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Anno XLVII - N. 1 GENNAIO-MARZO 2011 anno xlvii N. 1
Prezzo A 40,00
padova cedam 2011
Pubbl. Trimestrale - Tariffa R.O.C.: Poste italiane s.p.a. - Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 1, DCB Milano
INDICE DEL FASCICOLO (Anno XLVII, n. 1, gennaio-marzo 2011) Rivista di Diritto Internazionale Privato e Processuale
DOTTRINA T. Scovazzi, Dal Melqart di Sciacca all’atleta di Lisippo .......................................... (From Sciacca’s Melqart to Lisippo’s Athlete) S. Bariatti, Le azioni collettive dell’art. 140-bis del codice del consumo: aspetti di diritto internazionale privato e processuale .......................................................... (Collective Redress under Art. 140-bis of the Italian Consumer Code: Private International Law Profiles) C. Ricci, La legge applicabile al divorzio tra cittadini di Stati plurilegislativi: prassi italiana e nuove norme europee ............................................................................ (The Law Applicable to Divorce between Citizens of Plurilegislative States: Italian Case-Law and New European Rules) S. Tonolo, La sottrazione dei minori nel diritto processuale civile europeo: il regolamento Bruxelles II-bis e la convenzione dell’Aja del 1980 a confronto .......... (Child Abduction in E.U. Civil Procedure: A Comparison between the Brussels IIa Regulation and the 1980 Hague Convention)
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COMMENTI Y. Gan, The Newly Enacted Law on the Applicable Laws of Foreign-Related Civil Relations in P.R. China ......................................................................................... O. Feraci, Riconoscimento ed esecuzione all’estero dei provvedimenti provvisori in materia familiare: alcune riflessioni sulla sentenza Purrucker .............................. (Recognition and Enforcement of Provisional Measures in Family Matters Abroad: Some Remarks on the Purrucker Judgment)
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GIURISPRUDENZA ITALIANA Beni culturali – Ritrovamento di una statua greca in alto mare – Art. 4, comma secondo cod. pen. – Art. 4 cod. nav. – Convenzione di Ginevra del 29 aprile 1958 – Artt. 7-13 – Convenzione di Montego Bay del 10 dicembre 1982 – Art. 92 – Potesta` sulle navi in alto mare – Stato della bandiera – Principio di diritto internazionale – Nave italiana – Legge italiana – Applicabilita`: Tribunale pen. di Pesaro, ordinanza 12 giugno 2009 ........................................................................ Capacita` delle persone – Cittadini italiani residenti all’estero – Potere del console di nominare un amministratore di sostegno – D.p.r. 5 gennaio 1967 n. 200 sulle
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funzioni e i poteri consolari – Art. 34 – Mancata menzione di tale potere – Questione di legittimita` costituzionale – Contrasto con gli artt. 3, 24, 25 e 32 Cost. – Manifesta infondatezza: Corte Costituzionale, 18 febbraio 2010 n. 51 ..
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Contratti – Appalto – Azione per il pagamento del corrispettivo dovuto all’appaltatore – Legge applicabile – Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 – Art. 4 – Legge dello Stato in cui e` situata la sede dell’appaltatore, che fornisce la prestazione caratteristica – Applicabilita`: Tribunale di Monza, 22 giugno 2009 ...................
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Diritti reali – Trasferimento all’estero di una statua greca rinvenuta al di fuori delle acque territoriali italiane, da parte di una nave battente bandiera italiana – L. 31 maggio 1995 n. 218 – Art. 51 – Luogo in cui il bene si trovava al tempo del trasferimento – Legge italiana – Applicabilita` – Artt. 826 e 828 cod. civ. – L. 1º giugno 1939 n. 1089 – Artt. 23 e 24 – Inalienabilita` in assenza di autorizzazione – D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 – Artt. 54 comma 2 lett. a e 61 – Inalienabilita` assoluta – Legge n. 1089/1939 – Art. 35 – Nullita` del trasferimento – Art. 240 cod. pen. – D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 – Art. 174 – Ordine di confisca – Legittimita`: Tribunale pen. di Pesaro, ordinanza 10 febbraio 2010 ....................
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Diritto straniero – L. 31 maggio 1995 n. 218 – Giudizio introdotto prima della sua entrata in vigore – Contratto preliminare e contratto di costituzione di una societa` da istituire in Tunisia – Accertamento del diritto straniero – Onere di allegazione in capo alla parte interessata: Corte di Cassazione, 19 aprile 2010 n. 9276 ........................................................................................................................
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Giurisdizione – Domanda di divorzio presentata congiuntamente da due coniugi indiani residenti abitualmente in Italia – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Art. 7 – Norme sulla giurisdizione previste dal diritto nazionale – L. 31 maggio 1995 n. 218 – Art. 32 – Valenza residuale – Inapplicabilita` – Art. 3 par. 1 lett. a del regolamento – Applicabilita` – Giurisdizione italiana – Sussistenza: Tribunale di Belluno, 6 marzo 2009 ......................................................................................
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Giurisdizione Domanda di divorzio presentata da una cittadina italiana contro un cittadino spagnolo L. 31 maggio 1995 n. 218 Art. 32 Giurisdizione italiana Sussistenza: Tribunale di Firenze, 18 maggio 2009 ............................
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Giurisdizione – Contratto di appalto – Azione per il pagamento del corrispettivo – Convenuto domiciliato in Svizzera – Convenzione di Lugano del 16 settembre 1988 – Art. 5 n. 1 – Luogo di esecuzione dell’obbligazione di pagamento in base alla legge applicabile al contratto – Localizzazione in Italia – Giurisdizione italiana – Sussistenza: Tribunale di Monza, 22 giugno 2009 ...................................
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Giurisdizione Domanda di divorzio presentata da una cittadina italiana avente anche cittadinanza statunitense Convenuto cittadino statunitense L. 31 maggio 1995 n. 218 Art. 32 Giurisdizione italiana Sussistenza: Tribunale di Tivoli, 4 agosto 2009 .........................................................................................
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Giurisdizione – Controversia relativa a un rapporto di lavoro tra un assistente di volo e una compagnia aerea belga – Regolamento (CE) n. 44/2001 – Art. 19 n. 2 lett. a – Luogo in cui il lavoratore presta abitualmente la propria attivita` – Esecuzione del lavoro su aerei battenti bandiera belga – Giurisdizione del giudice belga – Giurisdizione italiana – Insussistenza: Corte di Cassazione (s.u.), ordinanza 20 agosto 2009 n. 18509 .............................................................................................
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Giurisdizione – Lite pendente avanti ad arbitro estero – L. 31 maggio 1995 n. 218 – Art. 7 – Inapplicabilita`: Corte di Cassazione, 25 settembre 2009 n. 20688 .......
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Matrimonio – Matrimonio tra cittadina italiana e cittadino straniero – Art. 116, primo comma cod. civ., modificato dalla l. 15 luglio 2009 n. 94 – Necessita` del permesso di soggiorno – Richiesta di rinnovo dopo tre anni dalla scadenza – Rifiuto dell’ufficiale di stato civile di celebrare il matrimonio – Illegittimita`: Tribunale di Ragusa, decreto 16 aprile 2010 .............................................................................
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Nave – Ritrovamento di una statua greca in alto mare – Art. 4, comma secondo cod. pen. – Art. 4 cod. nav. – Convenzione di Ginevra del 29 aprile 1958 – Artt. 7-13 – Convenzione di Montego Bay del 10 dicembre 1982 – Art. 92 – Potesta` sulle navi in alto mare – Stato della bandiera – Principio di diritto internazionale – Nave italiana – Legge italiana – Applicabilita`: Tribunale pen. di Pesaro, ordinanza 12 giugno 2009 ......................................................................................................
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Ordinamenti plurilegislativi – Domanda di divorzio presentata da coniugi cittadini di uno Stato plurilegislativo su base personale – Legge applicabile – L. 31 maggio 1995 n. 218 – Artt. 31 e 18 – Applicabilita` – Richiesta congiunta di due coniugi indiani di fede indu´ per l’immediata cessazione degli effetti civili del matrimonio – Regole di soluzione dei conflitti di legge interpersonali nell’ordinamento indiano – Hindu Marriage Act del 1955 – Applicabilita` – Contrarieta` all’ordine pubblico – Esclusione: Tribunale di Belluno, 6 marzo 2009 ...............................
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Ordine pubblico – Domanda di divorzio presentata da coniugi cittadini di uno Stato plurilegislativo su base personale – Legge applicabile – L. 31 maggio 1995 n. 218 – Artt. 31 e 18 – Applicabilita` – Richiesta congiunta di due coniugi indiani di fede indu´ per l’immediata cessazione degli effetti civili del matrimonio – Regole di soluzione dei conflitti di legge interpersonali nell’ordinamento indiano – Hindu Marriage Act del 1955 – Scioglimento di matrimonio induista trascritto solo nei registri in India – Mancanza di precedente sentenza di separazione – Art. 16 della legge n. 218/1995 – Contrarieta` all’ordine pubblico – Esclusione – Allegazione dell’impossibilita` di ricostituire la comunione di vita – Sufficienza – Applicabilita`: Tribunale di Belluno, 6 marzo 2009 ...........................................
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Ordine pubblico Domanda di divorzio proposta da una cittadina italiana L. 31 maggio 1995 n. 218 Art. 31 Legge dello Stato di prevalente localizzazione della vita matrimoniale Legge spagnola Divorzio su richiesta di un solo coniuge dopo soli tre mesi dal matrimonio senza previa separazione Contrarieta` all’ordine pubblico Esclusione: Tribunale di Firenze, 18 maggio 2009 .
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Procedimento civile – Riconoscimento giudiziale di una sentenza canadese – L. 31 maggio 1995 n. 218 – Art. 64 ss. – Legalizzazione – Necessita`: Corte di Appello di Roma, 13 gennaio 2010 .........................................................................................
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Procedimento penale – Mandato d’arresto europeo – Decisione quadro 2002/584/ GAI – Legge di attuazione 22 aprile 2005 n. 69 – Art. 19 lett. c – Consegna condizionata alla prestazione di particolari garanzie da parte dello Stato membro di emissione – Residenza del soggetto interessato nel territorio dello Stato italiano – Nozione – Assimilazione dello status di straniero residente a quello di cittadino ai fini del rifiuto della consegna – Esclusione: Corte di Cassazione pen., 19 gennaio 2010 n. 2950 .......................................................................................
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Procedimento penale – Mandato d’arresto europeo – Decisione quadro 2002/584/ GAI – Legge di attuazione 22 aprile 2005 n. 69 – Art. 19 lett. c – Consegna condizionata alla prestazione di particolari garanzie da parte dello Stato membro di emissione – Residenza del soggetto interessato nel territorio dello Stato italiano – Nozione – Assimilazione dello status di straniero residente a quello di
cittadino ai fini della negazione del rifiuto – Esclusione: Corte di Cassazione pen., 19 gennaio 2010 n. 2951 .......................................................................................
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Regolamento (CE) n. 44/2001 – Controversia relativa a un rapporto di lavoro tra un assistente di volo e una compagnia aerea belga – Art. 19 n. 2 lett. a – Luogo in cui il lavoratore presta abitualmente la propria attivita` – Esecuzione del lavoro su aerei battenti bandiera belga – Giurisdizione del giudice belga: Corte di Cassazione (s.u.), ordinanza 20 agosto 2009 n. 18509 ..................................................
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Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Art. 7 – Domanda di divorzio presentata congiuntamente da due coniugi indiani residenti abitualmente in Italia – Norme sulla giurisdizione previste dal diritto nazionale – L. 31 maggio 1995 n. 218 – Art. 32 – Valenza residuale – Inapplicabilita` – Art. 3 par. 1 lett. a del regolamento – Applicabilita`: Tribunale di Belluno, 6 marzo 2009 ..............................................
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Sentenze ed atti stranieri – Efficacia in Italia – Sentenza di divorzio resa in Marocco – L. 31 maggio 1995 n. 218 – Art. 67 – Interesse ad agire – Sussistenza – Art. 64 lett. a – Requisiti – Accertamento della competenza indiretta del giudice del luogo di celebrazione del matrimonio – Sussistenza – Art. 64 lett. d – Passaggio in giudicato della sentenza straniera – Certificazione di notai di diritto musulmano – Sussistenza – Art. 64 lett. g – Sentenza di divorzio senza preventiva pronuncia di separazione personale – Contrasto con l’ordine pubblico – Esclusione – Affidamento congiunto del figlio minore a entrambi i genitori – Contrasto con l’ordine pubblico – Esclusione – Mancata previsione del doppio grado di giurisdizione – Contrasto con l’ordine pubblico – Esclusione: Corte di Appello di Genova, 7 novembre 2009 ....................................................................................
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Sentenze ed atti stranieri – Efficacia in Italia – Sentenza canadese di divorzio – L. 31 maggio 1995 n. 218 – Art. 64 – Riconoscimento automatico – Istanza di riconoscimento giudiziale – Annotazione a margine dell’atto di matrimonio – Art. 67 – Necessita` – Esclusione – Carenza di interesse ad agire – Obbligo di legalizzazione della sentenza: Corte di Appello di Roma, 13 gennaio 2010 .....................
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Separazione personale e divorzio – Separazione personale tra un coniuge cittadino e uno straniero che ha acquistato anche la cittadinanza italiana – Legge applicabile – L. 31 maggio 1995 n. 218 – Art. 31 – Legge nazionale comune – Legge italiana: Corte di Cassazione, 7 luglio 2008 n. 18613 .........................................................
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Separazione personale e divorzio – Domanda di divorzio presentata da coniugi cittadini di uno Stato plurilegislativo su base personale – L. 31 maggio 1995 n. 218 – Artt. 31 e 18 – Applicabilita` – Richiesta congiunta di due coniugi indiani di fede indu´ per l’immediata cessazione degli effetti civili del matrimonio – Regole di soluzione dei conflitti di legge interpersonali nell’ordinamento indiano – Hindu Marriage Act del 1955 – Scioglimento di matrimonio induista trascritto solo nei registri in India – Mancanza di precedente sentenza di separazione – L. 31 maggio 1995 n. 218 – Contrarieta` all’ordine pubblico – Art. 16 – Esclusione – Allegazione dell’impossibilita` di ricostituire la comunione di vita – Sufficienza: Tribunale di Belluno, 6 marzo 2009 .....................................................................
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Separazione personale e divorzio Domanda di divorzio proposta da una cittadina italiana L. 31 maggio 1995 n. 218 Art. 31 Legge dello Stato di prevalente localizzazione della vita matrimoniale Residenza dei coniugi in Spagna Legge spagnola Applicabilita` Divorzio su richiesta di un solo coniuge dopo soli tre mesi dal matrimonio senza previa separazione Contrarieta` all’ordine pubblico Art. 16 – Esclusione: Tribunale di Firenze, 18 maggio 2009 ..........
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Separazione personale e divorzio Divorzio tra un cittadino italiano e un cittadino italo-statunitense L. 31 maggio 1995 n. 218 Art. 31 Legge nazionale comune Legge della Virginia Divorzio su richiesta delle parti qualora i coniugi abbiano vissuto separatamente senza coabitare continuativamente per un anno Applicabilita`: Tribunale di Tivoli, 4 agosto 2009 .............................
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Societa` ed altri enti – Contratto preliminare e contratto di costituzione di una societa` da istituire in Tunisia – Legge applicabile alla forma e alla sostanza – Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 – Art. 1 lett. e – Questione inerente al diritto delle societa` – Inapplicabilita` – Art. 25 disp. prel. – Inapplicabilita` – L. 31 maggio 1995 n. 218 – Art. 25 comma 2 lett. c – Legge del luogo in cui si perfeziona il procedimento di costituzione – Legge tunisina – Applicabilita`: Corte di Cassazione, 19 aprile 2010 n. 9276 ........................................................
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Sottrazione internazionale di minori – Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 – Nozione di residenza abituale del minore – Situazione di fatto: Corte di Cassazione, 16 giugno 2009 n. 13936 ............................................................................
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Sottrazione internazionale di minori – Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 – Nozione di residenza abituale del minore – Situazione di fatto: Corte di Cassazione, 15 marzo 2010 n. 6197 ...............................................................................
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Trattati e norme internazionali generali – Convenzione di Ginevra del 29 aprile 1958 – Artt. 7-13 – Convenzione di Montego Bay del 10 dicembre 1982 – Art. 92 – Ritrovamento di una statua greca in alto mare – Principio di diritto internazionale – Potesta` dello Stato della bandiera sulle navi in alto mare – Art. 4, comma secondo cod. pen. – Art. 4 cod. nav. – Stato della bandiera – Nave italiana – Legge italiana – Applicabilita`: Tribunale pen. di Pesaro, ordinanza 12 giugno 2009 ........................................................................................................................
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Trattati e norme internazionali generali – Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori – Nozione di residenza abituale del minore – Situazione di fatto: Corte di Cassazione, 16 giugno 2009 n. 13936 ........................................................................................................
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Trattati e norme internazionali generali – Convenzione di Lugano del 16 settembre 1988 – Art. 5 n. 1 – Contratto di appalto – Azione per il pagamento del corrispettivo – Convenuto domiciliato in Svizzera – Giurisdizione – Luogo di esecuzione dell’obbligazione di pagamento in base alla legge applicabile al contratto – Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 – Art. 4 – Legge dello Stato in cui e` situata la sede dell’appaltatore, che fornisce la prestazione caratteristica – Applicabilita`: Tribunale di Monza, 22 giugno 2009 .............................................
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Trattati e norme internazionali generali – Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori – Nozione di residenza abituale del minore – Situazione di fatto: Corte di Cassazione, 15 marzo 2010 n. 6197 ..........................................................................................................
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Trattati e norme internazionali generali – Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 – Art. 1 lett. e – Contratto preliminare e contratto di costituzione di una societa` da istituire in Tunisia – Legge applicabile alla forma e alla sostanza – Questione inerente al diritto delle societa` – Inapplicabilita`: Corte di Cassazione, 19 aprile 2010 n. 9276 ..........................................................................................................
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GIURISPRUDENZA DELL’UNIONE EUROPEA Regolamento (CE) n. 1347/2000 – Ambito temporale di applicazione – Causa di divorzio promossa dinanzi a un giudice di uno Stato prima che quest’ultimo diventi uno Stato membro dell’Unione europea – Applicabilita` del regolamento – Esclusione: Corte di giustizia, ordinanza 17 giugno 2010 nella causa C-312/09
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Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Sottrazione internazionale di minori – Art. 10 lett. b, n. iv – Nozione di « decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore » – Decisione definitiva resa dal giudice competente sulla disciplina della questione dell’affidamento del minore, passibile di una revisione o un riesame periodico – Provvedimento provvisorio – Riconducibilita` alla nozione suddetta – Esclusione – Possibile fondamento di un trasferimento di competenza ai giudici dello Stato membro verso il quale il minore e` stato illecitamente trasferito – Esclusione – Decisione del giudice competente che disponga il ritorno del minore – Art. 11 par. 8 – Precedente decisione definitiva adottata dal medesimo giudice sul diritto di affidamento del minore – Necessita` – Esclusione – Decisione certificata che dispone il ritorno di un minore emessa dal giudice competente dello Stato membro di origine – Esecuzione in un altro Stato membro – Art. 47 par. 2, secondo comma – Decisione emessa successivamente nello Stato membro di esecuzione, che attribuisca un diritto di affidamento provvisorio e sia esecutiva ai sensi della legge di tale Stato – Opponibilita` all’esecuzione della prima decisione – Esclusione – Mutamento delle circostanze, sopravvenuto dopo l’emanazione della prima decisione – Sua deducibilita` soltanto dinanzi al giudice competente dello Stato membro di origine – Competenza di tale giudice anche per l’eventuale domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione – Motivo ostativo all’esecuzione della decisione nello Stato membro richiesto – Esclusione: Corte di giustizia, 1º luglio 2010 nella causa C-211/10 PPU ..............................
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Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Provvedimenti provvisori o cautelari – Art. 20 – Provvedimenti adottati da giudici che non siano competenti in base al regolamento – Ambito di applicazione esclusivo – Controllo della competenza dell’autorita` giurisdizionale d’origine – Art. 24 – Divieto – Presupposto – Accertamento espresso da parte del giudice dello Stato di origine della propria competenza ai sensi del regolamento – Giudici degli altri Stati membri – Accertamento del fondamento sul quale il primo giudice ha basato la sua competenza – Esclusione dal suddetto divieto – Decisione non attestante inequivocabilmente la competenza nel merito del giudice dello Stato di origine – Potere di verificare se da tale decisione emerge che quest’ultimo giudice ha inteso fondare la propria competenza sul regolamento – Sussistenza – Sistema di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni – Art. 21 ss. – Provvedimenti provvisori, in materia di diritto di affidamento, rientranti nell’art. 20 – Applicabilita` – Esclusione: Corte di giustizia, 15 luglio 2010 nella causa C-256/09 ....................................................................
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Stato delle persone – Nozione di « coniuge superstite » di un defunto ex funzionario dell’Unione – Art. 79 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea e art. 18 dell’allegato VIII dello stesso Statuto – Interpretazione autonoma – Esclusione – Riferimento al diritto degli Stati membri – Necessita` di determinare la legge applicabile – Esclusione – Riconoscimento da parte di un’istituzione dell’Unione della qualita` di coniuge superstite di un’unica ex funzionaria deceduta a due persone, ai fini della concessione di un vantaggio economico – Conseguenze – Accettazione, a livello dell’Unione, della poligamia – Esclusione – Incompatibilita` con l’ordine pubblico dell’Unione – Esclusione: Tribunale della funzione pubblica, sentenza 1º luglio 2010 nella causa F-45/07 .........................................
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DOCUMENTAZIONE Regolamento (UE) n. 1259/2010 del Consiglio, del 20 dicembre 2010, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale ....................................................................
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La legge di diritto internazionale privato della Repubblica popolare cinese (decreto del Presidente della Repubblica popolare cinese 28 ottobre 2010) ....................
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Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/909/GAI sull’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali (d.lgs. 7 settembre 2010 n. 161) ...........................................................................
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NOTIZIARIO Dalla pratica legislativa, giudiziaria e internazionale. Trattati internazionali entrati in vigore per l’Italia (secondo i comunicati apparsi nella Gazzetta Ufficiale dal novembre 2010 al gennaio 2011) – Stato delle ratifiche e adesioni delle convenzioni dell’Aja in vigore – Ratifica della convenzione di Lugano del 2007 da parte della Svizzera – Direttiva sul diritto ad un interprete e alla traduzione nei procedimenti penali – Convenzione fra UE e Giappone sull’assistenza giudiziaria in materia penale – Protocollo tra Comunita` europea e Libano per la risoluzione delle controversie relative all’accordo euro mediterraneo – Nuovi provvedimenti relativi a misure restrittive nei confronti di Costa d’Avorio, Iran, Repubblica democratica del Congo, Repubblica di Guinea, Repubblica popolare democratica di Corea, Sierra Leone, Somalia – Modifiche al codice dell’ambiente – Norme di attuazione della convenzione « Bunker Oil » – Libro verde in tema di libera circolazione dei documenti pubblici e riconoscimento degli effetti degli atti di stato civile – Due raccomandazioni del Consiglio d’Europa in tema di statuto personale e di cittadinanza dei minori .....................................................
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Segnalazioni. Ventesima riunione del Gruppo europeo di diritto internazionale privato (Copenhagen, 17-19 settembre 2010) ...........................................................
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RASSEGNA BIBLIOGRAFICA M. Belolo Carabot, Les fondements juridiques de la citoyennete´ europe´enne (R. Clerici) ....................................................................................................................
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COMITATO SCIENTIFICO Nerina BOSCHIERO, Universita` di Milano - Gerardo BROGGINI, Universita` cattolica S. Cuore - Giorgio CONETTI, Universita` dell’Insubria - Benedetto CONFORTI, Universita` di Napoli - Claudio d’AGOSTINO, cons. Corte di Appello di Milano - Antonietta DI BLASE, Universita` di Roma Tre - Bernard DUTOIT, Universita` di Lausanne - Paolo FOIS, Universita` di Sassari - Erik JAYME, Universita` di Heidelberg - Franz MATSCHER, Universita` di Salzburg Bruno NASCIMBENE, Universita` di Milano - Laura PICCHIO FORLATI, Universita` di Padova - Alberto SANTA MARIA, Universita` di Milano - Tullio SCOVAZZI, Universita` di Milano Bicocca - Gabriella VENTURINI, Universita` di Milano - Piero ZICCARDI, em. Universita` di Milano. REDAZIONE Roberta CLERICI, Redattore capo Stefania BARIATTI Alberto MALATESTA - Marco FRIGESSI di RATTALMA - Costanza HONORATI Maria Caterina BARUFFI - Paolo BERTOLI - Cristina CAMPIGLIO - Luigi FUMAGALLI - Paola IVALDI - Marco PEDRAZZI - Chiara RAGNI Carola RICCI - Lidia SANDRINI - Alberto SARAVALLE - Michele TAMBURINI - Francesca TROMBETTA-PANIGADI - Gaetano VITELLINO Francesca VILLATA, Segretaria di redazione Collaboratore tecnico: Chiara Pozzi La DIREZIONE e la REDAZIONE sono presso l’Istituto di diritto internazionale dell’Universita` degli Studi di Milano (Via Festa del Perdono 7, 20122 Milano - tel. 50312771 - 50312770 - 50312773 - fax 50312772), sotto i cui auspici la rivista e` pubblicata. Al prof. Fausto Pocar, a questo indirizzo, vanno inviati dattiloscritti, pubblicazioni in cambio, libri per recensione e corrispondenza. Ai collaboratori verra` inviato un file pdf con il testo dell’estratto. La rivista esce in fascicoli trimestrali. Ogni annata e` corredata di indici in italiano e in inglese. Tutti gli indici annuali e gli archivi delle rubriche della rivista sono reperibili al sito www.dirppie.unimi.it/rivista/rivista_home.htlm Il pagamento potra` essere effettuato tramite incaricati della Casa Editrice sottoscrivendo l’apposita ricevuta intestata a WKI Srl – Cedam oppure con un versamento intestato a WKI Srl – Cedam – Viale dell’Industria, 60 – 35129 Padova, utilizzando una delle seguenti modalita`: Conto corrente postale 205351; Bonifico Cassa di Risparmio del Veneto Agenzia di Padova via Valeri - CIN C - ABI 06225 - CAB 12163 - n. c/c 047084250184 - IBAN IT 30 C 06225 12163 047084250184; Carta di credito Visa, Master Card, Carta Sı`, American Card, American Express, Diners Club, Eurocard specificando il numero e la data di scadenza. Abbonamento 2011
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RIVISTA DI
DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO E PROCESSUALE fondata da MARIO GIULIANO
diretta da FAUSTO POCAR (responsabile)
TULLIO TREVES
Ord. nell’Univ. di Milano
Ord. nell’Univ. di Milano
SERGIO M. CARBONE
ANDREA GIARDINA
Ord. nell’Univ. di Genova
Ord. nell’Univ. di Roma
RICCARDO LUZZATTO
FRANCO MOSCONI
Ord. nell’Univ. di Milano
Ord. nell’Univ. di Pavia
Anno XLVII - 2011
proprieta` letteraria riservata
Copyright 2011 Wolters Kluwer Italia Srl
Stampato in Italia - Printed in Italy grafiche fiorini - via altichiero, 11 - verona
DOTTRINA
TULLIO SCOVAZZI professore ordinario nell’universita` degli studi di milano-bicocca
DAL MELQART DI SCIACCA ALL’ATLETA DI LISIPPO Sommario: 1. Il Melqart di Sciacca. – 2. L’Atleta vittorioso. – 3. L’applicazione della legge dello Stato di bandiera. – 4. Un regime disastroso. – 5. Il diritto non applicabile. – 6. Un meccanismo di cooperazione.
1. In acque dove il patrimonio culturale sottomarino e` particolarmente ricco, come il Mediterraneo, puo` qualche volta capitare di pescare reperti archeologici, invece che pesci. Casi suscitati da un simile evento miracoloso sono stati portati per due volte di fronte ai giudici italiani. Entrambi meritano considerazione, anche per gli aspetti internazionali che presentano. Come si legge in una sentenza resa dal Tribunale di Sciacca il 9 gennaio 1963, 1 «il Melqart di Sciacca... e` costituito da una statuetta bronzea, alta cm 38, rappresentante una divinita` fenicia, molto probabilmente, Melqart, dio del mare. Tale statuetta, dopo essere rimasta per circa trenta secoli sepolta nel fondo del mare Mediterraneo, venne casualmente alla luce nel gennaio del 1955, per essersi impigliata nella rete a strascico del motopeschereccio Angelina Madre», battente bandiera italiana. Il ritrovamento «dovette avvenire o ai bordi o a sud dei banchi di Graham, del banco Terribile e del banco Nerita, e cioe` a non meno di venti miglia dalla costa, ove appunto le carte nautiche e l’esperienza marinara indicano l’esistenza di fondali fangosi con dolce andamento batimetrico dai 31 ai 58 metri». Al Melqart, comparso avviluppato da spesse incrostazioni marine, non fu dapprima attribuita alcuna importanza, tanto che, senza dissensi di sorta, uno dei marinai, Vitale Santo, lo porto` a casa sua. Poi il Melqart fu visto per qualche mese nel piccolo negozio di generi alimentari gestito da Vitale Calogero, padre di Vitale Santo, nel rione San Michele di Sciacca. Vitale vendette il Melqart per 2.500 lire al suo vicino di casa, Tovagliari Giovanni o forse, ma il fatto e` tuttora incerto, lo baratto` con alcuni fiaschi di vino. Tovagliari fu il primo ad avere il sospetto che il Melqart avesse qualche
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In Foro it., 1963, I, 1317.
Rivista di Diritto Internazionale Privato e Processuale – N. 1-2011
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importanza e lo consegno` per un esame all’esperto di archeologia Chiappisi Stefano. Le ricerche di Chiappisi consentirono di accertare che il Melqart e` un rarissimo cimelio storico, di sicura fattura fenicia (secoli XI-IX a.C.), e analogo, ma forse piu´ prezioso perche´ piu´ alto, agli altri due soli esemplari esistenti al mondo: l’Adad, o Baal, di Minet el Beida, rinvenuto in Siria ed ora al museo del Louvre di Parigi, e l’Addad del Pelizeus o Reshef, conservato in Germania nel museo di Hildesheim. 2 Venuto a conoscenza del ritrovamento, il Soprintendente alle antichita` e belle arti della provincia di Agrigento chiese, in nome dello Stato, che il Melqart gli venisse consegnato. Secondo il diritto italiano, i beni culturali ritrovati fortuitamente appartengono allo Stato 3 e il ritrovatore ha diritto a un premio (art. 44 della legge 1 giugno 1939 n. 1089, allora applicabile, 4 oggi sostituita dal decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio). 5 Ma Tovagliari, per assicurare il Melqart al patrimonio storico cittadino, lo dono` al Comune di Sciacca, che lo accetto` con deliberazione del Consiglio comunale. Il Comune affido` il Melqart a mons. Aurelio Cassar, che lo custodiva gelosamente nella sezione storica della biblioteca comunale, opponendosi alle ulteriori richieste del Soprintendente, che nel frattempo aveva adito le vie giudiziarie. Nel procedimento instauratosi tra lo Stato e il Comune intervenne Scaglione Michele, l’armatore dell’Angelina Madre. Egli chiese che il Melqart fosse dichiarato di sua proprieta`, essendo stato rinvenuto da un suo natante al di la` del limite del mare territoriale italiano, 6 e ne ottenne il sequestro giudiziario. Il conseguente procedimento di convalida, che si instauro` di fronte al Tribunale di Sciacca, vide anche impegnati gli eredi del Tovagliari, nel frattempo deceduto, che sostenevano che il loro dante causa non avesse donato il Melqart al Comune, ma solo affidato in deposito.
2 Cfr. Camerata Scovazzo, Presentazione della statuetta bronzea di Reshef (Melqart), in Li Vigni, Tusa (a cura di), Strumenti per la protezione del patrimonio culturale marino. Aspetti archeologici, Milano, 2002, p. 1. 3 Oggi le competenze dello Stato in materia di beni culturali sono state devolute alla Regione siciliana. 4 Gazz. Uff. del Regno d’Italia, n. 184 dell’8 agosto 1939. In base all’art. 511 comma 2 del codice della navigazione (r.d. 30 marzo 1942 n. 327), il ritrovatore ha diritto a un compenso corrispondente alla terza parte del valore dell’oggetto di interesse archeologico ritrovato. 5 Gazz. Uff., suppl. ord. al n. 45 del 24 febbraio 2004. Il codice e` stato modificato dai d.lgs. 24 marzo 2006 n. 156 e 24 marzo 2006 n. 157. Per l’analisi della legislazione e della giurisprudenza italiana in proposito cfr. Sandulli (a cura di), Codice dei beni culturali e del paesaggio, Milano, 2006. 6 Allora il limite del mare territoriale italiano era di sei miglia nautiche, poi portato a dodici con la l. 14 agosto 1974, n. 359, in Gazz. Uff., n. 218 del 21 agosto 1974.
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Nella gia` citata sentenza del 1963, il Tribunale di Sciacca decise che lo Stato era il proprietario della statua. Secondo il Tribunale, un peschereccio battente bandiera italiana va considerato come territorio italiano, e quindi soggetto alla legge italiana, anche quando esso si trova in alto mare: «In tale norma e` evidente che per nave deve intendersi non soltanto uno scafo natante ma anche tutti i suoi accessori, dal pennone piu´ alto alla rete piu´ profonda che esso trascina, sicche´ appena una cosa mobile del fondo marino s’impiglia in tale rete, ed ancora prima che possa dirsi avvenuto qualunque atto di occupazione o possa dirsi tale cosa ‘scoperta’, essa deve ritenersi entrata nel territorio italiano, il che, gia` da tale momento, rende operante la norma di legge italiana e, quindi nella specie, acquisita la proprieta` della statuetta contesa da parte dello Stato».
Chiamato a decidere un caso per il quale non esistevano riferimenti normativi specifici o precedenti giurisprudenziali, il Tribunale elaboro` l’ingegnosa teoria del «prolungamento del prolungamento» del territorio italiano, 7 in modo da poter applicare, circa il diritto di proprieta` sulla statua, l’art. 4 del codice della navigazione («Le navi italiane in alto mare e gli aeromobili italiani in luogo o spazio non soggetto alla sovranita` di alcuno Stato sono considerati come territorio italiano»). E` stata cosı´ evitata l’applicazione in alto mare del criterio primo-arrivato-meglio-servito, che avrebbe giocato a esclusivo vantaggio degli interessi privati del proprietario della nave e a scapito dell’interesse pubblico verso la ricerca archeologica e l’esposizione dei beni culturali, che ispira il diritto italiano. Oggi il Melqart si trova al Museo regionale archeologico di Palermo. 2. Con ordinanze rese il 12 giugno 2009, 8 per quanto riguarda la questione della giurisdizione, e il 10 febbraio 2010, per quanto riguarda il merito, il Tribunale di Pesaro ha disposto la confisca della statua di bronzo dell’Atleta vittorioso, attribuita allo scultore Lisippo (nato intorno al 370 a.C.). La statua era stata ritrovata nell’agosto 1964, impigliata nelle reti del peschereccio Ferruccio Ferri, battente bandiera italiana e attivo nell’Adriatico centrale. Essa era stata introdotta in Italia (a Fano), tenuta nascosta per un certo tempo e poi esportata in violazione della legislazione italiana sui beni culturali. Dopo vari trasferimenti (a Monaco di Baviera, a Londra, forse in Brasile), l’Atleta vittorioso era entrato nel 1977 negli Stati Uniti (prima a Boston poi a Denver) ed era stato infine acquistato dal J. Paul Getty Museum di Los Angeles, dove e` oggi esposto. Sembra che il museo americano abbia pagato il prezzo di 3.950.000 dollari per comprare la statua da una societa` avente la nazionalita` lussemburghese che dichiarava di essere proprietaria del bene. 7 Ossia la teoria che la rete della nave e` il prolungamento della nave che e` il prolungamento del territorio italiano. 8 In questo fascicolo della Rivista, p. 149 ss.
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Gli aspetti penali del caso sono stati gia` decisi in passato da quattro sentenze, rese dal Tribunale e dalla Corte di Appello di Perugia, dalla Corte di Cassazione e dalla Corte di Appello di Perugia. Alla fine, gli imputati sono stati assolti, per mancanza di prove che la statua fossa stata ritrovata nel territorio italiano. Questo spiega perche´ le ordinanze recentemente pronunziate dal Tribunale di Pesaro riguardino la sola questione della confisca della statua. Le due ordinanze affrontano in modo approfondito complesse questioni di diritto penale, civile e amministrativo italiano, ivi compresi alcuni problemi intertemporali dovuti alla successione nel tempo di tre regimi sui beni culturali, 9 che non e` possibile riprendere in questa sede. Sulla questione dell’esistenza della giurisdizione italiana, il Tribunale constata che la statua e` stata «verosimilmente rinvenuta in acque non territoriali», come poteva essere dedotto dalle dichiarazioni rese all’epoca dai pescatori testimoni dell’evento, dall’analisi delle incrostazioni di molluschi trovate sulla statua 10 in relazione agli studi sulla morfologia sui fondali marini. Questo significa che la statua si trovava sul fondo mare, nei limiti della piattaforma continentale o dell’Italia o della Iugoslavia (ora Croazia), anche se non e` dato sapere da quale lato del confine marittimo. 11 Nell’ordinanza del 2009, il Tribunale, facendo uso del precedente della sentenza sul Melqart di Sciacca, conclude che il diritto italiano si applica agli oggetti ritrovati in alto mare da una nave battente la bandiera italiana: «in caso di rinvenimento in alto mare di relitti marini di pregio storico ed artistico da parte di una nave battente bandiera italiana, come avvenuto nel caso di specie, si applica la legge italiana ed, in particolare, le norme nazionali in materia di beni culturali».
Da questo deriva la conseguenza che la statua era divenuta proprieta` dello Stato sin dal momento del suo ritrovamento. Secondo il Tribunale, le disposizioni speciali del diritto italiano sul carattere inalienabile dei beni appartenenti al demanio pubblico 12 prevalgono sulle disposizioni generali
9 Oltre ai due atti legislativi gia` citati (supra, note 4 e 5), una normativa organica sui beni culturali era stata adottata con il d.lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, in Gazz. Uff., suppl. ord. al n. 302 del 27 dicembre 1999. 10 Nel corso dei suoi vari spostamenti, si era staccato dalla statua un frammento di incrostazioni marine, che era stato conservato da una delle persone implicate nel caso e poi consegnato alle autorita` italiane. La polizia aveva anche recuperato una fotografia della statua, come essa appariva al momento del ritrovamento. Anche sulla base di questi elementi il Tribunale di Pesaro ha potuto concludere che l’atleta vittorioso esposto al J. Paul Getty Museum si identifica con la statua trovata nel 1964 dalla Ferruccio Ferri. 11 Il confine tra le due piattaforme continentali e` stato definito con un trattato firmato l’8 gennaio 1968 da Italia e Iugoslavia (Gazz. Uff., n. 302 del 29 novembre 1969). 12 Cfr. in particolare l’art. 23 della citata legge n. 1089 del 1939, allora applicabile («Le cose indicate negli articoli 1 e 2 sono inalienabili quando appartengono allo Stato o ad altro
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del codice civile sui diritti dell’acquirente in buona fede (art. 1153) e sulla prescrizione (art. 1161). Questa conclusione e` confermata da diverse decisioni prese da organi giudiziari italiani in casi relativi alla confisca di beni culturali rubati o scavati illegalmente. Il Tribunale rileva che, secondo il diritto italiano, la confisca di certe categorie di beni, quali le cose di interesse storico e artistico esportate abusivamente, e` obbligatoria e non e` necessariamente legata alla condanna di coloro che sono stati imputati di un reato. Nell’ordinanza del 2010 il Tribunale affronta poi la semplice, ma spinosa, questione di come si possa ordinare la confisca di una cosa che e` gia` di proprieta` dello Stato. La risposta, legata al fatto che la cosa si trova all’estero, e` la seguente: «quando i beni si trovano all’estero, in territorio non soggetto alla sovranita` dello Stato Italiano, il diritto di proprieta` a titolo originario (derivante dalla natura di bene di interesse archeologico, che ne comporta l’assegnazione al patrimonio indisponibile dello Stato) risulta in concreto attuabile solo attraverso gli strumenti di cooperazione internazionale, che tuttavia spesso presuppongono un formale provvedimento di confisca, che, qualora concesso, verra` poi inviato all’Autorita` richiesta per un formale riconoscimento. «Si evidenzia infatti che proprio la previsione di un particolare meccanismo costituito da strumenti di natura civilistica e di diritto internazionale fondati su accordi specifici di assistenza e collaborazione tra Stati, conferma la necessita`, nel caso di detenzione all’estero del bene, di un preventivo provvedimento ablativo che lo Stato richiedente potra` far valere al fine di promuoverne l’azione di restituzione avanti al tribunale del luogo in cui si trova il bene sottratto o illecitamente esportato. Tale particolare tipo di azione per i beni illecitamente esportati che si trovino in uno Stato membro dell’Unione, e` disciplinata dagli artt. 75 ss. del Codice Urbani, mentre, se il bene e` stato rubato o illecitamente esportato in uno Stato che non fa parte dell’Unione, l’art. 87 del Codice Urbani rinvia alle disposizioni della convenzione UNIDROIT del 24 giugno 1995. «Nel caso di specie, il bene illecitamente esportato non si trova in uno Stato membro dell’Unione Europea e non appare neppure applicabile la Convenzione UNIDROIT richiamata dall’art. 87, in quanto non risulta che gli Stati Uniti abbiano mai ratificato il suddetto atto internazionale, di guisa che il provvedimento ablativo diventa titolo necessario per consentire allo Stato di rientrare in possesso del bene, atteso che lo Stato italiano non puo` autonomamente riconoscersi un titolo originario di proprieta`, quando non e` in grado di affermare la propria signoria sul bene, proprio perche´ si trova all’estero». 13
Rimane da vedere quale esecuzione sara` data dalle autorita` americane a un provvedimento di confisca disposto da un giudice italiano.
ente o istituto pubblico»), relativo alle «cose, immobili e mobili, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnografico» (art. 1). 13 Con il termine «Codice Urbani» l’ordinanza intende il citato d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, supra, nota 5. La convenzione UNIDROIT e` la convenzione sugli oggetti culturali rubati o esportati illegalmente (Roma, 1995).
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Per superare l’obiezione che la confisca non puo` avere luogo, se essa riguarda beni di un terzo estraneo al reato, 14 il Tribunale effettua un’accurata valutazione del comportamento tenuto dai curatori del J. Paul Getty Museum, concludendo che essi erano avevano dimostrato una gravissima negligenza. Essi avevano acquistato un oggetto di inestimabile valore importato dall’estero, senza alcun serio controllo sulla sua provenienza e senza verificare sulla base di quale titolo il venditore ne aveva acquisito il possesso: «Ad avviso del giudicante, le circostanze addotte dalla difesa non appaiono convincenti ed idonee a dimostrare la buona fede del Museo, nel senso sopra precisato, per la presenza di un dato oggettivo insuperabile: la mancanza del titolo originario di proprieta` del bronzo da parte dei suoi dante causa, precisamente, la societa` Etablissment DC/Artemis S.A per conto della quale agiva Herzer, che lo aveva acquistato dai venditori italiani. «Come si e` gia` evidenziato nella ricostruzione in fatto, i legali di Herzer e del Consorzio Artemis... inviavano... un parere in data 4 ottobre 1972 ‘‘sulla questione del bronzo greco’’... Affermavano i legali che la statua era stata acquistata da un loro cliente... in Brasile da un gruppo di venditori italiani, ai sensi di un contratto stipulato in data 9 giugno 1971... «Tale contratto non e` stato mai trasmesso, dai venditori Herzer-Artemis al Getty Museum, ne´ risulta che i legali e comunque i consulenti del Trust abbiano mai compiuto alcun accertamento al riguardo. Non solo non esiste il contratto di acquisto del bene da parte dei venditori, ma non c’e` nessun altro documento relativo alla transazione, che ne attesti la provenienza legittima dal Brasile, ammesso che l’acquisto dai venditori italiani si sia ivi perfezionato (visto che le indagini compiute al riguardo dai Carabinieri hanno dato esito negativo), dall’Italia o da qualsiasi altro Stato. «Non si tratta, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, di una circostanza di poco momento facilmente superabile attraverso la dichiarazione di veridicita` dei documenti trasmessi da parte di Herzer, nonche´, dalla notorieta` e presunta affidabilita` delle persone fisiche che facevano parte della societa` venditrice, perche´ e` solo esaminando l’atto di acquisto dei suoi venditori e tutti i documenti inerenti la prima transazione, che il Museum avrebbe potuto accertare la regolarita` della provenienza della statua. «Invece, il The J. Paul Getty Trust ha acquistato un’opera d’arte di inestimabile valore, senza compiere alcuna seria ed obiettiva verifica circa la legittimita` e liceita` della sua provenienza, accontentandosi semplicemente di alcuni pareri redatti non da un soggetto terzo, bensı´, dagli stessi legali dei venditori, chiaramente portatori di 14 Con sentenza 14 gennaio 1987 n. 2, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimita` costituzionale di due disposizioni di legge in tema di confisca, nella parte in cui esse prevedevano «la confisca di opere tutelate ai sensi della legge n. 1089 del 1939 che siano state oggetto di esportazione abusiva, anche quando risultino di proprieta` di un terzo che non sia autore del reato e non ne abbia tratto in alcun modo profitto». Oggi l’art. 174 comma 3 del d.lgs. n. 42 del 2004 prevede che il giudice dispone la confisca delle cose esportate illecitamente, «salvo che queste appartengano a persona estranea al reato».
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un preciso interesse economico alla conclusione dell’affare, senza compiere a mezzo dei propri esperti alcuna indagine diretta ed ufficiale presso le Autorita` italiane. «Trattasi di un comportamento viziato, quantomeno, da gravissima negligenza, atteso che i membri del Trust come, del resto, prima di loro, il signor J.Paul Getty Senior, erano perfettamente consapevoli, non solo, che il reperto era stato rinvenuto da pescatori italiani ed era stato introdotto nel territorio italiano, ma anche che i loro dante causa avevano acquistato il bene direttamente ‘‘dai venditori italiani imputati di ricettazione’’... «La verita` e` che il Getty Museum avrebbe potuto ricevere informazioni certe circa il titolo di acquisto e la legalita` dell’operazione, con due semplici richieste rivolte rispettivamente ai venditori Herzer-Artemis, con riferimento al titolo di acquisto ed alle Autorita` italiane, per verificare l’esistenza di autorizzazioni per il trasferimento del bene all’estero e di eventuali diritti sull’opera da parte dello Stato. «Al contrario, il museo ha preferito seguire una strada sicuramente meno obiettiva ed affidabile, rivolgendosi soltanto ai legali dei propri venditori, portatori dello specifico interesse speculativo dei loro clienti... «Trattasi di un comportamento che oltre a sollevare molte perplessita`, induce a ritenere che tali richieste non siano mai state effettuate dal Museo proprio nella consapevolezza del loro esito negativo... «In ogni caso, anche a voler ammettere che il Consiglio dei Fiduciari del Getty Museum abbia fatto affidamento sulle asserzioni di legalita` della transazione fatte da Herzer e dai suoi legali, e` comunque ravvisabile nella condotta del Getty Museum una grave negligenza, avendo omesso di eseguire qualsiasi tipo di controllo circa l’esistenza e la legittimita` del titolo di acquisto dei suoi dante causa, tanto piu´ ove si consideri che il Museo e` un soggetto particolarmente competente e qualificato, tenuto quindi ad assolvere un onere di diligenza piu´ attento e rigoroso rispetto a quello che si potrebbe pretendere da un soggetto non qualificato».
3. Il punto critico delle decisioni sul Melqart e sull’Atleta sta nel fatto che esse fanno applicazione della norma di diritto internazionale privato in base alla quale la proprieta` e` regolata dalla legge dello Stato dove si trova la cosa, estendendo la nozione di territorio alla nave che batte la bandiera di uno Stato. L’esistenza, nei due casi specifici, di una bandiera italiana porta all’applicazione di un insieme di norme basate sulla prevalenza dell’interesse pubblico alla tutela dei beni culturali rispetto agli interessi di soggetti privati, come il ritrovatore, il proprietario della nave, il venditore, l’intermediario o il compratore. Molto diverse sarebbero pero` le conseguenze se si facesse applicazione della legge di uno Stato che s’ispira a una concezione opposta in tema di beni culturali. Il diritto marittimo degli Stati Uniti, ad esempio, si fonda su di un insieme di regole di natura consuetudinaria (admiralty law), che comprende il law of salvage e il law of finds. In base al law of salvage, chi ritrova un relitto in mare acquisisce un diritto reale (lien) sulla cosa nei confronti del proprietario (o dei suoi aventi causa, come un assicuratore che abbia versato al proprietario l’indennizzo per la perdita della nave), fino al momento in cui riceve dal proprietario la ricompensa per la sua attivita`.
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In base al law of finds, chi ritrova un relitto in mare di cui non si conosce il proprietario e ne prende possesso acquisisce la proprieta` della cosa. Secondo alcune decisioni americane, ad esempio la sentenza resa il 24 marzo 1999 dalla Corte di Appello per il Quarto Circuito nella causa R.M.S. Titanic, Inc. v. Haver, 15 l’admiralty law sarebbe un «diritto venerabile», applicabile in tutti i mari del mondo e riconosciuto dall’art. III della Costituzione degli Stati Uniti che estende il potere delle corti federali ad «all Cases of admiralty and maritime Jurisdiction». In particolare, «the body of admiralty law referred to in Article III did not depend on any express or implied legislative action. Its existence, rather, preceded the adoption of the Constitution. It was the well-known and well-developed ‘‘venerable law of the sea’’ which arose from the custom among ‘‘seafaring men’’..., and which enjoyed ‘‘international comity’’... Nations have applied this body of maritime law for 3000 years or more. Although it would add little to recount the full history here, we note that codifications of the maritime law have been preserved from ancient Rhodes (900 b.C.E.), Rome (Justinian’s Corpus Juris Civilis) (533 C.E.), City of Trani (Italy) (1063), England (the Law of Oleron) (1189), the Hanse Towns or Hanseatic League (1597), and France (1681), all articulating similar principles. And they all constitute a part of the continuing maritime tradition of the law of nations - the jus gentium». 16 «The exercise of admiralty subject matters has never been limited to maritime causes arising solely in the United States territorial waters. On the contrary, maritime causes arising from matters on the high seas anywhere in the world have traditionally been brought to courts of admiralty, subject only to a discretionary exercise of the doctrine of forum non conveniens». 17
L’erudizione della Corte americana e` davvero stupefacente. Nessuno, tranne pochissimi studiosi, e` oggi in grado di conoscere che cosa prevedevano a proposito dei relitti di mare regole che sono contenute in sistemi normativi vigenti in tempi remoti (compresi tra il IX secolo a.C. e il XVII d.C.) e che, quando non siano oggi perdute o frammentarie, sono redatte in lingue diverse dall’inglese. 18 Ma, evidentemente, la Corte americana legge e conosce tutto questo! Circa la sostanza della questione, e` un dato di fatto che, nelle piu´ o meno remote epoche in cui i sistemi normativi in questione erano applicabili, nessuno si preoccupava della salvaguardia del patrimonio culturale sottomarino, un’esigenza che si e` manifestata solo in tempi recenti. Ma la Corte americana e` convinta che tali «venerabili» sistemi normativi siano
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In Int. Legal Materials, 1999, p. 808. Ivi, p. 807. 17 Ivi, p. 808. 18 Ad es., in Italia nessuno, tranne pochissimi eruditi, saprebbe dire che cosa mai prevedesse, a proposito dei relitti di mare, la legislazione del 1063 della citta` di Trani, citata nella sentenza americana. 16
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oggi utilmente applicabili in materia di relitti aventi un valore storico o archeologico! L’effetto concreto dello sbalorditivo sfoggio di erudizione mostrato dalla Corte americana e` abbastanza evidente. Si tratta dell’applicazione del criterio privatistico del primo-arrivato-meglio-servito o del principio della liberta` di pesca in mare di oggetti storici o archeologici, che giocano a favore del ritrovatore (o del saccheggiatore) che puo` ricercare e riportare alla superficie oggetti di enorme valore culturale, ma anche di enorme valore commerciale, acquisirne la proprieta`, trasportarli nel proprio paese, metterli in vendita o utilizzarli nel modo che ritiene piu´ opportuno. A tutto questo portano le quasi-teologiche espressioni frequentemente utilizzate nelle sentenze americane in materia di patrimonio culturale sottomarino: ci sarebbe un «venerabile diritto del mare» (venerable law of the sea), che si basa sull’«etica della diligenza» (admiralty’s diligence ethic) mostrata da soggetti privati e che li benedice e premia quando essi riescono a riportare «nel grande flusso del commercio» (into the mainstream of commerce) oggetti rimasti da secoli sul fondo del mare. Come e` facile constatare, la concezione che ispira la Corte americana si fonda su presupposti ben diversi da quelli seguiti da altri sistemi nazionali che danno precedenza all’interesse di natura pubblicistica allo studio e alla protezione del patrimonio culturale. L’admiralty law gioca a favore dei cacciatori di tesori e di coloro che, come Michael Hatcher, 19 ritengono frustrante che i brillanti privati professionisti del ritrovamento dei relitti (ossia «the explorers, the risk-takers, the creators, the achievers») siano intralciati da pedanti archeologi e accademici che operano per lo Stato o per enti pubblici (ossia con gente che si muove «slowly, carefully, methodically, with a programme over many seasons»). 20 In definitiva, il problema che pongono le decisioni di giudici italiani sui casi del Melqart e sull’Atleta e` il seguente: come si sarebbe potuto tutelare il patrimonio culturale nazionale se, per avventura, il Melqart e l’Atleta fossero stati riportati alla superficie da una nave di cacciatori di tesori battente bandiera di un altro Stato? 21 19 Hatcher, di nazionalita` britannica, ritrovo` nel 1985 il relitto della Geldermalsen, una nave della Compagnia olandese delle Indie Orientali che affondo` nel 1752 nelle vicinanze dell’isole indonesiana di Bintan e che trasportava un ricchissimo carico, poi venduto all’asta da Hatcher ad Amsterdam: cfr. Hatcher, De Rham, Thorncroft, The Nanking Cargo, 1987, riprodotto per estratti in Prott, Srong (eds.), Background Materials on the Protection of the Underwater Cultural Heritage, Paris, 1999, p. 83. 20 Ibidem, p. 92. 21 Sulle spedizioni nel Mediterraneo dell’esploratore sottomarino americano Robert Ballard cfr. Scovazzi, The Application of ‘‘Salvage Law and Other Rules of Admiralty’’ to the Underwater Cultural Heritage: Some Relevant Cases, in Garabello, Scovazzi (eds.), The Protection of the Underwater Cultural Heritage. Before and after the 2001 UNESCO Convention, Leiden, 2003, p. 75.
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4. Un’ulteriore spiacevole scoperta e` che il regime previsto in materia dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Montego Bay, 1982) 22 si rivela addirittura controproducente ai fini della protezione del patrimonio culturale sottomarino. L’art. 303, che riguarda in generale gli oggetti archeologici e storici scoperti in mare, cosı´ dispone: «1. States have the duty to protect objects of an archaeological and historical nature found at sea and shall co-operate for this purpose. «2. In order to control traffic in such objects, the coastal State may, in applying article 33 [= the contiguous zone], presume that their removal from the sea-bed in the zone referred to in that article without its approval would result in an infringement within its territory or territorial sea of the laws and regulations referred to in that article [= customs, fiscal, immigration or sanitary laws and regulations]. «3. Nothing in this article affects the rights of identifiable owners, the law of salvage and other rules of admiralty, or laws and practices with respect to cultural exchanges. «4. This article is without prejudice to other international agreements and rules of international law regarding the protection of objects of an archaeological and historical nature».
Al di la` del generico obbligo di protezione e cooperazione (par. 1) e della possibilita` di istituire una zona contigua archeologica (par. 2), particolarmente preoccupante e` il par. 3 dell’art. 303, 23 che attribuisce a «the law of salvage and other rules of admiralty» la precedenza su qualsiasi altra regola, ivi compreso l’obbligo di protezione e di cooperazione previsto dal par. 1. Si tratta di un vero e proprio invito al saccheggio del patrimonio culturale sottomarino! 5. Anche per portare qualche ragionevole rimedio a un regime cosı´ disastroso e` stata negoziata nell’ambito dell’UNESCO la convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, firmata a Parigi il 6 novembre 2001 ed entrata in vigore il 2 gennaio 2009. 24 E` probabile che la 22 La convenzione e` entrata in vigore per l’Italia il 12 febbraio 1995, a seguito di ratifica autorizzata con l. 2 dicembre 1994 n. 689 (Gazz. Uff., suppl. ord. al n. 295 del 19 dicembre 1994). Sul tema qui in discussione cfr. Treves, Stato costiero e archeologia sottomarina, in Riv. dir. int., 1993, p. 698; Migliorino, Il recupero degli oggetti storici e archeologici sommersi nel diritto internazionale, Milano, 1984. 23 Quanto meno nel testo ufficiale inglese dell’art. 303, par. 3, che non corrisponde al testo ufficiale francese («Le pre´sent article ne porte atteinte ni aux droits des proprie´taires identifiables, au droit de re´cupe´rer des e´paves et aux autres re`gles du droit maritime, ni aux lois et pratiques en matie`re d’e´changes culturels»), anche perche´ le espressioni «the law of salvage and other rules of admiralty» non sono traducibili in francese per la mancanza dei concetti corrispondenti. 24 Sulla convenzione cfr. Camarda, Scovazzi (eds.), The Protection of the Underwater Cultural Heritage. Legal Aspects, Milano 2002; O’Keefe, Shipwrecked Heritage: A Commentary on the UNESCO Convention on Underwater Cultural Heritage, Leicester, 2002; Carducci, New Developments in the Law of the Sea: The UNESCO Convention on the Protection
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maggior parte delle questioni relative a beni culturali ritrovati nel Mediterraneo possano prossimamente venire risolte grazie all’applicazione di questo trattato che, per il momento, vincola trentuno Stati, di cui dieci rivieraschi del Mediterraneo. 25 Anzitutto, l’art. 4 della convenzione vieta, a meno che non siano soddisfatte tre condizioni che si cumulano tra di loro, l’applicazione di sistemi basati sul criterio primo-arrivato-meglio-servito: «Any activity relating to underwater cultural heritage to which this Convention applies shall not be subject to the law of salvage or law of finds, unless it: «(a) is authorized by the competent authorities, and «(b) is in full conformity with this Convention, and «(c) ensures that any recovery of the underwater cultural heritage achieves its maximum protection».
L’art. 4 puo` essere visto come una norma di diritto internazionale privato al contrario, vale a dire una disposizione che regola il diritto non applicabile (o, per la precisione, non applicabile, se la sua applicazione porterebbe a risultati disastrosi). L’art. 4 va collegato all’art. 2 par. 7 («underwater cultural heritage shall not be commercially exploited»), e con la regola 2 dell’allegato, che e` parte integrante della Convenzione: «the commercial exploitation of underwater cultural heritage for trade or speculation or its irretrievable dispersal is fundamentally incompatible with the protection and proper management of underwater cultural heritage. Underwater cultural heritage shall not be traded, sold, bought or bartered as commercial goods».
Se ne puo` desumere che, per quanto l’applicazione del law of salvage e del law of find non sia totalmente esclusa, i suoi effetti negativi sono scongiurati. La liberta` di pesca in mare di oggetti storici e archeologici e` finalmente bandita. 6. Una volta precisato quale sia il diritto non applicabile, la convenzione dell’UNESCO non entra in una precisa regolamentazione delle questioni relative alla proprieta` degli oggetti ritrovati (e, quindi, al diritto applicabile al riguardo) e prevede, al fine di tutelare l’interesse generale di tutti gli Stati
of the Underwater Cultural Heritage, in Am. Journ. Int. Law, 2002, p. 419; Garabello, Scovazzi (eds.), op. cit. (supra, nota 21); Aznar Gomez, La proteccio´n internacional del patrimonio cultural subacua´tico con especial referencia al caso de Espan˜a, Valencia 2004; Garabello, La Convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, Milano, 2004; Dromgoole (ed.), The Protection of the Underwater Cultural Heritage. National Perspectives in Light of the UNESCO Convention 2001, Leiden, 2006. 25 Croazia, Spagna, Libia, Libano, Montenegro, Slovenia, Tunisia, Albania, Bosnia-Herzegovina, Italia. In Italia e` stata data esecuzione alla Convenzione con la l. 23 ottobre 2009 n. 157, in Gazz. Uff., n. 262 del 10 novembre 2009.
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parte alla protezione del patrimonio culturale subacqueo, un meccanismo basato su tre fasi: informazione, consultazione e misure d’urgenza. In primo luogo, la convenzione vieta le attivita` segrete, facendo obbligo agli Stati parte di esigere che i loro cittadini o le navi battenti la loro bandiera li informino delle attivita` di ricerca o delle scoperte fortuite di oggetti facenti parte del patrimonio culturale subacqueo. L’informazione e` anche fornita allo Stato costiero, se l’attivita` o la scoperta e` avvenuta sulla sua piattaforma continentale o nella sua zona economica esclusiva (art. 9 par. 1 lett. b). Questa norma copre tutte le acque e i fondali del Mediterraneo, dove non esiste nessun punto che sia situato a piu´ di duecento miglia nautiche dalla terra o dall’isola piu´ vicina. Gli Stati parte sopra indicati devono anche comunicare le scoperte al Direttore generale dell’UNESCO, che deve rendere l’informazione prontamente disponibile a tutti gli Stati parte. In secondo luogo, la convenzione prevede che si svolgano consultazioni tra tutti gli Stati che hanno dichiarato di avere un legame verificabile con il patrimonio in questione (art. 10 par. 3 lett. a, e art. 9 par. 5). 26 Lo Stato costiero ha il diritto di coordinare le consultazioni, a meno che dichiari espressamente di non volerlo fare, essendo in tal caso sostituito da un altro tra gli Stati partecipanti alle consultazioni. Posto che le consultazioni hanno lo scopo di assicurare la protezione effettiva del patrimonio culturale subacqueo in questione, e` verosimilmente in questa sede che saranno discusse e regolate le questioni relative alla proprieta` o comunque all’uso degli oggetti ritrovati. In terzo luogo, per evidenti ragioni di tutela dei beni in attesa dell’esito delle consultazioni, lo Stato coordinatore ha il diritto di adottare misure d’urgenza, come previsto dall’art. 10 par. 4: «Without prejudice to the right of all States Parties to protect underwater cultural heritage by way of all practicable measures taken in accordance with international law to prevent immediate danger to the underwater cultural heritage, including looting, the Coordinating State may take all practicable measures, and/or issue any necessary authorizations in conformity with this Convention and, if necessary prior to consultations, to prevent any immediate danger to the underwater cultural heritage, whether arising from human activities or any other cause, including looting. In taking such measures assistance may be requested from other States Parties».
La convenzione chiaramente indica che le misure adottate dallo Stato coordinatore sono prese per conto degli Stati parte e non nel suo proprio interesse e che esse non costituiscono la base per far valere alcun diritto preferenziale non previsto dal diritto internazionale (art. 10 par. 6). 26 Nessuna definizione e` data di che cosa sia un «legame verificabile» (verifiable link), anche perche´ sarebbe estremamente difficile fornirla.
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Un ulteriore incentivo alla cooperazione e` dato dall’art. 6 della convenzione, relativo agli accordi che gli Stati interessati sono invitati a concludere a livello bilaterale o regionale (ad esempio, nell’ambito del Mediterraneo), in base al criterio della migliore protezione: «1. States Parties are encouraged to enter into bilateral, regional or other multilateral agreements or develop existing agreements, for the preservation of underwater cultural heritage. All such agreements shall be in full conformity with the provisions of this Convention and shall not dilute its universal character. States may, in such agreements, adopt rules and regulations which would ensure better protection of underwater cultural heritage than those adopted in this Convention. «2. The Parties to such bilateral, regional or other multilateral agreements may invite States with a verifiable link, especially a cultural, historical or archaeological link, to the underwater cultural heritage concerned to join such agreements».
E` probabile che i futuri accordi conclusi a livello bilaterale o regionale includano anche disposizioni sulla proprieta` o comunque sull’uso dei beni storici o archeologici ritrovati, al fine di meglio tutelare il comune interesse di natura culturale degli Stati parte. Nel caso dei beni archeologici del Mediterraneo 27 e` anche possibile immaginare un legame di natura «regionale», invece che una pluralita` di legami nazionali, dato che molte delle principali civilta` del passato si sono manifestate nell’intero bacino o in gran parte di esso. Gia` in una dichiarazione sul patrimonio culturale del Mare Mediterraneo, adottata a Siracusa il 10 marzo 2001, 28 i partecipanti a un convegno di esperti non governativi (archeologi e giuristi) avevano segnalato che «il bacino del Mediterraneo e` caratterizzato dalle vestigia delle antiche civilta` che sono fiorite lungo le sue rive e che, avendo sviluppato le prime tecniche marinare, hanno stabilito strette relazioni le une con le altre» (art. 1) e che «il patrimonio culturale del Mediterraneo e` unico in quanto racchiude le radici storiche e culturali di molte civilta`» (art. 2). Essi avevano conseguentemente invitato gli Stati rivieraschi del Mediterraneo a «studiare la possibilita` di adottare una convenzione regionale che istituisca la loro cooperazione nel campo dell’investigazione e protezione del patrimonio culturale sottomarino del Mediterraneo e stabilisca i relativi diritti e obblighi» (art. 10), anche perche´ «i paesi mediterranei hanno una speciale responsabilita` per assicurare che il patrimonio culturale sottomarino che essi condividono sia reso noto e preservato a beneficio dell’umanita`» (art. 3). Due anni dopo, alla tavola rotonda finale di un convegno tenuto a
27 Cfr. Scovazzi (a cura di), La protezione del patrimonio culturale sottomarino nel Mare Mediterraneo, Milano, 2004. 28 Cfr. Beurier, Commentaire de la De´claration de Syracuse sur le patrimoine culturel sous-marin de la Mer Me´diterrane´e, ibidem, in Camarda, Scovazzi, op. cit. (supra, nota 24), p. 279.
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Siracusa dal 3 al 5 aprile 2003, l’Italia presento` ai rappresentanti degli altri Stati rivieraschi del Mediterraneo un progetto di accordo sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo del Mare Mediterraneo che mirava a dare un valore aggiunto alla Convenzione. 29 Per esempio, nel progetto di accordo: – era completamente esclusa l’applicazione del law of salvage e del law of finds; – era prevista una stretta cooperazione tra lo Stato di bandiera di navi o aeromobili di Stato affondati e lo Stato nel cui mare territoriale o nelle cui acque interne essi si trovano; – era prevista l’istituzione di aree specilamente protette d’importanza culturale mediterranea; – era prevista l’istituzione di un museo internazionale del patrimonio culturale subacqueo del Mediterraneo; – era configurato lo svolgimento di corsi d’addestramento sul patrimonio culturale subacqueo; – al fine di rafforzare la responsabilita` speciale degli Stati mediterranei, era disposto che solo gli Stati parti del futuro accordo regionale o che accettassero di cooperare con gli Stati parti nell’applicazione delle misure in esso previste avessero il diritto di svolgere attivita` relative al patrimonio culturale subacqueo del Mediterraneo. Purtroppo, nulla ha finora fatto seguito all’auspicio della dichiarazione di Siracusa e al progetto di accordo presentato dall’Italia. Tutti, Italia compresa, se ne sono ora dimenticati.
29 Il progetto di accordo presupponeva che le parti all’accordo regionale per il Mediterraneo fossero anche parti alla Convenzione o accettassero l’applicazione dei suoi principi sostanziali.
STEFANIA BARIATTI professore ordinario nell’universita` degli studi di milano
LE AZIONI COLLETTIVE DELL’ART. 140-BIS DEL CODICE DEL CONSUMO: ASPETTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO E PROCESSUALE * Sommario: 1. L’art. 140-bis del codice del consumo e i lavori sulle azioni collettive avviati a livello europeo. – 2. Le fonti normative rilevanti per la determinazione della giurisdizione italiana sulle azioni di classe. – 3. Il foro generale del domicilio del convenuto e il foro dell’illecito. – 4. Il foro del contratto. – 5. La legge applicabile alle azioni fondate su un atto illecito. – 6. La legge applicabile alle azioni fondate su un contratto. – 7. Cenni sul riconoscimento di sentenze e transazioni giudiziali straniere, con particolare riferimento alle transazioni concluse nei Paesi Bassi ai sensi della WCAM.
1. Al fine di inquadrare correttamente i rapporti tra i vari strumenti normativi che vengono in considerazione per la determinazione della giurisdizione in caso di azioni di classe disciplinate dall’art. 140-bis del codice del consumo giova ricordare che il testo oggi in vigore riguarda l’azione collettiva proponibile per tutelare «(a) i diritti contrattuali di una pluralita` di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione identica, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile; (b) i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale; (c) i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali». Ne sono dunque esclusi i comportamenti che provochino danni ambientali o violino il diritto alla privacy o il divieto di discriminazioni, ed e` dubbio che vi rientri la violazione di alcune regole di comportamento dettate a tutela dei mercati finanziari, quali le manipolazioni del mercato o le false informazioni al mercato, se non in quanto riconducibili a pratiche commerciali scorrette. 1 Questa nuova * Il presente scritto riproduce una relazione presentata al convegno su «Class Action: il nuovo volto della tutela collettiva in Italia», organizzato dalla Fondazione Courmayeur e dal Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale a Courmayeur nei giorni 1-2 ottobre 2010. Per questo motivo le indicazioni bibliografiche saranno limitate agli scritti dedicati in modo specifico alle azioni di classe. Per gli aspetti generali delle azioni collettive in Italia si rinvia alle altre relazioni, di prossima pubblicazione negli atti del Convegno. 1 L’art. 140-bis e` stato introdotto nel d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (c.d. Codice del consumo) dal comma 446 dell’art. 2 della legge finanziaria 2008 (l. 24 dicembre 2007 n. 244) e, dopo alcuni rinvii, e` entrato in vigore il 1º gennaio 2010. Il testo originale – che trattava delle «azioni collettive risarcitorie» – e` stato modificato dalla l. 23 luglio 2009 n. 99, che ne ha sensibilmente modificato il contenuto fin dalla rubrica, che ora riguarda l’«azione di
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azione collettiva si affianca all’azione inibitoria dell’art. 139 del medesimo codice, che e` diretta invece a far cessare il comportamento ritenuto lesivo degli interessi tutelati o a imporre l’adozione delle misure necessarie per correggerne o eliminarne gli effetti dannosi. Oltre che per il contenuto concreto, le due azioni differiscono anche quanto ai soggetti legittimati ad agire – le associazioni dei consumatori e degli utenti per le azioni inibitorie, le associazioni e i singoli per le azioni di classe – nonche´ per le regole procedurali. 2 Inoltre, mentre le prime traggono origine e fondamento nella direttiva 98/257/CE relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori, l’azione di classe dell’art. 140-bis e` stata introdotta dal nostro legislatore in via autonoma, senza alcuna sollecitazione dall’esterno. Non esistono, invero, disposizioni armonizzate di origine europea sull’azione collettiva dei singoli consumatori – seppure organizzati in classi – che possa compararsi alla class action americana o a meccanismi analoghi. Vari studi sono stati svolti a partire dal 2004, quando la Commissione, in relazione al risarcimento del danno per violazione delle regole di concorrenza, si e` espressa in termini generali a favore della diffusione del private enforcement nel settore antitrust nel Libro verde sulle azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie, sul quale si e` avviato un ampio dibattito tra gli operatori. 3 Ad esso e` seguito il Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno da violazione delle
classe». La modifica mira a far rientrare in questa disposizione non solo le azioni risarcitorie, ma anche quelle di tipo restitutorio. Sulla nozione di «pratiche commerciali scorrette» nella direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e sulla sua applicazione si veda il Commission Staff Working Document, Guidance on the implementation/application of Directive 2005/29/CE on unfair commercial practices, SEC (2009) 1666 del 3 dicembre 2009. 2 Cfr. Costantino, Consolo, Prime pronunce e qualche punto fermo sull’azione risarcitoria di classe, in Corriere giur., 2010, p. 985 ss. Sugli aspetti internazionalprivatistici si veda Vitellino, Conflitto di leggi e di giurisdizioni in materia di azione inibitoria collettiva, in Venturini, Bariatti (a cura di), Nuovi strumenti del diritto internazionale privato. Liber F. Pocar, Milano, 2009, p. 757 ss. 3 COM (2005) 672 del 19 dicembre 2005. Tutti i documenti che sono menzionati nel testo e le risposte alle consultazioni pervenute, nonche´ ulteriori materiali, sono disponibili sul sito della DG Concorrenza alla pagina http://ec.europa.eu/comm/competition/antitrust/actionsdamages/index.html. Azioni collettive o di classe sono previste, con caratteristiche diverse, in USA, Australia, Canada, Norvegia, e in molti Stati membri dell’Unione europea (Germania, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia, Polonia, Danimarca, Austria, Bulgaria, Spagna, Finlandia, Portogallo). Si tratta generalmente di azioni che non sono limitate ai consumatori, ma si applicano anche al ristoro di pregiudizi subiti da altre categorie di soggetti, in seguito, per es., a incidenti ambientali o comportamenti discriminatori. Cfr. per tutti Hodges, The Reform of Class and Representative Actions in European Legal Systems, Oxford, 2008; Cafaggi, Micklitz, Collective Enforcement of Consumer Law: A Framework for Comparative Assessment, in Eur. Rev. Private Law, 2008, p. 391 ss.; Congedo, Messina, European ‘‘Class’’ Action: British and Italian Points of View in Evolving Scenarios, in Europa e dir. priv., 2009, p. 163 ss.; Santa
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norme antitrust comunitarie, 4 ed e` ora in corso l’esame dei problemi relativi alla quantificazione del danno da illecito antitrust, sulla quale e` stato presentato nel dicembre 2009 uno studio esterno. Si tratta, dunque, di documenti limitati sul piano settoriale, sebbene per questi illeciti intendano suggerire azioni appropriate applicabili a tutte le categorie di vittime, a tutti i tipi di infrazione degli artt. 101 e 102 TFUE e tutti i settori dell’economia. 5 Pare utile ricordare brevemente i principi accolti dalla Commissione nel Libro bianco, che paiono in parte estendibili ad altri settori poiche´, come chiarisce la stessa Commissione, si tratta di principi generali, che «costituiscono parte di un’iniziativa piu´ ampia della Commissione per rafforzare i meccanismi di azione collettiva nell’UE e possono svilupparsi ulteriormente in questo contesto». Sul piano sostanziale, chiunque abbia subito un danno causato da una violazione di norme antitrust deve poterne chiedere il risarcimento dinanzi
Maria, L’azione collettiva risarcitoria conseguente a comportamenti anticoncorrenziali fra Libro bianco e legge italiana, in Rossi Dal Pozzo, Nascimbene (a cura di), Il private enforcement delle norme sulla concorrenza, Milano, 2009, p. 75 ss.; Stuyck, Class Actions in Europe? To Opt-In or to Opt-Out, that is the Question, in Eur. Bus. Law Rev., 2009, p. 483 ss.; Mulheron, Building Blocks and Design Points for an Opt-Out Class Action, in Journ. Personal Injury Law, 2008, p. 308 ss.; The Case for an Opt-Out Class Action for European Member States: A Legal and Empirical Analysis, in Col. Journ. Eur. Law, 2009, p. 409 ss.; nonche´ il rapporto e la proposta di risoluzione presentati dall’International Law Association, Committee on international civil litigation and the interests of the public, alla conferenza di Rio de Janeiro (17-21 agosto 2008, ris. 1/2008), disponibili al sito http://www.ila-hq.org/en/committees/index.cfm/cid/1021. Si veda anche l’abbondante documentazione disponibile al sito dedicato alle azioni collettive http://globalclassactions.stanford.edu/. 4 COM (2008) 165 del 2 aprile 2008. Il Libro bianco va letto congiuntamente a due documenti di lavoro preparatori, cioe` il Working Paper della Commissione sulle azioni di risarcimento del danno per violazioni delle norme comunitarie antitrust, nel quale si trova anche una sintesi dell’acquis comunitario esistente, e la relazione sulla valutazione di impatto che analizza i costi e i benefici potenziali delle varie opzioni strategiche. 5 In materia cfr. per tutti Idot, Les conflits de lois en droit de la concurrence, in Clunet, 1995, p. 321 ss., e Droit de la concurrence, in Fuchs, Muir Watt, Pataut (dir.), Les conflits de lois et le syste`me juridique communautaire, Paris, 2004, p. 255 ss.; Hellner, Private International Enforcement of Competition Law. The Application of Foreign Competition Law, in Yb. Priv. Int. Law, 2002, p. 257 ss.; Basedow, Jurisdiction and Choice of Law in the Private Enforcement of EC Competition Law, in Basedow (ed.), Private Enforcement of EC Competition Law, Dordrecht, 2007, p. 229 ss.; Bariatti, Violazione di norme antitrust e diritto internazionale privato: il giudice italiano e i cartelli, in questa Rivista, 2008, p. 349 ss., e in Proprieta` e controllo dell’impresa: il modello italiano, stabilita` o contendibilita`? Atti del Convegno di Courmayeur, 5-6 ottobre 2007, Milano, 2008, p. 217 ss.; Munari, L’entrata in vigore del regolamento Roma II e i suoi effetti sul private antitrust enforcement, in Venturini, Bariatti (a cura di), op. cit., p. 757 ss.; Kessedjan, Les actions collectives en dommage et inte´reˆts pour infraction aux reˆgles communautaires de la concurrence et le droit international prive´, ivi, p. 533 ss.; Danov, Jurisdiction and Judgments in Relation to EU Competition Law Claims, Oxford, 2010. Si ricorda che le norme comunitarie sulla concorrenza sono espressione dell’ordine pubblico comunitario: Corte di giustizia, 1º giugno 1999, in causa C-126/97, Eco Swiss, in Raccolta, p. I-3055 ss., e in questa Rivista, 1999, p. 1053 ss.
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ai tribunali nazionali. 6 Il risarcimento spetta dunque sia agli acquirenti diretti, sia agli acquirenti indiretti, «ossia agli acquirenti che non hanno avuto alcun rapporto commerciale diretto con l’autore dell’infrazione, ma che possono tuttavia aver subito un considerevole danno perche´ su di loro e` stato trasferito, lungo la catena di distribuzione, un sovrapprezzo illegale». Sul piano processuale, la Commissione ritiene che «vi sia la chiara necessita` di meccanismi che consentano l’aggregazione delle singole istanze da parte delle vittime delle violazioni delle norme antitrust». A questo fine la Commissione suggerisce «di combinare due meccanismi complementari di azione collettiva», cioe`, da un lato, le azioni rappresentative, intentate da soggetti qualificati, quali associazioni dei consumatori, organismi statali o associazioni commerciali, a nome di vittime identificate o, in casi piuttosto limitati, identificabili. Tali soggetti vengono designati ufficialmente in anticipo, oppure sono abilitati ad hoc da uno Stato membro, in relazione a una particolare violazione delle norme antitrust, per intentare un’azione a nome di alcuni o di tutti i propri membri. Dall’altro lato, azioni collettive con modalita` opt-in, nelle quali le vittime decidono espressamente di aggregare in una sola azione le proprie richieste individuali di risarcimento del danno subito. La limitazione alle azioni opt-in permette di superare le obiezioni di natura prevalentemente costituzionale che in numerosi Stati membri dell’UE si oppongono al riconoscimento di sentenze straniere che prevedano meccanismi di opt-out – i quali non garantirebbero il rispetto dei diritti della difesa come rilevabili negli ordinamenti dei paesi europei, nella convenzione europea dei diritti umani e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sebbene presenti in forme diverse in alcuni di essi (Danimarca, Portogallo, Paesi Bassi) – oltre a ridurre il numero delle controversie. Infine, secondo la Commissione «e` importante che le vittime non siano private del loro diritto di intentare un’azione per danni individuale se lo desiderano. Dovrebbero tuttavia essere previste salvaguardie volte ad evitare che lo stesso danno venga risarcito piu´ di una volta». Poco tempo dopo, anche su sollecitazione del Parlamento europeo e del Consiglio, la DG competente in materia di salute e consumatori si e` mossa per valutare la situazione attraverso il Libro verde sui mezzi di ricorso collettivo dei consumatori. 7 In esso si ribadiscono i medesimi principi e si affrontano, seppure brevemente, anche gli aspetti transnazionali delle azioni collettive, in particolare per quanto attiene al giudice competente e alla legge applicabile, che erano stati solo accennati nel Libro verde in 6
Corte di giustizia, 13 luglio 2006, cause riunite da C-296/04 a C-298/04, Manfredi, in Reccolta, p. I-6619 ss., e in questa Rivista, 2007, p. 1138 ss. 7 COM (2008) 794 del 27 novembre 2008, sul quale v. il parere del CES in Gazz. Uff. Un. eur., n. C 128 del 18 maggio 2010. Si veda anche il piu´ recente Consultation paper for discussion on the Follow-up to the Green Paper on consumer collective redress, in http://ec.europa.eu/consumers/redress_cons/collective_redress_en.html.
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materia antitrust del 2005. Si tratta di aspetti non trascurabili poiche´ gia` nel 2008 si valutava che, su 326 casi documentati, circa il 10% presentasse elementi di internazionalita`. 8 Che il giudice nazionale si trovi a decidere di azioni proposte nei confronti di soggetti domiciliati all’estero alle quali si debba applicare un diritto straniero e` dunque un’eventualita` nient’affatto remota: si pensi innanzitutto proprio agli illeciti anticoncorrenziali, in considerazione dell’alto numero di casi decisi dalla Commissione europea e dalle autorita` nazionali che riguardano comportamenti che producono effetti sui mercati di paesi diversi, ma anche alla responsabilita` per danno da prodotto o per danno ambientale, nei paesi ove l’azione collettiva e` ammessa per tali illeciti. Sui conflitti di leggi e giurisdizioni il Libro verde sui mezzi di ricorso collettivo dei consumatori richiama – e non poteva essere altrimenti – altri ben noti strumenti normativi, anch’essi di fonte europea, che trovano oggi la base giuridica nell’art. 81 TFUE. Si tratta, in particolare del regolamento n. 44/2001 (c.d. Bruxelles I) e dell’allora proposta di regolamento sulla legge applicabile alle obbligazioni non contrattuali, ora diventata regolamento n. 864/2007 (c.d. Roma II), ai quali si e` aggiunto nel frattempo il regolamento n. 593/2008 (c.d. Roma I), relativo alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali. Si tratta dunque dei consueti strumenti di riferimento primario per la disciplina della giurisdizione e della legge applicabile alle obbligazioni contrattuali ed extra-contrattuali, ai quali in Italia in alcuni casi si aggiungono le disposizioni contenute nella legge n. 218/1995 sulla riforma del diritto internazionale privato italiano. Peraltro, il Libro verde rileva anche che questi strumenti, come pure il regolamento (CE) n. 861/ 2007 che istituisce un procedimento europeo per le cause di modesta entita` e i lavori sui metodi alternativi di soluzione delle controversie, non sono stati pensati per applicarsi alle azioni collettive e non contengono disposizioni apposite. Di conseguenza non risolvono ne´ affrontano le inefficienze e le difficolta` che i consumatori incontrano per ottenere collettivamente il risarcimento dei danni subiti da comportamenti delle imprese che si configurino quali «illeciti di massa». D’altra parte, le differenze tra le norme nazionali creano incertezza e inefficienza anche per gli operatori, che si confrontano con procedure e regole diverse nei vari Stati, ove esse esistono. Piu´ recentemente la Commissione ha ripreso i lavori sulle azioni collettive mettendo insieme le forze e le esperienze delle tre direzioni generali competenti in materia di concorrenza, salute e consumatori, e giustizia. Dopo una nota informativa dei tre Commissari, e` stata lanciata una consultazione pubblica per la valutazione dell’opportunita` di istituire una pro-
8 Studio sulla valutazione dell’efficacia e dell’efficienza dei meccanismi di ricorso collettivo nell’Unione europea, in http://ec.europa.eu/consumers/redress_cons/collective_redress_en.html, p. 44.
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cedura unica europea di «collective redress», 9 definito come qualsiasi meccanismo che possa garantire la cessazione o la prevenzione di comportamenti scorretti che pregiudicano i diritti di una molteplicita` di soggetti o il risarcimento del danno causato da tali comportamenti. Il documento della Commissione si interroga se le regole attuali in materia siano sufficienti a garantire un trattamento efficace delle pretese degli attori e la circolazione delle sentenze in tutta l’Unione e chiede agli operatori di indicare le difficolta` rilevate nella prassi, tenendo in considerazione le divergenze nelle legislazioni nazionali, specialmente in materia di risarcimento del danno, e l’esigenza di evitare il ricorso abusivo a questi meccanismi, incluso il forum shopping. 10 Da queste premesse pare quindi opportuno muovere nella nostra analisi. 2. Per quanto concerne la determinazione dell’ambito della giurisdizione italiana per le azioni collettive disciplinate dall’art. 140-bis del codice del consumo, si rileva in via preliminare che questa disposizione nulla dice in materia. 11 A ben vedere il legislatore italiano non avrebbe neppure potuto disporre in proposito con piena sovranita` dato che si tratta di materia vincolata dall’esistenza di atti dell’Unione europea, che, secondo la Corte di giustizia, hanno privato gli Stati membri di ogni competenza nel loro ambito di applicazione. 12
9 Cfr. la Nota informativa Renforcer la cohe´rence de l’approche europe´enne en matie`re de recours collectif: prochaines e´tapes, SEC (2010) 1192 del 5 ottobre 2010, e il Working document della Commissione, SEC (2011) 173 del 4 febbraio 2011. L’avvio della consultazione era stato annunciato anche nella proposta di regolamento destinato a modificare il regolamento Bruxelles I, COM (2010) 748 del 14 dicembre 2010, p. 7. 10 Par. 28 e domande 29-31. 11 Cfr. in proposito, sul testo precedente dell’art. 140-bis, Consolo, L’azione risarcitoria di classe ‘‘di nuovo in cantiere’’: comunque, quale giurisdizione sulle imprese convenute straniere?, in Int’l Lis, 2008, p. 124 ss.; Coscia, La nuova azione collettiva risarcitoria italiana nel quadro delle discipline processuali di conflitto interne e comunitarie, in Liber F. Pocar cit., p. 231 ss.; e in relazione alla violazione di norme antitrust il nostro Violazione di norme antitrust e diritto internazionale privato cit. Sul nuovo testo dell’art. 140-bis v. Schepisi, Azione risarcitoria di classe e controversie transnazionali: competenza giurisdizionale legge applicabile, in Riv. dir. int., 2010, p. 1053 ss. Sulle questioni internazionalprivatistiche relative alle azioni di classe nella dottrina straniera v. gli scritti di Pinna, Recognition and Res Judicata of US Class Action Judgments in European Legal Systems, e van Houtte, Yi, Due Process in International Mass Claims, nel numero speciale Individual Rights, Collective Enforcement di Erasmus Law Review, 2008, pp. 31 ss., 63 ss.; Hess, Cross-Border Collective Litigation and the Regulation Brussels I, in IPRax, 2010, p. 116 ss.; Danov, The Brussels I Regulation: Cross-Border Collective Redress Proceedings and Judgments, in Journ. Private Int. Law, 2010, p. 359 ss. 12 Parere 1/03 del 7 febbraio 2006 (c.d. Parere sulla Convenzione di Lugano), in Raccolta, p. I-1145 ss., e in questa Rivista, 2006, p. 514 ss. Anche qualora si ritenesse che gli Stati membri abbiano mantenuto una competenza residuale a emanare norme sulla giurisdizione volte ad applicarsi solo nei confronti di convenuti domiciliati all’esterno dell’Unione, non
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Si ricorda invero, che nella materia civile e commerciale – nella quale rientrano le azioni di cui oggi si discute – la giurisdizione italiana e` disciplinata rispetto a soggetti domiciliati in Stati membri dell’Unione dal regolamento n. 44/2001, mentre rispetto ai soggetti domiciliati in Stati terzi l’art. 4 dello stesso regolamento lascia spazio alle norme nazionali. Si tratta di una situazione poco soddisfacente sul piano istituzionale, che fa dipendere l’ampiezza della giurisdizione dell’Unione nei confronti di soggetti domiciliati all’esterno di essa dalle norme nazionali che gli Stati membri possono liberamente modificare, ma che e` destinata a mutare tra breve con l’approvazione delle modifiche al regolamento recentemente proposte dalla Commissione. 13 La proposta, invero, prevede regole di giurisdizione che si applicheranno anche ai soggetti domiciliati in Stati terzi, sostituendo le norme nazionali. In attesa di tali modifiche, nello spazio lasciato dal regolamento Bruxelles I quale attualmente in vigore, nei confronti di tali soggetti l’art. 3 della legge n. 218/1995 pone al primo comma alcuni criteri aggiuntivi di giurisdizione (la residenza in Italia, la presenza in Italia di un rappresentante autorizzato a stare in giudizio ai sensi dell’art. 77 cod. proc. civ., oltre ad altri criteri posti da norme speciali), e al secondo comma, prima frase, rinvia ad alcune disposizioni del «predecessore» del regolamento, cioe` la convenzione di Bruxelles del 1968. La Corte di Cassazione ha recentemente risolto il dubbio interpretativo circa il testo applicabile nel quadro di questa disposizione, se cioe` il regolamento fosse pienamente succeduto alla convenzione, e ha affermato che la convenzione non sarebbe stata implicitamente abrogata e quindi definitivamente sostituita dal regolamento n. 44/2001 perche´ essa, da un lato, opererebbe ancora nei confronti della Danimarca e comunque, dall’altro, opera proprio per effetto del rinvio disposto dall’art. 3 comma 2, prima frase. 14 Non e` questa la sede per affrontare questo problema, ma non puo` non ne sarebbe comunque manifestazione l’art. 140-bis dato il criterio scelto dal legislatore italiano per indicare il giudice competente, cioe` la sede dell’impresa convenuta. 13 COM (2010) 748 del 14 dicembre 2010, accompagnata dal Commission Staff Working Paper Impact Assessment, SEC (2010) 1547 di pari data. La proposta e` stata preceduta da un ampio dibattito, avviato dalla Commissione nel 2009 con il Libro verde sulla revisione del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, COM (2009) 175 del 21 aprile 2009, che si e` fondato su due ampi studi finanziati dalla Commissione e diretti da Hess e Nuyts, disponibili al sito http://ec.europa.eu/justice_home/doc_centre/civil/studies/doc_civil_studies_en.htm. In materia si vedano anche i lavori del GEDIP nelle riunioni di Bergen (2008) e Padova (2009) al sito http://www.gedip-egpil.eu/gedip_reunions.html. 14 Cass. s.u., ord. 21 ottobre 2009 n. 22239, in questa Rivista, 2010, p. 481 ss.; e gia` Cass. s.u., 27 febbraio 2008 n. 5090, ibidem, 2008, p. 1086 ss.; Cass. s.u., ord. 1º ottobre 2009 n. 21053, ibidem, 2010, p. 462; Trib. Ancona, 22 ottobre 2008, ivi, p. 493 ss. In senso critico Franzina, Interpretazione e destino dei richiamo compiuto dalla legge di riforma del
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osservarsi che se la perdurante efficacia sul piano europeo e internazionale della convenzione di Bruxelles fosse la ragione della soluzione adottata dalla Suprema Corte, essa non puo` oggi condividersi poiche´ la convenzione di Bruxelles e` pienamente sostituita dal regolamento anche nei rapporti con la Danimarca dal 1º luglio 2007 per effetto di un accordo bilaterale tra la Comunita` europea e questo Stato. In realta`, l’obiezione principale alla sostituzione della convenzione con il regolamento consiste nel fatto che si tratta di strumenti diversi, con effetti e ambiti anche soggettivi diversi – almeno fino alla convenzione ora menzionata con la Danimarca – tali per cui non pare corretto ritenere che il secondo costituisca una mera modifica della prima. Peraltro, non paiono esservi motivi per mantenere un doppio binario che, come si vedra`, e` fonte di confusione data la diversita` dei testi normativi e va contro l’intenzione manifestata dal legislatore del 1995 di garantire l’unicita` della disciplina della giurisdizione nelle materie rientranti nell’ambito oggettivo di applicazione della convenzione di Bruxelles, sebbene comportasse una restrizione unilaterale della giurisdizione stessa rispetto agli Stati terzi, che in molti casi penalizza gli interessi delle imprese italiane nei loro rapporti verso l’estero. L’effettiva sostituzione del regolamento alla convenzione dovrebbe pero` avvenire in via legislativa, in occasione di una revisione della legge n. 218/1995, che necessita di altri aggiustamenti per allinearsi agli sviluppi internazionali ed europei degli ultimi anni. Mutatis mutandis, la medesima questione si pone anche per il rinvio alla convenzione di Roma del 19 giugno 1980 contenuto all’art. 57 della legge n. 218/1995, che e` stata sostituita dal regolamento Roma I. Di conseguenza, la determinazione dell’ambito della giurisdizione italiana per le controversie che rientrano nella nozione di materia civile e commerciale quale definita nella convenzione di Bruxelles e nel regolamento Bruxelles I avviene oggi (i) nei confronti dei convenuti domiciliati nell’UE secondo le disposizioni del regolamento, direttamente in quanto si tratti di soggetto domiciliato in uno degli Stati che partecipano allo spazio di liberta` sicurezza e giustizia, o indirettamente quando il convenuto e` domiciliato in Danimarca, a seguito dell’accordo bilaterale tra la Danimarca e l’UE del 19 ottobre 2005, in vigore dal 2007; (ii) nei confronti dei soggetti domiciliati in Norvegia e Islanda, a partire dal 1º gennaio 2010 secondo le disposizioni della convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007, che ha sostituito la convenzione di Lugano del 16 settembre 1988 e corrisponde pienamente nella numerazione, e quasi totalmente nella sostanza, al regolamento n. 44/2001; 15 (iii) nei confronti dei soggetti domiciliati in Svizzera, diritto internazionale privato ai criteri di giurisdizione della Convenzione di Bruxelles, in Riv. dir. int., 2009, p. 817 ss. 15 Alle poche differenze tra i due strumenti dovrebbe porre rimedio la revisione del regolamento da poco avviata, che pero` contiene ulteriori modifiche rilevanti che renderanno necessario un aggiornamento della convenzione di Lugano.
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per le azioni proposte fino al 31 dicembre 2010 secondo le disposizioni della convenzione di Lugano del 1988 e per quelle proposte a partire dal 1º gennaio 2011 secondo le disposizioni della convenzione di Lugano del 2007; (iv) nei confronti dei soggetti domiciliati in altri Stati, secondo i criteri di giurisdizione previsti dalla legge n. 218/1995 agli articoli da 3 comma 1 a 11 e dalle disposizioni della convenzione di Bruxelles del 1968 in quanto richiamate dal comma 2, prima frase dell’art. 3 della stessa legge. In considerazione di questo complesso quadro normativo, di seguito si fara` riferimento alle disposizioni del regolamento Bruxelles I e, implicitamente, della convenzione di Lugano del 2007, e si indicheranno le differenze nei confronti di soggetti domiciliati in altri Stati ai quali si applicano alcune disposizioni della convenzione di Bruxelles, che rilevano nelle materie qui considerate in via mediata attraverso il richiamo dell’art. 3 della legge n. 218/1995. Nell’esaminare le disposizioni del regolamento e della convenzione di Bruxelles si ricorda che le medesime regole valgono in tutti gli Stati del sistema integrato Bruxelles/Lugano. Di conseguenza, in modo speculare, le imprese aventi sede in Italia potranno essere attratte negli altri Stati che sono parte a tale sistema nei medesimi casi e alle medesime condizioni che valgono per i giudici italiani rispetto alle imprese aventi sede all’estero. Le sentenze cosi emesse circoleranno poi liberamente all’interno dello spazio giudiziario comune istituito da tale sistema normativo. 3. In via preliminare si ricorda che il domicilio del convenuto e` contemporaneamente criterio di applicazione del regolamento Bruxelles I e criterio di giurisdizione. Sotto il primo profilo, dunque, il regolamento si applica quando il convenuto e` domiciliato in uno Stato dell’Unione e la convenzione di Lugano del 2007 quando e` domiciliato in Svizzera, Norvegia e Islanda. 16 Sotto il secondo profilo e` necessario distinguere l’oggetto della domanda e la causa pretendi poiche´ i criteri di giurisdizione sono diversi secondo che la controversia rientri nella materia contrattuale o extracontrattuale, e nel primo caso, secondo che si tratti di controversia alla quale sono applicabili le norme poste a tutela del consumatore. Iniziando dagli atti illeciti, ha dunque giurisdizione in primo luogo il giudice naturale del convenuto, cioe` il giudice dello Stato membro del suo domicilio ai sensi dell’art. 2 del regolamento. Al domicilio delle persone fisiche e` equiparata la sede delle persone giuridiche, intesa sia come sede statutaria, sia come sede dell’amministrazione centrale, sia infine come centro
16 Non si prenderanno in considerazione le regole di competenza contenute all’art. 22, che prescinde dal domicilio del convenuto, poiche´ non vengono in considerazione direttamente nel caso di azioni collettive soggette all’art. 140-bis, mentre dell’art. 23, che si applica anch’esso indipendentemente dal domicilio del convenuto, si dira` nel testo ove rilevante.
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dell’attivita` principale (artt. 2 e 60). In caso di pluralita` di convenuti, inoltre, ai sensi dell’art. 6 n. 1, questi potranno essere attratti davanti al giudice del domicilio o della sede di uno di essi qualora tra le domande sussista un nesso cosı´ stretto da rendere opportune una trattazione unica e una decisione unica per evitare il rischio di giungere a decisioni incompatibili. Di conseguenza, il giudice italiano avra` giurisdizione sia nei confronti di convenuti con domicilio o sede in Italia, sia nei confronti di soggetti che, pur domiciliati o con sede in uno degli Stati indicati, abbiano partecipato al comportamento contestato accanto a convenuti domiciliati o con sede in Italia e quivi convenuti in base all’art. 2, come puo` avvenire, per esempio, in caso di cartelli tra imprese con sede in piu´ Stati, in violazione dell’art. 101 TFUE. Nei confronti del convenuto avente in Italia la propria sede (in una delle accezioni sopra indicate) le norme interne sono poi chiamate a integrare l’art. 2 del regolamento – che, come si e` detto, disciplina solo la giurisdizione – indicando quale tra i giudici italiani e` fornito della competenza territoriale a pronunciarsi. In particolare, l’art. 140-bis del codice del consumo indica quale unico giudice territorialmente competente quello del luogo ove ha sede l’impresa. 17 A questo si aggiunge il foro del luogo di attivita` prevalente ove si ricorra all’ultimo criterio indicato dall’art. 60 del regolamento Bruxelles I. In tali luoghi l’impresa potra` essere convenuta da soggetti che si pretendano danneggiati dal suo comportamento, ovunque siano domiciliati. Accanto e in alternativa al giudice del convenuto, a scelta dell’attore la giurisdizione e la competenza territoriale spettano anche al giudice del luogo ove l’illecito si e` verificato ai sensi dell’art. 5 n. 3 del regolamento, che nel caso di illeciti gia` commessi e` identico alla corrispondente disposizione della convenzione di Bruxelles. 18 Tale luogo e` stato interpretato dalla 17 Il criterio di competenza dell’art. 140-bis non pare poter configurare una competenza esclusiva o imperativa su tali imprese a favore del giudice italiano. Invece, nel caso di violazione delle regole di concorrenza, la norma sembra superare la distinzione funzionale con riferimento alla norma che si pretende violata. Ad esempio, mentre le controversie vertenti sul risarcimento del danno derivante da violazioni dell’art. 101 TFUE rientrano nella competenza dei giudici ordinari e quelle relative alla violazione dell’art. 2 della legge n. 287/90 nella competenza della corte di appello in via funzionale, nel caso di un’azione collettiva ai sensi dell’art. 140-bis del codice del consumo la competenza spettera` al tribunale in composizione collegiale, indipendentemente dalla natura comunitaria o nazionale delle regole di concorrenza che si pretendono violate. 18 Si segnala che l’art. 5 n. 3 del regolamento Bruxelles I permette di intentare l’azione anche in via preventiva, al fine di impedire il verificarsi di eventi dannosi futuri. Dopo l’entrata in vigore del regolamento la Corte di giustizia ha interpretato nello stesso senso anche l’art. 5 n. 3 della convenzione di Bruxelles, allineando cosı´ pienamente i due testi anche ai fini dell’art. 3, secondo comma, prima frase della legge n. 218/1995, quando il convenuto sia domiciliato in uno Stato terzo rispetto al sistema Bruxelles/Lugano. Nel caso portato davanti alla Corte si trattava di un’azione giudiziale preventiva intentata da un’associazione di tutela
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Corte di giustizia come idoneo a indicare sia il luogo dell’azione, sia quello dell’evento dannoso. 19 Per quanto concerne quest’ultimo, e` noto l’orientamento restrittivo della Corte che ritiene rilevante solo il luogo in cui il fatto ha prodotto i propri effetti direttamente nella sfera del danneggiato, mentre esclude qualsiasi rilievo del luogo in cui si manifestano le conseguenze patrimoniali ulteriori dell’illecito nella sfera dell’attore. 20 Di conseguenza, il luogo dell’evento dannoso potrebbe non coincidere con il domicilio dell’attore/parte lesa. Per quanto qui rileva, si ricorda che in materia di responsabilita` da prodotto, nella sentenza Zuid-Chemie la Corte di giustizia ha ritenuto che il luogo dell’azione sia il luogo ove esso viene prodotto, mentre il luogo del danno «e` quello in cui il fatto generatore esplica i suoi effetti dannosi, vale a dire quello in cui il danno cagionato dal prodotto difettoso si manifesta concretamente», nel caso di specie presso il danneggiato. 21 Inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, mentre in linea di principio il giudice del domicilio del convenuto ha competenza a pronunciarsi sul risarcimento dei danni ovunque si siano prodotti, il giudice individuato attraverso l’art. 5 n. 3 e` competente a pronunciarsi solo sui danni che si sono prodotti nel territorio del suo Stato. 22 dei consumatori al fine di far inibire l’uso, da parte di un commerciante, di clausole ritenute abusive in contratti conclusi con privati (sent. 1º ottobre 2002, causa C-167/00, Henkel, in Raccolta, p. I-8111 ss., e in questa Rivista, 2003, p. 241 ss.). Di conseguenza, le azioni inibitorie a favore dei consumatori fondate sulle norme del codice del consumo di adattamento alle direttive sulle clausole abusive (93/13/CE) e sull’azione inibitoria a favore dei consumatori (98/257/CE) possono essere proposte in Italia sulla base dell’art. 5 n. 3 del regolamento n. 44/2001 e della convenzione di Bruxelles quando sia qui temuto il realizzarsi delle conseguenze del comportamento che si mira a impedire. Si trattera`, pero`, di azioni inibitorie ai sensi dell’art. 139 del codice del consumo e non di azioni fondate sull’art. 140-bis, che non pare applicabile quando l’illecito non e` ancora stato commesso e il danno non si e` prodotto. 19 Corte di giustizia, 30 novembre 1976, in causa 21/76, Mines de Potasse d’Alsace, in Raccolta, p. 1735 ss., e in questa Rivista, 1977, p. 187 ss. Come abbiamo gia` avuto modo di ritenere, nel caso di atti limitativi della concorrenza sarebbe opportuno che la norma venisse interpretata nel senso della coincidenza tra i due luoghi, in particolare nel luogo dell’attuazione dell’intesa in adesione alla teoria degli effetti, come sembra potersi dedurre dalle sentenze Pasta di legno della Corte di giustizia (31 marzo 1993, cause riunite C-89/95 e altre, Ahlstroem Osakeyhtioe e a., in Raccolta, p. I-1307 ss.), e che di conseguenza il giudice italiano sia competente se in Italia si produce la restrizione alla concorrenza (cfr. il nostro Violazione di norme antitrust cit., p. 355; in adesione Munari, L’entrata in vigore del regolamento Roma II cit., p. 767). 20 Sentenze 11 gennaio 1990, in causa C-220/88, Dumez France, in Raccolta, p. 49 ss., e in questa Rivista, 1991, p. 199 ss.; 19 settembre 1995, in causa C-364/93, Marinari, in Raccolta, p. I-2719 ss., e in questa Rivista, 1996, p. 589 ss.; 10 giugno 2004, in causa C-168/02, Kronhofer, in Raccolta, p. I-6009 ss., e in questa Rivista, p. 1090 ss. 21 Sentenza 16 luglio 2009, in causa C-189/08, in Raccolta, p. I-6917 ss., e in questa Rivista, 2010, p. 187 ss., punto 27. 22 Sentenza 7 marzo 1995, in causa C-68/93, Fiona Shevill, in Raccolta, p. I-415 ss., e in questa Rivista, 1995, p. 763 ss., punto 30.
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In caso di azioni per il risarcimento dei danni derivanti da responsabilita` extracontrattuale proposte ai sensi e alle condizioni dell’art. 140-bis, il giudice italiano avra` dunque giurisdizione anche nei confronti di soggetti domiciliati all’estero in base al regolamento Bruxelles I, alla convenzione di Lugano o all’art. 3, secondo comma, prima frase della legge n. 218/1995, secondo i casi, quando in Italia siano localizzati l’azione o l’evento dannoso come sopra definito. In questo caso e` importante ricordare che l’art. 5 n. 3 indica direttamente il giudice territorialmente competente, riferendosi al luogo dell’illecito all’interno dello Stato membro e non genericamente allo Stato considerato nel suo complesso. Qualora siano localizzati in Italia sia la sede dell’impresa, sia i luoghi ove si e` verificato l’illecito, potrebbe ritenersi che la prima prevalga sui secondi in quanto indicata all’art. 140-bis, di cui si tenga in considerazione la ratio normativa accentratrice. 23 Potrebbero invece sorgere difficolta` nell’individuazione del giudice territorialmente competente per un’azione collettiva quando l’impresa abbia sede all’estero e agiscano in giudizio consumatori che abbiano subito danni diretti in luoghi diversi in Italia, generalmente coincidenti con il rispettivo domicilio. La prassi dira` se dovra` farsi riferimento alla sede dell’associazione e/o al domicilio del consumatore che per primo avvii l’azione, oppure se potranno o dovranno trasporsi i principi affermati dalla Corte di giustizia nelle sentenze Color Drack e Wood Floor Solutions: nella prima, nel medesimo Stato erano localizzati piu´ luoghi di consegna della merce ai fini dell’art. 5 n. 1 e la Corte ha indicato la prevalenza del luogo della consegna principale, da determinarsi in base a criteri economici, o, in mancanza, uno qualsiasi dei luoghi ove le varie consegne sono state effettuate; 24 nella seconda, nel caso di molteplicita` dei luoghi di prestazione del servizio da parte di un agente, il luogo rilevante coincide con il luogo della fornitura principale dei servizi, quale risultante dalle disposizioni del contratto o, in mancanza, dall’esecuzione effettiva del contratto stesso, ovvero, qualora sia impossibile stabilirlo su tale base, con il domicilio dell’agente. 25 Peraltro, queste ultime regole di origine giurisprudenziale paiono di difficile applicazione nel caso di azioni di classe per il risarcimento di danni derivanti da un atto illecito, in cui le pretese dovrebbero essere solitamente analoghe e l’ammontare del pregiudizio per i singoli potrebbe non essere determinato o essere equivalente o comunque valutabile solo a posteriori, sı´
23 ` E ben possibile che casi del genere abbiano carattere di internazionalita` – e siano quindi soggetti al regolamento – qualora, ad es., il luogo dell’azione sia situato all’estero mentre gli eventi si siano realizzati in Italia. 24 Sentenza 3 maggio 2007, in causa C-386/05, in Raccolta, p. I-3699 ss., e in questa Rivista, 2008, p. 249 ss. Nel senso della competenza territoriale dell’associazione o comitato attore, con riferimento al precedente testo dell’art. 140-bis, cfr. Consolo, L’azione risarcitoria di classe cit., p. 126, che sottolinea le conseguenze negative in termini di forum shopping. 25 Sentenza 11 marzo 2010, in causa C-19/09, in questa Rivista, 2010, p. 812 ss.
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da rendere impossibile una graduazione delle pretese che permetta di identificare quella «principale», e dunque prevalente al fine della determinazione del giudice competente. Del tutto inefficiente sarebbe anche l’individuazione di tanti fori quanti sono i luoghi dell’illecito, che conduce al concorso di piu´ fori ugualmente competenti dal punto di vista territoriale, a scelta degli attori. Non solo, ma ove azioni di classe siano proposte da soggetti diversi in luoghi diversi, non e` scontato che possa esserne richiesta e/o disposta la riunione ai sensi dell’art. 40 cod. proc. civ., o che possa invocarsi il litisconsorzio facoltativo ex parte actoris di cui all’art. 103 cod. proc. civ., che pur risponderebbero alla ratio dell’azione di classe quale configurata all’art. 140-bis. 26 Oltre all’atteggiamento restrittivo della giurisprudenza italiana, l’ostacolo principale sembra consistere nel fatto che seguendo un’interpretazione rigorosa del regolamento ciascuno dei giudici dei luoghi ove si siano verificati i vari illeciti lamentati dai diversi attori – purche´ riconducibili al medesimo comportamento dell’impresa o a comportamenti tali da permettere di configurare quell’identita` delle situazioni soggettive alla quale e` condizionata l’applicazione dell’art. 140-bis – sarebbe fornito di giurisdizione direttamente in base all’art. 5 n. 3, poiche´, come si e` detto, il regolamento designa direttamente il giudice territorialmente competente all’interno dello Stato (nell’ipotesi qui formulata tanti giudici quanti sono gli eventi) e ammette la riunione dei procedimenti per connessione all’art. 28 al fine di evitare decisioni contraddittorie a favore del giudice preventivamente adito solo quando esso e` fornito di giurisdizione su tutte le domande e quando le cause connesse sono pendenti in Stati diversi. Altrimenti il giudice successivamente adito puo` sospendere il procedimento in attesa della pronuncia del giudice adito per primo. Solo la comune e concordante volonta` delle parti, manifestata ai sensi degli artt. 23 o 24 del regolamento, di sottoporre la controversia a un solo giudice permetterebbe attualmente di superare queste difficolta`. Inoltre, i danneggiati che abbiano subito gli effetti del comportamento illecito dell’impresa in luoghi diversi non potrebbero neppure aderire all’azione di classe proposta in uno di tali luoghi da uno di essi poiche´ l’interpretazione restrittiva che la Corte di giustizia sostiene con riferimento ai criteri speciali di giurisdizione dell’art. 5 comporta che tale giudice sarebbe carente di giurisdizione rispetto agli illeciti verificatisi fuori dalla sua circoscrizione. 27 Non e` scontato che la situazione muti quando agisca in giudizio un’associazione che rappresenti i danneggiati congiuntamente. 26
Cosı´ come non pare che possa essere richiesta o disposta la riunione tra una causa avviata con l’azione di classe e una avviata con rito ordinario da una o piu´ parti lese dall’illecito. 27 Cfr. per tutte, proprio con riferimento al foro dell’illecito le sentenze 7 marzo 1995, in causa C-68/93, Fiona Shevill cit., e 27 settembre 1988, in causa 189/87, Kalfelis, in Raccolta, p. 5565 ss., e in questa Rivista, 1989, p. 927 ss.
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Sebbene la situazione sopra descritta paia giuridicamente corretta, in effetti e` questo uno dei casi in cui il regolamento non e` idoneo a rispondere alle esigenze dell’azione di classe risarcitoria, che nell’ipotesi qui esaminata renderebbero opportuna la previsione un foro unico a disposizione degli attori in Italia per concentrarvi i procedimenti ed evitare al convenuto di doversi difendere davanti a piu´ giudici, sebbene l’art. 5 n. 3 in questi casi attragga il convenuto davanti a un giudice diverso da quello naturale del suo domicilio. La situazione e` invece piu´ semplice quando – anche in questo caso direttamente ai sensi dell’art. 5 n. 3 del regolamento – con l’azione di classe venga adito il giudice del luogo in Italia in cui l’impresa con sede all’estero abbia tenuto un unico comportamento nei confronti di piu´ soggetti. L’unicita` del comportamento, infatti, permette di radicare la giurisdizione del giudice italiano e di centralizzare presso tale giudice le pretese tutti i danneggiati, ovunque siano domiciliati. Le medesime considerazioni critiche valgono quando i fori competenti siano situati in Paesi diversi poiche´, come si e` appena detto, il regolamento non offre alcuna disposizione che permetta il consolidamento di cause connesse se non quando il giudice preventivamente adito sia competente per tutte sulla base del regolamento stesso, ne´ di cause portate da una pluralita` di attori nei confronti del medesimo convenuto. 4. Riguardo ora al caso in cui l’azione di classe ex art. 140-bis del codice del consumo venga proposta per ottenere il risarcimento di danni subiti per effetto della violazione di diritti che derivano da fonte contrattuale, come si e` anticipato possono venire in considerazione disposizioni diverse, secondo il tipo di contratto e le parti contrattuali. Innanzitutto il regolamento Bruxelles I contiene alla sezione 4 (artt. 1517) alcune regole speciali per i contratti conclusi dai consumatori, che non sono alternative a quella dell’art. 2 bensı´ «esaustive», nel senso che prevalgono sui criteri delle sezioni 1 e 2, ad eccezione dei soli artt. 4 e 5 n. 5, 28 e sono dotate di una resistenza particolare. Si tratta di norme che intendono proteggere la parte debole del rapporto contrattuale, che figuravano gia` nella convenzione di Bruxelles, pur con contenuti in parte diversi, agli artt. 13-15. Esse mirano a tutelare il consumatore limitando i fori a disposizione della controparte di quest’ultimo in modo asimmetrico e il loro rispetto e` garantito dal fatto che la sentenza che sia stata pronunciata in violazione di queste disposizioni non puo` circolare negli altri Stati membri. 28
Lo stesso vale per le sezioni 3 e 5, relative ai contratti di assicurazione e lavoro: cfr. Corte di giustizia, 22 maggio 2008, in causa C-462/06, Glaxosmithkline, in Raccolta, p. I5565 ss., e in questa Rivista, 2008, p. 855 ss., nella quale si e` escluso che l’art. 6 n. 1 possa venire in considerazione nel quadro dell’applicazione della sezione 5 in materia di contratti di lavoro. Si ricorda, inoltre, che in queste sezioni la possibilita` di scegliere il foro competente e` molto limitata.
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Quanto alla nozione di contratto di consumo si segnala che in relazione alla convenzione di Bruxelles la Corte di giustizia ha ritenuto che «l’azione giudiziaria con la quale un consumatore mira a far condannare, nello Stato contraente nel cui territorio e` domiciliato ed ai sensi della normativa di questo Stato, una societa` di vendita per corrispondenza avente sede in un altro Stato contraente al pagamento di una vincita, qualora detta societa` gli abbia indirizzato personalmente della corrispondenza tale da dare l’impressione che gli sara` attribuito un premio, a condizione che egli ordini merce per un importo determinato, e qualora detto consumatore formuli effettivamente tale ordine, senza tuttavia ottenere il versamento di detta vincita, ha natura contrattuale ai sensi dell’art. 13, primo comma, punto 3, della citata convenzione». 29 Successivamente la stessa Corte ha precisato che tale azione ha natura contrattuale purche´, da un lato, al fine di indurre il consumatore a stipulare un contratto, la societa` gli abbia inviato una lettera o comunicazione che lo designa per nome idonea a suscitare l’impressione che gli verra` attribuito un premio nell’ipotesi in cui restituisca il «buono di pagamento» allegato a tale lettera e, d’altro lato, il consumatore accetti le condizioni stipulate dal venditore e reclami effettivamente il versamento della vincita promessa. Al fine di questa interpretazione, anche qualora tale lettera contenga un catalogo pubblicitario di prodotti della stessa societa` accompagnato da un modulo di «domanda di prova senza impegno», e` irrilevante che l’attribuzione del premio non dipenda dall’ordinativo di merci e che il consumatore non abbia di fatto effettuato il detto ordinativo. 30 Piu´ recentemente, sempre in relazione a un’azione proposta da un consumatore dinanzi al tribunale del luogo del proprio domicilio volta a ottenere la condanna di una societa` di vendite per corrispondenza, stabilita in un altro Stato membro, alla consegna di un premio apparentemente vinto dall’attore, la Corte ha confermato che si tratta sempre di un’azione in materia contrattuale rientrante nell’art. 15 del regolamento qualora la detta societa`, «allo scopo di incitare tale consumatore a concludere un contratto, gli abbia inviato, come destinatario nominativamente designato, una comunicazione idonea a destare in lui l’impressione che gli verra` attribuito un premio qualora ne solleciti il pagamento restituendo il ‘‘certificato di richiesta di vincita’’ allegato alla comunicazione suddetta» ancorche´ l’attribuzione del premio non sia subordinata a un ordine di prodotti offerti in vendita o in prova da tale societa`, «a condizione che il venditore professionista si sia giuridicamente impegnato a pagare tale premio al consumatore medesimo;
29 Corte di giustizia, 11 luglio 2002, in causa C-96/00, Gabriel, in Raccolta, p. I-6367 ss., e in questa Rivista, 2003, p. 226 ss. 30 Corte di giustizia, 20 gennaio 2005, in causa C-27/02, Engler, in Raccolta, p. I-481 ss., e in questa Rivista, 2005, p. 484 ss.
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oppure, qualora tale condizione non sia soddisfatta, qualora il consumatore abbia effettivamente trasmesso un ordinativo al suddetto venditore professionista». 31 Tutti questi tipi di comportamenti e pratiche del professionista rientrano dunque nell’ambito della materia contrattuale ai fini dell’art. 15 del regolamento Bruxelles I. Tuttavia, nonostante la continuita` tra i due strumenti, il testo del regolamento differisce da quello della convenzione di Bruxelles sia per la chiara definizione delle parti al contratto, sia per l’individuazione dei contratti ai quali la sezione si applica. Sotto il primo profilo, il consumatore viene definito come il soggetto che conclude il contratto «per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attivita` professionale», e la controparte come il soggetto che svolge «attivita` commerciali o professionali». E` giusto chiedersi se di queste disposizioni possa avvantaggiarsi un’associazione dei consumatori che agisca ai sensi dell’art. 140-bis del codice del consumo poiche´ quando esse sono state poste piu´ di quarant’anni fa erano volte a tutelare solo la parte debole singolarmente considerata. In relazione alla versione originale dell’art. 140bis a questa domanda doveva darsi risposta negativa, poiche´ non risultava con sufficiente chiarezza se l’azione appartenesse ai singoli che ne delegavano l’esercizio all’associazione o direttamente a quest’ultima. Anzi, il testo dell’art. 140-bis ricordava l’art. 139 del codice del consumo, che attribuisce alle associazioni dei consumatori il diritto di agire per la tutela inibitoria di interessi collettivi non individualmente determinati. 32 Un’indicazione in senso negativo rispetto all’applicazione della sezione 4 del regolamento Bruxelles I puo` trarsi anche dal Libro verde sui mezzi di ricorso collettivo, ove si precisa che «le azioni rappresentative dovrebbero essere presentate al tribunale da cui dipende l’operatore o al tribunale del luogo di esecuzione del contratto (art. 5 par. 1)», cosı´ escludendo l’applicabilita` delle disposizioni della sezione 4 poste a tutela del consumatore. 33
31 Corte di giustizia, 14 maggio 2009, in causa C-180/06, Ilsinger, in Raccolta, p. I-3961 ss., e in questa Rivista, 2009, p. 1000 ss. 32 Invero, vi si diceva che «le associazioni di cui al comma 1 dell’art. 139 e gli altri soggetti di cui al comma 2 del presente articolo sono legittimati ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti». Cfr. in nostro Violazione del diritto antitrust cit., p. 360. Merita ricordare che la Corte di giustizia, da un lato ha negato che rientrasse nell’ambito dell’art. 5 n. 2 della convenzione di Bruxelles del 1968 – e che meritasse quindi la tutela ivi prevista – l’azione di regresso proposta nei confronti del debitore di alimenti da parte di un ente pubblico surrogatosi nei diritti del creditore (sentenza 15 gennaio 2004, in causa C-433/ 01, Freistaat Bayern, in Raccolta, p. I-981 ss., e in questa Rivista, 2004, p. 325 ss.), dall’altro lato ha escluso che le regole speciali volte a proteggere l’assicurato si applichino a favore di soggetti per i quali non sussistano esigenze di protezione (sent. 26 maggio 2005, in causa C77/04, GIE Re´union Europe´enne, in Raccolta, p. I-4509 ss., e in questa Rivista, 2005, p. 1124 ss.). 33 COM (2008) 794 cit., par. 58.
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La risposta pare oggi diversa in considerazione della modifica introdotta all’art. 140-bis, il cui par. 1 recita: «[i] diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti di cui al comma 2 sono tutelabili anche attraverso l’azione di classe, secondo le previsioni del presente articolo. A tal fine ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui da` mandato o comitati cui partecipa, puo` agire per l’accertamento della responsabilita` e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni». Risulta quindi chiaramente che i consumatori restano titolari del diritto tutelato mediante l’azione collettiva, che possono esercitare singolarmente. L’associazione non si surroga a essi, ma ne e` mandataria, e rappresenta in giudizio interessi concreti di cui non e` essa stessa titolare. 34 Questo dovrebbe rendere possibile anche l’azione delle associazioni dei consumatori negli altri Stati membri che, pur essendo esplicitamente ammessa per le azioni inibitorie nell’ambito della direttiva 98/27/CE e della legislazione nazionale di attuazione, non pare scontata nel caso delle azioni risarcitorie. Sotto il secondo profilo, la sezione 4 del regolamento si applica sia nel caso di contratti di vendita a rate di beni mobili materiali, di prestito con rimborso rateizzato o altra operazione di credito connessa con una tale vendita, indipendentemente dalla prossimita` del contratto con lo Stato del domicilio del consumatore, come gia` la convenzione di Bruxelles, sia nel caso di qualsiasi altro contratto di consumo – come definito nelle direttive – se l’attivita` del professionista si svolge nello Stato del consumatore o e` rivolta a tale Stato, anche mediante strumenti elettronici. 35 La modifica e` stata dettata proprio dalla volonta` di allineare la tutela giurisdizionale del consumatore a quella sostanziale garantita dalle direttive, parallelamente a quanto avviene sul piano dei conflitti di leggi con il regolamento Roma I. A differenza di quest’ultimo, peraltro, dal regime protettivo del regolamento Bruxelles I sono
34 Nello stesso senso sembra Schepisi, L’azione risarcitoria di classe cit., p. 1066, nonche´ Danov, The Brussels I Regulation cit., p. 376 s., almeno quando l’associazione agisca in nome di consumatori identificati o identificabili. 35 Come precisa Pocar nella Relazione esplicativa sulla convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale conclusa a Lugano il 30 ottobre 1997, in questa Rivista, 2010, p. 244 ss., par. 79 ss., «il nuovo collegamento con lo Stato del domicilio del consumatore e` suscettibile di applicazione a qualsiasi tipo di contratto ed e` destinato in particolare a coprire le esigenze di protezione derivanti dal commercio elettronico. Esso prescinde dalla localizzazione dell’attivita` del consumatore e dal luogo di stipulazione del contratto, che puo` essere situato in un paese diverso da quello del suo domicilio, e attribuisce rilievo alla sola attivita` della controparte contrattuale svolta nello Stato del domicilio del consumatore o diretta, anche con mezzi elettronici, verso tale Stato» (par. 83). In mancanza di un rapporto esplicativo del regolamento Bruxelles I, questa relazione costituisce uno strumento prezioso nell’interpretazione delle disposizioni del regolamento identiche a quelle della convenzione di Lugano. Si segnala che i contratti di assicurazione conclusi dai consumatori sono soggetti alle regole di giurisdizione della sezione 3 del regolamento, artt. 8-14, che saranno discussi tra breve, nel testo.
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esclusi solo i contratti di trasporto che non prevedano prestazioni combinate di trasporto e alloggio per un prezzo globale (art. 15 par. 3). Per quanto qui rileva, in base ai criteri di giurisdizione previsti dall’art. 16 del regolamento il consumatore puo` promuovere l’azione davanti ai giudici dello Stato membro del domicilio o della sede del convenuto, o del luogo del proprio domicilio, o della succursale, agenzia o filiale se la controversia riguarda l’esercizio di queste ultime. Analogamente a quanto si e` detto sopra in relazione agli artt. 2 e 5, il primo e` criterio di giurisdizione, destinato a essere integrato dalle norme processuali nazionali (e dunque dall’art. 140-bis), gli altri direttamente criteri di competenza territoriale che non necessitano di integrazione alcuna. 36 Di conseguenza, il giudice italiano ha giurisdizione nei confronti dell’impresa che abbia in Italia la propria sede in una delle accezioni dell’art. 60 del regolamento, e dell’impresa domiciliata in un altro Stato membro quando il consumatore e` domiciliato in Italia, nonche´ quando la controparte sia domiciliata in uno Stato terzo, ma abbia in Italia una succursale, un’agenzia, o qualsiasi altra filiale e la controversia sia relativa al suo esercizio. 37 Qualora sia la sede del convenuto che il domicilio del consumatore siano situati in Italia – perche´ ad esempio di tratti di azione volta al ristoro di danni derivanti da un contratto di trasporto e alloggio «tutto compreso» da eseguirsi all’estero – ai sensi del regolamento il consumatore potra` scegliere di rivolgersi al giudice del luogo del proprio domicilio o a quello della sede del convenuto. 38 Anche nel caso di contratti conclusi dai consumatori, dunque, l’applicazione di queste disposizioni in caso di pluralita` di attori puo` portare a una pluralita` di fori in Italia presso il domicilio dei consumatori, aventi tutti pari giurisdizione. Si ripresentano dunque i medesimi problemi che si sono esaminati in relazione all’applicazione dell’art. 5 n. 3, con la differenza che in materia di contratti di consumo non potra` operare l’art. 6 n. 1. Nel caso di altri contratti conclusi dal consumatore esclusi dalla sezione 4, come per esempio il contratto di trasporto o il contratto concluso in uno Stato – diverso da quello del domicilio del consumatore – ove la controparte non eserciti alcuna attivita`, si applicheranno invece le regole generali e speciali del regolamento, in particolare l’art. 2, l’art. 5 n. 1 e n. 5 e l’art. 6. Il 36
In senso contrario pare Schepisi, Azione risarcitoria di classe cit., p. 1061. Identica e` la situazione ove si applichi la convenzione di Lugano. Per effetto del richiamo alla convenzione di Bruxelles operato dall’art. 3, secondo comma, prima frase della legge n. 218/1995, confermato dalla Corte di Cassazione (v. supra, nota 14), il giudice italiano sara` competente anche nei confronti della controparte domiciliata in uno Stato terzo convenuta in Italia dal consumatore qui domiciliato. 38 Dato che la ratio delle disposizioni protettrici della sez. 4 e` di tutelare il consumatore dandogli la possibilita` di scegliere tra piu´ fori, parrebbe contrario a tale ratio far prevalere comunque il foro della sede del convenuto indicato dall’art. 140-bis quando i criteri posti dall’art. 16 a favore del consumatore siano tutti localizzati in Italia, come suggerisce Schepisi, op. cit., p. 1061 s. 37
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giudice italiano sara` dunque competente quando il convenuto o uno dei convenuti e` domiciliato in Italia, o quando nello Stato sia situato il luogo di consegna della merce o della prestazione del servizio o comunque il luogo dell’esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio. 39 Le parti potranno anche scegliere il giudice competente, esplicitamente o per comportamento concludente ai sensi degli artt. 23 e 24 del regolamento. Qualora le parti si accordino per un foro in Italia diverso da quello che sarebbe territorialmente competente ai sensi dell’art. 140-bis del codice del consumo, non pare che quest’ultimo possa prevalere sulla disposizione del regolamento. In materia di contratti di assicurazione, invece, si applicano in via esclusiva le disposizioni della sezione 3 del regolamento, anche qualora la controparte dell’assicuratore sia un consumatore. Il contraente dell’assicurazione, il beneficiario e l’assicurato godono di una protezione analoga a quella stabilita per il consumatore, potendo convenire la controparte sia nel luogo del domicilio di questa, sia presso il proprio domicilio. Inoltre, davanti allo stesso giudice potranno convenire anche il coassicuratore. Regole speciali sono poi previste per l’assicurazione della responsabilita` civile e l’assicurazione sugli immobili. Le competenze indicate in questa sezione operano secondo il medesimo «meccanismo» e con gli stessi fini protettivi della sezione 4, pertanto si rinvia alle considerazioni generali gia` svolte. Anche in materia contrattuale, dunque, i criteri di giurisdizione previsti dal regolamento Bruxelles I possono intervenire per attribuire al giudice italiano la giurisdizione per un’azione di classe disciplinata dall’art. 140-bis del codice del consumo in un luogo diverso da quello stabilito da quest’ultimo per la competenza territoriale. E anche in materia contrattuale si verificano difficolta` di applicazione del regolamento dovute al fatto che le disposizioni in esso contenute non tengono in considerazione le particolarita` delle azioni di classe o collettive. A tacere delle ulteriori complicazioni che possono sorgere nel caso in cui gli attori intendano far valere sia la responsabilita` contrattuale che quella extracontrattuale poiche´ la Corte di giustizia ha ritenuto che il giudice competente a norma dell’art. 5 n. 3 a conoscere della parte della domanda giudiziale che si fonda su un illecito non e` com39 In proposito si segnala che nella sentenza Rehder, 9 luglio 2009, in causa C-204/08, in Raccolta, p. I-6073 ss., e in questa Rivista, 2009, p. 1025 ss., la Corte di giustizia ha affermato che in caso di trasporto aereo di persone da uno Stato membro all’altro, effettuato in base a un contratto concluso con un’unica compagnia aerea che e` il vettore operativo, il giudice competente a conoscere di una domanda di compensazione pecuniaria basata su tale contratto di trasporto e sul regolamento (CE) n. 261/2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato, e` quello nella cui circoscrizione si trovano il luogo di partenza o il luogo di arrivo dell’aereo quali indicati in detto contratto, a scelta dell’attore. Ricordiamo nuovamente che l’art. 5 n. 1, al pari degli altri criteri di giurisdizione contenuti all’art. 5, indica direttamente il giudice competente all’interno dello Stato membro e non necessita di integrazione da parte delle norme processuali nazionali sulla competenza territoriale.
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petente a conoscere degli altri punti della stessa domanda che si fondano su fatti o atti diversi dall’illecito. 40 Meglio sarebbe in questi casi, al fine di concentrare tutte le azioni davanti allo stesso giudice, permettere al giudice competente ai sensi della sezione 4 del regolamento di pronunciarsi sia sulla parte della domanda fondata sul contratto di consumo, sia su quella fondata sull’illecito, considerando che comunque un contratto e` stato concluso tra le parti. 41 In favore di questa soluzione potrebbe invocarsi il fatto che il regolamento Roma II prevede all’art. 4 par. 3 che un illecito possa essere regolato dalla medesima legge che disciplina un preesistente rapporto contrattuale tra le parti, quando questo presenti uno stretto collegamento con il fatto illecito. Tale stretto legame potrebbe operare anche sul piano della determinazione della giurisdizione allo scopo indicato di concentrare tutte le azioni di classe proposte nei confronti della medesima impresa. Nello studio sul follow up al Libro verde sui mezzi di ricorso collettivo dei consumatori la Commissione ipotizzava di istituire un meccanismo europeo di azioni collettive, accompagnato da un sistema ADR. Il meccanismo giudiziale avrebbe dovuto prevedere la giurisdizione dello Stato del domicilio del convenuto per qualsiasi azione, quella dello Stato il cui mercato e` maggiormente colpito dal comportamento per il test case, e il foro del domicilio del consumatore per le azioni follow-up, cioe` le azioni individuali fondate sulla prima sentenza relativa all’azione collettiva. Questa soluzione veniva ritenuta preferibile in quanto idonea a valorizzare il principio della libera circolazione delle sentenze. La legge applicabile avrebbe dovuto essere la lex fori, almeno per gli ultimi due casi. 42 Invece, nel piu´ recente provvedimento di avvio della consultazione in materia, del 4 febbraio 2011, ogni opzione sembra aperta. 5. Una volta accertata la sussistenza della giurisdizione italiana e individuato il giudice territorialmente competente, dovra` essere identificato il diritto applicabile alla controversia che sia stata proposta mediante l’azione di classe risarcitoria disciplinata dall’art. 140-bis. Nulla osta all’applicazione
40 Sentenza 27 settembre 1988, in causa C-189/97, Kalfelis cit., punti 19 s.: «e` vero che possono sorgere inconvenienti dal fatto che i vari aspetti di una stessa controversia vengano giudicati da giudici diversi; e` tuttavia opportuno osservare, da un lato, che l’attore ha sempre la facolta` di investire di tutta la sua domanda il foro del luogo ove risiede il convenuto e, dall’altro, che l’art. 22 della convenzione [di Bruxelles] consente, a determinate condizioni, al giudice primo adito di conoscere di tutta la controversia se vi e` un vincolo di connessione tra le domande esperite dinanzi a giudici diversi». 41 In questo senso Danov, The Brussels I Regulation cit., p. 373 s., anche alla luce dell’interpretazione estensiva dell’ambito della sezione 4 adottata dalla Corte di giustizia nel caso Ilsinger cit. 42 Consultation paper cit., par. 62. Sulla questione se l’applicazione di una pluralita` di leggi alle pretese dei vari membri della classe incida sull’identita` degli interessi si veda infra nel testo.
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di un diritto straniero: se questa disposizione costituisce uno strumento processuale e non sostanziale, l’interesse della classe sara` soddisfatto anche sulla base del diritto di un altro Stato al quale conduca il criterio di collegamento applicabile. 43 Per quanto riguarda, innanzitutto, le azioni fondate su un atto illecito, la disciplina di conflitto si trova ora nel regolamento n. 864/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni non contrattuali (c.d. Roma II). Esso si applica alle controversie proposte dopo l’11 gennaio 2009 riguardanti illeciti commessi, anche prima di tale data ma dopo la sua entrata in vigore, avvenuta il 20 agosto 2007, e vi rientrano quindi ampiamente sul piano temporale le fattispecie alle quali l’art. 140-bis intende applicarsi. Limitandoci agli aspetti generali del regolamento rilevanti per il tema qui considerato, si ricorda che esso contiene norme c.d. universali o erga omnes, che richiamano cioe` sia la legge di uno Stato membro 44 che quella di uno Stato terzo, e prevalgono, nelle materie comprese nell’ambito di applicazione del regolamento stesso, sugli artt. 62 e 63 della legge n. 218/1995. Il regolamento Roma II contiene una regola generale, che stabilisce in primo luogo l’applicazione della legge dello Stato ove si verifica il danno diretto (art. 4 par. 1), indipendentemente dal Paese o dai Paesi in cui potrebbero verificarsi le conseguenze indirette dell’illecito. Pertanto, in caso di danni patrimoniali, «il paese in cui il danno si verifica dovrebbe essere il paese in cui... si e` verificato il danno patrimoniale» (considerando 17). 45 Si tratta di un criterio di collegamento che – nell’opinione del legislatore – meglio risponderebbe alle esigenze di prevedibilita` della legge applicabile per le parti e all’evoluzione del diritto della responsabilita` civile (considerando 16). In secondo luogo, se le parti (il presunto responsabile e la vittima) hanno la residenza abituale nello stesso paese, si applica questa legge (art. 4 par. 2). In via alternativa rispetto ai paragrafi 1 e 2, il par. 3 dell’art. 4 dispone che «se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il
43 Cfr. la risoluzione di Rio de Janeiro dell’International Law Association sopra citata, punto 5.1. 44 Sebbene la Danimarca non sia vincolata al regolamento, non e` corretto affermare che esso non si applica a tale Stato: esso non si applica in tale Stato poiche´ non lo vincola, nel senso che i giudici danesi continueranno ad applicare le norme nazionali nelle materie rientranti nel regolamento Roma II. Cio` non toglie che la legge danese possa essere resa applicabile dalle disposizioni del regolamento applicate dai giudici degli altri Stati membri, al pari della legge di qualsiasi altro paese. Si consideri inoltre che la nozione di «Stato membro» dell’art. 14 par. 3 dovrebbe comprendere anche la Danimarca, analogamente a quanto espressamente disposto per gli artt. 3 par. 4 e 7 del successivo regolamento Roma I. 45 Queste disposizioni dovrebbero dunque essere interpretate in linea con quanto indicato per la determinazione della giurisdizione per le controversie in materia di responsabilita` extracontrattuale dalla Corte di giustizia nei casi citati supra, nota 20.
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fatto illecito presenta collegamenti manifestamente piu´ stretti con un Paese diverso da quello di cui ai paragrafi 1 o 2, si applica la legge di quest’altro Paese. Un collegamento manifestamente piu´ stretto con un altro paese potrebbe fondarsi segnatamente su una relazione preesistente tra le parti, quale un contratto, che presenti uno stretto collegamento con il fatto illecito in questione». E` evidente l’intento di sottoporre a una sola legge sia gli aspetti contrattuali, sia quelli extracontrattuali derivanti da un rapporto contrattuale. Peraltro, il regolamento contiene anche una disposizione piu´ generale che a determinate condizioni permette alle parti di scegliere la legge applicabile all’illecito e alle sue conseguenze (art. 14). In particolare, nel caso di parti che non esercitano un’attivita` commerciale, cioe` quando la commissione dell’illecito non rientra per almeno una di esse nell’esercizio di un’attivita` professionale, la scelta puo` essere effettuata solo dopo il verificarsi dell’illecito. L’intento protettivo della parte debole e` esplicitamente indicato al considerando 31. 46 Queste disposizioni generali si applicano alle pratiche commerciali scorrette in quanto produttive di danni risarcibili extracontrattuali (ivi compresi i danni derivanti da comportamenti tenuti in fase precontrattuale), ma non si applicano pienamente ad alcuni illeciti specifici, e in particolare, per quanto qui rileva, alla responsabilita` da prodotto e agli atti limitativi della concorrenza, per i quali esistono disposizioni apposite. Per la prima fattispecie il legislatore europeo ha previsto alcuni criteri di collegamento successivi volti a condurre all’applicazione di un diritto prevedibile per il professionista, che abbia indirizzato la propria attivita` nello Stato cosı´ individuato, assumendo volontariamente e scientemente il rischio dell’applicazione del diritto ivi vigente. In particolare, il funzionamento o l’applicabilita` dei criteri utilizzati – (i) residenza della vittima/parte lesa al momento del danno, (ii) luogo di acquisto del prodotto o (iii) luogo del danno – si combina sempre con la condizione che il prodotto sia stato commercializzato in tale paese. Anzi, se il presunto responsabile non «poteva ragionevolmente prevedere» che il prodotto sarebbe stato commercializzato nel paese designato, si applica il diritto del paese di residenza abituale del presunto responsabile. Di conseguenza, quando il giudice italiano sia adito quale giudice della sede del produttore in Italia in casi con elementi di estraneita`, per esempio da parte di consumatori residenti all’estero, sara` applicabile la legge straniera del paese di residenza di ciascuno di essi, purche´ il prodotto vi fosse 46 Nel Libro verde sui mezzi di ricorso collettivi la Commissione riteneva utile permettere alle parti di scegliere la legge applicabile mediante un accordo successivo al verificarsi del fatto che ha determinato il danno, ai sensi dell’art. 14 par. 1 lett. a del regolamento Roma II (par. 60). Anche sul punto della legge applicabile sembra che il provvedimento di avvio della consultazione del 4 febbraio 2011 lasci aperta ogni soluzione.
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commercializzato dal produttore; in mancanza, si applichera` la legge del Paese di acquisto, purche´ il prodotto vi fosse commercializzato, o infine – in mancanza - la legge del Paese del danno, sempre purche´ il prodotto vi sia stato commercializzato. Qualora, invece, il consumatore attragga al proprio domicilio in Italia il produttore con sede all’estero, la legge italiana si applichera` solo se il prodotto era commercializzato in Italia, anche se sia stato acquistato all’estero, altrimenti si applichera` il diritto del paese ove l’acquisto e` stato effettuato, purche´ il prodotto fosse ivi commercializzato, o infine, la legge del paese ove si e` verificato il danno, se prevedibile per il produttore che ivi l’abbia commercializzato. Si segnala che in caso di responsabilita` per danno da prodotto le parti potranno scegliere la legge applicabile dopo il verificarsi dell’illecito, ai sensi dell’art. 14 par. 1 lett. a. Per le restrizioni della concorrenza – intese come le violazioni delle regole di concorrenza a livello sia nazionale che comunitario (considerando 22) – l’art. 6 prevede in via generale l’applicazione del diritto dello Stato sul cui mercato la restrizione ha o potrebbe avere effetto (art. 6 par. 3 lett. a e par. 4). Il legislatore europeo si e` posto il problema delle c.d. multijurisdiction violations, che si verificano quando l’atto limitativo della concorrenza produca effetti in piu´ Stati, e ha disposto che se l’azione di risarcimento del danno e` stata proposta dinanzi al giudice dello Stato membro del domicilio del convenuto, ai sensi dell’art. 2 del regolamento Bruxelles I, l’attore potra` scegliere di fondare tutte le proprie pretese sulla legge del giudice adito, «purche´ il mercato in tale Stato membro sia tra quelli direttamente e sostanzialmente interessati dalla restrizione della concorrenza da cui deriva l’obbligazione extracontrattuale su cui si basa la pretesa». Inoltre, nel caso di pluralita` di convenuti, qualora sia stato adito il giudice del domicilio di uno di essi ai sensi dell’art. 6 n. 1 del regolamento Bruxelles I, l’attore potra` scegliere di fondare le proprie pretese esclusivamente sulla lex fori «qualora la restrizione della concorrenza su cui si basa la pretesa contro ciascuno di detti convenuti interessi direttamente e sostanzialmente anche il mercato dello Stato membro di tale giudice» (art. 6 par. 3 lett. b). 47 Per gli illeciti che ostacolano la concorrenza in piu´ Stati, quindi, l’attore avra` una pur limitata possibilita` di scegliere la legge applicabile alla controversia, tra la lex fori e il diritto di ciascuno Stato le cui norme antitrust sono state violate e la restrizione della concorrenza ha avuto effetto. Il convenuto o i convenuti si troveranno cosı´ esposti a un diritto unico, anche se i comportamenti abbiano violato normative di Stati di-
47 Sembra doversi ritenere che per l’applicazione di questa disposizione debbano sussistere entrambe le condizioni – una restrizione della concorrenza che produca effetti in piu´ Stati e la pluralita` dei convenuti.
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versi. Non si tratta pero` di un diritto per essi non prevedibile dato che la lex fori puo` applicarsi alla generalita` dei comportamenti solo se il mercato di questo Stato sia direttamente e sostanzialmente interessato dal comportamento. Di conseguenza, qualora il giudice italiano del domicilio di uno dei responsabili di un illecito anticoncorrenziale venga adito ex art. 140-bis da consumatori stranieri, potra` applicare la legge italiana a tutte le violazioni, ovunque abbiano prodotto effetti, se gli attori lo richiedono, purche´ tali effetti si siano prodotti anche in Italia. Inoltre, potranno qui essere attratti i convenuti domiciliati in altri Stati membri e potra` essere chiesta l’applicazione della legge italiana nei confronti di ognuno di essi. Nel caso di atti limitativi della concorrenza il regolamento non ammette la scelta della legge applicabile ad opera delle parti, neppure in un momento successivo al verificarsi dell’illecito (art. 8 par. 4). Da questo quadro generale e dall’interazione delle norme sulla giurisdizione e sulla legge applicabile in materia di illecito risulta una situazione complessa nel caso delle azioni di classe, soprattutto quando un medesimo comportamento produca conseguenze dannose in piu´ Stati, come l’illecito anticoncorrenziale o il danno da prodotto. Potranno essere aditi i giudici di piu´ Stati nei confronti del medesimo convenuto e potra` risultare applicabile una legge diversa, secondo la localizzazione dei danni. Potrebbero inoltre essere pendenti procedimenti diversi (individuali o collettivi) in piu´ Stati, secondo la strategia delle associazioni di consumatori e/o dei singoli proponenti l’azione di classe o l’azione individuale, data la pluralita` di fori a disposizione dell’attore nel regolamento Bruxelles I che agevolano il forum shopping. In uno spazio integrato si vorrebbe invece che le azioni collettive fondate sul medesimo comportamento venissero concentrate in un solo Paese e che la sentenza o la transazione conclusiva venisse riconosciuta in tutti gli altri Stati membri, impedendo che la medesima pretesa possa essere fatta valere individualmente o collettivamente in momenti successivi e in Stati diversi e rispondendo cosı´ anche alle esigenze di certezza delle imprese. Non pare invece che questo sia oggi possibile e che il testo attuale del regolamento Bruxelles I permetta al convenuto di eccepire la litispendenza tra le varie azioni avviate in Stati diversi, da parte di attori diversi, che faranno valere pretese fondate su eventi diversi, ancorche´ – ad esempio – il prodotto sia identico. Non pare infatti che l’identita` di interessi tra i consumatori offesi dal medesimo comportamento – che potrebbe configurare l’identita` di causa petendi richiesta dall’art. 27 del regolamento Bruxelles I perche´ possa invocarsi la litispendenza – sia sufficiente a superare la condizione testuale che le cause siano pendenti tra le stesse parti. All’operare di questa disposizione e dello stesso art. 140-bis in questi casi potrebbe inoltre obiettarsi che l’applicazione di leggi diverse alle pre-
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tese dei danneggiati, in dipendenza dei vari luoghi ove si siano verificati i danni, escluderebbe che si tratti di cause identiche a tutela di diritti identici, come richiede quest’ultimo. Si tratta di una situazione molto simile a quella che si presenta nel caso di contraffazione di brevetti conseguiti in piu´ Stati rispetto alla medesima invenzione, ove si e` giustamente sostenuto che la diversita` delle leggi applicabili non incide sulla unicita` del bene e l’identita` del fatto. 48 Tuttavia, non si puo` non rilevare come nel caso qui discusso l’argomentazione sia piu´ complessa e richiederebbe un chiarimento del legislatore europeo qualora dai lavori sul collective redress si giunga all’adozione di un testo normativo in materia. Si pensi, per esempio, agli illeciti anticoncorrenziali che producono effetti su piu´ mercati, in cui l’unicita` o la pluralita` della violazione dal punto di vista territoriale – almeno nel public enforcement – dipendono dalla situazione dei mercati stessi e dalle strategie dei cartellisti o dell’operatore dominante, che vanno valutati caso per caso. Piu´ agevole sembra la soluzione nel caso del danno da prodotto, a favore dell’unicita` del bene tutelato e dell’identita` dell’azione, pur in presenza di leggi regolatrici diverse in ragione di elementi di localizzazione che sembrano irrilevanti sotto il profilo della fattispecie normativa ai fini qui considerati. Nell’impossibilita` di utilizzare l’art. 27 del regolamento sulla litispendenza, potrebbe eventualmente entrare in gioco la connessione di cui all’art. 28 del regolamento Bruxelles I, ma si e` visto che questa disposizione non impone al giudice adito per secondo di sospendere il procedimento e richiede inoltre che il giudice preventivamente adito sia competente per entrambe le cause. L’introduzione di un’azione di classe europea, richiesta da piu´ istituzioni e organi dell’Unione, accompagnata da una modifica del regolamento Bruxelles I volta a individuare un solo giudice competente per queste azioni e a dare indicazioni sulle modalita` di applicazione del regolamento Roma II pare dunque quantomeno opportuna. Nell’attesa, il solo strumento disponibile per risolvere o quantomeno ridurre i problemi qui illustrati per i casi con elementi di estraneita` pare la volonta` delle parti, che in materia di illecito puo` applicarsi pienamente sul piano della giurisdizione – coordinando le strategie dei soggetti danneggiati anche attraverso le associazioni rappresentative dei loro interessi – e piu´ limitatamente sul piano del diritto applicabile, ove potra` essere scelta un’unica legge ai sensi dell’art. 14, concordata tra le parti dopo il verificarsi dell’illecito, oppure ai sensi dell’art. 6 par. 3 lett. b ad opera dell’attore per gli illeciti anticoncorrenziali, nelle ipotesi ivi previste.
48 Salerno, Giurisdizione ed efficacia delle decisioni straniere nel regolamento (CE) n. 44/2001, 3a ed., Padova, 2006, p. 268.
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6. Quanto alle azioni fondate su un rapporto contrattuale tra un consumatore e un’impresa, e` noto che le parti possono scegliere la legge regolatrice del contratto (art. 5 par. 2 della convenzione di Roma del 1980 e art. 6 par. 2 del regolamento Roma I, che richiamano con parole diverse ma con il medesimo effetto il rispettivo art. 3), e che, in mancanza di scelta, si applica la legge dello Stato della residenza abituale del consumatore, alle cui norme imperative il contratto e` comunque soggetto anche quando le parti abbiano scelto una legge regolatrice diversa (art. 5 par. 3 della convenzione, art. 6 par. 1 del regolamento). 49 In questo modo il legislatore ha inteso proteggere i consumatori impedendo che il professionista si sottragga alle norme imperative della legge che il consumatore dovrebbe conoscere meglio, in quanto a lui piu´ vicina e dunque piu´ prevedibile.
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Il rispettivo ambito temporale della convenzione e del regolamento e` definito dall’art. 29, secondo comma di quest’ultimo, che dispone che esso si applica ai contratti stipulati a partire dal 17 dicembre 2009. Al pari del regolamento Roma II e della convenzione di Roma, il regolamento Roma I contiene norme erga omnes. Anche in questo caso, dunque, non pare quindi corretto affermare che il regolamento non si applica nei confronti della Danimarca poiche´ esso e` idoneo a richiamare sia la legge degli Stati membri ad esso vincolati, sia la legge di Stati terzi rispetto a questo ambito soggettivo, tra i quali vi e` certamente la Danimarca. Ne´ si puo` ritenere che la convenzione continui ad applicarsi negli Stati membri quando sussista un collegamento tra la fattispecie concreta e la Danimarca o quando sia richiamato il diritto danese al fine di evitare che l’applicazione del regolamento comporti una violazione della convenzione nei reciproci rapporti sul piano del diritto internazionale. Invero, pur non essendo rilevabile alcuna disposizione del regolamento o del TFUE che riguardi questa situazione, la quale non rientra formalmente tra le cooperazioni rafforzate sebbene sostanzialmente lo sia, riteniamo che i principi generali del diritto dell’Unione in materia di leale cooperazione e quelli che sottendono alle cooperazioni rafforzate debbano applicarsi per garantire il rispetto dell’operativita` di queste da parte degli Stati che non vi partecipano (cfr. in particolare, l’art. 327, seconda frase TFUE). Si consideri inoltre, con riferimento al regolamento Roma I, che la Danimarca rientra nella nozione di «Stato membro» di cui agli artt. 3 par. 4 e 7 del regolamento (art. 1 par. 4) ed e` soggetta alle disposizioni in materia di assicurazioni ai sensi dell’art. 178 della direttiva 2009/ 138/CE sull’accesso alle attivita` di assicurazione e riassicurazione e al loro esercizio (Solvibilita` II): «qualsiasi Stato membro non soggetto all’applicazione del regolamento (CE) n. 593/2008 applica le disposizioni di tale regolamento per determinare la legge applicabile ai contratti di assicurazione che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 7 di tale regolamento ». A questo fine vengono cosı´ in considerazione non solo l’art. 7, ma tutte le disposizioni del regolamento utili o richiamate da questa norma, come l’art. 3 sulla manifestazione della volonta`, l’art. 9 sulle norme di applicazione necessaria, l’art. 12 sull’ambito della legge applicabile, gli artt. 10 e 11, e cosı´ via. Di fatto, dunque, la Danimarca ha prestato acquiescenza all’esistenza e all’opportunita` dell’applicazione del regolamento Roma I in questo settore. Che l’applicazione dei regolamenti adottati sulla base dell’art. 81 TFUE da parte della Danimarca sia questione da risolversi sulla base del diritto internazionale per garantire l’applicazione del diritto dell’Unione europea negli altri Stati membri che ne sono vincolati e` ben chiaro all’Unione, che – come detto sopra – ha concluso con la Danimarca un apposito accordo nel 2005 per permettere l’applicazione delle disposizioni del regolamento Bruxelles I anche nelle relazioni con tale Stato. Ogni modifica del regolamento necessita poi di un accordo ad hoc, come e` avvenuto nel 2009 in previsione dell’entrata in vigore del regolamento n. 4/2009 in materia di obblighi alimentari, che modifica l’art. 5 n. 2 del regolamento Bruxelles I.
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L’ambito di applicazione del regolamento Roma I e` a un tempo piu´ ristretto e piu´ ampio rispetto a quello della convenzione del 1980: da un lato, infatti, si mira ad allineare il regolamento Roma I con il regolamento Bruxelles I, comprendendo nel perimetro della tutela anche il consumatore «attivo»; dall’altro, le categorie di contratti esclusi dall’art. 6 del regolamento Roma I sono piu´ ampie di quelle escluse dall’art. 5 della convenzione di Roma. Invero, alcuni contratti sono soggetti ad altre norme astrattamente intese a proteggere la parte debole, come i contratti di trasporto e di assicurazione, disciplinati rispettivamente agli artt. 5 e 7 del regolamento Roma I, che sono stati vivamente criticati dalla dottrina proprio per la riduzione – se non addirittura l’eliminazione per quanto riguarda i primi – della tutela del consumatore; per altri contratti, invece, elencati all’art. 6 par. 4, non vi e` alcuna tutela specifica, ma si applicano le regole generali degli artt. 3 e 4. 50 Non e` questa la sede per affrontare le questioni generali che l’interpretazione di queste disposizioni pongono. Ai nostri fini pare sufficiente ricordare che la legge italiana si applichera` quando e` stata scelta dalle parti gia` nel contratto o in un momento successivo, e che in ogni caso le norme imperative italiane troveranno applicazione quando il consumatore sia residente in Italia e il contratto sia soggetto alla legge di un altro Stato per volonta` delle parti. In caso di azioni collettive proposte in Italia al foro del convenuto da parte di consumatori stranieri potrebbe dunque applicarsi il diritto di uno o piu´ Stati, secondo il luogo della rispettiva residenza abituale degli attori. Valgono quindi anche in questo caso le considerazioni sopra svolte in materia di atti illeciti sulle eventuali conseguenze della diversita` della legge applicabile alle pretese dei membri della classe con riferimento all’identita` delle situazioni dei consumatori che siano fatte valere attraverso l’azione collettiva ai fini dell’applicazione dell’art. 140-bis, par. 1 o par. 2 lett. a, del codice del consumo. Pare pertanto doversi escludere che l’ade-
50 Si tratta dei contratti di fornitura di servizi quando questi devono essere forniti esclusivamente in un paese diverso da quello della residenza del consumatore; dei contratti di trasporto diversi da quelli riguardanti un viaggio «tutto compreso» ai sensi della direttiva 90/ 314/CEE; dei contratti aventi per oggetto un diritto reale immobiliare o la locazione di un immobile diversi da quelli riguardanti un diritto di godimento a tempo parziale ai sensi della direttiva 94/47/CE, ora sostituita dalla direttiva 2008/122/CE; dei diritti e obblighi che costituiscono uno strumento finanziario e ai diritti e obblighi costitutivi delle clausole e condizioni che disciplinano l’emissione e l’offerta al pubblico e le offerte pubbliche di acquisto di valori mobiliari, alla sottoscrizione e al riacquisto di quote di organismi di investimento collettivo, nella misura in cui tali attivita` non costituiscono prestazione di un servizio finanziario; e dei contratti conclusi nell’ambito di un sistema multilaterale di scambio di strumenti finanziari. Date le differenze sensibili tra i due testi, anche in questo caso sarebbe opportuno che il legislatore italiano indicasse se il richiamo alla convenzione di Roma da parte dell’art. 57 della legge n. 218/1995 continui a operare ovvero se si debba ora fare riferimento al regolamento Roma I per le materie da esso escluse.
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sione di consumatori residenti all’estero all’azione proposta da un’associazione di consumatori in Italia muti la legge regolatrice del rapporto tra i primi e l’impresa convenuta. Come si e` detto, anche quando agisce un’associazione di consumatori, non muta la qualita` dell’attore nel quadro del nuovo testo dell’art. 140-bis poiche´ non si realizza la cessione di alcun diritto dal consumatore all’associazione che possa rilevare ai fini del regolamento Roma I. Di queste difficolta` e` consapevole la Commissione, che nel Libro verde sui mezzi di ricorso collettivo del 2008 confermava l’applicazione della convenzione di Roma, ma rilevava come questa soluzione presenti alcuni inconvenienti quando l’azione venga proposta da consumatori domiciliati in Stati membri diversi nei confronti dello stesso convenuto. Di conseguenza, essa suggeriva che venisse introdotta una modifica che permettesse di applicare la legge dell’operatore commerciale, ovvero la legge del mercato piu´ colpito o ancora la legge dello Stato membro in cui si trova l’entita` rappresentativa dei consumatori. 51 Le medesime considerazioni valgono per i contratti di trasporto e assicurazione, per i quali il regolamento Roma I prevede disposizioni diverse secondo il tipo e l’oggetto del contratto anziche´ secondo la controparte dell’impresa. 52 Infatti, nessuna protezione e` garantita alla controparte dell’assicuratore nei contratti relativi ai grandi rischi e ai rischi localizzati fuori dall’Unione europea, ne´ alla controparte del vettore nei contratti di trasporto di merci: essi sono tutti soggetti alla regola generale dell’art. 3, che viene richiamata espressamente agli artt. 7 par. 2 e 5 par. 1. In mancanza di scelta della legge applicabile a opera delle parti, si applicano, rispettivamente, la legge dello Stato della residenza abituale dell’assicuratore (per effetto dell’art. 7 par 2, secondo comma, o dell’art. 4 del regolamento) e la legge della residenza abituale del vettore, purche´ siano ivi situati il luogo di ricezione o consegna della merce o la residenza abituale del mittente (art. 5 par. 1). Invece, per i contratti di assicurazione relativi ai rischi di massa localizzati nell’Unione, 53 per i contratti di assicurazione sulla vita e per i contratti di trasporto di passeggeri il regolamento Roma I pone limiti precisi all’esercizio dell’autonomia delle parti, indicando un numero predeterminato e fisso di leggi che possono essere oggetto della scelta, che hanno un collegamento effettivo con la fattispecie concreta. 54 51
Par. 59. I contratti di trasporto e di assicurazione sono esclusi dall’art. 6, che fa salvi gli artt. 5 e 7. I contratti di riassicurazione sono invece soggetti alle regole generali poiche´ sono esclusi dall’art. 7 a norma del par. 1 di questo. 53 Il paese di localizzazione del rischio e` oggi determinato in base all’art. 13 della direttiva 2009/138/CE (Solvibilita` II), sopra menzionata. 54 Si ricorda che l’art. 3 del regolamento, come gia` l’art. 3 della convenzione di Roma, 52
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Cosı´, nel il contratto di trasporto di passeggeri le parti possono designare solo la legge del paese di residenza abituale del passeggero (art. 5 par. 2, secondo comma lett. a) o del vettore (lett. b), quella dell’amministrazione centrale di quest’ultimo (lett. c), o quella del paese di partenza (lett. d) o di destinazione (lett. e). La protezione, come e` stato fatto notare da molti, e` rimasta nelle intenzioni del legislatore: il vettore potra` agevolmente imporre la scelta della propria legge (lett. b e c) senza alcun correttivo a favore della parte debole. E` evidente infatti che il vettore non avra` alcun incentivo a convenire la legge della residenza del passeggero, che potrebbe portare all’applicazione di tante leggi diverse quanti sono i paesi di residenza dei passeggeri trasportati nel medesimo viaggio. Ne´ i due ultimi criteri rispondono ad alcun intento protettivo. Di conseguenza, se il vettore e` localizzato in un paese terzo, la protezione della parte debole non potra` realizzarsi se non attraverso l’art. 9 del regolamento Roma I, sulle norme di applicazione necessaria del foro – che sara` evidentemente situato in paese vincolato dal regolamento Bruxelles I – ma a questo fine sara` necessario qualificare le norme europee poste a protezione del consumatore come norme di applicazione necessaria, cosa tutt’altro che pacifica in dottrina. In mancanza di scelta si applica la legge del paese di residenza abituale del passeggero purche´ coincida con il luogo di partenza o destinazione. In caso contrario si applica la legge dello Stato di residenza abituale del vettore. Invece, nel caso di contratto di assicurazione per rischi di massa localizzati nell’Unione, l’art. 7 del regolamento riproduce e sostituisce le norme di conflitto contenute nelle direttive in materia. Infatti, la direttiva 2009/ 138/CE (Solvibilita` II) sopra menzionata non contiene alcuna norma di conflitto, ma all’art. 178 rinvia al regolamento Roma I. In caso di contratto tra un assicuratore e un consumatore, le parti possono scegliere solo la legge dello Stato membro ove il rischio e` situato al momento della conclusione del contratto (lett. a), la legge del paese della residenza abituale del contraente dell’assicurazione (lett. b), la legge dello Stato membro di cui il contraente e` cittadino in caso di assicurazione sulla vita (lett. c), o infine, nel caso di contratti limitati a eventi che si verifichino in uno Stato membro diverso dallo Stato membro ove il rischio e` situato, la legge di tale Stato membro (lett. d). Di conseguenza, quando il luogo del rischio coincide con la residenza abituale del contraente (lett. a e b), il metodo e` analogo a quello seguito per il consumatore, nel senso che la legge applicabile e` una legge che la parte debole dovrebbe conoscere meglio 55 e la protezione del conpermette la scelta della legge di qualsiasi Stato, indipendentemente dall’esistenza di alcun contatto con tale Stato, pur ponendo poi due correttivi ai par. 3 e 4, sui quali non e` possibile soffermarsi in questa sede. 55 Nel caso della lett. c il contraente cittadino di uno Stato terzo non potra` convenire l’applicazione della legge di questo Stato.
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traente e` migliore rispetto a quella del passeggero poiche´ l’assicuratore non puo` imporre un’altra legge che gli sia in ipotesi piu´ favorevole. 56 In mancanza di scelta si applica la legge dello Stato membro ove il rischio e` localizzato al momento della conclusione del contratto. 7. Un interesse particolare riveste infine la questione della riconoscibilita` di sentenze straniere pronunciate in esito ad azioni di classe, sulla quale pare utile svolgere qualche osservazione per completezza sebbene si tratti di questione esclusa dal codice del consumo e soggetta invece alle norme del regolamento Bruxelles I o della convenzione di Lugano ove la sentenza sia stata pronunciata in uno Stato vincolato da tali strumenti direttamente o indirettamente, o agli artt. 64 ss. della legge n. 218/1995 quando la sentenza provenga da uno Stato terzo. Si applicano dunque le regole generali sul riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze, non essendo prevista in nessuno di tali atti alcuna disposizione speciale o specifica per le decisioni pronunciate in esito ad azioni di classe. 57 Quando si parla di sentenze straniere pronunciate su azioni di classe il pensiero va subito agli USA, ai cui giudici si sono rivolti con sempre maggiore frequenza consumatori e investitori stranieri in tempi recenti nei confronti di soggetti domiciliati al di fuori di tale Stato per trarre vantaggio delle particolarita` del sistema giudiziario statunitense. Gli strumenti che questo pone a disposizione degli attori, infatti, sono molto allettanti, in particolare con riferimento alle regole della discovery, alla presenza di una giuria, all’interesse dei consulenti legati al risultato del procedimento per effetto delle regole sulla success fee, all’ammontare dei danni che vengono riconosciuti a favore dell’attore, e non ultimo al meccanismo di base della class action, che prevede che la sentenza o il settlement finale vincoli tutti i soggetti astrattamente rientranti nella classe anche qualora 56 Secondo alcuni la protezione di cui gode il contraente dell’assicurazione per effetto dell’art. 7 e` piu´ elevata di quanto gli deriverebbe dall’applicazione degli artt. 3 e 6: cfr. per tutti Heiss, Insurance Contracts in ‘‘Rome I’’: Another Recent Failure of the European Legislature, in Cashin Ritaine, Bonomi (dir.), Le nouveau re`glement europe´en «Rome I» relatif a` la loi applicable aux obligations contractuelles, Gene`ve-Zu¨rich-Baˆle, 2008, p. 100, il quale critica il fatto che non sia possibile per le parti scegliere una sola legge quando i rischi sono situati in piu´ Stati (p. 104). 57 Si segnala che la proposta di modifica del regolamento Bruxelles I contiene una disposizione che mantiene la procedura di exequatur per le sentenze emesse «in procedimenti che riguardano il risarcimento dei danni causati da pratiche commerciali illecite a una moltitudine di soggetti lesi e che sono promossi da i. un ente statale, ii. un’organizzazione senza scopo di lucro il cui obiettivo e attivita` principale e` rappresentare e difendere gli interessi di gruppi di persone fisiche o giuridiche... iii. un gruppo di piu´ di dodici attori». Si vedano le motivazioni dell’esclusione al considerando 23 e nella relazione introduttiva alla proposta, p. 7 s. Sul riconoscimento delle sentenze pronunciate in Stati terzi si vedano i lavori del GEDIP nella sessione di Copenhagen del 2010 al sito http://www.gedip-egpil.eu/reunionstravail/gedip-reunions-20-fr.htm.
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non abbiano manifestato esplicitamente la volonta` di partecipare al procedimento (c.d. opt-out system), impedendo loro di riproporre un’azione fondata sui medesimi comportamenti. 58 Molti commentatori – soprattutto europei – hanno manifestato serie perplessita` circa la riconoscibilita` di tali decisioni, che violerebbero l’ordine pubblico processuale in quanto nel giudizio di merito negli USA sarebbe impedito il corretto svolgimento del contraddittorio e dunque sarebbero limitati i diritti della difesa, e risulterebbe inoltre violato il principio per cui il giudicato vincola solo le parti che hanno partecipato al giudizio. Invero, nei sistemi opt-out l’investitore o il consumatore che non abbia aderito formalmente all’azione (unnamed class member) vedrebbe pregiudicato il proprio diritto di agire per i medesimi fatti o comportamenti. Inoltre, quando la procedura venga chiusa con una transazione o settlement, al riconoscimento potrebbe ostare la mancanza nell’ordinamento dello Stato richiesto di regole sul riconoscimento delle transazioni giudiziarie concluse all’estero, come e` il caso dell’Italia al di fuori dei regolamenti dell’Unione e di accordi internazionali. A limitare i ricorsi ai giudici statunitensi e` intervenuta lo scorso anno la Corte Suprema, che nel caso Robert Morrison et al., Petitioners, v. National Australia Bank Ltd et al., 59 ha escluso che le norme del Securities Exchange Act in materia di manipolazioni dei mercati finanziari si applichino alle c.d. foreign cubed class actions, cioe` azioni tre volte estranee rispetto agli USA in quanto proposte da investitori stranieri nei confronti di societa` straniere emittenti di strumenti finanziari, volte al risarcimento di danni asseritamente subiti in seguito a investimenti effettuati su mercati stranieri. 60 58
La Federal Rule of Civil Procedure 23(c)(2)(B) dispone che «for any class certified under Rule 23(b)(3) [cioe` quelle in cui ‘‘the court finds that the questions of law or fact common to class members predominate over any questions affecting only individual members, and that a class action is superior to other available methods for fairly and efficiently adjudicating the controversy’’], the court must direct to class members the best notice that is practicable under the circumstances, including individual notice to all members who can be identified through reasonable effort. The notice must clearly and concisely state in plain, easily understood language: ...(v) that the court will exclude from the class any member who requests exclusion; ...and (vii) the binding effect of a class judgment on members under Rule 23(c)(3)» (corsivo aggiunto). 59 Sentenza del 24 giugno 2010, 130 S.G. 2869. 60 Sect. 10 (Manipulative and Deceptive Devices) del Securities Exchange Act, sulla cui base la Securities and Exchange Commission ha emanato la Rule 10b-5 (Employment of Manipulative and Deceptive Practices). Si segnala che il giorno dopo la pronuncia della Corte Suprema il Congresso ha approvato il Dodd-Franck Wall Street Reform and Consumer Protection Act (H.R. 4173 (111th Cong. 2d Sess.)), che ha ampliato i poteri dei giudici statunitensi nel caso di ‘‘(1) conduct within the United States that constitutes significant steps in furtherance of the violation, even if the securities transaction occurs outside the United States and involves only foreign investors; or ‘‘(2) conduct occurring outside the United States that has a foreseeable substantial effect within the United States,’’ quando l’azione sia stata avviata dalla SEC o dal governo degli Stati Uniti (Sec. 929P(b)). Inoltre, la SEC e` incaricata di studiare
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dottrina
Non e` questa la sede per esaminare la portata di questa importante sentenza che e` stata seguita da vari giudici di merito in caso di foreign squared class actions, avviate da investitori statunitensi, e per violazioni di altre disposizioni di cui in passato si era affermata l’applicabilita` extraterrtoriale. 61 Merita pero` segnalare che alcuni Stati europei prevedono meccanismi di opt-out in casi specifici (in particolare, Portogallo, Danimarca e Paesi Bassi), che almeno in un caso si avvicinano molto a quello degli USA. Si vuole qui fare riferimento alla legge olandese sulla transazione collettiva di azioni di massa (Wet collectieve afwikkeling massaschade o WCAM) del 2005, che prevede un sistema di settlement che si conclude con una certificazione/omologazione da parte della Corte di Appello di Amsterdam, che vincola tutti i membri della classe, a meno che non dichiarino di non voler aderire alla transazione entro un termine fissato di volta in volta dal giudice. 62 E infatti, proprio per effetto della presenza di un simile meccanismo l’opportunita` di ammettere azioni private fondate sull’applicazione extraterritoriale della normativa (par. 929Y). Sulla giurisprudenza USA e sul caso Morrison si vedano per tutti Buxbaum, Multinational Class Actions under Federal Securities Law: Managing Jurisdictional Conflict, in Columbia Journ. Transn. Law, 2007-2008, p. 14 ss; Choi, Silberman, Transnational Litigation and Global Securities Class Action Lawsuits, in Wisconsin Law Rev., 2009, p. 465 ss.; Jasilli, A Rat Res? Questioning the Value of Res Judicata in Rule 23(b)(3) Superiority Inquiries for Foreign Cubed Class Action Securities Litigations, in Columbia Journ. Transn. Law, 2009-2010, p. 114 ss.; Shapiro, Kim, US Class Actions with Non-US Citizens as Class Members: Fairness Issues Considered, in Business Law Int., 2010, p. 39 ss.; Kaal, Painter, Extraterritorial Application of US Securities Law: Will the US Become the Default Jurisdiction for European Securities Litigation?, in Eur. Company Law, 2010, p. 90 ss.; Gaillard, Les lec¸ons de l’affaire Morrison, in Bulletin Joly Borse, 2010, p. 310 ss.; Cohen, Contentieux d’affaires et abus de forum shopping, in Rec. Dalloz, 2010, p. 975 ss.; Muir Watt, Note, in Revue critique, 2010, p. 714 ss. 61 Cfr le sentenze In re Vivendi Universal, S.A. Securities Litigation, No 02 Civ. 5571 (RJH) (S.D.N.Y. Feb. 23, 2011); In re Royal Bank of Scotland Group plc, No. 09 Civ. 300 (DAB) (S.D.N.Y. Jan. 11, 2011); In re Alstom SA, No 03 Civ. 6595 (VM) (S.D.N.Y. Sept. 14, 2010); Plumbers’ Union v. Swiss Reinsurance, No 08 Civ. 1958 (JGK) (S.D.N.Y. Oct. 2, 2010); In re Socie´te´ Ge´ne´rale, No 08 Civ. 2495 (S.D.N.Y. Sept. 29, 2010); Cornwell v. Credit Suisse Group, No 08 Civ. 3758 (VM) (S.D.N.Y. July 27, 2010); Elliott Associates, et al. v. Porsche Automobil Holding SE, et al., 10 Civ. 0532 (HB) (S.D.N.Y. 30 Dec. 2010); Norex Petroleum Ltd. v. Access Industries, Inc., No 07-4553-cv (2d Cir. Sept. 28, 2010), relativa al Racketeer Influenced and Corrupt Organization Act; Sarei v. Rio Tinto plc, No 02-56256 (9th Cir. Oct. 26, 2010), relativa all’Alien Tort Statute. 62 Per un’analisi approfondita della WCAM e dei relativi problemi internazionalprivatistici si vedano van Lith, The Dutch Collective Settlements Act and Private International Law, Erasmus Universiteit Rotterdam, 2010, al sito www.wodc.nl/images/1817_Volledige_tekst_tcm44303998.pdf, nonche´ Arons, van Boom, Beyond Tulips and Cheese: Exporting Mass Securities Claim Settlements from The Netherlands, in Eur. Bus. Law Rev., 2010, p. 857 ss.; Polak, Hermans, International Class Actions Settelements in the Netherlands After the Morrison and Ahold Decisions, in Class & Group Actions 2011, London, 2010, p. 6 ss., secondo i quali il giudice olandese ben potra` applicare anche leggi straniere nella determinazione dei danni subiti dai membri della classe residenti all’estero secondo la legge applicabile alle rispettive pretese.
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nell’ordinamento nazionale, i giudici olandesi sono stati i primi giudici europei a riconoscere recentemente una sentenza americana – pronunciata in una foreign cubed class action nei confronti di una societa` olandese in cui titoli (azioni quotate nei Paesi Bassi e ADR quotati a New York) avevano subito un rilevante deprezzamento in seguito all’annuncio di una riduzione degli utili a causa di una complessa frode finanziaria verificatasi presso la sua controllata negli Stati Uniti. Tale sentenza era stata invocata nei Paesi Bassi dalla societa` per impedire la proposizione in questo Stato di una nuova domanda da parte di un’associazione rappresentativa dei membri anonimi olandesi della classe che non avevano esercitato l’opting out nel procedimento svoltosi nel Maryland. La Corte di Appello di Amsterdam ha dichiarato che gli interessi delle parti lese erano stati adeguatamente tutelati nel procedimento all’estero: i membri della classe avevano avuto notizia con un termine congruo e attraverso mezzi efficaci di comunicazione nei Paesi Bassi della pendenza del procedimento e della possibilita` di effettuare la dichiarazione di non voler partecipare all’azione, e il giudice statunitense era fornito di competenza internazionale in quanto giudice del luogo dell’illecito. La Corte di Appello ha pero` lasciato aperta la possibilita` di rifiutare il riconoscimento nei confronti di singoli individui che dimostrino che i loro diritti non sono stati rispettati nel procedimento all’estero. 63 Il meccanismo di settlement previsto nella WCAM e` stato creato nel 2005 per risolvere il primo caso di azione di classe nei Paesi Bassi in materia di responsabilita` da prodotti farmaceutici, nel quale l’impresa si era dichiarata pronta a risarcire i danni subiti dai consumatori/pazienti purche´ fosse garantito che la transazione conclusiva sarebbe stata opponibile a tutti i soggetti nella medesima situazione, indipendentemente dall’adesione espressa. 64 A partire da questo caso, la WCAM e` stata applicata in altri cinque controversie, 65 che hanno visto via via prevalere gli elementi di estraneita` rispetto ai collegamenti con i Paesi Bassi.
63 Corte di Appello di Amsterdam, 23 giugno 2010, Royal Ahold, in Jurisprudentie Ondernemingsrecht, 2010, p. 225 ss., nota Tzankova. 64 Si tratta del caso DES, deciso dalla Corte di Appello di Amsterdam il 1º giugno 2006 (Ned. Jur., 2006, p. 461 ss.): i membri della classe erano piu´ di 34.000 e il risarcimento convenuto tra le parti fu pari a 38 milioni di euro. 65 Il caso Dexia del 25 gennaio 2007, in Ned. Jur., 2007, p. 427 ss., relativo a danni patrimoniali derivanti da strumenti di investimento venduti a consumatori, ha visto coinvolti piu´ di 300.000 membri e riconosciuti danni per circa 1 miliardo di euro; nel caso Vedior del 15 luglio 2009, in Jurisprudentie Ondernemingsrecht, 2009, p. 325 ss., relativo a danni patrimoniali derivanti dalla tardiva informazione su una possibile acquisizione, i membri della classe erano piu´ di 2000 per un risarcimento di 4,25 milioni di euro; nel caso Vie d’Or del 29 aprile 2009, in Ned. Jur., 2009, p. 247 ss., relativo ai danni subiti dai contraenti di assicurazioni sulla vita in conseguenza del fallimento della compagnia di assicurazione, vi erano piu´ di 11.000 membri per un risarcimento di circa 45 milioni di euro; nel caso Royal Dutch Shell del
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dottrina
In particolare, nel caso Royal Dutch Shell, deciso dalla Corte di Appello di Amsterdam il 29 maggio 2009, 66 che vedeva come controparti della classe una societa` olandese e una societa` inglese del gruppo Shell, gli investitori interessati erano circa mezzo milione localizzati in 105 Paesi, in maggioranza anonimi detentori di azioni al portatore, rappresentati da piu´ di 30 fondazioni e associazioni di vari Stati, anche europei (tra i quali Regno Unito, Germania, Danimarca, Italia, Irlanda, Lussemburgo, Norvegia, Svezia, Svizzera). Si riporta che sono state inviate piu´ di 100.000 notifiche dell’esistenza del procedimento 67 e sono stati pubblicati avvisi in 44 quotidiani e periodici in tutto il mondo. Le societa` erano anche state convenute con una class action davanti ai giudici statunitensi: sulla base di un accordo tra le parti, il giudice di New York si e` pronunciato sui danni subiti dagli investitori domiciliati negli Stati Uniti e il giudice olandese dei danni subiti dagli investitori domiciliati in altri paesi. Nel piu´ recente caso Converium, 68 invece, l’impresa era una societa` svizzera quotata alla borsa di Zurigo che aveva emesso degli ADR quotati a New York, mentre gli investitori erano principalmente svizzeri e inglesi, rappresentati in parte da una fondazione olandese costituita appositamente. Anche in questo caso era pendente una class action a New York e la soluzione e` stata identica a quella seguita nel caso Royal Dutch Shell quanto alla ripartizione dei membri della classe tra i giudici di New York e di Amsterdam. Esiste dunque in Europa una procedura collettiva di risarcimento dei danni subiti da una pluralita` di soggetti che si conclude con una transazione omologata da un giudice, la quale vincola anche i soggetti che non hanno manifestato la volonta` di aderirvi, e che secondo i commentatori e i giudici olandesi e` pienamente compatibile con le regole sulla giurisdizione e sul riconoscimento contenute nel regolamento Bruxelles I, e dunque e` idonea a circolare liberamente nell’Unione. Secondo la Corte di Appello di Amsterdam, e non si puo` non convenire sul punto, queste controversie rientrano nella materia civile e commerciale ai sensi del regolamento Bruxelles I e
2009, relativo alle perdite subite dagli investitori per informazioni non veritiere sulle riserve di petrolio e gas detenute dalla societa`, i membri della classe erano piu´ di 500.000, in maggioranza residenti all’estero, e hanno ottenuto un risarcimento di 352 milioni di euro; infine, nel caso Converium, conclusosi nel novembre 2010, relativo a strumenti finanziari, i membri della classe erano piu´ di 12.000 e hanno ottenuto un risarcimento di 58 milioni di euro. 66 La sentenza e` pubblicata al sito http://zoeken.rechtspraak.nl/resultpage.aspx?snelzoeken=true&searchtype=ljn&ljn=BI5744. Per notizie sulla procedura si vedano i siti dedicati www.royaldutchshellsettlement.com, www.shellsettlement.com, www.shellcompensation.com, www.shellvergoeding.nl, www.veb.net, www.shell.com, www.abp.nl, www.apg.nl, e www.pfzw.nl. 67 Ai soggetti domiciliati negli Stati membri le notifiche sono state effettuate ai sensi del regolamento n. 1393/2007. 68 Sentenza 12 novembre 2010, disponibile al sito http://jure.nl/bo3908. La sentenza e` provvisoria fino al completamento delle notifiche a tutti i membri della classe.
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della convenzione di Lugano. Le perplessita` e le preoccupazioni si manifestano invece in relazione alla giurisdizione e soprattutto all’effetto preclusivo della transazione omologata anche nei confronti di soggetti che non vi abbiano aderito esplicitamente. Quanto al primo profilo, la Corte di Amsterdam ha valutato la sussistenza della propria giurisdizione ai sensi di tali strumenti sulla base del domicilio di alcuni membri della classe nei Paesi Bassi, qualificandoli come convenuti ai fini dell’art. 2 del regolamento Bruxelles I poiche´ nel caso di una transazione sono ad essa vincolati, al pari dell’impresa. In effetti, i membri della classe ricevono la notizia della richiesta rivolta alla Corte perche´ dichiari vincolante la transazione e possono opporvisi. Sulla base dell’art. 6 par. 1 del regolamento, la Corte ha poi esteso la giurisdizione ai membri della classe domiciliati negli altri Stati membri dell’UE e agli Stati contraenti della convenzione di Lugano, e infine ha applicato l’art. 3 del codice di procedura civile nazionale per affermarla anche nei confronti degli altri soggetti domiciliati in altri paesi. 69 Sotto il secondo profilo, il rispetto del contraddittorio – al quale risulta che sia stata dedicata molta attenzione al momento dell’approvazione della WCAM con riferimento alla convenzione europea sui diritti umani – sarebbe garantito dall’ampia e capillare pubblicita` dell’esistenza della procedura e delle modalita` per l’opting out in ogni paese potenzialmente interessato. La possibilita` di contestare comunque la transazione in casi individuali e specifici qualora siano stati violati i diritti processuali di alcuni membri della classe, affermata dalla Corte di Amsterdam anche nel caso Royal Ahold sopra menzionato, permetterebbe di fugare ogni dubbio in proposito. 70 Si tratta di questioni del tutto nuove, sulle quali sono necessari approfondimenti e riflessioni, che saranno certamente svolti nel quadro della consultazione sulle azioni collettive da poco avviata dalla Commissione. Qualche osservazioni preliminare puo` pero` essere gia` presentata. E` indubbio che il regolamento Bruxelles I permette il riconoscimento e l’esecuzione delle transazioni giudiziarie, alle quali riserva pero` un trattamento meno favorevole rispetto alle sentenze (art. 58), 71 e che ammette la scelta del foro competente ad opera delle parti, seppure a condizioni strin-
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Cfr. van Lith, The Dutch Collective Settlements Act cit., p. 36 ss. Cfr. van Lith, op. cit., p. 99 ss., spec. p. 102 ss. 71 Si veda la sentenza della Corte di giustizia, 2 giugno 1994, in causa C-414/92, Solo Kleinmotoren, in Raccolta, p. 2237 ss., e in questa Rivista, 1994, p. 666 ss., che ha affermato che «una transazione suscettibile di esecuzione conclusa dinanzi a un giudice dello Stato richiesto con la funzione di definire una lite pendente non costituisce una ‘‘decisione resa tra le medesime parti nello Stato richiesto’’, menzionata da detta disposizione, che possa impedire, a norma della convenzione, il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione giudiziaria resa in un altro Stato contraente». 70
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genti nel caso di controversie di consumo (art. 17) o relative ai contratti di assicurazione (art. 13), per le quali, si ricorda, e` possibile il controllo della competenza del giudice di origine da parte del giudice richiesto dell’esecuzione. Tuttavia, sotto il profilo della giurisdizione la soluzione seguita dalla Corte di Appello di Amsterdam nel configurare i membri della classe come convenuti al pari dell’impresa pare potersi applicare solo nel caso delle transazioni, poiche´ in caso di procedimenti in contraddittorio i rappresentanti e i membri della classe sono certamente attori e non convenuti. Ove si consideri la volonta` delle parti di sottoporsi alla giurisdizione olandese ai sensi degli artt. 23 e 24 del regolamento Bruxelles I, invece, se puo` concedersi che i membri della classe che abbiano aderito all’azione siano vincolati alla scelta del foro olandese in quanto essa consente alla parte debole di adire un giudice diverso da quello indicato in queste disposizioni, lo stesso non puo` dirsi per i membri che non abbiano manifestato alcuna adesione dato che la condizione fondamentale per la validita` sostanziale della clausola sulla competenza nel regolamento – come interpretato finora costantemente dalla Corte di giustizia – consiste nel consenso delle parti sul contenuto della clausola stessa, che non puo` presumersi se non in casi particolari ed eccezionali. Infine, sotto il profilo del rispetto del contraddittorio permangono le perplessita` sull’effetto ostativo alla proposizione dell’azione ordinaria che si produce in capo a tutti i membri della classe – ovunque localizzati nella prospettiva del giudice olandese e delle decisioni finora adottate – per effetto dell’omologazione del settlement, indipendentemente dall’adesione espressa all’azione, con riferimento alle regole sul due process consacrate all’art. 6 della CEDU e all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali e all’ordine pubblico processuale. Pare necessario valutare con attenzione l’efficacia dei mezzi di comunicazione utilizzati per notificare ai membri della classe l’esistenza della transazione nella prospettiva del rispetto delle garanzie procedurali che sono invocate nel regolamento sul titolo esecutivo europeo e ora nella proposta di modifica del regolamento Bruxelles I per giustificare l’abolizione dell’exequatur e l’operare delle relative eccezioni in casi specifici. In caso di sostanziale analogia delle situazioni o di adeguatezza delle tutele predisposte a garanzia della parte assente o contumace, non vi sarebbero motivi per trattare in modo diverso le decisioni emesse sulla base della WCAM, ma e` opportuno menzionare che questa valutazione potrebbe essere richiesta a un giudice di un altro Stato membro al quale venga proposta un’azione individuale da parte di un consumatore che sia rimasto estraneo alla transazione. Infine, accanto ai rapporti tra settlement stranieri e sentenze nazionali, che possono ostare al riconoscimento dei primi nello Stato richiesto, dovra` valutarsi con attenzione anche il riconoscimento di sentenze straniere di rigetto di azioni collettive.
CAROLA RICCI professore associato nell’universita` di pavia
LA LEGGE APPLICABILE AL DIVORZIO TRA CITTADINI DI STATI PLURILEGISLATIVI: PRASSI ITALIANA E NUOVE NORME EUROPEE Sommario: 1. Divorzio transnazionale e conflitti interni di legge: il richiamo agli ordinamenti plurilegislativi in presenza del criterio della cittadinanza nel sistema italiano vigente. – 2. La prassi italiana sul richiamo a ordinamenti plurilegislativi su base territoriale. – 3. Segue: spunti per una riforma dell’art. 18 della legge n. 218/1995 offerti dal legislatore UE. – 4. Le regole di soluzione dei conflitti di legge tra piu´ ordinamenti a base personale: le fonti. 5. Segue: i criteri dell’appartenenza e della professio iuris. 6. La soluzione dei conflitti di legge interpersonali nella giurisprudenza italiana. – 7. Il criterio della cittadinanza alla prova dei c.d. conflits de civilisations.
1. Nell’attuale contesto internazionale, a fronte del costante aumento dei flussi migratori, circa sedici milioni di matrimoni sono «internazionali» e dunque, realisticamente, sara` sempre maggiore la frequenza con cui si porranno ai nostri giudici nazionali questioni di diritto internazionale privato attinenti al divorzio o alla separazione personale tra coniugi collegati a piu´ Stati. 1 Tra questi ultimi, alcuni sono costituiti da ordinamenti in cui coesistono diversi sistemi giuridici riferibili alle partizioni territoriali in cui sono divisi ovvero alle differenti comunita` etniche o religiose in esso diffuse. 2 Da cio` deriva che alla difficolta` di determinare l’ordinamento com1 La Commissione europea ha confermato questi dati, evidenziando i problemi derivanti dalle differenze sussistenti nei diversi Paesi nella disciplina sostanziale e internazionalprivatistica in materia matrimoniale, sia nella «Valutazione d’impatto della proposta di regolamento del Consiglio che modifica il Regolamento(CE) n. 2201/2003 limitatamente alla competenza giurisdizionale e introduce norme sulla legge applicabile in materia matrimoniale (COM(2006) 399 def.)» del 17 luglio 2006, SEC (2006) 949, sia nel «Memo/10/100. Clearer rules for international couples – frequently asked questions» del 24 marzo 2010 (http://europa.eu/rapid/pressReleases). Sulla percezione del problema da parte dei cittadini dell’Unione europea e sulla loro posizione rispetto la necessita` di un intervento del legislatore europeo sono indicativi anche i risultati del recente studio «Special Eurobarometer 351 – Civil justice, October 2010», p. 19 ss. 2 Sugli ordinamenti plurilegislativi, per quanto attiene alla dottrina italiana precedente alla riforma del 1995, si vedano ex multis: Vitta, Conflitti interni ed internazionali. Saggio Comparativo, Torino, 1954, I, pp. 103 ss., 137 ss., 195 ss. e II, pp. 87-122, 182-242; De Nova, I sistemi giuridici complessi in diritto internazionale privato, in Studia Ghisleriana, Pavia, 1954, p. 73 ss. Per quanto attiene alla copiosa dottrina straniera, si rimanda a Arminjon, Les syste`mes juridiques complexes et les conflits de lois et de juridictions auxquels ils donnent lieu, in Recueil des cours, t. 74, 1949-I, pp. 73-190; Lampue´, Les conflits de lois interre´gionaux et interpersonnels dans le syste`me juridique franc¸ais (me´tropolitain et d’outre-mer), ibidem, 1954, p. 248 ss.; Droz, Regards sur le droit international prive´ compare´. Cours ge´ne´ral de droit in-
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petente a regolare gli effetti della dissoluzione dei matrimoni «transnazionali» si aggiunge la necessita` di risolvere anche il conflitto di leggi «interno» al sistema cosı´ individuato (detto interlocale o interpersonale). Il legislatore della riforma nel 1995 ha introdotto, come noto, una norma specifica, l’art. 18, secondo la quale la legge applicabile al rapporto risulta quella particolare determinata in base ai criteri utilizzati dall’ordinamento plurilegislativo per risolvere i conflitti interni (comma 1). Solo nel caso di impossibilita` di individuare questi ultimi, interviene in via sussidiaria il criterio del collegamento piu´ stretto, previsto dal comma 2, cui l’interprete ricorrera` per soppesare tutti i fattori in presenza. 3 Nel sistema italiano l’individuazione della singola legge particolare per la materia matrimoniale e` complicata dalla circostanza che la nazionalita`, come noto, rimane il criterio principale 4 per determinare la legge regolatrice dei rapporti tra i coniugi. Con riguardo specifico alla coppia, si fa riferimento precisamente alla «cittadinanza comune» nella determinazione della legge applicabile a tutte le fasi in cui si sviluppa il rapporto matrimoniale, dal momento prodromico, la promessa (art. 26), a quello in cui e` validamente costituito (artt. 29-30), fino al suo scioglimento (art. 31). 5
ternational prive´, ibidem, t. 229, 1991-IV, pp. 9-424; Borra´s, Les ordres plurile´gislatifs dans le droit international prive´ actuel, ibidem, t. 249, 1994, p. 165 ss. 3 Sulla nuova norma introdotta nella legge n. 218/1995 si vedano in dottrina Carbone, Art. 18, in Pocar, Treves, Carbone, Giardina, Luzzatto, Mosconi, Clerici (a cura di), Commentario del nuovo diritto internazionale privato, Padova, 1996, p. 88 ss.; Conetti, Art. 18, in Bariatti (a cura di), Riforma del sistema di diritto internazionale privato, in Nuove leggi civ. comm., 1996, p. 1072 ss., e in Conetti, Tonolo, Vismara, Commento alla riforma del diritto internazionale privato italiano. Legge 31 maggio 1995, n. 218, 2a ed., Torino, 2009, p. 56 ss.; Ricci, Il richiamo di ordinamenti plurilegislativi nel diritto internazionale privato, Padova, 2004, pp. 75-100 e 133-163. 4 Com’e` noto, la nazionalita` ha sempre rivestito un ruolo fondamentale nel sistema italiano di d.i.p., sin dalla sua prima positiva elaborazione nel 1865, profondamente ispirata al pensiero dell’insigne e poliedrico giurista P.S. Mancini quale emerge chiaramente gia` nella lezione inaugurale del corso di Diritto internazionale tenuto a Torino nel 1851, Della nazionalita` come fondamento del Diritto delle Genti (pubblicata in Diritto internazionale. Prelezioni, Napoli, 1873); lo stesso e` stato successivamente sviluppato nel rapporto presentato alla seconda sessione dell’Institut de droit international dell’agosto del 1874, pubblicato in Il Filangieri; rivista giuridica, dottrinale e pratica, I, 1876, pp. 625-683 e riprodotto nel volume a cura dell’ISPI, Antologia di diritto internazionale privato, Milano, 1964, pp. 43-76, spec. p. 47 s., su cui si veda per tutti Mosconi, A Few Questions on the Matter of International Uniformity of Solutions and Nationality as a Connecting Factor, in Basedow, Meier, Schnyder, Einhorn, Girsberger (eds.), Private Law in the International Arena. From National Conflict Rules Towards Harmonization And Unification. Liber Amicorum K. Siehr, The Hague, 2000, p. 465 ss., spec. p. 478 ss.; e Mosconi, Campiglio, Diritto internazionale privato e processuale. Parte generale e contratti, vol. I, 5a ed., Milano, 2010, pp. 6-9, 174-175. 5 Il legislatore ha introdotto in effetti alcuni correttivi all’operativita` di tale criterio, rappresentati, tra l’altro, sia dalla previsione del fattore sussidiario «flessibile» della prevalente localizzazione della vita matrimoniale, operante solo in mancanza di cittadinanza comune, sia dall’ammissibilita` dell’istituto del rinvio, escluso solo per i requisiti di validita` formale
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In presenza del richiamo ad un ordinamento non unificato operato in base alla cittadinanza non sara` possibile individuare il sotto-ordinamento competente. Infatti, per sua natura essa non considera gli elementi di differenziazione esistenti rispettivamente tra le diverse unita` territoriali che compongono lo Stato o tra le differenti comunita` etnico-religiose, sorte e sviluppate all’interno dei suoi confini. 6 Cosı´, negli ordinamenti plurilegislativi a base territoriale, tutti i cittadini dello Stato sono allo stesso tempo membri di una specifica unita` territoriale piu´ ristretta. Similmente, negli ordinamenti legislativamente non unificati su base personale, i membri di una comunita` religiosa o etnica sono frammisti su tutto il territorio di uno Stato di cui sono cittadini e non possono quindi essere distinti sulla base della nazionalita`, ma neppure facendo ricorso alla residenza o al domicilio. Quando poi il criterio utilizzato dalla norma di conflitto e` riferito ai due coniugi contemporaneamente e questi sono cittadini di uno Stato plurilegislativo, aumentano ulteriormente le difficolta`, 7 non solo perche´ la laboriosa ricerca delle regole di soluzione dei conflitti interni va riferita a due soggetti, ma perche´ puo` anche darsi che la stessa, pur essendo condotta all’interno di uno stesso ordinamento, non porti a individuare una legge particolare «comune» quando essi hanno lo stesso status civitatis ma sono da riferire a due comunita` territoriali o personali differenti, sulla base dei criteri univoci di ripartizione interna. 8 La breve analisi che segue sara` incentrata sul risultato a cui ha condotto l’applicazione dell’art. 18 della legge di riforma nella prassi, in tutte le ipotesi in cui e` risultata applicabile in materia di rapporti personali la legge (art. 28). La previsione del rinvio nella materia matrimoniale implica che l’impiego del criterio in esame puo` non portare necessariamente all’applicazione della legge nazionale dei coniugi. V. per tutti Pocar, Il nuovo diritto internazionale privato italiano, 2a ed., Milano, 2002, pp. 18 s., 35 ss., 51 ss.; Munari, Art. 13, in Bariatti (a cura di), Riforma del sistema cit., p. 1021; Baratta, Scioglimento e invalidita` del matrimonio nel diritto internazionale privato, Milano, 2004, spec. p. 10 s.; Queirolo, Separazione, divorzio e annullamento del matrimonio tra regolamento n. 2201/2003, proposta Bruxelles II bis e diritto interno, in Queirolo, Schiano di Pepe (a cura di), Lezioni di diritto dell’Unione europea e relazioni familiari, Torino, 2008, spec. p. 345 ss. 6 V. Castangia, Il criterio della cittadinanza nel diritto internazionale privato, Napoli, 1983; Mosconi, La legge regolatrice della capacita` delle persone fisiche: dalle proposte di P.S. Mancini alla prassi convenzionale, in Studi Ago, IV, Milano, 1987, pp. 187-225. 7 La questione si pose per la prima volta in materia contrattuale sotto la vigenza dell’art. 25 disp. prel. cod. civ. (che appunto indicava come applicabile la legge nazionale comune dei contraenti in mancanza di scelta), nella sentenza della Corte di Cassazione, 4 ottobre 1954 n. 3235, Satrina c. Nightingale, in cui i contraenti, entrambi cittadini statunitensi, appartenevano a diversi Stati della Federazione; la si veda in Giur. it., 1955, I, 899, con nota di Betta; in Foro it., 1955, I, 197; in Riv. dir. int, 1957, p. 402 ss., con nota di Arangio Ruiz, Cittadinanza comune dei contraenti e diritto plurilegislativo, spec. p. 405 ss. 8 Per quanto qui non richiamato per motivi di brevita`, sia concesso di riferirsi a Ricci, Il richiamo cit., spec. 116 ss., 125 ss., 159 ss.
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della cittadinanza, comune o anche di uno solo dei coniugi. Lo scopo e` quello di verificare se sia opportuno rivedere la stessa norma, anche valutando se sia da confermare la scelta operata dal legislatore del 1995 di riconoscere al criterio della cittadinanza comune un carattere preminente senza peraltro prevedere elementi «correttivi» per il caso del richiamo di ordinamenti plurilegislativi in queste materie. A tale fine, sara` tracciato un confronto con le soluzioni recentemente elaborate a livello UE sulle questioni generali relative alla determinazione della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale. Infine, la stessa tematica sara` affrontata considerando un altro profilo che emerge sempre piu´ spesso nei casi di richiamo di ordinamenti plurilegislativi su base personale. 9 Il contatto che si riscontra in modo crescente nella prassi recente con istituti di diritto familiare propri dei sistemi di ispirazione religiosa o etnica a volte molto lontani dalla nostra tradizione giuridica comporta il ricorso da parte dei nostri giudici alla clausola «di difesa» dell’ordine pubblico per evitare che facciano ingresso nel nostro ordinamento situazioni incompatibili con i valori fondamentali che lo informano iscritti nella nostra Costituzione, nell’ordinamento dell’Unione europea e in diverse fonti internazionali rispetto a ogni individuo, anche non cittadino. 10 2. Allo stato attuale, non si puo` che constatare lo sforzo ancora troppo lieve compiuto dai giudici italiani nel ricercare il contenuto del diritto
9 Su di essi, Vitta, Il diritto interpersonale, in Ann. dir. comp., 28, 1952, pp. 119-230; Lemaire, Questioni di diritto interpersonale, in Dir. int., 1961, p. 103 ss.; Benattar, Proble`mes relatifs au droit international prive´ de la famille dans les pays de droit personnel, in Recueil des cours, t. 121, 1967-II, pp. 1-111; Gannage´, La coexistence des droits confessionnels et des droits laı¨cise´s dans les relations prive´es internationales, ibidem, t. 164, 1979-III, pp. 339-423; De´prez, Droit international prive´ et conflits de civilisations. Aspects me´thodologiques. Les relations entre syste`mes islamique en matie`re de statut personnel, ibidem, t. 211, 1988-IV, pp. 9372; Rigaux, Les situations juridiques individuelles dans un syste`me de relativite´ ge´ne´rale. Cours ge´ne´ral de droit international prive´, ibidem, t. 213, 1989-I, pp. 9-407; Gannage´, Le principe d’e´galite´ et pluralisme des statuts personnels dans les E´tas multicommunautaires, in L’avenir du droit. Me´langes en hommage a` F. Terre´, Paris, 1999, pp. 431-440. 10 Sulle differenze culturali e l’ordine pubblico nel diritto internazionale privato della famiglia, oltre alla risoluzione del 2005 dell’Institut de droit international, si vedano in dottrina Lagarde, La the´orie de l’ordre public international face a` la polygamie et a` la re´pudiation, in Nouveaux itine´raires en droit. Hommage a` F. Rigaux, Bruxelles, 1993, pp. 263-282; Aldeeb Abu-Sahlieh, Conflits entre droit religieux et droit e´tatique chez les musulmans dans les pays musulmans et en Europe, in Rev. int. droit comp., 1997, p. 813 ss.; Jayme, Diritto di famiglia: societa` multiculturale e nuovi sviluppi del diritto internazionale privato, in questa Rivista, 1993, p. 295 ss.; Carella (a cura di), La Convenzione europea dei diritti dell’uomo e il diritto internazionale privato, Torino, 2009; Malatesta, Cultural Diversity and Private International Law, in Bariatti, Venturini (a cura di), Nuovi strumenti del diritto internazionale privato. Liber F. Pocar, Milano, 2009, pp. 643-657.
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interlocale o interpersonale a cui la legge di riforma rimette la determinazione del sistema particolare competente. 11 La sensibilita` e` scarsa anche nei confronti del criterio del collegamento piu´ stretto previsto per il caso dell’impossibilita` di individuare i criteri di ripartizione interni. Spesso, si confonde la sua funzione, stabilita nell’art. 18 comma 2, con la questione dell’accertamento della legge applicabile, come conferma una recente decisione del Tribunale di Tivoli, intervenuta sulla questione del richiamo di ordinamenti plurilegislativi su base territoriale. 12 Il giudice di merito era stato chiamato a decidere su una domanda di divorzio presentata da una cittadina italiana avente anche cittadinanza statunitense nei confronti del coniuge statunitense con cui aveva risieduto prima nello Stato della Virginia e poi in Austria. Dopo avere erroneamente fondato la giurisdizione italiana sulla base dell’art. 32 della legge n. 218, 13 il Tribunale ha indicato come applicabile la legge dello Stato della Virginia che prevede il divorzio su richiesta delle parti quando i coniugi abbiano vissuto separatamente e distanti senza coabitare continuativamente per un anno. Il procedimento logico-giuridico seguito dal Tribunale per la determinazione della legge particolare applicabile giunge a un risultato corretto nonostante il suo iter sia viziato. Una volta individuato negli Stati Uniti d’America lo Stato di nazionalita` comune, non si e` ricercato un criterio uniforme di soluzione dei conflitti interni: 14 questo e` comunemente indicato nel concetto giuridico di domicile, valido internamente ai fini di de11 Come ad es. si riscontra nella decisione della Corte di Appello di Milano, 20 marzo 1998, Italdecor s.a.s. c. Yiu’s Industries (H.K.) Limited, in questa Rivista, 1998, p. 171 ss., spec. p. 174, in cui i giudici milanesi, dopo avere definito come applicabile ad un contratto di vendita internazionale la legge del paese di residenza abituale del venditore ai sensi dell’art. 3 della convenzione dell’Aja del 1955, oltre a non accorgersi di essere in presenza di un ordinamento plurilegislativo neppure si attivano per ricercare il contenuto della legge applicabile, quella di Hong Kong, applicando senza esitazione la legge italiana. 12 La sentenza del 4 agosto 2009 e` riprodotta in questo fascicolo della Rivista, p. 160 ss. 13 Si segnala che il giudice italiano avrebbe piuttosto dovuto applicare l’art. 3 del regolamento (CE) n. 2201/2003 in materia matrimoniale (c.d. Bruxelles II-bis), e quindi individuare la giurisdizione del giudice austriaco, poiche´ la coppia aveva avuto l’ultima residenza comune in Austria. Il carattere esclusivo del sistema Bruxelles II-bis rispetto ai fori nazionali, cui e` attribuito mero valore residuale (artt. 6 e 7), sono stati puntualizzati nella sentenza della Corte di giustizia, 29 novembre 2007, in causa C-68/07, Lopez. Sul tema si rimanda, oltre ai nostri commenti Artt. 3-7 (Regolamento (CE) n. 2201/2003), in Zaccaria (a cura di), Commentario breve al diritto di famiglia, Padova, 2008, p. 2455 ss., e I fori «residuali» nelle cause matrimoniali dopo la sentenza Lopez, in Bariatti, Venturini (a cura di), Nuovi strumenti cit., pp. 865-878; a Borra´s,‘‘Exclusive’’ and ‘‘Residual’’ Grounds of Jurisdiction on Divorce in the Brussels II bis Regulation, in IPRax, 2008, p. 233 ss.; Campiglio, Il foro della residenza abituale del coniuge nel regolamento (CE) n. 2201/2003: note a margine delle prime pronunce italiane, in Cuadernos Der. Transn., 2010, spec. pp. 244-245, nota 8. 14 Negli Stati Uniti ciascuno Stato federato ha sviluppato un proprio sistema di diritto interlocale di natura prevalentemente giurisprudenziale per risolvere i conflitti con altri Stati
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terminare l’appartenenza a ciascun sister State, quando si possa provare che un coniuge risiede nella stessa unita` territoriale con la volonta` di permanervi in modo indefinito. 15 Si sarebbe dovuto quindi verificare se vi era un domicile «comune». Soltanto laddove il giudice non avesse individuato criteri univoci o avesse verificato che i coniugi appartenevano a differenti Stati della Federazione, avrebbe potuto ripiegare sul criterio del collegamento piu´ stretto previsto dell’art. 18 comma 2. Quindi, solo dopo che avesse ritenuto, soppesando tutti i fattori in presenza, di non rinvenire sul suolo statunitense un’unita` territoriale maggiormente collegata alla fattispecie, il giudice avrebbe potuto ripiegare sul criterio sussidiario previsto dall’art. 31 della prevalente localizzazione della vita matrimoniale. 16 Nel caso in commento, invece, oltre ad avere omesso ogni ricerca sui criteri di soluzione dei conflitti interni all’ordinamento straniero richiamato (in ulteriore violazione degli artt. 14 e 15 della legge di riforma), il Tribunale ha verificato che la vita di coppia si era svolta prevalentemente negli Stati Uniti, prima del trasferimento in Austria, e ha affermato che «nel caso dell’Unione, detti «sister States», sistema al quale si fa riferimento anche per la soluzione di conflitti internazionali con alcuni importanti limiti fissati nella Costituzione federale. Gli organi delle singole suddivisioni territoriali sono infatti soggetti alle limitazioni costituzionali rappresentate dalla «full faith and credit clause» e dalla «due process of law clause», contenute rispettivamente nell’art. 4 par. 1 e nel quattordicesimo emendamento della Costituzione federale. Le due disposizioni sono state interpretate congiuntamente dalla Corte Suprema federale come fondamento e limite, allo stesso tempo, per l’esercizio da parte delle autorita` statali del potere sia legislativo sia giudiziario in materia di conflitti interlocali. Per questa via, e` stata notevolmente ampliata la portata del diritto interlocale di origine particolare rispetto a quanto fissato dalla stessa Costituzione; sul rapporto tra i due sistemi v. Bonassies, Structure fe´de´rale et conflits internes de lois: l’exemple des Etats-Unis d’Ame´rique, in Revue critique, 1953, pp. 289-316 e 533-563; Baxter, Choice of Law and the Federal System, in Stanford Law Rev., 1963, p. 1 ss.; Leflar, Constitutional Limits on Free Choice of Law, in Law and Contemporary Problems, 1963, p. 706 ss.; Hay, International versus Interstate Conflicts Law in the United States, in RabelsZ, 1971, p. 429 ss.; Scoles, Hay, Conflict of Laws, 2nd ed., St. Paul (Minnesota), 1992; Juenger, Choice of Law and Multistate Justice, Dordrecht, 1993; Sedler, American Federalism, State Sovereignty, and the Interest Analysis Approach to Choice of Law, in Law and Justice in a Multistate World. Essays in Honor of A. T. von Mehren, 2002, pp. 369-382; Simson, State Interests, State Autonomy, and the Quest for Uniformity in Choice of Law, ibidem, pp. 391-398; Spamann, Choice of Law in a Federal System and an Internal Market, Jean Monnet W. P. No 8/2001 (http://centers.law.nyu.edu/jeanmonnet/papers). 15 Laycock, Equal Citizens of Equal and Territorial States: The Constitutional Foundations of Choice of Law, in Columbia Law Rev., 1992, 92, p. 249 ss.; Jacobsohn, Dunn (eds.), Diversity and Citizenship: Rediscovering American Nationhood, Lanham (Maryland), 1996. Per una rassegna dettagliata dei diversi criteri utilizzati dalle corti statali, anche in ambiti differenti, si ricorda il prezioso contributo, aggiornato con cadenza annuale, di Symeonides e, in particolare di recente, Choice of Law in the American Courts in 2009: Twenty-Third Annual Survey, 2010, in Am. Journ. Comp. Law, 2010, 58, spec. pp. 50-54. 16 Per ulteriori approfondimenti sui problemi di coordinamento dell’art. 18 con il sistema tracciato nella legge di legge di riforma, sia permesso di rimandare ancora a Ricci, Il richiamo cit., p. 133 ss.
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in questione il criterio residuale dello Stato in cui la vita matrimoniale e` stata prevalentemente localizzata e` funzionale anche all’individuazione della disciplina concretamente applicabile, essendo noto che la comune cittadinanza statunitense individua l’appartenenza ad una federazione al cui interno la disciplina dei rapporti matrimoniali puo` avere differente regolamentazione da Stato a Stato». La legge dello Stato della Virginia, cioe`, doveva risultare applicabile in prima battuta perche´ legge nazionale comune, indicata dai criteri univoci di soluzione dei conflitti interni (quale domicile), ai sensi del comma 1 dell’art. 18 e, eventualmente, a titolo di legge piu´ strettamente collegata, in applicazione del comma 2 della stessa disposizione. Le circostanze di fatto della controversia concreta hanno peraltro permesso la coincidenza delle soluzioni, ma quest’ultima e` stata solo fortuita. La legge applicabile sarebbe stata probabilmente quella austriaca se la coppia avesse soggiornato per soli cinque mesi in piu´ a Vienna: un cosı´ breve scarto temporale sarebbe bastato al Tribunale, infatti, per affermare che l’Austria era il paese di prevalente localizzazione della vita matrimoniale, trascurando la pur comune cittadinanza statunitense degli sposi... per il solo fatto che gli stessi appartenevano a uno Stato legislativamente non unificato! L’atteggiamento di scarsa attenzione nella ricerca dei criteri di soluzione dei conflitti interlocali si puo` riscontrare d’altro canto non solo nei confronti di fattispecie regolate dalla norma inserita nella legge di riforma, ma anche rispetto a disposizioni previste appositamente da convenzioni in vigore per l’Italia, «segno ulteriore dell’indifferenza [anche] del Supremo Collegio verso il diritto concretamente applicabile alla controversia». La Corte di Cassazione, infatti, non ha ancora censurato questa tendenza, contraria al combinato disposto di cui agli artt. 14, 15 e 18 della legge n. 218/1995, ma l’ha anzi confermata. 17 3. Alla luce delle considerazioni che precedono, emerge un primo rilievo critico sulla scelta generale compiuta dal legislatore italiano di non prevedere alcun tipo di correttivo utile all’interprete quando ricorre il criterio di collegamento della nazionalita` (per lo piu´ comune) dei coniugi 17 Come evidenzia Clerici, Rapporti di lavoro, ordine pubblico e convenzione di Roma del 1980, in questa Rivista, 2003, p. 809 ss., spec. p. 813, in commento alla sentenza della Corte di Cassazione, 11 novembre 2002 n. 15822, Bottoni c. Banca di Roma s.p.a., ibidem, p. 978 ss., in cui la Suprema Corte, nel determinare la legge regolatrice di un contratto di lavoro cui e` applicabile «in ogni caso» la convenzione di Roma del 1980 (ex art. 57 della legge n. 218/1995) e in particolare il suo art. 6, «si limita a richiamare una pretesa ‘‘legislazione statunitense’’ o ‘‘americana’’», quando avrebbe invece dovuto riferirsi, ai sensi dell’art. 19 par. 1 della convenzione, direttamente alla singola unita` territoriale (lo Stato di New York) designata concordemente dalle parti, dove il lavoratore svolgeva abitualmente la propria attivita`.
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appartenenti a Stati plurilegislativi. La ricerca di criteri univoci di soluzione dei conflitti interni puo` non essere agevole e comunque la prassi evidenzia che difficilmente l’interprete si e` attivato per condurre simili operazioni ermeneutiche. Quest’ultimo, piuttosto, potrebbe trovare piu´ agevole individuare la legge particolare applicabile se potesse ricorrere a indicazioni sussidiarie univoche o presunzioni predisposte dal legislatore italiano per tali casi in grado di condurlo direttamente al sotto-ordinamento competente. 18 Offrono notevoli spunti in tal senso le soluzioni apprestate nel recentissimo regolamento (UE) del 20 dicembre 2010 n. 1259 (c.d. Roma III), 19 in cui e` prevista una disposizione specifica sul richiamo di ordinamenti plurilegislativi. Come si avra` modo di spiegare, essa potrebbe costituire un valido modello anche per riformulare l’art. 18 della legge n. 218/1995 per le situazioni cui continuera` ad applicarsi la norma, una volta entrato in vigore il nuovo sistema di regole di conflitto uniformi 20 tra i quindici Stati 18 In senso non lontano da quello suggerito si poneva gia` una parte della dottrina prima della riforma del 1995; cfr. Ricci, Il richiamo cit., pp. 37-42. 19 Regolamento (UE) n. 1259/2010 relativo all’attuazione della cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, in questo fascicolo della Rivista, p. 248 ss. 20 Restano invece per il momento inalterate le regole sui conflitti di giurisdizione contenute nel citato regolamento (CE) n. 2201/2003, per le quali come noto era stata avanzata la richiesta di parziale modifica contestualmente alla prima proposta di regolamento sulla legge applicabile del 17 luglio 2006, sulla quale pero` non si e` mai riuscita a formare l’unanimita` dei consensi. Sulla proposta di regolamento Roma III, si vedano Gaertner, European choice of law rules in divorce (Rome III): An examination of the possible connecting factors in divorce matters against the background of private international law developments, in Journ. priv. int. law, 2006, pp. 99-136; Bonomi, Il diritto applicabile alla separazione e al divorzio nella recente proposta di regolamento comunitario, in Bariatti, Ricci (a cura di), Lo scioglimento del matrimonio nei regolamenti europei: da Bruxelles II a Roma III, a cura di, Padova, 2007, p. 91 ss.; Pocar, Osservazioni a margine della proposta di regolamento sulla giurisdizione e legge applicabile al divorzio, in Bariatti (a cura di), La famiglia nel diritto internazionale privato comunitario, Milano, 2007, p. 267 ss.; Paulino Pereira, ‘‘Rome III’’: la compe´tence juridictionnelle et la loi applicable en matie`re matrimoniale, in Rev. Marche´ Commun, 2007, p. 390 ss.; e La coope´ration judiciaire en matie`re civile dans l’Union europe´enne: bilan et perspectives, in Revue critique, 2010, p. 1 ss., spec. 13 ss.; Fiorini, Rome III. Choice of Law in Divorce: Is the Europeanization of Family Law Going Too Far?, in Int. Journ. Law, Policy & Fam., 2008, p. 178 ss.; Nascimbene, Competenza giurisdizionale e legge applicabile in materia matrimoniale: verso un regolamento Roma III?, in Fam. dir., 2009, p. 529 ss.; Calvo Caravaca, Carrascosa Gonza´lez, La ley aplicable al divorcio en Europa: el futuro reglamento Roma III, in Cuadernos Der. Transn., 2009, p. 36 ss; Carrascosa Gonza´lez, Seatzu, Normas de competencia judicial internacional en la propuesta de reglamento ‘‘Roma III’’, in questa Rivista, 2009, p. 567 ss.; e La legge applicabile alla separazione personale dei coniugi e al divorzio nella proposta di regolamento «Roma III», in Studi sull’integrazione europea, 2010, p. 49 ss.; Fiorini, Harmonizing The Law Applicable To Divorce And Legal Separation Enhanced Cooperation As The Way Forward?, in Int. Comp. Law Quarterly, 2010, p. 1143-1158; Lopes Pegna, La proposta di cooperazione rafforzata sulla legge applicabile a separazione e divorzio: profili problematici, in Cuadernos Der. Transn., 2010, p. 127 ss. L’art. 2 del regolamento Roma
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partecipanti alla prima procedura di cooperazione rafforzata, 21 autorizzata dal Consiglio con la decisione 2010/405/UE del 12 luglio 2010. 22 Per espressa previsione dell’art. 4, tale regolamento ha carattere universale, risultando applicabile anche quando la legge regolatrice individuata sia di uno Stato membro che non partecipa alla cooperazione rafforzata o di uno Stato terzo. In considerazione di tale natura, si e` ritenuto di non escludere un eventuale richiamo a ordinamenti legislativamente non unificati costituiti da Stati terzi o non partecipanti. A tale scopo, il regolamento Roma III prevede una norma specifica per gli ordinamenti plurilegislativi su base territoriale (corrispondenti agli attuali artt. 14 e 16), a cui e` stata aggiunta una disposizione – l’art. 15 – per gli ordinamenti plurilegislativi su base personale, non inseriti fino a poche settimane prima dell’adozione dell’atto e su cui si tornera` oltre nel testo.
III (nonche´ il confuso considerando 13) fa ovviamente salva l’applicazione del regolamento Bruxelles II-bis, che sara` comunque rivisto entro il 1º gennaio del 2012, ai sensi del suo art. 65. 21 La richiesta di ricorrere a tale procedura, appoggiata dalla Commissione, era gia` contenuta nella proposta di decisione del Consiglio che autorizza la cooperazione rafforzata sulla legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, COM(2010) 104 fin., presentata congiuntamente alla corrispondente proposta di regolamento che avrebbe attuato tale cooperazione, COM(2010) 105 fin., entrambe del 24 marzo 2010, adottate rispettivamente ex artt. 329 e 81 par. 3 TFUE. Tra aprile e maggio 2010 altri cinque Stati hanno aderito all’iniziativa (Germania, Belgio, Lettonia, Malta e Portogallo) aggiungendosi ai nove che avevano richiesto nel corso del 2008 e 2009 l’intervento della Commissione (con il ritiro della Grecia Bulgaria, Spagna, Francia, Italia, Lussemburgo, Ungheria, Austria, Romania e Slovenia). Il Consiglio GAI tenutosi a Lussemburgo il 3-4 giugno 2010 ha quindi appoggiato la richiesta avanzata dalla Commissione; per ulteriori dettagli sulle fasi dell’iter che ha condotto a Roma III, v. Fiorini, Harmonizing The Law Applicable cit., p. 1145 ss. Sulla procedura di cooperazione rafforzata che consente di ovviare ai limiti derivanti dall’opposizione anche di un solo Parlamento nazionale alla decisione del Consiglio (assunta su proposta della Commissione e consultato il Parlamento UE) che autorizzasse il passaggio di determinati aspetti del diritto di famiglia aventi implicazioni transfrontaliere dall’unanimita` alla procedura ordinaria (ex art. 81 TFUE) si vedano da ultimo Santini, L’assetto istituzionale dell’Unione europea: verso una maggiore efficienza e legittimita` democratica?, in Draetta, Santini (a cura di), L’Unione europea in cerca di identita`. Problemi e prospettive dopo il fallimento della ‘‘Costituzione’’, Milano, 2008, p. 57 ss., spec. pp. 60-63, 65 s.; Carbone, Tuo, Gli strumenti di diritto dell’Unione europea in materia di famiglia e il Trattato di Lisbona, in Studi sull’integrazione europea, 2010, p. 301 ss., spec. pp. 317 s., 321-324; Baruffi, La cittadinanza dell’Unione e i diritti dei minori nello spazio giudiziario europeo, in Ead. (a cura di), Cittadinanza e diversita` culturale nello spazio giuridico europeo, Padova, 2010, spec. p. 78 s.; Pocar, Diritto dell’Unione europea, 11a ed., Milano, 2010, p. 65 ss. 22 Si veda questa Rivista, 2010, p. 1089 ss. Successivamente, il testo proposto dalla Commissione e` stato approvato con emendamenti dal Parlamento europeo il 15 dicembre 2010, con una risoluzione, P7_TA(2010) 0477, resa sulla base del Report of the Committee on Legal Affairs and the Opinions of the Committee on Civil Liberties, Justice and Home Affairs and the Committee on Women’s Right and Gender Equality (A7-0360/2010); e` stato quindi acquisito il parere del Comitato economico e sociale e, infine, gli Stati aderenti o «partecipanti» ex art. 328 par. 1 TFUE si sono espressi all’unanimita` sulla proposta.
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Con riferimento specifico agli Stati che si compongono di piu´ unita` territoriali, l’art. 14 dispone alla lett. a che «ogni riferimento alla legge di tale Stato e` inteso... come riferimento alla legge in vigore nell’unita` territoriale pertinente», specificando che laddove il criterio di collegamento usato dalla norma di conflitto sia la «residenza abituale in quello Stato» si dovra` direttamente applicare la legge dell’unita` territoriale indicata da detto criterio (lett. b). Si tratta di una soluzione gia` nota nell’ambito della convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile ai contratti (art. 19 par. 1), poi trasfusa nell’art. 22 par. 1 del regolamento (CE) n. 593/2008 del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (c.d. Roma I) e quindi recepita anche per la diversa ma complementare materia delle obbligazioni extra-contrattuali nell’art. 25 par. 1 del regolamento (CE) n. 864/2007 dell’11 luglio 2007 (c.d. Roma II). 23 La ricerca dei criteri di spartizione territoriali puo` essere dunque agevolata per il tramite di una fictio che permette di attribuire il criterio di collegamento riferito allo Stato nel suo complesso direttamente alla singola unita` territoriale. 24 In una prospettiva di maggiore semplificazione si inseriscono anche i criteri sussidiari indicati espressamente all’art. 14 lett. c per il caso in cui la norma di conflitto UE richiami il criterio della cittadinanza. In tale ipotesi, infatti, quest’ultima deve essere intesa come «appartenenza all’unita` territoriale designata da detto Stato» secondo le regole sui conflitti interlocali ovvero, in mancanza delle stesse, «all’unita` territoriale scelta dalle parti o, in mancanza di scelta, all’unita` territoriale con la quale il coniuge o i coniugi hanno il legame piu´ stretto». 25 La disposizione in esame, quindi, pur confermando la preminenza della regola del riferimento ai criteri di soluzione dei conflitti interni, sottolinea come la cittadinanza dello Stato centrale debba essere specificata nell’appartenza alla singola unita` e attribuisce rilievo immediatamente successivo alla volonta` dei coniugi di regolare la crisi matrimoniale con una legge particolare determinata, coerentemente con il favore rispetto all’autonomia delle parti cui si ispira il regolamento Roma III per i conflitti di legge internazionali. L’art. 16 specifica, peraltro, che tali disposizioni non devono
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Mosconi, Campiglio, Diritto internazionale privato cit., spec. p. 246. Simile disposizione, detta anche «clausola federale», si ritrova in diverse convenzioni dell’Aja che presentano soluzioni differenti rispetto alla questione, assimilabili o meno a quella adottata dall’art. 18: cfr. Ricci, Il richiamo cit., pp. 165-207. Rispetto ad esempio alle obbligazioni alimentari, il protocollo dell’Aja del 2007, richiamato dal regolamento n. 4/2009 per l’individuazione della legge applicabile, contiene anch’esso una specifica disposizione dedicata ai sistemi non unificati su base personale (art. 17), che affida la determinazione del sotto-sistema applicabile alle regole di ripartizione vigenti nello Stato richiamato, senza prevedere alcun ulteriore criterio residuale; v. Lopes Pegna, La proposta di cooperazione rafforzata cit., spec. p. 139, nota 80. 25 Corsivi aggiunti. 24
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essere applicate dagli Stati plurilegislativi ai conflitti di legge puramente interni agli stessi (art. 16). Il Tribunale di Tivoli probabilmente non sarebbe incorso nell’errore sopra evidenziato nell’applicazione dell’art. 18 della legge n. 218 se quest’ultimo fosse stato scritto analogamente a quanto dispone l’art. 14 di Roma III. Tuttavia, mette conto di evidenziare che, pure supponendo gia` applicabile questa seconda disposizione, 26 il risultato non sarebbe comunque cambiato. Infatti, ai sensi dell’art. 8, mancando la scelta, non si sarebbe potuta applicare ne´ la legge dello Stato di residenza abituale, perche´ non era piu´ comune ai coniugi al momento della proposizione della domanda (lett. a); ne´ quella dell’ultima residenza abituale comune, perche´ era passato piu´ di un anno dal momento dell’allontanamento del marito dal territorio austriaco al momento dell’adizione del giudice italiano (lett. b). Sarebbe dunque risultata applicabile la legge della cittadinanza comune (lett. c), da interpretare appunto prima di tutto come «appartenenza» all’unita` territoriale designata dai criteri di soluzione dei conflitti interni e quindi, in mancanza di scelta specifica, come unita` piu´ strettamente collegata con i coniugi (quindi la stessa Virginia). 4. Il regolamento non si distacca invece dal modello utilizzato dall’art. 18 della legge di riforma per l’ipotesi del richiamo di ordinamenti plurilegislativi su base personale: l’art. 15 impone, infatti, in primo luogo, l’individuazione dei criteri di soluzione dei conflitti interpersonali e, solo in mancanza, il ripiego sul collegamento piu´ stretto. Come si e` rilevato, la disposizione e` stata inserita proprio nelle ultime battute del processo normativo che fino alle fasi finali aveva trascurato il problema, per la verita` di non poco conto in materia di divorzio e separazione personale. 27 Poteva essere utile anche per questo tipo di richiamo riferirsi al concetto di appartenenza o almeno permettere alle parti di scegliere la legge particolare applicabile. Una motivazione dell’omissione di tali correttivi si puo` forse rinvenire nella stessa natura delle norme deputate alla soluzione dei conflitti interpersonali e nella peculiarita` dei criteri a tale scopo usati sui quali appare quindi necessario soffermarsi. Gli ordinamenti plurilegislativi a base personale, come si e` detto, sono caratterizzati dalla contemporanea vigenza di sistemi normativi differenti all’interno dei confini di uno stesso Stato riferiti a diverse comunita` in esso stanziate e distinte per religione, etnia o casta, come accade in molti Stati 26 In base all’art. 21, il regolamento (UE) n. 1259/2010 e` entrato in vigore il 30 dicembre 2010 ma si applichera` «a decorrere dal 21 giugno 2012, ad eccezione dell’articolo 17, che si applica a decorrere dal 21 giugno 2011». 27 Come evidenziato da Lopes Pegna, ult. op. cit., spec. pp. 137-139. Si confronti anche la posizione di Carrascosa Gonza´les, Seatzu, La legge applicabile cit., spec. p. 53 s.
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africani 28 e asiatici. 29 Per quanto attiene alla natura e all’efficacia di tali sistemi normativi a base religiosa o etnica, questi, pur essendo in una posizione spesso (ma non sempre) subordinata a quella dell’ordinamento dello Stato territoriale, sono originari di fronte a se stessi. Le comunita` etniche o religiose sono, infatti, regolate da precetti normativi che esse stesse si danno senza alcuna mediazione del governo statale. Tuttavia, tali norme se da un lato si applicano «per forza propria» direttamente ai membri di dette collettivita` seguendoli ovunque essi si trovino, dall’altro non possono avere effettiva applicazione se questa non e` loro riconosciuta dallo Stato in cui gli stessi membri sono stanziati. 30 Risulta dunque che e` lo Stato territoriale a decidere quale efficacia attribuire agli ordinamenti personali cui appartengono i soggetti stabiliti all’interno dei suoi confini; inoltre cio` avviene solitamente solo in alcuni ambiti, rispetto ai quali e` riconosciuta a tali sistemi giuridici competenza (esclusiva o ripartita): il diritto matrimoniale o familiare in genere, il diritto successorio e, solo molto raramente, il regime di trasferimento dei terreni. I contratti e le obbligazioni sono quasi del tutto esclusi da tale riconoscimento, in quanto non coinvolgono principi o valori eticoreligiosi ritenuti dallo Stato imprescindibili o essenziali per tali comunita`, ma piuttosto interessi puramente economici non degni come tali di tutela distinta. L’applicazione delle norme di ordinamenti pluripersonali e` prevista da disposizioni di riconoscimento di fonte statale appositamente predisposte, oppure da provvedimenti di uguale derivazione che fungono sia da norme di riconoscimento sia da norme di conflitto o, ancora, e` concessa di fatto,
28 Francescakis, Proble`mes de droit international prive´ de l’Afrique noire inde´pendante, in Recueil des cours, t. 112, 1964-III, pp. 262-361; Allot, What is to be done with African Customary Law? The Experience of Problems and Reforms in Anglophone Africa from 1950, in Journ. African Law, 1984, p. 56 ss.; Charfi, L’influence de la religion dans le droit international prive´ des pays musulmans, in Recueil des cours, t. 203, 1987-III, pp. 321-454 ss.; Priso Essawe, Le juge national et le droit communautaire en Afrique centrale, in Revue du droit de pays d’Afrique, 1998, pp. 107-120; el Arbi Hachem, Le code tunisien de droit international prive´, in Revue critique, 1999, pp. 227-244; Mezghani, Les innovations du code tunisien de droit international prive´, in RabelsZ, 2001, pp. 78-100. 29 Kollewijn, Interracial Private Law (The Colonial Conflict of Laws), in Schrieke (ed.), The Effects of Western Influence on Native Civilisation in the Malay Archipelago, Batavia, 1929, pp. 204-236; Vitta, The Conflict of Laws in Matters of Personal Status in Palestine, Tel Aviv, 1947; Rama Rao, Conflict of Laws in India, in RabelsZ, 1958, p. 259-279; Gouwgioksiong (S. Gautama), Interpersonal Law in Indonesia, ibidem, 31, 1965, p. 545 ss.; Cammack, Islamic Law in Indonesia’s New Order, in Int. Comp. Law Quarterly, 1989, p. 53 ss.; Hongwu, Proble`mes de droit international prive´ concernant les personnes physiques e´trange`res en Chine, Paris, 1998; Gannage´, Le pluralisme des statuts personnels dans les E`tats multicommunautaires. Droit libanais et droits proche-orientaux, Bruxelles, 2001. 30 Cfr. Vitta, Diritto internazionale privato, I, Torino, 1972, p. 107 ss., spec. p. 122.
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permettendo che i giudici delle stesse comunita` o dello Stato le utilizzino, se pur nelle sole materie sopra indicate. 31 Gli ordinamenti a base personale mancano in genere di proprie norme per la soluzione dei conflitti di legge sorti rispetto ad altri sistemi normativi che all’interno dei confini territoriali di uno stesso Stato regolano i rapporti giuridici di soggetti appartenenti ad una o piu´ comunita` religiose o etniche. Essi, infatti, sono per lo piu´ «esclusivisti» e, salvo rari casi, impongono sempre l’applicazione soltanto delle loro regole di diritto. 32 Il diritto interpersonale, inteso come sistema di soluzione dei conflitti tra ordinamenti personali e/o tra questi e quello statale, nella maggioranza dei casi e` percio` di fonte statale. Per tale ragione, esso e` per lo piu´ limitato a materie specifiche che sono le stesse per le quali e` riconosciuta competenza normativa agli ordinamenti personali dallo Stato centrale. Si tratta, quindi, come gia` rilevato, dei diritti inerenti alla famiglia, al matrimonio, alle successioni. Negli ambiti in cui tale competenza non e` riconosciuta, non si possono creare conflitti perche´, di fatto, le norme relative dell’ordinamento personale non hanno applicazione concreta nello Stato: per quest’ultimo sono tamquam non essent, come evidenzia l’analisi dei diversi tipi di ordinamenti a base personale rilevati nell’arco dei secoli e da cui si possono trarre alcune linee comuni nell’evoluzione degli ordinamenti di matrice religiosa ed etnica. 33 Spesso le regole di soluzione dei conflitti interpersonali hanno fondamento nella Costituzione dello Stato, come accade a Cipro (art. 111 Cost.) 34 o in Cina. 35 La stessa scelta dei criteri di ripartizione in base ai 31 Sul rilievo che l’esercizio della giurisdizione da parte di autorita` appartenenti alle singole comunita` assicura un maggior grado di efficacia del diritto a base personale cfr. Lipstein, Szaszy, Interpersonal Conflict of Laws, in Int. Encyclopedia Comp. Law (Private International Law), 3, ch. 10, Tu¨bingen, 1985, p. 43 ss.; Tier, Techniques in Choice of Law in Conflicts of Personal Laws, in African Law Journ., 1986, pp. 1-19. 32 Cosı´ Vitta, Diritto internazionale privato cit., p. 133, nota 110, che ricorda le eccezioni costituite dalle comunita` cristiane d’Oriente o dalle varie scuole della giurisprudenza musulmana per determinare in quali casi vadano applicate le norme dei diversi riti della dottrina islamica ortodossa. 33 Sullo sviluppo storico del fenomeno nei diversi sistemi giuridici, che per ragioni di spazio non puo` essere qui condotta, sia concesso di rinviare (anche per i riferimenti bibliografici) a Ricci, Il richiamo cit., pp. 17-24. 34 V. per un commento Jayme, Identite´ culturelle et inte´gration: le droit international prive´ postmoderne. Cours ge´ne´ral de droit international prive´, in Recueil des cours, 1995, t. 251, spec. p. 181. 35 Quest’ultima riconosce autonomia legislativa alle cinquantasei comunita` etniche (art. 116 Cost. nella versione del 1982) in alcune materie, specificate ulteriormente, in via generale, nella «legge sull’autonomia delle circoscrizioni delle minoranze etniche» (promulgata nel 1984) e, in particolare, con riferimento alla materia del matrimonio e del diritto di famiglia, nonche´ al regime delle successioni, rispettivamente nella legge sul matrimonio del 1980 (art. 36) e in quella sulle successioni del 1985 (art. 35). Cfr. Hongwu, Proble`mes de droit international prive´ cit., spec. p. 40 ss.
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quali determinare il singolo sottosistema religioso o etnico competente risponde a fini di politica legislativa che rispecchiano interessi statali. Questi ultimi possono essere, ad esempio, quello di permettere una definitiva sostituzione o del diritto di derivazione autoctona con il sistema giuridico moderno territoriale oppure, soprattutto negli Stati confessionali, dei culti solo sopportati con quello ufficialmente accolto. Cosı´ accade in Egitto, Siria e Iraq in cui le norme del codice civile che incorporano norme di diritto islamico si applicano non soltanto a tutti i casi misti che coinvolgano anche un solo musulmano, ma a volte a tutti i cittadini a titolo di diritto civile comune. 36 Diversamente accade negli Stati pluriconfessionali, in cui le religioni sono considerate dal governo laico tutte su un medesimo piano. Ne costituisce esempio il Libano in cui si possono contare ben diciassette culti differenti: la non discriminazione tra essi viene raggiunta, da un lato, permettendo a ciascun cittadino di indicare l’ordinamento (personale ma anche quello dello Stato centrale) cui egli dichiara di appartenere o, d’altro lato, prevedendo in via residuale l’applicazione della soluzione indicata dal diritto laico libanese. 37 Si riscontrano infine interventi legislativi specifici laddove lo Stato voglia creare le migliori condizioni per una convivenza pacifica di gruppi etnici o religiosi in aree geografiche determinate. 38 5. Nella soluzione dei conflitti interpersonali per determinare la lex personalis non soccorre, come si e` gia` rilevato, il criterio di collegamento della cittadinanza, ne´ peraltro quelli del domicilio o della residenza. Il motivo dell’inutilita` di tale riferimento, secondo parte della dottrina, e` da ricercare nel fatto che i membri di una comunita` religiosa o etnica si presentano frammisti su tutto il territorio di uno Stato di cui sono cittadini e non possono dunque essere distinti in base alla residenza o al domicilio. 39 Secondo un’altra opinione, la causa si fonda sulla circostanza per cui, piu´ precisamente, in uno stesso Stato coesistono contemporaneamente piu´ ordinamenti personali. 40 La principale connessione tra un soggetto e ciascuna di queste comunita` 36 Per l’Egitto cfr. Berger, Conflicts of Law and Public Policy in Egyptian Family Law: Islamic Law Through the Backdoor, in Am. Journ. Comp. Law, 2002, p. 555 ss.; per la Siria e l’Iraq si veda Gannage´, Le pluralisme des statuts personnels cit., p. 181 ss. 37 V. ancora Gannage´, ult. op. cit., p. 15 ss. 38 Tale finalita` ad esempio ha guidato il governo greco nell’emanazione di una disciplina ad hoc per risolvere conflitti di legge tra ortodossi e turchi in Tracia, su cui si veda Papastathis, The application of religious laws in the Hellenic Repubblic, in Revue hell. droit int., 1998, p. 37 ss. 39 Si vedano in particolare Vitta, Diritto internazionale privato cit., p. 159; Carbone, Art. 18 cit., p. 93 s. 40 In tal senso, Boschiero, Appunti sulla riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, Torino, 1996, p. 274 s.
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e` la stessa appartenenza ad essa, cioe` il «possesso da parte dell’individuo di una o piu´ qualita` che gli siano intrinseche (razza, religione, tribu´, casta). Si tratta di collegamenti i quali traggono la loro origine da primordiali connessioni di sangue o di fede, che talora discendono da semplici criteri di appartenenza di fatto a primitivi raggruppamenti di famiglie o di genti, e talaltra da piu´ elaborate forme cristallizzatesi nella tradizione millenaria di antiche fedi religiose». 41 Per essere utilizzato nella soluzione di conflitti interpersonali il criterio dell’appartenenza deve essere considerato un concetto giuridico. 42 Come tale, esso va qualificato: occorre stabilire l’ordinamento alla luce del quale devono essere intese le espressioni impiegate nelle norme di conflitto o in quelle attributive di competenza fissate dal legislatore statale. A questo proposito, si puo` verificare nella prassi una duplice impostazione. Nelle ipotesi in cui le norme di conflitto siano contenute in (o coincidano con) quelle attributive di competenza, e quindi siano di origine statale, esse devono essere interpretate secondo il significato loro attribuito dal sistema di cui fanno parte e percio` da quello statale. Per applicare una determinata legge personale, e` dunque sufficiente riferirsi alle disposizioni del legislatore statale che indichino i metodi di determinazione dell’appartenenza all’una piuttosto che all’altra comunita`. E` possibile infatti che il legislatore preferisca sostituire o modificare i criteri seguiti dagli ordinamenti personali, riscontrandone finalita` contrarie alle sue scelte di politica legislativa o anche per scopi di semplificazione. 43 L’interprete deve dunque ricercare criteri in base ai quali determinare l’appartenenza a un singolo ordinamento personale non all’interno di questo ma piuttosto di quello statale, salvo che lo Stato operi una «recezione materiale» dei criteri fissati dall’ordinamento personale stesso. 44 Questa e` quindi la ratio che ha permesso di escludere il riferimento al concetto di appartenenza nel regolamento Roma III, in cui e` sembrato sufficiente richiamare le regole statali deputate alla soluzione dei conflitti interpersonali in base alle quali occorre qualificare tale concetto. 41
Cosı´ Vitta, Conflitti interni ed internazionali cit., II, p. 184. Battaglini, L’appartenenza allo Stato negli ordinamenti complessi, in Comunicazioni e Studi, X, Milano, 1960, p. 261 ss. 43 Ad es., in Palestina, ai tempi del mandato britannico, l’appartenenza alla comunita` ebraica andava dedotta, ai fini dell’attribuzione della giurisdizione alle corti rabbiniche, non sulla base del diritto talmudico ma con riferimento all’iscrizione su un registro appositamente creato dal legislatore britannico. In tale ipotesi anche la qualificazione degli istituti in presenza era effettuata secondo la legislazione mandataria centrale. Analogamente, in altri Stati, come Gambia o Uganda, viene per legge imposto come decisivo, in caso di dubbio sull’appartenenza ad una tribu´ o ad una minoranza etnica, lo status degli ascendenti in linea retta, salvo che non sia fornita prova contraria da chi vi abbia interesse. 44 Cfr. Pagano, Lezioni di diritto internazionale privato, Napoli, 2003, p. 215. 42
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Peraltro, la soluzione della determinazione dell’appartenenza ad un ordinamento a base personale e` relativamente semplice quando il conflitto interno si pone tra lo Stato e l’individuo che si professi membro di un gruppo religioso o etnico. La situazione si complica quando all’interno dei confini dello Stato coesista piu´ di un sistema giuridico a matrice religiosa e/o etnica. Qualora cioe` piu´ ordinamenti personali a carattere confessionale e/o etnico siano applicabili astrattamente ad un individuo, sara` ancor piu´ problematico stabilire l’ordinamento personale cui egli appartiene. Infatti, come si e` detto, gli ordinamenti a base personale di solito non prevedono norme di conflitto che indichino la legge applicabile a fattispecie con elementi di estraneita` ricollegabili ad altri sistemi giuridici a base territoriale e/o personale. Da cio` la constatazione che i metodi storicamente utilizzati sono di derivazione statale (legislativa o giurisprudenziale). La tendenza alla territorialita` delle codificazioni moderne, diffusesi a partire dalla fine dell’epoca coloniale, implica di solito la diminuzione del numero delle leggi in presenza poiche´ postula l’applicazione di regole di conflitto uniformi sul territorio statale a tutti i soggetti che vi sono stanziati. Quando pero` manca un simile sistema, per determinare l’appartenenza all’una piuttosto che all’altra comunita` si dovrebbe poter fare riferimento a criteri che di fatto assicurino l’esistenza di una stretta connessione tra il soggetto ed un determinato ordinamento a base personale nei casi in cui egli sia considerato membro da parte di piu´ gruppi religiosi o etnici, oppure ogni volta che sia dedotto un cambiamento della comunita` di appartenenza o una conversione. Tra i fattori da considerare di primaria importanza vi e` la professione di appartenenza a una collettivita` determinata da parte del soggetto in causa. A questa si aggiungono altri utili ed indicativi elementi di fatto come, ad esempio, i riti e le festivita` rispettati, le abitudini quotidiane (anche alimentari) del soggetto e della sua famiglia, l’ambiente delle persone di cui si circonda e l’istruzione che ha avuto e quindi la lingua o il dialetto adottati nell’espressione orale e scritta. Un altro criterio cui spesso si fa ricorso nei conflitti interpersonali e` quello della volonta`. Il ricorso alla professio iuris e` stato utilizzato nel Medio Evo, nei territori dell’Impero romano d’Oriente conquistati dai Turchi, oltre che nelle colonie e protettorati francesi, per un preciso scopo di politica legislativa. La ratio della sua introduzione era quella di permettere un maggiore utilizzo delle norme del sistema giuridico proprio del nuovo governo dei conquistatori o colonizzatori a scapito del rafforzamento dei tradizionali diritti locali. Lo scopo, in effetti, e` stato storicamente raggiunto in quasi tutti i casi con il passare del tempo e l’amalgamarsi delle civilta`. Da una fase iniziale di coesistenza di piu´ sistemi di norme tra loro anche molto differenti si e` passati ad un panorama per lo piu´ unitario, in cui gli elementi delle diverse culture interagiscono,
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in alcuni casi fondendosi o, in altri, rispettando reciprocamente la diversita` di ciascuna. 45 Il criterio della volonta` ha giocato un ruolo notevole nel processo di commistione di culture. Esso, infatti, ha permesso talvolta che fossero gli stessi destinatari delle regole di diritto a scegliere il sistema che ritenevano piu´ equo e rispondente alle loro esigenze. In tal modo i nuovi legislatori, evitando di imporre unilateralmente i loro modelli, creavano le basi migliori per la loro accettazione spontanea da parte di musulmani o di membri di tribu´ africane che ritenessero il diritto di derivazione occidentale a loro piu´ favorevole in ambiti determinati. 6. Non resta che verificare in che modo le autorita` giurisdizionali italiane abbiano applicato i criteri predisposti da un ordinamento plurilegislativo su base personale individuato come competente a regolare i rapporti tra cittadini stranieri in applicazione del citato art. 18 della legge n. 218/ 1995. La giurisprudenza sul punto e` ancora scarsa, anche perche´ spesso i nostri giudici non riconoscono la questione e finiscono per applicare la legge statale di natura territoriale, ignorando i problemi derivanti dalla contemporanea vigenza di piu´ ordinamenti su base personale nel sistema richiamato. Di recente, pero`, la questione e` stata rivalutata nella sua complessita` a fronte di una domanda presentata al Tribunale di Belluno da una coppia di cittadini indiani abitualmente residenti in Italia che domandavano di pronunciare il divorzio sulla base della legge indiana. 46 L’India e` per l’appunto un ordinamento plurilegislativo su base personale in cui coesistono piu´ sistemi distinti riferibili a diverse comunita` religiose ed etniche. Per il combinato disposto di cui agli artt. 18 e 31 della legge di riforma, l’interprete deve rivolgersi alle regole usate dall’ordinamento indiano per risolvere i conflitti tra le varie leggi personali applicabili in materia matrimoniale. La coppia aveva precisamente chiesto che il nostro giudice pronunciasse il divorzio senza previa separazione, per «mutual consent», sulla base 45 Sulla base di questi rilievi una parte della dottrina sostiene che gli ordinamenti plurilegislativi a base personale non sono che un fenomeno temporaneo derivante da instabilita` politico-istituzionale, destinato a confluire in un unitario sistema come conseguenza del raggiungimento di un nuovo equilibrio; cosı´ v. Batiffol, Lagarde, Traite´ de droit international prive´, I, 8a ed., Paris, 1993, p. 435 s. La ricostruzione non sembra pienamente condivisibile, in quanto la plurilegislazione su base religiosa o etnica e` il portato della diversita` di culture e tradizioni giuridiche che costituisce una ricchezza, un valore intrinseco del patrimonio dell’umanita`, non potendo essere considerata dunque solo una fase di passaggio. 46 Trib. Belluno, 6 marzo 2009, in questo fascicolo della Rivista, p. 140 ss.; in Fam. dir., 2010, p. 179 ss., con commento di Feletto, Brevi osservazioni sulla competenza giurisdizionale del giudice italiano e sulla legge applicabile al divorzio tra coniugi indiani, e in Giur. merito, 2010, p. 669 ss., con nota di D’Auria.
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dell’Hindu Marriage Act del 1955. Il giudice italiano, questa volta correttamente adito quale foro della residenza comune – in applicazione del regolamento n. 2201/2003 47 – ha esattamente anche indagato sui criteri di definizione dei conflitti di legge interpersonali. Infatti il Tribunale ha ricostruito i vari sottosistemi normativi disciplinanti i rapporti matrimoniali in ragione dell’appartenenza a una determinata confessione religiosa, individuata sulla base di precisi criteri a loro volta indicati in leggi di fonte statale che in parte incorporano precetti dei singoli sottosistemi. La pluralita` di sistemi su base personale si rispecchia nelle numerose leggi dedicate ai rapporti personali tra coniugi appartenenti a una stessa religione o casta (Hindu Marriage Act 1955; Dissolution of Muslim Marriages Act 1939; Indian Divorce Act 1869 – solo per cristiani; Parsi Marriage and Divorce Act 1936) o per matrimoni misti tra soggetti che appartengono a religioni o caste diverse (Special Marriage Act 1954). Nel caso di specie, e` stato correttamente applicato l’Hindu Marriage Act citato, riferito a due coniugi appartenenti alla religione induista (equiparata per il divorzio anche ad altre confessioni religiose) «derivata» dagli ascendenti (art. 2), 48 anche quando si trovino al di fuori del territorio indiano (art. 1.2). Il risultato del richiamo operato a questa normativa dall’art. 18 e` stato particolarmente vantaggioso per coniugi indiani che volevano evidentemente al piu´ presto vivere in una nuova realta` affettiva. Essi, infatti, hanno potuto chiedere congiuntamente lo scioglimento del vincolo sulla base della constatazione della avvenuta interruzione della convivenza protratta per almeno un anno e della dichiarazione che la loro unione non poteva essere mantenuta (art. 13 B), 49 senza dover prima attendere la maturazione del ben piu´ lungo periodo successivo alla pronuncia di separazione personale richiesto dalla normativa sostanziale italiana. Nonostante questa diversita` di disciplina non si e` fatto ricorso alla clausola dell’ordine pubblico (di cui all’art. 16 della legge n. 218/1995), risultando sufficiente l’accertamento dell’irreparabile dissoluzione della co-
47 La giurisdizione e` stata infatti affermata «a prescindere dalla nazionalita` delle parti» come disposto dagli artt. 3, 6 e 7 del regolamento citato, richiamando l’interpretazione fornitane dalla Corte di giustizia nella sentenza Lopez, per la quale si rimanda supra, nota 13. 48 L’art. 2 dell’Hindu Marriage Act e` stato riprodotto dal Tribunale di Belluno in motivazione (al punto 2) insieme all’estratto di una nota esplicativa molto particolareggiata che specifica le ipotesi in cui lo Stato considera un coniuge appartenente alla religione indu´ o a quelle equiparate, cui si rinvia. Cfr. E. dell’Aquila, L. dell’Aquila, Induismo e buddismo nel diritto tradizionale dell’India, Udine, 2010, spec. p. 125 ss. 49 In forza di tale disposizione: «Subject to the provisions of this Act a petition for dissolution of marriage by a decree of divorce may be presented... by both the parties to a marriage together... on the ground that they have been living separately for a period of one year or more, that they have not been able to live together and that they have mutually agreed that the marriage should be dissolved».
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munione spirituale e materiale posta a base del vincolo matrimoniale, come ribadito anche dalla Corte di Cassazione. 50 Un ultimo rilievo appare infine da evidenziare. La decisione non sarebbe pervenuta a un risultato differente applicando il regolamento Roma III, perche´ nel caso di specie la legge scelta dai coniugi indiani era quella indu´ ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 5 lett. c e 15. Tuttavia, mentre il regolamento attribuisce rilievo diretto alla volonta`, la norma di conflitto italiana arriva ad ammetterne la rilevanza solo nella misura in cui e` prevista nell’ordinamento di origine. Come si e` gia` ricordato, la scelta di politica legislativa che ha attribuito un maggiore ruolo all’optio legis anche per la determinazione dell’ordinamento personale particolare si e` rivelata fondamentale nell’arco della storia ai fini di una maggiore integrazione sociale e culturale delle diverse componenti religiose ed etniche coesistenti in uno stesso Stato. Proprio tale finalita` induce a ripensare in chiave critica alla preferenza ancora accordata al criterio della cittadinanza nella determinazione della legge applicabile ai rapporti personali nel nostro sistema. La sua posizione privilegiata in disposizioni di diritto internazionale privato italiano e` da molti ritenuta non piu´ giustificabile sulla base delle motivazioni originarie; 51 in una fase storica in cui l’Italia non e` piu´ un paese a forte emigrazione ma piuttosto e` divenuta meta (ultima o solo intermedia) di immigrazione, le esigenze di integrazione richiedono un’analisi piu´ approfondita sulla funzione che tale criterio di collegamento oggi deve assicurare. 7. I massicci flussi migratori che da qualche decennio stanno coinvolgendo non solo l’Italia, ma in diversa misura tutta Europa danno luogo a «conflitti di civilta`» 52 tra il diritto dei paesi di origine, caratterizzato da forti componenti religiose ed etniche, e quello dei paesi ospiti riguardo a questioni per lo piu´ attinenti allo statuto personale e familiare. Per la soluzione
50 Cfr. da ultimo la sentenza della Corte di Cassazione, 25 luglio 2006 n. 16978, in questa Rivista, 2007, p. 432 ss. 51 In dottrina spesso e` indicato l’alternativo riferimento a un criterio di origine territoriale quale la residenza abituale. Sul dibattito si rimanda a Jayme, Diritto di famiglia cit., p. 295; e Identite´ culturelle cit., p. 9; Lagarde, Nationalite´ et droit international prive´, in Annales de Droit de Louvain. Hommage a` M. Verwilghen, 2003, p. 205 ss.; Gaudemet-Tallon, Nationalite´, statut personnel et droits de l’homme, in Festschrift E. Jayme, Mu¨nchen, 2004, p. 205; Campiglio, Matrimonio poligamico e ripudio nell’esperienza giuridica dell’Occidente europeo, in questa Rivista, 1990, p. 853 ss.; e La famiglia islamica nel diritto internazionale privato italiano, ibidem, 1999, p. 21 ss.; Mosconi, Campiglio, Diritto internazionale privato cit., spec. p. 172 ss.; Basedow, Le rattachement a` la nationalite´ et les conflits de nationalite´ en droit de l’Union europe´enne, in Revue critique, 2010, p. 428 ss., spec. pp. 445-455. 52 Espressione questa utilizzata gia` negli anni settanta da Mercier, Conflits de civilisations et droit international prive´ cit., poi seguito tra gli altri da De´prez, Droit international prive´ et conflits de civilisations cit.
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di tali conflitti nell’applicare le norme di diritto internazionale privato del foro e` fatto tradizionalmente ricorso alla valvola di sicurezza rappresentata dall’eccezione della contrarieta` all’ordine pubblico. Il giudice dello Stato ospite, infatti, nella maggior parte dei casi rifiuta l’applicazione, soprattutto in materia di diritto di famiglia, di regole proprie di quegli ordinamenti cosı´ diversi nei principi fondamentali e quindi anche negli istituti giuridici (come, ad esempio, il ripudio e la poligamia del diritto musulmano). 53 La peculiarita` del fenomeno che qui si considera, pero`, dovrebbe indurre ad una piu´ ponderata valutazione dei metodi tradizionali. Le nuove comunita` di immigrati infatti sono caratterizzate, rispetto al passato, da un forte grado di stabilita` in conseguenza soprattutto del fatto che i loro membri hanno formalmente acquisito la residenza, se non addirittura lo status di cittadini, nei confronti dello Stato ospite. Nonostante il loro distacco formale dallo Stato di provenienza essi, pero`, «spesso tendono ad organizzarsi e a vivere secondo regole proprie, rifiutando quelle della societa` locale». 54 La rigidita` della soluzione, che mediante il facile ricorso alla clausola dell’ordine pubblico rifiuta di riconoscere ogni tipo di effetto ai diritti «troppo diversi», diventa un ostacolo alla migliore integrazione dei nuovi membri della comunita` moderna. Considerando inoltre che la formazione di una societa` multiculturale e` un processo ormai avviato e destinato a intensificarsi, e` opportuno confrontarsi con le esigenze di una parte della popolazione in continuo aumento nel territorio nazionale che proviene da Stati terzi. Occorre quindi studiare i possibili correttivi all’approccio tradizionale descritto, per permettere un’apertura graduale ai valori che si stanno diffondendo nella realta` quotidiana attuale e che caratterizzeranno ancor piu´ la vita comune nei prossimi decenni. Con cio` non si vuole suggerire di operare ad ogni costo una omologazione tra culture differenti, ma neppure di emarginare minoranze etniche riservando loro un trattamento che le mantenga separate dal resto della societa`. 55 Si tratta piuttosto di creare i presupposti giuridici per una mediazione tra queste due estreme impostazioni al fine di permettere una convivenza il piu´ possibile ordinata tra le diverse componenti sociali. Le soluzioni proposte fino ad ora alla questione di tali conflitti di legge,
53 Sul tema si vedano da ultimo Campiglio, La famiglia ‘‘islamica’’ in Italia, in Bariatti, Galizia Danovi (a cura di), La famiglia senza frontiere, Padova, 2008, pp. 11-50; Clerici, La compatibilita` del diritto di famiglia mussulmano con l’ordine pubblico internazionale, in Fam. dir., 2009, p. 197 ss., oltre ai riferimenti dottrinali richiamati supra, nota 10. 54 Cosı´ Rimini, Il ripudio innanzi ad un tribunale rabbinico in Italia e la sua rilevanza come divorzio ottenuto all’estero, in questa Rivista, 1992, p. 66. 55 Si vedano Salerno, Sulla tutela internazionale dell’identita` culturale delle minoranze straniere, in Riv. dir. int., 1990, p. 257 ss.; Conetti, Non discriminazione e legge applicabile allo stato delle persone e ai rapporti di famiglia, in Riv. diritti dell’uomo, 1991, p. 462 s.
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definiti anche «occulti», si sono riferite al c.d. ordine pubblico «attenuato» e «de proximite´», in Francia, 56 o alla teoria dei due stadi o due livelli, sviluppatasi in Germania, 57 o all’introduzione di una normativa positiva ad hoc, in altri, 58 o ancora alla stipulazione di intese sui generis 59 o convenzioni bilaterali 60 e, in alcune materie specifiche, di convenzioni multilaterali, redatte per lo piu´ sotto l’auspicio della Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato, come la convenzione del 19 ottobre 1996 sulla competenza giurisdizionale, la legge applicabile, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, nonche´ la cooperazione in materia di potesta` dei genitori e di misure per la tutela dei minori. 61 Si ritiene invece che la misura piu´ adeguata sia da ricercare in un diverso atteggiamento giurisprudenziale volto a vagliare i caratteri di somiglianza tra un istituto straniero e gli istituti interni. L’eventuale constatazione che i valori su cui il primo si fonda non siano dissimili da quelli che reggono i secondi dovrebbe evidenziare la sua non contrarieta` all’ordine pubblico senza che cio` necessariamente implichi la storpiatura della norma da applicare come propone invece la teoria dei due stadi (che la interpreta, se
56 Cfr. la famosa sentenza Rivie`re del 17 aprile 1953, Cour de Cassation (Chambre civile), in Revue critique, 1953, p. 413 ss., con nota di Batiffol. Si veda sul tema, tra gli altri, Lagarde, La the´orie de l’ordre public international cit., p. 263 ss.; e Courbe, Le rejet des re´pudiations musulmanes, in Recueil Dalloz, 2004, p. 815 ss. 57 V. Jayme, Societa` multiculturale cit., p. 301 ss.; Hessler, Sachrechtliche Generalklausel und internationales Familienrecht. Zu einer zweistufigen Theorie des internationalen Privatrechts, Mu¨nchen, 1985; Lorenz, Zur Zweistufentheorie des IPR und zu ihrer Bedeutung fu¨r das neue Versorgungsaugleichsrecht, in FamRZ, 1987, p. 645 ss. 58 V. Saunders, Walter, The Matrimonial Proceedings (Polygamous Marriages) Act 1972, in Int. Comp. Law Quarterly, 1972, pp. 781-789; Pearl, Polygamy and Bigamy, in Cambridge Law Journ., 1976, p. 48 ss. 59 V. Riad, Pour un Code europe´en de droit musulman, in Carlier, Verwilghen (dir.), Le statut personnel des musulmans, Bruxelles, 1992, p. 379 ss.; si veda anche Menhofer, Islamisches Recht in Westlichen Staaten, in IPRax, 1990, p. 419 s. 60 Cfr. ad es. la convenzione franco-marocchina del 10 agosto 1981, De´cret n. 83-435 del 27 maggio 1983, in Journal Officiel, 1º giugno 1983, p. 1643 (su cui Mone´ger, La convention franco-marocaine du 10 aouˆt 1981 relative au statut des personnes et de la famille et a` la coope´ration judiciaire, in Revue critique, 1984, p. 36 s. e Vers la fin de la reconnaissance des re´pudiations musulmanes par le juge franc¸ais?, in Journ. droit int., 1992, p. 345 ss.; Decroux, La convention franco-marocaine du 10 aouˆt 1981 relative au statut des personnes et de la famille et a` la coope´ration judiciaire, ibidem, 1985, p. 49 ss.), cui sono seguite le convenzioni che la Francia ha stipulato con la Tunisia (18 marzo 1982), l’Egitto (15 marzo 1982) e l’Algeria (21 giugno 1988). 61 Allo stato attuale comunque si puo` solo constatare il basso numero di ratifiche da parte degli Stati confessionali, ad eccezione del Marocco (che l’ha firmata il 22 agosto 2002 e per il quale e` entrata in vigore dal 1º dicembre 2002 e che di recente ha ratificato anche la convenzione del 1980 sulla sottrazione internazionale dei minori). Cfr. il sito ufficiale della Conferenza dell’Aja: http://www.hcch.net e questo fascicolo della Rivista, p. 280. Cfr. anche Malatesta, Cultural Diversity and Private International Law cit., p. 656 s.
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straniera, secondo i canoni ermeneutici del foro o viceversa, se interna, secondo il diritto straniero). La diversita` non e` infatti sempre sinonimo di contrarieta` ai valori fondamentali dell’ordinamento. Anzi lo stesso concetto di ordine pubblico non e` immutabile nel tempo e, perche´ soddisfi realmente le esigenze della societa`, occorre che sia sempre aggiornato ai valori in continua evoluzione da cui deriva. La discrezionalita` tecnica di cui godono gli organi giurisdizionali sembra lo strumento piu´ duttile, in grado di individuare fino a che punto il compromesso tra le diverse culture giuridiche in presenza possa essere raggiunto. L’indipendenza in una valutazione del genere, pero`, deve essere supportata da una scrupolosa analisi caso per caso di tutti gli elementi che costituiscono la fattispecie regolata dal diritto straniero applicabile, affiancata ad una ricostruzione della ratio delle eventuali norme interne che limitino il riconoscimento di atti perfezionati all’estero a ipotesi circoscritte. In tal senso si ritiene, ad esempio, che sia stata correttamente decisa la questione relativa alla dichiarazione di scioglimento del matrimonio di una cittadina italiana sposata con un uomo avente doppia cittadinanza – italiana e israeliana – a seguito di un provvedimento di ripudio pronunciato dal Tribunale rabbinico di Roma. 62 Il giudice italiano ha constatato che, in base all’ordinamento ebraico, cui appartenevano entrambi i coniugi, il vincolo matrimoniale risultava validamente sciolto. Quindi, anziche´ soffermarsi sulla natura del ripudio ebraico, pur definita «ibrida», esso ha ricostruito la ratio dell’art. 3 n. 2 lett. e della l. 1º dicembre 1970 n. 898, che regola il caso in cui «l’altro coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all’estero l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all’estero nuovo matrimonio», e ha permesso anche alla moglie di vedere riconosciuto in Italia il suo status di persona non piu´ coniugata. 63 Qui rileva che ciascuna norma in presenza e` stata interpretata e applicata nel caso di
62 Trib. Milano, 5 ottobre 1991, in questa Rivista, 1992, pp. 123-127. Cfr. Rimini, Il ripudio cit., p. 60 ss. Per un caso di ripudio islamico, in cui e` stata dichiarata la cessazione della materia del contendere per permettere l’estensione anche alla moglie degli effetti della pronuncia straniera di scioglimento del vincolo ottenuta dal marito, v. Trib. Reggio Emilia, 18 settembre 2008, inedita, sulla quale v. pero` in senso critico, anche alla luce della giurisprudenza di merito successiva, Clerici, nota a Trib. Reggio Emilia, 28 marzo 2008, in Dir. imm. citt., 1/2009, p. 167 ss. 63 Sulla disposizione citata si vedano Pocar, La legge italiana sul divorzio e il diritto internazionale privato, in questa Rivista, 1971, p. 749 ss.; Vitta, Diritto internazionale privato cit., p. 361; Nascimbene, Sentenze straniere di divorzio e legge italiana sul divorzio: primi orientamenti sulla giurisprudenza, ibidem, 1973, p. 337; Picone, Divorzio straniero come motivo di divorzio italiano, in Riv. dir. int., 1973, p. 5; e da ultimo Bertoli, Art. 3 l. 1º dicembre 1970 n. 898. III. Commento al numero 2, lettera e), in Zaccaria (a cura di), Commentario breve cit., p. 1350 ss., spec. p. 1352 s.
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specie secondo i criteri ermeneutici ed applicativi propri dell’ordinamento in cui e` inserita (a differenza di quanto sarebbe accaduto se si fosse seguito il metodo proposto dalla teoria dei due stadi). 64 La stessa impostazione si ritrova in decisioni di merito successive in cui e` stato pronunciato il divorzio senza previa separazione in caso di maltrattamenti, fisici e/o morali perpetrati ai danni della moglie, previsti dalla legge nazionale comune ai coniugi (nei casi di specie marocchina e albanese). 65 Allo stesso tempo, pero`, sono stati confermati come pienamente efficaci i principi fondamentali di non discriminazione sulla base del sesso e della religione, 66 impedendo tra l’altro il riconoscimento del matrimonio poligamico e autorizzando il matrimonio pur in caso di rifiuto del nulla osta da parte del paese d’origine fondato sull’appartenenza alla religione cristiana del futuro coniuge della nubenda di fede musulmana. 67 In conclusione, si ritiene che il diritto di famiglia e i diritti personali in una societa` multiculturale richiedano «una certa ‘‘personalizzazione’’ delle rispettive regole per risolvere i conflitti di leggi». 68 In tal senso e` auspicabile una valorizzazione della legge nazionale o di appartenenza da parte della societa` di accoglienza, quando sia accertato un nesso stretto tra la prima e lo straniero, senza peraltro trascurare la richiesta di questo di poter applicare in via preferenziale la legge del foro, nel caso di violazione dei diritti fondamentali operata dallo Stato d’origine. In questo processo, considerato il contesto attuale, sembra che il potere discrezionale di valutazione degli organi giurisdizionali sia l’unico mezzo sufficientemente elastico da permettere un maggiore rispetto delle diversita` culturali e religiose o anche solo prettamente giuridiche. Nella sua opera di accertamento del contenuto del diritto straniero e della ratio delle norme che lo compongono, il giudice italiano puo` avvalersi di diversi strumenti, anche di origine convenzionale, grazie all’alto grado di collaborazione raggiunto negli ultimi anni a livello internazionale ed euro64
V. Rimini, Il ripudio cit., p. 60 ss. Cfr. rispettivamente, Trib. Pordenone, 14 settembre 2005; e Trib. Tivoli, 14 novembre 2002, in questa Rivista, 2006, p. 181 ss. e 2003, p. 535 ss.; cfr. Queirolo, Separazione cit., 360 ss. 66 Cfr. Carella, Diritto di famiglia islamico, conflitti di civilizzazione e Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Carella (a cura di), La Convenzione europea cit., p. 67 ss. 67 Sulla copiosa giurisprudenza al riguardo, ivi compreso l’intervento della Corte Costituzionale, che nell’ordinanza 30 gennaio 2003 n. 14 ha confermato la legittimita` dell’art. 116, primo comma cod. civ., nonche´ sull’apertura mostrata nella circolare del Ministero dell’interno 11 settembre 2007 n. 46, Rilascio del nulla-osta al matrimonio ex art. 116 c.c. subordinato alla condizione che il nubendo sia di religione musulmana, v. Clerici, La compatibilita` del diritto di famiglia mussulmano cit., spec. p. 199; e Campiglio, La famiglia ‘‘islamica’’ cit., spec. p. 26 s. 68 V. Jayme, Diritto di famiglia: societa` multiculturale cit., p. 304; Becker, Integration und kulturelle Identita¨t. Entwicklungen des IPR in Europa. Symposium in Trier, in IPRax, 1992, p. 336. 65
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peo. 69 La piu´ accurata conoscenza del diritto straniero potra` portare in diversi casi a escludere la contrarieta` all’ordine pubblico internazionale e a permettere il riconoscimento di istituti a prima vista troppo... «diversi» da quelli interni. Indubbiamente, infine, la diffusione di convenzioni internazionali multilaterali nelle materie che regolano lo statuto personale o i rapporti di famiglia, per lo piu´ fondate sul criterio della residenza abituale dei coniugi, potra` facilitare ulteriormente il compito dell’interprete e ridurre le discriminazioni e i malfunzionamenti denunciati nell’applicazione delle convenzioni bilaterali in materia. Nel senso di una maggiore flessibilita` muovono anche le soluzioni predisposte dal recente regolamento Roma III fondato sulla centralita` dell’autonomia dei coniugi nella scelta della legge, a condizione che la stessa sia quella «di un paese con cui hanno un legame particolare» (tra cui la residenza abituale occupa una posizione di rilievo) 70 e sia «conforme ai diritti fondamentali riconosciuti dai trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea». 71 Nella stessa direzione e` orientata pure la possibilita` di ricorrere in via residuale all’applicazione della legge del foro per la tutela di interessi materiali, disposta dall’art. 10 dello stesso regolamento n. 1259/2010, «qualora
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Si ricorda che qualora sia designata la legge di un altro Stato membro, la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale istituita con decisione 2001/470/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 174 del 27 giugno 2001, modificata da ultimo dalla decisione 568/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, applicabile a decorrere dal 1º gennaio 2011, in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 168 del 30 giugno 2009, «potrebbe intervenire per fornire assistenza alle autorita` giurisdizionali sul contenuto della legge straniera», aggiornato regolarmente dalla Commissione, come ricorda anche il regolamento (UE) n. 1259/2010 (cons. 14 e 17). L’ultima decisione citata peraltro richiede che gli Stati membri migliorino le condizioni operative dei «punti di contatto» e, quindi, rafforzino il ruolo degli stessi «sia all’interno della rete sia rispetto ai giudici e alle professioni legali» (cons. 5 e 6), provvedendo a fornire le informazioni giuridiche e pratiche necessarie alle autorita` giudiziarie nazionali o ad altri punti di contatto (art. 5 par. 2 emendato, cfr. punto 3). Si ricorda inoltre che anche gli ordini professionali (in particolare avvocati, notai ed ufficiali giudiziari), possono aderire alla rete tramite le rispettive organizzazioni nazionali, al fine di contribuire, unitamente ai punti di contatto, ad alcune delle funzioni ed attivita` specifiche della stessa (cons. 12 e nuovo art. 5-bis). In tema v. Franzina, Il ruolo della rete giudiziaria europea nell’applicazione e nello sviluppo degli strumenti della cooperazione giudiziaria in materia civile, in Boschiero, Bertoli (a cura di), Verso un ‘‘ordine comunitario’’ del processo civile. Atti del Convegno interinale della Societa` italiana di Diritto internazionale (Como, 23 novembre 2007), Napoli, 2008, p. 185-199. 70 Sulla nozione di residenza abituale e sui problemi inerenti alla sua qualificazione in materia matrimoniale si vedano da ultimo Ricci, Habitual Residence as a Ground of Jurisdiction in Matrimonial Disputes: From Brussels II to Rome III, in Bariatti, Malatesta, Pocar (eds.), The External Dimension of EC Private International Law in Family and Succession Matters, Milano, 2008, pp. 207-219; e Campiglio, Il foro della residenza abituale cit., p. 246 ss. 71 Cfr. i considerando 15 e 16.
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la legge applicabile... non preveda il divorzio o non conceda a uno dei coniugi perche´ appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di accesso al divorzio o alla separazione personale». 72 La previsione di tale coincidenza tra forum e ius costituisce un’eccezione al sistema Roma III, 73 improntato a riconoscere ampia liberta` ai coniugi e sembra fondarsi sul presupposto implicito che la normativa sostanziale di tutti gli Stati partecipanti alla cooperazione rafforzata assicuri alle coppie lo stesso livello di riconoscimento dei diritti fondamentali loro riferibili, 74 tra cui spicca quello di non discriminazione. Questo assunto sembra pero` smentito dalla stessa inserzione, voluta da alcuni Stati, dell’attuale art. 13 (corrispondente all’art. 72 Specificamente sulla norma corrispondente contenuta nella proposta v. Calvo Caravaca, Carrascosa Gonza´lez, La ley aplicable al divorcio cit., spec. p. 67; Lopes Pegna, La proposta di cooperazione rafforzata cit., ibidem, spec. p. 136 s. 73 Contemporaneamente all’introduzione di tale disposizione e` stata da piu´ parti richiesta l’inserzione nel regolamento n. 2201/2003 di un forum necessitatis (cfr. infra, nota 75). Tale istituto, sul quale non ci si puo` in questa sede soffermare, compariva gia` nella clausola (art. 7 a) elaborata dal Parlamento europeo nella risoluzione legislativa del 21 ottobre 2008 sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 2201/2003 limitatamente alla competenza giurisdizionale e introduce norme sulla legge applicabile in materia matrimoniale (A6-0361/2008). Anche il regolamento (CE) n. 4/2009 in materia di obbligazioni alimentari, all’art. 7, prevede in casi eccezionali un forum necessitatis subordinato pero` all’assenza di qualsiasi altro giudice UE competente in base al regolamento, disponendo inoltre che i giudici dello Stato membro che presenta un collegamento «sufficiente» con la controversia puo` conoscere della stessa, se la causa non puo` «ragionevolmente» essere intentata o svolta o si rivela «impossibile in uno Stato terzo con il quale la controversia ha uno stretto collegamento»; v. Pocar, Viarengo, Il regolamento (CE) n. 4/2009 in materia di obbligazioni alimentari, in questa Rivista, 2009, p. 805 ss., spec. p. 817 s.); Ancel, Muir Watt, Aliments sans frontie`res. Le re`glement CE nº 4/2009 du 18 de´cembre 2008 relatif a` la compe´tence, la loi applicable, la reconnaisance et l’exe´cution des de´cisions et la coope´ration en matie`re d’obligations alimentaires, in Revue critique, 2010, p. 455 ss., spec. p. 482 ss. Analogamente esso si ritrova nella recente «Proposta di regolamento concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale», COM(2010) 748 def./2, del 3 gennaio 2011, punto 3.1.2, art. 26; e ancor prima nel Libro verde sulla revisione del regolamento (CE) n. 44/2001, cui si riferisce anche lo studio del GEDIP confluito da ultimo in «Amended version of the proposed Amendment of Chapter 2 of Regulation 44/2001 in Order to Apply it to External Situations (Bergen, 21 September 2008, Padua 20 September 2009, Copenhagen, 19 September 2010)», reperibile al sito www.gedipegpil.eu/gedip_documents.html. In dottrina si rimanda a Biavati, Deroghe alla giurisdizione statuale e fungibilita` dei sistemi giudiziari, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, p. 523 ss.; Franzina, Sul forum necessitatis nello spazio giudiziario europeo, in Riv. dir. int., 2009, p. 1121 ss.; Rossolillo, Forum necessitatis e flessibilita` dei criteri di giurisdizione nel diritto internazionale privato nazionale e dell’Unione europea, in Cuadernos Der. Transn., 2010, p. 403 ss. 74 Queirolo, La tutela dei diritti fondamentali: la famiglia tra CEDU e Carta dei diritti, in Queirolo, Schiano di Pepe, Lezioni cit., pp. 251-300; cfr. altresı´ Stalford, EU Family Law: a Human Rights Perspective, in Meeusen, Pertega´s, Straetmans, Swennen (eds.), International Family Law for the European Union, Antwerp, 2007, pp. 101-128; Tomasi, La tutela degli status familiari nel diritto dell’Unione europea tra mercato interno e spazio di liberta`, sicurezza e giustizia, Padova, 2007, spec. pp. 3-54; Carella, La Convenzione europea cit.
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7 a della proposta) in cui e` specificato che nessuna regola contenuta in Roma III «obbliga le autorita` giurisdizionali di uno Stato membro partecipante la cui legge non prevede il divorzio o non considera valido il matrimonio in questione ai fini del procedimento di divorzio ad emettere una decisione di divorzio in virtu´ dell’applicazione del regolamento stesso», disposizione che ha gia` dato adito a importanti puntualizzazioni e reazioni critiche. 75
75 In tal senso si vedano in particolare: l’Explanatory Statement di Tadeus Zwiefka al citato Report sulla proposta (A7-0360/2010), p. 31 ss. (v. anche supra, nota 22); le dichiarazioni del 26 novembre 2010 del Consiglio (che invita la Commissione a presentare una proposta di modifica del regolamento Bruxelles II-bis che introduca un forum necessitatis «where the courts that have jurisdiction are all situated in Member States whose law either does not provide for divorce or does not deem the marriage in question valid for the purposes of divorce proceedings»), e della Commissione, di Malta (che come noto non prevede il divorzio) e Finlandia (sull’art. 7 a della proposta, ora appunto art. 13), tutte allegate al regolamento al momento dell’adozione, pubblicate come Annexes I, II, III e IV al doc. n. 17046/10 (http://register.consilium.europa.eu).
SARA TONOLO professore associato nell’universita` dell’insubria
LA SOTTRAZIONE DEI MINORI NEL DIRITTO PROCESSUALE CIVILE EUROPEO: IL REGOLAMENTO BRUXELLES II-BIS E LA CONVENZIONE DELL’AJA DEL 1980 A CONFRONTO * Sommario: 1. Osservazioni introduttive. – 2. La disciplina del regolamento Bruxelles II-bis in materia di sottrazione internazionale dei minori: l’ambito di applicazione. – 3. Segue: giurisdizione e riconoscimento delle decisioni. – 4. Possibile interpretazione di alcune norme e procedimenti del regolamento Bruxelles II-bis sul modello della convenzione dell’Aja del 1980. – 5. Influenza del regolamento Bruxelles II-bis sull’interpretazione delle norme della convenzione dell’Aja. – 6. Effetti dell’interpretazione di alcuni istituti previsti dal regolamento Bruxelles II-bis nel diritto processuale civile europeo: i provvedimenti cautelari. – 7. Osservazioni conclusive.
1. La comunitarizzazione della cooperazione giudiziaria in materia civile, avvenuta a partire dal trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997, e` giunta – sia pure per gradi – ad influire in maniera rilevante sulla sottrazione internazionale dei minori nel diritto processuale civile europeo, non solo tramite le norme rilevanti del regolamento Bruxelles II-bis, 1 che concorrono con la disciplina di fonte convenzionale, ma anche a seguito delle importanti indicazioni della giurisprudenza elaborata nell’ambito dell’applicazione di tali norme. L’incidenza del regolamento (CE) n. 2201/2003 sulla materia della responsabilita` genitoriale, che comprende espressamente il diritto di affidamento e il diritto di visita (art. 2 par. 7), da intendersi con specifico riferimento, da un lato, alla decisione relativa alla residenza del minore
* Il presente scritto costituisce una rielaborazione dell’intervento svolto al convegno della Camera minorile di Como, a Como, il 17 settembre 2010 sul tema «La tutela processuale del minore negli ordinamenti interno ed internazionale». 1 Il regolamento (CE) n. 2201/2003 del 27 novembre 2003, in questa Rivista, 2003, p. 1143 ss., in vigore dal 1º marzo 2005, e` noto come regolamento Bruxelles II-bis perche´ sostituisce il regolamento Bruxelles II, ovvero il regolamento n. 1347/2000 del 29 maggio 2000 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potesta` dei genitori sui figli di entrambi i coniugi, ibidem, 2000, p. 198 ss., cosı´ denominato in quanto rivolto a riformulare il contenuto della convenzione, relativa alle stesse materie (c.d. Bruxelles II, Ibidem, 1998, p. 929 ss., quale ideale continuazione della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale), che il Consiglio aveva adottato il 28 maggio 1998, raccomandandone agli Stati membri l’approvazione secondo le proprie norme costituzionali, e mai entrata in vigore.
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(art. 2 par. 9), e, dall’altro lato, al diritto di condurre il minore in un luogo diverso dalla sua residenza per un periodo limitato di tempo (art. 2 par. 10), evidenzia la necessita` che i limiti normativamente posti all’esercizio di tali diritti siano diretti ad impedire il trasferimento del minore in un Paese diverso da quello di residenza abituale, senza il consenso dell’altro genitore, o senza l’autorizzazione dell’autorita` giudiziaria. 2 Si delinea cosı´ un quadro normativo complesso in cui, accanto alla molteplicita` delle fonti da coordinare e da integrare in un sistema univocamente rivolto a realizzare l’obiettivo del rientro del minore, si pone anche la necessita` di conciliare le differenti interpretazioni al fine di evitare gravi difficolta` applicative. Relativamente al quadro normativo, il regolamento Bruxelles II-bis integra le disposizioni della convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, 3 come precisato dal considerando n. 17 del regolamento, 4 nonche´ dall’art. 60 par. 1 lett. e 5 e dall’art. 62 par. 2, secondo il quale «le convenzioni di cui all’art. 60, in particolare la convenzione dell’Aja del 1980, continuano ad avere efficacia tra gli Stati membri che ne sono parti contraenti conformemente all’art. 60». Si richiamano cosı´ i principi generali, secondo i quali le norme regolamentari, direttamente applicabili negli ordinamenti degli
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Cio` non esclude che anche nel regolamento Bruxelles II-bis si ribadisca la fondamentale distinzione tra diritto di affidamento e diritto di visita, nel senso secondo il quale e` stata interpretata la disciplina prevista dalla convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, sulla quale v. infra in questo paragrafo, ovvero al fine di collegare il provvedimento di rientro del minore solo all’ipotesi di violazione del diritto di affidamento. Sul punto, si veda l’orientamento uniforme espresso da Cass., 4 aprile 2006 n. 7864, in questa Rivista, 2007, p. 186 ss.; 5 maggio 2006 n. 10374, ivi, p. 399 ss.; 4 aprile 2007 n. 8481, ibidem, 2008, p. 204 ss.; 2 luglio 2007 n. 14960, ivi, p. 524 ss. 3 Convenzione resa esecutiva in Italia con l. 15 gennaio 1994 n. 64, in Gazz. Uff., suppl. ord. al n. 23 del 29 gennaio 1994. Si veda in generale Carella, La convenzione dell’Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, in questa Rivista, 1994, p. 777 ss. 4 «In caso di trasferimento o mancato rientro illeciti del minore, si dovrebbe ottenere immediatamente il ritorno e a tal fine dovrebbe continuare ad essere applicata la convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, quale integrata dalle disposizioni del presente regolamento, in particolare l’art. 11. I giudici dello Stato membro in cui il minore e` stato trasferito o trattenuto illecitamente dovrebbero avere la possibilita` di opporsi al suo rientro in casi precisi, debitamente motivati. Tuttavia una simile decisione dovrebbe poter essere sostituita da una decisione successiva emessa dai giudici dello Stato membro di residenza abituale del minore prima del suo trasferimento illecito o mancato rientro. Se la decisione implica il rientro del minore, esso dovrebbe avvenire senza che sia necessario ricorrere a procedimenti per il riconoscimento e l’esecuzione della decisione nello Stato membro in cui il minore e` trattenuto». 5 Si veda inoltre l’art. 59 par. 1 del regolamento Bruxelles II-bis, secondo il quale «Fatti salvi gli articoli 60, 63, 64..., il presente regolamento sostituisce, nei rapporti tra gli Stati membri, le convenzioni vigenti alla data della sua entrata in vigore, concluse tra due o piu´ Stati membri su materie disciplinate dal presente regolamento».
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Stati membri, 6 godono di una posizione di primato 7 e dunque prevalgono su quelle convenzionali, che continuano a produrre effetti nelle materie non disciplinate dalle prime, con riguardo al loro specifico ambito di applicazione 8. Quanto alle norme dei trattati internazionali, recepiti nell’ordinamento italiano mediante ordine di esecuzione, si ricorda che esse prevalgono sulle norme di legge ordinaria per effetto dell’art. 3 comma 1 della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, che ha modificato il titolo V della parte II della Costituzione, secondo cui la legislazione statale deve esercitarsi «nel rispetto dei vincoli internazionali». 9 L’applicazione di tali regole non e` tuttavia l’unico strumento diretto a garantire il funzionamento della disciplina volta a risolvere il problema della sottrazione internazionale dei minori, essendo stata da tempo evidenziata la necessita` di un’adeguata cooperazione internazionale 10 tra le autorita` preposte dai vari Paesi (per l’Italia, l’Ufficio centrale per la giustizia minorile del Ministero di grazia e giustizia); queste, per effetto della convenzione di Lussemburgo del 20 maggio 1980 relativa al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell’affidamento (artt. 2-6) 11 e della convenzione dell’Aja del 1980, sono state investite di compiti piu´ incisivi in materia. Tali compiti sono ribaditi dal regolamento Bruxelles II-bis (artt. 55-58), secondo il quale la prima funzione delle autorita` centrali e` l’adozione di misure generali per migliorare l’applicazione del regolamento e rafforzare la cooperazione, ricorrendo alla rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, istituita con la decisione del Consiglio del 28 maggio 2001 n. 2001/470/CE. 12 Su richiesta delle altre autorita` o del titolare della responsabilita` genitoriale, le autorita` possono raccogliere o scambiare informazioni sulla situazione di un dato minore, sui procedimenti eventualmente in corso che lo riguardano e sulle decisioni che siano state adottate. Inoltre le autorita` centrali devono fornire informazioni e assistenza a chi intende chiedere il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni sul loro territorio, agevolare
6 Sulla nozione di diretta applicabilita` si veda, per tutti, Luzzatto, La diretta applicabilita` nel diritto comunitario, Milano, 1980. 7 Come noto, il primato del diritto comunitario e` stato affermato da Corte di giustizia, 15 luglio 1964, in causa 6/64, Costa c. Enel, in Raccolta, 1964, p. 1129. 8 Per il difficile coordinamento tra la convenzione dell’Aja del 1980 e la convenzione di Lussemburgo del 1980, da risolversi in base alla qualificazione dell’azione proposta, si veda Cass., 20 marzo 1998 n. 2954, in questa Rivista, 1999, p. 74 ss. 9 Sulla portata di tale legge cfr. Conforti, Sulle recenti modifiche della Costituzione italiana in tema di rispetto degli obblighi internazionali e comunitari, in Foro it., 2002, V, 229 ss. 10 Sul punto si veda Baruffi, Osservazioni sul regolamento Bruxelles II-bis, in Bariatti (a cura di), La famiglia nel diritto internazionale privato comunitario, Milano, 2007, p. 212 ss. 11 Convenzione resa esecutiva con l. 15 gennaio 1994 n. 64, in Gazz.Uff., n. 23 del 29 gennaio 1994, in vigore per l’Italia dal 1º giugno 1995. 12 In Gazz. Uff. Com. eur., n. L 174 del 27 gennaio 2001.
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la comunicazione tra le autorita` giudiziarie dei diversi Paesi specie nei casi di rientro dei minori, facilitare un accordo tra i titolari della responsabilita` genitoriale ricorrendo alla mediazione o ad altri strumenti idonei a risolvere i conflitti familiari. 13 L’esame dei casi in cui si e` posto il problema di applicare la disciplina di fonte europea e internazionale, integrandola con le discipline nazionali, ha tuttavia evidenziato vari profili problematici sui quali pare opportuno riflettere, anche in considerazione del rilievo che la posizione del minore ha assunto quale titolare di diritti fondamentali, latamente riconducibili all’art. 8 della convenzione europea dei diritti dell’uomo, che rileva, al di la` della sua formulazione testuale, soprattutto per l’ampiezza di contenuto attribuita alla nozione di «vita privata e familiare» dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Commissione (sino all’entrata in vigore, il 1º novembre 1998, del protocollo n. 11 alla convenzione di Roma del 1950), 14 nel quadro di una marcata interpretazione evolutiva, 15 secondo la quale si tratta di una nozione non suscettibile di essere definita in maniera esaustiva, 16 in quanto «l’institution de la famille n’est pas fige´e, que ce soit sur le plan historique, sociologique ou encore juridique». 17 La
13 Al di la` dei casi esaminati nel testo, l’autorita` centrale interviene (art. 56) ogni volta in cui si tratti di decidere in merito al collocamento del minore in un istituto o nell’ambito di un’altra famiglia affidataria che si trovi in un diverso Stato membro; in tal caso e` opportuno che sia consultata l’autorita` centrale o altra autorita` competente dello Stato in cui dovrebbe aver luogo il collocamento se in tale Stato e` previsto l’intervento di un’autorita` pubblica nei casi nazionali di collocamento dei minori, e che tale autorita` abbia dato la propria approvazione. La consultazione e la approvazione devono avvenire secondo le norme dello Stato richiesto. Se invece il minore deve essere collocato in una famiglia che si trova in un Paese in cui le norme non prevedono nei casi nazionali di collocamento dei minori l’intervento di un’autorita` pubblica, sara` sufficiente che la decisione sull’affidamento venga comunicata all’autorita` centrale o a un’autorita` competente dello Stato in cui ha luogo il collocamento. Il mancato rispetto della procedura cosı´ delineata costituisce motivo per il rifiuto del riconoscimento delle decisioni relative alla responsabilita` genitoriale, in base all’art. 23 lett. g. 14 Si veda in generale sul punto Coussirat-Coustie`re, Famille et Convention europe´enne des Droits de l’Homme, in Protection des droits de l’homme: la perspective europe´enne. Me´langes a` la me´moire de R. Ryssdal, Ko¨ln, Berlin, Bonn, Mu¨nchen, 2000, p. 281 ss. 15 Sui caratteri e l’ambito di tale interpretazione si veda in generale Feldman, The developing scope of Article 8 of the European Convention on Human Rights, in Eur. Human Rights Law Rev., 1997, p. 265 ss.; Sudre, Les ale´as de la notion de ‘‘vie prive´e’’ dans la jurisprudence de la Cour europe´enne des droits de l’homme, in Me´langes en hommage a` L.E. Pettiti, Bruxelles, 1998, p. 687 ss.; Prebensen, Evolutive Interpretation of the European Convention on Human Rights, in Protection des droits de l’homme cit., p. 1123 ss., p. 1125; Pitea, L’interpretazione evolutiva del diritto al rispetto della vita privata e familiare in materia di liberta` sessuale e di tutela dell’ambiente, in Pineschi (a cura di), La tutela internazionale dei diritti umani, Milano, 2006, p. 384 ss. 16 Sent. 25 marzo 1993, Costello-Roberts c. Regno Unito, Serie A, n. 247-C, punto 36. 17 Sent. 1º febbraio 2000, Mazurek c. Francia, punto 52. Sul punto si veda in generale O’ Donnell, Protection of Family Life: Positive Approaches and the EHCR, in Journ. Soc.
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sottrazione internazionale dei minori e i procedimenti previsti per porvi rimedio sono stati oggetto di attenzione particolare da parte dei giudici di Strasburgo che, tra gli obblighi positivi incombenti sugli Stati per attuare l’art. 8, hanno individuato anche quello di riconoscere le decisioni riguardanti gli attori della vita familiare. 18 2. I procedimenti concernenti i minori che siano stati illecitamente trasferiti da un Paese all’altro sono, come rilevato, disciplinati dal regolamento Bruxelles II-bis con riguardo a tutti gli Stati dell’Unione europea eccetto la Danimarca, e relativamente a tutte le ipotesi in cui tale fenomeno sia avvenuto, ovvero non solo nei casi di separazione, divorzio, annullamento del matrimonio, e dunque non solo in ordine ai minori delle coppie coniugate. L’ambito di applicazione del regolamento Bruxelles II-bis e` infatti stato esteso (rispetto a quello del regolamento Bruxelles II) 19 per adeguare la disciplina dallo stesso prevista ai nuovi modelli familiari che si sono venuti a delineare in molti Stati membri dell’Unione europea. Il nuovo regolamento concerne, infatti, tutti i procedimenti e le decisioni in materia di responsabilita` genitoriale, incluse le misure di protezione del minore, indipendentemente da qualsiasi nesso con un procedimento matrimoniale, con cio` colmando la lacuna che si evidenziava riguardo al regolamento Bruxelles II in merito ai figli di eventuali unioni precedenti, o ai figli naturali di uno dei coniugi che risultassero inseriti nella famiglia: solo i figli di entrambi i coniugi erano sottoposti al regolamento Bruxelles II. 20 L’evidente ed ingiustificata differenza di trattamento che si era venuta a determinare nell’ambito dei rapporti familiari tra i figli, nati nell’ambito del
Welfare Fam. Law, 1995, p. 261 ss.; Id., Parent-Child Relationships within the European Convention, in Lowe, Douglas (eds.), Families Across Frontiers, The Hague, 1996, p. 135 ss.; Pisillo Mazzeschi, La protezione della famiglia nel quadro degli atti internazionali sui diritti dell’uomo, in Riv. int. dir. uomo, 1995, p. 262 ss.; Zeno Zencovich, Art. 8, in Bartole, Conforti, Raimondi, Commentario alla convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle liberta` fondamentali, Padova, 2001, p. 314 ss.; Kilkelly, The right to respect for private and family life, in Human Rights Handbook, 1, Strasbourg, 2001, p. 11 ss. 18 Sent. 25 gennaio 2000, Ignaccolo Zenide c. Romania, punto 94 ss. 19 Sul punto si veda in generale Biagioni, Il nuovo regolamento comunitario sulla giurisdizione e sull’efficacia delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilita` genitoriale, in Riv. dir. int., 2004, p. 991 ss.; Baruffi, La responsabilita` genitoriale: competenze e riconoscimento delle decisioni nel regolamento Bruxelles II-bis, in Carbone, Queirolo (a cura di), Diritto di famiglia e Unione europea, Torino, 2008, p. 262 ss. 20 ` E interessante notare come le ultime applicazioni giurisprudenziali del regolamento Bruxelles II-bis riguardino proprio casi concernenti figli di conviventi more uxorio: Corte di giustizia, 1º luglio 2010, Povse c. Alpago, in causa C-211/10, PPU, in questo fascicolo della Rivista, p. 208 ss.; 15 luglio 2010, Purrucker c. Valle´s Pe´rez, in causa C-256/09, ivi, p. 224 ss., sulla quale v. Feraci, Riconoscimento ed esecuzione all’estero dei provvedimenti provvisori in materia familiare: alcune riflessioni sulla sentenza Purrucker, ivi, p. 107 ss.
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matrimonio e al di fuori di esso, o nati nell’ambito di altri matrimoni, in contrasto con il piu´ generale principio di uguaglianza, come sancito nelle diverse fonti internazionali, nazionali ed europee, e, piu´ in particolare, con il principio espresso dalla Carta europea dei diritti fondamentali (art. 24), 21 nel solco tracciato dalla convenzione delle Nazioni Unite del 1989 sui diritti del fanciullo (art. 3 par. 1), di tutelare l’interesse del minore nell’ambito delle relazioni familiari senza discriminazioni di sorta, ha cosı´ determinato l’ampliamento previsto nel regolamento Bruxelles II-bis, come viene precisato, tra l’altro, dal quinto considerando del regolamento stesso. 22 Appare pertanto sicura la riconducibilita` alla disciplina ora in esame dei casi di sottrazione dei minori, nati nell’ambito delle unioni civili, ormai riconosciute e regolate in molti Paesi dell’Unione europea, 23 sia alla luce della «intercambiabilita` dei modelli familiari» 24 cui il regolamento pare ispirarsi, sia in ragione dell’espressa previsione, secondo la quale il «titolare della responsabilita` genitoriale» e` qualsiasi persona che eserciti la responsabilita` familiare su un minore (art. 2 n. 8), nell’ambito della piu` ampia definizione del nuovo concetto di responsabilita` genitoriale. 25 Tra le materie sottoposte al regolamento Bruxelles II-bis, oltre a quelle indicate dall’art. 1 par. 2, rilevano in maniera particolare il diritto di visita e il diritto di affidamento. La qualificazione del diritto di visita e del diritto di affidamento, come peraltro quella della responsabilita` genitoriale, e` identica a quella prevista dalla convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, che regola sia il diritto di visita sia il diritto di condurre il minore in un luogo diverso dalla sua residenza abituale per un periodo limitato di tempo (art. 5 lett. b) e testualmente ripresa dall’art. 2 n. 10 del regolamento Bruxelles II-bis; in maniera analoga, il diritto di affidamento va inteso con riguardo ai diritti e
21 L’art. 24 par. 2 della Carta dispone infatti: «In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorita` pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente». 22 «Per garantire parita` di condizioni a tutti i minori, il presente regolamento disciplina tutte le decisioni in materia di responsabilita` genitoriale, incluse le misure di protezione del minore, indipendentemente da qualsiasi nesso con un procedimento matrimoniale». 23 Sul punto si veda in generale Tonolo, Le unioni civili nel diritto internazionale privato, Milano, 2007, p. 7 ss. 24 In tal senso Baratta, Verso la ‘‘comunitarizzazione’’ dei principi fondamentali del diritto di famiglia, in questa Rivista, 2005, pp. 578-579, secondo il quale «la disciplina comunitaria promuove cosı´ la circolazione di modelli giuridici differenziati, considerati in principio equivalenti», rilevando particolarmente la previsione di alcune disposizioni, quale ad es. l’art. 25, secondo il quale non puo` costituire ostacolo al riconoscimento il fatto che la legge dello Stato membro richiesto non preveda per i medesimi fatti la separazione, il divorzio o l’annullamento del matrimonio. 25 Espinosa Calabuig, La responsabilidad parental y el nuevo reglamento de ‘‘Bruselas II-bis’’: entre el intere´s del menor y la cooperacio´n judicial interestatal, in questa Rivista, 2003, p. 735 ss.
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ai doveri concernenti la cura della persona di un minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione relativa al suo luogo di residenza (art. 2 n. 9 del regolamento Bruxelles II-bis e art. 5 lett. a della convenzione dell’Aja). 26 3. Il sistema dei criteri di giurisdizione introdotti dal regolamento Bruxelles II-bis si ispira alle disposizioni corrispondenti della convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 e della convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996 concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilita` genitoriale e di misure di protezione dei minori (in vigore dal 14 ottobre 2005 fra dieci Stati). 27 Esso infatti prevede, agli artt. 8-13, una serie di regole concernenti la giurisdizione in generale, la giurisdizione in caso di sottrazione di minori, il rientro dei minori, la proroga di giurisdizione e la giurisdizione fondata sulla presenza dei minori, tendenzialmente ispirate al collegamento della residenza del minore, e, piu´ in generale, al principio di prossimita`. 28 La residenza va definita con riferimento alla presenza fisica del minore in uno Stato membro, ma anche sulla base di «altri fattori idonei a dimostrare che tale presenza non e` in alcun modo temporanea od occasionale e che la residenza del minore denota una certa integrazione in un ambiente sociale e familiare», 29 quali ad esempio la durata, la regolarita`, le condizioni del soggiorno, la cittadinanza del minore, il luogo e le condizioni della frequenza scolastica, le conoscenze linguistiche e le relazioni familiari e sociali del minore in tale Stato. 30 In linea generale, la giurisdizione si individua nello Stato membro in cui
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Si ritornera` sul punto infra, par. 4. Gli Stati membri dell’Unione europea l’hanno sottoscritta a seguito della decisione del Consiglio del 19 dicembre 2002, in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 48 del 21 febbraio 2003. Si veda inoltre la decisione del Consiglio del 5 giugno 2008, 2008/431/CE, ibidem, n. L 151 del 11 giugno 2008, che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell’interesse della Comunita`, la convenzione dell’Aja del 1996, ovvero ad aderirvi nell’interesse della Comunita` europea e che autorizza alcuni Stati membri a presentare una dichiarazione sull’applicazione delle pertinenti norme interne del diritto comunitario. L’Italia l’ha sottoscritta in data 1º aprile 2003. Sul punto si veda Picone, La nuova convenzione dell’Aja sulla protezione dei minori, in questa Rivista, 1996, p. 705 ss. 28 Sul quale, v. Lagards, Le principe de proximite´ dans le droit international prive´ contemporain. Cours de droit intenational prive´, in Recueil des Cours, t. 196, 1986-I, p. 9 ss. 29 Corte di giustizia, 2 aprile 2009, in causa C-523/07, PPU, A, in questa Rivista, 2009, p. 750 ss., punto 47. Si veda inoltre, nella giurisprudenza italiana Cass., 16 luglio 2004 n. 13167, ibidem, 2005, p. 147 ss.; 21 ottobre 2009 n. 22238, ibidem, 2010, p. 474 ss.; s.u., 17 febbraio 2010 n. 3680, ivi, p. 750 ss. 30 Si veda inoltre quanto prevede a tale riguardo il considerando n. 12, secondo il quale «E` opportuno che le regole di competenza in materia di responsabilita` genitoriale accolte nel presente regolamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza. Cio` significa che la competenza giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici 27
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il minore e` residente all’epoca dell’instaurazione del procedimento, 31 salvi i limitati casi in cui la volonta` dei genitori puo` influire sulla determinazione della giurisdizione stessa, secondo quanto prevede l’art. 12. Si tratta dunque di un sistema complessivamente orientato a salvaguardare il superiore interesse del minore avvicinando la controversia in cui lo stesso e` coinvolto ad una giurisdizione che sia prossima al caso di specie, principalmente in base alla localizzazione della residenza del minore. In particolare, nei casi di sottrazione internazionale di minori, e` prevista innanzitutto (art. 10) la competenza giurisdizionale del giudice della residenza abituale che il minore aveva immediatamente prima della sottrazione, allo scopo di evitare che con mezzi illeciti si possa creare artificiosamente la competenza di un nuovo giudice in merito all’affidamento e al diritto di visita. Nemmeno l’acquisto di una nuova residenza abituale del minore illecitamente trasferito puo` far cessare la competenza del giudice della precedente residenza, a meno che all’acquisto della nuova residenza abituale si accompagni l’accettazione da parte del titolare del diritto di affidamento del trasferimento o del mancato rientro (art. 10 lett. a), oppure in caso di permanenza del minore in tale Stato per almeno un anno da quando il titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza o avrebbe dovuto avere conoscenza del luogo in cui il minore si trovava e se il minore si e` integrato nel nuovo ambiente, quando ricorrono le condizioni indicate nella lett. b. 32 Il regolamento Bruxelles II-bis introduce, inoltre, nuove disposizioni che consentono alle autorita` dello Stato competente di disporre il ritorno del minore nel caso in cui le autorita` dello Stato in cui il minore e` trattenuto abbiano emanato un provvedimento che respinge la domanda di rientro. Riguardo a queste ultime, il par. 3 dell’art. 11 dispone che l’autorita` giurisdizionale competente, alla quale e` stata presentata domanda per il ritorno del minore, procede al trattamento della domanda stessa utilizzando le procedure piu´ rapide previste dalla legislazione nazionale, ed emana il provvedimento, salvo circostanze eccezionali, al piu´ tardi entro sei settimane dal ricevimento della domanda. Per agevolare l’attuazione delle decisioni di rientro, si prevede inoltre
dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamento della sua residenza o in caso di accordo fra i titolari della responsabilita` genitoriale». 31 Se tale collegamento non puo` essere localizzato, si fa riferimento al luogo in cui il minore e` presente (art. 13). 32 Tali condizioni riguardano i seguenti casi: se il titolare del diritto di affidamento non ha presentato domanda di ritorno entro un anno da quando ha avuto conoscenza del luogo in cui si trovava il minore alle autorita` dello Stato in cui il minore e` stato trasferito o dal quale non ha fatto rientro; se la domanda e` stata ritirata e non e` stata presentata entro l’anno una nuova domanda; se l’autorita` giurisdizionale competente ha emanato una decisione sull’affidamento che non prevede il ritorno del minore.
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che, se il rifiuto di rientro del minore viene motivato con l’opposizione del minore (art. 13 par. 2 della convenzione), la sua audizione nel procedimento dovra` avvenire a condizione che essa non appaia inopportuna in ragione dell’eta` o della maturita` del minore (art. 11 par. 2); non puo` essere rifiutato il ritorno del minore se la persona che lo ha chiesto non e` stata ascoltata (art. 11 par. 5); in deroga alla disciplina della convenzione dell’Aja (art. 13 par. 1 lett. b), non puo` essere rifiutato il ritorno del minore quando sia dimostrato che sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno (art. 11 par. 4). Sono state poi introdotte disposizioni speciali (par. 6-8 dell’art. 11) per evitare che una decisione di diniego del rientro del minore adottata nello Stato di trasferimento renda inefficaci le misure sull’affidamento adottate nello Stato competente in base al regolamento. Particolarmente significativo appare, a tale riguardo, l’art. 11 par. 8, secondo il quale la decisione relativa al ritorno di un minore, adottata da un giudice competente in base al regolamento, puo` comunque prevalere su una decisione contraria resa, secondo quanto prevede l’art. 13 della convenzione dell’Aja del 1980, nello Stato in cui il minore e` stato illecitamente trasferito o trattenuto. Ad esempio, anche se e` gia` stata emessa una decisione che non prevede il ritorno del minore nello Stato della precedente residenza abituale, il provvedimento sul rientro emesso in quest’ultimo deve comunque essere riconosciuto ed eseguito negli altri Stati membri, qualora tale provvedimento sia certificato conformemente alla procedura di cui all’art. 42 par. 2 del regolamento (CE) n. 2201/2003, 33 che prevede sia in ogni caso presa in considerazione la motivazione del giudice che ha emesso il provvedimento ai sensi dell’art. 13 della convenzione dell’Aja del 1980. 34 Il regolamento Bruxelles II-bis apporta pertanto rilevanti modifiche in ordine alla disciplina giurisdizionale convenzionale dei procedimenti concernenti il rientro dei minori: mentre la convenzione dell’Aja del 1980 e la convenzione dell’Aja del 1996 prevedono che il trasferimento di giurisdizione possa avvenire a favore dello Stato in cui il minore e` trattenuto se e` stata emessa una decisione di non ritorno e ricorrono determinate circostanze, il regolamento (CE) n. 2201/2003 dispone che le autorita` dello Stato ove il minore e` trattenuto possano solo adottare un provvedimento provvisorio contro il rientro del minore, al quale dovrebbe far seguito una decisione sull’affidamento resa dai giudici dello Stato di precedente residenza del minore.
33 Corte di giustizia, 11 luglio 2008, in causa C-195/08, PPU, Rinau, in questa Rivista, 2009, p. 1134 ss., punto 63. 34 Al riguardo, e` stato inoltre puntualizzato che non configura ostacolo alla riconoscibilita` della decisione di rientro certificata il provvedimento provvisorio che attribuisca l’affidamento all’altro genitore: cosı´ Corte di giustizia, 1º luglio 2010, in causa C-211/10, Povse cit.
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Il riconoscimento di queste specifiche decisioni concernenti il rientro del minore, analogamente a quello delle decisioni sul diritto di visita, avviene secondo il regime agevolato, ispirato al principio della «reciproca fiducia» tra le autorita` giurisdizionali degli Stati membri, 35 di cui l’art. 11 par. 8 rappresenta gia` un sicuro indizio. Allo scopo di rendere piu´ semplice ed immediata l’esecuzione delle decisioni che prescrivono il ritorno del minore, si elimina infatti il procedimento di exequatur, che, rimesso alle legislazioni interne dalla convenzione dell’Aja del 1980, ha spesso costituito un significativo ostacolo al conseguimento degli scopi di quella convenzione. L’operativita` del procedimento di exequatur e` pertanto esclusa dagli artt. 41 e 42 del regolamento, che aboliscono inoltre i controlli sui motivi di non riconoscimento. Le decisioni concernenti il diritto di visita e il rientro del minore, se esecutive nello Stato d’origine e certificate secondo quanto prevede l’art. 41 par. 2, sono riconosciute ed eseguibili in un altro Stato membro senza che sia necessaria alcuna dichiarazione di esecutivita` e senza che sia possibile opporsi al riconoscimento, a meno che il titolare della responsabilita` genitoriale non chieda il riconoscimento e l’esecuzione secondo il procedimento ordinario (art. 40 par. 2). 36 Le decisioni c.d. certificate sono pertanto equiparate, ai fini dell’esecuzione, ai provvedimenti pronunciati nello Stato dell’esecuzione, e le norme interne di tale Stato disciplinano il procedimento stesso (art. 47 par. 1). Esso sara` svolto alle stesse condizioni che si applicherebbero se la decisione fosse stata pronunciata in tale Stato membro «richiesto» (art. 47 par. 2). In particolare, la decisione certificata non potra` essere eseguita se incompatibile con una decisione esecutiva emessa posteriormente (art. 47 par. 2, ultima frase). Invece, se la legge dello Stato di origine della decisione non prevede l’esecutivita` in pendenza di impugnazione o del termine per impugnare, il giudice di quello Stato puo` dichiarare esecutiva la decisione adottata in relazione al diritto di visita o al rientro del minore e rilasciare il certificato (art. 41 par. 1, seconda frase; art. 42 par.1, seconda frase). La condizione fondamentale affinche´ la decisione concernente il diritto di visita o il ritorno del minore circoli liberamente in tutti gli Stati membri e` l’emissione di un certificato, redatto nella lingua della decisione sulla base dei modelli di cui agli allegati III e IV del regolamento Bruxelles II-bis, che
35 Si veda infatti il considerando n. 21 secondo il quale «Il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni rese in uno Stato membro dovrebbero fondarsi sul principio della fiducia reciproca e i motivi di non riconoscimento dovrebbero essere limitati al minimo indispensabile». 36 Su tale aspetto cfr. Magrone, La disciplina del diritto di visita nel regolamento (CE) n. 2201/2003, in questa Rivista, 2005, p. 339 ss.; Baruffi, Il diritto di visita nel diritto internazionale privato e comunitario, Padova, 2005, p. 162 ss.
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attesti l’esistenza delle condizioni di cui all’art. 41 o all’art. 42: la possibilita` che abbiano avuto le parti interessate di essere ascoltate, ivi compreso il minore, salvo ragioni di inopportunita` determinate dalla sua eta` o dal suo grado di maturita`; per le decisioni in materia di diritto di visita, nei procedimenti in contumacia, il rispetto dei diritti di difesa del convenuto contumace; per le decisioni relative al ritorno del minore (per le quali il regolamento non considera l’ipotesi che siano state pronunciate in contumacia, a differenza di quelle sul diritto di visita), oltre all’audizione del minore che deve avvenire alle stesse condizioni previste dall’art. 41, e di tutte le parti interessate, e` richiesta l’avvenuta valutazione, da parte del giudice del merito, degli elementi di prova in conformita` con la convenzione dell’Aja del 1980 sulla sottrazione internazionale di minori (nel caso di una decisione emessa ai sensi dell’art. 11 par. 8 ovvero rovesciando una precedente diversa decisione di diniego di ritorno). Il certificato di esecutivita` e` emesso d’ufficio (art. 41 par. 3), non e` impugnabile, ma e` rettificabile per errori materiali, secondo le norme dello Stato d’origine (art. 43). Grazie ad esso, la decisione sul diritto di visita o sul ritorno del minore circola senza alcun intervento da parte dei giudici dello Stato richiesto. Nel certificato, devono essere specificate in dettaglio le misure fissate nel procedimento di ritorno per assicurare la protezione del minore nello Stato di residenza abituale (art. 42 par. 2). Il certificato segue le vicende della decisione e della sua esecutivita` e pertanto e` destinato a perdere effetto se la decisione e` annullata o modificata nell’ordinamento di origine. 4. Relativamente al coordinamento tra le fonti che disciplinano la sottrazione internazionale dei minori, il regolamento Bruxelles II-bis completa – come si e` detto – le disposizioni della convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, sulla quale prevale, essendo tuttavia destinato ad integrarsi, insieme a quest’ultima, con le diverse procedure nazionali. Pertanto si segnalano, a livello interpretativo, alcune ipotesi di reciproca influenza, in cui, fermi i principi generali precedentemente esaminati, pare opportuno correggere o interpretare alcune norme del regolamento alla luce della disciplina convenzionale, o viceversa, per realizzarne in maniera piu´ efficace gli obiettivi, tenendo conto delle peculiarita` dei sistemi processuali dei singoli Stati membri. L’influenza della convenzione dell’Aja del 1980 sul regolamento Bruxelles II-bis e` particolarmente evidente, come gia` rilevato, in ordine alla qualificazione di alcune nozioni, quale quella del diritto di visita, e del diritto di affidamento, che si definiscono analogamente, entro entrambi gli atti, in maniera autonoma. 37 Tale influenza puo` inoltre estendersi ad
37 Sugli effetti dell’impiego di tali nozioni, come di quella di responsabilita` genitoriale, definita secondo lo stesso metodo e testualmente ripresa dalla convenzione dell’Aja del 1996
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orientare l’interpretazione generale del testo, secondo le indicazioni del Tribunale dell’Unione europea, per effetto delle quali nelle ipotesi in cui una nozione contenuta in un atto comunitario e` «ripresa in modo letterale» da una convenzione internazionale, quest’ultima costituisce un «importante punto di riferimento» per l’interpretazione delle norme comunitarie. 38 In altri casi, si pongono pero` alcuni problemi interpretativi alla luce della diversa formulazione di alcune norme, seppur ispirate allo stesso obiettivo. Nell’art. 11 del regolamento Bruxelles II-bis, puo` emergere ad esempio una prima differenza rispetto alla corrispondente disciplina della convenzione dell’Aja, secondo la quale l’esigenza di provvedere celermente in ordine al rientro del minore si configura sia in capo alle autorita` giurisdizionali sia in capo a quelle amministrative, dal momento che nello stesso si fa espresso riferimento alle autorita` giurisdizionali 39. L’apparente differenza puo` dirsi tuttavia superata alla luce delle previsioni dell’art. 1 par. 1 e par. 2 del regolamento, secondo i quali nell’ambito della nozione di autorita` giurisdizionali si possono ricomprendere tutte le autorita` degli Stati membri competenti per le materie rientranti nel campo di applicazione del regolamento, intendendosi, d’altra parte per giudice il titolare di competenze equivalenti a quelle del giudice nelle materie che rientrano nel campo di applicazione del regolamento. In questo modo, l’art. 11 del regolamento si coordina perfettamente con la convenzione dell’Aja, riferendosi anch’esso alle autorita` amministrative. Dal canto suo, anche la Corte di giustizia di Lussemburgo ha evidenziato le esigenze di rapida definizione delle controversie concernenti il rientro dei minori, che si realizzano anche nella semplicita` e immediatezza della procedura di rientro del minore, sempre in vista del principio del «superiore interesse del minore» stesso, applicando per la prima volta il procedimento pregiudiziale d’urgenza, previsto dall’art. 104-ter del regolamento di procedura, approvato dal Consiglio nel dicembre 2007 e in vigore dal 1º marzo 2008, 40 proprio in un caso concernente la sottrazione internazionale di minori. 41 In tale ma-
(art. 1 par. 2), si veda in generale Bariatti, Qualificazione e interpretazione del diritto internazionale privato comunitario: prime riflessioni, in questa Rivista, 2006, p. 369 ss. 38 Trib. I grado, 28 febbraio 2002, in causa T-395/94, Atlantic Container Line AB e a. c. Commissione, in Raccolta, 2002, p. II-875 ss., punto 147. Sulla competenza, in questo caso integrativa, della Corte di Lussemburgo, si veda in generale Bertoli, Corte di giustizia, integrazione comunitaria e diritto internazionale privato e processuale, Milano, 2005, p. 426 ss. 39 Beaumont, The jurisprudence of the European Court of Human Rights and the European Court of Justice on the Hague Convention on International Child Abduction, in Recueil des Cours, t. 335, 2007, p. 45. 40 In Gazz. Uff. Un. eur., n. L 24 del 29 gennaio 2008. 41 Corte di giustizia, 11 luglio 2008, Rinau cit.: si trattava di un rinvio pregiudiziale proposto da un tribunale lituano, in merito all’esecuzione di una sentenza resa dall’Amtsgericht Oranienburg tedesco che ordinava il rientro in Germania di una minore affidata al padre te-
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teria, il superiore interesse del minore e` stato puntualizzato con riferimento alla possibilita` di intrattenere relazioni personali regolari con entrambi i genitori, circostanza che rischia di essere compromessa da un trasferimento illecito del minore a seguito di una decisione presa unilateralmente da uno di essi. 42 Un’altra norma relativamente alla quale la disciplina del regolamento Bruxelles II-bis puo` essere sottoposta ad un’interpretazione orientata dalle norme della convenzione dell’Aja del 1980 e` l’art. 11 par. 7, nella parte in cui richiama la «legislazione nazionale», conformemente alla quale il giudice deve «esaminare» la stessa questione. Tale richiamo va inteso con riguardo alle norme di procedura e alle «regole del giudizio» stabilite dal diritto interno, con la conseguenza che il procedimento di cui al par. 7 dell’art. 11 del regolamento puo` ispirarsi al modello disposto dall’art. 7 commi 3 e 4 della legge 15 gennaio 1994 n. 64 di esecuzione della convenzione dell’Aja del 1980, che prevede uno speciale procedimento di richiesta di ritorno del minore illecitamente sottratto, instaurato in Italia, seppur per il tramite dell’autorita` centrale (artt. 8 e 21 della convenzione), su iniziativa del procuratore della repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo in cui si trova il minore. Entrambi i procedimenti, fermi restando i diversi termini per proporli, appaiono destinati a concludersi con un decreto immediatamente esecutivo e ricorribile in cassazione. Pertanto, secondo indicazioni giurisprudenziali autorevolmente rivolte a sostenere l’interpretazione analogica dell’art. 11 par. 7 del regolamento, 43 il richiamo alla «legislazione nazionale» da quest’ultimo previsto puo` consentire di ritenere applicabile, con specifico riferimento all’ordinamento italiano, il modello dell’art. 7 della legge n. 64/94 al procedimento regolato dai par. 7 e 8 dell’art. 11 del regolamento Bruxelles II-bis. 5. L’integrazione della disciplina della convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 da parte del regolamento Bruxelles II-bis avviene anche tramite l’interpretazione della Corte di giustizia dell’Unione europea, che e` inter-
desco in sede di divorzio e temporaneamente trasferita in Lituania dalla madre lituana. Analoga esigenza e` stata ravvisata nel caso deciso dalla Corte con sent. 23 dicembre 2009, in causa C-403/09 PPU, Deticek c. Sgueglia, in questa Rivista, 2010, p. 528 ss., a seguito di un rinvio pregiudiziale proposto da un tribunale sloveno, concernente il contrasto tra due provvedimenti cautelari emessi dal giudice italiano e dal giudice sloveno in merito a una minore figlia di una coppia italo slovena e condotta dalla madre in Slovenia; ed anche nel caso deciso dalla Corte con sent. 1º luglio 2010, Povse cit., a seguito di un rinvio pregiuziale proposto dall’Oberster Gerichtshof austriaco nella controversia concernente la sottrazione illecita di una minore, figlia di cittadina austriaca e cittadino italiano, al termine della convivenza more uxorio dei genitori. 42 Corte di giustizia, 23 dicembre 2009, Sgueglia cit., punto 56. 43 Si veda in tal senso Cass., 14 luglio 2010 n. 16549.
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venuta a chiarire il significato di alcune disposizioni regolamentari, puntualizzando significativi aspetti rivolti a un piu´ efficace coordinamento della medesima con la disciplina convenzionale e quella di fonte interna. Principio fondamentale della materia e` il superiore interesse del minore, da intendersi, come si e` detto, con riferimento alla possibilita` per il minore di intrattenere relazioni personali regolari con entrambi i genitori. 44 A tale scopo, e` stata innanzitutto elaborata la c.d. autonomia procedurale della decisione di rientro del minore. La Corte di giustizia di Lussemburgo ha infatti precisato che, una volta che una decisione contro il rientro sia stata emanata e portata a conoscenza del giudice d’origine, e` irrilevante, ai fini del rilascio del certificato che conferisce esecutivita` alla decisione di tale giudice, che la decisione iniziale contro il rientro sia stata sospesa, riformata, annullata o comunque non sia passata in giudicato o sia stata sostituita da una decisione di rientro, quando il rientro del minore non ha effettivamente avuto luogo. Non essendo stato sollevato alcun dubbio in merito all’autenticita` di tale certificato ed essendo stato quest’ultimo redatto conformemente alle disposizioni del regolamento, l’opposizione al riconoscimento della decisione di rientro e` vietata ed al giudice adito spetta solo constatare l’esecutivita` della decisione certificata e pronunciare il rientro immediato del minore. 45 L’esecutivita` di una decisione che prescrive il ritorno di un minore, successiva ad un provvedimento contro il ritorno, beneficia dell’autonomia procedurale al fine di non ritardare il rientro di un minore illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro. 46 Un altro aspetto relativamente al quale la disciplina di fonte europea e` stata interpretata per consentirne l’integrazione con la regolamentazione di fonte interna riguarda l’esperibilita` e le condizioni di un’azione di non riconoscimento di una decisione eseguibile negli Stati membri dell’Unione europea. Nel noto caso Rinau, in cui la Corte ha ritenuto trattarsi di decisione automaticamente esecutiva, in quanto certificata secondo le norme del regolamento e quindi non suscettibile di essere oggetto di un’azione di non riconoscimento, la Corte non ha pero` escluso che, secondo quanto prevede l’art. 21 par. 3, ogni parte interessata possa far dichiarare che una decisione debba o meno essere riconosciuta, ad eccezione dei casi in cui il procedimento riguardi una decisione certificata. L’istanza di non riconoscimento potrebbe essere proposta, secondo la Corte, ove consentisse di soddisfare esigenze (procedurali e sostanziali) afferenti alla tutela del preminente interesse del minore e in generale della famiglia, 47 e potrebbe
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Corte Corte Corte Corte
di di di di
giustizia, giustizia, giustizia, giustizia,
23 11 11 11
dicembre 2009, Sgueglia cit., punto 56. luglio 2008, Rinau cit., punto 63. luglio 2008, Rinau cit., loc. ult. cit. luglio 2008, Rinau cit., punti 95-97.
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dar luogo ad un procedimento caratterizzato da alcune deroghe alle regole generalmente previste per il procedimento di exequatur. 48 Sempre allo scopo di favorire la circolazione delle decisioni di rientro dei minori, si segnala l’orientamento secondo il quale un provvedimento cautelare sulla responsabilita` genitoriale che attribuisca l’affidamento del minore a un genitore e che sia pronunciato dal giudice dello Stato di trasferimento illecito del minore non puo` ostacolare il riconoscimento del provvedimento pronunciato dal giudice dello Stato di precedente residenza del minore e che ordini il rientro del minore stesso. L’art. 20 del regolamento Bruxelles II-bis prevede che i giudici di uno Stato membro nel quale si trovi il minore sono autorizzati, in presenza di determinati presupposti, ad adottare i provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla loro legge nazionale, anche se il regolamento conferisce ad un giudice di un altro Stato membro la competenza a conoscere del merito. Tuttavia «costituendo un’eccezione al sistema di competenze previsto dal citato regolamento, la disposizione di cui sopra dev’essere interpretata restrittivamente», 49 ovvero quando ricorrono tre condizioni: l’urgenza, la presenza delle persone nello Stato membro, la provvisorieta`. 50 6. Nel procedimento interpretativo, rivolto ad integrare la disciplina del regolamento Bruxelles II-bis in materia di sottrazione internazionale dei minori con quella di fonte convenzionale e interna, si segnala inoltre una recente tendenza della Corte di Lussemburgo, diretta a influire sull’applicazione di istituti secondo criteri e principi differenti da quelli sino ad ora elaborati dalla stessa Corte. Al fine di realizzare gli obiettivi del regolamento, e di evitare l’elusione delle norme rivolte a contrastare l’illecito trasferimento dei minori, e` stata infatti recentemente esclusa la possibilita` che i provvedimenti cautelari beneficino del regime di riconoscimento previsto dal regolamento. 51 In un caso recentemente prospettato alla Corte di Lussemburgo a seguito di un rinvio pregiudiziale del Bundesgerichtshof tedesco, nell’ambito di una controversia sull’affidamento di due minori contesi dalla madre tedesca e dal padre spagnolo alla fine della convivenza tra i due, si pone infatti il problema di applicabilita` del procedimento di exequatur a una decisione pronunciata da un giudice spagnolo contenente provvedi-
48 Quale ad es. il divieto di osservazioni disposto dall’art. 31 par. 1 in capo alla parte contro cui si propone il procedimento di exequatur, che in caso di azione di non riconoscimento verrebbe a cadere, stante il carattere negativo del giudizio cosı´ proposto: Corte di giustizia, 11 luglio 2008, Rinau cit., punti 103-105. 49 Corte di giustizia, 23 dicembre 2009, Sgueglia cit., punto 38. 50 Corte di giustizia, 2 aprile 2009, A cit., punto 47. 51 Corte di giustizia, 15 luglio 2010, Purrucker cit., punto 92.
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menti provvisori (regolati dall’art. 20 del regolamento Bruxelles II-bis), volti a favorire il rientro di uno dei due minori trasferito dalla madre in Germania, mentre la sorella gemella rimane ricoverata in un ospedale spagnolo. Al di la` delle critiche che potrebbero essere mosse alla sentenza pronunciata nel caso in esame, relativamente all’affermata assenza di prove circa la competenza del giudice spagnolo a ordinare il rientro del minore in quanto giudice della residenza di quest’ultimo preesistente all’illecito trasferimento, 52 o in ordine alla qualifica come cautelari dei provvedimenti adottati dal giudice spagnolo, seppure in assenza delle condizioni ritenute necessarie a tale qualificazione, 53 e` interessante notare il mutamento di indirizzo della Corte in ordine alla riconoscibilita` dei provvedimenti cautelari, a suo parere non riconducibili alla decisioni definite dall’art. 2 par. 4 del regolamento in esame, e dunque non suscettibili di riconoscimento ai sensi dell’art. 21 ss., sulla base dei limitati effetti territoriali che si devono riconoscere a tali provvedimenti, nel rispetto dei lavori preparatori del regolamento Bruxelles II-bis. 54 Come noto, nel diritto processuale civile europeo, tali provvedimenti, pur essendo stati sottoposti ad un regime speciale di giurisdizione, collegato alla loro particolare natura e funzione, sia nella convenzione di Bruxelles del 1968 sia nel regolamento Bruxelles I, 55 sono comunque suscettibili di «divenire oggetto di riconoscimento e di autorizzazione all’esecuzione alle condizioni stabilite dagli articoli 25-49 della convenzione», 56 se adottati in materia civile e commerciale. Inoltre si e` posto concretamente il problema di verificare se tali provvedimenti possano impedire il riconoscimento di sentenze straniere contrastanti, 57 ampliando l’ambito materiale dell’art. 34 par. 4 del regolamento Bruxelles I.
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Corte di giustizia, 15 luglio 2010, Purrucker cit., punti 65 e 67. Ovvero: la presenza della persona o dei beni su cui incidono nello Stato in cui sono adottati; il carattere provvisorio e urgente puo` invece ritenersi esistente nel caso di specie. Sulle condizioni, si veda Corte di giustizia, 23 dicembre 2009, Sgueglia cit., punto 39. 54 Corte di giustizia, 15 luglio 2010, Purrucker cit., punti 84 e 85. Si veda in particolare Borra`s, Relazione esplicativa relativa alla convenzione stabilita sulla base dell’art. K3 del trattato sull’Unione europea concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali, in questa Rivista 1998, p. 943 ss. 55 Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, in questa Rivista, 2001, p. 815 ss. 56 Corte di giustizia, 21 maggio 1980, in causa 125/79, Denilauler, in questa Rivista, 1981, p. 188 ss., punto 17. 57 Corte di giustizia, 6 giugno 2002, in causa C-80/00, Italian Leather s.p.a., in questa Rivista, 2002, p. 498 ss. Su di essa si veda criticamente Consolo, Merlin, Conflitto fra provvedimenti sommari- cautelari e diniego di riconoscimento: la Italian Leather segna una forzatura, in Int’l Lis, 2002, p. 110 ss. 53
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Occorre tuttavia sottolineare al riguardo che, al di la` delle difficolta` teoriche che si pongono all’atto dell’individuazione dell’inconciliabilita` tra i provvedimenti cautelari, per loro natura provvisori e strumentali, e una decisione di merito definitiva, 58 ammettendo che un provvedimento cautelare possa impedire il riconoscimento o l’esecuzione di una decisione straniera, qualora determini conseguenze inconciliabili con quest’ultima, 59 e` ipotizzabile un ricorso a tali provvedimenti nelle ipotesi in cui si ritenga preferibile far valere in via cautelare l’exceptio rei iudicatae, prima che abbia luogo il procedimento determinato dall’iniziativa di parte, ovvero di chi ha interesse a impugnare la decisione che dichiara la riconoscibilita` o l’esecutivita` della sentenza straniera, al fine di far valere gli impedimenti in presenza dei quali l’art. 34 del regolamento Bruxelles I stabilisce che le decisioni non sono riconosciute (art. 43). Seguendo questa ipotesi, vi e` tuttavia il rischio di rendere definitiva la soluzione prevista dallo stesso provvedimento cautelare, con la possibilita` che la medesima fattispecie sia soggetta a un trattamento giuridico opposto, 60 aggravato, tra l’altro, dall’inapplicabilita` ai provvedimenti cautelari delle regole su litispendenza e connessione. 61 Alla luce di tali profili problematici, la Corte di giustizia del Lussemburgo ha elaborato alcune indicazioni in merito ai provvedimenti concernenti il rientro del minore sottratto: «ammettere il riconoscimento e l’esecuzione di provvedimenti rientranti nell’art. 20 del regolamento (CE) n. 2201/2003 in ogni altro Stato membro, compreso lo Stato competente nel merito, creerebbe inoltre un rischio di elusione delle regole di competenza stabilite da tale regolamento, nonche´ un rischio di ‘‘forum shopping’’, circostanza che sarebbe in contrasto con gli obiettivi perseguiti da detto regolamento e, segnatamente, con la considerazione del superiore interesse del minore». 62 Tale conclusione, peraltro problematica secondo altri profili piu´ generalmente riconducibili alla certezza e uniformita` del riconoscimento delle decisioni giudiziarie entro l’Unione europea, non esclude tuttavia, nell’opi-
58 Sulle quali, si veda in senso analogamente critico Biagioni, Interferenze tra provvedimenti provvisori o cautelari e decisione di merito nella convenzione di Bruxelles, in Riv. dir. int., 2002, pp. 711 ss., 715 ss. 59 V. in tal senso Cass. fr., 28 febbraio 2006, in Revue critique, 2006, p. 848 ss. 60 O eventualmente oggetto di un diniego di giustizia nelle ipotesi in cui i giudici dello Stato richiesto siano privi di competenza giurisdizionale. Sul punto cfr. in generale Droz, Compe´tence judiciaire et effets des jugements dans le Marche´ commun, Paris, 1972, p. 282 ss.; Gaja, Sui rapporti fra la convenzione di Bruxelles e le altre norme concernenti la giurisdizione e il riconoscimento di sentenze straniere, in questa Rivista, 1991, p. 253 ss. 61 Si veda sul punto Hartley, Interim Measures Under the Brussels Jurisdiction and Judgments Convention, in Eur. Law Rev., 1999, p. 674 ss.; Biagioni, Interferenze tra provvedimenti cit., p. 717. 62 Corte di giustizia, 15 luglio 2010, Purrucker cit., punto 91.
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nione della Corte, 63 che i provvedimenti provvisori e cautelari concernenti i minori possano essere riconosciuti all’interno degli Stati membri secondo la disciplina posta dalle normative nazionali, oltre a quella prevista dagli atti internazionali (ad esempio dalla convenzione di Lussemburgo del 20 maggio 1980), con cio` trasferendo il problema interpretativo e applicativo alle giurisdizioni nazionali, con possibili soluzioni differenti alla luce dei diversi sistemi processuali. 64 7. I profili sino ad ora considerati in merito all’applicazione del regolamento Bruxelles II-bis in coordinamento con la convenzione dell’Aja del 1980 vanno infine confrontati con le norme internazionali di tutela dei diritti degli individui. L’analisi della recente giurisprudenza della Corte di Lussemburgo ha evidenziato, quale tratto comune, la necessita` che la semplicita` e immediatezza della procedura di rientro del minore, la quale si caratterizza nell’ambito del regolamento Bruxelles II-bis per l’abolizione dell’exequatur delle sentenze che la riguardano, debba necessariamente essere a sua volta coordinata con il rispetto dei diritti fondamentali del minore. 65 Come noto, le norme di tutela dei diritti fondamentali degli individui impongono obblighi positivi in capo agli Stati, secondo quanto prevede ad esempio l’art. 8 della convenzione europea dei diritti dell’uomo. In esso si stabilisce il «diritto al rispetto» della vita privata e familiare, 66 che «puo` implicare l’adozione di misure rivolte ad assicurare il rispetto della vita privata anche nell’ambito delle relazioni tra individui». 67 Si tratta pertanto di obblighi di risultato, in quanto la scelta del mezzo idoneo a perseguire la realizzazione dei medesimi e` lasciata ai singoli Stati. 68 Nella definizione degli obblighi positivi, si pone poi il problema di verificare se possa assumere rilevanza il par. 2 dell’art. 8, in merito ai limiti che gli Stati possono porre a tali diritti per esigenze di ordine pubblico interno. Cio` in ragione del fatto che secondo alcuni, tale disposizione diventa irrilevante nella definizione degli obblighi positivi, dal momento che
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Ivi, punto 92. Nell’ordinamento italiano, si pensi ad es. agli effetti dell’applicazione dell’art. 669 novies, terzo comma cod. proc. civ., secondo il quale il provvedimento cautelare perde efficacia se e` pronunciata una sentenza straniera (anche non passata in giudicato), che dichiara inesistente il diritto per il quale il provvedimento era stato concesso. 65 Corte di giustizia, 23 dicembre 2009, Sgueglia cit., punto 61. 66 Kilkelly, The right to respect cit., p. 20. 67 Sent. 26 marzo 1985, X e Y c. Paesi Bassi, Se´rie A 91, punto 22. 68 Cfr. amplius sul punto Tomuschat, What is a ‘Breach’ of the European Convention on Human Rights, in Lawson, De Blois, The Dynamics of Protection of Human Rights in Europe. Essays in Honour of H.G. Schermers, Dordrecht-Boston-London, 1994, p. 315 ss. 64
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lo Stato non potrebbe nel caso invocare quell’interesse della collettivita` che invece consente le interferenze nei diritti dell’individuo. 69 In realta`, al di la` di un nucleo di diritti (core rights) di rilevanza primaria per i quali non valgono le limitazioni del par. 2 dell’art. 8 CEDU (nel senso che il solo fatto che uno Stato non ne riconosca l’esistenza viola l’art. 8 par. 1), la Corte non pare essersi mai discostata dalla considerazione dell’interesse generale anche in ordine alla definizione degli obblighi positivi. 70 L’identificazione dei criteri concernenti il contenuto e le finalita` di tali obblighi presenta alcune difficolta`; se da un lato la definizione di obblighi positivi limita il potere discrezionale degli Stati nell’applicazione della convenzione europea, imponendo loro un obbligo di agire, dall’altro la Corte riconosce agli Stati stessi un margine d’apprezzamento, delimitato secondo parametri classici: le circostanze di tempo e di luogo, la natura del diritto in causa o delle attivita` in gioco, lo scopo perseguito e l’esistenza di elementi comuni ai sistemi giuridici degli Stati membri. 71 In materia di sottrazione internazionale dei minori, e` stato da tempo individuato un legame evidente tra la tutela del diritto al rispetto della vita familiare, di cui all’art. 8 della convenzione di Roma del 1950, e gli obblighi posti dalla convenzione dell’Aja del 1980. Ad esempio nella sentenza pronunciata nel caso Ignaccolo Zenide c. Romania, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Romania perche´, in un procedimento volto a ottenere il rientro di due minori sottratte dal padre alla madre che ne aveva l’affidamento, non aveva adottato le misure adeguate per assicurare l’ordine di rientro in tempi utili all’esercizio del diritto al rispetto della vita familiare. 72 La necessita` di interpretare l’art. 8 alla luce degli obblighi internazionalmente assunti dagli Stati in materia, anche con la convenzione dell’Aja del 1980, 73 ha cosı´ determinato la formazione di un significativo orienta-
69 Connelly, Problems of Interpretation of Article 8 of the European Convention on Human Rights, in Int. Comp. Law Quart., 1986, p. 572. 70 Si veda in generale sul punto Viarengo, Deroghe e restrizioni alla tutela dei diritti umani nei sistemi internazionali di garanzia, in Riv. dir. int., 2005, p. 970 ss. 71 Cfr. Sudre, Les ‘‘obligations positives’’ dans la jurisprudence europe´enne des droits de l’homme, in Protection des droits de l’homme cit. (supra, nota 15), p. 1359 ss. 72 Sent. 25 gennaio 2000, Ignaccolo Zenide c. Romania cit., punto 94: vari sono gli elementi che vanno considerati nella violazione da parte di uno Stato dell’art. 8 della convenzione europea; nonostante le difficolta` che possono sorgere nel momento in cui si ricongiungono i figli con il genitore al quale erano stati sottratti, e` incontestabile l’obbligo dello Stato nell’adempimento del diritto alla vita familiare di cui all’art. 8. 73 Sent. 25 gennaio 2000 cit., punto 95. Si veda anche la dissenting opinion del giudice Maruste, che rileva come le minori, nel caso di specie, non siano state sentite, circostanza attualmente non piu´ possibile alla luce dell’art. 11 par. 2 del regolamento Bruxelles II-bis. Nello stesso senso si veda ad es. le sent. 26 giugno 2003, Maire c. Portogallo, in causa 48206/99, in cui la Corte condanna il Portogallo per il ritardo nell’esecuzione dell’ordine di rientro a favore di un padre cittadino francese; 13 settembre 2005, H. N. c. Polonia, in causa 77710/
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mento giurisprudenziale, volto a rafforzare gli obblighi sanciti dalla convenzione dell’Aja del 1980, ribaditi ed integrati dal regolamento Bruxelles II-bis, ai fini di un piu´ effettivo rispetto del diritto alla vita familiare dei minori.
01, in cui si condanna la Polonia per mancata esecuzione del rientro a favore di un padre norvegese; 8 gennaio 2008, P.P. c. Polonia, in causa 8677/03, relative a un’azione instaurata da un cittadino italiano dinanzi ai giudici polacchi, perche´ in tale paese erano state condotte le figlie dalla madre; nonostante le stesse fossero state nascoste, la Corte ravvisa una violazione dell’art. 8 della convenzione del 1950 perche´ le autorita` polacche avevano omesso di porre in essere le misure necessarie all’attuazione dell’ordine di rientro. Sul punto si veda inoltre Beaumont, The jurisprudence of the European Court of Human Rights cit., p. 45 ss.
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THE NEWLY ENACTED LAW ON THE APPLICABLE LAWS OF FOREIGN-RELATED CIVIL RELATIONS IN P.R. CHINA di YONG GAN * associate professor of law wuhan university institute of international law
Sommary: I. New Rules Added. – II. Old Rules Modified. – III. Characteristics of the New Legislation. – IV. Some Flaws of the New Law.
On October 28, 2010, the Law on the Applicable Laws of Foreignrelated Civil Relations of the P.R.C was adopted by the 17th Standing Committee of the Eleventh National People’s Congress and promulgated by the Presidential Decree on the same day. It will come into force as of April 1, 2011. The Law on the Applicable Laws of Foreign-related Civil Relations consists of 8 chapters and 52 articles, divided into general principle, subject of civil relations, marriage and family, succession, property, obligations, intellectual property, and miscellaneous provisions. Before the passage of the new law, the choice-of-law institution in China was comprised of rules scattering in different laws promulgated through various time, such as the General Principles of Civil Law promulgated in 1986, 1 the Succession Law promulgated in 1985, 2 the Contract Law promulgated in 1999, 3 the Negotiable Instrument Law promulgated in 1995 and amended in 2004, 4 the
* Associate Professor of Law of Wuhan University Institute of International Law, Wuhan University School of Law, Ph D in Laws (2004 China), LL.M. (University of Pittsburgh, 2009). 1 Chapter 8 of the General Principles of Civil Law concerns with applicable laws of foreign-related civil relations generally, include a broad scope of civil relations involving foreign elements and its governing law, as well as some basic institutions in private international law such as public order reservation, evasion of law, ascertainment of foreign law, and so forth. 2 Article 36 of the Succession Law provides for the applicable law of succession involving foreign elements. 3 Article 126 of the Contract Law provides for the applicable law of contract involving foreign elements. 4 Chapter 5 of the Negotiable Instrument Law deals with the applicable laws of foreignrelated relations concerning a negotiable instrument and was left untouched in 2004 amendments to it.
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Maritime Law promulgated in 1992, 5 the Civil Aviation Law promulgated in 1995. 6 Compared with conflict-of-laws provisions previously prescribed and included in various statutes, the new Law on the Applicable Laws of Foreign-related Civil Relations built a comparatively complete system concerning the governing laws of foreign-related civil relations by introducing a range of new conflicts rules, as well as modifying and supplementing some old conflicts rules. The new Law ended up having covered the applicable laws of main and most foreign-related civil relations. This law therefore could boast of some of its successes, yet simultaneously, because of lack of effective participation of Chinese conflicts scholars, some flaws are also patent in this law as one formulated in 21-century. I. The newly enacted Law on the Applicable Laws of Foreign-related Civil Relations introduced an amount of new conflicts rules which hadn’t been seen in current statutes in civil and commercial matters, establishing a comparatively complete system. These conflicts rules, according to their order in the new Law, include those related to characterization (Article 8), renvoi (Article 9), mandatory rule (Article 4) which are provided in the first chapter – general principle. With respect to the applicable laws of specific foreign-related civil relations, newly enacted conflicts rules comprises rules concerning the applicable law of right to personality (Article 15), the applicable law of agency (Article 16), that of trust (Article 17), of arbitration agreement (Article 18), that of testate inheritance (or a will) (Article 32, 33), the law applicable to administration of estate (Article 34), the governing law of the property in movables, of the transfer thereof (Article 37, 38), the governing law of commercial securities (Article 39), and the governing law of lien on rights (Article 40), the governing law of consumer contract (Article 42), of employment contract (Article 43), of product liability (Article 45), the applicable law governing unjust enrichment and voluntary service (article 47), the governing law of intellectual properties (Article 48), the law applicable to transfer of intellectual property and infringement thereof (Article 49, 50). II. Some conflicts rules which have already been included in the previous laws have been modified and supplemented in this new conflict-oflaws code. The modification and supplement made to the existent conflicts rules are composed of the following respects.
5 Chapter 14 of the Maritime Law concerns the applicable law of foreign-related maritime relations. 6 Chapter 14 of the Civil Aviation Law concerns the applicable law of foreign-related civil aviation relations.
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With respect to the basic institution in conflict of laws, the ascertainment and proof of foreign law has been slightly modified by providing expressly in case of choice of governing law by parties, the parties has the duty to provide and prove the contents of the foreign law at issue (Para. 1 of Article 10), while no choice of law has been made, the adjudicator is to ascertain the applicable foreign law. In the Supreme People’s Court’s Opinions on the Implementation of General Principles of Civil Law, Article 193 vaguely provided the ways in which an applicable foreign law to be ascertained without defining clearly the duty and responsibility of participants of a litigation to ascertain or prove the foreign law; 7 Later in the Supreme People’s Court’s Provisions on Several Issues relating to the Applicable Laws in Adjudication of Cases concerning Foreign-related Civil and Commercial Contracts, 8 Article 9 provided that the adjudicating institutions are responsible for ascertaining the applicable law, while the parties are also obliged to assist the adjudicators on it, still leaving the duties of adjudicators and parties unclear. In the new law, further efforts have been made to clarify the ambiguities on this issue, yet its application is still subject to observation. The doctrine of public policy in the new law has also been completed by providing for the application of the PRC’s related laws in replacement in case an applicable foreign law was found to be violating the public interest of the PRC (Article 5). In the prior laws, it was only provided that a foreign law shall not be applied in violation of the public interest of the PRC, leaving which law will fill the gap unclear. 9 In respect of the applicable law governing tort, the new Law eliminates the doctrine of double actionability adopted by the General Principles of Civil Law, 10 prescribing the governing law of a tort would be the law where a tort is perpetrated, or damage occurs, or the law of the habitual residence of both victim and perpetrator at the same country, striking out the double actionability included in the previous law. Another notable change made to the governing law of a tort is that the law chosen by the parties of a tort action could also be the governing law of a tort. (Article 44) What’s more, the new Law supplemented the provisions relating to the capacity for rights of a natural person, the capacity to act of a natural person, marriage, by substituting bilateral conflict rules for previous provisions often made only with regard to foreign-related civil relations in which 7 See Article 193 of the Judicial Interpretation on the Implementation of the General Principles of Civil Laws. 8 The judicial interpretation was passed by the 1429th Meeting of the Adjudication Committee of the Supreme People’s Court of the PRC and promulgated thereafter, came into force on August 8, 2007. 9 See Article 150 of the General Principles of Civil Laws. 10 See Article 146 of the General Principles of Civil Law.
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one party is a Chinese or legal acts occurs in China, thus rendering related conflict rules complete. For example, Article 147 of the General Principles of Civil Laws regarding marriage provides a marriage between a Chinese citizen and a foreigner to be governed by the law of the place of celebration, leaving people wondering how the validity of a marriage between two foreigners will be determined in Chinese courts. Now Article 21 and 22 of the new Law resolved the awkwardness by providing a bilateral conflicts rule. The same holds about the provisions about the capacity of a natural person. Still some provisions in other previously passed laws were transplanted into the new law without substantial changes, such as the provisions about governing law of limitation period, governing law of immovable things, governing law of adoption, maintenance and guardianship, etc. III. Based on its contents and legislative reports, the new legislation has characteristics as follow: The doctrine of most significant relationship was introduced as a supplemental principle. In the new law, the doctrine of most significant relationship has been included as a supplemental principle, being prescribed in the chapter of general provisions. According to Paragraph 2 of Article 2 of the new Law, unless the governing law of a foreign-related civil relation has been prescribed in the laws, the governing law of a foreign-related civil relation should be the law determined under the doctrine of most significant relation. As the main drafter of the legislation said, it has been intended to introduce the principle to align with the international trend. The principle of party autonomy took a prominent position in the new legislation. The law chosen by the parties has been enacted to be applicable law of many types of foreign-related civil relations, such as entrust agency, matrimonial property, contract, tort, unjust enrichment and voluntary service, the property rights in movable, the transfer thereof and the transfer of property in movable in transit, the transfer or the infringement of intellectual property. The law whichever is more favorable to a weaker party also was included in some types of civil relations. In the areas of relations between parents and children, guardianship, maintenance, the law whichever is more favorable to a weaker party would be applied. Unfortunately, the wording of this lex causae in Chinese is confusing because if translated verbatim, those provisions included the terms of ‘‘whichever is more favorable to a weak party’’ should have been translated in ‘‘whichever is beneficial to a weak party.’’ The latter translation, however is very different from the former in terms of its application, because according to former translation, a court shall choose the law most
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favorable to a weaker party if all the possible governing laws are beneficial to a weak party, while according to latter translation, a court may choose any law as governing law if all the possible governing laws are beneficial to a weak party. In addition, in area of consumer contract, employment contract and product liability, the protection of weak party is also factored into designing the related conflict rules. The new law introduced the law of habitual residence The new law eliminated the law of domicile, replaced with the law of habitual residence. But habitual residence has not been defined in the law. Judicial Interpretation issued by the Supreme People’s Court had constructed the habitual residence as a place in which one continues residing for more than 1 year. 11 Whether this short period of time in defining a habitual residence would lead to instability of legal status, increasing evasion of law, as well as forum shopping is still open to question. IV. From the author’s point of view, this new law should be welcomed as a whole for the first time China’s courts have a uniform, independent code to refer to when dealing with foreign-related civil cases. However, it also leaves some regrets. First, the new law didn’t concern the issue of application of law involving the interregional issues, i.e. civil foreign-related cases involving Hong Kong SAR, Macao and Taiwan. Second, still some provisions relating to the applicable law of maritime relations, of negotiable instruments, and civil aviation relations have not been included. Third, some wording of the law is not accurate in Chinese, leaving too much room for interpretation, and therefore granting too much discretion to judges. Fourth, some institutions prescribed for the first time are too rigid in terms of its content, without regard to the complexity of the issue addressed. For example, the law prescribes expressly the characterization shall be governed by the lex fori, which is good for its clearness, and in conformity with previous judicial practice in China. This provision, however, may not seem as good in case a foreign-relation civil relation is not known to China’s law and is better to be characterized according to a legal system other than that of the forum. Some flexibility should have been achieved by introducing more governing laws yet had been denied. The same holds true about the renvoi. In the past, renvoi was only excluded expressly in the field of contract, many scholars considered the
11 Article 9 of The Supreme People’s Court’s Opinions on the Implementation of the General Principles of Civil Law provides: the place in which a citizen continues living for a year after leaving his domicile is his habitual residence, except he leaves for hospitalization.
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renvoi should be accepted in the field of capacity, succession. Yet in the new Law, renvoi has been completely excluded. As a conclusion, while people are delighted to see an independent code of applicable laws of foreign-related civil relations coming up in China, many scholars remain cautiously optimistic about the application of the newly enacted law.
RICONOSCIMENTO ED ESECUZIONE ALL’ESTERO DEI PROVVEDIMENTI PROVVISORI IN MATERIA FAMILIARE: ALCUNE RIFLESSIONI SULLA SENTENZA PURRUCKER di ORNELLA FERACI dottore di ricerca
Sommario: 1. Premessa. – 2. I fatti della causa. – 3. La competenza nel merito. – 4. La riconducibilita` del provvedimento provvisorio de quo all’art. 20 del regolamento (CE) n. 2201/2003. – 5. L’inapplicabilita` del sistema di riconoscimento ed esecuzione di cui agli artt. 21 ss. del regolamento (CE) n. 2201/2003 ai provvedimenti provvisori ex art. 20 dello stesso regolamento. – 6. Considerazioni critiche.
1. In una recente sentenza, 1 la Corte di giustizia dell’Unione europea si e` pronunciata sui rapporti tra la disciplina del riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni contenuta nel regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003 (noto anche come Bruxelles II-bis) – relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilita` genitoriale – e i provvedimenti provvisori, riguardanti il diritto di affidamento, adottati dal giudice del foro esorbitante di cui all’art. 20 dello stesso regolamento. Com’e` noto, quest’ultima disposizione, in analogia a quanto disposto dall’art. 31 del regolamento n. 44/2001 – sulla competenza giurisdizionale e il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale – (e, prima, dall’art. 24 della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968), 2 detta un’eccezione al sistema di competenze previsto dal regolamento, consentendo all’autorita` giudiziaria di uno Stato membro che risulti priva di giurisdizione sul merito (o per carenza assoluta del titolo – in base alle norme sulla competenza dettate dal regolamento – o per effetto della declaratoria di incompetenza pronunciata in caso di litispendenza o connessione) di adottare, in casi di urgenza, i provvedimenti provvisori o cautelari previsti dal proprio diritto nazionale, relativamente alle persone residenti in quello Stato o ai beni in esso situati. 3 I suddetti provvedimenti
1 Corte di giustizia, 15 luglio 2010, in causa C-256/09, Purrucker, in questo fascicolo della Rivista, p. 224 ss. 2 Secondo l’art. 31 del regolamento (CE) n. 44/2001: «I provvedimenti provvisori o cautelari, previsti dalla legge di uno Stato membro, possono essere richiesti all’autorita` giudiziaria di detto Stato anche se, in forza del presente regolamento, la competenza a conoscere nel merito e` riconosciuta al giudice di un altro Stato membro». Del tutto analoga e` la formulazione dell’art. 24 della convenzione di Bruxelles. 3 Tali disposizioni, sulle competenze cautelari in favore di fori esorbitanti, danno rile-
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hanno tuttavia un’efficacia temporale limitata, in quanto cessano di essere applicabili allorche´ l’autorita` giurisdizionale dello Stato membro competente nel merito – in virtu´ delle norme dello stesso regolamento – abbia adottato i provvedimenti ritenuti appropriati. Di recente, l’art. 20 del regolamento ha formato oggetto di interpretazione in via pregiudiziale da parte della Corte di giustizia sotto il profilo delle condizioni sostanziali richieste ai fini della sua applicazione, 4 ma la Corte non si era ancora pronunciata sul rapporto tra i provvedimenti provvisori fondati su tale disposizione (e, piu´ in generale, tra i provvedimenti provvisori in materia familiare) e le modalita` del loro riconoscimento ed esecuzione in uno Stato membro diverso da quello d’origine; del resto, l’art. 20, al pari delle disposizioni corrispondenti contenute negli strumenti internazionali in materia civile e commerciale, concerne soltanto la giurisdizione, senza dare alcuna indicazione sulla possibilita` di circolazione dei provvedimenti cautelari nell’ambito dell’Unione europea. La pronuncia della Corte di giustizia in esame offre cosı´ l’occasione per svolgere alcune riflessioni sul tema dell’efficacia all’estero dei provvedimenti provvisori e cautelari stranieri adottati in materia matrimoniale e in materia di responsabilita` genitoriale; un tema, quest’ultimo, rimasto finora poco esplorato e forse oscurato dall’attenzione finora tributata alla parallela questione del riconoscimento dei provvedimenti cautelari provvisori resi all’estero, in ambito comunitario, nella materia civile e commerciale, ove ormai si registrano numerosi contributi scientifici 5 ed interventi giurisprudenziali. 6 In via generale, la sentenza Purrucker segna una frattura rispetto alla vanza quindi a previsioni come l’art. 10 della legge 31 maggio 1995 n. 218 di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, secondo cui il giudice italiano ha giurisdizione per adottare un provvedimento di natura cautelare, sia quando ha giurisdizione sul merito della controversia sia quando il provvedimento richiesto deve essere eseguito in Italia. 4 Cfr. Corte di giustizia, 2 aprile 2009, in causa C-523/07, A., in questa Rivista, 2009, p. 750 ss.; 23 dicembre 2009, in causa C-403/09 PPU, Jasna Deticek, ibidem, 2010, p. 536 ss. 5 Sul tema, si vedano: Consolo, La tutela sommaria e la Convenzione di Bruxelles: la ‘‘circolazione’’ comunitaria dei provvedimenti cautelari e dei decreti ingiuntivi, in questa Rivista, 1991, p. 613 ss.; Di Blase, Provvedimenti cautelari e Convenzione di Bruxelles, in Riv. dir. int., 1987, p. 5 ss., spec. p. 17 ss.; Mari, Autorizzazione e riconoscimento di provvedimenti cautelari in base alla Convenzione di Bruxelles del 1968, in Dir. scambi int., 1981, p. 237 ss.; Merlin, Le misure provvisorie e cautelari nello spazio giudiziario europeo, in Riv. dir. proc., 2002, p. 759 ss.; Querzola, Tutela cautelare e Convenzione di Bruxelles nell’esperienza della Corte di giustizia delle Comunita` europee, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2000, p. 805 ss.; Salerno, Necessita` di un coordinamento nello spazio giudiziario europeo tra provvedimenti cautelari stranieri esorbitanti e competenza cautelare del giudice di merito, in Riv. dir. int., 2003, p. 1097 ss.; Ubertazzi, L’esecuzione all’estero di provvedimenti cautelari secondo la Convenzione di Bruxelles, in Riv. dir. industr., 1981, p. 185 ss. 6 Cfr. Corte di giustizia, 21 maggio 1980, in causa C-125/79, Denilauler, in questa Rivista, 1981, p. 188 ss.; 26 marzo 1992, in causa C-261/90, Reichert e Kockler, ibidem, 1993, p. 202 ss.; 17 novembre 1998, in causa C-391/95, Van Uden, ibidem, 1999, p. 140 ss.; 27 aprile
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disciplina del riconoscimento ed esecuzione dei provvedimenti provvisori e cautelari operante nel regime della convenzione di Bruxelles (e ora del regolamento n. 44/2001), nell’ambito della quale e` stato affermato il principio secondo cui l’art. 24 della convenzione (ora art. 31 del regolamento n. 44/2001) «non esclude che i provvedimenti provvisori o cautelari disposti nello Stato d’origine in esito ad un procedimento di natura contraddittoria – fosse anche contumaciale – possano divenire oggetto di riconoscimento e di autorizzazione all’esecuzione alle condizioni stabilite dagli articoli 25-49 della convenzione»: 7 il regime convenzionale di efficacia delle decisioni si applica quindi anche ai provvedimenti provvisori o cautelari, non essendo questi ultimi espressamente esclusi dalla nozione di decisione di cui all’art. 25 della convenzione (ora art. 32 del regolamento n. 44/2001). 8 Nell’estendere la disciplina convenzionale (ora regolamentare) sul riconoscimento e l’esecuzione anche ai provvedimenti provvisori o cautelari stranieri, in quanto qualificabili in termini di «decisione» rilevante ai fini della convenzione (e del regolamento n. 44/2001), la Corte di giustizia, in quel contesto, non ha ritenuto di dover distinguere tra provvedimenti cautelari adottati dal giudice competente nel merito e provvedimenti cautelari adottati da un foro esorbitante a norma dell’art. 24 della convenzione di Bruxelles (ora dell’art. 31 del regolamento n. 44/2001), ma si e` limitata a condizionare l’estensione del regime semplificato di riconoscimento e di esecuzione alla circostanza che i provvedimenti provvisori o cautelari tout court, quale che sia l’autorita` giudiziaria di provenienza, non siano stati adottati inaudita altera parte (c.d. provvedimenti provvisori unilaterali) o che comunque, anche se resi in
1999, in causa C-99/96, Mietz, ivi, p. 658 ss.; nonche´, 28 aprile 2005, in causa C-104/03, St. Paul Dairy Industries, ibidem, 2005, p. 833 ss. 7 Sentenza Denilauler cit., par. 17. In una precedente pronuncia, (27 marzo 1979, in causa C-143/78, de Cavel c. de Cavel, in questa Rivista, 1979, p. 577 ss.), la Corte di giustizia aveva solo implicitamente ammesso l’applicazione del titolo III ai provvedimenti cautelari, in base alla considerazione che mancano nella convenzione dei criteri per distinguere tra provvedimenti provvisori o conservativi e provvedimenti definitivi. In ogni caso, gia` prima di allora una parte della dottrina si era espressa in favore dell’estensione del regime semplificato di esecuzione ai provvedimenti cautelari: cfr. Droz, Compe´tence judiciaire et effets des jugements dans le Marche´ Commun (E´tude de la Convention de Bruxelles du 27 septembre 1968), Paris, 1972, p. 306; Geimer, Einige Zweifelsfragen zur Abgrenzung nach dem ¨bereinkommen vom 27.9.1968, in Recht int. Wirtschaft, 1975, p. 86 ss. EWG-U 8 Corte di giustizia, 6 giugno 2002, in causa C-80/00, Italian Leather, in questa Rivista, 2002, p. 498 ss., punto 41, ove si afferma che: «non e` rilevante che le decisioni di cui trattasi siano state emanate nell’ambito di procedimenti sommari o di procedimenti di merito. In quanto menziona ‘‘decisioni’’ senza altra precisazione, al pari dell’art. 25 della convenzione di Bruxelles, l’art. 27, n. 3, di quest’ultima ha portata generale. Di conseguenza, le decisioni emanate a seguito di procedimenti sommari sono assoggettate alle regole dettate da tale convenzione in materia di contrasto, allo stesso titolo delle altre decisioni contemplate all’art. 25».
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assenza di contradditorio, siano stati comunicati al convenuto prima che sia stata richiesta la loro esecuzione all’estero. 9 Con riguardo alla materia matrimoniale e alla potesta` parentale, la sentenza Purrucker stabilisce invece l’inapplicabilita` della disciplina regolamentare dettata in tema di riconoscimento e esecuzione dal regolamento n. 2201/2003 ai provvedimenti provvisori fondati sull’art. 20 dello stesso, disponendo, per converso – anche se non espressamente – che i provvedimenti cautelari adottati dal giudice competente nel merito in forza degli articoli 8 ss. del medesimo strumento possano fruire delle norme sul riconoscimento e l’esecuzione stabilite negli articoli 21 ss. del regolamento. Non e` altrettanto chiaro invece se, in relazione a questi ultimi, debbano valere, in via analogica, le limitazioni enunciate dalla Corte di giustizia con riguardo alla convenzione di Bruxelles (ora operanti nei confronti del regolamento n. 44/2001) sul rispetto dei diritti di difesa. Cio` tuttavia pare imporsi, in relazione alle decisioni in materia di responsabilita` genitoriale, in considerazione dei motivi di diniego del riconoscimento e dell’esecuzione enunciati all’art. 23 lett. b, c e d del regolamento n. 2201/2003, posti a protezione non solo del genitore convenuto ma anche e soprattutto del minore coinvolto. 10 9 Cfr. sent. Denilauler cit., punto 17: «le condizioni cui il titolo III della convenzione subordina il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni giudiziarie non sono soddisfatte per quanto riguarda i provvedimenti provvisori o cautelari disposti o autorizzati da un giudice senza che la parte contro cui essi si rivolgono sia stata citata a comparire e destinati ad essere eseguiti senza essere stati prima comunicati a detta parte. Ne risulta che questo tipo di decisioni giurisdizionali non fruiscono dell’esecuzione semplificata prevista al titolo III della convenzione». Nonche´ il punto 13 della stessa sentenza: «L’insieme delle disposizioni della convenzione, tanto quelle del titolo II, relative alla competenza, quanto quelle del titolo III, relative al riconoscimento ed all’esecuzione, esprimono l’intenzione di aver cura che, nell’ambito degli obiettivi della convenzione stessa, i procedimenti conducenti all’adozione di decisioni giurisdizionali si svolgano nel rispetto dei diritti della difesa. La convenzione, nel titolo III, si mostra molto liberale quanto al riconoscimento ed all’esecuzione, proprio a motivo delle garanzie assicurate al convenuto nel procedimento d’origine. Alla luce di queste considerazioni appare chiaramente che la convenzione si riferisce essenzialmente alle decisioni giurisdizionali che, prima del momento in cui il loro riconoscimento e la loro esecuzione vengono richiesti in uno Stato diverso da quello d’origine, sono state precedute, o avrebbero potuto essere precedute, in detto Stato d’origine, secondo modalita` diverse, da un’istruzione contraddittoria». 10 Ai sensi dell’art. 23 del regolamento n. 2201/2003: «Le decisioni relative alla responsabilita` genitoriale non sono riconosciute nei casi seguenti: a) se, tenuto conto dell’interesse superiore del minore, il riconoscimento e` manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto; b) se, salvo i casi d’urgenza, la decisione e` stata resa senza che il minore abbia avuto la possibilita` di essere ascoltato, in violazione dei principi fondamentali di procedura dello Stato membro richiesto; c) quando e` resa in contumacia, ovvero la domanda giudiziale o un atto equivalente non e` stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese, salvo che sia stato accertato che il convenuto ha accettato inequivocabilmente la decisione; d) su richiesta di colui che ritiene che la decisione sia lesiva della propria responsabilita` genitoriale, se e` stata emessa senza dargli la possibilita` di essere ascoltato; e) se la decisione e` incompatibile con una decisione
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Lo stesso puo` dirsi anche in relazione alle decisioni di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio, in forza della lett. b dell’art. 22 del regolamento. 11 2. La pronuncia in esame si colloca nell’ambito di una vicenda giudiziaria relativa all’affidamento di una coppia di gemelli, l’uno residente in Germania con la madre e l’altra in Spagna con il padre. La controversia era insorta tra i genitori, rispettivamente, una cittadina tedesca (la madre, sig.ra Purrucker) e un cittadino spagnolo (il padre, sig. Valle´s Pe´rez), che avevano convissuto, senza contrarre matrimonio, per un certo periodo in Spagna. 12 Essendo nati prematuramente, i due gemelli erano stati trattenuti in ospedale per alcuni mesi dopo la nascita, che era avvenuta in Spagna il 31 maggio 2006. Mentre il gemello maschio aveva potuto lasciare l’ospedale gia` nel settembre 2006, la sorella era stata dimessa solo piu´ tardi, nel marzo 2007. Nel frattempo, pero`, i genitori avevano interrotto la loro convivenza e il 25 gennaio 2007 avevano stipulato un accordo che regolava la fine del loro rapporto. Riguardo ai figli, i due avevano convenuto di mantenere la potesta` genitoriale e l’affidamento in capo ad entrambi; tuttavia, la madre aveva diritto a rientrare con i gemelli in Germania, mentre al padre spettava un diritto di visita. L’accordo veniva formalizzato da un notaio alla presenza e con il consenso di entrambe le parti, il 30 gennaio 2007, nella forma di un convenio regulador (accordo che regola la fine di un matrimonio o di una relazione equivalente, per la cui esecutivita` occorre l’approvazione da parte di un’autorita` giurisdizionale e che risulta disciplinato dagli articoli 81, 86 e 90 del Co´digo Civil nonche´ dall’art. 777 della Ley de enjuiciamiento civil). 13 successiva sulla responsabilita` genitoriale emessa nello Stato membro richiesto; f) se la decisione e` incompatibile con una decisione successiva sulla responsabilita` genitoriale emessa in un altro Stato membro o nel paese terzo in cui il minore risieda, la quale soddisfi le condizioni prescritte per il riconoscimento nello Stato membro richiesto; o g) se la procedura prevista dall’articolo 56 non e` stata rispettata». 11 Ai sensi dell’art. 22 del regolamento n. 2201/2003: «La decisione di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio non e` riconosciuta nei casi seguenti: a) se il riconoscimento e` manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto; b) quando e` resa in contumacia, ovvero la domanda giudiziale o un atto equivalente non e` stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese, salvo che sia stato accertato che il convenuto ha accettato inequivocabilmente la decisione; c) se la decisione e` incompatibile con una decisione resa in un procedimento tra le medesime parti nello Stato membro richiesto; o d) se la decisione e` incompatibile con una decisione anteriore avente le stesse parti, resa in un altro Stato membro o in un paese terzo, purche´ la decisione anteriore soddisfi le condizioni prescritte per il riconoscimento nello Stato membro richiesto». 12 Mentre gia` era pendente in Spagna il procedimento interlocutorio promosso dal Valle´s Perez per l’affidamento provvisorio dei figli, ma prima che fosse adottato il provvedimento provvisorio contestato, la Purrucker aveva avviato, una causa dinanzi all’Amtsgericht Albstadt in Germania, avente ad oggetto l’affidamento in via definitiva dei gemelli. 13 Nell’atto notarile veniva specificato che, per divenire pienamente efficace, l’accordo
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Tuttavia, dato che la bambina non poteva essere dimessa prima del 2 febbraio 2007, data programmata per il viaggio di rientro in Germania, la madre decideva di partire ugualmente insieme al solo gemello maschio e al figlio maggiore, avuto da una precedente relazione. Il 28 giugno 2007 il padre promuoveva un’azione dinanzi al tribunale di primo grado spagnolo (il Juzgado de Primera Instancia n. 4 in San Lorenzo de El Escorial) per ottenere un «provvedimento provvisorio urgente ed immediato» che gli riconoscesse la custodia di entrambi i gemelli e che ingiungesse il ritorno del gemello maschio in Spagna nonche´ il pagamento, a carico della ex convivente, di una somma di denaro a titolo di assegno di mantenimento dei figli. In accoglimento della domanda, il giudice spagnolo concedeva un provvedimento provvisorio che attribuiva l’affidamento di entrambi i gemelli al padre e che imponeva altresı´ alcune misure accessorie. 14 Il Valle´s Pe´rez chiedeva quindi l’esecuzione del suddetto provvedimento in Germania, dove si trovavano la Purrucker e il gemello maschio della coppia: 15 le autorita` giurisdizionali competenti di primo grado e di appello (l’Amtsgericht e l’Oberlandesgericht Stuttgart) accordavano l’exequatur, prospettando al contempo di infliggere una sanzione pecuniaria alla madre in caso di inottemperanza. Secondo le autorita` tedesche, infatti, non erano ravvisabili motivi idonei a negare l’esecuzione in Germania della decisione spagnola; piu´ in particolare, pur trattandosi di un provvedimento provvisorio, l’art. 2 n. 4 del regolamento n. 2201/2003 recante la definizione di «decisione» rilevante ai fini delle norme contenute nel regolamento, non distingueva a seconda della forma della decisione ai fini del riconoscimento e dell’esecuzione e cio` avrebbe consentito il rilascio della dichiarazione di esecutivita`. 16
avrebbe dovuto essere approvato da un’autorita` giurisdizionale e che le parti avevano esplicitamente acconsentito ad accettare qualsiasi decisione giudiziale successiva riguardante le materie interessate. A quanto risulta dagli atti della causa pero` la suddetta approvazione da parte dell’autorita` giurisdizionale non era stata in realta` mai ottenuta. 14 Il provvedimento provvisorio urgente adottato dal giudice spagnolo prevedeva, in particolare, l’attribuzione al padre del diritto di affidamento comune per i due minori, ma conservava in capo ad entrambi i genitori la responsabilita` genitoriale. In ottemperanza al suddetto provvedimento, la madre era tenuta a restituire il figlio minore al padre domiciliato in Spagna. Il provvedimento imponeva anche l’adozione di una serie di misure idonee a consentire alla madre di viaggiare con il figlio e di visitare i gemelli in qualsiasi momento. Si disponeva altresı´ il divieto di lasciare il territorio spagnolo con i minori senza previa autorizzazione del giudice, nonche´ la consegna dei passaporti dei bambini al padre, unico titolare del diritto di affidamento. 15 Merita osservare che la domanda di rilascio della dichiarazione di esecutivita` mira di fatto ad ottenere l’esecuzione del provvedimento contestato solo nei confronti del gemello maschio, che si trova in Germania con la madre. Per la figlia, infatti, gia` in Spagna, non e` necessario che il provvedimento venga riconosciuto ed eseguito in Germania. 16 Secondo l’art. 2 n. 4 del regolamento n. 2201/2003 per «decisione» rilevante ai fini
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La Purrucker proponeva quindi ricorso in cassazione avverso la decisione dell’Oberlandesgericht Stuttgart dinanzi al Bundesgerichtshof, assumendo che le disposizioni di cui agli artt. 21 ss. del regolamento n. 2201/ 2003 in tema di riconoscimento ed esecuzione non erano applicabili ai provvedimenti provvisori di cui all’art. 20, atteso che essi non potevano qualificarsi come decisioni relative alla responsabilita` genitoriale ai sensi dell’art. 2, n. 4 del regolamento n. 2201/2003. In mancanza di una chiara indicazione in proposito ricavabile dal testo del regolamento, il Bundesgerichtshof si rivolgeva cosı´, ai sensi degli ex articoli 68 CE e 234 CE (ora art. 267 TFUE), alla Corte di giustizia chiedendo se un provvedimento provvisorio, esecutivo nello Stato membro in cui e` stato disposto, quale quello adottato dal giudice spagnolo in tema di affidamento, dovesse essere riconosciuto ed eseguito, conformemente al regolamento n. 2201/2003, in un altro Stato membro alla stregua di una decisione del giudice competente attributiva dell’affidamento in via definitiva. 3. La questione appena enunciata presupporrebbe di per se´ la sussistenza di una condizione che, al contrario, non risulta – per lo meno in modo chiaro – dagli atti di causa e cioe` che il provvedimento provvisorio contestato rientri nell’ambito dell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003. La Corte di giustizia ha dovuto quindi accertare, in via preliminare, la competenza del giudice cautelare spagnolo da cui proveniva il provvedimento contestato per capire se quest’ultimo doveva qualificarsi come una misura provvisoria adottata a norma dell’art. 20 (e cioe` da un foro esorbitante) o se, invece, costituisse un provvedimento provvisorio adottato dal giudice competente a conoscere del merito della questione, sulla base delle norme sulla competenza dettate dallo stesso regolamento. 17 Dalla lettura del provvedimento provvisorio spagnolo non risultava chiaramente quale fosse il fondamento normativo dal quale il Juzgado de
del regolamento deve intendersi: «una decisione... emessa dal giudice di uno Stato membro... relativa [tra l’altro] alla responsabilita` genitoriale, a prescindere dalla denominazione usata per la decisione, quale ad esempio decreto, sentenza o ordinanza». 17 Nell’ambito di questa questione ci si potrebbe anche domandare – ma di fatto su questo aspetto la Corte di giustizia non si e` pronunciata – quale dei due giudici interessati (il giudice tedesco e quello spagnolo) sia competente a decidere sulla responsabilita` genitoriale di entrambi i gemelli o di uno solo di essi. Per la particolarita` della vicenda, relativa ad una controversia sulla custodia di due gemelli che si trovano in Stati membri diversi, forse ormai anche residenti abituali in tali Stati ai sensi del regolamento n. 2201/2003, sembra ragionevole optare per un unico foro competente, magari, considerate tutte le circostanze del caso, individuato sulla base dell’art. 15 del regolamento n. 2201/2003, il quale consente il trasferimento della competenza ad un’autorita` giurisdizionale piu´ adatta a trattare il caso. Cfr. in proposito le conclusioni dell’avv. gen. Sharpston, presentate il 20 maggio 2010, non ancora pubblicate in Raccolta, par. 95-100.
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Primera Instancia n. 4 in San Lorenzo de El Escorial aveva derivato la propria competenza. Quest’ultimo non aveva menzionato direttamente l’art. 20 del regolamento n. 2201/2003, relativo ai provvedimenti provvisori e cautelari adottati in casi di urgenza e cio` poteva essere un elemento a favore della tesi secondo cui il giudice adito aveva ritenuto di disporre di una competenza cognitiva di merito e non soltanto di un limitato potere (eccezionale) di adottare misure provvisorie o cautelari urgenti nei confronti di controversie rientranti nella sua competenza territoriale. Il fatto che si sia giunti, dinanzi al giudice del rinvio, a considerare il provvedimento cautelare come un provvedimento reso da un foro esorbitante, in mancanza di elementi normativi certi, potrebbe far pensare che il giudice spagnolo abbia ritenuto implicitamente soddisfatti i requisiti richiesti dall’art. 20 par. 1 del regolamento o che esso si sia pronunciato sull’istanza nella convinzione che tutti i provvedimenti provvisori rientrino nell’ambito della disposizione a prescindere dall’autorita` giurisdizionale adita. E` tuttavia evidente che entrambe le supposizioni non possono ritenersi fondate: da un lato, perche´ l’art. 20 richiede il rispetto di condizioni che non risultano prese in considerazione dal giudice spagnolo. Dall’altro, perche´ la disposizione non intende affatto disciplinare tutti i provvedimenti provvisori ne´ mira ad attribuire una competenza di merito; piuttosto consente, in certe circostanze, a una data autorita` giurisdizionale che appaia piu´ idonea, sul momento, rispetto a quella dotata di competenza di merito, di prendere i provvedimenti provvisori urgenti, i quali poi sono destinati a restare assorbiti dalla decisione conclusiva del procedimento di cognizione di merito. Si ha piuttosto l’impressione che il giudice spagnolo abbia ritenuto di avere una competenza di merito a decidere sulla responsabilita` dei genitori nei confronti di entrambi i gemelli e che il suo provvedimento provvisorio costituisse un preludio provvisorio precedente solo temporalmente una successiva decisione definitiva sul merito. Vi e` di piu´, pero`, poiche´ – per quanto risulta dagli atti di causa – l’autorita` spagnola non aveva neppure fatto riferimento ad alcuna delle norme sulla competenza stabilite dal regolamento n. 2201/2003 in materia di potesta` parentale. Piu´ genericamente, invece, essa si era limitata a constatare che il ricorso proposto dal Valle´s Perez si fondava sul diritto sostanziale spagnolo, sulla convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, conclusa all’Aja il 25 ottobre 1980 (artt. 1 e 2), nonche´ sul regolamento n. 2201/2003 e sull’accordo tra il Regno di Spagna e la Repubblica federale di Germania del 14 novembre 1983, relativo alla competenza dei giudici spagnoli (art. 8). 18 Ad una piu´ attenta lettura del
18 Questa indicazione cosı´ vaga lascia un po’ sorpresi, visto il principio della prevalenza del diritto dell’Unione europea (regolamento n. 2201/2003) sul diritto nazionale nonche´ sulle
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provvedimento, il giudice sembrava fondare la propria competenza sull’art. 769 n. 3 del codice di procedura civile spagnolo (Ley de Enjuiciamiento Civil) e sull’art. 1 della convenzione dell’Aja del 1980. Il giudice infatti aveva richiamato al contempo piu´ criteri di collegamento che segnalavano il contatto della fattispecie con lo Stato spagnolo: ossia, la residenza dei genitori, l’ultimo domicilio familiare, la residenza abituale del minore fino alla sua partenza per la Germania, la nazionalita` del ricorrente, la sua residenza abituale in Spagna e la circostanza che si trattava del primo procedimento avviato in relazione a tale causa in Spagna, nonche´, infine, il fatto che l’atto notarile concluso tra i genitori sull’affidamento dei figli era stato stipulato in Spagna e che il minore illecitamente condotto in Germania dalla madre era nato in Spagna. 19 Osservando i titoli di giurisdizione appena richiamati sembrerebbe che per lo piu´ essi non corrispondano ai criteri enunciati dagli articoli 8-14 del regolamento n. 2201/2003, fatta eccezione per la residenza abituale del minore e la precedente residenza di quest’ultimo (questi, analoghi a quelli indicati rispettivamente all’art. 8 e all’art. 11 del regolamento). In ogni caso, anche a voler ammettere che il giudice spagnolo si sia dichiarato competente in forza di una disposizione sulla competenza del regolamento n. 2201/2003, non risulta possibile stabilire in forza di quale delle disposizioni comprese tra gli articoli 8 e 10 del regolamento egli si sia riconosciuto competente a conoscere della causa. Si potrebbe allora sostenere che, in mancanza di un esplicito richiamo da parte del giudice all’art. 20 del regolamento, si debba presumere che esso sia competente anche nel merito e non sia mero giudice cautelare. E in questo senso, per esempio, si sono espresse le osservazioni del governo ceco depositate presso la Corte. Ma potrebbe sostenersi anche la tesi opposta, che e` stata avanzata dalla ricorrente (Purrucker) e dal governo tedesco, secondo cui la mancata menzione di una base normativa specifica del regolamento su cui fondare la competenza nel merito dovrebbe interpretarsi nel senso che il provvedimento provvisorio di specie ricadrebbe, in via residuale, nell’ambito dei provvedimenti previsti dall’art. 20. Orbene, la sentenza Purrucker ha fornito specifiche indicazioni per superare l’impasse giuridica generata da situazioni come quella del caso di specie, nelle quali e` dubbio il titolo della competenza cautelare che sia stata esercitata dal giudice di uno Stato membro. La Corte di giustizia ha infatti precisato che se e` vero che l’art. 24 del regolamento n. 2201/2003 pone il divieto per i giudici dello Stato richiesto di controllare la competenza del giudice d’origine «questo divieto non preclude ad un giudice cui
convenzioni internazionali vertenti sulle materie da esso coperte, alle condizioni sancite dagli artt. 59-63 dello stesso regolamento. 19 Cfr. sentenza Purrucker cit., par. 65.
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sia sottoposta una decisione che non contiene elementi attestanti senza ombra di dubbio la competenza nel merito dell’ autorita` giurisdizionale d’origine di verificare se da tale decisione emerge che quest’ ultimo giudice ha inteso fondare la propria competenza su una disposizione del regolamento n. 2201/2003». 20 Del resto, «tale verifica non costituisce tanto un controllo della competenza dell’autorita` giurisdizionale d’origine, bensı´ unicamente l’accertamento del fondamento sul quale il giudice ha basato la sua competenza». 21 Da questo assunto, la Corte e` giunta alla conclusione che «allorche´ la competenza di merito, ai sensi del regolamento n. 2201/2003, di un giudice che ha adottato provvedimenti provvisori non risulti, con tutta evidenza, dagli elementi della decisione presa, o allorche´ tale decisione non contenga una motivazione scevra da qualsiasi ambiguita`, relativa alla competenza di merito di questo giudice, mediante il riferimento ad uno dei criteri di competenza previsti dagli artt. 8-14 del regolamento, si deve concludere che tale decisione non e` stata adottata nel rispetto delle regole di competenza sancite dal suddetto regolamento». 22 Pertanto, la competenza cautelare esercitata con il provvedimento in questione era da intendersi come competenza spettante ad un foro esorbitante ai sensi dell’art. 20 del regolamento e non come competenza del merito a norma dello stesso. Del resto, «non e` unicamente la natura dei provvedimenti che il giudice puo` adottare – provvedimenti provvisori o cautelari contrapposti a decisioni di merito – che determina se tali provvedimenti possono rientrare nell’ art. 20 di detto regolamento ma piuttosto, in particolare, la circostanza che siano stati adottati da un giudice la cui competenza non e` fondata su un’ altra disposizione del regolamento». 23 In verita`, vi e` un ulteriore profilo di analisi, connesso alla questione della competenza del giudice cautelare straniero, che risulta dal caso di specie e che e` stato affrontato da alcune delle osservazioni presentate dagli Stati membri nel corso del procedimento dinanzi alla Corte di giustizia; ossia, la questione della disciplina della litispendenza tra un procedimento cautelare di un foro esorbitante promosso dinanzi all’autorita` giurisdizionale di uno Stato membro e un procedimento di cognizione di merito pendente in un altro Stato membro: nel caso Purrucker, tra il procedimento spagnolo da cui proviene il provvedimento cautelare in materia di affidamento, da una parte, e il procedimento di merito avviato dalla Purrucker in Germania per ottenere la custodia in via definitiva dei figli, dall’altra. Si tratta cioe` di capire se le disposizioni in tema di litispendenza di cui all’art.
20 21 22 23
Cfr. Cfr. Cfr. Cfr.
sentenza Purrucker cit., par. 75. conclusioni avv. gen. Sharpston cit., par. 139. sentenza Purrucker cit., par. 76. sentenza Purrucker cit., par. 63 e 64.
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19 del regolamento n. 2201/2003 siano applicabili anche ai provvedimenti di urgenza di cui all’art. 20. Sul punto e` intervenuta, piu` di recente, una nuova sentenza della Corte di giustizia, seppure in relazione alla stessa vicenda oggetto della sentenza in commento, la quale ha escluso una tale possibilita`. 24 Appare evidente che nel caso affermativo si produrrebbero conseguenze non ragionevoli. Poniamo, ad esempio, l’ipotesi in cui, in materia di responsabilita` parentale, uno dei genitori chieda un provvedimento di affidamento provvisorio ad un giudice privo di competenza cognitiva nel merito ai sensi del regolamento, fondando la propria domanda sull’art. 20 del regolamento. Qualora l’altro genitore promuova successivamente un’azione dinanzi all’autorita` giurisdizionale dotata di competenza cognitiva nel merito in uno Stato membro diverso, ossia quello, ai sensi dell’art. 8 del regolamento, in cui il minore risiede abitualmente, tale autorita` giurisdizionale in quanto autorita` successivamente adita, sarebbe tenuta, a norma dell’art. 19, a sospendere d’ufficio il giudizio finche´ non sia stata accertata la competenza del giudice esorbitante. Perche´ il giudice del merito successivamente adito possa pronunciarsi sulla domanda, occorrerebbe quindi attendere che il primo giudice, il foro esorbitante, abbia declinato formalmente la propria competenza. Nel frattempo, il giudice preventivamente adito potrebbe essersi gia` pronunciato emanando un provvedimento d’urgenza ai sensi dell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 suscettibile di riconoscimento e esecuzione negli Stati membri dell’Unione. Tutto cio` non avrebbe senso alla luce dell’intero sistema sulla competenza predisposto dal regolamento e del significato riconosciuto all’art. 20 dello stesso. La questione e` stata discussa, anche se in maniera piuttosto limitata, nel corso della causa dinanzi alla Corte di giustizia, e diverse sono state le posizioni prese in merito da alcuni Stati membri intervenuti e dalla Commissione. 25 Condivisibile e` la conclusione espressa sul punto dall’avvocato generale Sharpston secondo cui il «fatto stesso che tale autorita` giurisdizionale agisca unicamente in forza dell’art. 20 implica che la sua competenza non puo` essere stabilita ai sensi dell’art. 19, e di conseguenza che le cause dinanzi ad essa promosse non rendono applicabili le regole sulla litispendenza. Appare evidente in base alla struttura dell’art. 20, e in particolare dal
24 Cfr. Corte di giustizia, 9 novembre 2010, in causa C-296/10, Purrucker, non ancora pubblicata in Raccolta, secondo la quale le disposizioni dell’art. 19 n. 2 del regolamento n. 2201/2003 non sono applicabili quando all’autorita` giurisdizionale di uno Stato membro, adita preventivamente per decidere della responsabilita` genitoriale, sia chiesta solo l’adozione di provvedimenti provvisori ex art. 20 del regolamento e l’autorita` giurisdizionale di un altro Stato membro, competente a conoscere del merito ai sensi dello stesso regolamento, sia adita successivamente anch’essa con la domanda di decidere della responsabilita` genitoriale, vuoi in via provvisoria, vuoi a titolo definitivo. 25 Cfr. conclusioni avv. gen. Sharpston cit., par. 168.
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n. 2 dello stesso articolo, che la disposizione non pone alcun ostacolo ad adire l’autorita` giurisdizionale competente nel merito ai sensi del regolamento, le cui decisioni sostituiranno con effetto immediato quelle adottate sulla base dell’art. 20». 26 Diversa e` la situazione in cui l’autorita` preventivamente adita sia quella competente nel merito e quella successivamente adita il foro esorbitante di cui all’art. 20. In questo caso, non vi sono ragioni per escludere l’applicazione della disciplina della litispendenza di cui all’art. 19 del regolamento n. 2201/2003 e, in questo senso, si e` espressa chiaramente una recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione 27 rispetto ad un caso in cui il giudice italiano era quello preventivamente adito e competente nel merito – in relazione ad una separazione personale tra coniugi, all’affidamento dei figli e al diritto di visita spettante al coniuge non affidatario – e il giudice finlandese era quello successivamente adito, il quale aveva emanato provvedimenti d’urgenza in materia di affidamento ai sensi dell’art. 20 del regolamento. La Cassazione ha statuito in quell’occasione che, «nei casi di litispendenza e di connessione, ai sensi dell’art. 19 del regolamento n. 2201/2003, l’autorita` giudiziaria adita successivamente deve dichiarare la propria incompetenza a favore dell’autorita` giudiziaria gia` investita della stessa questione o di questione connessa, anche se, ai sensi del successivo art. 20, puo` emettere provvedimenti di urgenza». 28 Correttamente, dunque, il Tribunale di Helsinki aveva emanato le disposizioni urgenti relative ai minori, riconoscendo pero` la giurisdizione del giudice italiano preventivamente adito sull’affidamento oggetto della domanda del padre e sul diritto di visita oggetto dell’azione della madre. Non poteva invece essere accolto l’argomento che era stato fatto valere nel ricorso, tratto dalla differente natura delle questioni proposte ai due giudici dei diversi Stati membri, apparendo esse almeno strettamente connesse in rapporto al loro carattere accessorio nel procedimento di divorzio, con conseguente applicabilita` della disciplina sulla litispendenza di cui all’art. 19 del regolamento e attribuzione della competenza a decidere al giudice italiano. 4. Un problema diverso da quelli finora considerati e` quello di stabilire se un provvedimento provvisorio, astrattamente riconducibile all’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 presenti tutte le condizioni richieste ai fini dell’applicazione di tale disposizione. E` facile notare che qualsiasi decisione che non risulti essere stata adottata da un giudice competente o asserita-
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Cfr. conclusioni avv. gen. Sharpston cit., par. 169. Cass., s.u., 21 ottobre 2009 n. 22238, in questa Rivista, 2010, p. 474 ss. e in Guida dir., 2009, p. 48, con nota di Finocchiaro. 28 Cass., s.u., 21 ottobre 2009 n. 22238 cit., par. 4.1. 27
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mente competente nel merito non rientra necessariamente nell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003, ma ricade invece nella sfera di questa disposizione solamente quando soddisfa le condizioni da essa previste. In particolare, la disposizione richiede l’osservanza di tre condizioni cumulative: ossia che il provvedimento sia urgente, che esso sia disposto nei confronti di persone situate o di beni presenti nello Stato membro di tali autorita` giurisdizionali e che, infine, esso abbia natura provvisoria. 29 Con riguardo alla responsabilita` parentale, la Corte di giustizia ha precisato che «tali provvedimenti sono applicabili ai minori che hanno la loro residenza abituale in uno Stato membro, ma soggiornano temporaneamente o occasionalmente in un altro Stato membro e si trovano in una situazione atta a nuocere gravemente al loro benessere, inclusi la loro salute o il loro sviluppo, la quale giustifica pertanto l’adozione immediata di provvedimenti di tutela». 30 Il provvedimento provvisorio di specie sembra sollevare qualche perplessita` in relazione ai requisiti dell’urgenza e del legame territoriale con lo Stato concedente, ma su cio` la Corte di giustizia non ha ritenuto di doversi soffermare, ritenendoli implicitamente soddisfatti. In ordine al requisito dell’urgenza, occorre muovere dalla considerazione che la nozione di urgenza di cui all’art. 20 va interpretata nel senso indicato recentemente dalla Corte di giustizia e cioe` che essa si correli, al tempo stesso, alla situazione in cui si trova il minore e all’impossibilita` pratica di presentare la domanda relativa alla responsabilita` genitoriale dinanzi al giudice competente a conoscere del merito. 31 Ci si poteva chiedere allora se cio` ricorresse effettivamente nel caso di specie, dove peraltro la fattispecie riguarda due minori, che si trovano in Stati membri diversi, di cui uno forse «illecitamente» trasferito in Germania (in violazione dell’accordo concluso tra i genitori per atto notarile ma, di fatto, mai reso esecutivo per la mancata approvazione dell’autorita` giurisdizionale competente). La Corte su questo aspetto sembra accontentarsi dell’esito dell’accertamento della competenza cautelare, favorevole, come visto – a fronte dell’incertezza di riferimenti negli atti di causa – all’inquadramento della stessa nell’ambito dell’art. 20 del regolamento. In ordine alla seconda condizione, la Corte di giustizia ha affermato, in un’altra causa, che un provvedimento provvisorio in materia di responsabilita` genitoriale, inteso ad una modifica dell’affidamento di un minore, «non viene preso soltanto in relazione al minore stesso, bensı´ anche nei confronti del genitore cui ora viene attribuito l’affidamento, nonche´ dell’altro genitore che si vede sottrarre, a seguito dell’adozione di una misura
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Cfr. sent. A cit., par. 47. Cfr. sent. A cit., par. 48. Cfr. sent. Jasna Deticˇek cit., par. 42.
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siffatta, l’affidamento precedente». 32 Nel caso di specie, e` pacifico che una delle persone relativamente alle quali una simile misura viene adottata, il gemello maschio, non era presente in Spagna al momento in cui il Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial si era pronunciato e che, parimenti, la madre era rientrata con il figlio in Germania confidando, evidentemente a torto, sulle pattuizioni fissate nel convenio regulador, risultato solo successivamente privo di qualsiasi efficacia esecutiva. 5. Venendo ora a considerare la questione pregiudiziale sollevata dal Bundesgerichtshof, si pone il problema di stabilire se i provvedimenti provvisori e cautelari ex art. 20 dello stesso regolamento potevano essere qualificati come decisioni in materia di responsabilita` genitoriale ai sensi dell’art. 2 n. 4 del regolamento n. 2201/2003, suscettibili di essere riconosciuti ed eseguiti a norma delle disposizioni del regolamento. La questione e` controversa e si potrebbero sostenere sul piano teorico diverse soluzioni. 33 In primo luogo, si potrebbe ritenere che i provvedimenti provvisori di cui all’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 debbano essere esclusi, in via di principio, dal novero delle decisioni rilevanti ai sensi dell’art. 2 n. 4 del regolamento e, dunque, dalla sfera di applicazione delle disposizioni sul riconoscimento e sull’esecuzione previste dagli articoli 21 ss. del regolamento, in quanto l’art. 20 costituirebbe una mera norma sulla competenza, non rilevante ai fini del riconoscimento e dell’esecuzione. Questa impostazione prende forza anche dalle considerazioni espresse dalla Corte di giustizia nella causa A, ove essa ha sancito in sostanza che, poiche´ l’art. 20 si riferisce ai provvedimenti «previsti dalla legge interna», il loro carattere imperativo deve risultare dalla normativa nazionale in questione. 34 Pertanto, i provvedimenti provvisori adottati unicamente sulla base dell’art. 20 non trarrebbero dal regolamento alcuna forza imperativa, derivandola al contrario dalla normativa nazionale: tale forza dovrebbe pertanto essere limitata al territorio nel quale tale normativa risulta applicabile. In secondo luogo, si potrebbe sostenere che i provvedimenti provvisori rientrino tra le decisioni dell’art. 2 n. 4 del regolamento, ma solo se adottati dal giudice competente a conoscere del merito e a condizione che siano salvaguardati, anche se ex post, i diritti della difesa. Cio` si imporrebbe alla luce di un principio consolidato della Corte di giustizia enunciato nella causa Klomps, 35 secondo cui un’audizione a poste32
Cfr. sent. Jasna Deticˇek cit., par. 51. Tali orientamenti sono descritti e sintetizzati dal Bundesgerichtshof nell’ordinanza di rinvio alla Corte di giustizia: 10 giugno 2009, XII ZB 182/08, par. 16-22 reperibile all’indirizzo http://juris.bundesgerichtshof.de . 34 Sent. A cit., par. 50-52. 35 Sent. 16 giugno 1981, Klomps, in causa 166/80, in questa Rivista, 1982, p. 141 ss. 33
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riori e` sufficiente a garantire un processo equo. A maggior ragione, questa soluzione avrebbe senso nella materia familiare nella quale rilevano rapporti triangolari (genitori-figlio) che hanno al centro un soggetto, il minore, particolarmente bisognoso di tutela. Secondo tesi piu´ restrittive, potrebbero essere suscettibili di riconoscimento soltanto i provvedimenti provvisori adottati dal giudice competente nel merito a norma del regolamento purche´ adottati nel contesto di un procedimento in contraddittorio, nel rispetto dei diritti della difesa, cioe` resi dopo che le parti sono state ascoltate. Un semplice adempimento successivo del principio del contraddittorio non sarebbe quindi sufficiente per estendere ad essi la disciplina regolamentare in tema di riconoscimento. Se si accogliesse questa impostazione, qualora il provvedimento spagnolo di specie fosse stato qualificato non come un provvedimento provvisorio ex art. 20 ma come un provvedimento provvisorio adottato dal giudice competente nel merito, si sarebbe dovuto concludere per il riconoscimento e l’esecuzione dello stesso secondo le norme previste del regolamento atteso che la Purrucker, nell’ambito del procedimento spagnolo che ha originato il provvedimento provvisorio de quo, era stata effettivamente sentita: sia perche´ era stata regolarmente convocata all’udienza, sia perche´ vi era rappresentata da un avvocato e i figli erano troppo piccoli per poter essere sentiti. Infine, si potrebbe sostenere che i provvedimenti provvisori adottati a norma dell’art. 20 del regolamento devono considerarsi sic et simpliciter decisioni a norma dell’art. 2 n. 4 del regolamento – a motivo dell’ampiezza della nozione impiegata in tale disposizione – alle quali si estendono quindi le norme sul riconoscimento e l’esecuzione dettate dagli articoli 21 ss. 36 Cio`, addirittura, potrebbe valere anche a prescindere dalla loro qualificazione in termini di decisioni di cui all’art. 2 n. 4, semplicemente in quanto adottate sulla base di una norma del regolamento. La Commissione, pur sostenendo in sede di osservazioni scritte, la tesi che l’art. 20 non fosse rilevante nell’ambito della causa principale, ha proposto in udienza un’argomentazione alquanto originale. Ha affermato cioe` che le disposizioni dell’art. 21 ss. del regolamento erano effettivamente applicabili ai provvedimenti adottati nelle circostanze previste dall’art. 20 par. 1, ma solo se le condizioni da essa richieste – presenza della persona o del bene di cui trattasi, urgenza e natura provvisoria del provvedimento – potessero essere rigorosamente verificate e fosse stato garantito il diritto di essere ascoltati. 37 36
Cfr. conclusioni avv. gen. Sharpston, par. 158. Tra le parti che hanno presentato osservazioni scritte, soltanto i governi spagnolo e italiano hanno sostenuto la tesi che i provvedimenti adottati nelle circostanze previste dall’art. 20 possono essere riconosciuti ed eseguiti negli altri Stati membri. A tal fine, entrambi hanno dato risalto alla definizione estremamente ampia del termine «decisione» di cui all’art. 2 n. 4 del regolamento. 37 Cfr. conclusioni avv. gen. Sharpston cit., par. 159.
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Come abbiamo visto, la Corte di giustizia e` giunta ad escludere l’applicabilita` del sistema di riconoscimento e di esecuzione predisposto dal regolamento n. 2201/2003 ai provvedimenti rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 20 dello stesso. Essa ha derivato questa soluzione da una serie di considerazioni. In primo luogo, la Corte ha individuato un’esplicita volonta` del legislatore comunitario volta a limitare gli effetti territoriali dei provvedimenti rientranti nell’art. 20 del regolamento; 38 tale volonta` potrebbe desumersi da alcune spiegazioni contenute nei lavori preparatori del regolamento n. 2201/2003 e non risulterebbe peraltro smentita dal testo definitivo del regolamento. 39 In particolare, sia la motivazione della proposta della Commissione del 1999, sfociata nell’adozione del regolamento n. 1347/2000, abrogato e sostituito dal regolamento n. 2201/2003, 40 sia la relazione alla convenzione del 28 maggio 1998 concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali 41 (c.d. relazione Borra´s) 42 in relazione all’art. 12 della convenzione 43 dispongono che
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L’argomentazione fondata sui lavori preparatori del regolamento e` quella ritenuta piu´ convincente e decisiva anche dall’avv. gen. Sharpston nelle sue conclusioni, al fine di sostenere l’inapplicabilita` del regime di riconoscimento e di esecuzione regolamentare: cfr. i par. 172, 173 e, in particolare, il par. 175, ove si afferma: «Tuttavia... nonostante i vantaggi che posso individuare nella possibilita` di riconoscimento ed esecuzione ai sensi del regolamento, in altri Stati membri, dei provvedimenti disposti nelle circostanze previste dall’art. 20 n. 1 fino a che l’autorita` giurisdizionale dotata di competenza cognitiva nel merito non abbia agito, mi sembra evidente dalla storia legislativa diretta della disposizione che tali provvedimenti mirano a produrre i loro effetti primari soltanto all’interno dello Stato membro nel quale sono stati disposti. Pertanto, a tali provvedimenti non si applicano le disposizioni degli artt. 21 e segg. del regolamento, che prevedono un riconoscimento ed un’esecuzione quasi automatici negli altri Stati membri». 39 Cfr. sent. Purrucker cit., par. 87: «Al contrario, la collocazione di questa disposizione in detto regolamento e le espressioni ‘non ostano’ e ‘non osta’, che appaiono in tale art. 20, n. 1 e nel suo sedicesimo ‘considerando’, dimostrano come i provvedimenti che ricadono in detto art. 20 non rientrino nel novero delle decisioni adottate secondo le regole di competenza previste dallo stesso regolamento e che beneficiano, pertanto, del sistema di riconoscimento e di esecuzione da esso predisposto». 40 In materia di misure provvisorie, l’art. 12 del regolamento n. 1347/2000 era redatto negli stessi termini dell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003. 41 Prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 2201/2003, il Consiglio dell’Unione europea, con atto 28 maggio 1998, aveva adottato, sulla base dell’art. K.3 del trattato sull’Unione europea, la convenzione concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali (nota come la «convenzione di Bruxelles II», in questa Rivista, 1998, p. 928 ss.). Tale convenzione non e` mai entrata in vigore. 42 Cfr. la relazione esplicativa della convenzione Bruxelles II (in questa Rivista, 1998, p. 943 ss.), redatta dalla prof.ssa Borra´s (nota come «relazione Borra´s»). 43 L’art. 12 della convenzione Bruxelles II, contenuto nella sez. IV, titolo II, dedicata ai provvedimenti provvisori e cautelari statuiva: «In caso d’urgenza, le disposizioni della convenzione non ostano a che i giudici di uno Stato membro adottino i provvedimenti provvisori o cautelari, previsti dalla legge di tale Stato membro, relativi alle persone presenti nello Stato
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la «norma contenuta in questo articolo si limita a stabilire effetti territoriali nello Stato in cui sono adottati i provvedimenti». Non solo. La relazione Borra´s, nel sottolineare la differenza di redazione tra l’art. 12 della convenzione Bruxelles II e l’art. 24 della convenzione di Bruxelles, precisa altresı´ che «i provvedimenti di cui all’art. 24 si limitano alle materie che rientrano nella sfera della Convenzione» e «producono invece effetti extraterritoriali». 44 La Corte ne evince che i redattori della convenzione del 1998 intendevano stabilire un legame tra le materie su cui potevano vertere i provvedimenti provvisori e l’effetto territoriale di tali provvedimenti: quelli in materia matrimoniale e in materia di responsabilita` genitoriale sarebbero quindi idonei a produrre effetti esclusivamente nello Stato del giudice cautelare adito, quelli di cui all’art. 24 della convenzione, adottati in materia civile e commerciale, nel rispetto delle esclusioni previste dall’art. 1 par. 2 della convenzione, sarebbero invece idonei a esplicare effetti anche al di fuori dello Stato del foro esorbitante. I provvedimenti provvisori di cui all’art. 20 del regolamento n. 2201/ 2003 si riferiscono sia alle persone sia ai beni delle persone presenti nello Stato il cui diritto nazionale consente la loro adozione e possono concernere pertanto anche questioni (in particolare, quelle patrimoniali) che esulano dall’ambito di applicazione del regolamento, per esempio, relative ad obbligazioni alimentari a carico di uno dei coniugi. Da questa premessa la Corte evince che, qualora si consentisse l’applicazione del sistema di riconoscimento e di esecuzione predisposto dal regolamento n. 2201/2003 anche ai provvedimenti di cui all’art. 20 dello stesso, si autorizzerebbe il riconoscimento e l’esecuzione in altri Stati membri di provvedimenti che intervengono in materie non coperte dal regolamento e che potrebbero, per tale effetto, essere stati disposti, ad esempio, in violazione di norme che prevedono competenze speciali o esclusive previste dal regolamento n. 44/2001. o ai beni in esso situati, anche se, ai sensi della presente convenzione, la competenza a conoscere nel merito e` riconosciuta al giudice di un altro Stato membro». 44 Cfr. relazione Borra´s cit., par. 58 e 59: «Tale disposizione [l’art. 12 della convenzione] si ispira all’articolo 24 della convenzione di Bruxelles del 1968, ma va oltre quanto dallo stesso disposto. ...i provvedimenti provvisori e cautelari, anche se sono adottati in relazione a procedimenti inclusi nell’ambito della convenzione e sono applicabili soltanto in casi di urgenza, si riferiscono sia alle persone che ai beni e si estendono quindi a materie non contemplate dalla convenzione ove si tratti di azioni previste dalle norme nazionali. Le differenze rispetto alla convenzione di Bruxelles sono notevoli, dato che in tale convenzione i provvedimenti di cui all’articolo 24, lettera a), si limitano alle materie che rientrano nella sfera della convenzione; le misure di cui alla lettera b) producono invece effetti extraterritoriali. I provvedimenti da adottare sono assai ampi, in quanto possono riguardare sia le persone presenti sia i beni situati nello Stato in cui essi vengono adottati, nel caso in cui e` veramente necessario nelle cause matrimoniali. La convenzione non contiene indicazioni sul tipo di provvedimenti e neppure sui loro collegamenti con la domanda matrimoniale. I provvedimenti possono pertanto incidere anche su materie che esulano dal campo di applicazione della convenzione».
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In secondo luogo, ammettere il riconoscimento e l’esecuzione di provvedimenti rientranti nell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 in ogni altro Stato membro, compreso lo Stato competente nel merito, determinerebbe un rischio di elusione anche delle regole di competenza previste dallo stesso regolamento, nonche´ un pericolo di forum shopping. Cio` risulterebbe in contrasto con gli obiettivi generali perseguiti dal regolamento, 45 in particolare, con la finalita` di tutelare l’interesse superiore del minore e con il criterio di vicinanza, che garantisce che le decisioni che riguardano il minore siano adottate dal giudice geograficamente piu´ vicino alla sua residenza abituale, che si presume essere l’autorita` piu´ idonea a valutare i provvedimenti da disporre in favore dello stesso. 46 In terzo luogo, l’inapplicabilita` delle norme sul riconoscimento e l’esecuzione di cui agli articoli 21 ss. del regolamento trarrebbe origine dalla stessa natura della disposizione in esame: l’art. 20 del regolamento n. 2201/ 2003, infatti, non e` concepito come una norma sulla competenza, cosı´ come invece, ad esempio, l’art. 11 par. 1 della convenzione dell’Aja del 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilita` genitoriale e di misure di protezione dei minori. 47 Esso e` infatti collocato nella sezione 3 del capitolo II del 45 Cfr. considerando n. 12 del regolamento n. 2201/2003, secondo cui: «E` opportuno che le regole di competenza in materia di responsabilita` genitoriale accolte nel presente regolamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza. Cio` significa che la competenza giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamento della sua residenza o in caso di accordo fra i titolari della responsabilita` genitoriale». 46 Cfr. sent. Purrucker cit., par. 91. 47 La convenzione sulla competenza giurisdizionale, la legge applicabile, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, nonche´ la cooperazione, in materia di responsabilita` genitoriale e di misure per la tutela dei minori, e` stata stipulata il 19 ottobre 1996, nel contesto della Conferenza dell’Aja sul diritto internazionale privato (in breve: «convenzione dell’Aja del 1996»). Essa ha sostituito la convenzione del 5 ottobre 1961, sulla competenza delle autorita` e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori. Taluni Stati membri, in particolare la Repubblica federale di Germania e il Regno di Spagna, non hanno ratificato questa convenzione. Essi sono autorizzati a farlo dalla decisione del Consiglio 2008/431/CE del 5 giugno 2008, che autorizza alcuni Stati membri a ratificare la convenzione dell’Aja del 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilita` genitoriale e di misure di protezione dei minori, ovvero ad aderirvi, nell’interesse della Comunita` europea e che autorizza alcuni Stati membri a presentare una dichiarazione sull’applicazione delle pertinenti norme interne del diritto comunitario. L’art. 11 della convenzione dell’Aja del 1996, contenuto nel suo capitolo II, rubricato «Competenza», dispone: «1. In tutti i casi di urgenza, sono competenti ad adottare le misure di protezione necessarie le autorita` di ogni Stato contraente sul cui territorio si trovino il minore o dei beni ad esso appartenenti. 2. Le misure adottate in applicazione del paragrafo precedente nei confronti di un minore che abbia la residenza abituale in uno Stato contraente cessano di avere effetto non appena le autorita` competenti ai sensi degli articoli da 5 a 10 hanno adottato le misure imposte dalla situazione. 3. Le misure adottate in applicazione del paragrafo 1 nei confronti di un minore che abbia la sua residenza abituale in uno Stato non contraen-
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regolamento rubricata «Disposizioni comuni» e non fa parte degli articoli che riguardano specificamente la competenza in materia di responsabilita` genitoriale cui sono dedicate invece le disposizioni della sezione 2 del capitolo II. Da questa collocazione, la Corte evince che tale articolo non puo` essere considerato una disposizione che attribuisce competenza di merito ai sensi del regolamento n. 2201/2003 e, infatti, la stessa formulazione dell’art. 20 si limita ad indicare che, in casi di urgenza, le disposizioni del regolamento «non ostano» a che le autorita` giurisdizionali di uno Stato membro adottino provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna, anche se, a norma dello stesso regolamento, e` competente a conoscere nel merito l’autorita` giurisdizionale di un altro Stato membro. 48 Cio`, del resto, trova conferma nella formulazione del sedicesimo considerando del regolamento. 49 6. La soluzione raggiunta dalla Corte, in linea con quella proposta dall’avvocato generale Sharpston, lascia spazio, a mio parere, ad alcune perplessita`. Sul piano delle argomentazioni che possono addursi a sostegno di una soluzione diversa del quesito pregiudiziale proposto, mi sembrano rilevanti almeno quattro ordini di rilievi. In primo luogo, occorre sottolineare che la soluzione accolta dalla Corte puo` determinare un pericolo per la realizzazione degli obiettivi generali perseguiti dal regolamento n. 2201/2003, che esigono, tra l’altro, che le norme dettate dallo strumento siano applicate uniformemente in tutti gli Stati membri. 50 Da un lato, infatti, vi e` il rischio che escludendo l’applicazione delle norme di cui agli articoli 21 ss. del regolamento ai provvedimenti provvisori di cui all’art. 20, risulti pregiudicata la certezza del diritto nell’ambito della circolazione di provvedimenti giudiziari nel territorio dell’Unione europea,
te cessano di avere effetto in ogni Stato contraente non appena vi sono riconosciute le misure imposte dalla situazione, adottate dalle autorita` di un altro Stato». 48 Cfr. sent. Purrucker cit., par. 60, 61 e 62. 49 «Il presente regolamento non osta a che i giudici di uno Stato membro adottino, in casi di urgenza, provvedimenti provvisori o cautelari relativi alle persone presenti in quello Stato o ai beni in esso situati». 50 Secondo un orientamento consolidato della Corte di giustizia, infatti, il procedimento di exequatur rapido e semplificato previsto dalla convenzione di Bruxelles del 1968 costituisce «un sistema autonomo e completo, indipendente rispetto ai sistemi giuridici degli Stati contraenti e che] il principio della certezza del diritto nell’ordinamento comunitario e le finalita` perseguite dalla convenzione in forza dell’art. 220 del Trattato CEE (divenuto art. 293 CE), sul quale essa si fonda, esigono che vengano applicate uniformemente in tutti gli Stati contraenti le disposizioni della convenzione e la giurisprudenza della Corte ad esse riferita» (cfr. spec. 11 agosto 1995, in causa C-432/93, SISRO, in questa Rivista, 1996, p. 380 ss., par. 39; 28 marzo 2000, in causa C-7/98, Krombach, ibidem, 2000, p. 803 ss., par. 20).
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aprendo la possibilita` a conclusioni giudiziarie diverse sul profilo del riconoscimento e dell’esecuzione dei provvedimenti cautelari stranieri e, quindi, a disparita` di trattamento all’interno dell’Unione. Dall’altro, vi e` il pericolo che sia minato il raggiungimento dell’obiettivo fondamentale del regolamento di servire il superiore interesse del minore garantendo che le decisioni siano adottate e messe in atto velocemente, al riparo da ritardi processuali derivanti dalla natura transfrontaliera della situazione. In secondo luogo, sorgono dubbi – mi pare – in ordine all’effettiva realizzazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni pronunciate negli Stati membri, stabilito dal regolamento n. 2201/2003. 51 Com’e` noto, il regolamento si basa sui principi di equivalenza delle giurisdizioni nazionali e di fiducia reciproca nella giustizia in seno all’Unione europea ed enuncia la regola per cui le decisioni emesse in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario l’espletamento di alcuna specifica procedura. Esso inoltre circoscrive al massimo i motivi di mancato riconoscimento e vieta il riesame tanto della competenza del giudice di origine quanto del merito della sua decisione. Questo livello di fiducia reciproca – essenziale per evitare i ritardi e i conflitti che altrimenti complicherebbero le cause di questo tipo – richiede peraltro che nello Stato membro di origine siano disponibili certe cautele processuali, considerato che, in linea generale, il provvedimento finale non puo` essere impugnato nello Stato membro di riconoscimento o di esecuzione. Alla luce di questo sistema, si pongono, a mio avviso, due tipi di considerazioni. Da un lato, sulla natura dell’art. 20. Dall’altro, sulla portata della nozione di decisione di cui all’art. 2 n. 4 del regolamento n. 2201/2003. Nel primo senso, occorre sottolineare che l’art. 20 rappresenta una deroga alle regole generali sulla competenza (compresa la litispendenza) contenute nel capo II del regolamento, che pertanto va interpretata in senso restrittivo e il cui impiego va limitato a casi eccezionali. Cio` non significa, tuttavia, che esso sia automaticamente una deroga anche rispetto alle norme in materia di riconoscimento ed esecuzione contenute nel capo III, dove mancano, infatti, indicazioni in un senso cosı´ restrittivo e dove, al contrario, sono fissati, in via tassativa, i motivi di diniego del riconoscimento e dell’esecuzione. Nel secondo senso, l’ampiezza della categoria delle decisioni rilevanti ai fini del regolamento e` confermata dal fatto che il regime di circolazione delle sentenze predisposto dal regolamento prescinde dalla circostanza che la competenza giurisdizionale del giudice d’origine sia stata fondata o meno sui titoli previsti dal regolamento medesimo e, infatti, esso opera anche nei
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Cfr. considerando n. 21 del regolamento n. 2201/2003.
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riguardi delle decisioni assunte sulla base delle competenze nazionali residue di cui all’art. 7 del regolamento. In terzo luogo, un ulteriore profilo di riflessione puo` venire dalla considerazione delle affinita` esistenti tra il regolamento n. 2201/2003 e il regolamento n. 44/2001 in tema di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni. La disciplina dettata dal regolamento n. 2201/2003 (e, prima, dal regolamento n. 1347/2000) si ispira palesemente a quella contenuta nel regolamento n. 44/2001 (e, prima ancora, nella convenzione di Bruxelles del 1968) e condivide con questa alcune caratteristiche; in particolare, il carattere esclusivo del regime di circolazione delle decisioni (nel senso che chi intende chiedere il riconoscimento o l’esecuzione di una sentenza straniera non puo` scegliere se avvalersi della procedura prevista dal diritto comune o di quella del regolamento), nonche´, come visto, l’estensione del regime privilegiato di circolazione anche alle decisioni cui i giudici degli Stati membri sono giunti in procedimenti fondati sulle proprie norme interne di competenza residue e non sui titoli di giurisdizione previsti dal regolamento. 52 Nessuno dei due regolamenti infine richiede la definitivita` del provvedimento pronunciato in un altro Stato membro ai fini dell’applicazione delle norme sul riconoscimento o l’esecuzione. E non c’e` dubbio che la scelta della Corte di giustizia (sentenza Denilauler) di includere anche i provvedimenti provvisori, a certe condizioni (rispetto del principio del contraddittorio), nella nozione di decisione di cui alla convenzione di Bruxelles (ora al regolamento n. 44/2001) si ispira evidentemente alla finalita` di facilitare una maggiore circolazione delle decisioni rilevanti in materia civile e commerciale cosı´ da creare un effettivo spazio giudiziario europeo. Questa premessa ci porta a riflettere sull’opportunita` della scelta della Corte di giustizia di stabilire, di fatto, una cesura tra il regolamento n. 2201/ 2003 e il regolamento n. 44/2001 sul piano del regime di riconoscimento e esecuzione dei provvedimenti cautelari esorbitanti stranieri. Ora, abbiamo visto che tale conclusione deriva per lo piu´ dal requisito del collegamento territoriale delle persone e dei beni toccati dal provvedimento provvisorio con il foro cautelare e dalle statuizioni contenute nella relazione Borra´s. Sul primo aspetto, in via generale, in ordine all’esigenza che il provvedimento provvisorio esorbitante sia adottato nei confronti di persone o beni presenti dello Stato membro del giudice adito, occorre sottolineare che la scelta di limitare espressamente l’operativita` della norma dell’art. 20 ai soli provvedimenti che presentino uno stretto collegamento territoriale con lo Stato del giudice che li adotta circoscrive il possibile problema di ricono-
52 Cfr. Mosconi, Un confronto tra la disciplina del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni straniere nei recenti regolamenti comunitari, in questa Rivista, 2001, p. 545 ss.
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scimento e di esecuzione in un altro Stato membro (non operando questo limite invece nei confronti dei provvedimenti provvisori che possono essere adottati dall’autorita` competente nel merito) ma cio` non esclude l’eventualita` che essi debbano spiegare effetti anche al di fuori del territorio nazionale. Non si puo` escludere cioe` che vi siano provvedimenti cautelari assunti su base territoriale ma con effetti anche extraterritoriali e, che pertanto, sorga l’esigenza di dare esecuzione alle misure cautelari straniere alle stesse condizioni previste dal regolamento per le decisioni di merito. Tale necessita` potrebbe, del resto, porsi in concreto, ad esempio, nel caso in cui le persone o i beni si spostino da uno Stato da un altro o nel caso di un incidente o di una malattia del minore coinvolto che rendano necessaria un’autorizzazione da parte di una persona che si trova in un altro Stato membro. Sul secondo aspetto, e` certo che l’art. 20 del regolamento n. 2201/2003, cosı´ come l’art. 12 del regolamento n. 1347/2000 da esso abrogato, riproduce la sostanza dell’art. 31 del regolamento n. 44/2001 (e prima dell’art. 24 della convenzione di Bruxelles), salvo per la circostanza, indicata nella relazione Borra´s, circa la possibilita` che i provvedimenti provvisori o cautelari previsti dall’art. 20 possano estendersi a materie non contemplate dal regolamento n. 2201/2003, con l’eccezione delle questioni relative alle obbligazioni alimentari che rimarrebbero sempre soggette al regolamento n. 44/2001, prima, e ora al regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio del 18 dicembre 2008 relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari. E` probabile che «nella Relazione esplicativa si sia voluto distinguere a seconda che i provvedimenti di urgenza consentiti dai singoli diritti nazionali siano immediatamente riconducibili alla materia inclusa nel campo di applicazione delle norme uniformi, o invece abbiano, sempre secondo il sistema processuale interessato, natura eterogenea e quindi non strettamente inerente alle materie contemplate dal Regolamento». 53 Sul senso da attribuire alle statuizioni della relazione esplicativa in ordine alle distinzioni operate in ragione della materia oggetto dai singoli provvedimenti cautelari esorbitanti, mi pare convincente l’osservazione secondo cui la precisazione della relazione per la quale la circostanza che l’art. 12 della convenzione del 1998 «si limita a stabilire effetti territoriali nello Stato in cui sono stati adottati i provvedimenti» d’urgenza «pare determinata piu´ dall’esigenza di dover escludere dal riconoscimento provvedimenti
53 Cosı´ Baruffi, I provvedimenti provvisori o cautelari nel Reg. 1347/2000, cd. ‘‘Bruxelles II’’, in Int’Lis, 2003, p. 128 ss., spec. p. 131. Il commento citato prende in esame una pronuncia della Court of Appeal, 4 febbraio 2003, Wermuth c. Wermuth, in questa Rivista, 2003, p. 271 ss.
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provvisori emessi in materie estranee all’ambito di applicazione del regolamento, che di fissare, sempre ai fini del riconoscimento, una nozione di decisione diversa da quella accolta nella convenzione di Bruxelles. ...e` percio` da ritenere che la disposizione possa essere interpretata nel senso di escludere il riconoscimento dei soli provvedimenti relativi a materie escluse dal regolamento». 54 Cio` consentirebbe di sostenere la tesi secondo cui anche i provvedimenti provvisori d’urgenza adottati a norma dell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003, concernenti la materia matrimoniale o la potesta` parentale, possono godere del regime di riconoscimento ed esecuzione dettato dal regolamento stesso, con il solo limite dei provvedimenti d’urgenza adottati sulla base dell’art. 20 ma concernenti materie escluse dal campo di applicazione materiale del regolamento e per i quali varrebbero, in base alla materia trattata, le norme sul riconoscimento del regolamento n. 44/2001 (ora del regolamento n. 4/2009) o quelle, infine, di convenzioni internazionali o del diritto comune. Di fatto, la maggior parte dei provvedimenti provvisori in materia familiare ricade nell’ambito di applicazione dell’art. 20: basti pensare ai provvedimenti, come quello di specie, relativi all’affidamento dei figli, nonche´ ai provvedimenti relativi alla regolamentazione tra i coniugi sia di questioni relative allo stato delle persone sia di rapporti giuridici patrimoniali derivanti dal vincolo matrimoniale o dal suo scioglimento. 55 In quarto luogo, mi pare opportuno riflettere su alcuni risvolti processuali connessi al riconoscimento e all’esecuzione dei provvedimenti provvisori stranieri e, in particolare, di quelli fondati sull’art. 20 del regolamento n. 2201/2003. Lo spunto per questo tipo di osservazione deriva da una recente sentenza della Cassazione resa in relazione ad una pretesa incompatibilita` tra la decisione definitiva da riconoscere e i provvedimenti provvisori adottati nello Stato membro richiesto. 56 In tale occasione, la Corte ha enunciato il principio di diritto secondo cui l’avvenuta pronuncia, in un giudizio di separazione pendente in Italia, dei provvedimenti provvisori a tutela dei figli minori non impedisce il riconoscimento dell’efficacia della sentenza definitiva di separazione precedentemente emessa in un altro Stato membro dell’Unione europea (Germania), non potendo trovare applicazione gli articoli 22 e 23 del regolamento n. 2201/2003, i quali presuppongono la coesistenza di statuizioni aventi gli stessi caratteri e la medesima natura, oltre che entrambe definitive, siano o meno a efficacia provvisoria, mentre i predetti provvedimenti, ai sensi dell’art. 20 del regolamento, sono 54
Baruffi, I provvedimenti provvisori o cautelari cit., p. 131, nota 29. Cfr. Picone, I provvedimenti temporanei urgenti in pendenza di separazione e divorzio nel diritto internazionale privato e processuale italiano, in Riv. dir. int., 1994, p. 365; Id., Misure provvisorie in materia familiare e diritto internazionale privato, in La riforma del diritto internazionale privato, Padova, 1998, p. 583. 56 Cass., 16 ottobre 2009 n. 22093, in questa Rivista, 2010, p. 463 ss. 55
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destinati a perdere vigore allorche´ l’autorita` giurisdizionale competente a conoscere del merito della causa abbia adottato i provvedimenti appropriati in via definitiva. La Cassazione ha escluso quindi la comparabilita` di una decisione tedesca definitiva con una sentenza italiana di separazione non definitiva e con i provvedimenti provvisori emessi nel processo di separazione italiano. Nello stabilire la non incompatibilita` tra i provvedimenti in rilievo ai sensi degli artt. 22 e 23 del regolamento, la Suprema Corte ha precisato che il motivo di diniego del riconoscimento e dell’esecuzione relativo al contrasto tra decisioni previsto dalle due suddette disposizioni (art. 23 lett. e e art. 22 lett. c) «presuppone statuizioni da comparare con gli stessi caratteri e della medesima natura, oltre che entrambe definitive, siano o meno a stabilita` provvisoria, come di regola sono tutte le sentenze pronunciate in diritto di famiglia e relative a figli minori, che producono effetti allo stato degli atti e sono di regola tutte successivamente modificabili per eventi sopravvenuti». 57 Questa statuizione potrebbe lasciar intendere che la Corte di Cassazione, implicitamente, include nel novero delle decisioni rilevanti ai fini del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni del regolamento n. 2201/2003 anche i provvedimenti interlocutori. Cio` lascerebbe spazio ad un’interpretazione estensiva del regime di riconoscimento regolamentare anche ai provvedimenti provvisori d’urgenza, visto, peraltro, che il solo motivo addotto nella sentenza per non applicare gli articoli 22 e 23 del regolamento e` la differente natura dei provvedimenti in preteso contrasto e non il fatto che uno di questi fosse qualificabile come provvedimento d’urgenza ex art. 20 del regolamento. L’ipotesi – appena prospettata – di contrasto, in sede di riconoscimento o exequatur tra due provvedimenti cautelari adottati in materia familiare rievoca, per certi aspetti, la questione sollevata qualche anno fa dinanzi alla Corte di giustizia nella causa Italian Leather, ove la Corte ha ritenuto applicabile l’art. 27 n. 3 della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 anche quando le decisioni tra loro in contrasto siano provvedimenti provvisori o cautelari, negando cosı´ l’esecuzione all’estero di un provvedimento cautelare emesso dal giudice competente per il merito in quanto incompatibile con la precedente decisione (di rigetto della domanda di un provvedimento inibitorio ex art. 24 della convenzione) emanata nel foro dello Stato membro richiesto. 58 57
Cass., n. 22093/2009 cit., par. 2.3. Il corsivo e` aggiunto. Cfr. sent. Italian Leather cit. Si trattava allora di stabilire se fosse ammissibile l’esecuzione in Germania di un provvedimento cautelare rilasciato dal giudice italiano competente per il merito, nonostante il giudice tedesco, foro esorbitante a norma dell’art. 24 della convenzione, avesse in precedenza rifiutato il rilascio di un provvedimento analogo. La sentenza e` stata oggetto di critiche da parte della dottrina, soprattutto in ordine alla circostanza che, nel caso di specie, il contrasto tra decisioni era stato riconosciuto non gia` tra due provvedi58
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Anche sul piano degli effetti derivanti dalla soluzione della Corte di giustizia, possono formularsi alcune osservazioni. La Corte di giustizia, nell’escludere i provvedimenti provvisori di cui all’art. 20 del regolamento Bruxelles II-bis dal regime di riconoscimento ed esecuzione ex articoli 21 ss. del regolamento, ha sottolineato che cio` non impedisce comunque ai provvedimenti rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 20 del regolamento di essere riconosciuti ed eseguiti in Stati diversi da quello d’origine. A tal fine, restano in ogni caso applicabili le norme sul riconoscimento e sull’esecuzione contenute in altri strumenti internazionali – come ad esempio, la convenzione del Consiglio d’Europa sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell’affidamento conclusa a Lussemburgo il 20 maggio 1980 (ratificata attualmente da tutti gli Stati membri tranne la Slovenia) o la convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996 – o nelle normative nazionali. Se guardiamo alle possibili convenzioni internazionali interessate, notiamo una chiara divergenza tra le discipline del riconoscimento dei provvedimenti provvisori (tra cui quelli d’urgenza): la convenzione di diritto internazionale privato de L’Aja, per regolare la tutela dei minori, del 12 giugno 1902 nulla disponeva riguardo al riconoscimento o all’esecuzione di misure provvisorie in un altro Stato. 59 La convenzione del 1961 esclude l’applicazione delle norme sul riconoscimento ai provvedimenti provvisori d’urgenza, 60 mentre la convenzione dell’Aja del 1996 regola agli artt. 23-28 il riconoscimento e l’esecuzione in termini ampi. 61 La menti inibitori cautelari di contenuto opposto ma tra una decisione di accoglimento e una di rigetto della medesima domanda cautelare: cfr. Consolo, Merlin, Conflitto fra provvedimenti sommari-cautelari e diniego di riconoscimento: la Italian Leather segna una forzatura, in Int’Lis, 2002, p. 110 ss.; Biagioni, Interferenze tra provvedimenti provvisori o cautelari e decisioni di merito nella Convenzione di Bruxelles, in Riv. dir. int., 2002, p. 713 ss. 59 Essa e` stata resa esecutiva in Italia con l. 7 settembre 1905 n. 523. Per quel che riguarda la competenza in materia di tutela, la convenzione del 1902 in sostanza attribuiva tale competenza alle autorita` del Paese del minore. Tuttavia, l’art. 7 stabiliva che, in pendenza di una decisione sulla tutela, e in tutti i casi di urgenza, le autorita` locali avrebbero potuto adottare ogni misura necessaria per la protezione della persona o degli interessi di un minore straniero; essa tuttavia non disponeva nulla riguardo al riconoscimento o all’esecuzione di misure di questo tipo in un altro Stato. 60 Convenzione concernente la competenza delle autorita` e la legge applicabile in materia di protezione dei minori, L’Aja, 5 ottobre 1961 (resa esecutiva con l. 24 ottobre 1980 n. 742). Ai sensi dell’art. 7 tutte queste misure debbono essere riconosciute in tutti gli Stati contraenti ma, nei casi in cui sia domandata l’esecuzione in un altro Stato, il riconoscimento e l’esecuzione saranno regolati o dal diritto interno del paese in cui l’esecuzione viene richiesta, o dalle convenzioni internazionali applicabili. L’art. 9, al quale peraltro non si applicano le norme sul riconoscimento e l’esecuzione reciproci di cui all’art. 7, stabilisce che, in tutti i casi di urgenza, l’autorita` di un qualsiasi Stato contraente nel quale il minore si trovi o possegga dei beni puo` adottare tutte le misure di protezione necessarie. 61 Ai sensi dell’art. 11 della convezione, in casi di urgenza, le autorita` di uno Stato con-
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convenzione europea del 1980, infine, non contiene alcuna disposizione in materia di competenza ma detta un principio generale di riconoscimento e di esecuzione reciproca delle decisioni in tema di affidamento pronunciate in uno Stato contraente, soggetto a deroghe analoghe a quelle previste dall’art. 23 del regolamento ma piu´ ampie di quest’ultime. Non viene peraltro fatta alcuna distinzione tra misure che abbiano o meno carattere provvisorio o urgente. La convenzione inoltre stabilisce un quadro processuale generale per l’ottenimento del riconoscimento e dell’esecuzione, meno dettagliato pero` rispetto a quello del regolamento (artt. 13-16). 62 Anche alla luce delle precedenti considerazioni, e` possibile affermare che la scelta di escludere i provvedimenti provvisori di cui all’art. 20 del regolamento in esame dal sistema di riconoscimento e esecuzione finisce per confinare tali misure in una sorta di «limbo» giuridico, da cui e` possibile che derivino, in concreto, trattamenti deteriori rispetto a quello scaturente dagli articoli 21 ss. del regolamento alle decisioni, interlocutorie o definitive, che siano adottate dal giudice competente nel merito in forza delle norme di competenza del regolamento o delle norme di competenza interna residua degli Stati membri. In particolare, questa soluzione espone i soli provvedimenti provvisori di cui all’art. 20 ad un regime diversificato di riconoscimento e di esecuzione da uno Stato membro all’altro, salvo il caso di norme convenzionali uniformi applicabili. Di fatto, questo esito potrebbe rendere problematica, se non impossibile, l’efficacia di tali provvedimenti al di fuori dello Stato territoriale di appartenenza, atteso che le normative interne dei singoli Stati possono limitare il riconoscimento o l’esecuzione ai soli provvedimenti definitivi, dotati di autorita` di cosa giudicata, come, ad esempio, prescrive l’art. 64 lett. d della legge n. 218/1995, che impedisce l’esecuzione in Italia di provvetraente nel cui territorio si trovi il minore o si trovino i suoi beni sono competenti a adottare le misure di protezione necessarie. Inoltre, ai sensi dell’art. 12 della stessa convenzione, le autorita` di uno Stato contraente in cui il minore si trovi (non per ragioni di trasferimento o di mancato rientro illeciti) o abbia dei beni possono adottare misure cautelari provvisorie aventi un effetto territoriale limitato allo Stato di cui trattasi. Gli artt. 23-28 prevedono il riconoscimento e l’esecuzione in base a principi analoghi a quelli contenuti nelle disposizioni del regolamento, anche se in termini piu´ generali. Sebbene la convenzione dell’Aja del 1996 preveda il riconoscimento e l’esecuzione dei provvedimenti disposti ai sensi del suo art. 11, occorre rammentare che le norme stabilite da tale convenzione, nello specifico il suo art. 23 n. 2 lett. a, relativo al riconoscimento, ed il suo art. 26 n. 3, relativo all’esecuzione, che rinvia al suddetto art. 23 n. 2, consentono il riesame della competenza giurisdizionale internazionale del giudice che ha disposto il provvedimento. Cosı´ non e` nel sistema di riconoscimento e di esecuzione istituito dal regolamento n. 2201/2003, poiche´ l’art. 24 di questo vieta il riesame della competenza giurisdizionale dello Stato membro d’origine. 62 Convenzione europea sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell’affidamento, firmata a Lussemburgo il 20 maggio 1980 (resa esecutiva con l. 15 gennaio 1994 n. 64).
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dimenti cautelari stranieri. 63 E` auspicabile che, per lo meno nella materia familiare, questa rigida impostazione venga in futuro riconsiderata alla luce soprattutto della natura e dell’essenza del diritto di famiglia, ove e` necessario modificare le decisioni di merito in tema di responsabilita` genitoriale a mano a mano che i minori crescono e che le circostanze di fatto mutano. Non esiste, in verita`, una decisione in questa materia che possa giudicarsi definitiva in senso assoluto; peraltro, tutte le decisioni in tema di responsabilita` genitoriale producono i loro effetti soltanto per un limitato periodo di tempo, poiche´ necessariamente decadono allorche´ il minore raggiunge la maggiore eta`. In conclusione, possiamo ritenere che il rischio concreto di una soluzione quale quella accolta dalla Corte di giustizia nella sentenza Purrucker e` di generare incertezza giuridica in un settore gia` per sua natura complesso, vista anche l’eterogeneita` di natura e di effetti dei provvedimenti provvisori potenzialmente coinvolti. Tanto piu´ che proprio l’urgenza di questi ultimi di produrre effetti puo` essere ostacolata dall’individuazione della disciplina applicabile per il riconoscimento e l’esecuzione degli stessi, determinando un esito incompatibile con gli obiettivi generali perseguiti dal regolamento n. 2201/2003. Il rischio prospettato e` particolarmente temibile soprattutto in relazione alla delicatezza degli interessi coinvolti, in particolare, in materia di responsabilita` genitoriale. La Corte di giustizia ha cercato di limitare il rischio insito nella soluzione fornita alla questione pregiudiziale, richiamandosi anche al fatto che il regolamento Bruxelles II-bis – a differenza della convenzione di Bruxelles e del regolamento n. 44/2001 – prevede specificamente un meccanismo agevolato di comunicazione tra le autorita` centrali degli Stati membri interessati in materia di responsabilita` genitoriale (artt. 53-58). Tale cooperazione tra giudici prevede in particolare che le autorita` centrali designate da ciascuno Stato dell’Unione, in quanto facenti parte della Rete giudiziaria europea istituita con la decisione del Consiglio n. 2001/470/CE, 64 svolgano una funzione generale di informazione e di coordinamento (soprattutto, in
63 Cfr. in proposito, Cass., 9 gennaio 2004 n. 115, in questa Rivista, 2004, p. 1377 ss., ove la Corte di Cassazione ha negato l’exequatur a due orders resi dal giudice di Hong Kong, in tema di assegno di mantenimento e di affidamento dei figli (c.d. ancillary reliefs in matrimonial proceedings), a seguito di una pronuncia di divorzio, in quanto interlocutory orders idonei cioe` a risolvere provvisoriamente una situazione contingente. Si veda in proposito il commento di Savarese, Sul riconoscimento di provvedimenti provvisori stranieri in materia familiare, in questa Rivista, 2005, p. 723 ss., il quale critica la soluzione della Cassazione ritenendo che sarebbe stato possibile invece prospettare, con specifico riguardo ai provvedimenti provvisori in materia familiare, una soluzione favorevole al loro riconoscimento, motivata, da un lato, dalla struttura e dalla funzione degli stessi, volti a tutelare gli interessi della famiglia nelle forme piu´ eque e flessibili; dall’altro, da alcuni aspetti di diritto internazionale privato e processuale dei provvedimenti d’urgenza in materia familiare (v. pp. 733-735). 64 In Gazz. Uff. Com. eur., n. L 174 del 27 giugno 2001.
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materia di mediazione familiare) e siano in grado di collaborare in casi specifici. Tale collaborazione puo` assumere certamente importanza in caso di dubbio da parte del giudice dello Stato richiesto, riguardo al fondamento della competenza del giudice d’origine, al fine di cercare di accertare il titolo normativo della competenza, e quindi, se del caso, ricondurlo ad una norma sulla competenza nel merito del regolamento o all’art. 20 dello stesso, ma non sembra in grado di assicurare particolari benefici sul piano del riconoscimento o dell’esecuzione in relazione a provvedimenti cautelari esorbitanti fondati sull’art. 20.
GIURISPRUDENZA ITALIANA
Corte Costituzionale, sentenza 18 febbraio 2010 n. 51 Presidente, De Siervo - Consigliere Rel., Tesauro Nel giudizio di legittimita` costituzionale promosso dal Console d’Italia a Spalato, in funzione di giudice tutelare nel procedimento relativo a P.A.; con l’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri (avv. dello Stato).
E` infondata la questione di legittimita` costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 32 Cost., dell’art. 34 del d.p.r. 5 gennaio 1967 n. 200 sulle funzioni e sui poteri consolari, nella parte in cui non prevede espressamente il potere dei consoli di procedere alla nomina di un amministratore di sostegno per i cittadini italiani residenti all’estero. Ritenuto in fatto. 1. Con ordinanza del 27 aprile 2009, il Console d’Italia di Spalato ha sollevato questione di legittimita` costituzionale dell’art. 34 del d.p.r. 5 gennaio 1967 n. 200 (Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari), in relazione agli artt. 3, 24, 25 e 32 della Costituzione. 2. Il rimettente, premette che la Signora S.K., cittadina italiana, ha avanzato istanza al Console d’Italia a Spalato affinche´, nella sua qualita` di giudice tutelare, nomini un amministratore di sostegno che possa assistere nell’ordinaria amministrazione il marito sig. P.A., recentemente trasferitosi in Croazia per stare vicino alla moglie e alla figlia. La richiedente ha precisato che il marito non e` autosufficiente e che tale circostanza era stata accertata dal Tribunale di Cagliari, il quale, nell’ambito di un procedimento di interdizione, su proposta del pubblico ministero, aveva ritenuto sufficiente la nomina di un amministratore di sostegno, nomina poi effettuata dal Giudice tutelare. Secondo l’istante, l’amministratore di sostegno, in quanto residente in Sardegna, non potrebbe pero` svolgere proficuamente il proprio compito, poiche´ il marito si e` trasferito in Croazia, quindi ha «necessita` di una tutela» in detto Paese, tutela che «potrebbe concretizzarsi con la nomina di un nuovo amministratore di sostegno stabilmente residente in detto Paese». 2.1. Posta detta premessa, il rimettente deduce che l’istanza sarebbe riconducibile all’art. 34 del d.p.r. n. 200 del 1967, il quale stabilisce che «il capo di ufficio consolare di prima categoria esercita nei confronti dei cittadini minorenni, interdetti, emancipati e inabilitati residenti nella circoscrizione le funzioni ed i poteri, in materia di tutela, di curatela, di assistenza pubblica e privata nonche´ di affiliazione, che le leggi dello Stato attribuiscono al giudice tutelare». La lettera della norma attribuisce, tuttavia, detta competenza soltanto in riferimento ai minorenni, agli interdetti, agli emancipati ed agli inabilitati e non prevede che il console possa esercitare le funzioni di giudice tutelare nei confronti della «persona che, per effetto di una infermita` ovvero di una menomazione fisica o
Rivista di Diritto Internazionale Privato e Processuale – N. 1-2011
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psichica, si trova nella impossibilita`, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi», e cioe` che possa procedere alla nomina di un amministratore di sostegno, ai sensi dell’art. 404 cod. civ., nel testo novellato dalla l. 9 gennaio 2004, n. 6 (Introduzione nel libro primo, titolo XII cod. civ. del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli artt. 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 cod. civ. in materia di interdizioni e di inabilitazione, nonche´ relative norme di attuazione, di coordinamento e finali). Secondo il rimettente, siffatta omissione sarebbe irragionevole, in quanto non prevede l’esercizio da parte del console delle funzioni di giudice tutelare in favore del cittadino italiano che versa in una situazione intermedia tra l’inabilitato e l’interdetto. In particolare, l’art. 34 del d.p.r. n. 200 del 1967, nella parte in cui non attribuisce al console il potere di nominare un amministratore di sostegno, violerebbe l’art. 3 Cost., poiche´ «solo ad alcuni cittadini italiani all’estero bisognevoli di tutela – ovverossia [a] quelli che rientrano nella fattispecie di cui all’art. 404 cod. civ. – non permette di rivolgersi al console in qualita` di giudice tutelare». In ogni caso, anche qualora «tale possibilita` fosse comunque desumibile in modo interpretativo», la norma sarebbe irragionevole, poiche´ «non consente al console, in qualita` di giudice tutelare, di intervenire nei loro confronti con la nomina di un amministratore di sostegno, non permettendo cosı´ agli stessi di usufruire di tale istituto», con la conseguenza che essi «dovrebbero utilizzare il procedimento per ottenere l’inabilitazione e la successiva nomina di un curatore da parte del console come giudice tutelare». La norma censurata violerebbe, altresı`, l’art. 24 Cost., dato che non permetterebbe ai cittadini italiani all’estero che rientrano nella fattispecie dell’art. 404 cod. civ., «di agire agevolmente in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, davanti al console in qualita` di giudice tutelare per ottenere la nomina di un amministratore di sostegno», risultando palese, esemplificativamente, la «difficolta` di un ricorso al giudice tutelare in Italia da parte di un cittadino» che si trovi all’estero in una localita` ubicata in un continente diverso dall’Europa. Sotto un ulteriore profilo, il citato art. 34 violerebbe l’art. 25 Cost., poiche´ «distoglie dal giudice naturale precostituito per legge alcuni cittadini italiani all’estero bisognevoli di tutela – ovverossia quelli che rientrano nella fattispecie di cui all’art. 404 cod. civ. – ove lo stesso giudice e` invece chiaramente individuato nel console per altri cittadini italiani all’estero bisognevoli di tutela e rientranti nelle categorie dei minori, degli emancipati, degli inabilitati e degli interdetti», determinando una disparita` di trattamento e difficolta` in danno di una categoria di cittadini italiani che si trovano all’estero. Infine, il rimettente deduce che la norma censurata violerebbe anche l’art. 32 Cost., in quanto il cittadino italiano per il quale e` stata chiesta la nomina dell’amministratore di sostegno vedrebbe leso il proprio «diritto alla salute, date le sue personali precarie condizioni mentali e di capacita` di autogestione». A suo avviso, il citato art. 34 sarebbe quindi costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui non prevede, «nell’ambito della competenza del console in qualita` di giudice tutelare per i casi bisognevoli di una forma di tutela – la possibilita` per lo stesso console di servirsi dello strumento di nomina di un amministratore di sostegno anche per tutelare i soggetti» ai quali sarebbe applicabile l’art. 404 cod. civ., «e
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che, ovviamente, non siano stati dichiarati interdetti o inabilitati dal tribunale italiano». 2.2. Il Console di Spalato deduce di avere anche «accertato prima la necessita` di tutela» ed «esaminato poi la possibilita` di addivenire in via interpretativa alla soluzione del problema in questione». A suo avviso, la possibilita` di nominare un amministratore di sostegno, in virtu` della considerazione che «la competenza generale di tutela di cui all’art. 34» del d.p.r. n. 200 del 1967 «assorbe, ratione materiae, anche quello dello stadio di infermita` di natura parziale e/o temporanea come nel caso sottoposto» sarebbe, tuttavia, preclusa dalla circostanza che cio` avrebbe comportato «un conflitto di competenza con il giudice tutelare in Italia, difficilmente risolvibile in via interpretativa», stante la mancata previsione di un tale potere in detta norma. Inoltre, la eventuale nomina di un curatore provvisorio avrebbe comportato la richiesta di apertura di un procedimento di inabilitazione, quindi l’inizio di un procedimento piu` invasivo rispetto all’amministrazione di sostegno che il Tribunale di Cagliari ha gia` ritenuto sufficiente, escludendo la sussistenza dei presupposti per pronunciare l’interdizione o l’inabilitazione. Secondo il Console, la questione sarebbe rilevante, poiche´ l’istanza non potrebbe essere decisa, senza la previa risoluzione dell’incidente di costituzionalita`, dal momento che «solo la trasposizione nel caso concreto del giudizio di legittimita` costituzionale» gli permettera` «di decidere se potra` o meno definire la questione decretando la nomina di un amministratore di sostegno». 2.3. Il rimettente, nel dispositivo dell’ordinanza di rimessione, espone, infine, di ritenere «necessaria e improcrastinabile la tutela» della parte ed ha fatto percio` ricorso «in via eccezionale alla norma speciale ed eccezionale costituita dall’art. 61 del d.p.r. n. 200 del 1967. Pertanto, visto anche l’art. 34 e l’art. 62 del d.p.r. n. 200 del 1967, ha provveduto ad emanare un provvedimento urgente temporaneo, ricorrendo agli artt. 361 e 424 cod. civ., nominando la moglie S.K. curatore provvisorio del marito A.P., senza avvio del procedimento di inabilitazione». Il Console precisa di avere adottato questa soluzione, tenendo conto che «in numerose sentenze la stessa Corte Costituzionale si e` espressa nel senso che il giudice, nell’operare la ricognizione del contenuto normativo della disposizione, deve sempre e costantemente essere guidato dall’esigenza di rispetto dei precetti costituzionali e quindi, ove un’interpretazione appaia confliggente con alcuno di essi, e` tenuto, soprattutto in mancanza di diritto vivente, ad adottare letture alternative maggiormente aderenti al parametro costituzionale altrimenti vulnerato» (nell’ordinanza e` richiamata la sentenza n. 149 del 1994). 3. Nel giudizio e` intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata. La difesa erariale deduce che, secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 13584 del 2006), l’amministrazione di sostegno costituisce, nell’ambito delle misure di protezione delle persone prive, in tutto o in parte, di autonomia, quella meno invasiva, poiche´ puo` essere prevista solo per il compimento di determinati atti, mentre il tutore ed il curatore si sostituiscono, sebbene con diversa intensita`, al soggetto tutelato. Pertanto, benche´ al console non sia consentita la pronuncia dell’interdizione, una interpretazione costituzionalmente orientata della norma censurata renderebbe
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possibile ritenere che egli possa invece procedere alla nomina dell’amministratore di sostegno, in virtu` di una esegesi consentita dalla circostanza che l’art. 34 del d.p.r. n. 200 del 1967 contiene un rinvio ampio a tutte le funzioni attribuite al giudice tutelare, quindi, anche a quelle in tema di amministrazione di sostegno. La diversa conclusione sostenuta dal rimettente non sarebbe corretta, in quanto affidata alla considerazione che essa comporterebbe un conflitto di competenza con il giudice tutelare, svolta senza tenere conto che l’art. 413, primo e terzo comma cod. civ. prevede la revoca dell’amministrazione di sostegno, qualora sussistano i presupposti per disporne la cessazione, ovvero se essa si riveli inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario. La fattispecie sottoposta all’esame del console sarebbe riconducibile a dette ipotesi, poiche´ il provvedimento e` stato chiesto in favore di un cittadino italiano che ha trasferito la propria residenza in Croazia, quindi, non e` piu` nelle condizioni di avvalersi dell’amministratore di sostegno nominato in Italia. D’altronde, la Corte di Cassazione ha anche affermato che la competenza a nominare l’amministratore di sostegno spetta al giudice tutelare del luogo in cui la persona interessata ha la residenza o il domicilio e che all’amministrazione di sostegno non e` applicabile l’art. 343, secondo comma cod. civ., il quale disciplina il trasferimento della tutela. Pertanto, nella specie neppure sarebbe ipotizzabile un conflitto di competenza, poiche´, come si evince dall’art. 404 cod. civ., la competenza a nominare l’amministratore di sostegno spetta esclusivamente al giudice del luogo in cui l’interessato ha trasferito la propria residenza o il proprio domicilio. Considerato in diritto. 1. Il Console d’Italia di Spalato, nella sua qualita` di giudice tutelare e nell’ambito di un procedimento relativo alla nomina di un amministratore di sostegno, dubita della legittimita` costituzionale dell’art. 34 del d.p.r. 5 gennaio 1967 n. 200 (Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari), nella parte in cui stabilisce che il capo di ufficio consolare di prima categoria esercita nei confronti dei cittadini minorenni, interdetti, emancipati e inabilitati residenti nella circoscrizione le funzioni ed i poteri, in materia di tutela, di curatela, di assistenza pubblica e privata nonche´ di affiliazione, che le leggi dello Stato attribuiscono al giudice tutelare, ma non prevede che egli possa «servirsi dello strumento di nomina di un amministratore di sostegno». A suo avviso, la norma censurata violerebbe l’art. 3 Cost. in quanto non permette ai cittadini italiani all’estero, che potrebbero avvalersi dell’amministrazione di sostegno, di rivolgersi al console in qualita` di giudice tutelare e, comunque, qualora «tale possibilita` fosse... desumibile in modo interpretativo», non ragionevolmente, «non consente al console, in qualita` di giudice tutelare, di intervenire nei loro confronti con la nomina di un amministratore di sostegno, non permettendo cosı´ agli stessi di usufruire di tale istituto», con la conseguenza che essi «dovrebbero utilizzare il procedimento per ottenere l’inabilitazione e la successiva nomina di un curatore da parte del console come giudice tutelare». La disposizione in esame si porrebbe, poi, in contrasto con l’art. 24 Cost., dato che non permetterebbe ai cittadini italiani all’estero bisognevoli di tutela, i quali potrebbero fruire dell’amministrazione di sostegno, di agire agevolmente in giudizio per la tutela dei propri diritti, davanti al console in qualita` di giudice tutelare per ottenere la nomina di un amministratore di sostegno, essendo palese la «difficolta` di
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un ricorso al giudice tutelare in Italia da parte di un cittadino» che si trovi all’estero in una localita` ubicata in un continente diverso dall’Europa. Sussisterebbe, inoltre, la violazione dell’art. 25 Cost., poiche´ alcuni cittadini italiani residenti all’estero ed abbisognevoli di tutela sarebbero distolti dal giudice naturale; nonche´ dell’art. 32 Cost., in quanto il cittadino italiano per il quale e` stata chiesta la nomina dell’amministratore di sostegno vedrebbe leso il proprio «diritto alla salute, date le sue personali precarie condizioni mentali e di capacita` di autogestione». 2. La questione non e` fondata. 3. Il rimettente ha richiesto alla Corte la dichiarazione di illegittimita` costituzionale della norma censurata nella parte in cui non prevede che egli possa «servirsi dello strumento di nomina di un amministratore di sostegno». Nel far cio`, il giudice a quo ha proceduto anche a verificare la possibilita` di desumere il relativo potere dalla norma, in via interpretativa, e, da un canto, ha ritenuto ammissibile una siffatta esegesi; dall’altro, e` giunto a negare la praticabilita` di tale soluzione esclusivamente per la considerazione che cio` determinerebbe «un conflitto di competenza con il giudice tutelare in Italia, difficilmente risolvibile in via interpretativa». In ordine a tali considerazioni, va ricordato che questa Corte ha affermato che «la complessiva disciplina inserita dalla l. 9 gennaio 2004 n. 6 (Introduzione nel libro primo, titolo XII cod. civ. del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli artt. 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 cod. civ. in materia di interdizioni e di inabilitazione, nonche´ relative norme di attuazione, di coordinamento e finali), sulle preesistenti norme del codice civile affida al giudice il compito di individuare l’istituto che, da un lato, garantisca all’incapace la tutela piu` adeguata alla fattispecie e, dall’altro, limiti nella minore misura possibile la sua capacita`; e consente, ove la scelta cada sull’amministrazione di sostegno, che l’ambito dei poteri dell’amministratore sia puntualmente correlato alle caratteristiche del caso concreto. Solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all’incapace siffatta protezione, il giudice puo` ricorrere alle ben piu` invasive misure dell’inabilitazione o dell’interdizione, che attribuiscono uno status di incapacita`, estesa per l’inabilitato agli atti di straordinaria amministrazione e per l’interdetto anche a quelli di amministrazione ordinaria» (sentenza n. 440 del 2005). Ricostruito in tal modo il complesso normativo inscindibile, derivato dalle modifiche della citata legge n. 6 del 2004, deve ritenersi che l’ampia portata precettiva dell’art. 34 del d.p.r. n. 200 del 1967, oggi censurato, non risulta di ostacolo ad un’esegesi che tenga conto anche del mutato quadro normativo, il quale offre a chi si trovi nella impossibilita`, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacita` di agire. In questo senso la disposizione in esame, riconducendo al potere giurisdizionale del console, con clausola di chiusura, anche «le funzioni ed i poteri» – cosı´ testualmente, in materia di «assistenza pubblica e privata» – sembra consentire agevolmente, in virtu` di un’interpretazione evolutiva, di comprendere fra le funzioni attribuite quelle relative ad un istituto piu` idoneo e flessibile quale l’amministrazione di sostegno. La giurisprudenza di legittimita` ha, peraltro, in proposito precisato che rispetto agli istituti della tutela e della curatela l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non gia` al diverso, e meno intenso, grado di infermita` o di impossibilita` di attendere ai propri interessi del soggetto carente di
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autonomia, quanto piuttosto «alla maggiore idoneita` di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilita` ed alla maggiore agilita` della relativa procedura applicativa» (Cass., 12 giugno 2006 n. 13584). Cio` posto, occorre ora verificare se quanto prospettato dal rimettente in ordine al possibile determinarsi di un conflitto di competenza non risolvibile in via interpretativa sia effettivamente di ostacolo a praticare l’interpretazione costituzionalmente orientata della norma. La situazione in esame riguarda l’eventuale problema della competenza fra il giudice tutelare che ha disposto l’amministrazione di sostegno in atto ed il console, in funzione di giudice tutelare, che intende disporne la sostituzione. Una simile situazione ben potrebbe determinarsi fra giudici tutelari nel territorio nazionale, la qual cosa non induce a ritenere non praticabile la sostituzione dell’amministratore di sostegno da parte del giudice tutelare territorialmente competente. Anzi, pacificamente e` riconosciuto che la competenza a nominare l’amministratore di sostegno spetti al giudice tutelare del luogo in cui la persona interessata ha la residenza. Deve quindi concludersi che l’ipotetica possibilita` di un conflitto di competenza fra il console ed il giudice tutelare potrebbe semmai presentarsi come un mero inconveniente di fatto, peraltro risolvibile con l’ordinario procedimento per conflitto di competenza, ma non come un ostacolo giuridicamente rilevante all’interpretazione costituzionalmente orientata, come invece erroneamente ritenuto dal rimettente. P.Q.M., la Corte Costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimita` costituzionale dell’art. 34 del d.p.r. 5 gennaio 1967 n. 200 (Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari), in relazione agli artt. 3, 24, 25 e 32 Cost., con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Tribunale di Belluno, sentenza 6 marzo 2009 Presidente rel., Giacomelli - P.M. (concl. conf.) R.N. (avv. Azzalini, Alpagotti) contro R.S.L. (avv. Larese).
Ai sensi dell’art. 3 par. 1 lett. a del regolamento (CE) n. 2201/2003 del 27 novembre 2003, sussiste la giurisdizione italiana su una domanda di divorzio presentata congiuntamente da due coniugi indiani residenti abitualmente in Italia. La legge applicabile allo scioglimento del matrimonio di coniugi cittadini di uno Stato con ordinamento plurilegislativo su base personale deve essere determinata secondo il combinato disposto degli artt. 31 e 18 della legge 31 maggio 1995 n. 218; in particolare, quando il divorzio sia chiesto congiuntamente da due coniugi indiani di fede indu´, il giudice italiano deve dichiarare l’immediata cessazione degli effetti civili del matrimonio secondo quanto disposto dalle regole di soluzione dei conflitti di legge interpersonali previste nell’ordinamento indiano e contenute nell’-
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Hindu Marriage Act del 18 maggio 1955, applicabile a chi abbia contratto un matrimonio induista, pur se lo abbia trascritto solo nel relativo registro in India e non vi sia una precedente sentenza di separazione, essendo sufficiente l’allegazione dell’impossibilita` di ricostituire la comunione ai fini di escludere il contrasto con l’ordine pubblico ai sensi dell’art. 16 della suddetta legge n. 218/1995. 1* Svolgimento del processo. Con ricorso depositato in data 16 aprile 2008 R.N., cittadina indiana, nata a Siyar (India) il (omissis), e residente in Santa Giustina (Belluno), esponeva di essere residente in Italia dal marzo 2001 in forza di regolari titoli di soggiorno, essendovi giunta a seguito di domanda di ricongiungimento formulata in suo favore, ed in favore dei figli, dal marito R.S.L., con il quale aveva contratto matrimonio il giorno (omissis) in Jalandhar (Stato del Punjab - India). Lamentando di essere stata trattata con crudelta` dal coniuge, la ricorrente chiedeva fosse dichiarato lo scioglimento del matrimonio ai sensi dell’art. 13 comma 1 dell’Hindu Marriage Act, con affidamento del figlio minore R.A.K. in via esclusiva alla madre, ponendo a carico del convenuto l’onere di corrispondere un assegno di mantenimento mensile di euro... in favore della ricorrente e di euro... in favore del figlio minore, e con assegnazione alla ricorrente della casa familiare, oggetto di sequestro conservativo autorizzato con ordinanza del 20 marzo 2008. Con comparsa depositata in data 16 giugno 2008 si costituiva il convenuto, deducendo di aver raggiunto un’intesa che prevedeva la richiesta congiunta della dichiarazione di scioglimento del matrimonio alle condizioni concordate tra i coniugi. All’udienza presidenziale del 26 giugno 2008 comparivano entrambe le parti, dichiarando di voler divorziare consensualmente, ed il Presidente del Tribunale le rimetteva davanti al Tribunale in camera di consiglio. All’udienza del 10 luglio 2008 i coniugi, sentiti in camera di consiglio, confermavano la richiesta di scioglimento del matrimonio alle condizioni esposte all’udienza del 26 giugno 2008, ed il Tribunale si riservava la decisione, disponendo la trasmissione degli atti al pubblico ministero per la formulazione delle conclusioni. In data 15 luglio 2008 il pubblico ministero concludeva per l’accoglimento della domanda. Motivi della decisione. 1. R.N., nata a Siyar (India) il (omissis), e R.S.L., nato a Dakoha (India) il (omissis), cittadini indiani, residenti in Italia nel Comune di Santa Giustina (Belluno), hanno dedotto di aver contratto matrimonio il giorno (omissis) in Jalandhar (Stato del Punjab - India), trascritto nel registro dei matrimoni induisti di Jalandhar il 23 giugno 1998 (omissis) ed hanno chiesto congiunta* Si veda in materia l’articolo della prof. Ricci a p. 55 ss. di questo fascicolo della Rivista. Tra le sentenze citate in motivazione possono leggersi in questa Rivista: Cass., 25 luglio 2006 n. 16978, ivi, 2007, p. 432 ss.; s.u., 28 ottobre 1985 n. 5292, ivi, 1987, p. 92 ss.; Corte di giustizia, 29 novembre 2007, in causa C-68/07, ivi, 2008, p. 570 ss.
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mente la pronuncia del divorzio, ai sensi dell’art. 13-B comma 1 («divorce by mutual consent»), dell’Hindu Marriage Act. Sebbene la domanda sia proposta da coniugi che non sono cittadini italiani e che hanno contratto matrimonio nel Paese d’origine, deve essere innanzitutto affermata la giurisdizione del giudice italiano in forza del regolamento (CE) del Consiglio n. 2201/2003 del 27 novembre 2003 «relativo alla competenza, al riconoscimento ed all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilita` genitoriale», che trova applicazione a prescindere dalla cittadinanza europea delle parti (ed indipendentemente dalle norme sulla giurisdizione previste dal diritto nazionale, come l’art. 32 della l. 31 maggio 1995 n. 218, le quali restano applicabili soltanto in via residuale, ai sensi dell’art. 7 del regolamento, qualora nessun giudice di uno Stato membro sia competente in base agli artt. 3-5; cfr. Corte di giustizia, 29 novembre 2007, in causa C-68/07, Sundelind Lopez v. Lopez Lizazo, ove e` precisato che il regolamento CE n. 2201/2003 «si applica anche ai cittadini di Stati terzi che hanno vincoli sufficientemente forti con il territorio di uno degli Stati membri», in conformita` dei criteri di competenza previsti dallo stesso regolamento, che si fondano sul principio della necessita` di un reale nesso di collegamento tra l’interessato e lo Stato membro che esercita la competenza). Nella fattispecie, la giurisdizione italiana (di carattere esclusivo, ai sensi dell’art. 6 del regolamento) va affermata a norma dell’art. 3 par. 1 lett. a del citato regolamento (CE) n. 2201/2003, il quale fissa il criterio generale della residenza, ed in particolare, nella specifica ipotesi di domanda congiunta, il criterio della «residenza abituale di uno dei coniugi», che sussiste nel caso in esame poiche´ entrambe le parti risiedono nel territorio italiano (v. certificato di stato di famiglia e residenza, rilasciato dal Comune di Santa Giustina...). Si deve inoltre osservare che l’assenza di trascrizione del matrimonio (celebrato all’estero) nei registri dello stato civile italiani, non e` di ostacolo alla pronuncia in materia di scioglimento del matrimonio, posto che «non vale ad escludere la giurisdizione del giudice italiano, in caso di domanda di divorzio tra cittadini stranieri, la circostanza che l’eventuale sentenza sarebbe improduttiva di effetti nel territorio della Repubblica, poiche´ insuscettibile di annotazione nei registri dello stato civile nei quali il matrimonio non e` mai stato trascritto» (v. Cass. s.u., 28 ottobre 1985 n. 5292). Va quindi affermata la giurisdizione del giudice italiano in ordine alla domanda congiunta di divorzio proposta dai ricorrenti. 2. Al fine di individuare la legge applicabile, si deve fare riferimento al criterio di collegamento previsto dall’art. 31, primo comma della l. 31 maggio 1995 n. 218, il quale dispone che lo scioglimento del matrimonio «e` regolato dalla legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda». Poiche´ entrambi i ricorrenti sono cittadini indiani, e` evidente che la legge nazionale comune al momento della domanda va individuata nell’ordinamento dello Stato indiano. Nel caso specifico, trattandosi di ordinamento che, in materia matrimoniale, ha carattere plurilegislativo – essendo articolato in piu´ sottosistemi di legislazione civilistica – si deve fare riferimento all’art. 18 della l. 31 maggio 1995 n. 218, a norma del quale, «se nell’ordinamento dello Stato richiamato dalle disposizioni della presente legge coesistono piu´ sistemi normativi a base territoriale o perso-
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nale, la legge applicabile si determina secondo i criteri utilizzati da quell’ordinamento». In sostanza, la norma di conflitto (nella specie, l’art. 31 della l. 31 maggio 1995 n. 218) richiama l’ordinamento indiano nel suo complesso – quale «legge nazionale comune» dei coniugi al momento della domanda – mentre la specifica legge da applicare nel caso in esame va individuata secondo i criteri concretamente utilizzati dall’ordinamento richiamato: in particolare, nella fattispecie viene in considerazione uno dei sottosistemi normativi che disciplinano i rapporti matrimoniali in ragione dell’appartenenza ad una determinata confessione religiosa (Hindu Marriage Act, Muslim Marriage Act, Christian Marriage Act, Parsee Marriage and Divorce Act, Special Marriage Act). I ricorrenti hanno infatti concordemente invocato l’Hindu Marriage Act del 18 maggio 1955 (...) che trova applicazione non su base territoriale (essendo applicabile nell’intero territorio dello Stato indiano: art. 1.2 «It extends to the whole of India») bensı´ su base personale, nei confronti delle persone appartenenti alla religione induista (o ad una delle altre confessioni equiparate, specificamente indicate): «This Act applies (a) to any person who is a Hindu by religion in any of its forms or developments, including a Virashaiva, a Lingayat or a follower of the Brahmo, Prarthana or Arya Samaj; (b) to any person who is a Buddist, Jaina or Sikh by religion, and (c) to any other person domiciled in the territories to which this Act extends who is not a Muslim, Christian, Parsi or Jew by religion» (art. 2). La legge straniera in esame individua con precisione i criteri in forza dei quali una persona deve essere considerata (per nascita o per conversione) appartenente alla confessione religiosa cui la stessa disciplina si riferisce: «The following persons are Hindus, Buddhists, Jainas or Sikhs by religion, as the case may be (a) any child, legitimate or illegitimate, both of whose parents are Hindus, Buddhists, Jainas or Sikhs by religion; (b) any child, legitimate or illegitimate, one of whose parent is a Hindu, Buddhist, Jaina or Sikh by religion and who is brought up as a member of tribe, community, group or family to which such parents belongs or belonged; and (c) any person who is a convert o re-convert to the Hindu, Buddhist, Jaina or Sikh religion». Poiche´ le parti hanno contratto matrimonio induista, trascritto nel relativo registro di Jalandhar il (omissis), deve ritenersi che entrambi appartengano alla confessione religiosa Hindu, con la conseguenza che il rapporto dedotto in giudizio e` regolato dall’Hindu Marriage Act, quale legge applicabile su base personale nella fattispecie in esame. 3. In forza dell’art. 13-B comma 1 dell’Hindu Marriage Act («divorce by mutual consent») i coniugi possono chiedere congiuntamente il divorzio «per il fatto che hanno vissuto separatamente per un periodo di un anno o piu´, che non sono stati in grado di vivere insieme e che hanno deciso di comune accordo che il matrimonio debba essere sciolto» («on the ground that they have been living separately for a period of one year or more, that they have not been able to live together and that they have mutually agreed that the marriage should be dissolved»). La disposizione richiamata ammette dunque lo scioglimento del vincolo matrimoniale senza la necessita` di una preventiva pronuncia giudiziale di separazione, essendo sufficiente l’allegazione dell’avvenuta separazione di fatto per un tempo superiore ad un anno e dell’impossibilita` di ricostituire la comunione di vita.
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Nel caso concreto, le parti hanno concordemente dato atto che il marito ha abbandonato l’abitazione familiare nel corso dell’anno 2007, che gli stessi coniugi gia` da molti mesi prima vivevano di fatto separati, e che, non essendo piu´ in grado di vivere insieme, hanno deciso di comune accordo di sciogliere il loro matrimonio (...). A questo proposito si deve sottolineare che, alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimita`, l’assenza di una precedente sentenza di separazione, in quanto non richiesta dalla legge straniera che regola il rapporto, non preclude la pronuncia di divorzio in applicazione di tale legge – i cui effetti, anche sotto questo specifico profilo, non possono quindi ritenersi contrari all’ordine pubblico, in riferimento all’art. 16 della legge n. 218/1995 – risultando sufficiente il riconoscimento dell’impossibilita` della ricostituzione della comunione spirituale e materiale (cfr. Cass., 25 luglio 2006 n. 16978: «la circostanza che il diritto straniero – nella specie, il diritto di uno Stato degli USA – preveda che il divorzio possa essere pronunciato senza passare attraverso la separazione personale dei coniugi ed il decorso di un periodo di tempo adeguato, tale da consentire ai coniugi medesimi di ritornare sulla loro decisione, non costituisce ostacolo al riconoscimento in Italia della sentenza straniera che abbia fatto applicazione di quel diritto, per quanto concerne il rispetto del principio dell’ordine pubblico, richiesto dall’art. 64 comma 1 lett. g della l. 31 maggio 1995 n. 218, essendo a tal fine necessario, ma anche sufficiente, che il divorzio segua all’accertamento dell’irreparabile venir meno della comunione di vita tra i coniugi»). In sintesi, la domanda di divorzio consensuale e` stata ritualmente proposta a norma all’art. 13-B comma 1 dell’Hindu Marriage Act, per cui, accertata la presenza delle condizioni richieste dalla legge che regola il matrimonio, e preso atto del proposito manifestato dalle parti di non ripristinare il rapporto, deve quindi ritenersi che la comunione di vita tra i coniugi sia venuta meno e non possa attualmente essere ricostituita. Va dunque pronunciato, a norma dall’art. 13-B comma 1 dell’Hindu Marriage Act del 18 maggio 1955, lo scioglimento del matrimonio contratto dai ricorrenti il giorno 5 luglio 1978 in Jalandhar (Stato del Punjab - India) e trascritto nel registro dei matrimoni induisti di Jalandhar (omissis). 4. Procedendo all’esame delle ulteriori domande, va ricordato che le parti hanno dichiarato di aver raggiunto un accordo in ordine alle condizioni di divorzio consensualmente formulate all’udienza presidenziale del 26 giugno 2008, precisate nel modo seguente: a) sia affidato congiuntamente ai genitori, con dimora presso la madre, il figlio minore R.A.K., che frequenta a Feltre (BL) il primo anno di un corso triennale per operatore della ristorazione, e desidera continuare a vivere in Italia con la madre ed i fratelli; cio` anche ai sensi dell’art. 26 dell’Hindu Marriage Act; b) sia assegnata alla ricorrente la casa familiare, sita a Santa Giustina (BL)..., ove la stessa vive con i figli; c) il sig. R.S.L. acconsente che la sig.ra R.N. ed i figli prelevino, direttamente o tramite terze persone, i propri beni di uso personale custoditi presso l’abitazione familiare in India, Stato del Punjab, Dakoha (distretto di Jalandhar)...; d) sia posto a carico del sig. R.S.L., ai sensi degli artt. 24, 25 e 26 dell’Hindu Marriage Act, l’onere di corrispondere alla sig.ra R.N. un assegno di mantenimento
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mensile di euro... per il figlio minore R.A.K., fintanto che lo stesso non avra` terminato gli studi e trovato occupazione lavorativa, rendendosi cosı´ autosufficiente sotto il profilo economico (omissis). Considerato l’esito complessivo del giudizio e la richiesta congiunta formulata dalle parti, sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti. P.Q.M., il Tribunale di Belluno, in composizione collegiale pronuncia lo scioglimento del matrimonio contratto in data... in Jalandhar (Stato del Punjab - India), da R.N., nata a Siyar (India) il (omissis), cittadina indiana, residente in Comune di Santa Giustina (Belluno), fraz. D. n. , e R.S.L., nato a Dakoha (India) il (omissis), cittadino indiano, residente in Comune di Santa Giustina (Belluno), fraz. D. n. , matrimonio trascritto nel registro dei matrimoni induisti di Jalandhar il (omissis); stabilendo le seguenti condizioni: (omissis) h) compensa integralmente le spese processuali tra le parti.
Tribunale di Firenze, sentenza 18 maggio 2009 Presidente, Gatta – Giudice Rel., Governatori – P.M. (conf.) S.D.C. (avv. Tozzi, Vallini) contro R.J.F. (contumace).
Sussiste la giurisdizione italiana ai sensi dell’art. 32 della legge 31 maggio 1995 n. 218 rispetto ad una domanda di divorzio presentata da una cittadina italiana nei confronti del coniuge spagnolo nonostante la coppia abbia avuto residenza comune esclusivamente in Spagna. Ai sensi dell’art. 31 della legge n. 218/1995, si applica la legge spagnola a un divorzio tra una cittadina italiana e un cittadino spagnolo allorche´ la vita matrimoniale, pur durata pochi mesi, si sia svolta in Spagna. Non contrasta con l’ordine pubblico la legge straniera la quale, pur prevedendo il divorzio su richiesta di una sola parte dopo tre mesi dal matrimonio, sottoponga al vaglio del giudice la verifica delle condizioni ivi sancite. 1* Svolgimento del processo. Con ricorso depositato il 5 febbraio 2008 S.D.C. adiva il Tribunale di Firenze, chiedendo che venisse pronunciato lo scioglimento del matrimonio con R.J.F. (dalla quale unione non erano nati figli), invocando l’applicazione della legge spagnola 8 luglio 2005 n. 15 in materia di separazione e divorzio dato che la vita matrimoniale non solo si era svolta prevalentemente in Spagna, ma si era ivi svolta praticamente in via esclusiva. A sostegno della domanda – premesso che sussisteva giurisdizione del Tribunale adito, considerata * La sentenza della Corte di Cassazione 25 luglio 2006 n. 16978 citata in motivazione puo` leggersi in questa Rivista, 2007, p. 432 ss.
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la cittadinanza italiana di D.C.S., in base all’art. 32 della l. 31 maggio 1995 n. 218 richiamava l’art. 31 della legge n. 218/1995 che stabilisce che la separazione personale e lo scioglimento del matrimonio, in mancanza di legge nazionale comune, sono regolati dalla legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata; l’art. 29 della legge n. 218/1995 che al secondo comma precisa inoltre che laddove i coniugi abbiano diverse cittadinanze o piu` cittadinanze comuni, i loro rapporti personali sono regolati dalla legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale e` prevalentemente localizzata. All’esito dell’udienza presidenziale del 22 aprile 2008, nell’impossibilita` di esperire il tentativo di conciliazione per l’assenza del marito, ritualmente citato, il Presidente rimetteva la causa al giudice istruttore designato. Il convenuto benche´ raggiunto da rituale notifica dell’ordinanza presidenziale non si costituiva e ne veniva dichiarata la contumacia. La ricorrente rassegnava le conclusioni trascritte in epigrafe sulle quali la causa veniva posta in decisione. Motivi della decisione. Preliminarmente osserva il Collegio che sussiste la giurisdizione del giudice italiano, atteso che l’art. 32 della l. 31 maggio 1995 n. 218 dispone che in materia di separazione personale e di scioglimento del matrimonio la giurisdizione italiana sussiste quando uno dei coniugi e` cittadino italiano, condizione sussistente nel caso di specie. Quanto alla legge applicabile l’art. 31 legge n. 218/1995 dispone che la separazione personale e lo scioglimento del matrimonio sono regolati dalla legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda di separazione o di scioglimento del matrimonio. Nel caso in cui manchi una legge nazionale comune, si applica la legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata. Il comma 2 prevede che qualora la separazione personale e lo scioglimento del matrimonio non siano previsti dalla legge straniera applicabile, essi sono regolati dalla legge italiana. Il criterio di collegamento della prevalente localizzazione della vita matrimoniale e` utilizzato anche dall’art. 29 legge n. 218/1995 che individua la legge disciplinante i rapporti personali dei coniugi che non hanno una comune cittadinanza. Nel caso di specie la ricorrente ha documentato che la vita matrimoniale si e` prevalentemente localizzata in Spagna, dove entrambi i coniugi avevano la residenza e i propri interessi in costanza di matrimonio. Ritiene il Collegio che l’art. 31 comma 2 predetto debba essere interpretato nel senso che la legge italiana debba essere applicata nel processo di separazione o di divorzio introdotto dinanzi ad un tribunale italiano, solamente se la legge straniera non ammetta la possibilita` di giungere alla separazione o al divorzio perche´ l’ordinamento di riferimento non ammette la dissoluzione del matrimonio. Laddove, al contrario, la legge straniera riconosca agli individui che ne sono destinatari, il raggiungimento di tale risultato attraverso un provvedimento giurisdizionale, diviene irrilevante che esso sia conseguibile all’esito di un percorso che prevede il meccanismo della doppia pronuncia (di separazione prima e di divorzio successivamente), ovvero con un’unica pronuncia. Quel che davvero rileva – secondo questo Tribunale, per quanto si ricava dalla normativa – e` che le valutazioni di politica sociale operate dal legislatore straniero siano conformi a quelle del legislatore italiano, ossia sottopongano ad un vaglio giurisdizionale – e non meramente
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amministrativo – la verifica delle condizioni normativamente previste per addivenire alla pronuncia richiesta. Tali condizioni possono anche essere diverse da quelle interne purche´, in ogni caso, non si pongano in contrasto con i principi fondamentali cui si ispira la Costituzione repubblicana. Deve quindi considerarsi come in merito ad una corretta valutazione della contrarieta` all’ordine pubblico di risultati conseguibili (o conseguiti) mediante l’applicazione di norme straniere, non possa ritenersi esistere una sostanziale differenza tra una sentenza straniera che abbia applicato la lex fori e la sentenza italiana che applichi la stessa legge, sulla base della normativa di diritto internazionale privato. Per l’effetto, puo` farsi riferimento ai principi giurisprudenziali elaborati sulla compatibilita` delle sentenze straniere con l’ordine pubblico italiano, tra i quali e` principio consolidato – condiviso da questo Collegio – quello espresso da Cass., 25 luglio 2006 n. 16978, secondo cui «il principio della non contrarieta` all’ordine pubblico della sentenza straniera di divorzio comporta che ad essa non puo` essere attribuita efficacia nell’ordinamento italiano solo se non abbia accertato, pur in presenza di presupposti in parte differenti da quelli previsti dal diritto interno, il venir meno della comunione di vita e di affetti tra i coniugi; pertanto non puo` ritenersi contraria all’ordine pubblico la sentenza statunitense di divorzio pur in assenza di una pregressa separazione personale dei coniugi». Alla luce di quanto sopra si ritiene applicabile alla fattispecie per cui e` causa la legge spagnola, atteso che le condizioni da essa prevista per l’accoglimento del divorzio non possono ritenersi in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento italiano. Osserva il Collegio nel merito delle norme applicabili che in base all’art. 85 cod. civ. spagnolo una delle cause di scioglimento del matrimonio e` costituito dal divorzio («El matrimonio se disuelve, sea cual fuere la forma y el tiempo de su celebracio´n, por la muerte o la declaracio´n de fallecimiento de uno de los co´nyuges y por et divorcio»). L’art. 86 dispone che il matrimonio puo` essere pronunciato su domanda di uno solo dei coniugi, di entrambi o domanda di uno con il consenso dell’altro, quando concorrano i requisiti e le circostanze richieste dall’art. 81 («Se decretara´, judicialmente el divorcio, cualquiera que sea la forma de celebracio´n del matrimonio, la peticio´n de uno solo de los co´nyuges, de ambos o de uno con el consentimiento del otro, cuando concurran los requisitos y circunstancias exigidos en el artı´culo 81»). L’art. 81 – che stabilisce le condizioni della separazione –, dispone al comma 1 che la separazione possa essere pronunciata su domanda di entrambi, o di uno con il consenso dell’altro una volta trascorsi tre mesi dalla celebrazione del matrimonio, mentre al comma 2 dispone che possa essere pronunciata su domanda di uno solo dei coniugi una volta trascorsi tre mesi dalla celebrazione del matrimonio, termine che non occorre sia rispettato quando sussistano gli specifici rischi indicati dalla norma («Se decretara´ judicialmente la separacio´n, cualquiera que sea la forma de celebracio´n del matrimonio: 1. A peticio´n de ambos co´nyuges o de uno con el consentimiento del otro, una vez transcurridos tres meses desde la celebracio´n del matrimonio. A la demanda se acompan˜ara´ una propuesta de convenio regulador redactada conforme al artı´culo 90 de este Co´digo. 2. A peticio´n de uno solo de los co´nyuges, una vez transcurridos tres meses desde la celebracio´n del matrimonio. No sera´ preciso el transcurso de este plazo para la
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interposicio´n de la demanda cuando se acredite la existencia de un riesgo para la vida, la integridad fisica, la libertad, la integridad moral o libertad e indemnidad sexual del co´nyuge demandante o de los hijos de ambos o de cualquiera de los miembros del matrimonio»). Tali norme sono state cosı´ formulate dalla legge n. 15/2005 che ha modificato la precedente normativa in tema di separazione e di divorzio, in base alla quale il divorzio, come leggesi nella relazione introduttiva alla legge (exposicio´n de motivos) era concepito come ultimo ricorso al quale potevano rivolgersi i coniugi solo quando era evidente che trascorso un determinato periodo di separazione non era piu` possibile una riconciliazione, ed era in ogni caso escluso lo scioglimento del matrimonio come conseguenza di un accordo in tal senso dei coniugi. Sennonche´ era stato rilevato che tale legge aveva mostrato limiti e disfunzioni, in specie in quei casi in cui i procedimenti di separazione e divorzio invece di risolvere le situazioni di crisi coniugale, la avevano aggravata, giungendo ad avere una durata superiore a quella della convivenza coniugale, con uno scollamento tra la normativa e il mutamento nel modo di concepire le relazioni da parte della societa`. Si era cosi inteso modificare la disciplina della separazione e del divorzio partendo dalla valorizzazione della liberta` come valore superiore dell’ordinamento giuridico spagnolo – di rango costituzionale – nell’ ambito matrimoniale, ampliando, in coerenza con il dettato costituzionale, l’ambito di liberta` dei coniugi nell’esercizio della facolta` di richiedere la dissoluzione della relazione matrimoniale. Il legislatore spagnolo ha dunque inteso affermare che l’esercizio del diritto di non mantenere lo stato di coniugio non potesse farsi dipendere dalla dimostrazione di ricorrenza di alcuna causa, escludendosi altresı` la necessita` di una previa ed ineludibile situazione di separazione. Non viene di conseguenza piu` richiesto, come nella previgente legislazione, un previo periodo di separazione – e la separazione viene prevista come figura autonoma per i casi in cui i coniugi, nella loro autonomia, decidano di non optare per la dissoluzione del matrimonio – ma separazione e divorzio sono ora costruiti come due opzioni distinte, rafforzando il principio della liberta` dei coniugi nel matrimonio, dipendendo tanto la continuazione della convivenza, quanto la vigenza dello stato di coniugio dalla volonta` costante di entrambi. Diviene cosı´ sufficiente che uno degli sposi non desideri la continuazione dei matrimonio perche´ possa domandare il divorzio, senza che l’altro possa opporsi, e per la proposizione della domanda; in questo caso, e` richiesto unicamente che siano trascorsi tre mesi dalla celebrazione del matrimonio (salvo che interessi dei figli o del coniuge che richiede il divorzio giustifichino un tempo piu` breve). Tanto premesso poiche´ la ricorrente domanda il divorzio, e sono trascorsi piu` di tre mesi tra la celebrazione del matrimonio e la proposizione della domanda, deve essere pronunciato lo scioglimento del matrimonio. Non vi e` luogo a pronunce accessorie in difetto di prole e di domande di parte. Spese compensate, atteso che il resistente, rimasto contumace, non ha in alcun modo ostacolato lo svolgimento del procedimento. P.Q.M., il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, cosı´ provvede: 1) dichiara lo scioglimento del matrimonio tra S.D.C. e J.F.R. celebrato nel Consolato Generale d’Italia - Madrid il 16 marzo 2007, trascritto nel registro atti di matrimonio del Consolato del 2007 ...; 2) dichiara integralmente compensate tra
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le parti le spese del giudizio. Ordina all’Ufficio dello stato civile di Roma – al quale l’atto di matrimonio e` stato trasmesso per la trascrizione – e al Consolato generale d’Italia - Madrid di procedere alle annotazioni ed alle ulteriori incombenze di legge in ordine alla presente sentenza, trasmessa a cura della cancelleria.
Tribunale penale di Pesaro, ordinanza 12 giugno 2009 Giudice, Mussoni Nel procedimento relativo a Pirani, Ferri, Barbetti P., Barbetti F., Barbetti G.
Poiche´ in base a un principio di diritto internazionale, recepito dagli artt. 4, comma secondo cod. pen., 4 cod. nav. e dalle convenzioni di Ginevra del 29 aprile 1958 (artt. 7-13) e di Montego Bay del 10 dicembre 1982 (art. 92), le navi in alto mare sono sottoposte alla potesta` dei singoli Stati a cui appartengono ed il trovarsi a bordo di una nave in acque internazionali equivale a trovarsi nel territorio dello Stato del quale la nave ha la bandiera, si applica la legge italiana, ed in particolare le norme nazionali in materia di beni culturali, al rinvenimento in alto mare di relitti marini di pregio storico ed artistico da parte di una nave battente bandiera italiana; tali relitti sono pertanto di proprieta` dello Stato italiano. 1* (Omissis) (Il Tribunale) Osserva. 1. Va premesso brevemente in fatto che il procedimento trae origine da un esposto presentato presso la locale Procura della Repubblica in data 5 aprile 2007, dal Presidente dell’Associazione «Le Cento Citta`», avente ad oggetto la vicenda del ritrovamento fortuito avvenuto nell’agosto 1964, nel corso di una battuta di pesca in alto mare, di una statua di bronzo (il c.d. «Atleta Vittorioso») attribuita allo scultore greco Lisippo, da parte dell’equipaggio del motopeschereccio «Ferruccio Ferri», iscritto nel registro navale di Ancona e quindi battente bandiera navale italiana. La statua in questione era gia` stata oggetto di un procedimento penale presso il Tribunale di Perugia nei confronti di Barbetti Pietro, Barbetti Fabio, Barbetti Giacomo e di un sacerdote loro amico, Nagni Giovanni per il reato di ricettazione, in relazione al reato di cui all’art. 67 della legge n. 1089 del 1939, commesso in Fano e Gubbio dall’agosto 1964 e dicembre 1964 fino al maggio 1965. Il procedimento si era concluso con sentenza di assoluzione in data 18 maggio 1966, nei confronti di tutti gli imputati, avendo il Tribunale ritenuto l’insufficienza delle prove raccolte sia in ordine alla circostanza del ritrovamento della statua in territorio italiano (mare * Si veda in materia l’articolo del prof. Scovazzi a p. 5 ss. di questo fascicolo della Rivista; cfr. ivi, a p. 175 ss., anche l’ordinanza del Tribunale penale di Pesaro 10 febbraio 2010. Tra le sentenze citate in motivazione puo` leggersi in questa Rivista: Cass. pen., 18 gennaio 1969 n. 1749, ivi, 1970, p. 692 (breve).
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territoriale), sia sul valore storico ed artistico dell’oggetto, sia infine sulla sussistenza dell’elemento soggettivo dei reati contestati. La sentenza di assoluzione in primo grado veniva impugnata dal Procuratore generale presso la Corte di Appello di Perugia e, con sentenza emessa in data 27 gennaio 1967, la Corte di Appello riformando la sentenza condannava i Barbetti per il delitto di ricettazione ed il Nagni per quello di favoreggiamento reale. Successivamente, a seguito di ricorso in cassazione, la Suprema Corte annullava la sentenza di condanna della Corte di Appello di Perugia rinviando gli atti alla Corte di Appello di Roma, ritenendo il difetto della prova del rinvenimento della statua in acque nazionali e del valore artistico ed archeologico del bene, in ragione dell’impossibilita` di procedere ad un suo esame diretto. La Corte di Appello di Roma con sentenza in data 8 novembre 1970 assolveva tutti gli imputati in ragione dell’incertezza probatoria circa l’esistenza del reato presupposto, a sua volta derivante dal difetto di prova della provenienza della statua dal territorio nazionale, non essendo stato chiarito in quali acque la scultura era stata rinvenuta. L’odierno procedimento prende invece in esame la complessa vicenda della scultura sotto profili completamente diversi rispetto a quelli oggetto degli altri procedimenti penali ed, in particolare, con riferimento alla condotta illecita di esportazione clandestina di beni di interesse culturale-artistico ed archeologico di cui al capo a della imputazione ed alle ulteriori violazioni del codice della navigazione descritte al capo b, nonche´, alle condotte di omessa denuncia del bene alle competenti autorita` amministrative ed alla violazione dei diritti di confine all’atto di importazione del bene di cui ai capi c e d. All’esito delle indagini preliminari il p.m. con riferimento ai reati ipotizzati a carico degli odierni indagati (e di altri ancora non identificati) chiedeva l’archiviazione del procedimento per prescrizione e morte del reo ma, contemporaneamente, chiedeva anche la confisca della scultura (cfr. richiesta del 12 luglio 2007). Con provvedimento in data 19 novembre 2007 il g.i.p. riteneva la configurabilita` (quantomeno in astratto) nella fattispecie, dei reati prospettati dal p.m., riconoscendo di conseguenza la natura di bene archeologico della scultura ripescata dal motopeschereccio fanese e la sua identita` con la statua denominata «Atleta Vittorioso», attualmente nella collezione del J. Paul Getty Museum ed accoglieva la richiesta di archiviazione del p.m. Il Giudice tuttavia respingeva la richiesta dı´ confisca dell’opera, rilevando la sostanziale estraneita` dell’attuale detentore rispetto ai reati ipotizzati dal p.m. e l’impossibilita` di escludere con certezza la buona fede dei rappresentanti del museo nell’acquisto del bene. Il p.m. promuoveva quindi l’odierno incidente di esecuzione al fine di accogliere, previa instaurazione del contraddittorio tra le parti la richiesta di confisca. Veniva pertanto fissata l’udienza camerale del 20 aprile 2009, nel corso della quale intervenivano previa citazione, attuata con rogatoria internazionale nei confronti del legale rappresentante del J. Paul Getty Museum, il p.m., l’avv. prof. Alfredo Gaito del foro di Roma e l’avv. Alessandra Galeazzi del Foro di Ancona quali difensori di fiducia del Paul Getty Museum; il prof. Alberto Berardi coordinatore dell’Associazione «Le Cento Citta`» difeso di fiducia dall’avv. Tristano Tannini del foro di Pesaro e l’avv. Maurizio Fiorilli per l’Avvocatura generale dello Stato.
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Il difensore del Paul Getty Museum produceva preliminarmente documentazione relativa all’acquisto dell’opera, che veniva acquisita agli atti. 2. In via preliminare, i difensori del Paul Getty Museum eccepivano, innanzitutto, l’inammissibilita` dell’incidente di esecuzione proposto dal p.m. per violazione delle disposizioni di cui agli artt. 665, 671, 675, 676 cod. proc. pen. rilevando in particolare due profili sostanziali: a) l’impossibilita` per il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 665 cod. proc. pen. di accertare, cosı´ come richiesto dal p.m., l’atteggiamento psicologico dell’acquirente, al fine di verificare l’esistenza o meno della consapevolezza dal parte del Paul Getty Museum di acquistare un bene di rilevante interesse storico ed archeologico di illecita provenienza. b) L’impossibilita` di adottare un provvedimento di confisca in presenza dı´ un decreto di archiviazione per prescrizione. Con riferimento all’eccezione di inammissibilita` rilevavano in sintesi i difensori del Paul Getty Museum, che la verifica della buona fede dell’acquirente presunta dal g.i.p. dell’archiviazione, implicherebbe l’esercizio di poteri di cognizione preclusi al giudice dell’esecuzione che, secondo il disposto dell’art. 665 cod. proc. pen. e` competente unicamente a conoscere ai fini dell’esecuzione del provvedimento da lui deliberato, con esclusione di qualsiasi intervento addittivo sul contenuto dello stesso. Al riguardo, i difensori richiamavano il decreto di archiviazione, laddove il giudice aveva osservato che la causa estintiva dei reati ipotizzati dal p.m. precludeva qualsiasi ulteriore approfondimento della reiudicanda, con conseguente impossibilita` nella fase esecutiva di «rivalutare» alla luce di ulteriori approfondimenti, la mala fides degli acquirenti. In sostanza secondo la tesi dei difensori del Paul Getty Museum «il provvedimento di archiviazione per intervenuta prescrizione, non soggetto ad impugnazione non esprime neppure superficialmente una valutazione giudiziale volta a sindacare eventuali profili di responsabilita`. E non puo` esservi sanzione – cui la confisca e` assimilabile – ove non v’e` accertamento di responsabilita`... Dunque l’applicazione della confisca, in quanto sanzione penale, e` subordinata all’accertamento del fatto reato da parte del giudice». Da ultimo, evidenziavano i difensori dell’acquirente, che anche volendo ammettere la compatibilita` fra decreto di archiviazione e confisca, sulla base del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale contro il provvedimento di confisca pronunciato contestualmente a quello di archiviazione e` consentita unicamente opposizione, davanti allo stesso giudice che ha pronunciato il provvedimento stesso, si tratterebbe tuttavia di un rimedio esperibile esclusivamente per dolersi della disposta confisca da parte dell’indagato, che ha comunque beneficiato dell’archiviazione, nonche´, da parte del terzo estraneo al procedimento archiviato, titolare di un diritto reale sul bene confiscato. Si tratterebbe, in sostanza, di una particolare forma di tutela processuale prevista dall’ordinamento solo in caso in cui venga disposta la confisca, ad esclusiva tutela dell’indagato e del terzo estraneo possessore del bene confiscato concretamente lesi dal provvedimento, soprattutto, nei casi in cui il decreto di archiviazione sia stato adottato de plano, senza l’instaurazione del contraddittorio tra la parti. Tale tutela processuale sarebbe invece preclusa al p.m. nel caso in cui la richiesta di confisca venga disattesa con il decreto che, dunque, sarebbe inoppu-
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gnabile da parte del p.m. Sempre secondo tale assunto, il ricorso all’incidente di esecuzione da parte del p.m. per dolersi di un provvedimento negativo, costituirebbe un’impugnazione non consentita dalla legge, volta ad ottenere un riesame della decisione di merito da parte dello stesso giudice, in violazione del principio di tassativita` delle impugnazioni. I difensori del Paul Getty Museum eccepivano inoltre il difetto di giurisdizione dell’autorita` giudiziaria italiana atteso che il rinvenimento della statua sarebbe avvenuto in acque non territoriali, con conseguente impossibilita` per lo Stato italiano di rivendicare la proprieta` dell’oggetto del ritrovamento e cio` in conformita` con quanto stabilito dalla Suprema Corte nella sentenza n. 1291/1968, gia` richiamata al par. 1. (Omissis) Si evidenzia ancora sul punto che il reato di cui all’art. 66 della legge n. 1089/ 1939 prospettato dal p.m. al capo a prevede la confisca delle cose di interesse storico ed artistico esportate abusivamente, che ha luogo in conformita` delle norme della legge doganale relative alle cose oggetto di contrabbando. Ne deriva, che in tale ipotesi risulta applicabile l’art. 301 del d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43, sostituito dalla l. 30 dicembre 1991 n. 413 art. 11 che al comma 1 dispone: «nei casi di contrabbando e` sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l’oggetto, ovvero il prodotto o il profitto». Tale ipotesi di confisca e` stata confermata anche nell’art. 174 del d.lgs. n. 42 del 2004, che si pone in rapporto di continuita` normativa con il richiamato art. 66 della legge n. 1089/1939. Trattasi dunque, in virtu´ delle fattispecie criminose prospettate dal p.m., di un’ipotesi di confisca obbligatoria che prescinde dall’accertamento della responsabilita` penale e deve essere disposta, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimita`, anche quando l’imputato venga prosciolto o dichiarato non punibile. Tale confisca differisce da quella prevista dall’art. 240 cod. pen., che attribuisce la facolta` e non l’obbligo di disporre la misura di sicurezza patrimoniale, sempre che sia intervenuta sentenza di condanna, a meno che non si tratti di beni di intrinseco carattere criminoso. Alla luce delle considerazioni svolte, le eccezioni relative all’inammissibilita` dell’incidente di esecuzione devono essere respinte. 4. Rimane ora da esaminare la questione della giurisdizione, che nel caso in esame involge due profili sostanziali strettamente collegati tra loro: il primo dı´ natura pregiudiziale e preliminare relativo all’individuazione della legge applicabile e del giudice competente in relazione al luogo di commissione dei reati prospettati, il secondo, conseguenza del primo ma piu´ direttamente correlato al luogo del rinvenimento, attiene all’individuazione del regime dı´ appartenenza del bene ed alla sussistenza di un diritto di proprieta` dello Stato italiano sul bene stesso, presupposto indispensabile per una sua eventuale confisca. Nel caso di specie, le indagini non hanno consentito di individuare con certezza il luogo in cui si e` verificato il ritrovamento della scultura e sulla base degli accertamenti esperiti, si puo` solo affermare, tenuto conto anche di quanto stabilito dalla Suprema Corte nella sentenza n. 1291/1968, che la statua fu verosimilmente rinvenuta in acque non territoriali. In tal senso depongono univocamente le dichiarazioni rese all’epoca dai pescatori, l’analisi della profondita` della fossa ricavabile dalla
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natura delle concrezioni dei molluschi che incrostavano la statua, gli studi sulla morfologia dei fondali marini acquisiti in atti. Il dato oggettivo del rinvenimento in acque non territoriali posto a fondamento della eccepita impossibilita` di applicare la legge italiana, non appare tuttavia decisivo nel caso in esame, dove occorre necessariamente attenersi alle fattispecie criminose ipotizzate dal p.m. Tale circostanza infatti assumeva certamente rilievo sostanziale nel procedimento avanti all’A.G. di Perugia, in cui era stato contestato agli attuali indagati il delitto di ricettazione di un bene compendio di furto aggravato in danno dello Stato (anche perche´ il bene all’epoca si trovava presumibilmente ancora in Italia). E` ovvio che la cognizione dei giudici di Perugia e la valutazione di responsabilita` penali in quella fattispecie presupponeva l’accertamento del rinvenimento della scultura in acque territoriali, condizione indispensabile per la sussistenza del reato presupposto della ricettazione. Nel caso in esame tuttavia, il p.m. ha contestato agli indagati al capo a la condotta di esportazione illecita, in concorso con persone da identificare, al capo b l’omessa presentazione della denuncia del ritrovamento del relitto all’autorita` marittima competente territorialmente, al capo c l’omessa denuncia del bene di straordinario valore archeologico alle competenti autorita` amministrative ed al capo d la violazione dei diritti di confine nell’atto di importazione del bene. Ebbene, la ricostruzione in fatto delle vicende successive al rinvenimento della statua, cosı´ come delineate dal complesso del materiale probatorio raccolto e riassunto nel c.d. dossier Lisippo in atti consente di ritenere sussistente non solo la giurisdizione italiana, ma anche la competenza territoriale di questa A.G. in quanto le condotte criminose risultano realizzate in tutto o almeno in parte in Fano e nel territorio della sua provincia, nonche´ a Gubbio. E` stato infatti accertato dagli inquirenti che, dopo il ritrovamento da parte dei pescatori italiani, la statua fu sbarcata sul lido di Fano e, quindi, introdotta nel territorio nazionale, trasportata in casa dell’armatore Ferri Guido in Fano ed occultata in territorio fanese per alcuni giorni o settimane da tale Felici Dario, amico del Ferri (cfr. dichiarazioni rese dal Felici nel proc. n. 2257/90). La scultura fu quindi venduta ai Barbetti e dopo un periodo di clandestinita`, fu ritrovata a Monaco di Baviera nel 1972 presso il negozio dell’antiquario Herzer Heinz, dove venne restaurata per conto della galleria «Artemis» di Londra dallo stesso antiquario, e nel 1977 la scultura fu acquistata dal Paul Getty Museum. La statua e` stata quindi, secondo l’ipotesi accusatoria, introdotta nel territorio dello Stato clandestinamente, dove e` rimasta per diversi anni sempre in condizioni di clandestinita`, dopodiche´ sarebbe stata esportata illegalmente all’estero. Ne deriva che le condotte contestate ai capi b, c e d risultano tutte commesse in Italia, mentre il reato di cui all’art. 66 della legge n. 1089/1939 e` stato commesso quantomeno in parte in Italia dagli indagati in concorso con altri non compiutamente identificati, dove si sarebbero realizzate l’attivita` illecita di occultamento propedeutica al successivo trasferimento illegale del bene e l’uscita clandestina del bene dallo Stato, con conseguente giurisdizione, intesa in senso stretto come applicabilita` della legge italiana, ai sensi dell’art. 6 cod. pen. Cio` posto con riferimento alle condotte contestate, occorre esaminare il profilo piu´ problematico della questione, relativo all’individuazione del regime giuridico di appartenenza del bene rinvenuto in acque non territoriali.
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Si evidenzia, al riguardo, che la problematica di cui si discute involge i rapporti tra diritto internazionale e diritto interno ed i limiti di applicazione della legge penale nazionale e della giurisdizione dello Stato italiano oltre i confini del suo territorio. Trattasi di tematica articolata e complessa, in continua evoluzione ed oggetto di approfondite analisi in dottrina e giurisprudenza che, nella peculiare deliberazione riservata a questa sede, deve necessariamente essere toccata solo per sommi capi e limitatamente agli aspetti di ordine generale essenziali per inquadrare correttamente il contesto normativo e giurisprudenziale riferibili al caso concreto. Orbene, e` noto come l’applicabilita` della legge penale incontri limiti non solo nel tempo, ma anche nello spazio, atteso che la forza obbligatoria della potesta` punitiva e della sovranita` di uno Stato si esplica necessariamente nei confronti di una determinata societa` stanziata su un determinato territorio. Tale materia e` regolata dal diritto internazionale generale e convenzionale, inteso come complesso di norme di carattere interno dirette a tutelare beni o interessi che non sono esclusivi di un solo Stato, ma propri di piu´ Stati e le cui disposizioni pongono una serie di limitazioni alla potesta` punitiva dei singoli Stati nei confronti di fatti che presentano elementi di estraneita`, per il rispetto anzitutto del principio di sovranita`. In tale ambito normativo deve dunque essere inquadrato il problema della possibilita` per uno Stato di sottoporre alla propria legislazione e potesta` punitiva i fatti compiuti all’estero o, comunque, al di fuori del suo territorio. Ai fini della determinazione del campo di applicazione della legge penale nazionale sono stati elaborati in dottrina ed in giurisprudenza diversi criteri: quello della territorialita`, quello della personalita`, quello della difesa o tutela, quello di universalita`. Mentre secondo il principio della territorialita` la legge penale nazionale obbliga tutti coloro che si trovano nel territorio dello Stato, «il criterio della personalita` attiva della legge penale... chiama a rispondere il cittadino... dei reati commessi dovunque egli si trovi» ed il criterio della difesa o tutela «autorizza ciascuno Stato a perseguire i reati commessi all’estero, che ledano interessi dei propri cittadini o delle proprie istituzioni», il principio di universalita` invece «postula l’applicabilita` della legge nazionale a tutti i reati, ovunque e da chiunque commessi» (cfr. Cass., 3 marzo 1972, Poltronieri). L’art. 3 del nostro cod. pen. al primo comma accoglie espressamente il principio di territorialita` (riaffermato del resto dal successivo art. 6, nonche´ dall’art. 28 disp. prel. cod. civ.) come regola generale, fatte salve tuttavia le eccezioni previste dal diritto pubblico interno e dal diritto internazionale. La stessa norma al secondo comma stabilisce ancora che: «La legge penale italiana obbliga altresı´ tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano all’estero, ma limitatamente ai casi stabiliti dalla legge medesima o dal diritto internazionale». Il nostro diritto positivo prevede tuttavia numerose deroghe al principio di territorialita` stabilite dagli artt. 7, 8, 9 e 10 cod. pen. ed ispirate al principio di difesa dello Stato (come accade per le eccezioni previste dai numeri 1-4 dell’art. 7, oppure per i delitti politici commessi all’estero di cui all’art. 8) o al rispetto delle convenzioni internazionali (n. 5 art. 7), o ancora dal criterio della personalita` (delitti di cui all’art. 9) o dall’esigenza di collaborazione internazionale e dalla opportunita` di punire in Italia il colpevole che gia` ivi si trovi (delitti di cui all’art. 10).
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Con riferimento al concetto di territorio, delineato nel successivo art. 4, si e` affermato che in generale e` territorio dello Stato ogni spazio di terra, di mare e di aria che e` soggetto alla piena sovranita` dello Stato medesimo. Al riguardo, la Corte di Cassazione ha precisato che il territorio dello Stato italiano, agli effetti della legge penale, e` costituito in primo luogo dalla superficie terrestre compresa nei suoi confini politico-geografici, ossia da quella zona che e` parte integrante ed elemento costitutivo dello Stato, secondo i confini stabiliti dai trattati internazionali e dalle leggi di annessione dei precedenti Stati (cfr. Cass. pen., 18 gennaio 1969, Koren). Ai fini della determinazione della legge penale nello spazio, con riferimento al caso che qui interessa, vengono in rilievo anche le disposizioni di cui agli artt. 2 e 3 cod. nav., che stabiliscono la soggezione alla sovranita` dello Stato del mare territoriale (il limite e` generalmente quello delle 12 miglia dalla costa) e dello spazio aereo che sovrasta il territorio della Repubblica ed il relativo mare territoriale. Accanto al territorio effettivo e reale, vi e` poi quello considerato dall’art. 4, secondo comma cod. pen., come territorio dello Stato per fictio iuris, rappresentato dalle navi e dagli aeromobili, per i quali si fa riferimento anziche´ al criterio spaziale al c.d. «principio della bandiera»: «le navi e gli aeromobili italiani sono considerati come territorio dello Stato ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, a una legge territoriale straniera». Tali eccezioni stabilite dal diritto internazionale riguardano innanzitutto le navi e gli aeromobili dello Stato (militari o di polizia), ai quali e` comunemente riconosciuto il privilegio della extraterritorialita`, in quanto soggiacciono sempre al principio della bandiera ovunque si trovino, anche se nelle acque territoriali di uno Stato estero. Secondo le richiamate disposizioni di cui agli artt. 3 e 4 cod. pen. e le norme di diritto internazionale, le navi e gli aeromobili privati sono invece soggetti alla legge penale dello Stato della bandiera quando sono in o sull’alto mare o in un territorio in cui non si esercita alcuna sovranita`. Lo stesso principio e` sancito dall’art. 4 cod. nav., richiamato dal p.m., secondo il quale in alto mare, le navi battenti bandiera italiana sono a tutti gli effetti equiparate al territorio dello Stato. Nell’ambito del contesto normativo e giurisprudenziale brevemente richiamato deve, dunque, essere correttamente delineato il concetto di acque extraterritoriali, il cosiddetto «mare libero», quella zona di mare cioe` non soggetta alla sovranita` di alcuno Stato. Ed invero, poiche´ oltre i limiti del mare territoriale cessa la tutela spaziale della potesta` punitiva e della sovranita` dello Stato, oltre tali limiti i poteri degli Stati concorrono: si ha cioe` quella che viene definita dalla piu´ autorevole dotrina di diritto internazionale «la concorrente liberta` di tutti gli Stati». Con riferimento al significato ed alle conseguenze concrete di tale concetto, si e` infatti affermato che nell’alto mare, gli organi della coercizione dei vari Stati possono liberamente penetrare e muoversi non incontrando piu´ l’ostacolo costituito dalla c.d. sovranita` territoriale. Regime di liberta` significa che nel «mare internazionale» tutti gli Stati hanno eguale diritto a trarre dagli spazi marini tutte le utilita` e le risorse che questi possono offrire ed ognuno quindi e` libero di agire, salvo il rispetto della eguale liberta` degli altri Stati.
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Ne deriva che la liberta` di utilizzazione del «mare internazionale» e` in definitiva assicurata dal principio di diritto internazionale comune secondo cui ogni nave e` sottoposta esclusivamente al potere dello Stato di cui ha la nazionalita` (Stato della bandiera). Tale principio comporta che ogni Stato possa regolare la navigazione, l’attivita` ed, in una parola, la vita delle comunita` navali che hanno la sua nazionalita` e solo di esse; poiche´ ogni Stato deve astenersi dall’interferire nella attivita` delle comunita` navali altrui, resta indirettamente garantita la libera utilizzazione degli spazi marini internazionali da parte di tutti gli Stati, senza interferenze da parte degli Stati stranieri. Il regime della liberta` dei mari come sopra delineato e` stabilito anche dalla convenzione di Ginevra, di cui molte norme possono considerarsi come corollario del principio della sottoposizione della nave al potere di governo dello Stato della bandiera (cfr. in particolare gli artt. 7-13). Stesso principio e` stato recepito dalla convenzione di Montego Bay del 1982, correttamente richiamata dal p.m., laddove all’art. 92 si prevede che: «le navi battono la bandiera di un solo Stato e, salvo casi eccezionali specificamente previsti da trattati internazionali o dalla presente convenzione, nell’alto mare sono sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva». In sostanza e volendo riassumere quanto finora detto, puo` affermarsi che le navi in alto mare sono sottoposte alla potesta` dei singoli Stati cui appartengono ed il trovarsi a bordo di una nave in acque internazionali equivale a trovarsi nel territorio dello Stato del quale la nave ha la bandiera. Alla luce delle considerazioni esposte, si puo` dunque affermare che in caso di rinvenimento in alto mare di relitti marini di pregio storico ed artistico da parte di una nave battente bandiera italiana, come avvenuto nel caso di specie, si applica la legge italiana ed, in particolare, le norme nazionali in materia di beni culturali. Dall’accertamento positivo dell’applicabilita` della legge italiana, discende, la sussistenza di un diritto di proprieta` dello Stato italiano sul bene in oggetto, quale diretta conseguenza dell’applicazione delle legge dello Stato di bandiera. Estremamente significativa sul punto, risulta la celebre sentenza emessa dal Tribunale di Sciacca il 9 gennaio 1963. In quel caso, analogamente a quanto avvenuto nell’odierna vicenda processuale, si trattava del rinvenimento di un’antica statuetta bronzea fenicea rimasta impigliata nella rete di un motopeschereccio di nazionalita` italiana, che navigava in alto mare. Il Tribunale in base all’art. 49 della legge n. 1089/1939, riconobbe la proprieta` del bene in favore dello Stato italiano rilevando che appena una cosa mobile del fondo marino si impiglia nella rete deve ritenersi entrata nel territorio italiano e quindi soggetta alla legge italiana. Appaiono al riguardo pienamente condivisibili le argomentazioni esposte dal p.m. nella memoria depositata in data 29 maggio 2009 (...) laddove, in particolare, si afferma l’esistenza di un diritto di proprieta` immediato dello Stato italiano per effetto dell’applicazione del principio di diritto internazionale sopra menzionato, anche argomentando sulla base dei principi dettati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 67/1961. Si evidenzia ancora che, come e` stato accertato nel decreto di archiviazione, la scultura in contestazione e` un bene archeologico rivenuto da cittadini italiani a
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bordo di un peschereccio italiano, introdotto nel porto di Fano ed approdato sul lido della stessa localita`. Tali circostanze, indipendentemente dalle questioni del rinvenimento del bene in acque non territoriali e della sua introduzione a Fano senza il rilascio della autorizzazione ex art. 42 della legge n. 1089/1939 comporta la sua c.d. «nazionalizzazione» intesa come l’acquisizione di un diritto di proprieta` da parte dello Stato sul bene, definito dal p.m. come diritto a titolo successivo o conseguente, in quanto derivante dalla disciplina vincolistica che grava su tutti i beni di valore artistico, archeologico, storico, in virtu´ della quale lo Stato: «gode di un indiscusso diritto di prelazione (in occasione di ogni atto di trasferimento del bene) e di un altrettanto indiscusso diritto di acquisto coattivo (al prezzo indicato in denuncia dal privato) in occasione della successiva esportazione, sol che lo Stato sia messo nella condizione di esercitare tali diritti potestativi» (...). Sul punto la giurisprudenza dı´ legittimita` richiamata anche dal P.M. ha costantemente affermato che: «La semplice appartenenza del bene alla categoria delle cose di interesse archeologico ne comporta l’assegnazione al patrimonio indisponibile dello Stato, non essendo necessario l’espresso riconoscimento dell’interesse culturale dell’oggetto di cui si tratta da parte dell’Autorita`» (cfr. Cass., n. 2995/ 2006). Invero, dopo l’entrata in vigore della legge n. 364/1909 per i reperti archeologici il nostro ordinamento prevede solo un regime di proprieta` pubblica. Si richiamano sul punto le argomentazioni svolte dal p.m. e dall’Avvocato dello Stato. Alla luce delle considerazioni esposte, anche l’eccezione relativa al difetto di giurisdizione risulta infondata. L’incidente di esecuzione proposto dal p.m. e` dunque ammissibile, e` applicabile nel caso di specie la legge italiana, con conseguente giurisdizione di questa A.G. P.Q.M., (il Tribunale) respinge tutte le eccezioni cosı´ come proposte e dispone procedersi oltre.
Tribunale di Monza, sentenza 22 giugno 2009 Giudice unico, Tuia Su.Fa. s.a.g.l. contro R.D.M. e Ca.Me. di Ro.Da.
Ai sensi dell’art. 5 n. 1 della convenzione di Lugano del 16 settembre 1988, sussiste la giurisdizione italiana in relazione a un’azione promossa contro un convenuto domiciliato in Svizzera per il pagamento di una somma di denaro dovuta a titolo di corrispettivo in forza di un contratto d’appalto, allorche´, in base alla legge applicabile al contratto, tale obbligazione di pagamento avrebbe dovuto essere eseguita in Italia. In forza dell’art. 4 della convenzione di Roma del 19 giugno 1980, la legge
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applicabile a un contratto di appalto e` quella dello Stato in cui e` situata la sede dell’appaltatore, ossia della parte che nell’esercizio della sua attivita` economica fornisce la prestazione caratteristica del contratto. 1* Svolgimento del processo. Con atto di citazione 17 gennaio 2008, la Su.Fa. s.a.g.l. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 3720/07 notificatole ad istanza della R.D.M. Co. e Ca.Me. di Ro.Da. (d’ora innanzi «RD.») per il pagamento della somma di euro 14.100,00 asseritamente dovuta a titolo di corrispettivo del contratto di appalto stipulato inter partes in data 4 maggio 2007. Eccepiva in primo luogo il difetto di giurisdizione del giudice italiano, evidenziando che il contratto era stato concluso in Svizzera, ove doveva essere eseguita la prestazione (posa in opera di sottomuratura, del rivestimento isolante e della ceramica in un cantiere di Locarno) sicche´, in base all’art. 3 ss., legge n. 218/1995, competente a giudicare della controversia doveva ritenersi il giudice svizzero; sempre in rito, evidenziava che era stato concesso il termine di quaranta (anziche´ quello prescritto di sessanta) giorni per proporre opposizione, con conseguente nullita` del decreto. Nel merito, contestava la sussistenza di prova scritta idonea del credito nonche´ l’ammontare dei medesimo e la mancata deduzione degli acconti corrisposti, che indicava nella somma di euro 8.000,00. In via riconvenzionale chiedeva, previo accertamento del grave inadempimento dell’opposta e della conseguente legittimita` della risoluzione del contratto, la condanna di controparte al risarcimento del danno, che indicava nella somma di 10.000,00 euro. Si costituiva la RD., contestando la fondatezza dell’opposizione. Assumeva che sussistesse la giurisdizione del giudice italiano in forza del criterio di collegamento del luogo di adempimento dell’obbligazione; che il mancato rispetto del termine di sessanta giorni per proporre opposizione non avesse arrecato alcun nocumento a controparte, la quale si era compiutamente difesa; riconosceva di avere ricevuto acconti per euro 3.000,00, da detrarsi dal credito. azionato e sottolineava che era stata l’opponente a rendersi inadempiente al proprio obbligo di provvedere al pagamento dell’opera, costringendola a sospendere i lavori. Il giudice concedeva i termini per il deposito di memorie ex art. 183 comma 6 cod. proc. civ., indi disponeva il libero interrogatorio delle parti. All’esito, fissava udienza per la precisazione delle conclusioni ed assegnava la causa a sentenza. Motivi della decisione. L’opponente, societa` di diritto svizzero, ha eccepito l’incompetenza del giudice italiano a decidere la controversia, evidenziando che l’obbligazione e` sorta e doveva essere eseguita in Svizzera e contestando l’assunto di controparte secondo il quale assumerebbe invece rilievo il domicilio della creditrice quale luogo di pagamento, ex art. 1182 comma 3 cod. civ. Al riguardo, si possono svolgere le seguenti osservazioni. Sia l’art. 3 l. 31 maggio 1995 n. 218 (nel richiamare la convenzione di Bruxelles * Le seguenti sentenze delle Sezioni Unite citate in motivazione possono leggersi in questa Rivista: 17 dicembre 1998 n. 12616, ivi, 2000, p. 456 ss.; 9 giugno 1995 n. 6499, ivi, 1996, p. 529 ss.
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27 settembre 1968, resa esecutiva con l. 21 giugno 1971 n. 804), sia la convenzione di Lugano 16 settembre 1988, ratificata dall’Italia con l. 10 febbraio 1992 n. 198 ed applicabile alla fattispecie in quanto le parti sono un cittadino italiano ed una societa` svizzera, stabiliscono che il convenuto domiciliato in uno Stato contraente puo` essere citato in un altro Stato contraente «in materia contrattuale davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio e` stata o deve essere eseguita»; l’obbligazione da prendere in considerazione e`, pacificamente, quella posta a fondamento dell’azione giudiziaria e della quale si fa valere l’inadempimento (Cass., 17 dicembre 1998 n. 1998; Cass. s.u., 9 giugno 1995 n. 6499). L’opposta assume di essersi appunto avvalsa dl tale foro, alternativo rispetto a quello c.d. «del convenuto»; occorre, pertanto, determinare quale sia il luogo di esecuzione dell’obbligazione di pagamento del corrispettivo, e cio` sulla base delle norme di conflitto del giudice adito, ovvero del diritto internazionale privato italiano. Al riguardo, l’art. 57 legge n. 218/1995 stabilisce che «le obbligazioni contrattuali sono in ogni caso regolate dalla convenzione di Roma del 19 giugno 1980 resa esecutiva con l. 18 dicembre 1984». Essa stabilisce, all’art. 4, che qualora le parti non abbiano provveduto a scegliere la legge che regola il contratto (come nel caso di specie), questo e` regolato dalla legge del Paese con il quale presenta il collegamento piu` stretto; che si presume che il contratto presenti il collegamento piu` stretto con il Paese in cui la parte che deve fornire la prestazione caratteristica ha, al momento della conclusione del contratto, la propria residenza abituale. Se il contratto e` concluso nell’esercizio dell’attivita` economica della suddetta parte, il paese da considerare e` quello dove e` situata la sede principale di detta attivita`. La prestazione caratteristica del contratto in esame e` l’esecuzione dell’opera da parte della RD., la quale ha sede in Italia (Brugherio). Ne consegue che il collegamento piu` stretto e` con il nostro Paese e che deve pertanto essere applicata la legge italiana per stabilire dove andasse eseguita l’obbligazione di pagamento del corrispettivo: nella specie, l’art. 1182 comma 3 cod. civ., che indica nel domicilio del creditore il luogo di pagamento. Infatti, l’obbligazione di pagamento ha ad oggetto una somma di danaro, determinabile sulla base del contratto 4 maggio 2007 che precisa l’importo concordato (25 euro) per ciascun metro quadro di facciata realizzata. Concludendo, deve essere affermata la sussistenza della giurisdizione italiana. Passando alla seconda eccezione in rito sollevata dall’opponente, e` vero che erroneamente il decreto ingiuntivo le ha assegnato quaranta giorni per proporre opposizione, anziche´ quello di sessanta previsto dall’art. 640 cod. proc. civ. per l’intimato che risieda in altro Stato, non membro dell’Unione europea; tuttavia, ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., cio` non comporta la nullita` del decreto bensı` la sostituzione automatica del termine di legge: in altre parole, Su.Fa. avrebbe potuto proporre tempestiva opposizione entro il sessantesimo giorno dalla notifica del decreto, ovvero con la costituzione nel termine (erroneo) assegnato chiedere la concessione di un termine per integrare le proprie difese. La medesima, invece, si e` costituita nei quaranta giorni dalla notifica, svolgendo compiutamente attivita` difensiva sia in rito sia nel merito e chiedendo di essere rimessa in termini unicamente per l’ipotesi (che non ricorre) in cui si fossero verificate decadenze e/o preclusioni per il mancato rispetto dei termine di opposizione indicato nel decreto ingiuntivo.
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Passando, dunque, all’esame del merito, si osserva che l’opposizione e` in parte fondata. (omissis) La sentenza e`, per legge, provvisoriamente esecutiva. P.Q.M., il Tribunale, definitivamente pronunciando, cosı´ provvede: I. Revoca il decreto ingiuntivo n. 3720/2007 emesso da questo Tribunale; II. Condanna Su.Fa. s.a.g.l. a pagare ad RD., in persona del titolare Ro.Da., la somma di euro ...; III. Dichiara la risoluzione del contratto di appalto stipulato in data 4 maggio 2007, per inadempimento di RD.; IV. Rigetta ogni altra domanda V. Condanna l’opponente al pagamento di meta` delle spese del giudizio in favore dell’opposta ...; VI. Dichiara la sentenza provvisoriamente esecutiva.
Tribunale di Tivoli, sentenza 4 agosto 2009 Presidente Rel., Scarafoni – P.M. M.M.M. (avv. Mendolia, Valenza) contro D.T.B. (contumace).
Sussiste la giurisdizione del giudice italiano ai sensi dell’art. 32 della legge 31 maggio 1995 n. 218 rispetto ad una domanda di divorzio presentata da una cittadina italiana avente anche cittadinanza statunitense nei confronti del coniuge statunitense. Ai sensi dell’art. 31 della legge 31 maggio 1995 n. 218, la legge applicabile al divorzio tra due cittadini statunitensi e` quella dello Stato della Virginia individuata anche in base alla prevalente localizzazione della vita matrimoniale e che prevede il divorzio su richiesta delle parti qualora i coniugi abbiano vissuto separatamente e distanti senza coabitare continuativamente per un anno. 1* Fatto e diritto. Sussiste la giurisdizione del giudice italiano in base all’art. 32 della l. 31 maggio 1995 n. 218, che prevede che in materia di nullita`, annullamento, separazione personale e scioglimento del matrimonio e` sufficiente che uno dei coniugi sia cittadino italiano o il matrimonio sia stato celebrato in Italia; la ricorrente e` cittadina italiana e, quindi, il criterio di collegamento per l’esistenza della giurisdizione e` soddisfatto; 1. per quanto concerne, invece, la legge regolatrice del rapporto, si deve fare riferimento all’art. 31 della l. 31 maggio 1995 n. 218, che prevede che la separazione personale e lo scioglimento del matrimonio siano regolati dalla legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda di separazione o di scioglimento del matrimonio; in mancanza, si applica la legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata; * Si veda in materia l’articolo della prof. Ricci a p. 55 ss. di questo fascicolo. La sentenza della Corte di Cassazione del 7 luglio 2008 n. 18613 citata in motivazione puo` leggersi in questo fascicolo della Rivista, p. 199 s.
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2. nel caso specifico sussiste il criterio principale individuato dalla disposizione, consistente nella comune nazionalita` statunitense dei coniugi al momento della domanda di scioglimento del matrimonio; ha affermato recentemente la Corte di Cassazione, in merito ai criteri di collegamento di cui all’art. 31, che la separazione personale dei coniugi e` regolata dalla legge italiana, se questa e` quella nazionale comune dei coniugi al momento dell’introduzione del giudizio, essendo residuale l’ulteriore criterio relativo all’applicazione della legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata (nella specie, la Suprema Corte, con la sentenza n. 18613 del 7 luglio 2008, ha confermato la sentenza di merito che ha ritenuto applicabile la legge italiana ad un giudizio di separazione tra un marito di nazionalita` italiana e una moglie argentina, ma che aveva acquisito la nazionalita` italiana, ritenendo pertanto irrilevante – ai fini della determinazione in parola – la circostanza che la vita matrimoniale si era svolta in prevalenza a Buenos Aires); comunque, nel caso in questione, la legge nazionale comune corrisponde anche con quella del criterio residuale dello Stato in cui la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata, atteso che i coniugi si sono spostati in Virginia (U.S.A.) ed in tale Stato hanno vissuto la maggior parte del loro breve rapporto di coniugio (i coniugi, infatti, si sono sposati nello Stato della Virginia il 19 aprile 1996 ed hanno ivi convissuto fino al 27 agosto 1997, data in cui hanno trasferito la residenza familiare a Vienna; tuttavia, in data 1º settembre 1998 il resistente D.T.B. ha definitivamente abbandonato la casa coniugale di Vienna per rientrare negli Stati Uniti); peraltro, nel caso in questione il criterio residuale dello Stato in cui la vita matrimoniale e` stata prevalentemente localizzata e` funzionale anche all’individuazione della disciplina concretamente applicabile, essendo noto che la comune cittadinanza statunitense individua l’appartenenza ad una Federazione al cui interno la disciplina dei rapporti matrimoniali puo` avere differente regolamentazione da Stato a Stato; 3. accertato, quindi, che alla fattispecie debba essere applicato il diritto dello Stato della Virginia, si deve rilevare che il capitolo VI del titolo 20 del codice annotato della Virginia, paragrafi 20-91 concernenti i motivi di divorzio, prevede la facolta` di divorziare su richiesta delle parti nel caso che i coniugi abbiano vissuto separatamente e distanti senza coabitare continuativamente per un anno; 4. dai documenti prodotti in atti risulta pacificamente che il resistente D.T.B. dall’1 settembre 1998 si e` allontanato dalla casa familiare di Vienna ed ha fatto rientro negli Stati Uniti: cio` e` attestato da: 1) la dichiarazione per lo sdoganamento dei beni in ingresso negli Stati Uniti, da cui risulta la data d’arrivo negli U.S.A. l’1 settembre 1998 con provenienza dall’Austria; 2) la dichiarazione supplementare resa alla dogana dal resistente che ha affermato di provenire dall’Austria e di rientrare negli U.S.A. per motivi di divorzio; 3) dal certificato A.I.R.E. dell’Ambasciata d’Italia a Vienna che, alla data del 7 dicembre 2000, non include il resistente nella scheda familiare di M.M.M.; 4) dalla dichiarazione resa dinanzi al notaio da D.V.B., padre di D.T.B., e C.R.B., matrigna di D.T.B., che hanno dichiarato che dal 1999 il resistente non vive con la moglie, avendo lasciato la casa di Vienna e fatto rientro negli Stati Uniti per sottoporsi a cure contro l’alcolismo; accertata, quindi, la sussistenza della fattispecie prevista dalla rammentata disposizione del codice della Virginia, puo` certamente essere pronunciato lo scioglimento del matrimonio; dal matrimonio non sono nati figli, ne´ la ricorrente ha avanzato domande di natura economica;
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va infine disposta la pubblicita` prescritta dall’art. 69 del d.p.r. 3 novembre 2000 n. 396 da effettuare presso l’Ufficio dello stato civile del Comune di Monterotondo in cui il matrimonio e` stato iscritto; quanto alle spese di lite, considerata la natura e l’oggetto del giudizio, nonche´ la mancanza di qualsiasi contestazione o resistenza da parte del convenuto, sussistono giusti motivi per dichiararne la non ripetibilita`. P.Q.M., il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa domanda e deduzione, sentito il parere del pubblico ministero, cosı´ provvede: ai sensi del codice dello Stato della Virginia titolo 20, cap. VI, par. 20-91, punto 9, dichiara lo scioglimento del matrimonio dei coniugi M.M.M., avente duplice cittadinanza italiana e statunitense (nata a Roma il...), e D.T.B., cittadino statunitense (nato il...), matrimonio contratto in Fairfax (Virginia - U.S.A.) il 19 aprile 1996 con il rito civile (iscritto nel registro degli atti di matrimonio del Comune di Monterotondo dell’anno 2007...; ai sensi dell’art. 69 d.p.r. n. 396/2000 ordina all’Ufficiale di stato civile del Comune di Monterotondo di procedere all’annotazione della presente sentenza, quando la stessa sara` passata in giudicato, nell’atto di matrimonio; dichiara non ripetibili le spese del processo.
Corte di Cassazione (s.u.), ordinanza 20 agosto 2009 n. 18509 Primo Presidente, Carbone - Consigliere Rel., Amoroso P.M., Martone (concl. conf.) P.A. (avv. Silvetti) contro Brussels Airlines Fly N.L. (avv. Contaldi, Giubboni)
Ai sensi dell’art. 19 n. 2 lett. a del regolamento (CE) n. 44/2001 del 22 dicembre 2000, il datore di lavoro domiciliato nel territorio di uno Stato membro puo` essere convenuto in un altro Stato membro davanti al giudice del luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attivita`. Non sussiste la giurisdizione italiana, bensı` quella belga riguardo ad una controversia vertente su un rapporto di lavoro tra un assistente di volo e una compagnia aerea belga svoltosi su aerei battenti bandiera belga. 1* Svolgimento del processo. 1. P.A. veniva assunto quale assistente di volo con base operativa presso l’aeroporto di... dalla societa` Virgin Express. A seguito di fusione con altra compagnia aerea, in data 14 novembre 2005, la societa` proponeva ai dipendenti in servizio da Fiumicino un trasferimento da..., precisando che, ove tale soluzione non fosse stata accolta, il rapporto doveva ritenersi risolto con un * Tra le sentenze citate in motivazione possono leggersi in questa Rivista: Cass. s.u., ord. 13 dicembre 2007 n. 26089, ivi, 2009, p. 108 ss.; Corte di giustizia, 10 aprile 2003, in causa C437/00, ivi, 2003, p. 1045 ss.; Corte di giustizia, 27 febbraio 2002, in causa C-37/00, ivi, 2002, p. 206 ss.; Corte di Cassazione s.u., 9 gennaio 2008 n. 169, ivi, 2008, p. 1081 ss.
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trattamento retributivo costituito da tre mensilita` aggiuntive per ogni cinque anni di servizio. La proposta non veniva accettata e, pertanto, il rapporto era risolto – con riguardo a tutto il personale della sede – con decorrenza dal 31 dicembre 2005. Il ricorrente impugnava il licenziamento davanti al Tribunale di Roma. Si costituiva in giudizio la societa` Brussels Airlines Fly N.V., subentrata nel rapporto, eccependo, tra l’altro, il difetto di giurisdizione del giudice italiano per essere la controversia devoluta alla giurisdizione del giudice belga. 2. Con ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione il ricorrente deduce la giurisdizione del giudice italiano, ponendo in particolare il seguente quesito di diritto: dica la Suprema Corte se in base al regolamento (CE) n. 44/2001 sia competente il giudice italiano a conoscere di una controversia di lavoro allorquando la prestazione lavorativa sia stata resa, da un cittadino italiano a favore di una compagnia aerea belga, che all’epoca aveva una propria sede in Roma Fiumicino. Con controricorso la Brussels Airlines Fly N.V. deduce l’inammissibilita` del ricorso perche´ proposto prima dell’udienza ex art. 420 cod. proc. civ. e comunque sostiene sussistere nella specie la giurisdizione del giudice belga avendo essa societa` sia la sede legale che il luogo di svolgimento della sua attivita` nel territorio belga. Inoltre la prestazione lavorativa del ricorrente si svolgeva sull’aeromobile (sulla tratta ...), che batteva bandiera belga e, quindi, il luogo di svolgimento abituale dell’attivita` lavorativa era nel territorio belga. 4. Entrambe le parti hanno presentato memoria. Motivi della decisione. 1. Va ritenuta preliminarmente che l’eccezione di inammissibilita` del ricorso, perche´ proposto «ancor prima della celebrazione dell’udienza ex art. 420 cod. proc. civ. » non e` fondata atteso che nel rito del lavoro, secondo l’orientamento ormai costante di questa Corte di Cassazione (fin da Cass. s.u., 11 maggio 1992 n. 5597), il giudizio si instaura gia` con il solo deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice ai sensi dell’art. 415 cod. proc. civ., anche se, cosı´ operando, il ricorrente limita l’ambito di valutazione del successivo giudizio da parte di questa Corte che, pur essendo, in materia di giurisdizione, anche giudice del fatto, non puo` disporre in ordine all’attivita` istruttoria. 2. Nel merito, non sussiste la giurisdizione del giudice italiano, essendo la controversia devoluta alla giurisdizione del giudice belga. Questa Corte (Cass. s.u., 13 dicembre 2007 n. 26089) ha affermato in proposito che, in tema di competenza giurisdizionale in materia di rapporti di lavoro, l’art. 19 del regolamento (CE) n. 44 del 2001 stabilisce, tra l’altro, che il datore di lavoro domiciliato nel territorio di uno Stato membro puo` essere convenuto in un altro Stato membro «davanti al giudice del luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attivita` o a quello dell’ultimo luogo in cui la svolgeva abitualmente» (n. 2 lett. a), con una disposizione che si pone in linea di continuita` con l’art. 5 n. 1 della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, ratificata con l. 21 giugno 1971 n. 804 (nel testo modificato dalla convenzione di San Sebastia´n del 26 maggio 1989, ratificata con legge n. 339 del 1991); normativa questa gia` interpretata dalla Corte di giustizia delle Comunita` europee nel senso che il luogo di abituale svolgimento dell’attivita` lavorativa deve identificarsi con il luogo in cui il lavoratore adempie di fatto la parte sostanziale delle sue obbligazioni nei confronti del datore di lavoro (Corte di giustizia, 10 aprile 2003, in causa C-437/00; 27 febbraio 2002, in causa C37/00) cosı´ accentuandosi, altresı`, il profilo di tutela del lavoratore, giacche´ si
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prende in considerazione anche l’ultimo luogo in cui il lavoratore medesimo svolgeva abitualmente la sua attivita` di lavoro (conf. Cass. s.u., 9 gennaio 2008 n. 169). Al «luogo di abituale svolgimento dell’attivita` lavorativa» e a quello dello «stabilimento di assunzione» fa anche riferimento Cass. s.u., 17 luglio 2008 n. 19595, che, pronunciandosi con riguardo al rapporto di lavoro nautico, ha affermato che, ove non ricorrano i presupposti della legge n. 218 del 1995, art. 3 comma 1 – secondo cui la giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto e` domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio ex art. 77 cod. proc. civ. – occorre fare riferimento ai criteri di collegamento posti dal comma 2 dello stesso art. 3, i quali identificano le ipotesi in cui il giudice italiano e` fornito di giurisdizione richiamando i criteri stabiliti dalle sez. 2, 3 e 4 del titolo 2 della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (ratificata e resa esecutiva con legge n. 804 del 1971, e successive modificazioni) tra i quali rileva il luogo di abituale svolgimento dell’attivita` lavorativa o quello dello stabilimento di assunzione (art. 5 comma 1 n. 1). Nel ricorso introduttivo del giudizio a quo il ricorrente assume di essere stato «assegnato all’ufficio in Italia dal quale del resto partiva per i suoi voli di linea ed al quale ritornava per l’organizzazione dei nuovi viaggi». In sede di controricorso, la societa` contesta tale circostanza sostenendo che presso il detto aeroporto la societa` disponeva soltanto di un desk per il controllo dei biglietti, la riunione del personale di volo e l’accoglienza dei viaggiatori, senza l’ausilio di personale di terra e che l’attivita` lavorativa prestata dal ricorrente veniva svolta a bordo di aeromobili battenti bandiera belga, di tal che il luogo di svolgimento abituale dell’attivita` lavorativa andava individuato nel territorio belga; e parimenti la sede della societa` che aveva operato l’assunzione era in Belgio. Nella specie e` risultato che la societa` datrice di lavoro ha sede in Belgio ed ivi svolge – ed ha svolto – la sua attivita`, mentre non risulta elemento alcuno per ritenere che in Italia – e segnatamente all’aeroporto di Fiumicino – la societa` avesse un’unita` organizzativa distaccata. Infatti, quanto al luogo di svolgimento della prestazione, si deve intendere per continuativo lavoro all’estero quello strutturalmente collegato ad un luogo posto all’estero che non costituisca la naturale estrinsecazione in luogo estero di un rapporto di lavoro costituito e destinato a svolgersi prevalentemente in Italia (cfr. Cass., 17 maggio 2005 n. 10313 con riferimento al lavoro prestato su una nave battente bandiera estera). Cio` non senza considerare che il trattamento contributivo, fiscale e previdenziale applicato al ricorrente e` stato quello previsto dalla disciplina belga. In particolare la circostanza che il lavoratore ricorrente avesse «base» presso l’aeroporto di Fiumicino stava a significare unicamente che lı` vi era il suo imbarco, quale assistente di volo, sull’aeromobile battente bandiera belga per lo svolgimento della prestazione lavorativa e non gia` che tale prestazione venisse svolta presso l’aeroporto suddetto. Quindi i suddetti criteri di collegamento conducono ad escludere che il luogo di lavoro fosse in Italia e conseguentemente a negare la giurisdizione del giudice italiano per essere la controversia devoluta alla giurisdizione del giudice belga. 3. Sussistono giustificati motivi (in considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute e della problematicita` delle stesse nel contesto del progressivo assetto del diritto vivente) per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.
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P.Q.M., la Corte, a sezioni unite, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano; compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.
Corte di Cassazione, ordinanza 25 settembre 2009 n. 20688 Presidente, Adamo – Consigliere Rel., Piccininni P.M., Sorrentino (concl. conf.) Grandi Lavori Fincosit s.p.a. (avv. Quattrini, Bucalo) contro Boskalis Westminster Middle East Ltd (avv. Visco, Carrara, Noto) e Grandi Lavori Fincosit Middle East wll (intimata).
L’art. 7 della legge 31 maggio 1995 n. 218 e` inapplicabile in caso di previa pendenza di una lite avanti a un arbitro estero, essendo ben distinte le ipotesi di lite dinanzi al giudice straniero e di lite dinanzi a un arbitro straniero. Fatto e Diritto. Con ordinanza del 19 giugno 2007 il Tribunale di Roma sospendeva il giudizio promosso da Grandi Lavori Fincosit s.p.a. nei confronti di Grandi Lavori Fincosit Middle East wll e Boskalis Westminster Middle East wll, – per sentir accertare l’avvenuto pagamento di tutte le fatture inviate in relazione a contratto di subappalto e sentir quindi dichiarare estinta la garanzia prestata per la corretta esecuzione dei pagamenti via via maturati –, in ragione della pendenza fra le stesse parti di un procedimento arbitrale estero. Avverso la decisione l’attrice proponeva ricorso per regolamento di competenza affidato a due motivi, con il quale lamentava: a) violazione dell’art. 7 comma 1 legge n. 218/1995, oltre che vizio di motivazione, sotto il duplice aspetto che non sarebbe configurabile una litispendenza tra una domanda proposta davanti alla giurisdizione statuale ed una domanda rimessa ad arbitrato estero e che la domanda di arbitrato sarebbe successiva a quella davanti al tribunale, sicche´ non vi sarebbe prevenzione fra i due giudizi; b) violazione dell’art. 7 comma 3 legge n. 218/1995, oltre che vizio di motivazione, poiche´ non vi sarebbe pregiudizialita` tra giurisdizione statuale e funzione arbitrale, atteso che l’esercizio di quest’ultima non potrebbe dar luogo ai giudicato. Al ricorso resisteva la Boskalis che successivamente depositava anche memoria con la quale, oltre a contestare la fondatezza delle argomentazioni svolte, deduceva l’inammissibilita` dell’istanza per sopravvenuta carenza di interesse ad agire «atteso che in data 31 gennaio 2008 e` stato reso un lodo con il quale il collegio arbitrale ha declinato la propria competenza nei confronti dell’odierna ricorrente». Osserva il Collegio che va innanzitutto disattesa l’eccezione di inammissibilita` sollevata dal resistente, sotto il duplice aspetto della mancata notificazione alla controparte dell’avvenuto deposito dell’ulteriore documentazione prodotta (art. 372 comma 2 cod. proc. civ. e della mancata traduzione della detta documentazione in lingua italiana (artt. 122, 123 cod. proc. civ.). Passando dunque al merito del ricorso, si rileva che le doglianze ivi prospettate risultano fondate. Ed invero l’art. 7 legge n. 218/1995 prevede due ipotesi di
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sospensione dei processi, di cui una prima obbligatoria (comma 1) – nel caso di pendenza tra le stesse parti di domanda avente il medesimo oggetto ed il medesimo titolo – ed una seconda facoltativa (comma 3) – nel caso in cui sia ravvisato un rapporto di pregiudizialita` fra la causa straniera e quella pendente in Italia –. Il Tribunale di Roma, nel disporre la sospensione del giudizio, non ha espressamente indicato quale delle due ipotesi contemplate dal citato art. 7 abbia ritenuto sussistente, ma il semplice richiamo alla pendenza dell’arbitrato senza ulteriori precisazioni (in particolare senza alcuna considerazione in ordine alla astratta configurabilita` di un rapporto di pregiudizialita` fra le due liti, la cui esistenza rappresenta il primo presupposto di fatto idoneo a legittimare la sospensione del processo ai sensi del terzo comma) induce a ritenere che la detta sospensione sia stata disposta in ossequio del disposto di cui al primo comma. Cio` premesso, e` da escludere che ricorra la detta ipotesi poiche´: a) e` incontestato che nella specie non si tratta di pendenza di una stessa lite (avente cioe` medesimo oggetto e titolo), ma di connessione fra due liti per ragioni di continenza (...), e nulla il giudice ha precisato in ordine ai motivi per i quali sarebbe ravvisabile la litispendenza (e cio` anche accedendo all’orientamento meno rigoroso, secondo cui la fattispecie di cui all’art. 7 comma 1 sarebbe configurabile quando tutte le questioni sottoposte al giudice nazionale siano state sottoposte al giudice straniero), ne´ la prospettazione delle parti consente conclusioni certe ed univoche a tal fine; b) analogamente, il provvedimento del Tribunale nulla chiarisce in ordine alla preventiva instaurazione della lite all’estero, ne´ e` consentito un accertamento in fatto sul punto in questa sede, accertamento che sarebbe peraltro ineludibile, tenuto conto delle contrapposte posizioni delle parti; c) manca infine la valutazione positiva del giudice circa la possibilita` che il provvedimento straniero possa produrre effetto per l’ordinamento italiano, condizione imprescindibile ai fini della sospensione, poiche´ solo in tale eventualita` si verifica un’effettiva equivalenza dell’esercizio della funzione giurisdizionale in Italia e all’estero. Ma ad identiche conclusioni dovrebbe pervenirsi pur se si ritenesse ravvisabile un rapporto di litispendenza fra le dette liti e sussistenti le ulteriori condizioni (prevenzione della lite e riconoscibilita` del provvedimento emanato all’estero) richieste dal legislatore per la sospensione del processo, ovvero che il contestato provvedimento fosse stato validamente emesso ai sensi dell’art. 7 comma 3 legge n. 218/1995, circostanza che per vero e` nel concreto da escludere, tenuto conto dell’assoluta carenza di indicazione sui punti relativi al rapporto di pregiudizialita` della causa straniera rispetto al processo italiano e, soprattutto, alla potenziale produzione di effetti per l’ordinamento italiano del provvedimento straniero. Ed infatti il legislatore italiano, contrariamente a quanto sostenuto dal resistente, ha tenuto ben distinte le due diverse ipotesi di pendenza di lite presso il giudice straniero e presso l’arbitro estero, stabilendo la possibilita` di deroga convenzionale della giurisdizione italiana per entrambe, nella ricorrenza di determinati e identici presupposti (art. 4 comma 2 legge n. 218/1995), e prevedendo viceversa l’obbligo (art. 7 comma 1 cit.) o la facolta` (art. 7 comma 3) di sospensione soltanto nel primo caso di pendenza della lite dinanzi ad un giudice straniero. Ne´ puo` ragionevolmente supporsi che la chiara formulazione del dettato normativo, univocamente deponente nel senso indicato, possa essere riconducibile ad un refuso o ad una imprecisione terminologica del legislatore. La collocazione dei due articoli in questione (4 e 7) nel medesimo titolo (com-
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posto di dieci articoli avente ad oggetto la giurisdizione italiana ed il tenore della rubrica dell’art. 7 («Pendenza di un processo straniero», senza alcun riferimento al procedimento arbitrale) inducono al contrario a ritenere che la diversita` di previsione, fra l’altro adottata in data successiva all’entrata in vigore della disciplina relativa all’arbitrato internazionale (l. 5 gennaio 1994 n. 25, in vigore dal 17 aprile 1994) sia espressione di una deliberata scelta del legislatore, che ha configurato in termini di alternativita` il rapporto fra giurisdizione italiana, da una parte, e giudice straniero/arbitrato estero, dall’altra, riservando la rilevanza del rapporto di pregiudizialita` unicamente alle ipotesi di contemporanea pendenza di liti davanti a giudice straniero e giudice nazionale. Ne´, secondo quanto sostenuto, il «ritenere che la litispendenza ex art. 7 della legge di diritto internazionale privato non si applichi all’arbitrato estero produrrebbe l’effetto di caducare la portata e la concreta applicabilita` del principio di parita` fissato dall’art. 4 comma 2» (...) poiche´: a) l’affermata alternativita` fra giurisdizione italiana e giurisdizione/arbitrato estero opera su un piano del tutto diverso rispetto al rapporto di interferenza fra lite sorta all’estero e quella pendente nel territorio nazionale; b) il lodo straniero non ha efficacia diretta nel nostro ordinamento, essendo viceversa necessario a tal fine procedere al suo riconoscimento (artt. 839, 840 cod. proc. civ.); c) anche per quanto riguarda il lodo nazionale, la sua equiparazione alla sentenza e` stata prevista soltanto sotto il profilo effettuale (art. 824 bis cod. proc. civ.) mentre – pur nella nuova disciplina dei rapporti tra arbitri ed autorita` giudiziaria (d.lgs. n. 40/2006) – il legislatore ha escluso l’applicabilita` delle regole vigenti in tema di sospensione del processo (art. 819-ter comma 2 cod. proc. civ.); d) deporrebbe comunque in senso contrario a quanto sostenuto dalla Boskalis anche una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa in tema di sospensione del processo, alla luce del disposto di cui all’art. 111 Cost. Conclusivamente il ricorso deve essere accolto, con cassazione dell’ordinanza impugnata e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali della fase, liquidate in dispositivo. P.Q.M., (la Corte) Accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della presente fase...
Corte di Appello di Genova, sentenza 7 novembre 2009 Presidente Rel., Bonavia – P.M. (concl. diff.) A.S. (avv. Tallarico) contro P.L. (avv. Figone, Saviotti).
Nel procedimento di riconoscimento ed esecuzione di una sentenza straniera di divorzio ai sensi degli artt. 64 ss. della legge 31 maggio 1995 n. 218, l’accertamento del giudice ha natura puramente dichiarativa – non costitutiva – risolvendosi nell’accertamento della sussistenza dei requisiti prescritti una volta verificato l’interesse ad agire di cui all’art. 67.
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Il requisito del passaggio in giudicato di cui alla lett. d dell’art. 64 della legge n. 218/1995 e` soddisfatto rispetto alla certificazione redatta da notai di diritto musulmano presso l’autorita` giudiziaria marocchina i quali attestino che la sentenza di divorzio pronunciata in Marocco e` divenuta definitiva e irrevocabile, disponendo per la sua trascrizione nell’atto di matrimonio. Sussiste il requisito di cui alla lett. a dell’art. 64 della legge n. 218/1995, allorche´ il giudice marocchino si sia dichiarato competente in una causa di divorzio tra una cittadina marocchina e un italiano che si sono sposati in Marocco. Non contrasta con l’ordine pubblico di cui all’art. 64 lett. g la sentenza di divorzio resa sulla base di una legge che non prevede il doppio grado di giurisdizione; che dispone lo scioglimento del vincolo matrimoniale senza la previa separazione ma comunque una volta che venga accertato l’irrevocabile disfacimento della comunione familiare a seguito della condotta violenta del marito; che non prevede l’affidamento condiviso. Ai sensi dell’art. 64 della legge n. 218/1995, deve essere riconosciuta ed eseguita in Italia una sentenza marocchina di divorzio tra una cittadina marocchina e un cittadino italiano, residenti in Marocco in pendenza di matrimonio, che dispone l’affidamento esclusivo alla madre del figlio minore. 1* Ragioni di fatto e di diritto della decisione. S.A., con atto di citazione notificato l’8 febbraio 2008 ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. conveniva in giudizio dinanzi a questa Corte L.P. allo scopo di ottenere il riconoscimento nella Repubblica italiana della sentenza di divorzio giudiziale n. 4134 del 15/16 luglio 2007, pronunciata dal Tribunale di prima istanza - Sezione affari familiari di Casablanca (Marocco), divenuta esecutiva in data 2 agosto 2007, con la quale, oltre alle statuizioni in tema di mantenimento, era stato disposto l’affidamento ad essa attrice del figlio minore. L’attrice esponeva: di avere contratto in Casablanca (Marocco) il 14 settembre 2003 matrimonio con L.P., cittadino italiano, matrimonio trascritto in Italia; che in data 24 settembre 2005 era nato in Genova il figlio; che il coniuge si era reso responsabile di atti di violenza domestica, denunciati presso le competenti autorita` marocchine, avendo tale comportamento indotto essa S.A. a proporre domanda di divorzio al Tribunale civile di Casablanca; che, a seguito dell’instaurazione del giudizio, L.P., con la complicita` della propria madre, in data 31 marzo 2007 aveva sottratto il figlio minore, trasferendolo fraudolentemente in Italia contro la volonta` di essa madre, come dalla prodotta denuncia; che sussistevano i requisiti di cui all’art. 67 della legge n. 218/1995 per il riconoscimento della citata sentenza, con la quale era stata, altresı`, prevista la facolta` per il padre di vedere il figlio una volta alla settimana dalle ore 8.00 alle ore 18.00; che nel corso del procedimento erano stati rispettati i diritti di difesa, in quanto L.P., rimasto contumace, aveva provveduto a nominare un proprio difensore; che, attesa la sottrazione del minore, si * Tra le sentenze della Corte di Cassazione citate in motivazione si possono leggere in questa Rivista: 1º agosto 2007 n. 16991, ivi, 2008, p. 755 ss.; 28 maggio 2004 n. 10378, ivi, 2005, p. 129 ss.; 25 luglio 2006 n. 16978, ivi, 2007, p. 432 ss.; s.u., 18 novembre 2008 n. 27338, ivi, 2009, p. 670 ss.
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rendeva necessario procedere giudizialmente al fine di ottenere l’attuazione della sentenza straniera. Il convenuto si opponeva all’accoglimento della domanda, in linea di fatto, negando che la crisi coniugale dipendesse dalla violenza subita dall’attrice, poiche´ le risultanze del prodotto certificato medico attenevano ad un episodio isolato ed eccezionale, di cui veniva ricostruita la dinamica, nonche´ affermando che il trasferimento del figlio in Italia, avvenuto il 31 marzo 2007, effettivamente senza il consenso di S.A., era stato realizzato da esso padre nel convincimento di agire nell’esclusivo interesse del minore ed auspicando che la madre si sarebbe convinta a raggiungerli. Il convenuto, in diritto, premesso che la legislazione marocchina in materia di famiglia a seguito della riforma del 2004 prevedeva l’affidamento, in caso di divorzio, in prima istanza dei figli minori alla madre, con la possibilita` per il padre, fino al raggiungimento del quindicesimo anno di eta` dei figli, di vederli solo una volta alla settimana dall’alba al tramonto, senza la previsione di piu` ampi periodi di visita ne´ di pernottamenti, non esistendo l’affidamento condiviso, allegava: la carenza di prova del passaggio in giudicato della sentenza straniera, donde la mancanza del presupposto di cui all’art. 64 lett. d della legge n. 218/1995, constandone esclusivamente l’esecutivita`; la contrarieta` della domanda ai principi di cui agli artt. 12 e 13 della convenzione dell’Aja sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, ratificata in Italia con la legge n. 64/1994 disponenti che, decorso piu` di un anno dal trasferimento del minore, questi doveva rimanere nel nuovo Paese ove si dimostrasse che il minore si era integrato nel nuovo ambiente. Respinte le istanze istruttorie proposte dal convenuto con la comparsa di costituzione e risposta, precisate all’udienza del 3 giugno 2009 le conclusioni ad opera delle parti attrice e convenuta, cosı´ come in epigrafe trascritte, nella pendenza dei termini di cui all’art. 190 cod. proc. civ., il Procuratore Generale, gia` intervenuto in giudizio con atto del 9 maggio 2008, formulava in data 22 settembre 2009 le proprie definitive conclusioni, del pari sopra riportate. Quindi, decorsi i termini per il deposito degli atti defensionali finali, la causa veniva decisa in camera di consiglio. Rileva il Collegio che in ordine ai capitoli di prova per interrogatorio formale e per testi, dedotti dal convenuto, (omissis) – va ribadito il contenuto dell’ordinanza in data 29 maggio-5 giugno 2008, con la quale l’istanza di ammissione all’esperimento delle suddette prove e` stata respinta con la motivazione: «che, come noto, nel procedimento di riconoscimento di una sentenza straniera di divorzio ai sensi degli artt. 64 ss. legge n. 218/1995 l’accertamento del giudice ha natura puramente dichiarativa, non costitutiva, risolvendosi nell’accertamento della sussistenza dei requisiti prescritti perche´ l’atto straniero possa esplicare i propri effetti in Italia; che la Corte di Appello adita deve limitarsi ad accertare l’esistenza di tali requisiti, indicati (per le sentenze) dall’art. 64, non potendo procedere ne´ ad una nuova statuizione sul rapporto sostanziale dedotto in giudizio dinanzi al giudice straniero ne´ ad accertamenti o statuizioni su questioni estranee al mero accertamento di quei requisiti (tra le piu` recenti enunciazioni del principio condiviso dalla dottrina, cfr. Cass., n. 16991 del 2007); che i mezzi istruttori si appalesano, pertanto, inammissibili, consistendo, altresı`, in valutazioni ed apprezzamenti insuscettibili di essere domandati ai testi; che le parti non risultano avere rinunciato ai termini di cui all’art. 183, comma sesto cod. proc. civ., tenuto conto dei chiarimenti, sollecitati
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dalla parte convenuta, in ordine al passaggio in giudicato della sentenza secondo la legge del luogo in cui e` stata pronunziata». Cio` posto, richiamato l’insegnamento della giurisprudenza di legittimita`, secondo cui il nuovo complesso della disciplina del riconoscimento delle sentenze straniere in Italia, cosı´ come configurato dalla legge di riforma del sistema italiano di diritto [internazionale] privato italiano n. 218 del 1995, non ha delineato un trattamento esclusivo e «differenziato» delle controversie in tema di rapporti di famiglia riconducendole obbligatoriamente nell’ambito operativo della disciplina di cui all’art. 65 (e percio` anche dei suoi presupposti), ma ha descritto, con l’art. 64, un meccanismo di riconoscimento di ordine generale (riservato in se` alle sole sentenze), valido per tutti tipi di controversie, ivi comprese percio` anche quelle in tema di rapporti di famiglia e presupponente il concorso di tutta una serie di requisiti descritti nelle lettere da a a g di questa ultima disposizione normativa: rispetto ad un tale modello operativo di ordine generale, la legge ha affidato poi, all’art. 65, la predisposizione di un meccanismo complementare piu` agile di riconoscimento – allargato, di per se` e questa volta, alla piu` generale categoria dei «provvedimenti» – riservato all’esclusivo ambito delle materie della capacita` delle persone, dei rapporti di famiglia o dei diritti della personalita` – il quale, nel richiedere il concorso dei soli presupposti della «non contrarieta` all’ordine pubblico» e dell’avvenuto «rispetto dei diritti essenziali della difesa», esige tuttavia il requisito aggiuntivo per cui i «provvedimenti» in questione siano stati assunti dalle autorita` dello Stato la cui legge sia quella richiamata dalle norme di conflitto (cfr. Cass., n. 10378/2004), occorre osservare che nella specie le parti hanno concordemente fatto riferimento alla previsione normativa di cui all’art. 64 della legge n. 218/1995, in base alla quale, pertanto, va esaminato il richiesto riconoscimento, fermo restando che l’interesse ad agire per l’accertamento dei requisiti del riconoscimento di sentenza straniera, ai sensi dell’art. 67 della legge n. 218/1995, sussiste tutte le volte in cui, in concreto, ricorra – come nella specie – almeno uno dei presupposti di cui al comma 1 di tale norma, e cioe` la mancata ottemperanza alla sentenza straniera, o la contestazione del suo riconoscimento, o la necessita` di procedere ad esecuzione forzata (v. Cass. s.u., n. 27338/2008; Cass., n. 16991/2007 citata). Quanto ai requisiti di cui alle lett. b e c dell’art. 64 della legge n. 218/1995 – la sussistenza dei quali non e` contestata ne´ dal convenuto ne´ dal Procuratore Generale – devesi considerare che non si tratta di pronuncia contumaciale, poiche´ detta sentenza consiste, come e` dato evincere dall’espositiva in fatto e dalla motivazione contenute nella sentenza medesima, in una pronuncia resa in merito a due contrapposte domande: la prima, proposta il 7 dicembre 2006 da S.A., risulta avere ad oggetto il divorzio, cui accedono i provvedimenti economici nonche´ quelli relativi al figlio minore, mentre la seconda domanda, proposta in data 13 dicembre 2006 da L.P., e` intesa alla condanna del coniuge a ritornare al domicilio coniugale. Tale dato chiarisce, sempre alla stregua delle risultanze della pronuncia straniera, che L.P., convenuto dinanzi al Tribunale di Casablanca, si e` costituito in giudizio con il patrocinio dell’avv. Freddane Jilali, omettendo, poi, di presentarsi personalmente sia all’udienza istruttoria del 28 febbraio 2007, nonostante la rituale notifica della fissazione di detta udienza, sia alla successiva udienza, tenutasi il 12 giugno 2007, del pari notificatagli, udienza, peraltro, alla quale era presente il di lui avvocato. Riguardo al requisito del passaggio in giudicato, previsto alla lett. d dell’art. 64 appare sufficiente evidenziare che l’attrice ha prodotto ...certificazione, redatta il 2
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agosto 2007 dai notai di diritto musulmano presso il Tribunale di prima istanza di Casablanca, attestante che la sentenza di divorzio emessa all’udienza del 16 luglio 2007 e` divenuta definitiva e irrevocabile – disponendosi, altresı`, la trascrizione della sentenza medesima nell’atto di matrimonio –, formula questa insuscettibile di essere confusa con l’esecutivita`, corrispondendo inequivocabilmente al passaggio in giudicato, verosimilmente per mancata impugnazione nel termine decorrente dalla pronuncia resa nel contraddittorio delle parti, l’una presente personalmente e l’altra, ossia il convenuto L.P., rappresentata dal difensore. Sotto tale profilo non si appalesano condivisibili i rilievi sollevati dal convenuto, il quale assume che, ove non sia prevista la possibilita` del gravame, «per cio` solo non potrebbe essere delibata in quanto palesemente contraria al nostro ordine pubblico a mente dell’art. 64 punto g», non costituendo neppure nell’ordinamento italiano principio ordinamentale di rango costituzionale quello del doppio grado di giurisdizione, come costantemente chiarito dalla giurisprudenza costituzionale e dalla giurisprudenza di legittimita`. Dato, quindi, atto che nessun elemento ostativo al riconoscimento consta per quanto concerna i requisiti di cui alle lett. e ed f dell’art. 64 in argomento, contrariamente alle deduzioni del convenuto, condivise dal Procuratore generale, devesi escludere che le disposizioni della sentenza, del cui riconoscimento si tratta, producano effetti contrari all’ordine pubblico. Infatti, la Suprema Corte nella soggetta materia ha chiarito che attiene in realta` all’«ordine pubblico» solo l’esigenza che lo scioglimento del matrimonio venga pronunciato solo all’esito di un rigoroso accertamento – condotto nel rispetto dei diritti di difesa delle parti, e sulla base di prove non evidenzianti dolo o collusione delle parti stesse – dell’irrimediabile disfacimento della comunione familiare, il quale ultimo costituisce l’unico inderogabile presupposto delle varie ipotesi di divorzio previste dall’art. 3 della legge n. 898/1970 (segnatamente, cosı´ Cass., n. 10378/2004) nonche´ precisando che il principio della non contrarieta` all’ordine pubblico della sentenza straniera di divorzio comporta che ad essa non puo` essere attribuita efficacia nell’ordinamento italiano solo se non abbia accertato, pur in presenza di presupposti in parte differenti da quelli previsti dal diritto interno il venir meno della comunione di vita e di affetti tra i coniugi; pertanto non puo` ritenersi contraria all’ordine pubblico la sentenza statunitense di divorzio pur in assenza di una pregressa separazione personale dei coniugi e nonostante la previsione dell’affido congiunto del figlio minore ad entrambi i genitori non accompagnato dalla predeterminazione di regole di comportamento dei genitori stessi (cfr. Cass., n. 16978/2006). In tale prospettiva, devesi osservare che alla sentenza di divorzio in discorso risulta sotteso siffatto accertamento dell’irreversibile dissoluzione della comunione familiare a seguito della condotta violenta del marito, comprovata dalle documentate lesioni personali dallo stesso arrecate al coniuge. In particolare, sono insuscettibili di essere condivisi i profili di preteso contrasto con l’ordine pubblico, ravvisati dal convenuto in riferimento all’affidamento del figlio alla madre, ai limiti dell’esercizio del diritto di visita del genitore non affidatario ed alla mancata previsione dell’ordinamento straniero dell’affidamento condiviso. In proposito va osservato che l’affidamento condiviso dei figli e` stato previsto nell’ordinamento italiano come regola generale soltanto dalla l. 8 febbraio 2006 n. 54, modificativa dell’art. 155 cod. civ., e che, comunque, nell’ordinamento italiano
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non vige assolutamente alcun divieto riguardo all’affidamento del minore ad uno solo dei genitori. Quanto, poi, al diritto di visita del genitore non affidatario occorre rimarcare che tale diritto risulta effettivamente riconosciuto nella sentenza di divorzio in oggetto e che le concrete modalita` di esercizio di tale diritto ineriscono alla valutazione della specifica situazione sottoposta a giudizio, come tali rimanendo estranee all’ambito di operativita` dei principi di. ordine pubblico. Ne´ attengono all’ambito della cognizione demandata nel presente giudizio di riconoscimento le disposizioni della convenzione dell’Aja del 1980, delle quali si trattera`, se del caso, in sede esecutiva di attuazione della sentenza straniera, dinanzi al giudice competente. Infine, risulta all’evidenza infondata la tesi, prospettata dal Procuratore Generale, ma non dal convenuto, secondo cui difetterebbe la giurisdizione del giudice del Marocco, con la conseguente insussistenza del requisito previsto dalla lettera a dell’art. 64 della legge n. 218/1995. Infatti, nel caso in esame il matrimonio e` stato contratto in Casablanca, come risulta dalla trascrizione agli atti dello stato civile del Comune di Genova..., tra una cittadina marocchina ed un cittadino italiano, entrambi residenti in Casablanca, come indicato nell’intestazione della sentenza straniera di divorzio. Soccorre, pertanto, l’insegnamento della Suprema Corte, inteso ad affermare che la formulazione prescelta, in tema di presupposti per il riconoscimento in Italia delle sentenze straniere, dalla lett. a dell’art. 64 della legge n. 218/1995 di riforma del sistema di diritto internazionale privato italiano, allorche´ riprendendo fra l’altro l’analogo requisito fissato dall’ormai abrogato art. 797 n. 1 cod. proc. civ. – richiede che il giudice straniero che abbia pronunciato la sentenza straniera potesse «conoscere della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale propri dell’ordinamento italiano», non intende designare altro concetto che quello secondo cui «tali principi non siano altro che quegli stessi in base ai quali, in casi corrispondenti, il giudice italiano esercita la sua giurisdizione nei confronti dello straniero» e che in base all’art. 64 lett. a della legge n. 218/1995 la competenza internazionale del giudice straniero si accerta secondo i principi in base ai quali il giudice italiano esercita in casi analoghi la giurisdizione nei confronti dello straniero; fra tali criteri e` il luogo della celebrazione del matrimonio, previsto dall’art. 32 della stessa legge (in particolare, cosı´ Cass., n. 20378 del 2004, citata). Dalle considerazioni che precedono discende l’accertamento della sussistenza di tutti i requisiti per il riconoscimento, con il conseguente accoglimento dell’attorea domanda. La statuizione sulle spese del giudizio – da distrarsi in favore del difensore – dichiaratosi antistatario – segue la soccombenza, criterio dall’applicazione del quale non sussiste ragione alcuna per discostarsi. P.Q.M., (la Corte), definitivamante pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, riconosce e dichiara efficace nella Repubblica italiana la sentenza n. 4134 del 15-16 luglio 2007 pronunciata dal Tribunale di prima istanza - Sezione affari familiari di Casablanca (Marocco) tra A.S. e P.L.; condanna il convenuto P.L. al rimborso, in favore dell’attrice A.S., delle spese del giudizio...; ordina all’Ufficiale dello stato civile del Comune di Genova di provvedere all’annotazione e trascrizione della presente sentenza nell’atto di matrimonio...
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Corte di Appello di Roma, sentenza 13 gennaio 2010 Presidente, Centurelli – Consigliere Rel., Mazzei – P.M., (concl. diff.) L.V. contro P.M.
In virtu` dell’art. 64 della legge 31 maggio 1995 n. 218, che ha introdotto il principio del riconoscimento automatico delle sentenze straniere passate in giudicato in presenza delle condizioni dettate dallo stesso articolo, e` inammissibile per carenza di interesse ad agire l’istanza diretta al riconoscimento di una sentenza canadese di divorzio nel caso in cui l’attrice sia interessata unicamente all’annotazione della sentenza a margine dell’atto di matrimonio, non ricorrendo le condizioni legittimanti previste all’art. 67 della stessa legge, che riserva la procedura giudiziale di accertamento dei requisiti per il riconoscimento alle sole ipotesi in cui debbano farsi valere gli effetti esecutivi del giudicato, ovvero sia necessario superare la contestazione degli altri effetti o la mancata ottemperanza. Ai fini del riconoscimento in Italia di una sentenza canadese di divorzio, non essendo applicabile la convenzione dell’Aja sull’abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri del 5 ottobre 1961, e` necessaria la legalizzazione della sentenza, in quanto la corrispondenza all’originale formato dal giudice straniero e` presupposta dagli artt. 64 ss. della legge n. 218/1995 e il giudice italiano non puo` attribuire efficacia validante a mere certificazioni di cancelleria dell’ufficio di provenienza dell’atto o di altro pubblico ufficiale dello Stato estero. 1* Svolgimento del processo. Con ricorso, depositato il 17 giugno 2008., L.V. ha chiesto di dichiarare l’efficacia nella Repubblica italiana della sentenza emessa in data 31 maggio 2000 dal Tribunale Superiore di Giustizia dell’Ontario (Canada), che ha pronunciato il divorzio con riguardo al matrimonio da lei contratto, in Roma, il 16 giugno 1990, con P.M., e, anche, della sentenza resa dal Tribunale ecclesiastico dell’Ontario, il 5 ottobre 2004, che ha dichiarato la nullita` del medesimo matrimonio. Il Pubblico Ministero, intervenuto con nota del 21 gennaio 2009, ha concluso a favore della delibazione della sola sentenza di divorzio. Alla prima udienza del 29 gennaio 2009 la Corte ha disposto il mutamento del rito, essendo stata la causa introdotta con ricorso, ordinando la citazione del convenuto, non costituitosi, per l’udienza del giorno 8 ottobre 2009, nel rispetto dei termini di comparizione. All’udienza dell’8 ottobre 2009 la L. ha ridotto la propria domanda originaria, richiedendo il riconoscimento della sola sentenza di divorzio e la Corte, constatata la mancata costituzione del P., ha dichiarato la sua contumacia, invitando l’attrice a documentare le ragioni del presunto rifiuto della trascrizione della sentenza straniera di divorzio da parte dell’ufficiale dello stato civile. Dopo un ulteriore rinvio, disposto all’udienza del 19 novembre 2009, per * Tra le sentenze citate in motivazione possono leggersi in questa Rivista: Cass. s.u., 18 novembre 2008 n. 27338, ivi, 2009, p. 670 ss.; Cass., 28 marzo 2003 n. 4742, ivi, 2004, p. 1070 s. (breve).
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consentire il completamento della documentazione richiesta, in data 10 dicembre 2009, acquisita l’attestazione dell’ufficiale di stato civile di Roma in merito alle ragioni della mancata trascrizione della suddetta sentenza per omessa legalizzazione delle firme apposte dall’autorita` straniera sull’atto oggetto del richiesto riconoscimento, la Corte, sulle conclusioni della L. e del Pubblico Ministero, come in epigrafe trascritte, si e` riservata di decidere. Motivi della decisione. Osserva preliminarmente la Corte che uno degli aspetti piu` innovativi della riforma del diritto internazionale privato, di cui alla l. 31 maggio 1995 n. 218 e` stata l’introduzione del principio del riconoscimento automatico, in presenza delle condizioni di cui all’art. 64 della stessa legge n. 218/1995 delle sentenze straniere passate in giudicato, nel loro effetto di cosa giudicata sostanziale e di cosa giudicata formale o processuale, sia tra le parti sia nei confronti dei giudici italiani, sotto l’aspetto positivo dell’obbligo di attenersi ad esse e sotto l’aspetto negativo dell’impedimento al formarsi di un giudicato italiano sulla stessa lite. E` stato, cosı´, generalizzato un principio che precedentemente era previsto solo da alcune convenzioni bilaterali e nel c.d. «sistema di Bruxelles» (convenzione di Bruxelles del 1968, con succ. mod., e convenzione di Lugano del 1988). Solo per far valere gli effetti esecutivi del giudicato, o per superare la contestazione degli altri effetti o la mancata ottemperanza, e` previsto un procedimento giudiziario di accertamento delle condizioni che consentono il riconoscimento automatico (cfr, in senso conforme, Cass. s.u., 18 novembre 2008 n. 27338). In particolare, l’art. 67 della legge n. 218/1995 cosı´ statuisce nei primi due commi: «1. In caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento della sentenza straniera o del provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, ovvero quando sia necessario procedere ad esecuzione forzata, chiunque vi abbia interesse puo` chiedere alla corte d’appello del luogo di attuazione l’accertamento dei requisiti del riconoscimento. 2. La sentenza straniera o il provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, unitamente al provvedimento che accoglie la domanda di cui al comma 1, costituiscono titolo per l’attuazione o per l’esecuzione forzata». Nella fattispecie in esame, va esclusa la ricorrenza di alcuna delle predette condizioni legittimanti il riconoscimento giudiziale della sentenza straniera che ha pronunciato il divorzio dei coniugi L.-P. E, invero, non sussiste e, neppure, e` stata allegata la mancata ottemperanza alla decisione, ne´ occorre procedere ad esecuzione forzata, essendo la L. interessata esclusivamente all’annotazione della sentenza canadese di divorzio a margine dell’atto di matrimonio da lei contratto con il P., il 16 giugno 1990, in questa citta` di Roma, come precisato nella domanda del 17 giugno 2008, qui proposta. Va aggiunto che, su invito di questo giudice, il difensore dell’istante ha prodotto, all’udienza del 10 dicembre 2009, corrispondenza dell’ufficiale dello stato civile del Comune di Roma, in data 4 e 9 dicembre 2009, da cui risulta che la L. solo molto recentemente, il 27 novembre 2009, si e` rivolta alla medesima autorita` amministrativa per ottenere l’annotazione della sentenza de qua nell’apposito registro, ricevendo dall’ufficiale di stato civile non un rifiuto, bensı` solo la richiesta di legalizzazione del documento a cura delle competenti autorita` preposte e, segnatamente, del «Mi.» (cfr., nel fascicolo di parte, le lettere del responsabile dell’ufficio di stato civile al Consolato italiano in Canada e al difensore della L., e, anche, la
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nota del Consolato generale d’Italia a Toronto sulle modalita` formali necessarie per la trascrizione nei registri italiani delle sentenze canadesi di divorzio). Al riguardo va ricordato che, in tema di riconoscimento di sentenze straniere, gli artt. 64 ss. della legge n. 218/1995, piu` volte citata, nulla dispongono in ordine alla autenticazione o validazione della sentenza straniera, presupponendo che, alla stregua delle norme di diritto internazionale vigenti nello Stato cui e` chiesto il riconoscimento, la sentenza sia incontrovertibilmente corrispondente al documento originale formato dal giudice straniero. In particolare, ove non sia applicabile la convenzione sull’abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri, adottata all’Aja il 5 ottobre 1961 e ratificata dall’Italia con l. 20 dicembre 1966 n. 1253, come si verifica nel caso in esame concernente sentenza emessa da giudice di Paese (Canada) che non ha prestato adesione alla predetta convenzione, e` necessaria la legalizzazione; mentre, ove la sentenza provenga da giudice di Stato che ha aderito alla ripetuta convenzione, e` sufficiente il rilascio, da parte dell’autorita` designata dallo Stato di formazione dell’atto, di apposita apostille, peraltro pure mancante con riguardo alla sentenza di divorzio qui dedotta, da apporre sull’atto stesso o su un suo foglio di allungamento, secondo il modello allegato alla medesima Convenzione. In assenza, dunque, della necessaria forma legale di autenticita` del documento (legalizzazione o apostille), il giudice italiano non puo` attribuire efficacia validante a mere certificazioni di cancelleria dell’ufficio di provenienza dell’atto di altro pubblico ufficiale dello Stato estero (conformi: Cass., 14 novembre 2008 n. 27282; e 28 marzo 2003 n. 4742). Alla stregua di tutto quanto precede, va pertanto dichiarata l’inammissibilita` della domanda per mancanza di interesse ad agire, non essendo necessario l’intervento giurisdizionale per il riconoscimento, in Italia, della sentenza straniera de qua, peraltro non ancora munita dei requisiti formali di autenticita`. L’esito raggiunto assorbe ogni altra questione. Attesa la soccombenza dell’attrice e la contumacia del convenuto, nulla va disposto in merito alle spese processuali. P.Q.M., la Corte di Appello di Roma, definitivamente pronunciando sulla domanda, come sopra proposta, da L.V. nei riguardi di P.M., cosı´ provvede: dichiara l’inammissibilita` della domanda; nulla per le spese.
Tribunale penale di Pesaro, ordinanza 10 febbraio 2010 Giudice, Mussoni Nel procedimento relativo a Pirani, Ferri, Barbetti P., Barbetti F., Barbetti G.
Ai sensi dell’art. 51 della legge 31 maggio 1995 n. 218, al fine di determinare se una statua greca attualmente negli Stati Uniti, rinvenuta in alto mare da una nave battente bandiera italiana, sia stata illegittimamente trasferita all’estero, occorre fare riferimento alla legge dello Stato in cui il bene si trovava al tempo del trasferimento stesso.
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Ai sensi degli artt. 240 cod. pen. e 174 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, deve essere ordinata la confisca del predetto bene culturale di interesse storico e archeologico di proprieta` dello Stato italiano, al tempo dei fatti alienabile solo con la prescritta autorizzazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 826 e 828 cod. civ. e 23 e 24 della legge 1º giugno 1939 n. 1089, ora inalienabile ai sensi del combinato disposto degli artt. 54 comma 2 lett. a e 61 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, e il cui trasferimento all’estero e` nullo ai sensi dell’art. 35 della legge n. 1089/1939 applicabile ratione temporis. 1* (Il Tribunale) Osserva. (Omissis) ...dalla ricostruzione appena delineata emergono almeno quattro dati fondamentali: 1) La provenienza del bene dall’Italia, in quanto e` stata accertata l’identita` tra il bronzo detenuto dal Getty Museum e quello trovato dai pescherecci italiani al largo delle coste della citta` di Fano. 2) La sua storia di clandestinita` atteso che, dopo il rinvenimento fortuito, la stessa e` stata introdotta illegalmente dagli indagati nel territorio dello Stato italiano, ivi occultata e venduta sempre illegalmente ed, infine, esportata clandestinamente, in assenza di qualsiasi licenza e/o autorizzazione, forse in Brasile, come hanno sostenuto HerzerArtemis ed i loro legali, forse a Londra e da qui in Germania dopo l’acquisto da parte di Herzer, come sostenuto da Hoving. 3) La consapevolezza da parte del Getty Museum che il bronzo proveniva dall’Italia e che coloro che lo avevano trovato e poi rivenduto ad Herzer-Artemis erano stati processati ed assolti dall’A.G. italiana per il delitto di ricettazione ed, inoltre, che era stato iscritto dall’A.G. di Gubbio anche un procedimento contro ignoti per il reato di esportazione clandestina del bene. 4) La mancanza del titolo originario di acquisto del bene da parte del dante causa del Getty Museum, titolo che non poteva esserci, proprio perche´ Herzer ed Artemis avevano acquistato il bronzo illegalmente dai venditori italiani, cioe` gli attuali indagati, che lo avevano fatto uscire clandestinamente dall’Italia. Trattasi di circostanze decisive, perche´ dimostrano univocamente, come di seguito si dira` affrontando le problematiche in materia di confisca, se non la piena consapevolezza della illecita esportazione della statua da parte del Getty Museum, quantomeno, una grave negligenza ed il conseguente collegamento tra l’attuale detentore del bene ed il reato contestato al capo a della rubrica, che non consente di qualificare il Museum «persona estranea al reato», ai sensi dell’art. 174 comma 3 d.lgs. n. 42/2004. 3. Il regime giuridico del bene. Cosı´ delineato il contesto storico e fattuale delle vicende della statua, al fine di individuarne il regime giuridico di circolazione, occorre ancora una volta un preliminare richiamo alle considerazioni gia` svolte nell’ordinanza del 12 giugno 2009. (Omissis) Cosı´ accertata la giurisdizione penale di questa A.G., diventa necessario verificare il regime giuridico che disciplina la circolazione del bene sotto il profilo civilistico, punto di partenza per stabilire se il bene sia stato esportato o meno illegalmente dall’Italia, per il fatto stesso di essere entrato nello Stato italiano dopo essere stato trovato in acque presumibilmente internazionali. * Si veda in materia l’articolo del prof. Scovazzi a p. 5 ss. di questo fascicolo della Rivista; cfr. ivi, a p. 149 ss., anche l’ordinanza del Tribunale di Pesaro 12 giugno 2009.
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Al riguardo, occorre innanzitutto far riferimento all’art. 51 l. 31 maggio 1995 n. 218, che costituisce la norma di collegamento di diritto internazionale privato. Tale disposizione stabilisce «che il possesso, la proprieta` e gli altri diritti reali sui beni mobili ed immobili sono regolati dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano. La stessa legge ne regola l’acquisto o la perdita». In questo procedimento, il luogo rilevante ai fini dell’individuazione del regime giuridico applicabile non puo` che essere il territorio italiano, dove il bene si trovava al momento del suo trasferimento all’estero, presupposto da cui non si puo` prescindere, proprio perche´ si deve giudicare, seppur in via incidentale (in relazione alla particolare tipologia di accertamento riservato all’odierna fase processuale), se la scultura sia stata illegittimamente esportata dal territorio dello Stato italiano. La legge di riferimento anche sotto il profilo civilistico e` dunque quella italiana, anche se la scultura attualmente si trova all’estero. Del resto, l’applicabilita` della normativa italiana che regola la circolazione dei beni culturali ed, in particolare, delle cose di interesse storico ed archeologico e` stata affermata concordemente dalle parti processuali e sviluppata con approfondite argomentazioni dai difensori del Paul Getty Museum (cfr. memoria a firma dell’Avv. Prof. E. Rimini depositata agli atti in data 9 gennaio 2010). Infatti, nelle articolate memorie depositate in data 9 gennaio 2009, poi sviluppate ed approfondite nel corso della discussione, i difensori del Paul Getty Museum hanno in sintesi sostenuto che: 1) la statua non puo` essere considerata res extra commercium. In particolare, sulla base delle disposizioni di cui agli artt. 822 e 826 cod. civ. e degli artt. 53, 54, 91, 92, quarto comma del Codice dei beni culturali e del paesaggio i difensori sostenevano che: «Gia` dal combinato esame delle predette disposizioni normative, si puo` pervenire alla conclusione in virtu´ della quale un bene mobile archeologico non puo` essere considerato sottoposto ad un regime di inalienabilita` assoluta, in quanto – a meno che esso non faccia parte di raccolte di musei, delle pinacoteche, degli archivi e delle biblioteche – non e` un bene demaniale. Tale prima importante constatazione permette di sostenere, in termini ancora piu´ semplici, che i beni mobili archeologici (ma lo stesso principio deve valere per l’intera categoria dei beni mobili culturali) non si possono ritenere tout court extra commercium. Siffatti beni, infatti, se non fanno parte «delle raccolte di musei, delle pinacoteche, degli archivi e delle biblioteche, devono essere ricondotti nell’ambito del patrimonio indisponibile dello Stato e degli Enti pubblici... Ed essi in quanto tali... non possono essere caratterizzati da una incommerciabilita` assoluta, come invece accade per i beni demaniali di cui all’art. 822, secondo comma cod. civ.». 2) Anche nel caso di un bene mobile archeologico possono pertanto, da un lato, ricorrere fattispecie di acquisto a non domino (come avvenuto nella vicenda del c.d. Getty bronze), dall’altro, di usucapione ordinaria poiche´ «le situazioni possessorie, soprattutto, se protratte ininterrottamente per tutto l’arco temporale contemplato dall’art. 1161, secondo comma cod. civ., potrebbero avere un rilievo decisivo al fine della attribuzione ex lege della piena proprieta` al possessore, che non versasse in una condizione di buona fede e non sia diventato tale in base al titolo astrattamente idoneo a trasferirla. In una parola, i beni mobili archeologici non appartenenti al demanio possono certamente venire usucapiti in via ordinaria». 3) Il Museo Getty, per effetto del possesso continuato del bene dal momento del suo acquisto (avvenuto nel novembre 1977) fino ad oggi, ne e` divenuto il
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legittimo proprietario, in presenza di tutti gli elementi costitutivi di cui all’art. 1153 cod. civ., ovvero, un titolo idoneo, la consegna materiale del bene e uno stato di buona fede soggettiva, peraltro, da presumersi, salvo prova contraria da offrire da parte del dominus. Cio` posto, nell’esaminare le complesse problematiche giuridiche sottese alla vicenda in esame, appare opportuno delineare nelle linee essenziali, il quadro normativo che nel nostro ordinamento disciplina il regime di circolazione dei beni culturali ed, in particolare, di quelli di interesse storico ed archeologico, categoria in cui rientra certamente la statua denominata «Atleta Vittorioso» e cio`, anche e soprattutto in considerazione delle allegazioni difensive. La prima fondamentale legge di riferimento in materia di beni culturali ed in particolare di beni archeologici, e` sicuramente la legge n. 1089 del 1939, anche se gia` una prima tutela per tale categoria di beni si rinviene nella l. 12 giugno 1902 n. 185 che ne stabiliva la inalienabilita` considerandoli beni indisponibili e nella legge n. 364/1909 che prevedeva per i reperti archeologici solo un regime di proprieta` pubblica. La legge n. 1089 del 1939, pur senza procedere a qualificare il genus beni culturali, ne consentiva l’alienazione previa autorizzazione ministeriale, ai sensi degli artt. 23-24 «secondo una disciplina analoga a quella dei beni pubblici rientranti nel patrimonio indisponibile». 1 Infatti la legge n. 1089 del 1939 stabiliva negli artt. 23 e 24 che sia le cose mobili, che quelle immobili, quando appartengono allo Stato, alle province o ai comuni, sono inalienabili, ma che il Ministro della pubblica istruzione sentito il Consiglio superiore delle antichita` e belle arti, puo` autorizzarne l’alienazione, purche´ non derivi danno alla loro conservazione e non ne sia menomato il pubblico godimento. Per la legge speciale quindi, le cose di interesse storico ed archeologico erano disciplinate secondo un regime che si ispirava al criterio della semplice indisponibilita`, quello cioe` che il codice civile adotta nei riguardi dei beni che fanno parte del patrimonio indisponibile, i quali per la loro particolare condizione giuridica, non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi previsti dalle leggi che li riguardano (regime poi ribadito nell’art. 828 cod. civ.). L’art. 35 della stessa legge, subordinava l’esportazione del bene culturale archeologico al rilascio di un attestato di libera circolazione, c.d. «licenza di esportazione», mentre l’art. 66 della legge n. 1089/1939, prevedeva la confisca delle cose di interesse storico-archeologico esportate abusivamente, cioe` in assenza dell’attestato di libera circolazione. Con l’entrata in vigore del codice civile, il legislatore ha inserito tra i beni appartenenti al demanio pubblico, agli artt. 822-824 cod. civ. anche i beni immobili riconosciuti d’interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, delle biblioteche e infine gli altri beni assoggettati al regime proprio del demanio pubblico. Nel successivo art. 823 cod. civ. viene stabilito un regime di inalienabilita` assoluta dei beni facenti parte del demanio pubblico. Con la previsione di un divieto assoluto di alienazione per i beni elencati nell’art. 822 cod. civ. e` stato inserito «un primo elemento di antinomia nella ma1 Buonauro, Articolo 53, Beni del demanio culturale, in Leone, Tarasco (a cura di), Commentario al codice dei beni culturali e del paesaggio, 2006, p. 377.
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teria», 2 atteso che e` stato previsto un regime giuridico diverso da quello introdotto dalla legge speciale del 1939. Il contrasto e` stato risolto dalla giurisprudenza nel senso della abrogazione della norma anteriore per effetto di quella successiva incompatibile con la prima, con conseguente superamento della disciplina stabilita dagli artt. 23 e 24 della legge n. 1089/1939, a favore di un regime di inalienabilita` assoluta ed inusucapibilita` ex art. 823 cod. civ. Con riferimento al bene in contestazione, tuttavia, il codice civile non ha introdotto nessuna sostanziale innovazione, atteso che con la previsione dell’art. 826 cod. civ., le cose di interesse storico ed archeologico sono state inserite nel patrimonio indisponibile dello Stato, regime che comporta come conseguenza una limitazione soltanto relativa alla facolta` di alienare, ai sensi dell’art. 828 cod. civ. Ne deriva che l’alienazione che abbia per effetto il mutamento della destinazione del bene o che comunque, sia avvenuta in violazione delle leggi che lo riguardano, deve ritenersi viziata con conseguente annullabilita` del negozio giuridico. 3 La successiva legge n. 127 del 1997 all’art. 12 comma 3 ripristinava una disciplina unitaria rendendo applicabili alle alienazioni dei beni di interesse storico ed artistico effettuate dallo Stato, dai Comuni e dalle Province, «le disposizioni di cui all’articolo 24 e seguenti della legge 1º giugno 1939, n. 1089». Due anni dopo, il d.lgs. n. 490 del 29 ottobre 1999 ristabiliva il principio della inalienabilita` assoluta dei beni culturali di cui all’art. 822 cod. civ., appartenenti agli enti pubblici territoriali, assoggettandoli al regime proprio del demanio pubblico. In questo contesto normativo caratterizzato da continui ripensamenti, e` intervenuto il d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, recante «Il Codice dei beni culturali e del paesaggio», che ha organizzato e ricondotto ad unita` il sistema, con diverse innovazioni, ma sempre nel senso di una sostanziale continuita` con la legge n. 1089 e il t.u. del 1999. Il codice Urbani all’art. 54 distingue tra le tipologie dei beni culturali, quelli assolutamente inalienabili previsti dall’art. 54 e le restanti species di beni culturali, per i quali e` confermato un regime di inalienabilita` relativa, essendo la circolazione degli stessi sottoposta ad un sistema di controllo preventivo di tipo autorizzativo. Con la disciplina prevista nell’art. 54, il legislatore ha distinto tre ipotesi «con una graduazione correlata alla diversa intensita` della funzione culturale attribuita a ciascuna tipologia di bene: 1) beni per i quali, coerentemente alla natura demaniale, vige il divieto assoluto di alienazione (art. 54 commi 1 e 2, ad eccezione della lett. a; 2) beni per i quali e` previsto il divieto di alienabilita`, a condizione che il procedimento di verifica dell’interesse culturale dia esito positivo (art. 54 comma 2 lett. a); 3) i restanti beni demaniali soggetti ad un divieto di alienazione relativo, perche´ collegato ad una autorizzazione ministeriale, la quale rappresenta anche un provvedimento implicito di sdemanializzazione». 4 In sostanza, secondo la previsione dell’art. 54, i beni elencati dai commi 1 e 2 2
Buonauro, Articolo 53 cit. Cass. s.u., 6 aprile 1966 n. 898, in Foro italiano - giurisprudenza costituzionale e civile, 2962; TAR Toscana, Sez. I, 5 maggio 2003 n. 1488. 4 Buonauro, Articolo 54, Beni del demanio culturale, in Commentario cit., p. 383. 3
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(ad eccezione della lett. a del secondo comma) sono quelli dotati di forte valenza culturale per i quali la tutela e` massima e si concretizza in una permanente sottrazione a qualsivoglia regime circolatorio. Il reperto che viene nel caso di specie in rilievo puo` essere annoverato entro la fattispecie di cui all’art. 54 comma 2 lett. a, che si riferisce alle «cose immobili e mobili appartenenti ai soggetti indicati dall’art. 10, comma 1» (ossia Stato, Regioni, altri enti pubblici territoriali, ogni altro ente ed istituto pubblico, persone giuridiche private senza fine di lucro) «che siano opera di autore non piu´ vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni, fino alla conclusione del procedimento di verifica previsto dall’art. 12» (la norma e` stata modificata dal d.lgs. 24 marzo 2006 n. 156 con cui e` stato eliminato il riferimento al procedimento di sdemanializzazione che «poteva provocare problemi di coordinamento delle disposizioni»). 5 E` stato previsto anche in tal caso un divieto assoluto di alienazione: si tratta del «secondo livello di protezione (che) ha natura sostanzialmente cautelare in quanto e` destinato fondamentalmente ad evitare che alcuni beni presuntivamente interessanti (in quanto ultracinquantennali ed opera di autore non piu´ vivente) possano essere indiscriminatamente alienati. Per questi opera una sorta di presunzione di interesse pubblico, che puo` essere superata solo a seguito di uno specifico procedimento amministrativo di valutazione della rilevanza culturale degli stessi». 6 Il divieto assoluto di alienazione di cui all’art. 54 comma 2 lett. a, e` strettamente correlato e trova conferma nell’art. 65 dello stesso codice, che in materia di circolazione in ambito internazionale, vieta «l’uscita definitiva dal territorio della Repubblica dei beni culturali mobili indicati nell’art. 10, commi 1, 2 e 3. E` vietata altresı´ l’uscita: a) delle cose mobili appartenenti ai soggetti indicati all’art. 10, comma 1, che siano opera di autore non piu´ vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni, fino a quando non sia effettuata la verifica prevista dall’art. 12». 4. L’acquisto di beni mobili culturali in violazione dei divieti di legge. Regime della invalidita` dell’alienazione. Il reperto e` attualmente detenuto dal Paul Getty Trust che lo ha acquistato, come gia` detto, nel 1977. E` necessario quindi verificare la natura e la rilevanza giuridica nel nostro ordinamento della relazione materiale tra il bene ed il soggetto che ne ha la disponibilita`, tenuto conto delle circostanze di fatto e delle modalita` dell’acquisto, come delineate al par. 2, dopodiche´, si dovra` accertare se tale dominio possa essere sussunto nel concetto di appartenenza a cui fa riferimento tanto il comma 3 dell’art. 174 d.lgs. n. 42/2004, quanto il comma 2 n. 2 dell’art. 240 cod. pen. Le due norme appaiono, entrambe, astrattamente rilevanti in quanto la prima impone la confisca dei beni culturali illecitamente esportati, salvo che appartengano a persona estranea al reato; mentre la seconda (comma 2 n. 2) impone la confisca delle cose la cui alienazione costituisce reato, qualora la circolazione non possa avvenire neppure mediante autorizzazione amministrativa, anche se appartenenti a terzi di buona fede. In tale prospettiva, appare opportuno considerare innanzitutto la normativa in 5 Rossi, La circolazione dei beni culturali, in Commentario al codice dei beni culturali e del paesaggio, 2007, p. 241, nota 4. 6 Buonauro, Articolo 54 cit., p. 383.
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vigore al momento in cui si e` perfezionata la alienazione in favore del Paul Getty Trust. Si e` gia` evidenziato come, per i beni mobili di interesse storico, artistico ed archeologico, sino all’entrata in vigore del codice Urbani vigesse un regime di inalienabilita`, salva autorizzazione ministeriale. L’art. 61 imponeva la «nullita` di pieno diritto» per «le alienazioni, convenzioni e gli atti giuridici in genere, compiuti contro i divieti stabiliti dalla presente legge o senza l’osservanza delle condizioni e modalita` da essa prescritte». L’art. 35, a sua volta, vietava la esportazione delle cose indicate all’art. 1 qualora ne fosse derivato danno per il patrimonio storico e culturale nazionale. In relazione al divieto posto dall’art. 61, ed in particolare alla sanzione della nullita` «di pieno diritto» ivi prevista, la giurisprudenza di legittimita` ha sostenuto trattarsi di nullita` relativa, stabilita nell’esclusivo interesse dello Stato il quale, soltanto, sarebbe legittimato a farla valere (il vizio non sarebbe quindi rilevabile non solo dai privati contraenti ma, neppure, dal giudice ex officio). 7 In questo contesto, la giurisprudenza di legittimita`, seppur seguendo in alcuni casi percorsi logico argomentativi differenti, e` sempre pervenuta alla conclusione di negare che il terzo, il quale in buona fede avesse acquistato beni mobili culturali in violazione dei divieti stabiliti dalla legge n. 1089/1939 ne fosse divenuto proprietario, con conseguente ritenuta inoperativita`, non solo del disposto di cui all’art. 1153 cod. civ. (acquisto a non domino in base a titolo astrattamente idoneo da parte dell’acquirente di buona fede a seguito di traditio), ma anche, delle disposizioni di cui all’art. 1161 cod. civ. (usucapione abbreviata decennale dei beni mobili da parte del possessore di buona fede ovvero ventennale in caso di mala fede, qualora manchi un titolo anche solo astrattamente idoneo). Con riferimento alla problematica dell’acquisto a non domino, la Suprema Corte, pur prendendo le mosse dalla ritenuta relativita` della nullita` del negozio traslativo, come tale opponibile soltanto alle parti originarie e non al terzo acquirente di buona fede, ha negato l’applicabilita` alla successiva alienazione dell’art. 1153 cod. civ. in forza dell’art. 32 legge n. 1089/1939. 8 Tale norma oltre a regolare l’esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato vieta espressamente all’alienante di effettuare la consegna del bene: 9 «il 7
In tal senso, tra le altre, Cass. s.u., 15 maggio 1971 n. 590, in Foro it., 1971, I, 2829; Cass., 14 febbraio 1975 n. 590, in Foro it., 1975, I, 1107; Cass. s.u., 9 dicembre 1985 n. 6180, in Giust. civ. Mass., 1985, fasc. 12; 24 novembre 1989 n. 5070; Cass., 12 giugno 1990 n. 5688, in Rep. Giur. it., 1990, voce «Antichita` e belle arti», n. 26; 26 aprile 1991 n. 4559, in Mass. Giur. it., 1991, 385. 8 Si veda ora l’art. 61 comma 4 d.lgs. n. 42/2004. 9 Va sin d’ora evidenziato come la fattispecie concreta riguardasse la cessione, da parte del rettore della Chiesa di S. Maria delle Grazie in San Sepolcro, di due sportelli di un tabernacolo senza la prescritta autorizzazione amministrativa. L’acquirente provvedeva quindi a rivenderli ad un terzo di buona fede che, a conclusione del procedimento penale, ne rivendicava la proprieta` chiedendone la restituzione; si trattava, pertanto, di alienazione di bene appartenente ad ente o istituto legalmente riconosciuto diverso dallo Stato o da altro ente o istituto pubblico ex art. 26 legge n. 1089/1939. Si e` in particolare sottolineato come nel caso di bene appartenente allo Stato o ad altro ente di cui all’art. 23 si sarebbe trattato di bene extra commercium (Deangeli, Sull’opponibilita` al terzo di buona fede della nullita` dell’alienazione di bene artistico, in Giur. it., 1994, I, 1245).
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rispetto di tale specifico divieto impedisce l’applicabilita` nella specie della regola generale per il trasferimento della proprieta` dei beni mobili posta dall’art. 1153 cod. civ., secondo cui l’immissione nel possesso mediante consegna della cosa ‘‘vale titolo’’ (sana, cioe`, l’inefficacia del titolo a produrre il trasferimento della proprieta`, inefficacia dovuta al fatto che, pur essendo idoneo alla causa sua tipica a provocarlo, proviene a non domino). Deve, infatti, ritenersi che la consegna della cosa..., cui l’art. 1153 cod. civ. si riferisce per produrre gli effetti ivi stabiliti, debba essere non vietata dalla legge per motivi di ordine superiore all’interesse privato alla certezza del commercio mobiliare che la predetta norma vuole assicurare» (Cass., 7 aprile 1992 n. 4260, in Giur. it., 1994, I, 1248). Ancora piu´ incisiva, seppur fondata su argomentazioni diverse la recentissima sentenza Cass. pen., 27 gennaio 2009 (ud. 4 dicembre 2008) n. 3712, la quale ha statuito che «l’art. 61 della legge» n. 1089/1939 «dichiara nulli di pieno diritto le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere aventi ad oggetto beni vincolati» con cio` ponendo un divieto assoluto non solo di alienazione ma anche di consegna dei beni del patrimonio artistico, appartenenti in Italia in gran parte ad enti morali cui si riferisce la sezione prima del capo terzo della legge citata, al di fuori delle procedure previste dalla legge con riguardo alla denuncia imposta affinche´ lo Stato possa esercitare il diritto di prelazione ed al divieto di consegna nel termine previsto per l’esercizio di tale diritto, con conseguente nullita` assoluta non solo della prima «alienazione» ma anche di quelle successive, indipendentemente dalla buona fede dell’acquirente. Orbene la limitazione del divieto previsto dalla legge soltanto agli atti di compravendita, proposta dal ricorrente, cozza, prima ancora che con la ratio, con la stessa lettera della legge che dichiara la nullita` di pieno diritto di tutti gli atti giuridici in genere attraverso cui si trasferisce la proprieta`, con conseguente inapplicabilita` della regola generale di cui all’art. 1153 cod. civ. tutte le volte in cui il primo acquisto sia avvenuto in violazione delle procedure di legge. Ne consegue che l’acquirente finale del bene appartenente al patrimonio artistico dello Stato... non puo` invocare la buona fede ovvero la esistenza di un primo acquisto a titolo originario (quale l’acquisto all’asta del bene) poiche´ tutti gli atti giuridici di acquisto di tali beni sono nulli, se non sono state esperite le procedure di legge, come espressamente disposto dalla norma citata, che... ha voluto evitare, con espressioni addirittura enfatiche, l’aggiramento del divieto legislativo attraverso atti giuridici di qualsiasi tipo che consentissero al terzo di invocare la propria buona fede qualora, al momento dell’acquisto, non si fosse accertato della esistenza della previa autorizzazione ministeriale alla alienazione. 10 10
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava la confisca dell’opera d’arte denominata «Polittico Mormino attribuito al pittore bolognese Antonio Rimpatta». Si legge nella sentenza «Il Polittico Mormino era stato acquistato da un privato nel 1977 a seguito di una espropriazione mobiliare promossa dalla Esattoria Comunale di Napoli e successivamente, dopo alcuni passaggi, era pervenuto al Maj e quindi era entrato in possesso di tale Poma Arnaldo residente in Svizzera; rientrato in Italia, per esigenze di restauro, il Polittico era stato oggetto di contestazione tra privati ed in tale ambito era iniziato, su denuncia del Maj, il procedimento penale per appropriazione indebita a carico del terzo, poi esteso al Maj e concluso con la archiviazione per il Maj per prescrizione e per il terzo per insussistenza delle condizioni previste dall’art. 10 cod. pen., con contestuale confisca dell’opera, di rilevante valore artistico che era gia` stata consegnata, nel 1992, alla Sovrintendenza per i beni storici ed artistici di Fi-
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Con riferimento al secondo profilo relativo all’usucapione, il Giudice di legittimita` ha sostenuto la impossibilita` di un possesso valido ai fini dell’usucapione dei beni di cui all’art. 826 cod. civ. (cfr. Cass., 10 febbraio 2006). Il caso sottoposto alla valutazione della Suprema Corte riguardava reperti archeologici, gia` sequestrati in sede penale (il relativo procedimento, promosso in relazione alle ipotesi di reato di furto archeologico e ricettazione si era precedentemente concluso con una sentenza di assoluzione, attesa la impossibilita` di accertare esattamente l’epoca del rinvenimento) e quindi sottoposti a sequestro giudiziario, in relazione ai quali il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali aveva promosso azione di accertamento della proprieta` pubblica. Il detentore, convenuto in giudizio, eccepiva, tra l’altro, l’intervenuta usucapione dei reperti. La Corte concludeva per l’infondatezza del motivo di ricorso in quanto «l’appartenenza dei beni al patrimonio indisponibile dello Stato, che si estrinseca nell’impossibilita` di sottrarli all’uso cui sono destinati, ne impedisce la maturazione del possesso ad usucapionem (Cass., 1 luglio 2004 n. 12023, rv. 573981): i beni culturali sono destinati alla pubblica fruizione... e l’ordinamento non ne consente, se non in casi eccezionali e a determinate condizioni, la proprieta` privata a scopo di collezionismo, che corrisponde ad un uso privato esclusivo (Cass., 28 agosto 2002 n. 12608, rv. 557167; n. 2995/2006)». In conclusione, quindi, la prospettiva teorica da cui muove la Suprema Corte nel sostenere la inapplicabilita` dell’art. 1153 cod. civ. e, ulteriormente, dell’art. 1161 cod. civ. non appare sempre coincidente, in quanto condizionata dall’esegesi della portata del divieto di cui all’art. 61 legge n. 1089/1939. Il punto fondamentale e` costituito dalla «idoneita` del titolo». Invero, secondo la dottrina tradizionale, titolo idoneo (seppur solo astrattamente, non essendo il venditore proprietario) ex art. 1153 cod. civ. e` anche quello «caducabile» (ossia annullabile, risolubile, rescindibile o comunque affetto da vizio sanabile mediante conferma, ratifica o convalida); ne rimarrebbero pertanto esclusi soltanto gli atti giuridici nulli e quelli carenti di efficacia iniziale (contratti sottoposti a condizione sospensiva). 11 Cio` spiega le ragioni che hanno indotto la giurisprudenza di legittimita` chiamata a pronunciarsi circa l’operativita` dell’art. 1153 cod. civ., nel caso di acquisto di bene culturale da parte di soggetto di buona fede, in alcuni casi, a negare la sussistenza di un titolo astrattamente idoneo (stabilisce infatti il principio di nullita` assoluta la citata Cass. pen., n. 1372/2009) ed, in altri, muovendo dal presupposto della ritenuta nullita` relativa degli atti compiuti in violazione dell’art. 61 (con conseguente sussistenza, in caso di successiva rivendita, di un titolo astrattamente idoneo), a sostenere l’impossibilita` di configurare una legittima traditio. Con riguardo alla norma di cui all’art. 1161 cod. civ. in tema di usucapione renze la quale aveva provveduto ad importanti opere di restauro con fondi pubblici» (Cass. pen., n. 3712/2009 cit.). Come si vede, la Suprema Corte, con la pronuncia da ultimo indicata, pur ponendosi nel solco dell’indirizzo gia` tracciato (viene infatti valorizzato il divieto di consegna ex art. 32), se ne discosta allorche´ qualifica la nullita` di cui all’art. 61 della legge come nullita` assoluta. 11 De Martino, Del possesso, in Commentario Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1984, p. 76 s.; Mengoni, Gli acquisti «a non domino», Milano, 1975, p. 184. In giurisprudenza si veda Cass., 6 aprile 1982 n. 2103, in Giur. it., I, 1, 821.
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(abbreviata) decennale o ventennale, a seconda della buona o mala fede dell’accipiens, atteso che la disposizione in esame non richiede ne´ titolo (astrattamente) idoneo ne´ consegna, la Suprema Corte ha negato in radice la possibilita` di usucapire i beni di cui all’art. 826 cod. civ. Passando ad esaminare la disciplina dettata dal codice Urbani, si e` gia` evidenziato che l’art. 54 comma 2 lett. a, pone un divieto di alienazione assoluta dei beni culturali sino alla conclusione del procedimento di verifica di cui all’art. 12, divieto non superabile neppure tramite autorizzazione ministeriale. Tale totale indisponibilita` e` confermata dal successivo art. 56, che nel riprodurre in sostanza la disposizione dettata dall’art. 55 per i beni immobili, richiede l’atto di autorizzazione per «l’alienazione dei beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni ed agli altri enti pubblici territoriali e diversi da quelli indicati negli articoli 54, commi 1 e 2, e 55, comma 1»: per tali categorie di beni viene dunque confermato il regime di inalienabilita` assoluta che si traduce nella non commerciabilita` degli stessi. In ogni caso, sia che si faccia riferimento alla nullita` «di pieno diritto» prevista dall’art. 61 legge n. 1089/1939 nelle due interpretazioni della nullita` assoluta o relativa degli atti di alienazione compiuti in violazione delle disposizioni della stessa norma, sia che si ritengano applicabili gli artt. 54 e 55 del codice Urbani, si deve necessariamente pervenire alla stessa conclusione: l’attuale detentore del reperto non ne ha acquistato, in base alla disciplina privatistica italiana, la proprieta` secondo quanto disposto dagli artt. 51 ss. legge n. 218/1995. E` stato infatti accertato che tutti gli atti di alienazione della scultura ed il suo trasferimento all’estero sono avvenuti clandestinamente, in assenza dei prescritti titoli autorizzativi e della licenza di esportazione da parte delle competenti autorita` italiane, in violazione delle disposizioni della legge n. 1089/1939 allora in vigore, ma anche delle disposizioni dell’attuale codice Urbani, che come si e` gia` evidenziato si pone in rapporto di continuita` normativa con la precedente legislazione (in particolare artt. 54, 55, 65, 174 del codice). Le considerazioni esposte non consentono pertanto di condividere le allegazioni difensive circa la legittimita` del titolo di acquisto del bene, in quanto la tesi difensiva risolve la questione essenzialmente sulla base della disciplina generale del cod. civ. Quello che invece rileva in questa sede e` la commercializzazione di un bene inalienabile effettuata in violazione delle particolari disposizioni di tutela dettate dalla legislazione speciale, perche´ si verte in tema di effetti penali del reato di esportazione clandestina. Incidenter tantum va dunque affermata la sussistenza del reato di esportazione clandestina, nonche´, degli altri reati contestati in rubrica, perche´ all’epoca dell’acquisto del bronzo da parte del The J. Paul Getty Trust non vi era alcun atto valido per il commercio del bene. Ne deriva, che la proprieta` del bronzo era ed e` rimasta ex lege allo Stato italiano. 5. L’applicabilita` della confisca con riferimento alla disposizione di cui all’art. 174 d.lgs. n. 42/2004 e dell’art. 240 cod. pen. Affermata la illegittimita` dell’esportazione di un bene extra commercium dello Stato italiano e la sussistenza del reato di cui all’art. 66 legge n. 1089/1939, occorre verificare se sia possibile la confisca del bene. E` opportuno tuttavia fare una breve premessa, correlata alle conseguenze del
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riconoscimento della proprieta` originaria dello Stato italiano sul bene, in base alle considerazioni svolte nei paragrafi precedenti. Al riguardo infatti, la Corte Suprema con la sentenza n. 1321 del 10 giugno 1974 (Foro it., 1975, II, 237) ha affermato: «La confisca – che si pone come strumento di acquisto a titolo originario ed in favore dello Stato delle cose che ne sono oggetto – non puo` essere disposta su cose di interesse storico, il cui rinvenimento ne abbia gia` comportato l’acquisto in favore dello Stato. In tale evenienza, infatti, vi sarebbe incompatibilita` logica e giuridica tra i due titoli, non potendosi acquistare la proprieta` della cosa gia` propria». Tale principio ribadito anche recentemente dal Giudice di legittimita` (cfr. Cass. pen., 16 ottobre 1978, in Foro it., 1979, II, 576 e, piu´ recentemente, da Cass. pen., sent. 28 aprile 2004 n. 23295, imp. Paleologo) appare pienamente condivisibile quando il bene illegittimamente acquistato da un privato, da un ente o da persona giuridica, si trovi gia` nel territorio nazionale, potendo in tal caso lo Stato ottenere la restituzione del bene anche facendo ricorso ai suoi poteri di autarchia ed autotutela. Si deve tuttavia rilevare che, quando i beni si trovano all’estero, in territorio non soggetto alla sovranita` dello Stato italiano, il diritto di proprieta` a titolo originario (derivante dalla natura di bene di interesse archeologico, che ne comporta l’assegnazione al patrimonio indisponibile dello Stato) risulta in concreto attuabile solo attraverso gli strumenti di cooperazione internazionale, che tuttavia spesso presuppongono un formale provvedimento di confisca, che, qualora concesso, verra` poi inviato all’Autorita` richiesta per un formale riconoscimento. Si evidenzia infatti che proprio la previsione di un particolare meccanismo costituito da strumenti di natura civilistica e di diritto internazionale fondati su accordi specifici di assistenza e collaborazione tra Stati, conferma la necessita`, nel caso di detenzione all’estero del bene, di un preventivo provvedimento ablativo che lo Stato richiedente potra` far valere al fine di promuoverne l’azione di restituzione avanti al tribunale del luogo in cui si trova il bene sottratto o illecitamente esportato. Tale particolare tipo di azione per i beni illecitamente esportati che si trovino in uno Stato membro dell’Unione, e` disciplinata dagli artt. 75 ss. del codice Urbani, mentre, se il bene e` stato rubato o illecitamente esportato in uno Stato che non fa parte dell’Unione, l’art. 87 del codice Urbani rinvia alle disposizioni della convenzione Unidroit del 24 giugno 1995. Nel caso di specie, il bene illecitamente esportato non si trova in uno Stato membro dell’Unione europea e non appare neppure applicabile la convenzione Unidroit richiamata dall’art. 87, in quanto non risulta che gli Stati Uniti abbiano mai ratificato il suddetto atto internazionale, di guisa che il provvedimento ablativo diventa titolo necessario per consentire allo Stato di rientrare in possesso del bene, atteso che lo Stato italiano non puo` autonomamente riconoscersi un titolo originario di proprieta`, quando non e` in grado di affermare la propria signoria sul bene, proprio perche´ si trova all’estero. Si deve ancora rilevare che secondo il costante orientamento della Suprema Corte, il provvedimento ablativo puo` prescindere da un previo provvedimento di sequestro, in quanto la confisca: «non presuppone necessariamente il sequestro, ne´ deve immancabilmente essere preceduta da detto provvedimento cautelare, ogni volta che i beni sono altrimenti individuabili» (cfr. Cass., 29 gennaio 2008 n. 6383).
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Cio` posto, occorre esaminare la sussistenza in concreto dei presupposti per l’applicabilita` della confisca. Si e` gia` detto che nel caso di specie appaiono astrattamente rilevanti sia le disposizioni di cui al commma 3 dell’art. 174 d.lgs. n. 42/2004, sia quella ex art. 240 comma 2 n. 2 cod. pen. in quanto la prima norma impone la confisca dei beni culturali illecitamente esportati, salvo che appartengano a persona estranea al reato, mentre la seconda (comma 2 n. 2) impone la confisca delle cose la cui alienazione costituisce reato, qualora la circolazione non possa avvenire neppure mediante autorizzazione amministrativa, anche se appartenente a terzi di buona fede. Ritiene il giudicante che il bene in oggetto sia innanzitutto assoggettabile a confisca obbligatoria, cosı´ come disciplinata dal comma 2 n. 2 dell’art. 240 cod. pen. e cio` per due sostanziali ordini di motivi: il primo relativo all’individuazione della legge applicabile al provvedimento di confisca, il secondo attinente all’individuazione dell’ambito di applicazione della confisca di cui al comma 3 dell’art. 174 d.lgs. n. 42/2004 ed ai suoi rapporti con la peculiare ipotesi di confisca obbligatoria ai cui all’art. 240 comma 2 n. 2 cod. pen. Con riferimento al primo profilo, si rileva che al momento dell’esportazione e dell’acquisto del bronzo da parte del The J. Paul Getty Trust era in vigore la legge n. 1089/1939, che prevedeva per i beni mobili di interesse storico ed archeologico, come si e` gia` detto, un regime di inalienabilita` relativa, proprio perche´ l’alienazione dei beni poteva essere consentita mediante autorizzazione amministrativa. Si deve comunque ribadire, per le ragioni gia` esposte nel paragrafo precedente, che nei casi di alienazione del bene in violazione della normativa vincolistica del 1939, non poteva configurarsi ne´ un acquisito del possesso, ne´ tantomeno un acquisto della proprieta`, ne´ si poteva sostenere che il bene «appartenesse» al terzo, anche se di buona fede. Nel caso di specie tuttavia, ad avviso del giudicante, deve necessariamente applicarsi la disciplina prevista dal codice Urbani, attualmente in vigore, perche´ trattandosi di confisca, non si puo` prescindere dalle disposizioni generali di cui all’art. 240 cod. pen. Alla stregua delle considerazioni esposte, deve ritenersi accertata l’esistenza di un preciso collegamento tra il reato di esportazione clandestina e l’attuale detentore del bene oggetto del reato, di guisa che il The J. Paul Getty Trust non puo` considerarsi acquirente in buona fede e terzo estraneo ai sensi del comma 3 dell’art. 174 del codice Urbani. La richiesta di confisca del bronzo, avanzata dal P.M. deve pertanto essere accolta, attesa anche la sussistenza dei presupposti per la sua applicazione richiesti dalla legge speciale. Il provvedimento ablativo appare infatti lo strumento di tutela necessario per consentire allo Stato italiano di riacquistare la disponibilita` del bene illecitamente sottratto al suo patrimonio indisponibile ed illegittimamente detenuto dal J.P. Getty Museum. P.Q.M., (il Tribunale), visti gli artt. 240 cod. pen., 666, 667, 676 cod. proc. pen., 174 del d.lgs. n. 42/2004, ordina la confisca della statua denominata «L’Atleta Vittorioso» attribuita allo scultore greco Lisippo attualmente detenuta dal J. Paul Getty Museum ovunque essa si trovi.
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Corte di Cassazione (s.u.), ordinanza 15 aprile 2010 n. 8988 Primo Presidente (f.f.), Vittoria - Consigliere Rel., Forte P.M., Apice (concl. conf.) Curatela del Fallimento della s.p.a. Costruzioni Callisto Pontello (avv. Gesmundo) contro Repubblica del Portogallo - Ministero dei lavori pubblici e dei trasporti (intimati).
Ai sensi degli articoli 4 e 11 della legge 31 maggio 1995 n. 218, sussiste la giurisdizione del giudice (amministrativo) italiano in una controversia promossa da una societa` italiana, indebitamente esclusa da una gara di appalto relativa a costruzioni di strade in Portogallo, contro la Repubblica portoghese, poiche´ quest’ultima si e` costituita in giudizio in Italia senza eccepire il difetto di giurisdizione. 1* Fatto. Con il ricorso sopra indicato al T.A.R. del Lazio, la societa` Costruzioni Callisto Pontello s.p.a. chiedeva, ai sensi dell’art. 62 della l. 31 maggio 1995 n. 218, la condanna del Ministero dei lavori pubblici della Repubblica del Portogallo al risarcimento dei danni ad essa cagionati dalla esclusione da piu` gare di appalto indette dalla controparte, per la costruzione di strade in territorio portoghese, per eccesso di ribasso nelle offerte di piu` imprese concorrenti e, in particolare, per la mancata aggiudicazione alla ricorrente dell’appalto IP2 Sohaleira - Castelo Branco, annullata al pari delle altre aggiudicazioni con offerte piu` basse, con sentenza del 7 dicembre 1999 del Supremo Tribunale amministrativo del Portogallo, per essere illegittimo e contrario alla disciplina comunitaria (direttive 93/37/CEE e 89/440) e alla normativa interna, l’inadempimento dalla stazione appaltante dell’obbligo di invitare i partecipanti alla gara a giustificare la loro offerta. Si costituiva il Ministero dei lavori pubblici e dei trasporti della Repubblica del Portogallo, che impugnava quanto dedotto da controparte, chiedendo il rigetto del ricorso, perche´ inammissibile, irricevibile e infondato, senza eccepire il difetto di giurisdizione del giudice italiano. Dichiarata fallita la societa` ricorrente dal Tribunale di Firenze nel 2004, il giudizio dinanzi al T.A.R. del Lazio era stato dichiarato interrotto ed era stato successivamente riassunto dal curatore fallimentare nel luglio del 2008; lo stesso curatore ha proposto il presente regolamento, per il sopravvenuto dubbio sul potere cognitivo del giudice adito, sia in quanto giudice italiano che come giudice amministrativo, chiedendo a questa Corte di accertare: 1) la proponibilita` della domanda risarcitoria, per violazione della normativa comunitaria dalla controparte intimata in questa sede, non riguardando la controversia l’esercizio di poteri sovrani o autoritativi di questa, ma il solo inadempimento di obblighi sorti in base alla normativa comunitaria; 2) la giurisdizione, su tale domanda, del giudice italiano, in mancanza del rifiuto di questa dalla resistente Repubblica portoghese; 3) l’accertamento di detta giurisdizione interna, anche per essersi il danno prodotto in Italia, * Tra le decisioni delle Sezioni Unite citate in motivazione possono leggersi in questa Rivista le seguenti; ord. 25 febbraio 2009 n. 4461, ivi, 2009, p. 713 ss.; ord. 1º ottobre 2009 n. 21053, ivi, 2010, p. 462 ss.; ord. 24 ottobre 2006 n. 22818, ivi, 2008, p. 549 (breve); 23 novembre 2000 n. 1200, ivi, 2001, p. 994 ss.; ord. 17 dicembre 2007 n. 26479, ivi, 2008, p. 785 ss.
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dove l’obbligazione risarcitoria va comunque adempiuta, pure se l’illegittima condotta di controparte e` stata accertata dal giudice portoghese; 4) la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nella materia degli appalti pubblici. La Curatela del Fallimento ha chiesto a queste Sezioni Unite di indicare a quale giudice spetti decidere in concreto la presente controversia, sia in rapporto alla evocazione in causa di uno Stato estero membro della UE e all’eventuale conseguente difetto di poteri cognitivi del giudice italiano che in relazione all’obbligazione di cui si pretende l’adempimento, da qualificare di natura civilistica. Lette le conclusioni scritte del P.G., che ha chiesto di dichiarare inammissibile il regolamento ai sensi dell’art. 11 della l. 31 maggio 1995 n. 218, non avendo la Repubblica portoghese rifiutato la giurisdizione del giudice italiano ed avendo sulla domanda poteri cognitivi il giudice amministrativo. Diritto. 1. Il ricorso introduttivo del regolamento, nei primi due motivi, dubita della giurisdizione del giudice italiano che peraltro secondo il ricorrente Fallimento dovrebbe riconoscersi per due profili, cioe` non solo perche´ il Ministero dei lavori pubblici portoghese e` convenuto nel giudizio risarcitorio non nella veste di esercente poteri autoritativi o sovrani ma in quella di soggetto inadempiente di obblighi imposti dalla normativa comunitaria che in ragione del fatto che lo stesso Ministero, costituendosi in giudizio in Italia, per rispondere del solo risarcimento conseguente all’annullamento della aggiudicazione illegittima decisa in Portogallo, ha accettato la giurisdizione dell’adito T.A.R., senza eccepirne il difetto, quindi non rifiutando il predetto giudice italiano. La giurisdizione italiana si deve quindi considerare divenuta ormai definitiva, perche´ su di essa e` preclusa ogni diversa valutazione, non essendosi rifiutata dai resistenti nel merito, qualsiasi sia in concreto la posizione soggettiva dello Stato estero evocato in causa, nell’azione di risarcimento del danno cagionato dall’abuso delle sue funzioni pubbliche e da comportamenti violativi di norme comunitarie per esso vincolanti, accertati dal competente giudice estero e, ovviamente, anche se non sono piu` in gioco poteri sovrani dello Stato convenuto, che, per l’abuso delle dette funzioni, ha gia` subito l’annullamento degli atti di gara all’estero e nello stesso Portogallo. Il regolamento e` comunque proposto pure per altri due motivi, attinenti alla individuazione concreta del giudice interno che deve decidere la controversia pendente dinanzi al T.A.R. del Lazio, che il ricorrente ritiene peraltro essersi correttamente individuato, in rapporto al luogo ove l’evento dannoso si e` prodotto a causa della lesione degli interessi legittimi verificatasi in Portogallo, con effetti in Italia dove ha sede la societa` per la quale si sono maturate le perdite e i mancati guadagni conseguenti all’omessa esecuzione dell’appalto, illegittimamente aggiudicato a terzi. In rapporto allo Stato italiano dove il danno andava risarcito e in ragione della natura della controversia tendente alla tutela risarcitoria di interessi legittimi e di diritti, deve conoscere in concreto della controversia principale il solo giudice amministrativo, vertendosi in materia di giurisdizione esclusiva dello stesso, cioe` quella dell’affidamento di appalti pubblici di lavori, per cui non puo` che riaffermarsi che esattamente e` stato adito il T.A.R. del Lazio nel caso per decidere sul risarcimento dei danni derivati da atti amministrativi illegittimi in tale particolare materia, dei quali, ai sensi dell’art. 7 della l. 21 luglio 2005, sostitutiva del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, deve decidere il giudice amministrativo.
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2.1. Anzitutto, come afferma la ricorrente e in conformita` alle conclusioni del P.G., la controversia oggetto dei giudizio principale attiene ad un risarcimento del danno che deriva da abuso della funzione pubblica e da eccesso di potere del Ministero dei lavori pubblici portoghese nella fase di aggiudicazione della gara per l’appalto dei lavori di costruzione di una strada, gara nella quale si sono violate norme comunitarie e norme interne, con comportamenti della stazione appaltante, cioe` di detto Ministero nell’esercizio di funzioni pubbliche e di poteri autoritativi, in contrasto con le norme comunitarie sulla concorrenza per non essersi chiesta dalla stazione appaltante ai concorrenti la giustificazione degli eccessi di ribasso delle loro offerte con condotta illegittima della parte resistente nel giudizio principale, che ha determinato la mancata aggiudicazione della gara alla societa` italiana e la omessa stipula dell’appalto, come gia` accertato in via definitiva dal giudice amministrativo portoghese. Nel processo italiano, nessun rilievo ha quindi la circostanza che il Ministero evocato in causa che ha bandito e svolto la gara di cui si e` accertata l’illegittimita` si sia costituito in giudizio nella sua veste di esercente funzioni pubbliche ovvero se agisca in esso iure imperii o quale soggetto di diritto privato inadempiente, perche´ comunque lo Stato estero resistente ha accettato la giurisdizione del giudice italiano oggetto del processo principale, nel quale ben poteva essere chiamato dinanzi ad un giudice amministrativo italiano con un ricorso del tipo di quello a base del processo ancora pendente in primo grado (s.u., ord. 25 febbraio 2009 n. 4461 e 27 maggio 2009 n. 12282), con la conseguenza che non puo` piu` porsi la questione della cognizione della controversia da parte del giudice italiano invece che di quello portoghese. La societa` per la quale e` oggi in corso la procedura fallimentare, ha agito ancora in bonis nel giudizio principale, perche´ la condotta delle controparti ha causato insieme alla lesione di suoi interessi legittimi anche quella del suo diritto di stipulare e eseguire il contratto di appalto, con una aggiudicazione illegittima, che ha fatto pretermettere la ricorrente dal contratto e dal rapporto di appalto, con conseguente nascita di crediti risarcitori connessi ad entrambe le posizioni lese di cui la societa`, alla quale in corso di causa e` subentrato il Fallimento, ha correttamente chiesto tutela al T.A.R. del Lazio, quale giudice amministrativo con giurisdizione esclusiva nelle materie «aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori... svolte da soggetti comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o dalla normativa nazionale o regionale» ai sensi dell’art. 33 comma 2 lett. d del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come sostituito dall’art. 7 della l. 21 luglio 2000 n. 205 e confermato dall’art. 244 del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (cfr. in ordine al rapporto tra gara e contratto, la recente s.u., ord. 12 febbraio 2010 n. 2906, irrilevante ratione temporis in ordine alla giurisdizione nella fattispecie). L’accettazione della giurisdizione italiana da parte della resistente Repubblica portoghese il cui Ministero dei lavori pubblici, costituendosi in giudizio dinanzi al T.A.R. del Lazio, non ha rifiutato detta giurisdizione con la prima delle sue difese, comporta che la stessa non puo` piu` porsi in discussione, ai sensi degli artt. 4 ed 11 della l. 31 maggio 1995 n. 218 (nello stesso senso, di recente, cfr. Cass. s.u., 1º ottobre 2009 n. 21053; 24 ottobre 2006 n. 22818; e 23 novembre 2000 n. 1200). 2.2. In rapporto al giudice adito in concreto, non e` dubitabile che si e` giustamente chiesta la tutela risarcitoria al giudice amministrativo, essendo la causa ita-
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liana iniziata nel 2002 riservata alla cognizione dei giudici amministrativi per l’entrata in vigore della l. 21 luglio 2000 n. 205 che attribuisce alla giurisdizione esclusiva di tali giudici ogni causa in materia di affidamento di appalti di lavori. La domanda pertanto e` stata correttamente proposta al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, identificato in rapporto allo Stato, cioe` l’Italia, ove l’evento dannoso costituito dal mancato guadagno dell’appalto non stipulato si e` prodotto e dove comunque dovra` darsi esecuzione all’eventuale condanna del resistente straniero (cosı´ s.u., ord. 17 dicembre 2007 n. 26479). Pertanto, trattandosi di azione di risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi in materia riservata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che deve estendersi anche ai diritti patrimoniali consequenziali e ai risarcimenti del danno, il giudice italiano cui spetta la cognizione della causa principale e` quello adito, dinanzi al quale il processo deve essere proseguito. Nulla deve disporsi per le spese del presente procedimento incidentale, che restano a carico della Curatela ricorrente, non essendosi difesi in questa sede i resistenti del processo principale, che non si sono opposti alle richieste dell’istante. P.Q.M., la Corte dichiara che, sulla domanda di risarcimento dei danno da annullamento di una gara gia` deciso dal Tribunale Supremo amministrativo portoghese, proposta dalla s.p.a. Costruzioni Callisto Pontello e proseguita dalla Curatela del Fallimento di tale societa` nei confronti della Repubblica del Portogallo e del Ministero dei lavori pubblici e dei trasporti di tale Repubblica, la giurisdizione spetta al giudice italiano amministrativo adito, dinanzi al quale rimette le parti, per l’ulteriore corso del processo principale.
Tribunale di Ragusa, decreto 16 aprile 2010 M.E. e L.E. (avv. Licitra) contro Comune di Ragusa (avv. Freudiani).
E` illegittimo il rifiuto frapposto dall’ufficiale di stato civile, ai sensi dell’art. 116, primo comma cod. civ. (come modificato dalla legge 15 luglio 2009 n. 94), di celebrare il matrimonio tra una cittadina italiana e un cittadino straniero in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno, la cui domanda e` stata presentata dopo tre anni dalla scadenza del primo permesso. (Il Tribunale). Ritenuto che i ricorrenti chiedono ordinarsi all’ufficiale dello stato civile di Ragusa, ex art. 112 cod. civ., di celebrare immediatamente il matrimonio tra di loro, previo annullamento o dichiarazione di nullita` del provvedimento di rifiuto emesso in data 1º marzo 2010, se del caso disapplicando la circolare del Ministero dell’interno n. 19 del 7 agosto 2009, ed accertamento del loro diritto a contrarre matrimonio, garantito dalla Carta costituzionale e dall’ordinamento internazionale, nonche´ previa declaratoria di illegittimita` del comportamento discriminatorio posto in essere dal Comune di Ragusa, oltre al risarcimento dei danni e al rimborso delle spese processuali;
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Considerato che il Comune di Ragusa, costituitosi, resiste a tale pretesa, evidenziando di essersi comportato in conformita` alle previsioni di legge e, in particolare, di avere osservato il novellato art. 116 cod. civ., a termini del quale «lo straniero che vuole contrarre matrimonio nella Repubblica deve presentare all’ufficiale dello stato civile, ... nonche´ un documento attestante la regolarita` del soggiorno nel territorio italiano», posto che il M. e` titolare di un permesso di soggiorno scaduto il 24 luglio 2006, per il cui rinnovo il predetto ha presentato istanza solo il 22 ottobre 2009. Osserva. Il Tribunale e` chiamato a stabilire, ai sensi degli artt. 112 e 116 cod. civ., se l’Ufficiale dello stato civile presso il Comune di Ragusa si sia o meno legittimamente rifiutato, in data 23 febbraio 2010, di celebrare il matrimonio tra gli odierni ricorrenti. In particolare, va accertato se lo stesso abbia operato in conformita` alle previsioni di cui al novellato art. 116 cod. civ. ovvero non abbia fatto corretta applicazione di tale norma. In altri termini, occorre valutare solo se il M., alla data del 23 febbraio 2010, fosse regolarmente o meno soggiornante nel territorio italiano. Recita l’art. 5 comma 1 del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 che «possono soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri entrati regolarmente al sensi dell’art. 4, che siano muniti di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno rilasciati e in corso di validita` a norma del presente testo unico». Ai sensi del quarto comma dello stesso articolo, poi, il rinnovo del permesso di soggiorno e` richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora entro un determinato termine, diverso a seconda dei motivi per cui lo stesso e` stato rilasciato, comunque anteriormente alla scadenza. Nel caso di specie, appare certo che il M. ha chiesto il rinnovo del suo permesso di soggiorno per motivi di lavoro abbondantemente dopo la scadenza dello stesso (oltre tre anni dopo) e che, dopo la presentazione dell’istanza di rinnovo, costui, per ragioni ignote a questo Ufficio, non ha collaborato con l’autorita` cui e` demandata l’istruttoria e l’evasione della sua richiesta, omettendo di presentarsi alla Questura di Ragusa per la convocazione del 6 novembre 2009 (v. nota 27 febbraio 2010 della Questura di Ragusa, diretta al difensore del M., depositata nel fascicolo di quest’ultimo). Tale convocazione era stata disposta dalla Questura di Ragusa dopo la presentazione, ad opera del M., in data 22 ottobre 2009, dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno gia` scaduto, tenendo conto del fatto che la legge impone all’amministrazione (vedi ultimo comma dell’art. 4 del d.lgs. n. 286/1998) di provvedere al rilascio, rinnovo o conversione dei permesso di soggiorno entro venti giorni dalla data di presentazione della relativa domanda. Appare cosı´ evidente che il M., nel giorno in cui avrebbe dovuto essere celebrato il matrimonio con E.L. e nel tempo in cui si e` proceduto alle pubblicazioni, non era titolare di permesso di soggiorno in corso di validita`, ma solo di un permesso di soggiorno gia` scaduto e per il quale aveva presentato domanda di rinnovo (il 22 ottobre 2009). Il tardivo inoltro della relativa domanda non esclude automaticamente la possibilita` del rinnovo, dovendo l’amministrazione valutare le ragioni del ritardo (Consiglio di Stato, 17 agosto 2000 n. 368 e 9 dicembre 2002 n. 6687), come la presentazione anche tempestiva dell’istanza di rinnovo non implica che lo stesso sara` sicuramente rinnovato, occorrendo valutare la persistenza delle condizioni per il soggiorno.
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E` stato pure affermato, per le ragioni suddette, che la semplice scadenza del permesso di soggiorno riscontrabile dagli atti d’ufficio non costituisce automaticamente motivo per l’espulsione dello straniero che abbia stabilito in Italia la sede del suoi affari e dei suoi affetti (Consiglio di Stato, 17 agosto 2000, n. 368). Ne deriva che lo straniero che abbia presentato con ritardo l’istanza di rinnovo deve considerarsi come colui che sia entrato regolarmente in Italia e sia in attesa di conseguire il permesso di soggiorno. L’Ufficiale di stato civile del Comune di Ragusa, nel caso di specie, ha rifiutato lo celebrazione del matrimonio interpretando l’art. 116 cod. civ. e le norme di riferimento alla fattispecie, anche della circolare n. 19 in data 7 agosto 2009 del Ministero dell’interno, nel senso di escludere che il M., nelle condizioni suesposte, potesse considerarsi regolarmente soggiornante in Italia. Tale circolare risulta emanata a seguito dell’entrata in vigore della l. 15 luglio 2009 n. 94, che, all’art. 1, ha novellato l’art. 116 cod. civ. aggiungendo che lo straniero il quale vuole contrarre matrimonio nello Stato deve presentare all’ufficiale dello stato civile anche «un documento attestante la regolarita` del soggiorno nel territorio italiano». Dato per pacifico che appare probatorio di detta condizione il permesso di soggiorno, la circolare si prefigge di interpretare la norma in esame per stabilire quali documenti possano pure provare detta condizione, posto che la stessa non richiede la produzione del permesso di soggiorno in corso di validita` o per il quale sia stata inoltrata l’istanza di rinnovo nei termini di legge, ma solo la produzione di un «documento» attestante la regolarita` del soggiorno nello Stato. Essa stabilisce, tra l’altro, che lo straniero in attesa di rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, per provare la sua condizione di soggetto regolarmente soggiornante in Italia al fine di poter contrarre matrimonio, deve produrre il contratto di soggiorno, la domanda di rilascio del permesso di soggiorno presentata allo Sportello unico per l’immigrazione e la ricevuta rilasciata dall’Ufficio postale attestante l’avvenuta presentazione della richiesta del permesso di soggiorno. Stabilisce, poi, che, per contro, lo straniero, in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno deve produrre, per provare di essere regolarmente soggiornante in Italia, la ricevuta della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno e il permesso da rinnovare «al fine di verificare che la presentazione dell’istanza sia avvenuta nei termini di legge». Nel caso di specie, il M. ha prodotto questi due ultimi documenti, ma il Comune di Ragusa ha ritenuto che non ricorressero le condizioni richieste dalla legge in quanto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, pur se presentata dal M. prima della richiesta di pubblicazioni del matrimonio, non sarebbe valutabile al fini della regolarita` del suo soggiorno in Italia in quanto inoltrata dopo la scadenza dei termini fissati dalla legge allo scopo. Una tale valutazione e` stata fondata sulla circolare de qua, che impone agli ufficiali di stato civile di richiedere, oltre a quella dell’avvenuta presentazione dell’istanza di rinnovo, anche la prova che la stessa sia presentata nei termini di legge (con la produzione del permesso scaduto). Una tale interpretazione della norma di legge in esame non appare condivisibile. Come osservato, lo straniero che abbia presentato in ritardo l’istanza di rinnovo si trova nella stessa condizione di quello che, entrato regolarmente in Italia, sia in
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attesa del permesso di soggiorno, condizione che la stessa circolare suddetta ritiene idonea a soddisfare i requisiti di cui all’art. 116 cod. civ. Ove si ritenga che lo straniero entrato regolarmente in Italia e in attesa di ottenere il permesso di soggiorno possa contrarre matrimonio, ex art. 116 cod. civ., in quanto ritenuto regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, sarebbe irragionevole ritenere che non sia in tale condizione e non possa contrarre matrimonio colui che sia entrato regolarmente in Italia ed abbia conseguito il permesso di soggiorno e che, seppure con ritardo, ne abbia chiesto il rinnovo dopo la sua scadenza, posto che costui non e` irregolare, ma in attesa del provvedimento amministrativo che consenta il suo soggiorno in Italia per il tempo previsto dalla legge. Ne deriva che, nel caso di specie, il M. ha documentato la sua condizione di straniero regolarmente soggiornante in Italia, equiparabile a quello dello straniero che sia entrato regolarmente e sia in attesa del permesso di soggiorno gia` richiesto. Pertanto, deve considerarsi illegittimo il rifiuto della celebrazione del matrimonio frapposto dall’Ufficiale della stato civile del Comune di Ragusa. Certo, non e` dato sapere se l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno da costui presentata tardivamente potra` essere accolta o meno, ma si tratta di una valutazione che spetta all’autorita` competente e non all’ufficiale di stato civile. Neppure rileva in questa sede che il M. non si sia presentato in Questura per il giorno fissato ai fini dell’audizione in relazione alla sua istanza di rinnovo, perche´ le ragioni di tale mancata presentazione potranno essere valutate solo dall’amministrazione deputata a provvedere sulla sua istanza. Ne deriva che deve ordinarsi al Comune di Ragusa di celebrare il matrimonio in oggetto. D’altra parte, questa e` l’unica interpretazione della norma costituzionalmente orientata e, diversamente, si porrebbe la questione della sua legittimita` costituzionale (vedi, anche se per profili diversi, l’ordinanza 3 aprile 2008 con la quale il Tribunale di Venezia ha rimesso alla Corte Costituzionale una questione di legittimita` costituzionale di altre norme del codice civile sempre in materia di matrimonio). Invero, il diritto di sposarsi configura un diritto fondamentale della persona umana, come riconosciuto sia a livello sovranazionale (dagli artt. 12 e 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, dagli artt. 8 e 12 CEDU e dagli artt. 7 e 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000), che a livello costituzionale (dall’art. 2 Cost.). Un tale diritto va inteso nella sua accezione positiva di liberta` di contrarre matrimonio con la persona prescelta (Corte Costituzionale, n. 445/2002) e in quella negativa di liberta` di non sposarsi (Corte Costituzionale, n. 166/1998). La liberta` di sposarsi (o di non sposarsi) e di scegliere il coniuge in assoluta autonomia (e qui viene in gioco anche una tale liberta` del cittadino italiano, ovvero la L., anch’ella ricorrente) riguarda la sfera dell’autonomia e dell’individualita` e, quindi, una scelta sulla quale lo Stato, che tutela la famiglia come societa` naturale fondata sul matrimonio (art. 29 Cost.), non puo` interferire, salvo che non vi siano interessi prevalenti incompatibili, quali potrebbero essere la salute pubblica, la sicurezza o l’ordine pubblico. Interessi prevalenti di tale rango non sussistono nel caso di specie, non essendo il M., per quel che risulta dagli atti e per quel che risultava all’ufficiale dello stato civile al momento di celebrare il matrimonio, un clandestino o un soggetto pericoloso per la sicurezza pubblica, tanto che l’amministrazione non si e` curata di espellerlo nonostante sia rimasto in Italia per oltre tre anni con permesso di sog-
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giorno scaduto e cio` neppure dopo avere appreso, attraverso la formale richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno da costui formulata, della condizione in cui versa lo stesso. Pertanto, si ribadisce che l’interpretazione della norma sostenuta dal Comune di Ragusa, sulla scorta della suindicata circolare del Ministero dell’interno, oltre a non essere aderente alla lettera e allo spirito dell’art. 116 cod. civ., come novellato, renderebbe quest’ultimo di dubbia legittimita` costituzionale. Peraltro, l’interpretazione operata da questo Collegio non appare in contrasto con la suddetta circolare e, anzi, e` pienamente coerente con la stessa. Ne segue la fondatezza del ricorso. L’istanza risarcitoria appare inammissibile in questa sede (di volontaria giurisdizione). Essa e` stata probabilmente formulata nella convinzione che il presente ricorso potesse qualificarsi come ricorso contro atti discriminatori ai sensi degli artt. 43 e 44 del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286, ma appare evidente che lo stesso debba essere qualificato come ricorso ex art. 112 cod. civ., tanto che e` stata necessaria la deliberazione collegiale, senza contare che il rifiuto opposto dall’Ufficiale dello stato civile non appare ispirato a ragioni discriminatorie per ragioni di razza, colore o nazionalita` dei ricorrenti, quanto ad una non corretta interpretazione dell’art. 116 cod. civ. Poiche´ il Comune di Ragusa si e` determinato a non celebrare il matrimonio sulla scorta delle circolare suddetta, che induce, anche se non necessariamente, ad un’interpretazione conforme a quella di detto ente locale, e visto che non sono ravvisabili comportamenti discriminatori per ragioni legate alla condizione di straniero del M., sussistono gravi motivi per compensare interamente tra le parti le spese processuali. P.Q.M., (il Tribunale), visti gli artt. 112 e 116 cod. civ. e 737 cod. proc. civ., ordina all’Ufficiale di stato civile del Comune di Ragusa di celebrare il matrimonio tra M.E. e L.E., sopra generalizzati. Dichiara inammissibile l’istanza risarcitoria e compensa interamente tra le parti le spese processuali.
Corte di Cassazione, sentenza 19 aprile 2010 n. 9276 Presidente, Proto – Consigliere Rel., Cultrera – P.M., Russo (concl. diff.) Mogavero e Arcidiacono (avv. Adragna, Colbertaldo) contro Chifari E., Ando` (avv. Riccio, Gioia, Spedale) e Chifari F. (intimato).
Nei giudizi introdotti anteriormente all’entrata in vigore della legge 31 maggio 1995 n. 218 era onere della parte interessata indicare la norma straniera regolatrice del caso controverso. Si applica il diritto tunisino alla forma e alla sostanza di un contratto preliminare e di un contratto di costituzione di una societa` da istituirsi in Tunisia ai sensi dell’art. 25 comma 2 lett. c della legge n. 218/1995 poiche´ ivi si perfeziona il procedimento di costituzione della societa`, non trovando applicazione ne´ le disposizioni della conven-
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zione di Roma del 19 giugno 1980 – che ai sensi dell’art. 1 lett. e non si applica al diritto delle societa` e in particolare alla loro costituzione – ne´ l’art. 25 disp. prel. cod. civ. 1* Svolgimento del processo. Chifari Edoardo ed Ando` Achille, con atto di citazione del 2 maggio 1994, esposero che: con contratto del 5 aprile del 1993 Piero Mogavero e Fausto Arcidiacono, soci insieme con altri della societa` Gruppo 4 International, premesso che la societa` era gravata da debiti verso terzi per l’importo di Lit. 300 milioni e verso il Magavero per l’importo di Lit. 800 milioni, si erano obbligati nei loro confronti a rilevare o comunque ad estinguere le partecipazioni di terzi nella societa` ed a ricostituire il capitale sociale sino a Lit. 400 milioni da suddividere in parti uguali tra tutti i contraenti, impegnandosi a cedere loro il 50% dei diritti d’opzione relativi al futuro aumento di capitale. In quella stessa sede essi attori avevano percio` versato alla societa` Lit. 40 milioni a garanzia ed in acconto dell’aumento di capitale. Il 14 aprile successivo, preso atto della maggiore esposizione debitoria della societa` in Lit. 500 milioni verso i terzi ed in Lit. 800 milioni verso il Mogavero, la precedente scrittura era stata annullata e sostituita con nuovo patto con cui si era convenuto che il Mogavero e l’Arcidiacono restavano obbligati alla ricostituzione del capitale sociale con riserva al Chifari ed all’Ando` non piu` del 50% ma del 51% della partecipazione sociale. Nel contempo avevano percio` provveduto al versamento della somma di Lit. 59 milioni a titolo di garanzia ed acconto dell’obbligazione assunta. L’11 ottobre dello stesso anno l’accertata esistenza di un’esposizione debitoria della societa` ben maggiore aveva reso necessaria la stipula di un nuovo contratto, con cui si era disposto l’annullamento delle precedenti scritture e si era stabilito che Mogavero ed Arcidiacono, rilevate le partecipazioni di terzi nella societa`, la ponessero in liquidazione al fine di vendere il magazzino ed i prodotti finiti ad una nuova costituenda societa`, nella quale essi attori avrebbero partecipato al 52%. In forza dei precedenti accordi avevano percio` versato nel complesso la somma di Lit. 394 milioni. Il 6 dicembre successivo Mogavero e Arcidiacono avevano comunicato loro che l’accordo del precedente 11 ottobre rappresentava a loro avviso mera bozza di contratto di cui non intendevano accettare il contenuto, ne´ intendevano adempiere alle precedenti scritture. Per l’effetto, chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Palermo sequestro conservativo ante causam sul patrimonio di Mogavero ed Arcidiacono, i predetti attori chiesero in sede di merito la risoluzione del contratto dell’11 ottobre 1993 per inadempimento dei convenuti e la loro condanna al risarcimento dei danni, quanto meno nell’importo delle somme versate in misura non inferiore a Lit. 421 milioni. I convenuti, ritualmente costituiti, chiesero in riconvenzionale la condanna degli attori al risarcimento dei danni in Lit. 1.200 milioni, deducendo che la societa` era stata gestita da tal Ferdinando Chifari, che si era reso responsabile insieme con * La sentenza della Corte di Cassazione, 9 febbraio 1999 n. 1101, citata in motivazione, puo` leggersi in questa Rivista, 1999, p. 610 ss.
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Edoardo Chifari e l’Ando` di cattiva gestione, e ne chiesero pertanto la chiamata in causa, che venne disposta con ordinanza del 27-28 ottobre 1998. Il predetto si costituı` chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale adito, con sentenza n. 925/2000, qualifico` il negozio stipulato in data 11 ottobre 1993 contratto preliminare di societa`, e rilevatane d’ufficio la nullita` per difetto della forma prescritta ad substantiam, respinse la domanda in quanto doveva essere rivolta nei confronti della societa` Gruppo 4, e revoco` nel contempo la misura cautelare. Rigetto` altresı` la domanda riconvenzionale. La decisione, gravata da contrapposti appelli innanzi alla Corte di Appello di Palermo e` stata riformata con la sentenza ora impugnata n. 424 depositata il 19 aprile 2004 che ha disposto l’accoglimento della domanda principale ed ha condannato i convenuti al risarcimento dei danni patiti dai predetti in A 598.935,07. Avverso tale decisione Pietro Mogavero e Fausto Arcidiacono hanno proposto il presente ricorso peri cassazione affidato a cinque mezzi resistiti dagli intimati Achille Ando` e Chifari Edoardo. I ricorrenti hanno altresı` depositato memoria difensiva ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. Motivi della decisione. Col primo motivo i ricorrerenti si dolgono dell’errata applicazione dell’art. 1421 cod. civ. e degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ. e, deducendo correlato vizio d’insufficiente motivazione, esprimono dissenso dal principio applicato dalla Corte territoriale, che assumono di ben conoscere, secondo cui il giudice puo` dichiarare la nullita` di un atto anche d’ufficio, nel solo caso in cui la validita` dello stesso rappresenti elemento costitutivo della domanda, incorrendo in ultrapetizione se la domanda di nullita` sia stata avanzata per un motivo diverso. Deducono a smentita che la domanda di risoluzione implica la verifica sulla validita` del contratto controverso, in quanto viene in considerazione l’applicazione di una sanzione di ordine pubblico, che impone la verifica, quanto meno incidentale, del vizio di nullita` al fine di rigettare la domanda. Col secondo motivo deducono violazione degli artt. 25 e 26 disp. prel. cod. civ., dell’art. 7 comma 2 della convenzione di Roma del 19 giugno 1980 ratificata con l. 18 dicembre 1984 n. 975 degli artt. 2505 e 2509 cod. civ. nella formulazione ante legge n. 218 del 1995, degli artt. 2475 e 1351 cod. civ., dell’art. 14 della l. 31 maggio 1995 n. 218 e vizio di motivazione. In una prima chiave, assumono a sostegno che, poiche´ le norme delle preleggi in rubrica prevedono che le obbligazioni che nascono da contratto sono regolate dalla legge nazionale dei contraenti, se comune – art. 2 – e che la forma degli atti tra vivi e` regolata dalla legge del luogo in cui l’atto e` compiuto o da quella che regola la sostanza dell’atto ovvero dalla legge nazionale dei contraenti se e` comune, la Corte di merito non avrebbe rilevato che il preliminare aveva ad oggetto costituzione di una societa` a r.l., cui si applicherebbero le norme di diritto sostanziale interno in virtu` di quanto previsto dalla convenzione di Roma in data 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, ratificata con l. 18 dicembre 1984 ed entrata in vigore il 1º aprile 1991 (oggi regolamento n. 593/2008), che all’art. 7 prevede che la convenzione non puo` impedire l’applicazione della legge del giudice che disciplina il caso concreto indipendentemente dalla legge che regola il contratto. E poiche´ secondo la legge italiana, legge del giudice adito, il contratto preliminare diretto alla costituzione di s.r.l. prevede l’atto pubblico a pena di nullita`, tale e` la forma che lo doveva assistere.
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La Corte di Palermo ha affermato che la legislazione tunisina consente che una societa` di capitali possa essere costituita anche per scrittura privata, senza indicare le relative norme ne´ riferire le fonti della sua conoscenza della citata legislazione. E` pacifico che nei giudizi introdotti prima della legge n. 218 del 1995 era onere della parte interessata, nella specie rimasto irrisolto, indicare la norma straniera regolatrice del caso controverso, ed allegare la conseguente produzione documentale. In ogni caso, se e` vero che l’accertamento della legge straniera rientra nei compiti del giudice, era comunque necessario che la Corte di merito indicasse le fonti, cui ha invece fatto solo apodittico riferimento. I controricorrenti replicano deducendo infondatezza del motivo e richiamano la produzione documentale allegata agli atti, da cui era emerso che il contratto 11 ottobre 1993 prevedeva alla clausola 3 la costituzione di nuova societa` in Tunisi che, in base allo statuto, sarebbe stata costituita secondo la legislazione ivi vigente. Cio` avrebbe escluso l’applicazione della legge interna a norma tanto dell’art. 26 delle disposizioni sulla legge in generale nel testo previgente, che della legge n. 218/ 1995 che ebbe ad abrogarlo. Il secondo motivo non merita accoglimento. Per quel che rileva, il giudice d’appello ha annullato la declaratoria di nullita` del contratto controverso perche´ resa dal primo giudice d’ufficio, in violazione del disposto degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ. e l’ha ritenuta nel contempo comunque infondata. Il contratto controverso, concluso in data 11 ottobre 1993, che il Tribunale aveva qualificato contratto preliminare avente ad oggetto la costituzione in Italia di societa` di capitali avente sede in Tunisi applicando per l’effetto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2509 cod. civ. e 72 legge n. 218/1995, la legge interna che impone l’atto pubblico, in realta` prevedeva la costituzione in Tunisia di societa` avente sede a Tunisi. Le norme e modalita` contenute e previste nello statuto allegato B del contratto richiamavano infatti le norme vigenti in Tunisia che, come da produzione degli appellanti che questi ultimi in questa sede riferiscono senza smentita essere rappresentata dalla legge 87-51 del 2 agosto 1987, dal codice di commercio e leggi complementari, prescriveva la forma scritta ma non gia` l’atto pubblico in materia di costituzione dell’ente, requisito sicuramente ravvisabile nel preliminare controverso. Tale decisione appare immune dal vizio denunciato. Nel merito, la Corte territoriale ha affermato che la societa` doveva essere costituita in Tunisia e con sede in Tunisia sulla scorta di una verifica condotta in punto di fatto, non raggiunta da impugnazione, e dunque ormai consacrata in senso inoppugnabile. In questa cornice di fatto, il nodo controverso impone di stabilire se la societa` cosi prevista sia o meno da considerare in Italia alla stregua di una societa` di capitali, e quali siano le conseguenze giuridiche sulla problematica affrontata. I ricorrenti, come si e` riferito, invocano la convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali che e` stata ratificata in Italia con legge n. 975 del 1984 ed e` entrata in vigore il 1º aprile 1991 (oggi regolamento n. 593/2008). Essa avente, a mente dell’art. 2, carattere tendenzialmente universale, intervenendo sul comma primo dell’art. 25 disp. prel. cod. civ., si e` posta come la normativa di conflitto per la materia contrattuale ivi regolata, in relazione alla quale ha realizzato un sistema uniforme e generale di diritto internazionale privato, creando un criterio di sussidiarieta` tra legge prescelta dalle parti,
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anche se non espressa purche´ deducibile con tranquillante univocita`, e, in mancanza, legge del luogo in cui il contratto ha il collegamento piu` stretto. Nel suo ambito d’applicazione rientrava, avuto riguardo alle fattispecie consolidatesi in epoca precedente alla data dell’entrata in vigore della legge n. 218/1995 che ha abrogato l’art. 25, ogni questione che avesse ad oggetto le obbligazioni nascenti da contratto. Ebbene, benche´ la norma citata avesse previsto l’applicazione della legge regolatrice del contratto all’intera vicenda contrattuale, dunque alla sua formazione, interpretazione ed esecuzione, restavano nondimeno escluse dal suo ambito applicativo, in base alle disposizioni dell’art. 17 disp. prel., le questioni afferenti alla capacita` delle parti, e quelle relative alla forma degli atti in base all’art. 26 che, recependo l’art. 9 della convenzione, prescriveva tre diversi criteri di collegamento, rappresentati dalla legge del luogo nel quale l’atto e` compiuto, ovvero da quella che ne regola la sostanza, o infine da quella nazionale dei contraenti se comune. L’esegesi di quest’ultima norma consacrata nell’indirizzo di questa Corte – Cass., n. 1101 del 1999 – «atteso che la forma non va intesa solo come mezzo d’esternazione della volonta` delle parti ma come il complesso delle circostanze che accompagnano la manifestazione stessa incidendo sulla validita` dell’atto», ha attribuito, in caso di concorso tra i tre diversi criteri, alternativi fra di loro, prevalenza a quello piu` favorevole alla validita` dell’atto stesso. Il corollario, in un caso, qual e` quello di specie, in cui unitamente agli altri concorre il criterio riferito alla legge del luogo in cui l’atto deve essere stipulato che, in contrasto con la legge interna, ne preserva la validita`, [e che] il giudicante e` percio` tenuto a darvi correttamente preminenza, dunque a privilegiarlo. La questione controversa, in verita` neppure sollevata dalla parte interessata ma rilevata in via officiosa dal primo giudice, e` stata risolta dalla Corte territoriale in questa prospettiva, dunque correttamente benche´ sia sfuggito al giudicante che l’art. 25 di cui si discute non si applica al contratto di societa`, dunque non opera nel caso in esame, in quanto la convenzione di Roma, recepita per l’intero nel testo della legge di ratifica n. 975 del 1984, prevede all’art. 1 lett. e che le disposizioni ivi previste non si applicano al diritto delle societa`, associazioni e persone giuridiche, quali la costituzione, la capacita` giuridica... In subiecta materia, la regolamentazione dei momenti ivi indicati della vita degli enti resta affidata alla disciplina interna dello Stato in cui ciascuno di detti eventi si verifica. E del resto benche´ non trovi applicazione perche´ entrato in vigore in epoca successiva ai fatti di causa ed alla stessa introduzione del presente giudizio incardinatosi nell’anno 1994, il disposto dell’art. 25 della l. 31 maggio 1995 n. 218 che ha abrogato l’art. 25 summenzionato al comma 2 lett. e individua lo statuto applicabile alla societa` nella legge dello Stato in cui si perfeziona il procedimento di costituzione. E` pertanto corretta la conclusione secondo cui una societa` che dovra` essere costituita in Tunisia, e che non abbia in Italia ne´ la sede dell’amministrazione ne´ il proprio oggetto principale, e` regolamentata secondo il proprio ordinamento d’origine in base alle leggi ivi vigenti. E dal momento che, come si e` riferito, la costituzione della nuova societa` concordata dalle parti del presente giudizio doveva aver luogo in Tunisia, ed avere ad oggetto ente avente ivi la propria sede sociale, la legge regolatrice sia del contratto sociale definitivo, sia ovviamente del preliminare che ne condivideva la forma, era rappresentata dalla legge del menzionato Stato. In ordine ai restanti profili di censura va rilevato che il giudice d’appello ha scrutinato il requisito formale, escludendo la necessita` della consacrazione dell’atto
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in forma pubblica e reputando invece sufficiente la mera scrittura privata, traendo la conoscenza di tale prescrizione dalle fonti rappresentate dagli atti allegati dalle parti appellanti, di cui il presente controricorso espone specifica indicazione individuandoli nel code de commerce adottato in Tunisia, adeguatamente trascritto e tradotto nelle parti che interessano. Siffatto passaggio motivazionale, come si e` gia` rilevato, non e` stato criticato dai ricorrenti, i quali si sono limitati ad un generico richiamo al dovere del giudicante di dar conto delle informazioni raccolte, ma non hanno affatto smentito che detto organo abbia effettivamente fondato il suo convincimento sulle avverse indicate produzioni documentali. Le censure esposte non sono pertanto idonee a scalfire la decisione adottata sul punto dalla Corte territoriale. Resta assorbita l’indagine sul primo motivo, la cui eventuale fondatezza non potrebbe incidere sulla decisione stessa, destinata a rimanere ferma sulla base della ratio decidendi cui e` stato correlato il secondo motivo (Omissis). P.Q.M., la Corte: riuniti i ricorsi, accoglie per quanto di ragione il quinto motivo di ricorso; dichiara assorbito il primo e respinge gli altri motivi. Cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimita`.
GIURISPRUDENZA IN BREVE Corte di Cassazione, 7 luglio 2008 n. 18613, G.L.M. (avv. Rizzo, Bernardini De Pace) c. G.F. (avv. Punzi). Ai sensi dell’art. 31 comma 1 della legge 31 maggio 1995 n. 218, la legge regolatrice della separazione personale di due coniugi, l’uno cittadino italiano e l’altro cittadino straniero che ha acquistato anche la cittadinanza italiana, e` la legge italiana in quanto legge nazionale comune. Investita di una controversia relativa alla separazione personale di due coniugi, la Corte di Cassazione (pres. Luccioli, rel. Forte, p.m. Sorrentino, conf.), nella sentenza 7 luglio 2008 n. 18613, ha cosı´ tra l’altro motivato: «L’affermazione contenuta nella sentenza di appello in ordine alla acquisizione della cittadinanza italiana da parte della G. non e` stata da questa impugnata con il suo ricorso e risulta contestata per la prima volta nella discussione orale. «In sostanza i dati di fatto ‘‘incontrovertibili’’ secondo la sentenza impugnata e rimasti tali perche´ non contastati in ricorso sono infatti: ‘‘l’adozione del regime patrimoniale previsto dalla legge italiana a e l’acquisizione da parte della G. della residenza a ... e della cittadinanza italiana’’ (cosı´ la pronuncia oggetto di ricorso); tale ultima circostanza accertata in sentenza e non impugnata comporta da sola l’appli-
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cazione del primo criterio di collegamento previsto dal sistema del diritto internazionale privato per la regolamentazione dei rapporti tra le parti di un giudizio di separazione personale, che e` quello della legge ‘‘comune dei coniugi al momento della domanda’’ (legge n. 218 del 1995, art. 31), cioe`, nel caso di specie, quella italiana, avendo entrambe le parti tale cittadinanza. Pur non essendo identici i concetti di ‘‘nazionalita`’’ e di ‘‘cittadinanza’’, come puo` desumersi dagli stessi diritti e doveri che la Costituzione garantisce a tutti i cittadini italiani, indipendentemente dalla loro nazionalita` (art. 13 Cost. ss.), gli stessi sono di regola identificati nella legislazione (legge n. 218 del 1995, art. 29 cpv.) e dalla giurisprudenza di questa Corte, per la individuazione delle leggi applicabili nel diritto di famiglia (cosı´ Cass., 14 settembre 2007 n. 19239, 24 gennaio 2007 n. 1609, 11 febbraio 2000 n. 1505). «L’acquiescenza della G. alla statuizione della Corte d’Appello sull’accertamento della cittadinanza italiana di lei, stante la irrilevanza delle contestazioni proposte solo in sede di udienza di discussione orale su tale punto fondamentale per la decisione, comporta l’assenza di qualsiasi rilievo, nel caso, della ‘‘legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale e` prevalentemente localizzata’’ (legge n. 218 del 1995, artt. 29 e 31), non essendosi dedotto da nessuna delle parti tempestivamente che, nella presente controversia, il G.F. e la G. abbiano ‘‘diverse cittadinanze o piu` cittadinanze comuni’’ (cosı´ il citato art. 29 della riforma del sistema di diritto internazionale privato). «Pertanto, nella fattispecie, i rapporti nascenti dalla separazione personale delle parti, entrambe, con cittadinanza italiana, non andavano regolati in base alla legge dello Stato in cui esse avevano vissuto per un tempo maggiore durante il loro matrimonio, cioe` con il criterio della c.d. localizzazione prevalente della vita matrimoniale, essendovi una legge comune ad entrambe le parti e quindi non vi e` stata la violazione di legge denunciata con il primo motivo ne´ assume rilievo alcuno la pretesa insufficiente motivazione sui presupposti di fatto di detta localizzazione, di cui al secondo motivo del ricorso principale».
Corte di Cassazione, sentenza 16 giugno 2009 n. 13936, B.L. (avv. Tirini) c. F.T. (avv. Pietroforte) e Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Bari (intimato). Corte di Cassazione, 15 marzo 2010 n. 6197, C.B. (avv. Gullotta, Tirini) c. T.B. (avv. Rossi) e Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Napoli (intimata). La nozione di residenza abituale di cui alla convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sulla sottrazione internazionale dei minori corrisponde ad una situazione di fatto, dovendo per essa intendersi il luogo in cui il minore stesso, in virtu` di una durevole e stabile permanenza, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali derivanti dallo svolgersi in detta localita` la sua quotidiana vita di relazione. Chiamata spesso a decidere controvesie in tema di sottrazione internazionale
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dei minori, la Corte di Cassazione ha avuto modo di ribadire il proprio orientamento sulla nozione di residenza abituale del minore per il quale uno dei genitori chiede il ritorno. Esso traspare con identici termini sia dalla sentenza 16 giugno 2009 n. 13936 (pres. Monelli, rel. Dogliotti, p.m. Ceniccola, conf.) sia dalla successiva sentenza 15 marzo 2010 n. 6197 nella quale il Supremo Collegio (pres. Luccioli, rel. Giancola, p.m. Apice, conf.) si e` cosı´ espresso: «secondo il condiviso orientamento di questa Suprema Corte, ‘‘la convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, resa esecutiva con legge n. 64 del 1994, e` diretta a proteggere il minore contro gli effetti nocivi derivanti da un suo trasferimento o mancato rientro illecito, con esclusivo riferimento alla situazione di mero fatto, sulla base della presunzione secondo la quale l’interesse del minore coincide con quello di non essere allontanato o di essere immediata ente ricondotto nel luogo in cui svolge la sua abituale vita quotidiana’’ (Cass., n. 17648/2007) e ‘‘la nozione di residenza abituale posta dalla succitata convenzione corrisponde ad una situazione di fatto, dovendo per essa intendersi il luogo in cui il minore, in virtu´ di una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, derivanti dallo svolgersi in detta localita` la sua quotidiana vita di relazione, il cui accertamento e` riservato all’apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimita`, se congruamente e logicamente motivato’’ (tra le altre, Cass., n. 22507/2006; n. 27593/2006; n. 397/2006; n. 13167/ 2004; n. 19544/2003; n. 16092/2006) e ‘‘prescinde dalla considerazione dell’eventuale diritto soggettivo del genitore di pretendere una diversa collocazione del figlio, e prescinde altresı´ dai progetti di vita, eventualmente concordi, degli adulti’’ (Cass., n. 2093/2005; n. 2748/2002)».
Corte di Cassazione penale, sentenza 19 gennaio 2010 n. 2950, sul ricorso proposto da M.G.L. Corte di Cassazione penale, sentenza 19 gennaio 2010 n. 2951, sul ricorso proposto da M.G. Ai fini dell’applicazione del regime di consegna condizionata, disciplinato dall’art. 19 lett. c della legge 22 aprile 2005 n. 69 che da` attuazione alla decisione quadro 2002/584/GAI sul mandato d’arresto europeo, occorre aver riguardo ad una nozione di residenza che si renda funzionale alla assimilazione, operata dalla citata norma, della categoria dello straniero residente allo status del cittadino, con la conseguenza che assume rilievo l’esistenza di un radicamento reale e non temporaneo dello straniero in Italia, che dimostri che egli abbia ivi istituito, con continuita` temporale e sufficiente stabilita` territoriale, la sede principale, anche se non esclusiva, dei propri interessi affettivi, professionali od economici. In due casi recenti la Corte di Cassazione penale e` stata chiamata a decidere sulla necessita` di applicare il particolare regime di consegna condizionata, previsto dall’art. 18 lett. c della legge n. 69 del 2005, a due cittadini rumeni, residenti in
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Italia, nei cui confronti era stato emesso un mandato d’arresto da parte dell’autorita` giudiziaria rumena. Nel primo, deciso con sentenza 19 gennaio 2010 n. 2950, la Corte (pres. Di Virginio, rel. Conti, p.m. Selvaggi, conf.) ha rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Torino aveva disposto la consegna all’autorita` giudiziaria rumena del ricorrente, cittadino rumeno, nei cui confronti era stato emesso mandato d’arresto europeo cosı` motivando: «Ad avviso della Corte il ricorso e` infondato. «In base al costante orientamento di questa Corte, ai fini dell’applicabilita` del particolare regime di consegna disciplinato dalla l. 22 aprile 2005 n. 69, art. 19 lett. c, occorre avere riguardo ad una nozione di residenza che si renda funzionale alla assimilazione, operata dalla citata norma, della categoria dello straniero residente allo status del cittadino; con la conseguenza che assume rilievo l’esistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero in ..., che dimostri che il predetto abbia ivi istituito, con continuita` temporale e sufficiente stabilita` territoriale, la sede principale, anche se non esclusiva, dei propri interessi affettivi, professionali od economici (Cass., sez. VI, 19 marzo 2008 n. 12665); richiedendosi altresı` che tale scelta sia indicativa di una volonta` di stabile permanenza nel territorio italiano, per un apprezzabile periodo di tempo (Cass., sez. VI, 28 aprile 2008 n. 17643; Cass., sez. F., 1º settembre 2009 n. 34213). «In definitiva, per poter considerare sussistente il requisito della residenza in Italia, occorre che sia dimostrato che l’interessato non soltanto abbia la sua dimora abituale in un determinato luogo del nostro Paese, ma intenda permanervi stabilmente, con cio` stabilendo un radicamento nel territorio nazionale (Cass., sez. VI, 28 aprile 2008 n. 17643, cit.; sez. VI, 15 luglio 2009 n. 33511), dovendosi escludere, in particolare, che possano di per se´ risultare idonee a comprovare la sussistenza del requisito richiesto dalla legge le certificazioni anagrafiche, aventi un valore meramente indiziario (Cass., sez. V, 15 giugno 2004 n. 28617). «Nel caso in esame, dalle informazioni acquisite presso la Questura e il Comando Carabinieri e dalla documentazione ad esse allegata si evince che il ricorrente vive da solo in ..., ove ha formale residenza, senza stabile lavoro, da epoca non precisata, e comunque non anteriore al ...; avendo contatti familiari solo con la madre, che abita altrove. «Alla stregua di simili emergenze, non e` possibile parlare di uno stabile radicamento del ricorrente nel territorio nazionale, nei termini richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte; non avendo d’altro canto il medesimo offerto elementi di fatto idonei a rappresentare una diversa realta`. «Pertanto, in mancanza di prova della effettiva residenza del ricorrente in ..., il presente giudizio puo` ben essere definito in modo indipendente dalla risoluzione della proposta questione di legittimita` costituzionale della legge n. 69 del 2005, art. 18 comma 1 lett. r. «Infatti, il L., a prescindere dalla eventuale incostituzionalita` della norma in esame, nei termini prospettati nel ricorso non puo` di certo invocare l’applicazione della causa di rifiuto della consegna prevista dalla stessa disposizione di legge». Nel secondo caso, deciso con sentenza 19 gennaio 2010 n. 2951 la Corte di Cassazione penale (pres. Di Virginio, rel. Milo, p.m. Selvaggi, conf.) ha rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Bologna si era pronunciata in senso favorevole alla sussistenza delle condizioni per disporre la
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consegna all’autorita` giudiziaria rumena del ricorrente, cittadino rumeno, nei cui confronti era stato emesso mandato d’arresto europeo, cosı` motivando: «Il ricorso non e` fondato e deve essere rigettato. «La doglianza del ricorrente, in sostanza, ...mira ad accreditare una interpretazione estensiva della legge n. 69 del 2005, art. 18 lett. r, per armonizzarlo con la previsione del successivo art. 19 lett. c relativa all’esecuzione ‘‘condizionata’’ del m.a.e. processuale nei confronti del ‘‘cittadino o residente’’ nello Stato italiano. «Al fine dell’applicabilita` del particolare regime di consegna disciplinato da quest’ultima disposizione, occorre avere riguardo ad una nozione di residenza che si renda funzionale alla assimilazione, operata dalla norma, della categoria dello straniero residente allo status del cittadino, con la conseguenza che assume rilievo l’esistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero in Italia, che dimostri che egli abbia ivi istituito, con continuita` temporale e sufficiente stabilita` territoriale, la sede principale, anche se non esclusiva, dei propri interessi affettivi, professionali o economici. La scelta della persona interessata deve, in sostanza, essere indicativa della volonta`, non solo in termini di contingente attualita` ma di organico progetto di vita, visto anche in prospettiva, di stabile permanenza sul territorio nazionale e di integrazione nella relativa realta` sociale (cfr. Cass., 19 marzo 2008 n. 12665; 28 aprile 2008 n. 17643; 1º settembre 2009 n. 34213). «Cio` posto, rileva la Corte che, nel caso in esame, come agevolmente si evince dalle informazioni acquisite tramite i Carabinieri e dalla documentazione ad esse allegata, il ricorrente non versa in tale condizione. Risulta, infatti, che e` immigrato dalla ...; ha svolto in... (contratto non rinnovato). Se e` vero che, nel breve periodo di permanenza in Italia, ha vissuto con la madre e con la sorella minore, tale circostanza, di per se´, non e` indicativa di un radicamento reale nel nostro territorio, difettando – per altro – elementi in tale senso anche con riferimento ai suoi familiari».
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Corte di giustizia, ordinanza 17 giugno 2010 nella causa C-312/09 Presidente, Silva de Lapuerta – Avvocato generale, Kokott Sulla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Anotato Dikastirio Kyprou (Cipro) nella causa Michalias contro Ioannou-Michalia.
Il regolamento (CE) n. 1347/2000 del 29 maggio 2000 non e` applicabile a una causa di divorzio promossa dinanzi a un giudice di uno Stato prima che quest’ultimo diventi uno Stato membro dell’Unione europea. 1* 1. La demande de de´cision pre´judicielle porte sur l’interpre´tation des articles 2, 42 et 46 du re`glement (CE) nº 1347/2000 du Conseil du 29 mai 2000, relatif a` la compe´tence, la reconnaissance et l’exe´cution des de´cisions en matie`re matrimoniale et en matie`re de responsabilite´ parentale des enfants communs (JO L 160, p. 19, ciapre`s le «re`glement»). 2. Cette demande a e´te´ pre´sente´e dans le cadre d’un litige opposant les e´poux Michalias et Ioannou-Michalia dans une proce´dure de divorce entame´e devant l’Oikogeneiako Dikastirio (tribunal des affaires familiales) de Nicosie par M. Michalias. Le cadre juridique communautaire 3. Le re`glement vise a` unifier les re`gles de conflit de juridictions en matie`re matrimoniale et dans le domaine de la responsabilite´ parentale en vue d’une reconnaissance des de´cisions judiciaires et de leur exe´cution. Les crite`res de compe´tence retenus par le re`glement sont fonde´s sur le principe qu’il doit exister un lien de rattachement re´el entre l’inte´resse´ et l’E´tat membre exerc¸ant la compe´tence. 4. L’art. 2 dudit re`glement pre´voit un certain nombre de crite`res relatifs a` la de´termination de la juridiction compe´tente. 5. L’art. 42 du re`glement comporte des dispositions transitoires et est libelle´ comme suit: «1. Les dispositions du pre´sent re`glement ne sont applicables qu’aux actions judiciaires intente´es, aux actes authentiques rec¸us et aux transactions conclues devant une juridiction au cours d’une instance, poste´rieurement a` son entre´e en vigueur. «2. Toutefois, les de´cisions rendues apre`s la date d’entre´e en vigueur du pre´sent re`glement a` la suite d’actions intente´es avant cette date sont reconnues et * Testo non autentico tratto gratuitamente dal sito web ufficiale della Corte di giustizia. La sentenza della Corte di giustizia 16 luglio 2009, in causa C-168/08, citata in motivazione, puo` leggersi in questa Rivista, 2010, p. 176 ss.
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exe´cute´es conforme´ment aux dispositions du chapitre III, si les re`gles de compe´tence applique´es sont conformes a` celles pre´vues soit par le chapitre II, soit par une convention qui e´tait en vigueur entre l’E´tat membre d’origine et l’E´tat membre requis lorsque l’action a e´te´ intente´e». 6. En vertu de son art. 46, le re`glement est entre´ en vigueur le 1er mars 2001. Le litige au principal et la question pre´judicielle 7. Les deux parties au principal, qui ont la citoyennete´ chypriote, sont ne´es et ont re´side´ a` Chypre jusqu’en 1988. Elles se sont marie´es religieusement le 29 de´cembre 1988 a` Limassol et se sont installe´es au Royaume-Uni a` partir de 1989, ou´ elles exerc¸aient leurs activite´s professionnelles et ou´ elles re´sident encore a` ce jour. 8. Le 2 avril 2003, M. Michalias a introduit une demande de divorce devant l’Oikogeneiako Dikastirio. 9. Le 11 octobre 2004, Mme Ioannou-Michalia a introduit une demande de divorce au Royaume-Uni. 10. Par de´cision du 5 juillet 2005, la juridiction britannique saisie a sursis a` statuer jusqu’a` ce que la compe´tence internationale du premier tribunal saisi soit e´tablie. 11. Le 24 novembre 2004, Mme Ioannou-Michalia a demande´ a` l’Oikogeneiako Dikastirio de rejeter la demande de divorce pre´sente´e par M. Michalias a` Chypre, au motif que cette juridiction n’e´tait pas compe´tente dans la mesure ou´ aucun des e´poux ne re´sidait ni ne travaillait a` Chypre au sens de la loi chypriote en vigueur. 12. Le 3 juillet 2006, ce tribunal s’est de´clare´ territorialement incompe´tent, en vertu du droit national applicable, pour se prononcer sur la demande de divorce introduite a` Chypre. 13. Le 3 juillet 2007, l’Oikogeneiako Dikastirio a e´te´ appele´ par M. Michalias a` examiner dans quelle mesure le re`glement, en particulier son art. 2 par. 1 sous b, e´tait applicable a` la demande de divorce pendante devant lui. 14. Dans une de´cision du 27 septembre 2007, cette juridiction a conside´re´ que, dans la mesure ou´ la demande de divorce avait e´te´ introduite a` Chypre le 2 avril 2003 et que cet E´tat e´tait officiellement devenu membre de l’Union europe´enne le 1er mai 2004, le re`glement n’e´tait pas applicable. Dans ces conditions, l’Oikogeneiako Dikastirio a rejete´ la demande de divorce au motif qu’il n’e´tait pas compe´tent. 15. M. Michalias a interjete´ appel devant l’Anotato Dikastirio Kyprou, faisant valoir que la premie`re juridiction saisie avait estime´ a` tort ne pas eˆtre compe´tente. Selon lui, l’Oikogeneiako Dikastirio avait conside´re´ a` tort que l’art. 42 du re`glement ne s’appliquait pas au litige. 16. Dans ces conditions, l’Anotato Dikastirio Kyprou a de´cide´ de surseoir a` statuer et de poser a` la Cour la question pre´judicielle suivante: «Dans une bonne interpre´tation et application des articles 2 par. 1, 42 et 46 du re`glement..., les juridictions d’un E´tat membre de l’Union europe´enne (Chypre) sont-elles compe´tentes pour statuer dans le cadre: «a) de proce´dures de divorce intente´es par l’e´poux devant les juridictions de l’E´tat X (Chypre) en avril 2003, apre`s l’entre´e en vigueur du re`glement le 1er mars 2001, mais avant que cet E´tat (Chypre) ne devienne un E´tat membre le 1er mai 2004, et
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«b) de proce´dures de divorce intente´es par l’e´pouse apre`s le 1er mai 2004 devant les juridictions d’un autre E´tat (Royaume-Uni), qui e´tait un E´tat membre durant toute la pe´riode pertinente? «Les e´poux ont tous deux eu leur re´sidence permanente, durant toute la pe´riode pertinente, dans l’E´tat Y (Royaume-Uni). «Les e´poux ont tous deux, durant toute la pe´riode pertinente, eu la citoyennete´ de l’E´tat X (Chypre)». Sur la question pre´judicielle 17. En vertu de l’art. 104 par. 3, second aline´a du re`glement de proce´dure, lorsque la re´ponse a` une question pose´e a` titre pre´judiciel ne laisse place a` aucun doute raisonnable, la Cour peut statuer par voie d’ordonnance motive´e. 18. La Cour, ayant informe´ la juridiction nationale et entendu les inte´resse´s vise´s a` l’art. 23 du statut de la Cour de justice, estime que le pre´sent renvoi pre´judiciel peut recevoir une re´ponse sur le fondement de ladite disposition. 19. Par sa question, la juridiction de renvoi demande, en substance, a` la Cour si le re`glement, notamment les re`gles de compe´tence judiciaire e´nonce´es dans ce dernier, peut s’appliquer au litige pendant devant elle. 20. A` cet e´gard, M. Michalias fait valoir, conforme´ment aux articles 2 par. 1, 42 et 46 du re`glement, que l’Oikogeneiako Dikastirio est compe´tent pour statuer dans le cadre tant de la proce´dure de divorce intente´e devant cette juridiction que de l’action en divorce introduite devant la juridiction britannique, e´tant donne´ que les deux e´poux sont des ressortissants chypriotes. 21. Mme Ioannou-Michalia estime que le re`glement n’attribue pas de compe´tence aux juridictions chypriotes pour connaıˆtre d’un recours forme´ devant elles avant l’adhe´sion de cet E´tat a` l’Union. Les tribunaux chypriotes ne seraient compe´tents que pour connaıˆtre des actions intente´es apre`s l’entre´e en vigueur dudit re`glement a` Chypre, a` savoir apre`s le 1er mai 2004. Par ailleurs, les juridictions britanniques seraient compe´tentes pour statuer sur la proce´dure de divorce introduite devant elles. 22. Quant a` la question pre´judicielle pose´e sous a), les gouvernements chypriote, tche`que, allemand, hongrois et portugais ainsi que la Commission des Communaute´s europe´ennes conside`rent que les articles 2, 42 et 46 du re`glement doivent eˆtre interpre´te´s en ce sens que ce re`glement n’est pas applicable aux proce´dures judiciaires intente´es apre`s son entre´e en vigueur, mais avant que l’E´tat devant les juridictions duquelles la proce´dure a e´te´ engage´e ne devienne un E´tat membre de l’Union. 23. S’agissant de la question pre´judicielle pose´e sous b), le gouvernement allemand soutient qu’elle est irrecevable. Selon le gouvernement portugais, une fois que la premie`re juridiction saisie s’est de´clare´e incompe´tente pour connaıˆtre de ce litige, la juridiction saisie en second lieu est incompe´tente pour y donner suite. De l’avis de la Commission, la proce´dure de divorce entame´e par Mme Ioannou-Michalia devant les juridictions britanniques est re´gie par le re`glement. 24. Afin de re´pondre a` la question pose´e, il y a lieu de rappeler, a` titre liminaire, que la Cour a juge´ que le re`glement n’e´tait applicable aux E´tats ayant adhe´re´ a` l’Union le 1er mai 2004 qu’a` partir de cette date (voir, en ce sens, arreˆt du 16 juillet 2009, Hadadi, C-168/08, non encore publie´ au Recueil, point 26). 25. Dans l’affaire au principal, il convient de relever e´galement que, conforme´-
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ment a` l’art. 1er par. 2 de l’acte relatif aux conditions d’adhe´sion a` l’Union europe´enne de la Re´publique tche`que, de la Re´publique d’Estonie, de la Re´publique de Chypre, de la Re´publique de Lettonie, de la Re´publique de Lituanie, de la Re´publique de Hongrie, de la Re´publique de Malte, de la Re´publique de Pologne, de la Re´publique de Slove´nie et de la Re´publique slovaque, et aux adaptations des traite´s sur lesquels est fonde´e l’Union europe´enne (JO 2003, L 236, p. 33), lu en combinaison, d’une part, avec les articles 2 et 24 ainsi qu’avec l’annexe VII de l’acte relatif aux conditions d’adhe´sion de ces E´tats et, d’autre part, avec l’art. 42 par. 1 du re`glement, ce dernier n’est pas applicable a` une proce´dure judiciaire pendante dans un E´tat membre, lorsque celle-ci a e´te´ intente´e avant la date d’adhe´sion de cet E´tat a` l’Union. 26. Il importe d’observer, en outre, qu’aucune des dispositions releve´es cidessus ne contient une re`gle permettant une application re´troactive du re`glement a` des demandes introduites devant une juridiction des E´tats susmentionne´s avant la date d’adhe´sion de ces derniers a` l’Union. 27. S’agissant de la disposition de nature transitoire, figurant a` l’art. 42 par. 2 dudit re`glement, il y a lieu de souligner que, ainsi que la Commission l’a fait remarquer a` juste titre, cette disposition ne porte pas sur les de´cisions relatives a` la compe´tence d’une juridiction. La re`gle qui y est e´nonce´e vise a` permettre la reconnaissance de de´cisions judiciaires intervenues apre`s l’entre´e en vigueur du re`glement, meˆme si les recours ont e´te´ forme´s a` une date ante´rieure, a` condition toutefois que la compe´tence internationale ait e´te´ fonde´e sur des re`gles pre´vues au chapitre II du re`glement. 28. Or, ainsi qu’il ressort du cadre factuel et juridique du litige au principal, les conditions d’application de ladite re`gle transitoire, de´finies a` l’art. 42 par. 2 dudit re`glement, ne sont pas remplies. 29. Il en re´sulte que la juridiction de renvoi doit examiner sa compe´tence au regard des conventions internationales qui lient son E´tat ainsi que de son droit interne dans le domaine conside´re´ et non pas sur le fondement des dispositions du re`glement. 30. En ce qui concerne le dernier volet de la question pre´judicielle, il suffit d’observer que la juridiction de renvoi ne saurait eˆtre compe´tente pour statuer sur une demande de divorce introduite devant la juridiction d’un autre E´tat membre. 31. Il convient de`s lors de re´pondre a` la question pose´e que le re`glement n’est pas applicable a` une action en divorce intente´e devant une juridiction d’un E´tat avant que ce dernier ne devienne un E´tat membre de l’Union. Sur les de´pens 32. La proce´dure reveˆtant, a` l’e´gard des parties au principal, le caracte`re d’un incident souleve´ devant la juridiction de renvoi, il appartient a` celle-ci de statuer sur les de´pens. Les frais expose´s pour soumettre des observations a` la Cour, autres que ceux desdites parties, ne peuvent faire l’objet d’un remboursement. P.C.M., la Cour (Septie`me Chambre) dit pour droit: Le re`glement (CE) nº 1347/2000 du Conseil du 29 mai 2000, relatif a` la compe´tence, la reconnaissance et l’exe´cution des de´cisions en matie`re matrimoniale et en matie`re de responsabilite´ parentale des enfants communs, n’est pas applicable a` une action en divorce intente´e devant une juridiction d’un E´tat avant que ce dernier ne devienne un E´tat membre de l’Union europe´enne.
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Corte di giustizia, sentenza 1º luglio 2010 nella causa C-211/10 PPU Presidente, Lenaerts – Avvocato generale, Sharpston Sulla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberster Gerichtshof (Austria) nella causa Povse contro Alpago.
Per «decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore», ai sensi dell’art. 10 lett. b, iv del regolamento (CE) n. 2201/2003 del 27 novembre 2003, va intesa una decisione definitiva, adottata sulla scorta di una disamina completa dell’insieme degli elementi pertinenti, con la quale il giudice competente si pronuncia sulla disciplina della questione dell’affidamento del minore, disciplina che non e` piu´ soggetta ad altre decisioni amministrative o giudiziarie. Il carattere definitivo della decisione non viene meno per il fatto che la disciplina della questione dell’affidamento del minore preveda una revisione o un riesame periodico entro un certo periodo, o in funzione di certe circostanze, di tale questione. Un provvedimento provvisorio non configura pertanto una decisione siffatta e non puo` costituire il fondamento di un trasferimento di competenza ai giudici dello Stato membro verso il quale il minore e` stato illecitamente trasferito. La decisione del giudice competente che disponga il ritorno del minore rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 11 par. 8 del regolamento (CE) n. 2201/2003 anche qualora non sia preceduta da una decisione definitiva adottata dal medesimo giudice sul diritto di affidamento del minore. Ai sensi dell’art. 47 par. 2, secondo comma del regolamento (CE) n. 2201/2003 una decisione emessa successivamente da un giudice dello Stato membro di esecuzione, che attribuisca un diritto di affidamento provvisorio e sia considerata esecutiva ai sensi della legge di tale Stato, non e` opponibile all’esecuzione di una decisione certificata, emessa anteriormente dal giudice competente dello Stato membro di origine e con la quale era stato disposto il ritorno del minore. L’esecuzione di una decisione certificata non puo` essere negata nello Stato membro di esecuzione adducendo un mutamento delle circostanze, sopravvenuto dopo la sua emanazione, tale per cui l’esecuzione potrebbe ledere gravemente il superiore interesse del minore. Un mutamento del genere dev’essere dedotto dinanzi al giudice competente dello Stato membro di origine, al quale dovrebbe essere presentata anche l’eventuale domanda di sospensione dell’esecuzione della sua decisione. 1* 1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del regolamento (CE) del Consiglio del 27 novembre 2003 n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilita` genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (Gazz. Uff. Un. eur., L 338, p. 1; in prosieguo: il «regolamento»). 2. La questione e` sorta nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Povse e il sig. * Testo non autentico tratto gratuitamente dal sito web ufficiale della Corte di giustizia. Entrambe le sentenze della Corte di giustizia citate in motivazione possono leggersi in questa Rivista: 11 luglio 2008, in causa C-195/08 PPU, ivi, 2008, p. 1134 ss.; 23 dicembre 2009, in causa C-403/09 PPU, ivi, 2010, p. 526 ss.
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Alpago relativamente al ritorno in Italia della loro figlia Sofia, che si trova in Austria con la madre, e al diritto di affidamento di tale minore. Contesto normativo La convenzione dell’Aja del 1980 3. L’art. 3 della convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori (in prosieguo: la «convenzione dell’Aja del 1980») cosı´ recita: «Il trasferimento o il mancato rientro di un minore e` ritenuto illecito: «a) quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e «b) se tali diritti [erano] effettivamente esercitati, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o avrebbero potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze. «Il diritto di custodia citato al capoverso a) di cui sopra puo` in particolare derivare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o da un accordo in vigore in base alla legislazione del predetto Stato». 4. L’art. 12 di tale convenzione dispone quanto segue: «Qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell’articolo 3, e sia trascorso un periodo inferiore ad un anno, a decorrere dal trasferimento o dal mancato ritorno del minore, fino alla presentazione dell’istanza presso l’autorita` giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente dove si trova il minore, l’autorita` adita ordina il suo ritorno immediato. «L’autorita` giudiziaria o amministrativa, benche´ adita dopo la scadenza del periodo di un anno di cui al capoverso precedente, deve ordinare il ritorno del minore, a meno che non sia dimostrato che il minore sia integrato nel suo nuovo ambiente. «Se l’autorita` giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto ha motivo di ritenere che il minore e` stato condotto in un altro Stato, essa puo` sospendere la procedura o respingere la domanda di ritorno del minore». 5. Ai sensi dell’art. 13 della convenzione dell’Aja del 1980: «Nonostante le disposizioni del precedente articolo, l’autorita` giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non e` tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione od ente che si oppone al ritorno dimostri: «a) che la persona, l’istituzione o l’ente cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno; o «b) che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile. «L’autorita` giudiziaria o amministrativa puo` altresı´ rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno e che ha raggiunto un’eta` ed un grado di maturita` tali che sia opportuno tener conto del suo parere. «Nel valutare le circostanze di cui al presente articolo, le autorita` giudiziarie e
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amministrative devono tener conto delle informazioni fornite dall’Autorita` centrale o da ogni altra autorita` competente dello Stato di residenza del minore, riguardo alla sua situazione sociale». La normativa dell’Unione 6. Il diciassettesimo considerando del regolamento precisa quanto segue: «In caso di trasferimento o mancato rientro illeciti del minore, si dovrebbe ottenerne immediatamente il ritorno e a tal fine dovrebbe continuare ad essere applicata la [convenzione dell’Aja del 1980], quale integrata dalle disposizioni del presente regolamento, in particolare l’articolo 11. I giudici dello Stato membro in cui il minore e` stato trasferito o trattenuto illecitamente dovrebbero avere la possibilita` di opporsi al suo rientro in casi precisi, debitamente motivati. Tuttavia, una simile decisione dovrebbe poter essere sostituita da una decisione successiva emessa dai giudici dello Stato membro di residenza abituale del minore prima del suo trasferimento illecito o mancato rientro. Se la decisione implica il rientro del minore, esso dovrebbe avvenire senza che sia necessario ricorrere a procedimenti per il riconoscimento e l’esecuzione della decisione nello Stato membro in cui il minore e` trattenuto». 7. Il ventunesimo considerando del regolamento recita: «Il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni rese in uno Stato membro dovrebbero fondarsi sul principio della fiducia reciproca e i motivi di non riconoscimento dovrebbero essere limitati al minimo indispensabile». 8. Il ventitreesimo considerando del regolamento e` cosı´ redatto: «Il Consiglio europeo di Tampere ha affermato nelle sue conclusioni (punto 34) che le decisioni pronunciate nelle controversie familiari dovrebbero essere ‘‘automaticamente riconosciute in tutta l’Unione senza che siano necessarie procedure intermedie o che sussistano motivi per rifiutarne l’esecuzione’’. Pertanto le decisioni in materia di diritto di visita o di ritorno, che siano state certificate nello Stato membro d’origine conformemente alle disposizioni del presente regolamento, dovrebbero essere riconosciute e hanno efficacia esecutiva in tutti gli altri Stati membri senza che sia richiesto qualsiasi altro procedimento. Le modalita` relative all’esecuzione di tali decisioni sono tuttora disciplinate dalla legge nazionale». 9. Il ventiquattresimo considerando del regolamento cosı´ recita: «Il certificato rilasciato allo scopo di facilitare l’esecuzione della decisione non dovrebbe essere impugnabile. Non dovrebbe poter dare luogo a una domanda di rettifica se non in caso di errore materiale, ossia se il certificato non rispecchia correttamente il contenuto della decisione». 10. L’art. 2 del regolamento contiene, al n. 11, una definizione della nozione di «trasferimento illecito o mancato ritorno del minore» che corrisponde sostanzialmente a quella contenuta nell’art. 3, primo comma della convenzione dell’Aja del 1980. 11. La sezione 2, intitolata «Responsabilita` genitoriale», del capo II del regolamento, comprende gli artt. 8-15. L’art. 8 del regolamento, rubricato «Competenza generale», cosı´ dispone: «1. Le autorita` giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilita` genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono aditi. «2. Il paragrafo 1 si applica fatte salve le disposizioni degli articoli 9, 10 e 12».
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12. Ai sensi dell’art. 10 del regolamento, che contiene norme specifiche sulla competenza nei casi di sottrazione di minori: «In caso di trasferimento illecito o mancato rientro del minore, l’autorita` giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva la competenza giurisdizionale fino a che il minore non abbia acquisito la residenza in un altro Stato membro e: «a) se ciascuna persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha accettato il trasferimento o mancato rientro «o «b) se il minore ha soggiornato in quell’altro Stato membro almeno per un anno da quando la persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava e il minore si e` integrato nel nuovo ambiente e se ricorre una qualsiasi delle seguenti condizioni: «i) entro un anno da quando il titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava non e` stata presentata alcuna domanda di ritorno del minore dinanzi alle autorita` competenti dello Stato membro nel quale il minore e` stato trasferito o dal quale non ha fatto rientro; «ii) una domanda di ritorno presentata dal titolare del diritto di affidamento e` stata ritirata e non e` stata presentata una nuova domanda entro il termine di cui al punto i); «iii) un procedimento dinanzi all’autorita` giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro e` stato definito a norma dell’articolo 11, paragrafo 7; «iv) l’autorita` giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o del mancato ritorno ha emanato una decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore». 13. L’art. 11 del regolamento, intitolato «Ritorno del minore», cosı´ dispone: «1. Quando una persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento adisce le autorita` competenti di uno Stato membro affinche´ emanino un provvedimento in base alla [convenzione dell’Aja del 1980] per ottenere il ritorno di un minore che e` stato illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, si applicano i paragrafi da 2 a 8. «2. Nell’applicare gli articoli 12 e 13 della convenzione dell’Aja del 1980, si assicurera` che il minore possa essere ascoltato durante il procedimento se cio` non appaia inopportuno in ragione della sua eta` o del suo grado di maturita`. «3. Un’autorita` giurisdizionale alla quale e` stata presentata la domanda per il ritorno del minore di cui al paragrafo 1 procede al rapido trattamento della domanda stessa, utilizzando le procedure piu´ rapide previste nella legislazione nazionale. «Fatto salvo il primo comma l’autorita` giurisdizionale, salvo nel caso in cui circostanze eccezionali non lo consentano, emana il provvedimento al piu´ tardi sei settimane dopo aver ricevuto la domanda.
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«4. Un’autorita` giurisdizionale non puo` rifiutare di ordinare il ritorno di un minore in base all’articolo 13, lettera b), della convenzione dell’Aja del 1980 qualora sia dimostrato che sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno. «5. Un’autorita` giurisdizionale non puo` rifiutare di disporre il ritorno del minore se la persona che lo ha chiesto non ha avuto la possibilita` di essere ascoltata. «6. Se un’autorita` giurisdizionale ha emanato un provvedimento contro il ritorno di un minore in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aja del 1980, l’autorita` giurisdizionale deve immediatamente trasmettere direttamente ovvero tramite la sua autorita` centrale una copia del provvedimento giudiziario contro il ritorno e dei pertinenti documenti, in particolare una trascrizione delle audizioni dinanzi al giudice, all’autorita` giurisdizionale competente o all’autorita` centrale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, come stabilito dalla legislazione nazionale. L’autorita` giurisdizionale riceve tutti i documenti indicati entro un mese dall’emanazione del provvedimento contro il ritorno. «7. A meno che l’autorita` giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno non sia gia` stat[a] adita da una delle parti, l’autorita` giurisdizionale o l’autorita` centrale che riceve le informazioni di cui al paragrafo 6 deve informarne le parti e invitarle a presentare all’autorita` giurisdizionale le proprie conclusioni, conformemente alla legislazione nazionale, entro tre mesi dalla data della notifica, affinche´ quest’ultima esamini la questione dell’affidamento del minore. «Fatte salve le norme sulla competenza di cui al presente regolamento, in caso di mancato ricevimento delle conclusioni entro il termine stabilito, l’autorita` giurisdizionale archivia il procedimento. «8. Nonostante l’emanazione di un provvedimento contro il ritorno in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aja del 1980, una successiva decisione che prescrive il ritorno del minore emanata da un giudice competente ai sensi del presente regolamento e` esecutiva conformemente alla sezione 4 del capo III, allo scopo di assicurare il ritorno del minore». 14. L’art. 15 del regolamento, rubricato «Trasferimento delle competenze a una autorita` giurisdizionale piu´ adatta a trattare il caso», stabilisce quanto segue: «1. In via eccezionale le autorita` giurisdizionali di uno Stato membro competenti a conoscere del merito, qualora ritengano che l’autorita` giurisdizionale di un altro Stato membro con il quale il minore abbia un legame particolare sia piu´ adatt[a] a trattare il caso o una sua parte specifica e ove cio` corrisponda all’interesse superiore del minore, possono: «a) interrompere l’esame del caso o della parte in questione e invitare le parti a presentare domanda all’autorita` giurisdizionale dell’altro Stato membro conformemente al paragrafo 4 oppure «b) chiedere all’autorita` giurisdizionale dell’altro Stato membro di assumere la competenza ai sensi del paragrafo 5. «... «5. Le autorita` giurisdizionali di quest’altro Stato membro possono accettare la competenza, ove cio` corrisponda, a motivo delle particolari circostanze del caso, all’interesse superiore del minore, entro 6 settimane dal momento in cui sono adite
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in base al paragrafo 1, lettere a) o b). In questo caso, l’autorita` giurisdizionale preventivamente adita declina la propria competenza. In caso contrario, la competenza continua ad essere esercitata dall’autorita` giurisdizionale preventivamente adit[a] ai sensi degli articoli da 8 a 14. «6. Le autorita` giurisdizionali collaborano, ai fini del presente articolo, direttamente ovvero attraverso le autorita` centrali nominate a norma dell’articolo 53». 15. L’art. 40 del regolamento fa parte della sezione 4, intitolata «Esecuzione di talune decisioni in materia di diritto di visita e di talune decisioni che prescrivono il ritorno del minore», del capo III, dal titolo «Riconoscimento ed esecuzione». Tale articolo, rubricato «Campo d’applicazione», prescrive quanto segue: «1. La presente sezione si applica: «... «b) al ritorno del minore ordinato in seguito a una decisione che prescrive il ritorno del minore di cui all’articolo 11, paragrafo 8. «2. Le disposizioni della presente sezione non ostano a che il titolare della responsabilita` genitoriale chieda il riconoscimento e l’esecuzione [di una decisione] in forza delle disposizioni contenute nelle sezioni 1 e 2 del presente capo». 16. A norma dell’art. 42 del regolamento, intitolato «Ritorno del minore»: «1. Il ritorno del minore di cui all’articolo 40, paragrafo 1, lettera b), ordinato con una decisione esecutiva emessa in uno Stato membro, e` riconosciuto ed e` eseguibile in un altro Stato membro senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutivita` e senza che sia possibile opporsi al riconoscimento, se la decisione e` stata certificata nello Stato membro d’origine conformemente al paragrafo 2. «Anche se la legislazione nazionale non prevede l’esecutivita` di diritto, nonostante eventuali impugnazioni, di una decisione che prescrive il ritorno del minore di cui all’articolo 11, paragrafo 8, l’autorita` giurisdizionale puo` dichiarare che la decisione in questione e` esecutiva. «2. Il giudice di origine che ha emanato la decisione di cui all’articolo 40, paragrafo 1, lettera b), rilascia il certificato di cui al paragrafo 1 solo se: «a) il minore ha avuto la possibilita` di essere ascoltato, salvo che l’audizione sia stata ritenuta inopportuna in ragione della sua eta` o del suo grado di maturita`, «b) le parti hanno avuto la possibilita` di essere ascoltate; e «c) l’autorita` giurisdizionale ha tenuto conto, nel rendere la sua decisione, dei motivi e degli elementi di prova alla base del provvedimento emesso conformemente all’articolo 13 della convenzione dell’Aja del 1980. «Nel caso in cui l’autorita` giurisdizionale o qualsiasi altra autorita` adotti misure per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno nello Stato della residenza abituale, il certificato contiene i dettagli di tali misure. «Il giudice d’origine rilascia detto certificato di sua iniziativa e utilizzando il modello standard di cui all’allegato IV (certificato sul ritorno del minore). «Il certificato e` compilato nella lingua della decisione». 17. Ai sensi dell’art. 43 del regolamento, rubricato «Domanda di rettifica»: «1. Il diritto dello Stato membro di origine e` applicabile a qualsiasi rettifica del certificato. «2. Il rilascio di un certificato a norma dell’articolo 41, paragrafo 1, o dell’articolo 42, paragrafo 1, non e` inoltre soggetto ad alcun mezzo di impugnazione». 18. L’art. 44 del regolamento, intitolato «Effetti del certificato», e` cosı´ redatto:
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«Il certificato ha effetto soltanto nei limiti del carattere esecutivo della sentenza». 19. L’art. 47 del regolamento, rubricato «Procedimento di esecuzione», stabilisce quanto segue: «1. Il procedimento di esecuzione e` disciplinato dalla legge dello Stato membro dell’esecuzione. «2. Ogni decisione pronunciata dall’autorita` giurisdizionale di uno Stato membro e dichiarata esecutiva ai sensi della sezione 2 o certificata conformemente all’articolo 41, paragrafo 1, o all’articolo 42, paragrafo 1, e` eseguita nello Stato membro dell’esecuzione alle stesse condizioni che si applicherebbero se la decisione fosse stata pronunciata in tale Stato membro. «In particolare una decisione certificata conformemente all’articolo 41, paragrafo 1, o all’articolo 42, paragrafo 1, non puo` essere eseguita se e` incompatibile con una decisione esecutiva emessa posteriormente». 20. L’art. 60 del regolamento, sotto il titolo «Relazione con talune convenzioni multilaterali», dispone che, nei rapporti tra gli Stati che ne sono parti, tale regolamento prevale, segnatamente, sulla convenzione dell’Aja del 1980. Causa principale e questioni pregiudiziali 21. Come risulta dal fascicolo di causa sottoposto alla Corte, la sig.ra Povse e il sig. Alpago hanno convissuto more uxorio fino alla fine del mese di gennaio del 2008 con la figlia Sofia, nata a Vittorio Veneto il 6 dicembre 2006. Ai sensi dell’art. 317-bis del codice civile italiano, l’esercizio della potesta` spettava congiuntamente a entrambi i genitori. Alla fine del mese di gennaio del 2008 la coppia si e` separata e la sig.ra Povse ha lasciato l’abitazione comune, accompagnata dalla figlia Sofia. Sebbene il Tribunale per i minorenni di Venezia, con provvedimento provvisorio e urgente emesso su istanza del padre l’8 febbraio 2008, avesse disposto a carico della madre il divieto di espatriare con la bambina, nel febbraio del 2008 essa si e` recata con la figlia in Austria, dove vivono da allora. 22. Il 16 aprile 2008 il sig. Alpago ha adito il Bezirksgericht Leoben (giudice di primo grado del circondario di Leoben, Austria) per ottenere il ritorno della figlia in Italia in forza dell’art. 12 della convenzione dell’Aja del 1980. 23. Con decreto del 23 maggio 2008 il Tribunale per i minorenni di Venezia ha revocato il divieto di espatrio della madre con la figlia e ha disposto temporaneamente l’affidamento condiviso ad entrambi i genitori, precisando al contempo che la figlia poteva, fino all’adozione della decisione definitiva, risiedere in Austria con la madre, alla quale tale giudice attribuiva il potere di prendere le «decisioni concernenti l’ordinaria amministrazione». Con lo stesso decreto il giudice italiano disponeva che il padre partecipasse alle spese di mantenimento della figlia, stabiliva modi e tempi di visita di quest’ultimo alla figlia e ordinava una consulenza tecnica d’ufficio per verificare i rapporti esistenti tra la bambina e i genitori. 24. Nonostante tale decisione, risulta dalla relazione peritale redatta il 15 maggio 2009 dal consulente tecnico d’ufficio cosı´ designato che le visite del padre erano permesse dalla madre solo in maniera minima ed insufficiente a valutare i rapporti del padre con la figlia, soprattutto dal punto di vista delle competenze genitoriali, ragion per cui il consulente dichiarava di non essere in grado di assolvere il proprio incarico in maniera completa e nell’interesse della minore. 25. Il 3 luglio 2008 il Bezirksgericht Leoben ha respinto la domanda del sig.
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Alpago del 16 aprile 2008, ma il 1º settembre 2008 tale decisione e` stata annullata dal Landesgericht Leoben (giudice di secondo grado per il Land di Leoben, Austria) sulla base del rilievo che il sig. Alpago non era stato ascoltato, come impone l’art. 11 par. 5 del regolamento. 26. Il 21 novembre 2008 il Bezirksgericht Leoben ha nuovamente respinto la domanda del sig. Alpago, fondandosi sul decreto del Tribunale per i minorenni di Venezia del 23 maggio 2008, da cui risultava che la minore poteva restare provvisoriamente presso la madre. 27. Il 7 gennaio 2009 il Landesgericht Leoben ha confermato la decisione di rigetto della domanda del sig. Alpago evocando un grave rischio di danno psichico per la minore, ai sensi dell’art. 13 lett. b della convenzione dell’Aja del 1980. 28. La sig.ra Povse ha adito il Bezirksgericht Judenburg (Austria), competente per territorio, chiedendo l’affidamento della figlia. Il 26 maggio 2009 tale giudice, senza concedere al sig. Alpago la facolta` di esprimersi, in conformita` del principio del contraddittorio, si e` dichiarato competente in forza dell’art. 15 par. 5 del regolamento, e ha chiesto al Tribunale per i minorenni di Venezia di declinare la propria competenza. 29. Tuttavia, gia` in data 9 aprile 2009 il sig. Alpago aveva adito il Tribunale per i minorenni di Venezia, nell’ambito del procedimento ivi pendente sul diritto di affidamento, chiedendo che fosse disposto il ritorno della figlia in Italia ai sensi dell’art. 11 par. 8 del regolamento. Nel corso di un’udienza tenutasi dinanzi a tale giudice il 19 maggio 2009, la sig.ra Povse si e` dichiarata disponibile a seguire un progetto di incontri tra padre e figlia predisposto dal consulente tecnico d’ufficio. Essa non ha fatto menzione del procedimento giudiziario intentato dinanzi al Bezirksgericht Judenburg, sfociato nella citata decisione 26 maggio 2009. 30. Il 10 luglio 2009 il Tribunale per i minorenni di Venezia ha confermato la propria competenza, dichiarando che a suo giudizio non ricorrevano i presupposti per un trasferimento di competenza ex art. 10 del regolamento, e ha rilevato che la consulenza tecnica d’ufficio da esso disposta non aveva potuto essere portata a termine in quanto la madre non aveva aderito al progetto di incontri elaborato dal consulente. 31. Con lo stesso decreto del 10 luglio 2009 il Tribunale per i minorenni di Venezia ha inoltre disposto il ritorno immediato della minore in Italia e ha incaricato i servizi sociali del comune di Vittorio Veneto, per l’ipotesi in cui anche la madre facesse ritorno con la bambina, di mettere a loro disposizione un alloggio e di predisporre un programma d’incontri con il padre. Il giudice auspicava in tal modo di ripristinare i contatti tra padre e figlia, che si erano interrotti a causa dell’atteggiamento della madre. A tal fine il Tribunale per i minorenni di Venezia ha rilasciato un certificato ex art. 42 del regolamento. 32. Il 25 agosto 2009, il Bezirksgericht Judenburg ha emesso un provvedimento provvisorio con il quale la minore e` stata provvisoriamente affidata alla sig.ra Povse. Copia di tale provvedimento e` stata inviata per posta al sig. Alpago in Italia, senza informarlo del suo diritto di rifiutarne la ricezione e senza accludere una traduzione. Il 23 settembre 2009 tale provvedimento e` divenuto definitivo e dotato di efficacia esecutiva in diritto austriaco. 33. Il 22 settembre 2009 il sig. Alpago ha chiesto al Bezirksgericht Leoben l’esecuzione del decreto del Tribunale per i minorenni di Venezia del 10 luglio 2009 che aveva disposto il ritorno della figlia in Italia. Il Bezirksgericht Leoben ha
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respinto la domanda rilevando che l’esecuzione del decreto del giudice italiano presentava un grave rischio di danno psichico per la minore. In accoglimento dell’appello interposto dal sig. Alpago avverso tale decisione, il Landesgericht Leoben, richiamandosi alla sentenza della Corte 11 luglio 2008, causa C-195/08 PPU, Rinau (in Raccolta, p. I-5271), ha riformato detta decisione e disposto il ritorno della minore. 34. L’Oberster Gerichtshof (Corte di Cassazione, Austria) e` stato adito dalla sig.ra Povse con ricorso per «Revision» volto a ottenere la cassazione della sentenza del Landesgericht Leoben e il rigetto della domanda di esecuzione. Tale organo giurisdizionale, nutrendo dubbi in ordine all’interpretazione del regolamento, ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se rientri nella nozione di ‘‘decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore’’ ai sensi dell’art. 10 lett. b, iv del regolamento... anche un provvedimento provvisorio con cui si dispone che, fino all’adozione della decisione definitiva sull’affidamento, ‘‘le decisioni relative al minore’’, in particolare il diritto di stabilire il luogo di residenza, spettano al genitore che ha sottratto il minore. «2) Se un decreto che dispone il ritorno del minore rientri nel campo di applicazione dell’art. 11 par. 8 del regolamento solo qualora il giudice disponga il ritorno sulla base di una decisione di affidamento da esso stesso adottata. «3) In caso di soluzione affermativa alla prima e alla seconda questione: «a) Se nello Stato di esecuzione possa essere eccepita l’incompetenza del giudice dello Stato di origine (prima questione) o l’inapplicabilita` dell’art. 11 par. 8 del regolamento (seconda questione) per opporsi all’esecuzione di una decisione che sia stata certificata dal giudice di origine ai sensi dell’art. 42 par. 2 del regolamento. «b) Oppure se, in tale fattispecie, il convenuto debba richiedere la revoca del certificato nello Stato di origine, con la possibilita` di sospendere l’esecuzione nel secondo Stato fino all’adozione della decisione nello Stato di origine. «4) In caso di soluzione negativa alle questioni prima e seconda o terza, sub a: «Se una decisione emanata da un giudice del secondo Stato, da considerarsi esecutiva ai sensi del diritto di quest’ultimo, con la quale la custodia viene provvisoriamente attribuita al genitore che ha sottratto il minore, osti, ai sensi dell’art. 47 par. 2 del regolamento, all’esecuzione di un decreto che dispone il ritorno emesso precedentemente nello Stato di origine ai sensi dell’art. 11 par. 8 del regolamento anche quando non impedirebbe l’esecuzione di un provvedimento di ritorno emanato dal secondo Stato ai sensi della convenzione dell’Aja. 5) Qualora anche la quarta questione vada risolta in senso negativo: «a) Se, nel caso di una decisione certificata dal giudice di origine ai sensi dell’art. 42 par. 2 del regolamento, il secondo Stato possa rifiutarsi di darvi esecuzione qualora, successivamente alla sua adozione, le circostanze siano mutate in modo tale che ora l’esecuzione sarebbe gravemente lesiva per l’interesse del minore. «b) Oppure se, in tal caso, il convenuto debba far valere tali mutate circostanze nello Stato di origine, con la possibilita` di sospendere l’esecuzione nel secondo Stato fino a che sia stata adottata la decisione nello Stato di origine». Sul procedimento d’urgenza 35. Il giudice del rinvio ha motivato la propria richiesta di trattare il rinvio pregiudiziale con procedimento d’urgenza ex art. 104-ter del regolamento di pro-
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cedura affermando che i contatti tra la minore e il padre si sono interrotti. Una decisione tardiva in merito all’esecuzione del decreto del Tribunale per i minorenni di Venezia del 10 luglio 2009, che ha disposto il ritorno della minore in Italia, comporterebbe un ulteriore deterioramento dei rapporti tra padre e figlia ed accrescerebbe quindi il rischio di danno psichico nel caso in cui la minore dovesse fare ritorno in Italia. 36. Su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, l’11 maggio 2010 la Terza Sezione della Corte ha deciso di accogliere la domanda del giudice a quo di sottoporre il rinvio pregiudiziale a procedimento d’urgenza. Sulle questioni pregiudiziali Osservazioni preliminari 37. E` pacifico che la causa principale verte su una fattispecie di trasferimento illecito di minore ai sensi dell’art. 3, primo comma della convenzione dell’Aja del 1980 e dell’art. 2 n. 11 del regolamento. 38. E` altresı´ pacifico che, ai sensi dell’art. 10 del regolamento, il giudice competente, quanto meno al momento della sottrazione della minore, era il Tribunale per i minorenni di Venezia, giudice del luogo di residenza abituale della minore prima dell’illecito trasferimento. Sulla prima questione 39. Con tale questione il giudice del rinvio domanda se, in una fattispecie di trasferimento illecito di minore, l’art. 10 lett. b, iv del regolamento debba essere interpretato nel senso che un provvedimento provvisorio va qualificato come «decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore» ai sensi di tale disposizione. 40. Occorre sottolineare che il sistema istituito dal regolamento si impernia sul ruolo centrale conferito al giudice competente ai sensi delle disposizioni del regolamento stesso e che, ai sensi del suo ventunesimo considerando, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni rese in uno Stato membro devono fondarsi sul principio della fiducia reciproca, mentre i motivi di non riconoscimento dovrebbero essere limitati al minimo indispensabile. 41. Nel caso di trasferimento illecito di minori, l’art. 10 del regolamento attribuisce la competenza, come regola generale, ai giudici dello Stato membro in cui il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento. Tale competenza e` in via di principio conservata e si trasferisce solo qualora il minore abbia acquisito la residenza abituale in un altro Stato membro e, inoltre, ricorra una delle condizioni alternative previste dallo stesso art. 10. 42. La questione sollevata dal giudice a quo e` diretta specificamente ad accertare se, mediante l’adozione di un provvedimento provvisorio, il giudice competente abbia trasferito la propria competenza, a norma dell’art. 10 lett. b, iv del regolamento, ai giudici dello Stato membro in cui il minore sottratto e` stato condotto. 43. A tal proposito va rilevato che il regolamento mira a dissuadere dal commettere sottrazioni di minori tra Stati membri e, in caso di sottrazione, ad ottenere che il ritorno del minore sia effettuato al piu´ presto (v. sentenza Rinau cit., punto 52). 44. Ne consegue che il trasferimento illecito di un minore non dovrebbe, in
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linea di principio, comportare il trasferimento della competenza dai giudici dello Stato membro in cui il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento a quelli dello Stato membro in cui e` stato condotto, e cio` nemmeno nell’ipotesi in cui, a seguito del trasferimento, il minore abbia acquisito la residenza abituale in quest’altro Stato membro. 45. La condizione enunciata all’art. 10 lett. b, iv del regolamento dev’essere pertanto interpretata in senso restrittivo. 46. Pertanto, alla luce del ruolo centrale attribuito dal regolamento al giudice competente e del principio della conservazione di tale competenza, si deve ritenere che per «decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore» vada intesa una decisione definitiva, adottata sulla scorta di una disamina completa dell’insieme degli elementi pertinenti, con la quale il giudice competente si pronuncia sulla disciplina della questione dell’affidamento del minore, disciplina che non e` piu´ soggetta ad altre decisioni amministrative o giudiziarie. Il fatto che la disciplina della questione dell’affidamento del minore preveda una revisione o un riesame periodico entro un certo periodo, o in funzione di certe circostanze, di tale questione non priva la decisione del suo carattere definitivo. 47. Tale conclusione discende dalla sistematica del regolamento e risponde altresı´ agli interessi del minore. Qualora infatti una decisione provvisoria dovesse comportare la perdita di competenza in ordine alla questione dell’affidamento del minore, il giudice competente dello Stato membro della residenza abituale anteriore del minore potrebbe essere dissuaso dall’adottare una siffatta decisione provvisoria, e cio` quand’anche essa fosse necessaria per tutelare gli interessi del minore. 48. Con il decreto del 23 maggio 2008 il Tribunale per i minorenni di Venezia, giudice competente ai sensi del regolamento, tenendo conto della situazione di fatto creatasi a seguito della sottrazione della minore e considerando l’interesse di quest’ultima, ha revocato il divieto di espatrio dal territorio italiano, ha disposto provvisoriamente l’affidamento condiviso a entrambi i genitori, ha concesso al padre un diritto di visita e ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio in merito ai rapporti tra la minore e i due genitori, in vista appunto dell’adozione di una sua decisione definitiva sul diritto di affidamento. Tale giudice ha inoltre attribuito alla madre il diritto di prendere, nei confronti della minore, le «decisioni... concernenti l’ordinaria amministrazione», vale a dire le decisioni genitoriali attinenti agli aspetti pratici della vita quotidiana della bambina. 49. Si desume da quanto sopra che tale decreto, qualificato come provvisorio tanto dal Tribunale per i minorenni di Venezia quanto dal giudice del rinvio, non configura affatto una decisione definitiva sul diritto di affidamento. 50. Occorre pertanto risolvere la prima questione dichiarando che l’art. 10 lett. b, iv del regolamento dev’essere interpretato nel senso che un provvedimento provvisorio non configura una «decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore» ai sensi di tale disposizione e non puo` costituire il fondamento di un trasferimento di competenza ai giudici dello Stato membro verso il quale il minore e` stato illecitamente trasferito. Sulla seconda questione 51. Con tale questione il giudice a quo domanda se l’art. 11 par. 8 del regolamento debba essere interpretato nel senso che la decisione del giudice competente che disponga il ritorno del minore rientra nell’ambito di applicazione di detta
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norma solo qualora si fondi su una decisione definitiva del medesimo giudice in merito al diritto di affidamento del minore. 52. Si deve rilevare che una siffatta interpretazione, che subordina l’esecuzione di una decisione del giudice competente con la quale si disponga il ritorno del minore all’esistenza di una decisione definitiva dello stesso giudice in merito al diritto di affidamento, non trova alcun fondamento testuale nell’art. 11 del regolamento ne´, specificamente, nel suo par. 8. Al contrario, l’art. 11 par. 8 del regolamento fa riferimento a qualunque «successiva decisione che prescrive il ritorno del minore». 53. Vero e` che, ai sensi del par. 7 dello stesso articolo, l’autorita` giurisdizionale o l’autorita` centrale dello Stato membro di residenza abituale anteriore deve notificare alle parti le informazioni che abbia ricevuto in merito a un provvedimento contro il ritorno del minore adottato nello Stato membro in cui questi e` stato trasferito e invitarle a presentare le proprie conclusioni «affinche´ [tale autorita`] esamini la questione dell’affidamento del minore». Questa disposizione, tuttavia, non fa che indicare l’obiettivo finale dei procedimenti amministrativi e giudiziari, vale a dire la regolarizzazione della situazione del minore, ma da cio` non e` lecito dedurre che la decisione sull’affidamento del minore costituisca una condizione preliminare all’adozione di una decisione che dispone il ritorno del minore. Tale decisione intermedia, infatti, e` anch’essa volta al conseguimento dell’obiettivo finale, che e` la disciplina della questione dell’affidamento del minore. 54. Analogamente, gli artt. 40 e 42-47 del regolamento non subordinano affatto l’esecuzione di una decisione emessa ai sensi dell’art. 11 par. 8 e certificata ai sensi dell’art. 42 par. 1 del regolamento alla previa adozione di una decisione in materia di affidamento. 55. Questa interpretazione dell’art. 11 par. 8 del regolamento e` confermata dalla giurisprudenza della Corte. 56. La Corte ha dichiarato che, benche´ intrinsecamente connessa ad altre materie disciplinate dal regolamento, in particolare al diritto di affidamento, l’esecutivita` di una decisione che prescrive il ritorno di un minore successiva ad un provvedimento contro il ritorno beneficia dell’autonomia procedurale, al fine di non ritardare il ritorno di un minore illecitamente trasferito. Essa ha altresı´ affermato questa autonomia delle disposizioni degli artt. 11 par. 8, 40 e 42 del regolamento nonche´ la priorita` riconosciuta alla competenza del giudice di origine nell’ambito del capo III, sezione 4, del regolamento (v., in tal senso, sentenza Rinau cit., punti 63 e 64). 57. Occorre aggiungere che tale interpretazione e` conforme alla ratio del meccanismo istituito dagli artt. 11 par. 8, 40 e 42 del regolamento. 58. In base a tale meccanismo, qualora il giudice dello Stato membro in cui il minore e` stato illecitamente trasferito abbia emesso una decisione contro il ritorno ai sensi dell’art. 13 della convenzione dell’Aja del 1980, il regolamento, che all’art. 60 afferma il proprio primato su tale convenzione nei rapporti tra gli Stati membri, intende riservare al giudice che sia competente in forza di questo stesso regolamento qualunque decisione in merito all’eventuale ritorno del minore. In tal senso, l’art. 11 par. 8 dispone che una siffatta decisione del giudice competente e` esecutiva conformemente alla sezione 4 del capo III del regolamento, allo scopo di assicurare il ritorno del minore. 59. Si deve ricordare che il giudice competente, prima di adottare tale deci-
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sione, deve tener conto dei motivi e degli elementi di prova sulla scorta dei quali e` stata emessa la decisione contro il ritorno. Il fatto che egli abbia preso in considerazione tali elementi contribuisce a giustificare l’esecutivita` della decisione, una volta che sia stata adottata, in conformita` al principio di reciproca fiducia sotteso al regolamento. 60. Per giunta, tale sistema comporta un duplice esame della questione del ritorno del minore, garantendo cosı´ una maggiore fondatezza della decisione e una tutela rafforzata degli interessi del minore. 61. Inoltre, come correttamente rileva la Commissione europea, il giudice cui spetta pronunciarsi in definitiva sul diritto di affidamento deve disporre della facolta` di stabilire tutte le modalita` e le misure intermedie, ivi inclusa la designazione del luogo di residenza del minore, il che potrebbe eventualmente renderne necessario il ritorno. 62. L’obiettivo di celerita` perseguito dagli artt. 11 par. 8, 40 e 42 del regolamento e la priorita` attribuita alla competenza del giudice di origine difficilmente potrebbero conciliarsi con un’interpretazione secondo la quale la decisione di ritorno dovrebbe essere preceduta da una decisione definitiva sul diritto di affidamento. Un’interpretazione del genere si tradurrebbe in un vincolo tale da obbligare eventualmente il giudice competente a prendere una decisione sul diritto di affidamento senza disporre di tutte le informazioni e di tutti gli elementi pertinenti, ne´ del tempo necessario a valutarli in modo obiettivo e pacato. 63. Quanto all’argomento secondo il quale un’interpretazione siffatta potrebbe comportare per il minore una serie di spostamenti inutili, nel caso in cui il giudice competente dovesse in definitiva attribuire l’affidamento al genitore residente nello Stato membro del trasferimento, si deve necessariamente sottolineare che l’interesse a che sull’affidamento definitivo del minore sia resa una decisione giudiziaria giusta e fondata, la necessita` di scoraggiare le sottrazioni di minori nonche´ il diritto del minore di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i genitori prevalgono sugli eventuali inconvenienti che tali spostamenti potrebbero provocare. 64. Uno dei diritti fondamentali del bambino e` infatti quello, sancito dall’art. 24 par. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (Gazz. Uff. Com. eur., C 364, p. 1), di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, e il rispetto di tale diritto si identifica innegabilmente con un interesse superiore di qualsiasi bambino (v. sentenza 23 dicembre 2009, causa C-403/09 PPU, Deticek, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 54). Orbene, e` giocoforza constatare che, il piu´ delle volte, un trasferimento illecito del minore, a seguito di una decisione presa unilateralmente da uno dei suoi genitori, priva il bambino della possibilita` di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con l’altro genitore (sentenza Deticek cit., punto 56). 65. La correttezza di tale impostazione emerge anche dall’esame della fattispecie di cui e` causa. 66. Il decreto del 10 luglio 2009 con il quale il giudice competente ha disposto il ritorno della minore si fonda, infatti, sulla considerazione che i rapporti tra la bambina e il padre si sono interrotti. Risponde pertanto al superiore interesse della minore che tali rapporti siano ripristinati e che, nei limiti del possibile, sia anche assicurata la presenza della madre in Italia, affinche´ i rapporti della bambina con
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entrambi i genitori nonche´ le competenze genitoriali e la personalita` di questi ultimi siano esaminati approfonditamente dai competenti servizi italiani prima dell’adozione di una decisione definitiva sull’affidamento e sulla responsabilita` genitoriale. 67. La seconda questione va pertanto risolta dichiarando che l’art. 11 par. 8 del regolamento dev’essere interpretato nel senso che la decisione del giudice competente che disponga il ritorno del minore rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione anche qualora non sia preceduta da una decisione definitiva adottata dal medesimo giudice sul diritto di affidamento del minore. Sulla terza questione 68. Alla luce della soluzione fornita alle prime due questioni pregiudiziali, non occorre risolvere la terza. Sulla quarta questione 69. Con tale questione il giudice del rinvio domanda se l’art. 47 par. 2, secondo comma del regolamento debba essere interpretato nel senso che una decisione che attribuisca un diritto di affidamento provvisorio, emessa in un momento successivo da un giudice dello Stato membro di esecuzione e considerata esecutiva ai sensi della legge di tale Stato, osti all’esecuzione di una decisione certificata, emessa anteriormente, con la quale era stato disposto il ritorno del minore, in quanto incompatibile con quest’ultima decisione. 70. Come risulta dal ventiquattresimo considerando nonche´ dagli artt. 42 par. 1 e 43 par. 2 del regolamento, il rilascio di un certificato non e` impugnabile e la decisione certificata e` automaticamente dotata di efficacia esecutiva senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento. 71. Peraltro, a norma dell’art. 43 par. 1 del regolamento, la legge dello Stato membro di origine e` applicabile a qualsiasi rettifica del certificato, fermo restando che, ai sensi del ventiquattresimo considerando del regolamento, la domanda di rettifica e` ammessa solo in caso di errore materiale, ossia se il certificato non rispecchia correttamente il contenuto della decisione. All’art. 44 del regolamento si prevede inoltre che il certificato ha effetto soltanto nei limiti del carattere esecutivo della sentenza e, all’art. 47 par. 2, secondo comma del regolamento, che una decisione certificata non puo` essere eseguita se e` incompatibile con una decisione esecutiva emessa posteriormente. 72. Occorre inoltre ricordare che, come risulta dal ventitreesimo considerando del regolamento, le modalita` relative all’esecuzione di tali decisioni restano disciplinate dalla legge nazionale dello Stato membro di esecuzione. 73. Dalle disposizioni innanzi citate, che delineano una netta ripartizione di competenze tra i giudici dello Stato membro d’origine e quelli dello Stato membro di esecuzione e che mirano a un rapido ritorno del minore, risulta che un certificato rilasciato in forza dell’art. 42 del regolamento, che conferisce alla decisione cosı´ certificata un’efficacia esecutiva specifica, non e` in alcun modo impugnabile. Il giudice richiesto deve limitarsi a constatare l’efficacia esecutiva di tale decisione, e nei confronti del certificato puo` soltanto essere proposta domanda di rettifica, oppure possono essere sollevati dubbi in merito alla sua autenticita`, conformemente alla legge nazionale dello Stato membro di origine (v., in tal senso, sentenza Rinau cit., punti 85, 88 e 89). Le uniche norme dello Stato membro richiesto che possono trovare applicazione sono quelle che disciplinano le questioni procedurali.
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74. Per contro, le questioni attinenti alla fondatezza della decisione in quanto tale, e segnatamente la questione se ricorrano i presupposti perche´ il giudice competente possa pronunciare tale decisione, ivi incluse le eventuali contestazioni in merito alla competenza, devono essere sollevate dinanzi ai giudici dello Stato membro di origine, in conformita` delle norme del suo ordinamento giuridico. Del pari, la domanda di sospensione dell’esecuzione di una decisione certificata puo` essere presentata soltanto al giudice competente dello Stato membro di origine, in conformita` delle norme del suo ordinamento giuridico. 75. Pertanto, contro l’esecuzione di siffatta decisione non vi e` alcun mezzo d’impugnazione esperibile dinanzi ai giudici dello Stato membro del trasferimento, e le uniche norme giuridiche di tale Stato che siano applicabili sono quelle procedurali, ai sensi dell’art. 47 par. 1 del regolamento, vale a dire le modalita` di esecuzione della decisione. Orbene, un procedimento come quello che costituisce oggetto della presente questione pregiudiziale non riguarda ne´ requisiti di forma ne´ questioni procedurali, bensı´ questioni di merito. 76. Di conseguenza, l’incompatibilita`, ai sensi dell’art. 47 par. 2, secondo comma del regolamento, di una decisione certificata con una decisione esecutiva successiva dev’essere verificata soltanto rispetto alle eventuali decisioni pronunciate successivamente dai giudici competenti dello Stato membro di origine. 77. Una siffatta incompatibilita` si produrrebbe non soltanto nei casi in cui la decisione fosse annullata o riformata a seguito di un’azione in giudizio nello Stato membro di origine. Come e` stato chiarito in udienza, infatti, il giudice competente puo`, d’ufficio o, se del caso, su richiesta dei servizi sociali, ritornare sulla propria decisione, allorche´ l’interesse del minore lo esige, e adottare una nuova decisione esecutiva, senza espressamente revocare la prima, che risulterebbe cosı´ caducata. 78. Ritenere che una decisione emessa successivamente da un giudice dello Stato membro di esecuzione possa ostare all’esecuzione di una decisione anteriore certificata nello Stato membro di origine che abbia disposto il ritorno del minore costituirebbe un’elusione del meccanismo istituito dalla sezione 4 del capo III del regolamento. Una simile deroga alla competenza dei giudici dello Stato membro di origine priverebbe di effetto utile l’art. 11 par. 8 del regolamento – che conferisce in ultima analisi al giudice competente il diritto di decidere e prevale, in forza dell’art. 60 del regolamento, sulla convenzione dell’Aja del 1980 – e riconoscerebbe una competenza di merito ai giudici dello Stato membro di esecuzione. 79. Di conseguenza, occorre risolvere la quarta questione dichiarando che l’art. 47 par. 2, secondo comma del regolamento dev’essere interpretato nel senso che una decisione emessa successivamente da un giudice dello Stato membro di esecuzione, che attribuisca un diritto di affidamento provvisorio e sia considerata esecutiva ai sensi della legge di tale Stato, non e` opponibile all’esecuzione di una decisione certificata, emessa anteriormente dal giudice competente dello Stato membro di origine e con la quale era stato disposto il ritorno del minore. Sulla quinta questione 80. Con tale questione il giudice a quo domanda se l’esecuzione di una decisione certificata possa essere negata nello Stato membro di esecuzione adducendo un mutamento delle circostanze, sopravvenuto dopo la sua emanazione, tale per cui l’esecuzione potrebbe ledere gravemente il superiore interesse del minore, o se invece un tale mutamento debba essere dedotto dinanzi ai giudici dello Stato
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membro di origine, il che implicherebbe la sospensione dell’esecuzione della decisione nello Stato membro richiesto, nelle more del procedimento nello Stato membro di origine. 81. A tal proposito, un cambiamento significativo delle circostanze in relazione al superiore interesse del minore costituisce una questione sostanziale, eventualmente idonea a condurre a una modifica della decisione del giudice competente in merito al ritorno del minore. Orbene, conformemente alla ripartizione delle competenze ampiamente evocata nella presente sentenza, una questione del genere rientra nella sfera del giudice competente dello Stato membro di origine. Del resto detto giudice e`, nel sistema istituito dal regolamento, altresı´ competente a valutare il superiore interesse del minore ed e` a detto giudice che dev’essere presentata l’eventuale domanda di sospensione della sua decisione. 82. Tale conclusione non e` inficiata dal riferimento, di cui all’art. 47 par. 2, primo comma del regolamento, all’esecuzione di una decisione resa in un altro Stato membro «alle stesse condizioni» che si applicherebbero se la decisione fosse stata pronunciata nello Stato membro di esecuzione. Tale prescrizione va interpretata restrittivamente. Essa riguarda soltanto le modalita` procedurali secondo le quali deve svolgersi il ritorno del minore, e non puo` in nessun caso fornire una giustificazione sostanziale per opporsi alla decisione del giudice competente. 83. Si deve pertanto risolvere la quinta questione dichiarando che l’esecuzione di una decisione certificata non puo` essere negata nello Stato membro di esecuzione adducendo un mutamento delle circostanze, sopravvenuto dopo la sua emanazione, tale per cui l’esecuzione potrebbe ledere gravemente il superiore interesse del minore. Un mutamento del genere dev’essere dedotto dinanzi al giudice competente dello Stato membro di origine, al quale dovrebbe essere presentata anche l’eventuale domanda di sospensione dell’esecuzione della sua decisione. Sulle spese 84. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. P.Q.M., la Corte (Terza Sezione) dichiara: 1) L’art. 10 lett. b, iv del regolamento (CE) del Consiglio del 27 novembre 2003 n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilita` genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, dev’essere interpretato nel senso che un provvedimento provvisorio non configura una «decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore» ai sensi di tale disposizione e non puo` costituire il fondamento di un trasferimento di competenza ai giudici dello Stato membro verso il quale il minore e` stato illecitamente trasferito. 2) L’art. 11 par. 8 del regolamento n. 2201/2003 dev’essere interpretato nel senso che la decisione del giudice competente che disponga il ritorno del minore rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione anche qualora non sia preceduta da una decisione definitiva adottata dal medesimo giudice sul diritto di affidamento del minore. 3) L’art. 47 par. 2, secondo comma del regolamento n. 2201/2003 dev’essere
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interpretato nel senso che una decisione emessa successivamente da un giudice dello Stato membro di esecuzione, che attribuisca un diritto di affidamento provvisorio e sia considerata esecutiva ai sensi della legge di tale Stato, non e` opponibile all’esecuzione di una decisione certificata, emessa anteriormente dal giudice competente dello Stato membro di origine e con la quale era stato disposto il ritorno del minore. 4) L’esecuzione di una decisione certificata non puo` essere negata nello Stato membro di esecuzione adducendo un mutamento delle circostanze, sopravvenuto dopo la sua emanazione, tale per cui l’esecuzione potrebbe ledere gravemente il superiore interesse del minore. Un mutamento del genere dev’essere dedotto dinanzi al giudice competente dello Stato membro di origine, al quale dovrebbe essere presentata anche l’eventuale domanda di sospensione dell’esecuzione della sua decisione.
Corte di giustizia, sentenza 15 luglio 2010 nella causa C-256/09 Presidente, Cunha Rodrigues – Avvocato generale, Sharpston Sulla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof (Germania) nella causa Purrucker contro Valle´s Pe´rez.
Rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 20 del regolamento (CE) n. 2201/ 2003 del 27 novembre 2003 solo i provvedimenti provvisori o cautelari adottati da giudici che non fondino la loro competenza su una delle disposizioni dettate da tale regolamento. Il divieto di controllo della competenza dell’autorita` giurisdizionale d’origine, posto dall’art. 24 del regolamento (CE) n. 2201/2003, si fonda sul presupposto che tale giudice si accerti della propria competenza ai sensi delle disposizioni del regolamento (CE) n. 2201/2003 e che cio` risulti chiaramente dalla sua decisione. Il suddetto divieto non preclude pertanto ai giudici degli altri Stati membri di accertare il fondamento sul quale il primo giudice ha basato la sua competenza; se la decisione ad essi sottoposta non contiene elementi attestanti senza ombra di dubbio la competenza nel merito dell’autorita` giurisdizionale d’origine essi possono percio` verificare se da tale decisione emerge che quest’ultimo giudice ha inteso fondare la propria competenza su una disposizione del regolamento (CE) n. 2201/2003. Il sistema di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni predisposto dagli articoli 21 ss. del regolamento (CE) n. 2201/2003 non si applica a provvedimenti provvisori, in materia di diritto di affidamento, rientranti nell’art. 20 di detto regolamento. 1* * Testo non autentico tratto gratuitamente dal sito web ufficiale della Corte di giustizia. Tra le sentenze della Corte di giustizia citate in motivazione possono leggersi in questa Rivista: 2 aprile 2009, in causa C-523/07, ivi, 2009, p. 750 ss.; 16 giugno 1981, in causa 166/80,
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1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del regolamento (CE) del Consiglio del 27 novembre 2003 n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilita` genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (Gazz. Uff. Un. eur., L 338, p. 1). 2. Tale domanda e` stata proposta nell’ambito di un ricorso presentato al Bundesgerichtshof dalla sig.ra Purrucker, madre dei minori Merlı´n e Samira Purrucker, avverso la decisione dell’Oberlandesgericht Stuttgart (Germania) 22 settembre 2008, nella parte in cui tale decisione concede l’exequatur ad una decisione del Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial (Spagna) che attribuisce l’affidamento dei figli al padre. Contesto normativo 3. La convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori e` stata sottoscritta il 25 ottobre 1980 nel contesto della Conferenza dell’Aja sul diritto internazionale privato (in prosieguo: la «convenzione dell’Aja del 1980»). Essa e` entrata in vigore il 1º dicembre 1983. Tutti gli Stati membri dell’Unione europea sono parti contraenti di tale convenzione. 4. La convenzione contiene diverse disposizioni finalizzate ad ottenere l’immediato ritorno di un minore illecitamente trasferito o trattenuto. 5. L’art. 16 della convenzione dell’Aja del 1980 dispone in particolare che dopo aver ricevuto notizia di un trasferimento illecito di un minore o del suo mancato ritorno, le autorita` giudiziarie dello Stato contraente nel quale il minore e` stato trasferito o e` trattenuto non possono deliberare per quanto riguarda il merito dei diritti di affidamento finche´ non sia accertato l’inadempimento delle condizioni della suddetta convenzione per la restituzione del minore. 6. La convenzione sulla competenza giurisdizionale, la legge applicabile, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, nonche´ la cooperazione, in materia di responsabilita` genitoriale e di misure per la tutela dei minori, e` stata stipulata il 19 ottobre 1996, anch’essa nel contesto della Conferenza dell’Aja sul diritto internazionale privato (in prosieguo: la «convenzione dell’Aja del 1996»). Essa ha sostituito la convenzione del 5 ottobre 1961, sulla competenza delle autorita` e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori. 7. Taluni Stati membri, in particolare la Repubblica federale di Germania e il Regno di Spagna, non hanno ratificato questa convenzione. Essi sono autorizzati a farlo dalla decisione del Consiglio del 5 giugno 2008 n. 2008/431/CE, che autorizza alcuni Stati membri a ratificare la convenzione dell’Aja del 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilita` genitoriale e di misure di protezione dei minori, ovvero ad aderirvi, nell’interesse della Comunita` europea e che autorizza alcuni Stati membri a preivi, 1982, p. 141 ss.; 2 maggio 2006, in causa C-341/04, ivi, 2006, p. 1105 ss.; 23 dicembre 2009, in causa C-403/09 PPU, ivi, 2010, p. 526 ss.; 11 luglio 2008, in causa C-195/08 PPU, ivi, 2008, 1134 ss.; 9 marzo 1978, in causa 106/77, ivi, 1978, p. 616 ss.; 19 giugno 1990, in causa C-213/89, ivi, 1991, p. 1080 ss.; 8 novembre 2005, in causa C-443/03, ivi, 2006, p. 252 ss.
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sentare una dichiarazione sull’applicazione delle pertinenti norme interne del diritto comunitario (Gazz. Uff. Un. eur., L 151, p. 36). 8. L’art. 11 della convenzione dell’Aja del 1996, contenuto nel suo capitolo II, rubricato «Competenza», e` redatto nei seguenti termini: «1. In tutti i casi di urgenza, sono competenti ad adottare le misure di protezione necessarie le autorita` di ogni Stato contraente sul cui territorio si trovino il minore o dei beni ad esso appartenenti. «2. Le misure adottate in applicazione del paragrafo precedente nei confronti di un minore che abbia la residenza abituale in uno Stato contraente cessano di avere effetto non appena le autorita` competenti ai sensi degli articoli da 5 a 10 hanno adottato le misure imposte dalla situazione. «3. Le misure adottate in applicazione del paragrafo 1 nei confronti di un minore che abbia la sua residenza abituale in uno Stato non contraente cessano di avere effetto in ogni Stato contraente non appena vi sono riconosciute le misure imposte dalla situazione, adottate dalle autorita` di un altro Stato». 9. L’art. 23 della convenzione dell’Aja del 1996, parte del capitolo IV, rubricato «Riconoscimento ed esecuzione», cosı´ recita: «1. Le misure adottate dalle autorita` di uno Stato contraente sono riconosciute di pieno diritto negli altri Stati contraenti. «2. Tuttavia, il riconoscimento puo` essere negato: «a) qualora la misura sia stata adottata da un’autorita` la cui competenza non era fondata ai sensi delle disposizioni del capitolo II; «...». 10. L’art. 26 di tale convenzione, compreso nel medesimo capitolo, precisa: «1. Se le misure adottate in uno Stato contraente e in esso esecutive comportano atti esecutivi in un altro Stato contraente, esse sono dichiarate esecutive o registrate ai fini dell’esecuzione in quest’altro Stato, su richiesta di ogni parte interessata, secondo la procedura stabilita dalla legge di tale Stato. «... «3. La dichiarazione di exequatur o la registrazione non possono essere negate se non per uno dei motivi di cui all’articolo 23, paragrafo 2». 11. L’art. 31 del regolamento (CE) del Consiglio del 22 dicembre 2000 n. 44/ 2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Gazz. Uff. Com. eur., L 12, p. 1), stabilisce quanto segue: «I provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono essere richiesti al giudice di detto Stato anche se, in forza del presente regolamento, la competenza a conoscere nel merito e` riconosciuta al giudice di un altro Stato membro». 12. La convenzione di Bruxelles del 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Gazz. Uff. Com. eur., 1972, L 299, p. 32), come modificata dalla convenzione del 9 ottobre 1978, relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (ibidem, L 304, p. 1, e – testo modificato – p. 77), dalla convenzione del 25 ottobre 1982, relativa all’adesione della Repubblica ellenica (ibidem, L 388, p. 1), dalla convenzione del 26 maggio 1989, relativa all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese (ibidem, L 285, p. 1), e dalla convenzione del 29 novembre 1996, relativa all’adesione della Repub-
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blica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia (ibidem, 1997, C 15, p. 1; in prosieguo: la «convenzione di Bruxelles»), conteneva all’art. 24, una disposizione analoga. 13. Prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 2201/2003, il Consiglio dell’Unione europea, con atto del 28 maggio 1998, aveva emanato, sulla base dell’art. K.3 del trattato sull’Unione europea, la convenzione concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali (Gazz. Uff. Com. eur., C 221, p. 1; in prosieguo: la «convenzione di Bruxelles II»). Tale convenzione non e` entrata in vigore. Nella misura in cui il suo testo ha ispirato quello del regolamento n. 2201/2003, la relazione esplicativa di detta convenzione (ibidem 1998, C 221, p. 27), redatta dalla sig.ra A. Borra´s (in prosieguo: la «relazione Borra´s»), e` stata richiamata per chiarire come interpretare tale regolamento. 14. Il regolamento n. 2201/2003 e` stato preceduto dal regolamento (CE) del Consiglio del 29 maggio 2000 n. 1347, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potesta` dei genitori sui figli di entrambi i coniugi (Gazz. Uff. Com. eur., L 160, p. 19). Il regolamento n. 1347/2000 e` stato abrogato dal regolamento n. 2201/2003, il cui ambito di applicazione e` piu´ ampio. 15. Il dodicesimo, sedicesimo, ventunesimo e ventiquattresimo considerando del regolamento n. 2201/2003 dispongono: «(12) E` opportuno che le regole di competenza in materia di responsabilita` genitoriale accolte nel presente regolamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza. Cio` significa che la competenza giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamento della sua residenza o in caso di accordo fra i titolari della responsabilita` genitoriale. «... «(16) Il presente regolamento non osta a che i giudici di uno Stato membro adottino, in casi di urgenza, provvedimenti provvisori o cautelari relativi alle persone presenti in quello Stato o ai beni in esso situati. «... «(21) Il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni rese in uno Stato membro dovrebbero fondarsi sul principio della fiducia reciproca e i motivi di non riconoscimento dovrebbero essere limitati al minimo indispensabile. «... «(24) Il certificato rilasciato allo scopo di facilitare l’esecuzione della decisione non dovrebbe essere impugnabile. Non dovrebbe poter dare luogo a una domanda di rettifica se non in caso di errore materiale, ossia se il certificato non rispecchia correttamente il contenuto della decisione». 16. Ai sensi dell’art. 2 del regolamento n. 2201/2003: «Ai fini del presente regolamento valgono le seguenti definizioni: «1) ‘‘autorita` giurisdizionale’’: tutte le autorita` degli Stati membri competenti per le materie rientranti nel campo di applicazione del presente regolamento a norma dell’articolo 1; «... «4) ‘‘decisione’’: una decisione... emessa dal giudice di uno Stato membro... relativa [tra l’altro] alla responsabilita` genitoriale, a prescindere dalla denominazione usata per la decisione, quale ad esempio decreto, sentenza o ordinanza;
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«... «7) ‘‘responsabilita` genitoriale’’: i diritti e doveri di cui e` investita una persona fisica o giuridica in virtu´ di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita; «... «9) ‘‘diritto di affidamento’’: i diritti e doveri concernenti la cura della persona di un minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo di residenza; «... «11) ‘‘trasferimento illecito o mancato ritorno del minore’’: il trasferimento o il mancato rientro di un minore: «a) quando avviene in violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro «e «b) se il diritto di affidamento era effettivamente esercitato, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o lo sarebbe stato se non fossero sopravvenuti tali eventi. L’affidamento si considera esercitato congiuntamente da entrambi i genitori quando uno dei titolari della responsabilita` genitoriale non puo`, conformemente ad una decisione o al diritto nazionale, decidere il luogo di residenza del minore senza il consenso dell’altro titolare della responsabilita` genitoriale». 17. L’art. 8 par. 1 di tale regolamento ha il seguente tenore: «Le autorita` giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilita` genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono adite». 18. Secondo l’art. 9 par. 1 di detto regolamento: «In caso di lecito trasferimento della residenza di un minore da uno Stato membro ad un altro che diventa la sua residenza abituale, la competenza delle autorita` giurisdizionali dello Stato membro della precedente residenza abituale del minore permane in deroga all’articolo 8 per un periodo di 3 mesi dal trasferimento, per modificare una decisione sul diritto di visita resa in detto Stato membro prima del trasferimento del minore, quando il titolare del diritto di visita in virtu´ della decisione sul diritto di visita continua a risiedere abitualmente nello Stato membro della precedente residenza abituale del minore». 19. L’art. 10 dello stesso regolamento dispone quanto segue: «In caso di trasferimento illecito o mancato rientro del minore, l’autorita` giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva la competenza giurisdizionale fino a che il minore non abbia acquisito la residenza in un altro Stato membro...». 20. L’art. 19 par. 2 del regolamento n. 2201/2003 cosı´ recita: «Qualora dinanzi a autorita` giurisdizionali di Stati membri diversi siano state proposte domande sulla responsabilita` genitoriale su uno stesso minore, aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, l’autorita` giurisdizionale successivamente
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adita sospende d’ufficio il procedimento finche´ non sia stata accertata la competenza dell’autorita` giurisdizionale preventivamente adita». 21. L’art. 20 di tale regolamento, rubricato «Provvedimenti provvisori e cautelari», stabilisce quanto segue: «1. In casi d’urgenza, le disposizioni del presente regolamento non ostano a che le autorita` giurisdizionali di uno Stato membro adottino i provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna, relativamente alle persone presenti in quello Stato o ai beni in esso situati, anche se, a norma del presente regolamento, e` competente a conoscere nel merito l’autorita` giurisdizionale di un altro Stato membro. «2. I provvedimenti adottati in esecuzione del paragrafo 1 cessano di essere applicabili quando l’autorita` giurisdizionale dello Stato membro competente in virtu´ del presente regolamento a conoscere del merito abbia adottato i provvedimenti ritenuti appropriati». 22. Gli artt. 21 ss. di detto regolamento riguardano il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni. Detto art. 21 par. 1 prevede in particolar modo che le decisioni pronunciate in uno Stato membro siano riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento. 23. L’art. 24 del regolamento n. 2201/2003 dispone che non si puo` procedere al riesame della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine. 24. L’art. 39 di tale regolamento prevede il rilascio di un certificato. Come emerge dall’allegato II di detto regolamento, che indica le menzioni che figurano in tale certificato, esso precisa diversi elementi del procedimento, in particolare l’attestato di esecutivita` e notificazione di una decisione giudiziaria. 25. Secondo l’art. 46 del medesimo regolamento: «Gli atti pubblici formati e aventi efficacia esecutiva in uno Stato membro nonche´ gli accordi tra le parti aventi efficacia esecutiva nello Stato membro di origine sono riconosciuti ed eseguiti alle stesse condizioni previste per le decisioni». 26. L’art. 60 del regolamento n. 2201/2003 stabilisce che detto regolamento prevale, tra l’altro, sulla convenzione dell’Aja del 1980. L’art. 61 del citato regolamento riguarda le relazioni tra quest’ultimo e la convenzione dell’Aja del 1996. Fatti della causa principale e procedimento in corso 27. Dalla decisione di rinvio risulta che verso la meta` del 2005 la sig.ra Purrucker si era trasferita in Spagna con il sig. Valle´s Pe´rez. Essa dava alla luce due gemelli, nati prematuramente nel maggio 2006. Il maschio, Merlı´n, poteva lasciare l’ospedale nel settembre 2006, mentre la femmina, Samira, poteva farlo solamente nel marzo 2007, a causa di complicazioni sopravvenute nel frattempo. 28. In precedenza, la relazione tra la sig.ra Purrucker e il sig. Valle´s Pe´rez si era deteriorata in quanto la sig.ra Purrucker voleva tornare in Germania con i figli mentre il sig. Valle´s Pe´rez, inizialmente, si era opposto a tale progetto. Il 30 gennaio 2007 le parti concludevano un accordo notarile che doveva essere approvato da un giudice per divenire esecutivo. Le clausole 2 e 3 di tale accordo sono formulate nei seguenti termini: «II. Si stabilisce che i figli minori della coppia sono soggetti alla potesta` genitoriale del padre e della madre, i quali sono entrambi titolari del diritto di affidamento, fatto salvo il diritto di visita di cui dispone il padre nei confronti dei figli,
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diritto di cui quest’ultimo puo` liberamente avvalersi in ogni momento e a suo piacimento, fermo restando che le parti si accordano per fissare il luogo di residenza nel modo specificato al seguente punto 3. «III. Quanto al luogo di residenza della madre e dei minori, si stabilisce che la sig.ra Purrucker si trasferisce con questi ultimi in Germania, dove fissa il suo luogo di residenza permanente che comunica al padre dei minori, il quale esprime espressamente il suo assenso al trasferimento della madre con i minori in detto paese, fermo restando che la madre riconosce il diritto di visita del padre e che gli consente di visitare i minori in qualsiasi momento e a suo piacimento, previa comunicazione alla madre delle date della visita. Il luogo di residenza sara` per una durata indeterminata e cio` fatte salve le decisioni che i figli della coppia possono prendere alla loro maggiore eta`». 29. La sig.ra Purrucker intendeva rientrare in Germania con il figlio D., nato da una precedente relazione, nonche´ con i minori Merlı´n e Samira. 30. A causa di complicazioni e della necessita` di subire un intervento chirurgico, la figlia Samira non poteva lasciare l’ospedale. Pertanto, la sig.ra Purrucker partiva per la Germania con il figlio Merlı´n il 2 febbraio 2007. Secondo le dichiarazioni della sig.ra Purrucker dinanzi al giudice del rinvio, anche la figlia Samira doveva essere condotta in Germania dopo essere stata dimessa dall’ospedale. 31. Tra le parti principali sono pendenti 3 procedimenti: il primo, in Spagna, proposto dal sig. Valle´s Pe´rez, riguarda la concessione di provvedimenti provvisori. Sembra che, a talune condizioni, tale procedimento possa essere ritenuto un procedimento nel merito volto al riconoscimento del diritto di affidamento dei minori Merlı´n e Samira; il secondo, in Germania, proposto dalla sig.ra Purrucker, riguarda la concessione del diritto di affidamento degli stessi minori; il terzo, in Germania, proposto dal sig. Valle´s Pe´rez, concerne l’exequatur della decisione del Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial che concedeva provvedimenti provvisori. Si tratta del procedimento che ha dato origine alla domanda di pronuncia pregiudiziale. Il procedimento avviato in Spagna per la concessione di provvedimenti provvisori 32. Non sentendosi piu´ vincolato dall’accordo notarile, il sig. Valle´s Pe´rez nel giugno 2007 ha avviato un procedimento diretto alla concessione di provvedimenti provvisori e, in particolare, del diritto di affidamento dei minori Samira e Merlı´n, dinanzi al Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial. 33. L’udienza si e` svolta il 26 settembre 2007. La sig.ra Purrucker vi era rappresentata e ha presentato osservazioni scritte. 34. Con sentenza 8 novembre 2007 il Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial ha adottato provvedimenti urgenti e provvisori. 35. In tale sentenza, allegata alle osservazioni presentate dalla sig.ra Purrucker dinanzi alla Corte, tale giudice spagnolo rileva: «Oltre al diritto sostanziale spagnolo rilevante, il ricorso e` fondato sulla [convenzione dell’Aja del 1980] (artt. 1 e 2) nonche´ sul regolamento... n. 2201/2003 e sull’accordo tra il Regno di Spagna e la Repubblica federale di Germania del 14 novembre 1983, relativo alla competenza dei giudici spagnoli (art. 8)». 36. Al punto 3 della motivazione, detta sentenza contiene le seguenti considerazioni:
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«III. In primo luogo, in considerazione del diritto europeo invocato e delle convenzioni ratificate dal Regno di Spagna e dalla Repubblica federale di Germania in materia di diritto di famiglia, di diritto di affidamento e di assegno alimentare per i figli minorenni, questo tribunale risulta perfettamente competente, posto che i genitori hanno risieduto in Spagna e che l’ultimo domicilio familiare era ivi fissato (art. 769, terzo comma del [codice di procedura civile spagnolo (Ley de Enjuiciamiento Civil)]; art. 1 della [convenzione dell’Aja del 1980] – il giudice competente e` quello della residenza abituale del minore – il censimento ha accertato la presenza in Colmenarejo di Merlı´n e la sua residenza abituale era in Spagna fino alla sua partenza per la Germania il 2 febbraio 2007). «Inoltre, il ricorrente e` spagnolo, risiede abitualmente in Spagna e si tratta del primo procedimento avviato in questa causa in Spagna. Questo tribunale ha dichiarato la sua competenza il 28 giugno nell’ordinanza di ammissibilita` del ricorso e nella successiva ordinanza del 20 settembre. Pertanto, se del caso, dovra` essere il Tribunale di Albstadt a dichiarare d’ufficio, in conformita` all’art. 19 del [regolamento n. 2201/2003] la propria incompetenza a favore del giudice spagnolo. La dichiarazione di incompetenza d’ufficio potra` essere pronunciata unicamente se le parti hanno presentato dinanzi ad autorita` giurisdizionali di Stati membri diversi domande sulla responsabilita` genitoriale nei confronti di un minore aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo. Ebbene, risulta che il procedimento successivamente avviato in Germania da Bianca Purrucker e` un procedimento semplificato diretto ad ottenere dal padre, Guillermo Valle´s, il versamento di un assegno alimentare per il minore Merlı´n. Tale procedimento e` stato registrato a ruolo dal Tribunale per le questioni familiari di Albstadt con il numero 8FH13/07. «In udienza il procuratore legale di Bianca Purrucker ha eccepito l’incompetenza di questo tribunale in quanto, da un lato, Merlı´n risiedeva regolarmente in Germania e, pertanto, gli interessi di tale minore dovevano essere trattati in Germania e, dall’altro, esisteva un accordo privato tra le parti. «Il ricorrente si oppone [al rinvio della causa al giudice tedesco] in quanto ignora il reale stato di salute di Merlı´n, non si sa se la madre tornera` mai in Spagna e la madre e` partita quando Samira si trovava in grave pericolo di morte. L’accordo privato, inoltre, non e` stato ratificato giudizialmente, non e` stato approvato dal pubblico ministero, ed e` stato fatto sottoscrivere sotto pressione e mediante l’inganno. «In udienza il pubblico ministero ha dichiarato competente questo tribunale in quanto l’accordo tra le parti non e` stato omologato giudizialmente ed e` necessario adottare urgentemente provvedimenti provvisori. Esso ricorda la competenza del giudice spagnolo del domicilio abituale del ricorrente in Spagna, il documento contenente l’accordo privato siglato in Spagna e la nascita del minore Merlı´n in Spagna. Nutre dubbi sulla regolarita` dell’uscita di Merlı´n dal territorio spagnolo. «Pertanto, confermiamo la competenza di questo tribunale a pronunciarsi sull’istanza di provvedimenti provvisori». 37. Come riportato dal Bundesgerichtshof nella decisione di rinvio, i provvedimenti provvisori adottati hanno il seguente tenore: «In via precauzionale il tribunale, pronunciandosi sull’istanza del sig. Guillermo Valle´s Pe´rez contro la sig.ra Bianca Purrucker, adotta il seguente provvedimento provvisorio urgente ed immediato: «1. Attribuzione al padre, sig. Guillermo Valle´s Pe´rez, del diritto di affida-
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mento comune per i due minori Samira e Merlı´n Valle´s Purrucker; fermo restando che entrambi i genitori conservano la responsabilita` genitoriale. «In ottemperanza al presente provvedimento, la madre deve restituire il figlio minore Merlı´n al padre domiciliato in Spagna. Sono adottate le misure idonee a consentire alla madre di viaggiare con il figlio e di visitare Samira e Merlı´n ogniqualvolta ne abbia intenzione. A tale scopo, un’abitazione che funga da luogo di incontro familiare deve essere messa a sua disposizione o puo` essere messa a sua disposizione da un familiare o dalla persona di fiducia che deve essere presente nel corso delle visite per tutto il tempo che la madre passa con i minori, fermo restando che tale abitazione puo` essere quella del padre qualora le parti si accordino su questo punto. «2. Divieto di lasciare il territorio spagnolo con i minori senza previa autorizzazione del giudice. «3. Consegna dei passaporti di ciascuno dei minori al genitore titolare del diritto di affidamento. «4. Qualsiasi cambiamento di domicilio dei minori Samira e Merlı´n e` subordinato alla previa autorizzazione del giudice. «5. A carico della madre non e` stabilito alcun obbligo di prestare gli alimenti. «Non e` pronunciata alcuna condanna alle spese. «In caso di presentazione di un procedimento di merito, questa ordinanza e` registrata nei corrispondenti atti processuali. «La presente ordinanza deve essere notificata alle parti e al pubblico ministero secondo le disposizioni prescritte e con la menzione che indichi che essa non puo` essere impugnata». 38. Come emerge dai documenti allegati alle osservazioni della sig.ra Purrucker, la sentenza del Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial 8 novembre 2007 e` stata oggetto di una sentenza di rettifica il 28 novembre 2007. Il punto 1 del dispositivo e` stato rettificato nella parte in cui attribuisce al padre il «diritto di affidamento» e non piu´ il «diritto di affidamento comune». 39. L’11 gennaio 2008 il Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial ha rilasciato un certificato ai sensi dell’art. 39 par. 1 del regolamento n. 2201/2003, che attestava che la sua decisione era esecutiva ed era stata notificata. 40. Sembra che il sig. Valle´s Pe´rez abbia presentato un ricorso nel merito, che il giudice adito si sia pronunciato su tale ricorso il 28 ottobre 2008 e che la decisione resa su tale ricorso sia stata impugnata. Il procedimento avviato in Germania per l’ottenimento del diritto di affidamento 41. Il 20 settembre 2007, ossia prima che fosse pronunciata la decisione del Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial, la sig.ra Purrucker, con un ricorso nel merito proposto dinanzi all’Amtsgericht Albstadt (Tribunale di primo grado di Albstadt, Germania), aveva chiesto che le fosse assegnato il diritto di affidamento dei minori Merlı´n e Samira. A norma dell’art. 16 della convenzione dell’Aja del 1980, il procedimento sul diritto di affidamento e` stato sospeso dal 19 marzo al 28 maggio 2008, e successivamente assegnato all’Amtsgericht Stuttgart (Germania), ai termini dell’art. 13 della legge tedesca sull’esecuzione e l’applicazione di taluni mezzi giuridici in materia di diritto internazionale di famiglia (Gesetz zur Aus- und Durchfu¨hrung bestimmter Rechtsinstrumente auf dem Gebiet des internationalen Familienrechts). L’Amtsgericht Stuttgart ha negato
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l’adozione di un nuovo provvedimento provvisorio sul diritto di affidamento per i due minori interessati. Esso non si e` pronunciato sul merito della causa, ma ha espresso dubbi quanto alla sua competenza internazionale. Con decisione 8 dicembre 2008, menzionata al punto 40 di questa sentenza, il Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial si e` dichiarato organo giurisdizionale preventivamente adito ai sensi degli artt. 16 e 19 par. 2 del regolamento n. 2201/ 2003. L’Amtsgericht Stuttgart ha quindi sospeso il procedimento a norma dell’art. 19 par. 2 di detto regolamento fino a quando la decisione del Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial non avesse acquisito autorita` di giudicato. 42. La sig.ra Purrucker ha impugnato la decisione dell’Amtsgericht Stuttgart. Il 14 maggio 2009 l’Oberlandesgericht Stuttgart l’ha annullata e ha rinviato la causa all’Amtsgericht Stuttgart affinche´ adottasse una nuova decisione. L’Oberlandesgericht Stuttgart ha ritenuto che ciascun giudice fosse tenuto a verificare la propria competenza e che l’art. 19 del regolamento n. 2201/2003 non conferisse ad alcuna delle autorita` giurisdizionali adite la competenza esclusiva a determinare quale fosse il tribunale preventivamente adito. L’Oberlandesgericht Stuttgart ha rilevato che la domanda relativa al diritto di affidamento proposta in Spagna nel giugno 2007 dal sig. Valle´s Pe´rez rientrava nel contesto di un procedimento volto alla concessione di provvedimenti provvisori, mentre la domanda relativa al diritto di affidamento proposta in Germania il 20 settembre 2007 dalla sig.ra Purrucker costituiva un ricorso nel merito. Siffatto ricorso, da un lato, e una procedura volta alla concessione di provvedimenti provvisori, dall’altro, avrebbero ad oggetto controversie diverse o domande diverse. 43. Con ordinanza 8 giugno 2009 l’Amtsgericht Stuttgart ha chiesto alle parti di comunicargli in che fase si trovasse il procedimento avviato in Spagna e le ha invitate a prendere posizione in merito alla possibilita` di sottoporre alla Corte la questione pregiudiziale relativa alla determinazione dell’autorita` giurisdizionale preventivamente adita, ai sensi dell’art. 104-ter del regolamento di procedura della Corte. Il procedimento avviato in Germania ai fini dell’ottenimento dell’exequatur della decisione emanata dal giudice spagnolo 44. Si tratta del procedimento che ha dato origine alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale. Il sig. Valle´s Pe´rez aveva inizialmente richiesto, tra l’altro, la restituzione del figlio Merlı´n e presentato, in via cautelare, un ricorso inteso a far riconoscere l’esecutivita` della decisione emessa dal Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial. In un secondo tempo, ha richiesto con priorita` l’exequatur di tale decisione. Di conseguenza, l’Amtsgericht Stuttgart, con decisione 3 luglio 2008, e l’Oberlandesgericht Stuttgart, con decisione in appello 22 settembre 2008, hanno concesso l’exequatur della decisione del giudice spagnolo e hanno informato la madre che in caso di inottemperanza le poteva essere inflitta un’ammenda. 45. Il Bundesgerichtshof riassume la decisione dell’Oberlandesgericht Stuttgart nei seguenti termini: «Non ci sono motivi che ostino all’esecutivita` della decisione del tribunale spagnolo. Sebbene si tratti di un provvedimento provvisorio del tribunale spagnolo, l’art. 2 n. 4 del regolamento n. 2201/2003 non stabilisce alcuna differenza in
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funzione della forma della decisione nel contesto del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni di altri Stati membri e richiede unicamente una ‘‘decisione giudiziaria’’. Nonostante i figli comuni non siano stati sentiti dal tribunale spagnolo, la mancata audizione non viola alcuna norma processuale fondamentale del diritto tedesco, e cio` a maggior ragione considerato che i minori avevano solo un anno e mezzo di eta` alla data della decisione. Il certificato del tribunale spagnolo rilasciato ai sensi dell’art. 39 del regolamento n. 2201/2003 dissipa i dubbi, suscitati dalla presentazione tardiva del ricorso nel merito, formulati dalla convenuta in ordine all’esecutivita` della decisione spagnola. Non esistono neppure motivi di non riconoscimento ex art. 23 del regolamento n. 2201/2003. In particolare, non e` stata rilevata alcuna violazione dell’ordine pubblico tedesco; i diritti della difesa sono stati rispettati grazie alla convocazione della convenuta all’udienza. La circostanza che essa non abbia assistito personalmente all’udienza, ma si sia limitata a farsi rappresentare dal suo avvocato, e` il risultato di una sua scelta. Nel contesto del procedimento di riconoscimento e di esecuzione, questo tribunale non puo` procedere ad una revisione nel merito della causa relativa al diritto di affidamento decisa in Spagna». 46. Nel ricorso di impugnazione presentato dinanzi al Bundesgerichtshof la sig.ra Purrucker contesta la decisione dell’Oberlandesgericht Stuttgart 22 settembre 2008 in quanto, ai sensi dell’art. 2 n. 4 del regolamento n. 2201/2003, il riconoscimento e l’esecuzione di decisioni pronunciate da giudici di altri Stati membri non si applicano ai provvedimenti provvisori ai sensi dell’art. 20 di detto regolamento, in quanto questi ultimi non possono essere qualificati come decisioni in materia di responsabilita` genitoriale. Decisione di rinvio e questione pregiudiziale 47. Il Bundesgerichtshof rileva che la questione dell’applicabilita` delle disposizioni di cui agli artt. 21 ss. del regolamento n. 2201/2003 anche ai provvedimenti provvisori ex art. 20 di tale regolamento, oppure solo alle decisioni di merito, forma oggetto di dibattito in dottrina e non e` stata ancora definitivamente risolta dalla giurisprudenza. 48. Secondo una prima tesi, i provvedimenti provvisori ex art. 20 del regolamento n. 2201/2003 andrebbero in linea di principio esclusi dalla sfera di applicazione delle disposizioni sul riconoscimento e sull’esecuzione, come quelle previste dagli artt. 21 ss. di detto regolamento. L’art. 20 di quest’ultimo conterrebbe una mera regola di competenza. La sentenza 2 aprile 2009, causa C-523/07, A (in Raccolta, p. I-2805, punti 46 ss.), potrebbe suffragare questa tesi, in quanto dichiara che i provvedimenti provvisori ex art. 20 del regolamento n. 2201/2003 devono avere natura temporanea e che la loro attuazione e il loro carattere imperativo devono risultare dalla normativa nazionale. Se cosı´ fosse, l’impugnazione della sig.ra Purrucker dovrebbe essere accolta. 49. Secondo talune tesi, la sfera di applicazione dell’art. 2 n. 4 del regolamento n. 2201/2003 si estenderebbe ai provvedimenti provvisori adottati da un tribunale competente nel contesto di un ricorso nel merito, a condizione che siano salvaguardati, per lo meno a posteriori, i diritti della difesa. Tale principio corrisponderebbe alla giurisprudenza della Corte, secondo cui un’audizione a posteriori e` sufficiente per garantire un processo equo (sentenza 16 giugno 1981, causa 166/80, Klomps, in Raccolta, p. 1593). Altre tesi limiterebbero l’applicazione del regolamento n. 2201/
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2003 ai provvedimenti provvisori adottati, all’occorrenza, nel contesto di un procedimento in contraddittorio, nel rispetto dei diritti della difesa. 50. In queste due ultime ipotesi l’esito favorevole dell’impugnazione dipenderebbe da se, nel corso del procedimento che ha originato il provvedimento provvisorio, la sig.ra Purrucker abbia o meno effettivamente goduto del diritto ad essere sentita. Ebbene, secondo il giudice del rinvio a favore di una risposta affermativa a tale questione depone la circostanza che l’interessata e` stata convocata all’udienza, vi era rappresentata da un avvocato e i suoi figli avevano un’eta` tale che non ci si potevano aspettare informazioni supplementari da una loro audizione. 51. Infine, ci sarebbe anche chi propugna la tesi per cui tutti i provvedimenti provvisori sono disciplinati dal sistema del regolamento n. 2201/2003. Da un lato, i provvedimenti provvisori adottati a norma dell’art. 20 di tale regolamento sarebbero considerati decisioni ai sensi del suo art. 2 n. 4, per le quali valgono le disposizioni degli artt. 21 ss. del medesimo regolamento, relative al riconoscimento e all’esecuzione. Dall’altro, i sostenitori di questa tesi addurrebbero altresı´ l’argomento in base al quale, anche se i provvedimenti provvisori ex art. 20 del regolamento n. 2201/2003 non ricadessero nella definizione della nozione di «decisione» che appare nel suo art. 2 n. 4, le disposizioni previste dagli artt. 21 ss. di tale regolamento, relative al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni pronunciate in altri Stati membri, andrebbero tuttavia applicate a tali provvedimenti. Secondo questa tesi, detti artt. 21 ss. andrebbero certamente applicati al provvedimento provvisorio emanato dal giudice spagnolo, e l’impugnazione dovrebbe essere respinta. 52. Il Bundesgerichtshof rileva che la decisione del giudice spagnolo non viola l’ordine pubblico tedesco. 53. Alla luce di tali elementi, il Bundesgerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se le disposizioni di cui agli artt. 21 ss. del regolamento [n. 2201/2003], concernenti il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni di altri Stati membri ai sensi dell’art. 2 n. 4 del regolamento [n. 2201/2003], siano applicabili anche ai provvedimenti provvisori esecutivi concernenti il diritto di affidamento ai sensi dell’art. 20 del regolamento [n. 2201/2003]». Procedimento dinanzi alla Corte 54. In conformita` all’art. 54-bis del regolamento di procedura della Corte, il giudice relatore e l’avvocato generale hanno chiesto alla sig.ra Purrucker di far pervenire alla Corte le decisioni 8 dicembre 2008, 14 maggio 2009 e 8 giugno 2009 menzionate ai punti 41-43 di questa sentenza e alle quali la sig.ra Purrucker aveva fatto allusione nelle sue osservazioni. 55. Dalle osservazioni presentate e` emerso che, verosimilmente, solo la sig.ra Purrucker e il governo spagnolo erano a conoscenza della motivazione della sentenza del Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial 8 novembre 2007, segnatamente per quanto attiene alla competenza del giudice spagnolo. Vari governi che hanno presentato osservazioni hanno proposto una soluzione alla questione pregiudiziale fondata sulla loro ipotesi quanto alla competenza, mentre la Commissione europea ha prospettato diverse ipotesi. 56. Allorche´ tale sentenza, allegata alle osservazioni della sig.ra Purrucker, e` stata notificata agli interessati previsti dall’art. 23 dello statuto della Corte di giu-
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stizia dell’Unione europea, la Corte ha invitato questi ultimi a prendere nuovamente posizione per iscritto sulla questione pregiudiziale, tenendo conto del punto 3 di detta sentenza, riprodotto al punto 36 di questa sentenza. Essa ha inoltre invitato il governo spagnolo a fornire svariate precisazioni sul procedimento di concessione dei provvedimenti provvisori in cause come quella principale. Sulla questione pregiudiziale 57. Con la sua questione, il Bundesgerichtshof chiede se le disposizioni degli artt. 21 ss. del regolamento n. 2201/2003 si applichino anche a provvedimenti provvisori esecutivi in materia di diritti di affidamento ai sensi dell’art. 20 di tale regolamento. 58. La pertinenza di tale questione e` stata contestata, da un lato, perche´ i provvedimenti provvisori oggetto della causa principale non rientrerebbero nell’art. 20 di detto regolamento in quanto sarebbero stati adottati da un giudice competente nel merito e, dall’altro, perche´ anche se tali misure fossero state adottate da un giudice non competente nel merito, esse non potrebbero in ogni caso rientrare in tale disposizione per quanto attiene al minore Merlı´n, visto che quest’ultimo non era presente in Spagna nel momento in cui il Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial si e` pronunciato. 59. Queste contestazioni contraddittorie dimostrano la necessita` di non limitare l’interpretazione dell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 agli effetti di una decisione rientrante in tale disposizione, ma di esaminare anche quali siano le decisioni che rientrano in essa. 60. L’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 e` l’ultimo del suo capitolo II, relativo alla competenza. Esso non fa parte degli articoli che riguardano specificamente la competenza in materia di responsabilita` genitoriale, i quali costituiscono la sezione 2 di tale capitolo, ma rientra nella sezione 3 di questo, intitolata «Disposizioni comuni». 61. Dalla collocazione di questa disposizione nell’architettura del regolamento n. 2201/2003 si evince che tale art. 20 non puo` essere considerato una disposizione che attribuisce competenza di merito ai sensi di questo regolamento. 62. Questa deduzione e` corroborata dal tenore di detto art. 20, che si limita ad indicare come, in casi di urgenza, le disposizioni del regolamento n. 2201/2003 «non ostano» a che le autorita` giurisdizionali di uno Stato membro adottino taluni provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna anche se, a norma di tale regolamento, e` competente a conoscere nel merito l’autorita` giurisdizionale di un altro Stato membro. Parimenti, il sedicesimo considerando di detto regolamento recita che questo «non osta» all’adozione di siffatti provvedimenti. 63. Ne consegue che l’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 copre solo provvedimenti adottati da giudici che non fondino la loro competenza, per quanto attiene alla responsabilita` genitoriale, su uno degli articoli compresi nel capitolo II, sezione 2, di tale regolamento. 64. Pertanto, non e` unicamente la natura dei provvedimenti che il giudice puo` adottare – provvedimenti provvisori o cautelari contrapposti a decisioni di merito – che determina se tali provvedimenti possono rientrare nell’art. 20 di detto regolamento ma piuttosto, in particolare, la circostanza che siano stati adottati da un giudice la cui competenza non e` fondata su un’altra disposizione di detto regolamento.
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65. La causa principale dimostra come non sia sempre agevole, alla lettura di una sentenza, qualificare sotto questo profilo la decisione adottata da un giudice ai sensi dell’art. 2 n. 1 del regolamento n. 2201/2003. Infatti, il Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial dichiara che il ricorso e` fondato sul diritto sostanziale spagnolo rilevante, sulla convenzione dell’Aja del 1980 nonche´ sul detto regolamento e sull’accordo tra il Regno di Spagna e la Repubblica federale di Germania del 14 novembre 1983, relativo alla competenza dei giudici spagnoli. Tra queste disposizioni, egli sembra fondare la sua competenza piu´ specificamente sull’art. 769 n. 3 del codice di procedura civile spagnolo e sull’art. 1 della convenzione dell’Aja del 1980. Quanto ai fatti che possono giustificare questa competenza alla luce di tali disposizioni, il Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial richiama, al contempo, la residenza dei genitori, l’ultimo domicilio familiare, la residenza abituale del minore fino alla sua partenza per la Germania, la nazionalita` del ricorrente, la sua residenza abituale in Spagna e la circostanza che si tratta del primo procedimento avviato in questa causa in Spagna. Infine, tale giudice menziona l’opinione del pubblico ministero che, a prescindere dagli elementi gia` enunciati, prende in considerazione il fatto che l’atto notarile e` stato stipulato in Spagna e la circostanza che il minore Merlı´n e` nato in Spagna. 66. Sembra che la maggior parte dei fatti elencati dal Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial non corrisponda a criteri atti a fondare una competenza ai sensi degli artt. 8-14 del regolamento n. 2201/2003. Per quanto riguarda fatti corrispondenti ai criteri di cui agli artt. 8, 9 e 10 di detto regolamento, idonei a fondare siffatta competenza, ossia la residenza abituale del minore e la precedente residenza di quest’ultimo, essi non consentono di individuare in forza di quale di queste disposizioni tale giudice si sarebbe riconosciuto competente, ammesso che lo abbia fatto, a norma di questo regolamento. 67. Come dimostrano le osservazioni depositate presso la Corte e le difficolta` incontrate dagli interessati che hanno presentato osservazioni nel proporre una soluzione alla questione pregiudiziale, dal complesso di questi elementi discende una grande incertezza, alla lettura della decisione del Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial, quanto al riconoscimento da parte di quest’ultimo del primato del regolamento n. 2201/2004 sulle altre disposizioni menzionate in detta decisione e all’applicazione di quest’ultimo ai fatti di specie. 68. Secondo il governo ceco, in ossequio al principio della fiducia reciproca, che sottende il regolamento n. 2201/2003, in mancanza di un’esplicita menzione secondo cui una decisione rientra nell’art. 20 di tale regolamento e` d’uopo presumere che un giudice che adotta una decisione sia competente ai sensi di quest’ultimo. Ad avviso della sig.ra Purrucker e del governo tedesco, invece, la mancata precisazione dell’esistenza di una competenza ai sensi del regolamento n. 2201/ 2003 dovrebbe al contrario implicare l’applicazione di una presunzione secondo cui detta decisione e` un provvedimento che ricade nell’art 20 di questo regolamento. 69. In proposito va rammentato che il regolamento n. 2201/2003, facendo parte del diritto dell’Unione, prevale sul diritto nazionale. Peraltro, esso prevale sulla maggior parte delle convenzioni internazionali vertenti sulle materie che disciplina, alle condizioni sancite dai suoi artt. 59-63. 70. Come emerge dal secondo considerando del regolamento n. 2201/2003, il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie e` la pietra d’angolo della creazione di un vero spazio giudiziario.
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71. A tenore del ventunesimo considerando di detto regolamento, tale riconoscimento dovrebbe fondarsi sul principio della fiducia reciproca. 72. E` questa fiducia reciproca che ha consentito la creazione di un sistema obbligatorio di competenze, che tutti i giudici cui si applica il regolamento n. 2201/ 2003 sono tenuti a rispettare, e la correlativa rinuncia da parte degli Stati membri alle loro norme interne di riconoscimento e di delibazione a favore di un meccanismo semplificato di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni pronunciate nell’ambito di procedure in materia di responsabilita` genitoriale (v. per analogia, a proposito di procedure di insolvenza, sentenza 2 maggio 2006, causa C-341/04, Eurofood IFSC, in Raccolta, p. I-3813, punto 40). 73. E` conseguenza di tale principio di fiducia reciproca che il giudice di uno Stato membro investito di una domanda in materia di responsabilita` genitoriale si accerti della propria competenza ai sensi degli artt. 8-14 del regolamento n. 2201/ 2003 (v. per analogia, sentenza Eurofood IFSC cit., punto 41) e che risulti chiaramente dalla decisione pronunciata da tale giudice che esso ha inteso assoggettarsi alle regole di competenza direttamente applicabili, previste da tale regolamento o che si e` pronunciato in conformita` a queste. 74. Per converso, come precisa l’art. 24 di detto regolamento, i giudici degli altri Stati membri non possono sindacare la valutazione svolta dal primo giudice in ordine alla sua competenza. 75. Questo divieto non preclude ad un giudice cui sia sottoposta una decisione che non contiene elementi attestanti senza ombra di dubbio la competenza nel merito dell’autorita` giurisdizionale d’origine di verificare se da tale decisione emerge che quest’ultimo giudice ha inteso fondare la propria competenza su una disposizione del regolamento n. 2201/2003. Infatti, come ha sottolineato l’avvocato generale al par. 139 delle conclusioni, tale verifica non costituisce tanto un controllo della competenza dell’autorita` giurisdizionale d’origine, bensı´ unicamente l’accertamento del fondamento sul quale il giudice ha basato la sua competenza. 76. Da questi elementi si evince che quando la competenza di merito, ai sensi del regolamento n. 2201/2003, di un giudice che ha disposto provvedimenti provvisori non risulta, con tutta evidenza, dagli elementi della decisione adottata, o quando tale decisione non contiene una motivazione scevra da qualsivoglia ambiguita`, relativa alla competenza di merito di questo giudice, mediante il riferimento ad uno dei criteri di competenza previsti dagli artt. 8-14 di questo regolamento, si puo` concludere che detta decisione non e` stata adottata nel rispetto delle regole di competenza sancite da detto regolamento. Tuttavia, questa decisione puo` essere vagliata alla luce dell’art. 20 di tale regolamento, per verificare se ricade in detta disposizione. 77. L’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 postula infatti l’osservanza di svariate condizioni. Come sottolineato dalla Corte, le autorita` giurisdizionali considerate dall’art. 20 par. 1 di detto regolamento sono autorizzate a concedere provvedimenti provvisori o cautelari unicamente nei limiti in cui sono rispettate tre condizioni cumulative, ossia: – i provvedimenti considerati devono essere urgenti; – essi devono essere disposti nei confronti di persone situate o di beni presenti nello Stato membro di tali autorita` giurisdizionali, e – devono avere natura provvisoria (sentenze A cit., punto 47, e 23 dicembre 2009, causa C-403/09 PPU, Deticek, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 39).
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78. Ne consegue che qualsiasi decisione che non risulti essere stata adottata da un giudice competente o asseritamente competente nel merito non rientra necessariamente nell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003, ma ricade invece nella sfera di questa disposizione solamente quando soddisfa le condizioni da essa previste. 79. Quanto agli effetti di un provvedimento che rientra nell’art. 20 di detto regolamento, la Corte ha dichiarato che, poiche´ tale provvedimento era stato adottato in base a disposizioni del diritto nazionale, il suo carattere imperativo doveva risultare dalla normativa nazionale in questione (sentenza A cit., punto 52). 80. L’art. 20 par. 2 del regolamento n. 2201/2003 precisa peraltro che i provvedimenti adottati in esecuzione dell’art. 20 par. 1 di tale regolamento cessano di essere applicabili quando l’autorita` giurisdizionale dello Stato membro competente in virtu´ di detto regolamento a conoscere del merito abbia adottato i provvedimenti ritenuti appropriati. 81. Dal carattere vincolante del regolamento n. 2201/2003, dalla sua diretta applicabilita` e dalla formulazione del suo art. 20 risulta che nello Stato membro dell’autorita` giurisdizionale che ha adottato la decisione un provvedimento rientrante in tale disposizione puo` essere opposto ad una decisione precedente presa da un’autorita` giurisdizionale di un altro Stato membro competente nel merito. Viceversa, una decisione che non ricada nell’art. 20 di detto regolamento in quanto non soddisfa le condizioni che esso stabilisce non puo` prevalere su siffatta decisione precedente (v. la situazione oggetto della sentenza Deticek cit., punto 49). 82. Quanto agli effetti di una decisione che ricade nell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 negli Stati membri diversi da quello dell’autorita` giurisdizionale che l’ha adottata, la Commissione e diversi Stati membri hanno affermato che per i provvedimenti rientranti in tale articolo dovrebbe valere il sistema di riconoscimento e di esecuzione predisposto da detto regolamento. Essi hanno richiamato l’ipotesi di uno spostamento delle persone o dei beni dopo che il giudice si sia pronunciato, o quella di un incidente o di una malattia del minore che rendano necessaria un’autorizzazione da parte di una persona che si trova in un altro Stato membro. 83. Tuttavia, come ha rilevato l’avvocato generale ai parr. 172-175 delle conclusioni, il sistema di riconoscimento e di esecuzione predisposto dal regolamento n. 2201/2003 non e` applicabile a provvedimenti rientranti nel suo art. 20. 84. In realta`, il legislatore dell’Unione non ha voluto siffatta applicabilita`. Come emerge dalla motivazione della proposta della Commissione del 2002, sfociata nell’adozione del regolamento n. 2201/2003 [doc. COM(2002) 222 def.], l’art. 20 par. 1 di tale regolamento trae la sua origine dall’art. 12 del regolamento n. 1347/2000, che a sua volta riprende l’art. 12 della convenzione di Bruxelles II. La motivazione della proposta della Commissione del 1999 che ha condotto all’adozione del regolamento n. 1347/2000 [doc. COM(1999) 220 def.] e la relazione Borra´s sulla convenzione di Bruxelles II indicano entrambi, in termini identici, per quanto riguarda tali articoli, che «[l]a norma contenuta in questo articolo si limita a stabilire effetti territoriali nello Stato in cui sono adottati i provvedimenti». 85. La relazione Borra´s sottolinea in proposito la differenza di redazione tra l’art. 12 della convenzione di Bruxelles II e l’art. 24 della convenzione di Bruxelles nel senso che «i provvedimenti di cui all’articolo 24 [di quest’ultima] si limitano alle materie che rientrano nella sfera della convenzione [e] producono invece effetti extraterritoriali». Da tale confronto con la convenzione di Bruxelles si evince che i
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redattori della convenzione di Bruxelles II intendevano stabilire un nesso tra le materie su cui potevano vertere i provvedimenti provvisori e l’effetto territoriale di tali provvedimenti. 86. Questo nesso puo` trovare una spiegazione nel rischio di elusione di regole contenute in altre normative dell’Unione, in particolare nel regolamento n. 44/ 2001. Infatti, come evidenzia sia la motivazione della proposta della Commissione del 1999 sfociata nell’adozione del regolamento n. 1347/2000 sia la relazione Borra´s, i provvedimenti provvisori contemplati dall’art. 20 del regolamento n. 2201/ 2003 si riferiscono sia alle persone sia ai beni e comprendono pertanto materie non coperte da quest’ultimo regolamento. Quindi l’applicazione del sistema di riconoscimento e di esecuzione predisposto dal regolamento n. 2201/2003 consentirebbe il riconoscimento e l’esecuzione in altri Stati membri di provvedimenti che intervengono in materie non coperte da questo regolamento e che potrebbero essere stati disposti, ad esempio, violando norme che prevedono la competenza speciale o esclusiva di altri giudici ai sensi del regolamento n. 44/2001. 87. Dal testo del regolamento n. 2201/2003 non si evince in alcun modo una volonta` di confutare le spiegazioni contenute in tali lavori preparatori per quanto riguarda gli effetti di provvedimenti rientranti nell’art. 20 di questo regolamento. Al contrario, la collocazione di questa disposizione in detto regolamento e le espressioni «non ostano» e «non osta», che appaiono in tale art. 20 par. 1 e nel suo sedicesimo considerando, dimostrano come i provvedimenti che ricadono in detto art. 20 non rientrino nel novero delle decisioni adottate secondo le regole di competenza previste dallo stesso regolamento e che beneficiano, pertanto, del sistema di riconoscimento e di esecuzione da esso predisposto. 88. Per confutare questa conclusione non si puo` addurre l’argomento tratto dall’art. 11 par. 1 della convenzione dell’Aja del 1996. Secondo questa disposizione «[i]n tutti i casi di urgenza, sono competenti ad adottare le misure di protezione necessarie le autorita` di ogni Stato contraente sul cui territorio si trovino il minore o dei beni ad esso appartenenti». 89. Come ha evidenziato il governo tedesco nelle sue osservazioni scritte, due significative differenze distinguono l’art. 11 par. 1 della convenzione dell’Aja del 1996 dall’art. 20 del regolamento n. 2201/2003. Innanzitutto, l’art. 11 di tale convenzione e` manifestamente concepito come una regola di competenza e dal punto di vista sistematico e` incluso nel novero delle disposizioni di questo genere, il che, come illustrato al punto 61 di questa sentenza, non si verifica per l’art. 20 di tale regolamento. 90. Peraltro, sebbene la convenzione dell’Aja del 1996 preveda il riconoscimento e l’esecuzione dei provvedimenti disposti ai sensi del suo art. 11, occorre rammentare che le norme stabilite da tale convenzione, nello specifico il suo art. 23 par. 2 lett. a, relativo al riconoscimento, ed il suo art. 26 par. 3, relativo all’esecuzione, che rinvia a detto art. 23 par. 2, consentono il riesame della competenza giurisdizionale internazionale del giudice che ha disposto il provvedimento. Cosı´ non e` nel sistema di riconoscimento e di esecuzione istituito dal regolamento n. 2201/2003, poiche´ l’art. 24 di questo vieta il riesame della competenza giurisdizionale dello Stato membro d’origine. 91. Come ha sottolineato il governo del Regno Unito in sede di udienza, ammettere il riconoscimento e l’esecuzione di provvedimenti rientranti nell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 in ogni altro Stato membro, compreso lo Stato
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competente nel merito, creerebbe inoltre un rischio di elusione delle regole di competenza stabilite da tale regolamento nonche´ un rischio di «forum shopping», circostanza che sarebbe in contrasto con gli obiettivi perseguiti da detto regolamento e, segnatamente, con la considerazione dell’interesse superiore del minore grazie all’adozione delle decisioni che lo riguardano da parte del giudice geograficamente vicino alla sua residenza abituale, considerato dal legislatore dell’Unione alla stregua del giudice che si trova nella situazione piu´ favorevole per valutare i provvedimenti da disporre dell’interesse del minore. 92. La circostanza che provvedimenti rientranti nell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 non fruiscano del sistema di riconoscimento e di esecuzione che esso istituisce, tuttavia, non impedisce qualsiasi riconoscimento ed esecuzione di questi provvedimenti in un altro Stato membro, come ha rilevato l’avvocato generale al par. 176 delle conclusioni. Ci si puo` infatti avvalere, nel rispetto di detto regolamento, di altri strumenti internazionali o di altre normative nazionali. 93. Peraltro, il regolamento n. 2201/2003 non prevede solo regole relative alla competenza delle autorita` giurisdizionali e al riconoscimento ed all’esecuzione delle loro decisioni, ma anche una cooperazione tra le autorita` centrali degli Stati membri in materia di responsabilita` genitoriale. Siffatta cooperazione deve poter essere attuata per prestare assistenza, nell’osservanza di detto regolamento e delle normative nazionali, in casi eccezionali di urgenza come quelli considerati al punto 82 di questa sentenza. 94. Al punto 42 della sentenza Deticek cit., la Corte ha definito la nozione di «urgenza» contenuta nell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 come correlata, al tempo stesso, alla situazione in cui si trova il minore e all’impossibilita` pratica di presentare la domanda relativa alla responsabilita` genitoriale dinanzi al giudice competente a conoscere del merito. 95. A tale riguardo si deve ricordare che anche se le concrete modalita` del diritto del convenuto ad essere sentito possono variare in funzione dell’eventuale urgenza della decisione, ogni restrizione all’esercizio di tale diritto deve essere adeguatamente giustificata e corredata di garanzie procedurali che assicurino ai soggetti interessati da una tale procedura l’effettiva possibilita` di contestare i provvedimenti adottati in via di urgenza (v., per analogia, in tema di procedure d’insolvenza, sentenza Eurofood IFSC cit., punto 66). 96. E` pacifico che nella causa principale la sig.ra Purrucker e` stata sentita dal Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial prima che quest’ultimo disponesse i provvedimenti provvisori. Per contro, dalle spiegazioni del governo spagnolo sulla causa principale fornite in risposta alle domande della Corte, risulta che: – contro la decisione che istituisce i provvedimenti provvisori non pende nessun ricorso, di modo che il convenuto puo` far modificare la decisione che dispone tali provvedimenti solo nell’ambito del procedimento di merito successivo o introdotto contemporaneamente all’istanza di provvedimenti provvisori; – ciascuna parte puo` presentare al giudice una domanda nel merito, sia quella che ha richiesto provvedimenti provvisori sia quella che non lo ha fatto; – in caso di provvedimenti provvisori precedenti ad una domanda nel merito, i loro effetti persistono solo se la domanda principale e` presentata entro 30 giorni dalla loro adozione; – quando siano stati richiesti provvedimenti provvisori previamente ad una
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domanda nel merito, la domanda principale viene presentata al tribunale territorialmente competente, che puo` o meno essere lo stesso che ha disposto previ provvedimenti provvisori; – e` possibile sottoporre la questione della competenza ad un altro giudice solo eventualmente interponendo appello avverso la decisione che decide nel merito in primo grado, e – e` difficile prevedere il tempo che puo` mediamente trascorrere tra la decisione che dispone i provvedimenti provvisori e una decisione su ricorso dinanzi ad un giudice diverso. 97. Alla luce dell’importanza dei provvedimenti provvisori – a prescindere dal fatto che siano disposti o meno da un giudice competente nel merito – che possono essere ordinati in materia di responsabilita` genitoriale, e in particolare delle loro possibili conseguenze su minori in tenera eta` (v., in questo senso, sentenza 11 luglio 2008, causa C-195/08 PPU, Rinau, in Raccolta, p. I-5271, punto 81), in modo particolare per quanto riguarda gemelli separati l’uno dall’altra, e del fatto che il giudice che ha disposto i provvedimenti, se del caso, ha rilasciato un certificato ai sensi dell’art. 39 del regolamento n. 2201/2003, nei casi in cui la validita` dei provvedimenti provvisori contemplati da tale certificato sia condizionata dalla presentazione di un ricorso di merito entro 30 giorni, e` importante che una persona interessata da siffatto procedimento, anche se e` stata sentita dal giudice che ha disposto i provvedimenti, possa assumere l’iniziativa di presentare un ricorso avverso la decisione che istituisce i detti provvedimenti provvisori per contestare, dinanzi ad un giudice distinto da quello che ha adottato tali provvedimenti e che si pronunci entro breve, in particolare, la competenza nel merito che si sarebbe assunto il giudice che ha disposto i provvedimenti provvisori o, se dalla decisione non risulta che il giudice sia competente o si sia ritenuto tale nel merito in forza di detto regolamento, il rispetto delle condizioni stabilite dall’art. 20 di tale regolamento e ricordate al punto 77 della presente sentenza. 98. Dovrebbe essere possibile presentare tale ricorso senza che sia pregiudicata una qualsiasi accettazione, da parte del ricorrente, della competenza di merito che il giudice che ha disposto i provvedimenti provvisori si sia eventualmente riconosciuto. 99. E` compito del giudice nazionale applicare, in via di principio, il suo diritto nazionale adoperandosi al contempo affinche´ sia garantita la piena efficacia del diritto comunitario, il che puo` indurlo a disapplicare, ove occorra, una norma nazionale che vi si opponga o ad interpretare una norma nazionale adottata unicamente in vista di una situazione puramente interna al fine di applicarla alla situazione transfrontaliera di cui trattasi (v. in particolare, in tal senso, sentenze 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, in Raccolta, p. 629, punto 16; 19 giugno 1990, causa C-213/89, Factortame e a., ibidem, p. I-2433, punto 19; 20 settembre 2001, causa C-453/99, Courage e Crehan, ibidem, p. I-6297, punto 25, 17 settembre 2002, causa C-253/00, Mun˜oz e Superior Fruiticola, ibidem, p. I-7289, punto 28 e 8 novembre 2005, causa C-443/03, Leffler, ibidem, p. I-9611, punto 51). 100. Alla luce del complesso di tali considerazioni, occorre risolvere la questione sottoposta nel senso che le disposizioni stabilite dagli artt. 21 ss. del regolamento n. 2201/2003 non si applicano a provvedimenti provvisori, in materia di diritto di affidamento, rientranti nell’art. 20 di detto regolamento.
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Sulle spese 101. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. P.Q.M., la Corte (Seconda Sezione) dichiara: Le disposizioni stabilite dagli artt. 21 ss. del regolamento (CE) del Consiglio del 27 novembre 2003 n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilita` genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, non si applicano a provvedimenti provvisori, in materia di diritto di affidamento, rientranti nell’art. 20 di detto regolamento.
GIURISPRUDENZA IN BREVE
Tribunale della funzione pubblica (pres. Mahoney), sentenza 1º luglio 2010 nella causa F-45/07, Mandt c. Parlamento europeo, sostenuto da Braun-Neumann (unica erede Meyer). Per determinare il senso e la portata di una disposizione di diritto dell’Unione, laddove non sia possibile un’interpretazione autonoma, come nel caso della nozione di «coniuge superstite» di cui all’art. 79 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea e all’art. 18 dell’allegato VIII dello stesso Statuto, occorre fare riferimento al diritto degli Stati membri, anche in assenza di un espresso richiamo. A tal fine, pero`, non e` necessario identificare la legge applicabile alla fattispecie, considerata, da un lato, l’assenza di un sistema completo di norme di diritto internazionale privato in seno al diritto dell’Unione e, dall’altro, le divergenze dei sistemi nazionali di diritto internazionale privato, ma e` sufficiente fare riferimento alla legge del Paese che presenti un collegamento molto stretto con la fattispecie. Il riconoscimento da parte di un’istituzione dell’Unione, sulla base dei diritti di famiglia nazionali, della qualita` di coniuge superstite di un’unica ex funzionaria deceduta a due persone, ai fini della concessione di un vantaggio economico, non rappresenta affatto un’accettazione, fosse anche implicita, a livello dell’Unione, della poligamia e non e` quindi incompatibile con l’ordine pubblico dell’Unione. 1* Sposatasi in Germania nel 1993 con il sig. Braun-Neumann, la sig.ra Neumann, funzionaria del Parlamento, due anni dopo otteneva il divorzio in Belgio, dove * Testo non autentico tratto gratuitamente dal sito web ufficiale della Corte di giustizia.
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risiedeva, con sentenza pronunciata in contumacia dal Tribunal de premie`re instance de Namur. Nel 1999 la domanda di riconoscimento di tale sentenza in Germania era pero` respinta dal Bayerisches Oberstes Landesgericht. Cio` malgrado, nel 2000, la sig.ra Neumann contraeva matrimonio a New York con il sig. Mandt. Nel 2003 era il sig. Braun-Neumann ad agire per il divorzio in Germania, ma il procedimento era considerato decaduto per il sopravvenuto scioglimento del matrimonio a causa del decesso della sig.ra Neumann, avvenuto nel 2004. Di conseguenza, in base all’ordinamento tedesco, al momento della sua morte la sig.ra Neumann era considerata coniugata sia con il sig. Braun-Neumann sia con il sig. Mandt, come peraltro attestato dallo stesso atto di morte. Ai sensi dell’art. 79 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea e dell’art. 18 dell’allegato VIII dello stesso Statuto, il Parlamento europeo stabiliva pertanto, con due distinte decisioni, da un lato, di versare una pensione di reversibilita` nella misura del 50% al sig. Braun-Neumann, nella sua qualita` di coniuge superstite; dall’altro lato e di conseguenza, di ridurre al 50% la pensione di reversibilita` allo stesso titolo percepita dal sig. Mandt. Quest’ultimo impugnava dinanzi al Tribunale della funzione pubblica la decisione del Parlamento europeo a lui rivolta, contestando la qualita` di coniuge superstite del sig. Braun-Neumann. Con sentenza 1º luglio 2010, il Tribunale della funzione pubblica (Seduta Plenaria) ha respinto il ricorso, cosı´ in particolare motivando: «62. Secondo la giurisprudenza, dalle esigenze di applicazione uniforme del diritto dell’Unione e del principio di uguaglianza discende che una disposizione di diritto dell’Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo, nell’intera Unione, ad un’interpretazione autonoma, da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa (v., in tal senso, sentenza della Corte 18 gennaio 1984, causa 327/82, Ekro, in Raccolta, p. 107, punto 11; sentenze del Tribunale di primo grado 18 dicembre 1992, causa T-43/90, Dı´az Garcı´a c. Parlamento, ibidem, p. II-2619, punto 36; 22 febbraio 2006, causa T-342/04, Adam c. Commissione, in Raccolta PI, pp. I-A2-23 e II-A-2-107, punto 32). Tuttavia, la stessa giurisprudenza ammette altresı´ che, anche in assenza di un espresso richiamo, l’applicazione del diritto dell’Unione puo` implicare, all’occorrenza, un riferimento al diritto degli Stati membri, in particolare qualora il giudice dell’Unione non riesca a rinvenire nel diritto dell’Unione o fra i principi generali del diritto dell’Unione gli elementi che gli permettano di precisarne il contenuto e la portata attraverso un’interpretazione autonoma. «63. Cio` avviene, in particolare, per quanto riguarda le nozioni relative allo stato delle persone e del diritto di famiglia (v., in tal senso, sentenze della Corte 17 aprile 1986, causa 59/85, Reed, in Raccolta, p. 1283, punto 15, e, in particolare, 31 maggio 2001, cause riunite C-122/99 P e C-125/99 P, D e Svezia c. Consiglio, ibidem, p. I-4319, punti 34-38), giacche´ l’ordinamento giuridico dell’Unione non dispone di norme scritte in materia. In proposito, e` stato in particolare dichiarato che rientra nel diritto nazionale la questione della validita` formale di un accordo sugli alimenti in quanto presupposto per l’attribuzione della pensione di reversibilita` al coniuge divorziato, ai sensi dell’art. 27 dell’allegato VIII dello Statuto (sentenza del Tribunale di primo grado 21 aprile 2004, causa T-172/01, M c. Corte di giustizia, ibidem, p. II-1075, punti 72 e 73). «64. Rimane tuttavia da stabilire come debba intendersi il rinvio ai diritti
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nazionali allorche´ si tratta di un vantaggio economico previsto dallo Statuto e allorche´, da un lato, la concessione di tale vantaggio dipende dalla situazione matrimoniale del funzionario e, dall’altro, questa situazione e` valutata in maniera contraddittoria dai due ordinamenti giuridici nazionali. «65. In particolare, nella fattispecie, si pone la questione se l’istanza competente dell’Unione decida se una persona possa essere qualificata ‘‘coniuge superstite’’ seguendo un ragionamento del diritto internazionale privato, basandosi, pertanto, sull’ordinamento giuridico nazionale indicato da tale ragionamento. Orbene, non solo evidenti esigenze di gestione amministrativa ma anche, e soprattutto, considerazioni giuridiche ostano al ricorso a un ragionamento di diritto internazionale privato. «66. In effetti, in primo luogo, anche se l’ordinamento giuridico dell’Unione dispone di alcuni strumenti di diritto internazionale privato riguardo alla questione dello stato delle persone, in particolare il regolamento n. 2201/2003, e` giocoforza constatare che detto regolamento si dimostra poco utile per determinare l’ordinamento giuridico nazionale pertinente quando la situazione matrimoniale di un funzionario e` valutata in maniera contraddittoria da due ordinamenti giuridici nazionali. Anzitutto, detto regolamento prevede il riconoscimento di pieno diritto delle decisioni di scioglimento del vincolo coniugale ed esistono sentenze che applicano questo regolamento, ossia sentenze di riconoscimento dello scioglimento di un vincolo coniugale (sentenze su cui l’organo competente dell’Unione potrebbe fondarsi nell’esercizio della sua competenza, di cui al punto 64 della presente sentenza), soltanto ove sussista una contestazione sul riconoscimento di detto scioglimento e una parte si rivolga al giudice competente per il contenzioso riguardante il riconoscimento. Inoltre, sempre riguardo alle decisioni di scioglimento del vincolo coniugale, occorre osservare che il contenzioso relativo al riconoscimento puo` condurre a sentenze nazionali diverse a seconda dello Stato membro del giudice adito. Infine, il suddetto regolamento non e` applicabile alle decisioni rese in Stati terzi e puo` essere invocato soltanto dinanzi agli Stati membri, ad eccezione della Danimarca, in merito alle decisioni in essi pronunciate. «67. In secondo luogo, anche se gli strumenti di diritto dell’Unione richiamati al punto precedente possono interessare la questione dello stato delle persone, cio` non toglie che essi contemplino essenzialmente norme sui conflitti di competenza. Per contro, allo stato attuale del diritto vigente, l’ordinamento giuridico dell’Unione non contempla di per se´ norme sui conflitti di leggi in materia di stato delle persone. Orbene, e` pacifico che le norme dei diritti nazionali in materia non sono convergenti. Infatti, anche se tutti i regimi nazionali sui conflitti di leggi cercano di assoggettare lo stato delle persone al diritto con cui l’interessato ha il legame piu´ stretto, alcuni ritengono che il criterio di collegamento idoneo a tal fine sia la nazionalita`, altri la residenza e altri ancora adottano soluzioni intermedie. «68. In tal modo, considerata, da un lato, l’assenza di un sistema completo di norme di diritto internazionale privato in seno al diritto dell’Unione e, dall’altro, le divergenze dei sistemi nazionali di diritto internazionale privato, l’identificazione da parte di un organo amministrativo dell’Unione, ai fini dell’applicazione di una disposizione di diritto derivato, come l’art. 79 dello Statuto o l’art. 18 del suo allegato VIII, dell’ordinamento giuridico nazionale che sia l’unico ‘‘competente’’ a determinare lo stato civile di una persona risulterebbe essere un compito particolarmente complesso e assai aleatorio sotto il profilo giuridico, e cio` senza neppure tener conto delle esigenze e dei vincoli amministrativi (v., in tal senso, le conclusioni
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dell’avvocato generale Warner nella sentenza della Corte 5 febbraio 1981, causa 40/ 79, P. c. Commissione, in Raccolta, p. 382 ss.). Peraltro, il giudice dell’Unione dovrebbe altresı´ astenersi da siffatta impresa che, in particolare, equivarrebbe a una legislazione giudiziale (conclusioni dell’avvocato generale Warner cit., p. 383). «69. Nella specie, per verificare l’opportunita` di riconoscere al defunto sig. Braun-Neumann la qualita` di coniuge superstite, il Parlamento, senza fondare espressamente la propria posizione su un ragionamento di diritto internazionale privato, si e` principalmente fondato su considerazioni relative al diritto sostanziale e all’ordinamento giuridico di un paese, la Germania, che mostrava palesi collegamenti molto stretti sia con la situazione del defunto sig. Braun-Neumann, sia con la controversia considerata nel suo insieme. «70. Invero, il defunto sig. Braun-Neumann era di nazionalita` tedesca e risiedeva in Germania. Inoltre, non soltanto il matrimonio con la defunta sig.ra Neumann era stato celebrato in questo paese, ma anche la signora, che e` la persona di cui sostiene essere il coniuge superstite, era di nazionalita` tedesca e, ancorche´ residente in Belgio durante la sua vita lavorativa, pare aver trasferito la sua residenza in Germania dopo il suo collocamento a riposo; in effetti, anche se il ricorrente, dopo l’udienza, ha prodotto un certificato di residenza belga della defunta sig.ra Neumann che indicava, fino alla data del suo decesso, indirizzi in Belgio, occorre osservare, da un lato, che e` lo stesso ricorrente che, nella sua risposta del 9 giugno 2008 a misure di organizzazione del procedimento decise dal Tribunale, riconosceva che la defunta signora Neumann si era stabilita in Germania nell’aprile 2002 e, dall’altro, che i certificati di residenza possiedono un valore probatorio assai relativo se le autorita` emittenti non verificano la residenza effettiva (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 8 aprile 2008, causa F-134/06, Bordini c. Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 76). Per giunta, l’altra persona che rivendicava la qualita` di coniuge superstite della defunta sig.ra Neumann, ossia il ricorrente, era anch’essa di nazionalita` tedesca e residente in Germania. «71. Alla luce dei collegamenti cosı´ stretti con la Germania e senza che sia necessario stabilire se, comparativamente, la Germania fosse il paese piu´ strettamente collegato con il defunto sig. Braun-Neumann o con la controversia considerata nel suo insieme, il che sembra peraltro probabile, il Parlamento poteva legittimamente riferirsi al diritto sostanziale e all’ordinamento giuridico tedesco per rispondere alla questione se occorresse riconoscere al defunto sig. Braun-Neumann la qualita` di coniuge superstite. «72. Peraltro, non si puo` contestare che, come nella maggior parte degli ordinamenti giuridici nazionali, lo stato matrimoniale del defunto sig. Braun-Neumann sarebbe determinato in applicazione del diritto sostanziale tedesco e sarebbe quello che gli verrebbe riconosciuto dall’ordinamento giuridico di tale Stato membro. «73. Orbene, alla luce del diritto sostanziale e dell’ordinamento giuridico tedesco, non puo` esistere ragionevole dubbio che dopo il decesso della sig.ra Neumann e fino al proprio decesso il sig. Braun-Neumann e` stato coniuge superstite della suddetta signora. «(omissis) «83. Per quanto concerne la questione relativa alla validita` della sentenza di divorzio del Tribunal de premie`re instance de Namur, anche se la relativa validita` nell’ordinamento giuridico belga non e` contestata, e` sufficiente constatare che la sua validita` in Belgio lascia del tutto impregiudicata la sua validita` all’interno di altri
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ordinamenti giuridici nazionali, in particolare in Germania, dove, come gia` osservato, ne e` stato rifiutato il riconoscimento. «84. Vanno ugualmente respinte le censure del ricorrente relative, da un lato, al rifiuto di riconoscimento della sentenza di divorzio del Tribunal de premie`re instance de Namur nell’ordinamento giuridico tedesco e, dall’altro, all’ordinanza dell’Amtsgericht Siegen 25 gennaio 2006 (v., rispettivamente, punti 49 e 51 della presente sentenza). Infatti, non spetta ne´ al giudice ne´ alle istituzioni dell’Unione, quando applicano lo Statuto, verificare la fondatezza delle decisioni pronunciate dalle giurisdizioni nazionali, in particolare in circostanze come quelle del caso di specie. Infine, la sentenza di divorzio del Tribunal de premie`re instance de Namur non rientra nella sfera di applicazione temporale dei regolamenti n. 1347/2000 e n. 2201/2003, invocati dal ricorrente. «85. Poiche´ e` stata in tal modo respinta l’argomentazione del ricorrente volta a confutare la qualita` di coniuge superstite del sig. Braun-Neumann, occorre ancora osservare che il riconoscimento da parte del Parlamento della detta qualita` al sig. Braun-Neumann non e` in contrasto con il riconoscimento della medesima qualita` al ricorrente, ne´ e` incompatibile con l’ordine pubblico dell’Unione. «86. In primo luogo, occorre rilevare che l’ordinamento giuridico tedesco, espressamente e con modalita` diverse (v., in particolare, i punti 77 e 78 della presente sentenza), ha riconosciuto la qualita` di coniuge della defunta sig.ra Neumann sia al ricorrente sia al sig. Braun-Neumann. Occorre peraltro rammentare, in proposito, l’argomento del Parlamento secondo cui nel diritto tedesco un matrimonio, benche´ contratto in violazione dei vigenti divieti legali, mantiene la propria legittimita` per tutto il tempo che precede l’annullamento con decisione giudiziale. «87. In secondo luogo, e in ogni caso, la circostanza che, tenuto conto delle precedenti osservazioni, un’istituzione dell’Unione riconosca a due persone la qualita` di coniuge superstite di un’unica ex funzionaria deceduta, ai fini della concessione di un vantaggio economico, non rappresenta affatto un’accettazione, fosse anche implicita, a livello dell’Unione, della poligamia, accettazione che sarebbe tale da sollevare una questione di compatibilita` con principi e norme superiori di diritto, in particolare qualora ciascuna delle persone interessate fruisse per intero del vantaggio economico previsto per ‘‘il’’ coniuge superstite (v. su tale ultima questione, i punti 99-102 della presente sentenza). In ogni caso, nella fattispecie l’istituzione interessata si e` limitata a trarre le conseguenze dell’applicazione dei diritti di famiglia nazionali. «88. Occorre peraltro osservare, a prescindere dalle considerazioni che precedono, che il riconoscimento a favore del defunto sig. Braun-Neumann della qualita` di coniuge superstite ai fini dell’applicazione dell’art. 79 dello Statuto e dell’art. 18 del suo allegato VIII e` conforme alla finalita` di detti articoli, che e` quella di indennizzare, a vantaggio del coniuge superstite, la perdita di reddito derivante dal decesso del funzionario o dell’ex funzionario, giacche´ la pensione di reversibilita`, alla luce di tale finalita`, rappresenta un reddito sostitutivo (v. sentenza del Tribunale 21 ottobre 2009, causa F-74/08, Ramaekers-Jørgensen c. Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 53 e 70). Invero, il sig. Braun-Neumann, con decisione dell’Amtsgericht Nu¨rnberg 10 dicembre 1999, si era visto riconoscere un assegno alimentare mensile di DEM 400, che non poteva piu´ rivendicare dopo il decesso della sig.ra Neumann. La pensione di reversibilita` ha dunque permesso, conformemente alla sua finalita`, di compensare la scomparsa di tale reddito».
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REGOLAMENTO (UE) N. 1259/2010 DEL CONSIGLIO, DEL 20 DICEMBRE 2010, RELATIVO ALL’ATTUAZIONE DI UNA COOPERAZIONE RAFFORZATA NEL SETTORE DELLA LEGGE APPLICABILE AL DIVORZIO E ALLA SEPARAZIONE PERSONALE (in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 343 del 29 dicembre 2010) 1* Il Consiglio dell’Unione europea, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 81, paragrafo 3, vista la decisione 2010/405/UE del Consiglio, del 12 luglio 2010, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore del diritto applicabile in materia di divorzio e di separazione legale, 1 vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Parlamento europeo, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo, deliberando secondo una procedura legislativa speciale, considerando quanto segue: (1) L’Unione si prefigge di conservare e sviluppare uno spazio di liberta`, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone. Al fine di una progressiva istituzione di tale spazio, l’Unione deve adottare misure nel settore della cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali, in particolare se necessario al buon funzionamento del mercato interno. (2) A norma dell’articolo 81 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, tali misure includono quelle intese ad assicurare la compatibilita` delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi. (3) Il 14 marzo 2005 la Commissione ha adottato un libro verde sul diritto applicabile e sulla giurisdizione in materia di divorzio. Il libro verde ha dato il via a un’ampia consultazione pubblica sulle soluzioni possibili ai problemi che puo` porre la situazione attuale. (4) Il 17 luglio 2006 la Commissione ha proposto un regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio 2 limitatamente alla competenza giurisdizionale e introduce norme sulla legge applicabile in materia matrimoniale.
* Si veda in questa Rivista, 2010, p. 1089 ss., la decisione del Consiglio 2010/405/UE, del 12 luglio 2010, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore del diritto applicabile in materia di divorzio e di separazione legale, di cui al considerando n. 5 del presente regolamento. Sono altresı´ pubblicati in questa Rivista (rispettivamente, 2003, p. 1143 ss. e 2005, p. 516 ss.) il regolamento (CE) n. 2201/2003 e il regolamento (CE) n. 2116/2004, che ne modifica l’art. 63 rispetto ai trattati con la Santa Sede. Le note qui di seguito riprodotte sono pubblicate nella Gazz. Uff. Un. eur. sopra indicata. 1 Gazz. Uff. Un. eur., n. L 189 del 22 luglio 2010, p. 12. 2 Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilita` genitoriale (Gazz. Uff. Un. eur., n. L 338 del 23 dicembre 2003, p. 1).
Rivista di Diritto Internazionale Privato e Processuale – N. 1-2011
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(5) Il 5 e 6 giugno 2008 il Consiglio, riunito a Lussemburgo, prendeva atto della mancanza di unanimita` su tale proposta e dell’esistenza di difficolta` insormontabili che rendevano impossibile l’unanimita` allora e in un prossimo futuro, e constatava che gli obiettivi della proposta non potevano essere conseguiti, entro un termine ragionevole, applicando le pertinenti disposizioni dei trattati. (6) Il Belgio, la Bulgaria, la Germania, la Grecia, la Spagna, la Francia, l’Italia, la Lettonia, il Lussemburgo, l’Ungheria, Malta, l’Austria, il Portogallo, la Romania e la Slovenia hanno successivamente trasmesso una richiesta alla Commissione manifestando l’intenzione di instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile in materia matrimoniale. Il 3 marzo 2010 la Grecia ha ritirato la propria richiesta. (7) Il 12 luglio 2010 il Consiglio ha adottato la decisione 2010/405/UE, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore del diritto applicabile in materia di divorzio e di separazione legale. (8) Ai sensi dell’articolo 328, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, al momento della loro instaurazione le cooperazioni rafforzate sono aperte a tutti gli Stati membri, fatto salvo il rispetto delle eventuali condizioni di partecipazione stabilite dalla decisione di autorizzazione. La partecipazione alle cooperazioni rafforzate resta inoltre possibile in qualsiasi altro momento, fatto salvo il rispetto, oltre che delle condizioni summenzionate, degli atti gia` adottati in tale ambito. La Commissione e gli Stati membri che partecipano a una cooperazione rafforzata si adoperano per promuovere la partecipazione del maggior numero possibile di Stati membri. Il presente regolamento dovrebbe essere obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile soltanto negli Stati membri partecipanti conformemente ai trattati. (9) Il presente regolamento dovrebbe istituire un quadro giuridico chiaro e completo in materia di legge applicabile al divorzio e alla separazione personale negli Stati membri partecipanti e garantire ai cittadini soluzioni adeguate per quanto concerne la certezza del diritto, la prevedibilita` e la flessibilita`, e impedire le situazioni in cui un coniuge domanda il divorzio prima dell’altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene piu´ favorevole alla tutela dei suoi interessi. (10) Il presente regolamento, sia nell’ambito di applicazione sostanziale sia nelle disposizioni, dovrebbe essere coerente con il regolamento (CE) n. 2201/2003. Non dovrebbe tuttavia applicarsi all’annullamento del matrimonio. Il presente regolamento dovrebbe applicarsi solo allo scioglimento o all’allentamento del vincolo matrimoniale. La legge determinata dalle norme di conflitto del presente regolamento dovrebbe applicarsi alle cause del divorzio e della separazione personale. Questioni preliminari quali la capacita` giuridica e la validita` del matrimonio e materie quali gli effetti del divorzio o della separazione personale sui rapporti patrimoniali, il nome, la responsabilita` genitoriale, le obbligazioni alimentari o altri eventuali provvedimenti accessori dovrebbero essere regolate dalle norme di conflitto applicabili nello Stato membro partecipante interessato. (11) Al fine di definire con precisione l’ambito di applicazione territoriale del presente regolamento, e` opportuno specificare gli Stati membri che partecipano alla cooperazione rafforzata. (12) Il presente regolamento dovrebbe presentare un carattere universale, vale a dire che le norme uniformi in materia di conflitto di leggi dovrebbero poter designare la legge di uno Stato membro partecipante, la legge di uno Stato membro non partecipante o la legge di uno Stato non membro dell’Unione europea. (13) Il presente regolamento dovrebbe essere applicato a prescindere dalla natura dell’autorita` giurisdizionale adita. Se del caso, un’autorita` giurisdizionale dovrebbe essere considerata adita ai sensi del regolamento (CE) n. 2201/2003. (14) Affinche´ i coniugi possano scegliere una legge applicabile con cui hanno legami stretti o, in mancanza di scelta, affinche´ al loro divorzio o separazione personale si applichi una siffatta legge, e` opportuno che questa si applichi anche se non e` la legge di uno Stato
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membro partecipante. Qualora sia designata la legge di un altro Stato membro, la rete istituita con decisione 2001/470/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa all’istituzione di una rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, 3 potrebbe intervenire per fornire assistenza alle autorita` giurisdizionali sul contenuto della legge straniera. (15) Per aumentare la mobilita` dei cittadini e` necessario rafforzare la flessibilita` e garantire una maggiore certezza del diritto. A tal fine, il presente regolamento dovrebbe potenziare l’autonomia delle parti in materia di divorzio e separazione personale riconoscendo una limitata possibilita` di scelta in ordine alla legge applicabile al divorzio o alla separazione personale. (16) I coniugi dovrebbero poter scegliere, quale legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, la legge di un paese con cui hanno un legame particolare o la legge del foro. La legge scelta dai coniugi deve essere conforme ai diritti fondamentali riconosciuti dai trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. (17) Prima di designare la legge applicabile occorre che i coniugi abbiano accesso ad informazioni aggiornate relative agli aspetti essenziali della legge nazionale e dell’Unione e delle procedure in materia di divorzio e di separazione personale. Per garantire l’accesso ad appropriate informazioni di qualita`, la Commissione le aggiorna regolarmente nel sistema di informazione destinato al pubblico che si avvale di Internet, istituito con decisione 2001/470/CE. (18) La scelta informata di entrambi i coniugi e` un principio essenziale del presente regolamento. Ciascun coniuge dovrebbe sapere esattamente quali sono le conseguenze giuridiche e sociali della scelta della legge applicabile. La possibilita` di scegliere di comune accordo la legge applicabile dovrebbe far salvi i diritti e le pari opportunita` per i due coniugi. A tal fine i giudici negli Stati membri partecipanti dovrebbero essere consapevoli dell’importanza di una scelta informata per entrambi i coniugi riguardo alle conseguenze giuridiche dell’accordo raggiunto. (19) Occorre definire norme sulla validita` sostanziale e formale, in modo che la scelta informata dei coniugi sia facilitata e che il loro consenso sia rispettato nell’obiettivo di garantire la certezza del diritto ed un migliore accesso alla giustizia. Per quanto riguarda la validita` formale, dovrebbero essere introdotte talune garanzie per assicurare che i coniugi siano consapevoli delle conseguenze della loro scelta. Come minimo l’accordo sulla scelta della legge applicabile dovrebbe essere redatto per iscritto, datato e firmato da entrambe le parti. Tuttavia, se la legge dello Stato membro partecipante in cui entrambi i coniugi hanno la residenza abituale nel momento in cui e` concluso l’accordo prevede requisiti di forma supplementari, questi ultimi dovrebbero essere rispettati. Tali requisiti possono ad esempio esistere in uno Stato membro partecipante in cui l’accordo e` inserito nel contratto di matrimonio. Se, nel momento in cui e` concluso l’accordo, la residenza abituale dei coniugi si trova in Stati membri partecipanti diversi che prevedono requisiti di forma differenti, e` sufficiente che siano soddisfatti i requisiti di forma di uno dei due Stati. Se, nel momento in cui e` concluso l’accordo, uno solo dei due coniugi ha la residenza abituale in uno Stato membro partecipante che prevede requisiti di forma supplementari, questi ultimi dovrebbero essere rispettati. (20) L’accordo che designa la legge applicabile dovrebbe poter essere concluso e modificato al piu´ tardi nel momento in cui e` adita l’autorita` giurisdizionale e anche nel corso del procedimento se la legge del foro lo prevede. In tal caso, dovrebbe essere sufficiente che l’autorita` giurisdizionale metta agli atti tale designazione in conformita` della legge del foro. (21) In mancanza di scelta della legge applicabile, il presente regolamento dovrebbe introdurre norme di conflitto armonizzate basate su una serie di criteri di collegamento successivi fondati sull’esistenza di un legame stretto tra i coniugi e la legge in questione, al fine di garantire la certezza del diritto e la prevedibilita` e impedire le situazioni in cui un coniuge domanda il divorzio prima dell’altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene piu´ favorevole alla tutela dei suoi interessi. E` altresı´ opportuno che la 3
Gazz. Uff. Un. eur., n. L 174 del 27 giugno 2001, p. 25.
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scelta dei criteri di collegamento sia tale da assicurare che i procedimenti di divorzio o separazione personale siano disciplinati da una legge con cui i coniugi hanno un legame stretto. (22) Laddove, ai fini dell’applicazione della legge di uno Stato, il presente regolamento si riferisce alla cittadinanza quale fattore di collegamento, la problematica dei casi di cittadinanza plurima dovrebbe essere disciplinata dalla legislazione nazionale, nel pieno rispetto dei principi generali dell’Unione europea. (23) Nell’ipotesi di un procedimento volto a convertire una separazione personale in divorzio e in mancanza di scelta della legge applicabile ad opera delle parti, la legge applicata alla separazione personale dovrebbe applicarsi anche al divorzio. Tale continuita` favorirebbe la prevedibilita` per le parti e rafforzerebbe la certezza del diritto. Se la legge applicata alla separazione personale non prevede la conversione della separazione in divorzio, il divorzio dovrebbe essere disciplinato dalle norme di conflitto che si applicano in mancanza di scelta ad opera delle parti. Cio` non dovrebbe ostare a che i coniugi chiedano il divorzio in forza di altre norme del presente regolamento. (24) In certe situazioni, quali quelle in cui la legge applicabile non prevede il divorzio o non concede a uno dei coniugi, perche´ appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di accesso al divorzio o alla separazione personale, dovrebbe tuttavia applicarsi la legge dell’autorita` giurisdizionale adita. Cio` dovrebbe tuttavia far salva la clausola relativa all’ordine pubblico. (25) Considerazioni di interesse pubblico dovrebbero dare alle autorita` giurisdizionali degli Stati membri la possibilita`, in circostanze eccezionali, di disapplicare una disposizione della legge straniera qualora in una data fattispecie sia manifestamente contraria all’ordine pubblico del foro. Tuttavia, le autorita` giurisdizionali non dovrebbero poter applicare l’eccezione di ordine pubblico allo scopo di non tenere conto di una disposizione della legge di un altro Stato qualora cio` sia contrario alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare all’articolo 21, che vieta qualsiasi forma di discriminazione. (26) Laddove il presente regolamento si riferisce al fatto che la legge dello Stato membro partecipante in cui e` adita l’autorita` giurisdizionale non prevede il divorzio, cio` dovrebbe essere interpretato nel senso che la legge di tale Stato membro non contempla l’istituto del divorzio. In tal caso, l’autorita` giurisdizionale non dovrebbe essere obbligata a emettere una decisione di divorzio in virtu´ del presente regolamento. Laddove il presente regolamento si riferisce al fatto che la legge dello Stato membro partecipante in cui e` adita l’autorita` giurisdizionale non considera valido il matrimonio in questione ai fini del procedimento di divorzio, cio` dovrebbe essere interpretato, inter alia, nel senso che tale matrimonio non esiste secondo la legge di tale Stato membro. In tal caso, l’autorita` giurisdizionale non dovrebbe essere obbligata a emettere una decisione di divorzio o di separazione personale in virtu´ del presente regolamento. (27) Poiche´ in alcuni Stati e Stati membri partecipanti coesistono due o piu´ sistemi giuridici o complessi di norme per materie disciplinate dal presente regolamento, e` opportuno prevedere in quale misura il presente regolamento si applica nelle differenti unita` territoriali di tali Stati e Stati membri partecipanti o a categorie diverse di persone di tali Stati e Stati membri partecipanti. (28) In mancanza di norme che designino la legge applicabile, le parti che scelgono la legge dello Stato di cui una di esse ha la cittadinanza dovrebbero al tempo stesso indicare di quale unita` territoriale hanno convenuto di applicare la legge nel caso in cui lo Stato di cui e` scelta la legge comprenda diverse unita` territoriali, ciascuna delle quali ha il proprio sistema giuridico o un complesso di norme in materia di divorzio. (29) Poiche´ gli obiettivi del presente regolamento, ossia aumentare la certezza del diritto, la prevedibilita` e la flessibilita` nei procedimenti matrimoniali internazionali e quindi agevolare la libera circolazione delle persone nell’Unione europea, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a motivo della portata e degli effetti del presente regolamento, essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima puo` intervenire, se del caso mediante una cooperazione rafforzata, in base al principio di sussi-
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diarieta` sancito all’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto e` necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalita` enunciato nello stesso articolo. (30) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, segnatamente l’articolo 21, che vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilita`, l’eta` o l’orientamento sessuale. Le autorita` giurisdizionali degli Stati membri partecipanti dovrebbero applicare il presente regolamento nel rispetto di tali diritti e principi, ha adottato il presente regolamento: Capo i Ambito di applicazione, relazione con il regolamento (CE) n. 2201/2003, definizioni e carattere universale Articolo 1 Ambito di applicazione 1. Il presente regolamento si applica, in circostanze che comportino un conflitto di leggi, al divorzio e alla separazione personale. 2. Il presente regolamento non si applica alle seguenti materie, anche se si presentano semplicemente come questioni preliminari nell’ambito di un procedimento di divorzio o separazione personale: a) la capacita` giuridica delle persone fisiche; b) l’esistenza, la validita` e il riconoscimento di un matrimonio; c) l’annullamento di un matrimonio; d) il nome dei coniugi; e) gli effetti patrimoniali del matrimonio; f) la responsabilita` genitoriale; g) le obbligazioni alimentari; h) i trust o le successioni. Articolo 2 Relazione con il regolamento (CE) n. 2201/2003 Il presente regolamento fa salva l’applicazione del regolamento (CE) n. 2201/2003. Articolo 3 Definizione Ai fini del presente regolamento valgono le definizioni seguenti: 1) «Stato membro partecipante»: uno Stato membro che partecipa alla cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale in virtu´ della decisione 2010/405/UE o in virtu´ di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 331, paragrafo 1, secondo o terzo comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea; 2) «autorita` giurisdizionale»: tutte le autorita` degli Stati membri partecipanti competenti per le materie rientranti nell’ambito di applicazione del presente regolamento. Articolo 4 Carattere universale La legge designata dal presente regolamento si applica anche ove non sia quella di uno Stato membro partecipante.
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Capo II Norme uniformi sulla legge applicabile al divorzio e alla separazione personale Articolo 5 Scelta della legge applicabile dalle parti 1. I coniugi possono designare di comune accordo la legge applicabile al divorzio e alla separazione personale purche´ si tratti di una delle seguenti leggi: a) la legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione dell’accordo; o b) la legge dello Stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora al momento della conclusione dell’accordo; o c) la legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell’accordo; o d) la legge del foro. 2. Fatto salvo il paragrafo 3, l’accordo che designa la legge applicabile puo` essere concluso e modificato in qualsiasi momento, ma al piu´ tardi nel momento in cui e` adita l’autorita` giurisdizionale. 3. Ove previsto dalla legge del foro, i coniugi possono del pari designare la legge applicabile nel corso del procedimento dinanzi all’autorita` giurisdizionale. In tal caso, quest’ultima mette agli atti tale designazione in conformita` della legge del foro. Articolo 6 Consenso e validita` sostanziale 1. L’esistenza e la validita` di un accordo sulla scelta della legge o di una sua disposizione si stabiliscono in base alla legge che sarebbe applicabile in virtu´ del presente regolamento se l’accordo o la disposizione fossero validi. 2. Tuttavia, un coniuge, al fine di dimostrare che non ha dato il suo consenso, puo` riferirsi alla legge del paese in cui ha la residenza abituale nel momento in cui e` adita l’autorita` giurisdizionale, se dalle circostanze risulta che non sarebbe ragionevole stabilire l’effetto del suo comportamento secondo la legge prevista nel paragrafo 1. Articolo 7 Validita` formale 1. L’accordo di cui all’articolo 5, paragrafi 1 e 2, e` redatto per iscritto, datato e firmato da entrambi i coniugi. La forma scritta comprende qualsiasi comunicazione elettronica che permetta una registrazione durevole dell’accordo. 2. Tuttavia, se la legge dello Stato membro partecipante in cui entrambi i coniugi hanno la residenza abituale nel momento in cui e` concluso l’accordo prevede requisiti di forma supplementari per tali accordi, si applicano tali requisiti. 3. Se, nel momento in cui e` concluso l’accordo, la residenza abituale dei coniugi si trova in Stati membri partecipanti diversi e se la legge di tali Stati prevede requisiti di forma differenti, l’accordo e` valido, quanto alla forma, se soddisfa i requisiti della legge di uno dei due Stati. 4. Se, nel momento in cui e` concluso l’accordo, uno solo dei coniugi ha la residenza abituale in uno Stato membro partecipante e se tale Stato prevede requisiti di forma supplementari per questo tipo di accordo, si applicano tali requisiti. Articolo 8 Legge applicabile in mancanza di scelta ad opera delle parti In mancanza di una scelta ai sensi dell’articolo 5, il divorzio e la separazione personale sono disciplinati dalla legge dello Stato:
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a) della residenza abituale dei coniugi nel momento in cui e` adita l’autorita` giurisdizionale, o, in mancanza; b) dell’ultima residenza abituale dei coniugi sempre che tale periodo non si sia concluso piu´ di un anno prima che fosse adita l’autorita` giurisdizionale, se uno di essi vi risiede ancora nel momento in cui e` adita l’autorita` giurisdizionale; o, in mancanza; c) di cui i due coniugi sono cittadini nel momento in cui e` adita l’autorita` giurisdizionale; o, in mancanza; d) in cui e` adita l’autorita` giurisdizionale. Articolo 9 Conversione della separazione personale in divorzio 1. In caso di conversione della separazione personale in divorzio, la legge applicata alla separazione personale si applica anche al divorzio, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente ai sensi dell’articolo 5. 2. Tuttavia, se la legge applicata alla separazione personale non prevede la conversione della separazione in divorzio, si applica l’articolo 8, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente ai sensi dell’articolo 5. Articolo 10 Applicazione della legge del foro Qualora la legge applicabile ai sensi dell’articolo 5 o dell’articolo 8 non preveda il divorzio o non conceda a uno dei coniugi, perche´ appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di accesso al divorzio o alla separazione personale, si applica la legge del foro. Articolo 11 Esclusione del rinvio Quando prescrive l’applicazione della legge di uno Stato, il presente regolamento si riferisce alle norme giuridiche in vigore in quello Stato, ad esclusione delle norme di diritto internazionale privato. Articolo 12 Ordine pubblico L’applicazione di una norma della legge designata in virtu´ del presente regolamento puo` essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico del foro. Articolo 13 Divergenze fra le legislazioni nazionali Nessuna disposizione del presente regolamento obbliga le autorita` giurisdizionali di uno Stato membro partecipante la cui legge non prevede il divorzio o non considera valido il matrimonio in questione ai fini del procedimento di divorzio ad emettere una decisione di divorzio in virtu´ dell’applicazione del regolamento stesso. Articolo 14 Stati con due o piu´ sistemi giuridici – conflitti territoriali di leggi Ove uno Stato si componga di piu´ unita` territoriali, ciascuna con il proprio sistema giuridico o complesso di norme per materie disciplinate dal presente regolamento: a) ogni riferimento alla legge di tale Stato e` inteso, ai fini della determinazione della legge applicabile ai sensi del presente regolamento, come riferimento alla legge in vigore nell’unita` territoriale pertinente; b) ogni riferimento alla residenza abituale in quello Stato e` inteso come riferimento alla residenza abituale in un’unita` territoriale;
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c) ogni riferimento alla cittadinanza e` inteso come riferimento all’appartenenza all’unita` territoriale designata dalla legge di detto Stato o, in mancanza di norme pertinenti, all’unita` territoriale scelta dalle parti o, in mancanza di scelta, all’unita` territoriale con la quale il coniuge o i coniugi hanno il legame piu´ stretto. Articolo 15 Stati con due o piu´ sistemi giuridici – conflitti interpersonali di leggi In relazione ad uno Stato con due o piu´ sistemi giuridici o complessi di norme applicabili a categorie diverse di persone riguardanti materie disciplinate dal presente regolamento, ogni riferimento alla legge di tale Stato e` inteso come riferimento al sistema giuridico determinato dalle norme in vigore in tale Stato. In mancanza di tali norme, si applica il sistema giuridico o il complesso di norme con cui il coniuge o i coniugi hanno il legame piu´ stretto. Articolo 16 Non applicazione del presente regolamento ai conflitti interni di leggi Uno Stato membro partecipante in cui diversi sistemi giuridici o complessi di norme si applicano a materie disciplinate dal presente regolamento non e` tenuto ad applicare il presente regolamento a conflitti di leggi che riguardano unicamente tali diversi sistemi giuridici o complessi di norme. Capo III Altre disposizioni Articolo 17 Informazioni da parte degli Stati membri partecipanti 1. Entro il 21 settembre 2011 gli Stati membri partecipanti comunicano alla Commissione le eventuali disposizioni nazionali riguardo: a) ai requisiti di forma per gli accordi sulla scelta della legge applicabile, conformemente all’articolo 7, paragrafi da 2 a 4; e b) alla possibilita` di designare la legge applicabile in conformita` dell’articolo 5, paragrafo 3. Gli Stati membri partecipanti comunicano alla Commissione qualsiasi successiva modifica di tali disposizioni. 2. La Commissione rende pubblicamente accessibili le informazioni comunicate conformemente al paragrafo 1 con mezzi appropriati, in particolare tramite il sito web della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale. Articolo 18 Disposizioni transitorie 1. Il presente regolamento si applica ai procedimenti avviati e agli accordi di cui all’articolo 5 conclusi a decorrere dal 21 giugno 2012. Producono tuttavia effetti anche gli accordi sulla scelta della legge applicabile conclusi prima del 21 giugno 2012, a condizione che siano conformi agli articoli 6 e 7. 2. Il presente regolamento fa salvi gli accordi sulla scelta della legge applicabile conclusi conformemente alla legge di uno Stato membro partecipante la cui autorita` giurisdizionale sia stata adita prima del 21 giugno 2012. Articolo 19 Relazione con altre convenzioni internazionali in vigore 1. Fatti salvi gli obblighi degli Stati membri partecipanti ai sensi dell’articolo 351 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il presente regolamento non osta all’applicazione delle convenzioni internazionali di cui uno o piu´ Stati membri sono parti al momento dell’adozione del presente regolamento o al momento dell’adozione della decisione ai sensi
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dell’articolo 331, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e che disciplinano i conflitti di leggi in materia di divorzio o separazione. 2. Tuttavia, il presente regolamento prevale, tra gli Stati membri partecipanti, sulle convenzioni concluse esclusivamente tra due o piu´ di essi nella misura in cui esse riguardino materie disciplinate dal presente regolamento. Articolo 20 Clausola di revisione 1. Entro il 31 dicembre 2015 e successivamente ogni cinque anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull’applicazione del presente regolamento. Tale relazione e` corredata, se del caso, di opportune proposte di modifica. 2. A tal fine gli Stati membri partecipanti comunicano alla Commissione le informazioni pertinenti in ordine all’applicazione del presente regolamento da parte delle rispettive autorita` giurisdizionali. Capo IV Disposizioni finali Articolo 21 Entrata in vigore e data di applicazione Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Si applica a decorrere dal 21 giugno 2012, ad eccezione dell’articolo 17, che si applica a decorrere dal 21 giugno 2011. Per gli Stati membri partecipanti che partecipano a una cooperazione rafforzata in forza di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 331, paragrafo 1, secondo comma o terzo comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il presente regolamento si applica dalla data indicata nella relativa decisione.
LA LEGGE DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE (Decreto del Presidente della Repubblica popolare cinese 28 ottobre 2010) 1* Law on the Applicable Laws of Foreign-Related Civil Relations of the People’s Republic of China (passed on the 17th Conference of the Standing Committee of the Eleventh National People’s Congress on October 28, 2010) Chapter One – General provisions Article 1 Purpose of the Law This law is formulated with a view to determining the applicable laws of foreign-related
* Sulla presente legge, che entrera` in vigore il 1º aprile 2011 ai sensi del suo art. 52, si
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civil relations, resolving foreign-related civil disputes in a fair and reasonable manner, and protecting the legitimate rights and interests of parties involved. Article 2 Sources and Methods of Determining Applicable Laws The laws applicable to foreign-related civil relations shall be determined in accordance with this law, except otherwise provided by other special laws with respect to specific foreign-related relations. To the extent that there is no relevant provision with respect to certain foreign-related relations in this law as well as other special laws, such civil relations shall be governed by the law which is of most significant relationship with the civil relations. Article 3 Party Autonomy The parties may choose in writing the law governing foreign-related civil relations in accordance with laws. Article 4 Mandatory Rule Where the PRC’s law is compulsorily provided with respect to certain foreign-related relations, such law shall be applied directly. Article 5 Public Policy Where the application of a foreign law will harm the public interest of the PRC, the law of the PRC shall be applied in replace. Article 6 Interregional Factor Where a foreign country whose law is applicable to a foreign-related relation consists of districts with different legal systems of law, the applicable law will be the law of district which has the most significant relationship with such foreign-related relation. Article 7 Statute of Limitation The limitation period shall be governed by the law which is applicable to the related foreign-related relation. Article 8 Characterization A foreign-related relation shall be characterized in accordance with the law of forum. Article 9 Exclusion of Renvoi The foreign law to be applicable to a foreign-related civil relation shall not include the conflict of laws rules of such foreign country.
veda, in questo fascicolo della Rivista, p. 101 ss., il commento del Prof. Yong Gan, che ha curato la presente traduzione e ha altresı´ aggiunto i titoli degli articoli.
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documentazione Article 10 Ascertainment and Proof of Applicable Foreign Laws
The foreign law applicable to a foreign-related civil relation shall be ascertained by the people’s court, the arbitral institution, or the administrative agency. Where the parties choose a foreign law as the applicable law, they shall provide such foreign law. Where a foreign law to be applied can not be ascertained, or has no relevant provisions, the law of the PRC shall be applied. Chapter Two – Subject of Civil Relations Article 11 Capacity for Rights of a Natural Person The capacity for rights of a natural person shall be governed the law of his habitual residence. Article 12 Capacity to Act of a Natural Person The capacity to act of a natural person shall be governed by the law of his habitual residence. Where a natural person engaging in civil activities is incapacitated under the law of his habitual residence, yet is capacitated under the law of the place of engagement, the law of the place of engagement shall be applied, except that engagement relates to marriage, family and succession matters. Article 13 Declaration of Disappearance and Death The declaration of disappearance or declaration of death shall be governed by the law of the declared person’s habitual residence. Article 14 Capacity of a Legal Person The capacity for rights, of a legal person and its branch, the capacity to act thereof, the organization thereof, the rights and obligations of shareholders thereof, shall be governed by the law of the place of its incorporation. Where the place of incorporation of a legal person is different from its principal place of business, the law of its principle place of business may be applied. The habitual residence of a legal person is its principle place of business. Article 15 Right to Personality The contents of right to personality shall be governed by the law of habitual residence of a natural person. Article 16 Agency Agency shall be governed by the law of the place where the agency is carried out, the relationship between the principle and the agent shall be governed by the law where the agent-principle relation comes into being. The parties may choose the law applicable to entrust agency.
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Article 17 Trust The parties may choose in writing the law applicable to trust. In case of no choice of law made by parties, the law of the place where the trust property is located, or the law of the place where the trust relationship comes into being shall be applied. Article 18 Arbitration Agreement The parties may choose the law applicable to arbitration agreement. In case of no such choice, the law of the place where the arbitral institution is located or the law of the place where arbitration takes place shall be applied. Article 19 Law of Nationality Where the application of the national law of a natural person is provided under this law, and the natural person has two or more nationalities, the national law of the country in which the natural person has habitual residence shall be applied; if the natural person has no habitual residence in all countries of his nationalities, the national law which is of the most significant relationship with the person is applied. If a natural person has no nationality or his nationality is not clear, the law of his habitual residence is applied. Article 20 Law of Habitual Residence Where the law of the habitual residence of a natural person is applied in accordance with this law, but his habitual residence is not clear, the law of the place where he is now residing shall be applied. Chapter Three – Marriage and Family Article 21 Material Validity of Marriage The conditions of a marriage shall be governed by the law of the habitual residence of both parties in the same country, in case the parties has no habitual residence in the same country, the law of the same nationality shall be applied, in case the parties have no same nationality, the law of the place of celebration of the marriage shall be applied where the marriage is celebrated in the country where one party has his habitual residence or nationality. Article 22 Formality of Marriage The form of a marriage shall be governed by law of the place of celebration of the marriage, or the law of any party’s habitual residence or nationality. Article 23 Personal Relations between Spouse The personal relation between husband and wife shall be governed by the law of the habitual residence of the spouses in the same country, in case the spouses have no habitual residence in the same country, by the law of the same nationality shall be applied.
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documentazione Article 24 Matrimonial Property
The matrimonial property shall be governed by the law chosen by the spouses among the law of the habitual residence of any spouse, or the law of nationality of any spouse, or the law where main asset is located. In case of no choice of law by the spouses, the law of the habitual residence of the spouses in the same country shall be applied, in case the spouses have no same habitual residence, the law of the same nationality shall be applied. Article 25 Relations between Parents and Children The personal and property relations between parents and children shall be governed by the law of the habitual residence in the same country, in case of no habitual residence in the same country, the law of any party’s habitual residence or nationality whichever is more favorable to the weaker party shall be applied. Article 26 Stipulated Divorce The parties may choose to apply to stipulated divorce the law of one party’s habitual residence or nationality. In case of no choice of law made by parties, the law of the habitual residence of parties in the same country shall be applied, in case of no habitual residence in the same country, the law of the same nationality shall be applied, in case of no same nationality, the law of the place where the divorce agreement is recorded shall be applied. Article 27 Judgment Divorce Divorce through litigation shall be governed by the law of the forum. Article 28 Adoption The prerequisites and forms of an adoption shall be governed by the law of the habitual residence of the adopter and the adoptee. The effects of an adoption shall be governed by the law of adoptee’s habitual residence at the time of adoption. The termination of an adoption shall be governed by the law of the adoptee’s habitual residence at the time of adoption or the law of the forum. Article 29 Maintenance Maintenance shall be governed by the law of one party’s habitual residence, or the law of one party’s nationality or the law of the place where the main asset is located, whichever is more favorable to the protection of rights and interest of the supported person. Article 30 Guardianship Guardianship shall be governed by the law of one party’s habitual residence or the law of nationalities, whichever is more favorable for the protection of rights and interests of the ward.
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Chapter Four – Succession Article 31 Intestate Succession The intestate succession shall be governed by the law of the habitual residence of the deceased, but the intestate succession with respect to immovable property shall be governed by the law of the place where the immovable property is located. Article 32 Form of Wills The form of a will shall be valid if it confirms with the law of habitual residence of the testator either at the time of the testator’s death or at the time of execution of the will, or the law of nationality of the testator or, the law of the place where the will is executed. Article 33 Validity of Wills The validity of a will shall be governed by the law of habitual residence of a testator at time of his death or at the time of execution of the will, or the law of nationality of the testator. Article 34 Administration of Estate The administration of the estate shall be governed by the law of the place where the estate is located Chapter Five – Property Article 35 Escheat The title to escheat shall be governed by the law of the place where the estate is situated at the time of death of the deceased. Article 36 Immovable Property The property rights in immovables shall be governed by the law of place where the immovable is located. Article 37 Movable Property The parties may choose the law applicable to the property right in movables. In case of no choice of law by the parties, the law of the place where the movable property is located at the time of occurrence of legal facts shall be applied. Article 38 Movables in Transit The parties may choose the law governing the change of property rights in movable in transit, in case of no choice of law by parties, the law of place of destination shall be applied.
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documentazione Article 39 Commercial Securities
The commercial securities shall be governed by the law of the place where the rights under the commercial securities are fulfilled or the law which otherwise is of the most significant connection with the commercial securities. Article 40 Lien on Rights The lien on rights shall be governed by the law where the lien is executed. Chapter Six – Obligations Article 41 General Contract The parties may choose the law applicable to a contract. In case of no choice made by the parties, the law of the habitual residence of the party whose performance of obligations embodies the characteristics of such a contract, or the law which is otherwise of the most significant relationship with the contract shall be applied. Article 42 Consumer Contract A consumer contract shall be governed by the law of the habitual residence of a consumer; where a consumer choose to apply the law of place where goods are provided or service rendered, or an operator does not engage related operations at the place of habitual residence of a consumer, the law of the place where goods are provided or services rendered shall be applied. Article 43 Employment Contract An employment contract shall be governed by the law of the place where an employee works; if the place where an employee works can not be determined, the law of the principle place of business of the employer shall be applied. Where an employee is dispatched to work abroad, the law of the place where the employee is dispatched shall be applied. Article 44 General Tort Liability arising from a tort shall be governed by the law of the place where the tort is committed, where the parties have habitual residences at the same countries, the law of the same country where they have habitual residences shall be applied. After the commission of a tort, if the parties choose the applicable law by agreement, the chosen law shall be applied. Article 45 Product Liability The product liability shall be governed by the law of habitual residence of victims, where victims choose to apply the law of principle place of business of a perpetrator, or the law of the place where damage occurs, or the law of principle place of business of a perpetrator or the law of the place where damage occur if the perpetrator does not engage any operational activities at the place of habitual residence of a victim.
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Article 46 Violation of Right to Personality The violation of the right to one’s name, image, reputation, or privacy through internet or other ways shall be governed the law of the place of habitual residence of a perpetrator. Article 47 Unjust Enrichment and Voluntary Service The unjust enrichment, voluntary service shall be governed by the law chosen through agreement by parties. In case of no choice of law made by parties, the law of the same country where the parties have habitual residences shall be applied, in case no habitual residences at the same country, the law of the place where unjust enrichment is achieved or the voluntary service is rendered shall be applied. Chapter Seven – Intellectual Property Article 48 Ownership and Contents of Intellectual Property The ownership and content of intellectual property shall be governed by the law of the place where its protection is requested. Article 49 Transfer and License of Intellectual Property The parties may choose the law applicable to the transfer and license of intellectual property. In case of no choice of law by parties, the provisions with respect to contract in this law shall be applied. Article 50 Infringement of Intellectual Property The liability arising from infringement of intellectual property shall be governed by the law under which the legal protection of intellectual property is conferred, the parties may also choose the law of forum after the infringement is committed. Chapter Eight – Miscellaneous Provisions Article 51 Relation with other Related Laws Article 146, Article 147 of the General Principles of Civil Law of PRC, and Article 36 of the Law on Succession are inconsistent with this law and therefore shall be taken precedence. Article 52 Date of Taking Effect This law shall come into force as of April 1, 2011.
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DISPOSIZIONI PER CONFORMARE IL DIRITTO INTERNO ALLA DECISIONE QUADRO 2008/909/GAI SULL’APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DEL RECIPROCO RICONOSCIMENTO ALLE SENTENZE PENALI (D.lgs. 7 settembre 2010 n. 161, in Gazz. Uff., n. 230 del 1º ottobre 2010) 1* Capo I Disposizioni generali Art. 1 Disposizioni di principio e attuazione 1. Il presente decreto attua nell’ordinamento interno le disposizioni della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della liberta` personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea, nei limiti in cui tali disposizioni non sono incompatibili con i principi supremi dell’ordinamento costituzionale in tema di diritti fondamentali nonche´ in tema di diritti di liberta` e di giusto processo. Art. 2 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) «decisione quadro»: la decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della liberta` personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea; b) «sentenza di condanna»: una decisione definitiva emessa da un organo giurisdizionale di uno Stato membro dell’Unione europea con la quale vengono applicate, anche congiuntamente, una pena o una misura di sicurezza nei confronti di una persona fisica; c) «persona condannata»: la persona fisica nei cui confronti e` stata pronunciata una sentenza di condanna; d) «trasmissione all’estero»: la procedura con cui una sentenza di condanna pronunciata in Italia e` trasmessa a un altro Stato membro dell’Unione europea, ai fini del suo riconoscimento e della sua esecuzione in detto Stato; e) «trasmissione dall’estero»: la procedura con cui e` trasmessa in Italia, ai fini del suo riconoscimento e della sua esecuzione, una sentenza di condanna emessa in un altro Stato membro dell’Unione europea; f) «pena»: qualsiasi pena detentiva di durata limitata o illimitata irrogata con una sentenza di condanna, a causa di un reato e a seguito di un procedimento penale; g) «misura di sicurezza»: qualsiasi misura di sicurezza personale detentiva di durata limitata o illimitata applicata con una sentenza di condanna, a causa di un reato e a seguito di un procedimento penale;
* Il presente decreto legislativo reca il titolo: «Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/909/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della liberta` personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea». Sulla decisione quadro 2008/909/GAI, di cui il decreto legislativo costituisce attuazione, si veda questa Rivista, 2009, p. 543 s.
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h) «Stato di emissione»: lo Stato membro in cui viene emessa la sentenza di condanna; i) «Stato di esecuzione»: lo Stato membro al quale e` trasmessa la sentenza di condanna ai fini del suo riconoscimento e della sua esecuzione; l) «riconoscimento»: il provvedimento pronunciato dall’autorita` competente dello Stato di esecuzione con il quale si consente di eseguire nello stesso una sentenza di condanna pronunciata dall’autorita` giudiziaria dello Stato di emissione; m) «autorita` competente»: l’autorita` indicata da uno Stato membro ai sensi dell’articolo 2 della decisione quadro; n) «certificato»: il certificato contenuto nell’allegato I alla decisione quadro. Art. 3 Autorita` competenti 1. In relazione alle disposizioni dell’articolo 2 della decisione quadro, l’Italia designa come autorita` competenti il Ministero della giustizia e le autorita` giudiziarie, secondo le attribuzioni di cui al presente decreto. 2. Il Ministero della giustizia provvede alla trasmissione e alla ricezione delle sentenze e del certificato, nonche´ della corrispondenza ufficiale ad esse relativa. Il Ministero della giustizia cura altresı´ la trasmissione e la ricezione delle informazioni ai sensi dell’articolo 20. 3. Nei limiti indicati dal presente decreto, e` consentita la corrispondenza diretta tra le autorita` giudiziarie. In tale caso, l’autorita` giudiziaria italiana competente informa immediatamente il Ministero della giustizia della trasmissione o della ricezione di una sentenza di condanna. Capo II Trasmissione all’estero Art. 4 Competenza 1. La trasmissione all’estero e` disposta, sempre che ricorrano le condizioni previste dall’articolo 5: a) dal pubblico ministero presso il giudice indicato all’articolo 665 del codice di procedura penale, per quanto attiene alla esecuzione delle pene detentive; b) dal pubblico ministero individuato ai sensi dell’articolo 658 del codice di procedura penale, per quanto attiene alla esecuzione di misure di sicurezza personali detentive. 2. Non si applicano le disposizioni di cui al capo II del titolo IV del libro XI del codice di procedura penale. Art. 5 Condizioni di emissione 1. La trasmissione all’estero e` disposta all’atto dell’emissione dell’ordine di esecuzione di cui agli articoli 656 o 659 del codice di procedura penale ovvero, quando l’ordine e` gia` stato eseguito, in un qualsiasi momento successivo, non oltre la data in cui la residua pena o misura di sicurezza da scontare e` inferiore a sei mesi. 2. L’autorita` giudiziaria competente dispone la trasmissione se non ricorre una causa di sospensione dell’esecuzione e quando ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) l’esecuzione della pena o della misura di sicurezza all’estero ha lo scopo di favorire il reinserimento sociale della persona condannata; b) il reato per il quale e` stata emessa la sentenza di condanna e` punito con una pena della durata massima non inferiore a tre anni; c) la persona condannata si trova nel territorio dello Stato o in quello dello Stato di esecuzione; d) la persona condannata non e` sottoposta ad altro procedimento penale o non sta
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scontando un’altra sentenza di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza, salvo diverso parere dell’autorita` giudiziaria competente per il procedimento penale in corso o per l’esecuzione. 3. La trasmissione all’estero e` disposta: a) verso lo Stato membro dell’Unione europea di cittadinanza della persona condannata in cui quest’ultima vive, ovvero b) verso lo Stato membro dell’Unione europea di cittadinanza della persona condannata in cui quest’ultima sara` espulsa, una volta dispensata dall’esecuzione della pena o della misura di sicurezza, a motivo di un ordine di espulsione o di allontanamento inserito nella sentenza di condanna o in una decisione giudiziaria o amministrativa o in qualsiasi altro provvedimento adottato in seguito alla sentenza di condanna, ovvero c) verso lo Stato membro dell’Unione europea che ha acconsentito alla trasmissione. 4. E` sempre richiesto il consenso della persona condannata per la trasmissione verso uno degli Stati membri indicati al comma 3, lettera c), salvo che si tratti dello Stato dove la persona condannata e` fuggita o e` altrimenti ritornata a motivo del procedimento penale o a seguito della sentenza di condanna. Il consenso alla trasmissione deve essere espresso dalla persona condannata personalmente e per iscritto. Art. 6 Procedimento 1. L’autorita` giudiziaria competente ai sensi dell’articolo 4 procede alla trasmissione all’estero di ufficio o su richiesta della persona condannata o dello Stato di esecuzione. 2. Fermo quanto previsto dall’articolo 5, comma 4, se la persona condannata si trova nel territorio dello Stato l’autorita` giudiziaria procede alla trasmissione all’estero solo dopo averla sentita. 3. Prima di procedere alla trasmissione all’estero, l’autorita` giudiziaria consulta, anche tramite il Ministero della giustizia, l’autorita` competente dello Stato di esecuzione al fine di: a) verificare la condizione prevista dall’articolo 5, comma 2, lettera a); b) comunicare il parere espresso, ai sensi del comma 2, dalla persona condannata; c) acquisire il consenso dello Stato di esecuzione nell’ipotesi prevista dall’articolo 5, comma 3, lettera c); d) conoscere le disposizioni applicabili nello Stato di esecuzione in materia di liberazione anticipata o condizionale. 4. Quando ricorre l’ipotesi prevista dall’articolo 5, comma 3, lettera c), la trasmissione all’estero e` disposta previa acquisizione del consenso dello Stato di esecuzione. 5. Quando ricorre l’ipotesi di cui all’articolo 5, comma 4, la trasmissione all’estero e` disposta previa acquisizione del consenso della persona condannata. 6. Il provvedimento con cui e` disposta la trasmissione all’estero deve contenere l’indicazione dello Stato di esecuzione. Di esso e` data in ogni caso comunicazione all’interessato, mediante notifica di un atto contenente i requisiti di cui all’allegato II della decisione quadro. Se la persona condannata si trova nello Stato di esecuzione, l’atto di cui al periodo precedente e` trasmesso, anche tramite il Ministero della giustizia, all’autorita` competente dello Stato di esecuzione perche´ provveda alla notifica. 7. Il provvedimento e` trasmesso, unitamente alla sentenza di condanna e al certificato debitamente compilato, al Ministero della giustizia che provvede all’inoltro, con qualsiasi mezzo che lasci una traccia scritta, all’autorita` competente dello Stato di esecuzione, previa traduzione del testo del certificato nella lingua di detto Stato. Se la traduzione del certificato non e` necessaria o se a questa provvede l’autorita` giudiziaria, il provvedimento puo` essere trasmesso direttamente all’autorita` competente dello Stato di esecuzione; in tale caso, esso e` altresı´ trasmesso, per conoscenza, al Ministero della giustizia. La sentenza e il certificato sono trasmessi in originale o in copia autentica allo Stato di esecuzione che ne fa richiesta. 8. L’autorita` giudiziaria sospende la trasmissione quando sopravviene una causa di sospensione dell’esecuzione e puo` revocare il provvedimento quando, prima dell’inizio del-
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l’esecuzione all’estero, sia venuta meno una delle condizioni di cui all’articolo 5. Alla revoca segue il ritiro del certificato. Della sospensione e della revoca e` data comunicazione all’interessato, al Ministero della giustizia e all’autorita` competente dello Stato di esecuzione, con indicazione dei motivi che le hanno determinate. 9. In caso di mancato riconoscimento della sentenza di condanna, il Ministero della giustizia ne da` comunicazione all’autorita` giudiziaria che ha emesso il provvedimento di trasmissione all’estero. Art. 7 Trasferimento delle persone condannate 1. La persona condannata che si trova nel territorio dello Stato, anche se detenuta, e` trasferita nello Stato di esecuzione entro trenta giorni dalla data in cui la decisione definitiva di detto Stato sul riconoscimento della sentenza di condanna e` comunicata al Ministero della giustizia, che provvede a informarne l’autorita` giudiziaria che ha disposto la trasmissione e il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Ministero dell’interno. Il Ministero della giustizia e l’autorita` competente dello Stato di esecuzione possono concordare il trasferimento in un termine piu´ breve. 2. Se il trasferimento nel termine di cui al comma 1 e` reso impossibile da circostanze impreviste, il Ministero della giustizia ne informa immediatamente l’autorita` competente dello Stato di esecuzione e il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Ministero dell’interno, concordando una nuova data per il trasferimento. In tale caso, il trasferimento avviene entro i dieci giorni successivi alla nuova data concordata. 3. Salvo il caso di evasione della persona condannata, non si procede all’esecuzione in Italia dopo che questa ha avuto inizio nello Stato di esecuzione. 4. Se, successivamente al trasferimento, lo Stato di esecuzione chiede che la persona trasferita sia perseguita, condannata o altrimenti privata della liberta` personale per un reato commesso anteriormente al suo trasferimento diverso da quello per cui la stessa e` stata trasferita, sulla richiesta provvede la corte di appello del distretto dell’autorita` giudiziaria competente ai sensi dell’articolo 4. A tale fine, la corte verifica che la richiesta dello Stato di esecuzione contenga le informazioni di cui all’articolo 26, comma 3, della legge 22 aprile 2005, n. 69. Il consenso e` dato quando il reato per il quale e` richiesto permette il trasferimento ai sensi dell’articolo 10. La corte nega il consenso quando ricorre uno dei motivi di rifiuto di cui all’articolo 13. 5. Se ai fini del trasferimento verso lo Stato di esecuzione e` necessario che la persona condannata transiti sul territorio di un altro Stato membro ai sensi dell’articolo 16 della decisione quadro, la richiesta di transito e` formulata dal Ministero della giustizia. Art. 8 Arresto provvisorio 1. L’autorita` giudiziaria competente ai sensi dell’articolo 4, se la persona condannata si trova nello Stato di esecuzione, puo` chiederne l’arresto provvisorio o l’adozione nei suoi confronti di ogni altro provvedimento idoneo ad assicurare la permanenza nel territorio di quello Stato, in attesa del riconoscimento. 2. La richiesta di arresto e` formulata mediante la compilazione del riquadro e) del certificato. Capo III Trasmissione dall’estero Art. 9 Competenza 1. La trasmissione dall’estero non puo` essere autorizzata senza la decisione favorevole della corte di appello.
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2. La competenza a decidere sul riconoscimento e sull’esecuzione appartiene, nell’ordine, alla corte di appello nel cui distretto la persona condannata ha la residenza, la dimora o il domicilio nel momento in cui il provvedimento e` trasmesso all’autorita` giudiziaria ai sensi dell’articolo 12, comma 1. 3. Se la competenza non puo` essere determinata ai sensi del comma 2, e` competente la corte di appello di Roma. 4. Quando la richiesta di trasmissione dall’estero ha per oggetto una sentenza di condanna che deve essere eseguita in Italia nei riguardi di piu´ persone e non e` possibile determinare la competenza ai sensi del comma 2, e` competente la corte di appello del distretto in cui hanno la residenza, la dimora o il domicilio il maggior numero delle persone ovvero, se anche in tale modo non e` possibile determinare la competenza, la corte di appello di Roma. 5. In caso di arresto della persona condannata ai sensi dell’articolo 15, la competenza appartiene alla corte di appello del distretto in cui e` avvenuto l’arresto. Art. 10 Condizioni per il riconoscimento 1. La corte di appello riconosce la sentenza di condanna emessa in un altro Stato membro dell’Unione europea, ai fini della sua esecuzione in Italia, quando ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) la persona condannata ha la cittadinanza italiana; b) la persona condannata ha la residenza, la dimora o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero deve essere espulsa verso l’Italia a motivo di un ordine di espulsione o di allontanamento inserito nella sentenza di condanna o in una decisione giudiziaria o amministrativa o in qualsiasi altro provvedimento adottato in seguito alla sentenza di condanna; c) la persona condannata si trova nel territorio dello Stato o in quello dello Stato di emissione; d) la persona condannata ha prestato il proprio consenso alla trasmissione, salvo quanto previsto dal comma 4; e) il fatto e` previsto come reato anche dalla legge nazionale, indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla denominazione del reato, salvo quanto previsto dall’articolo 11; f) la durata e la natura della pena o della misura di sicurezza applicate nello Stato di emissione sono compatibili con la legislazione italiana, salva la possibilita` di un adattamento nei limiti stabiliti dal comma 5. 2. La corte di appello procede altresı´ al riconoscimento quando ricorrono congiuntamente le condizioni di cui al comma 1, lettere c), d), e), ed f) e il Ministro della giustizia ha dato il consenso all’esecuzione in Italia della sentenza di condanna emessa nei confronti di una persona che non ha la cittadinanza italiana, ai sensi dell’articolo 12, comma 2. 3. Se la corte di appello ritiene di poter procedere al riconoscimento parziale, ne informa immediatamente, anche tramite il Ministero della giustizia, l’autorita` competente dello Stato di emissione e concorda con questa le condizioni del riconoscimento e dell’esecuzione parziale, purche´ tali condizioni non comportino un aumento della durata della pena. In mancanza di accordo, il certificato si intende ritirato. 4. Il consenso della persona condannata non e` richiesto se ricorrono congiuntamente le condizioni di cui al comma 1, lettere a) e b), ovvero se la persona condannata e` fuggita in Italia o vi e` altrimenti ritornata a motivo del procedimento penale o a seguito della condanna e il Ministro della giustizia ha autorizzato l’esecuzione in Italia ai sensi dell’articolo 12, comma 2. 5. Se la durata e la natura della pena o della misura di sicurezza applicate con la sentenza di condanna sono incompatibili con quelle previste in Italia per reati simili, la corte di appello procede al loro adattamento. La durata e la natura della pena o della misura di sicurezza adattate non possono essere inferiori alla pena o alla misura di sicurezza previste dalla legge italiana per reati simili, ne` piu´ gravi di quelle applicate dallo Stato di emissione con la sentenza di condanna. La pena detentiva e la misura di sicurezza restrittiva della liberta` personale non possono essere convertite in pena pecuniaria.
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Art. 11 Deroghe alla doppia punibilita` 1. Si fa luogo al riconoscimento, indipendentemente dalla doppia incriminazione, se il reato per il quale e` chiesta la trasmissione e` punito nello Stato di emissione con una pena detentiva o una misura privativa della liberta` personale della durata massima non inferiore a tre anni, sola o congiunta alla pena pecuniaria, e si riferisce a una delle fattispecie di cui all’articolo 8, comma 1, della legge 22 aprile 2005, n. 69. In tale caso, la corte di appello accerta la corrispondenza tra la definizione dei reati per i quali e` richiesta la trasmissione, secondo la legge dello Stato di emissione, e le fattispecie medesime. Art. 12 Procedimento 1. Quando il Ministero della giustizia riceve da un altro Stato membro dell’Unione europea, ai fini dell’esecuzione in Italia, una sentenza di condanna corredata dal certificato tradotto in lingua italiana, la trasmette senza ritardo al presidente della corte di appello competente ai sensi dell’articolo 9. La trasmissione della sentenza di condanna puo` essere richiesta allo Stato di emissione anche dal Ministro della giustizia, purche` ricorrano le condizioni di cui all’articolo 10. 2. Se lo Stato di emissione ha chiesto, anche prima della trasmissione della sentenza di condanna e del certificato, che l’esecuzione in Italia abbia luogo, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c) della decisione quadro, nei confronti di una persona condannata che non ha la cittadinanza italiana, il consenso all’esecuzione e` dato con decreto dal Ministro della giustizia. 3. In caso di incompletezza del certificato, di sua manifesta difformita` rispetto alla sentenza di condanna o comunque quando il suo contenuto sia insufficiente per decidere sull’esecuzione della pena o della misura, la corte di appello, anche tramite il Ministero della giustizia, puo` formulare richiesta allo Stato di emissione di trasmettere un nuovo certificato o la traduzione in lingua italiana della sentenza di condanna, o di parti essenziali della stessa, fissando a tale scopo un termine congruo. 4. Se lo Stato di emissione ha chiesto l’arresto della persona condannata in attesa del riconoscimento della sentenza di condanna, il Ministero della giustizia ne da` altresı´ comunicazione al Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Ministero dell’interno, anche ai fini di cui all’articolo 15, comma 1, trasmettendogli copia della documentazione disponibile. 5. La corte di appello decide con sentenza in camera di consiglio sull’esistenza delle condizioni per l’accoglimento, anche parziale, della richiesta, sentiti il procuratore generale, il difensore e la persona condannata, anche ai fini dell’acquisizione del consenso al trasferimento, ove non dato in precedenza. Si applicano le disposizioni dell’articolo 702 del codice di procedura penale. 6. La decisione deve essere emessa entro il termine di sessanta giorni dalla data in cui la corte di appello ha ricevuto la sentenza di condanna trasmessa ai sensi del comma 1. Ove, per circostanze eccezionali, sia ravvisata l’impossibilita` di rispettare tale termine, il presidente della corte informa dei motivi il Ministero della giustizia, che ne da` comunicazione allo Stato di emissione. In questo caso il termine e` prorogato di trenta giorni. 7. Della sentenza e` data, al termine della camera di consiglio, immediata lettura. La lettura equivale a notificazione alle parti, anche se non presenti, che hanno diritto a ottenere copia del provvedimento. 8. Quando la corte di appello pronuncia sentenza di riconoscimento la trasmette al procuratore generale per l’esecuzione. 9. Quando la decisione e` contraria al riconoscimento, la corte di appello con la sentenza revoca immediatamente le misure cautelari applicate. 10. La sentenza della corte di appello e` soggetta a ricorso per cassazione e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 22 della legge 22 aprile 2005, n. 69.
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11. La sentenza della corte di appello divenuta irrevocabile e` immediatamente comunicata, anche a mezzo telefax, al Ministero della giustizia, che provvede a informare le competenti autorita` dello Stato membro di emissione e il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Ministero dell’interno. Se il riconoscimento e` negato perche´ la sentenza di condanna deve essere eseguita in un altro Stato membro, la medesima e` trasmessa, anche tramite il Ministero della giustizia, allo Stato di esecuzione ritenuto competente. Art. 13 Motivi di rifiuto del riconoscimento 1. La corte di appello rifiuta il riconoscimento della sentenza di condanna in uno dei seguenti casi: a) se non sussiste una o piu´ delle condizioni di cui agli articoli 10, commi 1 e 2, e 11; b) se il certificato e` incompleto o non corrisponde manifestamente alla sentenza di condanna e non e` stato completato o corretto entro il termine fissato ai sensi dell’articolo 12, comma 3; c) se risulta che la persona condannata e` stata giudicata in via definitiva per gli stessi fatti da uno degli Stati membri dell’Unione europea purche´, in caso di condanna, la pena sia stata gia` eseguita ovvero sia in corso di esecuzione, ovvero non possa piu´ essere eseguita in forza delle leggi dello Stato che ha emesso la condanna; d) se i fatti per i quali la trasmissione dall’estero e` stata chiesta potevano essere giudicati in Italia e si sia gia` verificata la prescrizione del reato o della pena; e) se e` stata pronunciata, in Italia, sentenza di non luogo a procedere, salvo che sussistano i presupposti di cui all’articolo 434 del codice di procedura penale per la revoca della sentenza; e) se la pena e` prescritta secondo la legge italiana; f) se sussiste una causa di immunita` riconosciuta dall’ordinamento italiano che rende impossibile l’esecuzione della pena; g) se la pena e` stata irrogata nei confronti di una persona che, alla data di commissione del fatto, non era imputabile per eta` secondo la legge italiana; h) se alla data di ricezione della sentenza di condanna da parte del Ministero della giustizia ai sensi dell’articolo 12, la durata della pena ancora da scontare e` inferiore a sei mesi; i) se la sentenza di condanna e` stata pronunciata in contumacia, a meno che il certificato indichi che la persona ha avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e ha volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione o opposizione; l) se lo Stato di emissione ha, prima della decisione sul riconoscimento, rifiutato la richiesta formulata dall’autorita` giudiziaria italiana di sottoporre la medesima persona condannata a un procedimento penale o di privarla della liberta` personale, per un reato commesso anteriormente alla trasmissione della sentenza di condanna e diverso da quello per cui la trasmissione e` avvenuta; m) la pena irrogata comprende una misura di trattamento medico o psichiatrico o altra misura privativa della liberta` personale incompatibile con il sistema penitenziario o sanitario dello Stato, salvo quanto previsto dall’articolo 10, comma 5; n) la sentenza di condanna si riferisce a reati che, in base alla legge italiana, sono considerati commessi per intero o in parte all’interno del territorio dello Stato o in altro luogo a questo equiparato. 2. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), b), c), e), i), m) ed n), la corte di appello, prima di decidere di rifiutare il riconoscimento, consulta, anche tramite il Ministero della giustizia, l’autorita` competente dello Stato di emissione e richiede ogni informazione utile alla decisione. 3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche alla sentenza con cui e` applicata una misura di sicurezza.
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Art. 14 Misure coercitive 1. Se l’autorita` competente dello Stato di emissione ne ha fatto richiesta, la corte di appello, su domanda del procuratore generale, puo` disporre una misura personale coercitiva nei confronti della persona condannata che si trovi nel territorio dello Stato, allo scopo di assicurare la sua permanenza nel territorio e in attesa del riconoscimento della sentenza di condanna. La corte di appello decide con ordinanza motivata, a pena di nullita`. 2. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del titolo I del libro IV del codice di procedura penale, in materia di misure cautelari personali, fatta eccezione per gli articoli 273, 274, comma 1, lett. a) e c), e 280. 3. Le misure coercitive non possono essere disposte se vi sono ragioni per ritenere che sussistono cause ostative al riconoscimento. 4. Entro cinque giorni dall’esecuzione delle misure di cui al comma 1, il presidente della corte di appello, o il magistrato delegato, procede a sentire la persona sottoposta alla misura cautelare, informandola, in una lingua alla stessa conosciuta, della richiesta di trasmissione della sentenza di condanna ai fini della sua esecuzione in Italia. Quando non ricorre una delle ipotesi di cui all’articolo 10, comma 4, alla persona e` altresı´ richiesto se acconsente all’esecuzione in Italia. Si applica la disposizione dell’articolo 717, comma 2, del codice di procedura penale. 5. La misura coercitiva, disposta a norma del presente articolo, e` revocata se dall’inizio della sua esecuzione sono trascorsi i termini di cui all’articolo 12, comma 6, ovvero, in caso di ricorso per cassazione, ulteriori tre mesi senza che sia intervenuta sentenza irrevocabile di riconoscimento. 6. La revoca e la sostituzione della misura coercitiva sono disposte in camera di consiglio dalla corte di appello. 7. Copia dei provvedimenti emessi dalla corte e` comunicata e notificata, dopo la loro esecuzione, al procuratore generale, alla persona interessata e al suo difensore, i quali possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge. Se si tratta di straniero, la copia e` trasmessa altresı´ alla competente autorita` consolare. 8. Il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, fissa con decreto l’udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di riconoscimento entro il termine di venti giorni dall’esecuzione della misura coercitiva e dispone contestualmente il deposito della documentazione di cui all’articolo 12, comma 1. 9. Il decreto e` comunicato al procuratore generale e notificato alla persona condannata e al suo difensore, almeno otto giorni prima dell’udienza. Art. 15 Arresto 1. Nei casi di urgenza, la polizia giudiziaria puo` procedere all’arresto della persona condannata, allo scopo di assicurare la sua permanenza nel territorio dello Stato e in attesa del riconoscimento della sentenza di condanna, se l’autorita` competente dello Stato di emissione ne ha fatto richiesta e ricorrono le condizioni di cui all’articolo 10, lettere a), b) ed e). 2. L’autorita` che ha proceduto all’arresto pone al piu´ presto, e comunque non oltre le ventiquattro ore, l’arrestato a disposizione del presidente della corte di appello nel cui distretto l’arresto e` avvenuto, mediante la trasmissione del relativo verbale, dandone contestualmente notizia al Ministero della giustizia. Si applica l’articolo 12 della legge 22 aprile 2005, n. 69. 3. Quando non deve disporre la liberazione dell’arrestato, il presidente della corte di appello, entro le quarantotto ore dalla ricezione del verbale d’arresto, informato il procuratore generale, provvede, in una lingua alla stessa conosciuta e, se necessario, alla presenza di un interprete, a sentire la persona arrestata con la presenza di un difensore di ufficio nominato in mancanza di difensore di fiducia. Nel caso in cui la persona arrestata risulti ristretta in localita` diversa da quella in cui l’arresto e` stato eseguito, il presidente della corte di appello
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puo` delegare il presidente del tribunale territorialmente competente, ferma restando la sua competenza in ordine ai provvedimenti di cui al comma 4. 4. Se risulta evidente che l’arresto e` stato eseguito per errore di persona o fuori dai casi previsti dalla legge, il presidente della corte di appello, o il magistrato della corte da lui delegato, dispone con decreto motivato che il fermato sia posto immediatamente in liberta`. Fuori da tale caso, si procede alla convalida dell’arresto provvedendo con ordinanza, se ne ricorrono le condizioni, all’applicazione di una misura coercitiva ai sensi dell’articolo 14. Dei provvedimenti dati e` informato immediatamente il Ministero della giustizia. Art. 16 Esecuzione conseguente al riconoscimento 1. Quando e` pronunciata sentenza di riconoscimento, la pena e` eseguita secondo la legge italiana. Si applicano altresı´ le disposizioni in materia di amnistia, indulto e grazia. La pena espiata nello Stato di emissione e` computata ai fini dell’esecuzione. 2. All’esecuzione provvede d’ufficio il procuratore generale presso la corte di appello che ha deliberato il riconoscimento. Tale corte e` equiparata, a ogni effetto, al giudice che ha pronunciato sentenza di condanna in un procedimento penale ordinario. 3. Se la persona condannata non si trova nel territorio dello Stato, il Ministero della giustizia, anche tramite il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Ministero dell’interno, si accorda con l’autorita` dello Stato di emissione per il trasferimento. 4. Prima del trasferimento, il Ministero della giustizia informa lo Stato di emissione che ne abbia fatto richiesta delle disposizioni applicabili alla persona condannata in materia di liberazione anticipata, liberazione condizionale e indulto. 5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche all’esecuzione della sentenza con cui e` applicata una misura di sicurezza. Art. 17 Provvedimenti adottati dallo Stato di emissione 1. Quando lo Stato di emissione adotta una decisione per la quale la pena o la misura di sicurezza applicate cessano, immediatamente o entro un termine, di essere esecutive, l’autorita` giudiziaria competente pone fine all’esecuzione della pena o della misura di sicurezza in Italia, non appena informata. 2. La revisione della sentenza di condanna trasmessa per l’esecuzione spetta esclusivamente all’autorita` dello Stato di emissione. Art. 18 Principio di specialita` 1. Salvo quanto previsto dal comma 2, la persona trasferita in Italia per l’esecuzione della condanna non puo` essere sottoposta a un procedimento penale, ne´ privata della liberta` personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, ne´ altrimenti assoggettata ad altra misura privativa della liberta` personale, per un reato commesso anteriormente al trasferimento, diverso da quello per cui la stessa e` stata trasferita. 2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando: a) la persona trasferita, avendone avuta la possibilita`, non ha lasciato il territorio dello Stato decorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione ovvero, avendolo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno; b) il reato non e` punibile con una pena o con una misura di sicurezza privative della liberta` personale; c) il procedimento penale non consente l’applicazione di una misura restrittiva della liberta` personale; d) la persona e` soggetta a una pena o a una misura che non implicano la privazione della liberta`, ivi inclusa una misura pecuniaria, anche se puo` limitare la sua liberta` personale;
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e) la persona ha acconsentito al trasferimento; f) la persona, dopo essere stata trasferita, ha espressamente rinunciato a beneficiare del principio di specialita` rispetto a particolari reati anteriori alla sua consegna. Tale rinuncia e` raccolta a verbale dall’autorita` giudiziaria competente per l’esecuzione; g) fuori dei casi precedenti, lo Stato di emissione ha dato il suo consenso nelle forme di cui al comma 3. 3. Successivamente al trasferimento, l’autorita` giudiziaria competente puo` richiedere allo Stato di emissione, tramite il Ministero della giustizia, di dare il consenso all’inizio di un procedimento penale nei confronti della persona trasferita, ovvero alla privazione della liberta` personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza o di una misura cautelare, per un reato commesso anteriormente al suo trasferimento, diverso da quello per cui la stessa e` stata trasferita. La richiesta e` corredata delle informazioni di cui all’articolo 26, comma 3, della legge 22 aprile 2005, n. 69. Art. 19 Transito 1. Le richieste di transito sul territorio dello Stato di una persona condannata, per la sua trasmissione a fini di esecuzione in un altro Stato membro, sono ricevute, corredate del certificato, dal Ministero della giustizia. Il Ministero della giustizia puo` richiedere allo Stato di emissione la traduzione in lingua italiana del certificato. 2. Salvo quanto previsto dal comma 4, il Ministero della giustizia informa immediatamente lo Stato di emissione se non e` in grado di garantire che la persona condannata non sara` sottoposta a misure restrittive della liberta` personale per reati commessi o condanne pronunciate prima della richiesta di transito, in relazione a fatti per i quali vi e` la giurisdizione dello Stato. 3. Sulla richiesta di transito decide il Ministro della giustizia entro sette giorni dal ricevimento o dalla trasmissione del certificato tradotto. 4. La persona condannata puo` essere trattenuta in custodia dall’autorita` di polizia per il tempo strettamente necessario al transito e, comunque, non oltre quarantotto ore dal momento del suo arrivo nel territorio dello Stato. Capo IV Disposizioni comuni ai procedimenti di trasmissione Art. 20 Informazioni 1. Il Ministero della giustizia informa l’autorita` competente dello Stato di emissione con qualsiasi mezzo che lasci una traccia scritta: a) della trasmissione della sentenza di condanna e del certificato all’autorita` giudiziaria competente responsabile dell’esecuzione in conformita` degli articoli 9 e 12; b) dell’impossibilita` di eseguire la pena o la misura di sicurezza in quanto la persona condannata, dopo la trasmissione della sentenza di condanna e del certificato, non puo` essere rintracciata nel territorio dello Stato; c) della decisione definitiva di riconoscere la sentenza di condanna e di eseguire la pena o la misura di sicurezza, unitamente alla data della decisione; d) dell’eventuale decisione di adattare la pena o la misura di sicurezza a norma dell’articolo 10, comma 5, corredata di una motivazione; e) della trasmissione della sentenza di condanna a un altro Stato membro per l’esecuzione, ai sensi dell’articolo 12, comma 11; f) dell’eventuale decisione di non riconoscere la sentenza di condanna ed eseguire la pena o la misura di sicurezza a norma dell’articolo 13, corredata di una motivazione; g) delle decisioni adottate dall’autorita` giudiziaria ai sensi degli articoli 14 e 15;
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h) dell’eventuale decisione di non eseguire la pena o la misura di sicurezza, per i motivi di cui all’articolo 16, comma 1, corredata di una motivazione; i) della richiesta dell’autorita` giudiziaria, ai sensi dell’articolo 18, comma 3; l) delle date di inizio e fine del periodo di liberazione anticipata o condizionale, se cio` e` indicato nel certificato dallo Stato di emissione; m) dell’evasione della persona condannata; n) della scarcerazione per la completa esecuzione della pena o della misura di sicurezza. 2. Il Ministero della giustizia cura altresı´ la corrispondenza relativa alle richieste e alle decisioni di cui agli articoli 7, commi 4 e 5, e 17. Art. 21 Spese 1. Sono a carico dello Stato italiano le spese sostenute nel territorio nazionale per il trasferimento all’estero della persona condannata e per l’esecuzione della sentenza di condanna. Tutte le altre spese sono a carico dello Stato membro verso il quale la persona condannata e` trasferita o che ha chiesto la trasmissione della sentenza di condanna. Capo V Disposizioni transitorie e finali Art. 22 Obblighi internazionali 1. Il presente decreto non pregiudica gli obblighi internazionali dello Stato italiano quando la persona condannata deve essere trasferita da o verso uno Stato terzo. Art. 23 Disposizioni finanziarie 1. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 2. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Art. 24 Norme applicabili 1. Le disposizioni del presente decreto si applicano anche all’esecuzione della pena o della misura di sicurezza nei casi di cui agli articoli 18, comma 1, lettera r), e 19, comma 1, lettera c), della legge 22 aprile 2005, n. 69. 2. Per quanto non previsto dal presente decreto si applicano le disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi complementari, in quanto compatibili. 3. Non si applicano le disposizioni previste dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742, e successive modificazioni, relativa alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale. Art. 25 Disposizioni transitorie 1. Salvo quanto previsto dal comma 2, le disposizioni del presente decreto si applicano ai provvedimenti di trasmissione all’estero emessi a decorrere dal 5 dicembre 2011 e alle richieste di trasmissione dall’estero pervenute a decorrere dalla stessa data. 2. Le disposizioni del presente decreto non si applicano nei confronti degli Stati membri dell’Unione europea che ne abbiano fatto espressa dichiarazione ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 2, della decisione quadro, rispetto ai provvedimenti e alle richieste di trasmissione che si riferiscono a sentenze di condanna divenute definitive prima del 5 dicembre 2011. In tale caso, continuano ad applicarsi le norme anteriormente vigenti.
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3. A decorrere dal 5 dicembre 2011 e salvo quanto previsto dal comma 2, le disposizioni del presente decreto sostituiscono a ogni effetto le disposizioni adottate in esecuzione degli accordi internazionali conclusi dall’Italia con altri Stati membri dell’Unione europea, relativi al trasferimento delle persone condannate ai fini dell’esecuzione all’estero. 4. Per le sentenze di condanna emesse prima del termine di cinque anni dal 5 dicembre 2011, la trasmissione verso la Polonia e` condizionata al consenso della persona condannata anche quando ricorra l’ipotesi di cui all’articolo 5, comma 3, lettera a).
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Dalla pratica legislativa, giudiziaria e internazionale Trattati internazionali entrati in vigore per l’Italia (secondo i comunicati apparsi nella Gazzetta Ufficiale dal novembre 2010 al gennaio 2011). N.B. Il supplemento ordinario n. 12 alla Gazz. Uff. n. 10 del 14 gennaio 2011 riporta l’elenco di 7 atti internazionali entrati in vigore per l’Italia entro il 15 dicembre 2010 non soggetti a legge di autorizzazione alla ratifica. Trattati bilaterali Canada – Trattato di estradizione tra il governo della Repubblica italiana e il governo del Canada (Roma, 13 gennaio 2005), reso esecutivo con l. 7 gennaio 2008 n. 7 (GU 27, 1º febbraio 2008), in vigore dal 17 novembre 2010 (GU 264, 11 novembre 2010). Moldavia – Accordo tra il governo della Repubblica italiana e il governo della Repubblica di Moldova sulla cooperazione nel campo della difesa (Roma, 6 dicembre 2006), reso esecutivo con l. 12 novembre 2009 n. 175 (GU 280, 1º dicembre 2009, s.o. 5), in vigore dal 6 ottobre 2010 (GU 294, 17 dicembre 2010). Panama – Accordo sulla promozione e la protezione degli investimenti tra il governo della Repubblica italiana e il governo della Repubblica di Panama (Venezia, 6 febbraio 2009), reso esecutivo con l. 1º febbraio 2010 n. 13 (GU 38, 16 febbraio 2010), in vigore dal 4 ottobre 2010 (GU 261, 8 novembre 2010). Repubblica federale di Jugoslavia – Accordo di mutua assistenza amministrativa tra il governo della Repubblica italiana ed il governo della Repubblica federale di Jugoslavia per la prevenzione, la ricerca e la repressione delle infrazioni doganali (Belgrado, 29 marzo 2002), reso esecutivo con l. 20 febbraio 2006 n. 99 (GU 64, 17 marzo 2006, s.o. 64), in vigore dal 1º novembre 2010 (GU 285, 6 dicembre 2010). Trattati multilaterali 11 aprile 1997 – Convenzione sul riconoscimento delle qualifiche relative all’insegnamento superiore nella regione europea (Lisbona, 11 aprile 1997), resa esecutiva con l. 11 luglio 2002 n. 148 (GU 273, 25 luglio 2002), in vigore dal 6 ottobre 2010 (GU 262, 9 novembre 2010). 16 maggio 2005 – Convenzione sulla lotta contro la tratta degli esseri umani (STCE 197) (Varsavia, 16 maggio 2005), resa esecutiva con l. 2 luglio 2010 n. 108
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(GU 163, 15 luglio 2010), in vigore dal 1º marzo 2011 (GU 300, 24 dicembre 2010). 9 giugno 2006 – Accordo multilaterale fra la Comunita` europea e i suoi Stati membri, la Repubblica d’Albania, l’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, la Bosnia Erzegovina, la Repubblica di Bulgaria, la Repubblica di Croazia, la Repubblica d’Islanda, la Repubblica di Montenegro, il Regno di Norvegia, la Romania, la Repubblica di Serbia e la Missione di amministrazione provvisoria delle Nazioni Unite nel Kosovo, relativo alla creazione di uno Spazio aereo comune europeo (EACE) (Lussemburgo, 9 giugno 2006), reso esecutivo con l. 4 giugno 2010 n. 91 (GU 143, 22 giugno 2010), in vigore dal 15 settembre 2010 (GU 285, 6 dicembre 2010). 12 dicembre 2006 – Accordo euro-mediterraneo relativo ai servizi aerei tra la Comunita` europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra parte (Bruxelles, 12 dicembre 2006), reso esecutivo con l. 13 ottobre 2009 n. 158 (GU 264, 12 novembre 2009), in vigore dal 14 luglio 2010 (GU 285, 6 dicembre 2010). 12 dicembre 2006 – Accordo di cooperazione relativo al sistema mondiale di navigazione satellitare (GNSS) ad uso civile tra la Comunita` europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra parte (Bruxelles, 12 dicembre 2006), reso esecutivo con l. 13 ottobre 2009 n. 161 (GU 265, 13 novembre 2009), in vigore dal 14 luglio 2010 (GU 285, 6 dicembre 2010). Stato delle ratifiche e adesioni delle convenzioni dell’Aja in vigore. Diamo qui di seguito l’elenco delle convenzioni dell’Aja in vigore al 2 febbraio 2011 con l’indicazione in corsivo degli Stati che le hanno ratificate o vi hanno aderito prima della data stessa rispetto ai dati forniti nell’elenco precedente (v. questa Rivista, 2010, p. 330 ss.). 1) Procedura civile (1º marzo 1954): Albania, Argentina, Armenia, Austria, Belgio, Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Cina (territorio di Macao), Cipro, Citta` del Vaticano, Croazia, Danimarca, Egitto, Federazione russa, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Islanda, Israele, Italia, Kyrgyzstan, Lettonia, Libano, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Marocco, Moldavia, Montenegro, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica ceca, Repubblica slovacca, Romania, Santa Sede, Serbia, Slovenia, Spagna, Suriname, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina, Ungheria, Uzbekistan. 2) Legge applicabile alle vendite di oggetti mobili corporali (15 giugno 1955): Belgio (denuncia), Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Niger, Norvegia, Svezia, Svizzera. 3) Legge applicabile alle obbligazioni alimentari verso i minori (24 ottobre 1956): Austria, Belgio, Cina (territorio di Macao), Francia, Germania, Giappone, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svizzera, Turchia. 4) Riconoscimento delle sentenze alimentari verso i minori (15 aprile 1958): Austria, Belgio, Cina (territorio di Macao), Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica ceca, Repubblica slovacca, Spagna, Suriname, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria.
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5) Competenza e legge applicabile per la protezione dei minori (5 ottobre 1961): Austria, Cina (territorio di Macao), Francia, Germania, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Spagna, Svizzera, Turchia. 6) Forma dei testamenti (5 ottobre 1961): Antigua e Barbuda, Armenia, Australia, Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Botswana, Brunei Darussalam, Cina (territorio di Hong Kong), Croazia, Danimarca, Estonia, Figi, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Grecia, Grenada, Irlanda, Israele, Lesotho, Lussemburgo, Macedonia, Mauritius, Montenegro, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Serbia, Slovenia, Spagna, Sud Africa, Svezia, Svizzera, Swaziland, Tonga, Turchia. 7) Soppressione della legalizzazione (5 ottobre 1961): Albania, Andorra, Antigua e Barbuda, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaigian, Bahamas, Barbados, Belgio, Belize, Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Botswana, Brunei Darussalam, Bulgaria, Capo Verde, Cina (territori di Hong Kong e di Macao), Cipro, Colombia, Croazia, Danimarca, Estonia, Ecuador, Federazione russa, Figi, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Giappone, Grecia, Grenada, Honduras, India, Irlanda, Islanda, Isole Cook, Isole Marshall, Israele, Italia, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Lesotho, Lettonia, Liberia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malawi, Malta, Mauritius, Messico, Moldavia, Monaco, Mongolia, Montenegro, Namibia, Niue, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Panama, Peru´, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Repubblica democratica di Sa˜o Tome´ e Prı´ncipe, Repubblica di Corea, Repubblica di Vanuatu, Repubblica dominicana, Repubblica slovacca, Romania, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Salvador, Samoa, San Marino, Serbia, Seychelles, Slovenia, Spagna, Stati Uniti d’America, Sud Africa, Suriname, Svezia, Svizzera, Swaziland, Tonga, Trinidad e Tobago, Turchia, Ucraina, Ungheria, Venezuela. 8) Notificazioni (15 novembre 1965): Albania, Antigua e Barbuda, Argentina, Australia, Bahamas, Barbados, Belgio, Belize, Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Botswana, Bulgaria, Canada, Cina, Cipro, Croazia, Danimarca, Egitto, Estonia, Federazione russa, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Grecia, India, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Kuwait, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malawi, Messico, Monaco, Norvegia, Paesi Bassi, Pakistan, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Repubblica di Corea, Repubblica slovacca, Romania, Saint Vincent e Grenadine, San Marino, Serbia, Seychelles, Slovenia, Spagna, Sri Lanka, Stati Uniti d’America, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina, Ungheria, Venezuela. 9) Assunzione di prove (18 marzo 1970): Albania, Argentina, Australia, Barbados, Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Cina, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Federazione russa, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, India, Islanda, Israele, Italia, Kuwait, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Messico, Monaco, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Repubblica di Corea, Repubblica slovacca, Romania, Serbia, Seychelles, Singapore, Slovenia, Spagna, Sri Lanka, Stati Uniti d’America, Sud Africa, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina, Ungheria, Venezuela. 10) Riconoscimento dei divorzi e delle separazioni (1º giugno 1970): Australia, Cina (territorio di Hong Kong), Cipro, Danimarca, Egitto, Estonia, Finlandia, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Repubblica slovacca, Svezia, Svizzera. 11) Riconoscimento ed esecuzione delle sentenze (1º febbraio 1971): Cipro, Paesi Bassi, Kuwait, Portogallo.
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12) Protocollo addizionale alla convenzione sul riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze (1º febbraio 1971): Cipro, Kuwait, Paesi Bassi, Portogallo. 13) Legge applicabile agli incidenti della circolazione stradale (4 maggio 1971): Austria, Belgio, Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Francia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Marocco, Montenegro, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica ceca, Repubblica slovacca, Serbia, Slovenia, Spagna, Svizzera. 14) Amministrazione internazionale delle successioni (2 ottobre 1973): Portogallo, Repubblica ceca, Repubblica slovacca. 15) Legge applicabile alla responsabilita` per danni derivanti da prodotti (2 ottobre 1973): Croazia, Finlandia, Francia, Lussemburgo, Macedonia, Montenegro, Norvegia, Paesi Bassi, Serbia, Slovenia, Spagna. 16) Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni sugli obblighi alimentari (2 ottobre 1973): Australia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Repubblica slovacca, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina. 17) Legge applicabile agli obblighi alimentari (2 ottobre 1973): Estonia, Francia, Germania, Giappone, Grecia, Italia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Spagna, Svizzera, Turchia. 18) Celebrazione e validita` dei matrimoni (14 marzo 1978): Australia, Lussemburgo, Paesi Bassi. 19) Legge applicabile ai contratti di intermediazione (14 marzo 1978): Argentina, Francia, Paesi Bassi, Portogallo. 20) Legge applicabile ai regimi matrimoniali (14 marzo 1978): Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi. 21) Sottrazione internazionale dei minori (25 ottobre 1980): Albania, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Bahamas, Belgio, Belize, Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Brasile, Bulgaria, Burkina-Faso, Canada, Cile, Cina (territori di Hong Kong e di Macao), Cipro, Colombia, Costa Rica, Croazia, Danimarca, Ecuador, Estonia, Finlandia, Figi, Francia, Gabon, Georgia, Germania, Grecia, Guatemala, Honduras, Irlanda, Israele, Islanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Marocco, Mauritius, Messico, Moldavia, Monaco, Montenegro, Nicaragua, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Panama, Paraguay, Peru´, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Repubblica dominicana, Repubblica slovacca, Romania, Saint Kitts e Nevis, Salvador, San Marino, Serbia, Seychelles, Singapore, Slovenia, Spagna, Sri Lanka, Stati Uniti d’America, Sud Africa, Svezia, Svizzera, Thailandia, Trinidad e Tobago, Turchia, Turkmenistan, Ucraina, Ungheria, Uruguay, Uzbekistan, Venezuela, Zimbabwe. 22) Accesso internazionale alla giustizia (25 ottobre 1980): Albania, Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Montenegro, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica ceca, Repubblica slovacca, Romania, Serbia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera. 23) Legge applicabile e riconoscimento dei trusts (1º luglio 1985): Australia, Canada, Cina (territorio di Hong Kong), Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Monaco, Paesi Bassi, Regno Unito, San Marino, Svizzera. 24) Protezione dei minori e cooperazione in materia di adozione internazionale (29 maggio 1993): Albania, Andorra, Armenia, Azerbaigian, Australia, Austria, Belgio, Belize, Bielorussia, Bolivia, Brasile, Bulgaria, Burkina-Faso, Burundi, Cam-
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bogia, Canada, Capo Verde, Cile, Cina, Cipro, Colombia, Costa Rica, Cuba, Danimarca, Ecuador, Estonia, Filippine, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Guatemala, Guinea, India, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Kazakhstan, Kenia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Madagascar, Mali, Malta, Mauritius, Messico, Moldavia, Monaco, Mongolia, Norvegia, Nuova Zelanda, Panama, Paesi Bassi, Paraguay, Peru´, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Repubblica dominicana, Repubblica slovacca, Romania, Salvador, San Marino, Seychelles, Slovenia, Spagna, Sri Lanka, Stati Uniti, Sud Africa, Svezia, Svizzera, Tailandia, Togo, Turchia, Ungheria, Uruguay, Venezuela. 25) Competenza, legge applicabile ed esecuzione delle decisioni sulla potesta` parentale e sulla protezione dei minori (19 ottobre 1996): Armenia, Albania, Australia, Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Ecuador, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Marocco, Monaco, Polonia, Repubblica ceca, Repubblica dominicana, Repubblica slovacca, Romania, Slovenia, Spagna, Svizzera, Ucraina, Ungheria, Uruguay. 26) Protezione degli adulti (13 gennaio 2000): Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Regno Unito, Svizzera. Ratifica della convenzione di Lugano del 2007 da parte della Svizzera. Il 20 ottobre 2010 la Svizzera ha depositato il proprio strumento di ratifica della convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, conclusa a Lugano il 30 ottobre 2007 (il testo e la relazione esplicativa in questa Rivista, 2010, rispettivamente a p. 214 ss. e p. 244 ss.). In conformita` all’art. 69 par. 5, la convenzione e` entrata in vigore per la Svizzera il 1º gennaio 2011. Tale ratifica si aggiunge a quelle precedentemente depositate dalla Norvegia e dalla Danimarca. Nel documento di ratifica, ai sensi dell’art. I par. 2 del protocollo n. 1 alla convenzione medesima e relativo ad alcuni problemi di competenza, procedura ed esecuzione, la depositaria si e` riservata il diritto di esigere l’osservanza di modi di trasmissione, tra ufficiali ministeriali, di atti da essa provenienti e ad essa destinati, diversi da quelli previsti dalla convenzione. Un’altra dichiarazione riguarda l’art. 34 par. 2, in base al quale le decisioni non sono riconosciute se la domanda giudiziale o atto equivalente non e` stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese, eccetto qualora, pur avendone avuto la possibilita`, egli non abbia impugnato la decisione. Riguardo ad esso, il governo elvetico non applichera` quest’ultima parte della norma. La Svizzera ha dichiarato, altresı´, che le norme nazionali sulla competenza di cui all’art. 3 par. 2 e all’art. 4 par. 2 della convenzione sono da individuarsi, per la Svizzera, nel foro del luogo del sequestro ai sensi dell’art. 4 della legge federale sul diritto internazionale privato del 1987. La dichiarazione di cui all’allegato II alla convenzione, relativo all’art. 39 par. 1, e` inoltre da leggersi nel senso che i giudici o le autorita` dinanzi ai quali deve essere proposta l’istanza di cui al citato articolo sono, per la Confederazione elvetica, rispettivamente, (i) per le decisioni di condanna al pagamento di una somma di denaro nel quadro della procedura disciplinata dagli artt. 80 e 81 della legge federale sull’esecuzione e sul fallimento, il giudice competente a pronunciare sul
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rigetto dell’opposizione, (ii) per le decisioni che non condannano al pagamento di una somma di denaro, il giudice cantonale competente a pronunciare l’exequatur. La Svizzera ha confermato poi le proprie dichiarazioni relative agli artt. 43 e 44, in base alle quali aveva designato, quali giudici competenti ai sensi degli allegati III e IV, rispettivamente, il tribunale cantonale ed il tribunale federale. La dichiarazione della Confederazione svizzera di cui all’allegato IX relativo all’art. II del protocollo 1 e`, invece, da considerarsi soppressa. Con notifica del 19 agosto 2010, il governo elvetico ha proposto di introdurre alcune correzioni al testo originale della convenzione; a seguito della mancanza di obiezioni fatte valere nel termine prestabilito, esso ha trasposto dette correzioni nel testo della convenzione medesima. I testi autentici della convenzione, come cosı´ rettificati, sono reperibili al sito internet www.dfae.admin.ch/depositaire. Direttiva sul diritto ad un interprete e alla traduzione nei procedimenti penali. La Gazz. Uff. Un. eur., n. L 280 del 26 ottobre 2010 pubblica la direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010 «sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali», al fine di garantire, alle persone indagate o imputate per un reato, il diritto ad un processo equo (considerando 14). In particolare l’art. 2, stabilendo norme minime comuni nell’ambito dell’interpretazione, prevede che gli Stati membri si impegnino ad assicurare che «gli indagati o gli imputati che non parlano o non comprendono la lingua del procedimento penale siano assistiti senza indugio da un interprete nei procedimenti penali dinanzi alle autorita` inquirenti e giudiziarie, inclusi gli interrogatori di polizia, e in tutte le udienze, comprese le necessarie udienze preliminari» (par. 1); gli Stati membri devono, inoltre, garantire la disponibilita` di un interprete per le comunicazioni tra indagati o imputati e il loro avvocato (par. 2), una assistenza appropriata per persone con problemi di udito o difficolta` di linguaggio (par. 3), nonche´ la messa a disposizione di procedure o meccanismi di accertamento della facolta` degli indagati o imputati di parlare e comprendere la lingua del procedimento penale (par. 4). Ai sensi dell’art. 3 della direttiva, gli Stati membri devono assicurare che «gli indagati o imputati che non comprendono la lingua del procedimento penale ricevano, entro un periodo di tempo ragionevole, una traduzione scritta di tutti i documenti che sono fondamentali per garantire che siano in grado di esercitare i loro diritti della difesa e per tutelare l’equita` del procedimento» (par. 1). Tali documenti comprendono le decisioni che privano una persona della propria liberta`, gli atti contenenti i capi d’imputazione e le sentenze (par. 2), nonche´ altri documenti ritenuti fondamentali dalle autorita` competenti (par. 3). E` prevista la possibilita` di fornire una traduzione orale o un riassunto orale di documenti fondamentali, in alternativa alla traduzione scritta, a condizione di non recare pregiudizio all’equita` del procedimento (par. 7), mentre e` possibile che gli indagati o imputati rinuncino al diritto alla traduzione, solo nel caso in cui vi sia stata una previa consulenza legale o siano, in ogni caso, informati sulle conseguenze derivanti dalla rinuncia e che questa sia inequivocabile e volontaria (par. 8). E` fatto, altresı´, obbligo agli Stati membri di garantire agli imputati o indagati il diritto di impugnare una decisione che dichiara superflua l’interpretazione ovvero la possibilita` di contestare
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la qualita` dell’interpretazione o della traduzione in quanto non sufficiente a tutelare l’equita` del procedimento (artt. 2 par. 5, 3 par. 5). In relazione all’esecuzione del mandato di arresto europeo (v. questa Rivista, 2002, p. 1169), la direttiva prevede che gli Stati membri di esecuzione si impegnino ad assicurare, alle persone che siano soggette a tale procedimento e non parlino o non comprendano la lingua, l’assistenza di un interprete nonche´ la traduzione scritta del mandato in questione (artt. 2 par. 7, 3 par. 6). Al fine di offrire un adeguato servizio di interpretazione e di traduzione, gli Stati membri sono, inoltre, tenuti ad adottare misure idonee a garantirne la qualita`, nonche´ ad istituire un registro di traduttori e interpreti indipendenti e debitamente qualificati, che rispettino il requisito della riservatezza (art. 5). Infine, e` previsto un obbligo di verbalizzazione a carico degli Stati membri, nei casi di interrogatori o udienze, traduzione o riassunto orale ovvero rinuncia alla traduzione (art. 7). Gli Stati membri hanno tempo sino al 27 ottobre 2013 per conformarsi alle disposizioni suddette (art. 9). Convenzione fra UE e Giappone sull’assistenza giudiziaria in materia penale. Con decisione del Consiglio in data 7 ottobre 2010 (in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 271 del 15 ottobre 2010), e` stato approvato a nome dell’Unione europea l’accordo tra la stessa Unione europea e il Giappone sull’assistenza giudiziaria reciproca in materia penale, firmato a Bruxelles il 30 novembre e a Tokio il 15 dicembre 2009 (il testo dell’accordo e` stato pubblicato nella Gazz. Uff. Un. eur., n. L 39 del 12 febbraio 2010). L’accordo e` entrato in vigore il 2 gennaio 2011 (si veda il comunicato in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 343 del 29 dicembre 2010). La portata dell’assistenza ivi prevista, demandata alla cooperazione tra le rispettive Autorita` centrali, risulta assai ampia; in particolare, l’art. 3 vi ricomprende l’assunzione di deposizioni o dichiarazioni; l’autorizzazione dell’audizione mediante videoconferenza; l’ottenimento di elementi di prova, anche mediante l’esecuzione di perquisizioni e sequestri; l’ottenimento di registrazioni, documenti o estratti bancari; l’esame di persone, elementi di prova o luoghi; la localizzazione o individuazione di persone, elementi di prova o luoghi; la produzione di elementi di prova detenuti dalle autorita` legislative, amministrative o giudiziarie dello Stato richiesto e dalle sue autorita` locali; la notificazione ad una persona di documenti ed informazioni con riguardo ad un invito a comparire nello Stato richiedente; il trasferimento temporaneo di una persona detenuta ai fini di una deposizione o ad altri scopi probatori; l’assistenza nei procedimenti riguardanti il blocco o il sequestro e la confisca di proventi o strumenti; e qualsiasi altro tipo di assistenza permesso dalla legislazione dello Stato richiesto e concordato tra uno Stato membro e il Giappone. Protocollo tra Comunita` europea e Libano per la risoluzione delle controversie relative all’accordo euromediterraneo. Con la decisione 2010/771/CE del 10 novembre 2009 il Consiglio aveva approvato il protocollo tra la Comunita` europea e il Libano per la risoluzione delle controversie relative alle disposizioni commerciali contenute al titolo II (ad eccezione degli artt. 23, 24 e 25) dell’accordo euromediterraneo, tra la Comunita` europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Libano, dall’altra, il cui testo e` stato perfezionato e
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firmato l’11 novembre 2010 (in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 328 del 14 dicembre 2010). A tal fine, il protocollo prevede diverse misure per la composizione amichevole delle controversie, nonche´ la possibilita` di instaurare unilateralmente un procedimento arbitrale. L’art. 3 stabilisce che, in caso di controversia, entro 30 giorni dalla data di ricevimento della relativa richiesta, si svolgano nel territorio della parte convenuta, a meno che le parti non decidano diversamente, consultazioni che non possono comunque durare piu´ di 60 giorni calcolati sempre a partire dalla data predetta (in caso di urgenza i termini sono rispettivamente di 15 e 30 giorni). Qualora le consultazioni non pongano fine alla controversia, il protocollo prevede la possibilita` per le parti o di nominare di comune accordo un mediatore (art. 4), o, a richiesta unilaterale, di costituire un collegio di tre arbitri (artt. 5-6). E` previsto l’obbligo per gli arbitri di presentare entro 120 giorni dalla costituzione del collegio una relazione interinale in cui vengono rese note le conclusioni di fatto, l’applicabilita` delle pertinenti disposizioni e le motivazioni alla base delle conclusioni e delle raccomandazioni in essa contenute; le parti entro 15 giorni possono chiedere al collegio che ne siano riesaminati precisi aspetti (art. 7). Il lodo, salvo casi urgenti, e` notificato alle parti entro 150 giorni dalla costituzione del collegio (art. 8). Il protocollo fissa inoltre le norme necessarie per la sua esecuzione (artt. 9-11) e per la richiesta di misure temporanee in caso di mancata esecuzione (artt. 12-13). Viene anche disciplinato il procedimento di arbitrato (art. 14 ss. e allegato I al protocollo), prevedendo, in particolare, la pubblicita` dei dibattimenti (art. 15 par. 2), salvo diverso accordo tra le parti, e la possibilita` di presentare memorie a titolo di amicus curiae (art. 16 par. 2). Viene, inoltre, indicato nella convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969 il diritto applicabile per l’interpretazione degli accordi (art. 17). Il protocollo disciplina il rapporto tra tali procedimenti e il procedimento per la risoluzione delle controversie dell’OMC, stabilendo che essi non possono svolgersi contemporaneamente, ma che lo svolgimento dell’uno non pregiudica, successivamente, la possibilita` di ricorrere all’altro (art. 20). Il protocollo entrera` in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui le parti si notificheranno l’avvenuta approvazione (art. 23). Infine, con dichiarazione comune dell’11 novembre 2010, le parti si sono date atto che, a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1º dicembre 2009, l’Unione europea ha sostituito la Comunita` europea, alla quale e` succeduta, e che, a partire da tale data, l’Unione europea esercita tutti i diritti e assume tutti gli obblighi della Comunita` europea. Nuovi provvedimenti relativi a misure restrittive nei confronti di Costa d’Avorio, Iran, Repubblica democratica del Congo, Repubblica di Guinea, Repubblica popolare democratica di Corea, Sierra Leone, Somalia. La Gazz. Uff. Un. eur., n. L 285 del 30 ottobre 2010 pubblica la decisione 2010/656/PESC del Consiglio del 29 ottobre 2010 che, in conformita` a quanto stabilito dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 1946 (2010) del 15 ottobre 2010, proroga le misure restrittive nei confronti della Costa d’Avorio, imposte con la posizione comune 2004/852/PESC (v. questa Rivista, 2005, p. 552), sino al 30 aprile 2011. La Gazz. Uff. Un. eur., n. L 298 del 16 novembre 2010 pubblica il regolamento (UE) n. 1032/2010 del Consiglio del 15 novembre 2010 recante modifica del regolamento (CE) n. 174/2005 che impone restrizioni alla prestazione di assistenza pertinente ad attivita` militari in Costa
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d’Avorio (in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 29 del 2 febbraio 2005). La modifica, necessaria per conformarsi alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 1946 (2010) del 15 ottobre 2010 e alla decisione 2010/656/PESC del Consiglio (in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 285 del 30 ottobre 2010), introduce nuove deroghe ai divieti di cui agli artt. 2 e 3, relativi all’esportazione di materiale che potrebbe essere usato per la repressione interna e la fornitura di alcuni tipi di assistenza tecnica, di finanziamenti e di assistenza finanziaria. In particolare si stabilisce la possibilita` di fornire assistenza tecnica, finanziamenti o assistenza finanziaria (art. 4 par. 1 lett. g), nonche´ di autorizzare la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione di materiale non letale destinato unicamente a permettere alle forze di sicurezza ivoriane di mantenere l’ordine pubblico limitandosi ad un uso appropriato e proporzionato della forza (art. 4-bis). La Gazz. Uff. Un. eur., n. L 341 del 23 dicembre 2010 pubblica la decisione 2010/801/PESC del Consiglio del 22 dicembre 2010 recante modifica della decisione 2010/656/PESC del Consiglio che proroga le misure restrittive nei confronti della Costa d’Avorio, mediante l’introduzione di restrizioni sui viaggi nei confronti di coloro che ostacolano i processi di pace e di riconciliazione nazionale e, in particolare, minacciano il buon esito del processo elettorale (art. 4 par. 1 lett. b). La Gazz. Uff. Un. eur., n. L 11 del 15 gennaio 2011 pubblica la decisione 2011/17/PESC del Consiglio recante modifica della decisione 2010/656/PESC che proroga le misure restrittive nei confronti della Costa d’Avorio, mediante l’inserimento di ulteriori nominativi nell’elenco delle persone soggette a restrizioni riportato nell’allegato II della decisione 2010/656/PESC. Nella medesima Gazz. Uff. Un. eur. e` pubblicata la decisione 2011/18/PESC del 14 gennaio 2011 recante modifica della decisione 2010/656/ PESC del Consiglio che proroga le misure restrittive nei confronti della Costa d’Avorio, stabilendo restrizioni aggiuntive, in particolare il congelamento dei fondi e delle risorse economiche, nei confronti delle persone che ostacolano i processi di pace e di riconciliazione nazionale e minacciano il buon esito del processo elettorale. La Gazz. Uff. Un. eur., n. L 281 del 27 ottobre 2010 pubblica il regolamento (UE) n. 961/2010 del Consiglio del 25 ottobre 2010 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (CE) n. 423/2007 (v. questa Rivista, 2007, p. 879 s.). Tale provvedimento si e` reso necessario al fine di conformarsi alla decisione 2010/413/PESC del Consiglio del 26 luglio 2010 (v. questa Rivista, 2010, p. 1106 s.), la quale, oltre a disporre l’assoggettamento di ulteriori categorie di persone al congelamento dei fondi e delle risorse economiche, introduce una serie di provvedimenti restrittivi e di accompagnamento aggiuntivi. In particolare nel regolamento sono stabilite restrizioni alle esportazioni e alle importazioni di beni e tecnologie a duplice uso, elencati negli allegati I e II, nonche´ di attrezzature che possono essere utilizzate per la repressione interna, elencate nell’allegato III (artt. 2-7); restrizioni al commercio di attrezzature chiave dei settori del petrolio e del gas naturale e agli investimenti in tali settori (artt. 8-10); restrizioni al finanziamento di alcune imprese, in particolare agli investimenti iraniani nell’estrazione di uranio e nell’industria nucleare (artt. 11-15); restrizioni relative ai trasferimenti di fondi da e verso l’Iran e ai servizi finanziari, riguardanti in particolare il settore bancario iraniano e il mercato assicurativo e obbligazionario dell’Unione (artt. 21-26); restrizioni relative ai trasporti (artt. 27, 28). Nella medesima Gazz. Uff. Un. eur. e` pubblicata la decisione 2010/644/PESC del Consiglio del 25
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ottobre 2010 recante modifica della decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (v. questa Rivista, 2010, p. 1106 s.), che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (v. questa Rivista, 2007, p. 879 s.), in particolare mediante l’aggiornamento e la sostituzione dell’allegato II, contenente l’elenco delle persone e delle entita` alle quali si applicano le misure restrittive previste ai sensi di detta decisione. La Gazz. Uff. Un. eur., n. L 336 del 21 dicembre 2010 pubblica la decisione 2010/788/PESC del Consiglio del 20 dicembre 2010 concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo e che abroga la posizione comune 2008/369/PESC (v. questa Rivista, 2008, p. 1177 s.). Tale provvedimento si e` reso necessario in seguito alla modifica dell’elenco delle persone ed entita` destinatarie di tali misure da parte del Comitato delle sanzioni, istituito a norma della risoluzione n. 1533 (2004) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Si stabilisce in particolare l’imposizione di misure restrittive anche nei confronti delle «persone che ostruiscono l’accesso agli aiuti umanitari o la distribuzione di questi ultimi nella regione orientale della RDC» e delle «persone o entita` che sostengono i gruppi armati illegali nella regione orientale della RDC attraverso il commercio illecito di risorse naturali» (art. 3). La Gazz. Uff. Un. eur., n. L 280 del 26 ottobre 2010 pubblica la decisione 2010/638/PESC del Consiglio del 25 ottobre 2010 concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica di Guinea e che abroga la posizione comune 2009/ 788/PESC (v. questa Rivista, 2010, p. 336 s.), prorogando le misure ivi previste fino al 27 ottobre 2011. La Gazz. Uff. Un. eur., n. L 341 del 23 dicembre 2010 pubblica la decisione 2010/800/PESC del Consiglio del 22 dicembre 2010 concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica popolare democratica di Corea e che abroga la posizione comune 2006/795/PESC (v. questa Rivista, 2007, p. 880). In particolare si prevede l’aggiornamento, mediante l’aggiunta di nuovi nominativi, degli allegati contenenti l’elenco delle persone ed entita` alle quali si applicano tali misure. Nella medesima Gazz. Uff. Un. eur. e` pubblicato il regolamento (UE) n. 1251/2010 della Commissione del 22 dicembre 2010 che modifica il regolamento (CE) n. 329/2007 del Consiglio relativo a misure restrittive nei confronti della Repubblica popolare democratica di Corea (v. questa Rivista, 2007, p. 880), mediante la sostituzione dell’allegato V, contenente l’elenco delle persone, entita` e organismi interessati dal congelamento dei fondi e delle risorse economiche ai sensi di tale regolamento. La Gazz. Uff. Un. eur., n. L 292 del 10 novembre 2010 pubblica la decisione 2010/677/PESC del Consiglio dell’8 novembre 2010 che abroga la posizione comune 98/409/PESC relativa alla Sierra Leone (in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 187 del 1º luglio 1998), al fine di conformarsi alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 1940 (2010). La Gazz. Uff. Un. eur., n. L 322 dell’8 dicembre 2010 pubblica il regolamento (UE) n. 1137/2010 del Consiglio del 7 dicembre 2010 recante modifica del regolamento (CE) n. 147/2003 relativo a talune misure restrittive nei confronti della Somalia (v. questa Rivista, 2003, p. 1224). La modifica, resasi necessaria per conformarsi alla decisione 2010/231/PESC del Consiglio del 26 aprile 2010 (v. questa Rivista, 2010, p. 863), riguarda l’inserimento dell’art. 3-bis il quale prevede, per tutti i beni importati nel territorio doganale dell’Unione, diretti in Somalia o provenienti da tale Paese, l’obbligo di fornire, prima dell’arrivo o della partenza,
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informazioni aggiuntive alle autorita` competenti degli Stati membri interessati, conformemente a quanto stabilito nel regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 302 del 19 ottobre 1992). Modifiche al codice dell’ambiente. Con d.lgs. 29 giugno 2010 n. 128 (in Gazz. Uff., n. 186 dell’11 agosto 2010, suppl. ord. n. 184) sono state approvate modifiche e integrazioni al c.d. codice dell’ambiente di cui al d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (ibidem, n. 88 del 14 aprile 2006). In particolare, e` stato precisato che il riordino, il coordinamento e l’integrazione delle disposizioni legislative in materia ambientale e` effettuato nel rispetto non piu´ solo dell’ordinamento comunitario e delle attribuzioni delle Regioni e degli enti locali, ma anche degli obblighi internazionali (art. 1 comma 1 che ha modificato l’art. 2 comma 2 del codice), che i principi in tema di tutela dell’ambiente di cui alla parte prima dello stesso codice sono adottati nel rispetto degli obblighi internazionali e del diritto comunitario e non piu´ solo del trattato dell’Unione europea (art. 1 comma 3 lett. a che ha modificato l’art. 3-bis comma 1 del codice) e che le norme del codice possono essere derogate, modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da parte di leggi successive, purche´ sia sempre garantito il rispetto del diritto europeo, degli obblighi internazionali e delle competenze delle regioni e degli enti locali (lett. b che ha sostituito l’art. 3-bis comma 3 del codice). Inoltre, il d.lgs. n. 128/2010 prevede che il Ministero dell’ambiente predisponga e invii alla Commissione europea una relazione sull’attuazione della direttiva 2008/1/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento e sulla sua efficacia rispetto ad altri strumenti comunitari di protezione dell’ambiente, sulla base del questionario, stabilito con decisione 2006/194/UE del 2 marzo 2006 della Commissione europea e successive modificazioni (art. 2 comma 24 che ha introdotto, inter alia, un art. 29-terdecies al codice, di cui in particolare cfr. i commi 2-3). Infine, il Ministero dell’ambiente, d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico, con il Ministero del lavoro, con il Ministero della salute e con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 281/1997, provvede ad assicurare la partecipazione dell’Italia allo scambio di informazioni organizzato dalla Commissione europea relativamente alle migliori tecniche disponibili e al loro sviluppo, nonche´ alle relative prescrizioni in materia di controllo, e a rendere accessibili i risultati di tale scambio di informazioni. Le modalita` di tale scambio, in particolare, dovranno consentire il coinvolgimento delle autorita` competenti in tutte le fasi ascendenti dello scambio di informazioni. Al codice dell’ambiente e` infine aggiunto un art. 32-bis, in base al quale nel caso in cui il funzionamento di un impianto possa avere effetti negativi e significativi sull’ambiente di un altro Stato dell’Unione europea, il Ministero dell’ambiente, d’intesa con il Ministero degli affari esteri, eventualmente su informazione dell’autorita` competente qualora l’impianto non ricada nell’ambito delle competenze statali, comunica a tale Stato membro i dati forniti ai sensi degli artt. 29-ter, 29-quater e 29-octies del codice, nel momento stesso in cui sono messi a disposizione del pubblico (art. 2 comma 27). Tali dati devono comunque essere forniti a qualsiasi Stato dell’Unione europea che ne faccia richiesta, qualora ritenga di poter subire effetti negativi e significativi sull’ambiente nel proprio territorio. Le domande devono essere accessibili anche ai cittadini dello Stato eventualmente interessato per
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un periodo di tempo adeguato che consenta una presa di posizione prima della decisione dell’autorita` competente. Norme di attuazione della convenzione «Bunker Oil». Con decreto del Ministro dello sviluppo economico in data 22 settembre 2010 (pubblicato sul sito internet www.sviluppoeconomico.gov.it e per comunicato in Gazz. Uff., n. 274 del 23 novembre 2010), sono state disciplinate le modalita` di richiesta e di rilascio del certificato «attestante che un’assicurazione o un’altra garanzia finanziaria e` in corso di validita`» ai sensi dell’art. 7 par. 2 della convenzione di Londra del 23 marzo 2001 sulla responsabilita` civile per i danni dovuti a inquinamento da combustibile delle navi (c.d. «Bunker Oil»). Libro verde in tema di libera circolazione dei documenti pubblici e riconoscimento degli effetti degli atti di stato civile. Sulla scorta dell’invito formulato dal Consiglio europeo nel programma di Stoccolma (v. questa Rivista, 2010, p. 856 ss.), il 14 dicembre 2010 la Commissione europea ha pubblicato il Libro verde volto a promuovere la libera circolazione dei documenti pubblici e il riconoscimento degli effetti degli atti di stato civile (COM(2010) 747 def.). E` stata cosı´ avviata una consultazione pubblica sulle possibili modalita` per migliorare la vita dei cittadini in relazione alla circolazione dei documenti pubblici e all’applicazione del principio del riconoscimento reciproco nel settore dello stato civile. Per quanto concerne, segnatamente, la libera circolazione dei documenti pubblici, la Commissione esprime l’intento di intraprendere una riflessione relativa a tutti i documenti appartenenti a tale categoria per i quali sono necessarie formalita` amministrative, al fine di renderne possibile l’utilizzo al di fuori dello Stato membro in cui essi sono stati rilasciati. Ancorche´ la presentazione di tali documenti sia spesso una condizione necessaria per ottenere un diritto o una prestazione sociale, ovvero per adempiere ad un obbligo fiscale, essi sono oggetto di un quadro normativo frammentato, che si rivela inadatto ad offrire le soluzioni necessarie alla libera circolazione dei cittadini europei. La Commissione propone, pertanto, di predisporre un quadro legislativo europeo, uniforme e moderno, che tenga conto della realta` delle situazioni transfrontaliere. In tale prospettiva, essa ipotizza la soppressione della legalizzazione e della «postilla» (ovvero, della ben nota apostille di cui alla convenzione dell’Aja del 1961), per tutti i documenti pubblici, al fine di garantirne la libera circolazione nell’Unione, ritenendo che un approccio settoriale potrebbe condurre, al contrario, a risultati non sufficientemente efficaci. Con i propri quesiti, la Commissione intende appurare, altresı´, se occorra prevedere una cooperazione piu´ intensa tra le autorita` degli Stati membri, in particolare per quanto riguarda gli atti di stato civile e in quale forma di trasmissione, eventualmente elettronica. Essa si propone, inoltre, di ottenere riscontro in merito all’eventualita` di registrare gli eventi di stato civile di una persona in un unico Stato membro, ponendo il quesito di quale sia, segnatamente, il luogo piu´ indicato: il luogo di nascita, lo Stato di cittadinanza, ovvero lo Stato di residenza. Al fine di contenere i costi ed i disagi derivanti dalla necessita` di far tradurre tali documenti, la Commissione suggerisce l’opportunita` che vengano predisposti moduli standard opzionali, almeno per quelli piu´ diffusamente impiegati. Accanto ai
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gia` esistenti modelli europei per la patente di guida e per il passaporto e al futuro certificato successorio europeo, la Commissione ipotizza, altresı´, la creazione di un certificato europeo di stato civile. Tale certificato coesisterebbe con gli atti di stato civile nazionali degli Stati membri, sarebbe facoltativo e non gia` obbligatorio per i cittadini, cui sarebbe in ogni caso lasciata impregiudicata la possibilita` di chiedere il rilascio di un omologo atto nazionale. La Commissione domanda, pertanto, quali atti di stato civile potrebbero essere oggetto di un certificato europeo di stato civile, nonche´ quali diciture debba riportare detto certificato. Per quanto concerne il riconoscimento reciproco degli effetti degli atti di stato civile, la Commissione pone in luce l’esigenza che ai cittadini europei, i quali esercitano il diritto di libera circolazione, sia garantita la continuita` e la permanenza della situazione di stato civile. Essa rammenta come gli strumenti di diritto derivato messi a punto dall’Unione siano tuttora settoriali, non esistendo ad oggi norme generali in materia di riconoscimento di situazioni connesse allo stato civile create in un altro Stato membro. Puntualizzando la propria mancanza di potere di proporre norme europee sostanziali relative, ad esempio, all’attribuzione del nome, all’adozione, al matrimonio o volte a modificare la definizione di matrimonio a livello nazionale, la Commissione ipotizza tre possibili soluzioni alternative relative all’esigenza del riconoscimento reciproco degli effetti degli atti di stato civile. Dette soluzioni prendono forma, segnatamente, (i) nell’assistenza fornita alle autorita` nazionali nella ricerca di soluzione pratiche, (ii) nel riconoscimento di pieno diritto e (iii) nel riconoscimento basato sull’armonizzazione delle norme di conflitto. In merito alla prima soluzione, pur asserendo che i problemi di stato civile comunemente affrontati dai cittadini nelle situazioni transfrontaliere sono risolti con maggiore efficacia a livello degli Stati membri, poiche´ le autorita` nazionali possono trovare soluzioni pratiche direttamente nell’ordinamento nazionale, la Commissione pone il quesito se possa ritenersi che bastino le autorita` nazionali per risolvere i problemi di stato civile riguardanti i cittadini in situazioni transfrontaliere. In caso di risposta affermativa, si chiede se non sia opportuno che le istituzioni europee elaborino almeno alcuni orientamenti, eventualmente sotto forma di raccomandazioni dell’UE, al fine di garantire un minimo di coerenza nelle soluzioni pratiche apprestate per superare eventuali ostacoli al riconoscimento. In merito alla possibilita` che si pervenga al riconoscimento di pieno diritto, in uno Stato membro, di situazioni di stato civile create negli altri Stati membri, la Commissione puntualizza come tale riconoscimento avverrebbe in assenza di armonizzazione delle norme esistenti e non inciderebbe sugli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Secondo la soluzione cosı´ proposta, ogni Stato membro, nel rispetto della fiducia reciproca, accetterebbe e riconoscerebbe gli effetti di una situazione giuridica creata in un altro Stato membro. La Commissione conclude, pertanto, domandando a quali situazioni di stato civile tale riconoscimento potrebbe applicarsi e per quali situazioni esso potrebbe, invece, rivelarsi inappropriato. Con riferimento, infine, all’ipotesi di un riconoscimento basato sull’armonizzazione delle norme di conflitto, la Commissione sottolinea come, grazie a tale soluzione, il diritto sarebbe determinato, in modo definito ed in anticipo, per mezzo di uno o piu´ criteri di collegamento che tengano conto della mobilita` dei cittadini. Essa si chiede se il criterio di collegamento scelto debba essere unico per piu´ situazioni connesse allo stato civile, ovvero se l’adozione di criteri diversi sia da preferirsi. Essa ipotizza altresı´ la possibilita` che, in linea di principio, si offra al cittadino che versi in una situazione transfrontaliera
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la possibilita` di scegliere la legge applicabile a un evento connesso allo stato civile, in tal modo consentendo di tenere conto della liberta` individuale nel settore dello stato civile, senza pregiudicare i terzi ne´ contravvenire all’ordine pubblico. L’autonomia della scelta sarebbe tuttavia limitata, potendo sfociare unicamente nell’applicazione di una legge con la quale il cittadino presenti legami stretti. La Commissione conclude, pertanto, invitando le parti interessate ad esprimersi su tale possibilita` di optio legis, indicando quali situazioni di stato civile rientrerebbero nell’ambito di tale scelta, nonche´ a formulare ulteriori soluzioni che possono ipotizzarsi in relazione agli effetti transfrontalieri delle situazioni giuridiche connesse allo stato civile. Due raccomandazioni del Consiglio d’Europa in tema di statuto personale e di cittadinanza dei minori. Il 9 dicembre 2009 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha adottato due importanti raccomandazioni in materia di dichiarazione di morte presunta di persone scomparse da lungo tempo (CM/Rec(2009)12) e di attribuzione della cittadinanza ai minori (CM/ Rec(2009)13). Nella prima raccomandazione il Comitato dei Ministri, in considerazione dell’aumento progressivo dei casi di sparizione di persone negli Stati membri a causa di eventi bellici, terroristici o calamita` naturali, e delle perduranti disparita` tra le legislazioni nazionali con riguardo alla dichiarazione di morte presunta, delinea una serie di principi volti a facilitare il raggiungimento di una situazione di certezza giuridica quanto allo status della persona scomparsa, anche a beneficio dei suoi familiari. La raccomandazione fornisce una nozione autonoma e ampia di «persona scomparsa»: e` tale la persona fisica la cui esistenza sia incerta a causa della sua sparizione e rispetto alla quale non vi siano elementi che inducano a ritenerla ancora in vita. Vengono quindi indicati i casi nei quali puo` essere dichiarata la morte presunta (principle 1) e le autorita` nazionali competenti ad adottare tale provvedimento, individuate in quelle dello Stato di cittadinanza, residenza o domicilio del soggetto scomparso, dello Stato ove e` avvenuta la scomparsa o dello Stato di bandiera della nave o dell’aeromobile qualora essa sia avvenuta nel corso di un viaggio a bordo di tali mezzi (principle 2). Seguono diposizioni dettagliate quanto alla legittimazione a richiedere la suddetta dichiarazione; sui tempi relativi alla valutazione della domanda in relazione al grado di certezza circa la sorte della persona; sulla determinazione dell’ora e della data della presunta morte; sugli effetti della dichiarazione di morte presunta e sulla sua trascrizione nei pubblici registri; sulle conseguenze del successivo ritorno della persona oggetto della dichiarazione stessa; e, infine, su alcuni aspetti quali l’accesso alla procedura e la pubblicita` della stessa ai fini delle ricerche. Nella raccomandazione relativa all’acquisto della cittadinanza da parte dei minori, il Comitato dei Ministri, dopo aver espresso l’auspicio che gli Stati membri del Consiglio d’Europa ratifichino e diano pieno vigore ai trattati universali e regionali gia` esistenti, ravvisando la necessita` di ulteriori misure, pone una serie di principi cui gli Stati sono invitati a dare attuazione nelle legislazioni nazionali e nelle prassi amministrative e giudiziarie relative all’attribuzione della cittadinanza, al fine di ridurre i casi di apolidia di minori. A tal fine gli Stati membri sono incoraggiati a rafforzare i principi dell’acquisto della cittadinanza iure sanguinis e iure soli; in particolare quest’ultima possibilita` dovrebbe essere facilitata nel caso in cui
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un genitore del minore sia legalmente residente nello Stato di nascita del minore stesso (principle III). Interessante appare anche l’ulteriore previsione relativa alla possibilita` di valutare ai fini dell’acquisto della cittadinanza il fatto che il minore sia stato considerato cittadino per un determinato periodo di tempo pur in assenza dei requisiti prescritti (principle IV). La raccomandazione contiene inoltre disposizioni relative ai diritti del minore nei procedimenti relativi all’acquisto o perdita dello status di cittadino (principle V) e sull’annotazione delle nascite nei registri anagrafici (principle VI); a tale riguardo la raccomandazione invita gli Stati a procedere gratuitamente alla registrazione di tutti i minori nati nei propri territori, anche nel caso in cui il genitore sia uno straniero irregolarmente presente in violazione delle norme sull’immigrazione o se i genitori siano sconosciuti. I testi delle due raccomandazioni sono reperibili sul sito Internet del Consiglio d’Europa, all’indirizzo www.coe.int, insieme ai rispettivi rapporti esplicativi redatti dalla Commissione sulla cooperazione legale (CM(2009)163 del 29 ottobre 2009, appendici III e IV).
Segnalazioni Ventesima riunione del Gruppo europeo di diritto internazionale privato (Copenhagen, 17-19 settembre 2010). Nel corso della sua ventesima riunione tenutasi a Copenhagen dal 17 al 19 settembre 2010, il cui resoconto e` reperibile all’indirizzo www.gedip-egpil.eu/reunionstravail/gedip-reunions-20fr.htm, il Gruppo europeo di diritto internazionale privato ha in primo luogo portato a termine i lavori relativi a un’eventuale modifica del regolamento (CE) n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 al fine di estenderne l’applicazione alle situazioni collegate con Stati terzi (v. da ultimo in questa Rivista, 2010, p. 343 ss.). Dopo ampia discussione svolta sulla base di una bozza elaborata a Parigi il 19 febbraio 2010 dall’apposito sotto-gruppo (riprodotta nell’allegato III al resoconto), il Gruppo ha approvato una proposta di modifica del regolamento n. 44/2001 con riguardo al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni rese in Stati terzi, riservandosi tuttavia di esaminare se l’adozione di regole uniformi come quelle proposte sia opportuna, dal punto di vista politico e giuridico. Si deve in effetti ricordare, a tal riguardo, che la Commissione europea, in occasione della recente presentazione di una proposta di revisione del regolamento n. 44/2001, ha escluso che il problema dell’unificazione delle norme sul riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze rese in Stati terzi possa essere affrontato a livello dell’Unione europea nel breve e medio periodo (v. il Commission Staff Working Paper, che accompagna la proposta del 14 dicembre 2010, SEC(2010) 1547 fin., p. 24). La posizione del Gruppo europeo, che si riproduce qui di seguito per esteso nel testo inglese, e` accompagnata da una notice explicative, che si puo` leggere all’indirizzo www.gedip-egpil.eu/documents/ gedip-documents-33ne.htm. Nel corso della riunione di Copenhagen e` stata inoltre apportata una modifica all’art. 22-bis della proposta approvata a Bergen nel 2008 (in questa Rivista, 2009, p. 286 ss.), che esclude le eccezioni inizialmente previste per le locazioni di breve durata di beni immobili e per l’esecuzione delle decisioni (per la versione modificata della proposta, v. www.gedip-egpil.eu/documents/gedip-documents35EN.htm). Il Gruppo europeo ha poi discusso il tema dell’incidenza del diritto dell’Unione sui criteri di collegamento basati sulla cittadinanza e sui conflitti di
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cittadinanze, sulla base di un lavoro di Basedow, in Revue critique, 2010, p. 427 ss., presentato dallo stesso Autore, e quello dell’applicazione del diritto straniero, in particolare i problemi connessi alla prova di tale diritto e dell’accesso alle informazioni relative allo stesso, sulla base di un rapporto presentato da Pauknerova´ e van Loon (Reflections on the Application and Proof of, and Access to, Foreign Law: allegato IV al resoconto). Sono state infine passate in rassegna le piu´ recenti novita` in materia di diritto internazionale privato nell’ambito dell’Unione europea, della Conferenza dell’Aja e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. A quest’ultimo riguardo, in particolare, nell’allegato V al resoconto e` riportato un commento di Kinsch sulle piu´ rilevanti decisioni rese dalla Corte europea dal settembre 2009. Extension of the ‘‘Brussels I’’ Regulation and judgments given in a State which is not a member of the European Union Position of the Group (Copenhagen, version 3, final) Following proposals adopted in Bergen in 2008, which considered the possibility of including in the Brussels I Regulation direct jurisdictional rules for proceedings concerning a defendant domiciled in a State which is not a member of the European Union, or property within the terms of Article 22 situated in such a State, or a choice-of-court agreement not covered by Article 23, the European Group for Private International Law examined the related question of including in the Regulation provisions on the recognition and enforcement of judgments given in a State which is not a member of the European Union. The Group does not, however, take a position on the desirability, political as well as legal, of adopting EU rules covering all cross-border litigation, including that involving a court of a third country, which affects the operation of the internal market and the exercise of free movement within the area of freedom, security and justice established by the Treaty on the functioning of the European Union. It is also possible that such rules might be adopted either within the framework of the Hague Conference on Private International Law or on the basis of other international agreements concluded by the Union. In such a case, the present rules could serve as a model, subject to such modifications as may be necessary in the relevant context. Chapter III. – Recognition and Enforcement A new Section, to read as follows, is proposed: «Section 4. – Judgments given in a non-Member State «Article 56-1 «1. For the purposes of this Section, ‘judgment’ means any judgment given by a court or tribunal of a non-member State, whatever the it may be called, including a decree, order or decision as well as a determination of the costs of the proceedings. «2. Nevertheless, the above paragraph shall not apply to: «(a) a writ of execution; «(b) a judgment against which an ordinary appeal could be, or has been, lodged; «(c) provisional or protective measures.
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«Article 56-2 «1. A judgment shall be recognised in a Member States without any special procedure being required. «2. Any interested party may, in accordance with the procedures provided for by the law of the Member State addressed, apply for a decision that the judgment be recognised or not recognised. «Article 56-3 «1. A judgment shall not be recognised if the court of the State of origin took jurisdiction when the court of a Member State would have had jurisdiction by reason of the provisions of Sections 6 and 7 of Chapter II. «2. A judgment shall not be recognised if the court of the State of origin took jurisdiction on the basis of rules contrary to those of Sections 3 to 5 of Chapter II. «3. A judgment shall not be recognised if the court of the State of origin took jurisdiction in the absence of a sufficient connection between the State of origin and the dispute, in particular when the jurisdiction of the court of that State could have been based only on: « – the nationality of one of the parties; or « – the service on the defendant, or the notification to him, of the document by which the proceedings were commenced when the defendant is temporarily present in the territory of that State; or « – the presence within that State of property belonging to the defendant which is not connected with the dispute; or « – the seizure of property situated within that State which is not connected with the dispute; or « – the carrying on of commercial or professional activities by the defendant in that State which are not connected with the dispute. «4. The provisions of the preceding paragraphs shall not apply when the party opposing the recognition accepted the jurisdiction of the court of origin, except where a court of a Member State has exclusive jurisdiction under Article 22. «Article 56-4 «1. A judgment shall not be recognised if: «(a) the document instituting the proceedings or an equivalent document was not served on, or notified to, the unsuccessful defendant in sufficient time and in such a way as to enable him to arrange for his defence; or «(b) it is irreconcilable with a judgment given in a dispute between the same parties in the Member State in which recognition is sought; or «(c) it is irreconcilable with an earlier judgment given in another State involving the same cause of action and between the same parties, provided that the earlier judgment fulfils the conditions necessary for its recognition in the Member State addressed. «2. A judgment may not be recognised if the claim was brought in the State of origin after a claim, which is still pending, was brought in a Member State involving the same cause of action and between the same parties. «Article 56-5 «A judgment shall not be recognised to the extent that: «(a) it was granted in contravention: « – of a mandatory provision respect for which is regarded as crucial by the
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State addressed to such an extent that it is applicable to any situation falling within its scope, irrespective of the law otherwise applicable to the legal relationship; or « – a mandatory rule of European Union law respect for which is regarded as crucial by the Union to such an extent that it is applicable to any situation falling within its scope, irrespective of the law otherwise applicable to the legal relationship; or «(b) it awards excessive non-compensatory damages, including exemplary or punitive damages. «Article 56-6 «A judgment shall not be recognised if such recognition is manifestly contrary to the substantive or procedural public policy (‘ordre public’) of the State addressed or of the European Union, in particular if the judgment is the result of an infringement of the principles governing the right to a fair trial or of fraud regarding a matter of procedure. «Article 56-7 «Under no circumstances may the judgment be reviewed as to its substance. «Article 56-8 «1. A judgment given in a non-member State and enforceable in that State shall be enforced in a Member State when, on the application of any interested party, it has been declared enforceable in that Member State. «2. However, in the United Kingdom, such a judgment shall be enforced in England and Wales, in Scotland, or in Northern Ireland when, on the application of any interested party, it has been registered for enforcement in the part of the United Kingdom in question. «Article 56-9 «The procedure for making an application for obtaining a declaration of enforceability of a foreign judgment shall be governed by the law of the Member State addressed. «Article 56-10 «A foreign judgment which orders a periodic payment by way of a penalty shall be enforceable in the Member State in which enforcement is sought only if the amount of the payment has been finally determined by the courts of the State of origin. «Article 56-11 «Where the judgment has been given in respect of several matters, it may be recognised or declared enforceable for all of them, or for one or more of them, either of the court’s own motion or on the application of a party. «Article 56-12 «1. A party seeking recognition of a judgment given in a non-member State or applying for a declaration of its enforceability shall produce: «(a) a copy of the judgment which satisfies the conditions necessary to establish its authenticity; «(b) in the case of a default judgment, the original or a certified copy of a document certifying that the judgment debtor was served with the document which instituted the proceedings or with an equivalent document; «(c) all documents necessary to establish that the judgment is not subject to an ordinary appeal in the State of origin, that it was served on, or notified to, the party against whom it was given and that it is enforceable in that State.
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«2. A certified translation of these documents shall be produced if the court or competent authority so requires ex officio or if a party so requests». Chapter VII. – Relations with other instruments A new Article is proposed, to read as follows: «Article 72-1 «This Regulation shall not affect the application of bilateral or multilateral conventions and agreements to which one or more Member States are parties when Section 4 of Chapter III of this Regulation is adopted and which govern the recognition or enforcement of judgments given in non-member States which are parties to such conventions, subject to the obligations of Member States under Article 351 of the Treaty on the functioning of the European Union. «The above paragraph is without prejudice to the application of Regulation No. 0000 establishing a procedure for the negotiation and conclusion of agreements between Member States and third countries concerning jurisdiction and the recognition and enforcement of judgments in civil and commercial matters». In addition, in view of the Bergen document, Article 72 should be deleted.
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Myriam Belolo Carabot, Les fondements juridiques de la citoyennete´ europe´enne, Bruylant, Bruxelles, 2007, pp. XXIV-782. La presente monografia costituisce una delle piu´ ponderose e accurate analisi di un tema di per se´ gia` abbondantemente esplorato sotto diverse prospettive e dai contorni notoriamente ambigui. Il pregio del’opera consiste nell’averlo affrontato sulla scorta di una inusuale ricchezza di dati e in una prospettiva che spazia dal puro diritto europeo al diritto costituzionale comparato alla teoria generale del diritto alla scienza politica e alla sociologia. Pienamente consapevole dell’eterna tensione che caratterizza il concetto di cittadinanza europea, sempre in bilico tra la salda volonta` degli Stati di conservare le proprie competenze sovrane e le speranze ed ambizioni verso una connotazione autenticamente politica dell’Unione europea, l’A. enuncia all’inizio della sua indagine l’esigenza di un nuovo approccio metodologico, di fronte a una nozione intrinsecamente collegata al diritto statale ma contemporaneamente dotata di un indubbio spessore simbolico. Facendo leva anche sulla teoria kelseniana dei rapporti tra entita` statali e ordinamento internazionale quale sviluppata e modulata da una recente dottrina francese riguardo alla nuova entita` costituita dall’Unione europea, Benlolo Carabot dichiara di abbandonare come punto di partenza della sua analisi il criterio della sovranita` nella ricerca dei fondamenti giuridici della cittadinanza europea proprio al fine di evidenziarne la loro peculiarita`. Muovendo allora dai due criteri ritenuti decisivi per delimitare l’ambito di applicazione di ogni norma – cittadinanza e residenza – le due parti del volume sono percio` dedicate rispettivamente al significato della cittadinanza (nella sua accezione di nationalite´ ovvero di nationality a fronte di quella «politica» di citoyennete´ o citizenship) e al significato della residenza nel «dispositivo giuridico» della cittadinanza europea. Sotto il primo profilo, ferma restando la cittadinanza statale come unico criterio di accesso a quella europea, viene enucleata una nozione di quest’ultima come fondata su una pluralita` di cittadinanze, quelle appunto degli Stati membri. Ampio spazio e` naturalmente riservato alla sentenza Micheletti (inquadrata nell’obbligo di leale cooperazione tra lo Stato spagnolo e quello italiano); ma vengono altresı´ illustrate varie decisioni risalenti nelle quali la Corte di giustizia aveva modulato sulle esigenze del singolo lavoratore nel campo della sicurezza sociale il requisito della cittadinanza di uno Stato membro, protraendone o anticipandone gli effetti. Ne deriva la qualificazione, di per se´ non nuova, della cittadinanza europea come «cittadinanza funzionale» ai fini dell’ordinamento giuridico dell’Unione (con un interessante parallelo con l’analoga qualificazione che scaturisce dalla giurisprudenza del Tribunale arbitrale dello sport per la cittadinanza appunto «sportiva»). Nella seconda parte dell’opera, l’A. si propone di esaminare il concetto di residenza sia come condizione per l’attribuzione della cittadinanza statale sia come requisito per l’esercizio effettivo dei diritti spettanti al cittadino europeo. Ne segue, nella prima prospettiva, una indagine assai ricca sia dal punto di vista storico sia da quello del diritto comparato sui criteri di attribuzione da parte degli Stati membri
Rivista di Diritto Internazionale Privato e Processuale – N. 1-2011
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dei rispettivi status civitatis, ivi compresi quelli relativi alla successione degli Stati di piu´ recente adesione, nonche´ sui peculiari statuti di cittadinanza regionale vigenti ad esempio nelle isole A˚land o nella Nuova Caledonia. Non potevano mancare, passando all’ulteriore versante, ampie riflessioni dedicate alla libera circolazione delle persone e al divieto di discriminazione in base alla cittadinanza, volte a sottolineare l’emergere di un territorio «comunitario» nel quale i cittadini europei si muovono ma nei cui confini al contempo intendono restare ai fini dell’esercizio dei loro diritti. Tuttavia, un simile duplice aggancio della cittadinanza europea alla dimensione personale e territoriale rimane pur sempre sottoposto, quanto alla sua concreta determinazione, alla competenza statale. La dimensione territoriale per di piu´ risulta evidentemente ridimensionata da un lato dal potere di limitazione dell’ingresso, in vista del possesso di risorse economiche sufficienti, e di espulsione (sia pure limitato) tuttora detenuto dagli Stati membri nei confronti degli stranieri «comunitari»; e dall’altro da una incompleta ma indubbia estensione dei diritti dei cittadini europei ai cittadini di Stati terzi «soggiornanti di lungo periodo», secondo la terminologia adottata dalla direttiva 2003/109/CE. Tutto cio`, unito alla resistenze degli Stati membri verso lo sviluppo di una dimensione politica dell’Unione e della relativa cittadinanza, porta l’A. a concludere lucidamente che la cittadinanza europea incarna tutti gli auspici ma anche tutte le contraddizioni del fenomeno comunitario che purtuttavia essa ha il merito di prospettare. Si tratta di considerazioni ineccepibili, tanto piu´ se formulate al termine di una cosı´ densa indagine. Cosı´ come va ascritto tra i meriti di quest’opera, oltre a un solido impianto teorico e alla finezza dell’analisi, lo sterminato apparato bibliografico e giurisprudenziale. Roberta Clerici