d’ombra” In un forum aperto ai lettori dal quotidiano “La Repubblica” in oc casione dell’approvazione della nuo va Legge nazionale sui trapianti (L. n.91/99) e in relazione della previ sta opzione personale tramite Do nocard inviata a tutti i cittadini ita liani da parte del Ministero della Sanità, si tasta con mano questa situazione, per un certo verso schi zofrenica, per cui, accanto a coloro che sono convinti assertori della possibilità delle donazioni e dei tra pianti (sono però pochi quelli che lo sono senza aver avuto precise esperienze concrete, o come opera tori o come pazienti o come fami liari di un donatore o trapiantato), esistono prese di posizione decisa mente contrarie, non solo in riferi 7
La situazione attuale
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Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
mento all’obbligatorietà di opzione e ai legittimi dubbi che effettiva mente essa può creare, ma anche verso l’atto stesso della donazione. Tali obiezioni vengono addotte con motivazioni di vario genere, quasi tutte riferentesi direttamente o meno, alla presunta incertezza che la persona donante non sia realmen te morta (pensiamo ad esempio alla posizione estrema assunta in ma niera istituzionalizzata dalla “Lega nazionale contro la predazione de gli organi e la morte a cuore bat tente”). Tra gli stati di dubbio rien trano anche le inquietudini manife state da alcuni noti personaggi del pensiero contemporaneo o “opinion maker”, come il filosofo Umberto Galimberti, lo scrittore Guido Ceronetti, il giornalista Fabrizio Del Noce. Vorrei riportare alcuni esempi emblematici di queste riflessioni condotte all’interno di questo fo rum o in altri contesti. - Dissenso nichilista: “…Vedo male il trapianto in sé. Sento che può essere la causa che può attirare una catena senza fine di crimini….questa dei trapianti è una delle soluzioni tra le più negative del mondo, anche se può presentar si con qualche forma di bene…E’ un’occasione offerta al crimine il fatto che la cosa –cioè il trapiantosi possa fare”. - Dissenso epistemiologico: “…la Scienza…in particolare nel campo medico appare come ‘la nuova reli gione’ dove un pensiero umano su periore è in grado di leggere ed in terpretare le croci dell’umanità tut ta. L’uomo viene catalogato, esami
nato, trattato e verificato, eccete ra: ci sono risposte per tutto e per tutti. Ma è proprio così? Oppure in questa visione materialistica fatta di matematica, di parametri e di tecnologie sofisticate c’è qualcosa che sfugge? Non è che la nostra scienza è fatta di “modelli” che a loro volta non sono altro che un’ “interpretazione umana” di un Cre ato tuttora lontano da una reale comprensione? E cosa dire delle sug gestione dell’ego, che portano ta luni alla manipolazione degli stessi (modelli) per fini non propriamente etici?…E’ profondamente ipocrita e subdolo operare sui sentimenti ele vati di solidarietà umana e sociale per avallare pratiche mediche che altrimenti suscitano istintivamente quantomeno delle perplessità…”. - Dissenso filosofico: “…soprattut to c’è in ciascuno di noi una certa resistenza ad adottare quello sguar do riduttivo, perché solo organico, che la scienza medica ha della vita e della morte…nel caso dei trapianti (questo) implica la perdita della nozione del corpo a favore di quella di organismo, della nozione di in dividuo a favore di quella di gene re, della nozione di vita e di morte e più in generale di esistenza a fa vore del puro e semplice prolunga me nto di un qua ntitativo biologico…Quello che a suo tempo non riuscì alla filosofia oggi riesce alla medicina, la cui mentalità va diffondendosi in ciascuno di noi, senza che nessuno di noi pensi a quale concetto di uomo fa riferimen to la scienza medica per poter so stituire i pezzi del nostro corpo….L’unico a soffrirne resta
l’uomo, per il degrado del concetto di sé che, grazie alla scienza medi ca va introiettando…”. - Dissenso medico-quantistico: “…La morte cerebrale non può essere dia gnosticata con certezza, ma solo con “estrema probabilità”…” (è un medico anestesista che parla). - Dissenso consequenziario “Diven tare tutti possibili donatori crea ap petiti malvagi da parte degli in dividui senza scrupoli che sono presenti in abbondanza nella nostra società…Potrei essere d’accordo sulla morte cerebrale, se il bisogno di organi non creasse a catena una serie di aberranti problemi…Ad es. la legge dovrebbe stabilire che sono esclusi dalla categoria dei donatori le vittime di omicidio, perché altri menti chi potrebbe fermare la furia di procacciatori di organi o anche semplicemente di persone comuni che, di fronte alla scelta di vita o di morte di un proprio congiunto, per dono la testa e fanno l’impossibile per salvarlo?”; - Dissenso morale: “Nel gesto soli daristico del trapianto c’è un germe di egoismo umano…in fondo, una persona in attesa di trapianto che sente la vita sfuggirli tra le mani aspetta con ansia la morte di un altro perché è a ciò che è legata l’unica possibilità per la sua soprav vivenza…”. Tutte queste considerazioni dan no conto di come la delicata que stione dei trapianti metta in gioco vari livelli dell’essere uomo e di que ste implicazioni bisogna prendere atto, anche se si parte da quel pun to certo che è la definizione di morte sopra descritta che consente la pos Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
sibilità della donazione. Appare chiara la difficoltà di ela borare e di creare un punto di rife rimento culturale e di confronto verso cui possano convergere le va rie posizioni, per produrre adegua ta mediazione e corretta informa zione e conseguentemente giunge re alla sensibilizzazione e ad una spontanea condivisione e adesione. Per quanto concerne il sentimen to di solidarietà eroica e il senso altruistico della generosità verso il prossimo o addirittura, come è sta to invocato recentemente in riferi mento alle previsione della legge, il senso dell’interesse sociale che pre varica l’interesse soggettivo, si sa che la donazione costituisce sem pre una scelta e una predisposizio ne maturate individualmente e ri messe quindi alla volontà e alle motivazioni del singolo. La specificità italiana nei confronti della donazione La prova concreta della veridicità di questo ragionamento è costituita proprio dal caso italiano, dove è chiaro che il fattore culturale sopra descritto ha la meglio sulla tradi zione solidaristica e sul processo di modernizzazione che in altri settori (prevalentemente legati alla produ zione e al consumo) sta proceden do a ritmi accelerati e paralleli a quelli di altre realtà nazionali co siddette avanzate. Rispetto agli altri stati europei, è infatti rilevante in Italia il pro blema delle poche donazioni rispet to ai bisogni di trapianto, cosa che coinvolge anche il Trentino dove, ri spetto anche ad altre regioni, è 9
maggiormente visibile questa caren za, sia in termini assoluti che per centuali. Ecco, a tal proposito, al cuni dati indicativi. Confronto Italia - altri Stati europei L’Italia si colloca sotto la media ri spetto agli altri Stati europei. Si assiste comunque ad un trend cre scente negli anni del numero di donatori, anche se questo aumento è lento, a differenza di quanto av viene per altri Stati (fig. 1). Confronto tra aree geografiche italiane Una situazione adeguata dovrebbe prevedere almeno la coincidenza tra
il numero di donatori e il numero di trapiantati, anche per rientrare nel le regole stabilite in tal senso dalle organizzazioni (nazionali e interna zionali) deputate alla raccolta e alla fornitura di organi. Invece si nota (fig. 2) la forte discrasia tra perso ne donatrici e persone trapiantate, non colmabile con il progressivo, leggero aumento delle donazioni (anche perché nel frattempo sono aumentate le possibilità e quindi le esigenze di trapianto). Evidente è la differenza tra le tre aree NordCentro-Sud (fig. 3 e tab. 1), dove alla maggiore arretratezza economi ca e sociale e alla carenza di servizi corrisponde una minore adesione e disponibilità alla donazione.
La situazione attuale
Attivit di prelievo in Europa negli anni 1996/99 (Donatori per milione di abitanti)
10
Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
Spagna
1999 1998
Portogallo
1997 1996
Francia U.K. Scandinavia Svizzera
Italia
Grecia
0
5
10
15
20
25
30
35
donatori p.m.a. fonte: Nord Italian Transplant
Figura 2 Attività di prelievo e trapianto in Italia - 1990/99 2.700 2.400
Attivit di prelievo e trapianto in Italia - 1990/99 2.428
2.100 1.800
844
980
1.075
667
709
1996
1997
1998
1.978
576
1995
1.154
900 600
629
1.922 1.509
1.500 1.200
2.125
2.166
304
320
359
445
289
1990
1991
1992
1993
1994
788
300 0
trapiantati
Figura 1 Attività di prelievo in Europa negli anni 1996/1999
Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
Le donazioni e i trapianti in Trentino La scarsità delle donazioni in Tren tino è riferita sia ai valori assoluti, sia in relazione al numero di perso ne residenti trapiantate, sia nel con fronto con la media nazionale. Se in Italia esiste comunque una tendenza chiaramente in leggera e continua crescita, in provincia di Trento la donazione è caratterizza ta nel tempo da una netta disconti nuità (tabb. 2,3,4) che rivela, uni tamente allo scarto esistente tra il numero dei donatori segnalati (=di sponibili) e il numero dei donatori utilizzati, l’esistenza di problemi di carattere organizzativo nelle strut ture e nel processo che compone l’attività di donazione e trapianto. Il principale effetto di questa si tuazione è una lunga lista di attesa per il trapianto, che riduce la pos sibilità di sopravvivenza per molte persone.
donatori
1999
fonte: AIDO
Altri ostacoli per la donazione Vista l’importanza, in Italia, dell’ar retratezza culturale nella determi nazione dei comportamenti, è diffi cile prevedere l’incidenza della nor mativa recentemente approvata (cfr. Palermo, pag. 54 e segg.), che, pur allineando a livello formale la no stra situazione a quelle più avanza te in Europa e nel mondo, intende “imporre”, con un grande atto di co raggio innovativo, la donazione tra mite la regola del silenzio-assenso. Questo è comunque il punto che più ha creato polemiche e dissensi nell’ambito della discussione parlamen tare, anche tra coloro che credono nella donazione. Ancora una volta, tipica situazione italiana, si intro ducono leggi che sono più avanza te, nei principi e nei contenuti, ri spetto al comune sentire e quindi non costituiscono una reale ema nazione del tessuto sociale che le ha prodotte. 11
creare, talvolta configurandosi come lesive della libertà e della autoder minazione dell’individuo (un esem pio per tutti: se un cittadino con trario alla donazione per varie ra gioni si dimentica di fare la dichia razione e muore, viene considerato donatore, anche se i parenti, me mori della sua volontà, si oppongo no) e dall’altra alla creazione, nelle azienda sanitarie, di nuove, com plesse e macchinose procedure bu rocratico-amministrative per la ge stione delle decisioni effettuate dai cittadini, la cui messa a punto potrebbe creare errori ed omissioni a danno degli stessi. E non è finita qui: oltre ai pro-
Non si possono ignorare nemmeno alcune perplessità riferibili, da una parte alle probabili situazioni paradossali che si possono venire a
Donatori utilizzati per zona geografica - 1998/99
La situazione attuale
Regione
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Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
Piemonte/Val d’Aosta
1995 16,3
1996 15,6
1997 18,5
1998 17,4
1999 18,8
Lombardia
15,7
15,1
15,5
18,9
18,2
Provincia Autonoma di Bolzano
28,9
26,5
22,0
37,1
28,2
Provincia Autonoma di Trento
4,3
17,3
8,6
6,4
10,6
Veneto
17,4
20,0
20,6
22,8
22,7
Friuli Venezia Giulia
23,5
20,1
19,3
11,8
16,8
Liguria
14,4
15,6
14,5
18,8
18,9
Emilia-Romagna
15,8
19,6
21,3
24,0
25,5
Toscana Marche
11,6 6,9
12,4 6,2
12,7 10,3
13,0 6,8
26,9 8,9
Umbria
6,0
7,2
13,2
9,6
15,6
Lazio Abruzzo/Molise
5,0 6,2
7,3 7,4
6,1 9,3
7,4 8,7
6,0 10,5
Puglia
3,9
4,9
4,4
5,8
7,3
Campania
0,7
1,0
2,9
3,1
3,4
Basilicata
1,6
6,5
4,4
3,2
6,5
Calabria Sardegna
1,9 15,0
3,8 12,6
4,3 12,0
2,9 8,4
4,8 12,0
3,3
3,3
3,9
3,3
2,7
Sicilia
Figura 3 Numero di donatori utilizzati nel 1999
Attivit di donazione: Num ero
Donatori Segnalati Donatori Utilizzati Donatori Multiorgano Reni Prelevati Cuori Prelevati Fegati Prelevati Polmoni Prelev ati Pancreas Prelevati
1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 4 5 6 5 10 6 9 9 4 2 5 2 8 4 3 5 3 2 5 1 7 4 2 4 6 4 10 4 15 8 5 7 3 2 4 1 5 3 2 3 2 1 4 1 7 3 2 3 2 1 0 0 3 1 0 2 1 0 0 0 0 0 0 1
Attivit di donazione: PMP
Tabella 2 Attività di donazione 1992/99 per numero e per milione di abitanti in Trentino
Tabella 1 Donatori utilizzati per zona geografica 1998/99
Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
Donatori Segnalati Donatori Utilizzati Donatori Multiorgano Reni Prelevati Cuori Prelevati Fegati Prelevati Polmoni Prelev ati Pancreas Prelevati
1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 8,8 11 13,1 11 21,7 13 19,3 19,1 8,8 4,4 11 4,3 17,3 8,6 6,4 10,6 6,6 4,4 11 2,1 15,1 8,6 4,3 8,5 13,2 8,8 22 8,7 32,5 17,2 10,7 15 6,6 4,4 8,7 2,1 10,8 6,4 4,3 6,4 4,4 2,2 8,7 2,1 0,4 6,4 4,3 6,4 4,4 2,2 0 0 6,5 2,1 -4,2 2,2 0 0 0 0 0 -2,1 fonte: C entro Na zionale Tra pi anti
blemi evidenziati, esistono altri ele menti, sempre appartenenti alla ti picità italiana, che hanno contri buito e contribuiscono all’indiffe renza, se non all’opposizione, verso la donazione. Tali elementi riguardano: 1. La scarsa competenza, la disin formazione o la voglia di sensazio nalismo dei mass media che spesso affrontano tale fondamentale que stione con leggerezza e superficia lità. Soprattutto è uso comune con fondere e usare impropriamente i termini “morte cerebrale” e “coma vegetativo”, confondendo cioè tra la vera morte ed uno stato ancora vitale. E’ ovvio che tutto questo ha contribuito a fomentare polemiche, dissensi e prese di posizione erro
nee e fuorvianti l’opinione pubbli ca. Come sempre, anche in questo caso, il ruolo dell’informazione è rilevante per diffondere e chiarire, con coscienza e professionalità, le tematiche reali e concrete ruotanti attorno ai trapianti (in primis, pro prio la tutela del donatore), eviden ziando i problemi esistenti, quali le liste di attesa e le aspettative di coloro che ne fanno parte, le enor mi difficoltà organizzative collega te ai trapianti stessi, ed eventual mente contribuendo alla denuncia delle situazioni di abuso e di con dotta amorale, come il commercio clandestino di organi. 2. La poca motivazione, l’assenza di professionalità, la pigrizia, la mancanza di umanità, la si chiami 13
Attivit di donazione - Confronto Trentino-Italia Provincia media di Trento nazionale
La situazione attuale
Anno
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Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
1995
4,3
10,0
1996
17,3
11,0
1997
8,6
11,7
1998
6,4
12,3
1999
10,7
13,7
come si vuole, dell’organizzazione sanitaria che spesso si lascia sfug gire potenziali donatori e/o rende non fattibile un trapianto, nono stante la presenza di organi donati (rendendo di conseguenza inutile la donazione stessa). Come illustra egregiamente il successivo articolo di Ragagni, il trapianto non è altro che l’evento finale di una serie pre cisa di prestazioni concatenate,
nonché del lavoro di un elevato numero di professionisti, in cui ba sta il fallimento di un anello di que sta “catena di montaggio” per fare fallire l’impresa. L’avvio di questo processo non può comunque pre scindere, come si diceva prima, dal l’ottenimento del consenso informa to alla donazione, nel momento più difficile della perdita e del lutto da parte dei congiunti della persona morta e che per questo mette in campo, oltre che la competenza tec nico-professionale, le capacità re lazionali del medico. L’esperienza del trapianto Prima di concludere, è doveroso porre alcune riflessioni mutando la focalizzazione del discorso; finora abbiamo infatti ragionato partendo dal versante della donazione, che del resto costituisce il nodo delle argo mentazioni in merito a questa te-
Residenti in provincia di Trento: confronto tra donazioni e trapianti di rene - 1990/99 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 1990
1991
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num ero donazioni
1993
1994
1995
1996
1997
num ero trapianti
1998
1999
Tabella 3 Attività di donazione: Confronto Trentino - Italia
Figura 4 Residenti in provincia di Trento: confronto tra donazioni e trapianti di rene 1990/99
Tabella 5 Provincia di T rento: residenti in lista di attesa, organi procurati e residenti trapiantati - 1999
Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
matica o, detto altrimenti, la condizione necessaria (sebbene non sufficiente) per il verificarsi del processo. Ora invece vorremmo concentra re l’attenzione sull’altra faccia della questione: l’essere una persona trapiantata. Come tutti sanno, la vita di chi è in attesa e di chi ha subito un trapianto non è facile. Da una parte, l’aspettare con un tempo limitato a disposizione la disponibilità di organi o di tessuti compatibili è una lotta contro la morte che rende impotenti in partenza, perché non si tratta di met tere in campo le proprie forze per combattere e per resistere, ma è una guerra delegata all’esterno, in cui la persona coinvolta non ha possi bilità di azione. E per molti (in Ita lia circa il 50% di chi è in lista di attesa) questo tempo scade per sem pre. Dopo il trapianto, invece, l’inde scrivibile gioia del cambio di rotta della propria esistenza, ormai condannata, verso la vita è quantome no mitigata (anche se non c’è dub bio che questo costituisce il male minore a fronte di questa nuova ri nascita) dalle necessarie e pesanti terapie antirigetto e da continui controlli ambulatoriali, nonché dalla terribile possibilità che il rifiuto corporeo dell’organo, nonostante tutto, possa anche avvenire, riportando la situazione al punto di partenza. Per onore dell’obiettività, si deve anche accennare ai casi in cui dopo il trapianto la sopravvivenza rima ne relegata ad un periodo troppo
breve per giustificare il trapianto stesso, più o meno coincidente a quanto l’individuo avrebbe potuto comunque vivere anche senza l’intervento e senza dunque tutte la pesanti cure correlate che abbassano il livello della qualità della vita (si configura così una particolare forma di accanimento terapeutico). Intervenire o meno è comunque un dilemma spesso irrisolvibile, che riguarda anche altri settori della medicina. Dilemma che oggi si inco mincia ad affrontare nell’ambito di un’ampia discussione sul ruolo, le prerogative e la relativizzazione di questa disciplina. Nonostante questi problemi, la cosa che conta, nella maggior parte dei casi, è soprattutto il ritorno alla vita di una persona per merito di un’altra persona che dalla vita se ne è andata, il che naturalmente rende assolutamente secondarie la difficoltà legate alla gestione del post-trapianto. I recenti e sensazionali exploit della tecnica chirurgica si pongono tuttavia, secondo noi, in maniera
Provi ncia di Trento - residenti in li sta d’attesa, organi procurati e resi denti trapiantati - 1999
Organi Rene
Pazienti re sidenti in lista
Pazienti re sidenti trapiantati (*)
Organi procur ati
30
7
12
Cuore
4
3
3
Polmone
1
2
2
Fegato
7
3
2
Tota le
42
15
19
(*) I trapianti effettuati a Innsbruck non sono compresi fonte: N ord Italian Transplant
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La situazione attuale
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Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
sfasata ed incoerente rispetto al discorso generale portato avanti fi nora sul significato del trapianto come dono per la vita. Detto a chiare lettere: vale ri schiare tutto quanto ben volentieri si rischia per recuperare la propria vita solo per avere una mano nuo va? Ha un senso utilizzare risorse anche consistenti per assicurare qualcosa che è ottenibile in altri modi (es. con una protesi avanza ta), con maggiori vantaggi per la salute dell’individuo? Non è soltan to una questione etica, ma anche pratica, fondata sulla considerazio ne del reale aumento della qualità della vita. Credo che tali aspetti che giustamente assurgono agli onori della cronaca (perché, dal punto di vista dell’evoluzione tecnica-chirur gica, si tratta di un grande passo avanti) siano in qualche modo con troproducenti nei confronti della tematica delle donazioni e dei tra pianti di organi e di tessuti come da noi intesa (finalizzate al recu pero della vita); essi dovrebbero in qualche modo essere tenuti separa ti dalla discussione e dalla pratica terapeutica legata alla sopravviven za delle persone. Quello che in conclusione emer ge con chiarezza dall’insieme dei problemi aperti evidenziati è che ciascuno dovrebbe collaborare, ma gari con spirito critico, ma positivo e costruttivo, per favorire il passag gio verso una realtà più matura, in cui siano rafforzati il senso di lega me e di solidarietà degli uomini e in cui i benefici in termini di salute e di qualità della vita possano es
sere equamente distribuiti e mutua mente rafforzati.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] U. Galimberti, “La zona d’om bra” in La Repubblica del 24 marzo 2000 [2] David Lamb, “Il confine della vita”, Il Mulino/Contempora nea, 1987 [3] O. La Rocca, “Più silenzio che assenso, così rischiamo l’orro re” – Intervista a Guido Ceronetti sulla nuova legge, in La Repubblica del 3 febbraio 1999 [4] Forum “La nuova legge sui tra pianti”, in La Repubblica.it Forum e Rete, febbraio 1999
Monica Pisetta è funzionario del Servizio Programmazione e Ricerca Sanitaria della Provincia Autonoma di Trento. Diego Conforti, funzionario del medesimo Servizio, ha collaborato nella ricerca ed elaborazione dei dati.
Il problema dei trapianti in prospettiva bioetica Antonio Autiero
I problemi aperti e i loro riscontri antropologico-etici
L’espansione della medicina dei tra pianti in questi ultimi anni sta com portando, insieme ad una innega bile crescita delle speranze di salu te per tanti pazienti altrimenti mi nacciati nella loro sopravvivenza, anche l’acutizzarsi di questioni te oriche, legate all’universo della pra ticabilità tecnica e a quello dell’ac cettazione sociale della prassi dei trapianti. Sul piano del diritto come su quello dell’etica si pongono do mande la cui soluzione non sempre appare facile e comunque non é pos sibile, senza il ricorso a un sistema più ampio di comprensione antro pologica e a un paradigma più in globante, nel quale si colloca la questione del senso del nostro vi vere. A tali domande e al loro più ampio orizzonte vuole ricondurre la presente riflessione. Essa non pre tende di fare altro che presentare introduttivamente una lista dei pro blemi aperti e dei loro rispettivi ri scontri antropologico-etici.
essere ricavata dalle suggestioni che, anche sul piano simbolico, vengono suggerite da recenti fatti di cronaca medica. In Italia, qual che mese fa, per la prima volta è riuscito un trapianto di mano. A un paziente è stata “data una mano” a vivere meglio, a colmare, cioè, lo spazio vuoto della sua menomazio ne. Il sospetto con cui molta parte della pubblica opinione accompa gna la prassi dei trapianti deve es sere smontato proprio alla luce di questa indicazione di fine e di sen so: in gioco non è - come da qual che parte si è pensato e si è detto una sorta di volontà pionieristica della medicina, per glorificare se stessa, ma la reale necessità di in tervenire con soluzioni adeguate, per dare risposta proporzionata alla precaria condizione di salute e di sopravvivenza di determinati sog getti. E’ per “dare una mano” a vi
1. Una chiave di lettura generale, tesa a disegnare il senso proprio della medicina dei trapianti, può Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
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La prospettiva bioetica
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Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
vere, laddove le risorse endogene del paziente e quelle di supporto della medicina curativa non bastano più. L’orizzonte di senso e il tracciato antropologico che qui emergono ri conducono inizialmente a una vi sione partecipativa e solidaristica della vita e del suo bene. Il fatto che il travaso di risorse vitali (or gani, tessuti etc) sia tecnicamente in buona parte possibile non esau risce tutto l’arco del problema. Esso rimanda a una sorta di legittima zione antropologica e etica e que sta può, anzi deve, essere trovata nell’indole fondamentalmente rela zionale e sociale della persona. Quanto esplicitamente avviene sul piano della medicina dei trapianti il “darsi la mano”, per rimanere nel linguaggio della metafora - sostan zia implicitamente e fondamental mente il nostro essere al mondo. Senza apertura e solidarietà, senza esplorazione delle ragioni e delle modalità del vivere “con” e vivere “per” gli altri non fallirebbe solo una prassi medica, come quella dei tra pianti, ma verrebbe messo fonda mentalmente a rischio il nostro stes so quadro di riferimento antropolo gico, etico, giuridico. La solidarie tà non è un additivo opzionale al l’essere persone, ma il tessuto con nettivo della nostra identità perso nale e sociale. Su questa linea esi ste un cammino che costantemente va verificato e incrementato e al quale la medicina dei trapianti può apportare il suo fruttuoso contribu to. Evidentemente tale cammino passa anche attraverso la strettoia - non tanto solo giuridica, quanto anche e soprattutto etica - di una
corretta educazione pubblica al sen so della decisione solidaristica per la disponibilità al dono d’organi. Qui le prassi politiche e le campagne di opinione dovrebbero investire mas simamente e sapientemente per far crescere la base del consenso e del la consapevolezza della posta in gioco. 2. I sistemi giuridici che si sono occupati di regolamentare la prassi dei trapianti hanno individuato sin dal primo momento un ambito di problemi che non può essere tra scurato: il problema della definizio ne di morte, come base di operabi lità per l’espianto di organi da tra piantare. La discussione nei diversi ordinamenti non ha mancato di mostrare una certa evoluzione nella ricerca di modelli (morte cardiaca, morte cerebrale totale, cessazione dell’attività della corteccia), con il chiaro orientamento a una visione, oggi generalmente condivisa, secon do la quale la morte cerebrale va ritenuta come criterio sufficiente mente sicuro per la definizione di morte del soggetto umano e quindi della disponibilità all’espianto. Sen za voler qui entrare nella maglia dei dettagli neurologici, legati a que sta questione, vogliamo solo rile vare il taglio antropologico di un simile problema e del suo orienta mento attuale. Da una parte risulta chiaro un principio basilare su cui si fonda la nostra tradizione etica e cioè che la vita di un soggetto uma no non è arbitrariamente disponi bile nelle mani di un altro soggetto umano. Anche se le finalità di sal vare una vita risultano del tutto
chiare, non si può per tale scopo spegnere un’altra vita. La vita vie ne riconosciuta, così come un bene in sé e non come strumento funzio nale per la riuscita di un’altra vita. La base antropologica della dignità insita nel soggetto umano viene sottolineata dalla faticosa ricerca di un criterio di accertamento della morte che faccia evitare definitiva mente l’equivoco di funzionalizza zione di una vita per un’altra. Qui non vale - e subdolamente da qual che parte è stato troppo enfatizza to il contrario - il principio che si nega a una vita la sua sopravviven za, per garantirla ad un’altra. “Mors tua vita mea” qui - come del resto anche altrove - non è il criterio di orientamento e di decisione mora le. Ma c’è ancora un secondo sfon do antropologico su cui va richia mata l’attenzione: la convergenza sul criterio della morte cerebrale sta ad indicare anche una linea di com prensione dell’esistere al mondo
Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
come “consapevolezza e coscienza”, nel disegno unitario del proprio es sere. Il cervello assume una parti colare collocazione nello sguardo che si ha sull’organismo vivente e in particolare su quello del sogget to umano. Esso garantisce l’organi cità del sistema vita e permette le operazioni di consapevolezza e di coscienza riflessa che ne accompa gnano il senso e la destinazione. E’ giusto, quindi, che sia da cercare proprio nel cervello la sede organi ca delle funzioni unificanti e co scientizzanti del vivere da soggetti umani. Orientandosi per tale crite rio di accertamento di morte, la medicina dei trapianti (come per altro anche la medicina intensiva e in un certo senso anche la medici na pre- e perinatale) segue non un criterio di opportunità o, peggio ancora, di opportunismo per arriva re al suo scopo (accuse di tale por tata sono state non di rado formu late), ma persegue una linea di pen
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La prospettiva bioetica
siero antropologico e aiuta la mes sa a punto di un quadro di riferi mento che si riflette sul piano eti co e su quello giuridico.
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Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
3. Una terza area di problematiche messe in movimento dalla medicina dei trapianti andrebbe individuata nel riflesso che essa potrebbe avere a riguardo dell’accettazione del pro prio limite di vita. Qualche volta si profilano dubbi sulla medicina dei trapianti, provenienti da chi pensa che essa induce le persone a crede re che ci sia un “pezzo di ricambio” per ogni organo difettoso. Chi gio ca con lo scenario fantastico imma gina che così facendo, la vita non termini più, perché sempre essa si può rigenerare: una sorta di eterni tà per via di chirurgia dei trapianti. Così non è. Chi agita tali fantasie lo fa per discreditare, ma si serve anche di uno strumentario che ba nalizza i problemi e li volgarizza oltre misura. La medicina dei tra pianti, al contrario, può educarci a un senso di responsabilità nei con fronti della salute da curare, ma a partire dalla condizione di fondo, accettata e vissuta, che essa é e resta un bene limitato, perché le gato alla nostra condizione di esse ri calati nella storia, nella contin genza, nella finitudine. Contro ogni accusa di smania di onnipotenza, la medicina dei trapianti va difesa e risituata nell’alveo originario di una vera e propria medicina curati va. La confusione su cui spesso si fa leva, tra compito terapeutico del la medicina e spazio aperto della sperimentazione (sia di base che applicata) non tange la prassi dei
trapianti. Essa riconosce sempre più l’ambito mirato e ristretto delle ri sposte che è in grado di dare e, cosa che per altro vale e deve valere per ogni altra branca della medicina, non si estranea all’idea di autore golazione e di auto limitazione. Il difficile momento di definizione della “indicazione medica” al tra pianto è uno degli strumenti per operare miratamente e non ad ogni costo, limitatamente e non a spira le aperta. Con ciò essa inculca an che nel paziente (e in definitiva nell’opinione pubblica, ampiamen te intesa) che l’accettazione del pro prio limite è condizione di riuscita e non di fallimento per la prassi curativa, anche a mezzo di trapian to. 4. Affacciandosi agli scenari futuri della medicina dei trapianti pren dono forma due filoni che anche entrano nelle prospettive bioetiche e che conviene avere sott’occhio.
Essi appartengono sì al futuro, ma a un futuro che in certo senso è già iniziato. Da una parte va ricordata la ricerca e i progressi sul piano dell’impiego di organi artificiali, dall’altra va richiamata tutta la va sta area della medicina dei “xeno trapianti”. Non si vuole qui appiat tire i due problemi l’uno sull’altro. Le diversità vanno riconosciute e risiedono sia sul piano medico-tec nico, immunologico, che su quello psico-sociale, giuridico ed etico. Non è la stessa cosa ricorrere all’in nesto di protesi, costruite con ma teriali inorganici o servirsi di tes suti ed organi ricavati da organismi viventi, dagli animali. Ma in comu ne i due problemi hanno lo sfondo antropologico che qui vogliamo sot tolineare: essi mettono in risalto la necessità che abbiamo, dal punto di vista filosofico, antropologico e etico, di ripensare al concetto di “natura” - in particolare di “natura umana” che fa da criterio di defini zione per qualificare “artificiale” o “innaturale” procedimenti e ogget ti. L’orizzonte di pensiero - soprat tutto di quello occidentale - ci ha troppo abituati a fissare la natura e il suo concetto entro limiti rigidi e gerarchicamente ordinati. Non a caso si parla di “antropocentrismo” che influenza filosofia, teologia, etica e giurisprudenza. Tale antro pocentrismo (il primato non solo funzionale dell’uomo, ma anche as siologico, cioè valoriale) non si è molto curato della comprensione dell’uomo come di un essere appar tenente alla comunità dei viventi, ma lo ha posto tanto al di sopra che poi ne è risultato al di fuori. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
Riscoprire le radici comuni di ogni vivente è un compito a cui molte filosofie, teologie, etiche e antro pologie non si sottraggono più. Il loro risultato, spesso ancora timi damente formulato e solo inizial mente trasferibile, potrà accompa gnare la prassi degli xenotrapianti (e più in generale dei trapianti con organi artificiali), per rendere ragio ne dei suoi limiti e rischi, ma an che delle sue opportunità e apertu re. Al fondo resterà una chance di rivalutazione del proprio destino comune nell’unica casa della vita. Se con le presenti riflessioni non ci siamo addentrati in problemi spe cifici, nei riverberi di etica norma tiva e di ordinamenti giuridici par ticolari, ciò è stato intenzionale e voluto. Nella pluralità delle voci e delle prospettive, nell’attuale dibat tito sulla medicina dei trapianti, la bioetica non deve pensare “corto”, ma sottoporre il tema a una consi derazione ampia che trova le sue ra gioni negli sfondi di visione della vita, dell’uomo e del mondo a cui ci si richiama, ma al tempo stesso en tra in sinergia con altre visioni e non si chiama fuori (fosse anche per assumere i suoi compiti normativi) dalla fatica di “pensare per oggi”, cioè ripensare sempre nuovamente al senso e al valore della vita e alle modalità oggi rispondenti di viver la da uomini. Antonio Autiero è Direttore dell’ITC-isr “Centro per le scienze religiose” di Trento e professore ordinario di teologia morale e seminario di teologia morale nella facoltà di teologia cattolica dell’Università di Münster (Germania) 21
Il punto di vista delle religioni Fiorenzo Chiasera, Florestana Piccoli Sfredda,
Aleksandr Rudenko, Riccardo Di Segni,
Aboul Kheir Breigheche,
Ferdinando Ghirardini, Andrea Gerosa,
Marcella Orrù
Le religioni cristiane (cattolica, protestante, ortodossa), l’ebraismo, l’islamismo, i Testimoni di Geova, il Buddismo, la fede Baha’ì di fronte al tema dei trapianti
La prospettiva religiosa
IL PUNTO DI VISTA DELLA RELIGIONE CATTOLICA
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Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
Il problema morale, e anche il pro blema della sensibilità e della rea zione emotiva verso il trapianto, si scinde in realtà in due problemi to talmente diversi, ma che nell’ani mo di molti si mescolano, dando così luogo a reazioni, prese di posi zione, titoli di giornali, tanto cla morosi quanto del tutto irragione voli. Cerchiamo di dipanare la ma tassa emozionale, che è alla base della maggior parte delle resistenze ai trapianti d’organo. Questo ci per metterà anche di meglio precisare la nozione di “vita”. La morte cerebrale come criterio Il primo problema morale è quello della determinazione del momento della morte di un essere umano. Quando si può dire che un essere umano è morto? E che cosa vuol dire “morto”? La nostra tradizione occi dentale ha legato da secoli l’idea di morte con la cessazione del battito cardiaco e della respirazione. Anco-
ra oggi di norma la morte viene accertata dal medico con la consta tazione della cessazione della fun zione cardiorespiratoria, e dopo un certo numero di ore viene confer mata (in genere dall’ufficiale sani tario che dà il permesso per la se poltura) da altri segni, come la ri gidità cadaverica, l’inizio della de composizione etc. Oggi, e da al cuni decenni, per un paziente in ria nimazione in cui la funzione car diorespiratoria sia sostenuta da spe ciali apparecchiature, occorre distin guere se la funzione è solo soste nuta dalle apparecchiature oppure se è mantenuta esclusivnmente dalle apparecchiature. A questo scopo si usa il criterio della morte cerebrale. cioè della totale cessazione di ogni attività cerebrale. Semplificando un poco, si può dire che la cessazione della respirazione e del battito car diaco sono sintomi - segni quasi certi - della morte cerebrale totale.
II criterio della morte cerebrale to tale è necessario per il trapianto di organi, dato che in genere il tra pianto è possibile solo da organi smi mantenuti in rianimazione. Ma è necessario anche per poter senza alcun disagio morale togliere le ap parecchiature di rianimazione (stac care la spina): circolazione e respi razione sono, infatti, del tutto arti ficiali, indotte dall’esterno. La morte è infatti la fine di un organismo, non di questa o quella funzione. L’organismo umano trova la sua unità e unicità nelle funzioni cerebrali. Alcune funzioni, come la crescita di peli o di unghie, posso no continuare per qualche tempo; del resto in un corpo umano che non è più organismo continuano forme di vita non controllate dal cervello. La decomposizione è dovuta alla vita di microorganismi presenti nel cor po umano. Cessata ogni attività del centro unificatore dell’organismo, l’organismo non esiste più: esiste un ammasso di materia in cui sono presenti forme di vita - è quello che noi diciamo cadavere - ma non un essere umano. La comprensione di questo rapporto fra organismo e essere umano ci sarà molto utile nello studio di altre questioni di bioetica. Il punto più importante da capi re è questo: l’accertamento della morte cerebrale è molto più sicuro di quello tradizionale. Tanto è vero che in quest’ultimo è obbligatorio attendere 24 ore (e in certi casi 48) prima della chiu sura della cassa e del seppellimen to, proprio per l’incertezza del cri terio tradizionale di determinazio Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
ne della morte. Tale incertezza scompare quasi del tutto (nessuna certezza scientifica è assoluta) col criterio della morte cerebrale tota le. II timore che il prelievo di or gani possa avvenire a paziente an cora vivo non ha alcun fondamen to. L’unico caso di preoccupazione potrebbe essere quello di espianto praticato prematuramente, per man canza di scrupoli nell’operatore e soprattutto per l’interesse (anche economico) dell’operatore a proce dere rapidamente a un trapianto. Qui occorre l’intervento di una leg ge rigorosa che sancisca due cose: - che l’espianto avvenga in strut ture pubbliche o pubblicamente controllate; - che l’équipe incaricata dell’accer tamento della morte cerebrale si attenga a procedure rigide (pro cedure che nel loro insieme ven gono dette “protocollo”), e che sia del tutto separata dall’équi 23
La prospettiva religiosa
pe che deve procedere all’espian to e al successivo trapianto, così che non vi possa essere conni venza fra chi dichiara la morte e chi procede all’espianto e al tra pianto. Queste due condizioni devono es sere stabilite per legge. Quando ciò avvenga, ogni ansia per la possibi le mutilazione di un organismo an cora vivente, a scopo di trapianto è del tutto irragionevole, e l’espres sione ricorrente di “predatori di or gani” o è insensata o è semplice mente terroristica.
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La legittimità dell’espianto Il secondo problema è quello delle condizioni di liceità morale e giuri dica dell’espianto e successivamen te del trapianto di un organo. Or mai la liceità del trapianto d’orga no è comunemente accettata dalla teologia morale (ma non lo era agli inizi del nostro secolo): oggi è pos sibile salvare una vita, o renderla più umana (evitando la dialisi col trapianto di reni) in molti casi. Si escludono solo e giustamente i tra pianti di gonadi e di cervello, tra pianti che potrebbero modificare le caratteristiche umane del riceven te, sia genetiche sia di memoria ce rebrale. Il vero problema e tutto il grande dibattito odierno è quello delle condizioni di legittimità del l’espianto. II primo elemento da considera re è chi abbia titolo a disporre del cadavere. Ora é certamente vero che il morto può avere espresso in vita le sue volontà (ma quante volte esse non vengono rispettate per volontà dei familiari o per esigenze della so
cietà o per norme giuridiche!). È altrettanto vero che esiste una sen sibilità dei familiari di cui si deve tener conto, ma che varia da fami glia a famiglia e che è sottoposta a esigenze sociali varie (di legge, di disponibilità di spazio, di tradizio ni religiose diverse etc.). Ma il prin cipio da tener ben fermo è questo: né il defunto né la famiglia hanno un vero jus in corpus, un vero dirit to inviolabile di proprietà del cada vere. II defunto, proprio perché è defunto, non è più soggetto di di ritti. La famiglia è quella che di norma, nella cultura occidentale. si prende cura del cadavere, e le sue esigenze vanno di norma rispetta te; ma chi è “la famiglia”? I geni tori, il coniuge, i figli possono ave re desideri diversi, in contrasto fra di loro. È compito della società ar monizzare tali diverse volontà con le necessità della società: così il diritto può esigere l’autopsia - mol to più invasiva e distruttiva del ca davere di quanto lo sia il prelievo d’organo -, può stabilire il luogo della sepoltura e la sua durata, può in casi speciali imporre la crema zione. Il diritto è espressione del bene comune, cioè delle esigenze della vita sociale: esso deve tener conto della volontà e sensibilità del defunto, della famiglia, del gruppo particolare cui il defunto apparte neva, ma sempre nei limiti imposti dal bene comune. Di fronte alla pos sibilità di salvare altre vite umane col trapianto d’organo, l’esigenza del bene comune deve prevalere. E del resto tale esigenza prevale attualmente e senza contrasti o polemiche nell’imporre l’autopsia
per determinare la causa di morte. La ricerca dell’assassino, o del sa nitario colpevole di negligenza, o di spiegazione di morti apparente mente inspiegabili, sono esigenze del bene comune, e l’autopsia viene eseguita qualunque sia la volontà della famiglia. E si ricordi che nell’autopsia il cadavere viene violato in forma generalmente massiccia, con espianto di organi o di parti di organi o di intere parti dell’organi smo, e in ogni caso sempre più massiccia che nell’espianto d’orga no a scopo di trapianto. Sempre per il principio del bene comune può essere imposta la cremazione (p. es. in caso di forme epidemiche gravi) o la tumulazione comune con co pertura di sostanze chimiche (in caso di catastrofi o guerre) o altre misure per altri casi: sempre il bene
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della comunità prevale. Salvare vite umane Ma per una famiglia cristiana tali esigenze dovrebbero essere compre se e accolte con gioia, o almeno con serenità. Il trapianto, come l’au topsia o altre imposizioni di legge, nulla toglie al defunto, la cui sussi stenza è ormai in Cristo. È per me del tutto incomprensibile la resi stenza di famiglie o di teologi cri stiani al trapianto d’organo. E per me è anche incomprensibile la tesi di alcuni distinti teologi moralisti, che ritengono il trapianto un “dono” del defunto. Egli può esprimere in vita la sua volontà di donare o di non donare, ma una volta morto non “dona” nulla, né è interessato al trapianto. Forse la confusione men tale di alcuni ottimi studiosi deriva
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La prospettiva religiosa
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dal significato medico del termine “donatore” (nella letteratura medi ca internazionale “donor”): esso non ha alcuna valenza morale, e spesso il donatore è a pagamento. Sta solo a indicare la persona da cui provie ne l’organo. Vi è di più. Molte sono le fami glie che esigono l’autopsia, molto più distruggente dell’espianto di un organo, solo per trovare un even tuale responsabile della morte di un loro caro, per soddisfare un’esigen za di giustizia che talora è piutto sto voglia di vendetta. Moltissime invece sono le famiglie che, volen do un posto distinto al cimitero, consentono invasioni del cadavere ben più brutali dell’espianto d’or gano in ambiente sicuramente meno rispettoso e con personale ben lon tano dal rigore delle procedure nor mali in un ambiente ospedaliero. E spesso si tratta di persone che si oppongono all’espianto a scopo di trapianto, che potrebbe salvare una vita umana, ma esigono invece vio lazioni ben più gravi del cadavere solo per avere un “posto distinto” al cimitero. Un’altra cosa va presa in seria considerazione. Oggi in aree pove rissime della terra molti bambini vengono quotidianamente rapiti o venduti da genitori disperati, e, di questi, molti vanno a lavorare come schiavi, ma molti altri vengono usati per espiantare organi da vendere a caro prezzo ai ricchi della terra. Per le stesse ragioni anche molti adulti si vendono, o vendono i loro orga ni, per far sopravvivere i figli. Più in generale, vi è un commercio più o meno clandestino di organi: l’ar
ma migliore per vincere questo traf fico perverso è avere sufficiente di sponibilità di organi, tale da elimi nare ogni attività lucrosa. Una scelta normale e cristiana Oggi, e sempre più in futuro, il tra pianto d’organo è un trattamento quasi sempre sicuro e capace di ri dare vita e serenità a molti malati e alle loro famiglie. Se il diritto con sente violazioni massicce dell’inte grità di un cadavere per prevenire danni ai membri della società - sia per studiare le cause della morte, sia per punire i responsabili, sia per prevenire il diffondersi di epidemie, - e queste violazioni sono accetta te tranquillamente dal corpo socia le, non si vede con quale logica si voglia opporsi a violazioni molto meno invasive per curare malattie gravi o mortali dei membri della stessa società. Nessuna vita uma na viene violata e anzi molte pos sono esser salvate. La reazione emotiva dei familiari al momento della morte di un loro caro è sì com prensibile, ma è anche del tutto ir ragionevole. Per tutti questi motivi ritengo che il trapianto di organo, quando ve ne sia bisogno all’interno della co munità (e della famiglia umana) debba esser considerato dalla mo rale e dal diritto la normalità. Si potrà tener conto della sensibilità dei familiari e a questo scopo le leg gi più recenti contengono il princi pio del silenzio-assenso: solo se uno in vita esprime in forma documen tata la volontà che il suo cadavere non subisca espianti, si osserverà la sua volontà. Ma io non vedo in
alcun modo come un cristiano pos sa esprimere questa volontà, che non difende nulla di cristianamen te importante e che va direttamen te contro ciò che cristianamente è essenziale: la suprema virtù della carità. Ritengo però che il principio si lenzio-assenso vada integrato. Si danno situazioni di catastrofi di ogni genere con grande numero di feriti gravi che arrivano tutti insie me all’ospedale. In queste situazio ni, quando vi sia bisogno di trapianti con grande urgenza e in misura su periore a ogni concreta disponibili tà, allora il principio del bene co mune dovrebbe prevalere anche su una dichiarazione di rifiuto del tra pianto. Per ragione di chiarezza va distin to il dono di un tessuto o di un organo da parte di una persona vi vente a scopo di trapianto, dal pre
lievo di qualche parte del corpo di un cadavere. È facilmente compren sibile che modalità tecniche di op portunità e valutazioni morali, nei due tipi di intervento, debbano es sere diverse. Trapianti da persone viventi Non esiste problema morale quando si tratta di usare organi o tessuti ottenuti dopo un atto chirurgico inevitabile per salvare una perso na. Si tratta di tessuti e organi che dovevano essere tolti dalla persona ammalata per ragione sanitaria. Non esiste problema, perché, se essi ser vono a una terza persona mediante trapianto, vengono solo salvati dalla distruzione cui sarebbero destinati. Il vero problema concerne la do nazione volontaria di un organo da parte di una persona vivente, la quale si priva di esso per recare aiuto a un’altra persona. L’organo che può essere donato è in realtà - almeno allo stato attuale della scienza - il rene. La valutazione morale è fon data su due principi apparentemen te contraddittori, ma in realtà inte grantisi a vicenda. Il primo è l’indi sponibilità della propria vita e del la propria integrità funzionale; il secondo è la solidarietà in forza della quale ciascuno è chiamato a dare qualche cosa di sé a chi ne ha bisogno. a. Principio della indisponibilità del proprio corpo - Fino a pochi anni fa la dottrina morale, fondandosi su questo principio, riteneva che l’of ferta di un proprio rene da vivente fosse illecito. Oggi la scienza, cui
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la morale adegua le proprie valuta zioni sul ‘dato di fatto’, esclude che il sacrificio di un rene, una volta che sia assicurata la funzionalità dell’altro, costituisca un attentato alla propria funzione renale. Si trat ta, indubbiamente, di una minora zione fisica, che comporta alcune precauzioni nell’attività, nell’uso di bevande alcoliche, il possibile ri schio che l’unico rene restante si ammali o venga colpito. Ma la me dicina ci assicura di essere in grado di controllare sufficientemente eventuali crisi derivanti dall’unici tà del rene. Dunque, se la scienza è in grado di tutelare la salute del donatore mediante le sue nuove tecniche e le sue nuove maniere d’intervento, nel caso in cui l’unico rene corresse qualche pericolo, non esiste più motivo di illiceità. Il principio del la indisponibilità del proprio corpo resta vero, ma nel caso nostro il corpo del donatore mantiene le pro prie funzioni fondamentali, pur do nandone una parte importante. b. Principio della solidarietà - La parziale esposizione del donatore del rene al pericolo e il parziale impo verimento della funzione renale non sono scelte velleitarie o comunque criticabili: esse rappresentano una soluzione di grande importanza a beneficio di una terza persona in gravissimo pericolo. Il parziale ri schio che deriva da questo dono rappresenta in certo modo la ‘quota comunitaria di mutuo aiuto’ che ogni cittadino è chiamato ad offri re alla comunità in cambio di tutto ciò che dalla comunità riceve.
In termini di valore personale, la donazione di un proprio organo a un’altra persona, parente o amica o sconosciuta, costituisce un grande atto di amore e di profonda sensi bilità; è un atto di comunicazione di beni personali, quale si addice a membri di uno stesso gruppo socia le. Sul piano della carità evangelica il gesto di tale donazione è un ar ricchimento vero e sostanziale: è un amarci tra noi fino al sacrificio di se stessi. Cosicché più che parlare di liceità in questo tipo di trapian to, si potrebbe parlare con maggior verità della virtù della carità; ana logamente a quanto si dice del ge sto di una persona che si getta in un torrente in piena per salvare un’altra persona con il palese peri colo di essere travolta: fatte le de bite proporzioni, siamo nell’ambito dello stesso principio e della stessa valutazione. Concludendo: si tratta di una mutilazione che non pregiudica una conveniente possibilità di vita ve ramente umana ed è cosa buona se fatta per proporzionati motivi di carità e in piena libertà, è cosa cat tiva se fatta per qualsiasi altro mo tivo o se in qualche modo imposta. (a cura di Fiorenzo Chiasera)
IL PUNTO DI VISTA DEI PROTESTANTI ITALIANI La bioetica, ossia lo studio dei pro blemi e dei risvolti etici che scatu riscono dalle più recenti sperimen tazioni mediche e biologiche non ché dai loro esiti, implica necessa
riamente un ampio dibattito a tutti i livelli e in tutte le multiformi re altà sociali, politiche religiose in cui siamo inseriti o con le quali comun que veniamo a contatto. Il dibattito dovrà però avere una forte piattaforma di base: la cono scenza dell’altro. Molte difficoltà e incomprensioni, nella società attua le, derivano infatti da una diffusa carenza di informazioni e di reci proca conoscenza. Per questo, ho molto apprezzato l’iniziativa dell’Assessorato alle po litiche sociali e alla salute della Pro vincia Autonoma di Trento, che si è proposto di “fornire un quadro com plessivo ed il più possibile esausti vo” in merito allo sviluppo della ri flessione “su specifici aspetti tema tici di attuale, rilevante interesse nella realtà del sistema della salu
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te”, avvalendosi delle pagine di “PuntoOmega”, rivista edita a cura del Servizio Sanitario Provinciale. Il tema affidatomi, nella verifica contestuale del punto di vista delle principali religioni su donazioni e trapianti, esige peraltro una premes sa fondamentale. Le Chiese Cristia ne Protestanti (denominate anche Evangeliche) non riconoscono nor mative imposte dall’alto. Questo inalienabile principio della Riforma Protestante nasce da due presuppo sti: 1) la diversa ecclesiologia, per cui la chiesa non è costituita da una gerarchia a cui la base (il LAÒS, ovvero “popolo di Dio”) debba ubbidienza (ordine verticale), bensì dalla comunità dei creden ti al cui interno si sviluppano mi nisteri particolari (pastori, dia
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coni, ecc.), ma nella pienezza del sacerdozio universale predicato dall’apostolo Pietro nella sua I lettera agli eletti di Dio (ordine orizzontale); 2) la libertà di coscienza, che la scia all’individuo la responsabi lità della scelta. La Tavola Valdese (organismo ope rativo che esegue i mandati dell’an nuale Sinodo Valdese-Metodista), ha fra i suoi compiti quello di predi sporre gruppi di studio, mirati ad approfondire le tematiche più scot tanti nella Chiesa come nella polis e a redigere successivamente un documento che verrà poi inviato alla discussione e allo studio delle co munità. Non abbiamo dunque, come Chie se protestanti, posizioni ufficiali ma solo indicazioni, che interpellano la nostra coscienza di credenti. Vor remmo però che i documenti pro dotti quest’anno dai gruppi di stu dio (costituiti da professionisti qua lificati) dessero un contributo al di battito sulla bioetica in Italia, “nel l’intento di favorire quel pluralismo etico che dovrebbe caratterizzare ogni Paese democratico” (E. Tomas sone - pastore valdese). In Italia , Paese a maggioranza cattolica, è in fatti talvolta difficile superare la polarità tra pensiero “cosiddetto laico” e pensiero “cosiddetto reli gioso”. E’ anche difficile per tutti supe rare la contrapposizione scienzafede: oggi però l’incontro appare possibile. Entrando nello specifico del tema, le indicazioni emerse dai gruppi di lavoro della Tavola Valdese si pos
sono suddividere in alcuni puntichiave, da proporre al dibattito: a) distinguere tra gli organi dotati di una specifica autonomia fun zionale e i componenti che ne sono privi (cellule, proteine, or moni, Dna); b) la fase intermedia tra il prelievo e la cessione dell’organo (o del componente) può comportare problemi di custodia e di con servazione gestiti con criteri uti litaristici e imprenditoriali, di ventando così fonte di profitto: è un rischio assolutamente da evitare, esaminandone con at tenzione tutti gli aspetti; c) un problema gravissimo è costi tuito dalla necessità di porre re gole e limiti precisi alla trasferi bilità di parti ed organi: è que sto il punto di partenza per evi tare ogni e qualsiasi sistema di “compravendita”, comunque lo si voglia giustificare. Da ciò si evin ce il criterio assoluto di libera donazione dell’organo. L’educa zione al dono volontario e gra tuito deve contrastare il commer cio del corpo umano, gli abusi, gli atti criminosi, troppo spesso rivolti contro bambini inermi; d) dal precedente punto deriva la spinta ad attivarsi in favore di una corretta informazione e una rigorosa legislazione. La vecchia legge del 1975 appare superata: urge una nuova legge che con senta il prelievo di organi, tes suti e cellule solo dove vi sia il consenso-assenso del cittadino. L’etica (cristiana e “laica”) deve in centivare la cultura del “DONO”. Inoltre, si dica “NO” alle risposte
ideologiche quanto all’etica degli assoluti, per sottolineare l’etica del carattere oblativo, ma altresì del li mite e del non definitivo. Nel terzo millennio è previsto che circa il 50% degli interventi verran no effettuati sui bambini. Riflettia mo su questo dato. Non divenga anche il nostro uno fra i tanti di scorsi mediatici: divenga un discor so che si impone alle nostre coscien ze, divenga soprattutto un discorso di operante e vigile amore. Per i credenti, una dimensione della fede. Questo, in breve, ciò che i nostri documenti propongono nel Duemila all’esame e alla riflessione in preghiera delle comunità. L’im pegno sarà poi sociale e civile. (a cura di Florestana Piccoli Sfredda)
IL PUNTO DI VISTA DEGLI ORTODOSSI ITALIANI Secondo i precetti della Bibbia, la norma creata dall’uomo deve porsi in armonia con la norma creata da Dio; quindi quando la legge umana si pone in contrasto con la legge divina, essa diviene illegale. Sempre nella Bibbia, la morte è intesa ed avviene quando l’anima si separa dal corpo. E’ dunque possibi le parlare di prolungamento della vita finché esiste l’attività dell’organismo nella sua interezza. In qualsiasi caso, non è accetta bile un trapianto che potrebbe por tare ad un cambiamento dell’iden tità del ricevente, mettendo così a repentaglio l’unicità umana della Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
persona. Inoltre, gli organi umani non possono assolutamente configurar si come oggetti di compravendita. Per quanto concerne i donatori viventi, la donazione può avvenire solo se esiste la volontà del singolo e al solo, unico scopo di salvare un’altra vita umana. La donazione in questo caso di viene moralmente segno di amore verso il prossimo e di solidarietà, però il donatore potenziale deve assolutamente essere informato sul le possibili conseguenze dell’espian to sulla propria salute. Naturalmen te, sempre dal punto di vista mora le, non è permesso un prelievo di organi che può in qualche modo minacciare la vita del donatore. Non è poi assolutamente accet tabile che una persona tenuta in sopravvivenza artificiale venga fat ta morire prima, ad esempio stac 31
cando le macchine, per lo scopo di salvare la vita di un altro tramite la donazione dei suoi organi. La chiesa ortodossa è assoluta mente contraria all’utilizzo dei co siddetti metodi di terapia fetale. Si tratta di metodi dove l’espianto di tessuti e organi di embrione uma no, presi dopo un aborto nei vari stadi di sviluppo, vengono utiliz zati per effettuare varie prove di cure di alcune malattie e per il cosiddet to ringiovanimento organico. (a cura di Aleksandr Rudenko)
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IL PUNTO DI VISTA DELL’EBRAISMO
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Dal punto di vista religioso ebrai co, i temi della bioetica sono cen trali nel dibattito attuale. Le mag giori autorità rabbiniche contempo ranee vengono continuamente inve stite di questi problemi a cui dedi cano una considerevole parte della loro riflessione. È opportuno fare alcune precisazioni per spiegare di che cosa si tratta al mondo in cui operiamo. Gli ebrei derivano la loro fonte di ispirazione religiosa dalla Bibbia, da quello che viene chiamato l’”Antico Testamento”, la Bibbia Ebraica; ac canto a questo si è sviluppata sin dalle origini una tradizione orale. I maestri, per primi i sacerdoti e poi i rabbini hanno interpretato la scrit tura: di conseguenza accanto alla tradizione scritta si è sviluppata una tradizione detta “orale” che è an data avanti per secoli ed è in pro gressiva evoluzione. Esiste un rap
porto di continuità strettissima fra la Bibbia scritta e la tradizione ora le e fra la tradizione orale, come oggi viene prodotta, e quella preceden te. Cosicché ogni cosa viene prati camente concatenata con la prece dente: c’è quindi un rapporto sacro e rispettoso delle fonti. Un tempo esisteva un’autorità centrale nell’ebraismo, ma essa è finita intorno al IV sec. dell’era vol gare. Da allora gli ebrei , che erano già dispersi in tutto il mondo, han no perso l’autorità centrale. Da quel momento i problemi che emergono vengono sottoposti ad autorità lo cali che esercitano il loro magiste ro e dettano legge nel luogo dove stanno fisicamente: il loro influsso si può estendere in base alla loro importanza, alla loro dottrina, alla loro sacralità e alle prove logiche che portano a dimostrazione delle loro tesi. Da ciò deriva un dato es senziale: su certi problemi fonda mentali dell’ebraismo non esiste un’opinione unitaria ma esistono posizioni diversificate. Ogni caso è quindi differente dall’altro e va ri solto nella realtà locale. Questo può essere un difetto fondamentale ma potrebbe anche essere, dal punto di vista della ricerca della verità, un pregio perché in realtà noi non ab biamo un’unica verità ma una real tà estremamente dialettica in co struzione. A proposito di trapianti non esi ste un unico problema rilevante ma tanti problemi etici distinti: prelie vi di organi da donatore vivente o da cadavere, problemi di scelta tra prelievi da uno o dall’altro; organi differenti da trapiantare alcuni vi
tali, altri non vitali, condizioni che arrivano dal donatore o dall’accet tore della donazione. I principi fondamentali che rego lano questa materia sono in qual che modo condivisi dalle morali co muni e dalle religioni: la vita uma na come valore da tutelare. Rispet to alla necessità di tutelare la vita umana gli obblighi della legge ven gono meno: per questo si profana anche ciò che è più sacro. Il famo so detto evangelico “Il sabato è sta to dato all’uomo e non l’uomo al sabato” è condiviso pienamente nella letteratura rabbinica. Quando Gesù lo affermava non si poneva in contrasto con l’ebraismo ma espri meva un concetto ebraico. Ora se il valore fondamentale da tutelare è la persona umana, il diritto della vita di ognuno non può prevaricare il diritto della vita altrui. Il con cetto viene espresso nella lettera tura rabbinica con una frase sugge
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stiva: “il mio sangue non è più ros so del tuo” cioè il colore del san gue è uguale per tutti, e quindi non è assolutamente lecito sopprimere una vita umana per poterne salvare un’altra. Da questi riferimenti fondamen tali passando alle casistiche i pro blemi si complicano: ne farò un cen no con l’esempio del trapianto car diaco. Lo sviluppo del diritto ebrai co su questo problema è molto in teressante. Quando trent’anni fa venne fatto il primo trapianto di cuore le maggiori autorità ebraiche interpellate dissero che si trattava di un duplice omicidio: duplice per ché si uccideva l’accettore dato che non c’era alcuna possibilità di so pravvivenza seria per colui che ri ceveva il trapianto di cuore e quin di si metteva in ulteriore rischio la sua vita, e omicidio del donatore perché il prelievo veniva fatto su un cuore battente. Sappiamo infat
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ti che per il prelievo è necessario che il cuore sia battente e quindi questo potrebbe essere considerato un omicidio. Se ogni sangue è ugua le all’altro, come è stato detto pri ma, non si ha il diritto di soppri mere una vita, anche se agonizzan te, per salvarne un’altra. Questa la situazione di trent’an ni fa. La medicina nel frattempo ha fatto progressi, sono state trovate le sostanze necessarie per impedire le reazioni di rigetto e quindi, si è visto che la procedura tecnica del trapianto non metteva in pericolo la vita dell’accettore ma anzi final mente la salvava con una probabili tà ragionevolmente accettabile, di conseguenza questo aspetto del pro blema è stato accantonato e non si è più parlato di un duplice omici dio ma forse di un unico omicidio del donatore. Il problema è stato ulteriormente rivisto da una quan tità considerevole di studiosi essen do strettamente collegata a quello della definizione del momento del la morte. In casi del genere siamo costretti a decidere in una situazio ne di difficile compromesso logico, tecnico, scientifico e morale. Que sta discussione non è affatto sem plice ed ha investito tutto il mondo e quindi anche l’ebraismo. Se prima era stata privilegiata la fonte tradizionale più semplice ed immediata, che diceva che quando il cuore batte una persona è chiara mente viva, si è visto in seguito, in base ad altre fonti della tradizione rabbinica, che esistono altri criteri possibili come ad esempio quello del respiro, legato al concetto di morte cerebrale. È stato così possibile ri
scoprire nuove strade di soluzione, cosa che ha portato nel 1988 ad una dichiarazione ufficiale del rabbina to centrale di Israele (organo che rappresenta un’autorità ufficiale dello Stato di Israele ma non di tutti gli ebrei del mondo, e neppure ri conosciuta da molti ebrei che vivo no nello Stato di Israele); secondo questa dichiarazione la morte cere brale è accettabile come criterio di morte anche se il cuore continua a battere. Quindi dal punto di vista di que sta porzione ufficiale dell’ebraismo il trapianto di cuore è stato con sentito avendo trovato una soluzio ne all’interno delle antiche tradizio ni che consente una diversa defini zione del momento della morte. Sta di fatto che questa opinione non è stata accettata da tutti e quindi il dibattito su questo argomento pro segue con una profusione di scritti in favore dell’una e dell’altra tesi. Il problema dei trapianti pone anche questioni fondamentali di solidarietà e di educazione che, sono proprio i temi su cui è impostato questo convegno. Esistono dei miti da sfatare, del le realtà culturali contro le quali bisogna combattere, sempre però tenendo presente che il problema dei trapianti è strettamente articolato e che ogni caso è diverso. Esistono però degli spazi educa tivi nei quali bisogna operare. Vor rei citare ad esempio un caso em blematico, anche se non è diretta mente collegato al problema dei tra pianti, ma che fa vedere quale può essere la mentalità su certi proble mi. È successo recentemente nel
Nord di Israele, a una donna anzia na alla quale doveva essere ampu tata una gamba per motivi medici. La donna rifiutava l’intervento di amputazione perché sosteneva che nel momento in cui sarebbe risorta, al momento della resurrezione dei morti, non avrebbe più avuto una gamba. Questa è una tipica riserva che viene fatta contro la tecnologia medica moderna, sulla base di ma lintesi concetti derivati da tradizioni antiche e autorevoli. In questo caso è ben noto che l’ebraismo e il cristianesimo condi vidono la credenza nella resurrezio ne dei morti, ma i modi in cui que sta si realizzerà non vanno certo intesi in senso del tutto letterale. Eppure la credenza stretta al sen so letterale può indurre resistenze forti ai medici, come potrebbe es sere nel caso dei trapianti, in cui un organo viene trasferito da un corpo all’altro. Per convincere la donna ad accettare l’amputazione fu necessario l’intervento personale del rabbino capo di Israele. Questo a dimostrazione di quan to sia necessaria l’educazione e l’in formazione, e di quale responsabi lità spetti agli educatori, su temi che coinvolgono il rapporto con la cultura tradizionale e dove emerge con evidenza la necessità di inse gnare la reale scala di valori con cui bisogna misurarsi. (a cura di Riccardo Di Segni. Tratto da “Quaderni del Lionismo”, n. 52, “Una battaglia per la vita” Atti del convegno nazionale, 21 maggio 1998)
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IL PUNTO DI VISTA DELL’ISLAM 1. L’Islam raccomanda alla società e agli individui di salvare ad ogni costo l’essere umano dalla morte: “Chi aiuta a far vivere una persona è come se avesse fatto vivere tutta l’umanità” (Corano); 2. L’Islam garantisce la dignità al l’essere umano sia da vivo che da morto: “In verità abbiamo reso no bile l’essere umano” (Corano); 3. Nell’Hadith (Detto del Profeta Muhammad*, Pace e Benedizione su di lui), disse: “Spezzare l’osso di un morto equivale a spezzarlo ad un uomo vivo”; vale a dire: Chi spezza * Muhammad è il nome del Profeta dell’Islam, detto erroneamente Maometto.
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un osso ad un morto si macchia della stessa colpa, davanti ad Allah, di colui il quale spezza l’osso di un essere umano in vita, a prescindere dalla loro posizione nei confronti della legge terrena. Questo vale anche per chi offende o disprezza un morto; 4. Nell’Islam l’anima, il corpo e gli organi appartengono all’individuo: “Quindi gli ha dato forma ed ha in sufflato in lui del Suo Spirito. Vi ha dato l’udito, la vista ed i cuori” (Co rano, XXXII,9); 5. L’individuo ha diritto sui suoi or gani ma non sono mai di sua pro prietà. L’anima ed il corpo dell’es sere umano sono di proprietà del Creatore, il Quale ha riconosciuto al l’individuo dei diritti su di essi, al contempo richiamandolo alle sue responsabilità nei loro confronti; 6. L’uomo non ha diritto di sacrifi care, donare né porre in pericolo la propria vita se non in modo lecito e sempre con prudenza. Principi fondamentali Ecco qualche fondamento di legi slatura islamica (FIQH) che può in teressare al fine di sviluppare il tema in oggetto: - Si rimuove il danno superiore per mezzo di quello minore; - Per allontanare un danno supe riore si tollera un danno minore; - Non si può allontanare un dan no per mezzo di un altro danno equivalente o superiore; - Diviene un dovere ciò senza il quale non è possibile compiere un dovere; - Gli interessi superiori hanno priorità su quelli inferiori;
- La necessità legittima le cose proibite, a patto che non vi sia consapevole tendenza verso il peccato o la trasgressione delle regole. L’Islam tollera la necessità. L’Islam riconosce i casi di estrema necessità e tollera, con cautela, il fatto di commettere un fatto proi bito per salvare una vita in perico lo. I saggi ed i giuristi dell’Islam hanno concesso di violare i diritti dei morti per rispettare quelli dei vivi. Dice l’Imam An-Nawawi: “Si taglia l’addome di una donna morta per far uscire dal suo grembo il feto vivo, perché si tratta di mantenere una vita sacrificando una parte del corpo del morto”, o come dice Ibn Qudama: “Perché si tratta di dan neggiare una parte del morto per salvare un vivo”. An-Nawawi riferi sce ancora: “Salvare il vivo ha prio rietà rispetto al fatto di non violare la dignità del morto”. Prelievo di organi da un donatore vivo Prelevare l’organo da un donatore vivente ha due scopi: a) Il prelievo di un organo o di un tessuto per trapiantarlo nella stessa persona. II prelievo di un organo o di un tes suto di un individuo in vita per tra piantare lo stesso organo o tessuto nella persona stessa, come nei casi in cui la cute sia danneggiata da ustioni o simili, può essere esegui to nei casi di necessità, o di estre mo bisogno, una volta esperite le seguenti condizioni, oltre alle ge neriche raccomandazioni riportate sopra:
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Il pieno consenso della persona stessa se ritenuta capace di in tendere e volere, ovvero il con senso dei familiari, dei genitori o dei responsabili per i minorenni in affidamento; - Accertare l’efficienza dell’opera zione, sia nel senso del risultato previsto tenendo in debita con siderazione il fatto di non nuo cere alla salute del paziente, va lutando secondo criterio di mag giore probabilità; - Si può procedere a questo tipo di trapianti per motivi anche estetici oltre che terapeutici, se indispensabili. b) Il prilievo da un donatore vivo per trapiantare in un’altra persona Ecco le condizioni particolari, oltre alle già citate regole generali, per eseguire questo tipo di prelievo:
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Il pieno consenso del donatore quando si tratta di un maggio renne; - Accertare l’efficienza dell’opera zione; - Non mettere a rischio la vita del donatore. Altri principi - E’ possibile utilizzare un organo o parte di esso, trasportandolo da una persona viva ad un’altra anch’essa viva, se quest’organo si rinnova spontaneamente, come il sangue e la pelle, con il consenso del donatore e secon do le raccomandazioni generali della Shariia (gurisprudenza); - Non è ammesso prelevare un or gano indispensabile per la vita del donatore come il cuore; - Non è ammesso prelevare un or gano da una persona viva annul
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lando una funzione essenziale, come nel caso di prelevare en trambe le cornee. Il danneggia mento parziale di questa funzio ne essenziale, allo scopo di tra pianto è in fase di dibattito; E’ possibile trapiantare una par te di un organo prelevato per mo tivi di malattia dello stesso or gano, come nel caso della cor nea di un occhio prelevato per motivi patologici.
Prelievo da un donatore deceduto
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1) Le condizioni generali per con sentire il trapianto:
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a) La necessità: II trapianto è ammesso solamente in casi di necessità terapeutica e quando risulti l’unico mezzo per ri parare il danno o per salvare una vita umana. Sono esclusi pertanto i trapianti a fini estetici, se non in casi di concrete conseguenze psi cologiche. Non è ammesso inoltre prelevare più del fabbisogno effet tivo provocando deformazioni fun zionali al donatore vivo o defunto che sia. b) Il consenso esplicito del donatore: Abbiamo detto poc’anzi che il dirit to all’anima ed al corpo -al di là della suprema titolarità del Nostro Creatore- appartiene all’individuo nel quale essi sono presenti. Ag giungiamo, ancora, che l’Islam con sidera come soggetti a facilitazioni verso l’uomo i vari diritti divini, nel senso cioè che Allah consente a chi si trova in stato di necessità di tra
sgredire ed oltrepassare i limiti del lecito, laddove invece i diritti del l’uomo non sono alienabili. Cioè se uno, in stato di difficoltà, trova da mangiare del cibo illecito e del cibo di proprietà altrui, deve mangiare di quel cibo illecito, perché il di vieto viene da Allah e non può toc care la proprietà altrui senza il con senso di questi; Allah perdona ogni peccato, ma non perdona, malgrado il pentimento, le ingiustizie verso gli altri finché non vi sia il perdono di chi ha subito l’ingiustizia. Da ciò si evince che non è ammesso nessun prelievo da un corpo umano finché la sua volontà non sia espressa in modo esplicito e non solo implicito. L’espressione di volontà avviene: - Dalla persona stessa se maggio renne, cosciente e capace di de cidere sia che il prelievo avven ga in vita o dopo la morte; - Dai genitori del minore morto, ma gli stessi genitori non pos sono decidere al suo posto se questi è in vita, a meno che non si tratti di prelevare -senza ri schi- un organo a favore di un altro componente dello stretto nucleo familiare; - Dai familiari stretti in caso di morte; An-Nawawi afferma che “I familiari hanno priorità sul loro morto”; - Dai giuristi (Giudici), in mancan za di una decisione esplicita del defunto, e in mancanza di geni tori o parenti stretti. L’insufficiente reperimento degli or gani non è una valida giustificazio ne per imporre la condizione del si lenzio-assenso. Il modo più giusto per accresce
re il numero dei donatori è quello di combattere il mancato consenso alla donazione promuovendo cam pagne culturali e d’informazione al fine di favorire la propensione a donare i propri organi. A tale pro posito vi è un fondamento islamico che recita: “La necessità non aboli sce i diritti degli altri”. c) La validità dell’operazione: Da quanto si è detto, risulta chiaro che se non vi è certezza circa i ri sultati che si otterranno, non è ammesso nessun prelievo né tra pianto; non è ammesso cioè sotto porre l’essere umano a prove e esa mi di laboratorio come cavie. Pertanto, una volta accertato il risultato da ottenere, bisogna assi curarsi che il prelievo non comporti gravi danni al donatore se si tratta di prelievo da soggetto vivente come ad esempio nel caso del tra pianto di rene in cui occorre verifi care se il risultato ottenuto porti più privilegi al paziente che danni al donatore. d) Esclusione dei fini commerciali: Un essere umano non può essere oggetto di valutazione commercia le sia da vivo che da morto, e lo stesso dicasi per i suoi organi. “Il fatto che nell’Islam sia previsto un indennizzo -somma pagata dall’uc cisore agli eredi dell’ucciso o, in caso di danni fisici, somma pagata dal colpevole alla vittima del dan no- ciò non vuol dire che questo equivale al prezzo della vita o degli organi lesi, ma si tratta semplice mente di un risarcimento del danno o dei mancati benefici in ragione dell’aggressione. Tale risarcimento ha carattere Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
punitivo, induce alla cautela ed ostacola la diffusione dei delitti”. e) L’esclusione dei trapianti di gonadi ed encefalo: E’ vietato prelevare gli organi della sfera sessuale e dell’encefalo. “L’eccezione delle ghiandole del la sfera genitale e della procreazio ne tende alla certezza della pater nità, all’integrità dei legami paren tali, ed alla purezza della società, visto che le ghiandole genitali ma schili e femminili (testicoli ed ova ia) contengono le cellule germinali fautori degli spermatozoi nel ma schio e degli ovuli nella femmina, i quali danno origine all’essere uma no. Quindi in caso di donazione, l’or gano donato, maschile o femmini le, mantiene in produzione i cromo somi ed il DNA del donatore. L’ec cezione dell’encefalo è una logica conseguenza del fatto che il prelie vo deve avvenire in questo caso pri ma della morte cerebrale e non dopo”. f) Divieto della manipolazione genetica: Non è ammessa per nessuna ragio ne la manipolazione genetica degli embrioni al fine di realizzare orga nismi che presentino migliori carat teristiche immunologiche ai fini di trapianto o che si configurino, ad dirittura, come riserve di organi per soggetti singoli. g) L’utilizzo di feti per il trapianto: Si sa come oggi è esistente il com mercio di organi di feti fatti aborti re a questo scopo, o magari per uti lizzare certe cellule del feto per al tri scopi. Dunque è ovvio che que sto è un crimine orribile, allo stes so modo di cui lo sia l’uccisione di 39
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un uomo a scopo di lucro, quindi ciò è da condannare fermamente. Islamicamente non è ammesso l’utilizzo degli organi dei feti se non in condizioni particolari: 1. Non è ammesso provocare un aborto per utilizzare gli organi del feto in un’altra persona, men tre lo stesso aborto è ammesso per le cause riconosciute islami camente, come quando lo stesso feto e/o la madre siano in peri colo concreto e reale di vita; 2. Nel caso in cui il feto fosse an cora in vita, diviene doveroso in tensificare gli sforzi per aiutarlo a continuare a vivere e non uc ciderlo per prelevare i suoi orga ni, mentre nel caso in cui il feto non fosse in grado di continuare a vivere, non è ammesso utiliz zare i suoi organi se non dopo che la sua morte sia decretata secondo le regole ammesse e ri conosciute scientificamente, e
quindi il tutto deve essere sem pre eseguito da esperti fidati. 2) Le due posizioni nei confronti della Morte. Secondo il Codice Islamico di Etica Medica: “Se è vero che i vivi posso no donare un organo del proprio corpo, anche i morti, a maggior ra gione, lo potranno fare; e non ci sarà nessun pericolo per il presunto morto se gli vengono asportati i reni, il cuore, ecc. che saranno uti lizzati da una persona viva. Questo è in realtà un grande gesto di cari tà e risponde perfettamente alla volontà di Allah”. Innanzitutto bisogna dire che il prelievo di organi viene considera to ammissibile esclusivamente qua lora venga eseguito su soggetti la cui morte sia stata accertata. Su corpi giudicati morti frettolosamen te o su casi fonte di dubbio o per
plessità, questo invece non è am messo. Se da una parte vi sono coloro che ritengono che la morte cerebra le sia motivo valido per il preleva mento degli organi, per i contrari, la stessa definizione di morte cere brale è diversa nelle varie nazioni; e poiché i macchinari non possono tenere sempre in vita un soggetto dichiarato cerebralmente morto e neppure tenere i suoi organi vivi a lungo, allora c’è un momento di morte accertata in cui si distacca, veramente, l’anima dal corpo e ces sa ogni forma di vita motivata dal l’anima e dove i macchinari non hanno niente a che fare. Quindi la morte cerebrale non è altro che una fase iniziale della morte che precede e conduce l’es sere umano alla morte definitiva. Allora chi ha detto che la cessazio ne irreversibile di tutte le funzioni cerebrali, in quanto apparentemen te priva l’individuo da ogni possibi lità di riprendere la vita, è la morte assoluta o il distacco dell’anima dal corpo? E con quale mezzo si prova che il distacco dell’anima dal corpo coincide con la morte cerebrale pri ma della morte delle singole cellule del corpo? Inoltre bisogna tenere conto che la scienza ha scoperto, con la clonazione, il ritrovo dell’ani ma in ogni cellula del corpo, poi ché ogni cellula di qualsiasi parte del corpo è capace di seminare una vita (Chissà se una cellula presa da un organo prelevato - da uno di chiarato cerebralmente morto - può portare, con la clonazione, alla rea lizzazione di una copia di questo morto? O di un organo?) Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
La conclusione Vista l’estrema necessità sia per: - Salvare la vita di alcuni malati che possono essere curati solo trapiantando l’organo, tenendo conto che il trapianto è l’unica alternativa che hanno; - Salvare la vita di alcuni malati bisognosi di macchinari già uti lizzati da altri dichiarati cerebral mente morti nei casi accertati di carenza di apparecchi o aumen to esponenziale di malati in casi di catastrofi naturali o altri di sastri; - Tranquillizzare i medici e soste nerli nello svolgere un loro do vere professionale, quando si tratta di prendere decisioni di staccare i macchinari da alcuni morti per favorire altri vivi in estrema urgenza e bisognosi di questi macchinari; Non possiamo se non: - Ammettere e dare il consenso ai prelievi e trapianti di organi e tessuti, ma in modo molto cau to, prudente, e basato su norme scientifiche solide; - Ricordando che il trapianto di venta raccomandato, e non solo consigliato, qualora si tratta di salvare una rispettabile vita mi nacciata dalla morte per motivo di malfunzionamento o danneg giamento di uno o più dei suoi organi vitali; - Chiedendo agli scienziati ad in tensificare le ricerche e gli studi per trovare un’alternativa più sana e più serena, finche possi bile. (a cura di Aboul Kheir Breigheche)
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IL PUNTO DI VISTA DEI TESTIMONI DI GEOVA
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La posizione dei testimoni di Geova circa la donazione e il trapianto di organi e tessuti è molto semplice, e si fonda essenzialmente sulla libera decisione personale. Questo signi fica che non esiste una posizione imposta dagli organi della confes sione ai fedeli, i quali decidono li beramente come regolarsi in mate ria. I testimoni di Geova si attengo no a quanto detto esplicitamente dalle Sacre Scritture, da loro consi derate Parola ispirata dal Creatore. E anche nelle scelte in campo bioe tico si fanno ovviamente guidare dalla Bibbia. La Bibbia si esprime in modo esplicito solo circa l’uso del sangue, che Dio considera sa cro. Impiegarlo in maniera impro pria significa, biblicamente parlan do, profanare una cosa sacra. La posizione dei Testimoni in questo campo è confortata da passi biblici quali Genesi 9:3, 4, e Atti degli Apostoli 15:28, 29; 21:25. Cristia ni di tutte le epoche hanno consi derato questi divieti vincolanti. È questa la ragione biblica del rifiuto opposto dai Testimoni alle terapie emotrasfusionali. I Testimoni co munque non sono contrari alle te rapie mediche in genere e sono ben lieti di collaborare con gli operato ri sanitari in qualunque modo pos sibile. Circa la donazione e il trapianto di organi, pertanto, la Bibbia non si esprime. Perciò i Testimoni deci dono personalmente in questo cam po. Come ha dichiarato qualche
anno fa un loro periodico, “mentre la Bibbia vieta esplicitamente il consumo di sangue, non c’è alcun comando biblico che vieti specifi camente di introdurre nel proprio corpo tessuti di un’altra persona. Per questa ragione ciascun individuo che debba affrontare una decisione di questo tipo deve soppesare i vari fattori con attenzione e preghiera, dopo di che deciderà in base alla propria coscienza ciò che può o non può fare davanti a Dio” (La Torre di Guardia, 1° settembre 1980, pag. 31). Risulta così che diversi Testimo ni si siano sottoposti a trapianti di vario genere. Per fare un solo esem pio tra tanti, il primo trapianto di cuore in età pediatrica in Italia fu fatto su una bambina figlia di te stimoni di Geova nel 1986. L’inter
vento fu realizzato senza il ricorso alla emotrasfusione grazie all’appor to di tecniche alternative che sono state perfezionate nel tempo anche in seguito alla posizione dei Testi moni. Naturalmente, i Testimoni sono favorevoli ad un accoglimento sem pre più generalizzato del principio del consenso informato, di partico lare rilevanza nel campo della do nazione e del trapianto di organi e tessuti. Una loro associazione ha qualche anno fa prodotto uno stu dio sullo stato attuale del consenso informato nella giurisprudenza non solo italiana, ma anche internazio nale, corredato di una ricca biblio grafia, e al quale qui si rimanda (Associazione europea dei Testimo ni di Geova per la tutela della liber tà religiosa, “Emotrasfusioni e con senso informato. La questione dei minori”, in Il diritto di famiglia e delle persone, 25(1996), pagg. 376 418). (a cura di Ferdinando Ghirardini)
IL PUNTO DI VISTA DEL BUDDISMO Esprimere una posizione generale sul tema della donazione degli organi, in accordo all’etica buddista, non è un compito facile. Come accade molto spesso per tutte le questioni che coinvolgono questioni morali, sarebbe infatti necessario esamina re ogni singolo caso separatamen te. Ciò che invece il Buddismo for nisce in maniera chiara, sono i prin cipi generali da utilizzare per valu Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
tare le varie azioni e conseguenze che una determinata decisione im plica. Per comprendere a fondo la posi zione del Buddismo sulla tematica della donazione d’organi è necessa rio richiamare alcuni dei suoi prin cipi fondamentali. In primo luogo il Buddismo considera la rinascita umana un bene molto prezioso: sulla base di un corpo umano, e solo sul la base di questo, è possibile rag giungere lo stato dell’illuminazio ne, quello stato di completa sag gezza e virtù, al di là di qualsiasi sofferenza che è la meta di ogni praticante buddista. Il Buddha stes so raggiunse, circa 2500 anni fa, tale stato sulla base di un’esisten za umana. Secondo la filosofia bud dista, gli esseri, dopo la morte, mi grano verso un nuovo stato di esi stenza, in un ciclo continuo di na scita e morte. Purtroppo però, il mondo umano è solo uno dei possi bili stati di esistenza, pur essendo l’unico, come detto, dove esistono tutte le condizioni per raggiungere l’illuminazione. In definitiva quin di, la rinascita umana è considerata un bene molto prezioso, perché con dizione migliore per ottenere la li berazione definitiva, e molto raro, perché difficile da ottenere. Da que sto punto di vista la donazione di organi non può che essere vista positivamente, in quanto mezzo per preservare la preziosa e rara rina scita umana di chi riceve la dona zione. Va anche ricordato che il prati cante buddista mira al raggiungi mento dell’illuminazione, perché questo è lo stato in cui potrà esse 43
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re veramente di beneficio per tutti gli esseri viventi, grazie alla rag giunta onniscienza. Nel frattempo, però, il praticante è incoraggiato ad essere comunque di beneficio per il maggior numero possibile di esseri viventi, in accordo alle sue possi bilità e capacità. A tale scopo, il Buddismo promuove alcuni valori, tra cui la generosità. Quest’ultima può riferirsi alla donazione di og getti materiali, al sostegno morale, alla protezione di persone da paure e pericoli, ed altro ancora. In so stanza, si tratta di donare quello di cui le persone che si incontrano hanno bisogno. Ancora una volta, quindi, la donazione di organi ri sulta in accordo all’etica buddista, potendo essere considerata una vera e propria azione di generosità da parte del donatore. In conclusione vorrei anche con siderare un aspetto, questa volta contro corrente, rispetto alla dona zione di organi: il momento della morte, che per il Buddismo rappre senta il passaggio da uno stato di esistenza all’altro, è un momento molto delicato. La complessa e pro fonda analisi della mente umana, sviluppata nell’ambito della psico logia buddista, porta a concludere che lo stato d’animo al momento della morte può fortemente condi zionare il processo di migrazione verso la nuova esistenza. Per que sto motivo il morente deve essere lasciato in una condizione il più possibile tranquilla, fino alla com pleta conclusione del processo del la morte. Il punto critico è che il momento della morte, definito in accordo agli insegnamenti buddisti
come il momento del distacco della mente dal corpo, può non corrispon dere con il momento della morte identificato in accordo alla scienza medica occidentale. Si ritiene infatti che la mente possa rimanere inter dipendente dal corpo, e quindi in fluenzabile dalle condizioni di que st’ultimo, anche per alcuni giorni dopo il cessare del respiro. L’inter vento di espianto, che notoriamen te deve essere effettuato il prima possibile dopo la morte del donato re, potenzialmente può quindi in terferire con il processo naturale della morte, eventualmente ostaco lando una nuova rinascita umana, che permetterebbe sicuramente al morente di essere di beneficio per molti esseri viventi. Concludendo ogni singolo indi viduo deve prendere la propria de
cisione, valutando la sua situazio ne in base ai parametri etici espo sti, ed assumendosi i propri meriti e le proprie responsabilità per le decisioni prese. Il punto fondamen tale è che qualsiasi decisione ognu no assuma, questa deve essere mo tivata dal voler essere di beneficio al maggior numero possibile di es seri viventi, mentre non deve mai poggiare su motivazioni egoistiche o sulla paura di un danno personale come conseguenza dell’aiutare gli altri. (a cura di Andrea Gerosa)
IL PUNTO DI VISTA DELLA FEDE BAHA’Ì Apparsa attorno alla metà del 1800 in Iran, la fede Baha’ì è la più gio vane delle grandi religioni rivelate. Il suo fondatore, Baha’u’llah, nac que in Persia nel 1817 e morì in Pa lestina, allora dominio turco, nel 1892. Alla Sua morte il figliolo Abdu’lBahà, quindi il nipote Shoghi Ef fendi guidarono la comunità che, dopo il trapasso di quest’ultimo è guidata, per espresso volere del Fon datore, da consigli locali, nazionali e da un consiglio sovranazionale con sede in Haifa, Israele: la Casa Universale di Giustizia. Il principio fondamentale enun ciato da B. è che la verità religiosa non è assoluta ma relativa, che la rivelazione divina è un processo ininterrotto e progressivo: tutte le grandi religioni del mondo hanno un’origine divina e i loro principi di Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
base, in completa armonia, sono sfaccettature di un’unica verità. Il loro scopo è quello di educare gli esseri umani e fornire gli strumenti per raggiungere livelli di compren sione e di unità sempre più ampi. Del resto l’aspetto “armonizzan te” permea gli insegnamenti baha’i che coprono i vari aspetti della vita spirituale e sociale. Questo ha portato la Comunità Mondiale ad avviare anche numero si progetti socio-economici, a coo perare con le NU sin dalla stesura della Carta Universale dei diritti dell’Uomo e ad essere parte attiva in un processo unificante che pro muova una civiltà in continuo pro gresso. In questo contesto l’essere uma no, miniera in cui sono celate pre ziose gemme spirituali, attraverso l’esperienza terrena apprende a per fezionare e rendere palesi le proprie qualità spirituali. Durante la nostra vita nel grem bo materno, mettiamo a punto i nostri “strumenti “ corporei e, quan do un bimbo conclude quell’espe rienza, passa da una realtà -quella embrionale- all’altra. Rispetto a questa vita nasce, ri spetto a quella muore. C’è un parallelo con la vita ‘con tingente’: sviluppiamo gli strumen ti necessari alla nostra realtà futura e la morte altro non è che un pas saggio verso una vita più ampia: il progresso è illimitato e porta le cre ature verso il loro Creatore. Non vi è dualismo: la nostra com ponente materiale e quella spirituale si integrano perfettamente per rag giungere questo scopo ed il nostro 45
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corpo, tempio dello spirito, va trat tato con il dovuto rispetto. Con equilibrio. Evitando inutili mortificazioni o eccessive attenzio ni. Nell’ampia bibliografia baha’i, ed in particolare nell’Aqdas, il libro più sacro, diversi paragrafi si riferisco no al trattamento del corpo, altri ai defunti ed alla sepoltura. Mentre è specificamente proibita la cremazione in quanto “Il corpo dell’uomo, formatosi gradualmente, deve analogamente decomporsi in maniera graduale. ...La cremazione, invece, impedisce al corpo di at tuare queste trasformazioni a causa della rapida decomposizione dei suoi elementi, che blocca appunto la tra sformazione da uno stato all’altro” (“Lights of Guidance”, pag. 201), non vi sono prescrizioni specifiche per la donazione di organi, questio ne che viene quindi lasciata alla sen sibilità e alla decisione del singolo. Il principio generale è che comun que, durante e dopo l’espianto, il corpo venga trattato con dignità e rispetto, e che le spoglie non ven gano cremate. Simili concetti vengono ribaditi anche in alcuni passi che riguarda no la donazione del corpo per ricer che mediche: chi desidera lasciare il proprio corpo alla scienza medi ca, anche per scopi di ricerca, può farlo. E’ tuttavia opportuno che dia le necessarie istruzioni nel testa mento, stabilendo che vuole che, dopo la morte, il suo corpo serva all’umanità e che, essendo Bahai desidera i suoi resti vengano poi trattati seguendo le disposizioni baha’ì per la sepoltura (“Directives
from the Guardian”, pag. 46). Su questo soggetto così si espres se Shoghi Effendi, Custode della Fede, in una lettera datata 6.09.1946: “Non v’è nulla negli in segnamenti che proibisca ad un baha’i di lasciare per testamento i propri occhi a un’altra persona o a un ospedale; al contrario, si tratta di una nobile azione” (“Lights of Guidance”, pag. 290). (a cura di Marcella Orrù)
La morte encefalica: una realtà scientifica Francesco Procaccio
Il dibattito scientifico, il processo diagnostico, la crescita culturale della classe medica e della società
La morte si identifica con la per dita irreversibile di tutte le funzio ni dell’encefalo. In questo concet to di morte si identificano e si so vrappongono perfettamente la re altà scientifica medica, i valori eti ci universalmente riconosciuti e la legge. Quella che ancor oggi viene denominata morte encefalica o più comunemente morte cerebrale, in distinzione da quella cardiaca, è in realtà l’unica morte possibile. Alme no due invece possono essere i “modi” di morire: il primo per arre sto del cuore e del respiro di durata sufficiente a causare la necrosi del l’intero encefalo, il secondo per le sione cerebrale diretta traumatica, emorragica o ischemica, che evolve in un danno globale ed irreversibi le. La morte cerebrale, che dovrem mo indicare quindi come “morte” senza alcun aggettivo, è in realtà una situazione osservata nella cli nica solo da alcuni decenni, da quando esiste la rianimazione e la possibilità di ventilazione artificia le e di trattamento intensivo. Alla Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
necrosi dell’encefalo e in particola re del tronco encefalico corrispon de la perdita irreversibile di qualsi asi capacità di mantenimento e re golazione delle funzioni indispen sabili alla vita dell’organismo. In particolare, oltre alla completa abo lizione della coscienza, è persa la respirazione spontanea, sono persi il controllo della circolazione e del la temperatura, tutte le funzioni vegetative e di regolazione ormo nale. E’ quindi facilmente compren sibile come tale situazione clinica, nonostante il massimo supporto in tensivo ed artificiale, sia estrema mente instabile e termini invaria bilmente, dopo minuti o giorni, con l’arresto del cuore. Benchè possa apparire sgradevole e un po’ crudo, il termine che meglio aderisce a tale realtà clinica e legale è quello di “cadavere a cuore battente”. Così infatti si presenta ai medici e ai fa miliari un soggetto deceduto in ria nimazione a seguito di lesione ce
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rebrale acuta, riscaldato e trattato farmacologicamente per mantenere la temperatura, la pompa cardiaca e il tono vasale, collegato ad un respiratore automatico per assicu rarne l’ossigenazione. Fin dagli anni sessanta furono osservati e studiati numerosi casi di morte a cuore battente per defi nire i criteri neurologici con cui la morte potesse essere diagnosticata ed accertata senza alcuna possibi lità di dubbio. In particolare, fino ad anni recentissimi in alcuni Stati come il Giappone (dove non era ancora stata promulgata una legge che permettesse l’accertamento le gale di morte a cuore battente) tali soggetti sono stati controllati e sottoposti a trattamento intensivo, studiandone in profondità ogni aspetto clinico e diagnostico. Oggi anche il Giappone dispone di una legge che recepisce la verità scien tifica della morte encefalica. Non sembra superfluo ribadire che nes sun soggetto in cui la morte è stata accertata con criteri neurologici ha mai presentato un’evoluzione diffe rente dalla morte stessa. Le diver genze “culturali” che hanno man tenuto aperto il dibattito scientifi co in questi decenni hanno riguar dato in particolare la differenziazio ne tra morte dell’intero encefalo ri spetto alla morte del tronco ence falico. Da un punto di vista pratico entrambi i concetti sono clinica mente validi e si differenziano solo nella necessità o meno di ricorrere all’elettroencefalogramma per accer tare l’assenza di funzionalità degli emisferi. Tuttavia il criterio di mor te dell’intero encefalo ha permesso
un approccio pratico e socialmente più accettabile alla diagnosi di morte. Una parte consistente di respon sabilità nell’alimentare dubbi e di sinformazione è dei medici e del l’utilizzo divulgativo e giornalisti co di una terminologia medica scorretta. L’uso incongruo, ma an cora diffusissimo, della parola “coma” con aggettivi di gravità o di irreversibilità in relazione alla morte cerebrale ha generato confu sioni e paure ogni qual volta siano stati riportati sulla stampa “risve gli” miracolosi dal coma profondo. In realtà il termine coma appartie ne alla vita e anche nella gravità estrema deve essere considerato come una situazione clinica in cui esiste spesso possibilità di recupe ro. La morte a cuore battente è al contrario solo la morte. Uno dei fattori più confondenti, anche tra i medici, è invece quello dei movimenti e della reattività ve
getativa che il cadavere a cuore battente dimostra assai frequente mente: i riflessi spinali. Il loro mec canismo fisiopatologico è ben chiaro da decenni. Tuttavia è ben com prensibile la difficoltà emotiva che il medico e l’infermiere possono pro vare di fronte a manifestazioni cli niche a volte impressionanti di tale attività spinale. La necrosi di tutto il sistema nervoso contenuto all’in terno della scatola cranica si asso cia, in presenza di un circolo ema tico mantenuto, ad un midollo spi nale vitale. Nel momento in cui i nuclei del tronco encefalico cessa no di funzionare viene a mancare completamente l’impulso facilitatore e di controllo esercitato sui nuclei del midollo. Si ha lo shock spinale e, se non si interviene con suppor to intensivo, l’arresto del circolo. Mantenendo invece artificialmente il respiro e la circolazione sangui gna, i nuclei midollari riacquistano
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una certa attività fino a divenire, per la mancanza del controllo supe riore, molto reattivi a qualsiasi sti molo esterno o interno. I riflessi osteotendinei ricompaiono, si pos sono manifestare movimenti su sti molo o spontanei, anche di grossa portata come il “segno di Lazzaro” con flessione del tronco e apertura delle braccia. Tali riflessi, indotti da stimoli somatici e viscerali portati in ogni zona dell’organismo ad esclusione di quelle innervate dai nervi cranici, si manifestano con movimenti anche imponenti ma mai finalizzati, accompagnati a volte da opistotono e triplice flessione de gli arti inferiori. Esiste una notevole varietà di questi riflessi, studiati e dettaglia tamente descritti nell’uomo in un notevole numero di pubblicazioni scientifiche fin dagli anni settanta. E’ altrettanto noto fin dall’inizio del secolo che, sperimentalmente nel
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gatto, la deconnessione chirurgica completa (decerebrazione) possa portare dopo un intervallo di tem po alla possibilità di un cammino spastico. Nella realtà clinica la re attività spinale di tipo vegetativo si manifesta in modo notevole al momento del prelievo di organi: il taglio della cute e la manipolazio ne dei vasi causa a volte un note vole aumento della pressione arte riosa e della frequenza cardiaca, ol tre a movimenti somatici e contra zione muscolare. Tutto ciò, lungi
dall’essere interpretabile come “sen sazione di dolore” da parte dell’in dividuo deceduto, ha origine nei nuclei spinali e nella conseguente funzionalità surrenalica. L’utilizzo durante il prelievo in sala operato ria di farmaci opioidi, che agiscono in particolare a livello dei recettori midollari, ha come scopo proprio il controllo di questa reattività visce rale, che può rendere difficoltoso l’atto chirurgico ed aumentare le perdite ematiche. Anche su questo punto è stata fatta molta cattiva
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ALGORITMO DI DIAGNOSI ED ACCERTAMENTO DI MORTE
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1. Diagnosi eziologica e imaging (TAC, Risonanza) ed eventuali mo nitoraggi in atto (Pressione Intracranica, pressione di perfusione cerebrale, Doppler transcranico, Potenziali evocati, ecc.) 2. Coerenza della lesione con il quadro clinico 3. Anamnesi per patologie concomitanti 4. Omeostasi : normotermia, normotensione arteriosa, buona ossige nazione, es.ematochimici (sodiemia, glicemia ecc.) Esclusione di farmaci depressori del SNC 5. Non attività elettrica all’EEG alle massime amplificazioni 6. Esame neurologico con test di tutti i riflessi del tronco cerebrale: esame sistematico, completo e rigoroso 7. Test di apnea 8. In assenza di anche un unico elemento: indagine strumentale per escludere flusso cerebrale 9. Convocazione della commissione per l’osservazione e accertamen to legale della morte 10. Mantenimento dell’omeostasi sistemica durante il periodo di os servazione 11. Adeguato supporto e informazione dei familiari 12. Al termine dell’osservazione accertamento e comunicazione della morte 13. Se il soggetto non è un potenziale donatore di organi, il cadavere va indirizzato alla cella salme (l’accertamento legale della morte rende comunque inutile il periodo di attesa in cella e un ulteriore esame necroscopico)
informazione. E’ oggi molto agevole dimostrare con indagini strumentali la comple ta cessazione del flusso ematico al l’interno della scatola cranica e la conseguente necrosi dell’intero en cefalo. L’immagine angiografica o scintigrafica di “cranio vuoto” rap presenta in modo elementare la re altà della morte dell’individuo. La diagnosi esclusivamente clinica di morte è tuttavia semplice e sicura e richiede solo il meticoloso rispet to dei criteri metodologici e clinici validati e codificati nella quasi to talità dei Paesi in cui esiste una medicina avanzata. Tuttavia, nell’impossibilità di effettuare un com pleto esame clinico per estese le sioni cranio-facciali e comunque in ogni caso di minimo dubbio, si può ricorrere, e la legge italiana lo ri chiede, alla dimostrazione diretta con esame strumentale dell’assen za di flusso ematico cerebrale. L’ac certamento legale, richiesto dalla Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
Legge del nostro Paese, avviene con un periodo di osservazione clinica e strumentale (EEG) da parte di una commissione di tre specialisti. Le morti dovute a gravissime le sioni cerebrali acute sono oggi no tevolmente diminuite rispetto alla metà del secolo scorso; tuttavia una percentuale del 20-40% è tuttora inevitabile anche nei migliori Cen tri di neurorianimazione. La dia gnosi clinica di morte deve essere precoce sia per evitare un inutile accanimento terapeutico che per la dovuta attivazione delle procedure legali di accertamento di morte. La diagnosi clinica di morte a cuore battente non ha alcun valore legale prima che sia completato il periodo di osservazione prescritto dalla leg ge, ma riveste un fondamentale va lore etico ed è punto qualificante nella professionalità del medico Ria nimatore. E’ inoltre un atto dovero so nei confronti del paziente e dei suoi familiari e fondamentale pun 51
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to di partenza per il processo che può portare al prelievo di organi per trapianto. E’ importante sottoline are comunque che la diagnosi di morte è assolutamente indipenden te dalla possibilità o meno che il soggetto sia un potenziale donato re di organi. E’ opportuno ricordare alcuni pre supposti fondamentali della diagno si clinica di morte a cuore batten te. La perdita irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo è conse guenza di un danno diretto o indi retto (secondario a fattori causanti ischemia/anossia cerebrale) che deve essere conosciuto, diagnosti cato e di entità coerente con il qua dro clinico. La storia clinica recen te, l’evoluzione clinica, l’anamnesi e tutti i farmaci somministrati de vono essere ben conosciuti. In ogni caso in cui possa esistere il pur minimo dubbio in relazione ad al terazioni metaboliche o farmacolo giche, la diagnosi clinica deve es sere confermata dall’assenza di flus so cerebrale o procrastinata fino al completo ripristino dell’omeostasi ed eliminazione dei farmaci sommi nistrati. In particolare l’esame neu rologico deve essere effettuato in condizione di normotermia, normo tensione arteriosa e di adeguata ossigenazione. La diagnosi clinica di morte richiede la contemporanea presen za di: stato di incoscienza, assenza assoluta di tutti i riflessi del tronco cerebrale: (assenza di risposta mo toria o vegetativa a stimoli nel ter ritorio di innervazione del trigemi no; assenza del riflesso fotomotore, corneale, vestibolo-oculare ed ocu
lo-cefalico, dei riflessi faringeo e carenale) e assenza di respiro spon taneo (test di apnea) Occorre veri ficare l’assenza di ventilazione spon tanea con massima stimolazione ipercapnica (PaCO2 > 60mmHg): i valori di anidride carbonica e di pH (inferiore a 7.40) devono essere documentati con esame gasanaliti co durante il distacco dal ventila tore. La diagnosi clinica di morte con criteri neurologici si basa quindi sull’evidenza della perdita irrever sibile delle funzioni esplorabili del tronco encefalico, poichè le funzioni degli emisferi non sono clinicamen te oggettivabili in modo quantita tivo. La legge italiana, che è tra le più garantiste nel mondo, richiede comunque sempre l’EEG per eviden ziare l’assenza di attività talamocorticale. Possono infatti coesiste re situazioni (lesioni primitive del tronco ed emorragie o tumori sot totentoriali) in cui permane per un
tempo limitato attività elettrica emisferica in assenza di attività del tronco encefalico; ciò riveste solo valore speculativo e medico-legale ma non modifica la sensibilità e la certezza della diagnosi clinica di morte. La presenza di poichiloter mia, diabete insipido, oltre alla ten denza all’ipotensione e la vasople gia sono segni clinici sistemici di accompagnamento della morte a cuore battente. In conclusione, la realtà scienti fica della “morte cerebrale” come morte dell’individuo si basa su am pie evidenze fisiopatologiche, cli niche ed epidemiologiche e non pre senta alcun ragionevole dubbio me dico o etico. I criteri diagnostici sono accettati universalmente e re cepiti nelle leggi di quasi tutti i Paesi in cui è sviluppata la terapia intensiva e la medicina avanzata. Il processo diagnostico della morte riveste una notevole importanza per il medico rianimatore, che può af frontare tale atto medico e legale con estrema tranquillità, professio nalità e certezza. E’ altrettanto in dubbio che è indispensabile una crescita culturale della classe me dica e della società riguardo la co noscenza e l’accettazione emotiva della morte a cuore battente. Per questo occorre incrementare la dif fusione delle conoscenze scientifi che e prestare una peculiare atten zione al rapporto con i familiari del soggetto deceduto, i quali devono poter comprendere appieno il signi ficato di questo “modo di morire” ed essere coscienti che il proprio congiunto è stato trattato fino al l’ultimo nel modo più tempestivo e Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
qualificato. L’opera informativa e di supporto che il Medico di fiducia può svolgere nella crescita culturale dei propri pazienti e della società è, anche per questo particolare aspet to, di straordinaria attualità ed im portanza.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] American Academy of Neurolo gy, Practice parameters for de termining brain death in adul ts. Neurology 45:1012-1014, 1995 [2] Beecher HF et al., A definition of irreversible coma: report of the ad hoc Committee of the Harvard Medica School to exa mine the definition of brain death. JAMA 205:85-88,1968 [3] Pallis C, Death - Beyond the whole brain criteria. J Neurol Neurosurg Psych 52:1023 24,1989 [4] Pallis C, ABC of brain stem de ath. BMJ 286:39,123-24,284 87, 1983 and 2° Edition, BMJ Publishing Group, London, 1996 [5] Plum F and Posner JB, Diagno sis of Stupor and Coma. Fa Da vis, Philadelphia, 1980
Francesco Procaccio fa parte del gruppo di studio “Neuroanestesia e Rianimazione” - Coordinamento per il prelievo di organi e tessuti - Ospedale Maggiore di Verona 53
Aspetti normativi del prelievo e trapianto di organi e tessuti Vincenza Palermo
Gli aspetti normativi
La legge 1 aprile 1999 n. 91, i ritardi nella sua applicazione, il silenzio-assenso informato, l’organizzazione dei trapianti
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La legge 1 aprile 1999 n. 91 (“Di sposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti), con la sua entrata in vigore nella primavera del ’99 ha abrogato la precedente legge 2 dicembre 1975, n.644 e le successive modificazio ni. Tale legge è stata accolta, dai “media” e dagli operatori del setto re, come strumento idoneo a risol-
vere definitivamente in Italia l’an noso problema dei trapianti, lega to, in maniera indissolubile, alla cronica carenza delle “donazioni” di organi. A distanza di più di un anno, purtroppo, non si notano ancora gli effetti benefici che avrebbe dovuto produrre, soprattutto in campo or ganizzativo del servizio sanitario nazionale: in parte perché, nume rosi decreti ministeriali attuativi non sono stati ancora promulgati e, dall’altro, perchè la maggior parte delle Regioni non ha applicato com piutamente la normativa. L’altro punto farraginoso e com plesso, come vedremo oltre, è co stituito dall’applicazione del cosid detto silenzio-assenso informato, che il legislatore ha voluto intro durre con modalità eccessivamente burocratizzate e che molte perples sità aveva suscitato fin dall’inizio sui modi e tempi di applicazione. Ritornando dunque alla disamina della legge, essa può sommariamen te dividersi in due parti: la prima dedicata appunto al tema del con senso al prelievo; la seconda alla organizzazione dei trapianti nel Pa ese. Occorre peraltro, prima di percor rere brevemente le principali que stioni poste dalla normativa, richia mare l’attenzione sul fatto che per la prima volta il legislatore ha enun ciato il principio che “le attività di trapianto di organi e di tessuti ed il coordinamento delle stesse costitu iscono obiettivi del Servizio Sani tario Nazionale”. L’attività di prelievo dunque as surge, a tutti gli effetti, a terapia
garantita dal SSN ai propri assistiti, rompendo definitivamente i ponti col passato, quando spesso si demandava tale terapia alla buona volontà di singoli medici motivati e ad amministratori sensibili. La disciplina del consenso Bisogna subito evidenziare che la disciplina del consenso (art. 4) non è ancora entrata in vigore perché dovrà prima essere approntato il si stema informativo dei trapianti (art. 27). Quando tale sistema informativo entrerà in vigore (non è possibile allo stato fare ragionevoli previsio ni) il consenso al prelievo sarà così disciplinato:il testo normativo (art. 4) prevede l’interpello di ogni cit tadino che dovrà obbligatoriamen te esprimere il proprio assenso o dissenso al prelievo degli organi post mortem (entro 90 giorni dall’invito che ogni ASL dovrà notificare ai pro pri assistiti: art. 5 comma 1 lett. C): in caso di mancata risposta il cittadino sarà ritenuto donatore. Il legislatore ha quindi ricono sciuto a ciascun cittadino il diritto di esprimere la propria volontà in ordine al prelievo. Sotto questo profilo la normati va innova profondamente rispetto alla precedente, perchè rileva solo ed esclusivamente la volontà del defunto e non già quella dei paren ti. In tal senso la legge (art. 27) pone rimedio anche alla disposi zione di cui all’art. 1 della legge 301 del 1993 che espropriava il de funto da ogni volontà positiva in ordine al prelievo della cornea ri mettendo ogni decisione ai paren Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
ti, salvo dissenso per iscritto alla donazione da parte del deceduto. A tal proposito occorre peraltro precisare, a scanso di ogni equivo co, che attualmente per le cornee si continua ad applicare la legge n. 301/93, perché l’art. 27 della legge n. 91/99 (che equipara il regime del consenso al prelievo della cornea a quello di tutti gli altri organi e tes suti), non è ancora entrato in vigo re. Nel regime della legge 644 del 1975 (attualmente abrogata dalla legge n. 91/99) il consenso dove va invece ritenersi presunto, salvo diniego espresso in vita dal defun to ovvero opposizione scritta dei congiunti. La prassi aveva poi stravolto il dettato normativo sicchè di fatto erano i parenti a decidere: tal cosa da un lato rendeva più facile la vita al personale medico, dall’altro te neva conto non del dettato norma tivo, ma di ataviche convinzioni le gate al configurare la morte con la cessazione del battito cardiaco, alla venerazione e al rispetto del cada vere e, soprattutto, della volontà dei parenti. Attualmente, essendo stata abro gata la legge n. 644/75 (che disci plinava il consenso al prelievo di organi e tessuti) e non essendo an cora entrata in vigore la disciplina sul consenso come delineata dalla citata legge n. 91/99, la normativa in vigore è quella di cui all’art. 23 della legge n. 91/99 che si pone come normativa transitoria, in at tesa cioè che, attuato il sistema in formativo dei trapianti, entri in vi gore la normativa definitiva sul con 55
Gli aspetti normativi
senso al prelievo. Il regime transitorio (art. 23), in realtà, ha modificato in parte il meccanismo già previsto dalla leg ge 644 del 1975 perchè il dissenso al prelievo oltre che dal defunto può essere espresso per iscritto anche dai parenti, ma di tale dissenso non si deve tenere conto se il defunto aveva manifestato, in vita, volontà favorevole al prelievo (salvo che i parenti non siano in possesso di una dichiarazione contraria del de cuius successiva a quella favorevole al prelievo). Il regime transitorio ha l’indub bio merito di fare prevalere la vo lontà del defunto su quella dei pa renti migliorando in tal modo la leg ge n° 644 del 1975 che sul punto nulla diceva (e di fatto in caso di contrasto prevaleva la volontà dei parenti onde evitare, nelle struttu re sanitarie, contestazioni).
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L’Informazione Il legislatore ha voluto che il con senso al prelievo sia manifestato “nel rispetto di una libera e consa pevole scelta”. Da qui l’importanza di promuovere, da parte del Mini stero della Sanità in collaborazione con i Ministeri della Pubblica Istru zione e dell’Università e ricerca scientifica, iniziative di informa zione dirette a diffondere tra i cit tadini: a) la conoscenza delle disposizioni della legge n. 91/99 nonché del la legge n. 578/93 (norme per l’accertamento e certificazione di morte) e suo decreto applicati vo (n. 582/94); b) la conoscenza di stili di vita utili
a prevenire la insorgenza di pa tologie che possano richiedere come terapia anche il trapianto di organi; c) la conoscenza delle possibilità terapeutiche e delle problemati che scientifiche collegate al tra pianto di organi e di tessuti. E’ invece demandato alle regioni e alle Aziende Sanitarie locali, in collaborazione con i centri regionali o interregionali per i trapianti e con i coordinatori locali adottare ini ziative volte a : a) diffondere tra i medici di medi cina generale e tra i medici del le strutture sanitarie pubbliche e private la conoscenza delle di sposizioni della legge n. 91/99 nonché della legge n. 578/93 (norme per l’accertamento e cer tificazione di morte) e suo de creto applicativo (n. 582/94); b) diffondere tra i cittadini una corretta informazione sui tra pianti di organi e di tessuti an che avvalendosi dell’attività svol ta dai medici di medicina gene rale; c) promuovere nel territorio di com petenza l’educazione sanitaria e la crescita culturale in materia di prevenzione primaria, di tera pie tradizionali e alternative e di trapianti. Merita sottolineare che il medi co di medicina generale, in questo momento, viene ad assumere un ruo lo chiave, divenendo il regista del l’informazione tra istituzioni e cit tadini. Il medico di famiglia, infatti, si
troverà a dover dare risposte esau rienti a richieste specifiche circa i trapianti che gli saranno rivolte dai propri assistiti al fine di esprimere consapevolmente la volontà favore vole o contraria alla donazione di organi. Certamente in questo ambi to il medico di famiglia può dare una corretta informazione, meglio di quanto potrebbero fare gli orga ni di stampa o le campagne pubbli citarie istituzionali. E’ proprio per questo che il nuo vo contratto collettivo nazionale, di recente siglato, ha previsto, l’ag giornamento obbligatorio per i me dici di medicina generale sui temi relativi alla donazione e ai trapian ti di organi. Vi è, inoltre, da sotto lineare che il numero di persone sot toposte a trapianto è in costante aumento, con conseguente possibi lità anche per il medico di famiglia di dover prendersi cura di assistiti Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
sottoposti a trapianto di organi: la trapiantologia è quindi un campo della medicina che va seguito con la massima attenzione. Grazie all’aggiornamento i medi ci di famiglia potranno effettiva mente creare il trait-d’union tra as sistito e servizio sanitario naziona le, proprio nel momento in cui il Ministero della Sanità sta varando un piano per coinvolgere tali pro fessionisti anche nella ricezione della manifestazione di volontà alla donazione di organi. L’organizzazione dei prelievi e dei trapianti di organi e tessuti L’organizzazione dei prelievi e dei trapianti di organi e tessuti è co stituita dal Centro Nazionale per i Trapianti, dalla Consulta Tecnica Permanente per i trapianti, dai cen tri regionali o interregionali per i trapianti, dalle strutture per i pre 57
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lievi, dalle strutture per la conser vazione dei tessuti prelevati, dalle strutture per i trapianti e dalle aziende unità sanitarie locali. Merita sottolineare che il Centro Nazionale per i trapianti svolge fun zioni di indirizzo e di coordinamento tecnico ed in particolare deve pro cedere all’assegnazione degli orga ni per i casi relativi alle urgenze. La Consulta Tecnica Permanente per i Trapianti è costituita: dal di rettore dell’Istituto Superiore di Sa nità, dal direttore del centro nazio nale per i Trapianti, dai coordinato ri dei Centri Regionali ed Interre gionali per i trapianti, dai rappre sentanti di ciascuna regione che abbia istituito un centro interregio nale, da tre clinici esperti in mate ria di trapianti di organi e tessuti, di cui almeno uno rianimatore, e da tre esperti delle Associazioni nazio nali che operano nel settore dei tra pianti e della promozione delle do nazioni -attualmente hanno ricevu to la nomina ministeriale l’AIDO (Associazione Italiana Donatori Or gani), l’ADMO (Associazione Dona tori Midollo Osseo) e l’AITF (Asso ciazione Italiana Trapiantati di Fe gato). La Consulta predispone gli indi rizzi tecnico-operativi per lo svol gimento delle attività di prelievo e di trapianto di organi e svolge fun zioni consultive a favore del centro nazionale. L’aspetto più innovativo della leg ge riguarda però i cosiddetti coor dinatori dei trapianti. Da molto tem po le associazioni di volontariato e l’ambiente scientifico auspicavano che il legislatore istituisse figure
professionali dedicate espressamen te all’organizzazione dei prelievi e trapianti di organi e tessuti, memori della positiva esperienza spagnola. Ecco quindi che le attività dei centri regionali ed interregionali dei trapianti sono coordinate da un co ordinatore nominato dalla regione, per la durata di cinque anni. Anche a livello locale, le funzioni di coor dinamento sono svolte da un medi co dell’azienda sanitaria competente per territorio che abbia maturato esperienza nel settore dei trapian ti. Deve, infine, ricordarsi il capito lo che la legge ha destinato alla formazione del personale delle strut ture che svolgono le attività di pre lievo e di trapianto di organi, pre vedendo oltre all’aggiornamento permanente degli operatori sanitari e amministrativi anche l’istituzione di borse di studio. In conclusione si può affermare
che, nonostante i lati negativi co stituiti dall’eccessiva burocratizza zione della manifestazione di volon tà alla donazione di organi, nel com plesso il legislatore ha cercato di dare un impulso positivo alla solu zione dei problemi connessi ai pre lievi ed i trapianti d’organo. Innanzitutto indicando con estre ma chiarezza che tali attività de vono svolgersi come impegno di tutto il Servizio Sanitario Naziona le: è evidente quindi il salto di qua lità rispetto al passato. L’intero set tore, infatti era affidato alla buona volontà di encomiabili medici, la sciati spesso da soli e con pochi mezzi ad affrontare la sofferenza e le gravi nonché infauste patologie di pazienti guaribili solo con un tra pianto di organo. Inoltre, con l’invito a ciascuno ad esprimersi in ordine al consenso al prelievo, la legge ha l’indubbio merito di costringere ciascuno cit tadino a riflettere sulla possibilità non solo di essere potenziali dona tori ma anche dei potenziali rice venti. Il consenso al prelievo inteso, quindi, come altissimo gesto di do vere civico ed espressione di vera solidarietà umana.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] V. Palermo, E. Ravera, Note sul la 1 aprile 1999, n. 91 “Dispo sizioni in materia di prelievi e trapianti di organi e tessuti”, Rivista di Diritto delle Profes sioni Sanitarie 2(2), 104-117, 1999. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
[2] V. Palermo, E. Ravera, Il con senso al prelievo della cornea tra interpretazione di fatto ed interpretazione giuridica, Rivi sta di Diritto delle Professioni Sanitarie 2(4), 310-316, 1999. [3] V. Palermo, Brevi note alla leg ge 1 aprile 1999, n. 91: “Di sposizioni in materia di pre lievi e trapianti di organi e tes suti”, Il Punto di Oftalmolo gia Legale, n.1 anno II, 3-5, Settembre 2000 [4] V. Palermo, E. Ravera, Il pre lievo ed il trapianto di organi a scopo terapeutico, capitolo de Le leggi dell’ospedale, Ver ducci Editore (di prossima pub blicazione) [5] A.I.D.O. (Associazione Italia na Donatori Organi), Normati va italiana sul prelievo e sul trapianto di organi e tessuti, Quaderni di documentazione n.4, Pacini Editore, 2000 [6] Sito web: www.aido.it
Vincenza Palermo è Direttore del Servizio di Medicina Legale della ASL 9 di Ivrea 59
La donazione di organi e tessuti: gli ostacoli per una scelta di amore Remigio Verlato
Gli ostacoli
Ritualità e socialità del culto dei morti nell’antichità e nel mondo contemporaneo
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Il nostro patrimonio psico-emo tivo legato al rispetto della salma, alimentato nei millenni da modali tà rituali e da atteggiamenti consa crati e tramandati, limita la nostra capacità di prendere una decisione razionale di fronte alla donazione di organi e di tessuti dopo la morte nostra e di un nostro caro. Il rispetto del culto dei morti secondo tradizione trova alta e tra gica espressione nell’Antigone di Sofocle* . I due figli di Edipo, Eteocle e Polinice, sono caduti entrambi sot to le mura di Tebe nel duello morta le, che li ha contrapposti; il nuovo re di Tebe, Creonte, ha dato sepol tura onorata a Eteocle ed ha proibi to le esequie e la sepoltura di Poli nice, il traditore venuto a distrug gere la patria. “Per quest’uomo echeggia in Tebe la proibizione: non chiuderlo in fos sa, niente ululi a lutto, relitto senza fossa, carne offerta cruda a uccelli, e cani.” Nella tragedia così è descritto l’atteggiamento di Antigone alla vi-
sta del cadavere del fratello: “Stride, nota acre, d’uccello laceran te quando vede il fondo del nido suo deserto, e i piccoli scomparsi. Quel la uguale, come vede morta nudità ululò, pianse, maledisse… Poi di volo porta pugno di polvere bruciata, alza una brocca di metallo martellato, fa spiovere tre volte l’aspersione e così consacra il morto.” Antigone scoperta e portata da vanti al re, che l’accusa di aver in franto le sue norme, così risponde: “Ah sì. Quest’ordine non l’ha gridato Zeus, a me;né fu Diritto, che divide con gli dèi l’abisso , ordinatore di norme come quelle, per il mondo. Ero convinta: gli ordini che tu gridi non hanno tanto nerbo da far violare a chi ha morte in sé regole sovruma ne, non mai scritte, senza cedimen ti. Regole non d’un’ora, non d’un giorno fa. Hanno vita misteriosamen te eterna. Nessuno sa radice della loro luce. E in nome d’esse non vole vo colpe, io, nel tribunale degli dèi, intimidita da ragioni umane.” E la tragedia si conclude con il re Creonte che, mentre ha in braccio il cadavere del figlio Emone suicida accanto all’amata Antigone, riceve da un nuovo messaggero la ferale notizia del suicidio della sposa Eu ridice. E il coro di chiusura canta: “Ragionevolezza è base, base prima di buona vita. E’obbligo evitare sa crilegio.” Antigone è veramente sublime nella volontà sacrificale di rispet tare “regole non d’un‘ora, non d’un giorno fa” che trovano eco nel no stro poeta Ugo Foscolo che nei “Se polcri” canta: “Dal dì che nozze e tribunali ed
are dier alle umane belve esser pietose di sé stesse d’altrui, toglieano i vivi all’etere maligno e alle fere i miserandi avanzi che Natura con veci eterne a sensi altri desti na.” Tutti i popoli dell’antichità ed anche in epoche recenti hanno la sciato a noi monumenti funerari di inestimabile valore: le piramidi di Egitto , le tombe degli Etruschi, i mausolei romani e un’infinità di al tre opere, che sono, quasi sempre, dell’arte l’espressione massima del le varie civiltà. Anche oggi in tutte le parti del mondo la salma è oggetto di riti partecipati dal clan, dalla tribù, dalla città, dal popolo. In tutte le religioni sono contemplati riti sacri che esprimono l’esigenza dell’uomo di vivere oltre la morte. Da sottolineare che la destina Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
zione delle spoglie mortali è ben diversa anche oggi, secondo le cul ture proprie di ogni popolo: sepol tura, cremazione, esposizione agli uccelli , cerimonie funebri sulle rive del Gange (fiume sacro) e molte al tre. I riti funebri rispondono, però, ad alcune esigenze che li accomu nano : allontanare il corpo, render lo inaccessibile e sacralizzare il luo go della sepoltura. I vari riti non tendono a conser vare il corpo , che inevitabilmente si dissolve. La stessa mummificazio ne, che ha raggiunto nell’antico Egitto una larga diffusione ed una tecnica notevolmente perfezionata e che viene praticata ancora oggi da popoli dell’Asia e dell’Africa, evi ta la putrefazione esviscerando, di sidratando e prosciugando il cada vere. Ma Foscolo, a ragione, poetica mente sottolinea: “Non vive ei forse anche sotterra, quando gli sarà muta l’armonia del giorno, se può destarla con soavi cure nella mente de’ suoi? Celeste è questa corrispondenza d’amorosi sensi, celeste dote è negli umani.” … “Sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha dell’urna… ove né donna innamorata preghi, né passeggier solingo oda il sospiro che dal tumulo a noi manda Natura.” … “…Ahi! Sugli estinti non sorge fiore ove non sia d’umane 61
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lodi onorato e d’amoroso pianto.” E’ il ricordo di chi è sepolto, con le sue virtù, con quello che ha fat to di bene, con quello che ha la sciato nei cuori, che rende tanto più sacra la sua tomba: la salma ha la grandezza del patrimonio che lascia. Nel discorso tenuto al XVIII Con gresso Internazionale dei Trapianti d’Organo (Roma 27 agosto - 1 set tembre 2000) Sua Santità Giovanni Paolo II ha detto: “…ogni intervento di trapianto d’organo , come già in altra occasione ho avuto modo di sottolineare, ha generalmente all’ori gine una decisione di grande valore etico: la decisione di offrire, senza ricompensa, una parte del proprio corpo, per la salute ed il benessere di un’altra persona. Proprio in que sto risiede la nobiltà del gesto, che si configura come un autentico atto d’amore. Non si dona semplicemen te qualcosa di proprio, si dona qual cosa di sé, dal momento che in for za della sua unione sostanziale con un’anima spirituale, il corpo umano
non può essere considerato solo come un complesso di tessuti, organi e funzioni…, ma è parte costitutiva della persona, che attraverso di esso si manifesta e si esprime.” Il contenuto psico-emotivo di noi tutti (il grido di Antigone), il rifiu to della nostra morte e della morte dei nostri cari, rendono comprensi bile l’atteggiamento di una sposa, di un marito, di un figlio, di un genitore che porta al dissenso della donazione degli organi del proprio marito, della propria sposa, dei pro pri genitori, dei propri figli. Ma le nostre spoglie, il nostro corpo sono destinati alla dissoluzione, mentre il dono degli organi, dei tessuti può dare vita o migliorare la vita dei nostri simili. La donazione, per es sere tale, deve comportare un dare a un altro una parte di noi: si carat terizza nella sua essenza, come of ferta non priva di sacrificio per il contenuto psico-emotivo che ci ap partiene. L’amore, lo spirito di reci procità e di solidarietà, la consape volezza di poter essere medicina per i nostri fratelli ci porta a superare gli ostacoli alla donazione degli or gani e tessuti dopo la nostra morte. Per i nostri cari non neghiamo a loro un monumento di generosità, di amore verso tutti. Alla fine di noi e dei nostri cari resterà solo il mo numento dell’amore dato. Remigio Verlato è Direttore della Fondazione per l’incremento dei trapianti d’organo (FITO) con sede a Padova. Citazioni tratte dalla “Antigone” di Sofocle, Traduzione di Ezio Savino, “Sofocle”, Garzanti Libri SpA, 1999 *
Il modello organizzativo del processo di donazione e trapianto di organi e tessuti in Trentino Maurizio Ragagni
Un programma trapianti deve garantire efficacia terapeutica ed equità assistenziale, assicurando la qualità del processo, pari opportunità e facilità di accesso, l’onestà e la trasparenza dell’intera organizzazione. Il compito delle Aziende Sanitarie.
La donazione di organi è un pro cesso articolato che coinvolge più di 150 persone ogni volta per più di 30 ore consecutive e richiede una
precisa conoscenza di tutte le pro cedure, da quelle più strettamente scientifiche alle problematiche di ordine psicologico che spesso ne condizionano l’avvio. Dopo una breve analisi storica del fenomeno, verrà descritta l’attività di coordinamento e reperimento di organi e tessuti nella Provincia Au tonoma di Trento, provincia che non ha un centro trapianti e non dispo ne di un reparto di neurochirurgia. La storia In Spagna, lo sviluppo di questa attività sanitaria di coordinamento parte nel 1989 grazie ad un nefro logo (Rafael Matesanz) che da sem pre sosteneva l’importanza dell’ele mento organizzativo mentre in tut ta l’Europa si poneva l’accento sul l’aspetto chirurgico del trapianto. Mentre l’Europa si arricchiva di cen tri trapianti efficientissimi ed equi pes medico-infermieristiche di alto livello tecnico, la Spagna, dopo la nomina di Matesanz a capo del l’O.N.T. (Organizacion Nacional de Trasplantes), organizzazione per al lora atipica in seno al Ministero della Sanità Spagnolo, impostava il modello organizzativo sulla “dona zione” diventando in pochi anni il paese al mondo con il più alto nu mero di donatori multiorgano per milione di abitanti. I fondamentali I tre cardini fondamentali della or ganizzazione spagnola sono: 1-La donazione è l’asse portante del modello. La disponibilità di organi è la pre
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Il modello organizzativo
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condizione per fare trapianti. Il trapianto è una impresa comu ne che vede impegnati il mondo sa nitario e (forse unico esempio) la società al completo. Senza donatori non si fanno tra pianti e questo semplice concetto è sempre sfuggito anche alla classe politica dirigente più sensibile che, per anni, si è avvalsa della consu lenza di “tecnici” che si improvvi savano esperti nel settore. Il trapianto è la punta di un ice berg molto profondo, l’effetto fina le di una catena di eventi molto diversi, ma estremamente collega ti l’uno con l’altro.
psicologico e dal comportamento, che non sempre è stato favorevole, degli operatori sanitari, a qualun que titolo implicati nella donazio ne. Riflettiamo inoltre sulle influen ze negative per la donazione di una stampa male informata che parla di risvegli di pazienti in coma (chia ramente perché non in morte ence falica) e denuncia assai improbabili irregolarità nella assegnazione de gli organi, assegnazione che sem pre più, è legata a precisi algoritmi allocativi basati su parametri di ur genza e compatibilità che, anche nel nostro paese sono molto rigorosi.
2-Visione e gestione globale del pro cesso. Indipendentemente dal tipo di do nazione (organi, tessuti o cellule di sangue cordonale) i principi ispira tori sono identici e il processo par te nello stesso modo. Puntare inizialmente su un pro gramma di donazione di tessuti come le cornee, meno ambizioso ma più semplice rispetto alla donazio ne (e trapianto) di organi, e arriva re a conseguire buoni risultati ( come ha fatto la Toscana) accresce nell’opinione pubblica, non solo la consapevolezza dell’efficacia del tra pianto, ma rinforza la fiducia nel si stema sanitario pubblico, che, pro prio perché tale, deve garantire che gli operatori sanitari dedichino par te della loro attività alla segnala zione dei donatori e alla collegata attività di prelievo. Non dobbiamo sottovalutare che l’attitudine sociale alla donazione dipende anche dall’atteggiamento
3-Il coordinatore alla donazione Il coordinatore trapianti è un sani tario ospedaliero esperto prima di tutto in donazione, che meglio co nosce il sistema di produzione e si adopera perché il processo di do nazione e trapianto non si arresti in una delle sue fasi. Il livello di responsabilità e pro fessionalità del coordinatore e dei suoi collaboratori deve essere ele vato e costante. La formazione per manente impone la conoscenza di tutti gli aspetti del processo: 1- identificazione e selezione del potenziale donatore; 2- diagnosi di morte encefalica; 3- comunicazione della morte; 4- richiesta di donazione (o inter vista alla donazione); 5- mantenimento del potenziale donatore; 6- logistica ospedaliera ed extra ospedaliera; 7- controllo di qualità del proces so;
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controllo di gestione; etica del trapianto; reti informatiche; tecniche di comunicazione: - con la medicina di base, - con la stampa e la televi sione, - con le associazioni, - con la scuola, - con l’autorità giudiziaria; 12- conoscenza dei risultati del tra pianto. Appare chiaro che l’attività di un coordinatore alla donazione non può far parte di un progetto incentivan te ma è una nuova specializzazione sanitaria per medici e infermieri. La competenza di un coordina tore locale non richiede una spe cializzazione di partenza ma una forte motivazione personale e gran de disponibilità ad essere rintrac ciabile nel momento in cui, all’in terno dell’ospedale, si verifica un
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decesso in età compatibile per la donazione o di organi (se è un ca davere a cuore battente in terapia intensiva) o semplicemente di tes suti (se è un cadavere a cuore fer mo) in un reparto di degenza. Sarà il coordinatore locale, insieme al medico di reparto, a valutare l’op portunità o meno di formulare una richiesta di donazione alla famiglia del deceduto. Dalle competenze fin qui descrit te, emergono precisi i requisiti ri chiesti ad un coordinatore: - credere nell’importanza e nell’utilità sociale della donazione; - godere di immagine positiva al l’interno del proprio ospedale; - avere capacità organizzative ed acquisire esperienza sugli aspet ti, tecnici, giuridici ed ammini strativi. E’ importante che il coordinatore abbia delega a esercitare i poteri
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della Direzione Medica, limitata mente agli ambiti di pertinenza, con delega ad ordinare la spesa, là dove necessario attingendo ad un fondo vincolato al prelievo di organi e tes suti, fondo peraltro istituito dal Ministero della Sanità già nel 1999 “ per lo svolgimento delle attività dei rispettivi coordinatori, per fi nanziare le strutture accreditate ad effettuare trapianti e prelievi di or gani e tessuti…..” Il coordinatore aiuta la famiglia a comprendere la morte encefalica, che è una morte tecnologica e in naturale, e il significato della do nazione che deve essere una scelta consapevole che, se accettata, di venta nel tempo un ricordo positi vo. Il coordinatore cura l’intervista alla donazione, verifica la qualità relativa alla vitalità degli organi prelevati, cura la ricerca di nuove strategie per evidenziare la manca ta individuazione dei potenziali do natori, cura l’attività di formazione ed insegnamento, gestisce i rapporti con i mezzi di comunicazione. In conclusione, il coordinatore alla donazione ( e non più solo al trapianto) è la figura a cui viene affidata all’interno dell’ospedale, la responsabilità di quanto attiene la donazione di organi e tessuti. La realtà trentina La realtà trentina è caratterizzata da due ospedali con terapia inten siva e cinque presidi ospedalieri senza rianimazione. Il numero complessivo di letti di rianimazione insufficiente e l’assen za di un reparto di neurochirurgia
non favorisce il reclutamento e l’identificazione dei potenziali donatori,(traumi cranici, emorragie cerebrali, tumori, malformazioni vascolari) che vengono generalmen te trasferiti ai centri di neurochi rurgia di Bolzano o Verona I coordinatori locali trentini no minati da una specifica delibera non si sono mai occupati del processo di donazione di organi o tessuti perché impegnati nell’attività loro assegnata: sono anestesisti a tem po pieno. Un modello efficiente deve pre vedere tuttavia un elemento per ospedale, attivo nelle procedure sopra elencate: il sistema organiz zativo può funzionare solo se il co ordinatore regionale (o provinciale) alla donazione può contare sul sup porto, nelle varie sedi ospedaliere, anche le più piccole, di collabora tori (a tempo determinato a secon da della grandezza dell’ospedale) de
dicati e motivati specialmente nell’attività di identificazione del do natore e formazione del personale. I successi nella identificazione dei donatori in Toscana e in EmiliaRomagna si fondano e reggono su un sistema capillare di coordinatori locali estremamente preparati e gui dati da un Comitato regionale dona zione e trapianto di organi e tessuti che fa da collegamento tra Asses sorato e Aziende Sanitarie. Pianificare un programma di do nazione e trapianto organi e tessu ti significa agevolare su tutto il ter ritorio l’attività di segnalazione e prelievo. Una commissione tecnica è lo strumento di partenza per dare vi sibilità, forza, potere contrattuale e movimento ad una attività multidisciplinare complessa con alcuni precisi obiettivi: coordinare l’atti vità di formazione sanitaria in cam po trapiantologico, supportare l’at tività dell’ufficio di coordinamento trapianti, svolgere attività di con sulenza, educare i medici di base e gli operatori a domicilio sulle pro blematiche della donazione e del trapianto, collegare Assessorato, Azienda, Ospedale, Medicina del Territorio,Associazioni. La commissione tecnica, suppor ta praticamente i coordinatori, vi sita gli ospedali, studia e verifica i protocolli, lavora a fianco dei col laboratori ospedalieri, è sempre di sponibile come punto di riferimen to per ottenere consulenze e affron tare i problemi che quotidianamen te si presentano. La commissione è formata dall’As sessore provinciale competente o da Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
un suo funzionario, dal coordinato re alla donazione e trapianti, da un medico di medicina generale, da uno o più specialisti particolarmente motivati ed esperti in programmi di trapianto. Fare circolare le informazioni è un altro elemento di sviluppo per la rete di coordinamento: i dati sulla donazione devono essere conosciu ti. La commissione stabilisce le re gole sull’informazione di massa: in formare gli organi di stampa ri chiede una istruzione specifica. Non si possono accettare articoli che parlano di donazione, scritti da per sone che parlano di ciò che non sanno, non fanno e spesso non con dividono. La formazione deve essere rigo rosa e continua evitando corsi di scarsa efficacia, utilizzando nel va sto scenario didattico le offerte di mercato più efficaci e meno costo se (Gli Spagnoli hanno più docenti
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che offrono in Europa pacchetti di dattici fortemente differenziati). In ogni regione, come avviene da tre anni in Toscana l’attività di dattica deve prevedere più livelli di apprendimento, dai corsi base a quelli più avanzati. In Trentino nel 1999 si sono svolti due corsi base sulla donazione e tra pianti di organi e tessuti che han no coinvolto 60 sanitari (tra perso nale medico ed infermieristico). Il coordinatore alla donazione deve poter proporre e ratificare le nomine e la eventuale rimozione del coordinatore locale e deve poter di sporre di un fondo adeguato, dal quale attingere le risorse per la pro mozione culturale ed economica dei coordinatori locali. Il coordinatore deve vivere e la vorare nell’ospedale e rendersi re peribile quanto più possibile. Deve potere disporre di un bud get dedicato, programmato di anno in anno attinto dal fondo del Mini stero. Deve lavorare come una “Agenzia di servizi” rapida nel risolvere even tuali improvvisi problemi di qualun que natura essi siano. Deve, come succede nelle regio ni dove il coordinamento funziona, potere confrontarsi regolarmente con l’assessorato competente gra zie anche alla presenza della com missione sopracitata. Deve mantenere uno stretto rap porto con le associazioni del volon tariato e la scuola. Non deve arrendersi di fronte a ostacoli che spesso sono creati da personaggi che si improvvisano esperti e che purtroppo teorizzano
soluzioni al problema “donazione”, senza dimostrare alcuna conoscen za scientifica del processo. Il coordinamento alla donazione e trapianto di organi, da quando è stato istituito in Trentino ha affron tato le seguenti problematiche: - Attivazione di un ambulatorio unico per trapiantati; - Sviluppo di un programma coor dinato di prelievo cornee da ca davere a cuore fermo e a cuore battente; - Attivazione del prelievo di san gue placentare per trapianto di midollo; - Sviluppo di una attività di pre lievo di vasi e valvole da cada vere a cuore fermo; - Attività di ricerca (nuove meto dologie per identificare più do natori); - Attività di docenza per trasmet tere la cultura alla donazione d’organi, specialmente in cam po sanitario. Realizzazione del servizio “Ambulatorio trapianti” L’attivazione dell’ambulatorio “uni co” di riferimento provinciale per i trapianti d’organo nasce (con deli bera del Direttore Generale n°1153/ 99) dall’esigenza di definire tutti i processi legati alla gestione dei pazienti in fase pre e post-trapian to, gestione che fino a quel momen to aveva escluso totalmente i trapiantati di fegato, cuore polmone e midollo. Solo il trapiantato di rene poteva disporre di un ambulatorio specifico collegato alla U.O. di Ne frologia. La pianificazione della realizza
zione del servizio “Ambulatorio Tra pianti” ha così definito alcuni obiet tivi prioritari: - Assistenza del paziente in fase pre-trapianto; - valutazione idoneità al trapian to, inserimento nelle liste di at tesa con monitoraggio delle liste stesse; - Assistenza dei pazienti in fase post- trapianto, in follow up e in urgenza. In particolare: con trollo sul paziente dopo trapian to della fase di rigetto, verifica del corretto uso dei farmaci im munosoppressori, monitoraggio dei dati biochimici di funziona lità d’organo, per la prevenzione delle infezioni e per la sorve glianza sulla comparsa di tumo ri; - Reclutamento dei pazienti tren tini trapiantati gestiti fuori sede, Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
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sconosciuti dalla APSS, con conseguente risparmio di spesa per tutta l’attività di controllo cli nico strumentale che può essere gestita tramite l’ambulatorio trapianti; Assistenza psicologica al trapiantando, al trapiantato, alla sua famiglia, alla famiglia del donatore; Promozione dell’immagine di ef ficienza aziendale attraverso la soddisfazione dei pazienti gestiti dall’ambulatorio con ricaduta positiva sulla disponibilità alla do nazione di organi e tessuti; Promozione della crescita profes sionale dei collaboratori per migliorare la prestazione; Accessibilità in urgenza al ser vizio di assistenza svolto dagli specialisti tramite numero telefonico dedicato; 69
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Distribuzione gratuita di farma ci (prescritti dai centri trapian ti) che sono fuori nota C.U.F (Commissione Unica Farmaco) Sono state individuate le risorse specifiche per rendere il progetto attuabile: 1- strutture: un ambulatorio unico; 2- personale: - Coordinatore trapianti: re sponsabile del progetto; - Medico specialista gastroen terologo (trapianto di fega to); - Medico specialista cardiolo go (trapianto di cuore); - Medico specialista cardiochi rurgo (trapianto di polmone); - Medico specialista nefrologo (trapianto di rene); - Medico specialista ematolo go (trapianto di midollo); - Medico psicologo; - Personale infermieristico: 2 unità a tempo pieno; - Una segretaria bilingue (te desco-italiano). Non tutti gli obiettivi sono stati raggiunti ed in particolare l’unifi cazione in un’unica struttura per tutti i trapiantati, compresi quelli di midollo, l’identificazione dello specialista ematologo e il supporto psicologico ancora richiederanno tempo e la definizione di risorse adeguate. Progetto cornee L’attività di prelievo cornee, con la definizione di un preciso protocol lo è diventato un obiettivo della Azienda Sanitaria, che ha visto cre scere il numero di prelievi oltre che all’ospedale Santa Chiara di Trento
anche presso l’U.O. di Oculistica di Rovereto che fino al 1998 si limita va ad “importare” le cornee dalle banche a solo scopo di trapianto. Attualmente, anche se non sia mo all’autosufficienza, (sono circa 60 i pazienti trentini che ogni anno entrano in lista per un trapianto di cornee da cadavere) possiamo con tare su 25-30 potenziali donatori. Nelle regioni più attive nel pre lievo di cornee il numero di dona tori si aggira mediamente sul 10% dei decessi per anno. Per il solo ospedale Santa Chiara ci dovremmo perciò attendere almeno 80-90 do natori per anno. Molto lavoro ancora va fatto sia sul versante della identificazione del donatore sia sulla formazione del personale dei reparti. Progetto sangue placentare Il prelievo di sangue placentare a scopo di trapianto, in sostituzione o alternativa a quello classico di midollo ha visto coinvolti nella rac colta quasi tutti i reparti di ostetri cia, con grande entusiasmo, grazie all’impegno delle ostetriche che hanno condiviso un obiettivo com plesso e senza alcuna risorsa ag giuntiva, se non quella squisitamen te “umana”. Grazie a questa raccolta il Trenti no fa parte di un gruppo ristretto di poche province italiane che ar ricchiscono il pool di sacche di san gue cordonale e quindi aumentano la possibilità per i riceventi in at tesa di trapianto di trovare un mi dollo compatibile. Progetto vasi e valvole cardiache L’utilizzo di valvole e vasi biologici
umani trova giustificazione nella superiorità della protesi biologica rispetto a quella meccanica per qualità, durata, costo e la non ne cessità di anticoagulare il pazien te. Questo significa per una donna la possibilità di proseguire una gra vidanza altrimenti minata dal rischio teratogeno del farmaco e per un bambino l’opportunità di giocare in giardino senza temere un trauma cranico che sarebbe fatale in caso di utilizzo di farmaci anticoagulan ti. Richiedere vasi e valvole biologi che umane ad una banca è oggi pra ticamente impossibile, data la scar sità del prodotto, perché solo gli ospedali che prelevano tali tessuti possono farne richiesta. Questo è un motivo ulteriore per comprendere quanto sia importante attivare, come è stato fatto anche in provincia di Trento dal mese di Novembre dell’anno in corso, un programma specifico di prelievo di valvole cardiache da cadavere, sia a cuore battente, che a cuore fermo. I successi conseguiti nella dona zione di organi dipendono dagli sfor zi fatti per superare l’assenza o la insufficiente formazione del perso nale, la mancata individuazione dei donatori e la riluttanza al contatto della famiglia in lutto. Una scarsa propensione ad affron tare una tematica sanitaria apparen temente “a limitato numero di uten ti” rappresenta un ulteriore osta colo alla progressione di una poli tica efficace di donazione e trapian to di organi e tessuti. Il prodotto finale dell’attività di coordinamento si misura comunque Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
dal numero di tessuti e organi pro curati. In Trentino sono stati atti vati numerosi processi finalizzati ad aumentare l’attività di donazione e trapianto che richiederanno in fu turo un maggiore impegno in ter mini di risorse umane ed economi che proprio perché è da una squa dra, ben organizzata con persone motivate e formate, e non da un uomo solo, che ci si potrà aspetta re di realizzare l’obiettivo, che per il Trentino non è affatto utopia, di azzerare le liste di attesa sia per gli organi che per i tessuti (vasi, val vole cardiache e cornee).
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] “Manuale del II° Corso Nazio nale per Coordinatori alla do nazione e prelievo di organi”, a cura di Francesco Procaccio et al., Bologna, Editrice Com positori, 1997. [2] “Il Coordinamento della dona zione di organi e tessuti”, Cen tro Stampa USL 2 Lucca, Elba, Settembre 1999.
Maurizio Ragagni è Coordinatore alla donazione e trapianti di organi e tessuti dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento - Direzione Cura e riabilitazione 71
IL MODELLO ORGANIZZATIVO IN TRENTINO
Struttura
Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento
Area
Direzione Cura e Riabilitazione
Servizio
Ufficio Coordinatore Trapianti
Responsabile
Dott. Maurizio Ragagni
Cell. 0335/7294583 Tel. 0461/364124 Fax. 0461/364947 Tel. 0461/364106 Fax. 0461/364104
Segreteria Compito Istituzional e Indirizzo Telefono Fax Numeri util i
Attivit clinica di ricerca, di do cenza e g estion e nel campo t rapiantologico (o rgani e tessuti).
Via Degasperi, 79 38100 - Trento Ambulatorio trapianti Ospedale S. Chiara: Segreteria: • Sig.ra Raiter Luisa
Tel. 0461/903739 Fax: 0461/903637
Infermiere referenti: - Sig.ra Campestrin Lucia - Sig.ra Povoli Giuliana
Tel. 0461/903117 Tel. 0461/903739 Tel. 0461/903216
Posta elettronica
[email protected] anitaria.trentino.it Coordinatori trapianti locali
Personale Medico Specialista
Tel. 0461/903298 Tel. 0464/453416 dott.ssa Emanuela Stirpe dott.ssa Luisa Vison dott.ssa Maria Teresa Della Mea
Ambulatorio trapiantati di fegato:
dott. Ivo Avancini
Ambulatorio di psicologia:
dott.ssa Antonella Lama
Servizi/prestazioni per esterni
Ambulatorio trapiantati di cuore
Orario
Luogo
Modalit d’accesso
Gioved 09.00 - 13.00 Marted 14.00 - 17.00
II Piano Palazzina Direzione Medica S. Chiara di Trento
Previa telefonata 0461/903117
Ambulatorio trapiantati di fegato
Mercoled 14.00 - 17.00
Stessa sede
Il medesimo
Stessa sede
Il medesimo
Ambulatorio di psicologia
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Ospedale S.Chiara - Trento • dott. Mauro Cima Ospedale S.M.del Carmine- Rovereto: • dott. Maurizio Azzolini Ambulatorio trapiantati di cuore:
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Venerd 8.00
13.00
La convenzione con Innsbruck Renzo Michelini
La convenzione con Innsbruck
La convenzione tra la Provincia Autonoma di Trento e il Land Tirol per il trapianto di rene presso la Clinica universitaria di Innsbruck
Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
Alla domanda pressante di tra pianti d’organo ed in particolare di rene proveniente dai trentini, la Pro vincia ha corrisposto integrando le proprie disponibilità in Italia con quelle che venivano offerte dalla vicina Austria. Lo ha fatto sottoscrivendo nel 1987 una convenzione con il Land del Tirolo attraverso la quale la cli
nica universitaria di Innsbruck con cedeva il ricovero ai pazienti tren tini bisognosi di assistenza ospe daliera per l’effettuazione di trapian to di rene ovvero di terapia posto peratoria. La convenzione prevede va anche la possibilità di trapianta re il pancreas ed il fegato nel caso in cui lo stesso fosse risultato ne cessario in relazione al trapianto di rene. Gli oneri per tutte le prestazioni sanitarie rese dalla clinica univer sitaria in regime di convenzione venivano sostenuti per intero dalla Provincia ed in questi termini detta clinica poteva essere considerata un presidio ospedaliero del Trentino. A questa convenzione Trento giunse per ragioni di politica sani taria e non certo perché lo preve desse qualche disposizione di leg ge, come nel caso della vicina Pro vincia di Bolzano che poteva bene ficiare di una specifica norma di at tuazione ( D.P.R. n° 197 del 1980). Infatti, all’epoca, il centro di ri ferimento per i trapianti che faceva capo al NITp di Milano (Nord Ita lian Transplant) effettuava un nu mero irrisorio di trapianti di rene (3 nel 1986 presso il policlinico San Carlo di Milano) rispetto ad un fab bisogno calcolato in 10 interventi all’anno. Inoltre, molti Trentini si rivolgevano privatamente alla clini ca universitaria di Innsbruck otte nendo risposte soddisfacenti sia per la qualità del servizio sanitario, che per la quantità dei trapianti che ri sultavano possibili in relazione ad una maggiore disponibilità di orga ni. I trentini che si rivolgevano pri 73
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vatamente ad Innsbruck dovevano però anticipare la spesa e chieder ne poi il rimborso alla sanità tren tina. La convenzione, migliorava così le condizioni di ricovero per i tren tini ed apriva nel contempo un nuo vo scenario nell’organizzazione del sistema sanitario nazionale dei tra pianti in quanto il Trentino assom mava alla propria appartenenza al centro di riferimento interregionale di Milano NITp anche quella al cen tro di Eurotransplant Foundation con sede in Olanda. La convenzione prevedeva infat ti che il cittadino trentino che in tendeva effettuare il trapianto di reni ad Innsbruck, fosse iscritto ad Eurotransplant per tutte le incom benze del caso, tipizzazione com presa salvo che la stessa non fosse stata fatta in precedenza in Italia. La convenzione è stata uno stru mento molto utile per i trentini e
ciò è confermato dal fatto che nel periodo 1987-1995 su 90 trapianti di rene a favore di pazienti trentini, 47 sono stati eseguiti nella clinica universitaria di Innsbruck. Tutto ciò è avvenuto senza che il Trentino conferisse organi al Tiro lo. La convenzione non prevedeva infatti un interscambio di organi poiché su questo punto l’obbligo era soltanto quello di informare la cli nica universitaria di Innsbruck sul la disponibilità di organi. Il grande numero di trapianti fatto ad Innsbruck anche nei confronti di cittadini di altri paesi, compresa l’Italia, e l’entrata dell’Austria nell’Unione europea, ha provocato un irrigidimento in Eurotransplant che ha invitato la clinica di Innsbruck a condizionare il trapianto di orga ni a cittadini di stati non apparte nenti all’organizzazione alla conse gna di organi alla clinica stessa e quindi, in ultima analisi ad Euro transplant. La questione è sorta attorno al 1996 ed ha investito anche il Tren tino che si è visto ingiungere la ri chiesta di organi, pena la sospen sione dei trapianti e quindi della convenzione medesima. A questa pretesa non potevano essere opposte ragioni giuridiche, poiché la convenzione, non trovava riscontro, come già detto, in alcu na disposizione di legge. Aderirvi non era però facile. La consegna di organi ad una struttura sanitaria ubicata fuori del l’Italia, richiedeva infatti, il supe ramento di due ostacoli e cioè quello della esportazione di organi ed il superamento delle condizioni di
Che cosa è e che funzioni ha il NITp In Italia l’organizzazione dei trapianti si basa su di un Centro Nazio nale di Riferimento che ha sede presso l’Istituto Superiore di Sanità, su tre Coordinamenti multiregionali: Nord Italian Transplant program (NITp), Associazione Interregionale Trapianti (AIRT), Organizzazione Centro-Sud Trapianti (OCST) ed un Coordinamento Regionale per la Sicilia. Il NITp è storicamente la prima organizzazione italiana e si basa sulle convenzioni tra diverse regioni. Comprende un’area di 18 milio ni di abitanti in Lombardia, Veneto, Trentino, Friuli-Venezia Giulia, Liguria e Marche. Nella sua area operano: 50 Ospedali di Prelievo; 40 Unità di trapianto (16 di rene, 5 di rene-pancreas, 7 di fegato, 6 di cuore, 2 di cuore-polmoni e 4 di polmoni) localizzate in 15 ospe dali; 1 Centro Interregionale di Riferimento. adesione al NITp. Tali ostacoli sono stati giudicati da molti praticamente insuperabili e tutto consigliava di soprassedere e disattivare, quindi, la convenzione con la clinica austriaca, ma le forti pressioni, soprattutto da parte dell’A.N.E.D. che intratteneva ottimi rapporti con Innsbruck, hanno indotto ad approfondire l’argomento ed andare alla ricerca delle soluzioni possibili. Nella sostanza, il problema da risolvere era quello di soddisfare le richieste di Eurotransplant e nel contempo mantenere buoni rapporti con il NITp, vale a dire, di tenere aperte sia la porta di Innsbruck che quella di Milano. Un problema molto complesso sul piano giuridico poiché il regolamento relativo ai prelievi di parti di cadavere a scopo terapeutico ( D.P.R. n° 409 del 1977) prescriveva l’autorizzazione del Ministro per la saProvincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
nità o per sua delega del sanitario preposto agli uffici di frontiera per l’esportazione degli organi e comun que solo nel caso non trovassero utilizzo in Italia. Lo stesso regolamento e la nor mativa di riferimento data dalla leg ge n° 644 del 1975, poi, organiz zava il sistema dei prelievi e dei trapianti di organo in centri regionali e interregionali di riferimento sen za prevedere che una Regione potesse appartenere a più centri di ri ferimento e di tale condizione il NITp si è sempre fatto forza pur di non vedersi sottrarre la disponibilità di organi prelevati in Trentino (Bolzano che operava con Inn sbruck, anche per quanto riguarda la consegna di organi, è stato esclu so dal NITp e ha dovuto darsi una propria organizzazione eleggendo la clinica universitaria a centro di ri ferimento associandosi all’A.I.R.T. che raggruppa la regioni Piemonte, 75
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Emilia Romagna e Valle d’Aosta). La soluzione a questi problemi, seppur così complessi, è stata data separando i due fronti e cioè quello ministeriale da quello regionale. Sul fronte ministeriale si è fatto leva su una disposizione contenuta nell’Articolo n°17 del precitato D.P.R. 409, secondo la quale, veni vano fatti salvi gli eventuali accor di nazionali in materia relativamente all’esportazione di organi. La convenzione con il Land del Tirolo del 1987 costituiva sì un ac cordo internazionale, ma, non es sendo legittimata da alcuna norma, non poteva essere opposta ai fini di tali disposizioni. Si dovevano costruire basi giuri diche positive alla stregua di quan to già fatto per Bolzano con la ci tata norma di attuazione. Il primo tentativo è stato quello
di provvedere alla stessa stregua, con la modifica delle norme di at tuazione vigenti per il Trentino, ma la strada è apparsa subito troppo lunga e con un esito non del tutto scontato. E’ stata allora intrapresa un’altra via e cioè quella degli accordi di cooperazione trans-frontaliera tra Italia e Austria, ratificati con legge n°76 del 1995. Secondo tali accordi era ed è pos sibile stabilire intese tra il Trentino ed il Tirolo nella materia dell’igiene e della sanità ed era ed è quindi possibile riscrivere la convenzione per i trapianti d’organo prevedendo in essa un’autorizzazione ministe riale preventiva all’esportazione di organi. Tale previsione poteva trovare conferma anche nel fatto che, a ter mine della legge n° 948 del 1984, gli accordi contenuti in questa con venzione potevano essere adottati soltanto sulla base dell’intesa con il Governo e quindi con il Ministro per la sanità. Ad agevolare ulteriormente que sta soluzione, oltre alle intese espresse dal Governo, è intervenuta una nuova legge in materia di pre lievi e di trapianti di organi e di tessuti. Si tratta della legge n° 91 del 1999 che, con l’Articolo 19, ha sostanzialmente recepito gli accor di Trentino-Tirolo in materia di tra pianti. Il 29 marzo 2000 la Provincia Autonoma di Trento ed il Land del Tirolo hanno quindi sottoscritto una nuova convenzione con la quale la clinica universitaria di Innsbruck as sicura l’effettuazione di trapianti di
organi e di tessuti a favore di tren tini in relazione alle proprie poten zialità. Per contro il Trentino è im pegnato a conferire un congruo nu mero di organi e tessuti in rapporto alle donazioni avute ed agli inter venti programmati presso la clinica austriaca, a favore di cittadini tren tini. Sul versante regionale e cioè quello dei rapporti con il NITp, la partita è ancora aperta. Si tratta di una partita che non è però da giocare sul versante giuri dico poiché la nuova legge sui tra pianti contempla, come detto an che le intese tra il Trentino ed il Tirolo e questa previsione non può che concorrere alla creazione del nuovo sistema organizzativo dei prelievi e dei trapianti di organi pre visto al capo III della stessa legge. Se questo tema sarà affrontato
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con le dovute aperture, i responsa bili del NITp avranno la possibilità di considerare la convenzione Tren tino- Tirolo una opportunità per eli minare i diaframmi tra i centri di riferimento regionali ed interregio nali italiani, nonché per armoniz zare l’organizzazione nazionale dei trapianti con quella europea. Al Trentino rimane da risolvere ora un altro grande problema e cioè quello delle donazioni di organi che risultano in sé pressoché irrisorie se confrontate con quelle dell’Alto Adige o della Spagna o comunque se si considerano i bisogni di tra pianti espresso dalla popolazione trentina. Renzo Michelini è stato Dirigente generale del Dipartimento Sanità e Attività sociali della Provincia Autonoma di Trento dal 1992 al 1999.
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Realizzazione di reti gestionali e di registri per l’attività di prelievo e trapianto Roberto Valente , Antonella Graiff , Piero Draghi , Stefano Forti
Le reti gestionali
Un progetto della Regione Liguria e della Provincia Autonoma di Trento finanziato dal Ministero della Sanità
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Nell’ambito dei programmi di speri mentazione gestionale ex art.12, comma 2, lett.b) del D. Lgs. 502/ 92, finanziati dal Ministero della Sanità, la Regione Liguria con la par tecipazione della Provincia Autono ma di Trento ha presentato un pro getto per la realizzazione di reti gestionali e di registri per l’attività di prelievo e trapianto. Tale progetto, avviato nella pri mavera del 2000 e che avrà una du rata di due anni, prevede in primo luogo la realizzazione di un proto tipo di registro e di rete informati va gestionale per il trapianto (tema 5.1.05 PSN) trasferibile al SSN, co mune ai bacini della Liguria e della Provincia Autonoma di Trento, in tegrato con il Centro di Riferimento Interregionale (NITp) e con il Cen tro Nazionale Trapianti (ISS). Pre vede inoltre l’individuazione di stru menti di controllo per la qualità del l’assistenza tramite la valutazione dei potenziali donatori e riceventi di trapianto, la registrazione dei dati relativi al trapianto e al follow up clinico dei pazienti in lista e nel
post trapianto. L’approvazione della Legge 1 apri le 1999 n° 91 “Disposizioni in ma teria di prelievi e di trapianti di or gani e tessuti” ha reso indifferibile la necessità di proporre metodolo gie e strumenti di organizzazione e di coordinamento delle attività di trapianto, sia a livello regionale che interregionale e nazionale. Con particolare riguardo a tale specifica esigenza, il programma proposto dispone la realizzazione del Sistema Informativo del Trapianto (SIT) quale strumento di controllo gestionale, clinico e scientifico per le attività di prelievo e di trapianto di organi e tessuti. In generale, le funzionalità del SIT riguardano la raccolta e la suc cessiva reperibilità della manifesta zione di volontà dei cittadini, il supporto alle interazioni tra gli or ganismi competenti per la gestione della domanda e dell’offerta di or gani, il supporto alla gestione del paziente nel pre- e nel post- tra pianto, il monitoraggio delle atti vità cliniche, scientifiche e logisti che e l’ausilio al governo del setto re attraverso opportuni strumenti di modellizzazione, analisi e previsio ne. L’organizzazione in cui si preve de di realizzare l’articolazione del SIT è composta dal Centro Naziona le Trapianti (CNT) recentemente co stituito, dai Centri Interregionali (CIR) e Regionali (CR) di riferimen to e di coordinamento delle attivi tà di trapianto, dalle AUSL e dalle altre istituzioni di governo locale, dalle strutture di prelievo (SP) e di trapianto (ST) di organi e tessuti e
Figura 1 Panoramica della suddivisione del Sistema Informativo del Trapianto
Insieme dei (sotto)Sistemi Periferici r egionali
(Sot to)Sistema Centrale
Co ntesto re gio na le
CIR
Co ntesto re gio na le tipi co
SP
SP
ST
ST
SC
SC
CR
ORGANI DI GOVE RNO LOCALE
CIR
CIR
dalle strutture cliniche (SC) che gestiscono l’indicazione terapeuti ca al trapianto e che sono deputate ad operare il follow-up dei pazienti trapiantati. Tale organizzazione induce in maniera naturale una suddivisione, sia logica che logistica e operativa, del Sistema Informativo del Trapian to in tre principali sottosistemi in teroperanti. Come mostrato in figura 1, nel SIT si individuano infatti, sostan zialmente: a) un sottosistema centrale costi tuito dal CNT e dagli organi di governo centrale, cui afferisce, almeno per quanto riguarda la specifica di prima implementa zione, un flusso informativo pro veniente essenzialmente dai Cen tri Interregionali (primariamen te costituito dal flusso dati re lativo alla gestione della doman da e dell’offerta di organi) e da gli organi di governo locale (pri mariamente costituito dal flus so dati relativo alla raccolta delle Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
CN T
ORGANI DI GOVERNO CENTRALE
manifestazioni di volontà dei cit tadini relative alla donazione di organi e tessuti); b) l’insieme dei sottosistemi peri ferici, organizzati per contesti regionali ciascuno costituito dal le AUSL e dalle altre istituzioni di governo locale, dalle struttu re di prelievo (SP) e di trapianto (ST) di organi e tessuti e dalle strutture cliniche (SC), coordi nate, ove presente da un Centro Regionale di coordinamento e riferimento (CR); c) i CIR come crocevia cardine del flusso dati (da e per il centro e da e per la periferia) e come tra mite principale di congiungi mento e di interfacciamento tra il sottosistema centrale e quello periferico. In tale contesto, il presente pro getto si propone come proprie fina lità: 1. la realizzazione di un prototipo di sottosistema periferico nell’ambito del SIT a livello di due contesti regionali geografica 79
Le reti gestionali
mente disgiunti (Regione Ligu ria e Provincia Autonoma di Tren to) comprendenti le strutture locali di prelievo, di trapianto e di follow-up, i rispettivi centri di coordinamento e di riferimen to regionale per l’attività di tra pianto e le istituzioni di gover no locale; 2. la realizzazione dell’interfaccia tra il sistema periferico sopra descritto ed il CIR competente per territorio (NITP – Nord Italia Transplant con sede a Milano); 3. la totale integrazione delle so luzioni proposte ed implemen tate, sia dal punto di vista in frastrutturale che delle scelte tecnologiche ed operative, con l’architettura prevista per il Si stema Informativo del Trapianto su base interregionale e nazio nale.
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Gli obiettivi che il progetto in tende perseguire, nell’ottica delle finalità sopra elencate, sono pertan to i seguenti: 1) la realizzazione delle connessioni telematiche tra le strutture di prelievo, i centri di trapianto e le strutture cliniche ed i centri di riferimento e di coordinamen to regionale nell’ambito regiona le Ligure e della Provincia Auto noma di Trento; 2) la realizzazione di un sistema di scambio dati e messaggi concer nenti le attività di trapianto tra le strutture di prelievo, i centri di trapianto e le strutture clini che ed i centri di riferimento e di coordinamento regionale nell’ambito regionale Ligure e della
Provincia Autonoma di Trento, e tra i centri regionali innanzi detti ed il CIR competente per terri torio; 3) la realizzazione di strumenti in formatici di controllo di gestio ne e di qualità dell’assistenza a supporto dell’attività di valuta zione dei potenziali donatori e riceventi di trapianto, ad uso primario dei centri di trapianto e delle strutture cliniche che se guono il paziente nel pre- e nel post-trapianto; 4) l’informatizzazione dei dati cli nico-scientifici relativi al tra pianto, finalizzata alla realizza zione di registri scientifici per l’attività di trapianto; 5) la realizzazione di strumenti in formatici a supporto della gestio ne clinica dei pazienti in lista e del follow up post trapianto.
Dal punto di vista dell’integrazio ne con il Sistema Informativo del Trapianto a livello interregionale e nazionale, al fine specifico di ga rantire la totale interoperabilità tra i sottosistemi, la più completa omo geneità strutturale ed infrastruttu rale delle soluzioni proposte e la sostanziale unitarietà del SIT, ver ranno mandatoriamente adottati, nel corso del progetto, i seguenti criteri di sviluppo: 1. l’adozione e l’implementazione a livello di contesto regionale di un formato di scambio di dati e messaggi identico a quello pro posto per il SIT a livello interre gionale e nazionale (XML); 2. l’adozione a livello di contesto regionale di strutture, di classi di dati e di messaggi con conte nuto tale da permettere in ma niera integrata e consistente l’alimentazione delle basi di dati centrali ed in particolare, in pri ma istanza, del flusso dati tra CIR e CNT; 3. l’adozione a livello di contesto regionale di soluzioni infrastrut turali e di architettura tecnica capaci di consentire la comple ta interoperabilità tra i sottosi stemi operanti in contesti re gionali e/o periferici e sottosi stemi centrali del SIT, sia nel caso di modalità di interazione sincrona che asincrona tra i sot tosistemi stessi; 4. l’adozione dei medesimi criteri di sicurezza informatica previsti per il SIT a livello centrale, sia a livello di sicurezza logica che, ove opportuno, fisica; 5. il coordinamento logistico con Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
il progetto nazionale per la pro grammazione integrata delle fasi di implementazione del SIT. Il progetto fonda la propria ese cuzione sullo sforzo congiunto di numerosi soggetti, sia interni che esterni al bacino di sperimentazio ne costituito dalla Regione Liguria e della Provincia Autonoma di Tren to, sotto il coordinamento del Di partimento di Scienze Chirurgiche, Anestesiologiche e Trapiantologiche dell’Università di Genova e del Cen tro di Riferimento Ligure per l’atti vità di Prelievo e Trapianto entram bi situati presso l’Azienda Ospeda liera San Martino di Genova e Clini che Universitarie Convenzionate. La sperimentazione rappresenta sicuramente il tentativo di definire un modello organizzativo e tecno logico indispensabile al fine di con sentire quelle attività di coordina mento, intra ed extraterritoriali, necessarie a garantire efficacia ed efficienza al sistema di prelievo e trapianto d’organi.
Roberto Valente (Azienda Ospedaliera S.Martino, Dipartimento Trapianti Genova), Antonella Graiff e Stefano Forti (ITC-irst, Centro per la ricerca scientifica e tecnologica - Trento), Piero Draghi (NOOS Helthcare s.r.l. - Genova) 81
Il ruolo delle associazioni Franca Pellini Gabardini
Il ruolo delle associazioni
Promuovere l’attuazione della Legge 91,
sensibilizzare e informare i cittadini,
proporre testimoni credibili,
creare una rete di sostegno per i pazienti
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Fra tutte le forze in gioco, perché l’attività di trapianto in Italia ab bia uno sviluppo tale da riuscire a rispondere alle richieste di salute dei cittadini, le Associazioni di vo lontariato e le Associazioni che riu niscono e rappresentano i pazienti in attesa di trapianto e/o trapian tati sono state e sono una risorsa significativa con un ruolo attivo e propri campi d’intervento. Attività, ruoli ed ambiti che le Associazioni storicamente si sono sempre rita gliate spontaneamente con modali tà, approcci, strumenti, risorse, ini ziative ampliate e rafforzate nel tempo e modificatesi secondo la scelta degli obiettivi strategici che l’evoluzione del panorama sanitario e politico hanno via via portato in primo piano. Nei decenni passati molte delle forze delle Associazioni sono state spese per promuovere la modifica della legislazione fino alla presentazione al Parlamento di una proposta di legge d’iniziativa popo lare da parte di ANED, AIDO ed ACTI, con l’appoggio di oltre 100.000 fir me e ai Governi che si sono succe-
duti, proposte di Decreti sull’infor mazione ai cittadini ed agli opera tori sanitari. È stato certo anche grazie alla pressione delle Associa zioni che le Istituzioni - prima i Go verni Locali, poi il Parlamento e il Governo - hanno trasformato in provvedimenti legislativi le istanze dei cittadini in attesa di trapianto. Nello stesso tempo le Associazioni hanno svolto un’azione costante di promozione del cambiamento dei comportamenti collettivi nei con fronti del trapianto di organi, con una diffusa opera d’informazione, di sollecitazione, di sensibilizzazione, rivolta a tutti gli strati della popo lazione che ha trovato nella sanità, nella scuola, nella Chiesa e nel mon do sindacale, dello sport, della cul tura i suoi primari obiettivi. Tutta l’attività, fin qui spontanea, delle Associazioni trova un ruolo preciso nella Legge 91 del 1999 “Disposi zioni in materia di prelievi e di tra pianti di organi e di tessuti” che mette a fuoco l’importanza strate gica della relazione tra volontaria to, associazioni ed istituzioni sani tarie. La collaborazione delle asso ciazioni di volontariato e di inte resse collettivo è espressamente ri chiamata nell’art. 2 sulla “promo zione dell’informazione” che il Mi nistero della Sanità deve diffondere tra i cittadini, rispetto alla legge, alle disposizioni legislative sull’ac certamento di morte, sulla preven zione, sulle problematiche collega te al trapianto di organi e tessuti. L’articolo 9 che istituisce la Consul ta tecnica permanente per i trapianti prevede nella sua composizione tre esperti delle associazioni nazionali
che operano nel settore dei trapianti e della promozione delle donazioni. L’emanazione, in attuazione del l’art. 5 della Legge 91, del Decreto Ministeriale dell’8 aprile 2000, ha posto le prime basi per il sistema informativo dei Trapianti che, par tendo dalle Aziende Sanitarie Loca li, dovrà creare un’anagrafe delle dichiarazioni di volontà dei citta dini in merito alla donazione dei propri organi dopo la morte. Nello stesso tempo il decreto ha ribadito che, finché il sistema non andrà a regime, la delicata materia della di chiarazione di volontà è regolata dalle norme transitorie enunciate nell’art. 23 della legge 91. Con circolari successive il Mini stero della Sanità ha puntualizzato che tra “i documenti personali” da cui deve risultare la volontà favore vole al prelievo, per non consentire opposizione dei familiari, hanno validità le DONORCARD ed i testa menti olografi. In questo momento è quindi fondamentale che, per non lasciare sulle famiglie il peso, spes so insostenibile, di sofferte decisio ni nel momento più difficile, venga svolta una diffusa opera di cono scenza, informazione e sensibiliz zazione della popolazione da parte delle Associazioni, perché ognuno, in vita, esprima nei modi consenti ti e riconosciuti dalla legge la pro pria volontà positiva. Il ruolo quindi delle associazio ni, oggi, si può e si deve esprimere in quattro fondamentali direttrici: A. PROMOZIONE DELL’ATTUAZIONE DELLA LEGGE 91 nei suoi molte plici aspetti, nei confronti del Go Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
verno Centrale e dei Governi locali. La Legge 91, frutto di una com plessa opera di patteggiamenti e di mediazioni politiche nel corso del le quali l’interesse vero del cittadi no malato ha perso spessore, nel suo dettato non è certo un testo otti male: pone pesanti intralci burocra tici, è contraddittoria, è di comples sa e difficile attuabilità: ne è prova la non osservanza dei termini posti dalla Legge per l’emanazione dei 13 decreti attuativi, di cui finora meno della metà ha visto la luce. Anche il Decreto di istituzione della Consulta ha sofferto del clima politico di “mediazione” per cui al suo interno non sono rappresentati i pazienti in attesa di trapianto, destinatari legittimi delle norme e disposizioni su cui la Consulta si dovrà esprimere. La pressione civile delle associa zioni dei pazienti è quindi fonda mentale perché nella lunga strada dell’attuazione della Legge, si sem plifichino e si alleggeriscano le pro cedure, perché Regioni e Province Autonome si attivino per la loro parte con provvedimenti operativi, perché le Istituzioni sanitarie si adoperino nel loro ambito per svi luppare l’attività di prelievo e tra pianto, perché i diritti dei cittadini in attesa di trapianto siano tutela ti. L’emanazione e la distribuzione della Carta dei Servizi da parte del Centro Nazionale e dei Centri Tra pianti è un altro degli obiettivi come operazione fondamentale per una libera scelta informata del pazien te: un patto tra Istituzioni e citta dini che dovrà essere osservato. 83
Il ruolo delle associazioni
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B. SENSIBILIZZAZIONE E INFOR MAZIONE AI CITTADINI, operando per la diffusione di una maggiore conoscenza delle risorse sanitarie, la riduzione di un diffuso atteggia mento di distanza e di sfiducia nei confronti delle istituzioni sanitarie, la promozione di comportamenti at tivi, ad iniziare dalla espressione di volontà positiva nei confronti di un prelievo dei propri organi dopo la morte. Perché prima ancora dell’emana zione della Legge, le Associazioni Nazionali più rappresentative nel settore - ANED (dializzati e trapian tati renali), ACTI (cardiotrapianta ti), ANTF (trapiantati di fegato) AIDO ( per la donazione d’organo) e ASSIRT - Marta Russo, insieme con la Rete Italiana delle Città Sane, riu nite in Comitato Promotore - han no istituito ed organizzato, sotto l’Alto Patronato del Presidente del la Repubblica, la “Giornata Nazio nale della Donazione e Trapianto di organi”. La Giornata, dalla prima edizione svoltasi nel maggio 1998, è divenuta appuntamento annuale, occasione per far puntare i rifletto ri dei media su tutto il mondo del trapianto, opportunità in cui si è espressa tutta l’originalità ed il po tenziale innnovativo delle associa zioni per coinvolgere la popolazio ne dando vita in centinaia di città e paesi a manifestazioni, incontri, convegni, punti informativi, eventi sportivi, musicali, artistici, cultu rali, religiosi, scientifici. Già dalla seconda edizione la Giornata Nazio nale è stata organizzata e gestita in accordo e collaborazione stretta con tutti gli Assessorati Regionali
e Provinciali alla Sanità, con un coordinamento nazionale - affidato dalla Conferenza Nazionale degli Assessori alla Sanità all’ANED - che ha coinvolto attivamente le forze politiche, amministrative, sanitarie, la Chiesa Cattolica, le realtà del volontariato, il mondo della cultura e dello sport, i giornalisti della car ta stampata, delle radio e delle te levisioni nazionali e locali. Dall’evento “Giornata” è nata una rete di referenti regionali, nominati dai rispettivi Assessori, che fa sì che continui nel tempo una collabora zione fattiva con le Associazioni ed un’attenzione costante allo svilup po dell’attività, un’azione perma nente di informazione della popo lazione, di sollecitazione e forma zione degli operatori con l’apporto di chi, come i pazienti e le Associa zioni, lavora concretamente sul cam po ed è il sensore diretto dei muta bili atteggiamenti dell’opinione pubblica. La IV Giornata Nazionale è stata indetta dal Ministro della Sanità, sentite le Associazioni, per domenica 25 marzo 2001. C. PROPORRE TESTIMONI CREDIBI LI. Le Associazioni hanno una ri sorsa assolutamente unica da met tere in campo, per un’informazione diffusa e cosciente, per parlare di rettamente al cuore ed all’intelligen za della gente: i pazienti in attesa di trapianto e trapiantati; le fami glie che hanno donato gli organi di un loro caro. Il dibattito acceso nel Paese an che in occasione dell’entrata in vi gore della nuova Legge sui trapian ti ha acuito l’interesse scandalisti
co della stampa; in maniera ciclica appaiono in televisione e sui gior nali notizie di risvegli insperati da comi più o meno profondi o di leg gende metropolitane su ignobili commerci d’organo - sempre ventilati e mai provati - che creano scon certo. È quindi importante lanciare messaggi positivi all’opinione pub blica che, nel diffuso clima di sfi ducia verso le istituzioni sanitarie creato dai media, sono meglio re cepiti se non vengono dagli “ad detti ai lavori”, ma da gente comu ne che ha vissuto direttamente un’esperienza. Un padre, una ma dre, una moglie, un fratello che, su perando il dolore della tragedia del la perdita del proprio caro, hanno acconsentito, e alcune volte richie sto, la donazione degli organi tra smettono emozioni, sentimenti, esperienze immediatamente accogli bili. Le loro parole, spesso sempli ci, sgombrano il campo da dubbi, paure, pregiudizi più e meglio di tante dotte conferenze. Il confron to con loro apre un dialogo denso di significati, mette in luce anche il valore consolatorio del grande ge sto di solidarietà. I pazienti che vivono una vita difficile e mutilata in attesa di tra pianto, spesso da lunghi anni, ed i trapiantati che - salvati da malattie altrimenti incurabili - possono vi vere di nuovo un’esistenza piena, familiare e lavorativa, sono una pre ziosa risorsa di testimonianza cre dibile. La loro presenza, le loro pa role riescono a far spostare l’atten zione sui problemi veri, sui bisogni della gente, sulle rinunce, le ango sce, le speranze di chi attende; sul Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
la gioia della riconquista della vita e della salute, dell’assaporare i pic coli e grandi piaceri di ogni giorno, liberi dalla schiavitù di una mac china o dai legami di un respiro che non viene, la possibilità di proget tare un figlio, una vacanza, un la voro. Per parlare alla gente bisogna anche creare occasioni di aggrega zione e gli avvenimenti sportivi sono sempre un bel richiamo specialmen te per i giovani. D. INTERVENTO DI RETE DI SOSTE GNO. L’ultimo, ma primario ed inso stituibile, ruolo delle Associazioni è quello al fianco dei pazienti, per creare una vera rete di sostegno che li aiuti, li tuteli, li indirizzi, li af fianchi in un’opera attenta e conti nua, dall’evidenziarsi della malattia alla conquista del trapianto, dalla prevenzione alla riabilitazione, con una promozione dei loro diritti fon damentali. Le Associazioni sono un punto di riferimento preciso a cui ogni cittadino può rivolgersi per conoscere ed informarsi, per essere indirizzato alle strutture sanitarie più adeguate alla specifica condi zione patologica, per segnalare ca renze o inefficienze, per sapere quali sono i percorsi da seguire. Auspi cando una società in cui tutti, ognu no con il proprio compito e ruolo, Istituzioni e Associazioni, mettano al centro il cittadino malato, lavo rando perché a tutti coloro che po trebbero averla dalla scienza, ven ga, con un trapianto, data “una vita in più”. Franca Pellini Gabardini è presidente dell’ANED 85
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Associazione Italiana Donatori Organi (AIDO)
L’AIDO è una libera associazione: apoli tica, aconfessionale, senza fini di lucro, co stituita fra donatori volontari di organi, che liberamente vi aderiscono, depositando pres so le rispettive sedi provinciali o, ove non esistessero, presso la Sede centrale, il pro prio atto olografo di donazione, post mor tem. L’associazione fornisce all’iscritto una tessera indicante la sua appartenenza al sodalizio e le sue volontà; provvede alla schedatura e conserva in luogo sicuro il suo testamento olografo. In caso di decesso del donatore, provve de a quanto di competenza, affinché le vo lontà dello stesso vengano rispettate e si provveda al prelievo di quegli organi che la legge consente, nel rispetto della salma, al fine di consentire i trapianti terapeutici. Esplica la sua attività secondo le norme dello Statuto e del regolamento, seguendo gli indirizzi dettati dall’Assemblea naziona le, a mezzo del Consiglio Nazionale, dei Co mitati regionali, delle Sezioni provinciali o comprensoriali ed estere, dei Gruppi comu nali, coadiuvata nell’attività di propaganda scientifica dai Consigli scientifici. I mezzi finanziari vengono reperiti attra verso: i contributi delle Sezioni provinciali, cui fanno capo i Gruppi comunali; libere sovvenzioni di enti, sodalizi e istituti; do nazioni, oblazioni, lasciti e proventi da manifestazioni varie. L’associazione si impegna nelle attività promozionali di diffusione del principio della 86
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donazione di organi, confidando nell’opera che il singolo socio svolge nell’ambito della famiglia, del luogo di lavoro, della comuni tà in cui vive; il tutto improntato alla leal tà e probità. Ogni sezione provinciale di spone di un numero telefonico funzionante 24 ore su 24, per la ricezione delle notizie sul decesso di associati e per i successivi contatti con i responsabili tecnici del pre lievo. Una delle attività peculiari è di infor mare l’opinione pubblica sulla possibilità di prevenire malattie che porterebbero alla ne cessità di un trapianto. Finalità L’AIDO è sorta per: - promuovere il rafforzamento della soli darietà umana; - determinare nei cittadini la coscienza dell’utilità della donazione degli organi del proprio corpo, a favore di chi neces siti di trapianto terapeutico; - formalizzare le attività di donazione; - coltivare i rapporti con gli Enti scienti fici competenti a effettuare il trapianto, con la magistratura per quanto di com petenza della stessa, e con gli organi della sanità pubblica. Per raggiungere tali fini l’AIDO, che svol ge un primario servizio sociale, si propone di: - contribuire a una maggiore informazio ne sulla condizione umana di chi atten
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de dalla donazione di organi la possibi lità di sopravvivere e di essere reinte grato nella comunità operosa; - agevolare la donazione di organi desti nati al trapianto terapeutico, cooperan do a quanto necessario alla destinazio ne e ricezione degli organi donati; - sensibilizzare l’opinione pubblica ai pro blemi etico-deontologici connessi al tra pianto di organi umani nel rispetto del le leggi vigenti; - stimolare gli Enti preposti alla preven
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zione e alla educazione sanitaria. L’AIDO è quindi interessata ai problemi ri guardanti ogni tipo di trapianto conosciuto e autorizzato dalle leggi. Cenni storici L’associazione nasce nel 1971 a Bergamo; attualmente gli iscritti all’A.I.D.O. per la pro vincia di Trento sono oltre 19.000. La sede sociale si trova a Trento – Via Si ghele, 7 – Tel. e fax 0461 916 026 (Scheda a cura dell’AIDO)
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Associazione Donatori Midollo Osseo (ADMO)
ADMO Associazione Donatori Midollo Osseo, è nata in Italia nel 1989, conta attualmen te 300.000 soci donatori tipizzati e iscritti nel Registro Italiano Donatori Midollo Os seo con sede a Genova presso l’Ospedale Galliera. Di che cosa di occupa ADMO in Italia Alcune malattie del sangue, fra cui gravi for me di leucemia e diverse forme di grave ane mia, possono trovare possibilità di guari gione nel trapianto di midollo osseo. Si può stimare che nella sola Italia circa 1.000 persone ogni anno, di cui quasi la metà bam bini, potrebbero trovare beneficio da que sto tipo di intervento, al quale in molti casi non vi è alternativa per vivere. Purtroppo anche a causa del tipo di vita moderna, è sempre più difficile trovare un donatore com patibile in ambito familiare (fratello o so rella) dato che il numero dei figli in fami glia si riduce sempre di più. Da qui la forte necessità di ricercare persone disponibili ad offrirsi come donatori di midollo osseo. Cosi ADMO per soddisfare questa forte esigenza di ricerca di donatori disponibili, opera ca pillarmente su tutto il territorio nazionale svolgendo principalmente opera di informa zione e sensibilizzazione presso la popola zione. Molti non conoscono la donazione del midollo come cura, e così attraverso mo menti informativi organizzati presso scuo le, teatri e comunque in qualsiasi luogo e momento idoneo a soddisfare il bisogno di 88
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notizie, fugare dubbi e rispondere a doman de legate al problema donazione, cerchia mo di far conoscere la possibilità di poter ridare la speranza alla vita con un trapianto di midollo osseo, a tutte quelle persone che altrimenti non potrebbero continuare a spe rare e combattere per una guarigione. Alcuni dati possono far capire l’impor tanza del trapianto di midollo osseo: i donatori Mondiali 6.157.000 i donatori Italiani 300.000 i Registri Donatori nel mondo 44 le Nazioni che partecipano 34 i Donatori Italiani giunti al T.M.O 571 i Pazienti Italiani giunti al T.M.O 695 Queste alcune cifre fanno riflettere su quante persone hanno bisogno di ricevere un trapianto per sperare in una guarigione. Chi può candidarsi come donatore di midollo osseo Qualunque individuo di età compresa tra i 18 anni (per motivi legali) ed i 35 anni (per motivi sanitari) può essere un donatore di midollo osseo, purché ovviamente, non sia affetto da malattie del sangue o da altre gravi forme infettive. Per diventare donato ri di midollo osseo è sufficiente sottoporsi al prelievo di un campione di sangue (come per una normale analisi) e firmare l’adesio ne al Registro Italiano Donatori Midollo Osseo.
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Ricordiamo che il midollo osseo non è il midollo spinale, il midollo osseo si trova nelle ossa iliache del bacino e in alcune altre ossa del nostro corpo. I risultati del l’analisi vengono poi inseriti in un archivio elettronico gestito a livello regionale e na zionale. Il donatore di midollo osseo è uno dei pochi donatori che una volta chiamato a rispondere della propria disponibilità, ha la consapevolezza di poter contribuire al tentativo di salvare la vita di un individuo ben preciso, spesso di un bambino. In Trentino ADMO conta 3.000 soci iscritti tipizzati. Presso la Banca del sangue, in Via Malta 8 a Trento - tel. 0461/904274, ven
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gono effettuati tutti i prelievi necessari alla tipizzazione; personale molto qualificato è sempre presente e disponibile per qualsiasi tipo di informazione. Inoltre nei principali ospedali del Trentino, sono organizzati dei punti di prelievo nei quali il donatore si può comodamente recare, evitando di dover ve nire a Trento. L’associazione ha la propria sede provinciale in Via Sighele 7 - Trento tel. 0461/916026. Segnaliamo il sito Inter net della Federazione Italiana da poter visi tare per qualsiasi informazione o curiosità: www.admo.it E-mail:admo@iol it. (Scheda a cura dell’ADMO)
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Associazione Italiana contro le Leucemie (AIL)
L’AIL–Trentino Onlus si è costituita come Sezione provinciale dell’Associazione Italiana contro le Leucemie il 1° dicembre 1997, con atto costitutivo pubblico n. 5313, reperto rio n. 20995. L’associazione ha sede a Tren to, in via Calepina 75, telefono 0461 985098. Iscritta all’Albo delle Organizzazioni di Volontariato della Provincia Autonoma di Trento con decreto n. 99/88 dell’Assessore alla Sanità e Attività Sociali, l’AIL–Trentino persegue la seguente finalità: sostenere la ricerca, le cure, l’informazione, l’orientamen to logistico e, nel caso, l’autonomia finan ziaria dei malati trentini di leucemia, di lin foma e di altre gravi emopatie maligne. Proprio per gli obiettivi perseguiti, l’As sociazione è particolarmente attenta al tema della donazione del “sangue”, del “midollo osseo” e del “sangue placentare”, operando una sistematica attività di sensibilizzazio ne alla donazione mediante incontri semi nariali e la diffusione di opuscoli e “Noti ziari” sul territorio. Insieme all’Admo ed all’Azienda Provin ciale per i Servizi Sanitari, l’AIL–Trentino ha sostenuto l’avvio della donazione del Sangue placentare in Trentino, finanziando anche direttamente la relativa campagna di pubblicizzazione e l’acquisto di appositi contenitori di trasporto. Recentemente sono stati pure finanziati un corso di aggiorna mento di raccolta del Sangue placentare per ostetriche e l’attività di tipizzazione delle 90
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sacche di sangue prima della conservazio ne. Nei confronti di diversi malati in attesa di trapianto allogenico da donatore extra familiare, l’Associazione è intervenuta anti cipando gli esborsi economici necessari per il reperimento del Midollo osseo, compresa la quota che, nel caso di donatore stranie ro, non viene riconosciuta dal sistema sani tario nazionale. (Scheda a cura dell’AIL)
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Associazione Nazionale Emodializzati (ANED) Medaglia d’oro alla Sanità Pubblica
L’ANED, Associazione Nazionale Emodializ zati Onlus, riunisce e rappresenta i cittadi ni affetti da insufficienza renale (nefropati ci e dializzati) ed i cittadini in attesa e portatori di trapianto d’organo. Da oltre 28 anni si batte per tutelare e promuovere i loro diritti civili, migliorare le loro condi zioni di vita e diffondere la cultura del tra pianto e della solidarietà. Per raggiungere i suoi obiettivi l’Aned attua un costante rapporto con le Istituzio ni e gli operatori per ricercare, proporre e favorire la soluzione dei problemi sanitari e sociali inerenti le nefropatie ed i trapianti e in questi anni ha ottenuto provvedimenti legislativi e amministrativi, impegni di ri sorse ed interventi mirati. L’Associazione offre costantemente un servizio di segreteria sociale sulle comples se problematiche, sia nel campo sanitario sia sul versante sociale, e un supporto con creto anche per il disbrigo di pratiche am ministrative; ma sicuramente l’aspetto più specifico è il contatto continuo con i pa zienti. I componenti il Comitato provinciale co stituiscono un punto di riferimento per chiunque debba affrontare la malattia rena le, per ogni persona in attesa di trapianto e trapiantata, per ricevere informazioni, con sigli, appoggi, per un confronto prezioso su tutti i problemi, da quelli logistici a quelli comportamentali, che nascono da una “vita legata alla macchina” o dalla situazione Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
stressante dell’attesa o dalla “nuova vita” del trapiantato, ma anche per l’aiuto che sorge da l’intessersi di rapporti amichevoli tra persone che condividono le stesse espe rienze. Nell’ambito della multiforme attività del l’ANED particolare importanza riveste l’azio ne di informazione puntuale e di sensibiliz zazione diffusa sul tema del trapianto di organi, attraverso la campagna multimediale rivolta alla popolazione (vincitrice del con corso del Ministero della Sanità) e tramite l’organizzazione di incontri, di eventi cul turali, musicali e sportivi nonché di mani festazioni in occasione delle Giornate na zionali “Donazione e trapianto di organi” (quali coordinatori nazionali del Comitato Promotore) in cui le persone stesse che at tendono un trapianto o che grazie al tra pianto hanno riconquistato vita e salute si fanno protagonisti e testimoni. La sede del Comitato provinciale dell’ANED è in Viale dei Tigli, 17 – Trento, tel e fax 0461/916404 e-mail:
[email protected]. La sede è aperta al pubblico tutti i giovedì mattina, o su appuntamento. (Scheda a cura dell’ANED)
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Il trapianto di rene da donatore vivente Luisa Berardinelli, Claudio Beretta, Antonio Pasciucco
L’esperienza dell’Ospedale Maggiore Policlinico, IRCCS, di Milano
Il trapianto di rene
Il primo trapianto di rene fra sog getti viventi fu effettuato fra due gemelli identici a Boston nel dicem bre 1954. Successivamente, la do nazione da vivente rappresentò un momento cruciale per lo sviluppo dei trapianti in un’epoca ancora pionie ristica, quando ancora poco si sa peva della compatibilità tissutale, della conservazione degli organi e
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della terapia immunodepressiva. Se il donatore cadavere rimane la fon te principale per la maggior parte degli organi trapiantabili e l’unica possibile per il trapianto cardiaco, il donatore vivente costituisce una valida fonte alternativa per i reni, raggiungendo negli Stati Uniti il 25% dell’intera casistica. Anche nella nostra esperienza milanese, come in quella mondiale, i risultati sempre migliori e la nota difficoltà di reperire un adeguato numero di donatori cadavere idonei hanno comportato negli anni recenti una politica di incremento delle dona zioni da vivente. Nel trapianto da vivente è fonda mentale la spontaneità e la gratui tà della donazione, da accertare con perizie psichiatriche e giuridiche, al fine di evitare i rischi e i sospetti di una commercializzazione degli organi. Per tale motivo, al Policli nico di Milano, a differenza di altri
centri, preferiamo effettuare il tra pianto da vivente solo fra consan guinei o fra estranei legati da im portanti vincoli affettivi, come, ad esempio, fra marito e moglie. La selezione del donatore vivente prevede una serie di esami clinici, strumentali e di laboratorio, atti a verificarne l’idoneità psicofisica alla donazione, da portare a termine con una sequenza temporale ben preci sa, in tre tappe, effettuando nell’ultima tappa gli esami più invasi vi, come l’arteriografia renale (vedi Tab. 1) Il riscontro di gruppi sanguigni incompatibili o la positività della reazione di cross-match fra donato re e ricevente escludono la possi bilità del trapianto negli esami di secondo livello. Particolare attenzione va posta nella individuazione nel potenziale donatore di patologie - che potreb bero compromettere l’esito del tra pianto o porre a rischio la vita del donatore o del ricevente - quali ma lattie cardiovascolari, ipertensione attuale o pregressa, neoplasie, ma lattie sistemiche, diabete, ed even tuali nefropatie familiari e/o eredi tarie, come i reni policistici o la nefronoftisi. Il riscontro, invece, all’arteriogra fia di vasi renali multipli o di dop pio uretere non costituisce per il nostro centro un deterrente al tra pianto, anche se altri fattori devo no essere valutati in associazione all’anomalia anatomica. L’età avanzata del donatore, an che fino ai 70 anni, non rappresen ta invece nell’esperienza personale una controindicazione assoluta al Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
trapianto da vivente, non essendo spesso l’età anagrafica correlata con l’età biologica. Secondo la legge italiana la pro cedura prevede che, una volta ac certata l’idoneità alla donazione, i medici curanti (il nefrologo, il chi rurgo e l’immunologo tipizzatore) redigano un verbale di idoneità per l’ASL. Come ultimo atto, è previsto che il donatore attesti la gratuità e spontaneità del suo gesto davanti al giudice. Il maggiore stress psicologico a cui viene sottoposta l’intera fami glia del donatore, la necessità di sottoporre il probando donatore ad esami invasivi, indispensabili per verificarne l’idoneità, i rischi ope ratori, seppur minimi, connessi con l’intervento chirurgico di prelievo dell’organo rappresentano i princi pali svantaggi del trapianto da vi vente rispetto a quello da cadavere. La possibilità di rivelare, attra verso gli esami per l’idoneità, pato logie altrimenti silenti nel donato re, di poter programmare l’interven to, che nel caso può essere effet tuato addirittura prima che il rice vente venga sottoposto alla dialisi, la riduzione dei tempi di ischemia con migliore ripresa funzionale, la riduzione del rischio di rigetto, la migliore sopravvivenza del pazien te e dell’organo a breve, ma soprat tutto a lungo termine e, non ulti ma, la gratificazione emotiva del donatore costituiscono i maggiori vantaggi del trapianto da vivente. Fra il 22 maggio 1969 e il 31 ot tobre 2000 presso il Centro Trapian ti dell’Ospedale Maggiore Policlini co di Milano sono stati eseguiti 93
2231 trapianti; di questi, 267 erano stati effettuati con rene proveniente da donatore vivente. L’incidenza del trapianto da vivente è salita dal 7.5% nel primo periodo della nostra attività (1969-1983) al 22.3% dell’ultimo periodo (19912000). La grande maggioranza dei trapianti fra viventi (91.5%) è sta-
ta praticata nella nostra esperienza fra parenti stretti e solo l’8.4% fra estranei, che erano legati da vinco li affettivi, come fra marito e mo glie (86%), padre adottivo, zia o cugino. Si noti che oltre il 70% dei donatori viventi è stato di sesso fem minile, che appare ancora una volta più generoso, rispetto al sesso ma-
ESAMI PER L’IDONEITÀ PSICOFISICA ALLA DONAZIONE DI RENE DA VIVENTE
Il trapianto di rene
Accertamenti di primo livello: anamnesi accurata, gruppo sanguigno (compatibilità con il rice vente), emocromo con formula, glicemia, azotemia, creatininemia, esame urine
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Esami di secondo livello: VES, creatinina clearance (ripetuta almeno due volte), elettroliti plasmatici, esame urine completo con dosaggio proteinuria 24/h ed elettroliti, urinocoltura con antibiogramma, C3/C4, IgG/A/M, elet troforesi plasmatica, ANA, anti-DNA, Waaler-Rose, RA test, criocri to, bilirubinemia, fosfatasi alcalina, AST, ALT, gammaGT, PCHE, ami lasemia, colesterolo totale e HDL, trigliceridi, T3, T4, TSH, sierodia gnosi per lue, tifo, paratifo e brucella, anticorpi antivirus (CMV, HSV, VZV), markers epatite (A, B, C), HIV, markers tumorali (CEA, alfa-fetoproteina, Ca 19-9, Ca 125, PSA se maschio, betaHCG se femmina), screening coagulatorio, ECG e visita cardiologica, ecocardiogramma (dopo i 45 anni), RX torace, ecografia renale mirata, ecografia addomino-pelvica, ecocolorDoppler TSA (dopo i 45 anni), scintigrafia renale sequenziale, visita ginecologica, Pap test, mam mografia (dopo i 40 anni). Il passaggio al livello successivo di accertamenti deve essere prece duto da visita nefro-chirurgica di idoneità e da tipizzazione tissuta le e cross-match tra donatore e ricevente. Esami di terzo livello: Visita psichiatrica (per il candidato donatore e per il ricevente), esami di routine per i mezzi di contrasto, test di gravidanza (nelle donne fertili), angiografia aorto-renale selettiva con posa flebogra fica e urografica.
Tabella 1
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schile. L’età dei donatori viventi è au mentata significativamente negli ultimi diciassette anni in propor zione anche all’invecchiamento della popolazione generale: oltre la metà dei trapianti da vivente viene oggi effettuata con reni provenienti da donatori in età superiore ai 50 anni. Nella nostra esperienza, fino a quattro anni i risultati del trapian to da vivente sono in pratica so vrapponibili a quelli da cadavere, tanto nella terapia convenzionale, quanto nella terapia con Ciclospo rina; infatti, solo a partire dal quarto anno si evidenziano risultati migliori nel trapianto da vivente rispetto a quello da cadavere. La terapia con Ciclosporina, ini ziata nel nostro centro nel 1983, ha consentito di migliorare significa tivamente, fino al 23%, i risultati rispetto alla terapia convenzionale, precedentemente usata, a base di cortisone ed Azatioprina. La presenza di anomalie vascolari e/o di ricostruzioni al banco non inficiano assolutamente i risultati del trapianto; nella nostra esperienza oltre il 90 % dei pazienti, che ave vano ottenuto un organo anomalo da vivente, lo mantengono funzio nante a distanza di 4 anni, rispetto all’87% dei reni normali. Tra l’altro, proprio la scoperta accidentale al tavolo operatorio di vasi anomali nel donatore vivente, non rilevabili al l’arteriografia e la necessità di rivascolarizzare ogni territorio del rene da trapiantare, ci ha insegnato la possibilità di recupero anche dei reni prelevati da cadavere con vasi multipli o inavvertitamente danneg
giati durante il prelievo. Per quanto riguarda l’età, appare paradossalmente addirittura migliore la sopravvivenza dell’organo prove niente da donatore ultrasessanten ne, dove i criteri di selezione sono però assai più restrittivi. Per concludere, nella nostra esperienza i risultati dei trapianti da vivente, che sono nella grande maggioranza HLA semi-identici, ap paiono particolarmente soddisfacen ti negli ultimi 17 anni, cioè dall’in troduzione della Ciclosporina nei protocolli terapeutici, riaffermando ne l’indiscussa superiore valenza, dovuta alla migliore qualità dell’or gano e alla più accurata selezione del donatore. Luisa Berardinelli, Claudio Beretta e Antonio Pasciucco sono rispettivamente responsabile e collaboratori della Divisione di Chirurgia Vascolare e dei Trapianti dell’Ospedale Maggiore di Milano (I.R.C.C.S.) di Milano 95
Il trapianto cardiaco: un traguardo della chirurgia moderna Luigi Martinelli
Da attività sporadica e sperimentale a procedura universalmente accettata. La storia e gli sviluppi futuri
Il trapianto cardiaco
Negli ultimi due decenni il trapian to cardiaco si è evoluto da attività sporadica e sperimentale fino a di ventare una procedura universal mente accettata per il trattamento dello scompenso cardiaco refratta rio ad altre forme di terapia medica o chirurgica. Il successo clinico del trapianto cardiaco è dovuto a nu-
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merosi fattori: progresso della tec nica chirurgica, preservazione d’or gano, immunosoppressione e miglio ramento delle possibilità diagnosti che e terapeutiche delle infezioni. La dimostrata efficacia del trapian to ha fatto sì che il numero degli interventi subisse un continuo in cremento e nello stesso tempo ha stimolato molti Centri ad intrapren dere questo programma. In realtà la scarsità di donatori si è subito rivelata il principale fattore limitante, obbligando il cli nico ad una attenta valutazione delle indicazioni, in modo da evita re un uso improprio di queste risor se limitate. Con il procedere del l’esperienza si è comunque riusciti ad ottimizzare l’utilizzo degli scar si organi disponibili, aumentando i limiti di età per i donatori, accet tando cuori dalla funzione non ot timale ma sufficiente per garantire una buona qualità di vita e met tendo a punto metodiche di preser vazione tali da garantire prelievi a lunga distanza dalla sede di trapian to. Nonostante questo, la chiave di volta per il successo di un program ma di questa portata è rappresen tata dalla sensibilità della popola zione verso il problema della dona zione, in modo che tutti gli organi potenzialmente validi vengano uti lizzati. Storia del trapianto cardiaco Prima di giungere alla fase di appli cazione clinica, il trapianto cardia co ha attraversato un periodo di circa 60 anni in cui sono state ef fettuate delle sporadiche sperimen tazioni cliniche. Nel 1905 Carrel e
Guthrie dell’Università di Chicago hanno eseguito il primo trapianto cardiaco sperimentale, collegando le arterie e le vene del collo di un cane al cuore di un altro animale. Solo negli anni ’50, con l’avvento delle metodiche di circolazione extracor porea, la tecnica del trapianto car diaco si è definitivamente avviata verso una fase di concretizzazione. Nella decade successiva la sperimen tazione si è rivolta verso la soluzio ne di problemi quali la preservazio ne d’organo, la semplificazione delle metodiche chirurgiche, l’identifica zione e il trattamento del rigetto. In una serie di lavori, il gruppo di Stanford, diretto da Norman Shu mway, ha integrato l’esperienza esi stente, formando la base per l’ap plicazione clinica del trapianto car diaco. Il 3 dicembre del 1967, al ritorno da un soggiorno a Stanford, Christian Barnard, presso l’ospeda le Groote Schuur di Città del Capo, ha effettuato il primo trapianto car diaco nell’Uomo. L’anno successivo furono effettuati 102 trapianti in 17 nazioni, ma con risultati talmente deludenti che solo 3-4 Centri nel mondo proseguirono questa attivi tà con una certa costanza. Dobbiamo all’impegno di Shu mway e del suo gruppo a Stanford se nel corso degli anni ’70 numero si problemi relativi al trapianto ven nero risolti, tanto che la sopravvi venza ad un anno dal trapianto è passata dal 22% nel 1968 al 75% nel 1978. La svolta avvenne nel 1980 con l’introduzione in terapia immunosoppressiva della Ciclospo rina A. Questo farmaco ha consen tito di attenuare la reazione di ri Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
getto senza comportare gravi con seguenze sull’organismo e pertanto ha portato la sopravvivenza a di stanza dei pazienti a livelli molto elevati. Da allora il trapianto cardi aco è stato introdotto in quasi tut ti i paesi occidentali come metodi ca clinica consolidata. Il Trapianto Cardiaco alle soglie del terzo millennio: dati del Registro Internazionale La Società Internazionale per il tra pianto di cuore e polmone racco glie i dati provenienti da 213 Centri localizzati in tutti i Continenti. Il resoconto del 2000, riferito al 1999 riporta un totale di 55.359 trapian ti di cuore. I dati vengono analiz zati in modo da fornire alla comu nità scientifica informazioni sulle caratteristiche dei pazienti e sui ri sultati a breve e lungo termine del trapianto. Il numero di trapianti ha raggiun to il suo massimo nel 1995 con 4466 casi riportati, mentre da allora si è assistito ad una sostanziale stabi lizzazione legata al raggiungimen to di livelli di utilizzo di organi non significativamente espandibili. L’età media dei donatori è passata da 23 anni nel 1983 a 31 nel 1999, indice di uno sforzo generalizzato per am pliare al massimo i criteri di idonei tà. La fascia di età più frequente dei pazienti sottoposti al trapianto è compresa tra i 35 e i 65 anni. Le indicazioni sono rappresentate nel la stragrande maggioranza dalla car diomiopatia dilatativa primitiva e dalla cardiopatia ischemica. La sopravvivenza dopo trapianto cardiaco è oltremodo incoraggian 97
Il trapianto cardiaco
te. Se teniamo conto dei pazienti trapiantati tra il 1996 e il 1999 la sopravvivenza ad un anno è vicina al 90%. La mortalità dopo il primo anno è costante (circa il 4%) e a distanza di 12,5 anni dal trapianto la sopravvivenza è ancora del 50%.
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Il trapianto cardiaco in Italia e nell’area NITp Il programma di trapianto cardiaco in Italia è iniziato nel Novembre 1985, in 8 Centri, di cui 5 localiz zati nell’area gestionale del NITp di cui fa parte anche la provincia di Trento. Attualmente i Centri Trapian to di Cuore NITp sono 6, di cui 3 in Lombardia, 2 nel Veneto e 1 in FriuliVenezia Giulia. Al 31 Dicembre 1999 erano in lista d’attesa per il cuore presso il NITp 423 pazienti, il 43% dei quali proveniva da aree non NITp. Solo 4 di questi erano resi denti nella Provincia di Trento. Ogni anno vengono trapiantati circa la metà dei pazienti inseriti in lista e questo comporta ancora una con siderevole mortalità in attesa. I ri sultati dopo trapianto, confrontati con quelli riportati dal registro so pracitato, sono ottimi, con una so pravvivenza ad un anno di poco superiore al 90%. I dati relativi ai risultati a lungo termine evidenzia no che la sopravvivenza dei pazien ti a 10 anni dal trapianto è pari al 65%. Il donatore cardiaco I criteri per stabilire l’idoneità del donatore cardiaco sono in continua evoluzione, nell’intento di estendere il più possibile il pool degli organi disponibili. Le regole stabilite ne-
Tabella 1
CRITERI CLASSICI DI ACCETTAZIONE DEL DONATORE DI CUORE Età < 35 anni (uomini) < 45 anni (donne) ECG normale Assenza di: - Storia di cardiopatia - Prolungata ipotensione o manovra rianimatoria - Infezioni - Importante terapia inotropa (dopamina > 12 mg/kg/min)
gli anni ’80 dai principali Centri tra pianto (Stanford, Columbia Univer sity, Hopital la Pitiè) che sono sta te ritenute a lungo il gold standard da parte della maggioranza dei cen tri trapianto, sono adesso conside rate eccessivamente restrittive (Tab. 1). Molti autori hanno riportato buo ni risultati utilizzando donatori marginali, portando così alla formu lazione di nuovi protocolli. Attual mente in Italia vengono accettati donatori secondo le caratteristiche riportate in Tab. 2. In accordo con questi criteri, la maggiore determi nante di accettabilità è rappresen tata dalla funzionalità cardiaca, in dipendentemente da età, causa di morte, tempo di permanenza in te rapia intensiva e altre condizioni prima considerate controindicazio
ni assolute. Come risultato abbia mo lo stesso numero di donatori anche se l’incidenza della morte cerebrale legata a lesioni traumati che si è ridotta grazie ad una effi ciente prevenzione. Tuttavia la qua lità degli organi disponibili è più scadente. Attualmente il donatore tipo è più vecchio, è rimasto più a lungo in terapia intensiva ed è morto a causa di un accidente vascolare cerebrale. Con queste premesse il processo valutativo deve essere ac curato. Sfortunatamente non vi è alternativa all’esecuzione di una coronarografia per una affidabile valutazione dell’albero coronarico, ma questa procedura è spesso im praticabile per cause logistiche, le gali e cliniche. Così la definitiva accettabilità di un donatore cardi-
aco è rimandata alla valutazione diretta da parte dell’equipe trapian to. Problematiche post-operatorie nel paziente sottoposto a trapianto di cuore Il successo a distanza di un inter vento di trapianto è condizionato da una molteplicità di fattori, tra i quali rivestono un ruolo determinan te una corretta impostazione della terapia preventiva del rigetto, una accurata valutazione e trattamento delle complicanze intercorrenti ma soprattutto una ottimale complian ce del paziente. Nel decorso post trapianto si possono riconoscere principalmente due fasi: una fase precoce, che interessa i primi 3 mesi, in cui sono prevalenti i pro-
Tabella 2
CRITERI “ESTENSIVI” DI ACCETTAZIONE DEL DONATORE DI CUORE No limiti di età Funzione cardiaca: - Cinesi accettabile (FE >30%) - Miglioramento con ottimizzazione del volume e supporto inotropo Anatomia cardiaca: - Normale - Difetti trattabili chirirgicamente (difetto interatriale, insufficien za mitralica o tricuspidalica, stenosi mitralica, anomalie di con duzione A-V) Arterie coronarie: - Normali (angiografia coronarica richiesta se età > 50 anni o in presenza di fattori di rischio) - Possibilità di un’efficace rivascolarizzazione
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blemi legati all’intervento chirurgi co, al rigetto acuto e alle infezioni, e una fase tardiva in cui prevalgono gli effetti indesiderati della terapia immunosoppressiva e in cui si può assistere ad una progressiva perdi ta della funzionalità dell’organo tra piantato dovuta a fenomeni dege nerativi immunomediati (rigetto cro nico). L’immunosoppressione deve esse re continuata per tutta la vita e, come per la maggior parte dei tra pianti, è basata essenzialmente su tre farmaci: ciclosporina, azatiopri na e cortisone. La dose di farmaci immunosoppressori deve essere at tentamente calibrata in modo da evitare danni su fegato e rene ma anche per non esporre il paziente ai rischi tipici della depressione immunitaria, come infezioni e neo plasie. Il paziente trapiantato necessita di costante controllo, non solo del l’organo direttamente interessato, ma anche della situazione generale in quanto è di fondamentale impor tanza intervenire in senso preven tivo più che curativo sulle numero se patologie che potenzialmente possono insidiare il decorso clinico di questi soggetti. Possibili sviluppi futuri del tra pianto cardiaco Nonostante i positivi risultati rag giunti in quasi tre decenni di espe rienza di trapianto cardiaco, la scar sità di donatori e la necessità di manipolare cronicamente il sistema immunitario per preservare la fun zione cardiaca continuano a minare il successo di questa procedura. La
ricerca è pertanto rivolta all’identi ficazione di nuove molecole immu nosoppressive e alla ricerca di al ternative al trapianto omologo per i pazienti affetti da cardiopatia ter minale. Nuove strategie immunosoppressive: la ricerca interessa lo sviluppo di nuovi farmaci e di nuovi anticorpi monoclonali destinati a reagire con i T linfociti responsabili del riget to. Alcuni di questi agenti fanno ormai parte della pratica clinica corrente (FK506, micofenalato mo fetil, OKT3), altri sono in corso di sperimentazione, come gli anticor pi monoclonali umanizzati che do vrebbero garantire una elevata se lettività di azione. Sono inoltre in fase di sperimen tazione strategie immunosoppressi
ve non farmacologiche, quali la ir radiazione linfatica, procedure di aferesi, fotoferesi. Alternative al trapianto: numerose soluzioni chirurgiche sono state pro poste per evitare o dilazionare il trapianto, quali la plastica mitrali ca nelle forme dilatative accompa gnate da grave insufficienza valvo lare, la rivascolarizzazione cosiddet ta “estrema” nei pazienti con car diomiopatia ischemica, la riduzio ne volumetrica del ventricolo sini stro nelle gravi forme dilatative con “sfericizzazione” del ventricolo si nistro. I risultati di queste metodi che sono di difficile interpretazio ne a causa della difficoltà di creare casistiche tra loro confrontabili. Si curamente questo notevole lavoro di sperimentazione clinica ha por tato all’identificazione di soggetti
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che possono beneficiare di proce dure conservative anche se i risul tati sul piano funzionale non sono paragonabili a quelli di un trapian to ben riuscito. Xenotrapianto: la possibilità di uti lizzare cuori di animali è da lungo tempo in fase sperimentale. Nume rosi sviluppi sono stati ottenuti mediante la manipolazione geneti ca che ha consentito di ottenere organi di maiale che non subiscono nell’uomo il rigetto iperacuto. Ri mangono però ancora molti quesiti importanti da risolvere, soprattutto il controllo del rigetto acuto e cro nico e la possibile trasmissione di virus animali mutanti in grado di creare delle epidemie di estrema vi rulenza nella popolazione normale. Assistenza circolatoria meccanica: la
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tecnologia attuale consente di di sporre di apparecchiature sempre più miniaturizzate e trasportabili in gra do di sostituire tutta o in parte la funzione cardiaca. Il loro utilizzo estensivo è però attualmente impe dito dalla difficoltà di gestione (pos sibili guasti meccanici, tromboge nicità) e dalla scadente qualità di vita che riescono a garantire.
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Conclusioni Il trapianto di cuore è al momento una opzione terapeutica ben codi ficata per le cardiomiopatie termi nali che non sono trattabili con metodiche conservative mediche o chirurgiche. L’elevato numero di pazienti che muoiono in lista di at tesa evidenzia ancor più che il fat tore limitante è rappresentato dalla scarsità di donatori anche se, con il rinnovato interesse da parte del pubblico e l’aumento di coscienza del problema da parte delle istitu zioni e dei professionisti, questo problema sembra lentamente dimi nuire. Il miglioramento dell’immu nosoppressione e la disponibilità di farmaci affidabili ed efficaci per il controllo delle infezioni hanno con tribuito considerevolmente ai pre senti risultati a breve e lungo ter mine. Il problema del deterioramen to del graft causato dall’ateroscle rosi accelerata dell’albero coronari co è ancora uno dei principali limi ti ed ogni sforzo deve essere fatto per comprendere e prevenire questo evento. A causa della discrepanza tra numero di donatori e potenziali riceventi, lo xenotrapianto e l’uti lizzo di apparecchi meccanici può essere una possibile soluzione. Il
futuro fa intravedere molte promes se sia per l’opzione biologica che per quella meccanica e il ruolo di ciascuna potrà essere identificato in rapporto alle esigenze dei singoli pazienti. Sebbene esistano ancora nume rosi problemi, i recenti sviluppi del programma trapianti nell’ultima de cade incoraggiano la previsione che il trapianto cardiaco (omologo o eterologo) e i mezzi di assistenza circolatoria meccanica occuperanno una posizione importante nel futu ro della cardiochirurgia.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] The Registry of the Internatio nal Society for Heart and Lung Transplantation: seveteenth official report – 2000 J Heart Lung Transplant 2000;19:909 931 [2] Nord Italia Transplant – NITp Report 1999. Milano: Centro Trasfusionale dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, 2000 [3] A. Gavazzi, L. Martinelli, M. Vi ganò, Heart Transplantation in the 1990s Forum Trends in experimental and clinical me dicine 1995; 5:524-548
Luigi Martinelli è Primario dell’U.O. di Cardiochirurgia dell’Ospedale S.Martino di Genova
Il trapianto di sangue placentare Lucilla Lecchi, Paolo Rebulla, Girolamo Sirchia
La storia e i possibili sviluppi. Le banche di sangue placentare, il network GRACE, l’ADISCO.
Il trapianto di sangue placentare rappresenta una recente evoluzione dell’impiego terapeutico delle cel lule staminali e dei progenitori emo poietici, i precursori dei globuli ros si, dei globuli bianchi e delle pia strine. Il successo del trapianto dipen de in larga misura dalla compatibi lità tra donatore e ricevente. La si tuazione più favorevole si realizza quando il paziente dispone di un donatore identico per un particola re sistema genetico, denominato HLA, generalmente reperito fra i fra telli del paziente. Sfortunatamente, meno della metà dei pazienti dispo ne di un donatore HLA identico. Per i pazienti che non hanno fratelli HLA-identici non rimane altra pos sibilità che ricercare un donatore HLA-identico non imparentato. Nella seconda metà degli anni Ottanta è stato dimostrato che il sangue pla centare, che viene eliminato dopo il parto, è ricco di cellule stamina li, le stesse presenti nel midollo osseo. Il primo trapianto di cellule staminali da sangue placentare è Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
stato eseguito con successo a Pari gi nel 1988 in un paziente affetto da anemia di Fanconi. Prima di tale data il trapianto veniva eseguito principalmente con il midollo osseo del donatore o, in epoca più recen te, con precursori emopoietici rac colti con procedure di aferesi. I tra pianti di sangue placentare finora eseguiti sono più di 1.500. I dati della sopravvivenza, che non sem brano differire sostanzialmente da quanto atteso in un analogo grup po di pazienti trapiantati con il midollo osseo, sono incoraggianti, in particolare considerando la tipo logia della casistica e l’esordio re lativamente recente della pratica di trapianto di sangue placentare ri spetto al trapianto di midollo os seo. La Milano Cord Blood Bank La possibilità di utilizzare il san gue placentare ha stimolato la na scita e lo sviluppo di numerose ban che di sangue placentare in tutto il mondo. La raccolta di sangue placentare è un’operazione semplice e rapida, che non comporta alcun rischio per la madre o per il bambino in quanto avviene quando il cordone ombeli cale è già stato reciso. Dopo aver valutato l’idoneità della madre e del neonato, viene esplicitamente chie sto alla madre il consenso a prele vare il sangue placentare e a sotto porsi a un prelievo venoso per la ricerca dei marcatori delle principa li malattie infettive al momento della donazione ed a sei mesi dal parto (HIV, HBV, HCV, ecc.). Dopo la nascita, quando il cordone om 103
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belicale è stato reciso, un operato re esperto preleva in apposita sac ca il sangue rimasto nel cordone ombelicale e nella placenta. L’unità viene trasportata alla banca di san gue placentare dove, se ritenuta idonea, viene congelata e conser vata in azoto liquido a –196°C. Su ogni unità di sangue placentare vengono eseguiti opportuni test di laboratorio allo scopo di caratteriz zare l’unità e garantire la sicurezza del prodotto fornito per trapianto. Presso il Centro Trasfusionale e di Immunologia dei Trapianti del l’Ospedale Maggiore di Milano, ha sede la Milano Cord Blood Bank che, con oltre 3700 unità disponibili, rappresenta oggi la prima banca ita liana e una fra le maggiori al mon do. Istituita nel 1993, dispone oggi di uno staff di laureati, tecnici e volontari che, grazie alla competen za acquisita si occupano dell’intero processo di donazione, raccolta,
conservazione e assegnazione delle unità. Attualmente il sangue placenta re viene donato dalle madri che par toriscono in 13 ospedali della Lom bardia, 1 dell’Emilia Romagna e 7 del Trentino (la cui attività è ini ziata nell’anno 2000). Il Gruppo per la Raccolta e l’Amplificazione delle Cellule Ematopoietiche (GRACE) Il Gruppo per la Raccolta e Amplifi cazione delle Cellule Ematopoieti che (GRACE) si è costituito nel 1995 sulla base di una proposta avanza ta da Milano Cord Blood Bank, al fine di promuovere il coordinamen to delle attività di prelievo, la ca ratterizzazione e la criopreservazio ne del sangue placentare a scopo di trapianto allogenico. Presso la banca di Milano ha sede la segreteria or ganizzativa e l’archivio informatico delle unità di sangue placentare conservate presso le banche affilia te a GRACE. Fanno attualmente parte del network GRACE le banche site a Bologna, Firenze, Milano, Padova, Roma e Torino. I dati di tipizzazio ne delle unità sono inseriti in un Registro collegato con altri Regi stri di donatori di midollo o di san gue placentare internazionali. In questo modo i dati sono a disposi zione dei clinici che possono inol trare la richiesta di ricerca di unità compatibili per pazienti italiani o stranieri che necessitano di trapian to di cellule staminali da sangue placentare. Al 31 ottobre 2000 sono state consegnate per trapianto al logenico da donatore non imparen tato 133 unità di sangue placenta
re. Di queste 106 sono state rila sciate dalla Banca di Milano, 10 dalla Banca di Torino, 8 dalla Ban ca di Firenze e 9 dalla Banca del Lazio. La Banca di Milano ha inol tre rilasciato 13 unità di sangue placentare per trapianto da donato re consanguineo. ADISCO: un supporto alla ricerca Nell’ottobre del 1995 si è costituita a Roma per iniziativa di un gruppo di donne sotto la spinta del prof. Franco Mandelli, direttore dell’Isti tuto di Ematologia dell’Università La Sapienza di Roma, l’Associazione Donatrici Italiane Sangue di Cordo ne Ombelicale (ADISCO), che rac coglie le persone che intendono contribuire alla divulgazione della donazione di sangue placentare da utilizzare per trapianto. L’Associazione ADISCO si propo ne di promuovere iniziative per sen sibilizzare l’opinione pubblica alla donazione del sangue placentare e raccogliere fondi per la ricerca, in dispensabile allo sviluppo e all’af fermazione di GRACE in campo in ternazionale. Espansione delle cellule staminali Benchè il trapianto di sangue pla centare sia già stato eseguito nel mondo in più di 1000 casi, oltre l’80% della casistica finora trattata è rappresentata da pazienti in età pediatrica. Infatti, questo nuovo trattamento presenta un importan te limite, legato al volume relativa mente piccolo di sangue che per mane nella placenta al termine del parto. Per questa ragione, in gran parte dei pazienti adulti il numero Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
di cellule non è sufficiente a garan tire un intervento in condizioni di ragionevole sicurezza. Il rischio principale in questi casi è la man canza o il ritardo dell’attecchimen to delle cellule staminali trapianta te. Per superare queste difficoltà sono in corso di studio protocolli finalizzati ad ottenere l’espansione (cioè ad aumentare il numero) delle cellule staminali placentari. Per poter comprendere questi program mi è utile ricordare alcuni aspetti della biologia delle cellule stami nali. Le cellule staminali presentano due importanti caratteristiche, in un certo senso in competizione fra loro. Esse possono infatti mantenere lo stato primitivo e autoreplicarsi o, in presenza di adeguati stimoli e condizioni ambientali, generare cel lule ‘figlie’ da cui verranno a loro volta generati globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, cioè ‘differen ziarsi’. Ebbene, lo scopo dell’espan sione è aumentare il numero delle cellule, senza stimolarle a tal pun to da causarne la differenziazione. Infatti, se si trapiantassero cellule troppo ‘differenziate’, il paziente si troverebbe entro breve tempo privo di cellule staminali ‘primitive’ cioè ricche di una potenzialità a lungo termine, e il trapianto perderebbe quindi rapidamente la propria effi cacia. D’altronde, dato che le cellu le attualmente disponibili sono trop po poche per i pazienti di taglia maggiore, è anche necessario au mentarne il numero. La difficoltà sta nel bilanciare gli stimoli che con tribuiscono a far differenziare le 105
Il trapianto di sangue placentare
106
Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
cellule con quelli che le mantengo no nello stato quiescente. Due sono i livelli principali in cui si articola la ricerca. Innanzi tutto è necessario selezionare le sostan ze stimolanti più appropriate fra le numerose citochine che interagisco no con le cellule staminali e identi ficarne l’opportuna concentrazione. Contemporaneamente, va messo a punto un sistema di coltura adatto: devono essere garantiti alle cellule un ambiente sterile a temperatura controllata, un adeguato apporto di ossigeno e nutrienti nonché la ri mozione delle sostanze tossiche prodotte dal metabolismo cellulare. Il sistema deve essere sufficientemen te pratico e flessibile per studiare le diverse variabili, ma anche offri re sufficienti garanzie in modo tale da poterne ipotizzare l’impiego pri ma nell’animale e poi nell’uomo.
Prima di arrivare all’impiego nell’uomo, le cellule espanse devono essere valutate nell’animale per di mostrare di non aver perso la loro capacità di attecchimento e cresci ta in vivo. Si tratta di una parte molto complessa e costosa della ri cerca, perché devono essere impie gati particolari ceppi di topi, deno minati NOD/SCID, affetti da gravi carenze immunitarie. Questa carat teristica rende i topi idonei all’espe rimento perché incapaci di rigetta re le cellule trapiantate, ma richie de altresì un trattamento particola re degli animali, molto fragili di fronte a qualsiasi rischio infettivo. Sulla base dei buoni risultati pre clinici finora ottenuti, si è costitu ito un gruppo di lavoro per l’impie go clinico delle cellule espanse. Il gruppo di lavoro, composto da ri cercatori della Milano Cord Blood Bank e da clinici dell’Università di Pavia ha prodotto un protocollo per l’impiego clinico delle cellule sta minali per il quale è stata chiesta e ottenuta l’approvazione del Comi tato Etico del Policlinico San Mat teo dell’Università di Pavia. I risultati di queste ricerche e del lavoro di numerosi altri gruppi che operano attualmente in questo set tore potranno essere definite le pre messe per un nuovo, significativo balzo in avanti della terapia cellu lare: l’impiego del trapianto di san gue placentare nel paziente adulto.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] L. Lazzari, C. Corsini, C. Curio ni, L. Lecchi, M. Scalamogna, P. Rebulla and G. Sirchia, The
Milan Cord Blood Bank and the Italian Cord Blood Network. Journal of Hematotherapy vol. 5 1996: pp.117-122 [2] F. Poli, L. Crespiatico, L. Lec chi, G. Sirchia, M. Scalamogna, S.M. Sirchia, I. Garagiola, L. Pedranzini, Highly Sensitive Chemiluminescent Method for the Detection of Maternal Cell Contamination in Human Cord Blood Stored for Allotransplan tation: The Experience of the Milano Cord Blood Bank. Blood, Vol. 89, No. 8 (April 15), 1997: pp 3061-3062 [3] G. Sirchia, P. Rebulla, L. Lec chi, F. Mozzi, R. Crepaldi, and A. Parravicini, Implementation of a Quality System (ISO 9000 Series) for Placental Blood Banking. Journal of Hema totherapy 7 vol.1:19-35 (1998)
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Lucilla Lecchi, Paolo Rebulla, Girolamo Sirchia sono rispettivamente Direttore Tecnico, Responsabile della Ricerca e Primario presso il Milano Cord Blood Bank - Centro Trafusionale e di Immunologia dei Trapianti - Ospedale Maggiore Policlinico di Milano 107
Il trapianto di mano eterologo Marco Lanzetta, Roberta Nolli, Ilaria Radaelli, Stefano Lucchina
Il trapianto di mano
Nell’ottobre 2000 il primo trapianto in Italia. La storia e le caratteristiche dell’intervento.
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Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
Introduzione Per la prima volta in Italia il 17/ 10/2000 una equipe italiana costi tuita da chirurghi della mano e or topedici esperti in microchirurgia, chirurghi generali, chirurghi plasti ci ed anestesisti ha portato a ter mine con successo il primo trapian to eterologo di mano presso l’Ospe dale San Gerardo di Monza. L’avam braccio distale di un uomo di 43 anni è stato trapiantato in un uomo di 35 anni, sposato e con un figlia di 7 anni, che aveva subito un’am putazione traumatica a 13 anni di età nel corso di un incidente agri colo. Il trapianto effettuato si col loca, temporalmente, dopo 6 espe rienze mondiali di successo. Il 25/ 9/1999 a Lione viene effettuato il 1° trapianto su un uomo di 47 anni con mano dominante dx. Il risulta to è positivo. Nel settembre 1999 a Guanzhou (Cina) sono effettuati 2 trapianti distinti monolaterali su 2 uomini con risultati positivi. Il 13 gennaio 2000 a Lione viene effet tuato il primo trapianto bilaterale di mano al mondo su un uomo di 34
anni. Il risultato è positivo. Il 25 gennaio 2000 in U.S.A. viene effet tuato un trapianto monolaterale di mano dominante sx su un uomo di 37 anni. Il risultato è positivo. Nel marzo 2000 a Innsbruck viene por tato a termine un trapianto bilate rale di mano su un uomo di 40 anni con risultato positivo. Infine il no stro. L’atto chirurgico in sé è, però, soltanto uno dei momenti-chiave del trapianto. Il primo di questi momen ti è la selezione del candidato al trapianto. Solo infatti l’1% di tutti i pazienti (500 circa) che giungono alla nostra prima osservazione per questo tipo intervento rientrerà nei 5 casi di sperimentazione in 2 anni che il Ministero della Sanità ha au torizzato il 25/2/2000. Questi i cri teri di selezione dei candidati: 1) età compresa tra i 18 e i 50 anni; 2) perdita della mano dominante o di entrambe le mani; 3) amputazione traumatica (inci denti sul lavoro/stradali/esplo sioni); 4) non malformazione congenita e
non amputazioni per tumori;
5) livello di amputazione attorno al
polso; 6) rifiuto delle soluzioni alternati ve (protesi estetiche o funzio nali); 7) superamento dei tests psicolo gici e dell’iter diagnostico; 8) capacità di esprimere un pieno consenso informato all’interven to; 9) accettazione del programma di riabilitazione e dei relativi fol low-up; Il pazie nte operato è stato,quindi, selezionato dopo un
lungo periodo di preparazione che ha previsto anche la valutazione dei benefici e dei rischi, questi ultimi legati ai possibili effetti collaterali della terapia immunosoppressiva. L’iter diagnostico E’ stata raccolta l’anamnesi familia re, fisiologica, patologica remota (malattie cardiovascolari, renali, urogenitali, epatiche) e prossima, notizie relative al trauma e all’uti lizzo di ausili protesici, l’anamnesi allergologica e farmacologica per evidenziare la presenza di eventua li patologie acute o croniche che porrebbero il paziente a rischio di vita in caso di intervento ( pregres si IMA o ictus cerebrale,..) o che pregiudicherebbero la riuscita dello stesso (vasculopatie e neuropatie periferiche di varia natura,..). Il paziente viene sottoposto ad esami ematochimici, sierologici oltre a tests di tipizzazione HLA e di valu tazione del gruppo sanguigno. Se
guono alcuni esami strumentali ge nerali (ECG, Rx torace, ecocardio gramma,…) e specifici per l‘arto (Rx, arteriografia, EMG, RMN). Que sti esami sono utili per localizzare in tutte le strutture anatomiche pos sibili danni o deformità postrauma tiche. Seguono alcune visite specia listiche (oculistica, odontoiatrica, allergologica, dermatologica, gine cologica, chirurgica). Segue l’esa me muscolare e la valutazione della funzionalità protesica da parte del fisioterapista, la valutazione aneste siologica ed infine quella psicolo gica affidata a psichiatri e psicolo gi clinici con l’obiettivo di saggiare la convinzione del paziente ad af frontare il trapianto. Il giorno del trapianto Con la supervisione del N.I.T. e l’aiu to sul territorio del Reparto di Ane stesia e Rianimazione dell’Ospedale di Trento, è stato identificato pres so l’Ospedale di Trento il 16/10/ 2000 il possibile donatore ed è quin di stato richiesto il consenso dei fa migliari all’espianto multiorgano, compreso l’avambraccio da trapian tare. Un’equipe di chirurghi del l’Ospedale di Monza, giunta sul po sto celermente in collaborazione con le linee Avionord e gli elicotteri Agusta, ha effettuato l’espianto nella sera del 16/10. Planning chirurgico Una procedura chirurgica attenta mente programmata è uno dei pun ti chiave per raggiungere un buon risultato clinico nel trapianto di mano. La nostra esperienza, dappri ma con i due casi trattati a Lione
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Il trapianto di mano
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(uno monolaterale ed uno bilatera le) e successivamente col paziente trapiantato presso l’Ospedale di Monza è stata positiva grazie all’uti lizzo di una sequenza standardizza ta. Il primo tempo dell’intervento è rappresentato dall’attenta prepara zione chirurgica con l’individuazio ne delle singole strutture apparte nenti sia al moncone dell’avambrac cio del ricevente che del donatore. Si procede alla stabilizzazione sche letrica, quindi alla rivascolarizzazio ne microchirurgica mediante anasto mosi arteriose e venose. Si procede quindi alla rimozione dei clamp ed al rilascio del tourni quet. Nel nostro caso il tempo to tale di ischemia dall’espianto della mano al momento della prima rimo zione del clamp arterioso è stato di circa 13 ore. L’irrigazione con solu zione di Belzer per la preservazione degli organi a 4°C ed il manteni mento a basse temperature del seg mento di arto, non necessari nei casi di reimpianti d’arto, sono utili a prolungare il tempo di ischemia ed a permettere, pertanto, il trasporto in aree distanti dalla sede del pre lievo dal donatore. Si procede, quin di, alla riparazione di tendini, mu scoli, nervi e cute. Regime postoperatorio Il decorso posoperatorio iniziale è stato tranquillo. Non è stata osser vata alcuna complicanza chirurgi ca. Il paziente è stato trattato nei primi giorni con terapia anticoagu lante ed antiaggregante a base di Destrano ed Aspirinetta. Gli è stata somministrata una terapia antibio tica a largo spettro in associazione
ad una terapia immunosoppressiva costituita dal FK506, l’acido mico fenolico e gli steroidi (Prednisone) con dosaggio a scalare nelle setti mane successive all’intervento. L’FK506 è un farmaco di nouva ge nerazione che ha permesso da un lato di garantire una perfetta co pertura anti-rigetto minimizzando, dall’altro, gli effetti collaterali. In recenti trias clinici ha dimostrato, anche, una capacità addizionale di promuovere la rigenerazione nervo sa. L’acido micofenolico, altro far maco già diffuso per i trapianti di organi “salva-vita”, potenzia l’azio ne dell’FK506 a dosi molto più bas se riducendo ulteriormente i possi bili effetti collaterali. La terapia è stata elaborata in collaborazione con il reparto di Chirurgia Generale degli Ospedali Riuniti e l‘Istituto di Ricerca Mario Negri di Bergamo. Il paziente, dopo aver ben tollerato la terapia immunosoppressiva, è stato
dimesso dall’Ospedale 24 giorni dopo l’intervento proseguendo a domicilio una terapia di manteni mento comprendente FK506, acido micofenolico e steroidi. La fisiote rapia è iniziata quasi subito dopo l’intervento con una frequenza di 1 2 volte al giorno. Il programma si è strutturato inizialmente in una mo bilizzazione passiva controllata e successivamente attiva in associa zione ad esercizi di rieducazione sensoriale e protocolli di reintegra zione corticale. Tali procedure sono state rese possibili anche grazie al l’ausilio di apparecchiature estrema mente efficaci e ad alta tecnologia messe a disposizione dalla Smith&Nephew. Il supporto psico logico si è articolato in sedute gior naliere nel periodo ospedaliero, quindi con cadenze di due volte alla settimana dopo la dimissione. Dai primi dati rilevabili la fisioterapia ha già portato ad ottimi risultati da un punto di vista motorio men tre per il recupero sensoriale occor reranno ancora 6-24 mesi per poter esprimere giudizi scientificamente corretti. Le novità italiane del trapianto Sono fondamentalmente due rispet to ai trapianti eseguiti in altri Pae si: - un sistema di monitoraggio 24 ore al giorno, dei parametri vi tali relativi al paziente ed alla mano trapiantata proseguito an che a domicilio via telefono (tale sistema è stato finanziato dalla Fondazione CARIPLO con uno stanziamento apposito); - insieme al trapianto sono state Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
innestate in un’area distante an che frammenti di cute provenien ti dal donatore utili nella valu tazione di un eventuale rigetto e nel caso di biopsie diagnosti che; Conclusioni Il trapianto di mano è tecnicamen te realizzabile. Le terapie immuno soppressive danno buone garanzie sulla prevenzione del rigetto acuto. Se non rileveremo episodi di riget to la prognosi, in termini di recu pero sensitivo e motorio della mano trapiantata, dovrebbe essere simile se non meglio di quella riportata in molteplici casi di reimpianti di arto. Tra due anni, alla luce dei risultati ottenuti coi 5 trapianti effettuati in Italia, sarà utile confrontare nel corso di una convention mondiale tutte le esperienze effettuate fino ad allora per poter trarre delle con clusioni sull’eventuale raggiungi mento dei targets prefissati e sul l’eventuale allargamento di questa procedura ad altri gruppi di pazien ti.
Marco Lanzetta, Roberta Nolli, Ilaria Radaelli, Stefano Lucchina sono rispettivamente primario e collaboratori del Servizio di Chirurgia della Mano e Microchirurgia Ricostruttiva - Università degli Studi di Milano Bicocca - Ospedale S.Gerardo dei Tintori, Monza 111
Analisi economica dei trapianti: la spesa del Servizio sanitario del Trentino nel 1999 Guido Baldessarelli
L’analisi economica
Il processo produttivo, la variabilità dei costi unitari, i problemi aperti.
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La valutazione economica dell’atti vità di trapianto è stata oggetto di studi sempre più accurati nell’am bito dei maggiori sistemi sanitari nazionali. L’argomento risulta di interesse anche perché l’attività di trapianto comprende procedure fra le più com plesse nello scenario delle presta zioni di ricovero. Grazie al continuo miglioramen to degli schemi di analisi costi-be nefici, costi-efficacia e costi-utili tà sono state fornite sui trapianti informazioni di tipo economico mol to dettagliate ed ampiamente con divise fra gli addetti, per cui oggi può ritenersi tecnicamente dimo strabile l’efficienza e l’efficacia del trapianto come terapia medica, so prattutto quando viene eseguito in condizioni ottimali rispetto allo sta to dell’organo ed allo stato di salu te generale del paziente. Per gli studi in materia sono ri sultati determinanti: a) lo sviluppo della contabilità ana litica, - quale pilastro portante il processo di aziendalizzazione
di ospedali e unità sanitarie lo cali perseguito con la serie di provvedimenti avviati dal d. lgs. 502/92 - che consente di otte nere oggi con maggiore facilità le informazioni necessarie per le analisi dell’economia sanitaria; b) lo sviluppo del finanziamento delle prestazioni di ricovero in base a tariffe predefinite dalle Regioni di competenza per ter ritorio, sulla base delle risorse assorbite nel processo di assi stenza, valorizzate economica mente secondo i costi standard di produzione; c) la disponibilità di informazioni derivanti da specifici test som ministrati ai pazienti “trapian tati” in grado di rilevare la loro capacità cognitiva e la condizio ne psichica, il grado di reinseri mento nel mondo del lavoro, la
qualità dei successivi anni di vita. Le indagini sopra ricordate risul tano particolarmente proficue quan do esiste e deve essere valutata un’alternativa terapeutica al tra pianto (ad esempio la dialisi contro il trapianto del rene) 1 oppure vi sono nell’ambito dello stesso inter vento di trapianto diversi protocol li procedurali di intervento. Que st’ultimo filone di studi trova am pia applicazione nei casi in cui il trapianto si ponga come intervento salva-vita, e dunque senza alcuna valida alternativa terapeutica. Di contro, i maggiori limiti del l’attività di ricerca sono da impu tarsi alla molteplicità dei fattori che incidono contemporaneamente sui costi e sugli esiti degli interventi: valutazione della propensione al ri schio del paziente, lo stato di salu te dello stesso, capacità del sani tario di prevedere e contenere le complicanze dell’intervento, la qua lità degli organi e l’adeguatezza dei tempi in cui si rendono disponibili, i fattori legati alle dotazioni strut turali e tecnologiche del centro tra
1 Negli Stati Uniti il costo annuale della dialisi, è stato, nel 1996, di 40.000 $ per paziente. Il costo del trapianto di rene è risultato mediamente, eccettuati i casi limite di gravi complicanze, di 87.000 $ per il primo anno, mentre i costi sostenuti nel corso degli anni successivi sono di circa 12.000 $ in ragione d’anno. Già dopo tre anni il trapianto di rene è meno costoso della dialisi e quindi economicamente più efficiente. (1996, Report 1996, UNOS Press). Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
pianti, l’esperienza dell’equipe me dica, etc. Quando ne viene tralascia to qualcuno viene conseguentemen te ridotta la capacità predittiva e di sintesi dell’analisi economica e quindi, inesorabilmente, si riduce l’interesse sulla stessa. Lungi dall’inoltrarsi in questa ti pologia di analisi (anche per il fat to che le Strutture del Servizio sa nitario della Provincia di Trento non erogano prestazioni di trapianto e mancherebbero le informazioni di base per l’elaborazione) il presente contributo punterà invece l’atten zione sugli aspetti macroeconomici del processo di trapianto richiaman do, marginalmente, la struttura dei costi che si sostengono per realiz zare gli interventi, tenuto conto delle ricerche analitiche disponibili in letteratura per la realtà italiana. Di particolare pregio, da questo punto di vista, sono lo studio IRER del 1993 sui costi dei trapianti in Lombardia, per l’analisi comparata fra i diversi centri trapianti della Re gione, e lo studio FITO del 1999 sul l’analisi dei costi dei Trapianti presso l’Azienda ospedaliera di Padova, per la brillante applicazione della tec nica dell’ Activity-Base Costing. Infine, una parte più consistente è riservata alla presentazione dei co sti sostenuti dal Servizio sanitario provinciale per l’attività di trapian to d’organo in favore dei propri as sistiti. Il processo produttivo del trapianto e le tariffe dei DRG L’attività di trapianto è caratteriz zata da un complesso di funzioni e 113
L’analisi economica
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Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
operazioni che precedono e seguo no la fase dell’intervento di trapian to in senso stretto. Preliminare al l’analisi economica dei trapianti è quindi l’individuazione delle attivi tà da comprendere nell’oggetto di costo. Generalmente, gli studi più com pleti, distinguono le seguenti quat tro fasi del processo: a) l’individuazione del ricevente e la sua “gestione” pre-trapianto: il pa ziente viene sottoposto ad una se rie di accertamenti la cui conclu sione è sintetizzata nell’indicazio ne o meno al trapianto; quindi si attiva un sistema di controlli sanitari periodici durante il manteni mento in lista di attesa per verifi care il permanere delle condizioni cliniche del paziente; b) il prelievo dell’organo: anche que sta fase è composita e comprende l’osservazione del paziente proba bile donatore, la tipizzazione degli organi, l’atto di prelievo e il tra sporto dell’organo; c) l’intervento di trapianto in senso stretto: il paziente viene sottopo sto al trapianto e trattato in tera
pia intensiva, passa quindi alla de genza in reparto cui segue la di missione; d) monitoraggio dell’evoluzione del quadro clinico: si tratta del follow up post-trapianto che può durare mediamente fino ad un anno dal giorno dell’intervento. L’incidenza percentuale dei costi delle diverse fasi del trapianto d’or gano è mostrata nella figura 1. Fra i quattro organi considerati, il tra pianto di fegato risulta quello meno uniforme in quanto ad assorbimen to di risorse nelle 4 fasi canoniche. Il follow up è “economicamente” più importante nel trapianto di cuore e in quello di rene. Il quadro cambia però, anche in maniera significativa, nel caso vi sia l’insorgenza di complicanze impe gnative. In questo caso aumentano la loro incidenza la fase dell’inter vento e soprattutto la fase di fol low up. Le valutazioni sui costi delle pre stazioni di trapianto da parte del Ministero della Sanità possono es sere evinte dallo studio delle tariffe delle prestazioni ospedaliere, clas
Incidenza percentuale dei costi delle diverse fasi de l trapianto 100% 80%
4 fase
60%
3 fase
40%
2 fase
20%
1 fase
0% Cuore
Polmone
Fegato
Rene
sificate in base ai cosiddetti DRG (Diagnosis Related Groups). In proposito le pietre miliari del profilo normativo sono costituite dal decreto ministeriale 15 aprile 1994 (criteri per il calcolo del costo standard delle prestazioni sanitarie), dal decreto ministeriale 30 giugno 1997 (tariffario di riferimento dell’assistenza ospedaliera per DRG) e dalle linee di guida n. 1/ 1995, che regolamentano il sistema di finanziamento prospettico dell’assistenza ospedaliera in Italia. Queste ultime direttive indicano alcune aree ospedaliere che è opportuno escludere in tutto o in parte dal finanziamento a prestazione,
Tabella 1
Costi specif ici per DRG e relativa in ciden za % DRG:
Tariffa recata dal D.M . 3 0/6/97
Scomposizi one della tariffa
Figura 1
(Import i in migliaia di lir e)
10 3 Trapianto cardiaco 9 6.75 0
valore
30 2 Trapianto di rene 7 0.95 0
%
valore
48 0 Trapianto di fegato 118 .000
%
valore
48 1 Trapianto di midollo 8 0.00 0
%
valore
%
Cost o d el pers onale m edico dei reparti di degenza
4.257
4.4%
2.696
3.8%
3.304
2.8%
3.440
4.3%
Cost i amm in is trativi e generali
5.515
5.7%
3.477
4.9%
4.366
3.7%
4.480
5.6%
Cost o d el pers onale infermieris tico e dell’assis ten za alb ergh iera Cost i sala operat oria
5.515
5.7%
4.399
6.2%
1.888
1.6%
12.960
16.2%
7.160
7.4%
2.129
3.0%
11.092
9.4%
480
0.6%
Cost i dei farm aci
7.837
8.1%
6.386
9.0%
11.800
10.0%
21.440
26.8%
Cost i dei s ervizi di im agin g
5.999
6.2%
1.419
2.0%
4.248
3.6%
3.120
3.9%
12.384
12.8%
4.825
6.8%
15.104
12.8%
160
0.2%
Cost i delle protesi e dei presidi medico-chirurg ici
7.450
7.7%
1.419
2.0%
5.900
5.0%
5.280
6.6%
Cost i dei s ervizi di laboratorio
8.417
8.7%
3.406
4.8%
13.452
11.4%
14.560
18.2%
Cost i degli alt ri s ervizi clinici
32.218
33.3%
40.796
57.5%
46.846
39.7%
14.080
17.6%
TOTALE
96 .750
10 0.0%
7 0.95 0 10 0.0%
118 .000
10 0.0%
8 0.00 0
10 0.0%
Cost i delle unit di cura intens iva
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tra cui vi è anche il programma dei trapianti. Con ciò, viene sancita l’incapacità sostanziale del sistema di pagamento prospettico di remune rare correttamente i costi di queste prestazioni. Tutte le Regioni sedi di ospedali che effettuano trapianti d’organo, chiamate a delimitare il campo di applicazione del sistema di finanziamento e l’articolazione del siste ma tariffario secondo le caratteristiche delle rispettive reti ospeda liere, hanno aderito all’indicazione ministeriale prevedendo per i trapianti, oltre alla remunerazione del relativo DRG, anche l’erogazione di specifici fondi a finanziamento del-
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L’analisi economica
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le funzioni connesse all’attività di trapianto. Pertanto è bene sottoli neare che un’analisi del fatturato per DRG non rappresenta che una par te, seppure la più consistente, dei costi della procedura di trapianto. Si osserva, infine, che il tariffa rio di riferimento nazionale dei DRG (il citato D.M. 30 giugno 1997) non espone esplicitamente il DRG per il trapianto di polmone né quello per il trapianto di pancreas. Questo li mite ha indotto le Regioni ad indi viduare dei correttivi ai DRG di rife rimento in cui comunque conflui scono le citate prestazioni (ad es, al DRG 075- interventi maggiori sul torace - come si dirà anche in se guito). La tabella 1 riporta, per tutti gli altri trapianti, i DRG di riferimento e le relative tariffe ordinarie, disar ticolate nelle principali componen ti di costo (sia in valore che in per centuale). Gli importi delle tariffe risultano concepiti per la remunerazione del le prestazioni comprese essenzial mente nella terza fase del processo e solo marginalmente nella quarta fase. Per quanto riguarda la fase dell’espianto è prevista la tariffa di lire 4.884.000.=, aggiuntiva. Dal confronto dei costi di trapian to dei diversi organi si osserva im mediatamente la grande variabilità della composizione delle voci di costo, non solo in valore (e ciò sa rebbe anche facilmente intuibile) ma soprattutto come incidenza percen tuale. Per inciso, da una attenta analisi dei dati è in parte già possi bile giustificare il diverso peso as sunto dalle quattro fasi della proce
dura di trapianto di cui al diagram ma sopra riportato. La voce più consistente riguarda i “costi degli altri servizi clinici”. In essa confluiscono in particolare i servizi specialistici (Neurologia, Cardiologia, Nefrologia, Dialisi, …) come pure i costi organizzativi del Centro trapianti. Tutte le voci sono comprensive degli ammortamenti e delle manutenzioni delle attrezza ture mediche ed economali. La variabilità dei costi unitari Rispetto ai valori delle tariffe dei DRG si sono osservate consistenti differenze nei costi unitari di pro duzione dei centri di trapianto ita liani. Le principali motivazioni sono ascrivibili e tre ordini di cause: i volumi di produzione, le complican ze, i protocolli medico-chirurgici. I volumi di produzione In proposito merita brevemente ri cordare che il processo del trapian to di organi è caratterizzato dall’al ta intensità di tecnologia e di co noscenza a cui si aggiunge il fatto di essere effettuato in regime di emergenza. La configurazione dei costi evi denzia la prevalente componente fissa: i costi totali dell’attività di trapianto subiscono delle variazio ni molto contenute al variare del numero di trapianti effettuati, fin chè si producono volumi compati bili con la capacità del centro. L’ovvia conseguenza è che il co sto unitario del trapianto, coeteris paribus, diminuisce anche molto
sensibilmente all’aumentare delle prestazioni di trapianto. Queste con siderazioni, se vogliamo di buon senso, sembrano invece poco segui te non solo nel contesto italiano, la cui storia è relativamente recen te, ma anche in altri sistemi sanitari. E’ stato osservato che attualmen te vi è una “corsa” al trapianto nel mercato sanitario statunitense per cui si riscontra un certo proliferare di ospedali abilitati alla effettua zione dei trapianti. L’effetto sui co sti è dirompente e diffuso: data la scarsità di organi il fenomeno com porta un aumentano dei costi sia per i nuovi centri sia per i preesi stenti, che vedono ridurre le pro prie prestazioni e che sono costret ti a trovare nuove formule incenti vanti dei medici professionisti per trattenerli presso la struttura. Sul fronte della qualità delle prestazio ni non va nemmeno sottovalutato che la necessità di incrementare i trapianti può favorire una diminu zione dello standard richiesto per considerare un organo veramente idoneo al fine del trapianto. La “corsa” nonostante tutto c’è. E si spiega nel fatto che viene ac cettata la perdita del “segmento tra pianti” a fronte dei maggiori bene fici che può ottenere l’ospedale nel suo complesso (in termini di imma gine, economie di apprendimento ed economie di scala) ove si accresca la domanda delle prestazioni su cui l’ospedale è in grado di realizzare margini di gestione. Come accennato vi sono altre cause di variazione del costo del singolo trapianto. Esse possono Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
classificarsi in due gruppi: le cause esogene relative alla sfera del pa ziente e le cause endogene, di di retta responsabilità dell’equipe me dica addetta al trapianto.Le prime concernono le condizioni cliniche del soggetto ricevente, le condizio ni di idoneità dell’organo trapian tato e la conseguente probabile in sorgenza di complicanze (rigetto acuto, rigetto cronico, necrosi, in fezioni…). Le seconde riguardano le scelte dei protocolli farmacolo gici, procedurali ed assistenziali. Le complicanze Dalla analisi dei dati offerti dagli studi più accreditati disponibili in materia si possono evincere, sinte ticamente, le seguenti osservazio ni: a) Le complicanze variano notevol mente per ciascun organo tra piantato, eccettuato il rigetto
117
L’analisi economica
118
Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
acuto che appare una possibile complicanza comune; b) Le complicanze hanno una diver sa incidenza sui costi a seconda del momento del processo di tra pianto in cui si verificano. La medesima complicanza per la stessa tipologia di trapianto comporta cioè costi diversi ri spetto alla fase procedurale in cui si manifesta; c) Le complicanze sono osservate sostanzialmente in tutti i casi di trapianto. Ciò richiede una rifles sione sull’utilità di eseguire va lutazioni economiche sui tra pianti incentrate sul concetto di prestazione standard ottimale (di fatto ormai troppo rara); d) La concomitanza di più compli canze può comportare costi tali da superare, da sola, l’importo della tariffa corrisposta per l’in tero trapianto. Il fenomeno è di tutto rilievo sia per l’impatto economico sia per l’al ta frequenza con cui si manifesta, non sottacendo che l’insorgenza delle complicanze è il fattore più critico per la sopravvivenza del pa ziente. I diversi protocolli A parità di impegno del caso trat tato e di successo del trapianto: a) Le tre voci di costo che risulta no più variabili fra i centri di tra pianto, per il medesimo organo, sono il personale, gli esami di laboratorio e i farmaci (tali spe se da sole spiegano nella mag gior parte dei casi almeno il 70% della tariffa del rispettivo DRG); b) Spesso si è osservata una corre
lazione diretta fra l’aumento del l’incidenza della voce “laborato rio” ed il grado di funzionalità del laboratorio stesso per cui è lecito concludere che, anche nel settore dei trapianti, la capacità di offerta può influenzare il pro tocollo diagnostico-terapeutico; c) Nei trapianti degli organi più impegnativi (cuore e fegato) a fronte di costi totali per trapian to sostanzialmente uguali vi sono differenze fra centri nelle singole componenti di spesa. Adottando, in ipotesi, la moda lità meno onerosa per le singole componenti di costo, ritenendo le stesse non complementari, la spesa totale potrebbe diminuire di circa il 35%. In merito alla complementarietà è difficile im maginare fenomeni di compen sazione fra personale e farmaci o fra personale ed esami di la boratorio. I costi sostenuti dal Servizio sanitario provinciale nell’anno 1999: la compensazione della mobilità sanitaria interregionale e la convenzione con Innsbruck La compensazione della mobilità sanitaria interregionale La compensazione della mobilità sanitaria interregionale è regolata: a) dalle disposizione recate dal d. lgs. 502/1992 e s.m., art. 12 comma 3, che sanciscono il prin cipio della compensazione fra Regioni degli addebiti di mobi lità attiva e passiva in base a contabilità analitiche, per sin
golo caso trattato; b) da alcune circolari del Ministero della Sanità; c) da disposizioni tecniche appro vate in sede di Conferenza per manente per i rapporti fra lo Sta to, le Regione e le Province au tonome. Inoltre, merita in questa sede ricor dare che l’art. 6 della legge 724/ 1994 ha stabilito che le tariffe del le prestazioni sanitarie che trovano applicazione nella compensazione devono corrispondere a quelle vigen ti sul territorio regionale per la generalità degli utilizzi. Da ultimo il d. lgs. 229/1999 ha previsto, al l’articolo 8 sexies, che il Ministero dovrà disciplinare i “criteri generali per la compensazione dell’assisten za prestata a cittadini in regioni diverse da quelle di residenza. Nell’ambito di tali criteri le regioni potranno stabilire specifiche intese e concordare politiche tariffarie an che al fine di favorire il pieno uti lizzo delle strutture (…) nonché
l’impiego efficiente delle strutture che esercitano funzioni a valenza interregionale e nazionale.” Questo richiamo normativo, letto in rela zione ai Centri di trapianto, eviden zia la preoccupazione del legislato re di garantire una articolazione ot timale sul territorio degli ospedali che eseguono le prestazioni in esa me. Le tariffe dei DRG relativi ai tra pianti vigenti per l’anno 2000 nelle Regioni limitrofe - salvo interventi correttivi con effetto retroattivo sono riportate nella tabella 2. Queste tariffe sono i prezzi che corrisponde il Servizio sanitario pro vinciale della Provincia Autonoma di Trento, a fronte delle prestazioni di trapianto beneficiate dai propri assistiti in ospedali di fuori provin cia. Non hanno titolo alla compen sazione i maggiori costi sostenuti dagli altri Servizi sanitari regionali che vengono finanziati a funzione. Le maggiori differenze e difficol tà interpretative si hanno per il DRG
Tabella 2 Confronti fra le tariffe dei trapianti delle Regioni DRG 75 103 302
480 481
Descrizione INTERVENTI MAGGIORI SUL TORACE TRAPIANTO CARDIACO TRAPIANTO RENALE (compreso eventualmente il pancreas) TRAPIANTO DI FEGATO TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO Cellule staminali autologhe Midollo osseo allogenico HLA compatibile Midollo osseo all.co da consanguineo non compatibile
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(Importi in migliaia di lire)
Tariffa DM
Emilia R.
Toscana
Veneto Lombardia 117.020 108.402
14.200
-
-
96.750 70.950
102.585 75.207
82.900 63.700
96.750 70.950
74.868 34.776
118.000
125.080
114.700
137.573
120.209
80.000
85.530
77.552
64.000
65.000
123.200
130.000
145.000
150.000
119
Gli addebiti a carico d el Servizio sanitario provinciale nel 1999 DRG
L’analisi economica
Importo Drg
Importo osservazio ne ed espianto
225.422
11.000
3
108
256.424
16.500
13
291
323.401
71.500
480
TR APIANTO R ENALE (con cas i di trap.pancreas contestuale) TR APIANTO DI FEGATO
2
50
275.146
11.000
481
TR APIANTO DI MIDOLLO OSSEO
14
569
1.140.584
TOTALE
34
1.104
2.220.977
110.000
302
INTERVENTI MAGGIORI SUL TORACE (con trapianto di polomone) TR APIANTO CARDIACO
NUMERO GG. DEG. 86
103
120
NUMERO DI CASI 2
75
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DESCRIZIONE
(Impo rti in migliaia di lire)
75. In esso confluisce il trapianto di polmone, con codice intervento 33.5, per cui alcune Regioni hanno stabilito una tariffa specifica men tre altre hanno eseguito solo un adeguamento rispetto alla tariffa ministeriale, valutando la congrui tà della tariffa in relazione al costo di tutti i ricoveri che confluiscono nel citato DRG 75. In tal modo, mediando, verrebbe comunque ga rantita la copertura dei costi. Va sottolineato che la tariffa della Regione Lombardia del trapianto renale è meno della metà del riferi mento nazionale. Per il trapianto di midollo osseo alcune Regioni hanno disarticolato la tariffa del DRG, in alternativa alla tariffa unica, come si legge nella tabella. In Liguria e in Friuli Vene zia Giulia le tariffe vigenti corrispon dono pienamente al tariffario del D.M. 30 giugno 1997. Nel corso dell’anno 1999, nella compensazione della mobilità sani taria interregionale risultano adde
bitati dalle Regioni alla Provincia autonoma di Trento (cosiddetta mo bilità passiva) n. 34 casi di trapianto per un importo totale di circa 2,3 miliardi di lire (tabella 3). Circa il 40% dei casi ha riguardato il tra pianto di midollo osseo avvenuto prevalentemente presso l’ospedale S. Maurizio di Bolzano. Il relativo one re assomma alla metà dell’importo totale in compensazione per l’atti vità di trapianto. La tariffa unitaria del DRG è la più bassa fra tutte quel le osservate sullo scenario naziona le, a parità di prestazione. Per quanto concerne il trapianto di rene, va notato che tutti i casi (n.13) sono stati trattati in Lom bardia. Per 3 casi (25% circa) oltre alla prestazione di trapianto renale è avvenuta anche quella del pan creas, a parità di tariffa addebitata che, addirittura, risulta meno della metà della tariffa nazionale di rife rimento, come già accennato. Il numero delle giornate di de genza è più variabile per il trapian-
Tabella 3
to cardiaco e di fegato, anche in relazione allo stato di salute di que sti soggetti trapiantati. Maggiore uniformità e degenze sostanzial mente contenute si osservano per il trapianto di rene e di midollo os seo. Il costo dell’osservazione, espian to e trasporto dell’organo incide per il 10% circa del fatturato dei relati vi impianti. Questa percentuale è superiore a quanto riportato negli studi analitici citati in premessa (che prevedono un intervallo di oscillazione compreso fra il 3% e l’8%). Ciò però era noto al tavolo tecnico della compensazione della mobilità sanitaria ed è stato voluto come segnale di riconoscimento e di incentivazione dell’attività in parola. Rispetto all’intero debito del Ser vizio sanitario provinciale per la mobilità sanitaria passiva dell’anno 1999 - Lire 82,1 miliardi - la spesa per i trapianti corrisponde al 2,7% circa. La convenzione con l’ospedale di Innsbruck Come noto i Trentini, in forza di una specifica convenzione, possono ac cedere alle prestazioni di trapianto presso il Landeskrankenhaus di In nsbruck (si veda Michelini, pag. 73 e segg.). In merito si osserva che anche in Austria è stato introdotto dal 1997 il sistema di finanziamento degli ospedali in base alle prestazioni erogate. Il sistema presenta però alcune differenze di impostazione rispetto al modello italiano dei DRG ROD per cui viene imputata all’area
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dei costi da finanziare con le tariffe predeterminate un volume superio re di funzioni ed attività connesse al ricovero. Il sistema austriaco si basa su un punteggio assegnato a 916 Casi Dia gnostici correlati alle Prestazioni (CDP) cui si affianca un punteggio aggiuntivo per eventuali prestazio ni speciali e correttivi a seconda dell’impegno che ha comportato il singolo ricovero. Il sistema è ugua le su tutto il territorio nazionale e viene rielaborato ed aggiornato an nualmente. Il punteggio assegnato ad ogni raggruppamento può varia re in relazione al tipo di ospedale, alla dotazione di personale e di at trezzature, al grado di utilizzo, etc). Un algoritmo particolare (punteg gio giornaliero decrescente) è adot tato per remunerare i ricoveri con durata superiore a quella di riferi mento. Ad ogni punto è corrisposto nel 1999 l’importo di circa 162 lire. Il CDP è individuato direttamente da 596 gruppi di diagnosi principa li o da 320 gruppi di singole pre stazioni mediche. Quando vi sono più prestazioni mediche vi è un sup plemento di punteggio. Fra le pre stazioni speciali cui viene attribui to un punteggio aggiuntivo vi è, per quanto ora di rilievo, anche il rico vero in reparti di terapia intensiva. In sostanza, il modello dei DRG italiano è orientato a garantire non tanto che la singola tariffa sia con grua rispetto al singolo caso di ri covero ma piuttosto che la singola tariffa consenta il finanziamento dell’ospedale perché mediamente congrua rispetto ai costi mediamen te osservati per la tipologia di rico 121
Le prestazio ni beneficiate a Innsbruck nel 1999 DESCRIZIONE PRESTAZIONE
N. casi
(Impo rti in migliaia di lire) N. gg. degenza
Punti
TR APIANTO DI FEGATO
3
84
885.753
143.308
TR APIANTO R ENALE
1
28
187.361
30.313
Altre attivit di ricovero e specialistich e relative ai trentini gi trapiantati o in lista di attesa presso l’os pedale di innsbruck nel 1999
305.207
L’analisi economica
TOTALE (fonte: elaborazion e dati comunicati dall’ Azienda provinciale per i servizi sanitari Dis tretto di Trento)
122
Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
Importo
veri a cui si riferisce. Il modello austriaco di pagamen to prospettico è decisamente più orientato a garantire sempre una maggiore corrispondenza fra i costi legati al singolo caso di ricovero ed il relativo compenso. Ciò solo è suf ficiente a giustificare perché il tra pianto di rene erogato dalla Regio ne Lombardia è costato alla Provin cia sempre 24 milioni circa, sia che abbia avuto una durata di 15 giorni sia che sia durato il doppio. E da ciò si comprende il motivo per cui a parità di prestazione ogni trapian to eseguito ad Innsbruck è stato addebitato al Servizio sanitario pro vinciale ad un costo diverso. La tabella 4 indica l’attività ese guita nel 1999 a favore degli assi stiti del Servizio sanitario provin ciale, i cui costo complessivo è ri sultato di circa mezzo miliardo di lire. In conclusione gli interventi di trapianto di organi eseguiti in assi stenza diretta, sia in Italia che pres so la clinica di Innsbruck, hanno comportato una spesa nel 1999 di
478.828
lire 2,7 miliardi, pari al 3,2% circa della mobilità sanitaria passiva del Servizio sanitario provinciale. Problemi aperti e sviluppi futuri dell’istituto della compensazione della mobilità sanitaria interregionale Per l’anno 2000 i referenti regio nali della compensazione della mo bilità sanitaria interregionale stan no riproponendo alla Conferenza Stato-Regioni l’adozione di un ta riffario unico convenzionale per il pagamento delle prestazioni di ri covero, ai sensi delle ricordate di sposizioni del d. lgs. 229/99. Contestualmente hanno conclu so l’istruttoria per l’aggiornamento di alcuni DRG fra quelli che nell’ul timo triennio si sono dimostrati più distanti dalla corretta copertura dei costi di erogazione. Per quanto riguarda i trapianti la proposta di adeguamento, che sarà a breve valutata in sede politica, è sintetizzata nella tabella 5.
Tabella 4 (Fonte: elaborazione dati comunicati dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari)
Ciò comporterà per il Servizio sanitario provinciale un maggior onere stimato, a parità di attività, in lire 635 milioni di lire (+23%). Un problema aperto, anche se a carattere del tutto marginale, riguar da la corretta gestione dell’onere aggiuntivo connesso al trapianto, relativo alle prestazioni di osserva zione, espianto e trasporto dell’or gano. Attualmente le disposizioni vi genti della compensazione prevedo no la tariffa di lire 5.500.000.= per singolo organo, analogamente a quanto regolamentato in materia dalla Regione Veneto. Se non vi è la prestazione di tra sporto, ma solo l’osservazione ed il
prelievo, la tariffa prevista corri sponde a quella recata dal citato D.M. 30 giugno 1997 ed ammonta a lire 4.884.000.= La prestazione in parola deve es sere considerata quale cessione di servizi da parte della Azienda sani taria che effettua l’osservazione ri spetto all’Azienda sanitaria che ef fettua il trapianto. La disciplina funziona quando l’attività di espianto e trapianto avviene nella medesima struttura ospedaliera o quando, se ciò non si è verificato, l’equipe che ha esegui to l’espianto è diversa da quella che eseguirà il trapianto. L’attuale regolamentazione non tiene invece conto che nella mag-
Tabella 5 Le pro post e di adeguamento delle tariffe per l’anno 2000 DRG
Descrizione
(Importi in migliaia di lire)
Tariffa DM 30.06.1997
Tariffario Unico Convenzio nale
75
INTERVENTI MAGGIORI SUL TORACE E CODICE INTERVENTO 33.5 - (TRAPIANTO DI POLMONE)
14.200
96.750 (1)
103
TRAPIANTO CARDIACO
96.750
96.750
302
TRAPIANTO RENALE (compreso eventualmente il pancreas )
70.950
70.950
480
TRAPIANTO DI FEGATO
118.000
125.000
481
TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO
80.000
85.731
191
Con codice procedura 52.8 = TRAPIANTO DI PANCREAS
22.871
42.871
192 292
14.143 15.095
34.143 35.095
293
9.763
29.763
(gi a decorrere dal 1.1.99)
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123
L’analisi economica
gior parte dei casi l’equipe che ese gue l’espianto corrisponde a quella che eseguirà il successivo trapianto ed è esterna alla Struttura dove si trova il donatore. Sorgono così dubbi circa il riparto della tariffa di 5,5 milioni fra equipe esterna e Azien da presso cui è avvenuto l’espian to. Questo problema dovrà essere affrontato al più presto nelle previ ste sedi tecniche e politiche.
124
Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 4
In conclusione si ritiene che vi siano margini consistenti di recu pero di efficienza puntando, in par ticolare, sul perfezionamento dei protocolli sanitari di intervento, unica variabile che rimane nel pie no dominio del Servizio sanitario, con margini di miglioramento, si è visto, di tutto riguardo. Per quanto riguarda il Servizio sanitario della Provincia autonoma di Trento (473.000 abitanti), l’atti vità di trapianto ha comportato nel 1999 una spesa di oltre 2,7 miliardi che è destinata a crescere per due ordini di fattori: a) l’aumento del numero delle pre stazioni secondo un trend posi tivo che è destinato a migliorare anche in relazione alle compa gne informative e di sensibiliz zazione verso la donazione; b) l’aumento delle tariffe in base all’accordo sul tariffario unico convenzionale da adottare per la compensazione della mobilità sa nitaria interregionale. Si stima quindi che per l’anno 2000 la spesa risulterà almeno di 3,3 mi liardi, con una incidenza sul dato della mobilità sanitaria passiva di oltre 4 punti percentuali.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Angelo Ghirardini, Attività di donazione e trapianto d’orga ni - Elementi per l’analisi del processo di produzione. Editri ce Compositori - 1999 [2] AA.VV, F.I.T.O. - Fondazione per l’incremento dei trapianti d’or gano, Il costo del trapianto d’organo. Azienda ospedaliera universitaria Padova - 1999 [3] Giuseppe Clerico, Roberto Za nola, Analisi economica dei trapianti: una rassegna dei pro blemi. Mecosan n. 28 [4] Luigi Mittone, Analisi econo mica dei trapianti d’organo di Lombardia. Franco Angeli edi tore. 1993 [5] AA.VV. A cura di Tommaso Lan giano, DRG: Strategie, valuta zione, Monitoraggio. Il Pensie ro Scientifico Editore - 1997
Guido Baldessarelli è funzionario del Servizio Economia sanitaria della Provincia Autonoma di Trento